Convegno a Bologna sul cattolicesimo politico: per la riforma dei partiti in Italia. Sul finanziamento pubblico e una magistratura speciale per i partiti..
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UNIVERSITAS  News

Foglio on line sull'università, fondato nel 2004, con  Forum di politica generale.
Sede in Bologna, via Titta Ruffo 7- Tel  347 9470152 - nino.luciani@libero.it

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PROF. NINO LUCIANI * - Direttore responsabile

* Professore Ordinario di Scienza delle Finanze, Università
Breve curriculum vitae

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Nino Luciani

http://amsacta.unibo.it/

Comité de Patronage: F. Bonsignori, A.De Pa, Elena Ferracini, Dario Fertilio, Enrico Lorenzini, Nino Luciani, Bruno Lunelli, Marco Merafina, Franco Sandrolini

PAESI VISITATORI nel 2015, n. 55 : Algeria - Angola - Argentina - Australia - Belarus - Benin - Brazil - Canada - Chile - China - Colombia - Costa Rica - Ecuador Egypt - France - Georgia - Germany - Guatemala - Hungary - Iceland - Iran - Israel - Italy - Japan - Kazakstan - Korea, Republic of Libyan Arab - Mexico - Morocco - New Zealand - Nicaragua - Nigeria - Pakistan - Panama - Peru - Poland - Romania - Russian Federation - Saudi Arabia - Senegal - South Africa - Spain - Switzerland - Tanzania - Thailand - Tunisia - Turkey - Ukraine - United Arab Emirates - United Kingdom - United States - Uruguay - Venezuela - Vietnam - Zambia

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Progetto
di nuova UE

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La curva di Pareto della distribuzione
dei redditi

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INCONTRO alla ACCADEMIA DELLE SCIENZE

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Convegno sul cattolicesimo politico: per riforma dei partiti in Italia

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Luciani, La possibile BASE POLITICA
ED ECONOMICA per una
NUOVA UNIONE EUROPEA.
Cosa disse MACRON alla SORBONA

(università di Parigi)
 

Dalla distribuzione
dei redditi risulta che il grosso della materia imponibile è compresa tra 20.000 e 70.000 €

DEMOCRAZIA DIRETTA

Prof. Mauro Fabrizio, " Se esaminiamo la disputa fra Galileo e gli inquisitori solo sul piano scientifico, bisogna partire dall’osservazione che le motivazioni che hanno.portato al caso Ga.

 

Alberto Alessi, AVE GIULIO.
Romanzo Breve:

Alessi commenta Andreotti
giunto all' aldiilà

AVE GIULIO, ROMANZO BREVE

1) L. Goriup, Partiti e Dottrina sociale chiesa cattolica;
2) G. Rossi, Lo scudo crociato nella comunicazione politica;
3) N. Luciani, Motivazioni dei partiti tra buon governo e affari.

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Rubrica Speciale

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Codice Gonella 1982-it , Codice etico vol uno-it, Codice etico vol due-it , codice etico vol uno-english - Seconda università a Bologna (scuola politica ?)

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Scritti scelti in: http://amsacta.unibo.it/ , ManifestoCETO MEDIO -  Prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca su Tribunale di Perugia - curia romana - Congresso DC, grexit, inflazione, codice etico - I, codice etico - II

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EDIZIONI PRECEDENTI

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Guido Possa


RISULTATI 
Conferenza nazionale di Bologna, 12 feb 2010

Università verso la riforma

Discussione del Disegno di Legge Delega (n.1905, Senato),

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Valentina Aprea

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Enrico Decleva


Il risultato principale della Conferenza è stato
l'impegno pubblico, davanti all'Università, preso dai Presidenti

G. Possa e V. Aprea e dal Sen. Prof.G. Quagliariello, di tener
conto delle proposte dei Sindacati, nel fare la legge di riforma"

Proposto da Nino Luciani un nuovo sistema finanziario delle
università, con entrate proprie, e con un nuovo meccanismo
per la tutela del diritto allo studio (art. 34 Costituzione)

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Gaetano Quagliariello

I testi, pervenuti, tra gli interventi effettuati.
Clicca, rispettivamente, su: Dammacco, Luciani, Marcato, Merafina, Miraglia, Quagliariello, Sergi

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Nino Dammacco

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Nino Luciani

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P.Stefano Marcato

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Marco Merafina

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Nunzio Miraglia

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G. Quagliariello

sergi-sergio.jpg (8805 byte) Sergio Sergi

Per rivedere il programma dei lavori, clicca su "Organizzazione"

Resoconto in breve

 Gli obiettivi della Conferenza erano:
a)  realizzare un "faccia a faccia" tra  Sindacati Nazionali e Governo, sul DDL Gelmini per la riforma universitaria ;
b)  capire l'efficacia del DDL nel modificare il reclutamento, diritto allo studio, governance e sistema finanziario;
c)  affacciare una proposta di autonomia finanziaria delle università, con entrate proprie, da cui far discendere una

     una impostazione di "stato giuridico" dei docenti e di "governance", più libera da vincoli specifici di bilancio.


                                                                                                         Resoconto
1.- La ricerca di un contatto diretto tra Sindacati e Governo era stato cercato a lungo, durante il 2009, ma il contatto era risultato impossibile, per varie ragioni, non ultima (presumibile) l'isolamento in cui era stata tenuta la Ministra GELMINI, durante il lavoro preparatorio, da non ben precisate parti, genericamente riconducibili a Confindustria.
  La cosa ha preso una svolta nel momento in cui ha avuto luogo un contatto col Sen. Prof. Gaetano Quagliariello, tramite il Sen. Dr. Massimo Palmizio, di Bologna, che gli ha prospettato la questione.
  L'azione, molto determinata del Sen. G. Quagliariello, professore universitario e VicePresidente Vicario del Gruppo PDL in Senato, ha ottenuto la presenza dei Presidenti delle due Commissioni VIIe di Camera e Senato, Sen. Ing. Guido Possa, On. Prof. Valentina Aprea, e di alcuni Membri delle Commissioni VIIe (E. Barbieri, F. Garagnani, G. Mazzuca), a cui si aggiunta l'On.A.M. Bernini (prof. Associato del nostro Ateneo) della Commissione Affari Costituzionali.
  I Sindacati, presenti al completo, hanno potuto esporre le loro osservazioni e proposte innovative al DDL, ed i Presidenti li hanno ascoltato, dal primo all'ultimo (sette interventi, ognuno di un quarto d'ora), per poi concludere con alcune prime risposte e con l'impegno della loro piena disponibilità a tenerne conto nel seguito del procedimento parlamentare di  approvazione del DDL.
   Direi che la sostanza dei risultati stia qui: vale dire in detto impegno, pubblicamente all'università di Bologna.
   La disponibilità dei Presidenti è stata, infine, confermata da un "intervento finale" del Prof. Quagliariello, che ci ha poi inviato un testo scritto, che pubblichiamo quale "tocco" riassuntivo della Conferenza.

   Sia chiaro che si è trattato di una partenza, e inoltre che tra "il dire e il fare c'è di mezzo il mare".

2.- Per inciso, la Conferenza è stata organizzata dalla Fondazione Magna Carta e dal Foglio On Line "Universitas News".

   Per decisione del nostro Rettore Prof. Ivano Dionigi, l'Ateneo ha reso disponibile gratuitamente un'ampia Aula.
   La partecipazione dei professori è stata soddisfacente, ma non massima. Valgano alcuni numeri: l'aula (360 posti) era, grosso modo, occupata per  il 60% dei posti.

  Alla Conferenza hanno partecipato il Presidente della CRUI, prof. De Cleva e il nostro Rettore prof. Ivano Dionigi, entrambi con un intervento.
  Abbiamo ricevuto, dai Colleghi, delle dichiarazioni, anche scritte, di piena soddisfazione per la chiarezza delle esposizioni e per l'autorevolezza dei partecipanti e dei relatori (G. De Vergottini, G. Israel, G.Ghetti).
  Ci sono pervenuti alcuni interventi scritti, che pubblichiamo in originale, senza commento.

 
3.- Ultimo, ma non ultimo. Pur col successo personale, fuori di discussione, di Quagliariello (che ci ha portato persone significative del Senato e della Camera, e il Presidente della CRUI), egli non è riuscito a trascinare la Ministra (peraltro in stato avanzato di gravidanza, ed alla quale facciamo i migliori auguri), ma neppure un suo Rappresentante.
  Noi abbiamo in mente il motivo, pur senza prove ma che è sulla bocca di molti: la Ministra è attorniata da persone che temono stravolgimenti del loro disegno reazionario, stravolgimenti che avrebbero luogo, se si dà spazio ai Sindacati. Ne prendiamo atto, e la finiamo lì, fiduciosi nei margini di libertà da lei dati ultimamente al Senato (clicca su: .....).

Luciani, Marcato, Merafina, Miraglia, Quagliariello, Sergi

GAETANO DAMMACCO, CISL-Università, La riforma universitaria: occasione di innovazione democratica

   1- Desidero preliminarmente ringraziare la Fondazione Magna Carta e gli organizzatori di questo qualificato convegno sia perché l'iniziativa si svolge in un momento cruciale del percorso parlamentare sia perché hanno consentito di realizzare in un contesto universitario e con i protagonisti della vita universitaria un momento di riflessione sul percorso di cambiamento in atto. Infatti, se si deve condividere, apprezzandola, la scelta del Ministro di trasferire al Parlamento la competenza a discutere della riforma, scelta rispettosa dei ruoli istituzionali, non si può nascondere la perplessità che deriva dai vuoti di consultazione delle parti sociali, cui ha fatto da contrappunto l'intensa consultazione ministeriale della CRUI. Del resto, proprio la parte della governance, contenuta nel ddl 1905 in discussione presso la Commissione VII del Senato, mostra i segni evidenti della propensione ad accettare alcune delle idee della Conferenza dei Rettori.
   E' importante che si discuta nelle università di questa nuova riforma, parallelamente alla discussione nelle sedi parlamentari almeno per due ordini di ragioni. Il Ministro ha presentato il ddl sull'università come una riforma di sistema e non si può non convenire che dopo il famoso decreto 382 del 1980, applicativo della legge 80/1980, ormai si avvertiva la indilazionabile necessità di intervenire non con provvedimenti raccogliticci, ma in modo più organico al fine di restituire al sistema universitario una dignità rinnovata: era necessario rifare il vestito all'università! Proprio questa considerazione induce a ritenere che una più efficace riforma di un sistema non può essere fatta senza il coinvolgimento di tutte le parti del sistema, altrimenti si finisce per disegnare un modello deforme che invece di risolvere i problemi ne crea di nuovi. Dunque, il coinvolgimento corresponsabile di tutte le componenti del sistema risponde alla democratica esigenza di porre mano a un progetto che non veda le università come mere destinatarie di interventi legislativi, come è avvenuto nel corso degli ultimi venti anni, ma come soggetto partecipe di un disegno di cambiamento. La seconda ragione, in qualche modo conseguenza della prima, sta nel fatto che se, come ha più volte affermato la Ministro, si intende innovare e non fare solo del semplice riformismo, è opportuno ascoltare tutte le parti del sistema universitario e valutare i suggerimenti che da esse provengono, frutto non di una visione preconcetta, come spesso si è immaginato, quanto piuttosto dalla necessità di costruire un modello di università trasparente, efficiente e senza i fantasmi del passato. Su questo punto è importante chiarire questo equivoco: la maggior parte dei docenti universitari (e sicuramente quelli rappresentati dalla Cisl Università) avverte la gravità della situazione in cui versano le università italiane e non intende lasciarsi trascinare in inutili controversie ideologiche. L'intento vero è quello di favorire il cambiamento e di esserne, in qualche modo, partecipi. Per questo, quando le posizioni della Crui si presentano come espressione di interessi di una sorta di categoria dei Rettori (come se fossero estranei al contesto universitario e portatori di interessi propri) non possono essere prese in considerazione. Per questo, non si comprende il perché la Ministro ha trattato in modo differente la Crui e le parti sociali, dando loro una diversa credibilità.

   2-Il sistema universitario italiano (di cui fanno parte sia le Università Statali sia quelle Libere) deve restare un sistema pubblico, sebbene occorra migliorarne l'efficienza individuando gli assetti fondamentali che debbono essere innovati, utilizzando meccanismi mutuati da sistemi privatistici. Non si deve dimenticare che le Università sono organizzazioni complesse, che si sono sempre presentate come comunità di studio e di ricerca e non come aziende. In questo senso esse devono essere qualificate come sede prioritaria della didattica e della ricerca e, dunque, va modificata la formula adottata nell'art. 1 del ddl, che può indurre a ritenere l'esistenza di una impropria competizione tra sistema universitario statale e sistema universitario non statale. La competizione tra le singole università deve muovere dalle risposte specifiche, in tema di offerta didattica e di ricerca scientifica, che le singole sedi sono in grado di dare rispetto alle esigenze del territorio a partire dalla comune condizione e dalla comune missione.
    Tuttavia, ma per svolgere al meglio questa missione, fondamentale e strategico per il progresso del Paese, il sistema universitario pubblico (che giova ricordare essere tra i primi al mondo per qualità e fruibilità da parte dei ceti meno abbienti) deve essere finanziato in misura adeguata e coerente con il progetto europeo di Lisbona del 2000 che "vede l'Università come Istituzione centrale per l'Europa della conoscenza".

   3-Inoltre, il rinnovo del sistema universitario, nel quadro della missione delineata, non può prescindere dall'esercizio di una autonomia responsabile, qualificando meglio la previsione della legge 168/1989 e del dettato costituzionale che tutela l'insegnamento e la ricerca scientifica. La disciplina della governance presente nel ddl insiste giustamente sul principio della responsabilità, che viene anche invocata con specifico riferimento alla capacità di gestire in modo trasparente il bilancio. Ma risulta fortemente indebolita dallo squilibrio previsto nella distribuzione dei poteri. I troppi poteri previsti per i Rettori e per il Consiglio di Amministrazione, con il contestuale indebolimento del Senato accademico, al quale sono attribuiti in sostanza compiti di consulenza, disegnano nel ddl un meccanismo di de-responsabilizzazione e di inefficienza. Non è concentrando il potere nelle mani di un organo monocratico che si può raggiungere efficienza ed efficacia, nemmeno se si pensa di prevedere requisiti di managerialità. Il rettore non deve essere un manager, ma deve essere l'autorevole capo di una comunità accademica, il luogo della sintesi della comunità universitaria. In questa direzione si deve realizzare una governance semplificata con la quale distinguere i ruoli e le funzioni degli organi di governo della autonomia universitaria e per questo si deve snellire il testo del ddl e renderlo meno macchinoso, attribuendo agli Statuti lo spazio adeguato per l'esercizio dell'autonomia. La Governance, quindi, deve disciplinare l'autonomia del sistema universitario per disegnare un nuovo modello di governo degli Atenei in modo da garantire una gestione responsabile, efficiente e trasparente delle Istituzioni che non può essere rigida ed univoca ma che deve rendere possibili e praticabili più soluzioni, tutte coerenti con la logica unitaria del sistema ma differenziate in relazione alle diverse dimensioni, connotazioni, tipologie dei singoli Atenei. Il Modello di università deve essere pluralista e dinamico, aperto alla società civile e connesso alla società internazionale, capace di coniugare libertà ed autonomia delle attività formative e della ricerca con l'ottimizzazione delle gestioni finanziarie. Sembra che nel ddl l'università non sia concepita come università accademica, ma piuttosto come un soggetto senza identità precisa, ora azienda (quando ad esempio si prevede un consiglio di amministrazione con elementi esterni oppure un direttore generale) ora istituzione (quando si concepisce un senato accademico che si occupa solo della didattica). La mancanza di identità favorisce il rischio di una gestione frammentata e dispersiva delle risorse economiche e umane.

    4- Il tempo non consente di affrontare tutti i punti del ddl, sia quelli che presentano elementi di positività (anche al fine di migliorarne la previsione o la formulazione) sia di quelli che presentano punti di criticità, pertanto mi soffermerò su altri pochi punti. Il primo di questi riguarda i meccanismi concorsuali anche nella misura in cui sono congiunti alle procedure di accesso alla carriera. Il ddl introduce l'abilitazione nazionale come momento certificativo della esistenza di requisiti di professionalità e competenza scientifica. Tuttavia, prevede anche che vi siano concorsi gestiti dalle singole università con una procedura farraginosa e complicata, che non evita la riproduzione di quei fenomeni di degrado denunciati e di quegli accordi non sempre a beneficio dei migliori, che si vogliono eliminare (almeno secondo le intenzioni della Ministro). Occorre dire con molta chiarezza che oggi, in questa particolare congiuntura, l'unico concorso che può dare qualche garanzia di affidabilità deve restare a livello nazionale, gestito da una commissione nazionale sorteggiata tra i docenti dei singoli raggruppamenti scientifici. Se si vuole premiare merito e competenza si deve finalizzare il concorso solo ed esclusivamente alla verifica della esistenza di questi requisiti. Ne consegue che alle singole università resta solo la scelta tra gli abilitati e ciò può essere fatto con procedure molto semplici (anche di tipo cooptativo), che responsabilizzano le sedi rispetto alla acquisizione di risorse umane che potranno sostenere o non sostenere la valutazione nazionale dei singoli atenei. Inoltre, il concorso abilitativo nazionale deve responsabilizzare il corpo accademico appartenente ai singoli raggruppamenti al fine di scegliere i migliori e non i meglio segnalati. In tal modo il futuro dell'accademia non dipende da variabili esterne, ma proprio da tutti gli appartenenti, senza giustificazione alcune. Se, poi, qualcuno teme che vi possa essere una immissione numericamente sproporzionata di nuovi docenti nelle università italiane, può tranquillizzarsi, visto che nel giro dei prossimi cinque anni la popolazione docente universitaria, attualmente composta da circa 55 mila strutturati, si impoverirà per i pensionamenti di circa 20mila unità. Dunque, c'è spazio per i giovani, per coloro che hanno iniziato la carriera universitaria e per fare le cose in modo serio. Per questo il ddl deve essere modificato in questa direzione.

    5-In questa prospettiva, l'accesso alla carriera universitaria deve favorire la volontà e lo spirito di dedizione dei giovani, ma deve al contempo contenere elementi di certezza temporale e procedurale. In altri termini, chi sceglie di "avventurarsi" nella carriera universitaria deve sapere quanto tempo ha a disposizione per formarsi e per essere provato, quale percorso deve seguire, e a quali prove si deve sottoporre. Si può anche accettare l'introduzione del "ricercatore a tempo", purché si faccia chiarezza sui tempi e sui modi. Alla luce della esperienza attuale (non sempre del tutto infelice e improduttiva) si può immaginare un percorso segnato in linea dal dottorato di ricerca (o da un periodo formativo con assegno di ricerca) di tre anni, e da altri tre o sei anni di insegnamento quale ricercatore. Alla fine del periodo di nove anni l'università deve scegliere se investire ulteriormente sulla stessa persona oppure no. In questa linea un investimento, come quello previsto dal ddl, consistente nella chiamata nel ruolo degli associati del ricercatore che superi la abilitazione nazionale, frutto di una programmazione delle risorse economiche e umane, è un buon sistema.

   6-A tal proposito non si può non osservare che aver escluso gli attuali ricercatori (oltre un terzo della attuale docenza universitaria) da prospettive premiali di carriera costituisce un grave errore non solo per i giovani (si consideri che i vecchi ricercatori confermati oggi costituiscono meno di un terzo dell'intera categoria), ma anche per le stesse università. Si deve estendere il meccanismo di trasformazione del ruolo da ricercatore ad associato anche per gli attuali ricercatori confermati, che superino il giudizio di abilitazione nazionale. Inoltre, per costoro si deve pensare a un meccanismo semplificato, come potrebbe essere il decreto del rettore, considerando, tra l'altro, che questa operazione non comporta oneri economici. Non si può conservare la disparità esistente nell'attuale dd. Il ricercatore a tempo risulta privilegiato rispetto a quello confermato. Esiste una evidente disparità di trattamento contrastante con l'art. 3 della costituzione sotto due profili: a) persone appartenenti a uno stesso ruolo (quello dei ricercatori) e con identiche funzioni vengono trattate in modo diverso; b) la posizione di un soggetto precario è trattata meglio di quella di un soggetto che ha un rapporto stabile.

   7-Gli oneri economici costituiscono un punto dolente del ddl. Prendiamo atto che non se ne può trattare in sede di approvazione de ddl di riforma dell'università, tuttavia, con il presente ddl si può porre rimedio a una grave stortura (vera e propria rapina in danno delle singole sedi universitarie) perpetratasi nel corso degli ultimi interventi governativi, la "requisizione" del 50% del budget lasciato libero per turn over dei docenti universitari. Il budget che si libera deve restare alla stessa sede universitaria, vincolandolo alla programmazione e non al ripianamento di bilancio. In tal modo si incentiva la singola università a porre, maggior attenzione alla gestione delle proprie risorse economiche.

   8-Infine, la questione delle retribuzioni dei docenti. Si devono individuare forme di incentivazione e di punizione, trattando in modo differenziato anche dal punto di vista delle retribuzioni l'impegno dei docenti. Per questo, occorre che si preveda anche una retribuzione aggiuntiva di risultato. Anche il docente è una risorsa per la singola università e da un lato si deve incentivare la sua produttività, dall'altro si deve stimolare l'impegno delle singole sedi distribuire in modo ragionato risorse aggiuntive in modo che l'impegno del docente sia ulteriore fonte di acquisizione di ulteriori risorse per l'intero ateneo.

   9-La riforma del sistema universitario e non solo dei singoli punti è cosa non più rinviabile e , per questo, la Cisluniversità assicura nel modo più ampio e leale la propria collaborazione al miglioramento del ddl. Chiediamo la stessa lealtà nei soggetti a cui è affidato il compito di intervenire, nella consapevolezza della gravità del momento e del fatto che non si può più attendere la riforma delle università, a meno che non si voglia far perdere competitività e competenza al nostro sistema universitario, cosa certa se anche questa legislatura dovesse passare senza un intervento serio sul sistema universitario.

Dammacco, Marcato, Merafina, Miraglia, Quagliariello, Sergi

NINO LUCIANI, Per un nuovo sistema finanziario delle università, con entrate proprie, e con un nuovo meccanismo per la tutela del diritto allo studio (art. 34 Costituzione).

I.- PREMESSA
. Nell’ordinamento italiano vige il principio, solo ora in parte modificato dal c.d. federalismo fiscale, della finanza derivata, e cioè del trasferimento di fondi dallo Stato agli altri Enti: in un sistema siffatto manca la principale forma di autonomia, che è quella finanziaria, con la conseguenza che tutte le altre forme di autonomia concessa sono deboli.
E’ evidente che il sistema finanziario derivato condiziona molto la normativa su stato giuridico e governance. In questo senso è preliminare e fondamentale parlarne, perché una diversa impostazione (rispetto a quella centralistica in vigore, anzi accentuata nel DDL) potrebbe aprire ad una migliore impostazione dello stato giuridico e della governance, al meglio di tutto.
Attualmente il sistema finanziario è centralizzato (a parte una parziale autonomia di gestione locale). Infatti:
il FFO è a carico del bilancio dello Stato;
i contributi studenteschi non possono, in totale, superare il 20% del FFO.
Ci sono altri vincoli (per le spese di personale non può essere superato il 90% del FFO e altri vincoli ancora , sia pur indiretti:l’osservanza di una lungo elenco di "parametri di efficienza" per ottenere quote aggiuntive del FFO.
Nel complesso questo sistema finanziario è risultato difficile da governare dal centro, così da essere per anni un finanziamento a piè di lista, fino a indurre negli anni irrigidimenti vari dal MIUR (restrizioni alle assunzioni di personale, tagli finanziari indiscriminati).
Qui di seguito indico il nuovo sistema finanziario e subito di seguito do le motivazioni.

II.- PROPOSTA DI NUOVO SISTEMA FINANZIARIO DELLE UNIVERSITÀ E DEL DIRITTO ALLO STUDIO. Si prende a base l’art. 7 della Legge Ruberti 168/1989. Dopo gli adattamenti proposti (di seguito motivati), il nuovo sistema diviene:

1. Le entrate delle università sono costituite da:
a) trasferimenti dello Stato, determinate in base al costo standard per studente;
b) contributi obbligatori studenteschi, fissati dalle università agli stretti fini del pareggio del bilancio, in un orizzonte temporale triennale;
c) forme autonome di finanziamento, quali contributi volontari, proventi di attività, rendite, frutti e alienazioni del patrimonio, atti di liberalità e corrispettivi di contratti e convenzioni.
Questi finanziamenti sono fiscalmente deducibili come costi, ai fini delle imposte sul reddito.
I proventi derivanti da contratti di ricerca per conto terzi non sono essere sottoposti a trattenuta di alcun genere da parte delle università, salvo il recupero di costi vivi per l’uso di attrezzature universitarie da parte dei ricercatori.
d) a riguardo della lettera a), possono essere previste eccezioni per le università regionali di aree depresse, e tuttavia per orizzonti temporali non superiori a 10 anni.

2. Le somme non impegnate da ciascuna università nel corso dell'esercizio finanziario vanno ad incrementare le disponibilità dell'esercizio successivo, nel rispetto dei vincoli di destinazione previsti nelle lettere a), b) e c) del comma 2.

3. Le università possono contrarre mutui esclusivamente per le spese di investimento. In tale caso, il relativo onere complessivo annuo per interessi non può superare il 15 per cento delle entrate correnti.

4. Sono aboliti i parametri e indicatori, costruiti su base statistica, attualmente impiegati per il riparto del FFO tra le università. Essi vanno, invece, utilizzati dal Miur per verificare lo scostamento dei costi delle università rispetto ad indicatori standard.
Nei casi di scostamento, il Miur provvede ad una indagine per verificarne i motivi sotto il profilo economico-organizzativo, e provvedere di conseguenza ove necessario nell'interesse della Pubblica Amministrazione.

5. Sono soggetti al controllo di legittimità della Corte dei conti il bilancio preventivo e quello consuntivo, e i provvedimenti di nomina, promozione e cessazione dal servizio del personale.
Tali provvedimenti sono immediatamente esecutivi, fatta salva la sopravvenuta inefficacia a seguito di ricusazione del visto da parte della Corte dei conti. La Corte dei con
ti riferisce al Parlamento, con relazioni annuali sui bilanci preventivi e consuntivi.

6. Lo Stato finanzia in modo diretto gli studenti bisognosi e meritevoli, con apposito fondo presso il MIUR, con delega di gestione alle Regioni (o alle Università).
Il finanziamento degli studenti ha luogo con voucher (bonus università) a fondo perduto che gli studenti possono spendere per pagare i contributi studenteschi, e con borse di studio.

III.- MOTIVAZIONI
1.- Una premessa sul sistema attuale.
Il sistema attuale (finanziamento centrale derivato, accompagnato da una guida centrale a cui le Università debbono attenersi per "essere in regola" localmente) è molto simile a quello dei paesi a pianificazione centralizzata, sia pur circoscritto (qui) alla sola università.
Va chiarito che, nei sistemi a pianificazione centralizzata, è tipica la costruzione di parametri standard, a cui i dirigenti locali (meglio dire: i funzionari locali) sono tenuti per essere in regola ed essere finanziati. Sono chiamati "parametri di efficienza" e non potrebbero essere chiamati altrimenti, ma sono noti i fallimenti di quei sistemi, e questo a prescindere da giudizi sulle ragioni sociali che li hanno creati. Anche la Cina comunista li ha abbandonati, come regola (almeno ufficialmente), optando per un socialismo di mercato, vale dire per un sistema in cui, pur restando di proprietà dello Stato, le imprese sono regolate dal mercato e devono fare bilancio (pur senza "massimizzare un profitto").
Nel caso dell’Università, si tratta di parametri costruiti su dati statistici, che possono (al più) avere significato come misura di efficienza ex-post, ma non per l’efficacia futura. Vediamo alcuni motivi:
a) Un parametro è che le università che hanno studenti in regola con gli esami. Pertanto queste vanno premiate. Viste le cose ex-post, OK. Ma se promuovere serve ad ottenere soldi, d’ora in poi le università promuoveranno tutti, … ma questa non è più efficienza.
b) i dati statistici arrivano al MIUR con ritardo di qualche anno (alcuni, 4 anni) dalle università, perché i sistemi della statistica funzionano così. Ma allora, non ha senso premiare il futuro con dati statistici di anni addietro.
c) sotto un profilo logico nessun sistema centralizzato può funzionare localmente se anche gli organi decisionali non sono nominati direttamente dal Centro, a parte che il buon cammino delle istituzioni dipenderà sempre largamente dai piedi degli uomini a cui sono affidate.
In verità, il DDL lo ha percepito e vuole fare un direttore generale, in luogo di un Direttore Amministrativo (art. 7 lettera i), responsabilizzato su compiti strategici direttamente verso la legge e dunque, di fatto, verso il potere centrale. In modo coerente con questo indirizzo viene indebolito il sistema dei controlli degli organi rappresentativi locali: il CdA, 7-11 membri, diviene un organo esecutivo (invece adesso è un organo eletto dalla categorie universitarie), il Senato viene ridefinito in formato minus, rispetto alle tradizionali funzioni di indirizzo.
Ritengo che questa sia una soluzione contro natura, perché un direttore generale che risponde al centro è, in pratica, dualistico rispetto al rettore, che è eletto localmente, pur se formalmente hanno funzioni diverse.
Pertanto, alla fine, il problema di base è decidere se confermare l’autonomia universitaria, o tornare alla centralizzazione delle decisioni, amministrativa e gestionale. Penso che le soluzioni intermedie servano a confondere il senso delle cose.

2.- Le motivazioni dell’attuale sistema misto adottato dal DDL.
Questo (art. 1. c. 2) conferma nominalmente l’autonomia, ex-art. 33 della Costituzione. Ma, poi, incrementando il meccanismo dei controlli di bilancio (meccanismi premiali, ossia parametri di cui si è detto, revisione del sistema di contabilità, limitazioni delle spese per il personale, per indebitamento, …), va ad incrementare la centralizzazione, finendo per creare un sistema misto che crea e conflitti e deresponsabilizzazione, perchè l’un potere continuerà a scaricare le defaillances del sistema sull’altro, almeno in un sistema come quello attuale in cui la definizione dei costi industriali è lasciata nel limbo.

Occorre capire, a questo punto, perché è confermato l’attuale sistema misto. Una ragione c’è, ed è molto importante. Si tratta del fatto che l’università devono svolgere i compiti istituzionali (di ricerca e di conseguente didattica), ma anche fare socialità, garantendo il diritto allo studio. In questo senso si comprende bene perché le università devono essere messe sotto vigilanza, a parte che possono invocarsi altre ragioni.
Il diritto allo studio, come è noto, è oggi garantito con le seguenti modalità:
i contributi studenteschi non possono superare, in totale, il 20% del FFO;
dentro i contributi, gli studenti bisognosi e meritevoli devono avere sgravi totali o parziali;
le università sono chiamate a creare e salvaguardare sedi decentrate, in gran parte a loro carico diretto, e anche sulle spalle dei docenti, personalmente, perché a costo zero o quasi zero devono andare giornalmente a fare lezione nelle sedi decentrate.
Ci sono, poi, le borse di studio e altre forme

Tuttavia si può fare bilancio e fare socialità, solo se si dispone del potere fiscale, ma che rientra nei poteri dello Stato.
Mi sembra anche chiaro che, in caso di difficoltà finanziarie degli Atenei, è proprio questo diritto allo studio l’anello più debole, e quindi il primo a cedere.
E infatti, già oggi molte università superano il limite del 20% del FFO, per i contributi studenteschi.
Ed è un fatto che da qualche anno il numero delle immatricolazioni è in calo, e qui i primi a cadere sono gli studenti bisognosi.

3. Criterio di soluzione, proposto. Si propone di separare la socialità dai compiti delle università, e finanziare la socialità con apposito capitolo nel bilancio del MIUR o delle FINANZE, la cui gestione potrebbe essere delegata alle Università e, meglio, alle REGIONI.
Una volta che si faccia questo, si può attribuire alle università una normale autonomia finanziaria, come si fa per una azienda pubblica, sia pur di tipo particolare (e su questo torno in seguito).

Prima di continuare su questo punto, va fatto un passo indietro. Devo rilevare che il DDL contiene già i germi, da cui faccio discendere la mia proposta finale. Ma essi sono messi nell’elenco delle varie cose, anche di valenza opposta, e questo mi ha fatto pensare che, nel corso dell’elaborazione del testo, chi li ha proposti non sia riuscito ad imporsi.
Infatti, riguardo a questo punto, il DDL (art. 1 , c. 3) vuole "rimuovere gli ostacoli per gli studenti capaci e meritevoli anche se privi di mezzi". Sono parole riprese dall’art. 34, il più bello di tutta la nostra Costituzione, che infatti recita: "La scuola è aperta a tutti… I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso."
Non solo, il DDL torna sull’argomento con l’art. 4, ed istituisce il Fondo per merito. Tuttavia, lo fa con modalità che sembrano fare un passo indietro: si limita al "merito", tralasciando i "bisognosi", e vuole rimborsi dagli studenti, più tardi negli anni. Infatti questo fondo si affianca, non sostituisce il sistema attuale.
Lo rimarco perché il Sen. Valditara, Relatore del DDL, ha proposto in Senato che il Fondo per il merito si occupi non solo dei meritevoli, ma anche dei bisognosi meritevoli.

4.- Per un sistema finanziario basato sul criterio del beneficio. Riprendo il filo del discorso. Configurando le università come azienda pubbliche, il nuovo sistema finanziario verrebbe basato sul criterio del beneficio.
a) Presupposto è definire un costo standard per studente (sia pur con differenze tra facoltà umanistiche e scientifiche), come riferimento per quantificare il FFO. (Devo chiarire che anche questo concetto del costo standard già c’è nel DDL, art. 5 lettera l, ma vi si collega solo una parte del FFO)
Di questo costo standard, lo Stato (utente, a nome delle famiglie) potrebbe decidere di pagare il 100% o una quota (ad es. il 70%-80%. Dipende dalla politica dominante, di volta in volta).
b) Per il resto, ci saranno i contributi studenteschi, che le università fisseranno liberamente, per il pareggio del bilancio (dunque, non mirando a profitti, come farebbe un’impresa privata), in un orizzonte temporale pluriennale, per cui eventuali avanzi in dato anno vanno a ripianare lo sbilancio di altro anno. I contributi sono residuali e dunque sono poco o tanto, a seconda della quota di costo-standard per studente, coperta dallo Stato.
c) in parallelo, lo Stato finanzierebbe in modo diretto gli studenti bisognosi e meritevoli, con apposito fondo presso il MIUR, magari con delega di gestione alle università, meglio alle Regioni, con borse di studio o voucher (bonus studio) a fondo perduto, che gli studenti potranno usare per pagare i contributi studenteschi.

Nota. Questo sistema finanziario premia il merito delle università in modo automatico perché:
- se, come si usa, il costo standard è un valore medio, quelle efficienti hanno un costo per studente che è minore del costo standard (che è un valore medio) e dunque ricevono un premio. Le altre sono punite e sono stimolate a ritrovare un costo uguale a quello standard;
- gli studenti preferiscono le università migliori, e il voucher li facilita nella scelta (anche che nel senso che chi non ha mezzi, ha meno possibilità di scegliere).
Tuttavia, occorrerà fare delle eccezioni per le università delle aree depresse, ma non illimitatamente nel tempo.


Dammacco, Luciani, Merafina, Miraglia, Quagliariello, Sergi

PAOLO STEFANO MARCATO, USPUR

Osservazioni e proposte sul DDL 1905

  1. Alcune disposizioni appaiono lesive dell'autonomia degli Atenei (art. 33, comma 6 Costituzione) e pertanto di dubbia costituzionalità:   a) Potrebbe risultare incostituzionale l?intero disegno della governance, nelle norme in cui viene prospettato un Consiglio di amministrazione ove la presenza del corpo accademico non è garantita, e viene prospettato un Senato accademico dotato di mere funzioni consultive (per di più rese deboli e disorganiche dall?incompatibilità tra responsabile di struttura periferica e componente del Senato).    Si ritiene che le attribuzioni riconosciute dal D.D.L. al S.A. ne vanifichino le irrinunciabili competenze di organo di indirizzo strategico deputato a fissare le linee di sviluppo della didattica e della ricerca universitaria. Pertanto occorre aggiungere, in apertura (art. 2, comma 2 lett d) dopo le parole ?attribuzione al senato accademico? la frase: ?delle funzioni di indirizzo strategico?. Le stesse funzioni sono da togliere al CdA.   b) Potrebbe risultare incostituzionale l'art. 5 comma 3 (lett. e), nel momento in cui determina il limite massimo di incidenza delle spese per il personale non sul FFO (il che sarebbe legittimo, in quanto assegnato dal Ministero), ma sulle entrate complessive dell'Ateneo (il che invece comprime la possibilità di ricercare finanziamenti esterni e disporne nel modo ritenuto più opportuno).   c) Potrebbe risultare incostituzionale l?art. 9, commi 3-4, il quale, fissando rigide percentuali per il reclutamento, potrebbe altresì contrastare con il principio (art. 97) di buon andamento dell?amministrazione.

   2. Venendo meno il rapporto stabile tra Facoltà e Senato tramite il Preside, e venendo meno i compiti decisionali del Senato sull'organico (salva la verifica del C.d.A. sul piano economico) si creano problemi di non facile soluzione (anche perché la lett. p dell'art. 2 comma 2 proibisce, addirittura, anche ai componenti del Senato, pur depotenziato, di “ricoprire altri incarichi accademici”). Ciò, oltre che irrazionale, rende farraginosa e complessa la gestione dell'organico. Si prospetta un’irragionevolezza funzionale nella programmazione dell’organico. La soppressione delle Facoltà e dei corsi di laurea con la concentrazione dell’organizzazione esclusivamente sui dipartimenti è insensata. Delle due l’una: o il dipartimento è caratterizzato dal criterio dell’affinità scientifico - disciplinare, e allora non può assorbire le competenze della Facoltà e dei corsi di laurea, caratterizzati dalla presenza simultanea di tutti i SSD attraverso i quali lo studente procede e arriva alla laurea; oppure può contenere SSD non necessariamente affini e allora altro non è che una Facoltà.

3. L'abilitazione scientifica nazionale di primo livello (professore associato), non essendo a numero limitato, sarà probabilmente concessa a tutti i richiedenti che abbiano ottemperato alle condizioni formali (quantità di pubblicazioni) richieste per ottenerla (si pensi a ciò che capita oggi con riferimento alla conferma in ruolo di ricercatori a TIND). Si sottolinea la mancata indicazione di vie d'uscita per i ricercatori a tempo determinato che non abbiano conseguito tale abilitazione entro i sei anni (termine abbastanza breve). Per quanto riguarda la copertura dei posti messi a bando dai singoli Atenei, il fatto che la commissione sia tutta interna ai medesimi comporterà, salvo casi molto rari, la prevalenza del candidato “interno”, cosa in sé non irragionevole, ma che a questo punto avrebbe dovuto richiedere un vaglio più severo in sede nazionale.  Se si vuole sostituire il concorso nazionale con l’abilitazione nazionale, occorrerebbe renderla più seria limitandola al numero dei posti disponibili incrementato da una percentuale (poniamo, del 20%). In tal caso si potrebbe anche suggerire la chiamata diretta (superando la mistificazione del concorso locale, che in sostanza risulta una chiamata diretta mascherata).

   4. E’ impropria una serie di norme di delegittimazione dei docenti: per esempio, sul fronte dell’autonomia, l’eliminazione del momento elettivo ai fini delle commissioni giudicatrici; inoltre, l’eliminazione del ruolo gestionale del senato accademico (ove è bensì garantita la presenza dei docenti - presenza non garantita nel C.d.A. - ma in cui la funzione diviene meramente consultiva); infine, la depressione del regime giuridico - economico del docente (si pensi all’introduzione di un ulteriore parametro di monte ore; si pensi all’eliminazione dello scatto di anzianità, che cesserebbe di essere “certo” e diverrebbe “condizionato”; tutto ciò si badi, nel contesto di una situazione retributiva progressivamente deteriorata rispetto al precedente aggancio alla magistratura; magistratura che invece il potere politico si guarda bene dal toccare sul piano economico). Il passaggio dallo scatto di anzianità allo scatto di merito (si noti, ancora una volta, che i magistrati effettuano addirittura la progressione di carriera per “non demerito”) non ha carattere d’introduzione di premialità (rispetto al regime in atto) ma ha carattere sanzionatorio (per il non ottenimento della valutazione). Quanto alla premialità, tramite parte della retribuzione negoziata individualmente, o ci sono risorse oppure sembra più decoroso non parlarne. Valutazione e meccanismi premiali - La valutazione prevede incentivi economici solo nell’ambito delle risorse del FFO. E’ pertanto arduo ipotizzare che senza un aumento delle risorse ad hoc tali incentivi premiali possano raggiungere quel 30% del FFO che il ministro aveva annunciato, e che rappresenta il livello ottimale di efficienza ed efficacia di un meccanismo premiale incentivante.

    5. L’articolo 5. il quarto comma (lettera c) stabilisce che l’impegno, sia per i professori a tempo pieno sia per quelli a tempo definito, è quantificato in 1500 ore annue (con la sola differenziazione, tra tempo pieno e tempo definito, in termini di 350 e 250 ore per la didattica). Ma allora: se anche un professore a tempo definito ha il parametro delle 1500 ore, si dica chiaro che si vuole abolire il tempo definito.

  6.- Aumento della retribuzione iniziale dei ricercatori ottenuta riducendo fondi agli assegni di ricerca. Conseguenza: sottrazione di fondi per incentivare giovani alla ricerca a vantaggio di personale già in carriera.

  7. Particolarmente grave è la disposizione che limita la chiamata diretta nei posti di professore associato ai soli ricercatori a tempo determinato che conseguano l'idoneità, con l'esclusione dei ricercatori di ruolo che pure conseguono l'idoneità. Limitazione per la quale non appare una sufficiente giustificazione la circostanza (art. 9, comma 1) che soltanto per i primi si prevede la provvista finanziaria globale sin dall?indizione del reclutamento. Sicché siamo transitati, per quanto attiene ai ricercatori di ruolo, dalla tendenza, nel recente passato, all'ope legis (perseguita, come sappiamo, anche attraverso proposte legislative presentate nelle precedenti legislature), alla presente proposta che prevede un loro totale accantonamento.
   Riteniamo che tale norma, che porterebbe il ricercatore TD ad assumere un?impropria posizione di rilievo rispetto al ricercatore TIND, sia superflua e, quindi, se ne chiede la cancellazione. Per evitare, tuttavia, che nelle more delle procedure concorsuali (abilitazione e reclutamento) gli atenei perdano la collaborazione, se ritenuta valida, dei ricercatori a TD al termine del secondo contratto triennale, si propone una nuova norma che dia la possibilità agli atenei di mantenere in servizio i ricercatori TD in attesa che terminino le procedure concorsuali cui hanno preso parte.

  8. Rimanendo inalterato l?onere finanziario a carico della finanza pubblica, i possibili aumenti retributivi per alcuni soggetti non possono che avvenire tramite corrispondenti peggioramenti retributivi per altri soggetti: da qui il passaggio dallo scatto biennale allo scatto triennale, l?eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera, la non attribuzione dello scatto stipendiale ai docenti la cui relazione triennale non sarà giudicata ?idonea?. Conseguenze: i docenti e i ricercatori universitari sono discriminati in peggio rispetto a tutti gli altri pubblici impiegati. In sostanza, sarebbe disattesa per docenti e ricercatori universitari la normativa valida per tutto il pubblico impiego, che prevede inconfutabilmente scatti biennali e ricostruzione di carriera.

  9. Art 6. La disciplina dei crediti riconoscibili parte bene, riducendoli a 12 al massimo, ma finisce male perché prevede eventuali deroghe, e ciò svaluta la disciplina che com?è stata finora applicata ha avuto risvolti scandalosi.

  10. Un altro punto discutibile (ma probabilmente in Parlamento sarà modificato o eliminato) è l?imposizione di quote di docenti da assumere dall'esterno. Questo eccesso di dirigismo ?moralizzatore? (al posto di incentivi ad assumere i migliori esterni o interni che siano) è eccessivo per quegli atenei che hanno allievi da promuovere al di fuori di logiche di concorsopoli o parentopoli.

Dammacco, Luciani, Marcato, Miraglia, Quagliariello, Sergi

MARCO MERAFINA, CNRU - Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari

1.- La proposta del CNRU consiste nella richiesta di inquadramento alla seconda fascia docente per tutti quei ricercatori che hanno fatto didattica certificata dalle facoltà (anche diverse e/o di diversi Atenei) per almeno sei anni (in analogia con l'impegno richiesto ai ricercatori a tempo determinato nel DDL) e che mostrano di essere attivi nella ricerca superando i requisiti minimi scientifici già definiti dal CUN e diversificati per area scientifica.
  Questo riconoscimento del ruolo di professore che il CNRU richiede da tempo, potrà essere richiesto dal singolo ricercatore in possesso dei requisiti precedentemente indicati in cambio dell'inserimento in una nuova progressione economica che si propone di sostituire le attuali progressioni dei ricercatori e degli associati.
    Tale progressione è inizialmente, fino alla classe IX, la stessa di quella degli attuali ricercatori a tempo indeterminato (corrisponde alla progressione che va dalla classe V alla classe XIV) per poi proseguire, fino alla classe XIV, a livelli stipendiali sensibilmente superiori al valore massimo attualmente definito per i ricercatori.
   Per tutti coloro che non avranno maturato tali requisiti al momento dell'attuazione della presente proposta si potrà stabilire un periodo non inferiore a otto anni per la maturazione dei medesimi e la conseguente possibilità di inquadramento nel ruolo dei professori di seconda fascia. In questo modo si è inquadrati come professori di ruolo alla classe corrispondente al livello stipendiale raggiunto in quel momento con tutto ciò che la cosa comporta a livello di diritti accademici e di doveri, percependo uno stipendio con una progressione uguale a quella di un ricercatore fino alla classe IX e successivamente con un aumento della retribuzione oltre il limite massimo attualmente previsto (vedi curve).
   Tale progressione è a costo zero fino alla IX classe stipendiale mentre diventa successivamente onerosa.
2.  Tuttavia, essendo una progressione un po' più bassa di quella degli attuali associati, i maggiori oneri verrebbero compensati con i risparmi ottenuti dai futuri inquadramenti in II fascia previsti per i ricercatori a tempo determinato che utilizzerebbero questa nuova progressione.
    Questi risparmi potrebbero anche consentire l'introduzione di una progressione alternativa più conveniente per gli attuali ricercatori anche se più onerosa per lo Stato il quale comunque risparmierebbe dall'abolizione della vecchia progressione degli associati.
   Rimane da stabilire il trattamento dei colleghi che, in possesso dei requisiti, si trovano tra la classe III e la classe V dei ricercatori: per essi potrebbe essere possibile un inquadramento al livello 0 con un assegno ad personam fino alla maturazione del livello che gli consentirebbe di proseguire nella nuova curva stipendiale.
   In ogni caso sarebbe un guadagno per il ricercatore interessato (e un onere per lo Stato) da valutare rispetto ai risparmi ottenuti dall'introduzione della curva stessa.
3.-  Lo spirito della proposta è quello di cercare di dare un po' meno ma a molti che tutto il possibile a pochissimi (vista la scarsità di risorse), evitando di vanificare il tentativo di soluzione del problema del riconoscimento del ruolo docente svolto alla maggior parte dei colleghi. Inoltre, con questa soluzione, anche i più giovani saranno favoriti poiché, avendo la possibilità di superare la classe IX prima di andare in pensione, usufruiranno degli aumenti che portano lo stipendio massimo a circa 50 mila euro annui.
   L'inquadramento sarà a richiesta tra chi possiede i requisiti: chi non vorrà potrà restare ricercatore in attesa di un futuro inquadramento tramite concorso.
   In ogni caso la curva stipendiale sarà unica per tutti e così saranno superate le eccezioni di incostituzionalità da qualcuno sollevate. I ricercatori a tempo determinato, al termine dei sei anni di contratto, potranno essere inquadrati in II fascia con la progressione economica proposta che comunque al livello 0 parte come quella degli attuali professori associati ed è superiore al livello di retribuzione maturato per contratto.

Dammacco, Luciani, Marcato, Merafina, Quagliariello, Sergi

NUNZIO MIRAGLIA, ANDU

  "Il disegno di legge governativo sull'Università è voluto dai forti per i forti, per renderli ancora più forti.
Le oligarchie che hanno operato in questi anni negli Atenei e a livello nazionale vogliono ancor più gestire privatisticamente le risorse pubbliche per l'Università.
  Con il DDL governativo sull'Università si commissioneranno gli Atenei e il Sistema nazionale universitario. Ancora una volta il Parlamento è destinato a ratificare la volontà di un gruppo di potere che ha già imposto la controriforma del CUN, i finti concorsi locali, il "3 + 2".
  Già l'attuale Parlamento ha mostrato di non essere in grado di prendere decisioni autonome in occasione della questione della 'rottamazione dei ricercatori': ordini del giorno, emendamenti e pronunciamenti quasi unanimi che non sono però riusciti a portare alla decisone di eliminare una norma insensata e ingiusta.
  Il gruppo di potere che ha dominato e domina sull'Università italiana ha già mostrato la sua capacità di operare 'senza limiti' quando sono stati 'inventati' l'IIT di Genova, il SUM di Firenze e l'IMT di Lucca.
  Quale è il vero obiettivo del DDL governativo? E' certamente urgente intervenire per rimuovere negli Atenei l'assetto di potere che ha portato al loro dissesto.
  Un potere basato su un Senato Accademico incapace, per la presenza dei Presidi, di esprimere una gestione nell'interesse generale dell'Ateneo. Senati Accademici deboli che hanno dato spazio alla figura del rettore-padrone, dotato di un potere enorme e i cui risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Come interviene il DDL per eliminare questo stato di cose?
   Non certo riqualificando e responsabilizzando il Senato Accademico, costituendolo con tutti i componenti direttamente eletti (senza i presidi, quindi) e dotandolo di poteri reali di programmazione e controllo. Al contrario si sceglie di aumentare ulteriormente i poteri del Rettore, che diventa un sovrano assoluto, e assegnando ad esso e al 'suo' Consiglio di Amministrazione poteri immensi, tra cui quelli di bandire i concorsi e di decidere sui vincitori. Consigli di Amministrazione obbligatoriamente con membri esterni per riprodurre nelle Università il 'modello Asl' o, forse si potrà dire, il 'modello protezione civile'.
  Un'altra questione su cui è urgente intervenire è quella del nepotismo, dei finti concorsi locali che sono fonte anche di clientelismo. Il DDL, invece di superare il localismo, lo rafforza rendendo ancora più arbitraria la scelta dei vincitori dei concorsi.
   Da molti anni chiediamo, inascoltati, di 'allontanare' il più possibile le scelte concorsuali dai singoli 'maestri', con concorsi nazionali con commissioni composte solo per sorteggio, e chiediamo la sostituzione di tutte le attuali figure precarie con una sola figura pre-ruolo della durata massima di tre anni e con piena autonomia scientifica.
   C'è chi sostiene che la figura del ricercatore a tempo determinato sia la realizzazione di una tenure track rispetto alla fascia dei professori associati. In realtà essa si aggiunge alle attuali figure precarie, aumentando a dismisura il precariato, nella quantità e nella durata.
   Si fa finta di non accorgersi che la tenure track ad associato esiste già ed è quella dell'associato non confermato (lo stesso vale per il professore di prima fascia non confermato).
   Che l'obiettivo del DDL sia quello di imporre a tutti gli Atenei una gestione ancora più oligarchica di quella attuale lo dimostra il recente Statuto dell'Università di Camerino.
   In questo Statuto si è già adottato l'impianto gestionale al quale ora il DDL governativo vuole obbligare tutte le Università. Insomma la legge non è necessaria per consentire una scelta, ma per imporla. La CRUI ha una responsabilità enorme in tutto questo, avendo scelto di supportare un DDL che demolisce del tutto il Sistema nazionale delle Università. Anzi la CRUI, con il suo documento della primavera scorsa (votato all'unanimità), ha addirittura anticipato i contenuti del DDL governativo.
   Una CRUI che risulta compatta solo in tali occasioni, e si spezzetta invece in tante parti nelle altre (CRUI del Nord, CRUI del Sud, CRUI degli Istituti a statuto speciale, CRUI delle private).
   Per giustificare i cambiamenti imposti per commissariare di fatto gli Atenei, si sostiene che si tratti di misure necessarie per far fronte alla riduzione dei finanziamenti, come se i tagli all'Università fossero un dato naturale e non un scelta politica per demolirla alla quale è invece necessario opporsi con tutte le forze. Nunzio Miraglia - coordinatore nazionale dell'ANDU" .

Dammacco, Luciani, Marcato, Merafina, Miraglia, Sergi

GAETANO QUAGLIARIELLO, "Verso una riforma: come modernizzare il sistema universitario"
1.- La crisi dell'università
2.- La soluzione
3.- Il disegno di legge dell’ottobre 2009
4.- L'impianto della legge sembra ancora fondamentalmente dirigistico
5.- Verso quale direzione ?
6.- Più finanziamenti ?

  "1.- La crisi dell'università. La crisi dell’università non è una prerogativa italiana. Viene da lontano. Per lo meno dagli anni Sessanta, anche se negli ultimi decenni si è aggravata e ci si è allontanati dal trovarle una soluzione.
   a)  Andando dritti al nocciolo del problema, la si potrebbe considerare crisi di una istituzione tradizionale, in un mondo in veloce e profonda trasformazione. In Italia, questa situazione ha presentato delle aggravanti: ha dovuto scontare la complessiva debolezza istituzionale; si è confrontata con i vincoli di bilancio pubblico strettissimi; e ha subìto le conseguenze di un'azione di governo spesso di breve respiro, non fosse altro che a causa del rapido alternarsi delle compagini ministeriali.
   Il modello tradizionale di università aveva fra i suoi elementi fondanti la separatezza e la cooptazione: si trattava di un'istituzione che si autogovernava e autoperpetuava, e che, per questo, si teneva il più possibile al riparo da quel che accade nel mondo esterno.
    Oggi quel modello non è più perseguito. All’università si richiede di interagire col mondo esterno, di seguirne se non addirittura di anticiparne i cambiamenti, oltre che di esserne sottoposta al vaglio. Insomma, all'università si chiede di “stare sul mercato”. Separatezza e cooptazione sono principi che hanno perso legittimità. E questo mutamento si riflette nelle pressioni che ogni giorno sono esercitate sul docente universitario, al quale si richiede di essere al contempo didatta, ricercatore, manager attento alle esigenze del mercato, fund raiser, eccetera. E si riflette poi, a un livello meno nobile, sulla politica di comunicazione seguita da troppi atenei, intenta a promuovere il prodotto quasi si trattasse di una saponetta Camay. 
   b) Bisogna che l'università modifichi il suo paradigma, cedendo a queste spinte che vengono dall'esterno? A questo quesito risponderei, al tempo stesso, sì e no.

   - Sì perché il modello tradizionale, in primo luogo, era effettivamente in eccessiva disarmonia con il tempo presente. Esso, inoltre, consentiva che si aprissero troppe nicchie e sinecure. Sotto il manto della separatezza e della cooptazione, insomma, si celavano (e continuano a celarsi) pigrizie e clientelismi: meno forse di quanto non si pensi, ma certo in misura non irrilevante.
   - Tuttavia, l’università, almeno in una certa misura, deve restare un luogo astratto e isolato, nel quale a chi ne ha le capacità sia consentito di ragionare “fuori dal tempo”: di produrre quei ragionamenti che non servono ad altro che a far crescere la cultura, a far progredire la scienza, e che potranno avere conseguenze pratiche di grande momento, ma in forme e in tempi affatto imprevedibili. Inoltre, l'università, almeno in una certa misura, dell’autogoverno e della cooptazione non può del tutto fare a meno.

   Finora non sono stati trovati meccanismi di governo migliori. Serve dunque un punto di equilibrio fra tradizione e modernità. E, bisogna affermarlo con chiarezza, sin qui esso non è stato trovato.
   Le caotiche, ripetute, contraddittorie riforme degli ultimi anni – dalla zoppicante e incompiuta autonomia universitaria ai mille provvedimenti che l’hanno limitata o negata nei fatti, alla riforma localistica dei concorsi, fino al “3+2” che ha scardinato l’antiquata ma solida laurea quadriennale e non si capisce bene cosa abbia messo al suo posto – non hanno risolto la crisi dell’università. Semmai l’hanno aggravata.
 
  c) La riforma localistica dei concorsi ha sostituito alle indiscriminate chiusure nel reclutamento delle aperture indiscriminate, creando nei fatti una progressione per anzianità e fedeltà all'istituzione. Non ha consentito un’autentica selezione e ha bloccato quella mobilità del corpo docente che concedeva al sapere universitario un'apertura universale, e incoraggiava il contaminarsi tra scuole e culture.
    L’autonomia si è tradotta in molti casi non in possibilità di dirigere gli atenei secondo piani meditati di sviluppo, ma nello sfascio dei bilanci. In tal senso, il caso dell'Università di Siena svegliatasi un mattino con più di duecento milioni di debiti in attesa è solo la punta dell'iceberg.
    Il “3+2” ha reso l’università assai meno selettiva e ha creato una smisurata proliferazione di corsi – oltre che di duplicazioni fra triennio e biennio (anche se, bisogna pur ammetterlo, ha reso i percorsi di studio più liberi e flessibili). E il tutto, infine, si è spesso tradotto per i docenti in un aumento della quantità di lavoro e abbassamento della qualità della vita, senza che ciò abbia comportato crescita né qualitativa né quantitativa della loro produttività.
 
   2.- La soluzione. La soluzione più in voga per correggere queste storture e per approdare al mitico equilibrio, sponsorizzata dalla pubblicistica e battuta da molti governi (e in ciò, lo dico con il rispetto che si deve alle tesi verso le quali si è antagonisti, le ricette del ministro Mussi rappresentano quasi un idealtipo) è stata la soluzione dirigistica: gravare gli atenei di regole, vincoli, controlli a valle, provando per questa via a rendere virtuose le università e i professori universitari. Io ritengo questa una via sbagliata, da abbandonare. Non si può chiedere a un’istituzione di agire strategicamente e reagire alle trasformazioni dell’ambiente e al contempo negarle la libertà necessaria a queste azioni e reazioni.
 
   a) Sono un sostenitore della via opposta: dare agli atenei la massima libertà possibile, controllando con rigore ma a monte, ex post, al momento del raggiungimento della vetta, il loro operato. Per far questo è necessario costruire un sistema efficace e severo di incentivi e disincentivi per chi della propria libertà faccia un uso buono o cattivo: modello – sia detto per inciso - utilizzato con successo in Gran Bretagna fin dalla fine degli anni Ottanta.

   In quegli anni con il professor Pombeni mi recavo a studiare ad Oxford: il tempio del modello tradizionale. Sono stato testimone diretto delle feroci reazioni suscitate nei colleghi inglesi da quel cambio di paradigma.
   Oggi, dopo più di vent'anni, si può dire che quelle reazioni erano ingiustificate e che quel mutamento era necessario. Ora come allora è possibile spingere, attraverso gli incentivi e disincentivi di cui sopra, per un verso gli atenei a rispondere alle richieste che provengono dall’ambiente loro circostante; per l'altro verso, a costruire all’interno degli atenei dei percorsi di eccellenza, entro i quali sia possibile produrre ragionamenti e ricerche, almeno in una certa misura, “fuori dal tempo”.
 
   3.- Il disegno di legge dell’ottobre 2009. La riforma approvata dal consiglio dei ministri lo scorso ottobre e adesso all’esame del Parlamento, risponde a queste esigenze? A me pare che muova nella giusta direzione, anche se in essa sono ancora presenti elementi di dirigismo e burocratismo.
   Sia detto senza infingimenti: al cospetto di una difficile transizione, una certa dose di ambiguità – il conservare alcuni elementi dell'ancien regime – può essere necessaria. Può aiutare, insomma, a rendere meno traumatico il cambiamento.

   Proprio per questo il provvedimento alla nostra attenzione avrebbe la possibilità di diventare un provvedimento ottimo se, nel corso dell'iter parlamentare, l’equilibrio fra controlli ex ante e controlli ex post fosse modificato a vantaggio dei secondi, se certe regolamentazioni di dettaglio fossero sfrondate, se alcune procedure fossero semplificate, e se fosse definita con chiarezza una road map verso la graduale sostituzione dei vincoli dirigistici con un sistema liberale di incentivi e disincentivi.
 
   Quel che ci porta a considerare assai positivamente la base di partenza che questo provvedimento ci propone può essere sintetizzato in quattro punti:
   a) L'enfasi sulla valutazione ex post, con la costruzione di un sistema di incentivi e disincentivi per atenei e singoli docenti: legati ai finanziamenti per gli atenei, e agli scatti stipendiali e alla partecipazione alle commissioni di concorso per i docenti. Questa, come s’è detto, la via maestra verso una modernizzazione del sistema universitario che ne rispetti la specificità e quel che è rimasto della tradizione;
   b) la lista aperta di idoneità nazionale: sistema di controllo complessivo della qualità dei cooptati che limita ma non annulla la libertà degli atenei di cooptare chi ritengano opportuno, sotto la propria responsabilità;
   c) la semplificazione della struttura interna degli atenei, con l’abolizione delle facoltà: riduzione di duplicazioni, burocratismi, organi collegiali, semplificazione delle procedure decisionali e quindi anche dell’attribuzione di responsabilità;
   d) la riforma della governance degli atenei, perché accentra il potere, rendendo più chiara l’attribuzione di responsabilità, maggiore la possibilità di indirizzo dell’ateneo e minore la possibilità di gestioni caotiche e finanziariamente scriteriate come quelle che abbiamo visto negli ultimi anni.
 
   4.- L'impianto della legge sembra ancora fondamentalmente dirigistico. Un esame critico come quello che si deve compiere in una fase di avvio della discussione impone però, accanto agli aspetti positivi, di segnalare anche alcuni limiti nella prospettiva di possibili correzioni. A me sembra che l’impianto della legge, nel suo complesso, presenti ancora un'impronta fondamentalmente dirigista.

  Non è, come si è detto, un male in sé: nell'attesa che il meccanismo di incentivi/disincentivi ex post vada a regime, il legislatore ha deciso di conservare e in qualche caso di rafforzare i vincoli ex ante per evitare che il sistema possa scivolare verso l'anarchia. Per far sì però che questa contraddizione diventi una felice ambiguità è comunque necessario riportare i vincoli a priori entro limiti compatibili.
 
  a)  E' necessario fare uno sforzo anche su un altro aspetto: dopo aver disciplinato minuziosamente la governance degli atenei, la legge non può tacere sulla sostanza della composizione del consiglio di amministrazione. Vale la pena chiudere il cerchio e stabilire dove debba essere il “manico” delle università, garantendo che gli atenei non vengano presi per fame da Regioni, fondazioni bancarie, poteri più o meno forti.
   b) Per quanto riguarda il reclutamento, abbiamo sostenuto che la lista nazionale è un elemento di grande positività.

    Bisogna però rendere i meccanismi di selezione meno complessi e meno burocratici. Al momento è previsto che, per scegliere all'interno della lista, i dipartimenti debbano costituire una commissione e poi votare sul risultato della commissione. Si può ritenere tutto ciò un eccesso di procedura.
   c) Infine, un tasto dolente: il carico di lavoro dei docenti. La legge lo porta a 1500 ore, compresa l’attività di studio. Chi è stato all'interno di un'università sa quanta distanza vi è tra quanti che “tirano la carretta” e per i quali 1500 ore rappresentano un incredibile sconto, e quanti, invece, sono sostanzialmente latitanti e il loro impegno accademico tradotto in ore è pari alla temperatura di Lamezia Terme riportata dal meteo: non pervenuta.
    Queste differenze devono gradatamente emergere attraverso il sistema di incentivi e disincentivi. Ma fissare un limite temporale per l'attività di studio e di ricerca è pura demagogia. Si stabilisca dunque il monte ore della didattica, in particolare quella frontale, e si prevedano sistemi per controllarlo. Ma si lasci inalterato quell'antico principio per il quale la ricerca e lo studio si possano e si debbano fare in piena libertà di tempo e di luogo. Se fissassimo la norma per la quale si studia e si ricerca solo nelle sedi istituzionali, saremmo tutti più poveri.
 
  5.- Verso quale direzione ? Da questa disamina discende, di conseguenza, la direzione verso la quale ci si dovrebbe muovere per migliorare il provvedimento in Parlamento, senza stravolgerlo e senza massimalismi. L'esperienza delle riforme passate dovrebbe averci insegnato che il meglio è nemico del bene.

   Ben venga dunque qualsiasi emendamento vada nella direzione di irrobustire il sistema di incentivi e disincentivi ex post. Così come è possibile sfrondare più di un articolo che presenta eccessi di burocraticità:
  - sui numeri dei dipartimenti o dei professori afferenti ai dipartimenti;
  - sulla governance degli atenei; sui rapporti fra interni ed esterni nelle chiamate (anche questo potrebbe essere sostituito con un sistema di incentivi/disincentivi ex post: se chiami degli esterni guadagni punti).
   Il sistema concorsuale va poi semplificato: una volta presa l’idoneità, si vada a chiamata nominativa dal consiglio di dipartimento e basta. Poi interverrà il sistema di premi e punizioni ex post. Sarebbe a tal proposito auspicabile che per un certo numero di anni dopo un concorso i commissari siano considerati “responsabili” della performance di quelli che hanno fatto vincere, e premiati o penalizzati a seconda del loro comportamento.
    Infine, una volta che il secchio sia stato riparato, bisognerà pure versarci qualcosa dentro. In Francia e Germania si stanno investendo miliardi di euro nei poli di eccellenza. Noi dobbiamo recuperare il ritardo.

   Contemporaneamente alla riforma, dobbiamo metter mano al sistema di alta formazione sorto spontaneamente assumendo questi anni di spontaneismo come una fase di sperimentazione e riportando il meglio di quest'esperienza a fattor comune. E' l'unico modo per evitare che queste istituzioni si trasformino in nuove baronie o in dependance di questo o quell'ateneo.
   Inoltre, la federazione tra atenei dev'essere precondizione per un grande programma di centri di eccellenza che eviti le sovrapposizioni e stimoli in senso positivo la concorrenza.
 
  6.- Più finanziamenti ? Questa legislatura si è inaugurata con la classe accademica intenta a chiedere soltanto più soldi e un governo ingiustamente accusato di tagliare in modo indiscriminato, per penalizzare la cultura e ceti che tradizionalmente gli sono stati ostili.

   Questa contrapposizione iniziale è stata superata. Bisogna dare atto al ministro Gelmini di essere riuscita a far comprendere che la riforma implicava il mettersi in discussione, ma che tale atteggiamento non era inteso né come una punizione né come un pegno da pagare. Si è così instaurato un nuovo clima, e questa proposta ne è il più evidente risultato.
    Se sapremo condurla in porto con cura, migliorandola ulteriormente, rafforzando la collaborazione e la comprensione reciproca, potrà veramente essere una svolta. Anche al di là del suo significato legislativo."
   Bologna, 12 febbraio 2010

Dammacco, Luciani, Marcato, Merafina, Miraglia, Quagliariello

SERGIO SERGI, Coordinatore Nazionale delle Organizzzioni Unitarie della Docenza

1.- Il ddl governativo si propone una profonda riforma del Sistema Universitario e dell’Alta Formazione "senza oneri aggiuntivi" - concetto ribadito ben 10 volte - questo a nostro avviso è certamente velleitario; alla obbiezione che la crisi in corso non consente l’erogazione di maggiori finanziamenti si può rispondere che proprio in questi periodi è necessario investire nella ricerca e nell’alta formazione per rafforzare il suo sistema produttivo, rendere il Sistema Paese più competitivo favorendo un più rapido superamento della crisi.
2.-  Sarebbe opportuno fare una qualche considerazione generale che permetta di definire il concetto di Università. Si tratta di una istituzione che, basandosi sulla ricerca scientifica, permette ad una comunità di docenti e discenti di promuovere l’avanzamento della cultura e la trasmissione del sapere fra generazioni diverse. Per ottenere questi risultati è indispensabile che i docenti siano messi nella condizione di realizzare programmi di ricerca liberamente scelti (finanziamento della ricerca di base e applicata e disponibilità di strumenti tecnici e umani) e altrettanto liberamente possano trasferire le conoscenze ai discenti attraverso la didattica.
   Per governare una simile istituzione è necessario che il corpo accademico possa esprimersi in maniera significativa attraverso organi appositamente istituiti: il Rettore, che dovrebbe essere il garante primo della libertà di ricerca e di insegnamento, e il Senato che, riflettendo la composizione del corpo accademico, dovrebbe provvedere alla definizione dei programmi e degli indirizzi dell’ateneo. Questi due organi dovrebbero essere affiancati da una struttura tecnica (Consiglio di Amministrazione-CdA), che sovrintenda alla gestione dell’Istituzione, facendosi carico dell’organizzazione dei servizi, della gestione amministrativa, della congruità economica nel rapporto fini-mezzi, e che provveda a fissare gli obiettivi assegnati ad un direttore generale o, meglio, ad un Amministratore Delegato, valutandone poi i risultati ottenuti. Il CdA potrebbe avvalersi, per il suo funzionamento, di risorse umane interne all’Ateneo e di risorse esterne, provenienti da altri soggetti che sensibilmente contribuiscano al finanziamento dell’Istituzione o che rappresentino componenti vitali della Società Civile o rilevanti enti territoriali seriamente interessati al miglior funzionamento dell’Università, regolamentando tuttavia, tale partecipazione in maniera precisa per evitare l’accesso di componenti che potrebbero strumentalizzare l’Università per fini diversi da quelli istituzionali.
3.-  Il DDL si discosta significativamente da questa impostazione, in primo luogo perché manca di qualsiasi riferimento alla ricerca scientifica e al suo ruolo di elemento portante della costruzione didattica e formativa (l’Università non è più "sede primaria della ricerca scientifica", art. 63 DPR 382/1980), in secondo luogo perché lascia intravedere un progetto mirante alla costruzione di un obsoleto sistema gerarchico-piramidale dove gli assoggettamenti personali e i controlli dall’alto, e non le relazioni umane degli operatori, costituiscono il meccanismo basilare per il funzionamento.
  Questa impostazione del problema si rileva:
  a) dai contorni che vengono delineati per la figura del futuro rettore, il rafforzamento dei poteri del rettore non appare controbilanciato da adeguati contrappesi. Sarebbe utile introdurre la possibilità di sfiducia del Rettore da parte del Senato Accademico;
  b) dagli accenni alla valutazione che, pur indispensabile e fortemente auspicata, viene attribuita ad un organismo permanente e burocratico piuttosto che risultare dalla interazione fra la comunità scientifica e esperti il cui giudizio metta in relazione la qualità con le risorse disponibili.
  c) dalla istituzione del ricercatore a tempo determinato che rischia di configurarsi ancora come un soggetto "sottoposto" a docenti non a termine, piuttosto che come un individuo cui viene data la possibilità di sviluppare in maniera libera e creativa la propria personalità scientifica.
4.- La nuova figura del ricercatore a tempo determinato potrebbe rappresentare un elemento di innovazione e moralizzazione solo a patto che contemporaneamente venissero cancellate tutte le altre figure che attualmente svolgono, in posizioni precarie, attività didattica e/o di ricerca negli atenei. Si fa riferimento a coloro che tra borse di studio, contratti e assegni di ricerca possono arrivare ad età così elevate da rendere velleitaria l’affermazione del Ministro Gelmini che un domani si entrerà nella carriera accademica a 30 anni. In sostanza il DDL non solo non pone rimedio al precariato attuale, ma proponendo un rapporto ulteriore di lavoro a termine, fra i tanti già esistenti, rischia di protrarlo ancora più lungo.
  La figura di ricercatore a tempo determinato sarebbe certamente accettabile:
  a) se fosse sostitutiva delle attuali figure a termine (assegnisti, personale a contratto etc.);
  b) e se la nuova figura fosse dotata di autonomia e responsabilità diretta di un progetto di ricerca finanziato al momento del conferimento del contratto. La maturazione scientifica dovrebbe essere valutata in itinere per consentire il passaggio al secondo triennio e alla conclusione del secondo per l’accesso alla docenza dopo aver ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale.
5.- Il ddl si pone il problema della scarsa mobilità dei docenti universitari. A nostro avviso questo problema non si risolve attribuendo frazioni minime (o massime) ai posti utilizzabili per gli esterni e per le promozioni degli interni. E’ immaginabile una mobilità nelle fasce alte della docenza soprattutto in assenza di specifici incentivi da parte dello Stato. La mobilità dovrebbe essere garantita all’inizio del percorso, ad esempio introducendo una norma che impedisca di ottenere nella stessa sede la laurea, il dottorato, e il contratto come ricercatore a tempo determinato.
6.-  Un’ultima notazione: nel ddl mancano inconcepibilmente norme che riguardino i ricercatori di ruolo attualmente in servizio nelle Università.
  Non è accettabile che i ricercatori a tempo indeterminato, finora utilizzati per surrogare la carenza di professori di ruolo necessari a far fronte alle esigenze didattiche, vengano semplicisticamente immessi in un binario morto, ignorando il lavoro didattico che ancora oggi stanno svolgendo. E neppure si può rispondere all’esigenza di inserire questo personale in un ruolo di professori universitari con il solo meccanismo a regime dei concorsi per la promozione di docenti interni all’ateneo, limitati soltanto ad un terzo del totale dei posti bandibili, a loro volta rarefatti dai vincoli alle nuove assunzioni imposti dalla Legge n.1/2009.
   Sarebbe opportuno, per questi colleghi che aspettano il loro stato giuridico da 30 anni, prevedere una procedura che riconosca da subito le maggiori funzioni svolte da molti di loro istituendo, ad es. una figura transitoria ( ad es. il ruolo transitorio di Professore Aggregato ) che cumuli i diritti-doveri degli attuali Ricercatori universitari di ruolo con l’obbligo di tenere un corso ufficiale di insegnamento attribuendo loro una retribuzione pari all’85% di quella del Professore Associato di pari anzianità.

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ORGANIZZAZIONE

  Fondazione MAGNA CARTA UNIVERSITAS  News   Foglio On Line
  
Presidente d'onore Gaetano Quagliariello, Presidente Francesco Valli

Direttore Nino Luciani

CONFERENZA  NAZIONALE  il  12 feb. 2010, ore 14-19
a  Bologna, Città universitaria, via Belmeloro 14,  Aula A

Università verso la riforma
DDL Gelmini (n.1905, Senato), "Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico
e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario"

    Obiettivi della Conferenza:

a)  realizzare un "faccia a faccia" tra Government e Sindacati  nazionali, sul DDL Gelmini per la riforma universitaria ;
b)  capire l'efficacia del DDL nel modificare il reclutamento, diritto allo studio, governance e sistema finanziario;
c)  affacciare una proposta di autonomia finanziaria delle università, con responsabilità, da cui far discendere una

     una impostazione di "stato giuridico" dei docenti e di "governance", più libera da vincoli specifici di bilancio.

Moderatore: Dr. Marco Montaguti, Giornalista 

Ore 14.00 Apertura dei lavori


Saluto del Rettore dell’Università di Bologna Alma Mater, Ivano Dionigi,
per Delega al ProRettore Guido Sarchielli
Saluto del Presidente della Fondazione Magna Carta, Francesco Valli
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L'Università che verrà

Sen. Prof. Gaetano Quagliariello, Presidente d'onore Fondazione Magna Carta
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Reclutamento, Sistema di finanziamento, Risorse e Governance

Prof. Giuseppe De Vergottini, Ord. Diritto Costizionale, Univ. di Bologna
Discussant
Prof. Giulio Ghetti, Ord. Diritto pubblico dell'economia, Univ. di Bologna
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Osservazioni e proposte sul DDL in discussione


Prof. Giorgio Israel, Ord. Storia della Matematica, Univ. di Roma "La Sapienza"
Discussant
Prof. Nino Luciani, Ord. Scienza delle Finanze, Univ. di Bologna

                                                          Tavola rotonda con le parti sociali

                                  - Prof. Nino Dammacco, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università
                                  - Prof. Paolo Gianni, Comitato Nazionale Universitario
                                  - Prof. Antonino Liberatore, Unione Sindacale Professori Universitari di Ruolo
                                  - Dr. Riccardo Marini, Coordinamento Sindacale Autonomo della CISAL Università
                                  - Prof. Marco Merafina, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
                                  - Prof. Nunzio Miraglia, Associazione Nazionale Docenti Universitari
                                  - Prof. Sergio Sergi, Coordinatore Intersindacale
                                  - Dr. Francesco Sinopoli, Federazione Lavoratori della Conoscenza - C.G.I.L. del lavoro
                                  - Dr.ssa Clara Valli, Unione Generale del Lavoro, Università e Ricerca

                                                              Le valutazioni della politica

                                   - Guido Possa, Presidente della Commissione Istruzione del Senato                    
                                   - Valentina Aprea, Presidente della Commissione Cultura della Camera
                                   - Emerenzio Barbieri, Membro della Commissione Cultura della Camera
                                   - Giancarlo Mazzuca, Membro della Commissione Cultura della Camera
                                   - Fabio Garagnani, Membro della Commissione Cultura della Camera

                                

Interverranno

On. Prof. Annamaria Bernini, Università di Bologna  - Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Consiglio di Polo Scientifico-didattico di Rimini - Dr. Diego Celli Presidente Consiglio Nazionale degli Studenti - Prof. Francesco Cetta, Unione Sindacale Professori Universitari Di Ruolo - Prof. Alberto Civica, Unione Italiana Del Lavoro Pa - Prof. Enrico Decleva, Presidente Crui - Prof.ssa Anna Maria Di Pietra, Presidente Comitato Nazionale Universitario - Sede di Bologna - Dr. Claudio Franchi, Rete Nazionale Ricercatori Precari - Prof. Vittorio Mangione, Coordinamento Intersedi Professori Universitari di Ruolo - Prof.ssa Gina Melillo, Associazione Professionale Universitaria - Prof. Paolo Stefano Marcato, Unione Sindacale Professori Universitari di Ruolo - Sen. Elio Massimo Palmizio - Prof. Gianni Porzi, Rappresentante del Governo nel CdA Università di Bologna - Prof. Fabio Roversi Monaco, già Magnifico Rettore Università di Bologna - Prof. Santo Signorelli, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - ..........................................................  .

Ore 18.30 - p. il Ministro Gelmini: CONCLUSIONI del Sen. Prof. Gaetano Quagliariello

 

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DDL Gelmini (n.1905, Senato), "Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario"

Titolo I - Organizzazione del sistema universitario
Articolo 1 - Principi ispiratori della riforma
Articolo 2 -Organi e articolazione interna delle università
Articolo 3 -Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa.

Titolo II
- Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario
Articolo 4 -Fondo per il merito
Articolo 5 -Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario
Articolo 6 -Riconoscimento dei crediti universitari.

Titolo III
- Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento
Articolo 7 - Revisione dei settori scientifico-disciplinari
Articolo 8 -Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale
Articolo 9 -Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico
Articolo 10 -Assegni di ricerca
Articolo 11 -Contratti per attività di insegnamento
Articolo 12 -Ricercatori a tempo determinato
Articolo 13 -Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori
Articolo 14 -Disciplina dei lettori di scambio
Articolo 15 - Norme transitorie e finali

Titolo I - Organizzazione del sistema universitario

Articolo 1- Principi ispiratori della riforma
1. Le università sono sede di libera formazione e strumento per la circolazione della conoscenza; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33 e al Titolo V della seconda Parte della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità, anche sperimentando modelli organizzativi e funzionali sulla base di specifici accordi di programma con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato “Ministero”.
3. Al fine di rimuovere gli ostacoli all’istruzione universitaria per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, il Ministero programma e monitora specifici interventi per la concreta realizzazione del diritto allo studio e la valorizzazione del merito.
4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell’autonomia delle università, fissa obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli obiettivi e indirizzi nonché ai risultati conseguiti.

Articolo 2 - Organi e articolazione interna delle università
1. Sono organi delle università statali:
a) il rettore;
b) il consiglio di amministrazione;
c) il senato accademico;
d) il collegio dei revisori dei conti;
e) il nucleo di valutazione.

2. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organi, nel rispetto dell’articolo 33 della Costituzione, ai sensi dell’articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e del coordinamento delle attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle finalità dell’università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; della funzione di proposta del documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni, del bilancio di previsione annuale e triennale nonché del conto consuntivo; di ogni altra funzione non espressamente attribuita ad altri organi dallo statuto;
b) determinazione delle modalità di elezione del rettore con voto ponderato tra i professori ordinari in servizio presso università italiane in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; nomina del rettore eletto con decreto del Presidente della Repubblica;
c) durata della carica di rettore per non più di due mandati e per un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile;
d) attribuzione al senato accademico della competenza a formulare proposte e pareri in materia di didattica e di ricerca; ad approvare i relativi regolamenti previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le strutture di cui al comma 3, lettera c);
e) costituzione del senato accademico su base elettiva, composto per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università e, comunque, da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e non superiore a trentacinque unità, compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti;
f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività; della competenza a deliberare l’attivazione o la

contabilità, il bilancio di previsione annuale e triennale e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero e al Ministero dell’economia e delle finanze nonché, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera a);
g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, inclusi il rettore componente di diritto ed una rappresentanza elettiva degli studenti; designazione o scelta degli altri componenti secondo modalità previste dallo statuto, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello; non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell’incarico; elezione del presidente del consiglio di amministrazione tra i componenti dello stesso; nomina del presidente designato con decreto del Presidente della Repubblica;
h) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni; durata quadriennale del mandato fatta eccezione per quello dei rappresentanti degli studenti, di durata biennale; rinnovabilità del mandato per una sola volta;
i) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali; conferimento da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, dell’incarico di direttore generale, regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di diritto privato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità a criteri e parametri fissati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato “Ministro”, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione del collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la durata del contratto in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico;
l) attribuzione al direttore generale della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; partecipazione del direttore generale, senza diritto di voto, alle sedute del consiglio di amministrazione;
m) composizione del collegio dei revisori dei conti, di cui almeno due iscritti al Registro dei revisori contabili, in numero di tre componenti effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, e uno supplente designati dal Ministero dell’economia e delle finanze tra dirigenti e funzionari dello stesso Ministero; uno effettivo ed uno supplente designati dalle università tra dirigenti e funzionari del Ministero; designazione di un componente effettivo da parte dell’Università; nomina dei componenti con decreto rettorale; rinnovabilità dell’incarico per una sola volta e divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università;
n) composizione del nucleo di valutazione, ai sensi della legge 19 ottobre 1999, n.370 e successive modificazioni, con soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni all’ateneo e comunque integrato, per gli aspetti istruttori relativi alla valutazione della didattica, da una rappresentanza degli studenti;
o) attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell’offerta didattica, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, anche sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, di cui al comma 3, lettera g);
p) divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per il rettore limitatamente al senato accademico; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e di ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali, non statali o telematiche; decadenza per i consiglieri che non partecipano con continuità alle sedute del senato e del consiglio d’amministrazione;
q) attuazione del principio di trasparenza dell’attività amministrativa e, in particolare, di quello di accessibilità totale delle informazioni relative all’ateneo.
3. Per le medesime finalità ed entro lo stesso termine di cui al comma 2, le università modificano altresì i propri statuti in tema di articolazione interna, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) semplificazione dell’articolazione interna, con contestuale attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie;
b) riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quarantacinque nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei;
c) previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, denominate facoltà o scuole, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche e di gestione dei servizi comuni; di coordinamento, in coerenza con la programmazione strategica di cui al comma 2, lettera a), delle proposte in materia di personale docente avanzate dai dipartimenti; di coordinamento del funzionamento dei corsi di studio e delle proposte per l’attivazione o la soppressione di nuovi corsi di studio;
d) previsione della proporzionalità del numero complessivo delle strutture di cui alla lettera c) alle dimensioni e alla tipologia scientifico disciplinare dell’ateneo, fermo restando che il numero delle stesse non può essere superiore a sei, nove e dodici nel caso di università con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato, rispettivamente, inferiore a millecinquecento unità, superiore a millecinquecento e inferiore a tremila e superiore a tremila;
e) previsione della possibilità, per le università con un organico di professori, di ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a cinquecento unità, di darsi un’articolazione organizzativa interna semplificata cui vengono attribuite unitariamente le funzioni di cui alle lettere a), b) e c);
f) istituzione di un organo deliberante delle strutture di cui alla lettera c), ove esistenti, composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da almeno un coordinatore di corso di studio di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, o di area didattica attiva nella struttura, dal presidente della scuola di dottorato, ove esistente, e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente dell’organo ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dall’organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; durata triennale della carica, rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico con le funzioni di direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio, di area didattica o di dottorato;
g) istituzione in ciascun dipartimento, ovvero in ciascuna delle strutture di cui alle lettere c) ovvero e), senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti per l’assicurazione della qualità della didattica, competente a svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa, contribuendo altresì alla valutazione dei risultati della stessa, e a formulare pareri sull’attivazione e la soppressione di corsi studio;
h) garanzia di una rappresentanza elettiva degli studenti negli organi di cui al comma 2, lettere e), g) ed l) e comma 3, lettere c) ed f), in conformità a quanto previsto dal decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 1995, n. 236; attribuzione dell’elettorato passivo agli iscritti per la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell’università; durata biennale di ogni mandato e rinnovabilità per una sola volta;
i) introduzione di misure a tutela della rappresentanza studentesca, compresa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti.
4. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto dai commi 2, lettere a), c), f), g), h), i), l), m), n) ed o), e comma 3, lettere g), h) ed i).
5. Per le finalità già previste dalla legge e anche al fine di individuare situazioni di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle, le università adottano entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge un codice etico.
6. In prima applicazione, lo statuto contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 2 e 3 è predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e composto da quindici componenti, tra i quali il rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. Ad eccezione del rettore e dei rappresentanti degli studenti, i componenti non possono essere membri del senato accademico e del consiglio di amministrazione. Lo statuto contenente le modifiche statutarie è adottato con delibere del senato accademico e del consiglio di amministrazione.
7. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 2, il Ministero assegna all’università un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, una commissione composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di adeguata professionalità, con il compito di predisporre le necessarie modifiche statutarie.
8. Lo statuto, adottato ai sensi dei commi 6 e 7, è trasmesso al Ministero che esercita il controllo previsto all’articolo 6 della legge 168 del 1989, entro centoventi giorni dalla ricezione dello stesso.
9. In relazione a quanto previsto dai commi 2 e 3, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, i competenti organi universitari avviano le procedure per la costituzione dei nuovi organi statutari.
10. Gli organi delle università decadono automaticamente al momento della costituzione degli organi previsti dal nuovo statuto. Gli organi il cui mandato scade entro il termine di cui al comma 2 restano in carica fino alla costituzione degli stessi ai sensi del nuovo statuto.
11. Ai fini del computo della durata massima del mandato o delle cariche di cui al comma 2, lettere a), e), h), è considerato anche il periodo di durata degli stessi già maturato al momento della entrata in vigore dei nuovi statuti.
12. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al presente articolo rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse, secondo criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, su proposta dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
13. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie, adottate dall’ateneo ai sensi del presente articolo perdono di efficacia nei confronti dello stesso le seguenti disposizioni:
a) l’articolo 16, comma 4, lettere b) ed f), della legge n. 168 del 1989;
b) l’articolo 17, comma 110, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

Articolo 3 - Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa
1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse, due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi.
2. La federazione può avere luogo altresì tra università ed enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell’alta formazione.
3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’ organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto prevede che le eventuali strutture di gestione della stessa sono costituite da componenti degli organi accademici delle università federate, e comunque senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna delle istituzioni interessate, è sottoposto all’esame del Ministero per l’approvazione, sentita l’ANVUR, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e delle amministrazioni interessate.
5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente articolo, il progetto di cui al comma 3 dispone altresì in merito a eventuali procedure di mobilità dei professori e dei ricercatori nonché del personale tecnico amministrativo. In particolare, per i professori e i ricercatori, l’eventuale trasferimento avviene previo espletamento di apposite procedure di mobilità ad istanza degli interessati. In caso di esito negativo delle predette procedure, il Ministro può provvedere, con proprio decreto, al trasferimento del personale interessato disponendo altresì in ordine all’eventuale concessione agli interessati di incentivi finanziari a carico del fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano altresì a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate, ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005.

 
Titolo II - Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario

Art. 4 - Fondo per il merito
1. E’ istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo speciale per il merito finalizzato a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti individuati mediante prove nazionali standard. Il Fondo è destinato a:
erogare premi di studio;
a) fornire buoni studio, che prevedano una quota da restituire al termine degli studi, determinata in relazione ai risultati accademici conseguiti e rimborsata secondo tempi parametrati al reddito percepito;
b) garantire prestiti d’onore.
2. Il Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con propri decreti di natura non regolamentare disciplina i criteri e le modalità di attuazione del presente articolo ed in particolare:
a) i criteri di accesso alle prove nazionali standard;
b) i criteri e le modalità di attribuzione dei premi e dei buoni nonché le modalità di accesso ai finanziamenti garantiti;
c) le caratteristiche, l'ammontare dei premi e dei buoni e i criteri e le modalità per la loro eventuale differenziazione;
d) l'ammontare massimo garantito per ciascuno studente per ciascun anno, anche in ragione delle diverse tipologie di studenti;
e) i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare nel corso degli studi per mantenere il diritto a premi, buoni e finanziamenti garantiti;
f) le modalità di utilizzo di premi, buoni e finanziamenti garantiti;
g) le caratteristiche dei finanziamenti, prevedendo un contributo a carico degli istituti concedenti pari all’1 per cento delle somme erogate e allo 0,1 per cento delle rate rimborsate;
h) i criteri e le modalità di utilizzo del Fondo e la ripartizione delle risorse del Fondo stesso tra le destinazioni di cui al comma 1;
i) la predisposizione di idonee iniziative di divulgazione e informazione, nonché di assistenza a studenti e università in merito alle modalità di accesso agli interventi di cui al presente articolo.
3. Il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali, da effettuarsi secondo i migliori standard tecnologici e di sicurezza, è effettuato dalla società di cui al comma 4, secondo modalità individuate con decreto di natura non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che disciplina altresì il contributo massimo richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove nonché le modalità di predisposizione e svolgimento delle stesse.
4. La gestione della operatività del Fondo e dei rapporti amministrativi con università e studenti è affidata a Consap s.p.a. la quale, secondo modalità stabilite in apposita convenzione stipulata con i Ministeri competenti, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, provvede a:
a) gestire l’operatività del fondo e i rapporti amministrativi con le università e gli studenti, secondo le modalità disciplinate nella convenzione;
b) predisporre gli schemi di contratti di finanziamento secondo gli indirizzi ministeriali;
c) monitorare, con idonei strumenti informatici, la concessione dei premi, dei buoni e dei finanziamenti, il rimborso degli stessi, nonché l’esposizione del Fondo;
d) selezionare con procedura competitiva l’istituto o gli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie.
5. Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi al Fondo sono a carico delle risorse finanziarie dei fondo stesso.
6. Il Ministero dell’economia e delle finanze, con propri decreti, determina, secondo criteri di mercato, il corrispettivo per la garanzia dello Stato, da imputare ai finanziamenti erogati.
7. Il Fondo di cui al comma 1 è alimentato con:
a) versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del Fondo, a specifici usi;
b) eventuali trasferimenti pubblici previsti da specifiche disposizioni;
c) i corrispettivi di cui al comma 6, da utilizzarsi in via esclusiva per le finalità di cui al comma 1, lettera b);
d) i contributi di cui al comma 2, lettera g) e al comma 3, da utilizzare per le finalità di cui al comma 5.
8. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso dei privati e disciplina con proprio decreto di natura non regolamentare le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del Fondo, anche costituendo, senza oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo formato da rappresentanti dei Ministeri e dei donatori.
9. All’articolo 10, comma 1, lettera l-quater), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: “articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,” sono aggiunte le seguenti parole: “del Fondo per il merito”.

Articolo 5 - Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) valorizzazione della qualità e dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche, anche mediante previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università;
b) revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità e di consentire l’individuazione della esatta condizione patrimoniale dell’ateneo e l’andamento complessivo della gestione; previsione di meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli stessi;
c) valorizzazione e qualificazione delle attività didattiche e di ricerca del personale accademico, disciplina delle posizioni a tempo pieno e a tempo definito e valutazione dei risultati conseguiti;
d) introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei;
e) revisione, in attuazione della riforma del titolo V della Costituzione, della normativa di principio in materia di diritto allo studio e contestuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni destinati a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’accesso all’istruzione superiore.

2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai principi di riordino di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio e di dottorato universitari di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale n. 270 del 2004, fondato sull’utilizzazione di specifici indicatori definiti dall’ANVUR per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca nonché di sostenibilità economico-finanziaria;
b) introduzione di un sistema di valutazione periodica, da parte dell’ANVUR, dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca dalle singole università e dalle loro articolazioni interne;
c) potenziamento del sistema di autovalutazione della qualità e dell’efficacia delle proprie attività da parte delle università, anche avvalendosi dei propri nuclei di valutazione e dei contributi provenienti dalle commissioni paritetiche di cui all’articolo 2, comma 3, lettera g);
d) previsione di meccanismi volti a garantire incentivi correlati al conseguimento dei risultati di cui alla lettera b), nell’ambito delle risorse disponibili del fondo di finanziamento ordinario delle università allo scopo annualmente predeterminate;
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione della contabilità economico-patrimoniale e analitica e del bilancio consolidato di ateneo sulla base di principi contabili e schemi di bilancio stabiliti e aggiornati dal Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), in conformità alla normativa vigente; estensione ai dipartimenti e ai centri autonomi di spesa universitari del sistema di tesoreria unica mista vigente;
b) adozione di un piano economico-finanziario triennale al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell’ateneo;
c) la previsione che gli effetti delle misure di cui alla presente legge trovano adeguata compensazione nei piani previsti alla lettera d); comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza annuale, dei risultati della programmazione triennale riferiti al sistema universitario nel suo complesso, ai fini del monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica;
d) predisposizione di un programma triennale diretto a riequilibrare, entro percentuali definite dal Ministero, e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria, la consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori e ricercatori di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni; previsione che la mancata adozione, parziale o totale, del predetto piano, comporta la non erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle unità di personale che eccedono i limiti previsti;
e) determinazione di un limite massimo all’incidenza complessiva delle spese per l’indebitamento e delle spese per il personale di ruolo e a tempo determinato, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dell’ateneo, al netto di quelle a destinazione vincolata;
f) introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio, cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009; individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard unitario di formazione per studente in corso;
h) previsione della declaratoria di dissesto finanziario nelle ipotesi in cui l’università non può garantire l’assolvimento delle proprie funzioni indispensabili, nell’ipotesi in cui l’ateneo non può far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi;
i) disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con previsione dell’inoltro da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a predisporre entro un termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro da sottoporre all’approvazione del Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio; previsione delle modalità di controllo periodico dell’attuazione del predetto piano;
l) previsione, per i casi di mancata predisposizione ovvero di mancata approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento dell’ateneo e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, della delibera di commissariamento e di nomina di uno o più commissari con il compito di provvedere alla predisposizione ovvero all’attuazione del piano di rientro finanziario;
m) previsione di un fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei.
4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettere c) e d), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) determinazione dell’impegno dei professori universitari e dei ricercatori universitari nei regimi del tempo pieno e del tempo definito anche in relazione alla specificità degli ambiti scientifici di appartenenza e alle connesse attività professionali, sentiti l’ANVUR e il Consiglio universitario nazionale (CUN);
b) disciplina delle modalità di passaggio dall’uno all’altro regime di cui alla lettera a);
c) disciplina dell’impegno, rispettivamente, dei professori e ricercatori a tempo pieno e a tempo definito per attività di ricerca, di studio e di insegnamento con i connessi compiti preparatori e di verifica, e organizzativi, anche con quantificazione dell’impegno complessivo, per i fini che lo richiedono, compresa l’attività di ricerca e di studio, di millecinquecento ore annue e di quello specifico da riservare ai compiti didattici e di servizio per gli studenti di trecentocinquanta ore annue per il regime di tempo pieno e di duecentocinquanta per quello di tempo definito;
d) disciplina delle modalità di verifica dell’effettivo svolgimento da parte dei docenti dei compiti didattici e di servizio agli studenti, nonché delle modalità di verifica dell’impegno scientifico dei professori e dei ricercatori a tempo pieno e a tempo definito, prioritariamente attraverso i titoli prodotti e la relazione di cui alla lettera f); esclusione dei professori e dei ricercatori, in caso di valutazione negativa, dalle commissioni di abilitazione, di selezione e promozione del personale accademico, di esame di Stato, nonché dagli organi di valutazione di progetti di ricerca;
e) individuazione dei casi di incompatibilità tra la posizione di professore e ricercatore universitario e l’esercizio di altre attività o incarichi; definizione dei criteri generali per l’assunzione di incarichi anche retribuiti di studio, di insegnamento, di ricerca, gestionali, di consulenza e di collaborazione scientifica per conto di enti pubblici o di soggetti privati, fatta comunque salva la possibilità di svolgere liberamente attività anche retribuite di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché di valutazione; individuazione dei casi in cui l’assunzione di incarichi esterni o istituzionali comporta l’obbligo dell’aspettativa con o senza assegni;
f) disciplina dell’obbligo per i professori universitari di presentare periodicamente una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, anche ai fini dell’attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e delle relative modalità di verifica;
g) previsione di meccanismi di incentivazione a carico del fondo di finanziamento ordinario volti a favorire la mobilità dei professori e ricercatori universitari; previsione che in caso di cambiamento di sede, i professori, i ricercatori di ruolo e i ricercatori a tempo determinato responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall’università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti;
h) previsione di procedure di mobilità professionale dei professori e ricercatori per lo svolgimento di attività, previo collocamento in aspettativa, presso soggetti e organismi pubblici o privati anche a scopo di lucro;
i) revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 e successive modifiche, e, in particolare, trasformazione degli scatti biennali di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 in scatti triennali, con invarianza del complessivo trattamento retributivo;
l) revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività;
m) rimodulazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, della progressione economica e dei relativi importi, anche su base premiale, per i professori e ricercatori assunti ai sensi della presente legge, con conseguente abolizione del periodo di straordinariato e di conferma rispettivamente per i professori di prima fascia e per i professori di seconda fascia, eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera e rivalutazione del trattamento iniziale;
n) possibilità, per i professori e i ricercatori nominati secondo il regime previgente, di optare per il regime di cui alla lettera m);
o) attribuzione di una quota del fondo di finanziamento ordinario delle università correlata a meccanismi di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, fondati sulla produzione scientifica dei professori successiva al loro inquadramento in ruolo, la percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno trascorso l’intero percorso di dottorato e di post-dottorato nella medesima università, la percentuale dei professori reclutati da altri atenei, la percentuale dei professori e ricercatori in servizio responsabili scientifici di progetti di ricerca internazionali e comunitari e il grado di internazionalizzazione del corpo docente.
5. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), anche con riferimento ai requisiti di merito ed economici, tali da assicurare gli strumenti ed i servizi per il conseguimento del pieno successo formativo di tutti gli studenti dell’istruzione superiore e rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e personale che limitano l’accesso ed il conseguimento dei più alti gradi di istruzione superiore agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi;
b) garantire agli studenti la più ampia libertà di scelta in relazione alla fruizione dei servizi per il diritto allo studio universitario;
c) definire i criteri per l’attribuzione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano del Fondo integrativo per la concessione di prestiti d’onore e di borse di studio, di cui all’articolo 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390;
d) favorire il raccordo tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, le università e le diverse istituzioni che concorrono al successo formativo degli studenti al fine di potenziare la gamma dei servizi e degli interventi posti in essere dalle predette istituzioni, nell’ambito della propria autonomia statutaria;
e) prevedere la stipula di specifici accordi con Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, per la sperimentazione di nuovi modelli nella gestione e nell’erogazione degli interventi;
f) disciplinare, da parte del Ministero, i requisiti minimi necessari per l’accreditamento dei collegi universitari legalmente riconosciuti, anche ai fini della concessione del finanziamento statale.
6. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, e, con riferimento alle disposizioni di cui al comma 5, di concerto con il Ministro della gioventù e previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono trasmessi alle commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali esprimono il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.
7. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.

Articolo 6 - Disciplina di riconoscimento dei crediti 1.
All’articolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, la parola: “sessanta” è sostituita dalla seguente: “dodici”. Al medesimo comma è aggiunto il seguente periodo: “Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite collettivamente.”.
2. Con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità attuative e le eventuali deroghe alle disposizioni di cui al comma 1, anche con riferimento al limite massimo di crediti riconoscibili, in relazione a particolari esigenze degli Istituti di formazione della pubblica amministrazione, sentiti i Ministri competenti.

TITOLO III -Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento

Articolo 7 - Revisione dei settori scientifico-disciplinari
1. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro provvede, con decreto di natura non regolamentare, sentito il CUN, alla revisione dei settori scientifico-disciplinari, assicurando l’afferenza di almeno cinquanta professori di prima fascia in ciascun settore, fatta salva la possibilità di determinare raggruppamenti di dimensioni minori in presenza di particolari motivazioni scientifiche. I settori scientifico-disciplinari affini sono raggruppati in macrosettori scientifico-disciplinari.

Articolo 8 - Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale
1. E' istituita l’abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata “abilitazione”. L'abilitazione ha durata quadriennale ed è distinta per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L’abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, lettera m), requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori.
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3.
3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:
a) l’attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare e definiti con decreto del Ministro;
b) meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e congruità dei criteri e parametri di cui alla lettera a) e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale;
c) l’indizione, con frequenza annuale, delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione;
d) i termini e le modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per settori scientifico-disciplinari, e l’individuazione di modalità, anche informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro cinque mesi dall’indizione; la garanzia della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici;
e) la formazione, per ciascun settore scientifico-disciplinare, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di un’unica commissione nazionale di durata biennale per le procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, mediante sorteggio di quattro commissari all’interno di una lista di professori ordinari costituita ai sensi della lettera g) e sorteggio di un commissario all'interno di una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese aderente all’OCSE;
f) che della commissione di cui alla lettera e) non può far parte più di un commissario della stessa università; che i commissari in servizio presso atenei italiani possono, a richiesta, essere parzialmente esentati dalla ordinaria attività didattica, nell’ambito della programmazione didattica e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; che ai commissari in servizio all'estero è corrisposto un compenso determinato con decreto non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
g) che il sorteggio di cui alla lettera e) è effettuato all’interno di liste, una per ciascun settore scientifico-disciplinare, contenente i nominativi dei professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi inclusi, corredata dalla documentazione concernente la propria attività scientifica complessiva, con particolare riferimento all’ultimo quinquennio; l’inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell’articolo 5, comma 4, lettera d), ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a), riferiti alla fascia e al settore di appartenenza;
h) l’integrazione delle liste di cui alla lettera g) con i professori di prima fascia appartenenti ai settori scientifico-disciplinari dello stesso macrosettore candidatisi ai sensi della medesima lettera, nel caso in cui il numero dei professori afferenti al settore oggetto dell’abilitazione e candidabili ai sensi della lettera g), è inferiore a cinquanta, assicurando comunque un’adeguata presenza dei professori appartenenti a quest’ultimo;
i) il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente di più di una commissione di abilitazione e, per tre anni dalla conclusione del mandato, di commissioni per il conferimento dell'abilitazione relativa a qualunque settore scientifico-disciplinare;
l) la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l’attribuzione della stessa, ovvero nel triennio per l’attribuzione dell’abilitazione alla funzione superiore, anche se concernente altro settore scientifico-disciplinare;
m) le apposite modalità per il riconoscimento dell’abilitazione scientifica nazionale a studiosi italiani o stranieri appartenenti ad università o istituti di ricerca esteri, e le misure volte a garantire pari opportunità di accesso alle procedure di abilitazione anche a studiosi operanti all’estero;
n) che il possesso dell’abilitazione costituisce titolo preferenziale per l’attribuzione dei contratti di insegnamento di cui all'articolo 11, comma 2;
o) lo svolgimento delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione presso università dotate di idonee strutture e l’individuazione delle procedure per la scelta delle stesse; le università prescelte assicurano le strutture e il supporto di segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e sostengono gli oneri relativi al funzionamento di ciascuna commissione; di tale onere si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario.

Articolo 9 - Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico

1. Le procedure di reclutamento sono avviate sulla base della programmazione triennale di cui all’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, nonché delle disposizioni di cui all’articolo 5, comma 3, lettera d). La programmazione assicura tra l’altro la sostenibilità nel tempo degli oneri stipendiali anche alla luce dei maggiori oneri derivanti dall’attribuzione degli scatti stipendiali, dagli incrementi annuali e dalla dinamica di progressione di carriera del personale. La programmazione assicura altresì la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’eventuale rinnovo dei contratti di cui all’articolo 12, commi 4 e 6.
2. Le università procedono alla copertura di posti di professore di prima e seconda fascia e all’attribuzione dei contratti di ricercatori a tempo determinato di cui all’articolo 12, eccezion fatta per quanto previsto dall’articolo 12, commi 6 e 9, mediante procedure di selezione pubblica basate sulla valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo dei candidati e disciplinate da apposito regolamento in conformità ai principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori e specificamente ai seguenti criteri:
a) pubblicazione dei bandi sul sito dell’ateneo e nei siti del Ministero e dell’Unione Europea, nonché inserimento nei bandi di informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante;
b) ammissione alle procedure per la copertura di posti di professore di prima o di seconda fascia, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 8, comma 3, lettera m), degli studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore scientifico-disciplinare e per le funzioni oggetto del bando, ovvero per funzioni superiori purché non titolari di tali funzioni presso altro ateneo;
c) istituzione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, di una commissione di almeno cinque membri con il compito di procedere alla selezione e composta da tutti i professori ordinari della struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c), appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, ovvero, qualora questi siano in numero superiore a sette, da una rappresentanza eletta al loro interno; limitatamente alle procedure di selezione relative a ricercatori a tempo determinato, la commissione è composta anche da professori associati confermati della medesima struttura afferenti al settore scientifico- disciplinare oggetto del bando, in misura non superiore a un terzo del numero dei professori ordinari che fanno parte della commissione; detta rappresentanza è eletta da tutti i professori associati della struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando; qualora il numero dei professori ordinari ovvero associati in servizio nell’ateneo per il settore scientifico-disciplinare oggetto della valutazione sia inferiore a cinque, la commissione è integrata con docenti di pari livello anche di altri atenei di settori affini secondo la normativa vigente ovvero con docenti del medesimo settore di altri atenei scelti all’interno della lista di cui all’articolo 8, comma 3, lettera e); possesso da parte dei componenti della commissione dei requisiti di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g); previsione che la commissione può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni all'ateneo;
d) disciplina delle modalità per la selezione dei candidati da invitare a tenere una lezione pubblica nella sede dell’ateneo che ha indetto la procedura con esclusione di prove scritte o orali;
e) facoltà per la commissione, al termine delle procedure di selezione e in assenza di candidati in possesso di adeguati requisiti di merito, di non indicare alcun candidato, al dipartimento, ai fini delle procedure di cui alla lettera f);
f) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento, ovvero della struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), con voto favorevole della maggioranza dei professori di prima fascia, relativamente alle chiamate dei professori di prima e seconda fascia, e dei professori di prima e seconda fascia relativamente alle chiamate dei ricercatori a tempo determinato; la proposta, corredata del parere favorevole dell’organo di cui all’articolo 2, comma 3, lettera f), è deliberata dal consiglio di amministrazione su proposta motivata del rettore;
g) nelle procedure di selezione per posti di ricercatore a tempo determinato, qualora entro trenta giorni dalla certificazione della regolarità degli atti da parte del rettore il vincitore rinunci alla nomina, il rettore può richiedere alla commissione, entro e non oltre i successivi sessanta giorni, di formulare al dipartimento un’altra proposta di chiamata, fermo restando quanto previsto dalla lettera e);
h) facoltà di prevedere la copertura degli oneri derivanti dal reclutamento di professori e ricercatori a carico totale o parziale di soggetti pubblici e privati, previa stipula di apposite convenzioni di durata almeno decennale;
i) facoltà per gli istituti a ordinamento speciale e le università non statali di disciplinare autonomamente la composizione della commissione di cui alla lettera c) nonché le procedure di cui alla lettera f), fermo restando il numero minimo di cinque componenti.
3. Le università procedono alla copertura dei posti di professore di prima e di seconda fascia nel rispetto dei seguenti criteri:
a) almeno un quinto dei posti di professore di ruolo di seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è destinato alle procedure di cui al comma 2;
b) almeno un terzo dei posti di professore di prima fascia resi disponibili in ciascun dipartimento, ovvero in ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è coperto da professori che non hanno prestato servizio presso l’università banditrice nei precedenti tre anni.
4. Nei cinque anni successivi all’attivazione, da parte dei singoli atenei, delle procedure di selezione di cui all’articolo 12, le procedure di reclutamento sono programmate e avviate nel rispetto dei seguenti criteri:
a) una percentuale non superiore ad un terzo dei posti di professore di ruolo di prima e di seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), può essere destinata a procedure di cui al comma 2 riservate al personale in servizio nell’ateneo, assicurando alle stesse la pubblicità all’interno dell’ateneo;
b) almeno un terzo dei posti di professore di prima e di seconda fascia disponibili in ciascun dipartimento, ovvero in ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è coperto da professori che non hanno prestato servizio presso l’università banditrice nei precedenti tre anni.
5. Le proposte di chiamata diretta di cui all’articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005, e successive modifiche, sono formulate con le modalità di cui al comma 2, lettere c), e), f), primo periodo, h) ed i). Le procedure di chiamata diretta di cui all’articolo 12, comma 6, si svolgono con le modalità di cui al comma 2, lettere c), d), e), f), h) ed i).
6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di ateneo di cui al comma 2, perde di efficacia, nei confronti dello stesso, l’articolo 1, comma 8, della legge n. 230 del 2005.

Articolo 10 - Assegni di ricerca
1. Le università, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi, resi pubblici anche per via telematica sui siti dell’ateneo, del Ministero e dell’Unione europea, contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante.
2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato da una adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l'ammissione al bando.
3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La titolarità del contratto non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca o specializzazione medica, in Italia o all’estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.
4. Le università disciplinano le modalità di conferimento degli assegni con apposito regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi mediante le seguenti procedure:
a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse dell'ateneo, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di ricerca, corredati dai titoli e dalle pubblicazioni e valutati da parte di un'unica commissione che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni all'ateneo, e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;
b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dall'ateneo.
5. Agli assegni di cui al presente articolo si applicano, in materia fiscale, le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476, e successive modifiche, nonché, in materia previdenziale, quelle di cui all'articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modifiche.
6. L’importo dell’assegno è determinato dall’ateneo, ai sensi dell’articolo 51, comma 6, nono periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
7. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario al finanziamento di assegni di ricerca da attribuire con apposito bando, su base nazionale e per raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, previa presentazione di specifici programmi di ricerca, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità, in possesso dei requisiti di cui al comma 2, scelti all’esito di procedura avviata con apposito bando. I vincitori possono scegliere l’università e la struttura ove svolgere la propria attività, con l’assenso delle stesse. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni i cui componenti sono designati dal Ministro su proposta dell'ANVUR nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g), e si avvalgono, per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. E’ oggetto di valutazione altresì l’adeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma di ricerca presentato.
8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.
9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all’articolo 12, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dieci anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente.
10. La disposizione di cui al comma 9, limitatamente alla durata complessiva dei rapporti, si applica altresì agli assegni di ricerca conferiti ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997.

Articolo 11 - Contratti per attività di insegnamento
1. Le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, e successive modificazioni, possono stipulare contratti, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. I predetti contratti sono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici.
2. Le università possono altresì stipulare contratti a titolo oneroso, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per far fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali, ad esclusione del personale tecnico-amministrativo delle università. Il possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, del titolo di specializzazione medica, ovvero dell’abilitazione scientifica nazionale costituisce titolo preferenziale ai fini dell’attribuzione dei predetti contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con propri regolamenti, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il trattamento economico spettante ai titolari dei predetti contratti è determinato, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Articolo 12 - Ricercatori a tempo determinato
1. Per svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e determinato. Il contratto regola altresì le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, cui sono riservate trecentocinquanta ore annue, e delle attività di ricerca.
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione di cui all’articolo 9, riservate ai possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, del diploma di specializzazione medica, ovvero della laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale adatto allo svolgimento di attività di ricerca, e degli specifici requisiti individuati con decreto del Ministro.
3. Ai fini della selezione, la commissione di cui all’articolo 9, comma 1, lettera c), attribuisce un punteggio numerico accompagnato da sintetica motivazione per ciascuno dei titoli e delle pubblicazioni presentati dai candidati secondo parametri e criteri definiti con decreto del Ministro.
4. I contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un ulteriore triennio previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro.
5. I destinatari dei contratti di cui ai commi 1 e 4 possono partecipare alle procedure di selezione di cui al comma 2 indette da altri atenei e, se vincitori delle stesse, possono stipulare contratti di durata pari al periodo mancante alla scadenza del contratto in essere, aumentato al massimo di un anno, fermo restando quanto previsto dal comma 7.
6. Le università, secondo quanto previsto dall’articolo 9, comma 3, e in conformità agli standard qualitativi individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro, possono procedere alla chiamata diretta dei destinatari del secondo contratto triennale di cui al comma 4, i quali entro e non oltre la scadenza di tale contratto, conseguono l’abilitazione alle funzioni di professore associato, di cui all’articolo 8. I chiamati, alla scadenza del secondo contratto, sono inquadrati nel ruolo dei professori associati.
7. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 10, comma 9.
8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 1 è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno, incrementato del venti per cento. Per i titolari dei contratti di cui al comma 4, il predetto trattamento annuo lordo onnicomprensivo può essere elevato fino a un massimo del trenta per cento.
9. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario delle università al finanziamento di bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato da destinare, su base nazionale e per raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità in possesso dei titoli e requisiti di cui al comma 2, previa presentazione di specifici programmi di ricerca. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni composte da eminenti studiosi, anche stranieri, designati dal Ministro su proposta dell'ANVUR nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g), che si avvalgono per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. E’ oggetto di valutazione altresì l’adeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma di ricerca presentato.
10. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.
11. La valutabilità delle attività svolte ai sensi del presente articolo, ai fini dell'ammissione a concorsi pubblici, è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione.

Articolo 13 - Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori
1. La concessione dell’opzione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 ai professori e ricercatori universitari è subordinata alla sussistenza di adeguate risorse finanziarie nel bilancio di ateneo, in coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005, e successive modificazioni, e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 5, comma 3, lettere d) e e).

Articolo 14 - Disciplina dei lettori di scambio
1. In esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l’utilizzo reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri in possesso di qualificata e comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine e alla cooperazione internazionale.
2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto rettorale, previa delibera degli organi accademici competenti. Con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze sono definite le modalità per il conferimento degli incarichi, ivi compreso il trattamento economico a carico degli accordi di cui al comma 1.

Articolo 15 - Norme transitorie e finali
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca le università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal Titolo III. 2. All'articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005, come sostituito dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, al primo periodo, dopo la parola “triennio” sono inserite le seguenti parole: “o nell’ambito di specifici programmi di ricerca finanziati dal Ministero stesso”.
3. Ai fini delle procedure di cui all’articolo 9, comma 2, l’idoneità conseguita ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, è equipollente all’abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera g), della predetta legge. Alle procedure per la copertura di posti di professore di prima e di seconda fascia di cui all’articolo 9, comma 2, possono altresì partecipare i professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge.
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) l’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398;
b) l’articolo 3 della legge n. 210 del 1998;
c) l’articolo 1, commi 10 e 14, della legge n. 230 del 2005.
5. All’articolo 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997, sono soppresse le seguenti parole: “Le università,”.
6. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 8, comma 2, è abrogato il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164.
7. Dall’attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.