Convegno a Bologna sul cattolicesimo politico: per la riforma dei partiti in Italia. Sul finanziamento pubblico e una magistratura speciale per i partiti..
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Nino Luciani

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La curva di Pareto della distribuzione
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Convegno sul cattolicesimo politico: per riforma dei partiti in Italia

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Luciani, La possibile BASE POLITICA
ED ECONOMICA per una
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Cosa disse MACRON alla SORBONA

(università di Parigi)
 

Dalla distribuzione
dei redditi risulta che il grosso della materia imponibile è compresa tra 20.000 e 70.000 €

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FORUM 1

 

In vista delle elezioni politiche 2018, in Italia

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P
er una Legge elettorale proporzionalista "pura",
ma associata a Regolamenti parlamentari che
ostacolano il frazionismo dei gruppi parlamentari

in modo da obbligare i partiti al "bipolarismo" nel dopo elezioni

..

LUCIANI:

1) Bipartitismo come idea e bipolarismo in pratica. In questa problematica il criterio principe è incanalare gli italiani verso il bipartitismo perche' e' il sistema che più permette agli elettori scelte dirette dei governanti. Ma, in ltalia l'estremo campanilismo tuttora non permette questa scelta (ed è ben noto che l'unità d'Italia fu fatta da una élite, non dagli italiani).
2) Gradualità... In una gradualità verso il bipartitismo, proporrei alle èlite (tali sono i partiti) il proporzionale puro (caro agli italiani), ma con la fiducia che i partiti faranno il bipolarismo (subito), stabilendo che i gruppi paramentari non possano avere membri di numero inferiore ad una soglia alta.
3) No a sbarramenti. Gli sbarramenti all'entrata sono antidemocratici e, soprattutto, inutili, se sono vanificati (nel dopo elezioni) dalla proliferazione dei gruppi parlamentari.

IL TESTO DI RIFERIMENTO ALLA CAMERA
predisposta dal Relatore Mazziotti.

RIASSUNTO IN ESSENZIALE :
1.- Camera e Senato : sbarramento al 3%, premio di maggioranza alla lista che ottenga almeno il 40% al primo turno.
Al Senato ci saranno 50 collegi plurinominali, 100 alla Camera, capilista bloccati e preferenze.

2.- Raccolta delle firme:
  a) possibilità di sottoscrizione digitale;
  b) riduzione del numero di firme;
  c) modifica del regime di autenticazione delle firme.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DEL RELATORE

Art. 1. (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati).

1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2 dell'articolo 1, le parole da: con l'eventuale attribuzione di un premio di maggioranza fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: con l'eventuale attribuzione di un premio di maggioranza qualora la lista che ha conseguito il maggior numero di voti validi abbia altres onseguito una percentuale di voti pari almeno al 40 per cento del totale nazionale;
b) all'articolo 7, comma 1, lettera c), dopo le parole: i sindaci sono inserite le seguenti: metropolitani e i sindaci;
c) all'articolo 11, il quinto comma brogato;
d) all'articolo 18-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 1, le parole: da almeno 1.500 e da non pi di 2.000 elettori sono sostituite dalle seguenti: da almeno 300 e da non pi di 500 elettori;
2) dopo il comma 1 nserito il seguente:

1-bis. Anche in deroga alle disposizioni del comma 1, le sottoscrizioni possono essere raccolte in modalit igitale, anche attraverso l'utilizzo della firma digitale o della firma elettronica qualificata, ai sensi del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.;

e) all'articolo 20, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al secondo comma, dopo le parole: anche in atti separati, sono aggiunte le seguenti: o in modalit igitale ai sensi comma 1-bis dell'articolo 18-bis;

2) al quarto comma, sono aggiunte, in fine le seguenti parole: , anche in modalit igitale;

3) dopo il quinto comma nserito il seguente: Le firme degli elettori possono altres ssere apposte in modalit igitale, anche attraverso l'utilizzo della firma digitale o della firma elettronica qualificata, ai sensi del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo Pag. 197 marzo 2005, n. 82; in tali casi non ecessaria l'autenticazione delle sottoscrizioni;

f) all'articolo 31, il comma 2-bis brogato;

g) all'articolo 77, comma 1, dopo il numero 3) ggiunto il seguente:

3-bis) determina la cifra elettorale percentuale di collegio di ciascuna lista. Tale cifra si ottiene dividendo la cifra elettorale di collegio di ciascuna lista per il totale dei voti validi del collegio e moltiplicando il risultato ottenuto per cento;

h) all'articolo 83:

1) al comma 1, numero 7), sono premesse le seguenti parole: qualora la verifica di cui al comma 1, numero 5), abbia dato esito negativo o;

2) al comma 1, numero 8), dopo il quinto periodo nserito il seguente: Esclude dall'attribuzione di cui al periodo precedente la lista ovvero le liste alle quali tato attribuito il numero di seggi a esse assegnato a seguito delle operazioni di cui al numero 4);

3) al comma 6, le parole: ovvero delle liste ammesse all'eventuale ballottaggio sono soppresse;

i) all'articolo 84, comma 1, ggiunto, in fine, il seguente periodo: Il deputato che risulti eletto in pi collegi plurinominali roclamato nel collegio in cui la lista di appartenenza abbia ottenuto la minore cifra elettorale percentuale di collegio, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, numero 3-bis);

l) l'articolo 85 brogato;

m) all'articolo 93, secondo comma, lettera c), le parole: La scheda per il ballottaggio a medesima con la quale la votazione si svolge sull'intero territorio nazionale sono soppresse;

n) all'articolo 93-ter, il comma 3 brogato;

o) all'articolo 93-quater:

1) al comma 4, le parole: , o ancora a seguito dello svolgimento del ballottaggio sono soppresse;

2) al comma 7, le parole: ovvero a seguito dell'esito del ballottaggio, e le parole: , ovvero ha ottenuto il maggior numero di voti nel turno di ballottaggio, sono soppresse.

Art. 2.

(Disposizioni in materia di elezione del Senato della Repubblica).

1. Il comma 2 dell'articolo 1 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, di seguito denominato decreto legislativo n. 533 del 1993, ostituito dai seguenti:

2. Per la presentazione delle candidature e per l'assegnazione dei seggi ai candidati ciascuna circoscrizione regionale ipartita in collegi plurinominali. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero e fermo restando quanto disposto dai commi 3 e 4, l'assegnazione dei seggi alle liste sul territorio nazionale ffettuata dall'ufficio elettorale centrale nazionale, ai sensi dell'articolo 16, con l'eventuale attribuzione di un premio di maggioranza qualora la lista che ha conseguito il maggior numero di voti validi abbia altres onseguito una percentuale di voti pari almeno al 40 per cento del totale nazionale.

2-bis. Con il medesimo decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1 eterminato, per ciascuna circoscrizione regionale, il numero di seggi da attribuire nei collegi plurinominali sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla pi recente pubblicazione ufficiale dell'istituto nazionale di statistica.

2-ter. Fatto salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, i seggi ripartiti tra le regioni ai sensi del comma 1 sono attribuiti in 50 collegi plurinominali.

2. Al comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 533 del 1993, le parole: nelle circoscrizioni regionali sono sostituite dalle seguenti: nei collegi plurinominali di ciascuna regione.

3. Nel titolo II del decreto legislativo n. 533 del 1993, dopo l'articolo 7 ggiunto il seguente:

Art. 7-bis. 1. Presso la Corte di cassazione stituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l'Ufficio elettorale centrale nazionale, composto da un presidente di sezione e da quattro consiglieri scelti dal primo presidente.

4. All'articolo 9 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 ostituito dal seguente: 2. La dichiarazione di presentazione delle liste di candidati per l'attribuzione dei seggi nei collegi plurinominali deve essere sottoscritta da non meno di 600 e da non pi di 1.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nei medesimi collegi o, in caso di collegi compresi in un unico comune, iscritti nelle sezioni elettorali di tali collegi. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni idotto alla met ;

b) dopo il comma 2, nserito il seguente:

2-bis. Anche in deroga alle disposizioni del comma 2, le sottoscrizioni possono essere raccolte in modalit igitale, anche attraverso l'utilizzo della firma digitale o della firma elettronica qualificata, ai sensi del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.;

c) al comma 3, il secondo periodo oppresso;

d) il comma 4 oppresso.

5. All'articolo 11 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la lettera a) i> sostituita dalla seguente: a) stabilisce mediante sorteggio, da effettuare alla presenza dei delegati di lista, il numero d'ordine da assegnare alle liste. I contrassegni di ciascuna lista e i cognomi e i nomi dei relativi candidati sono riportati nelle schede di votazione e sui manifesti secondo l'ordine progressivo risultato dal suddetto sorteggio;

b) al comma 3:

Nino Luciani, Sì ad una Legge elettorale con sistema proporzionale puro, ma con Regolamenti parlamentari che ammettono in parlamento solo gruppi parlamentari con numero di membri molto alto, in modo di obbligare i partiti ad aggregarsi.

1.- Premessa. E' un atteggiamento piuttosto comune considerare gli sbarramenti all'entrata in parlamento, ipotizzando che la proliferazione dei partiti ostacoli il buon funzionamento delle camere.
In verità esistono alcune smagliature nel "dopo" entrata, che in pratica mandano all'aria tutti i buoni propositi iniziali e si ricomincia da capo.
In questo servizio, mi occupo del dopo e faccio alcune proposte.
Ma andiamo per gradi, cominciando con una breve introduzione.

2. Sulle necessità fondamentali. Quelle, di solito evidenziate, sono di rendere compatibile:
a) la rappresentatività
dei parlamenti (rispetto alla struttura ideale, territoriale, etnica, di genere del Paese);
b) con la governabilità.

a) Sul punto a) è, di solito, perfino facile trovare una soluzione, a parte la questione delle preferenze, che nasconde ambiguità.
  Altre ambiguità, se non falsità, sono nascoste nella obbligo di raccolta delle firme.
  Preferenze. La manifestazione delle preferenze è una specie di convalidità della rappresentatività del candidato nei confronti del suo elettore.
  Tuttavia, nella totalità (quasi) dei casi, l'elettore non conosce il candidato.
  Per risolvere bene (quasi) il problema, occorre riportarlo alla sede naturale. Essa è che solo le associazioni di categoria (quelle numerose) se ne possono valere efficacemente indicando ai soci le ersone da votare.
  Vogliamo che questo avvenga ? Se sì, si può al massimo, permettere un voto di preferenza, per evitare che i parlamentari rispondano ai partiti, anzichè alle lobby, e che facciano cadere i governi ogni volta che privilegiano il bene comune, anzichè quello delle lobby coalizzate.
  Firme. L'obbligo raccolta delle firme non c'è oggi solo per i partiti già in parlamento.
  C'è, poi, la circostanza "notoria" che nella gran parte esse sono "comprate" presso chi le "sa" raccogliere (diciamo: ricostruire).
  Sarebbe opportuno riformare realisticamente e correttamente questa problematica, portando il numero a cifre simboliche, e questo per tutti.

b) Sul punto b), vanno distinti i sistemi proporziovale dai sistemi maggioritari.
  I primi sono per così dire "bonificati" mediante esclusioni all'entrata, ma non sempre si tiene conto abbastanza che le esclusioni (numeriche e politiche)  più o meno drastiche sono pericolose per la pace sociale e dunque rendono difficile la governabilità.
Infatti le esclusioni possono avere risvolti nel "dopo", che evolvono in manifestazioni al limite delle regole democratiche, e finanche rivoluzionarie.
  Nella Italia democratica anti-fascista di oggi, le esclusioni "politiche" si direbbero impossibili, e invece ci sono, come risulta dai tentativi delle parti di modellare la legge a propria immagine e somiglianza. Il caso piu' sovversivo è il cosiddetto premio di maggioranza ai partiti o alle coalizioni di minoranza (40%).

  Nei sistemi maggioritari, in ogni collegio vince uno solo, il candidato con piu' voti. Ma in un territorio variegato di campanili, come l'Italia, solo il collegio unico nazionale, potrebbe garantire una maggioranza, già al momento delle elezioni.

3) Sul dopo elezioni. Nel caso dell'Italia, le varie soluzioni (sia pur miste di proporzionale e di maggioritario) che seguirono alla caduta della DC, hanno prodotto una qualche maggior stabilità dei governi mediante il cosiddetto "bipolarismo", ma che non erano il buon governo.
  Il motivo fondamentale è i cosiddetti "poli" erano "unioni elettorali", non "unioni programmatiche".
  Lo abbiamo visto nel fatto che, nel dopo elezioni, i vari Presidenti del Consiglio dei Ministri erano continuamente sotto assedio dei vari parlamentari (di maggioranza) per ottenere favori e favorini personali, pena la minaccia delle sfiducia in parlamento.
 
4) Come impedire la proliferazione dei gruppi parlamentati, nel dopo elezioni. L'accenno al "dopo", fatto all'inizio di questo servizio voleva portare la riflessione su questo punto.
  Dunque, a cosa servono i vari sbarramenti o i premi alle coalizioni, se poi (nel dopo) è possibile frantumare tutto ?
  In questa conclusione, voglio sostenere che è meglio il proporzionale puro, se i partiti fanno un patto secondo cui, nel dopo, si aggregheranno, rinunciando ad ogni forma di frantumazione.

a) Art. 67 della Costituzione. Secondo questo articolo, il parlamentare "esercita le proprie funzioni senza vincolo di mandato". Dunque, qui troviamo il germe della proliferazione. Ma su questo la legge elettorale non ha poteri.

b) Regolamenti parlamentari. In base a questi, oggi alla Camera i parlamentari si possono costituire in gruppi se v'è la richiesta di almeno 20 deputati. In Senato, il numero è 10. Poi ci sono i gruppi misti, che sono un ibrido che riduce i requisiti ulteriormente.
  Il problema è incentivare l'Italia democratica al bipartitismo, senza andare contro la natura campanilista degli italiani.
  Ipotizzerei due soluzioni:
a ) che il numero minino per costituire un gruppo parlamentare sia ad es. il 30-40% dei memri della camera di afferenza. Su questa base, si dovrebbe aprire una fase di interlocuzione;
b) oppure, di ammettere in esplicito, già per definizione, due soli gruppi parlamentari: uno coincidente con i parlamentari del partito numericamente maggiore; un secondo coincidente con i parlamentari del secondo partito numerico.
  Tutti gli altri dovrebbero poter afferire ad uno dei due gruppi.

5) Conclusione. Proporrei, una legge elettorale (per entrambe le camere) secondo un principio di proporzionalità pura, ma associata a regolamenti parlamentari che vincolino i parlamentari al bipolarismo in entrambe le camere.
  Preferenze. Escluderei le preferenze per gli elettori, ma alzerei la soglia dei requisiti di preferibilità, per le segreterie dei partiti (es. il candidato con laurea, ha una precedenza).

u  
1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: e i nominativi dei relativi candidati capilista;

2) il secondo periodo oppresso;

3) il terzo periodo ostituito dal seguente: L'ordine delle liste tabilito con sorteggio secondo le disposizioni di cui al comma 1, lettera a);

4) ggiunto, in fine, il seguente periodo: A destra del contrassegno sono riportate due linee orizzontali per l'espressione, rispettivamente, della prima e della seconda preferenza.

6. All'articolo 13 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: della circoscrizione regionale sono sostituite dalle seguenti: del collegio plurinominale;

b) al comma 4, le parole: della circoscrizione regionale sono sostituite dalle seguenti: del collegio plurinominale del Senato.

7. All'articolo 14, comma 1, ggiunto, in fine, il seguente periodo: L'elettore pu tres sprimere uno o due voti di preferenza, scrivendo il nominativo del candidato o dei candidati nelle apposite linee orizzontali. In caso di espressione della seconda preferenza, a pena di nullit ella medesima preferenza, l'elettore deve scegliere un candidato di sesso diverso rispetto al primo.

8. Dopo il titolo IV del decreto legislativo n. 533 del 1993, nserito il seguente:

TITOLO IV-bis DELLE OPERAZIONI DELL'UFFICIO ELETTORALE REGIONALE

Art. 14-bis. 1. L'ufficio centrale regionale, compiute le operazioni di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o pi esperti scelti dal presidente:

a) determina la cifra elettorale di collegio di ogni lista. Tale cifra ata dalla somma dei voti validi conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali del collegio plurinominale;

b) determina il totale dei voti validi espressi in ciascun collegio della regione;

c) determina la cifra elettorale regionale di ogni lista. Tale cifra ata dalla somma delle cifre elettorali conseguite dalla lista nei collegi della regione;

d) determina il totale dei voti validi della circoscrizione regionale;

e) individua le liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 3 per cento del totale dei voti validi espressi;

f) determina la cifra elettorale individuale di ognuno dei candidati nel collegio plurinominale compresi nelle liste individuate ai sensi della lettera e). Tale cifra ata dalla somma dei voti validi di preferenza a lui attribuiti nelle sezioni elettorali del collegio;

g) per ciascun collegio plurinominale, determina la graduatoria decrescente delle cifre elettorali individuali dei candidati di ciascuna lista. A parit i cifre individuali, prevale nella graduatoria l'ordine di presentazione nella lista;

h) comunica all'Ufficio elettorale centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, la cifra elettorale regionale di ciascuna lista, il totale dei voti validi espressi nella circoscrizione regionale, nonch 'elenco delle liste di cui alla lettera e).

9. La rubrica del titolo VI del decreto legislativo n. 533 del 1993 ostituita dalla seguente: Delle operazioni dell'Ufficio elettorale centrale nazionale.

10. L'articolo 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993 ostituito dal seguente:

Art. 16. 1. L'Ufficio elettorale centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici elettorali regionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o pi esperti scelti dal presidente:

a) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra ata dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;

b) determina il totale nazionale dei voti validi; tale totale ato dalla somma delle cifre elettorali nazionali determinate ai sensi della lettera a);

c) individua quindi la lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale. Nelle determinazioni di cui alle lettere a) e b), nella cifra elettorale nazionale di ciascuna lista sono considerati e compresi i voti validi espressi in favore di candidati nel collegio uninominale della Valle d'Aosta/Vall d'Aoste e nei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige/Sdtirol quando tali candidati sono contraddistinti dal medesimo contrassegno della lista; tali voti non concorrono all'attribuzione dei seggi nelle altre circoscrizioni del territorio nazionale e non sono considerati in alcuna delle relative operazioni di calcolo;

d) procede per ciascuna regione a una prima attribuzione provvisoria dei seggi alle liste comprese nell'elenco comunicato dall'ufficio elettorale regionale ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 1, lettera h), in base alla cifra elettorale regionale di ciascuna di esse. A tale fine divide il totale regionale di tali liste per il numero di seggi da attribuire nella regione, ottenendo cos l quoziente elettorale regionale. Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale regionale di ciascuna lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente cos ttenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parit i resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale regionale; a parit i quest'ultima si procede a sorteggio. Determina infine il totale nazionale dei seggi assegnati in base a tale attribuzione provvisoria a ciascuna lista. Tale totale ato per ciascuna lista dalla somma dei seggi a essa assegnati in ciascuna regione;

e) verifica se la cifra elettorale nazionale della lista con la maggiore cifra elettorale nazionale, individuata ai sensi della lettera c), corrisponda ad almeno il 40 per cento del totale nazionale dei voti validi;

f) qualora la di cui alla lettera e) abbia dato esito positivo, verifica se la lista di cui alla predetta lettera abbia conseguito dalle assegnazioni un numero totale nazionale di seggi pari o superiore a 170 seggi;

g) qualora la verifica di cui alla lettera f) abbia dato esito positivo conferma come definitive le assegnazioni dei seggi effettuate in ciascuna regione ai sensi della lettera d) e comunica tali assegnazioni ai rispettivi uffici elettorali regionali. L'ufficio elettorale regionale assegna i seggi alle liste comprese nell'elenco di cui all'articolo 14-bis, comma 1, lettera h), in conformit lla comunicazione ricevuta dall'Ufficio elettorale centrale nazionale e procede ai sensi dell'articolo 16-bis alla loro attribuzione nei collegi plurinominali della regione. Nella determinazione del numero nazionale dei seggi ottenuti dalla lista con la maggiore cifra elettorale nazionale l'Ufficio centrale elettorale nazionale comprende il numero di seggi in cui sono stati proclamati candidati ai seggi attribuiti con metodo proporzionale nella regione Trentino-Alto Adige/Sdtirol, ovvero candidati nei collegi uninominali della Valle d'Aosta/Vall d'Aoste e nei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige/Sdtirol quando tali candidati sono contraddistinti dal medesimo contrassegno della lista che ha conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale;

h) qualora la verifica di cui alla lettera f) del presente comma abbia dato esito negativo, assegna a tale lista il numero aggiuntivo di seggi necessario e sufficiente a che, sommati questi al numero di seggi assegnati ai sensi della lettera d), ad essa siano assegnati complessivamente 170 seggi. Nella determinazione di tale numero si applica quanto disposto dal terzo periodo della lettera g);

i) procede poi a ripartire fra le regioni il numero di seggi aggiuntivi determinato ai sensi della lettera h). A tale fine divide la cifra elettorale regionale della lista di cui alla lettera e) per il totale nazionale delle cifre elettorali regionali della medesima lista, escludendo dal totale le regioni Valle d'Aosta/Vall d'Aoste, Trentino-Alto Adige/Sdtirol e Molise, nelle quali non sono attribuiti seggi aggiuntivi. L'Ufficio esclude altres a regione o le regioni in cui non resente la lista di cui alla citata lettera e) o nella quale essa non ompresa nell'elenco di cui all'articolo 14-bis, comma 1, lettera h). Nel compiere l'operazione di cui al periodo precedente, arrotonda alla sesta cifra decimale il valore risultante, determinando cos 'indice di ripartizione dei seggi aggiuntivi in ciascuna regione. Moltiplica poi ciascuno di tali indici per il numero di seggi aggiuntivi determinato ai sensi della lettera h) e arrotonda questo secondo risultato all'unit ntera pi prossima. In corrispondenza del rispettivo indice attribuisce in ciascuna regione alla lista di cui alla lettera e) un numero di seggi aggiuntivi pari al risultato di tale moltiplicazione. Prima di procedere all'attribuzione dei seggi aggiuntivi da attribuire in ciascuna regione, l'Ufficio verifica se la somma dei seggi aggiuntivi cos eterminati corrisponde al numero dei seggi aggiuntivi determinato ai sensi della lettera h). Se il risultato della somma i un'unit uperiore a tale valore, l'Ufficio arrotonda all'unit ntera inferiore il risultato che ha la pi piccola parte decimale tra i risultati delle moltiplicazioni arrotondati all'unit ntera superiore. Se il risultato della moltiplicazione guale in corrispondenza di due o pi regioni, l'Ufficio arrotonda all'unit ntera inferiore il valore corrispondente alla regione nella quale la lista di cui alla lettera e) ha la minore cifra elettorale regionale. Se il risultato della somma uperiore di pi unit l'Ufficio ripete pi volte le operazioni descritte iniziando dal pi piccolo dei valori tra quelli arrotondati all'unit ntera superiore e fino alla determinazione del numero complessivo di seggi aggiuntivi corrispondente a quello determinato ai sensi della lettera h). Se il risultato della somma dei seggi aggiuntivi da attribuire nelle singole regioni i una o pi unit nferiore al numero determinato ai sensi della lettera h), l'Ufficio procede nel modo di cui ai periodi ottavo, nono e decimo, arrotondando all'unit ntera superiore i valori arrotondati nel primo calcolo all'unit ntera inferiore. L'Ufficio provvede quindi alle comunicazioni di cui al comma 3, indicando per ciascuna regione il numero dei seggi assegnati complessivamente alla lista di cui alla lettera e).

2. Qualora la verifica di cui al comma 1, lettera e), abbia dato esito negativo resta ferma come definitiva l'assegnazione dei seggi in ciascuna regione come definita dalla attribuzione provvisoria di cui al comma 1, lettera d). L'Ufficio elettorale centrale nazionale procede quindi alle comunicazioni di cui al comma 3.

3. Al termine delle operazioni l'Ufficio elettorale centrale nazionale, tramite estratto del processo verbale, comunica agli uffici elettorali regionali l'assegnazione dei seggi alle liste nella rispettiva regione come determinata ai sensi del comma 1, lettera g), ovvero del comma 1, lettera i), ovvero del comma 2.

4. Di tutte le operazioni dell'Ufficio elettorale centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, un apposito verbale; un esemplare imesso alla Segreteria generale del Senato della Repubblica, la quale ne rilascia ricevuta; un altro esemplare epositato presso la cancelleria della Corte di cassazione.

11. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993, come da ultimo sostituito dal presente articolo, nserito il seguente:

Art. 16-bis. 1. L'ufficio elettorale regionale, ricevute le comunicazioni di cui al comma 3 dell'articolo 16, procede, in applicazione delle determinazioni assunte dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, alle ulteriori attribuzioni e assegnazioni dei seggi in sede regionale e, successivamente, nei collegi plurinominali. A tale fine compie le seguenti operazioni:

a) se l'Ufficio elettorale centrale nazionale ha assegnato i seggi alle liste regionali ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera g), o del medesimo articolo 16, comma 2, procede alla proclamazione degli eletti qualora la regione non sia ripartita in pi collegi plurinominali o, altrimenti, procede ad attribuire nei collegi plurinominali i seggi assegnati a ciascuna lista in sede regionale;

b) se l'Ufficio elettorale centrale nazionale ha assegnato, ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera i), i seggi alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, l'ufficio elettorale regionale procede a ripartire il numero residuo di seggi tra le altre liste di cui all'articolo 14-bis, comma 1, lettera e). Tale numero di seggi eterminato sottraendo al numero di seggi assegnati alla regione dal decreto di cui all'articolo 1, comma 1, il numero di seggi assegnati dall'Ufficio centrale elettorale nazionale alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale. Divide quindi il totale delle cifre elettorali regionali delle liste cui attribuisce i seggi per il numero dei seggi prima determinato ottenendo cos l quoziente elettorale regionale. Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale regionale di ciascuna lista per tale quoziente. La parte intera del quoziente cos ttenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parit i resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale regionale; a parit i quest'ultima si procede a sorteggio.

2. L'ufficio elettorale regionale procede all'attribuzione nei singoli collegi plurinominali dei seggi assegnati alle liste come segue:

a) qualora i seggi siano stati assegnati con premio di maggioranza ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera i), e del comma 1, lettera b), del presente articolo, determina ai fini della ripartizione il quoziente regionale della lista alla quale tato attribuito il premio di maggioranza e il quoziente regionale delle altre liste alle quali sono attribuiti i seggi. Per determinare ciascuno dei quozienti, divide la cifra elettorale della lista di maggioranza e il totale delle cifre elettorali delle altre liste per il numero dei seggi loro rispettivamente assegnati nella regione e trascura la parte frazionaria del risultato;

b) qualora i seggi siano stati attribuiti ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera g), o del medesimo articolo 16, comma 2, il quoziente regionale umulativamente determinato dividendo il totale delle cifre elettorali alle quali sono assegnati seggi nella regione per il totale dei seggi loro assegnati e trascurando la parte frazionaria del risultato;

c) nel caso in cui i seggi siano stati assegnati ai sensi della lettera a), per l'attribuzione dei seggi nei collegi plurinominali divide, per ciascun collegio plurinominale, la cifra elettorale della lista maggioritaria per il quoziente elettorale di maggioranza determinato ai sensi della lettera a) ottenendo cos 'indice relativo ai seggi da attribuire a tale lista nel collegio plurinominale. Analogamente, per le altre liste alle quali spettano seggi nella circoscrizione, divide il totale delle cifre elettorali di collegio per il quoziente elettorale di minoranza determinato ai sensi della lettera a), ottenendo cos 'indice relativo ai seggi da attribuire nel collegio al gruppo di liste di minoranza. Quindi, moltiplica ciascuno degli indici suddetti per il numero dei seggi assegnati al collegio e divide il prodotto per la somma di tutti gli indici. La parte intera dei quozienti di attribuzione cos ttenuti rappresenta il numero dei seggi da attribuire nel collegio alla lista di maggioranza e al gruppo di liste di minoranza. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alla lista di maggioranza o al gruppo di liste di minoranza per i quali le parti decimali dei quozienti di attribuzione siano maggiori e, in caso di parit alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parit i quest'ultima, si procede a sorteggio;

d) successivamente accerta se la somma dei seggi assegnati in tutti i collegi alla lista di maggioranza e al gruppo di liste di minoranza corrisponda al numero dei seggi complessivamente assegnato dall'Ufficio elettorale centrale nazionale. In caso negativo, alla lista di maggioranza o al gruppo di liste di minoranza che abbia seggi eccedenti sottrae i seggi nei collegi nei quali i seggi stessi sono stati ottenuti con le parti decimali dei quozienti di attribuzione, secondo il loro ordine crescente, e li assegna, nei medesimi collegi, alla lista di maggioranza o al gruppo di liste di minoranza deficitario;

e) procede quindi all'attribuzione nei singoli collegi dei seggi spettanti alle liste del gruppo di liste di minoranza. A tale fine, determina il quoziente di collegio del gruppo di liste di minoranza dividendo il totale delle cifre elettorali di collegio delle liste che compongono il gruppo per il numero dei seggi assegnati al gruppo stesso nel collegio. Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale di collegio di ciascuna lista del gruppo per tale quoziente di collegio. La parte intera del quoziente cos ttenuto rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti cos ttenuti; in caso di parit sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parit i quest'ultima, si procede a sorteggio. Successivamente accerta se la somma dei seggi assegnati in tutti i collegi a ciascuna lista corrisponda al numero di seggi a essa attribuito nella circoscrizione ai sensi del comma 1, lettera b). In caso negativo, determina la lista che ha il maggior numero di seggi eccedentari e, a parit i questi, la lista che tra queste ha ottenuto il seggio eccedentario con la minore parte decimale del quoziente; sottrae quindi il seggio a tale lista nel collegio in cui tato ottenuto con la minore parte decimale dei quozienti di attribuzione e lo assegna alla lista deficitaria che ha il maggior numero di seggi deficitari e, a parit i questi, alla lista che tra queste ha la maggiore parte decimale del quoziente che non ha dato luogo all'assegnazione di seggio; il seggio ssegnato alla lista deficitaria nel collegio plurinominale in cui essa ha la maggiore parte decimale del quoziente di attribuzione non utilizzata; ripete quindi, in successione, tali operazioni fino all'assegnazione di tutti i seggi eccedentari alle liste deficitarie;

f) qualora l'Ufficio elettorale centrale nazionale abbia assegnato i seggi alle liste senza attribuire il premio di maggioranza, l'ufficio elettorale circoscrizionale procede all'attribuzione dei seggi nei collegi plurinominali, considerando singolarmente ciascuna lista, con le medesime modalit tabilite dalla lettera e) per l'attribuzione dei seggi alle liste del gruppo di liste di minoranza.

12. L'articolo 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993 ostituito dal seguente:

Art. 17. 1. Al termine delle operazioni di cui all'articolo 16-bis, l'ufficio elettorale regionale proclama eletti in ciascun collegio, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, a partire dal candidato capolista e successivamente in ragione del numero di preferenze ottenute da ciascun candidato, in ordine decrescente.

2. Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quel collegio, l'ufficio elettorale regionale assegna i seggi alla lista negli altri collegi plurinominali della regione in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, a partire dal candidato capolista e successivamente in ragione del numero di preferenze ottenute da ciascun candidato, in ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi le sono attribuiti negli altri collegi plurinominali della regione in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente gi tilizzata, a partire dal candidato capolista e successivamente in ragione del numero di preferenze ottenute da ciascun candidato, in ordine decrescente. Alla proclamazione del candidato capolista si applica la disposizione del comma 1, secondo periodo.

13. L'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 533 del 1993 brogato.

14. All'articolo 19 del decreto legislativo n. 533 del 1993 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 ostituito dal seguente:

1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, ttribuito, nell'ambito del medesimo collegio plurinominale, al candidato non eletto che abbia ottenuto il maggior numero di preferenze;

b) al comma 2, le parole: ai sensi dell'articolo 17, comma 8 sono sostituite dalle seguenti: ai sensi dell'articolo 17, comma 2.

15. Le tabelle A e B, allegate al decreto legislativo n. 533 del 1933, sono sostituite dalle tabelle A e B di cui all'Allegato 1 alla presente legge.

Art. 3.

(Delega al Governo per la determinazione dei collegi plurinominali per l'elezione del Senato della Repubblica).

1. Il Governo elegato ad adottare, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, un decreto legislativo per la determinazione dei collegi plurinominali nell'ambito di ciascuna circoscrizione regionale, sulla base dei seguenti princ e criteri direttivi:

a) fatto salvo quanto stabilito per le circoscrizioni Valle d'Aosta/Vall d'Aoste e Trentino-Alto Adige/Sdtirol ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, nelle restanti circoscrizioni del territorio nazionale per l'elezione del Senato della Repubblica sono costituiti 50 collegi plurinominali. La circoscrizione Molise ostituita in un unico collegio plurinominale;

b) i collegi plurinominali sono costituiti in ciascuna circoscrizione regionale in un numero determinato con il metodo dei quozienti interi e dei pi alti resti in proporzione al numero di seggi a essa assegnati secondo la ripartizione effettuata ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione. La popolazione di ciascun collegio pu ostarsi dalla media della popolazione dei collegi della circoscrizione di non oltre il 20 per cento in eccesso o in difetto;

c) sono garantite la coerenza del bacino territoriale di ciascun collegio e, di norma, la sua omogeneit conomico-sociale e delle caratteristiche storico-culturali, nonch a continuit el territorio di ciascun collegio, fatto salvo il caso in cui il territorio stesso comprenda porzioni insulari. I collegi, di norma, non possono dividere il territorio comunale, salvo il caso dei comuni che, per le loro dimensioni demografiche, comprendano al loro interno pi collegi. In quest'ultimo caso, ove possibile, il comune deve essere suddiviso in collegi formati mediante l'accorpamento dei tenitori dei collegi plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati stabiliti dal decreto legislativo 7 agosto 2015, n. 122;

d) sulla base di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2-ter, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, introdotto dalla presente legge, ciascun collegio plurinominale eterminato di norma per accorpamento dei collegi plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati stabiliti dal decreto legislativo 7 agosto 2015, n. 122.

2. Ai fini della predisposizione dello schema del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo si avvale di una Commissione composta dal presidente dell'istituto nazionale di statistica, che la presiede, e da dieci esperti in materia attinente ai compiti che la Commissione hiamata a svolgere, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 rasmesso alle Camere entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai fini dell'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia entro quindici giorni dalla ricezione dello schema. Qualora il decreto legislativo non fosse conforme al parere parlamentare, il Governo, contemporaneamente alla pubblicazione del decreto, deve inviare alle Camere una relazione recante un'adeguata motivazione.

4. Si prescinde dal parere di cui al comma 3 qualora non sia espresso entro i termini ivi stabiliti.

5. In caso di scioglimento del Senato della Repubblica prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, i collegi plurinominali per l'elezione del Senato della Repubblica sono determinati dalla tabella A di cui all'allegato 2 alla presente legge.

Art. 4.

(Disposizioni finali e transitorie).

1. All'articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: Da parte del sindaco del comune di residenza, o del presidente del tribunale avente competenza su tale comune, possono essere inoltre delegati alle autenticazioni di cui al presente comma i cittadini italiani, indicati da uno dei rappresentanti di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, che abbiano i requisiti per l'elezione a consigliere comunale.

2. All'articolo 2, comma 36, della legge 6 maggio 2015, n. 52, dopo le parole: e successive modificazioni, sono aggiunte le seguenti: e di cui al comma 3, primo periodo, dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 533 del 1993 e le parole: 1o gennaio 2014 sono sostituite dalle seguenti: 1 maggio 2017.

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Ricostituito giuridicamente il partito della Democrazia Cristiana, con autorizzazione del Tribunale di Roma
alla Assemblea dei soci il 26 feb. 2017: eletto On. Avv. Gianni Fontana, per Presidente

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In vista delle elezioni comunali di giugno 2017:

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LA QUESTIONE DEL SIMBOLO.
Fu simbolo rubato dalla UDC nel 2006 ? Esso deve
tornare alla DC per averlo pre-usato dal 1948 al 1992

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La legge vigente:
DECRETO LEGISLATIVO, 20 dicembre 1993, n. 533 

Art. 8. (Legge 23 aprile 1976, n. 136, art. 2, lettera b); legge 4 agosto 1993, n. 276, art. 2, comma 1, lettera a)

1. I partiti o gruppi politici organizzati nonche' singoli candidati che intendono presentare candidature per la elezione del Senato debbono depositare presso il Ministero dell'interno il contrassegno o i contrassegni con i quali dichiarano di voler distinguere le candidature medesime, con l'osservanza delle norme di cui agli articoli 14*, 15, 16 e 17 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

 

* Art. 14 del Testo Unico n. 361/1957

  I partiti o i gruppi politici organizzati, che intendono presentare candidature nei collegi uninominali o liste di candidati, debbono depositare presso il Ministero dell'interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere le candidature nei collegi uninominali o le liste medesime nelle singole circoscrizioni. All'atto del deposito del contrassegno deve essere indicata la denominazione del partito o del gruppo politico organizzato.

I partiti che notoriamente fanno uso di un determinato simbolo sono tenuti a presentare le loro liste con un contrassegno che riproduca tale simbolo.

  Non e' ammessa la presentazione di contrassegni, sia che si riferiscano a candidature nei collegi uninominali sia che si riferiscano a liste, identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli usati tradizionalmente da altri partiti.

  Ai fini di cui al terzo comma costituiscono elementi di confondibilita', congiuntamente od isolatamente considerati, oltre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali, nonche' le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalita' politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento.

  Non e' ammessa, altresi', la presentazione di contrassegni effettuata con il solo scopo di precluderne surrettiziamente l'uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso. Non e' ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l'elettore. Non e' neppure ammessa la presentazione di contrassegni riproducenti immagini o soggetti religiosi".

 

Nino Luciani, Lecito per la DC usare il simbolo scudo crociato

1.- Premessa. Una persona semplice, che considera la possibilità di usare un simbolo per il proprio partito, alle elezioni politiche e amministrative, si fa due domande:
a) se un determinato simbolo è già di proprietà di qualcuno ;
b) se quel determinato simbolo è stato già usato da qualcuno .

Nel caso della DC è fuori discussione che il simbolo scudo "crociato - libertas" sia di sua proprietà e che, tornando sulla scena politica in base a decreto del tribunale (dopo 54 anni), possa rivendicarlo, in quanto la DC non si è mai sciolta (come da nota sentenza della Cassazione).

Tuttavia, per la legge elettorale, la proprietà non ha alcuna importanza. Quello che conta è il punto b), visto alla luce dell'art. 14 del testo unico (vedi qui a fianco): vale dire l'uso tradizionale.

2.- Uso tradizionale di un simbolo. Per la legge, per aver diritto all'uso di un simbolo è averlo usato tradizionalmente.
  Il caso della UDC ha un suo valore: nel senso che, negli ultimi 12 anni, quel partito ha usato quel simbolo, e dunque la UDC ha un diritto .
  Ma questo vale finchè non riappare la DC, e che infatti è riapparsa il 26 febbraio 2017 a Roma, legittimamente, ponendo fine ad ogni dubbio.

Dato il ritorno legittimo della DC, essa può dire di avere avuto il pre-uso del simbolo dal 1948 al 1992, come risulta dal sito del Ministero dell'Interno, che riporta tutti partiti e il rispettivo simbolo, di tutte le elezoni politiche e amministrative dal 1948 ad oggi.

3.- Conclusione: chi, tra UDC e DC, potrà usare il simbolo ? Nel confronto, in entrambi i casi esiste un uso tradizionale.
  Ma tra i due, per la DC c'è un pre-uso tradizionale
  Mi pare evidente che la precedenza spetti alla DC (pre-uso di 54 anni, in confronto a 12 anni).
  Ma non potrà farlo chiunque si improvvisi della DC: occorrerà la autorizzazione del Presidente del partito della DC, eletto il 26 feb. 2017.

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Un codice etico per il cristiano impegnato in politica ?
Clicca su: codice ; e su: appendice

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Il Tribunale civile di Roma, dopo aver annullato nel 2014 il
congresso DC del 2012 (DC erroneamente presunta sciolta nel 1994)
ne convoca l'Assemblea dei soci a Roma,
Hotel Ergife, per il 25/26 feb. 2017.

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Luciani: Quale DC ? Quella del 1948-76, o quella del 1977-94 ?
Poi,  il Papa non vuole un partito "SOLO" di cattolici
Clicca su: http://www.universitas.bo.it/FORUM5.htm#PARTITO

Il codice etico come prima luce per un chiarimento

 

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Nota. Nel 2012 un Gruppo di docenti cattolici universitari aveva fatto un "codice etico del cristiano impegnato in politica", a prescindere dal partito di militanza. Ad esso si era pervenuti in un anno di lavoro, a seguito di un primo colloquio di uno del Gruppo con il Segretario generale della CEI, e poi di contatti con l'Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro, che infinr  l'aveva girato a Galantino "senza rilievi".
  Ultimamente, in seguito al decreto di convocazione del tribunale, a cui sopra si accenna, il codice è stato presentato a Bologna da tre professori universitari (Nino Luciani, Antonino Giannone, Ezio Mesini) a un gruppo misto di 60 persone, metà filo DC, metà interessate a titolo personale.
  Questi sono  i link per trovare il codice, direzionato alle persone, come individui; e due appendici con l'ottica del sistema politico, di cui un "appello" dell'arcivescono CREPALDI di Trieste, Osservatorio del card.Twain.
  Qui sotto si trovano due commenti: uno sui codici etici in generale; uno sul possibile significato (per l'Italia) del ritorno di un partito DC.

 Nino Luciani, IN CERCA DI UN IDENTIKIT
PER UN RITORNO CON DIGNITA'

1.- Un partito di soli cattolici ? NO – Il papa ha detto no.
Sì, invece, ad un partito laico che unisca il più possibile i cattolici nello scenario politico italiano, e anche di non cattolici con gli stessi valori e programmi, e
quali garanti della laicità del partito.
Un partito liberale ? No.
Un partito socialista ? NO.
L’art. 1 dell’Atto costitutivo della DC (1945, tuttora vigente) dice: "DC, un partito con un programma di libertà e di giustizia sociale, ispirato ai principi cristiani".
Direi, con linguaggio più pragmatico: DC, un partito interclassista e di mediazione sociale, ispirato alla dottrina sociale della chiesa, ma non di soli cattolici, anzi benvenuti come garanti della laicità.

2. - Secondo la dottrina sociale della chiesa, nel campo temporale la posizione del cristiano impegnato in politica, nei confronti della gerarchia, non è diversa da quella del non cristiano nei confronti della gerarchia. C’è invece il diritto-dovere della gerarchia nel dare l’ispirazione cristiana, al cristiano. Vedi Diez Alegria, Università. Gregoriana. Clicca su: Diez Alegria, Pontificia Univerità Gregoriana.

3.- Quale elettorato naturale per un partito di cattolici ? Sia pur non di soli cattolici). Penso che debba essere un elettorato qualificato, da cercare in quella direzione, capace di far scaturire grandi statisti, del calibro della DC del 1948-1976..
Dovre
bbero cercare un rapporto ufficiale con la gerarchia cattolica ? Direi proprio di no, perché la Chiesa ragiona rivolta al mondo ultraterreno, e dunque su valori trascendenti.
Gesù aveva detto che chi è primo in questo mondo potrebbe risultare ultimo nel suo regno (regno di Dio). Dunque la Chiesa non è interlocutrice di un partito (sia esso di cattolici o non cattolici).
Lo storico Giorgio Galli (Storia della DC, 1943-93, ed. Kaos, Milano 2007, p. 32) racconta che:" fino a quando la Chiesa e le organizzazioni cattoliche (parrocchie…, NdR) non scelgono la DC (si era vicino al 1948, NdR), il partito non appare affatto radicato nella società, e la sua azione si limita a contatti vertice…" . ..Successivamente, con la partecipazione del mondo della cultura e della formazione … la DC diverrà anche "interclassista, capace di rivolgersi in modo credibile tanto alle masse, quanto alle élites culturali e al mondo imprenditoriale " (ib. p. 28).
A questo riguardo si deve considerare che la distinzione tra valori temporali e valori spirituali non è netta, ma v’è tutto un campo misto. Basti pensare al soccorso alle povertà, alla presenza delle istituzioni cattoliche nel sociale (scuole, sanità, varie forme di volontariato ) e più in generale al fatto che, nella tradizione italiana, le nostre parrocchie hanno sempre svolto anche compiti civili.
Dunque la riscoperta del dialogo con le parrocchie, oggi molto dimenticate, è la strada giusta per un partito di cattolici e di non cattolici. Anche perchè nel mondo dei non cattolici ci sono strutture che fanno le stesse cose che fanno le parrocchie.
Con le parrocchie ci sono le associazioni e movimenti che le collaborano.

4.- In questo scenario il codice etico, ispirato alla dottrina sociale della chiesa cattolica, diviene il linguaggio che permette al partito di cattolici di parlare con le istituzioni civili cattoliche.
E’ un linguaggio che parla di comportamenti morali e di etica. Questo passaggio ci porta a considerare che il cristiano impegnato in politica deve orientarsi al bene comune, sia pur in modo generico.Questo non significa proporre demolire lo Stato sociale ( la scuola pubblica, la sanità pubblica e quant’altro), ma il riconoscimento al volontariato sociale di una posizione costituzionale paritaria. Questo ... anche per motivi pratici. Infatti, la burocrazia pubblica è lo strumento fondamentale dello Stato, altamente benemerito, ma anche la causa di catastrofi in dati casi (causa lentezza) , di cui vediamo i limiti ogni giorno.

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5.- Sulle motivazioni individuali dei politici. I politici tutti (cattolici e non cattolici) non cercano spesso, come istinto naturale, il bene comune, ma quello personale. Non è un fatto solo italiano, ma universale verificato dalla Scuola di public choice, fondata dal premio Nobel (James Buchanan) e oggi accettata nel mondo.
Seconda questa Scuola, circa le motivazioni individuali, non v’è differenza tra "economia privata di mercato" ed "economia pubblica", nel senso che un privato fa produzione per il mercato, ma allo scopo di fare un profitto.
E, identicamente, un politico fa produzione di beni pubblici, ma allo scopo di fare un interesse personale. Questo "interesse" non è necessariamente illecito. Può essere una remunerazione, il piacere di servire il bene comune, il piacere dell’ambizione ( e questo c’è anche nel privato).
Rinvio al mio libro: Economia delle Scelte Pubbliche. Clicca su: http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf , pag. 346 e ss.
Per riportare le cose sulla retta via, che mette d’accordo il bene privato e il bene pubblico, servono dei meccanismi bilancianti:
- nel mercato il principale meccanismo è la concorrenza, altro è la regolamentazione dei monopoli…;
- nel campo pubblico il principale meccanismo è quello dell’alternanza tra i grandi partiti al governo, aspetto trattato nell’Appendice al codice etico (a cui rinvio), e del quale gli Stati Uniti d’America sono un esempio sotto gli occhi di tutti, sia pur con i suoi difetti.
  Su questo sfondo, penso sia inimmaginabile che la DC possa ripresentarsi al popolo italiano senza sottoppore a riesame la sua storia, in un pubblico convegno di storici, con una netta distinzione tra i due periodi: 1948-1975 e 1976-1994): rispettivamente quello dell'ascesa del Paese, e quello del declino e della stagnazione, dentro il quale ci troviamo tuttora

6.- Bene Comune. Il cosiddetto "bene comune" non consiste "nel fare bene a tutti" e questo parrebbe contraddittorio.
Nel campo pubblico ogni intervento, per sua natura, fa il bene di qualcuno, e il danno di un altro.
Si pensi ad un autobus a servizio di un quartiere. Se esso passa per la strada più vicina a te, probabilmente quella strada è la più lontana da altri di un'altra strada. La soluzione meno peggio è che l’autobus passi per la via in mezzo alle due.
Si pensi al finanziamento di una scuola. Ognuno paga in modo progressivo, rispetto al reddito. Probabilmente i ricchi (che pagano di più), mandano i figli in una scuola privata, mentre i poveri mandano i figli alla scuola pubblica, pagando meno del costo.
Alla fine si trova che il bene comune è realizzato se, nel complesso della società civile, i vantaggi superano i danni.
La valutazione la fa "un terzo", che nelle scelte pubbliche potrebbe essere un governo eletto, o forse un dittatore.
Ma se il governo pensa a prolungare la propria sopravvivenza (ossia ai propri vantaggi), forse alla fine si trova che egli potrebbe privilegiare i propri elettori.
Questo è davvero il bene comune ? Per una soluzione, rinvio ad un mio studio, a partire da un teorema di Vilfredo Pareto:
" E.d'Albergo, la Sienza delle Finanze e il problema di una regola di sicura decisione collettiva, a supporto del secondo teorema del benessere": http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf pag.668 e ss.

7.- Torniamo al codice etico. Questa conclusione ci riporta a considerare l’importanza dei meccanismi bilancianti anche nel campo pubblico, vale dire alla alternanza tra i grandi partiti al governo e soprattutto alla educazione individuale.
Questa ci riporta al discorso iniziale, proprio della dottrina della chiesa cattolica: dunque al codice etico, che parla alla persona.

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Riforma costituzionale

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Dopo la bocciatura della riforma costituzionale di RENZI
(Italia: 60% per il NO; 40% per il SI' - Bologna 52% per SI')

Appello al Presidente Mattarella:
SERVE RIALZARSI
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CON UN GOVERNO DI UNITA' NAZIONALE
PD-FI-NCD

RIPARTENDO DALL'ACCORDO DI MODIFICA  ART. 138 COST
E DA ISTITUZIONE COMITATO INTER-PARLAMENTARE

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  Nota. Bocciando tutto, ahimè, si è bocciato anche la riforma della Governance dello Stato, risolto negli anni '90 per Regioni, Province e Comuni e sempre rinviata per lo Stato. Con l'ex-governo LETTA fu concordato una modifica dell'art. 138 della Costituzione per accelerare il procedimento e fare la riforma in uno spirito di grande unità, come si richiede per una riforma della Costituzione. L'iter ha avuto tre approvazioni dello stesso testo, e dal 13 settembre 2013 attende alla Camera la quarta votazione. Si potrebbe fare questo quarto adempimento e ripartire senza indugio. Qui sotto è riportato il testo del disegno di legge costituzionale, pendente alla Camera.

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE . S813B

Art. 1. - (Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali)

1. È istituito un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali, di seguito denominato «Comitato», composto di venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, tra i membri, rispettivamente, delle Commissioni permanenti competenti per gli affari costituzionali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Oltre ai componenti nominati fanno parte di diritto del Comitato i Presidenti delle predette Commissioni parlamentari, cui è affidata congiuntamente la Presidenza del Comitato.

2. La nomina di cui al comma 1 è effettuata su designazione dei Gruppi parlamentari delle due Camere, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base alla complessiva consistenza numerica dei Gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo e la presenza di un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute, eletto in una delle circoscrizioni comprese in Regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche. Se nei cinque giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale uno o più Gruppi non abbiano provveduto alla predetta designazione, i Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, provvedono alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei criteri di cui al presente comma.

3. La prima riunione del Comitato ha luogo non oltre i dieci giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

4. Nella prima seduta il Comitato elegge due vicepresidenti, dei quali un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e due segretari, un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato a uno. Sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per età.

5. L'Ufficio di Presidenza del Comitato è composto dai Presidenti, dai vicepresidenti e dai segretari, e integrato, in sede di programmazione dei lavori, dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari.

6. I componenti del Comitato non possono essere sostituiti con altri senatori o deputati, neppure per una singola seduta.

7. Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.

Art. 2. - (Competenze e lavori del Comitato)

1. Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte II della Costituzione, nonché, in materia elettorale, esclusivamente i conseguenti progetti di legge ordinaria concernenti i sistemi di elezione delle due Camere.

2. Il Comitato esamina o elabora, in relazione ai progetti di legge costituzionale di cui al comma 1, anche le modificazioni, strettamente connesse, ad altre disposizioni della Costituzione o di legge costituzionale.

3. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati assegnano o riassegnano al Comitato i progetti di legge costituzionale relativi alle materie di cui al comma 1, presentati alle Camere a decorrere dall'inizio della XVII legislatura e fino alla data di conclusione dei suoi lavori. Assegnano al Comitato anche i progetti di legge in materia elettorale di cui al comma 1.

4. Il Comitato esamina i progetti di legge ad esso assegnati in sede referente, secondo le norme della presente legge costituzionale e del regolamento della Camera dei deputati, in quanto applicabili. Salvo quanto previsto dal primo periodo, il Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori. Non sono in ogni caso ammesse questioni pregiudiziali e sospensive nonché proposte di non passare all'esame degli articoli.

5. I Presidenti del Comitato nominano uno o due relatori e, in tal caso, un senatore e un deputato. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Il Comitato assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale pervenire alla votazione di conclusione dell'esame.

6. Il Comitato, concluso l'esame preliminare dei progetti di legge ad esso assegnati ai sensi del comma 3, trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame.

7. Entro i termini fissati d'intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei testi adottati ai sensi del comma 6, sui quali si pronuncia il Comitato.

8. Al fine di rispettare i termini di cui all'articolo 4, la Presidenza del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all'organizzazione dei lavori e delle sedute dell'Assemblea.

9. Le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 si applicano anche ai progetti di legge ordinaria di cui al comma 1.

10. Il Comitato dispone, anche ai sensi del comma 4, secondo periodo, la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.
Continua (vedi NOTA, qui sotto)

NINO LUCIANI, Serve rialzarsi con un accordo che va oltre l'area di governo. La riforma della Governance dello Stato è una necessità, ma da risolvere in modo condiviso.

1. Perchè ripartire su basi unitarie nazionali.
    Forse è utile ricordare le ragioni della riforma costituzionnale e ricordare perchè c'è stato la frattura tra il NCD-Nuovo Centro Destra e Forza Italia.
   Sul primo punto, trattasi che da anni nessun Governo riesce ad affrontare i nodi strutturali della Italia (eccesso di socializzazione del sistema economico, che determina una spesa pubblica sopra ogni limite e pressione fiscale, di cui i responsabili principali sono i partiti politici, mangiatori insaziabili).
   Per uscirne l'unica via è una riforma costituzionale dello Stato, per cui il Presidente del Consiglio non risponda più ai partiti in Parlamento in base al meccanismo della fiducia, ma risponda direttamente al popolo e dunque:
- il Presidente del Consiglio sia eletto direttamente dal popolo per un tempo prefissato (4-5 anni, non rieleggibile);
- e il Parlamento si occupi di fare solo le leggi.
   Questo avviene in ogni Paese democratico normale (come negli Stati Uniti).
   Su questo percorso era atteso imminente, al traguardo finale, un disegno di legge di riforma costituzionale, che doveva accelerare i tempi, rispetto all'art. 138 della Costituzionale, dando poteri speciali ad un apposito "Comitato parlamentare".
   Anche questo disegno di legge, per diventare legge, doveva avere la doppia approvazione della Camera e del Senato a distanza di almeno 3 mesi.
   Se approvato con la maggioranza dei 2/3 da entrambe le camere, il Comitato opererebbe in tempi accelerati.
   Al senato, esso è già stato approvato due volte a distanza dei 3 mesi con i 2/3;  e alla camera 1 sola volta anche qui con i 2/3; adesso è qui per la seconda approvazione.
  Ma nel 2014 è successo un fatto nuovo: Berlusconi è uscito dalla maggioranza e quindi non ci sono più i 2/3 favorevoli, pur essendo il medesimo testo di quello approvato la prima volta. E vero che, in pratica,il disegno di legge potrebbe essere approvato validamente a maggioranza assoluta (50%+1), ma essendo venuti meno i 2/3, il tempo sarà molto più lungo.

  Quali solo le conseguenze ?  Esse sono che è diventato conveniente rinunciare al disegno di legge S813B, e attuare la procedura normale prevista dall'art. 138.
   Ma Renzi diceva che aveva fatto un accordo con Berlusconi.
   Prescindendo da quello che Renzi ha fatto veramente, non ci ha detto nulla sulle sorti di questo disegno di legge alla Camera, circa la seconda lettura.
  C'è dell'altro. L'intesa tra Renzi e Berlusconi ha fatto due cose gravissime, dal punto di vista degli Italiani: ha azzerato l'importanza della magistratura sul piano della moralità politica.
  Il motivo è che Berlusconi aveva tolto l'appoggio al governo non perchè in dissenso con il disegno di legge (infatti, al momento, l'aveva già approvato tre volte nel medesimo testo), ma perchè voleva essere amnistiato circa la condanna (da parte della magistratura): interdizione dai pubblici uffici.
    Ma poi avvenne che  il gesto di Renzi (ricevimento ufficiale di Berlusconi nella sede del PD) venne considerato da Berlusconi equivalente alla amnistia, e dunque ha anche irriso alla Magistratura.
    Io, personalmente, non mi sento certo delle evasioni fiscali di Berlusconi (come invece risulterebbe da sentenza) e sono anche sconvolto che la magistratura faccia arrivare le sue sentenze fuori tempo massimo (questo vale anche per COTA, in Piemonte), tuttavia sono doppiamente sconvolto che Renzi (vale dire, il PD in via presuntiva, al momento) abbia fatto qualcosa che politicamente equivaleva alla amnistia politica.

2.- Le "ragioni" della spaccatura tra FI e il NCD, anche ragioni dell'Italia.
  La spaccatura del NDC da FI era stata motivata (dal NCD) dalla necessità grave di impedire elezioni anticipate con il PORCELLUM, che non avrebbero risolto nulla dal lato della formazione di una identica maggioranza sia alla Camera, sia al Senato, e fatto cadere il Paese nel caos, in aggiunta alle attuali difficoltà per le imprese e il lavoro.
   Questa motivazione coincideva con una necessità fondamentale per l'Italia.
   Veniamo al Segretario del PD.  Allora Egli se ne era anche uscito, bello bello, dichiarando che il PD ha diritto di dettare l'agenda al compagno di governo (NCD), ignorando che, sia pur con meno voti, esso è determinante per fare maggioranza e per respingere il ricatto di Berlusconi sulle istituzioni.
   Se Renzi non capiva che in Italia non comanda nessuno, perchè tutti possono impedire (e nessun riesce a fare, pur volendo fare), non capiva neanche che lui avrebbe avuto  il medesimo problema, nè lo avrebbe salvato una legge elettorale.
   Cosa si potrebbe fare, invece ?
   Di nuovo impegnare assolutamente Berlusconi e Alfano, insieme con il Partito Democratico, sul piano delle riforme costituzionali, prima della riforma della legge elettorale. E l'unico modo è fare la legge elettorale, solo dopo la riforma costituzionale.
   Il motivo è che la politica è fatta da lupi, e il giorno dopo non sai mai cosa potrà accadere.
  
                                                           NINO LUCIANI.

NOTA: per il seguito (e anche per l'intero), Clicca su: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/714531/index.html?part=ddlpres_ddlpres1&aj=no


Relazione (a suo tempo) della Commissione per le Riforme Costituzionale
Per il testo integrale (clicca su:
Il Ministro)

Nino Luciani, BREVE SINTESI

Gli argomenti: 1.- PARLAMENTO.  2.- FORME DI GOVERNO .  
3.- SISTEMA  ELETTORALE. 4.- REGIONI, PROVINCE, COMUNI

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  Premessa sul procedimento di attuazione.
  Per le riforme costituzionali e della legge elettorale, sono previsti quattro passaggi:
  1) Lavori di una Commissione dei 42 esperti, con l'incarico di fornire un quadro di possibili soluzioni. La relazione della Commissione è stata consegnata in questi giorni al Ministro Quagliariello, ed è la sintesi di cui mi occupo.
  2) Subito di seguito dovrebbe partire il Comitato di redazione delle proposte di riforma. Esso dovrebbe selezionare, dentro la Relazione (di cui sopra) un testo legislativo per le Camere.
  3) E' già in corsa un progetto di modifica delll'art. 138 della Costituzione, per accelerare il percorso di modifica della Costituzione. Ma ex-art. 138 attuale, questo progetto di accelerazione dovrà avere la doppia approvazione delle camere, a intervallo non minore di tre mesi. Al momento c'è già stata la prima approvazione delle due camere, e si sta andando verso la seconda approvazione, prevista per l'11 ottobre (Senato) e per 10 dicembre (Camera).
   Nel progetto di modifica dell'art. 138, è prevista la istituzione di un Comitato parlamentare bicamerale per le riforme costituzionali ed elettorali, composto di venti senatori e venti deputati. Questo Comitato ha il compito di approvare i progetti di legge in sede referente, che poi saranno sottoposti all'aula in sede legislativa per la doppia approvazione di entrambe le camere, a intervallo non minore di 1 mese.
  Tralascio lo scadenzario forzato dei vari passaggi di approvazione, secondo la legge di modifica dell'art. 138 .
  Le leggi approvate potranno, infine, essere sottoposte a referendum popolare, se vi sarà la richiesta di 1/5 dei membri di una camera, o di 500.000 elettori.
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SINTESI DELLA RELAZIONE.

1. PARLAMENTO ( CAPITOLO PRIMO della Relazione )
a) Si propone una sola camera (sarebbe abolita la camera dei deputati o il senato);
b) oppure: due camere differenziate, ed entrambe con il potere legislativo, sia pur diverso da caso a caso.
-  La Camera rappresenta i cittadini ed è eletta a suffragio universale; il senato rappresenta gli enti locali,  ed è eletto dai consigli regionali e dai consigli comunale, o direttamente dai cittadini locali. I presidenti delle regioni ne sono membri di diritto;
- Se il governo è parlamentare, solo la Camera è abilitata a votare la fiducia al governo.
c) Il CNEL, organo consultivo del parlamento e del governo, in materia di economia e lavoro, va riformato
d) Si propone la riduzione del numero dei parlamentari, in linea con paesi europei:   per la Camera: 1 deputato ogni 125.000 abitanti (= totali 480).; per il Senato: totali 150-200 membri.

Procedimento legislativo (CAPITOLO SECONDO). In caso di camere differenziate, il potere legislativo andrebbe in generale ad entrambe le camere, ma con diversità per alcune tipologie di legge.
In sintesi:
- leggi costituzionali (potere a entrambe, secondo art. 138 cost.), e possibilità di referendum confermativo.
- leggi organiche (potere alla sola camera)
- leggi ordinarie riguardanti gli enti locali (potere a entrambe)
- leggi ordinarie (potere prevalente della camera dei deputati)

OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
- Circa il potere legislativo, le differenziazioni tra le due camere non abbrevieranno i tempi di approvazione delle leggi, e sono un labirinto che creerà un contenzioso di competenze tra le due camere.
  Proporrei che il potere legislativo sia solo della Camera, e che il Senato divenga un organo consultivo (per l’altra camera) con parere obbligatorio, ma non vincolante, per tutte le leggi.
- Circa il CNEL, proporrei di abolirlo perchè, in tanti anni, è stato sentito raramente, in quanto di solito i rapporti tra governo- parlamento e mondo dell’economia e del lavoro sono avvenuti direttamente, scavalcando il Cnel.

2. FORME DI GOVERNO (CAPITOLO QUARTO della Relazione)
a)  Semi-Presidenzialismo. In esso è prevista la elezione diretta del Presidente della repubblica (con voto a doppio turno con eventuale ballottaggio), che poi nomina in fiducia (e può revocare) il Primo ministro (che sceglie i ministri).
   In questo sistema il bicameralismo non è paritario.
   Qui il sistema elettorale dovrebbe essere il voto a doppio turno di collegio.

b) Parlamentarismo razionalizzato. Qui c'è un Presidente della repubblica con le medesime funzioni, attualmente in vigore.
    Circa la razionalizzazione, essa consiste nel fatto:
  -  che la fiducia è espressa al governo, solo dalla Camera;
  -  che  la sfiducia può essere solo "costruttiva", vale dire con la sostituzione automatica del Presidente del consiglio con altra persona;
  -  che si afferma la primazia del Presidente del Consiglio dentro il governo. (Egli potrebbe nominare e revocare i ministri ? )
  Qui andrebbero bene vari sistemi elettorali: tedesco, spagnolo, quello della legge Mattarella, il doppio turno di collegio.

c) governo parlamentare del Primo Ministro.
Grosso modo sarebbe come adesso, salvo inserire in costituzione la possibilità, per gli elettori della Camera, di indicare anche il primo ministro.
   Però, formalmente, egli è proposto  dal Presidente della repubblica alla Camera, per la fiducia,.
   La Camera può sfiduciarlo, ma con sfiducia costruttiva (vale dire con la sostituzione simultanea con altra personalità), salvo che egli chieda lo scioglimento delle camere.
  Qui il sistema elettorale dovrebbe sssere proporzionale con sbarramento al 5%, e premio di maggioranza (al 55%) al partito che ottiene almeno il 40%-50% dei voti alla Camera.

OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
  Considerato che il problema da risolvere è ottenere governi di legislatura, delle tre forme solo il semi-presidenzialismo lo risolve sicuramente.
   Invece, le altre due forme possono o non possono risolvere il problema (dipende dalle circostanze), per cui li respingerei entrambi.
   In caso non si voglia il semi-presidenzialismo, proporrei il governo parlamentare del Primo Ministro nel seguente modo:
   a) rimane il Presidente della Repubblica, come attualmente, salvo per la proposta e nomina del Primo Ministro
   b)  il primo ministro è eletto dalla Camera per l’intera legislatura, e la sfiducia è ammessa solo per casi di attentato alla costituzione e gravi reati penali.
  c) la fiducia è al primo ministro (non al governo nell’insieme), ed egli può nominare e revocare i ministri.

3.- SISTEMA ELETTORALE (CAPITOLO QUINTO della Relazione)
1.- Senato. La elezione è proposta con sistema proporzionale puro (considerato che non ha potere di fiducia al governo).
2.- Camera. Si propone:
   a) come criterio generale di accorciare il più possibile il rapporto tra cittadino ed eletto. A questo fine la opzione, circa il collegio elettorale, dovrebbe essere una delle seguenti: collegio uninominale, collegio plurinominale ma di piccole dimensioni, voto di preferenza in caso di collegi ampi.
   b) di favorire la formazione della maggioranza direttamente dagli elettori, non dopo le elezioni, da parte dei partiti, .
  
OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
   Circa la legge elettorale proporzionale con sbarramento (e premio di maggioranza) direi che essa, limitando la rappresentanza dei cittadini, si allontana dal favorire il rapporto diretto tra cittadini ed eletti. Infatti lo sbarramento e il premio sono proposti come il male minore per limitare la frammentazione dei partiti in parlamento e favorire la stabilità della maggioranza..
   Ma, circa la stabilità della maggioranza, la cosa non funziona con certezza, e lo si è visto con la frattura di grandi partiti e moltiplicazione dei gruppi parlamentari.
   Ma proprio sui gruppi parlamentari, richiamerei l'attenzione, per trarne una soluzioneper impedire anzi la frammentazione dei partiti.
   Si ricorda che in parlamento, proprio per limitare la frammentazione, c'è il divieto di formare gruppi con meno di 10 membri, che evidentemente è poco limitativo del numero dei gruppi.
  Se, dunque, si aumentasse il limite minimo, lo sbarramento sarebbe molto più efficace, a prescindere dallo sbarramento del 5%.
  Concludo col proporre di adottare la proporzionale pura; e, per la formazione di gruppi parlamentari, di elevare il minimo  ( al 30%-40% ? ) dei membri della camera, in modo da permettere non più di due gruppi.

4. REGIONI, PROVINCE, COMUNI. (CAPITOLO TERZO)
  - In materia legislativa la Commissione propone di togliere alle regioni il potere legislativo per la materia concorrente tra Stato e Regioni
-  In  materia amministrativa, si dovrebbe dare allo stato tutta la materia di sua competenza esclusiva, salvo eccezioni.
-  In materia finanziaria, le proposte si limitano al criterio del finanziamento statale (da aver luogo in base a costo standard). Il riferimento al sistema fiscale locale è accennato genericamente. Reclamato il commissariamento, in caso di dissesto finanziario.
-  Si propone l'abolizione delle province e le competenze vanno a Stato e Regioni.
-  Si propone il ripensamento delle città metropolitane, e riclassificazione dei comuni, per dimensione, ai fini della riattribuzione delle competenze.
  - Rimarrebbe la differenziazione, tra regioni a statuto ordinario e statuto speciale.

OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
Proporrei di togliere alle Regioni a statuto ordinario tutto il potere legislativo e di trasformarle in enti amministrativi con le competenze delle province (abolite) e del riordino territoriale degli enti locali ricompresi nel territorio regionale, incluse la riattribuzione delle competenze ai Comuni,  in base alla rispettiva dimensione e collocazione geografica.

.

 

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.  
Con questa riforma, si vuole migliorare il parlamento (una sola camera ...
decisioni più veloci)  e abolire la potestà legislativa
regionale in materia concorrente (Stato/Regioni)..., e abolire le Province.
Più sotto è possibile trovare il testo integrale del testo del Senato.

.
Tuttavia, pur se questa riforma avrà un impatto importante sul piano politico, non l'avrà sul risanamento del bilancio dello Stato, come invece vuol fare la Francia e che, dunque, ha un motivo valido ritardare la austerity. Una riforma vera delle Regioni richiederebbe, invece, di revisionare l'impianto Stato-Regioni. Vediamo come.

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Matteo Renzi

LUCIANI: STATO o REGIONI ? LE REGIONI come enti amministrativi (ossia, non legislativi)
   con i compiti delle province (abolite) e di riordino generale dei Comuni ?

MOTIVI :

1)  le Regioni sono un doppione dello Stato (a parte quelle "speciali" o per ragioni etniche);
2) la gestione delegata della sanità ha creato una sanità non uniforme nel territorio dello Stato;
3) l'abolizione delle Province è stata sostituita da costosi mini enti, anzichè da "enti intermedi" di dimensione regionale.

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SPESA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NEL COMPLESSO dal 1960 AL 2009.
SI NOTA  LO SBALZO  DAL 1977 (entrata in funzione delle Regioni)
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Fonte: Annuario Statistico SSN, 2014; Annuario statistico ISTAT 2014, Ragioneria Generale dello Stato, Annuario del SSN, 2014

 

CAMERA DEI DEPUTATI N. 2613
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE,
DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
l’8 agosto 2014 (v. stampato Senato n. 1429)
PRESENTATO DAL GOVERNO RENZI.

Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
::::::
CAPO IV
MODIFICHE AL TITOLO V
DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

ART. 28.
(Abolizione delle Province).
1. All’articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: " dalle Province, " sono soppresse;
b) al secondo comma, le parole: " le Province, " sono soppresse.

ART. 29.
(Modifica all’articolo 116 della Costituzione).
1. All’articolo 116 della Costituzione, il
terzo comma è sostituito dal seguente:
" Ulteriori forme e condizioni particolari
di autonomia, concernenti le materie
di cui all’articolo 117, secondo comma,
lettere l), limitatamente all’organizzazione
della giustizia di pace, n), s) e u), limitatamente
al governo del territorio, possono
essere attribuite ad altre Regioni, con legge
dello Stato, anche su richiesta delle stesse,
sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi
di cui all’articolo 119, purché la
Regione sia in condizione di equilibrio tra
le entrate e le spese del proprio bilancio.
La legge è approvata da entrambe le
Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e
la Regione interessata ".

ART. 30.
(Modifica dell’articolo 117 della Costituzione).
1. L’articolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
" ART. 117. – La potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
seguenti materie
:
a) politica estera e rapporti internazionali
dello Stato; rapporti dello Stato
con l’Unione europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati
non appartenenti all’Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le
confessioni religiose
;
d) difesa e Forze armate; sicurezza
dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e
mercati finanziari
e assicurativi; tutela
della concorrenza; sistema valutario; sistema
tributario e contabile dello Stato;
armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento
della finanza pubblica e del
sistema tributario; perequazione delle risorse
finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi
elettorali; referendum statali; elezione del
Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento
amministrativo e sulla disciplina giuridica
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche tese ad assicurarne
l’uniformità sul territorio nazionale;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad
esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali;
ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale; disposizioni
generali e comuni per la tutela della
salute, per la sicurezza alimentare e per la
tutela e sicurezza del lavoro;
n) disposizioni generali e comuni sull’istruzione;
ordinamento scolastico; istruzione
universitaria e programmazione
strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
o) previdenza sociale, ivi compresa la
previdenza complementare e integrativa;
p) ordinamento, legislazione elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali
di Comuni e Città metropolitane;
disposizioni di principio sulle forme associative
dei Comuni;
q) dogane, protezione dei confini nazionali
e profilassi internazionale; commercio
con l’estero;
r) pesi, misure e determinazione del
tempo; coordinamento informativo statistico
e informatico dei dati dell’amministrazione
statale, regionale e locale; opere
dell’ingegno;
s) tutela e valorizzazione dei beni
culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
t) ordinamento delle professioni e
della comunicazione;
u) disposizioni generali e comuni sul
governo del territorio; sistema nazionale e
coordinamento della protezione civile;
v) produzione, trasporto e distribuzione
nazionali dell’energia;
z) infrastrutture strategiche e grandi
reti di trasporto e di navigazione di interesse
nazionale e relative norme di sicurezza;
porti e aeroporti civili, di interesse
nazionale e internazionale.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa
in materia di rappresentanza in Parlamento
delle minoranze linguistiche, di pianificazione
del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale,
di programmazione e organizzazione
dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale
e organizzazione in ambito regionale
dei servizi alle imprese; salva l’autonomia
delle istituzioni scolastiche, in materia di
servizi scolastici, di istruzione e formazione
professionale, di promozione del
diritto allo studio, anche universitario; in
materia di disciplina, per quanto di interesse
regionale, delle attività culturali,
della promozione dei beni ambientali, culturali
e paesaggistici, di valorizzazione e
organizzazione regionale del turismo, di
regolazione, sulla base di apposite intese
concluse in ambito regionale, delle relazioni
finanziarie tra gli enti territoriali
della Regione per il rispetto degli obiettivi

programmatici regionali e locali di finanza
pubblica, nonché in ogni materia non
espressamente riservata alla competenza
esclusiva dello Stato
.
Su proposta del Governo, la legge dello
Stato può intervenire in materie non riservate
alla legislazione esclusiva quando
lo richieda la tutela dell’unità giuridica o
economica della Repubblica, ovvero la tutela
dell’interesse nazionale.

Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette
alla formazione degli atti normativi
dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea,
nel rispetto delle norme di procedura
stabilite con legge dello Stato, che disciplina
le modalità di esercizio del potere
sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo
Stato e alle Regioni secondo le rispettive
competenze legislative. È fatta salva la
facoltà dello Stato di delegare alle Regioni
l’esercizio di tale potestà nelle materie e
funzioni di competenza legislativa esclusiva
.
I Comuni e le Città metropolitane
hanno potestà regolamentare in ordine
alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite,
nel rispetto della legge statale o regionale.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo
che impedisce la piena parità degli
uomini e delle donne nella vita sociale,
culturale ed economica e promuovono la
parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della
Regione con altre Regioni per il migliore
esercizio delle proprie funzioni, anche con
individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la
Regione può concludere accordi con Stati
e intese con enti territoriali interni ad
altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato
".

ART. 31.
(Modifiche all’articolo 118 della Costituzione).
1. All’articolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: " Province,
" è soppressa;
b) dopo il primo comma è inserito il
seguente:
" Le funzioni amministrative sono esercitate
in modo da assicurare la semplificazione
e la trasparenza dell’azione amministrativa,
secondo criteri di efficienza e
di responsabilità degli amministratori ";
c) al secondo comma, le parole: " , le
Province " sono soppresse;
d) al terzo comma, le parole: " nella
materia della tutela dei beni culturali "
sono sostituite dalle seguenti: " in materia
di tutela dei beni culturali e paesaggistici ";
e) al quarto comma, la parola: " ,
Province " è soppressa.

ART. 32.
(Modifica dell’articolo 119 della Costituzione).
1. L’articolo 119 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
" ART. 119. – I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei
vincoli economici e finanziari derivanti
dall’ordinamento dell’Unione europea.
I Comuni, le Città metropolitane e le
Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono
e applicano tributi ed entrate propri
e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio, in armonia con la Costituzione
e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
La legge dello Stato istituisce un fondo
perequativo, senza vincoli di destinazione,
per i territori con minore capacità fiscale
per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai
commi precedenti assicurano il finanziamento
integrale delle funzioni pubbliche
dei Comuni, delle Città metropolitane e
delle Regioni, sulla base di indicatori di
riferimento di costo e di fabbisogno che
promuovono condizioni di efficienza.
Per promuovere lo sviluppo economico,
la coesione e la solidarietà sociale, per
rimuovere gli squilibri economici e sociali,
per favorire l’effettivo esercizio dei diritti
della persona, o per provvedere a scopi
diversi dal normale esercizio delle loro
funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive
ed effettua interventi speciali in favore
di determinati Comuni, Città metropolitane
e Regioni.
I Comuni, le Città metropolitane e le
Regioni hanno un proprio patrimonio,
attribuito secondo i princìpi generali determinati
dalla legge dello Stato. Possono
ricorrere all’indebitamento solo per finanziare
spese di investimento, con la contestuale
definizione di piani di ammortamento
e a condizione che per il complesso
degli enti di ciascuna Regione sia rispettato
l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni
garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti ".

ART. 33.
(Modifica all’articolo 120 della Costituzione).
1. All’articolo 120, secondo comma,
della Costituzione, dopo le parole: " Il
Governo " sono inserite le seguenti: " ,
acquisito, salvi i casi di motivata urgenza,
il parere del Senato della Repubblica, che
deve essere reso entro quindici giorni dalla
richiesta, " e sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: " e stabilisce i casi di
esclusione dei titolari di organi di governo
regionali e locali dall’esercizio delle rispettive
funzioni quando è stato accertato lo
stato di grave dissesto finanziario dell’ente
".
ART. 34.
(Limiti agli emolumenti dei componenti
degli organi regionali)
.
1. All’articolo 122, primo comma, della
Costituzione, sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: " e i relativi emolumenti
nel limite dell’importo di quelli attribuiti
ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione
".
ART. 35.
(Soppressione della Commissione
parlamentare per le questioni regionali)
.
1. All’articolo 126, primo comma, della
Costituzione, l’ultimo periodo è sostituito
dal seguente: " Il decreto è adottato previo
parere del Senato della Repubblica ".

NINO LUCIANI, Per un opportuno inquadramento della situazione locale, serve ripartire dal "compronesso storico" di Moro e Berlinguer, e dal 1865.

1.-Premessa.
La riforma del titolo V della Costituzione dovrebbe essere un passo fondamentale verso la riduzione della spese inutili dello Stato, seguendo il criterio di eliminare i doppioni della Pubblica Amministrazione e gli enti inutili (più che taglieggiare i singoli uffici, paralizzandoli).
   La riforma Renzi abolisce la potestà delle Regioni in "materia concorrente con lo Stato" e abolisce le Province. Ciò è importante.
  Ma, poi, guardando più a fondo, ci si accorge che si tratta dei soliti compromessi, per cui rimane il problema di fondo: le Regioni rimarranno un duplicato dello Stato, che è un lusso che non possiamo più permetterci.  Alle Province subrentrano piccoli enti locali, non elettivi. Non cambia molto dal lato costi.

2.- Perchè furono fatte le Regioni e le Province.
La corretta impostazione della riforma richiede ritrovare la memoria. Cari giovani del Governo, avete studiato ?
   Perchè furono fatte le Regioni ?  C'è sempre un "motivo dichiarato" nobile nel fare le cose. Nel caso delle regioni il motivo nobile della Costituzione del 1948  fu di valorizzare l'autonomia locale e il controllo diretto dei cittadini sulla Pubblica Amministrazione, ottenendo minori costi, in luogo della inefficienza delle macro-strutture, quali lo Stato.
   Ma dal 1948 al 1970 non se ne fece nulla, perchè gli enti locali erano fin troppi per la autonomia locale: oltre 100 Province e oltre 8.000 Comuni.
    La ragione primaria, vera, per cui verso il 1970 si attuarono le Regioni, fu un'altra. Nel 1970 la DC era al potere da oltre 20 anni, e con molte disfunzioni da corruzione e vecchiaia, a causa della mancanza di alternanza tra i grandi partiti al governo, l'ossigeno delle democrazie moderne.
   Il caso storico vuole che, in quella fase, il partito di alternanza era il PCI e questo, oltre al divieto degli americani, incontrava lo scandalo dei ben pensanti, visto come funzionavano le cose dove comandava il PCI (ossia in Unione Sovietica).
   Ed ecco l'inventiva degli italiani: Moro e Berlinguer fecero un compromesso storico tra la DC e il PCI:
   a) lo Stato separava i propri compiti in funzioni di interesse statale e funzioni di interesse regionale (quelle già prefigurate, ma mai attuate, nella Costituzione del 1948;
   b) lo Stato cedeva, poi, alle Regioni queste ultime, che avrebbero creato dei propri uffici regionali ed esercitato un potere legislativo, accanto a quello dello Stato ( in seguito, anche allargato).
  Lo Stato, a sua volta, avrebbe chiuso i propri uffici, corrispondenti;
   c) inoltre lo Stato avrebbe delegato (come torta grossa) alle Regioni la gestione della sanità, pur essendo una funzione di interesse nazionale, in base all'art. 32 della Costituzione, e dunque da erogare uniformemente nel territorio nazionale.

2.- I fatti.  In realtà, a partire dalla attuazione dello ordinamento regionale (1977), di botto le spese della Pubblica Amministrazione aumentarono del 15%, in termini di PIL. Lo vediamo dalla tabella sopra (clicca su: Spesa P.A. ) che abbiamo ricostruito sulla base di dati forniti dalla Ragioneria dello Stato.
   I fatti negativi più gravi furono:
- che lo Stato non abolì i propri i uffici delle funzioni trasferite, cosicchè ci fu un doppione (si ricorderà il caso macroscopico del ministero dell'agricoltura, successivamente abolito con referendum, ma poi ripristinato con il nome di Ministero delle politiche agricole;
- i 20 parlamenti regionali sono stati un doppione rispetto a quello del parlamento in materia concorrente, ed hanno generato una infinità di leggi diverse, per le stesse cose, in ogni regione.
- le Regioni sono state una fonte di spese senza controllo, a favore dei partiti locali al potere. Gli scandali emersi ultimamente lo hanno segnalato (in Emilia Romagna, ERRANI si è dimesso; nel Lazio ci fu l'episodio analogo con le dimissioni della Presidente Palombelli).

3.- Stato o Regioni ?
Non sarà la magistratura a contenere un oceano. In generale, i problema è un taglio drastico delle fonti dello spreco.
    Visto che il marcio sta nel doppione Stato le Regioni, la retta via è abolire l'uno o l'altro. Quelli che vogliono la secessione o il referendum del Veneto pensano ad abolire lo Stato unitario, per tornare a qualcosa che somigli agli Staterelli pre-unitari.
   Chi vuole questo, sappia che non sarebbe solo la fine dell'unità politica dell'Italia, ma ma anche lo sbracamento totale dal lato spesa pubblica e la moltiplicazione della disuglianza sociale tra gli italiani delle varie Regioni.
    Proviamo a guardare cosa è avvenuto per la sanità.  Non tornerò sulla mala sanità dal lato spese, perchè già evidenziata in altro nostro servizio (clicca su:  sanità ), e ad abundantiam dagli specialisti. Voglio solo mostrarenelle tabelle più sopra le diseguaglianza per singole prestazioni significative, quali:
- i posti letto per abitante delle strutture pubbliche per abitante;
- gli ambulatori e laboratori pubblici per abitante;
- le prestazioni di cardiologia per abitante. come enti legislativi (il parlamento italiano basta e avanza).
   Rispetto al problema di fondo, che è di ridisegnare la struttura dello Stato nel suo complesso la riforma del Governo è solo un pannicello caldo.
   Vediamo per le Province. Queste furono fatte nel 1865 quale ente intermedio tra lo Stato unitario e i Comuni. E' evidente che le cose sono cambiate dal lato delle distanze tra le città, nel senso che la modernizzione dei mezzi di trasporto ha praticamente annullato le distanze e quindi l'ente intermedio dovrà avere territori più ampi (ossia regionali). Invece, la riforma va sostituire le Province con enti non elettivi non molto diversi, come dimensione, dalle Province.
  Infine, i Comuni. Il problema del loro ridisegno territoriale è stato già affrontato in modo più o meno diretto (incentivcare le unioni..., aree metropolitane ...): tutte cose utilissime, ma sempre impostate a metà

  4.- Conclusioni. Direi che le Regioni vadano abolite come enti legislativi e che la sanità torni alla gestione dello Stato.
   Direi, invece, che:
a)  le Regioni vadano ridefinite come enti amministrativi, a cui va affidata tutta la materia della amministrazione locale;
a) Le competenze  delle Province (abolite) vadano alle Regioni;
b) Le competenze dei Comuni vadano alle Regioni, che le eserciteranno mediante delega ai Comuni, da caso a caso.
  NINO LUCIANI

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Clicca su  FORUM1 : TUTTORA BLOCCATO IL COMITATO PARLAMENTARE RIFORMA COSTITUZIONE.
BUTTATI VIA UNDICI MESI DEL GOVERNO LETTA?

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Gaetano Quagliariello

IL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE S813B È STATO APPROVATO DA SENATO ANCHE IN SECONDA LETTURA. ESSO E' ALLA CAMERA DAL 28 OTTOBRE PER L'APPROVAZIONE IN SECONDA LETTURA,  MA ...  .

..Anzichè rimettere in pista la riforma della Governance (elezione diretta del Premier), oggi RENZI-BERLUSCONI puntano alla sola legge elettorale, per cui i governi italiani dipenderanno ancora dai partiti, oggi bande senza il senso dello Stato. Renzi mostra di avere la stessa natura anti-STATO, visto che ha mollato la legge dei Sindaci e gioca tutti i giorni a destabilizzare il Governo, ignaro che il "non fare" italiano è problema di burocrazia statale e suoi "giochini verbali" disorientano gli investitori

LUCIANI: LA RETTA VIA E' FARE CON LA PROPRIA MAGGIORANZA CIO' CHE SI PUO' DECIDERE CON IL 50%+1
E CERCARE VOTI, ALL'ESTERNO (ma il Premier) PER FARE QUANTO SI PUO' DECIDERE SOLO CON   I  
2/3.

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Matteo Renzi

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE . S813B

Art. 1. - (Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali)

1. È istituito un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali, di seguito denominato «Comitato», composto di venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, tra i membri, rispettivamente, delle Commissioni permanenti competenti per gli affari costituzionali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Oltre ai componenti nominati fanno parte di diritto del Comitato i Presidenti delle predette Commissioni parlamentari, cui è affidata congiuntamente la Presidenza del Comitato.

2. La nomina di cui al comma 1 è effettuata su designazione dei Gruppi parlamentari delle due Camere, previa intesa tra i Presidenti di Gruppo, in base alla complessiva consistenza numerica dei Gruppi e al numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo e la presenza di un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute, eletto in una delle circoscrizioni comprese in Regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche. Se nei cinque giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale uno o più Gruppi non abbiano provveduto alla predetta designazione, i Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, provvedono alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei criteri di cui al presente comma.

3. La prima riunione del Comitato ha luogo non oltre i dieci giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

4. Nella prima seduta il Comitato elegge due vicepresidenti, dei quali un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e due segretari, un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato a uno. Sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per età.

5. L'Ufficio di Presidenza del Comitato è composto dai Presidenti, dai vicepresidenti e dai segretari, e integrato, in sede di programmazione dei lavori, dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari.

6. I componenti del Comitato non possono essere sostituiti con altri senatori o deputati, neppure per una singola seduta.

7. Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.

Art. 2. - (Competenze e lavori del Comitato)

1. Il Comitato esamina i progetti di legge di revisione costituzionale degli articoli di cui ai titoli I, II, III e V della parte II della Costituzione, nonché, in materia elettorale, esclusivamente i conseguenti progetti di legge ordinaria concernenti i sistemi di elezione delle due Camere.

2. Il Comitato esamina o elabora, in relazione ai progetti di legge costituzionale di cui al comma 1, anche le modificazioni, strettamente connesse, ad altre disposizioni della Costituzione o di legge costituzionale.

3. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati assegnano o riassegnano al Comitato i progetti di legge costituzionale relativi alle materie di cui al comma 1, presentati alle Camere a decorrere dall'inizio della XVII legislatura e fino alla data di conclusione dei suoi lavori. Assegnano al Comitato anche i progetti di legge in materia elettorale di cui al comma 1.

4. Il Comitato esamina i progetti di legge ad esso assegnati in sede referente, secondo le norme della presente legge costituzionale e del regolamento della Camera dei deputati, in quanto applicabili. Salvo quanto previsto dal primo periodo, il Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori. Non sono in ogni caso ammesse questioni pregiudiziali e sospensive nonché proposte di non passare all'esame degli articoli.

5. I Presidenti del Comitato nominano uno o due relatori e, in tal caso, un senatore e un deputato. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Il Comitato assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale pervenire alla votazione di conclusione dell'esame.

6. Il Comitato, concluso l'esame preliminare dei progetti di legge ad esso assegnati ai sensi del comma 3, trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame.

7. Entro i termini fissati d'intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei testi adottati ai sensi del comma 6, sui quali si pronuncia il Comitato.

8. Al fine di rispettare i termini di cui all'articolo 4, la Presidenza del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all'organizzazione dei lavori e delle sedute dell'Assemblea.

9. Le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 si applicano anche ai progetti di legge ordinaria di cui al comma 1.

10. Il Comitato dispone, anche ai sensi del comma 4, secondo periodo, la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.
Continua (vedi NOTA, qui sotto)

NINO LUCIANI,  Perduti 11 mesi, per la riforma costituzionale ?  Renzi chiarisca cosa ha concordato in segreto con Berlusconi, confermi LETTA e ALFANO,
e "riconosca" la Magistratura, pur con tutti i suoi difetti.

1. Non è vero che il Governo non faccia niente.
    Forse è utile ricordare le ragioni della riforma costituzionnale e ricordare perchè c'è stato la frattura tra il NCD-Nuovo Centro Destra e Forza Italia.
   Sul prmo punto, trattasi che da anni nessun Governo riesce ad affrontare i nodi strutturali della Italia (eccesso di socializzazione del sistema economico, che determina una spesa pubblica sopra ogni limite e pressione fiscale, di cui i responsabili principali sono i partiti politici, mangiatori insaziabili).
   Per uscirne l'unica via è una riforma costituzionale dello Stato, per cui il Presidente del Consiglio non risponda più ai partiti in Parlamento in base al meccanismo della fiducia, ma risponda direttamente al popolo e dunque:
- il Presidente del Consiglio sia eletto direttamente dal popolo per un tempo prefissato (4-5 anni, non rieleggibile);
- e il Parlamento si occupi di fare solo le leggi.
   Questo avviene in ogni Paese democratico normale (come negli Stati Uniti).
   Su questo percorso era atteso imminente, al traguardo finale, un disegno di legge di riforma costituzionale, che doveva accelerare i tempi, rispetto all'art. 138 della Costituzionale, dando poteri speciali ad un apposito "Comitato parlamentare".
   Anche questo disegno di legge, per diventare legge, doveva avere la doppia approvazione della Camera e del Senato a distanza di almeno 3 mesi.
   Se approvato con la maggioranza dei 2/3 da entrambe le camere, il Comitato opererebbe in tempi accelerati.
   Al senato, esso è già stato approvato due volte a distanza dei 3 mesi con i 2/3;  e alla camera 1 sola volta anche qui con i 2/3; adesso è qui per la seconda approvazione.
  Ma in questi mesi è successo un fatto nuovo: Berlusconi è uscito dalla maggioranza e quindi non ci sono più i 2/3 favorevoli, pur essendo il medesimo testo di quello approvato la prima volta. E pur vero che, in pratica,il disegno di legge potrebbe essere approvato validamente a maggioranza assoluta (50%+1), ma essendo venuti meno i 2/3, il tempo sarà molto più lungo.

  Quali solo le conseguenze ?  Esse sono che è diventato conveniente rinunciare al disegno di legge S813B, e attuare la procedura normale prevista dall'art. 138.
   Ma Renzi dice che ha fatto un accordo con Berlusconi.
   Prescindendo da quello che Renzi ha fatto veramente, non ci ha detto nulla sulle sorti di questo disegno di legge alla Camera, circa la seconda lettura.
  C'è dell'altro. L'intesa tra Renzi e Berlusconi ha fatto due cose gravissime, dal punto di vista degli Italiani: ha azzerato l'importanza della magistratura sul piano della moralità politica.
  Il motivo è che Berlusconi aveva tolto l'appoggio al governo non perchè in dissenso con il disegno di legge (infatti, al momento, l'aveva già approvato tre volte nel medesimo testo), ma perchè voleva essere amnistiato circa la condanna (da parte della magistratura): interdizione dai pubblici uffici.
    Ma adesso avviene che  il gesto di Renzi (ricevimento ufficiale di Berlusconi nella sede del PD) viene considerato da Berlusconi equivalente alla amnistia, e dunque ha anche irriso alla Magistratura.
    Io, personalmente, non mi sento certo delle evasioni fiscali di Berlusconi (come invece risulterebbe da sentenza) e sono anche sconvolto che la magistratura faccia arrivare le sue sentenze fuori tempo massimo (questo vale anche per COTA, in Piemonte), tuttavia sono doppiamente sconvolto che Renzi (vale dire, il PD in via presuntiva, al momento) abbia fatto qualcosa che politicamente equivale alla amnistia politica.

2.- Le "ragioni" della spaccatura tra FI e il NCD, anche ragioni dell'Italia.
  La spaccatura del NDC da FI era stata motivata (dal NCD) dalla necessità grave di impedire elezioni anticipate con il PORCELLUM, che non avrebbero risolto nulla dal lato della formazione di una identica maggioranza sia alla Camera, sia al Senato, e fatto cadere il Paese nel caos, in aggiunta alle attuali difficoltà per le imprese e il lavoro.
   Questa motivazione coincideva con una necessità fondamentale per l'Italia.
   Veniamo al Segretario del PD.  Ultimamente, Egli se ne è anche uscito, bello bello, dichiarando che il PD ha diritto di dettare l'agenda al compagno di governo (FI), ignorando che, sia pur con meno voti, esso è determinante per fare maggioranza e per respingere il ricatto di Berlusconi sulle istituzioni.
   Se Renzi non capisce che in Italia non comanda nessuno, perchè tutti possono impedire (e nessun riesce a fare, pur volendo fare), non capisce neanche che lui ha e avrò  il medesimo problema, nè lo salverà una legge elettorale.
    Cosa potrebbe fare, invece ?
   1) Deve impegnare assolutamente Berlusconi sul piano delle riforme costituzionali, prima della riforma della legge elettorale. E l'unico modo è fare la legge elettorale, solo dopo la riforma costituzionale.
   Il motivo è che la politica è fatta da lupi, e il giorno dopo non sai mai cosa potrà accadere.
   In altri termini, se fai la legge elettorale, prima, non c'è alcuna garanzia cle la legislatura prosegua ... a meno che non sia salvara ancora una volta dal solito Alfano...
   Ma sarà ancora così ?
    Vediamo di scongiurare il Paese dalla caduta nel ricatto di Berlusconi: dunque si riparta, garantendo la solidità della attuale maggioranza.
  E' pericoso scherzare col fuoco
.
  Questo sarebbe anche un modo di rimediare alla deriva istituzionale, dopo il vulnus alla Magistratura
.
                                                           NINO LUCIANI.

NOTA: per il seguito (e anche per l'intero), Clicca su: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/714531/index.html?part=ddlpres_ddlpres1&aj=no

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RIFORME ISTITUZIONALI

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Gaetano Quagliariello


Relazione della Commissione per le Riforme Costituzionale
Per il testo integrale (clicca su:
Il Ministro)

Nino Luciani, BREVE SINTESI

Gli argomenti: 1.- PARLAMENTO.  2.- FORME DI GOVERNO .  
3.- SISTEMA  ELETTORALE. 4.- REGIONI, PROVINCE, COMUNI

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  Premessa sul procedimento di attuazione.
  Per le riforme costituzionali e della legge elettorale, sono previsti quattro passaggi:
  1) Lavori di una Commissione dei 42 esperti, con l'incarico di fornire un quadro di possibili soluzioni. La relazione della Commissione è stata consegnata in questi giorni al Ministro Quagliariello, ed è la sintesi di cui mi occupo.
  2) Subito di seguito dovrebbe partire il Comitato di redazione delle proposte di riforma. Esso dovrebbe selezionare, dentro la Relazione (di cui sopra) un testo legislativo per le Camere.
  3) E' già in corsa un progetto di modifica delll'art. 138 della Costituzione, per accelerare il percorso di modifica della Costituzione. Ma ex-art. 138 attuale, questo progetto di accelerazione dovrà avere la doppia approvazione delle camere, a intervallo non minore di tre mesi. Al momento c'è già stata la prima approvazione delle due camere, e si sta andando verso la seconda approvazione, prevista per l'11 ottobre (Senato) e per 10 dicembre (Camera).
   Nel progetto di modifica dell'art. 138, è prevista la istituzione di un Comitato parlamentare bicamerale per le riforme costituzionali ed elettorali, composto di venti senatori e venti deputati. Questo Comitato ha il compito di approvare i progetti di legge in sede referente, che poi saranno sottoposti all'aula in sede legislativa per la doppia approvazione di entrambe le camere, a intervallo non minore di 1 mese.
  Tralascio lo scadenzario forzato dei vari passaggi di approvazione, secondo la legge di modifica dell'art. 138 .
  Le leggi approvate potranno, infine, essere sottoposte a referendum popolare, se vi sarà la richiesta di 1/5 dei membri di una camera, o di 500.000 elettori.
.

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SINTESI DELLA RELAZIONE.

1. PARLAMENTO ( CAPITOLO PRIMO della Relazione )
a) Si propone una sola camera (sarebbe abolita la camera dei deputati o il senato);
b) oppure: due camere differenziate, ed entrambe con il potere legislativo, sia pur diverso da caso a caso.
-  La Camera rappresenta i cittadini ed è eletta a suffragio universale; il senato rappresenta gli enti locali,  ed è eletto dai consigli regionali e dai consigli comunale, o direttamente dai cittadini locali. I presidenti delle regioni ne sono membri di diritto;
- Se il governo è parlamentare, solo la Camera è abilitata a votare la fiducia al governo.
c) Il CNEL, organo consultivo del parlamento e del governo, in materia di economia e lavoro, va riformato
d) Si propone la riduzione del numero dei parlamentari, in linea con paesi europei:   per la Camera: 1 deputato ogni 125.000 abitanti (= totali 480).; per il Senato: totali 150-200 membri.

Procedimento legislativo (CAPITOLO SECONDO). In caso di camere differenziate, il potere legislativo andrebbe in generale ad entrambe le camere, ma con diversità per alcune tipologie di legge.
In sintesi:
- leggi costituzionali (potere a entrambe, secondo art. 138 cost.), e possibilità di referendum confermativo.
- leggi organiche (potere alla sola camera)
- leggi ordinarie riguardanti gli enti locali (potere a entrambe)
- leggi ordinarie (potere prevalente della camera dei deputati)

OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
- Circa il potere legislativo, le differenziazioni tra le due camere non abbrevieranno i tempi di approvazione delle leggi, e sono un labirinto che creerà un contenzioso di competenze tra le due camere.
  Proporrei che il potere legislativo sia solo della Camera, e che il Senato divenga un organo consultivo (per l’altra camera) con parere obbligatorio, ma non vincolante, per tutte le leggi.
- Circa il CNEL, proporrei di abolirlo perchè, in tanti anni, è stato sentito raramente, in quanto di solito i rapporti tra governo- parlamento e mondo dell’economia e del lavoro sono avvenuti direttamente, scavalcando il Cnel.

2. FORME DI GOVERNO (CAPITOLO QUARTO della Relazione)
a)  Semi-Presidenzialismo. In esso è prevista la elezione diretta del Presidente della repubblica (con voto a doppio turno con eventuale ballottaggio), che poi nomina in fiducia (e può revocare) il Primo ministro (che sceglie i ministri).
   In questo sistema il bicameralismo non è paritario.
   Qui il sistema elettorale dovrebbe essere il voto a doppio turno di collegio.

b) Parlamentarismo razionalizzato. Qui c'è un Presidente della repubblica con le medesime funzioni, attualmente in vigore.
    Circa la razionalizzazione, essa consiste nel fatto:
  -  che la fiducia è espressa al governo, solo dalla Camera;
  -  che  la sfiducia può essere solo "costruttiva", vale dire con la sostituzione automatica del Presidente del consiglio con altra persona;
  -  che si afferma la primazia del Presidente del Consiglio dentro il governo. (Egli potrebbe nominare e revocare i ministri ? )
  Qui andrebbero bene vari sistemi elettorali: tedesco, spagnolo, quello della legge Mattarella, il doppio turno di collegio.

c) governo parlamentare del Primo Ministro.
Grosso modo sarebbe come adesso, salvo inserire in costituzione la possibilità, per gli elettori della Camera, di indicare anche il primo ministro.
   Però, formalmente, egli è proposto  dal Presidente della repubblica alla Camera, per la fiducia,.
   La Camera può sfiduciarlo, ma con sfiducia costruttiva (vale dire con la sostituzione simultanea con altra personalità), salvo che egli chieda lo scioglimento delle camere.
  Qui il sistema elettorale dovrebbe sssere proporzionale con sbarramento al 5%, e premio di maggioranza (al 55%) al partito che ottiene almeno il 40%-50% dei voti alla Camera.

OSSERVAZIONI E CONTRO-PROPOSTE.
  Considerato che il problema da risolvere è ottenere governi di legislatura, delle tre forme solo il semi-presidenzialismo lo risolve sicuramente.
   Invece, le altre due forme possono o non possono risolvere il problema (dipende dalle circostanze), per cui li respingerei entrambi.
   In caso non si voglia il semi-presidenzialismo, proporrei il governo parlamentare del Primo Ministro nel seguente modo:
   a) rimane il Presidente della Repubblica, come attualmente, salvo per la proposta e nomina del Primo Ministro
   b)  il primo ministro è eletto dalla Camera per l’intera legislatura, e la sfiducia è ammessa solo per casi di attentato alla costituzione e gravi reati penali.
  c) la fiducia è al primo ministro (non al governo nell’insieme), ed egli può nominare e revocare i ministri.

3.- SISTEMA ELETTORALE (CAPITOLO QUINTO della Relazione)
1.- Senato. La elezione è proposta con sistema proporzionale puro (considerato che non ha potere di fiducia al governo).
2.- Camera. Si propone:
   a) come criterio generale di accorciare il più possibile il rapporto tra cittadino ed eletto. A questo fine la opzione, circa il collegio elettorale, dovrebbe essere una delle seguenti: collegio uninominale, collegio plurinominale ma di piccole dimensioni, voto di preferenza in caso di collegi ampi.
   b) di favorire la formazione della maggioranza direttamente dagli elettori, non dopo le elezioni, da parte dei partiti, .
  
OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
   Circa la legge elettorale proporzionale con sbarramento (e premio di maggioranza) direi che essa, limitando la rappresentanza dei cittadini, si allontana dal favorire il rapporto diretto tra cittadini ed eletti. Infatti lo sbarramento e il premio sono proposti come il male minore per limitare la frammentazione dei partiti in parlamento e favorire la stabilità della maggioranza..
   Ma, circa la stabilità della maggioranza, la cosa non funziona con certezza, e lo si è visto con la frattura di grandi partiti e moltiplicazione dei gruppi parlamentari.
   Ma proprio sui gruppi parlamentari, richiamerei l'attenzione, per trarne una soluzioneper impedire anzi la frammentazione dei partiti.
   Si ricorda che in parlamento, proprio per limitare la frammentazione, c'è il divieto di formare gruppi con meno di 10 membri, che evidentemente è poco limitativo del numero dei gruppi.
  Se, dunque, si aumentasse il limite minimo, lo sbarramento sarebbe molto più efficace, a prescindere dallo sbarramento del 5%.
  Concludo col proporre di adottare la proporzionale pura; e, per la formazione di gruppi parlamentari, di elevare il minimo  ( al 30%-40% ? ) dei membri della camera, in modo da permettere non più di due gruppi.

4. REGIONI, PROVINCE, COMUNI. (CAPITOLO TERZO)
  - In materia legislativa la Commissione propone di togliere alle regioni il potere legislativo per la materia concorrente tra Stato e Regioni
-  In  materia amministrativa, si dovrebbe dare allo stato tutta la materia di sua competenza esclusiva, salvo eccezioni.
-  In materia finanziaria, le proposte si limitano al criterio del finanziamento statale (da aver luogo in base a costo standard). Il riferimento al sistema fiscale locale è accennato genericamente. Reclamato il commissariamento, in caso di dissesto finanziario.
-  Si propone l'abolizione delle province e le competenze vanno a Stato e Regioni.
-  Si propone il ripensamento delle città metropolitane, e riclassificazione dei comuni, per dimensione, ai fini della riattribuzione delle competenze.
  - Rimarrebbe la differenziazione, tra regioni a statuto ordinario e statuto speciale.

OSSERVAZIONI E PROPOSTE.
Proporrei di togliere alle Regioni a statuto ordinario tutto il potere legislativo e di trasformarle in enti amministrativi con le competenze delle province (abolite) e del riordino territoriale degli enti locali ricompresi nel territorio regionale, incluse la riattribuzione delle competenze ai Comuni,  in base alla rispettiva dimensione e collocazione geografica.

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RICOMINCIATA   LA  GIRANDOLA  SULLA  LEGGE  ELETTORALE

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IL PUNTO DELLA SITUAZIONE.

1) nel testo già approvato dalla Camera il 12 marzo 2014
2) nelle direttive della Corte Costituzionale il 13 gen. 2014, modificative della legge


GLI  ELEMENTI PRINCIPALI RIMESSI IN DISCUSSIONE (per la CAMERA) :

1) Il premio di maggioranza al partito con almeno il 40% dei voti
2) il ballottaggio tra i primi due partiti, in secondo turno, se nessun partito ottiene il 40% dei voti
3) la soglia di sbarramento ai singoli partiti in coalizione (che scende al 3%)
4) sono ammesse le preferenze (sia pur, più per principio che nei fatti)

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Berlusconi e Renzi

  Fonte:   http://www.camera.it/leg17/522?tema=972&La+riforma+elettorale

La sentenza 1/2014 e la relazione della Corte costituzionale sul Porcellum ( legge n. 270 del 2005.) La pronuncia è contenuta nella sentenza n. 1 del 2014, depositata il 13 gennaio. (Stralcio)

  Le censure della Corte si sono appuntate su due aspetti del sistema elettorale:
-  il premio di maggioranza;
-  e le liste bloccate.
  Va precisato però che la sentenza specificamente ...    Nel vigente sistema elettorale proporzionale, il premio di maggioranza, come disciplinato per la Camera, secondo la Corte, “è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto”.

  Questo meccanismo, che si aggiunge alle previsioni in materia di soglie per l’accesso al sistema proporzionale di attribuzione dei seggi, pur finalizzato al “legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi” non solo compromette, ma addirittura, secondo la Corte, rovescia “la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare”.
  L’effetto che ne deriva è quello di “una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.”.
  Questo effetto è incompatibile non solo con l’art. 1 Cost., ma anche con l’art. 67 Cost. che configura le Camere come “sedi esclusive della rappresentanza parlamentare” titolari di funzioni esclusivamente proprie, tra cui quella di revisione costituzionale.

  In queste valutazioni la Corte inserisce la dirimente constatazione dell’assenza nella vigente legge elettorale di “una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio”: questa mancanza determina “un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto” stabilito dall’art. 48, secondo comma, Cost.. Infatti, nei sistemi proporzionali, gli elettori hanno “la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare”.
...
  In definitiva, secondo la Corte costituzionale, il legislatore nel perseguire discrezionalmente l’obiettivo di rilievo costituzionale della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali in ambito parlamentare deve rispettare il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, quali la sovranità popolare, l’uguaglianza anche del voto, la rappresentanza politica nazionale.
   Per il Senato, l’attribuzione del premio è irragionevole per mancanza di una soglia minima di voti per conquistarlo “incidendo anche sull’eguaglianza del voto, in violazione degli artt. 1,secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost, già richiamati per le disposizioni relative alla Camera; inoltre, l’attribuzione su base regionale realizza “l’effetto che la maggioranza in seno all’assemblea del Senato sia
(CONTINUA QUI SOTTO, stesso colore)

TESTO di riforma elettorale approvato dalla Camera il 12 marzo 2014, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 13 gennaio 2014. In questo testo risulta tolta la parte relativo all'elezione del Senato.

Per l'elezione della Camera dei deputati, le principali caratteristiche del sistema sono:

il territorio nazionale è diviso in circoscrizioni regionali, ciascuna delle quali suddivisa in collegi plurinominali;
le liste di candidati sono presentate nei collegi plurinominali; possono presentarsi singolarmente o in coalizione con un unico programma di Governo;
le soglie di sbarramento per accedere alla attribuzione dei seggi sono basate sulla percentuale dei voti validi a livello nazionale: 12% per le coalizioni, 4,5% per le liste coalizzate e 8% per le liste non coalizzate; resta ferma la soglia al 20% dei voti validi della circoscrizione per la lista rappresentativa di minoranza linguistica riconosciuta;
alla coalizione o lista vincente che supera il 37 per cento dei voti validi a livello nazionale è attribuito un premio di maggioranza fino a un massimo di 340 seggi;
nel caso in cui la coalizione o lista vincente non raggiunga il 37 per cento dei voti, si procede al ballottaggio tra le due liste o coalizioni che hanno ottenuto il maggior numero di voti validi; in questo caso alla lista o coalizione vincente sono attribuiti 321 seggi;
i seggi sono attribuiti alle coalizioni ed alle liste a livello nazionale e distribuiti sul territorio proporzionalmente ai voti ottenuti nelle circoscrizioni e nei collegi.

 

NINO LUCIANI, La spiegazione delle tesi, più sopra.

1.- Dovremo rassegnarci a un nuovo pasticcio. Dopo la caduta della DC abbiamo sperimentato due leggi elettorali per il parlamento, ma ancora non siamo apposto, soprattutto dopo la sentenza della corte costituzionale, che ha azzoppato il Porcellum.
  La pregiudiziale è il criterio su cui basarsi, anche per eventuali forzature su principi fondamentali (come  la corretta rappresentatività dell'elettorato), dovrebbe essere la governabilità e non la conquista di posti in parlamento.
a) la governabilità, come criterio. Se la condizione primaria di qualunque proposta è la sua "costituzionalità" (complessiva) e se le camere sono due, mi pare che la legge debba prevedere una soluzione, rispettiva, per entrambe.
  Poi se, in seguito, cesserà il bicameralismo, una parte della legge decadrà automaticamente.
- Il premio di maggioranza su base nazionale anche al Senato ? Nel caso del Porcellum, il premio su base nazionale (adesso anche il ballottaggio) fu disposto solo per la Camera, arguendone la incostituzionalità per il Senato. Ma poi si disse che questa seconda motivazione non aveva fondamento, in quanto il premio modifica il peso comparato dei partiti, ma non delle Regioni.
  Ci si decida.
  E siccome, sicuramente nessun partito supererà il 40%, sarebbe opportuno di risolvere su base nazionale per il Senato, anche per il ballottagio, vale dire la conta dei partiti da ammettere a ballottaggio si faccia sommando i risultati parziali regionali di ogni partito.
- Come sanare la frammentazione dei partiti. Essa, in questa fase, non è rimediabile con gli sbarramenti in entrata ai piccoli partiti. Lo si è sperimentato ampiamente negli anni, per via della proliferazione dei gruppi parlamentari, nel corso delle legislature.
   b) In caso di modifiche minime in Costituzione.
 
Il fondamento della frammentazione dei partiti sta nella Costituzione, laddove essa dispone:
  - che il parlamentare esercita le funzioni senza vincolo di mandato;
  - e che governi vivono sulla fiducia delle camere, revocabile in ogni momento: nel senso che, rivendicando una propria autonomia, il parlamentare riesce ad ottenere favori personali, ricattando il governo.
  In questo senso (considerato che è difficilissimo modificare la costituzione), le misure costituzionali minime potrebbero essere:
  - vincolare il potere di auto-organizzazione delle camere ad un minimo di coerenza con la governabilità dello Stato (es. un gruppo parlamentare che non supera la soglia minima, sia tenuto ad afferire ad uno dei due gruppi maggiori);
  - disporre (volendo  restare nell'ambito di una repubblica parlamentare) che il Premier sia eletto da entrambe le camere (in seduta congiunta) per l'intera legislatura, e sia sfiduciabile solo per casi gravissimi (attentato alla Costituzione, immoralità gravi), e comunque non per dissensi sul sopravvenuti sul programma del governo;
- disporre che il Premier possa nominare e revocare i ministri.
  Con l'occasione delle modifiche costituzionali, se il Senato rimane tale e quale, si potrebbe sanare il dubbio sulla legittimità costituzionale del premio elettorale su base nazionale.
c) Sulle preferenze. E' forse il caso di mettere in chiaro che la possibilità delle preferenze ai candidati non cambia molto rispetto alla impossibilità delle medesime, ossia al fatto che il candidato sia scelto dal partito.
  Infaffi, per lunga esperienza, solo le lobby (ossia associazioni culturali, professionali, di impresa...) riescono ad esercitare con luce il voto, perchè solo le lobby riescono a distinguere tra i candidati.
  Per contro il grande pubblico non conosce i candidati, e l'eventuale esercizio della preferenza è una azione molto superficiale e generica
                                                 NINO LUCIANI

il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea”. Questo effetto, che rischia di compromettere il funzionamento della forma di governo parlamentare e l’esercizio della funzione legislativa delle Camere, risulta secondo la Corte lesivo degli stessi articoli della Costituzione sopra richiamati.

  Quanto al meccanismo delle liste bloccate, la pronuncia evidenzia che, sia per la Camera che per il Senato, il voto dell’elettore ha ad oggetto una lista nella quale l’ordine dei candidati “è sostanzialmente deciso dai partiti”; inoltre, l'ampio numero dei candidati, in alcuni casi, è tale da renderli “difficilmente conoscibili dall’elettore stesso”. Se poi si tiene conto della possibilità di candidature multiple e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito, anche l’aspettativa dell’elettore che conti su un certo ordine di lista “può essere delusa”.

Queste caratteristiche della disciplina elettorale hanno l’effetto di escludere che l’elettore abbia margini di scelta, che invece “è totalmente rimessa ai partiti “, pur non essendo desumibili nel nostro ordinamento attribuzioni costituzionali ai medesimi partiti, i quali con la “presentazione di alternative elettorali” e con la “selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche” consentono di “raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica”.

   Secondo la Corte, questo sistema “ferisce la logica della rappresentanza” perché “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini” e il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti non si costituisce correttamente e direttamente: la coartazione della libertà di scelta degli elettori contraddice “il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost.”.

La sentenza precisa che queste caratteristiche “rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)”.
  La sentenza si sofferma sul carattere autoapplicativo della disciplina elettorale che risulta all’esito delle declaratorie di illegittimità: resta infatti un sistema proporzionale “depurato dell’attribuzione del premio di maggioranza; e le norme censurate riguardanti l’espressione del voto risultano integrate in modo da consentire un voto di preferenza” che assicura il rinnovo degli organi e del quale è impregiudicata la valutazione dell’opportunità e/o dell’efficacia.
   La Corte non ha tuttavia scelto di indicare puntualmente le singole disposizioni di legge conseguentemente incostituzionali, ma si è limitata ad affrontare tre aspetti della disciplina di risulta.
   Il primo riguarda la disposizione che stabilisce che sono proclamati eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima «secondo l’ordine di presentazione»: essa non appare alla Corte incompatibile con l’introduzione del voto di preferenza, “dovendosi ritenere l’ordine di lista operante solo in assenza di espressione della preferenza”.
   Il secondo riguarda le disposizioni sulla redazione delle schede elettorali su cui devono essere riprodotti i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione: esse, secondo la Corte, non escludono che le schede siano integrate da uno spazio per l’espressione della preferenza. Il terzo aspetto riguarda il carattere unico della preferenza: tale carattere secondo la Corte risulta “in linea con quanto risultante dal referendum del 1991, ammesso con sentenza n. 47 del 1991, in relazione alle formule elettorali proporzionali”.

   Comunque, il legislatore non solo potrà compiere “interventi normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi” della sentenza per risolvere altri “simili eventuali inconvenienti” ma, “ ove lo ritenga, potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua”.

  La pronuncia infine chiarisce la questione degli effetti della declaratoria di illegittimità sugli organi parlamentari in funzione, specificando che, sia in conseguenza della speciale retroattività delle dichiarazioni di illegittimità che colpiscono solo i rapporti pendenti e non quelli già chiusi, sia per il principio della continuità dello Stato, in particolare dei suoi organi costituzionali, essi si produrrano solo “in occasione di una nuova consultazione elettorale” e non toccheranno “gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto”

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EDIZIONE PRECEDENTE

Legge elettorale ?  Nuovo testo del 28 novembre in Senato

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Sotto, il nuovo Testo approvato dalla Commissione Affari Costituzionali

LUCIANI: ANCORA PASTICCI, FUORI DALLA LOGICA COSTITUZIONALE, CHE E' PROPORZIONALISTA.

Per la "democrazia compiuta, anche in Italia" (Aldo Moro), nel solco delle elezioni primarie. E adesso la staffetta spetta al PD (non ci sono grandi differenze programmatiche, rispetto al centro-destra).
La via seria che risolve, costituzionalmente, anche per la "governabilità":
1.- Elezioni in due turni:
- riparto proporzionale puro, dei seggi, tra tutti i partiti, al primo turno;
- premio di maggioranza assegnato direttamente dal popolo, in secondo turno, tra i primi due votati al
  primo turno. Tolti i seggi di maggioranza, i rimanenti vanno ripartiti in base ai voti del primo turno;
2.- Norma punitiva per i "cambiacasacca", durante la legislatura.

TESTO DI BASE, UNIFICATO, PROPOSTO DAL RELATORE
In quanto testo di base, esso è stato già approvato dalla Commissione, e da qui si parte per gli emendamenti (moltissimi)
Per vedere tutte le proposte di emendamento, in Senato, clicca su : http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/

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NT1
MALAN, relatore

Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e uguale, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con l'attribuzione di un premio, pari a 76 seggi, alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all'unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all'ordine di presentazione.»;
b) all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Con il decreto di cui al primo comma e con gli stessi criteri utilizzati per l'assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al comma medesimo, sono distribuiti tra le circoscrizioni, con arrotondamento all'unità più prossima, i 541 seggi da ripartire in ragione proporzionale. I seggi da attribuire come premio sono determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale.»;
c) all'articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a due voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui all'articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l'elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena l'annullamento della seconda preferenza.»;
d) all'articolo 7, primo comma, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) i componenti delle Giunte regionali;»;
e) all'articolo 18-bis,il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Ogni lista, all'atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all'ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
3-bis. A pena di inammissibilità della lista, nell'insieme dei candidati compresi nel primo elenco nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore, e nell'ambito del secondo elenco i candidati successivi al primo devono essere presentati in ordine alternato di genere.»;
f) l'articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. - 1. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più liste con diverso contrassegno né in più di un primo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più di tre di ciascun secondo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. A pena di nullità dell'elezione, nessun candidato può accettare la candidatura contestuale alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

2. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della medesima lista.
3. Il candidato risultato eletto in più elenchi deve esprimere opzione ai sensi dell'articolo 85.»;
g) all'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all'interno del relativo rettangolo, due righe utilizzabili per l'espressione dei voti preferenza.»;
h) all'articolo 58:

Nino LUCIANI, Ci sia una risposta valida al Grillismo con la riforma della Governance, non cose che privilegiano la rielezione o sanno di anti-grillismo repressivo. Per una democrazia compiuta, anche in Italia.

 

1.- Premessa: il lungo viaggio verso la "democrazia compiuta". La nuova legge elettorale dovrebbe dare soluzioni alla domanda di governabilità del Paese, con uomini buoni e preparati. Non è un problema di "larga maggioranza" da produrre aritmeticamente, mediante il premio di maggioranza dato alla coalizione. Anzi, gli ultimi due Governi Berlusconi avevano più di 100 voti di maggiorana alla Camera e per giunta con candidati scelti personalmente dal partito. Ma questo non è valso a salvarlo, perchè le coalizioni erano accordi elettorali, non programmatici.
   Dove andare ? Già Aldo Moro aveva posto il problema di dare all'Italia una "democrazia compiuta", mediante l'alternanza tra i grandi partiti (non tra le coalizioni) al governo
, in recepimento della evoluzione della società civile; e sulla conseguente ricaduta positiva del ricambio dei quadri dirigenti, dentro i partiti.
   Ma questo era sempre rinviato, pur se la DC era al potere dal 1948. Si motivava con l'anomalia italiana (nel convincimento degli Stati Uniti) che il secondo partito in graduatoria (il PCI) fosse non affidabile per la democrazia in Italia (a causa dei suoi legami con il PCUS) e per la salvaguardia dell'equilibrio tra due grandi blocchi internazionali contrapposti.
   Fondato o infondato questo giudizio sul PCI ? Forse nessuno saprà mai dire.
   Tuttavia, sarebbe forse ingeneroso e anche ingiusto:
  - non ricordare il comportamento del PCI nei confronti della BR, che puntavano all'alternanza nei governi, in modo rivoluzionario, e che il PCI condannò e contrastò in solidità all'azione dello Stato democratico;
  - e non ricordare che, già prima, c'era stata una evoluzione nei rapporti tra PCI e PCUS, come la presa di distanze dai fatti dell'URSS (per vero anche della sinistra più estrema), e anzi la rivendicazione del PCI, di una propria autonomia del partito fratello PCUS.

   Fatto sta che con la successiva uscita "totale" dei due grandi partiti storici (DC e PCI), l'Italia è caduta nelle mani di bande, senza il senso dello Stato

   2.- Per il ritorno alla Costituzione, con il concorso dei Cattolici. In termini storici, per l'Italia,  la democrazia compiuta è l'alternanza tra le due grandi forze (a sinistra, il PD; al centro-destra la DC, quale grande contenitore dei cattolici e dei laici liberali).
   Non so quando arriveremo alla ricostruzione di un partito dei cattolici (cosa diversa da un "partito cattolico", dopo l'interruzione del 1992), pur se nello scorso 10-12 novembre 2014), ne sono stati ricostruiti i pesupposti giuridici.
    Al momento, mi pare fuori discussione che la staffetta spetti al PD, in quanto è alternativo al PDL.
  Su quali basi elettorali ? Ecco i criterI:
  - il primo è permettere al popolo di rispecchiarsi proporzionalmente in parlamento, ognuno con le proprie idee, e anche con un voto di preferenza al candidato, ma col limite che il candidato sia incensurato;
  - il secondo criterio è che, qualora non ci esca una "maghioranza assoluta" al primo turno, ci sia un secondo turno, nel quale i cittadini facciano un sforzo di avvicinamento. Es.: il popolo assegni un premio di maggioranza (su base nazionale, sia alla camera sia al senato) ad uno dei prmi due partiti, più votati (es. portarne uno al 55% dei seggi; il residuo 45% sarà ripartito tra tutti gli altri, proporzionalmente ai voti del primo turno).
   Sono molto contrario ad una premio di maggioranza assegnato a tavolino, al partito di maggioranza relativa.
   Ci si ricordi, almeno per pudore, che nel 1950 la DC fece approvare una legge che assegnava un premio di maggiorannza al partito che conseguisse almeno la maggioranza assoluta (50%+1)., e quella legge sollevò l'indignazione popolare (legge truffa, fu detto ! ).
   Attualmente il 55% va alla coalizione maggiore (basta il 25"-30%, e si dice di 42,5%).
   Non c'è più religione. Completamente scavalcata la sovranità popolare.
  - una norma che punisca i "cambia casacca". Si possono ipotizzare più modi (vietare la formazionne di gruppi parlamentari con un numero di membri minore del 20% dei membri della camera di appartenenza; togliere ex-ante il finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari, successivi a quelli di prima costituzione ...).
  3.- Perchè in strada verso la "democrazia compiuta", con il PD ? Sul piano programmatico, la somma di BERSANI-RENZI produce un programma di centro-sinistra che non è drammaticamente l'opposto di un programma dell'attuale centro-destra. Sicuramente il sano empirismo sarà la guida del prossimo esecutivo, anche percè il bilancio dello Stato non permette svolazzi.
  C'è, subito dopo, il problema di sostituire il "corrotto" e "dilettantesco" berlusconismo con forze che pubblicamente si rimettono al popolo.
   Le recenti elezioni primarie (del centro-sinistra) ne sono la prova-provata.
   Di sicuro, BERLUSCONI ne esce male in tutti i modi, trattando il "prode ALFANO" come un deficiente senza alcuna personalità.
   Una persona degna, che rispetta il popolo, non snobba il giudizio preventivo del popolo del proprio campo. Dunque Berlusconi si sarebbe dovuto presentare alle primarie del PDL, come tutti (così come ha fatto BERSANI, nel proprio campo).  NINO LUCIANI

 

EDIZIONI PRECEDENTI

Legge elettorale ?  La situazione in Senato, ancora in un labirinto.
Anche tuttora inesplorata la riforma costituzionale della Governance

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Sotto, il Testo base, approvato dalla Commissione Affari Costituzionali,
al quale sarà possibile proporre emendamenti, al momento tantissimi....

LUCIANI: - Come da sempre, gli emendamenti appaiono orientati a favorire la maggioranza e danneggiare le minoranze.
  Nessuna meraviglia, poi, se si mirasse a limitare l'accesso al Parlamento per  i temuti "Grillini", più che a dare, alle loro critiche e al Paese, risposte di Governabilità
, con Governi di legislatura.
- Ma direi  anche: STOP a NAPOLITANO, con quelle pressioni per una nuova legge elettorale, potenzialmente peggiorativa.
- Ci sono, poi, in Italia persone per bene (MONTEZEMOLO) che danno priorità all'indirizzo politico, per il voto al partito. OK, ma in Italia c'è anche un problema di SISTEMA   istituzionale, per cui anche una persona volenterosa e preparata è impedita di lavorare, e che si può risolvere solo con Governi di legistratura ... con l'occhio al lungo periodo.
TESTO DI BASE, UNIFICATO, PROPOSTO DAL RELATORE
In quanto testo di base, esso è stato già approvato dalla Commissione, e da qui si parte per gli emendamenti (moltissimi)
Per vedere tutte le proposte di emendamento, in Senato, clicca su : http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/

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NT1
MALAN, relatore

Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e uguale, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale, con l'attribuzione di un premio, pari a 76 seggi, alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all'unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all'ordine di presentazione.»;
b) all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Con il decreto di cui al primo comma e con gli stessi criteri utilizzati per l'assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al comma medesimo, sono distribuiti tra le circoscrizioni, con arrotondamento all'unità più prossima, i 541 seggi da ripartire in ragione proporzionale. I seggi da attribuire come premio sono determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale.»;
c) all'articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a due voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui all'articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l'elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena l'annullamento della seconda preferenza.»;
d) all'articolo 7, primo comma, dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) i componenti delle Giunte regionali;»;
e) all'articolo 18-bis,il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Ogni lista, all'atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all'ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
3-bis. A pena di inammissibilità della lista, nell'insieme dei candidati compresi nel primo elenco nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con arrotondamento all'unità superiore, e nell'ambito del secondo elenco i candidati successivi al primo devono essere presentati in ordine alternato di genere.»;
f) l'articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. - 1. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più liste con diverso contrassegno né in più di un primo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. Pena la nullità dell'elezione, nessun candidato può essere incluso in più di tre di ciascun secondo elenco di cui all'articolo 18-bis, comma 3, neppure con il medesimo contrassegno. A pena di nullità dell'elezione, nessun candidato può accettare la candidatura contestuale alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

2. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della medesima lista.
3. Il candidato risultato eletto in più elenchi deve esprimere opzione ai sensi dell'articolo 85.»;
g) all'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all'interno del relativo rettangolo, due righe utilizzabili per l'espressione dei voti preferenza.»;
h) all'articolo 58:

Nino LUCIANI, Ci sia una risposta valida al Grillismo con la riforma della Governance, non cose che privilegiano la rielezione o sanno di anti-grillismo repressivo. Per una democrazia compiuta, anche in Italia.

 

1.- Premessa. Il Grillismo è una denuncia ampia e circostanziata dei difetti della società italiana e della sua dirigenza politica, qualcosa che si assomiglia a quanto fatto Goldoni o a Molière, nel loro tempo, ma con la grande differenza che, oggi, il teatro è televisivo e planetario in tempo reale.
   Non dimentichiamo, poi, che il Grillismo viene anche come reazione a certe negazioni della scena al grande comico, da parte di partiti della sinistra quando, all'inizio della carriera, già privilegiava un certo canzonamento dei partiti.
   Fatto sta che le elezioni regionali siciliane hanno "dimostrato" probabile l'ingresso massiccio dei "Grillini" in Parlamento, data l'attuale legge.
   Ne consegue, che la modifica della legge elettorale diviene, per l'establishment, uno strumento per creare ostacoli specifici a terzi, e per impedire infiltrazioni al suo interno.  
   La storia è sempre andata in questo senso.

2.- Perchè il dilagare delle disfunzioni nella politica ?
Diciamo subito che, oggi, siamo di fronte ad un ritorno della stessa onda "deviata" che sommerse la DC vent'anni fa, per cui giustamente questa ha pagato il conto.
  Ma, al tempo stesso, sono certo che la "devianza" è collegata al blocco, durato troppo a lungo, dell'alternanza tra grandi partiti al governo.
   Nessuno negava i suoi meriti per il progresso della nazione, né il venir meno dei suoi ideali. Si trattava del fatto che i governi hanno un senso positivo solo se sono specchio continuo dei mutamenti della società civile "migliore", e del fatto che erano prevalse nel nostro Paese alcune cose negative, quali debolezze gravi nella governance dello Stato, e il prevalere di interessi privati, in luogo degli interessi dello Stato in un orizzonte di lungo periodo.
   Dobbiamo capire che, già dentro l'uomo, sta il bene, e il male, e che (pur partendo da sani principi, che è il presupposto necessario per un cattolico, ma non solo per un cattolico) è legge inesorabile della vita che il male possa prevalere sul bene, se non c'è un rinnovamento continuo. Gesù Cristo aveva detto che il seme, per nascere, deve prima morire. L'uomo rinasce attraverso i figli, cioè morendo.
   Già all'inizio degli anni '90, c'era, in prima attenzione, la questione del rinnovamento della DC, e del rinnovamento del sistema di Governance dello Stato. Da anni, era infatti divenuta "normale" la caduta dei governi ogni sei mesi, durante la legislatura, determinando carenze gravi dei governi nell'affrontare le grandi questioni di lungo periodo (vedi esplosione del debito pubblico, già negli anni '80).
  Ci fu un risvolto pesante, agganciato alla "grande spesa pubblica": la comparsa della questione morale nella vita pubblica, e anch'essa secondo uno schema tipico dei Paesi, che sfuggono alle regole dell'alternanza, in modo che un partito che subentra al governo controlli quanto fatto dal precedente. Il maggior veicolo della corruzione politica era la "grande spesa pubblica", per via di tangenti per il finanziamento dei partiti al governo (anche di quelli regionali, di altro colore), in occasione degli appalti a gruppi economici compiacenti.
    Quanto fosse esteso il fenomeno, lo ascoltammo da un discorso di Craxi alla Camera, nel 1993.
     E sta di fatto che, dopo una pausa di tranquillità apparente, in concomitanza con lo scioglimento della DC e del PSI, e del massimo fuoco della magistratura, la questione morale si ritroverà tale quale ai giorni nostri.
   Non solo questo. Mentre un tempo si procedeva in base alle leggi esistenti, negli anni più recenti sono state fatte delle leggi ad personam per i governanti (cambiata la tipologia di reato e la prescrizione).
   Non solo questo: il finanziamento pubblico dei partiti, al centro e alla periferia, è risultato fuori misura, anzi causa rilevante della situazione debitoria dello Stato, mentre parte della popolazione fatica a tirare avanti e la pressione fiscale è arrivata alla stelle.
    Voglio dire fino in fondo: che da vent'anni, con l'uscita di scena della DC e del PCI, è venuto meno lo Stato e siamo caduti nelle mani di bande senza il senso dello Stato, forse salvo eccezioni. Per questo è venuto il momento di fare piazza pulita e ricominciare da capo.

  Nel riprendere quel discorso, voglio ricordare che, già negli anni '70, era stato pubblicato un libro del premio Nobel J. Buchanan, divenuto premio Nobel per questo libro, che teorizzava la cosiddetta "scuola di public choice", fondata sull'individualismo metodologico. Secondo quella scuola, i politici sarebbero dei comuni mortali, e dunque come dei comuni imprenditori privati, essi fanno politica prima di tutto per motivi personali, e secondariamente per l'interesse pubblico. In questo senso la PA diveniva strumento per gli obiettivi personali dei politici. Detto con una immagine veloce, i partiti sarebbero "imprese di affari", difficili da convincere a rinuncia "volontaria" al governo.

   3. I vari tentativi della DC per il rinnovamento di se stessa e dello Stato.
   Aldo Moro aveva posto già da tempo il problema del rinnovamento della politica in Italia. Stando alle sue parole, la meta era realizzare in Italia la cosiddetta "democrazia compiuta", fondata sulla alternanza tra i grandi partiti al governo, in recepimento della evoluzione della società civile; e sulla conseguente ricaduta positiva del ricambio dei quadri dirigenti, dentro i partiti. L'anomalia, per l'Italia, era che la DC era al potere dal 1948, in governi di coalizione: con il PLI fino al 1960; fuori il PLI e dentro il PSI dal 1961. L'alternanza non ebbe luogo, alle previste scadenze elettorali, perché circolava il convincimento (e in questo pesò molto il convincimento degli Stati Uniti) che il secondo partito in graduatoria (il PCI) fosse non affidabile per la democrazia in Italia (a causa dei suoi legami con il PCUS) e per la salvaguardia dell'equilibrio tra due grandi blocchi internazionali contrapposti.
   Fondato o infondato questo giudizio sul PCI ? Forse nessuno saprà mai dire. Tuttavia, sarebbe forse ingeneroso e anche ingiusto:
  - non ricordare il comportamento del PCI nei confronti della BR, che puntavano all'alternanza nei governi, in modo rivoluzionario, e che il PCI condannò e contrastò in solidità all'azione dello Stato democratico;
  - e non ricordare che, già prima, c'era stata una evoluzione nei rapporti tra PCI e PCUS, come la presa di distanze dai fatti dell'URSS (per vero anche della sinistra più estrema), e anzi la rivendicazione del PCI, di una propria autonomia del partito fratello PCUS;
  - e fors'anche non escludere che questi fenomeni rivoluzionari potevano essere evitati se la via dell'alternanza era ritenuta praticabile a breve. Fatto sta che l'alternanza, pur se urgente, veniva sempre rinviata.

4.-  Stop a Napolitano... . In queste settimane è ripreso il tam tam del Presidente Napolitano a favore di una nuova legge elettorale. Ritengo questa azione non solo inopportuna, ma anche illegittima.
   Ritengo che l'attuale legge elettorale dia il massimo di governabilità, compatibile con l'attuale Costituzione.
  a) azione inopportuna. Ritengo che questa azione sia inopportuna perchè quello che serve all'Italia è avere governi di legislatura con possibilità di attuare programmi di lungo periodo, il tallone di Achille dei nostri governi da più di vent'anni. E questo non dipende dalla attuale legge elettorale, tant'è che i due Governi Berlusconi avevano una maggioranza di più di 100 voti, e ci troviamo allo stesso punto.
   b) E c'è, poi, il fatto che per Costituzione, il Presidente non porta responsabilità politica, e dunque è una questione di coerenza non fare pressioni dubbie sui parlamentari.
  Ci sono, poi, persone per bene (MONTEZEMOLO) che danno priorità all'indirizzo politico, per una scelta del partito politico. Ok. Ma, ahimè, c'è anche un problema di SISTEMA istituzionale, per cui anche una persona per bene non riuscirebbe a fare ...
  Per questo la governance dello Stato è divenuta una questione pregiudiziale. NINO LUCIANI

 

Governance dello Stato e/o Legge elettorale ? L'infinito dialogo tra sordi


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ITALIA   DA  ANNI  NELLE MANI DI BANDE, senza IL SENSO DELLO STATO

Il problema primario non è la legge elettorale,
ma una governance che ci dia Governi di legislatura

Solo dopo si adeguerà la legge elettorale

Il PD in marcia, verso l'essere fatto a fette ?
(Sotto: il Disegno di Legge del PDL.  In precedente edizione vedi  quello del PD)

Per
una rivisitazione culturale della crisi politica in Italia, dopo il 1992 con la  la caduta della DC e del PCI, si vegga il convegno sul tema:
“Ha un senso la riorganizzazione della vecchia Dc, nell'Italia del 2014 ?” Clicca su: http://www.impegno

IIL PREMIO DI MAGGIORANZA, SIA IL POPOLO AD ASSEGNARLO AD UNO DEI PRIMI DUE PARTITI,  AL SECONDO TURNO

DISEGNO DI LEGGE N. 3428
d’iniziativa del senatore QUAGLIARIELLO (PDL)

Punti qualificanti (N.d.R.):
soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento, o al 10 per cento in almeno cinque circoscrizioni;
- distribuzione dei seggi attraverso il metodo proporzionale d’Hondt, a livello di circoscrizione;
- due terzi dei seggi attribuiti in base alle indicazioni dei cittadini anche a livello di singolo parlamentare, e il restante terzo mediante listini bloccati;
- preferenze
;
- premio di governabilità 10 per cento al primo partito (e non alla coalizione)L.
 
DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al testo unico delle leggi
recanti norme per la elezione
della Camera dei deputati)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 1 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. – 1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto e uguale, libero e segreto, espresso in un unico turno elettorale e attribuito a liste di candidati concorrenti.
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico. Salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero, la ripartizione dei seggi è effettuata in ragione proporzionale tra le liste ammesse al riparto, con l’attribuzione di un premio di governabilità, pari al 10 per cento dei seggi, alla lista che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi sul piano nazionale, a norma degli articoli 77, 83 e 84, e si effettua in sede di Ufficio centrale circoscrizionale.
3. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all’unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all’ordine di presentazione.»;
b) all’articolo 3 è aggiunto in fine il seguente comma:
«1-bis. Con lo stesso decreto di cui al comma 1 e con gli stessi criteri utilizzati per l’assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni di cui al medesimo comma, sono distribuiti tra le circoscrizioni i seggi da ripartire in ragione proporzionale, pari al 90 per cento dei seggi, con arrotondamento all’unità più prossima. I seggi da attribuire come premio di governabilità sono determinati, per ciascuna circoscrizione, come differenza tra il numero dei seggi complessivi assegnati alla circoscrizione e il numero dei seggi da attribuire in ragione proporzionale»;
c) all’articolo 4, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un’unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a tre voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco della lista votata, di cui all’articolo 18-bis, comma 3, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l’elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena la nullità dei voti di preferenza successivi al primo. Nelle circoscrizioni cui sono attribuiti complessivamente fino a cinque seggi, ogni elettore può esprimere una sola preferenza».
d) all’articolo 14-bis:
1) ai commi 1, 2 e 3, il secondo periodo è soppresso;
2) al comma 4, le parole: «ai commi 1, 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «al comma 3»;
e) all’articolo 18-bis, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ogni lista, all’atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all’ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore a un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all’unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione»;
f) all’articolo 19, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della lista di cui all’articolo 18-bis, comma 3. Il candidato risultato eletto in base ad entrambi i criteri deve esprimere opzione ai sensi dell’articolo 85»;

Nino LUCIANI, Italia nelle mani di bande, non di partiti con il senso dello Stato. La retta via, per modificare la legge elettorale, è farlo dopo le modifiche della Costituzione (poche, ma essenziali)

1. Premessa
.   Mi pare evidente che il disegno di legge del PDL sia estremamente souple, ma anche quello del PD (clicca: deputati PD), vale dire è acqua e sapone, che vuole solo salvare la faccia, davanti all'elettorato, senza cambiare nulla, come il "gattopardo". Questo giudizio vale anche per il PD.
  Al fondo di tutto c'è che, da quando sono caduti i due grandi partiti storici, la DC-partito dei Cattolici e il PCI - partito Comunista Italiano (ci metto dentro anche il PSI) è venuto meno lo Stato, e sono subentrate delle bande senza il senso dello Stato. Con loro ci metto l'ex-Magistrato Di Pietro che li aveva distrutti, e che si è rivelato un "jolly" perbenino, senza costrutto.
   Quelle due forze storiche, anche grazie alla mediazione del movimento storico   liberale, avevano costruito la Costituzione della Repubblica, che ha retto l'Italia validamente per anni, ma che è venuta a soffrire di deficit di governabilità, per via di certi condizionamenti internazionali, che avevano impedito una "democrazia compiuta" per l'Italia (parole di A. Moro). Il motivo è che era mancata l'alternanza al governo, tra quelle forze storiche.


2. Come risolvere. La Costituzione aveva voluto un sistema parlamentare (governo proposto dal Capo dello Stato, e fiduciato dal parlamento) pensato proporzionale alla società civile.
  Ne deriva che, oggi, delle "primarie sul candidato premier" sono contro natura, se prima non si cambia la Costituzione (su questo torno, più avanti circa il PD).
  Cambiare la Costituzione in senso presidenzialista sarebbe, forse, la cosa migliore, ma con i dovuti "pesi e contrappesi" (il pericolo di dittature non va mai sottovalutato, e l'Italia ne sa qualcosa). Ma non c'è più tempo in questa legislatura, per cambiare l'architrave della Costituzione.
   Ma altrettanto, senza aver fatto questo, non ha un senso modificare una legge elettorale, che già contiene in se il massimo che si può fare per la governabilità, data l'attuale Costituzione.
  Invece, si potrebbe cambiare non poco nei fatti,
ferma l'attuale architrave costituzionale, con piccole modifiche, centrate a dare:
   - effettiva alternanza tra i grandi partiti al potere (anche disponendo di espellere dal parlamento i cambia-casacca, dopo le elezioni);
  - su governi di legislatura;
  - sulla rappresentanza proporzionale dei cittadini in parlamento, ma con limiti drastici alla polverizzazione della rappresentanza.
   
  Precisamente fare:
   a) Governo: il parlamento vota il capo del governo (non anche i ministri) per l'intera legislatura, che successivamente nomina e revoca ministri tecnici (in linea di massima). E’ ammessa la sfiducia, ma solo con un quorum di almeno i 3/4 di una delle camere;
   b) Parlamento: è eletto in due turni con legge elettorale proporzionale in collegi pluri-nominali, al fine di assegnare (al secondo turno) un premio di maggioranza, se necessario.
   c) Premio di maggioranza. Qualora, al primo turno nessun partito consegua la maggioranza assoluta, al secondo turno l’elettorato sceglie a quale, tra i primi due, assegnare la maggioranza assoluta (55%, se non ottenuto con i voti). I restanti seggi sono ripartiti tra tutti gli altri, in proporzione ai voti del primo turno.;
   d) Un solo voto di preferenza
   e) Restrizioni per i cambia casacca:
       - Sono ammessi Grupppi parlamentari con un numero di membri non inferiore al 20% dei membri della camera di appartenenza;
       - I Gruppi parlamentari formatisi dopo la prima costituzione, dopo le elezioni politiche, non percepiscono l’eventuale finanziamento, a copertura delle spese elettorali, e quanto "già dato" viene recuperato dal bilancio dello Stato, pro quota scissionisti.

3.- Sulle primarie del PD. Nella Costituzione
(Art. 49) la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale avviene mediante l'associazione libera in partiti. In questo senso, è tradizione che il candidato premier sia il segretario politico del partito che vince le elezioni. Così anche in Inghilterra.
   E se adesso vogliamo andare all'americana, OK, ma con un presidente eletto direttamente dal popolo, dunque dopo aver cambiato la Costituzioone.
   Le notizie di questi giorni, secondo cui il PD (e soci) avrebbe accumulato 12 candidati premier, per le elezioni primarie, è una cosa insopportabile per chi ha il senso dello Stato, in quanto va a squalificare il Segretario, eletto in un Congresso del PD.
   Secondo me, l'On. Bersani dovrebbe semplicemente dimettersi, per salvare la propria dignità.
   Questo fatto (12 candidati) prova la sprovvedutezza della sinistra Italiana, quella stessa che ci ha "regalato" Berlusconi Premier.
   In questo caso, poi:
   - c'è l'aggravante di dimostrare troppa fretta, nel dare per spacciato Berlusconi, al punto di distogliere l'attenzione da lui e tornare a litigare (come sempre) al proprio interno;
  - la competizione delle primarie creerà una disaffezione, verso i partiti-soci della sinistra, da parte degli elettori, per cui il PDL potrebbe arrivare primo partito i graduatoria (sia pur con pochi voti di scarto).

   Queste puntualizzazioni non vanno prese come un "favore" a qualcuno, ma la preoccupazione di non frammentare le "grandi forze", quale necessario passo per realizzare l'alternanza tra grandi partiti al governo, in Italia. NL

g) all’articolo 31, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Sulle schede i contrassegni delle liste sono riprodotti di seguito, in linea verticale, ciascuno in un unico rettangolo, su un’unica colonna; nello spazio accanto ad ogni contrassegno l’elettore può esprimere fino ad un massimo di tre preferenze in favore dei candidati della stessa lista, salvo il caso di cui all’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 4. L’ordine dei contrassegni delle liste sulla scheda è stabilito con sorteggio secondo le disposizioni di cui all’articolo 24. I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre. Accanto a ogni contrassegno di lista sono tracciate, all’interno del relativo rettangolo, un numero di linee orizzontali pari al numero massimo di preferenze che possono essere espresse nella circoscrizione»;
h) all’articolo 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al secondo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «L’elettore, senza che sia avvicinato da alcuno, esprime il voto tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta e può esprimere la preferenza in favore del candidato o dei candidati prescelti compresi nella medesima lista, scrivendo il loro cognome, ed eventualmente il nome, sulle apposite righe di cui all’articolo 31, comma 2»;
2) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«I voti di preferenza si esprimono scrivendo con la matita, sulle apposite righe tracciate a fianco del contrassegno della lista votata, il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome dei candidati prescelti. L’elettore può manifestare la preferenza esclusivamente per candidati della lista da lui votata. Sono nulle le preferenze che non designano il candidato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da ogni altro candidato della medesima lista. Se l’elettore esprime una preferenza per un candidato incluso nel secondo elenco e non presente anche nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, il voto si intende attribuito esclusivamente alla lista cui appartiene il candidato prescelto. Se l’elettore non ha segnato alcun contrassegno di lista ma ha espresso una o più preferenze, si intende che abbia votato la lista alla quale appartengono i candidati prescelti se le preferenze sono indicate nello spazio a fianco del contrassegno di lista al quale i candidati prescelti appartengono; in ogni altro caso, il voto è nullo. Se l’elettore ha segnato più contrassegni di lista e ha indicato una preferenza, il voto è attribuito alla lista cui appartiene il candidato prescelto se appartenente ad una delle liste votate; in ogni altro caso, il voto è nullo. Si considerano appartenenti ad una lista tutti i candidati compresi nei due elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3».
i) l’articolo 68 è sostituito dal seguente:
«Art. 68. – 1. Compiute le operazioni di cui all’articolo 67, il presidente procede alle operazioni di spoglio delle schede. Uno scrutatore designato mediante sorteggio estrae successivamente ciascuna scheda dall’urna e la consegna al presidente. Questi enuncia ad alta voce il contrassegno della lista a cui è stato attribuito il voto e le eventuali preferenze e passa quindi la scheda ad altro scrutatore che la ripone nella cassetta o scatola dalla quale sono state tolte le schede non utilizzate. Il segretario prende nota, a mano a mano, dei voti di ciascuna lista e di quelli di preferenza, assieme ad altro scrutatore designato dal presidente.
2. Il segretario proclama ad alta voce i voti di lista e gli eventuali voti di preferenza. Quando la scheda non contiene alcuna espressione di voto, sul retro della stessa viene subito impresso il timbro della sezione e apposte le firme del presidente e di due altri componenti dell’ufficio di sezione.
3. È vietato estrarre dall’urna una scheda se quella precedentemente estratta non sia stata posta nella cassetta o scatola, dopo spogliato il voto.
4. Le schede possono essere toccate soltanto dai componenti del seggio.
5. Il numero totale delle schede scrutinate deve corrispondere al numero degli elettori che hanno votato. Il presidente accerta personalmente la corrispondenza numerica delle cifre segnate nelle varie colonne del verbale col numero degli iscritti, dei votanti, dei voti validi assegnati, delle schede nulle, delle schede bianche, delle schede contenenti voti nulli e delle schede contenenti voti contestati, verificando la congruità dei dati e dandone pubblica lettura ed espressa attestazione nei verbali.
6. Tutte le operazioni di cui al presente articolo devono essere compiute nell’ordine indicato; del compimento e del risultato di ciascuna di esse deve farsi menzione nel verbale»;
l) all’articolo 71, primo comma, numero 2), dopo le parole: «voti di lista» sono inserite le seguenti: «e dei voti di preferenza»;
m) all’articolo 77, comma 1, dopo il numero 1), è inserito il seguente:
«1-bis) determina inoltre la cifra individuale di ogni candidato del primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, sommando il numero dei voti di preferenza riportati nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Compila quindi, per ciascuna lista, una graduatoria redatta secondo l’ordine decrescente di preferenze. A parità di cifra individuale, è inserito prioritariamente nella graduatoria il candidato più anziano di età;»;
n) l’articolo 83 è sostituito dal seguente:
«Art. 83. – 1. L’Ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli Uffici centrali circoscrizionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o più esperti scelti dal presidente:
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
2) individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 5 per cento dei voti validi espressi o che abbiano conseguito in cinque circoscrizioni almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che sono ammesse pertanto al riparto dei seggi effettuato in sede circoscrizionale;
3) individua quindi la lista che abbia conseguito sul piano nazionale il maggior numero di voti validi espressi alla quale deve essere attribuito il premio di governabilità nella misura del 10 per cento dei seggi;
4) comunica agli Uffici centrali circoscrizionali le liste ammesse al riparto dei seggi di cui al numero 2) e la lista cui attribuire il premio di governabilità di cui al numero 3).
2. Di tutte le operazioni dell’Ufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla Segreteria generale della Camera dei deputati la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare è depositato presso la cancelleria della Corte di Cassazione»;
o) l’articolo 84 è sostituito dal seguente:
«Art. 84. – 1. L’Ufficio centrale circoscrizionale, ricevute da parte dell’Ufficio centrale nazionale le comunicazioni di cui all’articolo 83, comma 1, numeri 2) e 3):
1) per ciascuna delle liste ammesse al riparto dei seggi di cui all’articolo 83, comma 1, numero 2), divide la cifra elettorale circoscrizionale successivamente per 1, 2, 3, 4, sino a concorrenza dei seggi da attribuire in ragione proporzionale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica di cui all’articolo 3, comma 1. I seggi sono assegnati alle liste cui corrispondono nell’ordine i più alti quozienti ottenuti da tali divisioni. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il seggio è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio; alla lista di cui all’articolo 83, comma 1, numero 3) attribuisce anche i seggi del premio di governabilità corrispondenti alla differenza tra i seggi assegnati alla circoscrizione e i seggi da attribuire in ragione proporzionale;
2) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto:
a) per un numero pari ai due terzi, con arrotondamento all’unità più prossima, dei seggi ai quali la lista ha diritto, i candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, che abbiano riportato la maggiore cifra individuale in base alla graduatoria redatta ai sensi dell’articolo 77, comma 1, numero 1);
b) per i restanti seggi da assegnare alla lista, i candidati compresi nel secondo elenco all’articolo 18-bis, comma 3, in base all’ordine di presentazione;
3) qualora una lista abbia diritto ad un numero di seggi pari a due, in deroga al numero 2) del presente comma, proclama eletti un candidato per ciascuno dei due elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3;
4) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, e residuino ancora seggi da attribuire alla lista, sono proclamati eletti i candidati compresi nel secondo elenco che seguono quelli già eventualmente proclamati, in base all’ordine di presentazione; qualora invece la lista abbia esaurito il numero di candidati compresi nel secondo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, sono proclamati eletti i candidati compresi nel primo elenco che seguono nella graduatoria redatti ai sensi dell’articolo 77, comma 1, numero 1);
5) comunica all’Ufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, le risultanze delle operazioni di cui ai numeri precedenti, ai fini di cui al comma 2.
2. L’Ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici centrali circoscrizionali di cui al comma 1, numero 5), qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati di entrambi gli elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3, e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella circoscrizione, assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni della stessa regione o, in mancanza, delle altre regioni, ove la stessa lista abbia i più alti quozienti non utilizzati per l’assegnazione dei seggi, ai sensi del comma 1, numero 1), del presente articolo. Qualora ciò non sia possibile, per esaurimento dei candidati o assenza della lista nelle altre circoscrizioni, i seggi sono attribuiti nella circoscrizione originaria alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per l’assegnazione dei seggi ai sensi del citato comma 1, numero 1). L’esito delle operazioni di cui al presente comma è comunicato agli Uffici elettorali circoscrizionali ai fini delle relative proclamazioni»;
p) all’articolo 86, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito, nell’ambito della medesima circoscrizione:
a) al candidato della lista che, nella graduatoria di cui all’articolo 77, comma 1, numero 1), segue immediatamente l’ultimo degli eletti, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel primo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3;
b) al candidato della lista che segue immediatamente l’ultimo degli eletti compresi del secondo elenco di cui all’articolo 18-bis, comma 3, in base all’ordine di presentazione, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel suddetto elenco.
2. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di uno dei due elenchi di cui all’articolo 18-bis, comma 3, si procede con le modalità di cui all’articolo 84, comma 1, numero 4. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di entrambi gli elenchi si procede con le modalità di cui all’articolo 84, comma 2.».
Art. 2.
(Modifiche al testo unico delle leggi
recanti norme per l’elezione
del Senato della Repubblica)
1. Al testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993. n. 533, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, il comma 2 è sostituito dai seguenti:
«2. L’assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale, con l’attribuzione di un premio di governabilità pari al 10 per cento dei seggi alla lista che abbia conseguito il maggior numero di voti validi espressi nell’ambito di tutte le regioni, mediante riparto nelle singole circoscrizioni regionali, a norma degli articoli 16 e 17.
2-bis. Con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1 sono determinati, per ciascuna regione, salvo quelle di cui ai commi 3 e 4, i seggi da ripartire in ragione proporzionale, nella misura del 90 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all’unità più prossima; i seggi da attribuire come premio di governabilità sono determinati come differenza tra il numero dei seggi assegnati alla regione e quelli da assegnare come premio di governabilità»;
b) all’articolo 2, dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Per ciascuna lista circoscrizionale, composta da due distinti elenchi, sono eletti, per una quota pari ai due terzi dei seggi da attribuire, con arrotondamento all’unità più prossima, i candidati inseriti nel primo elenco in base ai voti di preferenza individuali espressi dagli elettori e, per la restante parte, i candidati inseriti nel secondo elenco in base all’ordine di presentazione.
1-ter. Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un’unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista. Ogni elettore può esprimere fino a tre voti di preferenza per i candidati inseriti nel primo elenco, di cui all’articolo 9, comma 4, della lista votata, scrivendo il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome del candidato o dei candidati prescelti. Nel caso in cui l’elettore esprima più di una preferenza, la scelta deve comprendere candidati di entrambi i generi, pena la nullità dei voti di preferenza successivi al primo. Nelle circoscrizioni cui sono attribuiti complessivamente fino a cinque seggi, ogni elettore può esprimere una sola preferenza»;
c) dopo l’articolo 6, è inserito il seguente:
«Art. 6-bis. – 1. Presso la Corte di cassazione è costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali, l’ufficio centrale nazionale per le elezioni del Senato, composto da un presidente di sezione e da quattro consiglieri, scelti dal primo presidente.»;
d) all’articolo 9, il comma 4 è sostituito dai seguenti:
«4. Ogni lista, all’atto della presentazione, deve essere composta da due elenchi di candidati. Il primo è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base ai voti di preferenza espressi dagli elettori ed è formato da un numero dei candidati non inferiore a un terzo e non superiore al numero di seggi assegnati alla circoscrizione. Il secondo elenco è costituito dai candidati la cui elezione è determinata in base all’ordine di presentazione e il loro numero non può essere superiore ad un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione, con arrotondamento all’unità più prossima. Il numero complessivo dei candidati di ciascuna lista, ottenuto sommando i candidati dei due elenchi, non può in ogni caso superare il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione.
4-bis. Ogni candidato può essere inserito contestualmente sia nel primo sia nel secondo elenco della lista di cui all’articolo 9, comma 4. Il candidato risultato eletto in base ad entrambi i criteri deve esprimere opzione ai sensi dell’articolo 85 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361»;
e) all’articolo 10:
1) il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati possono ricorrere all’ufficio centrale nazionale previsto dall’articolo 6-bis»;
2) al comma 7, le parole: «di cui all’articolo 23 del predetto testo unico» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all’articolo 23 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.»;
f) all’articolo 11, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le schede sono di carta consistente; sono fornite a cura del Ministero dell’interno, hanno le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e B allegate al presente testo unico e riproducono in fac-simile i contrassegni di tutte le liste regolarmente presentate nella circoscrizione. Sulle schede i contrassegni delle liste sono riprodotti di seguito, in linea verticale, ciascuno in un unico rettangolo, su un’unica colonna; nello spazio accanto ad ogni contrassegno di lista sono tracciate, all’interno del relativo rettangolo, un numero di linee orizzontali pari al numero massimo di preferenze che possono essere espresse nella circoscrizione. L’ordine dei contrassegni delle liste sulla scheda è stabilito con sorteggio secondo le disposizioni di cui al comma 1, lettera a). I contrassegni devono essere riprodotti sulle schede con il diametro di centimetri tre.»;
g) l’articolo 14 è sostituito dal seguente:
«Art. 14. – 1. Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta; l’elettore può esprimere l’eventuale voto di preferenza in favore del candidato o dei candidati prescelti compresi nella medesima lista, scrivendo il loro cognome, ed eventualmente il nome, sulle apposite righe di cui all’articolo 11, comma 3.
2. I voti di preferenza si esprimono scrivendo con la matita, sulle apposite righe tracciate a fianco del contrassegno della lista votata, il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome dei candidati prescelti. L’elettore può manifestare la preferenza esclusivamente per candidati della lista da lui votata. Sono nulle le preferenze che non designano il candidato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da ogni altro candidato della medesima lista. Se l’elettore esprime una preferenza per un candidato incluso nel secondo elenco e non presente anche nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, il voto si intende attribuito esclusivamente alla lista cui appartiene il candidato prescelto. Se l’elettore non ha segnato alcun contrassegno di lista ma ha espresso uno o più preferenze, si intende che abbia votato la lista alla quale appartengono i candidati prescelti se le preferenze sono indicate nello spazio a fianco del contrassegno di lista al quale i candidati prescelti appartengono; in ogni altro caso, il voto è nullo. Se l’elettore ha segnato più contrassegni di lista e ha indicato una preferenza, il voto è attribuito alla lista cui appartiene il candidato prescelto se appartenente ad una delle liste votate; in ogni altro caso, il voto è nullo. Si considerano appartenenti ad una lista tutti i candidati compresi nei due elenchi di cui all’articolo 9, comma 4»;
h) l’articolo 16 è sostituito dal seguente:
«Art. 16. – 1. L’ufficio elettorale regionale, compiute le operazioni di cui all’articolo 76 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361:
a) determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista. Tale cifra è data dalla somma dei voti conseguiti dalla lista stessa nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione;
b) determina inoltre la cifra individuale di ogni candidato compreso nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, sommando il numero dei voti di preferenza riportati nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. Compila quindi, per ciascuna lista, una graduatoria redatta secondo l’ordine decrescente di preferenze; a parità di cifra individuale, è inserito prioritariamente nella graduatoria il candidato più anziano di età;
c) individua le liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 5 per cento dei voti validi espressi e che sono pertanto ammesse al riparto dei seggi in sede circoscrizionale;
d) comunica all’ufficio centrale nazionale, a mezzo di estratto del verbale, la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista di cui alla lettera a) e le liste ammesse al riparto dei seggi di cui alla lettera c).»;
i) l’articolo 17 è sostituito dal seguente:
«Art. 17. – 1. L’ufficio centrale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici elettorali regionali, facendosi assistere, ove lo ritenga opportuno, da uno o più esperti scelti dal presidente:
1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;
2) individua quindi la lista che abbia conseguito sul piano nazionale il maggior numero di voti validi espressi alla quale deve essere attribuito il premio di governabilità nella misura del 10 per cento dei seggi;
3) comunica agli uffici centrali circoscrizionali la lista cui attribuire il premio di governabilità di cui al numero 2).
2. Di tutte le operazioni dell’ufficio centrale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla Segreteria generale del Senato della Repubblica la quale ne rilascia ricevuta, un altro esemplare è depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione»;
l) l’articolo 17-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 17-bis. – 1. L’Ufficio elettorale regionale, ricevute da parte dell’Ufficio centrale nazionale le comunicazioni di cui all’articolo 17, comma 1, numeri 3):
1) per ciascuna delle liste ammesse al riparto dei seggi di cui all’articolo 16, comma 1, lettera c), divide la cifra elettorale circoscrizionale successivamente per 1, 2, 3, 4, sino a concorrenza dei seggi da attribuire in ragione proporzionale, di cui all’articolo 1, comma 2-bis. I seggi sono assegnati alle liste cui corrispondono nell’ordine i più alti quozienti ottenuti da tali divisioni. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il seggio è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio. Alla lista di cui all’articolo 17, comma 1, numero 3), attribuisce anche i seggi del premio di governabilità;
2) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto:
a) per un numero pari ai due terzi, con arrotondamento all’unità più prossima, dei seggi ai quali la lista ha diritto, i candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, che abbiano riportato la maggiore cifra individuale in base alla graduatoria redatta ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera b);
b) per i restanti seggi da assegnare alla lista, i candidati compresi nel secondo elenco all’articolo 9, comma 4, comma 3, in base all’ordine di presentazione;
3) qualora una lista abbia diritto ad un numero di seggi pari a due, in deroga a quanto previsto al numero 2 del presente comma, proclama eletti, un candidato per ciascuno dei due elenchi di cui all’articolo 9, comma 4;
4) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati compresi nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, e residuino ancora seggi da attribuire alla lista, sono proclamati eletti i candidati compresi nel secondo elenco che seguono quelli già eventualmente proclamati, in base all’ordine di presentazione; qualora invece la lista abbia esaurito il numero di candidati compresi nel secondo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, sono proclamati eletti i candidati compresi nel primo elenco che seguono nella graduatoria redatta ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera b);
5) qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati di entrambi gli elenchi di cui all’articolo 9, comma 4, e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti, i seggi sono attribuiti alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per l’assegnazione dei seggi ai sensi del comma 1, numero 1)»;
m) l’articolo 19 è sostituito dal seguente:
«Art. 19. – 1. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito, nell’ambito della medesima circoscrizione:
a) al candidato della lista che, nella graduatoria di cui all’articolo 16, comma 1, lettera b), segue immediatamente l’ultimo degli eletti, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel primo elenco di cui all’articolo 9, comma 4;
b) al candidato della lista che segue immediatamente l’ultimo degli eletti compresi del secondo elenco di cui all’articolo 9, comma 4, in base all’ordine di presentazione, nel caso in cui la vacanza del seggio riguardi un candidato compreso nel suddetto elenco.
2. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di uno dei due elenchi di cui all’articolo 9, comma 4, si procede con le modalità di cui all’articolo 17-bis, comma 1, numero 4. Nel caso in cui una lista abbia esaurito i propri candidati di entrambi gli elenchi si procede con le modalità di cui all’articolo 17-bis, comma 1, numero 5.».

 

EDIZIONI PRECEDENTI

Dal Senato, Riforma della Governance dello Stato e legge elettorale.
ll dibattito, Da mesi in Commissione Affari Costituzionali del Senato, la questione è in Aula in questi giorni
rni.



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Ma ... sorpresa: in Parlamento, la maggioranza che conduce è PDL+Lega,
.....    e che è diversa da quella che regge il Governo (PDL+PD+UDC).

I PUNTI CONTRASTATI,   DI MAGGIORE IMPEGNO RIFORMATORE:

Per riforma Governance:  - Semi  Presidenzialismo francese (proposto da PDL, contrario PD)
Per riforma legge elettorale - Sistema francese a doppio turno (proposto da PD)
Per riforma bicameralismo - Senato delle Regioni (proposto da Lega + PDL)
                                                        
                                                   LA VIA PRATICABILE,  MA SUFFICIENTE,  IN QUESTO PARLAMENTO:
                 1) Piccole modifiche, in Costituzione,  di stabilizzazione e rafforzamento del Presidente del Consiglio;
                 2) Piccole  modifiche della attuale legge elettorale (possibilità di candidature in un solo collegio elettorale,
                 possibilità di un voto di preferenza);
                 3) Limiti, in Costituzione, alla formazione dei gruppi parlamentari, durante la legislatura.

Evitiamoci anche certe stupidità: quella di pensare che anticipando le elezioni politiche, agevoliamo i problemi
della crisi. La Spagna ha fatto così, ma questo non ha evitato di trovarla tutt'oggi come prima, peggio di prima.
Ringraziamo anche il Padre Eterno che, avendoci dato MONTI (al posto dei nostri "politici"),

ci ha fatto ricordare il detto di Francesco Petrarca: "Italia mia, l'antico valor non è ancor morto".

   Nota. Ho avuto difficoltà di sintesi delle posizioni di tutti i Gruppi, anche perchè alcune sono di netta marca bizantina e "cicero pro domo sua", più che per il Paese. Riporto, invece, per intero il progetto di riforma della legge elettorale del PD, perchè mi sembra ben fatto e anche un terreno utile per valutare i progetti alternativi, di cui il lettore disponga.
   Invece, per l'insieme della riforme costituzionali della Governance,   clicca su:     http://www.senato.it/lavori/21415/106652/genpagina.htm).

PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei Deputati del PD

Nuove norme per le elezioni della Camera dei Deputati
e del Senato della Repubblica

Presentazione

- 1. Nel corso degli ultimi anni, la forma di governo delineata dalla Costituzione ha subito (di fatto) una trasformazione profonda ed il Parlamento ha progressivamente perso sia il potere di indirizzo politico e l'influenza sull'azione del governo, sia la fiducia di molti cittadini.
  L'abuso della decretazione d'urgenza e del ricorso all'istituto della questione di fiducia, ad esempio, sono al contempo ormai ben più che un campanello d'allarme o il segnale di un momento di difficoltà nel rapporto tra Parlamento e Governo.
   I fenomeni di disaffezione dell'opinione pubblica e di progressiva sfiducia e ripulsa verso ogni forma di organizzazione e di mediazione politica sono davanti agli occhi di tutti, così come i rischi di una sempre più marcata involuzione populista: il crescente astensionismo nelle ultime elezioni ne è una conferma, così come la tendenza alla semplificazione del confronto politico in un confronto tra singoli leader.
   All'origine di questa trasformazione (e di questa concentrazione del potere nell'organo esecutivo) vi è una trasformazione profonda della realtà politica, economica e sociale, nel cui ambito si è consumata una crisi dei partiti e della rappresentanza che le ultime modifiche dei sistemi elettorali (l. n. 270del 2005), anziché contrastare, hanno ulteriormente e significativamente acuito.

2. Il sistema elettorale risultato dalla legge n. 270 del 2005 è stato, fin dall'inizio, oggetto di numerosi rilievi critici, tanto in sede scientifica quanto in sede di confronto politico-parlamentare. In particolare, le perplessità e le critiche sollevate durante il dibattito parlamentare dall'allora minoranza di centrosinistra hanno trovato in larga misura conferma dopo l'applicazione della nuova disciplina, in particolare alle elezioni politiche del 2006.
  Alla sua prima prova, il nuovo sistema elettorale si è prima di tutto dimostrato inidoneo a garantire la governabilità, a causa dell'inefficienza (e della sostanziale irrazionalità) del meccanismo dei premi di maggioranza regionali per l'elezione del Senato. Il sistema non è infatti strutturalmente capace di assicurare alla coalizione più votata la maggioranza assoluta dei seggi al Senato, per effetto della possibile neutralizzazione reciproca dei premi di maggioranza regionali.
  Questo meccanismo, laddove non annulli o addirittura ribalti - in termini di seggi - i risultati elettorali conseguiti dalle coalizioni in termini di voti, produce comunque una irrazionale distorsione della rappresentanza, con esiti del tutto casuali sotto il profilo della composizione delle maggioranze. In tal senso, per come configurato, il sistema elettorale vigente sembra contraddire la stessa ratio dell'introduzione di un premio di maggioranza, non riuscendo a contemperare efficacemente l'esigenza di garantire un saldo rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento, valido anche per il Senato, con la garanzia di un sufficiente grado di rappresentatività del sistema.
    Peraltro, oltre a non assicurare la governabilità, il sistema elettorale vigente potrebbe risultare inoltre eccessivamente lesivo del principio di rappresentatività, il quale, pur bilanciabile con altri principi costituzionali come la necessità di garantire la stabilità, di certo non può essere compresso in maniera troppo netta. Infatti, non essendo prevista una soglia di consenso minima per l'assegnazione del premio di maggioranza, potrebbe determinarsi un forte squilibrio nel rapporto tra voti conseguiti e seggi ottenuti fino a consentire a liste del tutto minoritarie di avvantaggiarsi - almeno alla Camera - in maniera del tutto sproporzionata grazie al premio di maggioranza.

Nino LUCIANI, Nell'interesse del Paese e di tutti, qualcosa per la governabilità bisogna fare assolutamente, anche se non è il massimo dal punto di vista del proprio partito.

1.- La premessa.
Il 14 dic. 2010 Berlusconi, sotto scacco matto da Fini col voto di fiducia (ma poi superato per tre voti), disse:"Sono disposto a qualunque compromesso, fuorchè nulla mi sia chiesto sulla attuale la legge elettorale".
   Condivido che, ferma l'attuale Costituzione, l'attuale legge elettorale sia il massimo possibile di governabilità del Paese, a parte che si potrebbe far qualcosa meglio, in sede di regolamenti parlamentari, per impedire la polverizzazione dei Gruppi, dopo le elezioni ( ad es., non ammettere gruppi con un numero di membri inferiore al 30-40% dei membri della camera di appartenenza).
   Il punto di vista di Berlusconi è essenziale, non foss'altro perchè egli tuttora maggioritario in parlamento.
   In queste settimane c'è, poi, stata in qualche modo una svolta di Berlusconi: lanciare una proposta di riforma costituzionale della Governance, recependo il "semi-presidenzialismo" francese. La quale cosa apre, di fatto, a modifiche collegate, della legge elettorale.
   Questa svolta mi ha, però, molto deluso, non per la sua validità, ma perchè posta in contrasto col PD: vale dire, ben sapendo della sua impraticabilità, giacchè non approvabile con maggioranza qualificata, e dunque sottoponibile a referendum, e dunque in nessun modo pronta per la prossima legislatura (Berlusconi non ha forse dimenticato di aver già perso un referendum).
   Non è, poi, trascurabile che la "cosa" (Senato federale) data alla Lega (per ottenerne i voti e fare, insieme, maggioranza assoluta in parlamento) va a svuotare i poteri del Premier (come dire: con una mano dai poteri al premier e con l'altra li togli, perché le Regioni ti metteranno mille bastoni tra le ruote …, domani, a meno che le fai con meri poteri consultivi… ).

2.- Come riportare sugli stessi binari il PDL e il PD.
Il Buon Governo è per orizzonti temporali lunghi e dunque la via imprescindibile è oggi la riforma della Governance dello Stato, prima che della legge elettorale. Andando al sodo (senza bisogno di modificare l'architettura costituzionale, che richierebbe tempi lunghi), i punti su cui ragionare sono:
  - garantire governi di legislatura, in cui coniugare politici (il Presidente) e tecnici (ministri);
  - evitare la frammentazione delle camere e fare eleggere persone per bene.

  Verso questi obiettivi, l'intesa praticabile tra PDL e PD, potrebbe essere:
  a) in tema di riforma della Governance:
- Il Presidente del Consiglio è eletto con voto universale del popolo. Le camere possono revocarlo con la maggioranza dei ¾ in caso di conflitti costituzionali, da lui provocati anche indirettamente, tra i poteri dello Stato. ( Es., essere sotto processo, e le camere ritengono ragionevolmente fondato l'oggetto di accusa del processo).
  - in alternativa: Il Presidente del consiglio (non l'intero governo) è (su proposta del Presidente della Repubblica) eletto dalle Camere, per l'intera legislatura, non possibilità di revoca della fiducia solo con i ¾ dei membri di almeno una delle camere.
   Successivamente alla elezione, dalle camere, egli nomina e revoca i ministri (senza obbligo che siano politici),
    - Non non sono ammessi in parlamento gruppi parlamentari con un numero di membri inferiore al 20% della camera di appartenenza. Il parlamentare che abbandona il gruppo originario e non trova collocazione altrove è dimissionato.

  b) In tema di elezioni del parlamento, potremmo adottare il sistema francese, ma con i seguenti vincoli:
  - qualora al primo turno, nessun partito ottenga la maggioranza assoluta, si vota tra i primi due al secondo turno. Ma se il secondo partito si ritira, il seggio è attribuito al primo;
- qualora nessun partito ottenga la maggioranza assoluta in parlamento, viene attribuito un premio su base nazionale al partito di maggioranza relativa, in modo da portarlo alla maggioranza assoluta;
- non sono candidabili persone che hanno avuto condanne penali, anche se con sentenza non definitiva. La candidatura va accompagnata dal curriculum vitae, e che dev'essere pubblicato dall'ufficio elettorale.

  Inoltre, l'effetto congiunto del meccanismo delle liste bloccate, della sostituzione dei collegi uninominali con circoscrizioni elettorali di grandi dimensioni e della possibilità di candidature plurime, ha fatto crescere il peso degli apparati centrali di partito nella composizione delle liste e fortemente indebolito il rapporto dei parlamentari con i territori di cui sono espressione.
    In particolare, l'ampiezza delle circoscrizioni e la conseguente estensione delle liste bloccate hanno compresso significativamente la riconoscibilità dei candidati da parte dell'elettore, facendo aumentare la distanza tra la base elettorale e la sua rappresentanza parlamentare.

3. Tutto ciò - è importante osservare - non produce peraltro alcuno sviluppo economico. La concentrazione del potere, e la progressiva destrutturazione dei corpi intermedi non aumenta l'efficienza prestazionale delle istituzioni politiche, né accresce la competitività del sistema Paese.
   Questa situazione concorre solo ad aumentare le disuguaglianze, le divisioni e i conflitti sociali. Il problema dell'unità e della coesione sociale è oggi nuovamente un problema serissimo del nostro Paese.
   Per contrastare la progressiva lacerazione del tessuto sociale e la crescente perdita di capacità regolativa delle istituzioni occorre dunque procedere ad una solida rilegittimazione delle istituzioni democratico-rappresentative e del sistema politico.

4. In questo contesto, una riforma del sistema elettorale deve in primo luogo perseguire alcuni obiettivi di fondo, da collocarsi nell'attuale fase storica e nel presente contesto politico. In secondo luogo, essa deve scegliere i mezzi più adeguati a perseguire tali obiettivi.
   Gli obiettivi di fondo della riforma elettorale devono al tempo stesso saldarsi con la stagione riformatrice della prima metà degli anni novanta e tentare di apprendere le lezioni che alcuni fallimenti subiti durante quel percorso hanno impartito.

  4.1. Un buon sistema elettorale non può eludere gli obiettivi di una legittimazione popolare delle maggioranze di governo, che deve consentire in linea di massima all'elettore di scegliere, in quest'ordine, un programma, una coalizione ed un candidato premier.
    La personalizzazione della politica costituisce un dato irreversibile dell'attuale stagione delle democrazie pluraliste: essa si impone in via di fatto quali che siano le forme di governo ed i contenuti ideologici.
   La personalizzazione deve tuttavia essere razionalizzata ed inquadrata, trasformandola da guscio vuoto in veicolo sintetico e simbolico di una proposta politica: su di essa deve essere possibile l'espressione di una indicazione popolare.
   Quest'ultima, al tempo stesso, sarebbe illusoria se non fosse accompagnata da dispositivi, anzitutto politici, finalizzati a proteggere la stabilità della triade programma-coalizione-premier oggetto di indicazione popolare: non certo con irrigidimenti eccessivi ed irrealistici, che verrebbero superati rapidamente dal cambiamento delle condizioni di contesto, ma rilegittimando delle soggettività collettivi capaci da porsi come punto di coagulo del consenso popolare.

   4.2. La legittimazione popolare e la stabilità vanno perseguite non tanto con dispositivi volti a realizzare la preposizione diretta da parte dell'elettorato alle cariche politiche di vertice, quanto attraverso gli strumenti del governo parlamentare di partito.
   Personalizzazione della politica e soggettività collettiva vanno perseguite spezzando la spirale perversa dei "partiti personali" per veicolare in partiti stabilmente organizzati e strutturati, ed al tempo stesso aperti alla partecipazione, le risorse della leadership.
   La scelta deve dunque orientarsi verso un sistema che persegua legittimazione democratica e stabilità di governo promuovendo e non svuotando i partiti politici organizzati.

   4.3. Un terzo obiettivo deve muovere da un dato reale del sistema partitico italiano attuale, per accompagnarne l'evoluzione virtuosa, senza né ignorarlo, né tendere illusoriamente a sopprimerlo: il pluralismo delle coalizioni e nelle coalizioni. Una razionalizzazione dell'offerta politica deve favorire il superamento delle formazioni politiche "artificiali", ma non semplicemente espellere dalla rappresentanza pezzi significativi della cultura politica italiana.

  4.4. E' in questo già complesso quadro di obiettivi che va inserita l'esigenza di superare o quantomeno di attenuare il deficit democratico che caratterizza l'attuale sistema elettorale. Il rilancio del ruolo dei partiti in un'ottica di legittimazione delle coalizioni e di stabilità dell'azione di governo (e di quella di opposizione) non deve condurre ad accettare un sistema elettorale come quello attuale, che riduce il voto ad un plebiscito sul Presidente del Consiglio.
   Le esperienze democratiche più avanzate in Europa (ad es. Gran Bretagna e Germania) dimostrano che esistono strumenti e tecniche per coniugare la democrazia dei partiti con la legittimazione e la stabilità dei governi e con il controllo democratico degli elettori sui candidati di partito. Ciò significa ridare senso al voto come atto di scelta dei deputati non contro, ma dentro i partiti.

  4.5. E' in questa prospettiva che va presa in esame l'ipotesi di democratizzare il sistema elettorale mediante la reintroduzione del voto di preferenza.
   Questa opzione ha senza dubbio il merito di restituire all'elettore un controllo sulle candidature deliberate dalle segreterie di partito, ma essa presenta non pochi inconvenienti.
  In un contesto di organizzazioni di partito relativamente fragili e da ricostruire e di accentuata personalizzazione politica, le preferenze rischiano di produrre un doppio effetto negativo: quello di scatenare la competizione intrapartitica - già ben visibile nelle elezioni regionali - riducendo la già scarsa coesione delle formazioni politiche e quello di far lievitare enormemente le spese delle campagne elettorali, e quindi i costi (nascosti, dunque intrinsecamente illeciti) della politica.
   Per questo motivo, pare preferibile riprendere il modello alternativo di valorizzazione del ruolo dell'elettore: il collegio uninominale.
   A questo sistema la democrazia italiana si andava gradualmente acclimatando quando - nel 2005 - le relative dinamiche sono state interrotte dalla legge elettorale tuttora vigente.
   Il collegio uninominale è invece il luogo nel quale il partito assume il volto concreto di un candidato, che diventa la "faccia" della coalizione e del programma in uno specifico contesto. Un volto "visibile" che l'elettore è chiamato a giudicare assieme alla proposta politica di scala nazionale ed al suo contenuto.

   4.6. Un sistema elettorale basato solo su collegi uninominali maggioritari - sia a turno unico che a doppio turno - se presenta il vantaggio della semplicità e della semplificazione della rappresentanza e del rapporto, che esso crea, fra gli elettori ed il deputato del loro territorio, presenta peraltro non pochi svantaggi. Il principale di questi è il rilevante effetto distorsivo che esso produce riguardo alla configurazione della rappresentanza.
    Nell'attuale fase storica esso presenta inoltre il rischio - ben noto in Canada ed in India - della eccessiva localizzazione della rappresentanza, al punto che esso potrebbe produrre un parlamento di partiti politici territoriali (magari con una corposa Lega Sud accanto alla già esistente Lega Nord) ed un parlamento in cui i partiti non maggioritari in una data parte del Paese (si pensi al PD in Sicilia o alla PDL in Emilia-Romagna) potrebbero essere privati della rappresentanza di essa. Occorre allora combinare le candidature di collegio con quelle di partito, in modo da rafforzare il rapporto fra eletti ed elettori ma senza correrere il rischio di localizzare troppo la rappresentanza stessa.

   5. Il sistema elettorale che si intende introdurre con la presente proposta di legge combina, per raggiungere gli obiettivi appena presentati, una percentuale di seggi attribuiti mediante tre diversi "canali", per quanto riguarda il sistema elettorale della Camera dei Deputati:
   a) collegi uninominali;
   b) una quota proporzionale distribuita su base regionale;
   c) una quota nazionale di compensazione. L'elettore dispone di una sola scheda, su cui vota solo per un candidato (di partito) in collegi uninominali e, dunque, automaticamente anche per la lista del medesimo partito presentata per circoscrizioni regionali. Il 70 per cento dei 618 seggi da distribuire in Italia (pari, pertanto, a 433) è eletto in collegi uninominali maggioritari.
   Nei collegi uninominali sono presentate candidature individuali (candidati di partito o indipendenti). E' eletto al primo turno il candidato che ottiene la metà più uno dei voti validamente espressi, altrimenti si da' luogo ad un secondo turno aperto a tutti i candidati che abbiano ottenuto almeno 10 per cento dei voti degli aventi diritto al primo turno.
  Nel secondo turno è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Il 28 per cento dei seggi - pari a 173 seggi - è invece attribuito con metodo proporzionale su base regionale o pluriprovinciale, secondo le attuali 26 circoscrizioni regionali o pluriprovinciali. In ogni circoscrizione, ciascun partito ha un numero di voti pari al totale dei voti ottenuti dal candidato di quel partito nel collegio uninominale, sulla base del primo turno elettorale.
   Da tale somma vengono detratti, per ciascun partito, i voti ottenuti al primo turno dai candidati eletti nei collegi uninominali, sia che l'elezione abbia avuto luogo al primo turno, sia che abbia avuto luogo al secondo.
   Il riparto dei seggi avviene in ragione proporzionale, esclusivamente su base regionale, con metodo del quoziente corretto a +1 (variante Droop o Hagenbach-Bishoff).
   I restanti seggi (circa il 2%, pari cioè a 12) più gli eventuali seggi non attribuiti a livello circoscrizionale vengono attribuiti mediante una quota nazionale di compensazione, composta da una lista di nominativi in ordine alternato e con parità di genere.
    I voti delle liste nazionali sono calcolati sommando i voti ottenuti dai candidati nei collegi uninominali al primo turno, alla condizione che non siano stati eletti, né i voti siano stati impiegati per l'elezione di candidati nei collegi circoscrizionali.
   Per quanto riguarda il sistema elettorale per l'elezione dei membri del Senato della Repubblica si è ritenuto più rispondente alla lettera e allo spirito dell'articolo 57 della Costituzione, il quale prevede che i suoi membri vengano eletti "su base regionale", prevedere solamente due canali: quello uninominale, per l'elezione del 70 per cento del totale dei suoi membri (pari cioè a 216) e quello di lista regionale, per il restante 30% (93 candidati).
   Per permettere una tutela della pari opportunità fra i generi, considerato il notevole squilibrio che si registra nelle nostre assembleee rappresentative e la necessità di dar attuazione anche a livello nazionale all'articolo 51 della Costituzione, modificato nel 2003, ma al contempo rispettare i recenti orientamenti della giurisprudenza costituzionale si propone l'introduzione di due misure specifiche.
   Da un lato viene previsto che, a pena di inammissibilità, nel totale dato dalla somma dei candidati nei collegi uninominali e dei candidati contenuti nell'elenco che compone la lista circoscrizionale cui sono collegati nessuno dei due generi possa essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.
    Accanto a ciò, per evitare che i candidati del genere sottorappresentato siano collocati in posizione svantaggiosa nelle liste circoscrizionali o regionali, viene previsto il meccanismo dello zipper system, secondo cui gli elenchi devono presentare una presenza alternata di candidati di entrambi i generi. Per questi motivi si auspica un esame in tempi rapidi del presente progetto di legge.

PROPOSTA DI LEGGE

Per il testo completo dell'articolato legislativo
clicca su:

PROPOSTA DI LEGGE d'iniziativa dei Deputati PD

 

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Sentenze della Corte d'Appello di Roma
e della Suprema Corte di Cassazione

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DICHIARATA  LA  ESISTENZA  della   DEMOCRAZIA  CRISTIANA
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Le due sentenze in originale: n. 1305/09 Corte di Appello, e n. 25999/10 Cassazione

SIGNIFICATO DELLE  DUE  SENTENZE
come riassunte da Publio Fiori, Avvocato, già Uomo della DC di Roma,
Sottosegretario di Stato negli anni '90, Professore nell'Università di Roma:

"Dalla sentenza di appello, resa definitiva dalla Cassazione, risulta
chiaramente che la vecchia DC non si è mai estinta e che, pertanto,
non ci sono eredi nè a titolo universale, nè a titolo particolare" .

Consegue che sono abusivi tutti i se-dicenti eredi, a titolo "legale"
o "morale" (Buttiglione, Casini, Sandri, Pizza, Rotondi ....)
.





Avviata  la riorganizzazione della DEMOCRAZIA  CRISTIANA,  per "auto-convocazione"
dei 50 membri viventi dell'ultimo Consiglio Nazionale del XVIII congresso, del 1989

Nominati il 30 marzo 2014 il Segretario, il Presidente, la Direzione Nazionale
A ottobre il Congresso Nazionale a Trento, città di De Gasperi

PARERE  FAVOREVOLE  DI  UN  "PRETE  PENSANTE" ... della Chiesa Cattolica
(Anche il parere di P. Fiori e di A. Bagnasco, ma sui cattolici in politica. Clicca su: ARCHIVIO)

Ma tutto questo ha un senso se non si prescinde dall'autocritica per "mani pulite"
(sia pur senza perdervi
  troppo tempo, sopra) e sulle mancate riforme costituzionali ed elettorali, oggi ancora discusse.
Serve, infatti, guardare avanti, a cominciare dalla successione dei  giovani, oggi esclusi
(quasi) da tutto
.

..


IL PARERE DI UN PRETE  CATTOLICO  "PENSANTE"

1.- Bentornata DC!  Ma ….
   E’ tornata la Democrazia Cristiana. E’ per me una notizia esaltante.
  Non ho mai fatto mistero dell’auspicio del ritorno della Democrazia Cristiana e oggi questo auspicio è notizia ufficiale. L’ha disposto una sentenza passata in giudicato che ha reso giustizia a un torto di non poco conto.
   I miei corregionali Alcide De Gasperi e Flaminio Piccoli esulteranno dal paradiso.
   L’antico, glorioso simbolo torna dopo molti anni di obnubilamento assurdo e incomprensibile. Ora un invito da parte mia.
   Ogni "rivolo" che si ispira alla Democrazia Cristiana non esiti: converga nei fatti nel Partito della Democrazia Cristiana. Lo diceva Alcide De Gasperi: "Solo se uniti saremo forti!"
   Lo chiedo a Rifondazione Democristiana dell’amico Publio Fiori, lo chiedo alla Democrazia Cristiana per le Autonomie di Rotondi. Lo chiedo al prof. Pizza, a Sandri, ecc. Lo chiedo a tutti coloro che caparbiamente e in un certo senso profeticamente hanno tenuto alto e vivo il nome e l’ispirazione del glorioso partito, casa comune di tanti cristiani e cattolici.
   Mi associo all’invito rivolto a PierFerdinado Casini a "rinunciare a perseguire battaglie di puro tornaconto per le pur comprensibili ambizioni personali, per concorrere con tutti noi "DC non pentiti" a ricostruire la Democrazia Cristiana, a riconfermarne la validità dei suoi valori di riferimento nella dottrina sociale della Chiesa, a traghettare il testimone del partito di De Gasperi, Fanfani e Moro a una nuova generazione di politici interpreti dei bisogni della povera gente alla quale ridare finalmente una speranza" (E.Bonalberti).

   Un po’ di coraggio, adesso, per andare verso un Congresso scevro da personalismi.
   Non siano le cariche politiche e gli incarichi personali a mantenere le divisioni e non favorire l’unità di chi fonda i propri valori e i propri ideali nel medesimo ceppo. L’avvio verso l’unità è provvidenziale, è un vantaggio, è la ripresa di un cammino, interrotto dal 1992, e che ridona un grande orgoglio a tutti i veri democratici cristiani.
Torna orgoglioso il simbolo cui deve molto l’Italia intera per l’impegno profuso per cinquant’anni dalla DC nella difesa della libertà e nel favorire e sostenere la crescita economica del Paese.
Un ultimo invito: se è vero – come è essere vero – che la DC ha ripreso la sua ufficialità e ha ricostituito legittimamente i proprio organi statutari essa è l'unica titolare dello storico simbolo dello scudo crociato. Se ne faccia chiarezza in via definitiva! Sia solo la DC a poter fregiarsi del proprio simbolo.
   Per una questione di legalità, di coerenza, di chiarezza.

  2.- Il   "Ma …."  del titolo (più sopra)
   E coraggio DC! Ora inizia per gli uomini del Partito la parte più esigente. Ecco il "Ma…." del titolo.
  Coloro che oggi hanno 40 anni conoscono poco o punto la DC e se ne hanno sentito parlare ne hanno raccolto gli aspetti più deleteri (che pur vi sono stati) dovuti a taluni uomini del partito.
  E’ per questo motivo che ora inizia il momento più difficile della DC che dovrà chiedere ai propri militanti specchiata onestà, indiscussa rettitudine, provata moralità. La storia DC è nobile e va raccontata.
  Degli errori commessi dalla fragilità degli uomini del partito è stato pagato un fio fin troppo alto. Ora della DC occorre conoscerne la storia, le finalità, l’ispirazione, i progetti. I nostri giovani devono sapere che la Democrazia Cristiana ha inteso e intende riedificare, in una atmosfera di libertà e di adeguamento alle mutate condizioni del tempo, gli ordinamenti politici, giuridici ed economici sulla base dei principi sociali cattolici.
   La Democrazia Cristiana non è né stata pensata né nata come il partito dei cattolici, o il partito della Chiesa. Papa Benedetto ha dichiarato ripetutamente: Fare politica "non è competenza della Chiesa", che intende rispettare "una sana laicità" e riconosce "la pluralità delle posizioni politiche".
    Ha tuttavia ricordato: La politica però riguarda i laici cattolici: "Essi devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pubblica", ricordando loro che "Il sistema marxista ha lasciato una triste eredità di distruzioni economiche ed ecologiche e una dolorosa distruzione degli spiriti. Lo stesso all'Ovest, dove

 
  NINO LUCIANI, " Perchè gli appelli etici siano costruttivi, occorre anche dire, ai partiti, l'obbligo morale di mettere antidoti contro le "deviazioni".
   ESEMPI :  
   Primo:
l'obbligatorietà dell'alternanza tra i partiti al Governo;
   Secondo:
l'elezione diretta del Capo del Governo per un tempo fisso (meglio se tra alcuni nomi, pre-selezionati nelle Regioni), o la sua elezione parlamentare purchè per tutta la legislatura;
   Terzo:
elezione di un parlamento, rappresentativo, ma non frammentato (un voto di preferenza).

1.- Il Padre Eterno ha inventato la morte, e la rinascita attraverso i figli, per salvaguardare l'umanità dalla naturale fragilità con cui Lui stesso l'ha creata.
  Gesù Cristo aveva detto: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto".
   La DC che abbiamo conosciuto, era dominata da pochi che ne avevano fatto il partito di interessi individuali "salva se stessi", e lo faceva mediante la strumentalizzazione della Pubblica Amministrazione, e dunque con modi gravi di corruzione della vita pubblica. Evidentemente, gli antidoti non c'erano.
   Da quanto vediamo, le grandi democrazie moralmente apposto hanno meccanismi inesorabili per il rinnovamento: quali il potere essere eletti per un prefissato tempo, mai superabile. E questo non ha impedito ai governanti di affrontare i problemi strutturali dello Stato, per il medio-lungo termine, per un tempo "assegnato", ragionevole, di  7-8 anni.
  Perchè in Italia non riusciamo ancora ad avere "governi di legislatura" e parlamenti "autorevoli" nei confronti del governo  ? Ma andiamo per gradi.

2.- Considerato che i viventi "DC" del vecchio Consiglio nazionale sono molto anziani, il loro problema più urgente è selezionare i giovani per la successione. A questo punto, spero che la successione non avvenga in famiglia. La Democrazia non è una monarchia ereditaria.
  Superato la fase critica, vengono subito i problemi posti all'inizio.

3. Direi, dunque, che (a parte l'ancoraggio alla dottrina sociale della Chiesa Cattolica, come vuole il nostro PRETE), per la "nuova DC" l'obiettivo prioritario è rifondare  le regole costituzionali dello Stato, avendo in mente che anche l'Italia ha problemi strutturali che richiedono 5-10 anni  (meno Stato e più mercato, abbattimento del debito pubblico mediante liquidazione del patrimonio immobiliare e mobiliare non strategico.
   Quali riforme ?
- per il governo, l'alternanza obbligatoria tra i partiti, nel giro di 7-10 anni, e la elezione diretta del capo del governo, possibilmente tra alcuni nominativi, preselezionati dagli elettorati regionali (può andar bene anche l'elezione da parte del Parlamento, ma per tutta la legislatura);
- per il parlamento, la rappresentatività popolare, non la frammentazione.
  (Poi, vanno lasciate false vie, come ridurre il numero dei parlamentari .... Molti cittadini non sanno che di norma il parlamento lavora per "commissioni" di 30 o 15 membri, che è un numero minimo essenziale, in rapporto al numero grandissimo dei problemi da esaminare).
  Nelle discussioni in atto viene data importanza cruciale al problema di garantire la formazione di una "maggioranza" già al momento delle elezioni (sistema francese, premio di maggioranza ...).
   Questo vale, ma non basta, e l'abbiamo visto con la "maggioranza" ampia di Berlusconi, frantumatasi nel dopo elezioni.
  Vista, poi, la nostra inguaribile tradizione per i campanili, potremmo fors'anche permettere la proporzionalità pura, purchè dopo l'elezione gli eletti siano vincolati ad aggregarsi in pochi gruppi parlamentari. Qui serve una norma costituzionale, per cui non siano ammessi gruppi parlamentari con un numero di membri inferiore ad un determinato numero (es. non meno del 30% dei membri della camera di appartenenza).

4. - C'è, poi, il problema di incentivare il rapporto stretto tra partiti e cittadini. Qui il modo migliore ci sembra:
  - restituire il voto di preferenza (un solo voto) agli elettori;
  - il finanziamento dei partiti solo mediante il tesseramento. Al più, il finanziamento pubblico dei partiti dovrebbe essere ammesso solo per garantire un "primum vivere" (eventualmente, sotto la forma fiscale, volontaria, del 5 per mille). NINO LUCIANI

 cresce costantemente la distanza tra poveri e ricchi e si produce un'inquietante degradazione della dignità personale con ingannevoli miraggi della felicità".
    In questo senso la Democrazia Cristiana è il partito di quei cristiani che vedono e sentono la necessità di riordinare con forme nuove la vita sociale, che sentono l'esigenza di una vita rinnovata nello spirito e nelle forme giuridiche; che ritengono impossibile, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, conciliare i valori sottesi alle radici cristiane dell’Europa con le forme dell'economia liberal-capitalistica.
    La Democrazia Cristiana è il partito di coloro che credono che i valori del Vangelo non sono in nessun modo separati dalla politica e dall'economia. Per questo il democratico cristiano non crede alla massima "Gli affari sono affari ", e neppure "Ciò che è tecnologicamente e tecnicamente possibile è anche moralmente lecito"; non crede che "il fine giustifichi i mezzi", e neppure alle formule della politica laicistica. La Democrazia Cristiana ritiene di non poter risolvere i problemi sociali e politici su di un piano puramente economico (materialismo storico marxistico) o anche su di un piano rigorosamente agnostico (liberalismo giolittiano).
    La Democrazia Cristiana abbraccia totalmente la questione antropologica che si ispiri all’Umanesimo Cristiano di Jaque Maritain, secondo il quale non sono possibili paratie stagne fra le varie attività d'una singola persona, né tra la sfera privata e quella sociale o pubblica, o religiosa.

  Certamente gli organi statutari del Partito recentemente costituti e il prossimo Congresso Nazionale sapranno coniugare queste istanze fondamentali e queste esigenze non negoziabili con i segni di questo nostro stupendo e tremendo tempo. I tempi cambiano, e, con essi, matura l'esigenza di nuovi orientamenti e nuove decisioni. Racconteremo così nei fatti la grande storia della Democrazia Cristiana che fedele alle sue radici, ai suoi valori e alle sue ispirazioni saprà leggere i segni dei tempi per servire sempre più e meglio ogni uommo. don TOMMASO STENICO, email: tomstenico@gmail.com.

 

EDIZIONI  PRECDENTI


Lavoro:  il DDL Monti-Fornero tra diritti umani del lavoratore e libertà di impresa

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Susanna Camusso

In margine alla riforma Fornero e alla posizione della
Sig.ra S. Camusso:"se un licenziamento è illegittimo,
è diritto del più debole scegliere tra reintegro e indennizzo
".

Domanda: chi fa la legge, rispetto a cui definire la "illegalità" ?   Meglio è uscire da circoli viziosi e ampliare l'orizzonte... (
una assicurazione obbligatoria contro il rischio di disoccupazione ? Non solo questo ...  ).

Delusione che il Governo non veda,  tra i "precari", i ricercatori precari dell'università


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  lL TESTO DELLA DICHIARAZIONE
  (Stralcio da una Intervista a "L'Unità" il 25 marzo 2014
)
                                       
 
1.- È il momento … di valorizzare l'impegno dei lavoratori a difesa di un principio: che venga colpito il licenziamento illegittimo. E qui aggiungo qualcosa, perché mi pare d'assistere a una gran confusione, mentre il problema è chiarissimo: non è questione di distinguere
- tra licenziamenti per motivi economici,
- licenziamenti disciplinare,
- licenziamenti discriminatori.

Il punto è l'illegittimità del licenziamento, a qualsiasi categoria appartenga. Se il licenziamento è illegittimo, se l'illegittimità è stata accertata, sarà diritto del più debole, cioè del lavoratore, scegliere tra reintegro e indennizzo".

2.- "Non accetto il ragionamento che in tanti fanno contro di noi, spiegando che non si può fare una legge in ragione del fatto che esistono i furbi, per impedire le loro furbizie. Mi pare che una legge si possa fare anche per colpire le devianze. Non siamo un Paese di assassini, male leggi contro l'omicidio non mancano.

3.- E poi una segnalazione la vorrei fare: il governo ci rassicura che non saranno consentiti gli abusi, che le maglie saranno strette. È un'intenzione degna del massimo rispetto. Ma è un'intenzione che rivela anche il timore che abusi se ne compiano, perché la norma consente evidentemente gli abusi. Siamo al riconoscimento della debolezza e della insostenibilità della legge, alle quali si può rimediare stabilendo che è l'illegittimità che si sanziona, a prescindere dalle motivazioni del licenziamento…" .
Nino Luciani, Il "buono" e il "cattivo" della riforma "Fornero" e alcune idee per una corretta impostazione della possibilità di licennziamento

1. Il "buono" della riforma "Fornero" del lavoro. 
   Il "buono" è prefiggersi uno stop alla cosiddetta "flessibilita' in ingresso, del lavoro, e indicare il primato del contratto di lavoro a tempo indeterminato, come fondamento generale del rapporto di lavoro.
  L'idea che abbattere il costo del lavoro (con la precarizzazione) contribuisse alle assunzioni si e' rivelata un boomerang, perchè una società senza diritti (qui, si tratta di un diritto alla stabilità del proprio status) è una società deresponsabilizzata, e questo non produce nulla di buono anche dal lato professionale.
   La riforma non considera, tra i precari, anche i "ricercatori precari" dell'Università. Si trova, dunque, che il settore pubblico è il primo inadempiente alle buone regole, e questo è uno scandalo.
   Il "cattivo" della riforma "Fornero" non è la "flessibilità" dell'uscita, ma la sua errata impostazione. Ma credo che anche l'impostazione della Camusso sia errata.
  Non partirei dalla principale casistica ventilata nel tavolo ministero-parti sociali (si vegga il documento ministeriale, che distingue tra: licenziamenti discriminatori, disciplinari,  economici), anche perchè presumo che la realtà sia più diversificata e anche camaleontica (avanzare apparentemente un motivo, ma quello reale è un altro) .

2.- La corretta impostazione del problema del licenziamento
. Per il problema in questione, il quadro di riferimento esistente non è il socialismo, ma l'economia di mercato, e dunque la proprietà dell'azienda è privata.
  Il fatto che questa sia privata comporta che nessuno (neppure il legislatore ordinario) possa imporre all'impresa oneri impropri (la tutela del posto di lavoro, al di fuori del consenso dell'impresa, è onere di utilità pubblica). I soli casi coercitivi, costituzionalmente ammessi, sono la tassazione, il
servizio militare (se obbligatorio), gli indennizzi e le pene in caso di violazione di leggi civili e penali.
   Su questa distinzione, tra privato e pubblico, il DDL Monti- Fornero non è riuscito ad essere corretto, costituzionalmente, pur se occorre essere consapevoli che, in pratica, l'efficacia del DDL sulla ripresa degli investimenti in Italia, è oggi una questione di giudizio dei mercati sul DDL e sui nostri comportamenti, nel confronto internazionale (o almeno tra Italia e Germania).
   Sul piano dell'impostazione, il campo degli interventi del legislatore andrebbe ristretto alla materia contrattuale e penale (ma tenuto della diversa capacità contrattuale degli attori) e regolato con un orizzonte ampio, tale da sottrarsi a circoli viziosi, che girano su se stessi. Queste, in particolare, le mie idee:

   1) dovrebbe essere istituita l'assicurazione obbligatoria contro il rischio di disoccupazione. Il premio assicurativo dovrebbe essere in parte sullo Stato (40% ?), in parte sul dipendente (30% ?), in parte sul datore di lavoro (30% ?), e l' indennizzo non più del 70% dell'ultimo reddito.
   Tuttavia, questa assicurazione ha un difetto congenito: la possibilità che il lavoratore, soddisfatto dello indennizzo, non collabori per trovare un nuovo lavoro o lo rifiuti con motivi  validi o non validi. Un modo di sanare questa possibilità (su cui ho molto pensato in miei studi) è che il rischio assicurato abbia una durata massima, poniamo di 5 anni, nella vita di una persona. Pertanto, se la durata dell'assicurazione fosse di 5 anni, ed egli usufruisce dell'indennizzo per 6 mesi, potrà contare sui residui 4,5 anni per il resto della vita. Inoltre, la legge dovrebbe dare adeguata tutela all'assicuratore, in particolare nei casi di maggiore a-simmetria informativa (tra disoccupato e assicuratore).

 
2) dovrebbe essere prefigurato normativamente  il "buon comportamento" del gestore dell'azienda.
   Dovrebbe essere fatta la prefigurazione della fattispecie dei casi di anomalie comprovate ( tipiche, ma non da generalizzare, del proprietario-gestore, quali: eccesso di autoritarismo, mala educazione, violazione della legge penale, pretesti economici per licenziare). Se comprovata la anomalia, potrebbe essere disposta la possibilità della "separazione" tra proprietà e gestione, e l'organizzazione dovrebbe essere definita un compito esclusivo del gestore. Un "giudice" dovrebbe accertare se sussistono, da caso a caso, valide ragioni per disporre la separazione.
 
3) In armonia col diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione) la Pubblica Amministrazione dovrebbe:
  - istituire un fondo per il ripiano della perdita dell'impresa, se causata da motivi economici, per tenere in servizio il personale eccedente il fabbisogno. Questo per un periodo concordato (e aggiornabile) tra impresa e P.A;
  - sopperire al pagamento dei contributi previdenziali, spettanti al datore di lavoro;
  -  istituire un "ruolo amministrativo per il parcheggio" del disoccupato, da impiegare per le necessità della P.A., o per lavori socialmente utili. La retribuzione dovrebbe essere quella propria dell'attività da svolgere, secondo le regole della P.A. Questo lavoro interromperebbe il periodo assicurativo di disoccupazione.

4.- Dentro questa impostazione, le soluzioni sarebbero (penso)  molto agevolate, sia a salvaguardia della persona del lavoratore e fors'anche delle possibilità di lavoro per gli esclusi (tra questi rientra anche il nuovo disoccupato pro-tempore), sia dello sgravio dell'impresa da oneri impropri, a parte che è sempre sbagliato salvare forzatamente i matrimoni. Nino Luciani

* Fonte Dichiarazione  http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18726, Intervista a l'Unità del 25 aprile 2014   

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EDIZIONI   PRECEDENTI

In margine ai propositi del Presidente MONTI, per la crescita economica

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Nino Luciani*,

Per la crescita, il   rilancio degli investimenti  e la lotta  mediatica all'evasione fiscale non sono tra loro conciliabili.
Scoperchiamo anche  la "furberia" dello Stato in questa "lotta" !

Priorità alle de-statalizzazioni , più che alle "liberalizzazioni"  !

* Professore Ordinario di scienza delle finanze

POI,  DOPO IL DECLASSAMENTO DELL'ITALIA IN CLASSE BBB' ,
riproporrei alcuni punti ( di precedenti edizioni), volti ad affrontare i mercati in modo più puntuale :

1) Abolire l'imposta sugli interessi dei BTp,  perchè sono una  partita di giro, trasferita** sulla spesa dello Stato e,
   dunque, l'abolizione sarà compensata da corrispondente minor spesa dello Stato;
2) Inventare un "ombrello fiscale" per i titoli di Stato, in attesa che la BCE possa fare da
   prestatore di ultima istanza. Clicca su ombrello;
3) ripristinare elementi della legge bancaria del 1936, abolita per introdurre la banca universale nel 1993
.
    (Quella distinzione, nel 1936, fra banche a breve e banche a medio-lungo termine è ancora importante...).
.
Nota. L'azione della BCE sul mercato secondario pare navigare a vista. Serve un criterio preciso, che potrebbe essere l'immissione di liquidità fino svalutare l'€ del 30%. Un cambio $/€=1:1 avrebbe l'effetto, sia di aprire alle esportazioni (unico strumento di pronta efficacia per la crescita), sia di smorzare la pressione estera sul mercato dei titoli italiani, considerato che il 50% dei Buoni italiani sta presso proprietari esteri.
_____________________________________________________
** La traslazione avviene perchè il sottoscrittore di BTp guarda al rendimento netto da imposta. Pertanto se, sul mercato (internazionale o interno) il tasso di rendimento netto fosse, poniamo 5%, il Tesoro dovrà dare al sottoscrittore un rendimento lordo tale che, al netto da imposta, percepisca comunque 5% netto. Ad es., se l'imposta è 12,50%, il rendimento lordo dei BUONI dovrà essere  r = 0,05 / (1-0,125) = 5,7143%. Infatti, togliendo a 5,7143% il 12,5%, rimane 5% netto.

Nino Luciani, Per la crescita, il  rilancio degli investimenti  ...

1.- Lotta all'evasione fiscale ? Nel pieno del dibattito, di queste settimane, sulla fiscalità a oltranza per salvare l'Italia dal fallimento finanziario, il problema dell'evasione fiscale (vale dire, il problema di indurre tutti a fare la loro parte di sacrificio, e che uno non paghi per un altro) ha assunto una drammaticità inusuale.
    Lo comprendo, pur con qualche distinguo, che dirò più avanti.   Ma, prima, va inquadrato il problema:
   a) L'imposta non è grandine che cade sui raccolti e li distrugge (parole di L. Einaudi). La ragione fondamentale dell'alta pressione fiscale in Italia sta nella scelta (a suo tempo) di dotare la nostra gente dei servizi sociali e delle infrastrutture fondamentali per una vita civile e umana decorosa, uniformemente nel Paese. Se non vogliamo pagare tasse, dobbiamo anche voler tagliare lo "lo Stato sociale". E' un problema di scelta.
   In questa fase, c'è poi il problema di sostenere la domanda sul mercato, e non è il momento per tagliare la spesa pubblica, salvo che per gli sprechi evidenti. Riprendo questo discorso più avanti.
   b) Pagare tutti per pagare di meno ? In una fase in cui sono chiesti grandi sacrifici, è abbastanza odioso che ci sia chi si sottrae alla sua parte di sacrificio. Tuttavia, il punto caldo è se davvero c'è l'evasore totale, e se è il momento di calcare la mano.
   Pongo sul tavolo tre affermazioni del Governatore della Banca d'Italia, seguite a ruota nel giro di pochi giorni, perchè mi sembrano tra loro inconciliabili, e meno che meno conciliabili con l'obiettivo di rilanciare la crescita e l'occupazione.
  1) Occorre colpire l'evasione fiscale;
  2) la pressione fiscale è al 45,5% del PIL.
  3) due imprese su tre sono in difficoltà.
     Circa il punto 1), osservo che in Italia (per la tassazione diretta) l'imponibile è, di norma,  il "reddito prodotto", la cui fetta imprenditoriale (i profitti) non è quantificabile con esattezza, dovendo essere definito al netto dei fattori di rischio. Neppure l'imprenditore sa esattamente quant'è il suo reddito "effettivo", di anno in anno. E proprio negli errori di calcolo sta una spiegazione del fallimento di parte delle imprese.
   Circa il punto 2), osservo che il fatto oggettivo, che il gettito fiscale è il 45% del PIL, mostra (in prima approssimazione) che, nel complesso, il sistema fiscale "tiene", perchè quello che scappa da determinate imposte è recuperato con le altre. Mi allargo: l'evasione che c'è è quella fisiologica, la cui soglia va abbassata, mediante l'efficienza dei controlli burocratici e il miglioramento dell'educazione civica (no agli scandali mediatici !) .
   Non solo questo: l'evasione è anche una conseguenza di certa "furberia" dello Stato. Nel 1992 (è l'anno della precedente grande crisi italiana, Governo Amato, che svalutò la lira) la pressione fiscale era arrivata al 39% del PIL e anche allora c'era la lotta all'evasione ( "pagare tutti, per pagare meno" ).
   Invece si è passati all'attuale 45,5% del PIL (dall'allora 39% del PIL ). Dunque il maggiore introito non è stato usato per abbassare le aliquote per i paganti.
   Sono convinto che anche il recupero degli ultimi evasori non sarà bilanciato dall'abbassamento delle aliquote e che, anzi, di questo passo si arriverà alla pressione fiscale al 60% del PIL.
   E siccome abbiamo anche un problema di rilancio della crescita, mi domando perchè, adesso, questa accentuazione della "lotta all'evasione" .... Ma vediamo meglio.

 2. Le vie per incoraggiare gli investimenti. In questa fase, due imprese su tre sono in difficoltà (parola di Governatore della B.d' I. ). La prima regola è restituire ottimismo al mercato, riportandolo a stabilità.
   Se non ci fossero problemi di bilancio dello Stato e una pressione fiscale al 45% del PIL, lo strumento tipico per la crescita "dovrebbe essere" la spesa pubblica aggiuntiva (parola di Keynes).
    Dato questo limite, dobbiamo incentivare gli investimenti, in modo alternativo. Sappiamo che le imprese finanziano gli investimenti tramite i profitti (altra parola di Keynes). Ma se, oggi, 2 imprese su 3 sono in difficoltà, evidentemente non ci sono profitti. Come incentivare gli investimenti ?
  a) Uso di strumenti fiscali selettivi. L'alternativa alla spesa pubblica è lo strumento fiscale. Due le vie:
   - defiscalizzare i profitti reinvestiti (lo sgravio fiscale si dovrebbe autofinanziare, nel tempo, grazie alla relativa maggiore produzione);
   - tassare i redditi medio-alti, perchè con relativa alta propensione al risparmio, per dirottare il gettito verso il finanziamento delle opere pubbliche (per creare occupazione) e per il sostegno diretto dei poveri. Questo il Governo Monti l'ha fatto sotto forma di tassazione patrimoniale.
    - cessare immediatamente gli anatemi mediatici contro l'evasione fiscale, perchè producono danni oltre il recinto: nel senso che gli imprenditori, sotto tiro pregiudiziale, si sentono sviliti a intraprendere.
   
   b) La priorità è per "Meno Stato e più Mercato", più che per le "liberalizzazioni". (A parte che il Governo Monti ha poco tempo davanti e che, se mette troppa carne sul fuoco, rischia di cadere di suo), il fatto che la gente comune abbia percepito la manovra fiscale di MONTI come prevalente penosità rivela probabilmente che la popolazione non "apprezza" i servizi sociali, e che probabilmente ci troviamo nel tratto discendente della curva di Laffer.
    Al tempo stesso, non si può negare che la scuola pubblica sia scadente, che per una visita specialistica o per una radiografia occorre fare lunghe file di attesa ..., che la giustizia statale non ci sia . Ed è' un fatto, che le imprese pubbliche offrono beni e servizi scadenti e generano disavanzi ....Negli anni '70-'80 le cose andavano meglio.
   Dunque, lo Stato sociale e lo Stato imprenditore andrebbero ridimensionati o ripensati organizzativamente.
   La tematica della transizione dallo Stato al Mercato non è nuova in Italia. Essa si impose all'attenzione generale nei  primi anni ' 90, in coincidenza con la caduta dell'Unione Sovietica. Si percepì che le cause della crisi economica italiana (del '92) derivavano dal grado di statalizzazione dell'economia italiana (pro-quota statalizzazione: URSS 100%, Italia 60%).   Anzi, diciamo che la transizione dell'Italia dallo Stato al Mercato sarebbe dovuta essere la missione storica dell'allora astro Berlusconi. Rinvio ad un  mio intervento del 1993 (clicca su: I problemi della transizione), in una conferenza pubblica a Saint Vincent.  
   Verso le privatizzazioni delle imprese pubbliche, in Italia, qualcosa è stato fatto (ad es., nel sistema bancario; altro es., l'ENEL  è rimasto un monopolio, ma sotto il 50% del suo capitale azionario, Alitalia... ). Ma rimane molto altro da fare, come è stato rimarcato dall'ultimo rapporto (giugno 2011) di CATRICALA', allora Presidente dell'Antitrust ed ora SottoSegretario alla Presidenza del Consiglio.
  c) OK anche alle liberalizzazioni, ma se il Governo MONTI avesse più tempo davanti... Nell'agenda del Governo MONTI, le cosiddette "liberalizzazioni" sembrano prospettate come un "feticcio" liberatorio delle nostre rigidità.
   Il problema sotteso è quello di far funzionare correttamente l'economia di mercato, diciamo meglio, la concorrenza tra le imprese (a vantaggio dell'abbassamento dei prezzi al consumo).
   E' al tempo stesso sotto gli occhi di tutti (si pensi ai Grandi magazzini, ai Supermercati) che la via per l'efficienza sta invece in una transizione verso i monopoli (parola di Schumpeter) e magari fermandosi un attimo prima, perchè rimanga comunque una concorrenza, sia pur tra quasi-monopoli).
   Nel campo del "mercato del lavoro", certe questioni come la "licenziabilità per giusta causa" è solo una questione di civiltà. La pregiudiziale è che l'uomo non è una merce, poi verrà l'aspetto economico. Lo stesso si convenne, a suo tempo, con l'abolizione della schiavitù.
   Farei altre distinzioni. Ad es., nel caso dei tassisti, più che picchiarli, serve condizionarli facendo funzionare gli autobus e le metropolitane della città e del loro interland. Nel caso delle Ferrovie dello Stato, il maggior contrasto del traffico automobilistico stradale cominciò, a suo tempo, con gli Intercity, vale dire col miglioramento della qualità del servizio ferroviario. Infatti, prima, pur praticando prezzi bassi, il servizio vedeva i clienti passare alla automobile, più costosa.
    Le liberalizzazioni "troppo concentrate" nel tempo, spero non sanino la malattia, facendo il morto. NINO LUCIANI  

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Maria Elena Boschi, Ministro

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In questa settimana (14 sett.) al SENATO:
la riforma del Senato medesimo
per porre fine al bicameralismo perfetto.

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Riforma a rischio, causa BANDE  al Senato SENZA IL SENSO DELLO STATO.
Miglioramenti-cavalli di Troia, causa ripartenza procedimento, finchè scadrà legislatura.

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LUCIANI:

Il problema non è stato mai risolto, pus se già maturo ai tempi
della DC, come vediamo dal seminario di Villa Miani del 1988
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Qui di seguito:
-  viene ricordato il procedimento di approvazione di unalegge costituzionale;
-  e fatto il riassunto dei punti storicamente rilevanti della riforma.

1) Procedimento: http://leg16.camera.it/717      La fase della prima deliberazione si svolge secondo la procedura ordinaria e si conclude quando entrambe le Camere abbiano approvato un identico testo.
   Ai fini della seconda deliberazione, si applica una procedura speciale. Dopo la discussione generale, si passa direttamente alla votazione finale senza esaminare gli articoli: non sono ammessi emendamenti, questioni pregiudiziali e sospensive, nè richieste di stralcio, nè ordini del giorno.
   Entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo approvato, un quinto dei membri di una Camera, 500 mila elettori o cinque consigli regionali possono richiedere che il testo sia sottoposto a referendum popolare, tranne che nel caso in cui la legge sia stata approvata da ciascuna Camera, nella seconda deliberazione, a maggioranza di due terzi dei propri componenti.

2) Riassunto dei punti storicamente rilevanti. Per conoscere la riforma nel complesso, e nei particolari, e il numero dei balletti da una camera all'altra, si rinvia a:
Senato- Servizio studi - Dossier n_ 230.pdf

   Circa i punti storicanente rilevanti (secondo me), essi sono i seguenti, poi motivati nel commento qui a fianco:

1) Il PARLAMENTO resta composto da due camere (Camera e Senato) ma:
a) la Camera resta come adesso;
b) Il Senato diviene Senato delle autonomie.

2) IL SENATO DELLE AUTONOMIE:
a) non vota la fiducia al governo;
b) ha funzioni legislative limitate;
c) vota le modifiche costituzionali;
d) vota la legislazione elettorale;
d) è ridotto a 95 membri (oggi 315), ripartiti proporzionalmente alla popolazione delle regioni;
e) l'elezione diviene indiretta, locale;
f) la durata diviene come quella degli organi locali che eleggono i senatori;
g) i senatori restano senza vincoli di mandato (art.67 Cost.).


Fonte: PARLAMENTO, Il seminario di Villa Miani della DC sulle riforme istituzionali, 1988

Relazione di Michele Zolla, I Minuetti del bicameralismo perfetto

Fonte: PARLAMENTO, Il seminario di Villa Miani sulle riforme istituzionali, 1988

Il Gruppo di lavoro sul tema del riordino istituzionale ha visto la partecipazione di 50 colleghi ed ha dato vita ad un serrato e vivace dibattito. Hanno partecipato ininterrottamente ai nostri lavori il sen. Elia autore ieri mattina di una pregevole relazione che ha registrato un largo consenso tra gli intervenuti ed il sen. Ruffilli, responsabile del dipartimento Istituzioni del partito, che ha cercato con generosità di porre gli argini della nostra riflessione. La discussione che ha avuto luogo si è sviluppata secondo le migliori tradizioni del Gruppo democristiano della Camera nel quale la tensione ideale, la vivacità della proposta e la forza dell'argomentazione sono caratteristiche che coesistono dalla sua prima costituzione. Non è facile per chi ha l'onore di riferire all'assemblea dar conto dei lavori del Gruppo in maniera chiara ed organica rispettando cioè tutti gli apporti e richiamando tutte le posizioni espresse, anche per le condizioni di tempo estremamente brevi per il tentativo di fare sintesi. Cercherò tuttavia di riferire fedelmente gli orientamenti emersi e chiedo scusa in partenza (richiesta di attenuanti) per eventuali manchevolezze ed omissioni. A me pare che nel Gruppo di lavoro si sia registrata una larga convergenza sulle relazioni del presidente Martinazzoli (persino Zoso, notoriamente non tenero nei giudizi, ha avuto parole di apprezzamento) e del sen. Elia. Se una notazione critica devo rilevare, questa va ascritta al termine "riordino istituzionale" che era stato indicato come tema della nostra ricerca e che il gruppo di lavoro ha giudicato troppo "soft" ritenendo più espressiva e realistica la dizione "riforma istituzionale". Secondo il gruppo di lavoro, l'importanza degli argomenti in discussione, la loro pregnanza e la loro incidenza nell'assetto della Repubblica avrebbe reso necessaria una minore cautela di linguaggio. Così mi pare di poter dire che pur nella varietà dei temi trattati e nella diversità delle argomentazioni svolte la riflessione del gruppo di lavoro si sia mossa e sviluppata lungo il tracciato di tre esigenze fondamentali emerse nelle relazioni di Martinazzoli ed Elia.
(Continua: Seminario).

Nino Luciani, Ancora bande in parlamento contro una democrazia che funzioni, anche in Italia.
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1) Perchè la riforma torna al Senato
. L'Italia è, da almeno 30 anni, senza governi con vera capacità decisionale, e lo vediamo nel continuo rinvio dei grandi problemi. Riesce perfino difficile imputare le responsabilità delle mancate decisioni.
   La riforma del Senato, a parte lo specifico problema delle elettività indiretta (già approvato una prima volta sia al Senato, sia alla Camera), vuole due cose essenziali e fondamentali per l'Italia:
  a) la fine del bicameralismo perfetto;
  b) la fine del doppione Stato-Regioni su una serie di materie.
    La fine del bicameralismo perfetto sarà una svolta significativa per le governabilità. Questo permetterà di dare all'Italia governi capaci di prendere decisioni sulle cose importanti, in primis le riforme strutturali dello Stato (meno Stato, più mercato, fermo che dovrà finire il liberismo selvaggio delle banche ed esseri il rispetto di regole di utilità pubblica).
  Ma, come è noto, il procedimento di modifica è lungo e, il modificare di nuovo testi già approvati dalle due camere una prima volta, comporta di ricominciare tutto da capo, col rischio di non fare nulla entro questa legislatura.
   2) Riforma matura da tempo. Basta ricordare il seminario di Villa Miani (1988), della DC, di cui si offre una delle relazioni, qui a fianco. Già allora, le ragioni erano che :
  a) il bicameralismo comportava:
    - il doppio voto di fiducia per fare il governo (ma un solo voto di sfiducia per farlo cadere) e questo, in uno Stato ormai divenuto turbolento (non era più la Italia del 1948, anzi già c'era stata l'Italia del 1968) determinava la caduta dei governi quasi ogni 6 mesi.
     - il ripetuto rimpallo di non pochi progetti di legge da Camera a Senato, e viceversa. Bastava che una delle camere cambiasse una virgola del testo approvato dall'altra, e il procedimento di approvazione doveva ricominciare.
  3) Un uomo solo al comando ? Chi dice, oggi, "NO un uomo solo al comando" mente, perché non si passa a una repubblica presidenziale. Anzi, già da tempo, l'Italia ha bisogno di governi democratici forti e l'ideale sarebbe una repubblica presidenziale come negli Stati Uniti, dove il popolo (non il parlamento) crea il governo, o almeno semi-presidenziale, come in Francia o in Russia.
    Ma tant'è che, in Italia, soprattutto gli anziani (e anche dei giovani) vogliono la repubblica parlamentare, e dunque il minimo che si deve fare è renderla capace di funzionare. 
  Non solo questo: il nuovo senato vota la legislazione elettorale. Ma questo non tocca l'Italicum già legge, e che si applica solo alla Camera dei deputati.

(Continua: Seminario). Sono le tre esigenze che attraversano consapevolmente la nostra società e che si pongono come problemi ineludibili sulla strada della riconciliazione cittadini - istituzioni. La loro valenza è tale nella vita di relazione della società organizzata da farle assurgere, come è stato osservato, a dignità di questione morale. Esse sono: l'esigenza di partecipazione; l'esigenza di stabilità; l'esigenza di funzionalità. In ordine alla prima, a me è parso che i colleghi del gruppo di lavoro abbiano molto apprezzato quel passaggio della relazione del sen. Elia, là dove egli dice che siamo in presenza di una "democrazia di investitura" (come potere di espressione della rappresentanza) ma non siamo ancora in presenza di una democrazia di indirizzo (come potere di incidenza nelle scelte). Ed è proprio partendo da questa constatazione che il gruppo di lavoro ha posto come rimedio ad una carenza di partecipazione, che si tramuta in disaffezione al sistema democratico, la riforma del sistema elettorale. Gli interventi appassionati ed in calzanti che si sono succeduti hanno posto, quasi unanimemente, come tema centrale della riforma istituzionale il problema della riforma elettorale.

Richiamando vigorosamente deliberazioni già adottate negli organi statutari del Partito (vedi la Direzione che approvò il programma per la campagna elettorale del 1987) è stato pressoché unanimemente affermata l'esigenza di dare al cittadino la possibilità di scegliere il programma che desidera e il governo che lo può realizzare a tutti i livelli di rappresentanza politica. Solo in questo modo i termini del contratto elettorale sarebbero certi e l'incidenza dell'elettore nelle scelte del Paese sarebbe autentica. Questo non vuoi dire assolutamente, per chi ha e vuole avere occhi limpidi per vedere ed orecchi non prevenuti per intendere, tentare di perpetuare in maniera furbesca la cosiddetta ed inesistente egemonia della Democrazia cristiana. Questo significa soltanto guardare al di là del proprio tornaconto di bottega, agli interessi generali del Paese ed alla domanda di partecipazione che, se soddisfatta, è l'unico vero passo per rinsaldare la Democrazia con la D maiuscola e cioè per rispondere degnamente anche all'esigenza di stabilità.

Circa i sistemi pratici molto si è discusso e parecchi sono stati i modelli evocati, ma nessuno ha raccolto l'unanimità del consenso anche perché è parso che qualunque fosse stata l'ipotesi formulata avrebbe soltanto provocato nel confronto politico dialettiche strumentali. La tendenza comunque verso la quale si è indirizzata la maggioranza del consenso è quella di un "no" fermo al proporzionalismo esasperato in atto, che già il prof. Elia, nella sua relazione, aveva espresso insieme al "no" all'uninominalismo di tipo inglese.

A proposito di sistemi elettorali una particolare citazione devo al collega Sarti che ha sostenuto che la più vicina scadenza elettorale, quella per l'elezione del Parlamento Europeo, dovrebbe vederci competere con un sistema analogo a quello per l'elezioni del Senato con la riduzione dei collegi ad 81 quanti sono i parlamentari italiani da eleggere. Questo per evitare che o la forte corporazione o l'opulenza del censo siano gli unici elementi validi a garantire l'elezione del candidato.

Un'altra esigenza di stimolo alla partecipazione politica, alla partecipazione alla vita delle istituzioni è stata vigorosamente sostenuta dalla collega Maria Eletta Martini. Essa ha affermato che non si può fare seriamente politica in una società democraticamente progredita ed avanzata se non si tiene conto dei soggetti emergenti dell'associazionismo e del volontariato ai quali sono pressoché preclusi o svuotati di contenuto decisionale i canali di partecipazione. Credo oltretutto che intendesse riferirsi ai principi di sociologia cristiana sui quali abbiamo la sciato crescere da almeno 20 anni la muffa dell'oblio e che certo è tempo di rinverdire almeno in termini di proposta e di confronto. La centralizzazione e la verticizzazione nell'ambito dello Stato di troppe funzioni sociali che potrebbero essere svolte da questo tipo di partecipazione sociale non ha certo giovato alla vitalità delle istituzioni ed ha di sicuro mortificato valide potenzialità.

Sul versante del soddisfacimento dell'esigenza di funzionalità delle istituzioni come presupposto del la loro vitalità si è collocata, l'altra parte della riflessione del Gruppo di lavoro per il riordino istituzionale. Vari sono stati gli argomenti trattati ed io cercherò di dare conto del dibattito che si è svolto in maniera esauriente, ma al tempo stesso schematica, per esigenze oggettive di brevità che impongono i tempi dei nostri lavori. Andiamo per ordine.

L'argomen to più discusso sotto il profilo della esigenza di funzionalità è stata "la riforma del Parlamento". Il punto di riferimento di questo tratto della nostra riflessione sono state la proposta di legge di Martinazzoli alla Camera e di Mancino al Senato che hanno però usufruito di una sorta di incubazione in sede di partito. E parsa, pressoché unanime, in ordine a questo tema, la necessità di una correzione del cosiddetto bicameralismo perfetto oltretutto per la stucchevole e barocca ripetitività dei suoi riti. Si è convenuto inoltre, pur senza precludere la possibilità della doppia lettura, che l'esperienza ha riconosciuto di indubbia utilità, di evitare l'estenuante fenomeno delle "navette"; così come si è ritenuto opportuno che la linea di tendenza di un bicameralismo differenziato non debba precludere le eventuali scelte vocazionali di ciascuna assemblea, nel pieno rispetto dell'autonomia parlamentare.

Sempre in adesione alla impostazione delle proposte di legge Martinazzoli-Mancino, il Gruppo di lavoro è convinto che il rafforzamento del Parlamento non si persegue soltanto attraverso la semplificazione dell'iter legislativo o il potenziamento dell'attività ispettiva e di controllo, ma anche attraverso una diminuzione del l'attività legislativa di carattere "minuto" prevedendo forme di delegificazione. Si fanno molte leggine e non si fanno leggi importanti (vedi il caso Protezione civile).

In termini problematici sono state affacciate anche ipotesi di diversificazione della composizione delle due Camere, ma non hanno trovato molto seguito considerando che non va fatta confusione tra rappresentanza e funzione politica, e tra rappresentanza e funzione di categoria. Così come peraltro vi è la necessità di tenere distinti i livelli di rappresentanza politica, principio che rende assai perplessi circa l'ipotesi della Costituzione di una Camera delle Regioni e delle Autonomie.

SEMINARIO di Villa Miani, 1988

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CON MATTARELLA, NUOVA FASE PER L'ITALIA :

1) un Presidente della repubblica, democristiano. Primo discorso in parlamento.
2) la fine del bicameralismo perfetto. Cessa il voto di fiducia del senato, al governo.
3) una legge elettorale bipartitica ? No, ma il governo a un partito, subito con le elezioni.
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4) ANCHE GRAVI TUMULTI IN PARLAMENTO. Solo ostruzionismo di dilettanti ?

        LUCIANI: Necessario un arbitro, più che di giocatori "persone", di giocatori "istituzioni".

Sergio MATTARELLA,
Discorso in parlamento,
del nuovo presidente

(Testo completo)

     "Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato, la responsabilità di rappresentare l'unità nazionale innanzitutto, una unità che lega indissolubilmente i nostri territori dal Nord al Mezzogiorno, ma anche l'unità costituita dall'insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini.
  Questa unità rischia di essere difficile, fragile, Pag. 2lontana. L'impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze.
   La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo. Ha aumentato le ingiustizie, ha generato nuove povertà, ha prodotto emarginazione e solitudine.
  Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi. Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l'esclusione, le difficoltà che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali: sono questi i punti dell'agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo. Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione. Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l'economia nazionale e quella europea, va alimentata l'inversione del ciclo economico da lungo tempo attesa.

  È indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo. Nel corso del semestre di Presidenza dell'Unione europea, appena conclusosi, il Governo, cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro, ha opportunamente perseguito questa strategia. Sussiste oggi l'esigenza di confermare il patto costituzionale che ha mantenuto il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l'eguaglianza.

   L'urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte. Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovar modo di esprimersi compiutamente. Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito. Penso alle imprese, piccole, medie e grandi, che, tra difficoltà rilevanti, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali.

  Penso alla pubblica amministrazione, che possiede competenze di valore, ma che deve declinare i principi costituzionali adeguandosi alle possibilità offerte da nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni. Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro, ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana. Parlare di unità nazionale, allora, significa ridare al Paese un orizzonte di speranza.

   Perché questa speranza non rimanga un'invocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società. A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità, in patria come all'estero. Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso. Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere presenti nel nostro Paese . La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica. La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono con forza nuove modalità di espressione, che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti. Condizione primaria ... Mi sarebbe mancato un passaggio importante. Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità e di cambiamento: la più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari, un risultato prezioso . Si tratta di un risultato prezioso, che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti. I giovani parlamentari portano in queste Aule le speranze e le attese dei propri coetanei ; rappresentano, inoltre, con la capacità critica e persino di indignazione, la voglia di cambiare. A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l'essenza

Riforme, ancora per aria:
- della Legge elettorale della Camera.
- del Senato

I.- SISTEMA ELETTORALE per la Camera

1.- Primo turno. Soglie di sbarramento al 3% per tutti i partiti, riparto proporzionale tra le liste (cosa che può non essere un solo partito, ma che formalmente non è una coalizione di partiti) .
   Premio di maggioranza alla lista che supera il 40% (per totali 340 seggi).

3.- Secondo turno - Se al primo turno la lista più votata non supera il 40%, si andrà al secondo turno tra le due liste più votate. chi vince conquista il ugualmente 340 seggi.

3.- Nei 100 collegi i partiti che otterranno i voti necessari eleggeranno automaticamente il loro capolista, che è bloccato e deciso quindi dal partito.

4.-   A partire dal secondo eletto funzioneranno le preferenze: sarà possibile segnalare due nomi sulla scheda elettorale, con alternanza di genere.

5.- Entrata in vigore - Come clausola per evitare un ritorno troppo anticipato alle urne, l'Italicum entrerà in vigore il primo luglio 2016 e si applicherà solo alla Camera dei deputati.

P.S.- Per il Senato, la legge attualmente in vigore non è stata modificata, perchè è previsto che il Senato sia abolito.

II.- RIFORMA DEL SENATO.

(Testo approvato dalla Camera il 10 febbraio 2015 (modificando quello del senato). Se il Senato confermerà senza modifiche, il testo dovrà tornare alla camera per la seconda votazione, e poi di nuovo al Senato per la seconda votazione nello stesso testo. Essendo votato a maggioranza assoluta, ci sarà forse anche il referendum).

SINTESI.

1.- SENATO: - Cessa il potere di votare la fiducia al governo - Il Senato sarà composto da 100 membri (anziche' 315), di cui 95 eletti dai Consigli regionali (quali rappresentanti delle istituzioni territoriali) e 5 dal Capo dello Stato (tra coloro che si sono distinti per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario) che resteranno in carica per 7 anni e non potranno essere rinominati. - Ai senatori sarà assicurata la medesima immunità parlamentare dei deputati, i quali non potranno né essere sottoposti ad intercettazioni né ad arresto senza la previa autorizzazione del Senato. - la competenza legislativa piena del Senato sarà piena soltanto sulle riforme costituzionali e sulle leggi costituzionali.

2.- TITOLO V - Lo Stato riporterà sotto la sua egida le competenze in ambito energetico, infrastrutturale strategico e grandi reti di trasporto. Verrà introdotta, altresì, una sorta di "clausola di supremazia", ovvero la possibilità per lo Stato, su proposta del Governo, di intervenire anche nelle materie di competenza delle Regioni, laddove sia necessario a "tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica" o "dell'interesse nazionale". - Abolizione delle province, quali enti dotati di funzioni amministrative proprie. - Moodificato il quorum per eleggere il capo dello Stato che resterà invariata soltanto per le prime tre votazioni; diventerà i due terzi dei componenti dell'assemblea, per scendere a tre quinti a partire dalla quarta votazione, e abbassarsi progressivamente dal settimo scrutinio in poi. - Ad eleggere il presidente della Repubblica saranno i 630 deputati e i 100 senatori, ed a sostituirlo ad interim sarà il presidente della Camera.

3.- REFERENDUM DI INIZIATIVA POPOLARE - Per il referendum abrogativo serviranno 800mila firme (in luogo delle 500mila di oggi). - Dopo la raccolta delle prime 400mila firme, la Corte Costituzionale debba rendere un parere preventivo di ammissibilità. - I referendum potranno riguardare intere leggi o una parte delle stesse purchè abbiano un autonomo valore normativo. - I regolamenti della Camera dovranno indicare tempi certi per l'esame e la deliberazione delle proposte di legge.

4.- LEGGE ELETTORALE - Viene introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Consulta, dietro richiesta di almeno un quarto dei componenti della Camera. - Per Corte costituzionale, cinque (dei quindici giudici costituzionali) sono eletti dal Parlamento (di cui, 3 dalla Camera e 2 dal Senato).

5. CNEL - Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro. Abolito.

 

Nino Luciani, Perchè i tumulti in Parlamento, e perchè un appello dei "diseredati" al Presidente MATTARELLA  ?

1. Premessa. Tutti sanno, in Italia, che il sistema di governance dello Stato (fatto per l'Italia tranquilla del dopoguerra)  non funziona più. Tutti possono impedire di fare, e nessuno (pur con volontà) riesce a fare. Addirittura Renzi è accusato di fare il dittatore ... E questo è il massimo del ridicolo.
   Il nodo e' che, data la bolgia in cui troviamo da anni, il solo modo di fare riforme e' di strappare qualcosa a spicchi e spanne, sia pur disordinate, non applicando un disegno.
   Ma tant'è che le cose stanno così, e ringraziamo che siano verso in avanti.
  Quel nodo vive fin dalla fine degli anni '80. E' del 1988 la conferenza della DC, a Villa Miani, per porre fine al bicameralismo perfetto.
   Ma, dunque, è solo conservatorismo o solo corporativsmo partitico quello del Movimento 5 Stelle, della sinsistra PD, di Berlusconi ?
Vediamo meglio.

2.- Movimento 5 Stelle.
Esso ha 30 ragioni per fare tumulti, ma per motivi di cui non si rende conto.
a) da anni il parlamento è violentato perchè è gioco-forza mettere d'accordo il suo diritto a decidere con piena consapevolezza con la necessità di produrre decisioni in tempo reale. Di fatto 630 membri sono troppi, per permettere a ogni parlamentare di dare il proprio contributo personale in tempo reale. Occorrerebbe trovare una diversa organizzazione dei lavori parlamentari. Sia chiaro che c'è anche un lavoro delle Commissioni parlamentari (30 membri alla Camera), ma che non è sufficiente a risolvere... tant'è che poi troviamo il fenomeno dell'ostruzionismo, quale reazione giustissima (il più delle volte) alla umiliazione del parlamentare, ma senza poter farci nulla. Per questo, dall'arbitro Mattarella c'è bisogno di aiuto alla dignità delle istituzioni, più che delle persone.

   Gli aspetti più perversi dell'ostruzionismo stanno nel fatto che tutto ciò che non viene accettato in commissione viene riproposto in aula, e di nuovo di aula in aula (quando il testo fa il palleggio tra il senato e la camera, e viceversa). In questo caso ho riscontrato che sono stati presentati 1211 emendamenti in commissione (approvati  60 circa); e 1636 in Aula.

    Ma non sono da meno perverse le ritorsioni del governo (accorpare in un solo emendamento 100-200... emendamenti uguali o simili, o in qualche modo avvicinabili, pure prestuosamente - cosiddetto "canguro").
  Per un'idea scienficamente illuminante di questa modalità, clicca su: Ostruzionismo.

3.- Sinistra DC.
Questa sembra orientata da amore per la democrazia e per la trasparenza: discutere sempre, eternamente, e poi di nuovo, e anche bloccare con vari trucchi procedurali tutto ciò che lede i diritti acquisiti, e questo mentre l'Italia brucia.
  Bisognerebbe capire che certe riforme sono difficili per il numero di interessi su cui vanno a incidere, ma poi occorre anche darci un taglio se, pur non tagliando toralmente il bubbone, sono dei passi avanti.
Tali lo sono le riforme di Renzi (cadranno meno governi, se si elimina il voto di fiducia del Senato). Avremo un partito pienamente incaricato di fare il governo, il giorno delle elezioni.
   Lo vedo anch'io che occorrebbe anche che la legge elettorale producesse anche una minoranza forte (non il frazionamento in molti partitini, solo sanguisughe).

4.- Berlusconi.
E' uno che pensa di potere continuare a barattare le riforme con suoi interessi. Nel caso del Governo Letta aveva concordato la riforma dell'art. 138 della costituzione, vale dire un meccanismo semplificato per le riforme costituzionali. Il testo di riforma costituzionale  richiedeva 4 approvazioni sullo stesso testo (2 alla Camera e 2 al senato).
   Senonchè, al momento in cui mancava la quarta approvazione (agosto-settembre 2013), subentrò la famosa sentenza che lo condanno'. A quel punto, cercò di barattare la "grazia" di Napolitano con la quarta approvazione;, e non avendola ottenuta revocò la fiduca a Letta.
  Stesso copione con il patto del Nazzareno.

5.- Andiamo avanti con Renzi.
Ognuno vede la impreparazione tecnico-giuridica di Renzi, ma intanto qualcosa riesce a fare, e questo vale molto in una Italia in cui si e' sempre fermi.
   Lasciamolo lavorare, e impariamo a vergognarci di Berlusconi, che continua a illudersi di poterci usare tutti come carne da macello.
  Nel caso dell'università, la sua riforma (legge Gelmini 240/2010) per correggere alcuni difetti, ha recato danni tali (alla università italiana), che occorreranno 50 anni per tornare al punto di prima (parola di alcuni colleghi di Palermo).

CONTINUA MATTARELLA.
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del mandato parlamentare: l'idea, cioè, che in queste Aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari , ma si è in queste Aule rappresentanti dell'intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese.
  Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità. Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune , patrimonio di ognuno e di tutti. È necessario ricollegare alle istituzioni quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee.
   La democrazia non è una conquista definitiva, ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi . È significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per compiersi il percorso di un'ampia ed incisiva riforma della seconda parte della Costituzione.
  Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento nella sua sovranità, desidero esprimere l'auspicio che questo percorso sia portato a compimento, con l'obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia , riformare, cioè, la Costituzione per rafforzare il processo democratico. Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo , bilanciando l'esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare. Come è stato più volte sottolineato dal Presidente Napolitano, un'altra priorità è costituita dall'approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento.
  Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del Capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, di garante della Costituzione. È un'immagine efficace: all'arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L'arbitro deve essere e sarà imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza . Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione.
   La garanzia più forte della Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione, nel viverla giorno per giorno. Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi , in una scuola moderna, in ambienti sicuri. Significa garantire il loro diritto al futuro .     Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro .
   Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale.
   Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici .
   Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace .
   Significa garantire i diritti dei malati .
   Significa che ciascuno concorra con lealtà alle spese della comunità nazionale .
   Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi . Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni . Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità .
   Significa sostenere la famiglia, risorsa della società . Significa garantire l'autonomia e il pluralismo dell'informazione, presidio di democrazia . Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio dei tanti che settant'anni fa liberarono l'Italia dal nazifascismo.
  Significa libertà, libertà come pieno sviluppo dei diritti civili nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva.
   Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un forte senso della legalità . La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute.

    La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile: divora risorse, che potrebbero essere destinate ai Pag. 4cittadini; impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato; favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci. L'attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi , ha usato parole severe contro i corrotti: uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini. È allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti. Dobbiamo incoraggiare l'azione determinata della magistratura e delle forze dell'ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata). Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi.
  Penso, tra gli altri, a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti e tenaci. E una dirigenza politica ed amministrativa capace di compiere il proprio dovere. Altri rischi minacciano la nostra convivenza. Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti. Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi. Il nostro Paese ha pagato più volte, in un passato non lontano, il prezzo dell'odio e dell'intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Tachè . Stefano Tachè è rimasto ucciso nel vile attentato alla Sinagoga nel 1982, a Roma. Aveva solo due anni, era un nostro bambino, un bambino italiano.
   La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo chiuso della storia, da tempo. Va condannato e combattuto chi strumentalizza ai fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa. Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell'ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe, io credo, un grave errore. La minaccia è molto più profonda e più vasta. L'attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza. Per minacce globali servono risposte globali . Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. I predicatori di odio e coloro che reclutano assassini utilizzano Internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, ad una dimensione territoriale. La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse.
   Nel salutare il Corpo diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento. Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini ad una vita serena e libera dalla paura. Il sentimento della speranza ha contrassegnato l'Europa nel dopoguerra e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989. Nella nuova Europa l'Italia ha trovato l'affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro, ma, soprattutto, un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali.
   L'Unione europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata senza indugio . L'affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi. Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case, che cercano salvezza e futuro proprio nell'Europa del diritto e della democrazia. È questa un'emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l'Europa Pag. 5più attenta, l'Unione europea più attenta, impegnata e solidale . L'Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l'impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo .
   A livello internazionale, la meritoria ed indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, deve essere consolidata con un'azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi. Alle Forze armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell'assolvimento del proprio dovere. Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno per la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina i cui nomi ben conosciamo, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, auspicando tutti quanti che questa vicenda trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in patria.
   Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo . Di tre italiani, padre Paolo Dall'Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie della loro sorte in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all'augurio di fare presto ritorno alle loro case. Onorevoli parlamentari, signori delegati, per la nostra gente il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l'ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo .
   Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi; i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà; il volto di chi soffre, dei malati e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti; il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto; il volto di chi ha dovuto chiudere l'impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi; il volto di chi dona con generosità il proprio tempo per gli altri; il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto. Sono storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose.
Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una speranza nuova verso un futuro di serenità e di pace. Viva la Repubblica, viva l'Italia!

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