La BCE vuole il sostegno degli investimenti privati e delle esportazioni, ma Renzi oppone autonomia in contrasto con le motivazioni storiche dell'entrata dell'Italia nella UE monetaria, mentre la Governance qui non è cambiata

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.Edizione  di febbraio 2014 - For translation in english, click on: http://translate.google.it/
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UNIVERSITAS  News
Foglio on line sull'università, con  Forum di politica generale aperto a tutti.
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NINO LUCIANI * - Direttore responsabile

   * Prof. Ordinario di Scienza delle Finanze, Università.

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Nino Luciani
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Comité de Patronage: F. Bonsignori, A. De Paz, Elena Ferracini, Dario Fertilio, Enrico Lorenzini, Nino Luciani, Bruno Lunelli, Marco Merafina, Gianni Porzi, Franco Sandrolini

PAESI VISITATORI:  Italy, United States, United Kingdom, Germany, France, Netherlands, Ukraine, Poland, Russian Federation, Belgium, Canada, Switzerland, Greece, China, Finland, Denmark, Morocco, Spain, Israel, Sweden, Luxembourg, Romania, Australia, Costa Rica, Latvia, Turkey, Brazil, Malta, Austria, Moldova, Republic of Korea, Republic of South Africa, Malaysia, Bulgaria, Slovenia, Tunisia, United Arab Emirates, San Marino, Czech Republic, Egypt, India, Netherlands Antilles, Indonesia, Slovakia, Hong Kong, Croatia, Georgia, Senegal, Vietnam, Brunei Darussalam, Japan, Colombia, Macedonia, Mexico, Peru, Ireland, Aruba, Uruguay, Albania, Belarus, Philippines, Algeria, Portugal, Lithuania, Cote D'Ivoire, Hungary, Europe, Kuwait, Norway, Bolivia, Pakistan, Chile, Togo, Venezuela, Kenya, Panama, Iran.

EDIZIONE DI DICEMBRE 2014

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La BCE è tornata a dirci che la via per
la ripresa del PIL è il sostegno degli
investimenti privati e delle esportazioni.

Con la svalutazione del cambio €/$,
DRAGHI qualcosa è riuscito a fare. Ma in
Italia chi dovrebbe dare il sostegno ?

Una UE memore dell'esperienza terribile imposta alla Italia, tramite Monti, direbbe a Renzi: "Abbatti l'IVA dal 22% al 16%; e direbbe a Draghi: "Bilancia il minore gettito con acquisto di titoli di Stato in scadenza, che presenterai a incasso con posticipo di 10 anni

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UNIVERSITA' DI BOLOGNA:
Codice Etico: un testamento ?

. I peccati dei professori:
  molestie sessuali e morali,
   nepotismo,  favoritismo,
   abuso della propria posizione,
  conflitto di interessi, regalie.
  Il peccato del rettore Dionigi: :oscuramento della informazione  sugli Organi di Ateneo,

SCELTE PUBBLICHE

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RENZI: "E' finito il tempo dei furbi. Contro l'evasione, onore-disciplina".

PADOAN: "Lotta all'evasione per ridurre la pressione fiscale".

LUCIANI:  FONDAMENTO ECONOMICO ED ETICO DELLA EVASIONE FISCALE: Alta fiscalità in rapporto a basse prestazioni dello Stato nell'economia e nel sociale.

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Università del Salento

 

Dal "CORSERA: Gian Antonio Stella, Insegnavi a Yale? Mettiti pure in coda.
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All’Università del Salento più punti a chi ha avuto cattedre negli atenei italiani

Luciani: No comment, ma due domande

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Legge elettorale

Testo Camera. La Corte Costituzionale sul Porcellum.
Nuove proposte:1) Premio
di maggioranza al partito
con il 40% dei voti;
2) Ballottaggio, se nessun partito ha il 40% dei voti; 3) Soglia di sbarramento ai singoli partiti in coalizione;
4) Preferenze

 

SCELTE PUBBLICHE :

renzi-terza via.jpg (4660 byte) Renzi, La terza via della sinistra
e la mia ricerca di un nuovo cammino.
caponnetto  f.jpg (197565 byte) Francesco CAPONNETTO,
Democristiani non utopisti visionari,
ma pieni di ardimento
cantelli gabriele.JPG (42713 byte) Gabriele Cantelli, Prove di Renzi-Berlusconi oltre la terza via, tra
riconoscimenti e coperture ?

FORUM4

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FORUM2

Tribunale di Perugia, Sentenza n. 109/11, in data 27/1/2011, riammette il prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca su Tribunale di Perugia - Financial Times

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Tag: BCE, Draghi, investimenti privati, esportazioni, Renzi ribelle a UE, autonomia, Italia, motivazioni storiche entrata Italia in UE monetaria, bce acquisto debito pubblico italia, iva 16 per cento, evasione fiscale, Renzi gatto, Padoan volpe, giustificazione differenze fiscali paesi nel mondo, giustificazione economica e morale evasione fiscale, pagare tutti per pagare meno, bugie, come erano trattati i debiti a Roma antica, retta via per abolire evasione, d'Albergo, sicilia, convegno, scienza delle finanze italiana, ARS assemblea regionale siciliana, palermo, palazzo dei Normanni 2014-31-10, legge elettorale Italia, nuove proposte, premio di maggioranza, ballottaggio, soglia sbarramento partiti, voto di preferenza, tag: terza via di Renzi, Caponnetto, democristiani pieni di ardimento, Gabriele Cantelli, prove di Renzi e Berlusconi otre la terza via, Gian Antonio Stella, parodia su universita' del Salento, insegnavi a Yale, due domande

 

FORUM 1 - 2014

tag : legge elettorale Italia, nuove proposte, premio di maggioranza, ballottaggio, soglia sbarramento partiti, voto di preferenza

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RICOMINCIATA   LA  GIRANDOLA  SULLA  LEGGE  ELETTORALE

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IL PUNTO DELLA SITUAZIONE.

1) nel testo già approvato dalla Camera il 12 marzo 2014
2) nelle direttive della Corte Costituzionale il 13 gen. 2014, modificative della legge


GLI  ELEMENTI PRINCIPALI RIMESSI IN DISCUSSIONE (per la CAMERA) :

1) Il premio di maggioranza al partito con almeno il 40% dei voti
2) il ballottaggio tra i primi due partiti, in secondo turno, se nessun partito ottiene il 40% dei voti
3) la soglia di sbarramento ai singoli partiti in coalizione (che scende al 3%)
4) sono ammesse le preferenze (sia pur, più per principio che nei fatti)

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Berlusconi e Renzi

  Fonte:   http://www.camera.it/leg17/522?tema=972&La+riforma+elettorale

La sentenza 1/2014 e la relazione della Corte costituzionale sul Porcellum ( legge n. 270 del 2005.) La pronuncia è contenuta nella sentenza n. 1 del 2014, depositata il 13 gennaio. (Stralcio)

  Le censure della Corte si sono appuntate su due aspetti del sistema elettorale:
-  il premio di maggioranza;
-  e le liste bloccate.
  Va precisato però che la sentenza specificamente ...    Nel vigente sistema elettorale proporzionale, il premio di maggioranza, come disciplinato per la Camera, secondo la Corte, “è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto”.

  Questo meccanismo, che si aggiunge alle previsioni in materia di soglie per l’accesso al sistema proporzionale di attribuzione dei seggi, pur finalizzato al “legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi” non solo compromette, ma addirittura, secondo la Corte, rovescia “la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare”.
  L’effetto che ne deriva è quello di “una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.”.
  Questo effetto è incompatibile non solo con l’art. 1 Cost., ma anche con l’art. 67 Cost. che configura le Camere come “sedi esclusive della rappresentanza parlamentare” titolari di funzioni esclusivamente proprie, tra cui quella di revisione costituzionale.

  In queste valutazioni la Corte inserisce la dirimente constatazione dell’assenza nella vigente legge elettorale di “una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio”: questa mancanza determina “un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto” stabilito dall’art. 48, secondo comma, Cost.. Infatti, nei sistemi proporzionali, gli elettori hanno “la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare”.
...
  In definitiva, secondo la Corte costituzionale, il legislatore nel perseguire discrezionalmente l’obiettivo di rilievo costituzionale della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali in ambito parlamentare deve rispettare il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, quali la sovranità popolare, l’uguaglianza anche del voto, la rappresentanza politica nazionale.
   Per il Senato, l’attribuzione del premio è irragionevole per mancanza di una soglia minima di voti per conquistarlo “incidendo anche sull’eguaglianza del voto, in violazione degli artt. 1,secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost, già richiamati per le disposizioni relative alla Camera; inoltre, l’attribuzione su base regionale realizza “l’effetto che la maggioranza in seno all’assemblea del Senato sia
(CONTINUA QUI SOTTO, stesso colore)

TESTO di riforma elettorale approvato dalla Camera il 12 marzo 2014, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 13 gennaio 2014. In questo testo risulta tolta la parte relativo all'elezione del Senato.

Per l'elezione della Camera dei deputati, le principali caratteristiche del sistema sono:

  • il territorio nazionale è diviso in circoscrizioni regionali, ciascuna delle quali suddivisa in collegi plurinominali;
  • le liste di candidati sono presentate nei collegi plurinominali; possono presentarsi singolarmente o in coalizione con un unico programma di Governo;
  • le soglie di sbarramento per accedere alla attribuzione dei seggi sono basate sulla percentuale dei voti validi a livello nazionale: 12% per le coalizioni, 4,5% per le liste coalizzate e 8% per le liste non coalizzate; resta ferma la soglia al 20% dei voti validi della circoscrizione per la lista rappresentativa di minoranza linguistica riconosciuta;
  • alla coalizione o lista vincente che supera il 37 per cento dei voti validi a livello nazionale è attribuito un premio di maggioranza fino a un massimo di 340 seggi;
  • nel caso in cui la coalizione o lista vincente non raggiunga il 37 per cento dei voti, si procede al ballottaggio tra le due liste o coalizioni che hanno ottenuto il maggior numero di voti validi; in questo caso alla lista o coalizione vincente sono attribuiti 321 seggi;
  • i seggi sono attribuiti alle coalizioni ed alle liste a livello nazionale e distribuiti sul territorio proporzionalmente ai voti ottenuti nelle circoscrizioni e nei collegi.

 

NINO LUCIANI, La spiegazione delle tesi, più sopra.

1.- Dovremo rassegnarci a un nuovo pasticcio. Dopo la caduta della DC abbiamo sperimentato due leggi elettorali per il parlamento, ma ancora non siamo apposto, soprattutto dopo la sentenza della corte costituzionale, che ha azzoppato il Porcellum.
  La pregiudiziale è il criterio su cui basarsi, anche per eventuali forzature su principi fondamentali (come  la corretta rappresentatività dell'elettorato), dovrebbe essere la governabilità e non la conquista di posti in parlamento.
a) la governabilità, come criterio. Se la condizione primaria di qualunque proposta è la sua "costituzionalità" (complessiva) e se le camere sono due, mi pare che la legge debba prevedere una soluzione, rispettiva, per entrambe.
  Poi se, in seguito, cesserà il bicameralismo, una parte della legge decadrà automaticamente.
- Il premio di maggioranza su base nazionale anche al Senato ? Nel caso del Porcellum, il premio su base nazionale (adesso anche il ballottaggio) fu disposto solo per la Camera, arguendone la incostituzionalità per il Senato. Ma poi si disse che questa seconda motivazione non aveva fondamento, in quanto il premio modifica il peso comparato dei partiti, ma non delle Regioni.
  Ci si decida.
  E siccome, sicuramente nessun partito supererà il 40%, sarebbe opportuno di risolvere su base nazionale per il Senato, anche per il ballottagio, vale dire la conta dei partiti da ammettere a ballottaggio si faccia sommando i risultati parziali regionali di ogni partito.
- Come sanare la frammentazione dei partiti. Essa, in questa fase, non è rimediabile con gli sbarramenti in entrata ai piccoli partiti. Lo si è sperimentato ampiamente negli anni, per via della proliferazione dei gruppi parlamentari, nel corso delle legislature.
   b) In caso di modifiche minime in Costituzione.
 
Il fondamento della frammentazione dei partiti sta nella Costituzione, laddove essa dispone:
  - che il parlamentare esercita le funzioni senza vincolo di mandato;
  - e che governi vivono sulla fiducia delle camere, revocabile in ogni momento: nel senso che, rivendicando una propria autonomia, il parlamentare riesce ad ottenere favori personali, ricattando il governo.
  In questo senso (considerato che è difficilissimo modificare la costituzione), le misure costituzionali minime potrebbero essere:
  - vincolare il potere di auto-organizzazione delle camere ad un minimo di coerenza con la governabilità dello Stato (es. un gruppo parlamentare che non supera la soglia minima, sia tenuto ad afferire ad uno dei due gruppi maggiori);
  - disporre (volendo  restare nell'ambito di una repubblica parlamentare) che il Premier sia eletto da entrambe le camere (in seduta congiunta) per l'intera legislatura, e sia sfiduciabile solo per casi gravissimi (attentato alla Costituzione, immoralità gravi), e comunque non per dissensi sul sopravvenuti sul programma del governo;
- disporre che il Premier possa nominare e revocare i ministri.
  Con l'occasione delle modifiche costituzionali, se il Senato rimane tale e quale, si potrebbe sanare il dubbio sulla legittimità costituzionale del premio elettorale su base nazionale.
c) Sulle preferenze. E' forse il caso di mettere in chiaro che la possibilità delle preferenze ai candidati non cambia molto rispetto alla impossibilità delle medesime, ossia al fatto che il candidato sia scelto dal partito.
  Infaffi, per lunga esperienza, solo le lobby (ossia associazioni culturali, professionali, di impresa...) riescono ad esercitare con luce il voto, perchè solo le lobby riescono a distinguere tra i candidati.
  Per contro il grande pubblico non conosce i candidati, e l'eventuale esercizio della preferenza è una azione molto superficiale e generica
                                                 NINO LUCIANI

il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea”. Questo effetto, che rischia di compromettere il funzionamento della forma di governo parlamentare e l’esercizio della funzione legislativa delle Camere, risulta secondo la Corte lesivo degli stessi articoli della Costituzione sopra richiamati.

  Quanto al meccanismo delle liste bloccate, la pronuncia evidenzia che, sia per la Camera che per il Senato, il voto dell’elettore ha ad oggetto una lista nella quale l’ordine dei candidati “è sostanzialmente deciso dai partiti”; inoltre, l'ampio numero dei candidati, in alcuni casi, è tale da renderli “difficilmente conoscibili dall’elettore stesso”. Se poi si tiene conto della possibilità di candidature multiple e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito, anche l’aspettativa dell’elettore che conti su un certo ordine di lista “può essere delusa”.

Queste caratteristiche della disciplina elettorale hanno l’effetto di escludere che l’elettore abbia margini di scelta, che invece “è totalmente rimessa ai partiti “, pur non essendo desumibili nel nostro ordinamento attribuzioni costituzionali ai medesimi partiti, i quali con la “presentazione di alternative elettorali” e con la “selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche” consentono di “raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica”.

   Secondo la Corte, questo sistema “ferisce la logica della rappresentanza” perché “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini” e il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti non si costituisce correttamente e direttamente: la coartazione della libertà di scelta degli elettori contraddice “il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost.”.

La sentenza precisa che queste caratteristiche “rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”.
  La sentenza si sofferma sul carattere autoapplicativo della disciplina elettorale che risulta all’esito delle declaratorie di illegittimità: resta infatti un sistema proporzionale “depurato dell’attribuzione del premio di maggioranza; e le norme censurate riguardanti l’espressione del voto risultano integrate in modo da consentire un voto di preferenza” che assicura il rinnovo degli organi e del quale è impregiudicata la valutazione dell’opportunità e/o dell’efficacia.
   La Corte non ha tuttavia scelto di indicare puntualmente le singole disposizioni di legge conseguentemente incostituzionali, ma si è limitata ad affrontare tre aspetti della disciplina di risulta.
   Il primo riguarda la disposizione che stabilisce che sono proclamati eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima «secondo l’ordine di presentazione»: essa non appare alla Corte incompatibile con l’introduzione del voto di preferenza, “dovendosi ritenere l’ordine di lista operante solo in assenza di espressione della preferenza”.
   Il secondo riguarda le disposizioni sulla redazione delle schede elettorali su cui devono essere riprodotti i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione: esse, secondo la Corte, non escludono che le schede siano integrate da uno spazio per l’espressione della preferenza. Il terzo aspetto riguarda il carattere unico della preferenza: tale carattere secondo la Corte risulta “in linea con quanto risultante dal referendum del 1991, ammesso con sentenza n. 47 del 1991, in relazione alle formule elettorali proporzionali”.

   Comunque, il legislatore non solo potrà compiere “interventi normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi” della sentenza per risolvere altri “simili eventuali inconvenienti” ma, “ ove lo ritenga, potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua”.

  La pronuncia infine chiarisce la questione degli effetti della declaratoria di illegittimità sugli organi parlamentari in funzione, specificando che, sia in conseguenza della speciale retroattività delle dichiarazioni di illegittimità che colpiscono solo i rapporti pendenti e non quelli già chiusi, sia per il principio della continuità dello Stato, in particolare dei suoi organi costituzionali, essi si produrrano solo “in occasione di una nuova consultazione elettorale” e non toccheranno “gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto”

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Con questa riforma, il governo Renzi vuole abolire la potestà legislativa
regionale in materia concorrente (Stato/Regioni)..., e abolire le Province.
Più sotto è possibile trovare il testo integrale del testo del Senato.

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Tuttavia, pur se questa riforma avrà un impatto importante sul piano politico, non l'avrà sul risanamento del bilancio dello Stato, come invece vuol fare la Francia e che, dunque, ha un motivo valido ritardare la austerity. Una riforma vera delle Regioni richiederebbe, invece, di revisionare l'impianto Stato-Regioni. Vediamo come.

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Matteo Renzi

LUCIANI: STATO o REGIONI ? LE REGIONI come enti amministrativi (ossia, non legislativi)
   con i compiti delle province (abolite) e di riordino generale dei Comuni ?

MOTIVI :

1)  le Regioni sono un doppione dello Stato (a parte quelle "speciali" o per ragioni etniche);
2) la gestione delegata della sanità ha creato una sanità non uniforme nel territorio dello Stato;
3) l'abolizione delle Province è stata sostituita da costosi mini enti, anzichè da "enti intermedi" di dimensione regionale.

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SPESA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NEL COMPLESSO dal 1960 AL 2009.
SI NOTA  LO SBALZO  DAL 1977 (entrata in funzione delle Regioni)
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Fonte: Annuario Statistico SSN, 2014; Annuario statistico ISTAT 2014, Ragioneria Generale dello Stato, Annuario del SSN, 2014

 

CAMERA DEI DEPUTATI N. 2613
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE,
DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
l’8 agosto 2014 (v. stampato Senato n. 1429)
PRESENTATO DAL GOVERNO RENZI.

Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
::::::
CAPO IV
MODIFICHE AL TITOLO V
DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

ART. 28.
(Abolizione delle Province).
1. All’articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: " dalle Province, " sono soppresse;
b) al secondo comma, le parole: " le Province, " sono soppresse.

ART. 29.
(Modifica all’articolo 116 della Costituzione).
1. All’articolo 116 della Costituzione, il
terzo comma è sostituito dal seguente:
" Ulteriori forme e condizioni particolari
di autonomia, concernenti le materie
di cui all’articolo 117, secondo comma,
lettere l), limitatamente all’organizzazione
della giustizia di pace, n), s) e u), limitatamente
al governo del territorio, possono
essere attribuite ad altre Regioni, con legge
dello Stato, anche su richiesta delle stesse,
sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi
di cui all’articolo 119, purché la
Regione sia in condizione di equilibrio tra
le entrate e le spese del proprio bilancio.
La legge è approvata da entrambe le
Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e
la Regione interessata ".

ART. 30.
(Modifica dell’articolo 117 della Costituzione).
1. L’articolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
" ART. 117. – La potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
seguenti materie
:
a) politica estera e rapporti internazionali
dello Stato; rapporti dello Stato
con l’Unione europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati
non appartenenti all’Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le
confessioni religiose
;
d) difesa e Forze armate; sicurezza
dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e
mercati finanziari
e assicurativi; tutela
della concorrenza; sistema valutario; sistema
tributario e contabile dello Stato;
armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento
della finanza pubblica e del
sistema tributario; perequazione delle risorse
finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi
elettorali; referendum statali; elezione del
Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento
amministrativo e sulla disciplina giuridica
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche tese ad assicurarne
l’uniformità sul territorio nazionale;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad
esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali;
ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale; disposizioni
generali e comuni per la tutela della
salute, per la sicurezza alimentare e per la
tutela e sicurezza del lavoro;
n) disposizioni generali e comuni sull’istruzione;
ordinamento scolastico; istruzione
universitaria e programmazione
strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
o) previdenza sociale, ivi compresa la
previdenza complementare e integrativa;
p) ordinamento, legislazione elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali
di Comuni e Città metropolitane;
disposizioni di principio sulle forme associative
dei Comuni;
q) dogane, protezione dei confini nazionali
e profilassi internazionale; commercio
con l’estero;
r) pesi, misure e determinazione del
tempo; coordinamento informativo statistico
e informatico dei dati dell’amministrazione
statale, regionale e locale; opere
dell’ingegno;
s) tutela e valorizzazione dei beni
culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
t) ordinamento delle professioni e
della comunicazione;
u) disposizioni generali e comuni sul
governo del territorio; sistema nazionale e
coordinamento della protezione civile;
v) produzione, trasporto e distribuzione
nazionali dell’energia;
z) infrastrutture strategiche e grandi
reti di trasporto e di navigazione di interesse
nazionale e relative norme di sicurezza;
porti e aeroporti civili, di interesse
nazionale e internazionale.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa
in materia di rappresentanza in Parlamento
delle minoranze linguistiche, di pianificazione
del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale,
di programmazione e organizzazione
dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale
e organizzazione in ambito regionale
dei servizi alle imprese; salva l’autonomia
delle istituzioni scolastiche, in materia di
servizi scolastici, di istruzione e formazione
professionale, di promozione del
diritto allo studio, anche universitario; in
materia di disciplina, per quanto di interesse
regionale, delle attività culturali,
della promozione dei beni ambientali, culturali
e paesaggistici, di valorizzazione e
organizzazione regionale del turismo, di
regolazione, sulla base di apposite intese
concluse in ambito regionale, delle relazioni
finanziarie tra gli enti territoriali
della Regione per il rispetto degli obiettivi

programmatici regionali e locali di finanza
pubblica, nonché in ogni materia non
espressamente riservata alla competenza
esclusiva dello Stato
.
Su proposta del Governo, la legge dello
Stato può intervenire in materie non riservate
alla legislazione esclusiva quando
lo richieda la tutela dell’unità giuridica o
economica della Repubblica, ovvero la tutela
dell’interesse nazionale.

Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette
alla formazione degli atti normativi
dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea,
nel rispetto delle norme di procedura
stabilite con legge dello Stato, che disciplina
le modalità di esercizio del potere
sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo
Stato e alle Regioni secondo le rispettive
competenze legislative. È fatta salva la
facoltà dello Stato di delegare alle Regioni
l’esercizio di tale potestà nelle materie e
funzioni di competenza legislativa esclusiva
.
I Comuni e le Città metropolitane
hanno potestà regolamentare in ordine
alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite,
nel rispetto della legge statale o regionale.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo
che impedisce la piena parità degli
uomini e delle donne nella vita sociale,
culturale ed economica e promuovono la
parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della
Regione con altre Regioni per il migliore
esercizio delle proprie funzioni, anche con
individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la
Regione può concludere accordi con Stati
e intese con enti territoriali interni ad
altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato
".

ART. 31.
(Modifiche all’articolo 118 della Costituzione).
1. All’articolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: " Province,
" è soppressa;
b) dopo il primo comma è inserito il
seguente:
" Le funzioni amministrative sono esercitate
in modo da assicurare la semplificazione
e la trasparenza dell’azione amministrativa,
secondo criteri di efficienza e
di responsabilità degli amministratori ";
c) al secondo comma, le parole: " , le
Province " sono soppresse;
d) al terzo comma, le parole: " nella
materia della tutela dei beni culturali "
sono sostituite dalle seguenti: " in materia
di tutela dei beni culturali e paesaggistici ";
e) al quarto comma, la parola: " ,
Province " è soppressa.

ART. 32.
(Modifica dell’articolo 119 della Costituzione).
1. L’articolo 119 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
" ART. 119. – I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei
vincoli economici e finanziari derivanti
dall’ordinamento dell’Unione europea.
I Comuni, le Città metropolitane e le
Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono
e applicano tributi ed entrate propri
e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio, in armonia con la Costituzione
e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
La legge dello Stato istituisce un fondo
perequativo, senza vincoli di destinazione,
per i territori con minore capacità fiscale
per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai
commi precedenti assicurano il finanziamento
integrale delle funzioni pubbliche
dei Comuni, delle Città metropolitane e
delle Regioni, sulla base di indicatori di
riferimento di costo e di fabbisogno che
promuovono condizioni di efficienza.
Per promuovere lo sviluppo economico,
la coesione e la solidarietà sociale, per
rimuovere gli squilibri economici e sociali,
per favorire l’effettivo esercizio dei diritti
della persona, o per provvedere a scopi
diversi dal normale esercizio delle loro
funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive
ed effettua interventi speciali in favore
di determinati Comuni, Città metropolitane
e Regioni.
I Comuni, le Città metropolitane e le
Regioni hanno un proprio patrimonio,
attribuito secondo i princìpi generali determinati
dalla legge dello Stato. Possono
ricorrere all’indebitamento solo per finanziare
spese di investimento, con la contestuale
definizione di piani di ammortamento
e a condizione che per il complesso
degli enti di ciascuna Regione sia rispettato
l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni
garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti ".

ART. 33.
(Modifica all’articolo 120 della Costituzione).
1. All’articolo 120, secondo comma,
della Costituzione, dopo le parole: " Il
Governo " sono inserite le seguenti: " ,
acquisito, salvi i casi di motivata urgenza,
il parere del Senato della Repubblica, che
deve essere reso entro quindici giorni dalla
richiesta, " e sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: " e stabilisce i casi di
esclusione dei titolari di organi di governo
regionali e locali dall’esercizio delle rispettive
funzioni quando è stato accertato lo
stato di grave dissesto finanziario dell’ente
".
ART. 34.
(Limiti agli emolumenti dei componenti
degli organi regionali)
.
1. All’articolo 122, primo comma, della
Costituzione, sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: " e i relativi emolumenti
nel limite dell’importo di quelli attribuiti
ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione
".
ART. 35.
(Soppressione della Commissione
parlamentare per le questioni regionali)
.
1. All’articolo 126, primo comma, della
Costituzione, l’ultimo periodo è sostituito
dal seguente: " Il decreto è adottato previo
parere del Senato della Repubblica ".

NINO LUCIANI, Per un opportuno inquadramento della situazione locale, serve ripartire dal "compronesso storico" di Moro e Berlinguer, e dal 1865.

1.-Premessa.
La riforma del titolo V della Costituzione dovrebbe essere un passo fondamentale verso la riduzione della spese inutili dello Stato, seguendo il criterio di eliminare i doppioni della Pubblica Amministrazione e gli enti inutili (più che taglieggiare i singoli uffici, paralizzandoli).
   La riforma Renzi abolisce la potestà delle Regioni in "materia concorrente con lo Stato" e abolisce le Province. Ciò è importante.
  Ma, poi, guardando più a fondo, ci si accorge che si tratta dei soliti compromessi, per cui rimane il problema di fondo: le Regioni rimarranno un duplicato dello Stato, che è un lusso che non possiamo più permetterci.  Alle Province subrentrano piccoli enti locali, non elettivi. Non cambia molto dal lato costi.

2.- Perchè furono fatte le Regioni e le Province.
La corretta impostazione della riforma richiede ritrovare la memoria. Cari giovani del Governo, avete studiato ?
   Perchè furono fatte le Regioni ?  C'è sempre un "motivo dichiarato" nobile nel fare le cose. Nel caso delle regioni il motivo nobile della Costituzione del 1948  fu di valorizzare l'autonomia locale e il controllo diretto dei cittadini sulla Pubblica Amministrazione, ottenendo minori costi, in luogo della inefficienza delle macro-strutture, quali lo Stato.
   Ma dal 1948 al 1970 non se ne fece nulla, perchè gli enti locali erano fin troppi per la autonomia locale: oltre 100 Province e oltre 8.000 Comuni.
    La ragione primaria, vera, per cui verso il 1970 si attuarono le Regioni, fu un'altra. Nel 1970 la DC era al potere da oltre 20 anni, e con molte disfunzioni da corruzione e vecchiaia, a causa della mancanza di alternanza tra i grandi partiti al governo, l'ossigeno delle democrazie moderne.
   Il caso storico vuole che, in quella fase, il partito di alternanza era il PCI e questo, oltre al divieto degli americani, incontrava lo scandalo dei ben pensanti, visto come funzionavano le cose dove comandava il PCI (ossia in Unione Sovietica).
   Ed ecco l'inventiva degli italiani: Moro e Berlinguer fecero un compromesso storico tra la DC e il PCI:
   a) lo Stato separava i propri compiti in funzioni di interesse statale e funzioni di interesse regionale (quelle già prefigurate, ma mai attuate, nella Costituzione del 1948;
   b) lo Stato cedeva, poi, alle Regioni queste ultime, che avrebbero creato dei propri uffici regionali ed esercitato un potere legislativo, accanto a quello dello Stato ( in seguito, anche allargato).
  Lo Stato, a sua volta, avrebbe chiuso i propri uffici, corrispondenti;
   c) inoltre lo Stato avrebbe delegato (come torta grossa) alle Regioni la gestione della sanità, pur essendo una funzione di interesse nazionale, in base all'art. 32 della Costituzione, e dunque da erogare uniformemente nel territorio nazionale.

2.- I fatti.  In realtà, a partire dalla attuazione dello ordinamento regionale (1977), di botto le spese della Pubblica Amministrazione aumentarono del 15%, in termini di PIL. Lo vediamo dalla tabella sopra (clicca su: Spesa P.A. ) che abbiamo ricostruito sulla base di dati forniti dalla Ragioneria dello Stato.
   I fatti negativi più gravi furono:
- che lo Stato non abolì i propri i uffici delle funzioni trasferite, cosicchè ci fu un doppione (si ricorderà il caso macroscopico del ministero dell'agricoltura, successivamente abolito con referendum, ma poi ripristinato con il nome di Ministero delle politiche agricole;
- i 20 parlamenti regionali sono stati un doppione rispetto a quello del parlamento in materia concorrente, ed hanno generato una infinità di leggi diverse, per le stesse cose, in ogni regione.
- le Regioni sono state una fonte di spese senza controllo, a favore dei partiti locali al potere. Gli scandali emersi ultimamente lo hanno segnalato (in Emilia Romagna, ERRANI si è dimesso; nel Lazio ci fu l'episodio analogo con le dimissioni della Presidente Palombelli).

3.- Stato o Regioni ?
Non sarà la magistratura a contenere un oceano. In generale, i problema è un taglio drastico delle fonti dello spreco.
    Visto che il marcio sta nel doppione Stato le Regioni, la retta via è abolire l'uno o l'altro. Quelli che vogliono la secessione o il referendum del Veneto pensano ad abolire lo Stato unitario, per tornare a qualcosa che somigli agli Staterelli pre-unitari.
   Chi vuole questo, sappia che non sarebbe solo la fine dell'unità politica dell'Italia, ma ma anche lo sbracamento totale dal lato spesa pubblica e la moltiplicazione della disuglianza sociale tra gli italiani delle varie Regioni.
    Proviamo a guardare cosa è avvenuto per la sanità.  Non tornerò sulla mala sanità dal lato spese, perchè già evidenziata in altro nostro servizio (clicca su:  sanità ), e ad abundantiam dagli specialisti. Voglio solo mostrarenelle tabelle più sopra le diseguaglianza per singole prestazioni significative, quali:
- i posti letto per abitante delle strutture pubbliche per abitante;
- gli ambulatori e laboratori pubblici per abitante;
- le prestazioni di cardiologia per abitante. come enti legislativi (il parlamento italiano basta e avanza).
   Rispetto al problema di fondo, che è di ridisegnare la struttura dello Stato nel suo complesso la riforma del Governo è solo un pannicello caldo.
   Vediamo per le Province. Queste furono fatte nel 1865 quale ente intermedio tra lo Stato unitario e i Comuni. E' evidente che le cose sono cambiate dal lato delle distanze tra le città, nel senso che la modernizzione dei mezzi di trasporto ha praticamente annullato le distanze e quindi l'ente intermedio dovrà avere territori più ampi (ossia regionali). Invece, la riforma va sostituire le Province con enti non elettivi non molto diversi, come dimensione, dalle Province.
  Infine, i Comuni. Il problema del loro ridisegno territoriale è stato già affrontato in modo più o meno diretto (incentivcare le unioni..., aree metropolitane ...): tutte cose utilissime, ma sempre impostate a metà

  4.- Conclusioni. Direi che le Regioni vadano abolite come enti legislativi e che la sanità torni alla gestione dello Stato.
   Direi, invece, che:
a)  le Regioni vadano ridefinite come enti amministrativi, a cui va affidata tutta la materia della amministrazione locale;
a) Le competenze  delle Province (abolite) vadano alle Regioni;
b) Le competenze dei Comuni vadano alle Regioni, che le eserciteranno mediante delega ai Comuni, da caso a caso.
  NINO LUCIANI

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EDIZIONI PRECEDENTI

 

UNIVERSITA': prosegue il dialogo sindacale in preparazione di nuovi  eventi, dal Miur

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ADI, ADU, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita', CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA .   
Il COMUNICATO DELLA RIUNIONE DEL 29 MAGGIO A ROMA

                                                         ARGOMENTI DI PUNTA:

- numero chiuso;
- reclutamento alla spagnola;
- unipertutti;
-
censura al Rettore dell'Università di Messina
  Nella riunione unitaria del 29 maggio 2014 si sono affrontate diverse questioni, tra le quali:
1. Numero chiuso. La dichiarata intenzione del Ministro di introdurre presto la 'selezione alla francese' ha fatto ritenere opportuna la elaborazione di un comunicato unitario che sara' 'abbozzato' presto da Jacopo Dionisio, Nunzio Miraglia e Mario Nobile e proposto alle Organizzazioni prima della sua diffusione. Se l'idea del Ministro dovesse diventare qualcosa di piu' concreto, sara' convocata una specifica riunione unitaria per discutere a fondo sul numero chiuso e sulle sue ipotizzate modifiche dei meccanismi di selezione. Anche in questa riunione e' stata ribadita la richiesta comune dell'abolizione del numero chiuso in tutti i corsi di laurea.
  2. Reclutamento alla spagnola. L'intenzione del Ministro e' di adottare il meccanismo di reclutamento e avanzamento della docenza in vigore in Spagna: tre ruoli con passaggi legati a una valutazione continua e 'automatica'. Si e' anche discusso sulla proposta del CUN di sostituire le due figure di ricercatore a termine con quella del "professore iunior".
  3. Unipertutti. L'iniziativa ha avuto un'adesione e un interesse elevati, nonostante il poco tempo di 'preavviso' e di preparazione, nonostante il numero relativamente limitato di coloro che hanno 'gestito' l'iniziativa e nonostante che non tutte le Organizzazioni abbiano espresso un sostegno adeguato. L'orientamento sarebbe quello di farne una scadenza almeno annuale e di realizzare una 'piattaforma web' stabile dove riportare liberamente le esperienze e le proposte dei docenti che non si rassegnano alla consunzione dell'Universita'. Naturalmente una simile scelta deve passare da una verifica tra e nelle Organizzazioni per stabilire chi e' disponibile a impegnarsi in questa 'impresa'. I partecipanti all'inziativa hanno ricevuto una lettera di ringraziamento con l'invito a esprimere opinioni e informazioni. In calce e' riportato il link con le loro risposte. Questo link e' 'riservato' e quindi si prega di non diffonderlo oltre i responsabili delle Organizzazioni.
4. Censura a Messina. Si e' discusso della censura del rettore di Messina nei confronti di Mauro Federico. Si e' approvato il testo riportato subito a seguire dopo  il punto 5.
  5. Come e' gia' noto, si e' ricordato al prof. Marco Mancini (Direttore del Dipartimento dell'Università, già Presidente della CRUI - Ndr) l'impegno assunto nell'incontro dell'8 maggio al Miur di proseguire il confronto.
                                                                CENSURA AL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DI MESSINA

   Le Organizzazioni universitarie hanno più volte denunciato la condizione di crisi delle istituzioni universitarie e di limitazione progressiva degli spazi di autonomia e libertà nei nostri Atenei, determinata dalla Legge 240/2010, che ha ampliato oltremisura i poteri del rettore e ha posto all'interno degli atenei la competenza disciplinare. Dall'approvazione di questa legge ad oggi i casi di uso improprio degli eccessivi poteri concessi a rettori, consigli di amministrazione e collegi disciplinari si sono moltiplicati, come si è moltiplicato il contenzioso presso il TAR.
  In questo contesto risulta sempre più difficile esercitare una pubblica e libera attività di stimolo e di critica in difesa della Università democratica e qualificata.

Nelle scorse settimane, il prof. Mauro Federico ha commentato on-line una notizia data da alcune agenzie riguardante il prof. Mario Centorrino rivelatasi poi infondata. La cancellazione del commento è stata immediata come immediate sono state le scuse inviate al collega Centorrino e per conoscenza a tutto l'Ateneo. Un errore certamente spiacevole quello commesso da Mauro Federico, ma conclusosi rapidamente con una piena assunzione di responsabilità pubblica per quanto accaduto. Del resto, lo stesso prof. Centorrino non ha ritenuto di dover proseguire in alcun modo nei confronti del collega. La lettura della documentazione consente di ricostruire l'intera vicenda.
  Il Rettore dell'Ateneo di Messina ha invece ritenuto di dover comunque censurare Mauro Federico senza, peraltro, rispettare le norme in vigore., previste dalla Statuto e dal Regolamento di Ateneo.
    Le Organizzazioni universitarie ritengono che la censura comminata a Mauro Federico sia carente di effettiva motivazione e che la procedura seguita sia illegittima. Si sostiene con forza, quindi, la richiesta di annullamento del provvedimento da parte del Ministro al quale è stato avanzato ricorso, come consentito dalla Legge.
  E' indispensabile e sempre più urgente intervenire legislativamente per introdurre negli Atenei e nel Sistema nazionale universitario una gestione realmente democratica, esercitata da Organi collegiali che, a tutti i livelli, siano espressione di un'elezione diretta da parte di tutte le componenti universitarie.
  Il clima di costante minaccia dell'uso degli strumenti disciplinari non è accettabile in nessun settore della società, e lo è ancor meno nell'Università, dove la libertà di pensiero, di ricerca e di insegnamento, costituzionalmente tutelata, deve essere alla base dell'attività e dell'esistenza stessa di questa Istituzione.
  L'Ateneo di Messina è impegnato in un difficile sforzo di riorganizzazione e rilancio che crea inevitabilmente fortissime tensioni che sarebbe necessario stemperare. L'iniziativa del Rettore va invece oggettivamente nella direzione opposta, rischiando di aumentare il malessere interno all'Ateneo. Si auspica, infine, che, in tempi rapidi, il Rettore riveda la sua posizione e ritiri egli stesso il provvedimento di censura.

P.S: In margine al documento di censura, si ricorda che la grave situazione di antidemocraticità della gestione dell'Ateneo di Bologna, in seguito al nuovo statuto in base alla legge Gelmini, fu stigmatizzata, già a suo tempo, dalla Intersindacale locale, mediante un referendum consultivo con alta partecipazione della Comunità universitaria (Docenti e Amm.vi), e quasi unanime. In particolare il referendum si opponeva alla determinazione del Rettore di designare, e praticamente nominare, i membri del CdA, anzichè farlo elettivo, a parte le successive sentenze del TAR, che  diedero ragione alle Università che avevano fatto elettivi i rispettivi CdA (NdR).)

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SITUAZIONE NELL'UNIVERSITA': cosa si fa a Roma

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Stefano Paleari, Presidente

    CRUI-Conferenza dei Rettori. Obiettivo: puntare fin da subito su libertà, attrattività
     e giovani. Necessario un piano per inserire 1.500 giovani all’anno per 5 anni.
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   SINDACATI UNIVERSITARI. Obiettivo UNIPERTUTTI: coinvolgere tutte le Università italiane e rimarcare la funzione dell'Università Statale come bene comune. Un bene che la politica e i giornali spesso presentano come costoso e superfluo.
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ARGOMENTI DI PUNTA, posti dal Miur:

- sistema di finanziamento;
- costo standard;
- punti organico.
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LA POSIZIONE DELLA CRUI:
"Università ai minimi termini"

Le 10 proposte della CRUI
per il reclutamento.

La situazione: Professori  -27%, reclutamento dei giovani irrisorio, svuotati i dipartimenti di medicina.
Obiettivo:
puntare fin da subito su libertà, attrattività e giovani. Necessario un piano per inserire 1.500 giovani all’anno per 5 anni.

  Gli interventi che, a partire dal 2009, si sono succeduti sul sistema universitario in materia di finanziamento e, di conseguenza, nel processo di reclutamento del personale hanno determinato un profondo ridimensionamento. Non solo, si sono al tempo stesso prodotti squilibri tra le varie categorie di personale che i risultati delle recenti Abilitazioni Scientifiche Nazionali hanno ulteriormente evidenziato.
    Inoltre, il D. lgs. 49/2014 ha ridotto quasi per intero i margini di autonomia degli Atenei italiani, indipendentemente dallo stato dei singoli bilanci. I dati delle tabelle 1 e 2 testimoniano il senso di questa premessa. Nello specifico, il numero di professori ordinari si è ridotto di quasi 1/3.
   Per i professori associati e per i ricercatori gli effetti sono meno clamorosi, ancorché assai rilevanti, per la naturale minore anzianità media che ha determinato minori pensionamenti.     Sorprende, inoltre, la modesta dinamica all’ingresso.
    Negli ultimi due anni, a fronte di 20.000 giovani che hanno acquisito il titolo di dottore di ricerca, le Università italiane, statali e non statali, hanno reclutato meno di 1.500 ricercatori a tempo determinato, meno del 10%. Un potenziale di ricerca posto al servizio di altri Paesi, anche nei livelli superiori della docenza, che mina la capacità attrattiva e la competitività del sistema paese. Peraltro va posto rimedio al continuo invecchiamento dei professori e dei ricercatori la cui età media è oggi di 51 anni.

  A livello di singola Università, in relazione alle dinamiche di pensionamento, si sono determinati dei veri e propri vuoti in alcuni settori scientifici disciplinari, in particolare nell’area medica. I risultati della prima tornata di abilitazioni scientifiche nazionali hanno determinato contingenti difficilmente assorbibili dagli Atenei nella attuale condizione finanziaria e normativa.

   Ciò è deleterio tanto per i soggetti interessati quanto per i giovani che vedono autentici colli di bottiglia nel percorso di carriera appena iniziato. In generale, gli effetti delle politiche degli ultimi anni, così visibili dai dati delle tabelle 1 e 2, impongono un immediato cambio di rotta che, nel rispetto dei principi di sostenibilità finanziaria dei singoli Atenei, regoli l’ingresso nel sistema universitario.

Continua:
Per il testo integrale della CRUI, clicca:

http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=2205

LA POSIZIONE DEI SINDACATI

SINTESI dell'incontro
SINDACATI-MIUR
del 8 maggio 2014

- Le Organizzazioni hanno illustrato le analisi e le richieste unitarie riguardanti gli studenti (diritto allo studio, numeri chiusi e programmati, ecc.), precariato e reclutamento (unico contratto breve e 'protetto', posti di ruolo, ecc.), riorganizzazione della docenza (docente unico), governance degli Atenei e del Sistema nazionale (gestione democratica, organo nazionale di coordinamento, democratico e rappresentativo di tutte le componenti). Su queste questioni sono stati svolti interventi di carattere generale e di approfondimento. Da parte di Marco Mancini si e' avuto un atteggiamento 'prudente': non si può mettere mano a una nuovo riforma complessiva, le questioni più politiche sono di competenza del Ministro. A questo proposito va sosttolineato che l'incontro era stato richiesto al Ministro e che Mancini era stato da essere appositamente delgato a rappresentarlo.

- Dall'incontro sono emerse diverse informazioni sulle intenzione del Ministero riguaranti diverse questioni.
  1. - Scuole di specializzazione di Medicina. Il Ministero vorrebbe arrivare a 4.000 borse per gli specializzandi (attualmente i fondi ne garantiscano solo 3.300).
  2.- Ingresso alla Facoltà di Medicina. il Ministro ritiene l'attuale prova inefficiente e gli uffici del Ministero stanno cercando di valutare se il sistema di selezione in vigore in Francia (sbarramento dopo il primo anno) sia applicabile/adattabile in Italia.
   3.- Altre questioni riguardanti gli studenti.
   Il Ministero ha identificato i problemi dei trasporti e degli affitti. Vanno discussi i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a cui dovrebbe aver accesso ogni studente in possesso dei requisiti di elegibilittà; per questo entro maggio sarà convocato un tavolo MIUR-CNSU stato-regioni.
   Per il diritto allo studio il MIUR ha recuperato circa 60 milioni d'avanzo dalla legge 338; questi fondi saranno utilizzati per finanziare la residenzialità studentesca.
   Viene ricordato inoltre che alla Camera è stato depositato un testo sul diritto allo studio (primo firmatario Vacca del M5S) sul quale ci sono ampie convergenze di maggioranza e opposizione. I dettagli di questo testo sono ancora da precisare.
  4.- Tagli previsti per l'Università. I tagli sono stati 'ridotti' a 15 milioni di Euro per quest'anno e a 20 per il prossimo anno. Il MIUR ritiene che questo taglio limitato sia un buon risultato a fronte delle cifre inizialmente preventivate. Ciò nonostante è plausibile che ci siano per quest'anno circa 160 milioni di Euro in meno nell'FFO. Inoltre, la quota di premialità nell'FFO di quest'anno salirà al 18% e nell'attuale versione il FFO incorporerà in un singolo capitolo la pluralità dei diversi fondi che venivano erogati in precedenza.
   5.- Reclutamento e promozioni. Marco Mancini ha confermato quanto detto dal Ministro al CUN, relativamente a punti organico e blocco del turn-over (quest'anno previsto al 50% su scala nazionale, con una soglia di salvaguardia fissata al 5): entrambe le ipotesi vedono il MEF sostanzialmente poco disponibile.
   L'ipotesi di lavoro è una ulteriore rimodulazione dei punti organico per alleggerirne il peso sul reclutamento e le promozioni. La modifica del punto organico potrebbe essere fatta entro il 30 giugno (stesso periodo dell'FFO).
    E' stato aggiunto che il MIUR sta valutando le ipotesi (i) di derogare gli RTD-A dal calcolo dei punti organico, e (ii) di sganciare il reclutamento degli RTD-B da quello dei professori di I fascia. Anche queste ipotesi vedono il MEF sostanzialmente poco disponibile. Mancini ha quindi confermato le perplessità del MIUR sull'attuale funzionamento dell'ASN, anche alla luce dell'elevato numero di ricorsi. Riporta che sono allo studio modifiche per l'applicazione nel secondo biennio.
  In ultimo, il ha affermato di ritenere utile incontrarsi più frequentemente per un confronto, in particolare, su tre temi:
  - sistema di finanziamento;
  - costo standard;
  -  e punti organico.

Sindacati rappresentati: ADI, ADU, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISAPUNI, CISL-Universita', CNRU, CNU, CoNPAss, CSA-CISAL Universita', FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA

Nino Luciani, Verso la risalita ?

1.-  Premessa. Erano anni, ormai, che tra il miur e i sindacati non c'era alcun contatto, massimamente ai tempi della ministra Gelmini.
  Ma la cosa non era solo il risvolto della insipienza di "qualcuno". La prima ragione di ogni sconfitta sta dentro di noi: ossia il fatto che il sindacato non aveva una voce unica, davanti alla politica, ma una moltitudine di volti e sfaccettature diverse, la convinzione sbagliata che andando da solo, uno chiedeva meno che tutti assieme e quindi potesse ottenere qualcosa.
  Questo è accaduto massimamente da parte dell'USPUR, e poi dal CIPUR (servo della Moratti, salvo poi ricredersi e denunciare di essere stato raggirato. Troppo tardi ...
  Saluto pertanto con profonda soddisfazione l'iniziativa del coinvolgimento di TUTTI, per l'università, a cominiciare dagli studenti, dalle famiglie e dai singoli Rettori.

2. Perchè i governi Berlusconi sono stati tanto duri con l'università ?
   I governi Berlusconi sono stati una vera rovina per l'università. Mi sono sempre domandato perchè mai tanta durezza e perfino tanta acredine nei parlamentari   di Forza Italia in Senato, quel 28 luglio 2010, in cui fu discusso il disegno di legge Gelmini.
   In quel momento ho associato due cose:
  a) il fatto che Forza Italia fosse in parte composta da liberi professionisti e giornalisti e altri (del pubblico impiego), al cui interno molti, notoriamente, aspirano alla carriera universitaria;
   b) il fatto che l'università sia stata gestita in modo chiuso dai professori, e dunque abbia a lungo chiuso la porta a quegli aspiranti, forse alcuni assolutamente meritevoli, almeno per quanto ne so.
  Questo spiega molto il fatto che gli esami di abilitazione scientifica, introdotti dalla Gelmini, mirino a dare un titolo, che è molto prezioso per aumentare una parcella, ma molto meno prezioso per occupare un posto universitario, tant'è che (per avere un posto) bisognerà fare un secondo esame.

3. Cosa è cambiato per sperare in una risalita ? Sono cambiate alcune cose, ma non tutte:
  a) la prima è che è calato il numero degli studenti,
e questo è un vero dolore per la società civile, dovuto, più che alla crisi economica generale (meno soldi, nelle famiglie), alla disaffezione verso l'università (causa meno professori, meno servizi, meno risorse ai giovani, dai governi) ;
  b) la seconda è che il MIUR non è oggi nemico dell'università, perchè non più controllato dalla Confindustria (sia pur tramite satelliti, infiltrati dentro il MIUR).
   La prova tangibile è che il Capo Dipartimento dell'Università è Marco Mancini, vale dire un professore universitario, già Presidente della CRUI.
  Ultimo ma non ultimo. Non è invece cambiato una certa mentalità: quella di pensare che l'università possa essere autonoma per la gestione e al tempo stesso dipendente dal Miur, per il finanziamento fondamentale della spesa corrente.
   Non è così. L'autonomia gestionale è imprescindibile dalla autonomia di entrata e spesa. In questa direzione si può fare tantissimo, pur in un sistema in cui il principale pagatore sia lo Stato, inteso come "pagatore esterno" per conto delle famiglie.

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EDIZIONI PRECENTI

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Clicca su  FORUM1 : TUTTORA BLOCCATO IL COMITATO PARLAMENTARE RIFORMA COSTITUZIONE.
BUTTATI VIA UNDICI MESI DEL GOVERNO LETTA?

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Gaetano Quagliariello

IL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE S813B È STATO APPROVATO DA SENATO ANCHE IN SECONDA LETTURA. ESSO E' ALLA CAMERA DAL 28 OTTOBRE PER L'APPROVAZIONE IN SECONDA LETTURA,  MA ...  .

..Anzichè rimettere in pista la riforma della Governance (elezione diretta del Premier), oggi RENZI-BERLUSCONI puntano alla sola legge elettorale, per cui i governi italiani dipenderanno ancora dai partiti, oggi bande senza il senso dello Stato. Renzi mostra di avere la stessa natura anti-STATO, visto che ha mollato la legge dei Sindaci e gioca tutti i giorni a destabilizzare il Governo, ignaro che il "non fare" italiano è problema di burocrazia statale e suoi "giochini verbali" disorientano gli investitori

LUCIANI: LA RETTA VIA E' FARE CON LA PROPRIA MAGGIORANZA CIO' CHE SI PUO' DECIDERE CON IL 50%+1
E CERCARE VOTI, ALL'ESTERNO (ma il Premier) PER FARE QUANTO SI PUO' DECIDERE SOLO CON   I  
2/3.

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Matteo Renzi

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE . S813B

Art. 1. - (Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali)

1. È istituito un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali, di seguito denominato «Comitato», composto di venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, tra i membri, rispettivamente, delle Commissioni permanenti competenti per gli affari costituzionali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Oltre ai componenti nominati fanno parte di diritto del Comitato i Presidenti delle predette Commissioni parlamentari, cui è affidata congiuntamente la Presidenza del Comitato.

2. La nomina di cui al comma 1 è effettuata su designazione dei Gruppi parlamentari delle due Camere, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base alla complessiva consistenza numerica dei Gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo e la presenza di un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute, eletto in una delle circoscrizioni comprese in Regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche. Se nei cinque giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale uno o più Gruppi non abbiano provveduto alla predetta designazione, i Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, provvedono alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei criteri di cui al presente comma.

3. La prima riunione del Comitato ha luogo non oltre i dieci giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

4. Nella prima seduta il Comitato elegge due vicepresidenti, dei quali un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e due segretari, un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato a uno. Sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per età.

5. L'Ufficio di Presidenza del Comitato è composto dai Presidenti, dai vicepresidenti e dai segretari, e integrato, in sede di programmazione dei lavori, dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari.

6. I componenti del Comitato non possono essere sostituiti con altri senatori o deputati, neppure per una singola seduta.

7. Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.

Art. 2. - (Competenze e lavori del Comitato)

1. Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte II della Costituzione, nonché, in materia elettorale, esclusivamente i conseguenti progetti di legge ordinaria concernenti i sistemi di elezione delle due Camere.

2. Il Comitato esamina o elabora, in relazione ai progetti di legge costituzionale di cui al comma 1, anche le modificazioni, strettamente connesse, ad altre disposizioni della Costituzione o di legge costituzionale.

3. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati assegnano o riassegnano al Comitato i progetti di legge costituzionale relativi alle materie di cui al comma 1, presentati alle Camere a decorrere dall'inizio della XVII legislatura e fino alla data di conclusione dei suoi lavori. Assegnano al Comitato anche i progetti di legge in materia elettorale di cui al comma 1.

4. Il Comitato esamina i progetti di legge ad esso assegnati in sede referente, secondo le norme della presente legge costituzionale e del regolamento della Camera dei deputati, in quanto applicabili. Salvo quanto previsto dal primo periodo, il Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori. Non sono in ogni caso ammesse questioni pregiudiziali e sospensive nonché proposte di non passare all'esame degli articoli.

5. I Presidenti del Comitato nominano uno o due relatori e, in tal caso, un senatore e un deputato. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Il Comitato assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale pervenire alla votazione di conclusione dell'esame.

6. Il Comitato, concluso l'esame preliminare dei progetti di legge ad esso assegnati ai sensi del comma 3, trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame.

7. Entro i termini fissati d'intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei testi adottati ai sensi del comma 6, sui quali si pronuncia il Comitato.

8. Al fine di rispettare i termini di cui all'articolo 4, la Presidenza del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all'organizzazione dei lavori e delle sedute dell'Assemblea.

9. Le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 si applicano anche ai progetti di legge ordinaria di cui al comma 1.

10. Il Comitato dispone, anche ai sensi del comma 4, secondo periodo, la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.
Continua (vedi NOTA, qui sotto)

NINO LUCIANI,  Perduti 11 mesi, per la riforma costituzionale ?  Renzi chiarisca cosa ha concordato in segreto con Berlusconi, confermi LETTA e ALFANO,
e "riconosca" la Magistratura, pur con tutti i suoi difetti.

1. Non è vero che il Governo non faccia niente.
    Forse è utile ricordare le ragioni della riforma costituzionnale e ricordare perchè c'è stato la frattura tra il NCD-Nuovo Centro Destra e Forza Italia.
   Sul prmo punto, trattasi che da anni nessun Governo riesce ad affrontare i nodi strutturali della Italia (eccesso di socializzazione del sistema economico, che determina una spesa pubblica sopra ogni limite e pressione fiscale, di cui i responsabili principali sono i partiti politici, mangiatori insaziabili).
   Per uscirne l'unica via è una riforma costituzionale dello Stato, per cui il Presidente del Consiglio non risponda più ai partiti in Parlamento in base al meccanismo della fiducia, ma risponda direttamente al popolo e dunque:
- il Presidente del Consiglio sia eletto direttamente dal popolo per un tempo prefissato (4-5 anni, non rieleggibile);
- e il Parlamento si occupi di fare solo le leggi.
   Questo avviene in ogni Paese democratico normale (come negli Stati Uniti).
   Su questo percorso era atteso imminente, al traguardo finale, un disegno di legge di riforma costituzionale, che doveva accelerare i tempi, rispetto all'art. 138 della Costituzionale, dando poteri speciali ad un apposito "Comitato parlamentare".
   Anche questo disegno di legge, per diventare legge, doveva avere la doppia approvazione della Camera e del Senato a distanza di almeno 3 mesi.
   Se approvato con la maggioranza dei 2/3 da entrambe le camere, il Comitato opererebbe in tempi accelerati.
   Al senato, esso è già stato approvato due volte a distanza dei 3 mesi con i 2/3;  e alla camera 1 sola volta anche qui con i 2/3; adesso è qui per la seconda approvazione.
  Ma in questi mesi è successo un fatto nuovo: Berlusconi è uscito dalla maggioranza e quindi non ci sono più i 2/3 favorevoli, pur essendo il medesimo testo di quello approvato la prima volta. E pur vero che, in pratica,il disegno di legge potrebbe essere approvato validamente a maggioranza assoluta (50%+1), ma essendo venuti meno i 2/3, il tempo sarà molto più lungo.

  Quali solo le conseguenze ?  Esse sono che è diventato conveniente rinunciare al disegno di legge S813B, e attuare la procedura normale prevista dall'art. 138.
   Ma Renzi dice che ha fatto un accordo con Berlusconi.
   Prescindendo da quello che Renzi ha fatto veramente, non ci ha detto nulla sulle sorti di questo disegno di legge alla Camera, circa la seconda lettura.
  C'è dell'altro. L'intesa tra Renzi e Berlusconi ha fatto due cose gravissime, dal punto di vista degli Italiani: ha azzerato l'importanza della magistratura sul piano della moralità politica.
  Il motivo è che Berlusconi aveva tolto l'appoggio al governo non perchè in dissenso con il disegno di legge (infatti, al momento, l'aveva già approvato tre volte nel medesimo testo), ma perchè voleva essere amnistiato circa la condanna (da parte della magistratura): interdizione dai pubblici uffici.
    Ma adesso avviene che  il gesto di Renzi (ricevimento ufficiale di Berlusconi nella sede del PD) viene considerato da Berlusconi equivalente alla amnistia, e dunque ha anche irriso alla Magistratura.
    Io, personalmente, non mi sento certo delle evasioni fiscali di Berlusconi (come invece risulterebbe da sentenza) e sono anche sconvolto che la magistratura faccia arrivare le sue sentenze fuori tempo massimo (questo vale anche per COTA, in Piemonte), tuttavia sono doppiamente sconvolto che Renzi (vale dire, il PD in via presuntiva, al momento) abbia fatto qualcosa che politicamente equivale alla amnistia politica.

2.- Le "ragioni" della spaccatura tra FI e il NCD, anche ragioni dell'Italia.
  La spaccatura del NDC da FI era stata motivata (dal NCD) dalla necessità grave di impedire elezioni anticipate con il PORCELLUM, che non avrebbero risolto nulla dal lato della formazione di una identica maggioranza sia alla Camera, sia al Senato, e fatto cadere il Paese nel caos, in aggiunta alle attuali difficoltà per le imprese e il lavoro.
   Questa motivazione coincideva con una necessità fondamentale per l'Italia.
   Veniamo al Segretario del PD.  Ultimamente, Egli se ne è anche uscito, bello bello, dichiarando che il PD ha diritto di dettare l'agenda al compagno di governo (FI), ignorando che, sia pur con meno voti, esso è determinante per fare maggioranza e per respingere il ricatto di Berlusconi sulle istituzioni.
   Se Renzi non capisce che in Italia non comanda nessuno, perchè tutti possono impedire (e nessun riesce a fare, pur volendo fare), non capisce neanche che lui ha e avrò  il medesimo problema, nè lo salverà una legge elettorale.
    Cosa potrebbe fare, invece ?
   1) Deve impegnare assolutamente Berlusconi sul piano delle riforme costituzionali, prima della riforma della legge elettorale. E l'unico modo è fare la legge elettorale, solo dopo la riforma costituzionale.
   Il motivo è che la politica è fatta da lupi, e il giorno dopo non sai mai cosa potrà accadere.
   In altri termini, se fai la legge elettorale, prima, non c'è alcuna garanzia cle la legislatura prosegua ... a meno che non sia salvara ancora una volta dal solito Alfano...
   Ma sarà ancora così ?
    Vediamo di scongiurare il Paese dalla caduta nel ricatto di Berlusconi: dunque si riparta, garantendo la solidità della attuale maggioranza.
  E' pericoso scherzare col fuoco
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  Questo sarebbe anche un modo di rimediare alla deriva istituzionale, dopo il vulnus alla Magistratura
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                                                           NINO LUCIANI.

NOTA: per il seguito (e anche per l'intero), Clicca su: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/714531/index.html?part=ddlpres_ddlpres1&aj=no

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RIFORME ISTITUZIONALI

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Gaetano Quagliariello


Relazione della Commissione per le Riforme Costituzionale
Per il testo integrale (clicca su:
Il Ministro)

Nino Luciani, BREVE SINTESI

Gli argomenti: 1.- PARLAMENTO.  2.- FORME DI GOVERNO .  
3.- SISTEMA  ELETTORALE. 4.- REGIONI, PROVINCE, COMUNI

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  Premessa sul procedimento di attuazione.
  Per le riforme costituzionali e della legge elettorale, sono previsti quattro passaggi:
  1) Lavori di una Commissione dei 42 esperti, con l'incarico di fornire un quadro di possibili soluzioni. La relazione della Commissione è stata consegnata in questi giorni al Ministro Quagliariello, ed è la sintesi di cui mi occupo.
  2) Subito di seguito dovrebbe partire il Comitato di redazione delle proposte di riforma. Esso dovrebbe selezionare, dentro la Relazione (di cui sopra) un testo legislativo per le Camere.
  3) E' già in corsa un progetto di modifica delll'art. 138 della Costituzione, per accelerare il percorso di modifica della Costituzione. Ma ex-art. 138 attuale, questo progetto di accelerazione dovrà avere la doppia approvazione delle camere, a intervallo non minore di tre mesi. Al momento c'è già stata la prima approvazione delle due camere, e si sta andando verso la seconda approvazione, prevista per l'11 ottobre (Senato) e per 10 dicembre (Camera).
   Nel progetto di modifica dell'art. 138, è prevista la istituzione di un Comitato parlamentare bicamerale per le riforme costituzionali ed elettorali, composto di venti senatori e venti deputati. Questo Comitato ha il compito di approvare i progetti di legge in sede referente, che poi saranno sottoposti all'aula in sede legislativa per la doppia approvazione di entrambe le camere, a intervallo non minore di 1 mese.
  Tralascio lo scadenzario forzato dei vari passaggi di approvazione, secondo la legge di modifica dell'art. 138 .
  Le leggi approvate potranno, infine, essere sottoposte a referendum popolare, se vi sarà la richiesta di 1/5 dei membri di una camera, o di 500.000 elettori.
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SINTESI DELLA RELAZIONE.

1. PARLAMENTO ( CAPITOLO PRIMO della Relazione )
a) Si propone una sola camera (sarebbe abolita la camera dei deputati o il senato);
b) oppure: due camere differenziate, ed entrambe con il potere legislativo, sia pur diverso da caso a caso.
-  La Camera rappresenta i cittadini ed è eletta a suffragio universale; il senato rappresenta gli enti locali,  ed è eletto dai consigli regionali e dai consigli comunale, o direttamente dai cittadini locali. I presidenti delle regioni ne sono membri di diritto;
- Se il governo è parlamentare, solo la Camera è abilitata a votare la fiducia al governo.
c) Il CNEL, organo consultivo del parlamento e del governo, in materia di economia e lavoro, va riformato
d) Si propone la riduzione del numero dei parlamentari, in linea con paesi europei:   per la Camera: 1 deputato ogni 125.000 abitanti (= totali 480).; per il Senato: totali 150-200 membri.

Procedimento legislativo (CAPITOLO SECONDO). In caso di camere differenziate, il potere legislativo andrebbe in generale ad entrambe le camere, ma con diversità per alcune tipologie di legge.
In sintesi:
- leggi costituzionali (potere a entrambe, secondo art. 138 cost.), e possibilità di referendum confermativo.
- leggi organiche (potere alla sola camera)
- leggi ordinarie riguardanti gli enti locali (potere a entrambe)
- leggi ordinarie (potere prevalente della camera dei deputati)

OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
- Circa il potere legislativo, le differenziazioni tra le due camere non abbrevieranno i tempi di approvazione delle leggi, e sono un labirinto che creerà un contenzioso di competenze tra le due camere.
  Proporrei che il potere legislativo sia solo della Camera, e che il Senato divenga un organo consultivo (per l’altra camera) con parere obbligatorio, ma non vincolante, per tutte le leggi.
- Circa il CNEL, proporrei di abolirlo perchè, in tanti anni, è stato sentito raramente, in quanto di solito i rapporti tra governo- parlamento e mondo dell’economia e del lavoro sono avvenuti direttamente, scavalcando il Cnel.

2. FORME DI GOVERNO (CAPITOLO QUARTO della Relazione)
a)  Semi-Presidenzialismo. In esso è prevista la elezione diretta del Presidente della repubblica (con voto a doppio turno con eventuale ballottaggio), che poi nomina in fiducia (e può revocare) il Primo ministro (che sceglie i ministri).
   In questo sistema il bicameralismo non è paritario.
   Qui il sistema elettorale dovrebbe essere il voto a doppio turno di collegio.

b) Parlamentarismo razionalizzato. Qui c'è un Presidente della repubblica con le medesime funzioni, attualmente in vigore.
    Circa la razionalizzazione, essa consiste nel fatto:
  -  che la fiducia è espressa al governo, solo dalla Camera;
  -  che  la sfiducia può essere solo "costruttiva", vale dire con la sostituzione automatica del Presidente del consiglio con altra persona;
  -  che si afferma la primazia del Presidente del Consiglio dentro il governo. (Egli potrebbe nominare e revocare i ministri ? )
  Qui andrebbero bene vari sistemi elettorali: tedesco, spagnolo, quello della legge Mattarella, il doppio turno di collegio.

c) governo parlamentare del Primo Ministro.
Grosso modo sarebbe come adesso, salvo inserire in costituzione la possibilità, per gli elettori della Camera, di indicare anche il primo ministro.
   Però, formalmente, egli è proposto  dal Presidente della repubblica alla Camera, per la fiducia,.
   La Camera può sfiduciarlo, ma con sfiducia costruttiva (vale dire con la sostituzione simultanea con altra personalità), salvo che egli chieda lo scioglimento delle camere.
  Qui il sistema elettorale dovrebbe sssere proporzionale con sbarramento al 5%, e premio di maggioranza (al 55%) al partito che ottiene almeno il 40%-50% dei voti alla Camera.

OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
  Considerato che il problema da risolvere è ottenere governi di legislatura, delle tre forme solo il semi-presidenzialismo lo risolve sicuramente.
   Invece, le altre due forme possono o non possono risolvere il problema (dipende dalle circostanze), per cui li respingerei entrambi.
   In caso non si voglia il semi-presidenzialismo, proporrei il governo parlamentare del Primo Ministro nel seguente modo:
   a) rimane il Presidente della Repubblica, come attualmente, salvo per la proposta e nomina del Primo Ministro
   b)  il primo ministro è eletto dalla Camera per l’intera legislatura, e la sfiducia è ammessa solo per casi di attentato alla costituzione e gravi reati penali.
  c) la fiducia è al primo ministro (non al governo nell’insieme), ed egli può nominare e revocare i ministri.

3.- SISTEMA ELETTORALE (CAPITOLO QUINTO della Relazione)
1.- Senato. La elezione è proposta con sistema proporzionale puro (considerato che non ha potere di fiducia al governo).
2.- Camera. Si propone:
   a) come criterio generale di accorciare il più possibile il rapporto tra cittadino ed eletto. A questo fine la opzione, circa il collegio elettorale, dovrebbe essere una delle seguenti: collegio uninominale, collegio plurinominale ma di piccole dimensioni, voto di preferenza in caso di collegi ampi.
   b) di favorire la formazione della maggioranza direttamente dagli elettori, non dopo le elezioni, da parte dei partiti, .
  
OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
   Circa la legge elettorale proporzionale con sbarramento (e premio di maggioranza) direi che essa, limitando la rappresentanza dei cittadini, si allontana dal favorire il rapporto diretto tra cittadini ed eletti. Infatti lo sbarramento e il premio sono proposti come il male minore per limitare la frammentazione dei partiti in parlamento e favorire la stabilità della maggioranza..
   Ma, circa la stabilità della maggioranza, la cosa non funziona con certezza, e lo si è visto con la frattura di grandi partiti e moltiplicazione dei gruppi parlamentari.
   Ma proprio sui gruppi parlamentari, richiamerei l'attenzione, per trarne una soluzioneper impedire anzi la frammentazione dei partiti.
   Si ricorda che in parlamento, proprio per limitare la frammentazione, c'è il divieto di formare gruppi con meno di 10 membri, che evidentemente è poco limitativo del numero dei gruppi.
  Se, dunque, si aumentasse il limite minimo, lo sbarramento sarebbe molto più efficace, a prescindere dallo sbarramento del 5%.
  Concludo col proporre di adottare la proporzionale pura; e, per la formazione di gruppi parlamentari, di elevare il minimo  ( al 30%-40% ? ) dei membri della camera, in modo da permettere non più di due gruppi.

4. REGIONI, PROVINCE, COMUNI. (CAPITOLO TERZO)
  - In materia legislativa la Commissione propone di togliere alle regioni il potere legislativo per la materia concorrente tra Stato e Regioni
-  In  materia amministrativa, si dovrebbe dare allo stato tutta la materia di sua competenza esclusiva, salvo eccezioni.
-  In materia finanziaria, le proposte si limitano al criterio del finanziamento statale (da aver luogo in base a costo standard). Il riferimento al sistema fiscale locale è accennato genericamente. Reclamato il commissariamento, in caso di dissesto finanziario.
-  Si propone l'abolizione delle province e le competenze vanno a Stato e Regioni.
-  Si propone il ripensamento delle città metropolitane, e riclassificazione dei comuni, per dimensione, ai fini della riattribuzione delle competenze.
  - Rimarrebbe la differenziazione, tra regioni a statuto ordinario e statuto speciale.

OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
Proporrei di togliere alle Regioni a statuto ordinario tutto il potere legislativo e di trasformarle in enti amministrativi con le competenze delle province (abolite) e del riordino territoriale degli enti locali ricompresi nel territorio regionale, incluse la riattribuzione delle competenze ai Comuni,  in base alla rispettiva dimensione e collocazione geografica.

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                                          UNIVERSITA'   E  STUDENTI

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DUE STUDI DEDICATI AGLI STUDENTI

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1) DELLA  FEDERCONSUMATORI SULLE RETTE SCOLATICHE IN 18 ATENEI

2) DEL SUNIA- CGIL SUGLI   AFFITTI  PER   GLI  ALLOGGI, IN VARIE CITTA' D' ITALIA

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NOTA 1. Proponiamo alla attenzione degli studenti e del popolo sensibile agli studenti, due studi:
      a) uno della Federconsumatori, relativo alle rette universitarie di 18 importanti università, distinte per fascia di reddito degli studenti. Si trova che l'università più sociale (vale dire che più viene incontro agli studenti poveri, prima fascia)  è Bari. Al secondo posto viene Bologna.
    A riguardo, invece, degli studenti più ricchi (5° fascia) l'Ateneo più economico è l'università del Salento, e quello più caro è Pavia. Tuttavia, per un giudizio valido, andrebbe tenuto conto delle controprestazioni degli Atenei, cosa che non compare nello studio.
   NOTA 2. Di seguito proponiamo anche un importante sudio del SUNIA-CGIL, relativo al costo degli affitti delle case,  per gli studenti non pendolari.
    Per valutare come influenzare questo costo, sarebbero utili informazioni sulla disponibilità di collegi universitari.
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Fonte: http://www.federconsumatori.it/news/foto/Rapporto%20atenei%20italiani%202014-2013.pdf

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COSTO DEGLI AFFITTI
Stralcio (pp. 1, 2, 3)

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Fonte: http://host.ufficiostampa.cgil.it//Documenti//private/CgilSunia_IndagineAffittiStudenti_5ott13.pdf

 

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EDIZIONI  PRECEDENTI

 

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Ateneo di Bologna:  FONDAZIONE ALMA MATER

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Nonostante le dimissioni del Presidente F. Di Vella, per manifesta impossibilità
di raccogliere finanziamenti per l'Ateneo, e per accumulo di disavanzi di bilancio :


Il  Consiglio di Amministrazione  rilancia la FONDAZIONE ALMA MATER
e nomina, come nuovo PRESIDENTE, il Direttore Generale COLPANI, di Unibo,
con copertura di un buco di  € 1.800.000.

L'operazione risulterebbe essere stata fatta in gran segreto e messa tra le "varie"
dell'o.d.g. del CdA. Tuttora risulterebbe non informato il Senato Accademico,
e ciò creerebbe un vulnus abbastanza grave, da giustificare l'empeachment del Rettore
(art. 6, c. 3,lett. e dello statuto di ateneo).

  1.- Premessa. Della Fondazione Alma Mater ci siamo occupati tre anni fa (clicca su: http://www.universitas.bo.it/ARTICOLI%202008.htm#inchiesta ). Allora il Rettore Dionigi, dopo aver azzerato il Consiglio di amministrazione in carica (che era presieduto dal prof. Walter Tega) e la dirigenza, aveva ordinato una sorta di mini-inchiesta sulla Fondazione (per fatti risalenti ai tempi del precedente Rettore Calzolari: presunte irregolarita' , accumulo di disavanzi di bilancio (iInchiesta peraltro affidata ad uno dei precedenti consiglieri d'amministrazione, il dr. Umberto Melloni) aveva dichiarato di volerla rilanciare nel nome di un obiettivo del suo programma elettorale: "la Fondazione Alma Mater da concepire sempre più - secondo la sua vocazione originaria - come braccio economico dell'Ateneo".
   In campagna elettorale, la via delineata era stata di trasformarla da Fondazione di diritto civile in Fondazione di diritto universitario (e dunque, anche sottoporla ai controlli di legge, per salvarla da "deviazioni") .
   A sua volta il nuovo Presidente prof. Francesco VELLA aveva accettato l'incarico, con riserva di verificare (nel primo anno dalla nomina) la fattibilita' dell'obiettivo e con l'impegno di dimettersi, se i fatti avessero dato esito negativo.
   Col senno di poi, gli esiti sono stati negativi (il patrimonio netto era € 1.731.625 nel dic. 2011; e' diventato di € 100.000 a dicembre 2014), e Vella e il Consiglio di Amministrazione si sono dimessi nel luglio scorso.

   In queste settimane si e' venuto a sapere che nel mese di novembre 2014 il Rettore ha deciso di rilanciare la Fondazione su nuove basi, e lo ha fatto tutto in gran silenzio. Risulterebbe aver messo l'argomento all'ordine del giorno del CdA dell'Ateneo, tra le "Varie"; e non avere informato il Senato che, per gli aspetti didattici , e' competente esclusivo.
    Invocherei che il Senato faccia chiarezza su questo dubbio nei confronti della Comunita' scientifica, degli Studenti e del Personale tutto; e  se il fatto sussiste, faccia di più, valendosi dell' art.6, c. 3, lett. e, dello Statuto.

   Il "motivo dichiarato" del rilancio e' stato un "motivo negativo": vale dire, in caso di scioglimento della Fondazione, evitare "pesanti ricadute d'immagine, ...le conseguenze sul personale, sulle obbligazioni verso numerosi docenti dell'Ateneo, sull'attivita' di fundrising, ... sui rapporti con i principali istituti di credito".    Questa motivazione evidenzia una "deviazione" grave, economicamente: nel senso che, per una soluzione valida, va messo sullo stesso piatto anche quanto si sarebbe potuto fare in alternativa (vale dire impiegando le stesse risorse per altri obiettivi, urgenti ), quelli per i quali l'Ateneo piange ai piedi del Miur ....

   Al tempo stesso, non risulta che la Fondazione Carisbo (ora ne è Presidente Fabio Roversi Monaco, ed era Rettore dell'Ateneo quando venne istituita la Fondazione Alma Mater), cofondatrice e socia della Fondazione Alma Mater, abbia mosso ciglio per questi fatti.
    Lo strano è che Fondazione Carisbo non puo' presumersi all'oscuro in quanto, come socio fondatore e membro di diritto dell'Assemblea dei soci, deve certamente avere ricevuto l'invito, con l'ordine del giorno e, si presume, aver partecipato alle varie riunioni dell'assemblea, in particolare a quelle di bilancio.

 2.-   Le nuove basi del rilancio. In estrema sintesi, esse sono:
  - Nominato Presidente della Fondazione il Direttore Generale dell'Ateneo Colpani (determinando un evidente conflitto di interessi, in quanto la persona del controllore coincide con quella del controllato). Clicca su:http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/FondazioneAlmaMater/Organi/default.htm;
   - Ridotto a tre il numero dei membri del CdA della Fondazione (il che suona come una tardiva dichiarazione di maggiore efficienza rispetto al passato);
   - Caricati sul bilancio dell'Ateneo le perdite di € 1.800.000, di cui sarebbe prevista la copertura mediante un primo trasferimento di € 700.000 dai "trasferimenti correnti" del bilancio dell'Ateneo (e questo e' illegittimo, perche' i conferimenti di capitale vanno presi dai "trasferimenti in conto capitale").
   E' , poi, di dubbia legittimità anche tutta l'operazione finanziaria perche' , per l'Ateneo gli scopi istituzionali sono la ricerca e la didattica istituzionale, e stornare i fondi per altre operazioni non è certamente opportuno.
  - Il tutto anche con l'intenzione di ricomporre l'azione di enti collegati (Societa' Irnerio, Ceub di Bertinoro, Alma Graduate School), note sanguisughe dell'Ateneo. Questa operazione "a fin di bene" (le virgolette sono mie) lascia interdetti ;
  - Rivedere la gestione dei budget dei master e dei corsi di alta formazione, anche sotto l'aspetto della rendicontazione (e questo meglio tardi che mai)
   - Vi sarebbe invece un silenzio totale sulla FAM SrL, e cioè sul braccio operativo della Fondazione, dal nome ingannevole per l'assonanza con quello della Fondazione Alma Mater, e che ha agito (e crediamo tuttora agisca) come una holding per le varie società controllate e/o partecipate.

    Nel precedente CdA dell'Ateneo venne lamentato che l'uso di "scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle risorse o ancora di piu' alla mancata valutazione costi/benefici", mentre "quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente".
   Visto che nella gestione di master e corsi post laurea è praticamente impossibile generare passività, è pensabile che le perdite così rilevanti si siano create proprio in FAM srl e nelle società da essa partecipate, e da qui per i rami siano ricadute sulla Fondazione Alma Mater (e, ora, addebitate al bilancio dell'Ateneo).   

  3.-  COMMENTO. Questa storia e' davvero una brutta storia, e che inevitabilmente (nella nostra mente) ricorda quella degli enti economici in Italia, i cui disavanzi, notoriamente, sono una delle origini del debito pubblico dello Stato direttamente o indirettamente (nel caso nostro, l'Ateneo ).
    L'unico rimedio ipotizzabile e' una ispezione del Miur, posto che la Corte dei Conti sia fuori gioco in termini di tempo, rispetto ai tempi su queste decisioni.
    Non solo questo. Uno dei motivi dell'inchiesta di Dionigi, sulla gestione nata prima del suo mandato, fu un dubbio di irregolarita' (che l'inquirente ha trovato, poi, infondati, ma non ha sembra aver acclarato adeguatamente, sulla base di un contraddittorio ) sul percepimento (da parte di componenti del Consiglio di amministrazione della Fondazione) di compensi per le cariche dagli stessi assunte attraverso FAM srl nelle società partecipate ( pare anche senza chiederne la preventiva autorizzazione all'Ateneo, come da Regolamento sull'autorizzazione degli incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del 5.10.98) ).
   Non solo questo. In generale, attraverso queste gestioni "fuori controllo", si formano varie clientele, diciamo quelle amicizie coordinate, gruppi di potere che, al momento delle elezioni, vanno a determinare la elezione di questo o quell'amico, inquinando la demcrazia.
  Torno al programma elettorale di Dionigi. Se la Fondazione può divenire "braccio economico dell'Ateneo", non divenga il luogo deviato di clientele. N.Luciani

 

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Ateneo di Bologna, Bilancio di previsione 2013.

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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
(Seduta del 18 dicembre 2014)

Previsto un FFO - finanziamento statale ordinario di € 358,72 milioni
(inferiore di €  14,01 milioni, rispetto alla previsione iniziale 2014)

Nota. Gli elementi, sottoriportati sono ripresi dal riferimento al CdA, da parte dell'Ufficio competente.
  Si fanno due rilievi:
  a) dover constatare che l'Ateneo è "costretto" a fare delle previsioni, sulla base di ipotesi dii finanziamento da parte del Miur. E' una vera vergogna che il Miur voglia centralizzare tutto, anzi sempre piu' (vedi legge Gelmini) e al tempo stesso non sia in condizioni di svolgere le proprie funzioni correttamente, mettendo tempestivamente e chiaramente gli  Atenei in condizioni di fare bilanci certi;
  b) la precarietà con cui Bologna - Amministrazione Centrale tratta le università decentrate della Romagna: dare fondi, senza criteri oggettivi trasparenti, in base ad trattativa che accorcia o allarga la distanza tra il "fabbisogno dichiarato" e le assegnazioni "proposte" (e che non si possono rifiutare)  dal centro.
    Per il futuro (art. 5 legge Gelmini) il FFO dovra' essere attribuito crescentemente (fino al 100%) in base al costo standard per studente. Per questo, probabilmente, il dispotismo di Bologna-centro incontrerà un limite: il dovere ripartire (a sua volta)  il proprio FFO, anche tra le sedi, in base al numero degli studenti.

 

 

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              BOLOGNA, NUCLEO DI VALUTAZIONE
                     
                              Nuovi Membri

- prof. Muzio M. Gola (Presidente);
- prof. Achille Basile (Componente);
- prof.ssa Rosa Maria Bollettieri Bosinelli (Componente);
- prof. Carlo Arrigo Umiltà (Componente);
- sig. Giacomo Basini (Studente eletto dal Consiglio degli Studenti).

RELAZIONE
Dal Senato Accademico:
( Seduta del 20.11.2014)

NOMINATO IL  NUCLEO DI VALUTAZIONE,
per il triennio 2014-2015, ex art. 9 statuto di ateneo

 Nota. Il Nucleo di Valutazione è l'organo di Ateneo preposto alla valutazione delle attività didattiche, di ricerca e amministrative, istituito ai sensi della Legge n. 370/1999 (.Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica.) e confermato dalla Legge n. 240/2010 (.Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l.efficienza del sistema universitario.).
  Esso è composto da un numero di membri tra i 5 e i 7, tra cui un rappresentante degli studenti eletto dal Consiglio degli Studenti.
  L

 

 

 

Ripreso da 

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di REDAZIONE BLITZ, Università: numero chiuso, una questione aperta

    Nota. Giro agli studenti Il servizio di BLITZ, che fa molto utilmente il punto della situazione sul numero chiuso alle iscrizioni degli studenti alle università.
    Il fatto che da anni ormai (si parte dal Ministro Zecchino) sia stato introdotto il "numero chiuso"  si intreccia con varie questioni, mai affrontate adeguatamente:
     - quella della preparazione degli studenti ai seguire dati corsi di laurea,
     - quella della sicurezza degli studenti quando le aule sono strapiene,
     - quella della adeguatezza del finanziamento pubblico della formazione universitaria.
   Queste questioni non possono valere tutte simultaneamente, e dunque si dovrebbe fare chiarezza sulle motivazioni del diniego: soprattutto nei casi in cui esso

   venga a ledere, senza fondamento Costituzionale, il diritto allo studio.
   L'originale è corredato da molte citazioni, e quindi chi volesse saperne di più, vada all'originale (si vegga sotto, il link). NL

 

La regola della selezione all’ingresso nelle Università è messa in discussione da ripetute sentenze dei Tribunali amministrativi regionali. I giudici dei Tar di Lazio, Sardegna, Marche, Abruzzo, Molise e Toscana hanno rilevato alcune incongruenze nei test d’ingresso, dando ragione agli studenti esclusi che avevano fatto ricorso. E facendo esultare l’Udu, l’Unione degli Universitari (la Cgil degli studenti): "È stato abbattuto il numero chiuso".

A questo punto gli studenti che stanno per affrontare gli esami di maturità si chiederanno: "Ma allora da settembre niente più test d’ingresso?" La questione è un po’ più complicata. L’attacco che le sentenze del Tar hanno portato al numero chiuso non è ancora quello definitivo.

I ricorsi degli studenti esclusi sono stati accolti dai giudici per un motivo prevalente – oltre che per ripetute e dolose irregolarità nelle prove d’ingresso: il punteggio minimo. Con le stesse domande e lo stesso punteggio uno studente può essere bocciato a Roma e Bologna e ammesso a Napoli e Sassari. Il test è nazionale, il numero "programmato" di persone ammissibili è nazionale, ma i criteri con cui si entra variano da facoltà a facoltà.

Un colpo mortale al numero chiuso potrebbe venire dalla Corte Costituzionale, che prima dell’estate dichiarerà con sentenza se il numero chiuso così come finora è stato applicato dalle università è conforme al principio del diritto allo studio sanciti dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione Italiana. La Corte è stata chiamata in causa dal Consiglio di Stato, la "Cassazione", ovvero l’organo supremo della giustizia amministrativa.

Se il numero chiuso sarà giudicato "colpevole" di incostituzionalità, sarà da rifare tutto il sistema che si regge sulla Legge 264 del 1999, firmata dall’allora ministro dell’Istruzione Ortensio Zecchino: quella che stabilisce test d’ingresso in quasi tutte le facoltà e in quasi tutte le università italiane.

Sul banco degli imputati finisce un sistema che dall’inizio degli anni 80 regola l’accesso a molta parte dei nostri atenei. Sistema mutuato dall’America in risposta alle iscrizioni in massa all’università, tendenza in atto dalla fine degli anni 60 e arrestatasi solo qualche anno fa. Il criterio era: garantire ai "meritevoli" un’adeguata istruzione di livello accademico ed evitare il vero "numero chiuso", quello di chi alla fine si laurea. La crescita esponenziale del numero degli iscritti è andata di pari passo con la diminuzione della percentuale dei laureati sul totale della popolazione universitaria.

Come sappiamo, il numero chiuso non ha risolto questi problemi. Ma abolirlo del tutto, garantendo un accesso libero anche alle facoltà dove non si possono stanziare risorse infinite per comprare macchinari, allargare laboratori, costruire strutture necessarie per l’insegnamento universitario.

Una terza via c’è e potrebbe suggerirla la stessa Corte Costituzionale: applicare quanto dice la discussa legge 264. Ovvero fare un numero chiuso o "programmato" nazionale e con i test che sono già nazionali selezionare su base nazionale chi può accedere a determinate facoltà e chi no. Questo ovviamente implica un investimento nelle strutture – per garantire a chi passa il test un effettivo diritto allo studio- che sempre un’utopia in tempi di spending review. BLITZ
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Fonte:  http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/universita-numero-chiuso-questione-aperta-tar-corte-costituzionale-1448465/
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EDIZIONE PRECEDENTE

Legge elettorale ?  Nuovo testo del 28 novembre in Senato

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Sotto, il nuovo Testo approvato dalla Commissione Affari Costituzionali

LUCIANI: ANCORA PASTICCI, FUORI DALLA LOGICA COSTITUZIONALE, CHE E' PROPORZIONALISTA.

Per la "democrazia compiuta, anche in Italia" (Aldo Moro), nel solco delle elezioni primarie. E adesso la staffetta spetta al PD (non ci sono grandi differenze programmatiche, rispetto al centro-destra).
La via seria che risolve, costituzionalmente, anche per la "governabilità":
1.- Elezioni in due turni:
- riparto proporzionale puro, dei seggi, tra tutti i partiti, al primo turno;
- premio di maggioranza assegnato direttamente dal popolo, in secondo turno, tra i primi due votati al
  primo turno. Tolti i seggi di maggioranza, i rimanenti vanno ripartiti in base ai voti del primo turno;
2.- Norma punitiva per i "cambiacasacca", durante la legislatura.

TESTO DI BASE, UNIFICATO, PROPOSTO DAL RELATORE
In quanto testo di base, esso è stato già approvato dalla Commissione, e da qui si parte per gli emendamenti (moltissimi)
Per vedere tutte le proposte di emendamento, in Senato, clicca su : http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/

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NT1
MALAN, relatore

Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e uguale, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con l'attribuzione di un premio, pari a 76 seggi, alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all'unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all'ordine di presentazione.»;
b) all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Con il decreto di cui al primo comma e con gli stessi criteri utilizzati per l'assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al comma medesimo, sono distribuiti tra le circoscrizioni, con arrotondamento all'unità più prossima, i 541 seggi da ripartire in ragione proporzionale. I seggi da attribuire come premio sono determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale.»;
c) all'articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a due voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui all'articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l'elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena l'annullamento della seconda preferenza.»;
d) all'articolo 7, primo comma, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) i componenti delle Giunte regionali;»;
e) all'articolo 18-bis,il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Ogni lista, all'atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all'ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
3-bis. A pena di inammissibilità della lista, nell'insieme dei candidati compresi nel primo elenco nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore, e nell'ambito del secondo elenco i candidati successivi al primo devono essere presentati in ordine alternato di genere.»;
f) l'articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. - 1. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più liste con diverso contrassegno né in più di un primo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più di tre di ciascun secondo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. A pena di nullità dell'elezione, nessun candidato può accettare la candidatura contestuale alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

2. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della medesima lista.
3. Il candidato risultato eletto in più elenchi deve esprimere opzione ai sensi dell'articolo 85.»;
g) all'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all'interno del relativo rettangolo, due righe utilizzabili per l'espressione dei voti preferenza.»;
h) all'articolo 58:

Nino LUCIANI, Ci sia una risposta valida al Grillismo con la riforma della Governance, non cose che privilegiano la rielezione o sanno di anti-grillismo repressivo. Per una democrazia compiuta, anche in Italia.

 

1.- Premessa: il lungo viaggio verso la "democrazia compiuta". La nuova legge elettorale dovrebbe dare soluzioni alla domanda di governabilità del Paese, con uomini buoni e preparati. Non è un problema di "larga maggioranza" da produrre aritmeticamente, mediante il premio di maggioranza dato alla coalizione. Anzi, gli ultimi due Governi Berlusconi avevano più di 100 voti di maggiorana alla Camera e per giunta con candidati scelti personalmente dal partito. Ma questo non è valso a salvarlo, perchè le coalizioni erano accordi elettorali, non programmatici.
   Dove andare ? Già Aldo Moro aveva posto il problema di dare all'Italia una "democrazia compiuta", mediante l'alternanza tra i grandi partiti (non tra le coalizioni) al governo
, in recepimento della evoluzione della società civile; e sulla conseguente ricaduta positiva del ricambio dei quadri dirigenti, dentro i partiti.
   Ma questo era sempre rinviato, pur se la DC era al potere dal 1948. Si motivava con l'anomalia italiana (nel convincimento degli Stati Uniti) che il secondo partito in graduatoria (il PCI) fosse non affidabile per la democrazia in Italia (a causa dei suoi legami con il PCUS) e per la salvaguardia dell'equilibrio tra due grandi blocchi internazionali contrapposti.
   Fondato o infondato questo giudizio sul PCI ? Forse nessuno saprà mai dire.
   Tuttavia, sarebbe forse ingeneroso e anche ingiusto:
  - non ricordare il comportamento del PCI nei confronti della BR, che puntavano all'alternanza nei governi, in modo rivoluzionario, e che il PCI condannò e contrastò in solidità all'azione dello Stato democratico;
  - e non ricordare che, già prima, c'era stata una evoluzione nei rapporti tra PCI e PCUS, come la presa di distanze dai fatti dell'URSS (per vero anche della sinistra più estrema), e anzi la rivendicazione del PCI, di una propria autonomia del partito fratello PCUS.

   Fatto sta che con la successiva uscita "totale" dei due grandi partiti storici (DC e PCI), l'Italia è caduta nelle mani di bande, senza il senso dello Stato

   2.- Per il ritorno alla Costituzione, con il concorso dei Cattolici. In termini storici, per l'Italia,  la democrazia compiuta è l'alternanza tra le due grandi forze (a sinistra, il PD; al centro-destra la DC, quale grande contenitore dei cattolici e dei laici liberali).
   Non so quando arriveremo alla ricostruzione di un partito dei cattolici (cosa diversa da un "partito cattolico", dopo l'interruzione del 1992), pur se nello scorso 10-12 novembre 2014), ne sono stati ricostruiti i pesupposti giuridici.
    Al momento, mi pare fuori discussione che la staffetta spetti al PD, in quanto è alternativo al PDL.
  Su quali basi elettorali ? Ecco i criterI:
  - il primo è permettere al popolo di rispecchiarsi proporzionalmente in parlamento, ognuno con le proprie idee, e anche con un voto di preferenza al candidato, ma col limite che il candidato sia incensurato;
  - il secondo criterio è che, qualora non ci esca una "maghioranza assoluta" al primo turno, ci sia un secondo turno, nel quale i cittadini facciano un sforzo di avvicinamento. Es.: il popolo assegni un premio di maggioranza (su base nazionale, sia alla camera sia al senato) ad uno dei prmi due partiti, più votati (es. portarne uno al 55% dei seggi; il residuo 45% sarà ripartito tra tutti gli altri, proporzionalmente ai voti del primo turno).
   Sono molto contrario ad una premio di maggioranza assegnato a tavolino, al partito di maggioranza relativa.
   Ci si ricordi, almeno per pudore, che nel 1950 la DC fece approvare una legge che assegnava un premio di maggiorannza al partito che conseguisse almeno la maggioranza assoluta (50%+1)., e quella legge sollevò l'indignazione popolare (legge truffa, fu detto ! ).
   Attualmente il 55% va alla coalizione maggiore (basta il 25"-30%, e si dice di 42,5%).
   Non c'è più religione. Completamente scavalcata la sovranità popolare.
  - una norma che punisca i "cambia casacca". Si possono ipotizzare più modi (vietare la formazionne di gruppi parlamentari con un numero di membri minore del 20% dei membri della camera di appartenenza; togliere ex-ante il finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari, successivi a quelli di prima costituzione ...).
  3.- Perchè in strada verso la "democrazia compiuta", con il PD ? Sul piano programmatico, la somma di BERSANI-RENZI produce un programma di centro-sinistra che non è drammaticamente l'opposto di un programma dell'attuale centro-destra. Sicuramente il sano empirismo sarà la guida del prossimo esecutivo, anche percè il bilancio dello Stato non permette svolazzi.
  C'è, subito dopo, il problema di sostituire il "corrotto" e "dilettantesco" berlusconismo con forze che pubblicamente si rimettono al popolo.
   Le recenti elezioni primarie (del centro-sinistra) ne sono la prova-provata.
   Di sicuro, BERLUSCONI ne esce male in tutti i modi, trattando il "prode ALFANO" come un deficiente senza alcuna personalità.
   Una persona degna, che rispetta il popolo, non snobba il giudizio preventivo del popolo del proprio campo. Dunque Berlusconi si sarebbe dovuto presentare alle primarie del PDL, come tutti (così come ha fatto BERSANI, nel proprio campo).  NINO LUCIANI

 

EDIZIONI PRECEDENTI

Legge elettorale ?  La situazione in Senato, ancora in un labirinto.
Anche tuttora inesplorata la riforma costituzionale della Governance

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Sotto, il Testo base, approvato dalla Commissione Affari Costituzionali,
al quale sarà possibile proporre emendamenti, al momento tantissimi....

LUCIANI: - Come da sempre, gli emendamenti appaiono orientati a favorire la maggioranza e danneggiare le minoranze.
  Nessuna meraviglia, poi, se si mirasse a limitare l'accesso al Parlamento per  i temuti "Grillini", più che a dare, alle loro critiche e al Paese, risposte di Governabilità
, con Governi di legislatura.
- Ma direi  anche: STOP a NAPOLITANO, con quelle pressioni per una nuova legge elettorale, potenzialmente peggiorativa.
- Ci sono, poi, in Italia persone per bene (MONTEZEMOLO) che danno priorità all'indirizzo politico, per il voto al partito. OK, ma in Italia c'è anche un problema di SISTEMA   istituzionale, per cui anche una persona volenterosa e preparata è impedita di lavorare, e che si può risolvere solo con Governi di legistratura ... con l'occhio al lungo periodo.
TESTO DI BASE, UNIFICATO, PROPOSTO DAL RELATORE
In quanto testo di base, esso è stato già approvato dalla Commissione, e da qui si parte per gli emendamenti (moltissimi)
Per vedere tutte le proposte di emendamento, in Senato, clicca su : http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/

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NT1
MALAN, relatore

Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e uguale, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con l'attribuzione di un premio, pari a 76 seggi, alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all'unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all'ordine di presentazione.»;
b) all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Con il decreto di cui al primo comma e con gli stessi criteri utilizzati per l'assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al comma medesimo, sono distribuiti tra le circoscrizioni, con arrotondamento all'unità più prossima, i 541 seggi da ripartire in ragione proporzionale. I seggi da attribuire come premio sono determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale.»;
c) all'articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a due voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui all'articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l'elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena l'annullamento della seconda preferenza.»;
d) all'articolo 7, primo comma, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) i componenti delle Giunte regionali;»;
e) all'articolo 18-bis,il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Ogni lista, all'atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all'ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
3-bis. A pena di inammissibilità della lista, nell'insieme dei candidati compresi nel primo elenco nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore, e nell'ambito del secondo elenco i candidati successivi al primo devono essere presentati in ordine alternato di genere.»;
f) l'articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. - 1. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più liste con diverso contrassegno né in più di un primo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più di tre di ciascun secondo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. A pena di nullità dell'elezione, nessun candidato può accettare la candidatura contestuale alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

2. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della medesima lista.
3. Il candidato risultato eletto in più elenchi deve esprimere opzione ai sensi dell'articolo 85.»;
g) all'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all'interno del relativo rettangolo, due righe utilizzabili per l'espressione dei voti preferenza.»;
h) all'articolo 58:

Nino LUCIANI, Ci sia una risposta valida al Grillismo con la riforma della Governance, non cose che privilegiano la rielezione o sanno di anti-grillismo repressivo. Per una democrazia compiuta, anche in Italia.

 

1.- Premessa. Il Grillismo è una denuncia ampia e circostanziata dei difetti della società italiana e della sua dirigenza politica, qualcosa che si assomiglia a quanto fatto Goldoni o a Molière, nel loro tempo, ma con la grande differenza che, oggi, il teatro è televisivo e planetario in tempo reale.
   Non dimentichiamo, poi, che il Grillismo viene anche come reazione a certe negazioni della scena al grande comico, da parte di partiti della sinistra quando, all'inizio della carriera, già privilegiava un certo canzonamento dei partiti.
   Fatto sta che le elezioni regionali siciliane hanno "dimostrato" probabile l'ingresso massiccio dei "Grillini" in Parlamento, data l'attuale legge.
   Ne consegue, che la modifica della legge elettorale diviene, per l'establishment, uno strumento per creare ostacoli specifici a terzi, e per impedire infiltrazioni al suo interno.  
   La storia è sempre andata in questo senso.

2.- Perchè il dilagare delle disfunzioni nella politica ?
Diciamo subito che, oggi, siamo di fronte ad un ritorno della stessa onda "deviata" che sommerse la DC vent'anni fa, per cui giustamente questa ha pagato il conto.
  Ma, al tempo stesso, sono certo che la "devianza" è collegata al blocco, durato troppo a lungo, dell'alternanza tra grandi partiti al governo.
   Nessuno negava i suoi meriti per il progresso della nazione, né il venir meno dei suoi ideali. Si trattava del fatto che i governi hanno un senso positivo solo se sono specchio continuo dei mutamenti della società civile "migliore", e del fatto che erano prevalse nel nostro Paese alcune cose negative, quali debolezze gravi nella governance dello Stato, e il prevalere di interessi privati, in luogo degli interessi dello Stato in un orizzonte di lungo periodo.
   Dobbiamo capire che, già dentro l'uomo, sta il bene, e il male, e che (pur partendo da sani principi, che è il presupposto necessario per un cattolico, ma non solo per un cattolico) è legge inesorabile della vita che il male possa prevalere sul bene, se non c'è un rinnovamento continuo. Gesù Cristo aveva detto che il seme, per nascere, deve prima morire. L'uomo rinasce attraverso i figli, cioè morendo.
   Già all'inizio degli anni '90, c'era, in prima attenzione, la questione del rinnovamento della DC, e del rinnovamento del sistema di Governance dello Stato. Da anni, era infatti divenuta "normale" la caduta dei governi ogni sei mesi, durante la legislatura, determinando carenze gravi dei governi nell'affrontare le grandi questioni di lungo periodo (vedi esplosione del debito pubblico, già negli anni '80).
  Ci fu un risvolto pesante, agganciato alla "grande spesa pubblica": la comparsa della questione morale nella vita pubblica, e anch'essa secondo uno schema tipico dei Paesi, che sfuggono alle regole dell'alternanza, in modo che un partito che subentra al governo controlli quanto fatto dal precedente. Il maggior veicolo della corruzione politica era la "grande spesa pubblica", per via di tangenti per il finanziamento dei partiti al governo (anche di quelli regionali, di altro colore), in occasione degli appalti a gruppi economici compiacenti.
    Quanto fosse esteso il fenomeno, lo ascoltammo da un discorso di Craxi alla Camera, nel 1993.
     E sta di fatto che, dopo una pausa di tranquillità apparente, in concomitanza con lo scioglimento della DC e del PSI, e del massimo fuoco della magistratura, la questione morale si ritroverà tale quale ai giorni nostri.
   Non solo questo. Mentre un tempo si procedeva in base alle leggi esistenti, negli anni più recenti sono state fatte delle leggi ad personam per i governanti (cambiata la tipologia di reato e la prescrizione).
   Non solo questo: il finanziamento pubblico dei partiti, al centro e alla periferia, è risultato fuori misura, anzi causa rilevante della situazione debitoria dello Stato, mentre parte della popolazione fatica a tirare avanti e la pressione fiscale è arrivata alla stelle.
    Voglio dire fino in fondo: che da vent'anni, con l'uscita di scena della DC e del PCI, è venuto meno lo Stato e siamo caduti nelle mani di bande senza il senso dello Stato, forse salvo eccezioni. Per questo è venuto il momento di fare piazza pulita e ricominciare da capo.

  Nel riprendere quel discorso, voglio ricordare che, già negli anni '70, era stato pubblicato un libro del premio Nobel J. Buchanan, divenuto premio Nobel per questo libro, che teorizzava la cosiddetta "scuola di public choice", fondata sull'individualismo metodologico. Secondo quella scuola, i politici sarebbero dei comuni mortali, e dunque come dei comuni imprenditori privati, essi fanno politica prima di tutto per motivi personali, e secondariamente per l'interesse pubblico. In questo senso la PA diveniva strumento per gli obiettivi personali dei politici. Detto con una immagine veloce, i partiti sarebbero "imprese di affari", difficili da convincere a rinuncia "volontaria" al governo.

   3. I vari tentativi della DC per il rinnovamento di se stessa e dello Stato.
   Aldo Moro aveva posto già da tempo il problema del rinnovamento della politica in Italia. Stando alle sue parole, la meta era realizzare in Italia la cosiddetta "democrazia compiuta", fondata sulla alternanza tra i grandi partiti al governo, in recepimento della evoluzione della società civile; e sulla conseguente ricaduta positiva del ricambio dei quadri dirigenti, dentro i partiti. L'anomalia, per l'Italia, era che la DC era al potere dal 1948, in governi di coalizione: con il PLI fino al 1960; fuori il PLI e dentro il PSI dal 1961. L'alternanza non ebbe luogo, alle previste scadenze elettorali, perché circolava il convincimento (e in questo pesò molto il convincimento degli Stati Uniti) che il secondo partito in graduatoria (il PCI) fosse non affidabile per la democrazia in Italia (a causa dei suoi legami con il PCUS) e per la salvaguardia dell'equilibrio tra due grandi blocchi internazionali contrapposti.
   Fondato o infondato questo giudizio sul PCI ? Forse nessuno saprà mai dire. Tuttavia, sarebbe forse ingeneroso e anche ingiusto:
  - non ricordare il comportamento del PCI nei confronti della BR, che puntavano all'alternanza nei governi, in modo rivoluzionario, e che il PCI condannò e contrastò in solidità all'azione dello Stato democratico;
  - e non ricordare che, già prima, c'era stata una evoluzione nei rapporti tra PCI e PCUS, come la presa di distanze dai fatti dell'URSS (per vero anche della sinistra più estrema), e anzi la rivendicazione del PCI, di una propria autonomia del partito fratello PCUS;
  - e fors'anche non escludere che questi fenomeni rivoluzionari potevano essere evitati se la via dell'alternanza era ritenuta praticabile a breve. Fatto sta che l'alternanza, pur se urgente, veniva sempre rinviata.

4.-  Stop a Napolitano... . In queste settimane è ripreso il tam tam del Presidente Napolitano a favore di una nuova legge elettorale. Ritengo questa azione non solo inopportuna, ma anche illegittima.
   Ritengo che l'attuale legge elettorale dia il massimo di governabilità, compatibile con l'attuale Costituzione.
  a) azione inopportuna. Ritengo che questa azione sia inopportuna perchè quello che serve all'Italia è avere governi di legislatura con possibilità di attuare programmi di lungo periodo, il tallone di Achille dei nostri governi da più di vent'anni. E questo non dipende dalla attuale legge elettorale, tant'è che i due Governi Berlusconi avevano una maggioranza di più di 100 voti, e ci troviamo allo stesso punto.
   b) E c'è, poi, il fatto che per Costituzione, il Presidente non porta responsabilità politica, e dunque è una questione di coerenza non fare pressioni dubbie sui parlamentari.
  Ci sono, poi, persone per bene (MONTEZEMOLO) che danno priorità all'indirizzo politico, per una scelta del partito politico. Ok. Ma, ahimè, c'è anche un problema di SISTEMA istituzionale, per cui anche una persona per bene non riuscirebbe a fare ...
  Per questo la governance dello Stato è divenuta una questione pregiudiziale. NINO LUCIANI

 

Governance dello Stato e/o Legge elettorale ? L'infinito dialogo tra sordi


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ITALIA   DA  ANNI  NELLE MANI DI BANDE, senza IL SENSO DELLO STATO

Il problema primario non è la legge elettorale,
ma una governance che ci dia Governi di legislatura

Solo dopo si adeguerà la legge elettorale

Il PD in marcia, verso l'essere fatto a fette ?
(Sotto: il Disegno di Legge del PDL.  In precedente edizione vedi  quello del PD)

Per
una rivisitazione culturale della crisi politica in Italia, dopo il 1992 con la  la caduta della DC e del PCI, si vegga il convegno sul tema:
“Ha un senso la riorganizzazione della vecchia Dc, nell'Italia del 2014 ?” Clicca su: http://www.impegno

IIL PREMIO DI MAGGIORANZA, SIA IL POPOLO AD ASSEGNARLO AD UNO DEI PRIMI DUE PARTITI,  AL SECONDO TURNO

DISEGNO DI LEGGE N. 3428
d’iniziativa del senatore QUAGLIARIELLO (PDL)

Punti qualificanti (N.d.R.):
soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento, o al 10 per cento in almeno cinque circoscrizioni;
- distribuzione dei seggi attraverso il metodo proporzionale d’Hondt, a livello di circoscrizione;
- due terzi dei seggi attribuiti in base alle indicazioni dei cittadini anche a livello di singolo parlamentare, e il restante terzo mediante listini bloccati;
- preferenze
;
- premio di governabilità 10 per cento al primo partito (e non alla coalizione)L.
 
DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi
recanti norme per la elezione
della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. – 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e uguale, libero e segreto, espresso in un unico turno elettorale e attribuito a liste di candidati concorrenti.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale tra le liste ammesse al riparto, con l’attribuzione di un premio di governabilità, pari al 10 per cento dei seggi, alla lista che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all’unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all’ordine di presentazione.»;
b) all’articolo 3 è aggiunto in fine il seguente comma:
«1-bis. Con lo stesso decreto di cui al comma 1 e con gli stessi criteri utilizzati per l’assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al medesimo comma, sono distribuiti tra le circoscrizioni i seggi da ripartire in ragione proporzionale, pari al 90 per cento dei seggi, con arrotondamento all’unità più prossima. I seggi da attribuire come premio di governabilità sono determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale»;
c) all’articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un’unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a tre voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui all’articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l’elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena la nullità dei voti di preferenza successivi al primo. Nelle circoscrizioni cui sono attribuiti complessivamente fino a cinque seggi, ogni elettore può esprimere una sola preferenza».
d) all’articolo 14-bis:
1) ai commi 1, 2 e 3, il secondo periodo è soppresso;
2) al comma 4, le parole: «ai commi 1, 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «al comma 3»;
e) all’articolo 18-bis, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ogni lista, all’atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all’ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all’unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione»;
f) all’articolo 19, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della lista di cui all’articolo 18-bis, comma 3. Il candidato risultato eletto in base ad entrambi i criteri deve esprimere opzione ai sensi dell’articolo 85»;

Nino LUCIANI, Italia nelle mani di bande, non di partiti con il senso dello Stato. La retta via, per modificare la legge elettorale, è farlo dopo le modifiche della Costituzione (poche, ma essenziali)

1. Premessa
.   Mi pare evidente che il disegno di legge del PDL sia estremamente souple, ma anche quello del PD (clicca: deputati PD), vale dire è acqua e sapone, che vuole solo salvare la faccia, davanti all'elettorato, senza cambiare nulla, come il "gattopardo". Questo giudizio vale anche per il PD.
  Al fondo di tutto c'è che, da quando sono caduti i due grandi partiti storici, la DC-partito dei Cattolici e il PCI - partito Comunista Italiano (ci metto dentro anche il PSI) è venuto meno lo Stato, e sono subentrate delle bande senza il senso dello Stato. Con loro ci metto l'ex-Magistrato Di Pietro che li aveva distrutti, e che si è rivelato un "jolly" perbenino, senza costrutto.
   Quelle due forze storiche, anche grazie alla mediazione del movimento storico   liberale, avevano costruito la Costituzione della Repubblica, che ha retto l'Italia validamente per anni, ma che è venuta a soffrire di deficit di governabilità, per via di certi condizionamenti internazionali, che avevano impedito una "democrazia compiuta" per l'Italia (parole di A. Moro). Il motivo è che era mancata l'alternanza al governo, tra quelle forze storiche.


2. Come risolvere. La Costituzione aveva voluto un sistema parlamentare (governo proposto dal Capo dello Stato, e fiduciato dal parlamento) pensato proporzionale alla società civile.
  Ne deriva che, oggi, delle "primarie sul candidato premier" sono contro natura, se prima non si cambia la Costituzione (su questo torno, più avanti circa il PD).
  Cambiare la Costituzione in senso presidenzialista sarebbe, forse, la cosa migliore, ma con i dovuti "pesi e contrappesi" (il pericolo di dittature non va mai sottovalutato, e l'Italia ne sa qualcosa). Ma non c'è più tempo in questa legislatura, per cambiare l'architrave della Costituzione.
   Ma altrettanto, senza aver fatto questo, non ha un senso modificare una legge elettorale, che già contiene in se il massimo che si può fare per la governabilità, data l'attuale Costituzione.
  Invece, si potrebbe cambiare non poco nei fatti,
ferma l'attuale architrave costituzionale, con piccole modifiche, centrate a dare:
   - effettiva alternanza tra i grandi partiti al potere (anche disponendo di espellere dal parlamento i cambia-casacca, dopo le elezioni);
  - su governi di legislatura;
  - sulla rappresentanza proporzionale dei cittadini in parlamento, ma con limiti drastici alla polverizzazione della rappresentanza.
   
  Precisamente fare:
   a) Governo: il parlamento vota il capo del governo (non anche i ministri) per l'intera legislatura, che successivamente nomina e revoca ministri tecnici (in linea di massima). E’ ammessa la sfiducia, ma solo con un quorum di almeno i 3/4 di una delle camere;
   b) Parlamento: è eletto in due turni con legge elettorale proporzionale in collegi pluri-nominali, al fine di assegnare (al secondo turno) un premio di maggioranza, se necessario.
   c) Premio di maggioranza. Qualora, al primo turno nessun partito consegua la maggioranza assoluta, al secondo turno l’elettorato sceglie a quale, tra i primi due, assegnare la maggioranza assoluta (55%, se non ottenuto con i voti). I restanti seggi sono ripartiti tra tutti gli altri, in proporzione ai voti del primo turno.;
   d) Un solo voto di preferenza
   e) Restrizioni per i cambia casacca:
       - Sono ammessi Grupppi parlamentari con un numero di membri non inferiore al 20% dei membri della camera di appartenenza;
       - I Gruppi parlamentari formatisi dopo la prima costituzione, dopo le elezioni politiche, non percepiscono l’eventuale finanziamento, a copertura delle spese elettorali, e quanto "già dato" viene recuperato dal bilancio dello Stato, pro quota scissionisti.

3.- Sulle primarie del PD. Nella Costituzione
(Art. 49) la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale avviene mediante l'associazione libera in partiti. In questo senso, è tradizione che il candidato premier sia il segretario politico del partito che vince le elezioni. Così anche in Inghilterra.
   E se adesso vogliamo andare all'americana, OK, ma con un presidente eletto direttamente dal popolo, dunque dopo aver cambiato la Costituzioone.
   Le notizie di questi giorni, secondo cui il PD (e soci) avrebbe accumulato 12 candidati premier, per le elezioni primarie, è una cosa insopportabile per chi ha il senso dello Stato, in quanto va a squalificare il Segretario, eletto in un Congresso del PD.
   Secondo me, l'On. Bersani dovrebbe semplicemente dimettersi, per salvare la propria dignità.
   Questo fatto (12 candidati) prova la sprovvedutezza della sinistra Italiana, quella stessa che ci ha "regalato" Berlusconi Premier.
   In questo caso, poi:
   - c'è l'aggravante di dimostrare troppa fretta, nel dare per spacciato Berlusconi, al punto di distogliere l'attenzione da lui e tornare a litigare (come sempre) al proprio interno;
  - la competizione delle primarie creerà una disaffezione, verso i partiti-soci della sinistra, da parte degli elettori, per cui il PDL potrebbe arrivare primo partito i graduatoria (sia pur con pochi voti di scarto).

   Queste puntualizzazioni non vanno prese come un "favore" a qualcuno, ma la preoccupazione di non frammentare le "grandi forze", quale necessario passo per realizzare l'alternanza tra grandi partiti al governo, in Italia. NL

g) all’articolo 31, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Sulle schede i contrassegni delle liste sono riprodotti di seguito, in linea verticale, ciascuno in un unico rettangolo, su un’unica colonna; nello spazio accanto ad ogni contrassegno l’elettore può esprimere fino ad un massimo di tre preferenze in favore dei candidati della stessa lista, salvo il caso di cui all’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 4. L’ordine dei contrassegni delle liste sulla scheda è stabilito con sorteggio secondo le disposizioni di cui all’articolo 24. I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre. Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all’interno del relativo rettangolo, un numero di linee orizzontali pari al numero massimo di preferenze che possono essere espresse nella circoscrizione»;
h) all’articolo 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al secondo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «L’elettore, senza che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta e può esprimere la preferenza in favore del candidato o dei candidati prescelti compresi nella medesima lista, scrivendo il loro cognome, ed eventualmente il nome, sulle apposite righe di cui all’articolo 31, comma 2»;
2) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«I voti di preferenza si esprimono scrivendo con la matita, sulle apposite righe tracciate a fianco del contrassegno della lista votata, il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome dei candidati prescelti. L’elettore può manifestare la preferenza esclusivamente per candidati della lista da lui votata. Sono nulle le preferenze che non designano il candidato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da ogni altro candidato della medesima lista. Se l’elettore esprime una preferenza per un candidato incluso nel secondo elenco e non presente anche nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, il voto si intende attribuito esclusivamente alla lista cui appartiene il candidato prescelto. Se l’elettore non ha segnato alcun contrassegno di lista ma ha espresso una o più preferenze, si intende che abbia votato la lista alla quale appartengono i candidati prescelti se le preferenze sono indicate nello spazio a fianco del contrassegno di lista al quale i candidati prescelti appartengono; in ogni altro caso, il voto è nullo. Se l’elettore ha segnato più contrassegni di lista e ha indicato una preferenza, il voto è attribuito alla lista cui appartiene il candidato prescelto se appartenente ad una delle liste votate; in ogni altro caso, il voto è nullo. Si considerano appartenenti ad una lista tutti i candidati compresi nei due elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3».
i) l’articolo 68 è sostituito dal seguente:
«Art. 68. – 1. Compiute le operazioni di cui all’articolo 67, il presidente procede alle operazioni di spoglio delle schede. Uno scrutatore designato mediante sorteggio estrae successivamente ciascuna scheda dall’urna e la consegna al presidente. Questi enuncia ad alta voce il contrassegno della lista a cui è stato attribuito il voto e le eventuali preferenze e passa quindi la scheda ad altro scrutatore che la ripone nella cassetta o scatola dalla quale sono state tolte le schede non utilizzate. Il segretario prende nota, a mano a mano, dei voti di ciascuna lista e di quelli di preferenza, assieme ad altro scrutatore designato dal presidente.
2. Il segretario proclama ad alta voce i voti di lista e gli eventuali voti di preferenza. Quando la scheda non contiene alcuna espressione di voto, sul retro della stessa viene subito impresso il timbro della sezione e apposte le firme del presidente e di due altri componenti dell’ufficio di sezione.
3. È vietato estrarre dall’urna una scheda se quella precedentemente estratta non sia stata posta nella cassetta o scatola, dopo spogliato il voto.
4. Le schede possono essere toccate soltanto dai componenti del seggio.
5. Il numero totale delle schede scrutinate deve corrispondere al numero degli elettori che hanno votato. Il presidente accerta personalmente la corrispondenza numerica delle cifre segnate nelle varie colonne del verbale col numero degli iscritti, dei votanti, dei voti validi assegnati, delle schede nulle, delle schede bianche, delle schede contenenti voti nulli e delle schede contenenti voti contestati, verificando la congruità dei dati e dandone pubblica lettura ed espressa attestazione nei verbali.
6. Tutte le operazioni di cui al presente articolo devono essere compiute nell’ordine indicato; del compimento e del risultato di ciascuna di esse deve farsi menzione nel verbale»;
l) all’articolo 71, primo comma, numero 2), dopo le parole: «voti di lista» sono inserite le seguenti: «e dei voti di preferenza»;
m) all’articolo 77, comma 1, dopo il numero 1), è inserito il seguente:
«1-bis) determina inoltre la cifra individuale di ogni candidato del primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, sommando il numero dei voti di preferenza riportati nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Compila quindi, per ciascuna lista, una graduatoria redatta secondo l’ordine decrescente di preferenze. A parità di cifra individuale, è inserito prioritariamente nella graduatoria il candidato più anziano di età;»;
n) l’articolo 83 è sostituito dal seguente:
«Art. 83. – 1. L’Ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli Uffici centrali circoscrizionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o più esperti scelti dal presidente:
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
2) individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 5 per cento dei voti validi espressi o che abbiano conseguito in cinque circoscrizioni almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che sono ammesse pertanto al riparto dei seggi effettuato in sede circoscrizionale;
3) individua quindi la lista che abbia conseguito sul piano nazionale il maggior numero di voti validi espressi alla quale deve essere attribuito il premio di governabilità nella misura del 10 per cento dei seggi;
4) comunica agli Uffici centrali circoscrizionali le liste ammesse al riparto dei seggi di cui al numero 2) e la lista cui attribuire il premio di governabilità di cui al numero 3).
2. Di tutte le operazioni dell’Ufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla Segreteria generale della Camera dei deputati la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare è depositato presso la cancelleria della Corte di Cassazione»;
o) l’articolo 84 è sostituito dal seguente:
«Art. 84. – 1. L’Ufficio centrale circoscrizionale, ricevute da parte dell’Ufficio centrale nazionale le comunicazioni di cui all’articolo 83, comma 1, numeri 2) e 3):
1) per ciascuna delle liste ammesse al riparto dei seggi di cui all’articolo 83, comma 1, numero 2), divide la cifra elettorale circoscrizionale successivamente per 1, 2, 3, 4, sino a concorrenza dei seggi da attribuire in ragione proporzionale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica di cui all’articolo 3, comma 1. I seggi sono assegnati alle liste cui corrispondono nell’ordine i più alti quozienti ottenuti da tali divisioni. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il seggio è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio; alla lista di cui all’articolo 83, comma 1, numero 3) attribuisce anche i seggi del premio di governabilità corrispondenti alla differenza tra i seggi assegnati alla circoscrizione e i seggi da attribuire in ragione proporzionale;
2) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto:
a) per un numero pari ai due terzi, con arrotondamento all’unità più prossima, dei seggi ai quali la lista ha diritto, i candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, che abbiano riportato la maggiore cifra individuale in base alla graduatoria redatta ai sensi dell’articolo 77, comma 1, numero 1);
b) per i restanti seggi da assegnare alla lista, i candidati compresi nel secondo elenco all’articolo 18-bis, comma 3, in base all’ordine di presentazione;
3) qualora una lista abbia diritto ad un numero di seggi pari a due, in deroga al numero 2) del presente comma, proclama eletti un candidato per ciascuno dei due elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3;
4) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, e residuino ancora seggi da attribuire alla lista, sono proclamati eletti i candidati compresi nel secondo elenco che seguono quelli già eventualmente proclamati, in base all’ordine di presentazione; qualora invece la lista abbia esaurito il numero di candidati compresi nel secondo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, sono proclamati eletti i candidati compresi nel primo elenco che seguono nella graduatoria redatti ai sensi dell’articolo 77, comma 1, numero 1);
5) comunica all’Ufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, le risultanze delle operazioni di cui ai numeri precedenti, ai fini di cui al comma 2.
2. L’Ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici centrali circoscrizionali di cui al comma 1, numero 5), qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati di entrambi gli elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3, e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella circoscrizione, assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni della stessa regione o, in mancanza, delle altre regioni, ove la stessa lista abbia i più alti quozienti non utilizzati per l’assegnazione dei seggi, ai sensi del comma 1, numero 1), del presente articolo. Qualora ciò non sia possibile, per esaurimento dei candidati o assenza della lista nelle altre circoscrizioni, i seggi sono attribuiti nella circoscrizione originaria alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per l’assegnazione dei seggi ai sensi del citato comma 1, numero 1). L’esito delle operazioni di cui al presente comma è comunicato agli Uffici elettorali circoscrizionali ai fini delle relative proclamazioni»;
p) all’articolo 86, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito, nell’ambito della medesima circoscrizione:
a) al candidato della lista che, nella graduatoria di cui all’articolo 77, comma 1, numero 1), segue immediatamente l’ultimo degli eletti, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3;
b) al candidato della lista che segue immediatamente l’ultimo degli eletti compresi del secondo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, in base all’ordine di presentazione, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel suddetto elenco.
2. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di uno dei due elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3, si procede con le modalità di cui all’articolo 84, comma 1, numero 4. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di entrambi gli elenchi si procede con le modalità di cui all’articolo 84, comma 2.».
Art. 2.
(Modifiche al testo unico delle leggi
recanti norme per l’elezione
del Senato della Repubblica)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993. n. 533, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, il comma 2 è sostituito dai seguenti:
«2. L’assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale, con l’attribuzione di un premio di governabilità pari al 10 per cento dei seggi alla lista che abbia conseguito il maggior numero di voti validi espressi nell’ambito di tutte le regioni, mediante riparto nelle singole circoscrizioni regionali, a norma degli articoli 16 e 17.
2-bis. Con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1 sono determinati, per ciascuna regione, salvo quelle di cui ai commi 3 e 4, i seggi da ripartire in ragione proporzionale, nella misura del 90 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all’unità più prossima; i seggi da attribuire come premio di governabilità sono determinati come differenza tra il numero dei seggi assegnati alla regione e quelli da assegnare come premio di governabilità»;
b) all’articolo 2, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all’unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all’ordine di presentazione.
1-ter. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un’unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a tre voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco, di cui all’articolo 9, comma 4, della lista votata, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l’elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena la nullità dei voti di preferenza successivi al primo. Nelle circoscrizioni cui sono attribuiti complessivamente fino a cinque seggi, ogni elettore può esprimere una sola preferenza»;
c) dopo l’articolo 6, è inserito il seguente:
«Art. 6-bis. – 1. Presso la Corte di cassazione è costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali, l’ufficio centrale nazionale per le elezioni del Senato, composto da un presidente di sezione e da quattro consiglieri, scelti dal primo presidente.»;
d) all’articolo 9, il comma 4 è sostituito dai seguenti:
«4. Ogni lista, all’atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero dei candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all’ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore ad un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all’unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
4-bis. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della lista di cui all’articolo 9, comma 4. Il candidato risultato eletto in base ad entrambi i criteri deve esprimere opzione ai sensi dell’articolo 85 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361»;
e) all’articolo 10:
1) il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati possono ricorrere all’ufficio centrale nazionale previsto dall’articolo 6-bis»;
2) al comma 7, le parole: «di cui all’articolo 23 del predetto testo unico» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all’articolo 23 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.»;
f) all’articolo 11, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le schede sono di carta consistente; sono fornite a cura del Ministero dell’interno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B allegate al presente testo unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione. Sulle schede i contrassegni delle liste sono riprodotti di seguito, in linea verticale, ciascuno in un unico rettangolo, su un’unica colonna; nello spazio accanto ad ogni contrassegno di lista sono tracciate, all’interno del relativo rettangolo, un numero di linee orizzontali pari al numero massimo di preferenze che possono essere espresse nella circoscrizione. L’ordine dei contrassegni delle liste sulla scheda è stabilito con sorteggio secondo le disposizioni di cui al comma 1, lettera a). I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre.»;
g) l’articolo 14 è sostituito dal seguente:
«Art. 14. – 1. Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta; l’elettore può esprimere l’eventuale voto di preferenza in favore del candidato o dei candidati prescelti compresi nella medesima lista, scrivendo il loro cognome, ed eventualmente il nome, sulle apposite righe di cui all’articolo 11, comma 3.
2. I voti di preferenza si esprimono scrivendo con la matita, sulle apposite righe tracciate a fianco del contrassegno della lista votata, il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome dei candidati prescelti. L’elettore può manifestare la preferenza esclusivamente per candidati della lista da lui votata. Sono nulle le preferenze che non designano il candidato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da ogni altro candidato della medesima lista. Se l’elettore esprime una preferenza per un candidato incluso nel secondo elenco e non presente anche nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, il voto si intende attribuito esclusivamente alla lista cui appartiene il candidato prescelto. Se l’elettore non ha segnato alcun contrassegno di lista ma ha espresso uno o più preferenze, si intende che abbia votato la lista alla quale appartengono i candidati prescelti se le preferenze sono indicate nello spazio a fianco del contrassegno di lista al quale i candidati prescelti appartengono; in ogni altro caso, il voto è nullo. Se l’elettore ha segnato più contrassegni di lista e ha indicato una preferenza, il voto è attribuito alla lista cui appartiene il candidato prescelto se appartenente ad una delle liste votate; in ogni altro caso, il voto è nullo. Si considerano appartenenti ad una lista tutti i candidati compresi nei due elenchi di cui all’articolo 9, comma 4»;
h) l’articolo 16 è sostituito dal seguente:
«Art. 16. – 1. L’ufficio elettorale regionale, compiute le operazioni di cui all’articolo 76 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361:
a) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra è data dalla somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione;
b) determina inoltre la cifra individuale di ogni candidato compreso nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, sommando il numero dei voti di preferenza riportati nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Compila quindi, per ciascuna lista, una graduatoria redatta secondo l’ordine decrescente di preferenze; a parità di cifra individuale, è inserito prioritariamente nella graduatoria il candidato più anziano di età;
c) individua le liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 5 per cento dei voti validi espressi e che sono pertanto ammesse al riparto dei seggi in sede circoscrizionale;
d) comunica all’ufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista di cui alla lettera a) e le liste ammesse al riparto dei seggi di cui alla lettera c).»;
i) l’articolo 17 è sostituito dal seguente:
«Art. 17. – 1. L’ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici elettorali regionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o più esperti scelti dal presidente:
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
2) individua quindi la lista che abbia conseguito sul piano nazionale il maggior numero di voti validi espressi alla quale deve essere attribuito il premio di governabilità nella misura del 10 per cento dei seggi;
3) comunica agli uffici centrali circoscrizionali la lista cui attribuire il premio di governabilità di cui al numero 2).
2. Di tutte le operazioni dell’ufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla Segreteria generale del Senato della Repubblica la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare è depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione»;
l) l’articolo 17-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 17-bis. – 1. L’Ufficio elettorale regionale, ricevute da parte dell’Ufficio centrale nazionale le comunicazioni di cui all’articolo 17, comma 1, numeri 3):
1) per ciascuna delle liste ammesse al riparto dei seggi di cui all’articolo 16, comma 1, lettera c), divide la cifra elettorale circoscrizionale successivamente per 1, 2, 3, 4, sino a concorrenza dei seggi da attribuire in ragione proporzionale, di cui all’articolo 1, comma 2-bis. I seggi sono assegnati alle liste cui corrispondono nell’ordine i più alti quozienti ottenuti da tali divisioni. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il seggio è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio. Alla lista di cui all’articolo 17, comma 1, numero 3), attribuisce anche i seggi del premio di governabilità;
2) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto:
a) per un numero pari ai due terzi, con arrotondamento all’unità più prossima, dei seggi ai quali la lista ha diritto, i candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, che abbiano riportato la maggiore cifra individuale in base alla graduatoria redatta ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera b);
b) per i restanti seggi da assegnare alla lista, i candidati compresi nel secondo elenco all’articolo 9, comma 4, comma 3, in base all’ordine di presentazione;
3) qualora una lista abbia diritto ad un numero di seggi pari a due, in deroga a quanto previsto al numero 2 del presente comma, proclama eletti, un candidato per ciascuno dei due elenchi di cui all’articolo 9, comma 4;
4) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, e residuino ancora seggi da attribuire alla lista, sono proclamati eletti i candidati compresi nel secondo elenco che seguono quelli già eventualmente proclamati, in base all’ordine di presentazione; qualora invece la lista abbia esaurito il numero di candidati compresi nel secondo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, sono proclamati eletti i candidati compresi nel primo elenco che seguono nella graduatoria redatta ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera b);
5) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati di entrambi gli elenchi di cui all’articolo 9, comma 4, e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti, i seggi sono attribuiti alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per l’assegnazione dei seggi ai sensi del comma 1, numero 1)»;
m) l’articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. – 1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito, nell’ambito della medesima circoscrizione:
a) al candidato della lista che, nella graduatoria di cui all’articolo 16, comma 1, lettera b), segue immediatamente l’ultimo degli eletti, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4;
b) al candidato della lista che segue immediatamente l’ultimo degli eletti compresi del secondo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, in base all’ordine di presentazione, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel suddetto elenco.
2. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di uno dei due elenchi di cui all’articolo 9, comma 4, si procede con le modalità di cui all’articolo 17-bis, comma 1, numero 4. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di entrambi gli elenchi si procede con le modalità di cui all’articolo 17-bis, comma 1, numero 5.».

 

EDIZIONI PRECEDENTI

Dal Senato, Riforma della Governance dello Stato e legge elettorale.
ll dibattito, Da mesi in Commissione Affari Costituzionali del Senato, la questione è in Aula in questi giorni g
iorni.



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Ma ... sorpresa: in Parlamento, la maggioranza che conduce è PDL+Lega,
.....    e che è diversa da quella che regge il Governo (PDL+PD+UDC).

I PUNTI CONTRASTATI,   DI MAGGIORE IMPEGNO RIFORMATORE:

Per riforma Governance:  - Semi  Presidenzialismo francese (proposto da PDL, contrario PD)
Per riforma legge elettorale - Sistema francese a doppio turno (proposto da PD)
Per riforma bicameralismo - Senato delle Regioni (proposto da Lega + PDL)
                                                        
                                                   LA VIA PRATICABILE,  MA SUFFICIENTE,  IN QUESTO PARLAMENTO:
                 1) Piccole modifiche, in Costituzione,  di stabilizzazione e rafforzamento del Presidente del Consiglio;
                 2) Piccole  modifiche della attuale legge elettorale (possibilità di candidature in un solo collegio elettorale,
                 possibilità di un voto di preferenza);
                 3) Limiti, in Costituzione, alla formazione dei gruppi parlamentari, durante la legislatura.

Evitiamoci anche certe stupidità: quella di pensare che anticipando le elezioni politiche, agevoliamo i problemi
della crisi. La Spagna ha fatto così, ma questo non ha evitato di trovarla tutt'oggi come prima, peggio di prima.
Ringraziamo anche il Padre Eterno che, avendoci dato MONTI (al posto dei nostri "politici"),

ci ha fatto ricordare il detto di Francesco Petrarca: "Italia mia, l'antico valor non è ancor morto".

   Nota. Ho avuto difficoltà di sintesi delle posizioni di tutti i Gruppi, anche perchè alcune sono di netta marca bizantina e "cicero pro domo sua", più che per il Paese. Riporto, invece, per intero il progetto di riforma della legge elettorale del PD, perchè mi sembra ben fatto e anche un terreno utile per valutare i progetti alternativi, di cui il lettore disponga.
   Invece, per l'insieme della riforme costituzionali della Governance,   clicca su:     http://www.senato.it/lavori/21415/106652/genpagina.htm).

PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei Deputati del PD

Nuove norme per le elezioni della Camera dei Deputati
e del Senato della Repubblica

Presentazione

- 1. Nel corso degli ultimi anni, la forma di governo delineata dalla Costituzione ha subito (di fatto) una trasformazione profonda ed il Parlamento ha progressivamente perso sia il potere di indirizzo politico e l'influenza sull'azione del governo, sia la fiducia di molti cittadini.
  L'abuso della decretazione d'urgenza e del ricorso all'istituto della questione di fiducia, ad esempio, sono al contempo ormai ben più che un campanello d'allarme o il segnale di un momento di difficoltà nel rapporto tra Parlamento e Governo.
   I fenomeni di disaffezione dell'opinione pubblica e di progressiva sfiducia e ripulsa verso ogni forma di organizzazione e di mediazione politica sono davanti agli occhi di tutti, così come i rischi di una sempre più marcata involuzione populista: il crescente astensionismo nelle ultime elezioni ne è una conferma, così come la tendenza alla semplificazione del confronto politico in un confronto tra singoli leader.
   All'origine di questa trasformazione (e di questa concentrazione del potere nell'organo esecutivo) vi è una trasformazione profonda della realtà politica, economica e sociale, nel cui ambito si è consumata una crisi dei partiti e della rappresentanza che le ultime modifiche dei sistemi elettorali (l. n. 270del 2005), anziché contrastare, hanno ulteriormente e significativamente acuito.

2. Il sistema elettorale risultato dalla legge n. 270 del 2005 è stato, fin dall'inizio, oggetto di numerosi rilievi critici, tanto in sede scientifica quanto in sede di confronto politico-parlamentare. In particolare, le perplessità e le critiche sollevate durante il dibattito parlamentare dall'allora minoranza di centrosinistra hanno trovato in larga misura conferma dopo l'applicazione della nuova disciplina, in particolare alle elezioni politiche del 2006.
  Alla sua prima prova, il nuovo sistema elettorale si è prima di tutto dimostrato inidoneo a garantire la governabilità, a causa dell'inefficienza (e della sostanziale irrazionalità) del meccanismo dei premi di maggioranza regionali per l'elezione del Senato. Il sistema non è infatti strutturalmente capace di assicurare alla coalizione più votata la maggioranza assoluta dei seggi al Senato, per effetto della possibile neutralizzazione reciproca dei premi di maggioranza regionali.
  Questo meccanismo, laddove non annulli o addirittura ribalti - in termini di seggi - i risultati elettorali conseguiti dalle coalizioni in termini di voti, produce comunque una irrazionale distorsione della rappresentanza, con esiti del tutto casuali sotto il profilo della composizione delle maggioranze. In tal senso, per come configurato, il sistema elettorale vigente sembra contraddire la stessa ratio dell'introduzione di un premio di maggioranza, non riuscendo a contemperare efficacemente l'esigenza di garantire un saldo rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento, valido anche per il Senato, con la garanzia di un sufficiente grado di rappresentatività del sistema.
    Peraltro, oltre a non assicurare la governabilità, il sistema elettorale vigente potrebbe risultare inoltre eccessivamente lesivo del principio di rappresentatività, il quale, pur bilanciabile con altri principi costituzionali come la necessità di garantire la stabilità, di certo non può essere compresso in maniera troppo netta. Infatti, non essendo prevista una soglia di consenso minima per l'assegnazione del premio di maggioranza, potrebbe determinarsi un forte squilibrio nel rapporto tra voti conseguiti e seggi ottenuti fino a consentire a liste del tutto minoritarie di avvantaggiarsi - almeno alla Camera - in maniera del tutto sproporzionata grazie al premio di maggioranza.

Nino LUCIANI, Nell'interesse del Paese e di tutti, qualcosa per la governabilità bisogna fare assolutamente, anche se non è il massimo dal punto di vista del proprio partito.

1.- La premessa.
Il 14 dic. 2010 Berlusconi, sotto scacco matto da Fini col voto di fiducia (ma poi superato per tre voti), disse:"Sono disposto a qualunque compromesso, fuorchè nulla mi sia chiesto sulla attuale la legge elettorale".
   Condivido che, ferma l'attuale Costituzione, l'attuale legge elettorale sia il massimo possibile di governabilità del Paese, a parte che si potrebbe far qualcosa meglio, in sede di regolamenti parlamentari, per impedire la polverizzazione dei Gruppi, dopo le elezioni ( ad es., non ammettere gruppi con un numero di membri inferiore al 30-40% dei membri della camera di appartenenza).
   Il punto di vista di Berlusconi è essenziale, non foss'altro perchè egli tuttora maggioritario in parlamento.
   In queste settimane c'è, poi, stata in qualche modo una svolta di Berlusconi: lanciare una proposta di riforma costituzionale della Governance, recependo il "semi-presidenzialismo" francese. La quale cosa apre, di fatto, a modifiche collegate, della legge elettorale.
   Questa svolta mi ha, però, molto deluso, non per la sua validità, ma perchè posta in contrasto col PD: vale dire, ben sapendo della sua impraticabilità, giacchè non approvabile con maggioranza qualificata, e dunque sottoponibile a referendum, e dunque in nessun modo pronta per la prossima legislatura (Berlusconi non ha forse dimenticato di aver già perso un referendum).
   Non è, poi, trascurabile che la "cosa" (Senato federale) data alla Lega (per ottenerne i voti e fare, insieme, maggioranza assoluta in parlamento) va a svuotare i poteri del Premier (come dire: con una mano dai poteri al premier e con l'altra li togli, perché le Regioni ti metteranno mille bastoni tra le ruote …, domani, a meno che le fai con meri poteri consultivi… ).

2.- Come riportare sugli stessi binari il PDL e il PD.
Il Buon Governo è per orizzonti temporali lunghi e dunque la via imprescindibile è oggi la riforma della Governance dello Stato, prima che della legge elettorale. Andando al sodo (senza bisogno di modificare l'architettura costituzionale, che richierebbe tempi lunghi), i punti su cui ragionare sono:
  - garantire governi di legislatura, in cui coniugare politici (il Presidente) e tecnici (ministri);
  - evitare la frammentazione delle camere e fare eleggere persone per bene.

  Verso questi obiettivi, l'intesa praticabile tra PDL e PD, potrebbe essere:
  a) in tema di riforma della Governance:
- Il Presidente del Consiglio è eletto con voto universale del popolo. Le camere possono revocarlo con la maggioranza dei ¾ in caso di conflitti costituzionali, da lui provocati anche indirettamente, tra i poteri dello Stato. ( Es., essere sotto processo, e le camere ritengono ragionevolmente fondato l'oggetto di accusa del processo).
  - in alternativa: Il Presidente del consiglio (non l'intero governo) è (su proposta del Presidente della Repubblica) eletto dalle Camere, per l'intera legislatura, non possibilità di revoca della fiducia solo con i ¾ dei membri di almeno una delle camere.
   Successivamente alla elezione, dalle camere, egli nomina e revoca i ministri (senza obbligo che siano politici),
    - Non non sono ammessi in parlamento gruppi parlamentari con un numero di membri inferiore al 20% della camera di appartenenza. Il parlamentare che abbandona il gruppo originario e non trova collocazione altrove è dimissionato.

  b) In tema di elezioni del parlamento, potremmo adottare il sistema francese, ma con i seguenti vincoli:
  - qualora al primo turno, nessun partito ottenga la maggioranza assoluta, si vota tra i primi due al secondo turno. Ma se il secondo partito si ritira, il seggio è attribuito al primo;
- qualora nessun partito ottenga la maggioranza assoluta in parlamento, viene attribuito un premio su base nazionale al partito di maggioranza relativa, in modo da portarlo alla maggioranza assoluta;
- non sono candidabili persone che hanno avuto condanne penali, anche se con sentenza non definitiva. La candidatura va accompagnata dal curriculum vitae, e che dev'essere pubblicato dall'ufficio elettorale.

  Inoltre, l'effetto congiunto del meccanismo delle liste bloccate, della sostituzione dei collegi uninominali con circoscrizioni elettorali di grandi dimensioni e della possibilità di candidature plurime, ha fatto crescere il peso degli apparati centrali di partito nella composizione delle liste e fortemente indebolito il rapporto dei parlamentari con i territori di cui sono espressione.
    In particolare, l'ampiezza delle circoscrizioni e la conseguente estensione delle liste bloccate hanno compresso significativamente la riconoscibilità dei candidati da parte dell'elettore, facendo aumentare la distanza tra la base elettorale e la sua rappresentanza parlamentare.

3. Tutto ciò - è importante osservare - non produce peraltro alcuno sviluppo economico. La concentrazione del potere, e la progressiva destrutturazione dei corpi intermedi non aumenta l'efficienza prestazionale delle istituzioni politiche, né accresce la competitività del sistema Paese.
   Questa situazione concorre solo ad aumentare le disuguaglianze, le divisioni e i conflitti sociali. Il problema dell'unità e della coesione sociale è oggi nuovamente un problema serissimo del nostro Paese.
   Per contrastare la progressiva lacerazione del tessuto sociale e la crescente perdita di capacità regolativa delle istituzioni occorre dunque procedere ad una solida rilegittimazione delle istituzioni democratico-rappresentative e del sistema politico.

4. In questo contesto, una riforma del sistema elettorale deve in primo luogo perseguire alcuni obiettivi di fondo, da collocarsi nell'attuale fase storica e nel presente contesto politico. In secondo luogo, essa deve scegliere i mezzi più adeguati a perseguire tali obiettivi.
   Gli obiettivi di fondo della riforma elettorale devono al tempo stesso saldarsi con la stagione riformatrice della prima metà degli anni novanta e tentare di apprendere le lezioni che alcuni fallimenti subiti durante quel percorso hanno impartito.

  4.1. Un buon sistema elettorale non può eludere gli obiettivi di una legittimazione popolare delle maggioranze di governo, che deve consentire in linea di massima all'elettore di scegliere, in quest'ordine, un programma, una coalizione ed un candidato premier.
    La personalizzazione della politica costituisce un dato irreversibile dell'attuale stagione delle democrazie pluraliste: essa si impone in via di fatto quali che siano le forme di governo ed i contenuti ideologici.
   La personalizzazione deve tuttavia essere razionalizzata ed inquadrata, trasformandola da guscio vuoto in veicolo sintetico e simbolico di una proposta politica: su di essa deve essere possibile l'espressione di una indicazione popolare.
   Quest'ultima, al tempo stesso, sarebbe illusoria se non fosse accompagnata da dispositivi, anzitutto politici, finalizzati a proteggere la stabilità della triade programma-coalizione-premier oggetto di indicazione popolare: non certo con irrigidimenti eccessivi ed irrealistici, che verrebbero superati rapidamente dal cambiamento delle condizioni di contesto, ma rilegittimando delle soggettività collettivi capaci da porsi come punto di coagulo del consenso popolare.

   4.2. La legittimazione popolare e la stabilità vanno perseguite non tanto con dispositivi volti a realizzare la preposizione diretta da parte dell'elettorato alle cariche politiche di vertice, quanto attraverso gli strumenti del governo parlamentare di partito.
   Personalizzazione della politica e soggettività collettiva vanno perseguite spezzando la spirale perversa dei "partiti personali" per veicolare in partiti stabilmente organizzati e strutturati, ed al tempo stesso aperti alla partecipazione, le risorse della leadership.
   La scelta deve dunque orientarsi verso un sistema che persegua legittimazione democratica e stabilità di governo promuovendo e non svuotando i partiti politici organizzati.

   4.3. Un terzo obiettivo deve muovere da un dato reale del sistema partitico italiano attuale, per accompagnarne l'evoluzione virtuosa, senza né ignorarlo, né tendere illusoriamente a sopprimerlo: il pluralismo delle coalizioni e nelle coalizioni. Una razionalizzazione dell'offerta politica deve favorire il superamento delle formazioni politiche "artificiali", ma non semplicemente espellere dalla rappresentanza pezzi significativi della cultura politica italiana.

  4.4. E' in questo già complesso quadro di obiettivi che va inserita l'esigenza di superare o quantomeno di attenuare il deficit democratico che caratterizza l'attuale sistema elettorale. Il rilancio del ruolo dei partiti in un'ottica di legittimazione delle coalizioni e di stabilità dell'azione di governo (e di quella di opposizione) non deve condurre ad accettare un sistema elettorale come quello attuale, che riduce il voto ad un plebiscito sul Presidente del Consiglio.
   Le esperienze democratiche più avanzate in Europa (ad es. Gran Bretagna e Germania) dimostrano che esistono strumenti e tecniche per coniugare la democrazia dei partiti con la legittimazione e la stabilità dei governi e con il controllo democratico degli elettori sui candidati di partito. Ciò significa ridare senso al voto come atto di scelta dei deputati non contro, ma dentro i partiti.

  4.5. E' in questa prospettiva che va presa in esame l'ipotesi di democratizzare il sistema elettorale mediante la reintroduzione del voto di preferenza.
   Questa opzione ha senza dubbio il merito di restituire all'elettore un controllo sulle candidature deliberate dalle segreterie di partito, ma essa presenta non pochi inconvenienti.
  In un contesto di organizzazioni di partito relativamente fragili e da ricostruire e di accentuata personalizzazione politica, le preferenze rischiano di produrre un doppio effetto negativo: quello di scatenare la competizione intrapartitica - già ben visibile nelle elezioni regionali - riducendo la già scarsa coesione delle formazioni politiche e quello di far lievitare enormemente le spese delle campagne elettorali, e quindi i costi (nascosti, dunque intrinsecamente illeciti) della politica.
   Per questo motivo, pare preferibile riprendere il modello alternativo di valorizzazione del ruolo dell'elettore: il collegio uninominale.
   A questo sistema la democrazia italiana si andava gradualmente acclimatando quando - nel 2005 - le relative dinamiche sono state interrotte dalla legge elettorale tuttora vigente.
   Il collegio uninominale è invece il luogo nel quale il partito assume il volto concreto di un candidato, che diventa la "faccia" della coalizione e del programma in uno specifico contesto. Un volto "visibile" che l'elettore è chiamato a giudicare assieme alla proposta politica di scala nazionale ed al suo contenuto.

   4.6. Un sistema elettorale basato solo su collegi uninominali maggioritari - sia a turno unico che a doppio turno - se presenta il vantaggio della semplicità e della semplificazione della rappresentanza e del rapporto, che esso crea, fra gli elettori ed il deputato del loro territorio, presenta peraltro non pochi svantaggi. Il principale di questi è il rilevante effetto distorsivo che esso produce riguardo alla configurazione della rappresentanza.
    Nell'attuale fase storica esso presenta inoltre il rischio - ben noto in Canada ed in India - della eccessiva localizzazione della rappresentanza, al punto che esso potrebbe produrre un parlamento di partiti politici territoriali (magari con una corposa Lega Sud accanto alla già esistente Lega Nord) ed un parlamento in cui i partiti non maggioritari in una data parte del Paese (si pensi al PD in Sicilia o alla PDL in Emilia-Romagna) potrebbero essere privati della rappresentanza di essa. Occorre allora combinare le candidature di collegio con quelle di partito, in modo da rafforzare il rapporto fra eletti ed elettori ma senza correrere il rischio di localizzare troppo la rappresentanza stessa.

   5. Il sistema elettorale che si intende introdurre con la presente proposta di legge combina, per raggiungere gli obiettivi appena presentati, una percentuale di seggi attribuiti mediante tre diversi "canali", per quanto riguarda il sistema elettorale della Camera dei Deputati:
   a) collegi uninominali;
   b) una quota proporzionale distribuita su base regionale;
   c) una quota nazionale di compensazione. L'elettore dispone di una sola scheda, su cui vota solo per un candidato (di partito) in collegi uninominali e, dunque, automaticamente anche per la lista del medesimo partito presentata per circoscrizioni regionali. Il 70 per cento dei 618 seggi da distribuire in Italia (pari, pertanto, a 433) è eletto in collegi uninominali maggioritari.
   Nei collegi uninominali sono presentate candidature individuali (candidati di partito o indipendenti). E' eletto al primo turno il candidato che ottiene la metà più uno dei voti validamente espressi, altrimenti si da' luogo ad un secondo turno aperto a tutti i candidati che abbiano ottenuto almeno 10 per cento dei voti degli aventi diritto al primo turno.
  Nel secondo turno è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Il 28 per cento dei seggi - pari a 173 seggi - è invece attribuito con metodo proporzionale su base regionale o pluriprovinciale, secondo le attuali 26 circoscrizioni regionali o pluriprovinciali. In ogni circoscrizione, ciascun partito ha un numero di voti pari al totale dei voti ottenuti dal candidato di quel partito nel collegio uninominale, sulla base del primo turno elettorale.
   Da tale somma vengono detratti, per ciascun partito, i voti ottenuti al primo turno dai candidati eletti nei collegi uninominali, sia che l'elezione abbia avuto luogo al primo turno, sia che abbia avuto luogo al secondo.
   Il riparto dei seggi avviene in ragione proporzionale, esclusivamente su base regionale, con metodo del quoziente corretto a +1 (variante Droop o Hagenbach-Bishoff).
   I restanti seggi (circa il 2%, pari cioè a 12) più gli eventuali seggi non attribuiti a livello circoscrizionale vengono attribuiti mediante una quota nazionale di compensazione, composta da una lista di nominativi in ordine alternato e con parità di genere.
    I voti delle liste nazionali sono calcolati sommando i voti ottenuti dai candidati nei collegi uninominali al primo turno, alla condizione che non siano stati eletti, né i voti siano stati impiegati per l'elezione di candidati nei collegi circoscrizionali.
   Per quanto riguarda il sistema elettorale per l'elezione dei membri del Senato della Repubblica si è ritenuto più rispondente alla lettera e allo spirito dell'articolo 57 della Costituzione, il quale prevede che i suoi membri vengano eletti "su base regionale", prevedere solamente due canali: quello uninominale, per l'elezione del 70 per cento del totale dei suoi membri (pari cioè a 216) e quello di lista regionale, per il restante 30% (93 candidati).
   Per permettere una tutela della pari opportunità fra i generi, considerato il notevole squilibrio che si registra nelle nostre assembleee rappresentative e la necessità di dar attuazione anche a livello nazionale all'articolo 51 della Costituzione, modificato nel 2003, ma al contempo rispettare i recenti orientamenti della giurisprudenza costituzionale si propone l'introduzione di due misure specifiche.
   Da un lato viene previsto che, a pena di inammissibilità, nel totale dato dalla somma dei candidati nei collegi uninominali e dei candidati contenuti nell'elenco che compone la lista circoscrizionale cui sono collegati nessuno dei due generi possa essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.
    Accanto a ciò, per evitare che i candidati del genere sottorappresentato siano collocati in posizione svantaggiosa nelle liste circoscrizionali o regionali, viene previsto il meccanismo dello zipper system, secondo cui gli elenchi devono presentare una presenza alternata di candidati di entrambi i generi. Per questi motivi si auspica un esame in tempi rapidi del presente progetto di legge.

PROPOSTA DI LEGGE

Per il testo completo dell'articolato legislativo
clicca su:

PROPOSTA DI LEGGE d'iniziativa dei Deputati PD

 

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Sentenze della Corte d'Appello di Roma
e della Suprema Corte di Cassazione

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DICHIARATA  LA  ESISTENZA  della   DEMOCRAZIA  CRISTIANA
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Le due sentenze in originale: n. 1305/09 Corte di Appello, e n. 25999/10 Cassazione

SIGNIFICATO DELLE  DUE  SENTENZE
come riassunte da Publio Fiori, Avvocato, già Uomo della DC di Roma,
Sottosegretario di Stato negli anni '90, Professore nell'Università di Roma:

"Dalla sentenza di appello, resa definitiva dalla Cassazione, risulta
chiaramente che la vecchia DC non si è mai estinta e che, pertanto,
non ci sono eredi nè a titolo universale, nè a titolo particolare" .

Consegue che sono abusivi tutti i se-dicenti eredi, a titolo "legale"
o "morale" (Buttiglione, Casini, Sandri, Pizza, Rotondi ....)
.





Avviata  la riorganizzazione della DEMOCRAZIA  CRISTIANA,  per "auto-convocazione"
dei 50 membri viventi dell'ultimo Consiglio Nazionale del XVIII congresso, del 1989

Nominati il 30 marzo 2014 il Segretario, il Presidente, la Direzione Nazionale
A ottobre il Congresso Nazionale a Trento, città di De Gasperi

PARERE  FAVOREVOLE  DI  UN  "PRETE  PENSANTE" ... della Chiesa Cattolica
(Anche il parere di P. Fiori e di A. Bagnasco, ma sui cattolici in politica. Clicca su:
FORUM2 )

Ma tutto questo ha un senso se non si prescinde dall'autocritica per "mani pulite"
(sia pur senza perdervi
  troppo tempo, sopra) e sulle mancate riforme costituzionali ed elettorali, oggi ancora discusse.
Serve, infatti, guardare avanti, a cominciare dalla successione dei  giovani, oggi esclusi
(quasi) da tutto
.

..


IL PARERE DI UN PRETE  CATTOLICO  "PENSANTE"

1.- Bentornata DC!  Ma ….
   E’ tornata la Democrazia Cristiana. E’ per me una notizia esaltante.
  Non ho mai fatto mistero dell’auspicio del ritorno della Democrazia Cristiana e oggi questo auspicio è notizia ufficiale. L’ha disposto una sentenza passata in giudicato che ha reso giustizia a un torto di non poco conto.
   I miei corregionali Alcide De Gasperi e Flaminio Piccoli esulteranno dal paradiso.
   L’antico, glorioso simbolo torna dopo molti anni di obnubilamento assurdo e incomprensibile. Ora un invito da parte mia.
   Ogni "rivolo" che si ispira alla Democrazia Cristiana non esiti: converga nei fatti nel Partito della Democrazia Cristiana. Lo diceva Alcide De Gasperi: "Solo se uniti saremo forti!"
   Lo chiedo a Rifondazione Democristiana dell’amico Publio Fiori, lo chiedo alla Democrazia Cristiana per le Autonomie di Rotondi. Lo chiedo al prof. Pizza, a Sandri, ecc. Lo chiedo a tutti coloro che caparbiamente e in un certo senso profeticamente hanno tenuto alto e vivo il nome e l’ispirazione del glorioso partito, casa comune di tanti cristiani e cattolici.
   Mi associo all’invito rivolto a PierFerdinado Casini a "rinunciare a perseguire battaglie di puro tornaconto per le pur comprensibili ambizioni personali, per concorrere con tutti noi "DC non pentiti" a ricostruire la Democrazia Cristiana, a riconfermarne la validità dei suoi valori di riferimento nella dottrina sociale della Chiesa, a traghettare il testimone del partito di De Gasperi, Fanfani e Moro a una nuova generazione di politici interpreti dei bisogni della povera gente alla quale ridare finalmente una speranza" (E.Bonalberti).

   Un po’ di coraggio, adesso, per andare verso un Congresso scevro da personalismi.
   Non siano le cariche politiche e gli incarichi personali a mantenere le divisioni e non favorire l’unità di chi fonda i propri valori e i propri ideali nel medesimo ceppo. L’avvio verso l’unità è provvidenziale, è un vantaggio, è la ripresa di un cammino, interrotto dal 1992, e che ridona un grande orgoglio a tutti i veri democratici cristiani.
Torna orgoglioso il simbolo cui deve molto l’Italia intera per l’impegno profuso per cinquant’anni dalla DC nella difesa della libertà e nel favorire e sostenere la crescita economica del Paese.
Un ultimo invito: se è vero – come è essere vero – che la DC ha ripreso la sua ufficialità e ha ricostituito legittimamente i proprio organi statutari essa è l'unica titolare dello storico simbolo dello scudo crociato. Se ne faccia chiarezza in via definitiva! Sia solo la DC a poter fregiarsi del proprio simbolo.
   Per una questione di legalità, di coerenza, di chiarezza.

  2.- Il   "Ma …."  del titolo (più sopra)
   E coraggio DC! Ora inizia per gli uomini del Partito la parte più esigente. Ecco il "Ma…." del titolo.
  Coloro che oggi hanno 40 anni conoscono poco o punto la DC e se ne hanno sentito parlare ne hanno raccolto gli aspetti più deleteri (che pur vi sono stati) dovuti a taluni uomini del partito.
  E’ per questo motivo che ora inizia il momento più difficile della DC che dovrà chiedere ai propri militanti specchiata onestà, indiscussa rettitudine, provata moralità. La storia DC è nobile e va raccontata.
  Degli errori commessi dalla fragilità degli uomini del partito è stato pagato un fio fin troppo alto. Ora della DC occorre conoscerne la storia, le finalità, l’ispirazione, i progetti. I nostri giovani devono sapere che la Democrazia Cristiana ha inteso e intende riedificare, in una atmosfera di libertà e di adeguamento alle mutate condizioni del tempo, gli ordinamenti politici, giuridici ed economici sulla base dei principi sociali cattolici.
   La Democrazia Cristiana non è né stata pensata né nata come il partito dei cattolici, o il partito della Chiesa. Papa Benedetto ha dichiarato ripetutamente: Fare politica "non è competenza della Chiesa", che intende rispettare "una sana laicità" e riconosce "la pluralità delle posizioni politiche".
    Ha tuttavia ricordato: La politica però riguarda i laici cattolici: "Essi devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pubblica", ricordando loro che "Il sistema marxista ha lasciato una triste eredità di distruzioni economiche ed ecologiche e una dolorosa distruzione degli spiriti. Lo stesso all'Ovest, dove

 
  NINO LUCIANI, " Perchè gli appelli etici siano costruttivi, occorre anche dire, ai partiti, l'obbligo morale di mettere antidoti contro le "deviazioni".
   ESEMPI :  
   Primo:
l'obbligatorietà dell'alternanza tra i partiti al Governo;
   Secondo:
l'elezione diretta del Capo del Governo per un tempo fisso (meglio se tra alcuni nomi, pre-selezionati nelle Regioni), o la sua elezione parlamentare purchè per tutta la legislatura;
   Terzo:
elezione di un parlamento, rappresentativo, ma non frammentato (un voto di preferenza).

1.- Il Padre Eterno ha inventato la morte, e la rinascita attraverso i figli, per salvaguardare l'umanità dalla naturale fragilità con cui Lui stesso l'ha creata.
  Gesù Cristo aveva detto: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto".
   La DC che abbiamo conosciuto, era dominata da pochi che ne avevano fatto il partito di interessi individuali "salva se stessi", e lo faceva mediante la strumentalizzazione della Pubblica Amministrazione, e dunque con modi gravi di corruzione della vita pubblica. Evidentemente, gli antidoti non c'erano.
   Da quanto vediamo, le grandi democrazie moralmente apposto hanno meccanismi inesorabili per il rinnovamento: quali il potere essere eletti per un prefissato tempo, mai superabile. E questo non ha impedito ai governanti di affrontare i problemi strutturali dello Stato, per il medio-lungo termine, per un tempo "assegnato", ragionevole, di  7-8 anni.
  Perchè in Italia non riusciamo ancora ad avere "governi di legislatura" e parlamenti "autorevoli" nei confronti del governo  ? Ma andiamo per gradi.

2.- Considerato che i viventi "DC" del vecchio Consiglio nazionale sono molto anziani, il loro problema più urgente è selezionare i giovani per la successione. A questo punto, spero che la successione non avvenga in famiglia. La Democrazia non è una monarchia ereditaria.
  Superato la fase critica, vengono subito i problemi posti all'inizio.

3. Direi, dunque, che (a parte l'ancoraggio alla dottrina sociale della Chiesa Cattolica, come vuole il nostro PRETE), per la "nuova DC" l'obiettivo prioritario è rifondare  le regole costituzionali dello Stato, avendo in mente che anche l'Italia ha problemi strutturali che richiedono 5-10 anni  (meno Stato e più mercato, abbattimento del debito pubblico mediante liquidazione del patrimonio immobiliare e mobiliare non strategico.
   Quali riforme ?
- per il governo, l'alternanza obbligatoria tra i partiti, nel giro di 7-10 anni, e la elezione diretta del capo del governo, possibilmente tra alcuni nominativi, preselezionati dagli elettorati regionali (può andar bene anche l'elezione da parte del Parlamento, ma per tutta la legislatura);
- per il parlamento, la rappresentatività popolare, non la frammentazione.
  (Poi, vanno lasciate false vie, come ridurre il numero dei parlamentari .... Molti cittadini non sanno che di norma il parlamento lavora per "commissioni" di 30 o 15 membri, che è un numero minimo essenziale, in rapporto al numero grandissimo dei problemi da esaminare).
  Nelle discussioni in atto viene data importanza cruciale al problema di garantire la formazione di una "maggioranza" già al momento delle elezioni (sistema francese, premio di maggioranza ...).
   Questo vale, ma non basta, e l'abbiamo visto con la "maggioranza" ampia di Berlusconi, frantumatasi nel dopo elezioni.
  Vista, poi, la nostra inguaribile tradizione per i campanili, potremmo fors'anche permettere la proporzionalità pura, purchè dopo l'elezione gli eletti siano vincolati ad aggregarsi in pochi gruppi parlamentari. Qui serve una norma costituzionale, per cui non siano ammessi gruppi parlamentari con un numero di membri inferiore ad un determinato numero (es. non meno del 30% dei membri della camera di appartenenza).

4. - C'è, poi, il problema di incentivare il rapporto stretto tra partiti e cittadini. Qui il modo migliore ci sembra:
  - restituire il voto di preferenza (un solo voto) agli elettori;
  - il finanziamento dei partiti solo mediante il tesseramento. Al più, il finanziamento pubblico dei partiti dovrebbe essere ammesso solo per garantire un "primum vivere" (eventualmente, sotto la forma fiscale, volontaria, del 5 per mille). NINO LUCIANI

 cresce costantemente la distanza tra poveri e ricchi e si produce un'inquietante degradazione della dignità personale con ingannevoli miraggi della felicità".
    In questo senso la Democrazia Cristiana è il partito di quei cristiani che vedono e sentono la necessità di riordinare con forme nuove la vita sociale, che sentono l'esigenza di una vita rinnovata nello spirito e nelle forme giuridiche; che ritengono impossibile, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, conciliare i valori sottesi alle radici cristiane dell’Europa con le forme dell'economia liberal-capitalistica.
    La Democrazia Cristiana è il partito di coloro che credono che i valori del Vangelo non sono in nessun modo separati dalla politica e dall'economia. Per questo il democratico cristiano non crede alla massima "Gli affari sono affari ", e neppure "Ciò che è tecnologicamente e tecnicamente possibile è anche moralmente lecito"; non crede che "il fine giustifichi i mezzi", e neppure alle formule della politica laicistica. La Democrazia Cristiana ritiene di non poter risolvere i problemi sociali e politici su di un piano puramente economico (materialismo storico marxistico) o anche su di un piano rigorosamente agnostico (liberalismo giolittiano).
    La Democrazia Cristiana abbraccia totalmente la questione antropologica che si ispiri all’Umanesimo Cristiano di Jaque Maritain, secondo il quale non sono possibili paratie stagne fra le varie attività d'una singola persona, né tra la sfera privata e quella sociale o pubblica, o religiosa.

  Certamente gli organi statutari del Partito recentemente costituti e il prossimo Congresso Nazionale sapranno coniugare queste istanze fondamentali e queste esigenze non negoziabili con i segni di questo nostro stupendo e tremendo tempo. I tempi cambiano, e, con essi, matura l'esigenza di nuovi orientamenti e nuove decisioni. Racconteremo così nei fatti la grande storia della Democrazia Cristiana che fedele alle sue radici, ai suoi valori e alle sue ispirazioni saprà leggere i segni dei tempi per servire sempre più e meglio ogni uommo. don TOMMASO STENICO, email: tomstenico@gmail.com.

 

EDIZIONI  PRECDENTI


Lavoro:  il DDL Monti-Fornero tra diritti umani del lavoratore e libertà di impresa

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Susanna Camusso

In margine alla riforma Fornero e alla posizione della
Sig.ra S. Camusso:"se un licenziamento è illegittimo,
è diritto del più debole scegliere tra reintegro e indennizzo
".

Domanda: chi fa la legge, rispetto a cui definire la "illegalità" ?   Meglio è uscire da circoli viziosi e ampliare l'orizzonte... (
una assicurazione obbligatoria contro il rischio di disoccupazione ? Non solo questo ...  ).

Delusione che il Governo non veda,  tra i "precari", i ricercatori precari dell'università


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  lL TESTO DELLA DICHIARAZIONE
  (Stralcio da una Intervista a "L'Unità" il 25 marzo 2014
)
                                       
 
1.- È il momento … di valorizzare l'impegno dei lavoratori a difesa di un principio: che venga colpito il licenziamento illegittimo. E qui aggiungo qualcosa, perché mi pare d'assistere a una gran confusione, mentre il problema è chiarissimo: non è questione di distinguere
- tra licenziamenti per motivi economici,
- licenziamenti disciplinare,
- licenziamenti discriminatori.

Il punto è l'illegittimità del licenziamento, a qualsiasi categoria appartenga. Se il licenziamento è illegittimo, se l'illegittimità è stata accertata, sarà diritto del più debole, cioè del lavoratore, scegliere tra reintegro e indennizzo".

2.- "Non accetto il ragionamento che in tanti fanno contro di noi, spiegando che non si può fare una legge in ragione del fatto che esistono i furbi, per impedire le loro furbizie. Mi pare che una legge si possa fare anche per colpire le devianze. Non siamo un Paese di assassini, male leggi contro l'omicidio non mancano.

3.- E poi una segnalazione la vorrei fare: il governo ci rassicura che non saranno consentiti gli abusi, che le maglie saranno strette. È un'intenzione degna del massimo rispetto. Ma è un'intenzione che rivela anche il timore che abusi se ne compiano, perché la norma consente evidentemente gli abusi. Siamo al riconoscimento della debolezza e della insostenibilità della legge, alle quali si può rimediare stabilendo che è l'illegittimità che si sanziona, a prescindere dalle motivazioni del licenziamento…" .
Nino Luciani, Il "buono" e il "cattivo" della riforma "Fornero" e alcune idee per una corretta impostazione della possibilità di licennziamento

1. Il "buono" della riforma "Fornero" del lavoro. 
   Il "buono" è prefiggersi uno stop alla cosiddetta "flessibilita' in ingresso, del lavoro, e indicare il primato del contratto di lavoro a tempo indeterminato, come fondamento generale del rapporto di lavoro.
  L'idea che abbattere il costo del lavoro (con la precarizzazione) contribuisse alle assunzioni si e' rivelata un boomerang, perchè una società senza diritti (qui, si tratta di un diritto alla stabilità del proprio status) è una società deresponsabilizzata, e questo non produce nulla di buono anche dal lato professionale.
   La riforma non considera, tra i precari, anche i "ricercatori precari" dell'Università. Si trova, dunque, che il settore pubblico è il primo inadempiente alle buone regole, e questo è uno scandalo.
   Il "cattivo" della riforma "Fornero" non è la "flessibilità" dell'uscita, ma la sua errata impostazione. Ma credo che anche l'impostazione della Camusso sia errata.
  Non partirei dalla principale casistica ventilata nel tavolo ministero-parti sociali (si vegga il documento ministeriale, che distingue tra: licenziamenti discriminatori, disciplinari,  economici), anche perchè presumo che la realtà sia più diversificata e anche camaleontica (avanzare apparentemente un motivo, ma quello reale è un altro) .

2.- La corretta impostazione del problema del licenziamento
. Per il problema in questione, il quadro di riferimento esistente non è il socialismo, ma l'economia di mercato, e dunque la proprietà dell'azienda è privata.
  Il fatto che questa sia privata comporta che nessuno (neppure il legislatore ordinario) possa imporre all'impresa oneri impropri (la tutela del posto di lavoro, al di fuori del consenso dell'impresa, è onere di utilità pubblica). I soli casi coercitivi, costituzionalmente ammessi, sono la tassazione, il
servizio militare (se obbligatorio), gli indennizzi e le pene in caso di violazione di leggi civili e penali.
   Su questa distinzione, tra privato e pubblico, il DDL Monti- Fornero non è riuscito ad essere corretto, costituzionalmente, pur se occorre essere consapevoli che, in pratica, l'efficacia del DDL sulla ripresa degli investimenti in Italia, è oggi una questione di giudizio dei mercati sul DDL e sui nostri comportamenti, nel confronto internazionale (o almeno tra Italia e Germania).
   Sul piano dell'impostazione, il campo degli interventi del legislatore andrebbe ristretto alla materia contrattuale e penale (ma tenuto della diversa capacità contrattuale degli attori) e regolato con un orizzonte ampio, tale da sottrarsi a circoli viziosi, che girano su se stessi. Queste, in particolare, le mie idee:

   1) dovrebbe essere istituita l'assicurazione obbligatoria contro il rischio di disoccupazione. Il premio assicurativo dovrebbe essere in parte sullo Stato (40% ?), in parte sul dipendente (30% ?), in parte sul datore di lavoro (30% ?), e l' indennizzo non più del 70% dell'ultimo reddito.
   Tuttavia, questa assicurazione ha un difetto congenito: la possibilità che il lavoratore, soddisfatto dello indennizzo, non collabori per trovare un nuovo lavoro o lo rifiuti con motivi  validi o non validi. Un modo di sanare questa possibilità (su cui ho molto pensato in miei studi) è che il rischio assicurato abbia una durata massima, poniamo di 5 anni, nella vita di una persona. Pertanto, se la durata dell'assicurazione fosse di 5 anni, ed egli usufruisce dell'indennizzo per 6 mesi, potrà contare sui residui 4,5 anni per il resto della vita. Inoltre, la legge dovrebbe dare adeguata tutela all'assicuratore, in particolare nei casi di maggiore a-simmetria informativa (tra disoccupato e assicuratore).

 
2) dovrebbe essere prefigurato normativamente  il "buon comportamento" del gestore dell'azienda.
   Dovrebbe essere fatta la prefigurazione della fattispecie dei casi di anomalie comprovate ( tipiche, ma non da generalizzare, del proprietario-gestore, quali: eccesso di autoritarismo, mala educazione, violazione della legge penale, pretesti economici per licenziare). Se comprovata la anomalia, potrebbe essere disposta la possibilità della "separazione" tra proprietà e gestione, e l'organizzazione dovrebbe essere definita un compito esclusivo del gestore. Un "giudice" dovrebbe accertare se sussistono, da caso a caso, valide ragioni per disporre la separazione.
 
3) In armonia col diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione) la Pubblica Amministrazione dovrebbe:
  - istituire un fondo per il ripiano della perdita dell'impresa, se causata da motivi economici, per tenere in servizio il personale eccedente il fabbisogno. Questo per un periodo concordato (e aggiornabile) tra impresa e P.A;
  - sopperire al pagamento dei contributi previdenziali, spettanti al datore di lavoro;
  -  istituire un "ruolo amministrativo per il parcheggio" del disoccupato, da impiegare per le necessità della P.A., o per lavori socialmente utili. La retribuzione dovrebbe essere quella propria dell'attività da svolgere, secondo le regole della P.A. Questo lavoro interromperebbe il periodo assicurativo di disoccupazione.

4.- Dentro questa impostazione, le soluzioni sarebbero (penso)  molto agevolate, sia a salvaguardia della persona del lavoratore e fors'anche delle possibilità di lavoro per gli esclusi (tra questi rientra anche il nuovo disoccupato pro-tempore), sia dello sgravio dell'impresa da oneri impropri, a parte che è sempre sbagliato salvare forzatamente i matrimoni. Nino Luciani

* Fonte Dichiarazione  http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18726, Intervista a l'Unità del 25 aprile 2014   

 

                           LA   CRISI  BANCARIA  INFINITA ...


Le risposte del Governatore della Banca d'Italia ad una "immaginaria" intervista
degli INDIGNADOS, surrogata dall' "Istituto Einaudi di  Economia  e   Finanza"
        http://www.eief.it/it/files/2014/02/newsletter-n-2-february-2014.pdf ; http://www.eief.it/
.

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Anche altra risposta agli "INDIGNADOS" ...

Riprendiamo in mano la
LEGGE BANCARIA ITALIANA DEL 1936
(Qui sotto, il testo in originale).

E' inaccettabile sanare i bilanci delle banche, se prima
non si torna a "regole" per il mercato della moneta  !


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lL TESTO DELL'INTERVISTA
al Governatore

  Proponiamo qui, ai Colleghi professori universitari, lo stralcio di una intervista pubblica al Governatore, sulle cause e i rimedi alla crisi bancaria, del 1 feb. 2014.
   L'intervistatore è l'EIEF- Einaudi Institute for Economics and Finance, che immagina di fargli domande per conto degli INDIGNADOS.
  Il testo è in una nostra libera traduzione in italiano, fermo che l'originale intero (più sicuro) in inglese è disponibile all'indirizzo sopra riportato.
......
......
Istituto Einaudi: Come economisti, vediamo la finanza come il modo per fornire risorse a coloro che oggi hanno buone idee (ma non la ricchezza o il reddito), consentendo loro di trasformare queste idee in reale ricchezza aggiuntiva, che può premiare sia loro, sia quelli che originariamente hanno fornito le risorse.
   Come è stato possibile che, invece, la finanza sia stata vista da tanti giovani solo come un tradimento, un meccanismo misterioso e ingiusto che genera oppressiva "ricchezza di carta" per una piccola minoranza e la miseria reale per tutti gli altri?
  Che cosa ha fatto la finanza per meritarsi questa cattiva reputazione? Le autorità monetarie (Regolatori, d'ora in poi) condividono una parte di responsabilità?
  Ed è possibile fare meglio, in favore di un ruolo positivo della finanza?

Governatore:
Condivido largamente la vostra idea di finanza come un meccanismo per la produzione di beni.
   Ci sono molti vincoli di liquidità che ostacolano il funzionamento dell'economia e la valorizzazione di buone idee, e la finanza può rimuovere tali vincoli.
  In teoria, almeno. Invece, in pratica, le cose confondono il senso degli eventi, per un eventuale "taglio" al momento giusto.
   Ci sono anche dei cicli nel modo di percepire e valutare la finanza. Prima degli anni 70 il dibattito intellettuale usava dare per scontata l'idea che un Regolatore fosse necessario, che il mercato lasciato a se stesso può generare risultati inefficienti.
   Poi venne la grande inflazione degli anni '70, combinata con alta disoccupazione. Lo Stato, i Regolatori che non avevano impedito questi sviluppi, sono stati messi sotto accusa … e il terreno era pronto per un ideologia alternativa: una spinta per diminuire lo spazio dello Stato.    Per sostenere questo orientamento, a parte i fallimenti della "economia regolamentata", ci fu un cambiamento di potere, in ambito politico ed economico. La fine della guerra fredda, una maggiore apertura delle economie al commercio, il trasferimento delle innovazioni tecnologiche, molte delle quali generate nel settore militare, ad usi civili.
   La rivoluzione nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha radicalmente trasformato il modo in cui le informazioni possono essere generate, raccolte, trasferite. E questo a sua volta ha permesso una innovazione in ebollizione nel settore finanziario, l'innovazione finanziaria.
    L'idea, in linea di principio corretta e feconda, era che una proliferazione di nuovi strumenti finanziari, consentendo agli operatori di assicurarsi contro le molte facce del rischio, era un modo per "completare i mercati", …. permettendo il trasferimento efficiente delle risorse attraverso il tempo, lo spazio e gli Stati del mondo.
   Ma tutto questo era basato sulla ipotesi che il mondo sia stazionario, che il futuro sia più o meno come nel passato, e che possiamo estrapolare dei campioni relativamente piccoli, che vi sia un unico "processo che genera i dati", che possiamo eventualmente identificare e conoscere.
   Se invece il mondo è "non stazionario", si finisce per fare stime errate delle probabilità. E, sulla base di queste stime errate, le decisioni di investire in vari strumenti finanziari può portare a grandi errori. Per un determinato numero di anni le grandi banche d'investimento sono state in grado di sostenere "rendimenti" molto più alti di quelli che erano giustificato dall'aumento reale della ricchezza economica. Questo, finchè ad un certo punto è arrivato il giorno della resa dei conti, e c'è stata una brutta caduta.
   In certo modo, l'innovazione basata sull'ipotesi di stazionarietà, sparge i semi della non-stazionarietà, che finirà per svuotare tale ipotesi.

Istituto Einaudi
: Allora, pensa che ci fosse una qualche forma di arroganza, di eccessiva fiducia in se stessi, sulla base di un errata percezione dei rischi?

Governatore: Sì. Fondamentalmente, la "non stazionarietà" degli sviluppi economici non è stata ben calcolata. Ma altrettanto la complessità è stata strumentalizzata in modo un pò perverso, per ottenere dai Regolatori una sorta di benigna tolleranza. I grandi attori del settore finanziario hanno sostenuto con successo (in accordo con i Regolatori) che l'innovazione finanziaria era talmente complessa e opaca per i Regolatori, che essi finivano per girarci intorno …

Istituto Einaudi
:: Cosa pensa sul perché questo è accaduto? I Regolatori non avevano i giusti incentivi per l'acquisizione delle informazioni necessarie?

Governatore:
Ci sono probabilmente due ragioni. Da un lato, i grandi operatori finanziari erano, e sono, "globali".
   Essi operano nel mercato mondiale, ed i Regolatori nazionali erano troppo piccoli e avevano poteri troppo limitati per essere in grado di affrontarli.
   La necessità di coordinare le azioni delle autorità di regolazione ha agito nel senso di preservare la sfera d'influenza di ciascun regolatore, come un drenaggio sulla capacità di innalzare la sfida posta da una finanza diventata globale.
  D'altro canto, sono avvenuti sicuramente dei fenomeni di cattura dei Regolatori. Forti poteri politici ed economicI agivano e, in alcuni casi, hanno prevalso.

Istituto Einaudi
: Quali sono i Regolatori capaci di evitare che lo stesso errore accada di nuovo?

Governatore:
Parecchie cose sono già state decise (anche se non ancora tutte implementate in pieno). La più parte dei paesi ha rivisto i propri sistemi di regolazione e supervisione per ridurre i rischi per la stabilità, per aumentare la cooperazione tra autorità e ad ampliare la portata delle norme.
   Con il nuovo quadro normativo (cosiddetta Basilea 3), la capacità del capitale delle banche, di assorbire le perdite potenziali, sarà decisamente migliorata in modo definitivo: solo il capitale in senso stretto (common equity) sarà considerato "capitale" (azioni ordinarie, riserve, nuovi utili ? N.d.T.).
   E si stanno introducendo requisiti formali di liquidità per gli investimenti bancari.
   Sono stati introdotti principi per fare la compensazione nella finanza, più rispondente alle prospettive di lungo termine delle imprese.
   La trasparenza delle negoziazioni su "derivati" sta per essere aumentata spostando la maggior parte delle operazioni su scambi centralizzati.
   Molti degli incentivi perversi, che hanno incoraggiato le assunzioni di eccessivi rischi di cartolarizzazione, sono stati eliminati.
   Però, la riforma non è stato ancora completata. Diversi altri aspetti sono stati attivamente discussi, per esempio:
- il ruolo delle agenzie di rating;
- gli standard di contabilità;
- le regole prudenziali;
- anche la distinzione tra le banche, in modo da diminuire la loro complessità.
  Per evitare di affrontare brutte alternative, poste dall'esistenza di istituzioni "troppo grandi per fallire", si tratta:
- di impedire a loro di diventare troppo grandi;
- e di costruire regole che permettono schemi di regolazione ordinata, in caso di guasti.
   Sarebbe sciocco fingere che i guasti possono essere evitati, ma dobbiamo essere preparati per il loro occorrenza.
   Non tutti sono d'accordo sulle varie proposte, ci sono buoni argomenti su entrambi i lati del dibattito… .
  E, come accennato all'inizio, sono pienamente convinto che molti più sforzi dovrebbero essere rivolti a spiegare meglio ai giovani, sia quello che è successo e quali sono gli aspetti positivi del settore finanziario, sia quelle da cui possono trarre i maggiori benefici.
   A proposito di queste cose, un problema è che non è semplice identificare i colpevoli di ciò che è andato storto.
  Alcuni vedono un ruolo maggiore svolto dai cosiddetti squilibri globali, vale a dire quelli derivanti dall'emergere di aree con eccedenze strutturali e di altre aree deficitarie nel mondo, con alcuni paesi che consumavano costantemente più di quanto producevano e con gli altri che facendo il contrario.
  Altri incolpano la cosiddetta discrezionalità regolamentare, consistente nella tendenza di attori finanziari a muoversi in cerca delle economie in cui la regolazione è più favorevole.
  È anche importante essere chiari sui vantaggi e gli svantaggi  delle alternative (trade-offs). Le decisioni che  limitano il potere delle grandi istituzioni finanziarie potrebbero diminuire l'efficienza del sistema, ma potrebbero produrre un sistema più robusto e resistente, come uno che si realizza in modo soddisfacente, anche se le ipotesi, dalle quali si traeva il disegno del quadro normativo, stavano per tradursi in un errore grossolano.

Istituto Einaudi
: Tra le iniziative volte a limitare il potere di queste istituzioni, c'è l'idea di introdurre una imposta sulle transazioni finanziarie. Qual è la sua opinione al riguardo?

Governatore:
Quando ero capo economista presso l'OCSE, abbiamo pubblicato nel giugno 2002 un capitolo speciale sulle prospettive dell'OCSE circa la volatilità del mercato dei cambi e sulle imposte sulle transazioni di capitali.
   Quello che abbiamo scritto allora rappresenta, ancora oggi, più o meno quello che ne penso. Sono preoccupato circa la sua pratica attuazione.
   Penso che, se l'obiettivo è di tassare i profitti finanziari, ci sono dei modi migliori di farlo, e se l'obiettivo è di ridurre la dimensione e la quantità delle transazioni finanziarie, potrebbe finire (posto che si abbia successo) con l'ottenere poco gettito fiscale.

Istituto Einaudi
: Ma perché dovremmo voler ridurre le dimensioni e l'importo delle transazioni finanziarie ? Pensa che ci sia una discrepanza tra la quantità di attività finanziaria e la quantità di attività reale?

Governatore:
  Il mercato dei "derivati" è buono o cattivo ? Questo è quello che, in pratica, mi state chiedendo, in quanto una grande parte dell'esplosione del valore delle operazioni finanziarie è imputabile al mercato dei derivati.
   In linea di principio, un contratto su "derivati" è un meccanismo di assicurazione. Come tale, è un utile aggiunta alla serie di mercati disponibili, è un chiaro esempio di un trend verso il completamento dei mercati, che ho menzionato prima.
  Ma è necessario conoscerne le probabilità ! E se il mondo è "non-stazionario", questo è un problema.

Istituto Einaudi
: Non solo, ma proprio perché i derivati sono a offerta netta zero, perché dovremmo preoccuparci?
Se si fanno degli errori nella valutazione delle probabilità e qualcuno potrebbe avere ciò che gli altri hanno perso, non potremmo lasciarli al loro gioco?

Governatore:
Vedete, questo è in qualche misura lo stesso argomento usato dalla grande finanza per giustificare l'auto-regolazione. Siamo adulti, siamo in grado di prenderci cura di noi stessi. Questo andrebbe bene, salvo se poi non debbano seguire dei fallimenti e dei salvataggi. Ci sono importanti esternalità, di cui mercati non regolamentati non tengono conto." .................


Nino Luciani,
Una legge per la difesa del risparmio e degli investimenti, o una legge per la libertà di "impresa bancaria" senza regole (quella del 1993), associata all'azzardo ?


  Premessa. Per una lettura critica attiva della legge del 1936, la chiave è avere in mente che, storicamente, la soppressione della convertibilità della moneta legale cartacea, in oro (ad un prefissata parità, garantita dalla banca centrale), è avvenuta perché (con l'esperienza), ci si era resi conto che (per accettare) il biglietto non era importante che, dietro, ci fosse l'oro, ma che "si credesse" che ci fosse l'oro.
   Più tardi, poi, ci si rese conto anche che l'oro non era necessario davvero, perchè noi non mangiamo l'oro (come Creso, che ne morì), ma  beni di consumo comprabili con l'oro o con un suo sostituto (la moneta legale).
  Ulteriormente più tardi la moneta legale sarà, a sua volta, sostituita dalla moneta bancaria (assegni), e anche qui (sia pur in misura minore) non era importante che in deposito ci fosse davvero la moneta legale, ma che si credesse che ci fosse.
  Alla fine, si è concluso che, per farla accettare con potere liberatorio delle obbligazioni, bastava una "convenzione" (la legge), e stabilire un limite di fabbricazione per la moneta bancaria, che surroga quella legale. Ma ultimamente siamo arrvati alla "moneta virtuale" e infine, senza regole, ai "derivati", vale dire all'uso di titoli finanziari il cui valore deriva da "qualcosa" atteso in futuro, secondo un calcolo di probabilità circa il suo verificarsi.
  
2. L'importanza della legge del 1936. ll testo, qui ripreso, è di eccezionale interesse in quanto esso fu costruito, a suo tempo, per fronteggiare la grande crisi economica e finanziaria degli anni '30, i cui connotati sono stati riconosciuti simili a quelli della attuale grande crisi italiana e del mondo occidentale.
  Infatti, il mondo attuale viene dalla grande guerra all'IRAQ e all'AFGHANISTAN, così come il mondo di allora veniva dalla prima guerra mondiale e da successive varie guerre coloniali, sia pur con alternarsi di periodi di pace e di guerra.
  La guerra aveva determinato grandi pressioni della domanda pubblica per la produzionne di beni per la guerra. Poi, nel dopoguerra, quella domanda crollava e si imponeva la "conversione" del sistema produttivo in beni di pace, e così di seguito. (Non ci si fermi, tra le cause della crisi attuale, alla cosiddetta insolvenza dei mutui sub prime, negli USA. Questa insolvenza fu solo la punta dell'iceberg, quella che si vede a colpo d'occhio).
  Storicamente, le guerre degli Stati europei sono state finanziate dalle banche, mediante la sottoscrizione di debito pubblico e, dunque, nell'alternarsi del ciclo, le banche ne subivano i contraccolpi con fasi di grave insolvenza degli Stati sovrani e delle banche, nel successivo periodo di pace.
  J.M. Keynes scrisse, nei primi anni '20, un libretto "Le conseguenze economiche della pace". Allora lo Stato insolvente era la Germania, e l'inglese Keynes ammoniva l'Inghilterra a non pretendere esosamente i danni di guerra, sia perché la Germania non era in condizioni di pagarli, sia perché, accumulando via via il danaro per pagare i debiti, essa non poteva importare i prodotti dell'Inghilterra, per cui alla fine ne derivava un danno all'Inghilterra.
   Al tempo dei Re, a guerra finita, i Re tagliavano la testa ai banchieri, e il debito veniva cancellato. Dopo i Re, il debito pubblico è stato cancellato con la fabbricazione di carta moneta, vale dire con l'inflazione. (Si vegga la nostra tabella storica del debito pubblico).
   Negli anni '30 questa procedura fu complicata dal fatto che le banche aveva assunto una grande importanza anche per l'economia. E, per evitare la rovina dei risparmiatori, lo Stato italiano fu costretto a soccorrerle, nazionalizzandone le più importanti, ed a riordinare la funzione creditizia bancaria.
   Anche allora, poi, le banche finanziavano gli investimenti privati a medio-lungo termine, inclusa la partecipazioni al capitale di rischio.
    Fu una miscela che, troppo amplificata, bloccò il circuito del reddito. I magazzini erano pieni di merci, ma il pubblico non aveva moneta per acquistarli.

3.  Cosa fu deciso con la legge bancaria del 1936.
  In essenziale:
   a) la Banca Centrale fu configurata come istituto di diritto pubblico autonomo (già dal 1926, essa aveva avuto la esclusiva per la fabbricazione della moneta legale. Lo Stato aveva conservato il modesto potere di fabbricare la moneta metallica);
   b) fu separato il mercato monetario (ossia a breve termine) dal mercato finanziario (ossia a medio-lungo termine);
  c) fu separata la banca dall'industria (divieto di partecipazione al capitale di rischio).
  In corrispondenza a questa distinzione fu dato il mercato monetario alle banche di "credito ordinario"; e il mercato finanziario gli istituti di credito mobiliare. Precisamente, la banca di credito ordinario non poteva più impiegare il danaro (avuto in deposito a breve) per impieghi a medio-lungo termine come per l'acquisto di obbligazioni, peggio se in azioni, per i rischi di impossibilità di restituire in ogni momento il danaro ricevuto in deposito.
  C'erano, poi, altre regole, quali l'osservanza:
  - di un determinato rapporto tra il patrimonio netto (capitale e riserve) e le passività;
  - dei limiti massimi alla concessione dei prestiti, di cui più tardi (1947, sotto Einaudi, governatore) quello più noto sarà la "riserva obbligatoria" delle banche (una percentuale dei depositi da conservare presso la banca centrale, a un tasso di interesse). Il motivo era ancora che le banche dovevano sempre essere in condizioni di restituire ai depositanti i loro soldi.
    Questo passo era, al tempo stesso, il riconoscimento ufficiale della possibilità di creazione di moneta bancaria (da parte delle banche), pari ad un determinato multiplo (l'inverso della detta percentuale) dei depositi iniziali in moneta legale.
  Voglio chiarire che la possibilità di creare moneta bancaria era comunque notevole, visto che quella percentuale era relativamente bassa. Tanto per essere chiari, fino ad una trentina di anni fa, quella percentuale era intorno al 25% (e dunque quel "multiplo" era 4), poi via via sempre meno, e questo anche grazie dall'accettazione crescente degli assegni bancari, da parte del pubblico.
   Stando alle attuali regole della BCE, la percentuale obbligatoria BCE è divenuta il 2%, ma nei fatti il 3-4%, ma anche il 60% nei casi di gravi anomalie del debitore. Non ho trovato la percentuale "media", nè le riserve totali conservate dalle banche presso la B.d'I. Ho provato a calcolata per rapporto tra il totale degli impieghi bancari e il totale delle banconote in circolazione (€ 141 miliardi, sett. 2011). Posto che tutta la moneta legale transiti per le banche, risulterebbe che la moneta bancaria sia oggi, grosso modo, 14 volte le banconote, e dunque la riserva obbligatoria "totale" sia nell'intorno del 7,1% dei depositi.

4. La legge bancaria del 1993. La legge del 1936 è stata sostituita nel 1993, dal Decreto Leg.vo 385/1993, su pressione della banca d'Italia. La sua caratteristica è di averci dato la "banca universale".
  Analoga legge (il Glass-Steagall Act del 1933) aveva retto negli Stati Uniti fino al 1999, quando fu sostituita dal  Gramm-Leach-Bliley Act. Esso aveva gli stessi caratteri di base della legge italiana. La Germania aveva, già, la banca universale.

  La riforma stabilirà che "l'attività bancaria" ha "carattere di impresa" ed "è riservata alle banche" (art.10), e inoltre che la banca universale:
  a) può fare operazioni sulla moneta, senza alcuna distinzione tra mercato a breve termine e mercato a medio-lungo termine;
 b) può emettere obbligazioni; e può partecipare al capitale delle imprese, e viceversa, sia pur entro determinati limiti (fino al 5% OK di norma, fino al 15% o più servono speciali autorizzazioni della banca centrale) .
  c) avere un "capitale versato" (art. 14, lett. b) "non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia" (?).
   Questo dispositivo è ripreso dall'art. 53, che chiede alla B.d'I. disposizioni concernenti "l'adeguatezza patrimoniale" e il "contenimento del rischio", sia pur differenziatamente da caso a caso;
  d) aderire ad un sistema di garanzia di diritto privato nei confronti dei depositanti, con risorse da essa fornite (art. 96) e (nei casi di liquidazione di banche) con garanzia accessoria dello Stato estere se la banca in liquidazione è una succursale di banca estera.
 
4. I buchi neri della legge bancaria del 1993. Per valutare la "saggezza" di questa riforma (a parte la "lezione" vivente della crisi mondiale di liquidità ) occorre chiarire che essa, essendo una impresa, ha libertà di regolarsi in base al profitto, e dunque (stando all'economia) il limite ai profitti dovrebbe venire dalla concorrenza tra banche, così da "spingere" le banche verso un profitto "normale".
   Quanto sia infondata questa "attesa", nel caso delle banche, è provata dal fatto che i manager bancari e finanziari continuano a percepire remunerazioni astronomiche. In Italia, è solo di qualche mese fa la notizia che un manager dello Unicredit dimessosi, ha percepito (grosso modo) una liquidazione di € 4 milioni.
  Le ragioni di questa "non saggezza" sono presto dette:
  1) la moneta è un bene a domanda rigidissima, perchè è essenziale per le operazioni economiche. E' come il sangue per una persona;
  2) di conseguenza non è verosimile che possa esistere un mercato concorrenziale. Ma andiamo per gradi:
    Per definizione il mercato di concorrenza si fonda:
  - sulla libertà di entrata e uscita di imprese nel mercato;
  - sulla omogeneità del prodotto;
  - su un numero relativamente grande di imprese, così che nessuna abbia un potere di dominanza sul mercato.
   Qui, non esiste nessuna di queste condizioni. Dunque, è stato come legalizzare la giungla della foresta.
  Infatti, un "ammontare di moneta" depositato a breve non è omogeneo a un uguale ammontare girato per un prestito a medio-lungo termine. E se questo avviene, il rischio di insolvenza c'è per definizione. E' lo stesso tipo di reato, in cui incorre una comune impresa che venda un prodotto adulterato: c'è infedele custodia, verso il depositante. Questo è il senso della legge del 1936.
   3) Un rimedio pensato dalla legge alla "irresponsabilità" della banca universale-libera impresa, è che la banca risponda in proprio (vale dire con proprio capitale), del denaro avuto in deposito, e tenga un determinato patrimonio.
   Il coefficiente di patrimonializzazione "inventato" da Basilea 3 è che esso sia almeno il 9%. Si tratta del rapporto tra il "patrimonio di vigilanza" e impieghi esterni presso la clientela (Devo chiarire che uso un linguaggio semplificato ma, spero non errato, e comunque, rinvio chi volesse approfondire il concetto di "patrimonio di vigilanza" al seguente link verso la Banca d'Italia).
   Ma appena guardiamo dentro quel "patrimonio di vigilanza" constatiamo la grande "bugia".
   a) Di esso, il patrimonio nel significato della ragioneria è solo una piccola parte
   b) Il patrimonio nel senso della ragioneria è, di solito, il patrimonio "storico" (capitale versato, riserve) per cui, dal punto di vista dell'adeguatezza alla solvibilità, serve qualificarlo con concetti economici: vale dire, esso dev'essere liquido o liquidabile.
   Per chiarire le cose, ricordo che (dai tempi di I. Fisher, 1906, La natura del capitale del reddito, sul quale ho scritto Intorno alle proposizioni Fisheriane sul concetto di reddito, ed. da Giuffrè, Padova 1971), il capitale è il valore attuale del reddito, e dunque non esiste il "capitale + il reddito". Se vuoi l'uno, non puoi avere l'altro.
   Dunque un patrimonio che non prometta un reddito, vale "zero", e non è liquidabile. In condizioni di catastrofe generale (come adesso), il processo non è sicuro.  Lo abbiamo constatato anche recentemente, quando (in coincidenza con l'aumento di capitale dell'UNICREDIT), l' "azione" Unicredit ha avuto in borsa un grande capitombolo, perchè non sorretta da adeguata aspettativa di dividendi.
   c) in ulteriore approssimazione circa la garanzia della solvibilità, si è accennato (più sopra) che la legge bancaria obbliga le banche ad aderire ad un fondo di garanzia.
   Si tratta di strumenti di efficacia molto limitata, e sicuramente insufficiente nel caso di panico.

   Torno al punto di partenza. In un quadro mondiale di grande pressione della domanda pubblica di beni per la guerra (IRAQ, AFGHANISTAN) è normale che le banche siano state sollecitate, al massimo, ad esprimere la loro "libertà di impresa" per fare super-profitti e, tra l'altro, con la complicità degli Stati (non cercare ..., non vedere). Ma abbiamo anche visto che, in seguito alla decelerazione del processo di guerra, il denaro impiegato per il medio-lungo termine, è rimasto ingabbiato, e non è tornato nelle casse bancarie.
  Concludo per la opportunità di tornare a "regole"  per il mercato della moneta. No alla legge della giungla.
  La mia preferenza è un ritorno parziale alle legge del 1936, basata sui seguenti punti:
  1) va ripristinata (ed estesa allìUnione Europea) la separazione tra il mercato a breve e il mercato a medio-lungo termine;
  2) la riserva obbligatoria bancaria, depositata presso la banca centrale, dev'essere "adeguata" (in media non meno  del 15% ?);
  2) la separazione tra banca e industria dev'essere totale, per quanto riguarda la partecipazione al capitale di rischio;
  3) il mercato dei derivati va vietato alle banche, e lasciato a specifiche istituzioni, con specifici requisiti patrimoniali.

     Nino Luciani, Professore Ordinario di scienza delle finanze

Nota. L'Indice, in fotocopia dell'originale, è riportato al termine del testo digitalizzato, che viene qui di seguito.
Nelle fotocopia ho cancellato tutti i riferimenti al regime politico del tempo, compresi gli anni di regime, perché
li ho considerati non pertinenti con la legge.

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LEGGE BANCARIA DEL 1936
di conversione in legge del

Regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375”
(Testo originale, comprese le note introduttive, evidenziate in blu))

RAGIONI E SCOPI DEL PROVVEDIMENTO

La funzione creditizia e quella della raccolta del risparmio, che forma la base ed il presupposto necessario della prima, avevano trovato - osserva la Relazione ministeriale alla Camera - adeguata disciplina nella legge 23 giugno 1927, n. 1107, recante provvedimenti per la tutela del risparmio.
Le successive vicende del mercato monetario internazionale, connesse con il sensibile incremento del privato risparmio italiano e con lo sviluppo della produttività del Paese, hanno reso necessaria, a più riprese, la emanazione di numerosi provvedimenti, per la disciplina ed il controllo del credito, sia in rapporto a determinate forme di credito o di raccolta del risparmio, sia in rapporto a particolari Istituti.
Si è così venuto formando un complesso imponente di norme le quali, pure mirando. tutte all'unico fine della disciplina del credito nell'interesse del Paese, hanno dato luogo talvolta a dannose interferenze e creato, talora situazioni disorganiche, rendendo meno efficace la vigilanza sopra un settore di fondamentale importanza per l'economia tutta della Nazione.
L'opera svolta in tale settore dallo Stato, dall'Istituto di emissione e da Istituti specializzati, è stata vasta e complessa ed ha condotto a risultati che possono considerarsi soddisfacenti, ma che tuttavia non permettono di ritenere che l'attuale ordinamento abbia raggiunto la necessaria stabilità e perfezione.
La presente legge è stata determinata da necessità avvertite dalla corporazione per la previdenza ed il credito fin dalla sua prima riunione. La discussione svoltasi in tale sede, sboccò - come è noto - in una serie di conclusioni raccolte nella « mozione sulla distribuzione funzionale e territoriale degli organi di credito » votata dalla corporazione stessa. Successivamente, il Comitato corporativo centrale, deliberò, sulla base della mozione in parola, la costituzione, in seno alla corporazione della previdenza e del credito, di un Comitato tecnico corporativo per lo studio del problema relativo alla distribuzione funzionale e territoriale degli organi del credito. Dell'autorevole collaborazione di tale Comitato si è valso il Governo nella preparazione del provvedimento che viene presentato alla Camera per la conversione in legge.
Il provvedimento è di ampia portata ed investe, nella sua interezza ed in forma organica, il problema della disciplina della funzione creditizia in tutti i suoi aspetti. Esso coordina, e, dove necessario, integra tutta la legislazione precedente, apportando in taluni campi innovazioni importanti.
Il provvedimento - continua la Relazione - si inspira ad alcuni fondamentali criteri direttive fondamentali:

a) la necessità dell'azione dello Stato nel campo del credito; azione che si svolge normalmente con funzioni di vigilanza e di disciplina. Non è ammissibile che la raccolta di ingenti masse di risparmio ed il loro impiego nei diversi settori dell'economia produttiva, avvengano al di fuori di una vigilanza da parte dello Stato, diretta a salvaguardare l'interesse del pubblico, ed indipendente da considerazioni di ordine nazionale.
b) La necessità di una disciplina unitaria nel governo di uno strumento che, come quello del credito, forma la base dell'economia del Paese; necessità resa ancor più manifesta dalla constatazione che la molteplicità ora esistente negli organi dello Stato, preposti alla vigilanza ed alla disciplina ha creato spesso interferenze e contraddizioni.
c) L'esatta visione della realtà circa gli effetti di una organizzazione creditizia non sufficientemente regolata e vigilata, che ha determinato .la formazione di posizioni bancarie pericolanti, tanto da richiedere ripetuti interventi dello Stato. Particolarmente importante, a tale riguardo, la decisione presa dal Governo nel marzo 1934-XII in seguito alla quale lo Stato, attraverso la Sezione smobilizzi dell'Istituto per la ricostruzione industriale, si è trovato in condizioni di dover rilevare le partecipazioni industriali delle maggiori Banche di credito ordinarie a base nazionale.
d) necessità di controllare l’espandersi del credito oltre la possibilità di formazione normale del risparmio, per impedire l'eccessivo rincarare del denaro che deriverebbe dall'esagerata richiesta di credito. Tale controllo tende pure a convogliare gli investimenti del denaro verso quelle forme che ne rappresentano il migliore collocamento non tanto dal punto di vista strettamente egoistico e privato, quanto da quello dell'interesse pubblico.
In relazione a tali criteri si è provveduto a coordinare i mezzi giuridici, tecnici e di gestione per la disciplina e il governo della funzione creditizia con la necessaria unità di organi e con opportuno coordinamento di funzioni, dando vita a quella organica legge bancaria di cui ancora mancava il nostro Paese.
La portata del provvedimento è tale che ogni punto merita particolare illustrazione.
Una enunciazione iniziale mette in evidenza che l'esercizio del credito mediante la raccolta del risparmio fra il pubblico è funzione di pubblico interesse e come tale sottoposta a vigilanza; il decreto legge provvede quindi a costituire un apposito organo per l'unificazione ed il coordinamento unitario di tale vigilanza e disciplina, denominandolo « Ispettorato per la difesa del risparmia e per l'esercizio del credito ».
Fino ad oggi - rileva la relazione della Giunta Generale del Bilancio alla Camera dei Deputati (relatore UNGARO) - tale controllo - frazionato fra diversi organi - si svolgeva con criteri e con metodi che non si sono dimostrati rispondenti allo scopo.
L'esercizio bancario era infatti regolato dal Regio decreto - legge 7 settembre 1926, n. 1511 (convertito in legge 23 giugno 1927, n. 1107), il quale stabiliva un controllo formale ed indiretto della Banca d'Italia e del Ministero delle finanze, sulle aziende esercenti il credito che raccogliessero depositi.
Tale controllo era limitato:
a) al rapporto fra patrimonio netto (capitale e riserve) e l'ammontare dei depositi;
b) alla misura massima in cui il fido poteva essere concesso ad una medesima Ditta (20 per cento del patrimonio dell'Ente mutuante);
e) alla costituzione di un albo delle aziende esercenti il credito;
d) alla preventiva autorizzazione per la costituzione di nuove aziende di credito e per l'apertura di filiali da parte di aziende già esistenti.
La nuova legge estende nella sostanza e nella forma il controllo su tutte le aziende che si dedicano ad entrambe queste attività; raccolta del risparmio ed esercizio del credito, e lo affida ad un organo di nuova istituzione: « l'Ispettorato per le difesa del risparmio e per l'esercizio del credito ». Si è affacciato il dubbio sulla estensione di tale controllo anche a quelle società commerciali ed industriali che accettino depositi in conto corrente per conto di terzi in funzione accessoria delle loro attività; ma è da ritenere che le nuove disposizioni non abbiano innovato il principio già affermato nel capoverso dell'articolo 1 del Regio decreto-legge 6 novembre 1926, n. 1830, convertito nella legge 23 giugno 1927, n. 1108.
L'Ispettorato è alle dipendenze di un Comitato di Ministri il quale è presieduto dal Capo del Governo e composto dei Ministri per le finanze, per l'agricoltura e le foreste e per le corporazioni.
Capo dell'Ispettorato è il Governatore della Banca d'Italia che partecipa alle sedute del Comitato dei Ministri, e provvede, nell'ambito delle direttive fissate dal Comitato stesso, alla esecuzione dei compiti attribuiti all'Ispettorato.
Al fine di adeguare le esigenze per lo sviluppo dell'economia della Nazione e della vita dello Stato alla formazione del risparmio ed alle possibilità di credito del Paese, il Comitato dei Ministri fissa le direttive di carattere generale sentito il Comitato corporativo centrale.
All'Ispettorato viene attribuito un complesso di facoltà che sono necessario per l'applicazione della sua attività. La nuova legge infatti affronta integralmente e con ampia visuale il problema del governo del credito nel suo complesso ed in tutti i suoi aspetti, e provvede in primo luogo alla disciplina del massimo tra gli enti di credito operanti nel Paese, l'Istituto di emissione.

TESTO DEL DECRETO

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE

RE D'ITALIA
...
...

Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Capo del Governo, Nostro Primo Ministro Segretario di Stato e Nostro Ministro Segretario di Stato per l'interno e per le corpo razioni, di concerto con i Nostri Ministri Segretari di Stato per la grazia e giustizia, per le finanze e per l'agricoltura e foreste;
Abbiamo decretato e decretiamo:


TITOLO I .- DISPOSIZIONI GENERALI.

ART. 1.- INTERESSE PUBBLICO DELLA RACCOLTA DEL RISPARMIO
La raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme del presente decreto.
Tali funzioni sono esercitate da Istituti di credito e Banche di diritto pubblico, da Casse di risparmio e da Istituti, Banche, enti ed imprese private a tale fine autorizzati.

ART. 2 - CONTROLLO DELL'ISPETTORATO - USO DELLA PAROLA: BANCA AUTORIZZAZIONE PER L’EMISSIONE DI AZIONI
Tutte le aziende che raccolgono il risparmio tra il pubblico ed esercitano il credito, sia di diritto pubblico che di diritto privato, sono sottoposte al controllo di un organo dello Stato, che viene a tal fine costituito e che è denominato « Ispettorato per la difesa del risparmio e per l'esercizio del credito ».
Tale organo sarà in appresso indicato più semplicemente « Ispettorato ».
Le parole « banca », « banco », « cassa di risparmio », « credito », « risparmio » e simili non potranno in alcun caso usarsi nella denominazione di istituti, enti o imprese che non siano soggette al controllo dell'Ispettorato o che comunque non ne abbiano avuto l'autorizzazione.
È soggetta ad autorizzazione dell'Ispettorato ogni emissione di azioni, di obbligazioni, di buoni di cassa, di valori mobiliari di ogni natura, quando sia da realizzare a mezzo delle aziende soggette al controllo dell'Ispettorato o i relativi titoli si vogliano ammettere al mercato dei valori mobiliari nelle Borse del Regno.

ART. 3.- BANCA D'ITALIA - ISTITUTO DI DIRITTO PUBBLICO
La Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico. Sono apportate alla sua costituzione, al suo ordinamento ed all'esercizio delle sue funzioni le modificazioni risultanti dal titolo III del presente decreto.

ART. 4. ORDINAMENTO DEGLI ISTITUTI E BANCHE DI DIRITTO PUBBLICO
La costituzione e l'ordinamento degli Istituti di credito e delle Banche di diritto pubblico sono regolati dal titolo IV del presente decreto.

ART. 5. RISPARMIO A BREVE TERMINE
Il controllo dell'Ispettorato sulla raccolta di risparmio a breve termine si attua in confronto:
a) degli Istituti di credito e delle banche di diritto pubblico di cui all'articolo 4;
b) delle banche ed aziende di credito in genere, comunque costituite, che raccolgano fra il pubblico depositi a vista o a breve termine, a risparmio in conto corrente o sotto qualsiasi forma e denominazione;
e) delle filiali esistenti nel Regno di aziende di credito straniere;
d) delle Casse di risparmio;
e) dei Monti di pegni;
f) delle Casse rurali ed agrarie
.
Il controllo disposto dal presente articolo si attua secondo le norme contenute nel titolo V del presente decreto.
Tutti gli istituti, enti e persone elencati nel presente articolo sono indicati in appresso complessivamente come «aziende di credito”.

ÀRT. 6. RISPARMIO A MEDIO E LUNGO TERMINE
Il controllo dell'Ispettorato sulle operazioni di raccolta di risparmio a medio e lungo termine e sulle aziende che le esercitano si attua secondo le norme del titolo VI del presente decreto.

ART. 7. FUSIONE DI AZIENDE
Per le aziende di credito di cui all'articolo 5 è stabilita una procedura speciale per le fusioni, l'amministrazione straordinaria e la liquidazione secondo le disposizioni del titolo VII del presente decreto.

ART. 8. FUNZIONI DI VIGILANZA

Le funzioni di cui all'articolo 24, libro secondo, del testo unico 2 gennaio 1913, n. 453, sulla Cassa depositi e prestiti e quelle previste dal comma secondo dell'articolo 1 del Regio decreto-leggero dicembre 1924, n. 2106, sono esercitate sentito l'Ispettorato.


ART. 9. INCOMPATIBILITÀ
I funzionari dello Stato e degli Istituti parastatali non possono coprire cariche di amministratori e direttori nelle aziende di credito e negli Istituti ed Enti indicati nell'articolo 41, sottoposti al controllo dell'Ispettorato, salvo autorizzazione espressa del Comitato dei Ministri.
I funzionari delle aziende di credito e degli Istituti ed enti indicati nell'articolo 41 non possono coprire cariche di amministratori, sindaci e direttori in altre aziende, anche se non sottoposte al controllo dell'Ispettorato, se non autorizzati dall'Ispettorato stesso.
Nel caso di autorizzazioni concesse ai sensi dei due precedenti capoversi, gli emolumenti spettanti ai funzionari per le cariche loro consentite sono devoluti agli enti da cui dipendono, salvo che l'Ispettorato ne con- senta la devoluzione ai funzionari stessi.

La Giunta del Bilancio ha proposto, e la Camera ha approvato che nel 2° comma alle parole « i funzionari » siano sostituite le parole « gli amministratori delegati, i dirigenti, i funzionari, impiegati delle aziende di credito ».
In merito all'articolo 9 la stessa Giunta del Bilancio ebbe a considerare:
« Per ciò che si riferisce ai funzionari dello Stato - in considerazione dei molti abusi, a cui ha dato luogo l'accentramento in taluni funzionari sopratutto di grado elevato, di cariche di amministratori in aziende che dell'Amministrazione dello Stato non fanno parte - è da augurarsi che il Comitato dei Ministri si avvalga solo in casi di assoluta necessità della facoltà di consentire che essi partecipino all'amministrazione degli Istituti sottoposti al controllo dell'Ispettorato, in attesa che entro breve termine - per ovvie considerazioni di opportunità e di prestigio - possa essere esteso a tutti i funzionari dello Stato il divieto fatto oggi soltanto a talune categorie di essi - come i Magistrati - di partecipare comunque ad amministrazioni di aziende, anche se non sottoposte al controllo dell'Ispettorato.
« Può sembrare contraddittorio ed in certo modo antigiuridico che una legge, nel tempo stesso in cui stabilisce categoricamente una incompatibilità, ammetta la possibilità di derogarvi; ma la contraddizione - che peraltro è evidente - si spiega con la necessità di consentire al Comitato dei Ministri, in via del tutto eccezionale - come è già stato deliberato - che nel primo periodo di attuazione della legge, ed in pochissimi e singolarissimi casi, taluni funzionari possano continuare a prestare la loro opera ancora per breve tempo in talune Amministrazioni ».

ART. 10. SEGRETO D'UFFICIO
Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le aziende di credito sottoposte al controllo dell'Ispettorato sono tutelati dal segreto d'ufficio anche nei riguardi delle pubbliche Amministrazioni.  I funzionari dell'Ispettorato nell'esercizio delle loro funzioni sono considerati pubblici ufficiali; essi hanno l'obbligo di riferire esclusivamente al Capo dell'Ispettorato tutte le irregolarità constatate, anche quando assumano la veste di reati.
I funzionari e tutti i dipendenti dell'Ispettorato sono vincolati dal segreto d'ufficio.

TITOLO II. COSTITUZIONE DELL'ISPETTORATO PER LA DIFESA DEL RISPARMIO E PER L'ESERCIZIO DEL CREDITO.

ART. 11. ISPETTORATO
La difesa del risparmio ed il controllo dell'esercizio del credito sono attuati dallo Stato mediante apposito organo denominato a Ispettorato per la difesa del risparmio e per l'esercizio del credito i).

ART. 12. COMITATO DI MINISTRI - GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA
L'Ispettorato è alle dipendenze di un Comitato di Ministri presieduto dal Capo del Governo e composto dei Ministri per le finanze, per l'agricoltura e le foreste e per le corporazioni.
Il governatore della Banca d'Italia, è capo dell'Ispettorato e provvede, nell'ambito delle direttive fissate dal Comitato dei Ministri alla esecuzione dei compiti attribuiti all'Ispettorato, anche mediante deleghe. Il capo dell'Ispettorato partecipa alle sedute del Comitato dei Ministri predetto.
Il Comitato dei Ministri si riunisce ordinariamente ogni mese.

ART. 13. DIRETTIVE - COMITATO CORPORATIVO CENTRALE
II Comitato dei Ministri di cui all'articolo precedente fissa le direttive per l'azione da svolgere dall'Ispettorato. Per le direttive di carattere generale il Comitato dei Ministri sentirà il Comitato corporativo centrale al fine di adeguare le esigenze per lo sviluppo della economia della Nazione della vita dello Stato alla formazione del risparmio ed alle possibilità di credito del Paese.

ART. 14. VIGILANZA MINISTERIALE - DEVOLUZIONE AL COMITATO
Ferme restando le disposizioni concernenti la vigilanza del Ministro delle finanze sull'Istituto di emissione, tutte le attribuzioni attualmente deferite ai Ministri per le finanze, per l'agricoltura e foreste e per le corporazioni, concernenti la materia del risparmio e del credito e la ingerenza e sorveglianza su gli enti che esercitano le funzioni, di cui all'articolo 1, sono devolute al Comitato dei Ministri di cui all'articolo 12 ed i provvedimenti relativi sono emanati con decreti del Capo del Governo. Alla esecuzione di tali decreti e in generale a tutte le funzioni di carattere esecutivo, provvede l'Ispettorato.

ART. 15. ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI
Con deliberazione del Comitato dei Ministri saranno stabilite le norme per l'organizzazione degli uffici, l'assunzione del personale, la nomina dei funzionari, la determinazione delle loro attribuzioni.

ART. 16. CORRISPONDENZA CON LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
L'Ispettorato ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche Amministrazioni e con gli enti di diritto pubblico, nonché con tutti gli organi corporativi e di richiedere ad essi, oltre alle notizie ed informazioni occorrentigli, la collaborazione per l'adempimento delle sue funzioni.

ART. 17. PERSONALE
Con provvedimenti delle Amministrazioni interessate, può essere comandato a prestare servizio temporaneamente presso l'Ispettorato, a richiesta di questo, personale di qualsiasi gruppo o ruolo delle Amministrazioni dello Stato, nonché personale appartenente a Istituti di credito e banche di diritto pubblico e ad altri enti di diritto pubblico.

ART. 18. SPESE DI GESTIONE DELL'ISPETTORATO
Le aziende di credito e gli istituti ed enti indicati nell'articolo 41 sottoposti al controllo a norma del presente decreto, contribuiscono alle spese di gestione e di amministrazione dell'Ispettorato nella misura e con le norme che saranno determinate con deliberazione del Comitato dei Ministri, il quale approva il rendiconto annuale presentato dal capo dell'Ispettorato.

ART. 19. PROVVEDIMENTI DEL CAPO DELL'ISPETTORATO
I provvediménti presi dal capo dell'Ispettorato nell'esercizio delle funzioni discrezionali di controllo sono soggetti al solo sindacato del Comitato dei Ministri, al quale gli interessati possono proporre i loro reclami - che non. hanno effetto sospensivo - entro il termine di un mese dalla data della comunicazione del provvedimento.

TITOLO III. L'ISTITUTO DI EMISSIONE

Il titolo III del provvedimento - osserva la Relazione ministeriale - risolve organicamente il problema delle funzioni e della costituzione dell'Istituto di emissione, venendo incontro ai voti ripetutamente espressi ed anche recentemente confermati dalla mozione votata nello scorso giugno dalla Corporazione della previdenza e del credito, che deliberava, di chiedere al Governo l'adozione di provvedimenti idonei ad orientare sempre più l'Istituto di emissione verso le sue altissime funzioni di massimo regolatore della attività creditizia nazionale.
Come primo atto della riforma dell'Istituto di emissione, esso viene dichiarato Istituto di diritto pubblico.
L'Istituto di emissione, ente di diritto privato, è ormai, nello Stato corporativo, una sopravvivenza non più giustificabile. Esso stava a rappresentare nella sua origine il banchiere privato che aveva fatto prestiti allo Stato o al Principe e che, a poco a poco, quale corrispettivo dell'aiuto prestato, aveva ottenuto il privilegio di battere moneta. Oggi l'esercizio di questa attività da parte del privato non ha più alcun serio contenuto di intrapresa economica e la partecipazione del privato all'Istituto di emissione non ha quindi più giustificazione. Tanto vale dunque disinteressare, puramente e semplicemente il capitale privato, tutelandone, come è giusto, i diritti acquisiti, ed affermare che la Banca d'Italia è un ente di diritto pubblico, sottraendo pertanto le azioni di essa alla circolazione fra enti non qualificati. Così il provvedimento dispone che le attuali azioni siano rimborsate al prezzo di lire 1.300** (milletrecento) cadauna corrispondente al capitale ed alle riserve di bilancio dell'ente, e che un nuovo capitale di lire 300 milioni sia sottoscritto da Casse di risparmio, Istituti di credito e Banche di diritto pubblico, Istituti di previdenza, ed Istituti di assicurazione. Si apporta altresì una innovazione nella costituzione degli organi amministrativi dell'Istituto. In armonia con la sua natura di ente di diritto pubblico le funzioni che nella Banca d'Italia spettavano alla assemblea dei soci vengono in parte deferite alla Corporazione della previdenza e del credito, cui è demandata la nomina di tre dei quindici membri del Consiglio superiore dell'Istituto, mentre gli altri dodici vengono nominati dalle assemblee generali dei soci presso le sedi della Banca e cioè da rappresentanti degli Enti sopra menzionati. La funzione eminentemente tecnica di " banca delle banche " che l'Istituto di emissione deve assumere nella economia bancaria moderna è chiaramente espressa dalla limitazione delle operazioni di sconto (il cosiddetto risconto) a contropartita costituite esclusivamente da Aziende ed Istituti di credito. Cessano così, con i necessari temperamenti previsti dallo stesso articolo per le operazioni in corso, le operazioni di sconto diretto e cioè proprio quelle operazioni per le quali avveniva la deplorata interferenza tra Aziende di credito ordinario ed Istituto di emissione. Oltre lo sconto alle aziende di credito, all'Istituto di emissione vengono conservate le operazioni di anticipazione anche a privati su titoli di Stato e su altri ammessi per legge speciale. Le nuove disposizioni danno una diversa fisonomia all'Istituto di emissione, per il quale è necessaria una revisione delle disposizioni statutarie che ora ne regolano l'attività. A tal fine si prevede l'approvazione, per decreto Reale, di un nuovo testo di Statuto.

ART. 20. BANCA D'ITALIA La Banca d'Italia, creata con la legge 10 agosto 1893, n. 449, è dichiarata Istituto di diritto pubblico. Il capitale della banca è di trecento milioni di lire ed è rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna, interamente versate. Ai fini della tutela del pubblico credito e della continuità di indirizzo dell'Istituto di emissione, le quote di partecipazione al capitale sono nominative e possono appartenere solamente a: a) Casse di risparmio; b) Istituti di credito e banche di diritto pubblico; c) Istituti di previdenza; d) Istituti di assicurazione.

ART. 21. RIMBORSO AGLI AZIONISTI In conseguenza del nuovo ordinamento della Banca d'Italia, agli attuali azionisti verrà rimborsato, a partire dal 1° giugno 1936, il valore delle azioni in relazione con la situazione della banca al 31 dicembre 1935, nella misura fissa di lire 1.300 (milletrecento) per ciascuna azione, rappresentante il capitale versato e la quota di riserva afferente a ciascuna azione. L'importo relativo alle azioni che sono vincolate per qualsiasi motivo, o intestate a minori o a persone non aventi la piena capacità, resterà depositata presso l'Istituto di emissione in attesa della definizione delle pratiche per la sua liberazione o per il reimpiego ai fini e con i vincoli preesistenti. Entro il 15 aprile 1936, sarà costituito, sotto la presidenza del governatore della Banca d'Italia, un consorzio fra gli istituti e gli enti di che all'articolo 20 per l'assunzione delle trecentomila quote di partecipazione del capitale della Banca d'Italia. Le Casse di risparmio saranno chiamate ad impiegare nella sottoscrizione delle dette quote di partecipazione somme non eccedenti quelle che ad esse saranno rimborsate in base al primo comma del presente articolo. Le rimanenti quote di partecipazione saranno assegnate agli altri enti ed istituti di che all'articolo 20.

ART. 22. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA BANCA Il Consiglio superiore della Banca si compone del governatore e di quindici consiglieri, dei quali dodici da nominarsi nelle assemblee generali dei soci presso le sedi della Banca, e tre da designarsi dalla corporazione della previdenza e del credito. I consiglieri rimangono in carica tre anni e sono rieleggibili. Le rinnovazioni avverranno per un terzo in ciascun anno; mediante sorteggio nei primi due anni, per anzianità in quelli successivi. Il nuovo Consiglio superiore entrerà in funzione non oltre il 1° luglio 1936.

ART. 23. OPERAZIONI DI RISCONTO A partire dal 1° luglio 1936, le operazioni di risconto potranno essere fatte solamente nei confronti delle aziende di credito, sia di diritto pubblico che di diritto privato, sottoposte al controllo dell'Ispettorato. Le operazioni di sconto in essere al 30 giugno 1936 con la clientela privata saranno avviate a graduale completa estinzione. Le operazioni di anticipazioni su titoli continueranno ad essere compiute in conformità delle leggi vigenti anche nei confronti dei privati. Ad esse non si applica quanto è disposto dall'articolo 709, del Codice di commercio.

ART. 24. STATUTO Con decreto Reale, su proposta del Capo del Governo, di concerto col Ministro per le finanze, sarà approvato il nuovo statuto della Banca d'Italia in armonia con le disposizioni del presente decreto.

TITOLO IV. ISTITUTI DI CREDITO E BANCHE DI DIRITTO PUBBLICO.

Il titolo IV del disegno di legge - osserva la Relazione ministeriale - disciplina l'esercizio della funzione creditizia da parte degli Istituti di credito e banche di diritto pubblico. Nell'assetto creditizio del nostro Paese gli Istituti di credito di carattere pubblico non sono una novità ed hanno da tempo trovato la loro posizione nel quadro della distribuzione funzionale degli Istituti di credito. A taluni Istituti di credito di diritto pubblico di antica tradizione, quali il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia, si sono venuti aggiungendo più recentemente altri Istituti che, come la Banca nazionale del lavoro, e l'Istituto di San Paolo, hanno assunto un largo sviluppo a base nazionale, con una vasta rete di filiali e con ingente massa di depositi. Accanto a tali Istituti nel campo dell' esercizio del credito su vasta scala esistevano altri Istituti di credito ordinario costituiti nella forma di Società anonima, i quali per la vastità della loro azione, per l’ingente massa di depositi, per le grandi possibilità offerte dalla loro struttura presentano un preminente interesse pubblico. Appare pertanto giustificato che queste Banche dichiarate di diritto pubblico vengano messe sullo stesso piano degli altri Istituti di credito di diritto pubblico, pur non confondendosi con essi. In ciò sta la ragione che ha condotto a conferire, con separato provvedimento, la qualifica di banche di diritto pubblico alla Banca Commerciale Italiana, al Credito Italiano ed al Banco di Roma.

Gli Enti di credito di diritto pubblico- esercenti il credito vengono cosi distinti in due categorie: - un primo gruppo che comprende gli Istituti di credito già di diritto pubblico, e cioè in concreto, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro, l'Istituto di San Paolo di Torino a cui si aggiunge il Monte dei Paschi di Siena, per la sua origine e costituzione, per la sua importanza e per le benemerenze acquisite; - un secondo gruppo che comprende le banche costituite nella forma di società anonima con vasta organizzazione a carattere nazionale e con filiali in non meno di trenta provincie. Tanto la prima categoria di Istituti di credito di diritto pubblico, quanto le banche di diritto pubblico costituite nella forma di società anonime, debbono essere riformate nella loro costituzione e nella struttura dei loro organi amministrativi. Tale riforma, posti alcuni principi fondamentali, è demandata agli Istituti di ciascun ente, da approvarsi con decreto del Capo del Governo su proposta del Comitato dei Ministri, sentito anche il Comitato tecnico corporativo. Una disposizione di carattere generale viene però dettata dal decreto legge e cioè quella relativa alla nominatività delle quote, che potranno appartenere solo a cittadini ed Enti italiani. Le disposizioni inerenti alla riforma degli organi amministrativi degli Istituti di credito e delle banche di diritto pubblico sono state opportunamente integrate da altre relative alla responsabilità degli amministratori, e che la presente relazione a suo luogo illustra. A completare l'esposizione della struttura amministrativa che il provvedimento determina per gli Istituti e banche di diritto pubblico occorre ricordare che essi sono sottoposti, a parità di condizioni con gli enti bancari di diritto privato e con tutte le altre categorie di enti che raccolgono risparmio ed esercitano il credito, alla vigilanza dell'Ispettorato, secondo le norme dettate dal titolo V. Nessun particolare privilegio quindi viene a crearsi per gli Istituti e per le banche di diritto pubblico i quali, in quanto esercitano le stesse funzioni, sono sottoposti alla stessa disciplina di ogni altra azienda. Essi quindi, non solo vengono, a tutti gli effetti, parificati fra di loro, ma anche nei confronti degli Istituti non dichiarati banche di diritto pubblico. In sede di provvedimento legislativo non si è ritenuto opportuno di scendere a maggiori dettagli in materia di distribuzione funzionale e territoriale degli organi di credito, come pure un più razionale ardimento territoriale non senza, però, tener presente la convenienza di preservare o anche promuover attività a carattere locale. Ma è sembrato sommamente opportuno riservare all'azione tecnica e di vigilanza, che il nuovo organo dello Stato è chiamato a svolgere, questo fecondo campo di azione, nel quale, con costante e diligente assiduità e nei limiti chiaramente fissati dalla legge, l'Ispettorato potrà efficacemente operare.

ART. 25. ISTITUTI E BANCHE DI DIRITTO PUBBLICO Sono confermati Istituti di credito di diritto pubblico: il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, la Banca Nazionale del Lavoro e l'Istituto di San Paolo di Torino, e viene dichiarato Istituto di credito di diritto pubblico il Monte dei Paschi di Siena. Sono Banche di diritto pubblico quelle che, costituite nella forma di Società anonima per azioni, ed aventi una vasta organizzazione di carattere nazionale, siano riconosciute tali con decreto Reale promosso dal Capo del Governo. Non può essere riconosciuta tale qualifica alle Banche che non abbiano stabilito filiali in almeno 30 provincie.

ART. 26. AZIONI DELLE SOCIETÀ DICHIARATE BANCHE DI DIRITTO PUBBLICO Le azioni rappresentative del capitale delle Società anonime dichiarate « Banche di diritto pubblico» dovranno trasformarsi in quote nominative delle quali possono essere proprietari esclusivamente cittadini od enti italiani. Le azioni delle Società che al termine di due mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto che le riconosce “Banche di diritto pubblico » non risultino nominative e di proprietà di cittadini od enti italiani saranno rimborsate, al prezzo risultante da certificato del Comitato direttivo degli agenti di cambio della Borsa di Roma, riferibile alla data di pubblicazione del decreto suddetto, dall'ente indicato dall'Ispettorato e secondo le modalità fissate dall'Ispettorato stesso.

La Giunta generale del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato che l'articolo 26 venisse così modificato e sostituito: « Le azioni rappresentative del capitale delle Società anonime dichiarate « Banche di diritto pubblico » dovranno trasformarsi in quote nominative, entro il 31 dicembre 1936. « I cittadini o gli enti stranieri i quali siano portatori di dette azioni potranno conservarne la proprietà, purché provvedano a trasformarle in quote nominative entro lo stesso termine del 31 dicembre 1936, e dichiarino esplicitamente di rinunziare all'esercizio del diritto di voto nelle assemblee dei soci delle Banche medesime. « Le azioni di che ai comma precedenti che entro il termine fissato non risultino nominative come sopra indicato, saranno rimborsate, al prezzo risultante da certificato del Comitato direttivo degli agenti di cambio della Borsa di Roma, riferibile alla data di pubblicazione del decreto che riconosce le società anonime « Banche di diritto pubblico », dall'Ente indicato dall'Ispettorato e secondo le modalità fissate dall'Ispettorato stesso ». Con tale emendamento - chiarisce l'onorevole Relatore - si è voluto tener conto dei voti espressi da un buon numero di vecchi azionisti di cittadinanza estera. Questi hanno infatti manifestato il desiderio di poter conservare la proprietà delle azioni stesse, oltre che per un senso di attaccamento alle Banche in questione, per le quali essi hanno sempre nutrito fiducia, anche per non soggiacere alla perdita che loro deriverebbe dal rimborso dei titoli a prezzo cui fa cenno il decreto su richiamato. D'altra parte, in considerazione del fatto che le legislazioni estere non consentono che il cittadino italiano, ed in genere Io straniero, abbia alcuna ingerenza sull'andamento delle società estere, così, per uniformità di trattamento, e per evitare quindi che i portatori esteri possano comunque influire sulle assemblee dei soci, specialmente ora, nella nuova caratteristica giuridica assunta dalle Banche, si è ritenuto necessario di temperare la concessione agli stranieri di poter conservare la proprietà delle azioni, condizionandola alla espressa rinuncia all'esercizio del diritto di voto. In sede di applicazione del disposto di tale articolo 26, si sono inoltre presentate varie difficoltà contingenti di ordine tecnico che, sottoposte al Comitato dei Ministri, hanno tra l'altro consigliato che sia prorogato al 31 dicembre 1936 il termine per la trasformazione delle azioni in nominative.

ART. 27. STATUTI Gli statuti degli Istituti di credito dichiarati di diritto pubblico e delle Banche di diritto pubblico sono approvati con decreto del Capo del Governo, su proposta del Comitato dei Ministri, sentito il Comitato tecnico corporativo del credito costituito con decreto del Capo del Governo in data 7 febbraio 1936.

TITOLO V. DISCIPLINA DEGLI ISTITUTI, IMPRESE ED ENTI RACCOGLITORI DI RISPARMIO A BREVE TERMINE.

La legge - nota la relazione ministeriale - contiene norme distinte per l'esercizio del credito ordinario e per quello del così detto credito mobiliare, cioè a media ed a lunga scadenza. Poiché una netta distinzione fra le due forme di credito non è possibile, le esigenze imprescindibili della chiarezza nelle disposizioni legislative hanno condotto a fissare il criterio discriminante, non già dal punto di vista dell'esercizio del credito, ma da quello, necessariamente complementare, della raccolta del risparmio. La classificazione risulta precisa, in quanto è sempre possibile determinare se un Istituto raccolga depositi a vista o a breve termine, ovvero a medio e lungo termine. Alla disciplina degli Enti di credito a breve termine provvede il titolo V del presente decreto-legge che accentra nello Ispettorato le funzioni di vigilanza sugli Enti, aziende ed Istituti esercenti il credito a breve termine.
Tali Enti, aziende ed Istituti sono quelli tassativamente elencati e cioè:
   a) gli Istituti di credito e le banche di diritto pubblico;
   b) le banche ed aziende di credito in genere, comunque costituite, che raccolgono dal pubblico depositi a vista e a breve termine, a risparmio, in conto corrente o sotto qualsiasi forma e denominazione;
   c) le filiali esistenti nel Regno di aziende di credito straniere;
   d) le Casse di risparmio per le quali nulla è innovato per quanto concerne la loro posizione giuridica, regolamentare e funzionale;
   e) i Monti di pegni; f) le Casse rurali ed agrarie.
Le aziende ed Enti sopra elencati non provvedono alla raccolta di tutto il risparmio; ma una gran parte di esso affluisce alle Casse di risparmio postali, la cui disciplina, attraverso la Cassa depositi e prestiti, spetta al Ministero delle finanze. Tuttavia, anche in questo settore, l'Ispettorato potrà compiere Opera di coordinamento poiché esso dovrà esser sentito per l'esercizio, da parte del suddetto Ministero, di determinate funzioni di disciplina e di controllo delle Casse postali di risparmio.
Le forme mediante le quali si attua la vigilanza dell'Ispettorato sono diverse ed il provvedimento si è ispirato al principio fondamentale, che trova la sua ragione in profondi motivi di ordine tecnico e pratico di evitare ogni inopportuna rigidità derivante da norme inderogabilmente applicabili nei confronti di ogni categoria di Istituti di credito, da quelli raccoglitori di miliardi di depositi alla minuscola Cassa rurale.
Dettate infatti alcune norme fondamentali relative alle direttive generali dell'azione dell'Ispettorato ed ai suoi poteri, molta parte della disciplina della funzione creditizia viene lasciata alla iniziativa ed alla discrezionalità dell'Ispettorato stesso che costituisce precisamente l'organo tecnico adatto per attuare nella forma migliore la necessaria vigilanza.
Fatte queste premesse - continua la relazione - è opportuno analizzare con quali mezzi si attua tale vigilanza.
   1°) Autorizzazione all'esercizio del credito. Le aziende di credito, di cui si è sopra fatto cenno, non possono costituirsi ne iniziare le operazioni, nè istituire dipendenze senza l'autorizzazione dell'Ispettorato, e vengono iscritte in un albo tenuto aggiornato dall'Ispettorato stesso, il quale dovrà contenere per ogni singola azienda, la indicazione degli estremi necessari per la identificazione dell'azienda e dei suoi elementi costitutivi. Tale disposto trova il necessario complemento nelle sanzioni (ammenda da lire 10.000 a lire 100.000) stabilito per chiunque svolga una attività di raccolta di risparmio tra il pubblico senza averne ottenuta la preventiva autorizzazione. Le norme dettate per l'autorizzazione di cui si tratta sono, nella loro sostanza, quelle stesse previste dalla legge del 1926 sulla tutela del risparmio.
  2°) Facoltà generale di vigilanza ed ispettiva. Le aziende sottoposte al controllo dell'Ispettorato debbono inviare, con determinate modalità, a quest'ultimo,  i bilanci, le situazioni periodiche ed ogni altro dato richiesto. Viene inoltre attribuita all'Ispettorato la facoltà di disporre ispezioni periodiche e straordinarie a mezzo di suoi funzionari, i quali hanno facoltà di richiedere la esibizione di tutti i documenti e degli atti che essi riterranno opportuni per l'esercizio delle loro funzioni. Per quanto sia ovvio, non è superfluo ripetere ed assicurare che la vigilanza non costituisce, ne deve costituire, una sostituzione o sovrapposizione agli organi normali dell'amministrazione, alla cui opera e responsabilità resta pur sempre affidata la gestione. I funzionari dell'Ispettorato sono considerati nell'esercizio delle loro funzioni, pubblici ufficiali e sono rigorosamente vincolati al segreto di ufficio anche nei confronti delle altre Amministrazioni dello Stato.
   3°) Facoltà di dare direttive generali. La legge sulla tutela del risparmio del 1926 ed altre disposizioni, come ad esempio il testo unico sulle Casse di risparmio, dettavano norme precise nei riguardi di taluni rapporti tecnici fra il capitale e l'ammontare dei depositi, tra il capitale ed i fidi concedibili e stabilivano determinate percentuali degli utili da destinarsi a riserva, nonché determinate forme di impiego per talune percentuali delle disponibilità. Tali norme si sono rivelate talvolta di non agevole applicazione per la loro eccessiva rigidità, e d'altra parte non si sono dimostrate sufficienti ad assicurare ne la tutela dei depositanti ne un sano esercizio dell'attività creditizia.
   L'attuale provvedimento è profondamente innovatore in questo campo poiché in considerazione della competenza tecnica e della possibilità di azione tempestiva dell'Ispettorato demanda a quest'ultimo le necessarie determinazioni valide per tutte le aziende ovvero per particolari categorie di esse, ed anche eventualmente per aziende singole. L'Ispettorato ha infatti la facoltà di dare disposizioni in ordine:
   a) alle forme tecniche del bilanci e delle situazioni periodiche delle aziende sottoposte alla sua vigilanza; esso stabilirà i termini e le modalità per la formazione e la pubblicazione delle situazioni periodiche stesse;
   b) ai limiti dei tassi attivi e passivi ed alle condizioni delle operazioni di deposito e di conto corrente;
   c) alle provvigioni per i diversi servizi bancari;
   d) alla proporzione fra le diverse categorie di investimenti considerate in rapporto sia alla liquidità, sia alle diverse branche di attività economiche alle quali si riferiscono gli investimenti;
   e) alle percentuali minime degli utili da destinarsi alle riserve, anche in maggior misura di quanto dispongono le leggi vigenti;
   f) al rapporto fra il patrimonio netto e le passività ed alle possibili forme di impiego dei depositi raccolti in eccedenza all'ammontare determinato dal rapporto stesso;
   g) alla rigorosa osservanza dell'obbligo cui debbono sottostare i clienti delle aziende di credito, sia debitori che creditori, di dare il loro benestare o di contestare entro un termine stabilito i conti o gli estratti conto ad essi inviati.
  Un'altra facoltà di ordine generale attribuita all'Ispettorato e quella diretta ad evitare gli aggravamenti di rischio derivanti dal cumulo dei fidi: si tratta, in sostanza, di evitare la possibilità, oggi esistente e deplorata, che uno stesso nominativo ottenga separatamente da diverse aziende di credito concessioni di fido prive di sufficiente garanzia pel buon esito del fido stesso. Un adeguato ed efficiente controllo dei fidi è sempre stato nei voti della categoria creditizia ed è stato più volte richiesto nell'interesse della tutela del risparmio ad evitare artificiose malsane espansioni di attività economiche che si rendevano spesso possibili attraverso appunto la concessione di fidi multipli. Ma difficoltà assai gravi, di ordine tecnico ed economico, hanno sempre impedito una pratica attuazione di un effettivo controllo dei fidi.
La Corporazione della previdenza e del credito ha riconosciuto nella mozione votata nello scorso giugno le difficoltà di costituire a questo fine uffici centrali e periferici di controllo, pur facendo voti perche il Governo provvedesse ad emanare norme legislative per la disciplina della materia.
Il provvedimento contempla appunto la possibilità di soddisfare questo voto, lasciando all'Ispettorato, che potrà essere l'organo veramente idoneo, la facoltà di provvedere al riguardo. A tal fine mira anche la comminatoria di gravi penalità per chi, allo scopo di ottenere concessioni di credito, fornisca fraudolentemente dati falsi sulla costituzione e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende interessate alla concessione del fido. Tale disposizione attua integralmente una proposta formulata dalla Corporazione della previdenza e del credito con la mozione già ricordata.
    4°) Facoltà di intervento diretto nei confronti di singole aziende. Oltre alla possibilità di dettare norme generali, una efficiente organizzazione di vigilanza deve necessariamente poter disporre di mezzi diretti nei confronti delle singole aziende al fine di provvedere a rimuovere determinate situazioni irregolari o malsane. La prima e principale facoltà di intervento dell'Ispettorato consiste nella possibilità, quando concorrano gravi circostanze precisate dalla legge, di revocare l'autorizzazione allo esercizio del credito, disponendo per la liquidazione, ovvero per l'amministrazione straordinaria delle aziende medesime. Questa materia è disciplinata dal Titolo VII e la presente relazione ne fa a suo luogo oggetto di particolare esame. L'Ispettorato può, inoltre, disporre - sempre con particolari cautele - la chiusura di determinate dipendenze delle aziende di credito, e ciò non solo in seguito a manchevolezze di esercizio, ma anche ai fini di una migliore distribuzione territoriale degli sportelli.
L'Ispettorato nei confronti di singole aziende ha infine le seguenti facoltà:
   a) di ordinare la convocazione delle assemblee dei soci o degli enti partecipanti, nonché dei Consigli di amministrazione o di altri organi amministrativi, quando non vi provvedano gli organi dell'azienda;
   b) di ordinare l'esperimento delle procedure esecutive contro i debitori per i quali a giudizio dell'Ispettorato, l'azienda di credito sia incorsa in eccessivi ritardi;
  c) di esercitare una vigile azione per la eliminazione, la riduzione, o, comunque, la sistemazione di immobilizzi riscontrati nella situazione delle aziende predette;
   d) di disciplinare, ove del caso, il rapporto fra il patrimonio sociale e gli investimenti in immobili o titoli azionari;
   e) di determinare, con disposizioni sia di carattere generale per categorie di aziende, sia particolari a singole aziende di credito, i limiti massimi dei fidi concedibili;
   f) di disciplinare le dichiarazioni che i richiedenti i fidi devono rilasciare sulle loro condizioni patrimoniali ed economiche perché i fidi stessi vengano concessi.
Nei confronti poi dei dirigenti responsabili delle aziende di credito, e sempre nell'interesse della difesa del risparmio e di un razionale esercizio del credito, l'Ispettorato ha facoltà di disporre per la costituzione di speciali cauzioni da parte dei dirigenti stessi, cauzioni che dovranno rimanere vincolate per le eventuali responsabilità dipendenti dall'esercizio delle loro attribuzioni.
    5°) Norme relative alla costituzione ed alla amministrazione delle aziende di credito. Le facoltà e le funzioni di vigilanza dell'Ispettorato sono opportunamente integrate da una serie di disposizioni relative alla costituzione ed alla amministrazione delle aziende di credito. Tali norme, insieme a quelle relative alle fusioni, all'amministrazione straordinaria ed alla liquidazione in appresso illustrate, costituiscono una riforma che adegua la disciplina giuridica delle aziende di credito alle esigenze tecniche, tenendo conto dei portati di una lunga e talvolta dolorosa esperienza. Le disposizioni innovatrici consistono essenzialmente nell'obbligo della nominatività, con opportuni temperamenti, delle azioni delle banche dichiarate di diritto pubblico; nella riforma di taluni Istituti relativi alla amministrazione ed agli organi di sorveglianza delle aziende di credito (approvazione tempestiva dei verbali di assemblea e del Consiglio di amministrazione, loro trasmissione all'Ispettorato, ecc.); negli obblighi e nelle disposizioni particolari, nei confronti degli amministratori sindaci, e dirigenti delle aziende di credito. Il complesso di norme dettate dal Titolo V che forma il nucleo centrale del nuovo Codice bancario, apporta notevoli modificazioni alla preesistente legislazione la quale è stata oggetto, durante i lavori preparatori, di completo e minuzioso esame. Ne è risultata la necessità di abrogare talune disposizioni; in altri casi, invece, è stato sufficiente devolvere all'Ispettorato le funzioni già attribuite ad altri organi dell'Amministrazione; in altri casi, infine, il problema ha richiesto la introduzione di disposizioni speciali.

Il decreto provvede a regolare tale complessa materia, devolvendo fra l'altro allo Ispettorato facoltà e funzioni spettanti:
   a) ai Ministeri delle finanze, delle corporazioni, dell'agricoltura e foreste nei riguardi degli Istituti di credito di diritto pubblico, e cioè del Banco di Napoli, del Banco di Sicilia, del Monte dei Paschi di Siena e dell'Istituto San Paolo di Torino, della Banca Nazionale del Lavoro;
   b) al Ministero dell'agricoltura e foreste a quello delle finanze [ed all'Istituto di emissione nei confronti delle Casse di Risparmio e dei Monti di Pegni di prima categoria, nonché degli Istituti regionali federali per le Casse di risparmio e dell'Istituto di credito delle Casse di Risparmio, ecc.
   c) al Ministero dell’agricoltura e foreste nei confronti dei Monti di Pegni;
   d) al Ministero dell'agricoltura e foreste ed a quello delle finanze nei confronti delle Casse rurali ed agrarie;
   e) al Ministero delle finanze nei confronti delle sedi e succursali di banche estere.
Le disposizioni di questo Titolo, in piena armonia con lo spirito e con le norme dell'intero disegno di legge, apportano, quindi, modificazioni nelle competenze di alcuni organi amministrativi dello Stato, al fine di raggiungere quella disciplina unitaria che forma la ragione fondamentale del provvedimento.

ART. 28. AUTORIZZAZIONE DELL'ISPETTORATO Le aziende di credito indicate nell'articolo 5 non possono costituirsi, nè iniziare le operazioni, nè istituire sedi, filiali, succursali, agenzie, dipendenze, recapiti (in appresso indicati complessivamente come « sedi e filiali ») nel Regno, nelle Colonie e all'estero, se non ne abbiano ottenuto l'autorizzazione dall'Ispettorato. È in facoltà dell'Ispettorato di determinare l'ammontare del capitale o del fondo di dotazione minimo cui dovrà essere subordinata la costituzione di nuove aziende esercenti il credito.

ART. 29. ALBO DELLE AZIENDE Presso l'Ispettorato è istituito un albo nel quale debbono essere iscritte tutte le aziende sottoposte alle disposizioni del presente titolo. Tale albo, che sarà tenuto aggiornato, dovrà contenere, per ogni singola azienda, le seguenti indicazioni: a) la denominazione; b) la forma giuridica assunta, la data di costituzione e gli estremi delle pubblicazioni richieste dalle vigenti disposizioni; c) il capitale o fondo di dotazione e le riserve secondo le risultanze dell'ultimo bilancio; d) la sede centrale e quella delle sedi e filiali.

L'iscrizione nell'albo ha luogo: 1°) d'ufficio, per le aziende attualmente inscritte nell'albo esistente presso il Ministero delle finanze, in base agli articoli 1 e 2 del Regio decreto-legge 7 settembre 1926, n. 1511[1]; 2°) dietro domanda all'Ispettorato per le aziende che intendono iniziare la propria attività.

ART. 30. NOMINATIVITÀ DELLE AZIONI A partire dalla data di pubblicazione del presente decreto, non potranno essere concesse nuove autorizzazioni a norma dell'articolo 28 alle aziende di cui alla lettera b) dell'articolo 5 se non siano costituite in forma di società anonima o in accomandita per azioni, con le norme di cui al comma seguente. Le aziende di cui al comma precedente attualmente iscritte nell'albo esistente presso il Ministero delle finanze, costituite in forma di società anonima o in accomandita per azioni, devono rendere nominative le loro azioni entro sei mesi dalla data del presente decreto. L'Ispettorato può autorizzare la formazione di una speciale categoria di azioni al portatore, a condizione che i voti spettanti a tali azioni non superino il 45 per cento dei voti spettanti a tutte le azioni della società. Analoga autorizzazione potrà essere concessa dall'Ispettorato a società anonime o in accomandita per azioni che, dopo l'entrata in vigore del presente decreto, ottengano l'autorizzazione di cui all'articolo 28. Nel 2° comma la Giunta generale del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato che il termine fosse portato al 31 dicembre 1936.

ART. 31. ISPEZIONI DELL'ISPETTORATO Le aziende sottoposte alle disposizioni del presente titolo sono tenute a trasmettere all'Ispettorato nei modi e nei termini che saranno stabiliti dal regolamento, le situazioni periodiche ed i bilanci, nonché ogni altro dato richiesto. L'ispettorato potrà inoltre disporre ispezioni periodiche e straordinarie a mezzo di funzionari che avranno facoltà di chiedere la esibizione di tutti i documenti e gli atti che riterranno opportuni per l'esercizio delle loro funzioni. Per quanto riguarda le aziende di credito individuali, le ispezioni dell'Ispettorato potranno estendersi anche alle attività del titolare, estranee all'esercizio dell'azienda bancaria, anche se amministrativamente distinte. I titolari di tali aziende hanno l'obbligo di inviare all'Ispettorato, oltre ai dati di cui al primo comma del presente articolo, anche le situazioni ed i bilanci riguardanti l'attività non bancaria, secondo le norme che verranno stabilite dal regolamento.

All'articolo 31 la Giunta generale del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato l'aggiunta del seguente comma: « Le aziende sottoposte alle disposizioni del presente titolo nei loro avvisi pubblicitari di ogni genere sono tenute ad indicare il capitale versato e le riserve secondo l'ultimo bilancio approvato ».

ART. 32. ISTRUZIONI DELL'ISPETTORATO Le aziende di credito soggette alle disposizioni del presente decreto dovranno attenersi alle istruzioni che l'Ispettorato comunicherà, conformemente alle deliberazioni del Comitato dei Ministri, relativamente: a) alle forme tecniche dei bilanci e delle situazioni periodiche delle aziende sottoposte al suo controllo ed ai termini e modalità per la formazione, la pubblicazione e l'invio all'Ispettorato delle situazioni periodiche stesse; b) ai limiti dei tassi attivi e passivi ed alle condizioni delle operazioni di deposito e di conto corrente; c) alle provvigioni per i diversi servizi bancari; d) alla proporzione fra le diverse categorie di investimenti considerate in rapporto sia alla liquidità, sia alle diverse branche di attività economiche alle quali si riferiscono gli investimenti; e) alle percentuali minime degli utili da destinarsi alle riserve, anche in maggior misura di quanto dispongono le leggi vigenti; f) al rapporto fra il patrimonio netto e le passività ed alle possibili forme di impiego dei depositi raccolti in eccedenza all'ammontare determinato dal rapporto stesso; g) alla rigorosa osservanza dell'obbligo cui debbono sottostare i debitori delle aziende di credito di dare il loro benestare o di contestare entro un termine stabilito i conti o gli estratti conto ad essi inviati; h) alle cautele per evitare gli aggravamenti di rischio derivanti dal cumulo dei fidi.

Restano in ogni caso salve le disposizioni statutarie e di legge per le Casse di risparmio che regolano la materia di cui al presente articolo.

Nell'articolo 32, al paragrafo g) la Giunta del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato di sostituire il seguente testo: « Alla rigorosa osservanza dell'obbligo cui debbono sottostare i debitori ed i creditori delle Aziende di credito di far pervenire alle stesse in iscritto entro un termine stabilito le loro eventuali contestazioni in merito agli estratti di conto o posizioni di conto ad essi inviati con la tassativa conseguenza che, in mancanza di reclamo specificato entro tale termine, il conto si intenderà senza'altro riconosciuto esatto ed approvato ».

Sull'articolo 32 la Giunta stessa ha fatto le seguenti interessanti considerazioni: Tra i casi enunciati all'articolo 32, cioè fra le istruzioni da impartirsi dall'Ispettorato alle Aziende di credito, merita particolare rilievo il capo di cui alla lettera b) sui limiti dei tassi passivi. Conciliare la raccolta del risparmio con la tutela di esso è corollario sicuro dell'equilibrio dei tassi sui depositi; ed all'equilibrio stesso contribuisce la eguaglianza effettiva di trattamento da parte di tutte, indistintamente, le Aziende di credito verso le rispettive clientele. Offrire ai depositanti un tasso ragionevolmente vantaggioso è, senza dubbio, un mezzo adatto d'incremento della raccolta del risparmio; ma questo mezzo non deve esplicarsi come un'occulta manovra di concorrenza fra Aziende di credito nell'attingere, ognun per sé, le risorse per l'esercizio del credito. A prevenire queste manovre fu concluso - ad iniziativa dell'Associazione tecnica bancaria - il 16 settembre 1932 un « cartello», che ebbe poi delle modifiche, obbligatorio per tutte le Aziende di credito. Tuttavia, in pratica, il « cartello » fu violato, da più d'un'Azienda, con concessioni “particolari », fatte a questo e a quel cliente, e raccomandate al loro « segreto » come un trattamento di favore. Però, se « l'apparente segreto” ha fatto sfuggire i violatori del cartello alle sue sanzioni, il loro operato non è sfuggito alla giusta critica « officiosa » di quelle Aziende che hanno rispettato il cartello soprattutto per non aver voluto offrire, « alla chetichella », condizioni che vanno offerte apertamente al risparmiatore, il quale considera, non solo il vantaggio che gli viene offerto, ma pure la fiducia che ispira colui che glielo offre. Oggi, però, può dirsi, con soddisfazione, che questa fiducia viene grandemente rafforzata ed estesa dalla vigilanza dell'Ispettorato che la provvida legge a tutela del risparmio fa gravitare sopra opportune unificazioni, coordinamenti e perfezionamenti. Dal che deriva la logica conclusione che non dovrebbero più ripetersi le deplorate violazioni, che scuotono, con l'effetto di sperequazioni a vantaggio particolare, l'equilibrio dei tassi passivi che è di vantaggio generale. D'altra parte - per senso umano - non può escludersi l'ipotesi che le violazioni si ripetano malgrado le rigide istruzioni dell'Ispettorato e la minaccia di sanzioni più o meno severe. Ma, per rendere trascurabile tale ipotesi, meno sotto l'egida delle sanzioni, e più sotto la spinta del senso del dovere sociale d'incoraggiare il risparmio principalmente per l'interesse supremo della forza della Nazione nello Stato corporativo, sarebbe utile temperare, con un mezzo pratico, le conseguenze di un male che ha già radici diffuse e, più o meno, profonde. Questo mezzo pratico potrebbe essere uno spiegabile adattamento alle contingenze, mediante una ragionevole modificazione dei tassi « nominali » del cartello con la determinazione di tassi di limite massimo, che possano lasciare il vantaggio di una certa elasticità di contrattazione ed eliminare ogni sotterfugio che, se fu tollerato sotto l'impero del “cartello”, non può concepirsi nemmeno che venga tollerato sotto l'impero di una legge importante come quella in esame, che sarà saggiamente applicata dall'Ispettorato. Particolarmente notevole fra i compiti attribuiti dall'articolo 32 all'Ispettorato è quello (lettera d) di emanare istruzioni in ordine « alla proporzione fra le diverse categorie di investimenti, considerate in rapporto sia alla liquidità, sia alle diverse branche di attività economiche alle quali si riferiscono gli investimenti ». Sarà merito dell'Ispettorato di far uso di tale potere con semplicità consapevole delle esigenze concrete dell'economia nazionale senza che l'esercizio di esso si irrigidisca in norme tassative od anche solamente indicative di percentuali di investimenti, specie per quanto riguarda le operazioni tradizionali (sconti di cambiali, anticipazioni su titoli di credito al portatore, riporti, aperture di credito in conto corrente, ecc.). E deve escludersi anche che si tenda alla creazione di compartimenti stagni delle varie categorie economiche - industria, agricoltura, commercio - suddivise a loro volta in singole sottoclassi o specializzazioni, in modo da fissare contingenti di credito che sarebbero sempre determinati « a priori » e quindi con inevitabile mancanza di aderenza alla realtà.

ART. 33. AUTORIZZAZIONE DI DETERMINATE FORME D'IMPIEGO L'Ispettorato ha facoltà di stabilire che determinate forme di impiego debbano essere preventivamente autorizzate dall'Ispettorato stesso. I provvedimenti di cui al precedente ed al presente articolo possono essere di carattere generale ovvero particolari a categorie di aziende o a singole aziende, e possono essere sempre modificati, con congrue periodo di preavviso.

La Giunta del Bilancio ha proposto e la Camera ha approvato che il primo comma fosse sostituito dal seguente: « II Comitato dei Ministri ha facoltà di stabilire che determinate forme di impiego debbano essere preventivamente autorizzate dall'Ispettorato ".

ART. 34. CHIUSURA DI SEDI E FILIALI Con deliberazione del Comitato dei Ministri, potrà essere ordinata la chiusura di determinate sedi e filiali, sia in seguito a manchevolezze di esercizio, sia ai fini di una migliore distribuzione territoriale delle aziende di credito, sentito il Comitato tecnico corporativo del credito circa i criteri generali di tale distribuzione.

La Corporazione del credito - osservava la Giunta Generale del Bilancio - nella sua mozione circa la distribuzione territoriale degli organi del credito, deliberò di chiedere, tra l'altro, al Governo di voler « procedere ad una revisione della distribuzione territoriale degli sportelli degli Istituti di credito di ogni specie aventi organizzazione a carattere nazionale, con l'intento di eliminare doppioni, di adeguare la rete delle filiali alle condizioni economiche del Paese ed ai compiti dei diversi Istituti, di concentrare l'azione dei singoli Istituti in zone ove già esistano interessi prevalenti e possibilità di lavoro particolarmente convenienti per ciascuno di essi, di disciplinare i recapiti bancari, sottoponendoli alle stesse norme che vigono per gli sportelli ». In accoglimento di tale voto, l'articolo 34 attribuisce al Comitato dei Ministri il potere di ordinare la chiusura di determinate sedi e filiali ai fini di una migliore distribuzione territoriale delle aziende di credito. Ed il Comitato dei Ministri nella sua prima riunione ha affermato il concetto di massima della limitazione territoriale dell'attività delle Banche regionali. Con questi criteri - alla stregua del voto della Corporazione del eredito - sembra debba farsi luogo all’applicazione delle disposizioni dell'articolo 34, che si riferisce ad uno dei problemi più delicati e più complessi dell'organizzazione del credito per la risoluzione del quale molto opportunamente si stabilisce che debba essere sentito il Comitato corporativo che dovrà essere costituito in seno alla Sezione del credito della Corporazione del credito e della previdenza. La costituzione di tale Comitato, come si dispone con un'aggiunta all'articolo 34, dovrà avvenire entro un mese dalla conversione in legge del decreto-legge poiché il Comitato già esistente come risulta dal decreto che lo istituiva, aveva carattere contingente, essendo stato formato soltanto per esprimere il suo parere e dare la sua collaborazione per l'attuazione dei voti contenuti nelle mozioni votate dalla Corporazione del credito. Le determinazioni che dovranno essere adottate per la revisione della distribuzione territoriale degli sportelli non potranno essere disgiunte dalla opportuna valutazione della distribuzione funzionale, a cui fra i diversi Istituti dovrà convenientemente provvedere l'Ispettorato. Gli Istituti che hanno sconfinato dai loro limiti funzionali e territoriali vanno ricondotti entro quei limiti che nella generalità dei casi corrispondono alla loro natura ed alle loro caratteristiche istituzionali. Essi vanno dunque ricondotti alle loro origini. Il problema degli sportelli bancari non è soltanto il problema dell'esuberanza degli sportelli. Ridurre gli sportelli potrà essere un rimedio efficace solo se si provvederà contemporaneamente alla riduzione ed alla riforma della struttura funzionale dell'attività creditizia. Se la chiusura di pochi o di molti sportelli dovesse essere fine a sé stessa, aggraverebbe gli squilibri esistenti e risolverebbe malamente solo uno degli aspetti del problema. Occorre invece agire in maniera di poter assicurare nel quadro dell'economia corporativa la possibilità di una sana concorrenza e ragionevoli margini di utili necessari per mantenere il credito e la fiducia. Il riesame della distribuzione territoriale - in base a quanto dispone l'articolo 34 - deve essere fatto in base ad un riesame della distribuzione funzionale, incominciando con l'arrestare ogni ulteriore gonfiamento del sistema bancario italiano, per evitare il peggioramento della situazione che si è venuta creando in questi ultimi anni. L'esame di questo grave e complesso problema nei suoi vari aspetti richiederebbe un troppo ampio sviluppo. Dopo averne segnalato la delicatezza e la complessità, la vostra Giunta esprime il voto che l'Ispettorato saprà risolverlo con il necessario equilibrio e con la collaborazione degli organi sindacali e corporativi che sono chiamati a intervenire nell'attuazione della nuova disciplina. La Giunta proponeva quindi e la Camera approvava la seguente aggiunta all'articolo 34: « II Comitato corporativo sarà costituito in seno alla Sezione del Credito della Corporazione del credito e della previdenza entro un mese dalla conversione in legge del presente decreto-legge, e sarà composto di cinque membri”.

ART. 35. ALTRE FACOLTÀ DELL'ISPETTORATO L'Ispettorato ha anche facoltà, nei confronti delle aziende sottoposte alla sua vigilanza: a) di ordinare la convocazione delle assemblee dei soci e degli enti partecipanti, nonché dei Consigli di amministrazione e di altri organi amministrativi, per sottoporre all'esame i provvedimenti ritenuti utili alle aziende e di provvedere direttamente a tali convocazioni quando gli organi competenti non vi abbiano ottemperato; b) di ordinare l'esperimento delle procedure esecutive contro i debitori per i quali, a giudizio dell'Ispettorato, l'azienda di credito sia incorsa in eccessivi ritardi; c) di fissare modalità per l'eliminazione, la riduzione o, comunque, la sistemazione di immobilizzi riscontrati nella situazione delle aziende predette.

L'Ispettorato ha inoltre facoltà, in quanto non sia provveduto dai singoli statuti: a) di disciplinare il rapporto fra il patrimonio sociale e gli investimenti in immobili e titoli azionari; b) di determinare i limiti massimi dei fidi concedibili e di stabilire norme e termini per le riduzioni in caso di constatate eccedenze; c) di emanare norme relative alle dichiarazioni che i richiedenti i fidi devono rilasciare sulle loro condizioni patrimoniali ed economiche perché i fidi stessi vengano concessi.

Per quanto riguarda l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 35 - osservava la Giunta Generale del Bilancio - è da escludersi che si sia inteso di attribuire all'Ispettorato un potere di intervento nell'amministrazione e nella determinazione di « singoli fidi »: funzioni queste che restano attribuite ai competenti Organi amministrativi e deliberanti delle singole aziende controllate. L'opera dell'Ispettorato deve infatti essere essenzialmente di controllo e non di amministrazione, se non si vuole che l'applicazione della legge sia contraria allo spirito che l'ha dettata. L'Ispettorato, in altri termini, non deve burocratizzarsi e non deve, a sua volta, burocratizzare la funzione creditizia. La snellezza dei suoi organi assicurerà la necessaria rapidità di funzionamento e l'Ispettorato, nell'esercizio delle funzioni che gli vengono attribuite, dovrà considerarsi sopratutto come un Organo consultivo alla cui sensibilità, come alla tempestività della sua azione, è in grandissima parte affidata la realizzazione dei benefici effetti che la legge si propone di conseguire.

ART. 36. FACOLTÀ DEL COMITATO DEI MINISTRI PER GLI ASSEGNI CIRCOLARI Sono devolute al Comitato dei Ministri le facoltà e le funzioni relative alla emissione degli assegni circolari che gli articoli 9,10,11 del Regio decreto- legge 7 ottobre 1923, n. 2283, attribuiscono al Ministero delle finanze ed a quello dell'economia nazionale. II Comitato predetto ha facoltà di disciplinare remissione degli assegni circolari di cui al citato Regio decreto, con particolare riguardo alle garanzie da prestarsi dagli Istituti emittenti ed alle limitazioni da porre all'ammontare degli assegni emessi da ciascun Istituto, anche in deroga a quanto disposto dall'articolo 11 del predetto Regio decreto-legge 7 ottobre 1923, n. 2283[2] .

ART. 37. VERBALI DELLE ASSEMBLEE - FIDI AUTORIZZATI I verbali delle sedate delle assemblee dei partecipanti e dei soci delle aziende di credito indicate dall'articolo 5 dovranno essere approvati nella stessa giornata delle deliberazioni ed essere trasmessi in copia, entro il termine di giorni 5, all'Ispettorato. Le aziende di credito devono tenere aggiornato un libro nel quale siano trascritte tutte le concessioni di fido comunque autorizzate dagli organi competenti, secondo lo statuto o il regolamento; per ogni fido devono essere indicati i nomi dei funzionari che lo propongono. Le proposte, gli accertamenti e le contestazioni del Collegio sindacale o degli organi di sorveglianza dovranno essere trasmesse in copia all'Ispettorato nel termine di giorni 5 dalla loro presentazione e nello stesso tempo dovranno essere trascritte in apposito libro, da tenersi con l'osservanza delle norme di cui all'articolo 25 del Codice di commercio.

All'articolo 37 la Giunta Generale del Bilancio ha proposto, e la Camera ha approvato che sia sostituito il seguente: « I verbali delle sedute delle assemblee dei partecipanti e dei soci delle Aziende di credito indicate dall'articolo 5 dovranno essere approvati nella stessa giornata delle deliberazioni ed essere trasmessi in copia, entro il termine di giorni dieci, all'Ispettorato. « È fatto obbligo alle aziende di credito di tenere un libro aggiornato nel quale siano trascritte, ai sensi delle istruzioni da darsi dall'Ispettorato, le concessioni di fido. Per ogni fido devono essere indicati i nomi dei funzionari che lo propongono. « Le proposte, gli accertamenti e le contestazioni del Collegio sindacale o degli organi di sorveglianza dovranno essere trasmesse in copia all'Ispettorato nel termine di giorni 10 dalla loro presentazione e nello stesso tempo dovranno essere trascritte in apposito libro, da tenersi con l'osservanza delle norme di cui all'articolo 25 del Codice di commercio ».

ART. 38. DIVIETO AGLI AMMINISTRATORI DI OPERAZIONI CON UAZIENDA Gli amministratori, liquidatori, direttori ed i membri degli organi di sorveglianza delle aziende indicate nell'articolo 5 non possono contrarre obbligazioni di qualsiasi natura, nè compiere atti di compra-vendita, direttamente o indirettamente, con l'azienda che amministrano o dirigono o sorvegliano, se non dietro conforme deliberazione, che dovrà essere presa all'unanimità, del Consiglio di amministrazione e col voto favorevole di tutti i componenti l'organo di sorveglianza. Restano in vigore le disposizioni riguardanti le obbligazioni di amministratori di Casse rurali ed agrarie.

ART. 39. CAUZIONE SPECIALE L'Ispettorato ha facoltà di stabilire per gli amministratori delegati, gerenti, direttori generali, direttori centrali, capi servizio e per i direttori delle filiali delle aziende di credito indicate nell'articolo 5 (in appresso tutti denominati « dirigenti »), l'obbligo di costituire una cauzione speciale, vincolata presso l'Istituto di emissione. Tale cauzione potrà costituirsi dagli interessati in azioni o carature dell'ente o istituto a cui gli obbligati appartengono o in titoli di Stato, in misura non superiore alla metà dei complessivi emolumenti annuali dell'obbligato. La cauzione non potrà svincolarsi prima di due anni dalla data della cessazione delle funzioni in relazione alle quali è stata costituita. Per gli amministratori delegati di società anonime o in accomandita per azioni e per i gerenti di queste ultime, tale cauzione speciale sarà costituita in più di quella disposta dall'articolo 123 del Codice di commercio. L'Ispettorato ha facoltà di disporre che la cauzione costituita a norma del presente articolo sia aumentata con una trattenuta non maggiore del 3 per cento degli emolumenti comunque corrisposti ai dirigenti, durante l'esercizio delle loro funzioni. La somma risultante da tale trattenuta dovrà essere semestralmente investita in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, da depositare presso l'Istituto di emissione col vincolo di cui ai precedenti comma. L'interessato potrà indicare in quali titoli dello Stato o garantiti dallo Stato preferisca sia fatto l'investimento. I depositi cauzionali costituiti a norma del presente articolo potranno essere utilizzati, con le modalità che verranno determinate dal regolamento, per la copertura delle perdite dipendenti da operazioni effettuate dai dirigenti eccedendo dai limiti delle facoltà loro consentite dalle disposizioni interne, di statuto o dell'Ispettorato, o contro le disposizioni stesse; salvo ogni altro diritto a risarcimento e salva l'applicazione delle sanzioni previste dal presente decreto e da altre leggi.

ART. 40. FUNZIONI SPECIALI DEL COMITATO DEI MINISTRI La disposizione dell'articolo 14 del presente decreto, si applica a tutte le funzioni di vigilanza ed alle altre facoltà comunque attribuite nei riguardi degli Istituti di credito e Banche di diritto pubblico di cui al titolo IV dei presente decreto, spettanti al Ministero delle finanze, al Ministero delle corporazioni ed al Ministero dell'agricoltura e foreste. Sono in particolare deferite al Comitato dei Ministri a norma dell'articolo 14: a) le funzioni di vigilanza e le altre attribuzioni spettanti al Ministero dell'agricoltura e foreste, al Ministero delle finanze ed all'Istituto di emissione a norma del testo unico 25 aprile 1929, n. 967, sulle Casse di risparmio, sui Monti di pegni di prima categoria e loro Federazioni ed a norma del relativo regolamento approvato con Regio decreto 5 febbraio 1931, n. 225; la vigilanza e le altre attribuzioni demandate ai predetti Ministeri sugli Istituti federali regionali fra le Casse di risparmio e sull'Istituto di credito delle Casse di risparmio italiane sono pure esercitate, a norma delle disposizioni vigenti, dall'Ispettorato; b) le funzioni di vigilanza e le altre attribuzioni demandate al Ministero dell'agricoltura, industria e commercio dalla legge 4 maggio 1898, n. 169, ed al Ministero dell'industria dal Regio decreto 14 giugno 1923, n. 1396, sui Monti dei pegni; c) le funzioni di vigilanza e le altre attribuzioni riguardanti le Casse rurali ed agrarie che la legge 6 giugno 1932, n. 656, e la legge 25 gennaio 1934, n. 186, attribuiscono al Ministero dell'agricoltura e foreste ed al Ministero delle finanze; d) le funzioni di vigilanza e le altre attribuzioni riguardanti le sedi e succursali di banche estere nel Regno, che il Regio decreto 4 settembre 1919, n. 1620, attribuiva al Ministero del tesoro e al Ministero dell'industria e commercio. Sono abrogati in quanto non compatibili con le disposizioni del presente decreto, il Regio decreto-legge 7 settembre 1926, n. 1511, ed il Regio decreto-legge 6 novembre 1926, n. 1830, convertiti in legge 23 giugno 1927, n. 1107 e n. 1108, recanti provvedimenti per la tutela del risparmio. Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie o incompatibili con il presente decreto regolanti l'attività degli Istituti di credito e Banche di diritto pubblico di cui al titolo IV del presente decreto. Sono parimenti abrogate in quanto non compatibili con le disposizioni del presente decreto, le disposizioni contenute nelle leggi speciali concernenti le Casse di risparmio, i Monti di pegni e le Casse rurali ed agrarie, ed in particolare nel testo unico 25 aprile 1929, n. 967, sulle Casse di risparmio e Monti di pegno di prima categoria e nel Regio decreto 5 febbraio 1931, n. 225, nella legge 4 maggio 1898, n. 169, e nel Regio decreto 14 giugno 1923, n. 1396, sui Monti di pegni; nelle leggi 6 giugno 1932, n. 656, 25 gennaio 1934, n. 186, e nel Regio decreto-legge 17 ottobre 1935, n. 1898, sull'ordinamento delle Casse rurali ed agrarie.

TITOLO VI. DISCIPLINA DELLA RACCOLTA DEL RISPARMIO A MEDIO E LUNGO TERMINE.

Le funzioni di disciplina e di vigilanza del credito - rileva la Relazione ministeriale - non potevano estendersi anche al credito mobiliare a Media e a lunga scadenza, che rappresenta un settore fondamentale della funzione creditizia. Le forme di tale disciplina debbono però adeguarsi alla concreta realtà, e non possono essere le stesse che sono risultate adatte per le aziende di credito che esplicano una funzione prevalentemente bancaria. Il ritorno delle grandi banche di credito ordinario alla loro precipua funzione di intermediari nello scambio del denaro e di fornitrici del credito commerciale ha profondamente mutato le condizioni nelle quali si svolge in Italia il credito mobiliare, per l'esercizio del quale si erano venuti costituendo numerosi enti parastatali, taluni dei quali hanno assunto notevole sviluppo. Essi raccolgono risparmio dal pubblico in genere mediante l'emissione di obbligazioni e lo destinano a investimenti che vengono ammortizzati in un periodo di tempo non breve. Se tali Istituti, che agiscono nell'orbita dello Stato, formano una parte notevole dell'attività di credito mobiliare del Paese, non ne esauriscono però che una parte, mentre la domanda di risparmio a media e a lunga scadenza e il suo impiego in investimenti duraturi, avviene in molte altre forme non facilmente classificabili e difficilmente passibili di una disciplina unitaria ed organica. Il presente decreto provvede al controllo ed alla disciplina del credito mobiliare ponendo una netta distinzione fra la disciplina attuata nei confronti dei singoli Istituti e quella attuata su determinati generi di operazioni.

A) NEI CONFRONTI DI PARTICOLARI ISTITUTI. L'esigenza logica dell'unità di disciplina e di indirizzo ha condotto ad unificare presso l'Ispettorato, le funzioni e le facoltà già spettanti a svariati altri organi dell'Amministrazione statale. Vengono così accentrate presso l'Ispettorato le funzioni di disciplina e controllo di diversi Istituti, fra i quali meritano particolare menzione: 1°) gli Istituti di Credito Fondiario; 2°) l'Istituto Nazionale di Credito Edilizio e gli Istituti di Credito Edilizio in genere; 3°) il Consorzio Nazionale per il Credito Agrario di Miglioramento; 4°) l'Istituto Mobiliare Italiano; 5°) il Consorzio di Credito per le Opere Pubbliche; 6°) l'Istituto di Credito per le Imprese di Pubblica Utilità; 7°) l'Istituto di Credito Navale; 8°) l'Istituto Nazionale di Credito per il Lavoro Italiano all'Estero.

L'azione dell'Ispettorato nei confronti di tali Istituti potrà riuscire di grande efficacia pratica, sopratutto attraverso la conoscenza, nei suoi aspetti tecnici, dell'attività di ciascuno degli Istituti stessi, che potrà essere osservata e seguita, nel suo complesso.

B) NEI CONFRONTI DI PARTICOLARI OPERAZIONI. Le modalità tecniche secondo le quali si svolge l'attività di credito mobiliare non rendono possibile nè opportuno disciplinare unitariamente gli Istituti che la svolgono. Il controllo quindi può aver luogo efficacemente solo nei confronti di operazioni che rappresentano i più frequenti casi in cui ha luogo lo svolgimento dell'attività di credito mobiliare, e sono le sole che abbiano rilievo tale da rendere in esse sensibile il riflesso del pubblico interesse. Il particolare genere di operazioni sottoposto a disciplina è: - quello relativo alle operazioni di Borsa in genere, già disciplinate dalle leggi vigenti sulle Borse, per le quali vengono devolute all'Ispettorato le funzioni e facoltà di vigilanza già spettanti al Ministero delle finanze e all'Istituto di emissione; - gli aumenti di capitale e l'emissione di obbligazioni e valori mobiliari di ogni natura, da parte, sia dagli Istituti di credito mobiliare, già sottoposti alla disciplina dell'Ispettorato e precedentemente elencati, sia da parte altre aziende o da privati. In tale seconda ipotesi però l'intervento dell'Ispettorato si limita ai casi seguenti: 1°) qualora l’emissione abbia luogo per il tramite di aziende di credito ordinario sottoposte al controllo dell'Ispettorato; 2°) qualora i relativi titoli si vogliono ammettere al mercato dei valori mobiliari nelle Borse; 3°) nei casi di aumento di capitale e di emissioni per le quali è prevista a norma del Regio decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1614, la autorizzazione del Ministero delle corporazioni la quale dovrà essere preceduta dal parere dell'Ispettorato. - Formano, altresì, oggetto della disciplina attuata dal provvedimento la partecipazione a Sindacati di collocamento di azioni, obbligazioni ed altri titoli (esclusi quelli dello Stato o da esso garantiti) da parte di aziende di credito, nonché l'emissione di prestiti all'estero e l'assunzione di partecipazioni all'estero da parte di enti, aziende e persone italiane, ed il collocamento in Italia di titoli esteri. Per tali operazioni, la cui disciplina è di competenza del Ministero delle finanze, dovrà però sentirsi il parere dell'Ispettorato.

ART. 41. DEVOLUZIONE AL COMITATO DI ATTRIBUZIONI DI VARI MINISTERI Sono deferite al Comitato dei Ministri, in conformità dell'articolo 14: a) le attribuzioni spettanti al Ministero dell'agricoltura e foreste e al Ministero delle finanze a norma del testo unico sul credito fondiario, approvato con Regio decreto 16 luglio 1905, n. 646, e successivi decreti modificativi e applicativi di esso, a norma del Regio decreto-legge 18 settembre 1934, n. 1463, e del Regio decreto-legge 25 marzo 1927, n. 435, relativamente agli Istituti ed alle operazioni di credito fondiario; b) le attribuzioni spettanti al Ministero dell'economia nazionale a norma degli articoli 1 e 8 del Regio decreto-legge 2 maggio 1920, n. 698, relativamente all'Istituto nazionale di credito edilizio ed a norma del Regio decreto-legge 4 maggio 1924, n. 993, relativamente agli istituti e società di credito edilizio in genere; c) le attribuzioni spettanti a norma del Regio decreto-legge 29 luglio 1927, n. 1509, e successivi decreti modificativi e applicativi di esso, nonché dei relativi regolamenti, al Ministero dell'agricoltura e foreste ed al Ministero delle finanze relativamente al Consorzio nazionale per il credito agrario di miglioramento e agli Istituti autorizzati ad esercitare il credito agrario; d) le attribuzioni spettanti a norma del Regio decreto-legge 13 novembre 1931, n. 1398, al Ministero delle finanze, al Ministero delle corporazioni, al Ministero dell'agricoltura e foreste relativamente all'Istituto mobiliare italiano; e) le attribuzioni spettanti, a norma del Regio decreto-legge 2 settembre 1919, n. 1627, e della legge 14 aprile 1921, n. 488, al Ministero delle finanze relativamente al Consorzio di credito per le opere pubbliche; f) le attribuzioni spettanti, a norma del Regio decreto-legge 20 maggio 1924, n. 731, al Ministero delle finanze relativamente all'Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità; g) le attribuzioni spettanti, a norma del Regio decreto-legge 5 luglio 1928. n. 1817, e dello statuto approvato con decreto Ministeriale 29 gennaio 1929. ai Ministeri delle finanze e dell'economia nazionale relativamente all'Istituto di credito navale; h) le attribuzioni spettanti a norma del Regio decreto-legge 3 ottobre 1929, n. 1717, al Ministero delle finanze, relativamente all'Istituto nazionale di credito per il lavoro italiano all'estero.

ART. 42. ISPEZIONI PERIODICHE E STRAORDINÀRIE L'Ispettorato ha facoltà di disporre nei riguardi degli Istituti indicati nell'articolo 41 ispezioni periodiche e straordinarie a mezzo di funzionari che avranno facoltà di chiedere la esibizione di tutti i documenti e degli atti che riterranno opportuni per l'esercizio delle loro funzioni. Tali Istituti sono tenuti a trasmettere all'Ispettorato i bilanci annuali ed ogni altro dato richiesto. Si applicano ai dirigenti e ai mèmbri degli organi di sorveglianza degli Istituti predetti le disposizioni del 1° comma dell'articolo 38.

ART. 43. DEVOLUZIONE DI ALTRE FACOLTÀ Sono devolute al Comitato dei Ministri e, rispettivamente, all'Ispettorato, le funzioni e facoltà attribuite al Ministero delle finanze ed all'Istituto di emissione dalle disposizioni sull'ordinamento delle borse dalla legge 20 marzo 1913, n. 262, sull'ordinamento delle Borse di commercio e dai successivi provvedimenti modificativi di essa, dai relativi regolamenti di esecuzione, nonché dal Regio decreto-legge 30 giugno 1932.

ART. 44. APPROVAZIONE DELL'ISPETTORATO PER L'AUMENTO DI CAPITALE Gli Istituti di cui all'articolo 41 non possono procedere ad aumentare il loro capitale, ne possono emettere obbligazioni senza la preventiva approvazione dell'Ispettorato, salva l'applicazione delle altre limitazioni disposte dalle leggi vigenti e dagli statuti che li regolano.

ART. 45. AUTORIZZAZIONE PER COLLOCAMENTO DI AZIONI Le aziende di credito sottoposte alle disposizioni del titolo V e gli Istituti indicati nell'articolo 41 del presente titolo non possono partecipare ai Sindacati di collocamento di azioni, obbligazioni, buoni di cassa e altri valori mobiliari che non siano di Stato o garantiti dallo Stato, nè prestare l'assistenza della loro organizzazione per il collocamento, se l’emissione non ha ricevuto la preventiva autorizzazione dell'Ispettorato. Le nuove emissioni di azioni ed obbligazioni già quotate nelle Borse del Regno devono essere preventivamente autorizzate dall'Ispettorato.

La disposizione di gran lunga più importante contenuta nel titolo in esame - osserva la relazione della Giunta Generale del Bilancio - è quella dell'articolo 45 che deve essere considerata in relazione a quella dell'articolo 2.
Con tali norme si sottopongono al preventivo assenso dell'Ispettorato:
   a) ogni nuova emissione di azioni e di obbligazioni che si vogliono ammettere alla quotazione di Borsa;
   b) la costituzione di sindacati bancari per il collocamento di nuovi titoli sul mercato.
Il controllo dell'Ispettorato si estende in tal modo a tutte le più importanti emissioni di titoli azionari: il che impone al nuovo Organo di Stato una precisa consapevolezza della delicata natura dei poteri attribuitigli e della conseguente responsabilità.
La disposizione crea poi il pericolo di dannose interferenze che sarà pregio delle norme regolamentari di impedire. Sembra infatti che, quando la raccolta del risparmio abbia per scopo di provvedere a nuovi impianti che siano stati autorizzati a norma della legge del 1933, l'assenso dell'Ispettorato dovrebbe ritenersi assorbito dalla autorizzazione concessa dal Ministero delle corporazioni.
Occorre d'altra parte tener presente che il Regio decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1613, con il quale si è limitata la distribuzione degli utili delle Società commerciali, ha sottoposto per un triennio all'autorizzazione del Ministero delle corporazioni di concerto con quello delle finanze gli aumenti di capitale per cifra superiore al milione.
Senza un indispensabile coordinamento, sarebbero perciò necessario due autorizzazioni da parte di diversi organi di Stato fra i quali potrebbe anche determinarsi un nocivo e non risolubile conflitto. E sembra che, dato il carattere temporaneo e contingente delle norme contenute nel decreto ora richiamato, sarebbe conveniente attribuire senz’ altro tutta la materia delle autorizzazioni in parola all'Ispettorato.
Qualche chiarimento di carattere formale si impone poi relativamente agli articoli 2 e 45 del decreto-legge in esame. L'articolo 2 dispone infatti che debba essere preventivamente autorizzata l'emissione di titoli che si vogliono ammettere alla quotazione di Borsa. Ora, la semplice intenzione di voler far ammettere in futuro i titoli alla quotazione, non può certamente essere sufficiente per rendere necessaria la richiesta di una preventiva autorizzazione alla emissione di essi. Il che va detto specie per la costituzione di nuove società, tenuto presente anche il disposto dell'articolo 2 della legge sulle Borse 20 marzo 1913, n. 272.
L'autorizzazione non può dunque riguardare che le nuove emissioni di titoli già ammessi alla quotazione. Anche l'espressione dell'articolo 45 che vieta alle Aziende bancarie di prestare l'assistenza delle proprie organizzazioni alle emissioni non autorizzate dell'Ispettorato potrebbe essere opportunamente chiarita. L'affissione di un avviso nei locali della Banca, il versamento dell'importo totale o parziale dei titoli agli sportelli della Banca, l'esercizio di diritti di opzione per conto degli azionisti costituiscono la prestazione di normali servizi bancari che non hanno nulla a che vedere con un intervento attivo e diretto per il collocamento dei titoli. Sono servizi che si riconnettono ad un proficuo rapporto di clientela esistente fra la Banca e la società emittente o il sottoscrittore e che non possono perciò essere vietati quando la Banca limiti ad essi la propria attività.

ART. 46. AUTORIZZAZIONE PER CONTRARRE PRESTITI L'autorizzazione a contrarre prestiti e ad assumere partecipazioni finanziarie fuori del Regno di cui al Regio decreto 11 settembre 1919, n. 1674, come pure l'autorizzazione a collocare nel Regno titoli esteri di Stato, nonché , obbligazioni e valori azionari di qualsiasi specie di cui al Regio decreto 11 dicembre 1917, n. 1955, sono concesse sentito il parere dell'Ispettorato.

Fine del Titolo VI


** Per valutare la lira del 1936, in termini di euro attuale, un elemento è che il volumetto (81 pagine) che contenne la legge bancaria e leggi collegate, fu messo in vendita a Lire 8. Oggi questo stesso volumetto costerebbe non meno di € 16 (£ 30.980 al cambio ufficiale di £ 1936,27 del 2001, oppure a £ 16.000 al cambio “vero” di £ 1000 per 1 €).

[1] Vedi il Regio decreto-legge 7 settembre 1926, n. 1511, a pag. 127.

[2] Gli articoli 9, 10 e 11 del Regio decreto-legge 7 ottobre 1923, n. 2283, sugli Assegni circolari, dispongono:

ART. 9. - Potranno essere autorizzati ad emettere assegni circolari gli Istituti ordinari e cooperative di credito, le Casse di risparmio ed i Monti di Pietà i quali abbiano regolarmente pubblicato almeno due bilanci annuali ed abbiano non meno di dieci milioni tra capitale e riserva legale esistenti secondo l'ultimo bilancio pubblicato. Tale limite non si applica alle Casse ordinarie di risparmio e a i Monti di Pietà, e può essere derogato, ove concorrano circostanze speciali, con provvedimento del Ministero delle finanze di con- certo con quello dell'economia nazionale per gli Istituti che alla data del presente decreto siano già autorizzati ad emettere assegni circolari. Gli Istituti che alla data di entrata in vigore del presente decreto già emettevano assegni circolari dovranno entro un mese dalla stessa data presentare domanda al Ministero delle finanze il quale di concerto con quello dell'educazione nazionale potrà auto- rizzarli a continuare la emissione ai termini delle disposizioni del presente decreto.

ART. 10. - Gli Istituti ordinari e cooperativi di credito, le Casse di risparmio, e i Monti di Pietà che intendano iniziare la emissione di assegni circolari dovranno fame domanda al Ministero delle finanze il quale di concerto con quello dell'economia nazionale, concederà o negherà con decisione insindacabile entro 45 giorni dalla domanda la chiesta autorizzazione.

ART. 11. - A garanzia di titoli emessi, gli Istituti di cui agli articoli 9 e 10 dovranno depositare entro i primi 15 giorni di ciascun bimestre presso uno degli Istituti di emissione, i buoni del Tesoro o in altri titoli di Stato, nella forma e nei modi che saranno stabiliti dal Ministero delle finanze di concerto con quello dell'economia nazionale una somma pari al 40 per cento della circolazione inedia del bimestre precedente.  Per il primo bimestre il deposito dovrà essere eguale al 10 per cento del capitale e della riserva indicati nell'articolo 9 -del presente decreto con un massimo di due milioni.

Ove gli assegni circolari emessi e non estinti da ciascun Istituto superino l'ammontare del capitale e della riserva legale risultanti dall'ultimo bilancio, l'eccedenza di circolazione dovrà essere coperta con deposito di titoli come dal comma presente articolo nella proporzione del cento per cento.

 

 

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Avvertenza.
Nelle cinque fotocopie, qui di seguito riportate, ho cancellato tutti i riferimenti al regime politico del tempo, compresi gli anni di regime, perché li ho considerati non pertinenti con la legge.

 

EDIZIONI   PRECEDENTI

In margine ai propositi del Presidente MONTI, per la crescita economica

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Nino Luciani*,

Per la crescita, il   rilancio degli investimenti  e la lotta  mediatica all'evasione fiscale non sono tra loro conciliabili.
Scoperchiamo anche  la "furberia" dello Stato in questa "lotta" !

Priorità alle de-statalizzazioni , più che alle "liberalizzazioni"  !

* Professore Ordinario di scienza delle finanze

POI,  DOPO IL DECLASSAMENTO DELL'ITALIA IN CLASSE BBB' ,
riproporrei alcuni punti ( di precedenti edizioni), volti ad affrontare i mercati in modo più puntuale :

1) Abolire l'imposta sugli interessi dei BTp,  perchè sono una  partita di giro, trasferita** sulla spesa dello Stato e,
   dunque, l'abolizione sarà compensata da corrispondente minor spesa dello Stato;
2) Inventare un "ombrello fiscale" per i titoli di Stato, in attesa che la BCE possa fare da
   prestatore di ultima istanza. Clicca su ombrello;
3) ripristinare elementi della legge bancaria del 1936, abolita per introdurre la banca universale nel 1993
.
    (Quella distinzione, nel 1936, fra banche a breve e banche a medio-lungo termine è ancora importante...).
.
Nota. L'azione della BCE sul mercato secondario pare navigare a vista. Serve un criterio preciso, che potrebbe essere l'immissione di liquidità fino svalutare l'€ del 30%. Un cambio $/€=1:1 avrebbe l'effetto, sia di aprire alle esportazioni (unico strumento di pronta efficacia per la crescita), sia di smorzare la pressione estera sul mercato dei titoli italiani, considerato che il 50% dei Buoni italiani sta presso proprietari esteri.
_____________________________________________________
** La traslazione avviene perchè il sottoscrittore di BTp guarda al rendimento netto da imposta. Pertanto se, sul mercato (internazionale o interno) il tasso di rendimento netto fosse, poniamo 5%, il Tesoro dovrà dare al sottoscrittore un rendimento lordo tale che, al netto da imposta, percepisca comunque 5% netto. Ad es., se l'imposta è 12,50%, il rendimento lordo dei BUONI dovrà essere  r = 0,05 / (1-0,125) = 5,7143%. Infatti, togliendo a 5,7143% il 12,5%, rimane 5% netto.

Nino Luciani, Per la crescita, il  rilancio degli investimenti  ...

1.- Lotta all'evasione fiscale ? Nel pieno del dibattito, di queste settimane, sulla fiscalità a oltranza per salvare l'Italia dal fallimento finanziario, il problema dell'evasione fiscale (vale dire, il problema di indurre tutti a fare la loro parte di sacrificio, e che uno non paghi per un altro) ha assunto una drammaticità inusuale.
    Lo comprendo, pur con qualche distinguo, che dirò più avanti.   Ma, prima, va inquadrato il problema:
   a) L'imposta non è grandine che cade sui raccolti e li distrugge (parole di L. Einaudi). La ragione fondamentale dell'alta pressione fiscale in Italia sta nella scelta (a suo tempo) di dotare la nostra gente dei servizi sociali e delle infrastrutture fondamentali per una vita civile e umana decorosa, uniformemente nel Paese. Se non vogliamo pagare tasse, dobbiamo anche voler tagliare lo "lo Stato sociale". E' un problema di scelta.
   In questa fase, c'è poi il problema di sostenere la domanda sul mercato, e non è il momento per tagliare la spesa pubblica, salvo che per gli sprechi evidenti. Riprendo questo discorso più avanti.
   b) Pagare tutti per pagare di meno ? In una fase in cui sono chiesti grandi sacrifici, è abbastanza odioso che ci sia chi si sottrae alla sua parte di sacrificio. Tuttavia, il punto caldo è se davvero c'è l'evasore totale, e se è il momento di calcare la mano.
   Pongo sul tavolo tre affermazioni del Governatore della Banca d'Italia, seguite a ruota nel giro di pochi giorni, perchè mi sembrano tra loro inconciliabili, e meno che meno conciliabili con l'obiettivo di rilanciare la crescita e l'occupazione.
  1) Occorre colpire l'evasione fiscale;
  2) la pressione fiscale è al 45,5% del PIL.
  3) due imprese su tre sono in difficoltà.
     Circa il punto 1), osservo che in Italia (per la tassazione diretta) l'imponibile è, di norma,  il "reddito prodotto", la cui fetta imprenditoriale (i profitti) non è quantificabile con esattezza, dovendo essere definito al netto dei fattori di rischio. Neppure l'imprenditore sa esattamente quant'è il suo reddito "effettivo", di anno in anno. E proprio negli errori di calcolo sta una spiegazione del fallimento di parte delle imprese.
   Circa il punto 2), osservo che il fatto oggettivo, che il gettito fiscale è il 45% del PIL, mostra (in prima approssimazione) che, nel complesso, il sistema fiscale "tiene", perchè quello che scappa da determinate imposte è recuperato con le altre. Mi allargo: l'evasione che c'è è quella fisiologica, la cui soglia va abbassata, mediante l'efficienza dei controlli burocratici e il miglioramento dell'educazione civica (no agli scandali mediatici !) .
   Non solo questo: l'evasione è anche una conseguenza di certa "furberia" dello Stato. Nel 1992 (è l'anno della precedente grande crisi italiana, Governo Amato, che svalutò la lira) la pressione fiscale era arrivata al 39% del PIL e anche allora c'era la lotta all'evasione ( "pagare tutti, per pagare meno" ).
   Invece si è passati all'attuale 45,5% del PIL (dall'allora 39% del PIL ). Dunque il maggiore introito non è stato usato per abbassare le aliquote per i paganti.
   Sono convinto che anche il recupero degli ultimi evasori non sarà bilanciato dall'abbassamento delle aliquote e che, anzi, di questo passo si arriverà alla pressione fiscale al 60% del PIL.
   E siccome abbiamo anche un problema di rilancio della crescita, mi domando perchè, adesso, questa accentuazione della "lotta all'evasione" .... Ma vediamo meglio.

 2. Le vie per incoraggiare gli investimenti. In questa fase, due imprese su tre sono in difficoltà (parola di Governatore della B.d' I. ). La prima regola è restituire ottimismo al mercato, riportandolo a stabilità.
   Se non ci fossero problemi di bilancio dello Stato e una pressione fiscale al 45% del PIL, lo strumento tipico per la crescita "dovrebbe essere" la spesa pubblica aggiuntiva (parola di Keynes).
    Dato questo limite, dobbiamo incentivare gli investimenti, in modo alternativo. Sappiamo che le imprese finanziano gli investimenti tramite i profitti (altra parola di Keynes). Ma se, oggi, 2 imprese su 3 sono in difficoltà, evidentemente non ci sono profitti. Come incentivare gli investimenti ?
  a) Uso di strumenti fiscali selettivi. L'alternativa alla spesa pubblica è lo strumento fiscale. Due le vie:
   - defiscalizzare i profitti reinvestiti (lo sgravio fiscale si dovrebbe autofinanziare, nel tempo, grazie alla relativa maggiore produzione);
   - tassare i redditi medio-alti, perchè con relativa alta propensione al risparmio, per dirottare il gettito verso il finanziamento delle opere pubbliche (per creare occupazione) e per il sostegno diretto dei poveri. Questo il Governo Monti l'ha fatto sotto forma di tassazione patrimoniale.
    - cessare immediatamente gli anatemi mediatici contro l'evasione fiscale, perchè producono danni oltre il recinto: nel senso che gli imprenditori, sotto tiro pregiudiziale, si sentono sviliti a intraprendere.
   
   b) La priorità è per "Meno Stato e più Mercato", più che per le "liberalizzazioni". (A parte che il Governo Monti ha poco tempo davanti e che, se mette troppa carne sul fuoco, rischia di cadere di suo), il fatto che la gente comune abbia percepito la manovra fiscale di MONTI come prevalente penosità rivela probabilmente che la popolazione non "apprezza" i servizi sociali, e che probabilmente ci troviamo nel tratto discendente della curva di Laffer.
    Al tempo stesso, non si può negare che la scuola pubblica sia scadente, che per una visita specialistica o per una radiografia occorre fare lunghe file di attesa ..., che la giustizia statale non ci sia . Ed è' un fatto, che le imprese pubbliche offrono beni e servizi scadenti e generano disavanzi ....Negli anni '70-'80 le cose andavano meglio.
   Dunque, lo Stato sociale e lo Stato imprenditore andrebbero ridimensionati o ripensati organizzativamente.
   La tematica della transizione dallo Stato al Mercato non è nuova in Italia. Essa si impose all'attenzione generale nei  primi anni ' 90, in coincidenza con la caduta dell'Unione Sovietica. Si percepì che le cause della crisi economica italiana (del '92) derivavano dal grado di statalizzazione dell'economia italiana (pro-quota statalizzazione: URSS 100%, Italia 60%).   Anzi, diciamo che la transizione dell'Italia dallo Stato al Mercato sarebbe dovuta essere la missione storica dell'allora astro Berlusconi. Rinvio ad un  mio intervento del 1993 (clicca su: I problemi della transizione), in una conferenza pubblica a Saint Vincent.  
   Verso le privatizzazioni delle imprese pubbliche, in Italia, qualcosa è stato fatto (ad es., nel sistema bancario; altro es., l'ENEL  è rimasto un monopolio, ma sotto il 50% del suo capitale azionario, Alitalia... ). Ma rimane molto altro da fare, come è stato rimarcato dall'ultimo rapporto (giugno 2011) di CATRICALA', allora Presidente dell'Antitrust ed ora SottoSegretario alla Presidenza del Consiglio.
  c) OK anche alle liberalizzazioni, ma se il Governo MONTI avesse più tempo davanti... Nell'agenda del Governo MONTI, le cosiddette "liberalizzazioni" sembrano prospettate come un "feticcio" liberatorio delle nostre rigidità.
   Il problema sotteso è quello di far funzionare correttamente l'economia di mercato, diciamo meglio, la concorrenza tra le imprese (a vantaggio dell'abbassamento dei prezzi al consumo).
   E' al tempo stesso sotto gli occhi di tutti (si pensi ai Grandi magazzini, ai Supermercati) che la via per l'efficienza sta invece in una transizione verso i monopoli (parola di Schumpeter) e magari fermandosi un attimo prima, perchè rimanga comunque una concorrenza, sia pur tra quasi-monopoli).
   Nel campo del "mercato del lavoro", certe questioni come la "licenziabilità per giusta causa" è solo una questione di civiltà. La pregiudiziale è che l'uomo non è una merce, poi verrà l'aspetto economico. Lo stesso si convenne, a suo tempo, con l'abolizione della schiavitù.
   Farei altre distinzioni. Ad es., nel caso dei tassisti, più che picchiarli, serve condizionarli facendo funzionare gli autobus e le metropolitane della città e del loro interland. Nel caso delle Ferrovie dello Stato, il maggior contrasto del traffico automobilistico stradale cominciò, a suo tempo, con gli Intercity, vale dire col miglioramento della qualità del servizio ferroviario. Infatti, prima, pur praticando prezzi bassi, il servizio vedeva i clienti passare alla automobile, più costosa.
    Le liberalizzazioni "troppo concentrate" nel tempo, spero non sanino la malattia, facendo il morto. NINO LUCIANI  

 

        Anno 2014
       Direttore Responsabile del Foglio Indipendente on line: Prof. Nino Luciani  
          UNIVERSITAS Notizie - Organo del SUN - SINDACATO UNIVERSITARIO NAZIONALE on Line - SEDE IN BOLOGNA
           MEMBRO  delle OO.UU.DD: ADU,ANDU, APU,CISAL-Università, CISL-Università,  CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL, SNALS-Università, SUN, UILPA-UR, UGL

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