Convegno a Bologna sul cattolicesimo politico: per la riforma dei partiti in Italia. Sul finanziamento pubblico e una magistratura speciale per i partiti..
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Nino Luciani

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ANNO 2021 E PRECEDENTI

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Progetto
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La curva di Pareto della distribuzione
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INCONTRO alla ACCADEMIA DELLE SCIENZE

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Convegno sul cattolicesimo politico: per riforma dei partiti in Italia

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Luciani, La possibile BASE POLITICA
ED ECONOMICA per una
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Cosa disse MACRON alla SORBONA

(università di Parigi)
 

Dalla distribuzione
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Prof. Mauro Fabrizio, " Se esaminiamo la disputa fra Galileo e gli inquisitori solo sul piano scientifico, bisogna partire dall’osservazione che le motivazioni che hanno.portato al caso Ga.

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ARCHIVIO 2

Edizioni precedenti

Dall' ABI - ASSOCIAZIONE BANCARIA  ITALIANA, ASSEMBLEA DEGLI ASSOCIATI
In margine alla Relazione del già-Presidente dell'ABI e del MPS, Giuseppe MUSSARI .
Roma, 11 luglio 2012

DE

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Mario Monti


Rivendicato che le "banche italiane sono vittime della crisi" finanziaria"
e chiesto "non regole di favore, ma un terreno di gioco livellato".


LUCIANI: Presente il Presidente del Consiglio MONTI, che glielo lascia dire ...
IN CASO DI FALLIMENTO, SI' ALLA  NAZIONALIZZAZIONE  DELLE  BANCHE,
DA  PARTE  DELLA  UE .  NO A SOCCORSI  DELLA  BCE  ALLE  BANCHE .

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Giuseppe Mussari

    Presente anche il Governatore della Banca d'Italia VISCO che, senza peli sulla lingua, ha chiarito che ci dovrà essere:
-  il "perfezionamento e adeguamento delle regole di Basilea III, allo attuale contesto finanziario ed economico" ( si tratta del vincolo alla capitalizzazione delle banche, nel quadro di una visione della banca-impresa, che però è un vincolo del nulla, se in assenza di vincoli stringenti alle banche, circa l'impiego dei depositi a breve termine);
  -  "un sistema di supervisione bancaria unitario" come un sistema europeo unico;
  -  e che ci dovranno essere fondi e meccanismi europei per la garanzia dei depositanti.
   Mi è sembrata debole, invece, l'idea dello "spezzamento del circolo vizioso tra la crisi dei debiti sovrani e le condizioni delle banche", senza invocare la possibile surrogazione degli Stati, da parte dell'UE, nel nazionalizzare le banche sotto default (rinvio al mio commento, qui sotto).
  Per una visione dell'intero intervento, clicca su: ABI-Intervento-Visco.

I paragrafi - chiave della Relazione del Presidente ABI

"Il peggioramento delle condizioni del ciclo e la doppia recessione di cui siamo stati vittime hanno fortemente accresciuto le sofferenze bancarie. Quelle lorde hanno raggiunto nello scorso mese di maggio i 111 miliardi (circa 15 miliardi in più su base annua). In rapporto agli impieghi pesano ora per il 5,6%, con un picco pari al 10,5% per quanto riguarda gli impieghi alle famiglie produttrici."
:::::::
"Sicuramente portiamo alcune responsabilità, ma nello stesso tempo è giusto ribadire con chiarezza che le banche italiane sono vittime di questa crisi, e che al determinarsi della stessa non hanno in alcun modo contribuito. Le imprese bancarie non chiedono regole di favore, ma un terreno di gioco livellato, basato sulle giuste regole di stabilità, di trasparenza e di concorrenza, senza vincoli amministrativi, obblighi a prestare servizi gratuiti per sussidiare inefficienze di altri settori."

La relazione del Presidente

Estratto, ripreso dal sito web dell'ABI

  "Signori Rappresentanti degli Associati, Autorità, Rappresentanti delle Istituzioni, della politica e dell’economia, Signore e Signori, rivolgo il mio saluto e ringraziamento a quanti hanno voluto accettare il nostro invito ad assistere alla cinquantaduesima edizione dell’Assemblea dell'Associazione Bancaria Italiana.
  Un particolare e cordiale benvenuto va al Presidente del Consiglio e Ministro dell’economia, Prof. Mario Monti, e al Governatore della Banca d’Italia, Dottor Ignazio Visco.
  Vorrei rivolgere loro un caloroso e anticipato ringraziamento per le considerazioni e le analisi che ci offriranno ...".

  " ... Nelle settimane che hanno preceduto e seguito il vertice di Bruxelles del 28 e 29 giugno, sono state espresse autorevoli opinioni che vedono nel Presidente Monti e nell’azione del suo Governo un elemento di ritrovato equilibrio, per l’Europa e per l’Italia, su cui far leva per uscire insieme dalla crisi: le imprese bancarie italiane le condividono pienamente.   Così come condividono quanto disse il Presidente dell’Acri Guzzetti al XXII Congresso di Palermo, nel ringraziare il Presidente Monti per aver restituito all’Italia il ruolo che le è proprio in Europa e nel mondo.
    Questo Governo non è mai stato “tenero” con le imprese bancarie, tanto che in ogni decreto legge abbiamo ritrovato misure nei nostri confronti certamente criticabili e che non trovano corrispondenze nel quadro normativo europeo, da ultimo l’accentramento ex abrupto delle tesorerie scolastiche.
   Ciò nonostante rinnoviamo all’Esecutivo il nostro pieno e convinto sostegno, sottolineando come i compiti che lo attendono e che attendono il Paese siano così impegnativi da rendere necessario il leale sostegno di tutti. Il sistema economico mondiale, l’Europa, e al suo interno l’Italia, sono affetti da una patologia grave che, anche se con intensità differenziata, ha la capacità di produrre esiti nefasti per tutti.
   Se non fossero contrastate con efficace prontezza, le conseguenze negative di una tale patologia non si limiterebbero alla sfera economica ma metterebbero a dura prova la coesione sociale e le forme democratiche degli Stati dell’Unione. Democrazia, infatti, oltre che regole è equilibrio economico e sociale; sarebbe un tragico errore immaginare che l’equilibrio democratico sia dato per sempre.
   Come ogni equilibrio è dinamico e ogni sua componente è necessaria al suo mantenimento, la coesione sociale tanto quanto la stabilità dei conti pubblici. Occorre quindi perseguire all’unisono stabilità, crescita ed equità.
   Si tratta di una sfida del tutto inedita, che impone l’assunzione di nuove responsabilità alle parti sociali che dovranno saper coniugare, ancor di più che in passato, l’interesse dei rappresentati con l’interesse generale del Paese.
   Evitare ogni tentazione di scaricare sulle generazioni a venire la soluzione dei problemi attuali è un obiettivo prioritario rispetto al quale tutti dobbiamo sentirci impegnati. La storia di questi anni ci insegna che il rinvio dei problemi, il loro occultamento attraverso la spesa pubblica, non fa che radicalizzarne i rischi e quindi il peso sociale degli stessi ...".

 

 

Per il Testo integrale:

Clicca su: ABI - Presidente

NINO LUCIANI, Circa il "vittimismo" ...., non c'è limite al pudore.
Circa il "terreno livellato" ..., la legge bancaria del 1993, creando la "banca universale", ha già tolto ogni limite al movimento delle banche.

 
1.- Vittimismo. I mercati sono a conoscenza che, nel caso dell'Italia, più che dal debito pubblico, i timori di bancarotta per lo Stato vengono dalle grandi banche italiane, per i loro legami internazionali. Precisamente dal fatto che, qualora "fallisse" una delle nostre grandi banche (o anche si diffondesse il timore del fallimento di una sola di loro), lo Stato sarebbe impotente a soccorrerle, avendo già una situazione delicata di suo. Inoltre, lo Stato non ha più il potere monetario.
  Quale sia l'entità dei timori è dimostrato dai saliscendi (veramente notevoli) delle quotazioni di borsa, dei titoli bancari in questi mesi, a seconda delle aspettative di soccorso, da parte della BCE.
    Alle origini delle sofferenze bancarie, peraltro ammesse velocemente dal Presidente ABI, sta l'eccesso di impieghi a rischio, dopo che varie leggi nazionali (la nostra è del 1993) hanno creato la "banca universale" (tolto, per le banche, ogni vincolo temporale all'impiego dei depositi dei risparmatori, e affidata la garanzia di solvibilità alla entità dei patrimoni bancari).
  La grande "euforia" bancaria di questi anni c'è stata, probabilmente in seguito al bisogno (e anzi a chiusura degli occhi) degli Stati, di finanziamenti delle grandi guerre di questo decennio (IRAQ, AFGHANISTAN, IMPEGNI in LIBANO...). Rientrano nella euforia anche fatti collaterali come l'aspettativa di lucri fatti mediante il finanziamento dei mutui edilizi, senza alcuna prudenza (soprattutto negli USA).
  Tuttavia, il fatto che le banche fossero divenute "banche universali" non le esonerava dall'osservanza ("volontaria")  della distinzione tra impieghi a breve termine e impieghi a medio-lungo termine, a seconda del disporre di depositi a breve e depositi a medio-lungo termine, rispettivamente. La legge del 1993 ha fatto come quei padri di famiglia che danno la "chiave" di casa ai figli, come se siano presto adulti: Ma non è così.
   Il Presidente ABI non ha spiegato cosa sono le "responsabilità" bancarie, a cui faceva riferimento; anzi ha chiesto terreno livellato, come se esista un ulteriore possibilità di livellamento, sotto pelle.
   Per capite la tirata di orecchi di Visco (mi riferisco al suo invito alla capitalizzazione), forse il Presidente ABI voleva una sanatoria delle sofferenze bancarie, da parte della BCE.

2.- La debolezza del Presidente Monti. Risulta che, al vittimismo del Presidente ABI, Monti non abbia reagito, ma anzi abbia deviato l'attenzione dei presenti verso le origini remote  (anche cose molto discutibili: vedi concertazione" ), che giustificano l'attuale percorso  di guerra finanziaria dell'Italia.
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A mio modo di vedere, questo è stato come un tirarsi fuori, in qualche modo. Beninteso, negli anni '80, molti rapporti tra sindacati e industria sono stati regolati spostando sul cittadino comune il peso degli accordi.
  Tuttavia è importante distinguere i casi in cui lo Stato faceva debiti per consolidare lo Stato sociale (scuola, sanità, pensione sociale), uniformemente nel Paese, dai casi in cui lo Stato si caricava di oneri impropri, conseguenza di avere invaso la proprietà di imprese produttive, quali i disavanzi di bilancio e debiti (che si aggiungevano al debito per fini istituzionale); e colludeva con l'Industria per il finanziamento illecito dei partiti.
   Qui sta il punto che non permette di fare di tutta l'erba un fascio, e dunque va seguita positivamente la sparata di Monti: nel senso che va ripenstata la struttura economica dello Stato.
   Di questra anomalia italiana ci siamo resi conto all'indomani della caduta del socialismo reale dell'URSS, vale dire già dal 1988, in quanto l'Italia ne aveva le medesime criticità, sia pur in rapporto al diverso grado di statizzazione (60%, in luogo del 95% dell'URSS).
   Ma torniamo alle banche.

3.- Il possibile ruolo dell'UE, in caso di fallimenti di banche. La crisi attuale è stata riconosciuta molto simile a quella degli anni '30. In quella fase il fallimento delle banche fu risolto con numerose nazionalizzazioni di banche (e con nuove norme bancarie...).
  Riprendendo il concetto iniziale, l'Italia non è oggi in condizioni di nazionalizzare le banche fallite (e subentarre ad esse, nel rapporto fiduciario con i risparmiatori) per due motivi:
- a causa della sua situazione debitoria oggi (non allora, in cui il rapporto debito/PIL era 30%);
- perchè lo Stato italiano non ha più il potere monetario, soprattutto non ha più la Banca d'Italia, come prestatore di ultima istanza.
  Tuttavia, come sono vere queste cose, è anche vero che il potere monetario non è svanito, ma passato all'UE.
  Conclusione: sarebbe semplicemente atto dovuto che l'UE si sostituisca agli Stati nel rapporto con le banche e precisamente:
  a) in caso di fallimento di banche, l'UE si appresti a nazionalizzarle (la forma dovrebbe essere quella della "raccomandazione agli Stati" di provvedere alla nazionalizzazione, che poi girerebbe il tutto alla UE );
  b) attribuisca un possibile ruolo alla BCE nel supportare l'opearazione;
  c) sia previsto che, a successiva situazione normalizzata (tra 5 anni),l'UE restituisca alla proprietà privata le banche "europeizzate", e alla BCE le eventuali anticipazioni finanziarie.
  Sono, invece, molto contrario a che la BCE salvi le banche con colpi di spugna o regalie. NINO LUCIANI

 

LEGGE ELETTORALE E RIFORMA COSTITUZIONALE DELLA GOVERNANCE IN ITALIA
Due questioni da risolvere insieme


CONFERENZA NAZIONALE

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LEGGE ELETTORALE:
STATO DI ATTUAZIONE DELLA RIFORMA IN ITALIA

A  Bologna, viale Risorgimento 2
sabato 1 dicembre 2007, ore 10,30
Facoltà di Ingegneria, Aula Magna al 2° piano

APERTA AI DOCENTI E CITTADINI

PROGRAMMA

              Saluto del Preside Prof. Pier Paolo DIOTALLEVI

Relatori:

- Prof. Giovanni GUZZETTA, Presidente Nazionale del Comitato per i Referendum elettorali, Ordinario di diritto costituzionale all’Università di Roma "Tor Vergata";
- Prof. Luigi MELICA, Ordinario di diritto costituzionale all’Università di Lecce;
- Prof. Andrea MORRONE, Ordinario di diritto costituzionale all’Università di Bologna;
- Prof. Sergio BELARDINELLI, Ordinario di sociologia all’Università di Bologna.

Governo:

Dr. Paolo NACCARATO, SottoSegretario di Stato al Ministero per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme istituzionali, Delegato per la legge elettorale.

Invitato:

Mons. Dott. Oreste LEONARDI, Delegato Episcopale per i rapporti con le realtà temporali
Moderatore: Dr. Nuccio FAVA, Presidente della Sezione Italiana dell’Associazione dei Giornalisti Europei

BREVE INTRODUZIONE AL TEMA

Una legge elettorale proporzionale, in una REPUBBLICA SEMI-PRESIDENZIALE ?
For a proportional electoral bill, but in a "HALF-PRESIDENTIAL" REPUBLIC ?

1.- La conferenza vuole verificare lo stato di attuazione delle riforma elettorale in Italia. Ma sia consentito chiedere che venga esaminata anche la proposta del Comitato per la riforma elettorale, promosso dal nostro Centro studi nel marzo 2007, e ricevuto dal Governo il 1 giugno 2007. Esso pone preliminarmente il problema della attualità dell'attuale quadro costituzionale, in cui collocare la nuova legge.
   In premessa, ricordo che stiamo assistendo allo scioglimento di Forza Italia (FI) per volontà del suo fondatore.
   Questo fatto crea oggettivamente il problema di riempire un nuovo   "vuoto al centro" (dopo quello formatosi in Italia nel 1992-94 per la scomparsa "politica della Demcrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano). Ciò rende storicamente essenziale una nuova legge elettorale per regolarne il riempimento, in aggiunta alla importanza che essa già ha per sanare il defìcit di governabilità scaturito dalle elezioni del 2006.

2.- Le varie proposte di legge elettorale da destra e da sinistra, evocate in relazione al deficit di governabilità dal 2006, ragionano all’interno dell’attuale costituzione di "repubblica parlamentare", in cui il governo vive se ha la fiducia delle camere.
   Ma questo scenario si scontra con la impraticabilità storica, in Italia, di creare un "bipolarismo elettorale" che sia anche un "bipolarismo programmatico omogeneo", in cui i cittadini scelgono la "maggioranza" già al momento delle elezioni. Questo è dovuto all'eccesso di diversità regionali dal Nord al Sud, alle diverse storie delle popolazioni d’Italia (l’unità nazionale ha solo 150 anni) e, forse, della impreveggenza dei politici.   
Ma è anche vero che l’Italia del dopo guerra è cresciuta culturalmente. Ci sono, poi, dei forti movimenti sindacali nazionali e ci sono le Regioni già ben consolidate. Sono baluardi determinanti, in caso di pericolo per la democrazia politica. Pertanto, per garantire "governi di legislatura", una soluzione sensata è una repubblica "semi-presidenziale".
   C’è, poi, la circostanza che la legge vigente vuole, già nelle elezioni, che sia indicato il candidato Premier. Ma, poiché la Costituzione richiede la successiva fiducia del Parlamento, si crea una contraddizione, per cui può cadere di nuovo il Governo. Questa fase dovrebbe essere chiusa adeguando la Costituzione alla maturità della coscienza popolare e alla legge.
Se si facesse una opzione in senso "semi-presidenziale, i problemi di un accordo sulla legge elettorale sarebbero molto facilitati. Per il riempimento del nuovo "vuoto al centro", ma anche per la ricostruzione dell’unità di "tutto il centro", si potrebbe fare una legge proporzionale, aperta "ai piccoli partiti, anche perché il risveglio della politica nasce dal basso.

3.- La proposta del Comitato per la riforma elettorale è la seguente:

a) una repubblica "semi-presidenziale" e precisamente l’elezione diretta del Capo del Governo, bilanciata da relativi maggiori poteri di garanzia costituzionale al Capo dello Stato (si veda la 
proposta). Inoltre il potere di sciogliere le Camere dovrebbe rimanere prerogativa del Capo dello Stato.
b) una legge elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento relativamente bassa, l’abolizione della raccolta delle firme, la possibilità di "una" preferenza alle candidature, il finanziamento dei soli Gruppi parlamentari che, dopo le elezioni, si vanno a formare in parlamento con un numero di componenti non minore del 10% della camera di appartenenza.

4.- Rispetto a questi obiettivi, i REFERENDUM vanno sostenuti perché, solo se si rompe la cordata di quelli che sostengono la legge elettorale attuale, ci potrà essere spazio per discutere in parlamento le varie proposte di riforma. NINO LUCIANI

1. The aim of the conference is a check of the state of accomplishment of the electoral reform in Italy. In the hope that the proposal (see proposta ) of the Committee for the Electoral Reform, carefully prepared by our Study Center in March 2007, and received by the Government on June 1st, 2007, be considered and examined. This proposal is for a preliminary examination of the constitutional frame, in which to place the electoral bill.
   As a preliminary remark, I remind that We are now watching the end of Forza Italia (FI) for open will of its founder.
   Such event as a matter of fact generates the problem of filling the new “center vacuum” (after the “center vacuum” produced in Italy during 1992-1994 as a consequence of the political disappearance of the Democrazia Cristiana and the Partito Socialista Italiano). That “vacuum center” makes historically essential a new electoral bill to adjust such filling. Further, the electoral bill is relevant to heal the lack of governance consequent to the 2006 elections.

*

2.- All the electoral bill proposals, designed to alleviate the lack of governance started in 2006, hold in the presence of the present constitution of “parliamentary republic”, where the Government rules only if it is trusted by the two Chambers.
    Such a landscape in Italy is against the historical impracticability to realize an “electoral bipolarism” which be also an “homogeneous programmatic bipolarism”, where the voters choose the “majority” at the moment of the elections. This is due to the excess of the regional differences between North and South, of the different histories of Italian populations (national unity is only 150 years old) and maybe of the lack of foresight of the politicians.
   But it is also true that after the World War II Italy has grown culturally . Further, there are strong national trade unions and well consolidated Regions. These are relevant bulwarks in the case of danger for the political democracy. Therefore, to get legislature long governments a judicious solution for Italy is a “half-presidential republic”.
  It also happens that the law in force dictates that the Premier candidate be indicated at the moment of the elections. But the Italian Constitution requires the subsequent confidence of the Parliament, and this fact creates a danger which may lead to the fall of the Government. This stage should be closed by conforming the Chart to the maturity of the popular consciousness and the Law.
The problems connected with an agreement on the Electoral Bill would be greatly alleviated if an option in the semi-presidential direction would be taken. A proportional bill, open to the small parties (because the revival of the politics is born of the base), would allow the filling of the new “center vacuum” and also the rebuilding of the unity of the “all center”.

3.- The proposal of the Committee for the Electoral Reform is:
a) a “half-presidential” republic, in detail the direct election of the Premier, balanced by corresponding greater power of constitutional warranty to the State Chief (see the 
proposta). The power to dissolve the Parliament should remain a prerogative of the State Chief.
b) a proportional Electoral Bill with a relatively low barrage, suppression of the signatures collection, the possibility of a "one" choice between the candidates, financial support supplied only to the Parliament’s Groups that after the elections consist of at least 10% of the Chamber to which they belong.


4. In view of these goals the REFERENDUMS organized by prof. GUZZETTA an SEGNI should be supported, because (even if with some risk) only if the trust of those who support the present electoral bill is dissolved there will be the possibility to discuss the proposals for its reform in the Parliament. NINO LUCIANI

***

  Comitato per la riforma elettorale
Sede in Bologna, via Titta Ruffo 7 – Tel. 347 9470152 – E mail: nino.luciani@alice.it 
Anno 2004

Membri del Comitato:  Prof. NINO LUCIANI (Centro Studi l'Impegno Politico dei Cattolici) – Avv. UGO SCURO (MILLE. Movimento per l 'Italia Libera nella Libera Europa) – Dott. FRANCESCO TASSONE (Movimento meridionale Calabria) – Dott. PAOLO MAJOLINO (Cattolici per l'Italia) -- RAFFAELE LO IODICE (Movimento Meridionale Puglia) – Dott. ANGELO SANDRI (Democrazia Cristiana) -- Prof. MASSIMO GRISOLIA (Democrazia Italiana) -- Dott. ERMINDO CORAZZA (Rinnovamento Popolare) – Dott. DOMENICO IANNANTUONI (Partito per il Sud) – Dott. PIERO PIROVANO (Solidarietà) – Dott. ROBERTO GENTILI (Forza Roma) -- Arch. MASSIMO BONECHI (Società Ambiente Qualità) – Dott. FULVIO LORENZETTI (Movimento Alternativa per l'Italia) – Dott. GAETANO TROPEANO (Movimento Democratici "Liberi e Forti" -- Avv GIOVANNI VISCONTI (Partito della Terra) – Dott. ANTONIO SABELLA (Italia Moderata) – Dott. FRANCO REMONDINO (PPE-Italia) – Dott. ALBERTO DE MAIO (Movimento per il Centro Unito) – On. Prof. PUBLIO FIORI (Rifondazione Democristiana) -- Cav. Dott. ANTONIO MORETTI (Coerenza Democratica)

Presidente del Comitato Per la Riforma Elettorale - Prof. NINO LUCIANI

Proposta di nuova legge COSTITUZIONALE PER LA RIFORMA DELLA GOVERNACE


    Il COMITATO promotore della nuova elettorale, costituito a Bologna il 27 marzo 2007, aperto a nuove adesioni al Comitato e disponibile al confronto con le altre forze, ha approvato una proposta di legge elettorale. Questa proposta vuole:
    1) l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, con modifica della Costituzione. Il motivo è eliminare la contraddizione attuale tra la volontà degli elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (la legge vigente dispone che sia indicato il candidato Premier) e la vecchia Costituzione che ancora richiede la successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni può cadere il Governo, in contrasto con la sovranità popolare espressa.
    2) la proporzionalità, con sbarramento del 2%, per l'elezione dei membri del Parlamento. Il motivo è ricostruire il "centro moderato e interclassita" nello schieramento politico italiano, dopo il vuoto che si è formato dal 1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI.

MOTIVAZIONI

   La proposta vuole chiudere la fase di transizione dalla prima alla seconda Repubblica. Precisamente:
   a) vuole eliminare la contraddizione attuale tra la volontà degli elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (la legge vigente dispone che sia indicato il candidato Premier) e la Costituzione che ancora richiede la successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni può cadere il Governo. E’ capitato a Berlusconi nel gennaio 1995, a Prodi nel 1998, e adesso sta avvenendo di nuovo a Prodi, pur avendo una maggioranza, sia pur risicata. Questa fase dovrebbe essere chiusa adeguando la Costituzione alla maturità della coscienza popolare;
   b) vuole colmare al centro dello schieramento politico italiano, il vuoto che si è formato dal 1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI, i partiti che tradizionalmente svolgevano la mediazione inter-classista. Oggi i partiti di centro, riemersi nel frattempo, sono caduti in ostaggio dentro due, rispettive, grandi coalizioni "bipolari" di appartenenza.

IL TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
(da approvare con modifiche costituzionali e con legge ordinaria)

   1.- ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
   a) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale diretto, tra i candidati che hanno ottenuto la nomina a candidato nelle elezioni primarie. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si passa al ballottaggio tra i due più votati. Non è eleggibile chi abbia già svolto due mandati consecutivi. Il Premier nomina e revoca i Ministri, che sono insediati, subordinatamente alla fiducia delle Camere.
  b) L'art. 90, comma 2 della Costituzione si applica anche al Presidente del Consiglio.
  c) Elezioni primarie. Tre mesi prima delle elezioni del Presidente del Consiglio, sono fatte, in base a disposizioni di legge, le elezioni primarie per scegliere i candidati a Premier.  Le candidature possono essere presentare, con un rispettivo programma, da partiti e associazioni annotate all'Ufficio del Pubblico Registro
c) Ottiene la nomina a candidato, per ogni rispettivo partito o associazione, chi abbia ottenuto il maggior numero di voti, purchè il rispettivo partito o associazione abbia ottenuto più del 10% dei voti degli elettori di almeno 5 Regioni.

  2.- NUOVI  DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Le leggi e gli atti del Governo, aventi forza di legge, possono essere rinviati preventivamente alla Corte Costituzionale, per il parere di costituzionalità, dal Capo dello Stato di propria iniziativa o su richiesta di 1/3 di una delle Camere o di 5 Consigli Regionali. In caso di parere negativo non ha luogo la promulgazione.

3.- ELEZIONE DEL PARLAMENTO

    a) Il parlamento è eletto a suffragio universale con riparto dei seggi, tra i partiti, proporzionalmente a voti ottenuti, al netto di uno sbarramento del 2% dei voti elettorali sia per il partito che si presenti da solo, sia per la coalizione.
    b) La partecipazione dei partiti alle elezioni non richiede firme di presentazione.
    c) Il diritto di voto include la possibilità di esprimere una preferenza
   d) Rimborso delle spese elettorali dei partiti . I partiti hanno diritto al rimborso delle spese elettorali, proporzionalmente ai voti riportati. Nel caso di partiti federati presentatisi in unica lista o in coalizione, il partito che esca dalla federazione o dalla coalizione perde il diritto al rimborso fin dall'origine.
Bologna 27 marzo 2007

 

 

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STATO GIURIDICO - 2011

            
EDIZIONI PRECEDENTI   

            
LEGGE GELMINI: "ULTIMO MIGLIO" ANCORA LONTANO
    

   1)  la Corte dei Conti non ha tuttora apposto il visto e registrato il regolamento sull'abilitazione scientifica, in esame da mesi;
   2) Il Consiglio di Stato non ha ancora dato il parere favorevole al
regolamento sui criteri e parametri di giudizio per la valutazione dei candidati e commissari nelle abilitazioni scientifiche;
  3) Non è stata ancora trovata la relativa copertura finanziaria, a parte che il  FFO ha avuto solo € 300 milioni aggiuntivi per il 2011, rispetto ai totali € 7 miliardi del 2010.
  (Per notizia, il FFO fu di € 6,2 miliardi nel 2002, in cui ci fu, causa inflazione per euro, il raddoppio dei prezzi, e dunque il FFO del 2011 dovrebbe essere € 12,4 miliardi per essere come nel 2002).

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Francesco Profumo,
ministro università

 

Completare lo "ultimo miglio" ?

La domanda è motivata dal fatto che c'è un
nuovo ministro che viene dall'università
e dunque, da conoscitore diretto delle cose,
sarebbe quasi d'obbligo riconsiderare
i tre punti (vedi sopra), per la loro crucialità.

MOTIVI ?

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Marco Mancini,
presidente CRUI

    a) l'abilitazione scientifica nazionale, non seguìta da concorsi (perchè aboliti dalla legge Gelmini) potrebbe ampliare gli spazi a concorsopoli;
    b) la centralizzazione del finanziamento, con ripartizione in base a indicatori burocratici di "efficienza", potrebbe portare il sistema universitario fuori dal mondo, come ben si è visto nei sistemi  a pianificazone centralizzata;
   c) alcuni dati statistici evidenziano già i danni, creati dalle scelte del governo Berlusconi.

FONTE: CRUI
http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=2036

Le tematiche più urgenti
sottoposte dalla CRUI al nuovo Ministro F. Profumo.


Tematiche normative:
• Accelerare sull’approvazione degli statuti per portare a compimento il processo di riforma e mettere di nuovo gli Atenei in grado di lavorare efficacemente

• Individuare modelli di gestione dell’offerta formativa nella fase di passaggio segnata dal DM 17/2010, resa ancor più complicata dalla compresenza di un ordinamento in gestione (basato sulle Facoltà) e uno in proclamazione (basato sulle nuove strutture stabilite dalla L.240/2010)

• Avviare il prima possibile le nuove abilitazioni. Ciò per dare soddisfazione ai numerosi giovani docenti in attesa ormai da anni di una collocazione

• Stabilire un ruolo consultivo della CRUI sui decreti attuativi, di vitale importanza per adeguare la L.240 alle esigenze pratiche della gestione degli Atenei

Tematiche finanziarie:
• Puntare a una programmazione pluriennale dei trasferimenti dello Stato. Stabilendo soglie di guardia al di sotto delle quali non è più possibile scendere. L’appuntamento annuale con la Legge di Stabilità e con tutte le incertezze in merito a “tagli” e rifinanziamenti distoglie per mesi le Università dalle attività che, in serenità, dovrebbero svolgere per la comunità

• Assegnare tempestivamente l’FFO agli inizi dell’anno. Sapere su quale cifra poter contare è indispensabile per la programmazione delle attività accademiche. Si è ormai all’assurdo per il quale la cifra assegnata viene resa nota quando undici dodicesimi della stessa sono già stati spesi

• Ripensare il modello di finanziamento. Tenendo conto di variabili sociali, territoriali e meritocratiche. Utilizzando le elaborazioni dell’ANVUR ma facendo affidamento su indicatori flessibili che tengano conto dell’estrema diversità del nostro Paese

• Rilanciare il Diritto allo Studio e con esso l’edilizia residenziale. I meccanismi di finanziamento vanno rivisti per dare certezza agli studenti, soprattutto quelli capaci e meritevoli che provengono da situazioni disagiate

• Cercare una soluzione all’annosa questione delle Facoltà di Medicina. Le Università, attraverso la CRUI, chiedono la costituzione di un organismo tecnico in cui essere ascoltate, al pari del Sistema Sanitario Nazionale e dei vari sistemi sanitari regionali. Il loro apporto alla pianificazione gestionale di Facoltà di Medicina e Policlinici Universitari potrebbe contribuire a risolvere problemi da lungo tempo irrisolti.

Nino Luciani, Motivi per non perdere ulteriore tempo verso un "ultimo miglio-chimera"

1.- Dove andremo in seguito all'abolizione del concorsi ? Le vicende dei concorsi "deviati", del tempo che fu, hanno creato grande turbamento nell'opinione pubblica. Ma sia chiaro che il peccato originale era nella burocrazia ministeriale o nelle leggi che avevano fatto le regole concorsuali.
a) perchè il peccato originale nella burocrazia ministeriale  ? Per il 1980-98 il DPR 382/80 aveva previsto 9 concorsi ("uno" ogni due anni). Ne furono fatti 3. Questo fatto determinò l'emarginazione di una intera generazione di professori associati, i quali gridarono allo scandalo, ma anche determinarono il decadimento del buon nome dei concorsi universitari. L'emarginazione fu dovuta al fatto che, causa ritardo, la gran parte dei professori ordinari del tempo era andata in pensione, cosicchè (per fare le commissioni di concorso) era subentrata una nuova generazione di prof. ordinari, i quali convennero tacitamente di privilegiare i loro allievi per i posti a concorso. Chi aveva passaro il turno, andava consideto perduto.
Qualcosa del genere si va ora ripresentando nel rapporto tra ricercatori vecchi (quelli a tempo indeterminato) e nuovi (quelli a tempo determinato), per lo stesso motivo. Dai tempi della Moratti, i concorsi vanno molto a rilento;
b) perchè anche nelle leggi sui concorsi. La legge 210/1998 sbloccò i concorsi affidandone la gestione alle Universià, ma anche stabilì modalità di fare le commssioni, praticamente su misura delle università locali (ossia con membri votati, su indicazione dei capi corporazione nazionale dei settori). Da qui, concorsopoli ebbe uno straordinario impulso, basato sul voto di scambio, nel fare le commissioni.
  La legge Gelimini ha portato il sorteggio per fare le commissioni, ma solo per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionali. Invece, niente concorsi per assegnare i posti. Le università chiameranno dentro la lista degli abilitati.
  Commento: prevedo che concorsopoli aumenterà all'ennesima potenza.

2.- La centralizzazione ulteriore del sistema finanziario potrebbe portare l'università fuori dal mondo. Penso che l’attuale centralizzazione della gestione del sistema finanziario potrebbe portare l'università fuori dal mondo, per la inadeguatezza dei cosiddetti indicatori di efficienza delle università. Per chi ha studiato i sistemi a pianificazione centralizzata, sa che le cose potrebbero essere ben diverse nei fatti.
  Tutti i sistemi a pianificazione centralizzata devono inventarsi dei parametri di efficienza, non potendo regolarsi sui prezzi (come fanno le imprese che operano sul mercato) e non potrebbe essere altrimenti. Ma, poi, sono davvero, parametri che determinano comportamenti virtuosi ? Ad es., il classico riferimento al numero dei laureati nei tempi programmati ed alla media elevata dei voti dello studente può essere un indicatore di efficienza del "passato", ma il finanziamento in base a questi indicatori potrebbe non produrre la "efficienza per il futuro", in quanto le università sono stimolate a

promuovere tutti gli studenti, per ottenere più danari dal Miur. C'è, poi, il fatto che molti di quegli indicatori sono costruiti con dati statistici vecchi, anche di anni, e che anche la relativa la gestione amministrativa, troppo particolareggiata, finisce di essere molto costosa, già di suo. E c’è anche che il finanziamento centralizzato è tardivo. Siamo alla fine del 2011, e solo da qualche settimana, le Università sono venute a conoscenza del FFO 2011. Direi che dobbiamo abbandonare questo sistema, e decentrare con un adeguato criterio di responsabilizzazione, fermo il finanziamento statale come idea di base.

  
3. Riprendere la Legge Ruberti, e adeguarla ai tempi. Quale quadro di riferimento, riprenderei la legge Ruberti del 1889, sul via all’autonomia, e la adatterei su alcuni punti:.
a) Per la didattica, la via maestra è finanziare le università in base al costo standard per studente. Ciò determinerà in automatico un premio delle migliori e una pena per le peggiori. Es.: chi spende meno dello standard, tratterrà l'eccedenza. Poi, va da sè che in prima attuazione si potrebbe ancora garantire il pareggio del bilancio, a carico dello Stato, anche alle meno virtuose..., per dare tempo all’adattamento.
  Occorre, poi, introdurre una flessibilità nella determinazione dei contributi studenteschi, già oggi gestiti contra legem nella metà degli Atenei (superato il 20% del FFO). Ma questa flessibilità si puo' fare solo previo un accordo con gli studenti, per la protezione dei "bisognosi e meritevoli" (art. 34 della Costituzione), creando un fondo apposito presso il Miur, ed eventualmente con delega di gestione alle Regioni.
   In ogni caso, per la generalità degli studenti, i contributi studenteschi dovrebbero potere essere aumentati dalle universita' in base alle esigenze di bilancio, tuttavia senza potere mai superare un tetto che garantisca una protezione pubblica generale al diritto allo studio. Ad es., i contributi studenteschi non dovrebbero mai superare il 30% della spesa corrente totale.
b) Per la ricerca, potrebbe andar bene il finanziamento in base alla statistica ponderata delle pubblicazioni (come, in parte, si sta facendo), ma con una flessibilità (ai giovani, va dato credito).

 4.- Alcuni dati statistici.  La più grande (ir)responsabilità del Governo Berlusconi, verso l'Università, è aver cercato di "riformarla" in una discontinuità, anche rispetto alle cose positive del passato, non tenendo conto che il "sapere" è un fatto di accumulazione, che va preservato e consegnato alla successive generazioni.
   La discontinuità più rilevante, a cui mi riferisco è quella tra maestri e allievi, per mancato turnover. Mancando questo anello, grandi scuole sono andate definitivamente perdute, e i giovani dispersi (la meglio gioventù d'Italia).
   Le statistiche, raccolte qui sotto, mostrano, poi, che nel periodo 2008-2011 sono venuti a mancare quasi 6.597 docenti di ruolo, di cui ben 3.748 prod. ordinari.
   Per giustificare il taglio dei professori, il governo ha infamato l'università, enfatizzando la corruzione nei concorsi e la "dilapidazione" del denaro pubblico ad opera dei prof. ( si vegga il resoconto dell'Aula del Senato del 29 luglio 2010).
   Circa gli sprechi finanziari, se guardiamo ai dati statistici di bilancio (Fonte: Tesoro), troviamo che il FFO - Fondo statale per il finanziamento delle Università) era 6,2 miliardi nel 2002, ed è 7,4 miliardi nel 2011. Se teniamo conto che nel 2001-2002 c'è stata la grande inflazione (causa euro) che ha raddoppiato i prezzi, deduciamo che il FFO (per essere almeno come nel 2002 in termini reali) dovrebbe essere 12,4 miliardi. Come si può capire, i professori sono, oggi, diventati poveri, per cui anzi si pone un problema di rifinanziamento dell'università, se non si vuole proseguirne la demolizione.
   Altri dati rivelano, poi, che invece sale il precariato: aumentano i ricercatori a tempo determinato. Compare una cifra rilevante per gli assegnisti del 2011 (non ho trovato le cifre degli anni precedenti). E compare una cifra molto alta per i professori a contratto per insegnamenti ufficiali.
   In conclusione parrebbe doversi dedurre che il carico didattico è risultato incomprimibile, dato il numero degli studenti, e che si è provveduto con personale non "garantito".
  Last but not least. La sospensione dei concorsi va prospettando una nuova conflittualità tra i docenti: quelli più anziani rischiano di essere scavalcati da quelli giovani, come già nel 1980-98, a causa dall'uscita di scena della vecchia generazione di professori ordinari per stare in commissione giudicatrice di concorso. Nino Luciani
Università   Statali

2008

 

2010

2011

       
Prof. Ordinari 18227     14479
Prof. Associati 17549     15807
Ricercatori TI  e ass. ord

24492

    23385
Totale docenti 60268    

53671

       
Ricercatori TD 307     840
       
Assegnisti       11986
Professori a contratto 34546   32341  
Fonte: Cineca        

 

UNIVERSITA' - FFO Fondo statale di Finanziamento Ordinario, in milioni di Euro, a prezzi correnti
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

FFO

5.784 6.158 6.189 6.225 6.545 6.983 6.935 6.957 7.352 7.496 7.166

7.466

Fonti: ISTAT, Annuario statistico italiano, anni da 2002 a 2008
          Miur, Ufficio di statistica, http://statistica.miur.it/

          Le cifre del FFO per il 2008, 2009, 2010 tengono conto del fondo straordinario di 550 milioni di cui alla legge
           finanziaria 2008, e (per il 2010) della integrazione di 400 milioni, di cui alla legge finanziaria 2010. Queste cifre
           mancano nei documenti del Miur.
           La cifra del 2011 è costruita aggiungendo, alla cifra del  2010, i 300 milioni di euro, di cui alla legge 98/2011.

 

EDIZIONI PRECEDENTI

Decreto-legge n. 78 del 2010 (retribuzione ricercatori  confermati
e  Legge Gelmini 240/2010 , stato di costruzione dei decreti  attuativi
DP
R

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MariaStella Gelmini

ADU, ANDU, CISL-Università, CNRU, CNU, CoNPAss, FLC-CGIL,
RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN, UGL-Università, UIL-RUA


APPELLO alla MINISTRA:

"NON BLOCCATE LA RETRIBUZIONE DEI RICERCATORI

E PROF.  ASSOCIATI AL MOMENTO DELLA CONFERMA IN RUOLO"

  Sotto: notizie sullo stato di fattura dei decreti attuativi della legge Gelmini

APPELLO

1) La questione della conferma dei ricercatori, degli associati e degli ordinari confermati nel 2010 e successivamente.

  I docenti universitari (ricercatori, professori associati o professori ordinari) alla presa di servizio devono affrontare un periodo di prova di tre anni. Al termine di tale periodo, una Commissione nazionale verifica la congruità del lavoro svolto; all'esito positivo del giudizio consegue la conferma nel ruolo e la corresponsione dello stipendio pieno.
  Il 9 giugno 2011, in risposta ad una interpellanza dell’on. prof. Vassallo, il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luca Bellotti ha escluso l’applicabilità del blocco delle retribuzioni previsto per i dipendenti pubblici (articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010) ai passaggi dei ricercatori e professori associati da non confermati a confermati e dei professori straordinari a ordinari.
  In particolare il Sottosegretario ha affermato: "non trattandosi, pertanto, di progressioni di carriera, non trova applicazione, alle suddette conferme in ruolo, la disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 con conseguente efficacia delle stesse sia ai fini giuridici sia ai fini economici con attribuzione del relativo adeguamento stipendiale".
  Si chiede con forza ai Rettori che non l’hanno ancora fatto di rispettare quanto previsto dal DPR 382/1980 e di riconoscere, quindi, ai confermati quanto loro dovuto per legge, evitando così, tra l'altro, ricorsi amministrativi onerosi anche per l'Amministrazione.

   Si richiede altresì al Governo di vigilare affinché sia assicurata l’effettiva e corretta applicazione della legge, al fine di evitare il comportamento illegittimo di quei Rettori che pensano di ridurre gli effetti dei tagli 'rifacendosi' sui alcuni colleghi, negando loro diritti acquisiti e spettanti.

2) La questione dei ricercatori neoassunti

  Come è noto, fino ad ora, i ricercatori neo assunti percepiscono nel primo anno uno stipendio ridotto di circa il 20%. L’Esecutivo, per non lasciare i ricercatori neo assunti con lo stipendio ridotto (circa 1200 euro) per tutta la durata del blocco (fino al 2014), sta preparando un provvedimento per anticipare al primo anno la corresponsione dello stipendio "pieno". Purtroppo, nell'attuale versione del provvedimento, non viene esplicitamente chiarito che ciò varrà anche per coloro che sono stati assunti nel 2010.

   Per evitare una mostruosità giudica e un grave danno-beffa per gli interessati, si chiede al Governo - e anche al Parlamento in sede di espressione dei pareri sui decreti attuativi della Legge 240/10 - di riformulare opportunamente la norma.
7 novembre 2011

Stato dei Decreti e Regolamenti attuativi della Legge Gelmini n. 240/2010, al 31 ott. 2011.
(Elaborazione dati CNE e Il Sole-24 ORE, Fonte: http://www.universitaericerca.it/ )

 

Regolamento abilitazione scientifica nazionale, inviato il 5 ott. a Corte dei Conti, per registrazione.
NOTA. Pur se ancora non si ha il testo ufficiale, esso non dovrebbe essere molto diverso da quello a suo tempo
inviato alle Camere, per il parere di conformità alla legge, che abbiamo pubblicato, qui sotto. Clicca su: DPR

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MariaStella Gelmini

 
Il Decreto Ministeriale sui settori concorsuali,
incluso l' ALLEGATO A (settori concorsuali)



NOTA. Rimane, invece, ancora in viaggio il Decreto
con i criteri per la valutazione dei Commissari, 
inviato al Consiglio di Stato per il parere di legittimità

  NOTA. Il Decreto con i criteri per la valutazione dei Commissari è, forse, il più difficile da fare. Non era mai successo che un concorso universitario richiedesse, preventivamente, un esame per i professori ordinari, per essere commissari.
  Ne deriva che il primo ostacolo è che i proff. ordinari accettino una nuova mentalità.
  Personalmente, penso che il Miur si esponga a mulini al vento, perchè (in questo primo passaggio) il prof. non è sollecitato da un interesse personale preciso a stare in commissione: trattasi di distribuire una "abilitazione" non legata ad un posto da attribuire a qualcuno, e per di più espondosi ad un giudizio negativo dell'ANVUR, e ad una fatica immensa, con una remunerazione poco più che simbolica.
   C'è dell'altro, i macro-settori concorsuali sono talmente ampi, che non si vede come sarà garantita una abilitazione specialistica, come oggi si richiede per il progresso scientifico. E' questo sarà un ulteriore deterrente per i prof. a candidarsi, in quanto essi (in termini di probabilità) dovrebbero dare una abilitazione a qualcosa, che non posseggono.
  Forse il legislatore aveva, a suo tempo, mangiato la foglia, tant'è che dopo avere ottemperato a tutti gli "oremus" per il merito, voluti dalla GELMINI, ha aggiunto laconicamente: "Nell'ipotesi in cui il numero dei professori inseriti nella lista di cui al comma 2 è inferiore a otto, si provvede all'integrazione della stessa mediante l'inserimento degli altri professori afferenti al macrosettore concorsuale". Qui la verifica sui requisiti non è menzionata, in esplicito. Nino Luciani

Decreto Ministeriale 29 luglio 2011 n. 336,  Determinazione dei settori concorsuali,
raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui all'articolo 15, Legge 30 dicembre 2010, n. 240

Articolo 1 -
1. I settori concorsuali, raggruppati in macrosettori concorsuali, di cui all'articolo 15 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono determinati come risulta nell'allegato A (elenco dei macrosettori e settori concorsuali e delle corrispondenze tra i settori concorsuali e i settori scientifico-disciplinari di cui al D.M. 4 ottobre 2000) e nell'allegato B (declaratorie dei settori concorsuali). 2. In prima applicazione, ai fini di cui agli articoli 18, 22, 23 e 24 della stessa legge, i settori concorsuali sono articolati nei settori scientifico-disciplinari indicati nel medesimo allegato A. I predetti allegati costituiscono parte integrante del presente decreto.

Articolo 2
1. Per i settori concorsuali per i quali è prevista, ai sensi dell'allegato A al presente decreto, la corrispondenza univoca con uno dei settori scientifico-disciplinari di cui al D.M. 4 ottobre 2000, il Rettore provvede all'inquadramento dei professori di I e II fascia e dei ricercatori nei settori concorsuali con appositi decreti ricognitivi. 2. Per i settori concorsuali per i quali la corrispondenza non è univoca, l'inquadramento è disposto a domanda dell'interessato da presentare al Rettore, tramite apposita procedura informatizzata messa a disposizione dal Ministero, entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale. In caso di mancata presentazione della predetta domanda entro i termini previsti, il Rettore dispone l'inquadramento, sentito il Dipartimento di afferenza dell'interessato. Tutti i decreti di inquadramento devono, comunque, essere adottati entro 60 giorni dalla di data pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale.

Articolo 3
A decorrere dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale i passaggi da un settore concorsuale ad un altro, ovvero da un settore scientifico-disciplinare ad un altro possono essere disposti solo successivamente ai provvedimenti di reinquadramento di cui all'articolo 2. La richiesta di passaggio da un settore concorsuale ad un altro deve essere corredata da quella di passaggio ad un settore scientifico-disciplinare ricompreso nel settore concorsuale nel quale si richiede di essere inquadrati. I relativi provvedimenti sono adottati con decreto rettorale, previa acquisizione del parere del C.U.N., motivando l'eventuale difformità. Il parere è reso da parte del C.U.N. entro 45 giorno dal ricevimento della richiesta.

Articolo 4
Il Ministero verifica con cadenza biennale la consistenza numerica a regime dei settori concorsuali e dei settori scientifico disciplinari in relazione a quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, della Legge 30 dicembre 2010, n. 240. Tale verifica è effettuata almeno sessanta giorni prima dell'indizione delle procedure per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale di cui all'articolo 16 della stessa legge.

Articolo 5
In prima applicazione, entro dodici mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto, il Ministero verifica l'adeguatezza dei settori concorsuali e dei settori scientifico disciplinari di cui all'allegato A e, sentito il C.U.N., provvede, ove necessario, ad avviare le procedure per la loro rideterminazione ai sensi di quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, della Legge 30 dicembre 2010, n. 240. Tale verifica viene ripetuta con cadenza almeno biennale.

Roma, 29 luglio 2011 .                   f.to IL MINISTRO Mariastella Gelmini

SEGUE L'ALLEGATO A:
Elenco dei settori concorsuali e dei settori scientifici, ricompresi nei primi.
CLICCA SU: macro-settori concorsuali.

 

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Schema di DPR recante Regolamento per l'abilitazione scientifica nazionale
per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'art. 16 Legge 240/2010.

AGGIORNAMENTO

   Risulta da notizie, non ufficiali, che lo Schema è stato ultimamente firmato dal Miur e trasmesso al Presidente della Repubblica, per la firma definitiva.
   Dopo questo passaggio, posto che tutto vada liscio, ci saranno i normali tempi tecnici (controllo della Corte dei Conti e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Si parla di un paio di mesi, per il traguardo finale.
  Questo Regolamento è molto atteso, e anzi è vitale per la ripresa di un qualche respiro dell'università.
  Ma forse ci saranno altre prove da superare. Temo, infatti, che esso non potrà funzionare e quindi che l'università resterà collocata in un limbo infinito, con danni irreparabili, per mancato turnover (carenza di insegnamenti validi, e perdita di patrimonio scientifico).
   Il motivo è che, per l'abilitazione, la legge vuole non solo un esame per gli aspiranti, ma anche per i professori da mettere in Commissione.    Nino Luciani

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MariaStella Gelmini

  Il Senato (il 13 luglio 2011) e la Camera (il 14 luglio 2011) hanno dato parere favorevole allo Schema di Regolamento. Qui sono pubblicati i due pareri

NOTA. I due pareri sono obbligatori, ma non vincolanti. Essi sono stati favorevoli, ma con consigli e osservazioni di un qualche peso.
   C'è, inoltre, la circostanza che i due pareri del Consiglio di Stato non sono stati pienamente  favorevoli.
   Tenuto conto dei due eventi, non è da escludere che il Presidente Napolitano faccia scricchiolare qualche cardine, e non apra la porta al Regolamento automaticamente.

Per comodità degli interessati, si riprende una premessa della Commissione istruzione e precisamente che:
- la legge n. 240 del 2010, nel procedere al riordino dell'ordinamento universitario, ha previsto come requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori l'istituto dell'abilitazione scientifica nazionale, regolandone i contenuti all'articolo 16;

- in particolare, l'articolo 16 ha disposto l'istituzione di una commissione per ciascuno dei settori concorsuali, introdotti dall'articolo 15 della legge n. 240 del 2010;
- la durata di ogni commissione è stabilita in due anni ed il numero dei commissari componenti è pari a cinque. Di questi, quattro sono scelti all'interno di una lista composta dai professori ordinari del settore concorsuale di riferimento, che abbiano fatto domanda, ed uno è scelto tramite sorteggio all'interno di una lista, predisposta dall'ANVUR, di almeno quattro studiosi o esperti in servizio presso università di un Paese aderente all'OCSE;
- annualmente viene indetto il bando per il conseguimento dell'abilitazione per ciascun settore concorsuale, in maniera distinta per la prima e la seconda fascia dei professori universitari. Il decreto di indizione è adottato dal competente Direttore generale del MIUR nel mese di ottobre di ogni anno;
- il termine per la presentazione delle domande non può superare trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto sul sito del Ministero. Le domande - complete della documentazione di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 16 della legge n. 240 del 2010 - devono essere presentate per via telematica;
- la commissione è tenuta a concludere i suoi lavori entro cinque mesi dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande. Essa delibera l'abilitazione scientifica del candidato (la cui validità è di quattro anni dal conseguimento), se sono favorevoli almeno quattro commissari su cinque, e può acquisire pareri scritti pro veritate sull'attività scientifica dei candidati da parte di esperti revisori in possesso di caratteristiche simili a quelle dei commissari;
- dal novembre 2008 non sono stati più tenuti bandi di concorso per professori di prima e seconda fascia e che quindi nelle università italiane vi è una comprensibile, fortissima aspettativa per una rapida entrata in funzione delle nuove modalità di reclutamento dei professori universitari previste dalla legge n. 240 del 2010, basate sulla abilitazione scientifica nazionale;
- nel contesto del sistema definito dall'articolo 16 della legge n. 240 del 2010 per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale, si prevede l'istituzione di una commissione per ciascuno dei settori concorsuali, di cui all'articolo 15 della stessa legge n. 240;
- a tutt'oggi il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora emanato il decreto di natura non regolamentare di definizione dei settori concorsuali, che avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 240 (29 gennaio 2011); peraltro la bozza di questo decreto è stata già approntata dal MIUR e su di essa il CUN ha espresso il 10 marzo scorso il proprio parere (favorevole);
- in base alle anticipazioni raccolte nel corso delle audizioni effettuate al Senato il numero dei settori concorsuali dovrebbe essere intorno a 180, pari cioè a poco meno della metà dei settori scientifico-disciplinari (che sono 370);
il MIUR non ha ancora emanato il decreto previsto dall'articolo 16, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010, riguardante la definizione di criteri e parametri, differenziati per funzioni ed area disciplinare, con cui le commissioni dovranno esprimere il motivato giudizio relativo ai candidati all'abilitazione scientifica.

Senato - 7ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 314 del 13/07/2011

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 372

La Commissione, esaminato, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari,
......
.....
esprime parere favorevole, con le seguenti condizioni:
a) all'articolo 1 si ritiene necessario introdurre la definizione di "area disciplinare", richiamata all'articolo 4, comma 1. Qualora il Ministero confermasse l'intenzione di modificare i commi 1 e 2 del medesimo articolo 4 conformemente a quanto indicato nell'allegato 3-b citato nelle premesse, occorrerebbe poi inserire all'articolo 1 anche la definizione di "CEPR-Comitato esperti per la politica della ricerca";
b) in merito al comma 4 dell'articolo 3, con riferimento agli effetti del mancato conseguimento dell'abilitazione, si ritiene che la corretta interpretazione dell'articolo 16, comma 3, lettera m), della legge n. 240 del 2010 non consenta di concludere che il mancato conseguimento dell'abilitazione preclude la partecipazione a tutte le procedure di abilitazione indette nel biennio successivo per la medesima fascia oppure per la fascia superiore; conforme alla ratio della citata disposizione legislativa è invece la disposizione del comma 4 dell'articolo 3 dello schema di decreto modificato, riportato al citato allegato 3-b. Tale modifica risulta perciò indispensabile.
c) circa il comma 5 dell'articolo 3, si giudica corretto il testo contenuto nello schema di decreto originario.
  Si esprime invece parere contrario sulle modifiche prefigurate a tale riguardo nello schema riportato nell'allegato 3-b, con riferimento al divieto fatto ai commissari di divulgare titoli e pubblicazioni presentate dai candidati. Tale divieto generale finirebbe infatti per sottrarre al controllo diffuso tutta l'attività della commissione e soprattutto le scelte da essa compiute. Non è accettabile che la personalità e la preparazione scientifica dei candidati debbano essere circondate da una sorta di riservatezza. Per salvaguardare eventuali esigenze di copyright è opportuno operare una distinzione: devono essere divulgabili tutti i dati normalmente inseriti in un curriculum, quali i titoli conseguiti e i titoli delle pubblicazioni (anche se soggette a copyright).
Non divulgabili dovrebbero essere unicamente i testi delle pubblicazioni soggette a copyright, che il candidato all'abilitazione dovrebbe precisare con chiarezza. In questo modo verrebbero salvaguardati sia gli essenziali principi di trasparenza dell'attività della commissione, sia gli obblighi di copyright assunti dai candidati;
d) con riferimento all'articolo 6, si ritiene che il comma 8, prevedendo la possibilità che all'interno di una commissione di abilitazione sia presente un secondo commissario facente parte della stessa università, contravvenga a quanto previsto dall'articolo 16, comma 3, lettera g), della legge n. 240 del 2010. Si sollecita perciò la soppressione di tale previsione, conformemente a quanto indicato nell'allegato 3-b;
e) si osserva che il comma 9 dell'articolo 6 prevede la presenza in ciascuna commissione di almeno un componente per ciascun settore scientifico-disciplinare (ricompreso nel settore concorsuale) al quale afferiscono almeno trenta professori ordinari: tale circostanza potrebbe però non essere assicurata nel caso in cui il numero dei settori scientifico-disciplinari che si trovino nella predetta condizione fosse superiore a quello dei commissari da sorteggiare ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 6 (quattro), con conseguente necessità di ricorrere ad un'ulteriore procedura di sorteggio, come previsto dal successivo articolo 7, comma 2. Pertanto, appare necessaria la modifica - al predetto comma 9 dell'articolo 6 - prefigurata nell'allegato 3-b, con la quale si aggiunge l'inciso: "per quanto possibile";
f) va altresì confermata la modifica recata nell'allegato 3-b al comma 11 dell'articolo 6, che nell'originaria formulazione porterebbe alla conseguenza - non accettabile - che gli studenti possano essere esaminati da un docente che non ha tenuto il corso;
g) per quanto riguarda il comma 8 dell'articolo 7, si ritiene che il principio a cui occorre attenersi per la partecipazione alle commissioni di abilitazione non è quello della permanenza in servizio dei commissari per tutta la durata dell'attività della commissione, ma è quello in base al quale la qualifica di professore ordinario debba sussistere al momento in cui si procede alla nomina, sia per i commissari italiani che per il commissario straniero. In tal senso va perciò riscritto il predetto comma 8;
h) si ritiene necessario aggiungere, in fine dell'articolo 8, un comma relativo alle modalità di presentazione pubblica del giudizio della commissione;
i) in merito all'articolo 9, non risulta che la norma transitoria di cui al comma 2 sia sostenuta da apposita disposizione nella legge n. 240 del 2010; data la ragionevolezza di tale previsione si richiede una urgente integrazione legislativa (continua);

Camera - Commissione cultura 14 luglio 2011-07-16

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione (Cultura, scienza ed istruzione), esaminato lo schema di decreto legislativo recante il regolamento per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

.....
....
esprime PARERE FAVOREVOLE con le seguenti condizioni:
1. con riguardo all'articolo 3, comma 2, venga definito in maniera univoca già nel regolamento il termine di trenta giorni per la presentazione delle domande, facendo, inoltre, riferimento, quale dies a quo, esclusivamente alla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
2. con riguardo all'articolo 4, nella definizione dei criteri e dei parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare si tenga presente la specificità delle aree, di modo che i parametri anche quantitativi indicati non inficino la natura eminentemente qualitativa propria di ogni valutazione efficiente;
3. con riguardo all'articolo 6, si preveda un primo sorteggio nell'ambito del macrosettore, volto a integrare la lista dei professori del settore concorsuale fino a raggiungere il numero di 8, e che il sorteggio dei commissari si effettui nell'ambito della lista così integrata; 4. con riguardo all'articolo 6, comma 5, venga previsto che anche l'accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari provenienti da atenei italiani sia effettuata dall'ANVUR;
5. con riguardo all'articolo 6, comma 11, va confermata la previsione di esenzione solo parziale dalla attività didattica, a domanda, per i commissari in servizio presso atenei italiani, dovendo comunque essere assicurato lo svolgimento delle sessioni di esame;
6. con riguardo all'articolo 7, comma 1, lettera b), venga soppressa la previsione secondo cui, in caso di omonimia, l'ordine di priorità è definito sulla base della data di nascita;
7. con riguardo alla formazione di ciascuna commissione, si preveda il sorteggio anche di membri supplenti, per il caso di dimissioni o di impossibilità a seguire i lavori da parte dei membri effettivi;
8. con riguardo all'articolo 8, ove è previsto che le commissioni sono tenute a concludere i propri lavori entro 5 mesi dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande dei candidati, venga rispettato il dettato dell'articolo 16, comma 3, lett. e), della legge n. 240 del 2010, che dispone che i 5 mesi decorrono dall'indizione della procedura;
9. si precisi, con riguardo all'articolo 8, comma 3, che i pareri pro-veritate possono essere richiesti solo dalla maggioranza della Commissione;
10. si abroghi il comma 5 dell'articolo 1 della legge n. 230 del 2005, che aveva conferito una delega al Governo nella stessa materia, da esercitare entro 6 mesi dalla data della sua entrata in vigore;
11. si proceda alla necessaria garanzia, ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettera e), della legge n. 240 del 2010, della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle commissioni, al fine di assicurare la massima trasparenza dei lavori delle commissioni; e con le seguenti osservazioni:
  a) con riguardo all'articolo 3, comma 5, si valuti l'opportunità di prevedere che titoli e pubblicazioni scientifiche, editi prima della data di entrata in vigore del decreto, possano essere presentati al Ministero per via cartacea ovvero per via telematica, e di prevedere che possano essere presentate esclusivamente per via telematica soltanto le pubblicazioni aventi data posteriore all'entrata in vigore del decreto;
   b) all'articolo 6, comma 9, si valuti l'opportunità di sostituire le parole "La formazione della lista di cui al comma 2" con le parole "Il sorteggio nell'ambito dei componenti della lista di cui al comma 2", nonché l'opportunità di spostare il comma in questione nell'ambito dell'articolo 7, dedicato alle operazioni di sorteggio;
   c) all'articolo 8, comma 1, terzo periodo, si valuti l'opportunità di sopprimere le parole "per almeno sette giorni prima della successiva riunione della commissione";
  d) con riguardo all'articolo 9, comma 2, si valuti l'opportunità di specificare che, ai fini delle procedure di formazione delle commissioni, resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 12, della legge 4 novembre 2005, n. 230, includendo tra i soggetti in possesso di idoneità anche coloro i quali, ai sensi di tale legge, abbiano prestato servizio in qualità di professori ordinari di ruolo;
  e) si valuti l'opportunità di prevedere una rigorosa applicazione della disciplina in materia di incompatibilità e conflitto di interessi tra commissari e candidati a normativa vigente, in quanto applicabile;
  f) si valuti l'opportunità di attivare al più presto l'Anagrafe dei professori e dei ricercatori, affinché possa essere utilizzata in sede di valutazione per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari. (FINE DEL PARERE)

j) ai commi 2 e 3 dell'articolo 9, si richiede di precisare i termini temporali di validità delle deroghe disposte.

La Commissione esprime altresì le seguenti osservazioni:

1) nel preambolo, appare opportuna l'espunzione del riferimento ai pareri della CRUI e del CUN, poiché tali pareri non sono previsti nella procedura per l'approvazione ed emanazione del regolamento in esame;
2) con riferimento all'articolo 2, che definisce l'oggetto del regolamento, se ne ritiene opportuno il mantenimento per finalità sistematiche e di chiarezza interpretativa;
3) con riferimento al decreto del Ministro per la definizione dei criteri e parametri per la valutazione dei candidati, di cui al comma 1 dell'articolo 4 - che dà attuazione all'articolo 16, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010 - si ritiene che la sua natura (non regolamentare, come dichiarato nella relazione illustrativa, o invece regolamentare, come ritenuto dal Consiglio di Stato), dipenda dal contenuto del decreto stesso. Il punto merita la massima attenzione, per le ovvie implicazioni in possibili controversie. Comunque sia, si postula la tempestiva emanazione di questo decreto, poiché da esso dipende l'intero processo di istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale, di cui è ben nota l'urgenza;
4) particolare delicatezza rivestono le modalità di accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari, di cui allo stesso comma 1 dell'articolo 4; la legge n. 240 del 2010 prescrive all'articolo 16, comma 3, lettera h), che i professori di prima fascia che aspirano ad essere inseriti nella commissione di abilitazione di un dato settore concorsuale: a) appartengano allo stesso settore concorsuale; b) abbiano presentato domanda per essere inclusi nella commissione; c) abbiano reso pubblico per via telematica il proprio curriculum, evidenziando le attività svolte nell'ultimo quinquennio; d) siano in possesso di un curriculum coerente con i criteri e parametri di cui al decreto ministeriale citato all'osservazione di cui al punto 3); e) siano stati valutati positivamente dalla propria università in merito all'attività didattica, all'attività di servizio agli studenti e all'attività di ricerca, secondo quanto previsto dall'articolo 6, comma 7, della legge n. 240 del 2010. L'accertamento della sussistenza delle condizioni a), b), c) ed e) può certamente essere effettuata dagli uffici del Ministero, in quanto si tratta di mere verifiche di documenti; invece, per quanto riguarda la condizione d) è difficile in questa sede esprimere un parere, non essendo noti i contenuti del citato decreto ministeriale. In dipendenza di questi contenuti potrà darsi che la sussistenza della condizione d)sia accertabile da parte degli uffici del Ministero, oppure, al contrario, che sia per essa necessaria una valutazione da parte di organi collegiali ad hoc. In questo caso, dato che il citato decreto ministeriale distinguerà criteri e parametri per area disciplinare, una soluzione sarebbe quella di costituire 14 organi collegiali ad hoc, con competenza ciascuno in un'area disciplinare. Per la composizione di tali organi collegiali, se ritenuti necessari, il MIUR potrà riferirsi, ad esempio, ai panel di area disciplinare predisposti dall'ANVUR, eventualmente integrati mediante i professori ordinari del CUN. Peraltro, i professori ordinari che si candidano presentano tutte le garanzie appartenendo al settore concorsuale della commissione ed essendo stati valutati positivamente dalla propria università in ordine all'attività didattica, all'attività di servizio agli studenti e all'attività di ricerca. Su questo punto una modifica legislativa della legge n. 240 del 2010 potrebbe essere opportuna;
5) per quanto riguarda il comma 3 dell'articolo 8, si ritiene debbano essere specificate con maggior dettaglio le disposizioni in ordine all'acquisizione ed agli effetti dei pareri pro veritate; le commissioni dovrebbero assolutamente evitare di esternalizzare, con la richiesta di questi pareri, il proprio mandato decisionale (così come il giudice non rinuncia al proprio compito quando si avvale di periti). Su questo punto va tenuto presente che oltre la metà dei 370 settori scientifico-disciplinari ha un numero di ordinari inferiore a trenta. Per questi settori quindi non è garantita alcuna presenza nelle commissioni di esame per l'abilitazione. E' perciò presumibile che il ricorso ai pareri pro veritate sarà necessariamente assai frequente;
6) si ritiene opportuno integrare le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 8 con la previsione di sanzioni e/o revoca di mandato nel caso di colpevole mancata conclusione dei lavori della commissione entro i tempi previsti; appare infine superflua la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 9, poiché una norma di analogo contenuto è già prevista dall'articolo 29, comma 12, della legge n. 240 del 2010. Si condivide perciò la soppressione recata nell'allegato 3-b.

 


Notizie sull'avanzamento del Regolamento per l'abilitazione scientifica nazionale

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MariaStella Gelmini

 

Il Consiglio di Stato ha inviato al Miur
un secondo parere sul Regolamento, ma
questa volta, favorevole (?) al nuovo schema
.
Di sicuro si sa solo che il Miur ha inviato il Regolamento al
DAGL della Presidenza del Consiglio per l'inoltro alle
Camere, per il parere di conformità alla delega.

  Nota. Il Consiglio dei Ministri, già il 21 gennaio 2011, aveva predisposto lo Schema di Regolamento per l'abilitazione scientifica nazionale, attuativo dell’art. 16, co. 2, l. 30 dicembre 2010, n. 240, il quale dispone:
   “Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’art. 17, comma 2,della legge. 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro della Pubblica Amministrazione e l’innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione in conformità dei criteri di cui al comma 3”.
   Precisamente, il regolamento disciplina l’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e seconda fascia dei professori universitari, che costituisce requisito per la partecipazione ai procedimenti di chiamata di cui agli artt. 18 e 24, commi 5 e 6, legge n. 240 del 2010, di diretta competenza delle Università.
Il regolamento si compone di 9 articoli.

   Allo stato il Regolamento non è stato varato, per contrasti del Miur col Consiglio di Stato, che lo aveva ritenuto esorbitante la legge delega (precisamente, contro la legge vigente). Di conseguenza il Miur ha mandato un nuovo testo.
   Risulta che questo nuovo testo abbia avuti il parere favorevole del Consiglio di Stato. Ma non è finita. Esso dovrà passare per le Camere, per la verifica definitica della sua conformità alla legge delega.
  Un chiarimento: il decorso dei tre mesi, senza che l regolamento sia stato varato, non ha prodotto la caduta automatica delle delega specifica, in quanto (con i soliti "imbrogli" dei giuristi, di manzoniana memoria), il termine si intendeva
"ordinatorio", non "perentorio" (trattandosi di un regolamento, in luogo di un decreto legislativo, rispettivamente).
  Dunque, nel complesso, siamo a buon punto. Ci rimane da dire che se ognuno di noi dovesse vivere, non di pane, ma di burocrazua sarebbe già morto. Nino Luciani

 

.
Notizie di ritardi sui Decreti attuativi, del Governo,
della legge di riforma 240/2010

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MariaStella Gelmini

 

Interrogazione   dell'On. Ferdinando LATTERI *
al Ministro dell'Università M. GELMINI e Risposta

* F. Lattieri, Prof. Ordinario di chirurgia all'Università di Catania,
                 Deputato iscritto al Gruppo misto "MPA-SUD".

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Ferdinando Latteri

  Nota. Il 1° maggio scade il  termine utile (art. 76 Costituzione), entro il quale va fatto il regolamento dell'abilitazione scientifica nazionale, pena la decadenza della delega. (Per altri decreti, si vegga sotto: Latteri).
   Questo regolamento è, in qualche modo, il primo, essenziale, passaggio per rimettere in piedi il turnover (a parte, se l'Università sarà rifinanziata dal Governo), e dunque per salvare in extremis il sistema universitario, messo in sfacelo da questo Governo. Basti pensare che il rallentamento (e blocchi vari) del turnover ha impedito ai "maestri", prossimi alla pensione, di tramandare agli allievi (che via via sarebbero dovuti subentrare) il patrimonio scientifico accumulato negli anni (meglio dire nei secoli) e quindi parte di esso andrà perduto per sempre. Da non trascurare, poi, che una parte dei giovani (precari) ha cominiciato a lasciare l'università per cercare altri lavori. Questi giovani, che sono la "meglio gioventù" italiana, sono andati perduti per sempre per l'università.
  Ma torniamo al regolamento dell'abilitazione. Su questo la ministra non ha detto nulla. Il Consiglio di Stato ha sospeso il parere e chiesto chiarimenti al Governo, ritenendolo viziato da gravi motivi di incostituzionalità
.
  Per vedere il testo clicca su: parere. Pare che il Miur abbia già dato risposta correttiva, nel frattempo. Poi, ottenuto il via del Consiglio di Stato, il regolamento dovrà andare alle Camere per il parere di conformità alla legge delega.
   Non ci sono parole per commentare tanta leggerezza (meglio dire "incompetenza" ) ministeriale, a parte che la Ministra è avvocato di diritto amministrativo e dunque qualcosa dovrebbe sapere. Nino Luciani
Ferdinando LATTERI

INTERROGAZIONE E REPLICA
(13 aprile 2011)

"Premesso che ... :
- il 29 gennaio 2011 è entrata in vigore la legge di riforma universitaria n. 240 del 2010 (ma approvata dal Senato il 20 dic. 2010, NdR),... ;
- ... la piena attuazione della riforma deve attendere l'approvazione di circa 42 provvedimenti normativi di attuazione tra decreti legislativi, decreti ministeriali ed interministeriali e regolamenti;
- in particolare, il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
  a) valorizzazione della qualità e dell'efficienza delle università, attuata con l'introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche;

b) revisione della disciplina concernente la contabilità;
c) introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei,
d) revisione della legislazione di principio in materia di diritto allo studio con definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (lep) erogate dalle università statali. Di questi il Consiglio dei ministri ha approvato finora solo il regolamento per la nuova abilitazione scientifica nazionale (ma esso non può andare in Gazzetta Ufficiale, perchè manca il parere del Consiglio di Stato e il parere di conformità delle camere, N.d.R.);
-  intanto, in tutti gli atenei italiani è in corso, non senza difficoltà e resistenze, il processo di adeguamento degli statuti alle nuove disposizioni legislative, processo che la legge prevede debba esaurirsi entro il mese di luglio 2011;
-  la mancata approvazione dei suddetti decreti di attuazione rischia di innescare una serie di disfunzioni che riguardano molteplici aspetti della vita accademica e di produrre un blocco delle attività universitarie anche, e soprattutto, per l'assenza di linee-guida da seguire.

  Chiedo (N.d.R.) in che tempi il Ministro interrogato ritenga verrà esaurito l'iter di approvazione dei numerosi decreti previsti dalla legge, la cui ritardata attuazione si trasformerebbe, per le università italiane, in un ostacolo al funzionamento anche delle attività ordinarie (12 aprile 2011).

REPLICA
.......
Alcuni termini di attuazione sono già scaduti o stanno per scadere. Provo ad elencarne qualcuno. Sono già trascorsi i quarantacinque giorni previsti per il decreto di finanziamento della premialità per gli scatti di carriera. Sono già trascorsi i sessanta giorni previsti per la definizione dei nuovi settori dalla quale dipendono sia gli adempimenti concorsuali che l'organizzazione dipartimentale oltre che l'intero quadro delle relazioni tra scienza e prescrizioni accademiche. Sono già trascorsi i sessanta giorni previsti dall'istituzione del comitato di valutazione dei progetti di ricerca anche di area medica e stanno per trascorrere i novanta giorni previsti per 'emanazione dei regolamenti di abilitazione. Non è stato ancora emanato il decreto di accreditamento dei dottorati di ricerca con grave danno per l'avvio dei nuovi cicli di dottorato. Non si conosce ancora la posizione interpretativa sul sistema delle aggregazioni dipartimentali e sul rispetto dell'indirizzo derivante dall'articolo 1 della legge riguardante la migliore combinazione possibile tra didattica e ricerca nella riorganizzazione dell'università."

MariaStella Gelmini

Nota. La risposta, qui sotto riportata, è stata tagliata nei i punti di enfasi del discorso, che non hanno a che fare con la risposta. Per il testo completo, clicca (p. 60) su: http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/sed463/SINTERO.pdf

RISPOSTA
...
  "L'approvazione della riforma è avvenuta il 23 dicembre ed è entrata in vigore il 29 gennaio 2011, quindi meno di tre mesi fa.
   Da parte nostra vi è la massima disponibilità ad adempiere a tutti i provvedimenti previsti per favorire e completare l'attuazione della riforma entro sei mesi dall'entrata in vigore (quindi dal 29 gennaio 2011).
  Perché questa fretta? Perché la riforma dell'università, ...., ha apportato modifiche per quanto riguarda:
-  il reclutamento del personale (quindi con la volontà di garantire trasparenza e merito nel reclutamento dei ricercatori e dei professori),
-  l'introduzione di una maggiore responsabilità legata all'autonomia per quanto riguarda la gestione,
- il sistema di valutazione (perché anche in materia la riforma innova notevolmente).

   Ebbene questi cambiamenti, queste innovazioni andranno evidentemente verificati nella loro efficacia concreta, ma riteniamo che siano modifiche importanti urgenti, quindi devono poter essere attuate il prima possibile. Quindi noi pensiamo - entro sei mesi dall'entrata in vigore - di poter completare la definizione dei provvedimenti attuativi.
  In particolare, ho già firmato alcuni provvedimenti. Mi riferisco:
- al provvedimento riguardante l'importo minimo degli assegni di ricerca,
-  la definizione dei criteri di attivazione delle convenzioni per le attività di didattica e di ricerca dei professori e dei ricercatori,
-  i criteri per la mobilità interregionale dei professori di corsi e sedi soppresse,
- la definizione dei settori concorsuali, della corrispondenza per la chiamata di studiosi impegnati all'estero,
- il trattamento economico del direttore generale.

  Sono altresì definiti gli schemi di due decreti legislativi, nonostante il termine fosse di 12 mesi dall'entrata in vigore (ma sono già stati sostanzialmente definiti), da sottoporre al Consiglio dei ministri e riguardano la contabilità economico-patrimoniale dell'università e i presupposti per la dichiarazione di dissesto finanziario delle università stesse. Tutti gli altri provvedimenti sono in fase di lavorazione e, tra questi, cinque sono in fase di ultimazione.

   Per soli quattro provvedimenti vi è una sospensione legata alla necessità dell'entrata in vigore dell'ANVUR e quindi al parere che la suddetta agenzia deve esprimere ma riteniamo di poter rispettare i tempi e, quindi, entro sei mesi, di poter attuare la riforma dell'università."

Numero 01180/2011 e data 22/03/2011 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 25 febbraio 2011
NUMERO AFFARE 00670/2011

OGGETTO: Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca. Schema di regolamento relativo alla disciplina delle modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 158/1.4.4/2011/U.R. del 1° febbraio 2011, trasmessa con nota U.R./157/1.4.4/2011 avente pari data, con la quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto.
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, Consigliere Damiano Nocilla;

Premesso:

   Riferisce l’Amministrazione che lo schema di regolamento in oggetto è attuativo dell’art. 16, co. 2, l. 30 dicembre 2010, n. 240, il quale dispone: “Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’art. 17, comma 2,della legge. 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro della Pubblica Amministrazione e l’innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione in conformità dei criteri di cui al comma 3”.
Il regolamento disciplina l’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e seconda fascia dei professori universitari, che costituisce requisito per la partecipazione ai procedimenti di chiamata di cui agli artt. 18 e 24, commi 5 e 6, legge n. 240 del 2010, di diretta competenza delle Università.
Il regolamento si compone di 9 articoli.
L’art. 1 contiene le definizioni maggiormente rilevanti.
L’art. 2 precisa quanto già disposto dalla legge al suddetto art. 16, e riguarda le procedure per il conseguimento dell’abilitazione, definita come la qualificazione scientifica necessaria per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari.
L’art. 3 disciplina i tempi e le modalità di indizione delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione, prevedendo che le stesse siano indette con cadenza annuale per ciascun settore concorsuale, e distintamente per la prima e la seconda fascia dei professori universitari, nel mese di ottobre. L’articolo precisa che la durata dell’abilitazione è di quattro anni, mentre si prevede che il mancato conseguimento della stessa preclude la partecipazione a tutte le procedure di abilitazione indette nel biennio successivo per la medesima fascia oppure per la fascia superiore.
L’art. 4 è dedicato alla definizione dei criteri e dei parametri di valutazione che saranno adottati dalle commissioni nazionali per la valutazione dei candidati nelle diverse procedure di abilitazione, definizione rimessa, come previsto dalla legge di riforma (art. 16, comma 3, lett. a) e b) ), ad un apposito decreto del Ministro, il quale potrà altresì prevedere un numero massimo, anche differenziato per fascia e per area disciplinare, e comunque non inferiore a dodici, di pubblicazioni scientifiche da presentare ai fini del conseguimento dell’abilitazione.
Il medesimo articolo prevede una verifica quinquennale dell’adeguatezza e della congruità dei criteri in parola, sulla base dei pareri espressi dal CUN e dall’ANVUR, e l’eventuale revisione degli stessi, anche in considerazione della valutazione delle politiche di reclutamento previste dall’art. 5, comma 5, della legge di riforma.
L’art. 5 disciplina le sedi delle procedure di abilitazione.
Gli artt. 6 e 7 sono dedicati alla formazione delle commissioni, il cui procedimento è avviato con apposito decreto direttoriale, ogni due anni, nel mese di maggio. Le commissioni infatti avranno una durata biennale.
L’art. 6 disciplina nel dettaglio le modalità di presentazione delle candidature da parte degli aspiranti commissari “nazionali”.
Per quanto riguarda il commissario in servizio all’estero, che, come detto, è sorteggiato all’interno di una lista predisposta dall’ANVUR, l’art. 6 precisa che sarà quest’ultima Agenzia a dover far rispettare le condizioni di incompatibilità (i commissari non possono far parte contemporaneamente di più di una commissione e, per tre anni dalla conclusione del mandato, di commissioni per il conferimento dell’abilitazione relativa a qualunque settore concorsuale), le tabelle di corrispondenza definite a livello ministeriale, sentito il CUN, nonché il rispetto dei criteri di qualificazione scientifica.
L’articolo 6, inoltre, prevede alcune diposizioni riguardanti tutti i commissari.
L’art. 7 è dedicato, specificatamente, alle operazioni di sorteggio, che devono avvenire tramite procedure informatizzate preventivamente validate da un apposito Comitato tecnico composto da non più di cinque membri e nominato con decreto del Ministro. La disposizione prevista dal comma 2 intende assicurare il rispetto del vincolo legislativo ripreso dall’art. 6, comma 9, del regolamento (presenza, in ciascuna commissione, di almeno un componente per ciascun settore scientifico-disciplinare, ricompreso nel settore concorsuale, al quale afferiscono almeno trenta professori ordinari). Il comma 8 prevede che, nell’ipotesi in cui un commissario cessi dal servizio durante lo svolgimento dell’incarico, sia dichiarato decaduto con decreto del competente Direttore Generale, dovendosi procedere, pertanto, ad applicare la disciplina sulla sostituzione dei commissari.
L’art. 8 è dedicato ai lavori di ciascuna commissione. Si prevede che, una volta insediatasi presso l’Università in cui si espletano le procedure di abilitazione, la Commissione elegga tra i propri componenti il presidente ed il segretario. Nella prima riunione la commissione definirà altresì le modalità organizzative per l’espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per fascia.
Espletati tali adempimenti, ciascuna Commissione accede per via telematica, mediante appositi codici di accesso forniti a ciascun commissario dal Ministero, alla lista delle domande, all’elenco dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche nonché alla relativa documentazione, presentati dai candidati.
Nel corso dei suoi lavori ciascuna Commissione può avvalersi della facoltà, prevista dall’art. 16, comma 3, lettera i), della legge.
Ciascuna Commissione, deliberando a maggioranza dei quattro quinti dei propri componenti, attribuisce l’abilitazione con motivato giudizio espresso sulla base di criteri e parametri definiti con il decreto ministeriale di cui all’art. 4, comma 1, e fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche presentati da ciascun candidato, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte. La Commissione deve avvalersi di strumenti telematici di lavoro collegiale; inoltre devono essere redatti i verbali contenenti tutti gli atti e, in particolare, i giudizi individuali e collegiali espressi su ciascun candidato, e la relazione riassuntiva dei lavori svolti. Entro 15 giorni dalla conclusione dei lavori, i verbali redatti e sottoscritti dalla Commissione sono trasmessi tramite procedura informatizzata al Ministero.
Le Commissioni sono comunque tenute a concludere i propri lavori entro cinque mesi dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande dei candidati. In conclusione, l’art. 8 consente che i giudizi individuali espressi dal commissario in servizio all’estero ed i menzionati pareri pro veritate possono essere resi anche in una lingua comunitaria diversa dall’italiano.
L’ultimo articolo del regolamento, l’art. 9, prevede alcune disposizioni transitorie, particolarmente importanti per la prima applicazione del testo normativo: anzitutto, termini diversi per l’avvio delle procedure; indi una deroga ai requisiti per la candidatura a componente delle Commissioni, consentendosi l’assenza della positiva valutazione di cui all’art. 16, comma 3, lett. h); la composizione della Commissione secondo le modalità previste per i commissari nazionali per l’ipotesi in cui l’ANVUR non abbia provveduto in tempo utile a formare la lista. Infine si ribadisce l’abrogazione, già prevista dalla legge di riforma, del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164.
Considerato:
In via preliminare la Sezione rileva che agli atti del fascicolo manca il concerto del Ministro della Pubblica Amministrazione e l’innovazione, e che il concerto del Ministro dell’Economia e delle Finanze non può essere costituito dalla nota dell’Ufficio del Coordinamento legislativo del Ministero, con cui ci si limita a trasmettere il nulla-osta all’ulteriore corso del provvedimento della Ragioneria generale dello Stato. Del resto – come più volte sottolineato dalla Sezione – il concerto non può essere sostituito dalla mera approvazione della proposta in Consiglio dei Ministri.
Inoltre il preambolo fa riferimento ai pareri del CRUI e del CUN, pareri che non sembrano essere stati previsti nelle procedure per l’approvazione e l’emanazione del regolamento in oggetto. Tuttavia sembra opportuno che l’Amministrazione faccia pervenire copia dei due suddetti pareri.
Sulla disciplina in esame e sulle singole disposizioni, la Sezione formula i rilievi che seguono.
L’art. 2 risulta superfluo in quanto si limita a definire l’oggetto del regolamento, sul quale si chiede il parere, oggetto che si trova già compiutamente delineato nelle disposizioni dei commi 1 e 2 dell’art. 16 della l. n. 240 del 2010.
Non sembra appagante la formulazione del co. 4 dell’art. 3, che si propone di attuare quanto disposto dall’art. 16, co. 3 lett. m), l. n. 240 del 2010. Quest’ultimo prevede “la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l’attribuzione della stessa o per l’attribuzione dell’abilitazione alla funzione superiore”. Tale dizione non sembra autorizzare ad estendere la preclusione, come delineata dal suddetto co. 4, a “tutte” le procedure di abilitazione, anche se riguardanti un diverso settore concorsuale. Ben può accadere infatti che un candidato risulti soccombente in una procedura di abilitazione in quanto la sua pur apprezzabile produzione scientifica risulti estranea (o non perfettamente attinente) al settore concorsuale per il quale si è presentato. Non sembra dunque conforme all’interesse pubblico escludere candidati dal partecipare ad altra e diversa procedura di abilitazione rispetto alla quale la produzione scientifica risulti congruente ed apprezzabile.
Su tale questione, dovrà altresì il Ministero valutare l’ipotesi che, nel corso del biennio di preclusione, sopravvenga nuova produzione scientifica tale da superare la precedente valutazione non favorevole.
Quanto, poi, al co. 5 del medesimo articolo, occorrerebbe specificare che l’uso dell’informatica si limita alla presentazione delle domande e del mero elenco dei titoli, in quanto la trasmissione per via informatica dei titoli stessi può diventare troppo onerosa e richiedere tempi di confezione e lettura più lunghi di quelli richiesti allorchè i titoli vengono trasmessi in formato cartaceo, non trattandosi, nel caso di specie, di mere certificazioni, sibbene di opere a stampa spesso assai voluminose.
Quanto all’art. 4 deve rilevarsi che se, da un lato, è vero che l’art. 16, co. 3 lett. a), dispone che criteri e parametri, sulla base dei quali deve essere espresso il motivato giudizio delle Commissioni sui singoli candidati all’abilitazione, siano “definiti con decreto del Ministro”, è altrettanto vero che: a) tale decreto non può essere definito, come fa la relazione di accompagnamento alla bozza di regolamento in esame (quest’ultimo, per altro, correttamente nulla dice in proposito) come “atto avente natura non regolamentare”; b) la definizione di tali criteri e parametri, in quanto differenziati per funzione ed area disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità tecnica, che non può prescindere dal fatto che in quel procedimento intervengano specifici organi di consulenza tecnica in grado di esprimersi sui singoli settori concorsuali come, ad es., il CUN; c) vi è un’incongruenza tra il fatto che il decreto, avente validità quinquennale, sia adottato ed eventualmente corretto ad opera del solo Ministro, mentre la verifica quinquennale di adeguatezza e congruità dei criteri e parametri debba avvenire sentiti il CUN e l’ANVUR, quando cioè gli effetti di un decreto (in ipotesi) inadeguato si saranno ormai ampiamente dispiegati.
Sull’art. 5 va osservato: a) che appare poco chiara l’attribuzione al solo Ministro del potere di formare l’elenco delle Università aventi strutture idonee, senza una predeterminazione di criteri cui dover attenersi (salvo la proposta del CRUI); b) che l’ultimo periodo del comma 1 appare incoerente con quanto dispone il co. 1 dell’art. 3, che sembra prevedere indizioni distinte per settore concorsuale e per fascia, onde ciascuna indizione dovrebbe indicare la sede universitaria prescelta, mentre la disposizione parla di inclusione dell’elenco delle sedi nel decreto di cui al co. 1 dell’art. 3; c) che nulla viene detto sulle procedure di sorteggio per la scelta della sede per ciascun settore concorsuale; d) che la scelta della sede, sempre nell’ambito di un elenco di Università aventi strutture idonee, potrebbe essere lasciata alla Commissione, visto che ragioni di economicità e speditezza potrebbero indurre ad evitare la scelta a priori di una sede, che potrebbe costringere, poi, i commissari a defatiganti spostamenti; e) tra le forme di pubblicità, che dovrebbe curare l’Università, vi sono anche quelle riguardanti atti, che precedono addirittura la scelta ministeriale della sede.
All’art. 6, co. 4, il regolamento in oggetto interpreta l’espressione della l. n. 240 del 2010, all’art. 16, co. 3 lett. h), che condiziona l’inserimento nella lista dei professori sorteggiandi per la formazione delle Commissioni per l’abilitazione al possesso di un curriculum “coerente con i criteri e i parametri, di cui alla lett. a)….[si tratta dei criteri e parametri differenziati per funzione e area disciplinare, definiti con decreto del Ministro per la formazione di un determinato giudizio per l’abilitazione dei candidati] riferiti alla fascia e al settore di appartenenza”, come se dicesse “Gli aspiranti commissari devono rispettare criteri e parametri di qualificazione scientifica, stabiliti dal decreto di cui all’art. 4, co. 1, coerenti con quelli richiesti, ai sensi del medesimo decreto, ai candidati all’abilitazione per la prima fascia nel settore concorsuale per il quale è stata presentata domanda”. A parte il rilievo che nulla si dice in ordine al controllo di tale coerenza (salvo demandare la definizione ad un decreto che si pretenderebbe non avere natura regolamentare), va rilevato come la disposizione confermi la sostanziale necessità di correttivi all’art. 4. Infatti la conseguenza sarebbe che il Decreto ministeriale previsto in quella disposizione non soltanto potrebbe essere determinante per quanto attiene alla valutazione degli abilitandi, ma finirebbe per influire in modo assai pesante sulle formazione della lista, dalla quale trarre per estrazione coloro che diverranno Commissari. Quanto tutto ciò sia compatibile con i princìpi di cui all’art. 33 Cost., andrebbe valutato con estrema attenzione.
In ordine al co. 7 va osservato che la disposizione nulla dice sul possesso da parte del membro straniero della Commissione dei medesimi requisiti di operosità e di conformità ai parametri previsti dal co. 4 del medesimo art. 6, e che non sono fissate garanzie finalizzate a che la scelta dei professori stranieri sorteggiandi da parte dell’ANVUR, la cui composizione non assicura al proprio interno la presenza di competenze proprie almeno di tutti i macrosettori concorsuali, sia ispirata da criteri esclusivamente tecnico professionali; e ciò è tanto più vero, ove si consideri che – come risulta anche con chiarezza dal successivo comma 9 – intento generale della legge n. 240 e del regolamento in esame è quello di assicurare la formazione di Commissioni i cui componenti abbiano competenza specifica nel settore disciplinare.

La previsione del primo periodo del co. 8 contrasta con il principio di cui alla lett. g) del co. 3 dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010. Analogamente al co. 9 andrebbe aggiunto, dopo la parola “assicurare” l’espressione “per quanto possibile”, altrimenti si determinerebbe un contrasto con la disposizione del co. 2, u. p., dell’art. 7.
Sul co. 11 va sottolineato come la sua formulazione porta alla conseguenza che gli studenti sarebbero esaminati dal docente che non ha tenuto il corso.
Per quanto riguarda l’art. 7, co. 1, lett. b), va specificato se nella collocazione preceda il più giovane d’età o non piuttosto il più anziano (il numero d’ordine attribuito assume importanza ai fini del sorteggio), mentre l’ultimo periodo del co. 2 va meglio coordinato con il co. 9 dell’art. 6, come testè sottolineato a proposito di quest’ultima disposizione. Quanto, poi, al principio, di cui all’ultimo periodo del comma 5, sembra opportuno considerare se sia possibile applicare la salvezza degli atti a quegli atti che sono espressione del giudizio tecnico-discrezionale individuale del componente della Commissione, che sia stato sostituito: si consideri il caso di un giudizio individuale positivo di un candidato, che non sia affatto condiviso dal commissario subentrante, oppure dell’attribuzione dell’idoneità ad un candidato per nulla condivisa dal commissario subentrante, che sia però chiamato a firmare il relativo verbale.
Infine relativamente al comma 8 la Sezione osserva che la legge n. 240 non sembra stabilire il requisito della permanenza in servizio dei commissari per la partecipazione alle Commissioni di abilitazione, sulla base del più generale principio che la qualifica di professore ordinario è requisito per la nomina e deve sussistere al momento in cui si procede a quest’ultima. Del resto non si comprende perché la sussistenza di tale requisito non debba essere verificata anche per il componente straniero, per il quale tale verifica comporterebbe problemi di non facile soluzione e soprattutto una diffusa conflittualità basata sull’interpretazione e comparazione di ordinamenti spesso difficilmente assimilabili tra loro.
Quanto stabilito dal co. 2, secondo periodo, dell’art. 8 non sembra in armonia con il principio di trasparenza dei lavori della Commissione. Del resto, sembra essere diritto di ciascun partecipe all’esame di abilitazione conoscere chi siano e quali titoli vantino gli altri candidati oppure il tenore dei pareri pro-veritate espressi sulla propria attività scientifica e didattica. A quest’ultimo proposito sarebbe opportuno che tali pareri pro-veritate entrassero a far parte dei verbali della Commissione di cui al comma 7. Inoltre andrebbero specificate con maggior dettaglio (modalità e forma della proposta, maggioranza per la deliberazione, eventuali espressioni di dissenso dal parere etc.) le disposizioni in ordine all’acquisizione ed agli effetti dei pareri pro-veritate.
Infine, per quanto attiene all’art. 9, ci si deve domandare se l’eccezione prevista, in prima applicazione, al co. 2 valga anche per la conformità dei curricula degli aspiranti commissari ai criteri e parametri fissati dal decreto ministeriale di cui all’art. 4. Superflua appare la disposizione di cui al co. 4, essendo la stessa già contenuta nell’art. 29, co. 12, della l. n. 240 del 2010.
Su tutte le questioni poste con il presente parere vorrà l’Amministrazione fornire gli opportuni chiarimenti.

P.Q.M.

Riservata ogni pronuncia, sospende l’espressione del parere in attesa che l’Amministrazione proceda agli adempimenti di cui in motivazione.

 


In attesa Decreto attuativo del Governo per abilitazione scientifica nazionale

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L'Ateneo di Bologna riconosce la funzione docente simbolica
ai  Ricercatori a tempo indeterminato

e attribuisce, in aggiunta alla retribuzione ordinaria,
un compenso annuo di € 1.200 per ogni insegnamento

NOTA. La legge Gelmini, essendo una legge di   "Delega al Governo", avrà effetti solo dopo un lungo elenco di Decreti attuativi del governo. Di questi, il primo dovrà essere quello attuativo della abilitazione scientifica nazionale, presupposto essenziale per lo sblocco dei concorsi.
   Ma sono passati già tre mesi (la legge è stata approvata il 20 dic. 2010 e ancora non si vede il più urgente dei Decreti, quello sulla abilitazione.
   Risulta che il Governo abbia approvato uno schema di regolamento, adesso al vaglio del Consiglio di Stato, e che di settimana in settimana si dice che sta per tornare al Governo, per il varo.
   Intanto, nelle università la situazione è drammatica, e si cerca in qualche modo di fare qualcosa.
   Guadagna, così il ruolo di notizia, la decisione dell'Università di Bologna di riconoscere ai Ricercatori a tempo indeterminato, la funzione docente "simbolica", sotto forma di pagamento di un compenso annuo lordo di € 1200, sono meno di € 100 netti mensili.
   Il suo rilievo sta nel fatto che la notizia si trova collegata al fatto che, da un anno, vede il rifiuto dei Ricercatori di fare insegnamenti, sia perchè non dovuti in base allo stato giuridico, sia perchè non retribuiti, sia perchè a loro non è riconosciuta dalla legge la funzione docente.
   La situazione, che ne è conseguita, è stata di carenza della didattica negli Atenei. E, dunque, questa decisione va nel segno di ricostiture il buon funzionamento dell'Ateneo Bologna.
   Al tempo stesso sarebbe errato sopravvalutarlo e, soprattutto sarebbe errato dimenticare la situazione gravissima degli Atenei in Italia.
   Da ogni dove giunge la notizia della "disperazione" in cui i ricercatori si trovano a lavorare: mancanza di attrezzature, mancanza di materiale intermedio, mancanza di carta per stampare i risultati della ricerca.
  C'è, poi, la "disperazione" dei ricercatori "non strutturati": non sapere cosa sarà di loro tra qualche mese.
  E c'è la disperazione dei professori ordinari e associati, che stanno per andare in quiescenza senza avere un successore, a cui affidare la continuità delle scuole. Per mancanza di successori in continuo, un patrimonio scientifico incalcolabile, accumulato nella successione delle generazioni, andrà perduto per sempre.
   Perchè i governi non si accorgono del danno che stanno arrecando all'Italia ?
   Dove vanno i soldi non dati all'università. Forse in Iraq, forse in Afghanistan, forse in lavori pubblici (al ponte di Messina , al Mosè di Venezia, peraltro molto necessario) ?
   Tremonti o Berlusconi dovrebbero avere la serietà di dire dove vanno i soldi. Che vadano da qualche parte (e quindi non sia una questione di mancanza di soldi) siamo sicuri perchè, guardando il bilancio dello Stato, si trova che di anno in anno la spesa totale non scende. E anche quest'anno non è scesa.

Riprendiamo da un COMUNICATO di UniboMagazine

Ricercatori a tempo indeterminato. L’Università di Bologna ha stanziato, attingendo dal proprio fondo di riserva 2011, quasi 1,5 milioni di euro per retribuire l’attività didattica dei ricercatori a tempo indeterminato entro le 60 ore. Sulla base di una stima effettuata, questo provvedimento - approvato questa mattina dal Consiglio di amministrazione - coinvolgerà circa 1230 ricercatori a tempo indeterminato, che riceveranno un compenso massimo di 1200 euro lordi per ogni insegnamento.

"Un importante risultato – commenta il prorettore alla Ricerca Dario Braga - che dimostra la correttezza dell’idea del ‘tavolo tecnico’ del Rettore e dei Prorettori con i ricercatori. Il ruolo docente dei ricercatori a tempo indeterminato viene così riconosciuto, affermando il principio che l’insegnamento non deve essere ‘volontariato’, ma un compito istituzionale riconosciuto e retribuito. I ricercatori a tempo indeterminato, ora in ruolo ad esaurimento, sono infatti tenuti comunque a svolgere un massimo di 350 ore all’anno di didattica integrativa".

Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre modificato il regolamento per i ricercatori a tempo determinato e gli assegnisti di ricerca.

Regolamento per i ricercatori a tempo determinato. La legge 240/10 prevede che i ricercatori siano assunti a tempo determinato secondo due modalità distinte: ricercatori junior (che la 240/10 identifica come di "tipo a") per i quali è previsto un contratto triennale rinnovabile una sola volta e per un massimo di due anni e ricercatori senior (di "tipo b") per i quali è previsto un contratto di tre anni non rinnovabile in percorso di "tenure track". Quest’ultimo percorso richiede una copertura finanziaria e la possibilità di assunzione diretta nel ruolo di associato, in caso di superamento dell’idoneità nazionale. Stesso diritto è dato, per i prossimi sei anni, agli attuali ricercatori a tempo indeterminato. I ricercatori senior saranno tenuto a svolgere un corso di insegnamento di 60 ore nell’ambito delle 350 ore di attività didattica prevista dalla 240/10.

Regolamento per gli assegni di ricerca. La legge 240/10 richiede di modificare il regolamento per l'attribuzione degli assegni di ricerca, per i quali sono previste modalità di accesso e durata diversa dalla normativa precedente. Il nuovo regolamento di Ateneo è improntato alla massima flessibilità consentita dalla normativa, prevedendo sia il regime del rinnovo sia quello della proroga (molto utile per coprire eventuali "gap" tra un contratto di assegno di ricerca ed eventuali posizioni di ricercatore), e prevedendo requisiti di accesso, modalità di selezione, fonti di finanziamento sia su bilancio d'Ateneo sia su fondi esterni, e corrispettivi salariali in funzione delle esigenze dei dipartimenti e dei centri di ricerca interdipartimentali. 

 


EDIZIONI PRECEDENTI


Legge Gelmini in controluce. Anche confronto
con il DPR 382/80 e pensieri per l'avvenire

 

                            

Gianni Porzi*, Sulla legge 240/2010

                                         

   * Università di Bologna

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Gianni Porzi

Una riflessione sulla Riforma Universitaria

         Ho sentito definire la Riforma Universitaria, recentemente varata, “epocale”, ovviamente in senso positivo. Non sono d’accordo perché, volendo usare tale aggettivo, questo è, a mio avviso, più appropriato per la Legge di Riforma dell’Università del 1980, cioè il DPR 382, che ritengo avesse tutti i caratteri dell’innovazione e che, con alcuni ritocchi, al testo originale, sarebbe ancora oggi valida.
      Quella Legge fu varata con grande difficoltà per la resistenza di un gruppo di parlamentari attaccati al passato e che, pur essendo stati sconfitti in quell’occasione, negli anni successivi, con interventi legislativi mirati, riuscirono a snaturare alcuni aspetti importanti e innovativi della “382”.
     Ai più giovani vorrei ricordare che a tale Legge mise mano il Sen. Prof. Spadolini, profondo conoscitore del mondo universitario, uomo di notevole cultura, politico di alto profilo e, cosa molto importante, persona che aveva un profondo senso delle Istituzioni e della democrazia.
    Purtroppo, Politici di tale spessore sono sempre più rari. Nonostante la recente Legge contenga, senza dubbio, spunti interessanti e apprezzabili, non ritengo tuttavia che possa essere definita “epocale” se non altro perché in alcuni aspetti mi richiama alla mente l’Università ante 1980. Infatti, per quanto riguarda ad esempio il Personale Docente, i prof. di II fascia sono abbastanza simili agli Assistenti ordinari con incarico di insegnamento e i Ricercatori a tempo determinato assomigliano ai Borsisti dell’epoca.
    E anche l’idoneità nazionale a Professore è analoga alla Libera docenza (soppressa dalla “382”). Prima di entrare nel merito di alcuni aspetti della Legge che non condivido, vorrei stigmatizzare l’azione martellante dei media volta a mettere in cattiva luce il mondo universitario quasi a voler giustificare la necessità di una riforma. E a fronte di ciò, sconcertante è stato il silenzio della CRUI che ha dimostrato così di condividere il progetto di riforma. E’ vero che vi è stata una proliferazione dei Corsi di Laurea, a volte indiscriminata, dovuta forse più a “interessi di bottega” che a seri motivi culturali o a reali esigenze degli studenti e/o del mondo del lavoro: è stato indubbiamente un esempio di cattivo uso dell’autonomia.
    Tuttavia, a coloro che hanno criticato (raramente in modo obiettivo e spesso strumentalmente) l’attuale sistema universitario va ricordato che se si considera la produzione scientifica in rapporto al numero di Professori e Ricercatori, l’Italia si pone al 4° posto in Europa. Le citazioni dei lavori scientifici degli italiani sulle principali riviste internazionali sono più numerose rispetto, ad esempio, ai colleghi francesi sebbene il numero di Professori e di Ricercatori italiani è inferiore alla media OCSE, come pure l’entità dei finanziamenti statali in rapporto al PIL.
   E’ vero che il distacco da certi Atenei Inglesi e Americani è notevole, ma è anche vero che questi dispongono di maggiori risorse e si avvantaggiano anche del fatto che in campo scientifico la lingua ufficiale è l’inglese. Non è  quindi corretto affermare che le nostre Università hanno piazzamenti deludenti in tutte le classifiche internazionali perché sono invece ben posizionate quando, ad esempio, il parametro di valutazione prevalente è la qualità della ricerca, a dimostrazione che in campo scientifico l’Università italiana ha una buona reputazione.
   Siamo invece piazzati male sul fronte dei servizi agli studenti (residenze universitarie, strutture per la didattica e per lo studio, corsi serali per studenti lavoratori, …) e ciò a causa anche dei modesti investimenti nel diritto allo studio. Quindi, non tutto il nostro sistema universitario è da buttare, come qualcuno ha voluto, strumentalmente, far credere agli Italiani attraverso frequenti interventi sui media.
   Alcuni aspetti, non secondari, della Legge che riguardano le risorse, il corpo docente e la governance ritengo meritino un’attenta riflessione.

- Risorse. E’ vero che non tutti gli Atenei impegnano le risorse disponibili in modo oculato, cioè nel doveroso rispetto del “principio di economicità”. Premesso che ciò va decisamente condannato, tanto più perché il Paese sta attraversando un momento difficile che dovrebbe quindi imporre una maggiore attenzione nell’impiego del denaro pubblico (un’efficace razionalizzazione della spesa), non ritengo tuttavia possibile che si possa fare una buona Legge di riforma, qualsiasi essa sia, a “costo zero”. Pertanto, se non vi erano le risorse adeguate si potevano attendere tempi migliori, salvo si sia voluto varare a tutti i costi un provvedimento per una mera questione di prestigio, per legare il proprio nome ad una Legge.

- Governance. Non v’è dubbio che la Legge avrà come effetto immediato quello di accrescere eccessivamente il potere, già notevole, dei Rettori. Infatti, il mandato unico della durata di 6 anni farà sì che il Rettore, non più sottoposto ad una verifica elettorale, potrà governare senza dover rendere conto del proprio operato ai Colleghi (come invece sarebbe con un mandato triennale rinnovabile una sola volta).
   Nel nuovo CdA, che di fatto avrà un potere decisionale assoluto, in quanto il Senato accademico potrà solo formulare proposte, sarà presieduto dal Rettore e potranno farne parte anche membri esterni (sostanzialmente scelti dal Rettore) che, non è da escludere, potrebbero essere portatori di interessi esterni all’Ateneo. Pertanto, eliminando una significativa rappresentanza di Docenti eletti dai Colleghi, di fatto vengono calpestati quei principi di “governance partecipata”, garanzia di una pluralità di voci, e si instaura invece una sorta di “governo oligarchico”.
  - Non è inoltre accettabile che il controllato, cioè l’Ateneo, nomini e siano a libro paga i controllori, cioè i componenti del Collegio dei revisori dei conti e del Nucleo di valutazione.
    Tali organismi dovrebbero essere nominati e remunerati direttamente dal Ministero al quale poi dovrebbero rispondere.

- Corpo docente.
Nei prossimi anni, anche a causa di precedenti provvedimenti legislativi, ritengo si assisterà ad un diffuso malcontento e ad una progressiva demotivazione da parte di settori del Personale docente. Per realizzare infatti una struttura piramidale del corpo docente (cioè una base numericamente ampia di Ricercatori, e un vertice ristretto a pochi prof. di I fascia, con una zona intermedia costituita dai prof. di II fascia), gli Atenei saranno costretti ad aumentare il n° di Ricercatori, a mantenere pressoché costante quello dei prof. di II fascia e a diminuire i prof. di I fascia, con il risultato che la carriera dei Ricercatori e dei prof. di II fascia sarà bloccata per molti anni, alla luce anche del calo di risorse a disposizione degli Atenei.
   Si tenga presente che attualmente la struttura è di tipo cilindrico, la “382” infatti prevedeva a regime 30.000 Prof. di ruolo (50% di I fascia e 50% di II fascia) e 15.000 Ricercatori. Un tale processo di riorganizzazione dell’assetto della Docenza causerà, inevitabilmente, un forte malcontento sia tra i Ricercatori che tra i prof. di II fascia che si tradurrà verosimilmente in un calo dell’impegno nell’attività scientifica (per dedicarsi a tempo pieno alla ricerca scientifica non basta la passione, le persone hanno bisogno anche di prospettive concrete di avanzamento di carriera, quindi economiche) e, chi potrà (in particolare laureati in economia-commercio, in giurisprudenza, in ingegneria, in medicina,….) prenderà in seria considerazione l’attività professionale privata con conseguente calo dell’impegno all’Università, oppure cercherà migliori opportunità all’estero. Ciò non è coerente con quanto si sente spesso affermare che occorre bloccare la fuga dei cervelli all’estero. I provvedimenti finora presi non ritengo vadano in tale direzione perché per trattenere i migliori occorre dare concrete opportunità di carriera.
- Altra criticità è relativa al fatto che gli attuali Ricercatori a tempo indeterminato corrono il serio rischio di trovarsi relegati in una sorta di riserva indiana : la mancanza di prospettive di carriera provoca inesorabilmente una progressiva demotivazione.
- Infine, contrariamente al DPR 382 che poneva una certa attenzione a non concentrare tutto il potere in mano a pochi, i prof. di II fascia sono stati esclusi anche dalle Commissione di concorso per Ricercatore, con il risultato che i tutti i concorsi saranno “gestiti” dai soli prof. di I fascia, cioè da una ristretta casta. Ritengo sia un errore emarginare una componente del corpo docente perché ciò non contribuirà certo all’instaurarsi di un clima più sereno e quindi positivo per affrontare e risolvere i problemi dell’Università.
   E’ mia opinione che l’artefice principale di tale riforma sia stata un’eminenza grigia (ereditata dall’ex Ministro Mussi, adatta quindi per tutte le “stagioni”) che ha colto l’occasione per guadagnarsi sul campo i “galloni” per un eventuale incarico più prestigioso.
Gianni Porzi

 

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RIFORMA UNIVERSITARIA

IL TESTO  INTEGRALE  DELLA  LEGGE 240/2010
(entrata in vigore il 19 gennaio 2011 - GU 14 gennaio 2011)

Legge 30 dicembre 2010, n. 240

"Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario"

 TITOLO I
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO

Art. 1.
(Principi ispiratori della riforma)

1. Le università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione nell'ambito dei rispettivi ordinamenti e sono luogo di apprendimento ed elaborazione critica delle conoscenze; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.

2. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33 e al titolo V della parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di autonomia e di responsabilità. Sulla base di accordi di programma con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato «Ministero», le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonche' risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell' articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per l'ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti.

3. Il Ministero, nel rispetto delle competenze delle regioni, provvede a valorizzare il merito, a rimuovere gli ostacoli all'istruzione universitaria e a garantire l'effettiva realizzazione del diritto allo studio. A tal fine, pone in essere specifici interventi per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, che intendano iscriversi al sistema universitario della Repubblica per portare a termine il loro percorso formativo.

4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell'autonomia delle università, indica obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e, tramite l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) per quanto di sua competenza, ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ciascun ateneo, nel rispetto del principio della coesione nazionale, nonche' con la valutazione dei risultati conseguiti.

5. La distribuzione delle risorse pubbliche deve essere garantita in maniera coerente con gli obiettivi e gli indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti, definiti ai sensi del comma 4.

6. Sono possibili accordi di programma tra le singole università o aggregazioni delle stesse e il Ministero al fine di favorire la competitività delle università, migliorandone la qualità dei risultati, tenuto conto degli indicatori di contesto relativi alle condizioni di sviluppo regionale.

Art. 2.
(Organi e articolazione interna delle università)

1. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organizzazione e di organi di governo dell'ateneo, nel rispetto dei principi di autonomia di cui all'articolo 33 della Costituzione, ai sensi dell'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza, efficacia, trasparenza dell'attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all'ateneo, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
    a) previsione dei seguenti organi:
        1) rettore;
        2) senato accademico;
        3) consiglio di amministrazione;
        4) collegio dei revisori dei conti;
        5) nucleo di valutazione;
        6) direttore generale;
    b) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell'università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle finalità dell'università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito; della funzione di proposta del documento di programmazione triennale di ateneo, di cui all'articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, anche tenuto conto delle proposte e dei pareri del senato accademico, nonche' della funzione di proposta del bilancio di previsione annuale e triennale e del conto consuntivo; della funzione di proposta del direttore generale ai sensi della lettera n) del presente comma, nonche' di iniziativa dei procedimenti disciplinari, secondo le modalità previste dall'articolo 10; di ogni altra funzione non espressamente attribuita ad altri organi dallo statuto;
    c) determinazione delle modalità di elezione del rettore tra i professori ordinari in servizio presso le università italiane. Qualora risulti eletto un professore appartenente ad altro ateneo, l'elezione si configura anche come chiamata e concomitante trasferimento nell'organico dei professori della nuova sede, comportando altresì lo spostamento della quota di finanziamento ordinario relativa alla somma degli oneri stipendiali in godimento presso la sede di provenienza del professore stesso. Il posto che si rende in tal modo vacante può essere coperto solo in attuazione delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni;
    d) durata della carica di rettore per un unico mandato di sei anni, non rinnovabile;
   
e) attribuzione al senato accademico della competenza a formulare proposte e pareri obbligatori in materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti, anche con riferimento al documento di programmazione triennale di ateneo, di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, nonché di attivazione, modifica o soppressione di corsi, sedi, dipartimenti, strutture di cui al comma 2, lettera c); ad approvare il regolamento di ateneo; ad approvare, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione, i regolamenti, compresi quelli di competenza dei dipartimenti e delle strutture di cui al comma 2, lettera c), in materia di didattica e di ricerca, nonché il codice etico di cui al comma 4; a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le strutture di cui al comma 2, lettera c); a proporre al corpo elettorale con maggioranza di almeno due terzi dei suoi componenti una mozione di sfiducia al rettore non prima che siano trascorsi due anni dall’inizio del suo mandato; ad esprimere parere obbligatorio sul bilancio di previsione annuale e triennale e sul conto consuntivo dell’università;
   f) costituzione del senato accademico su base elettiva, in un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell'ateneo e non superiore a trentacinque unità, compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti; composizione per almeno due terzi con docenti di ruolo, almeno un terzo dei quali direttori di dipartimento, eletti in modo da rispettare le diverse aree scientifico-disciplinari dell'ateneo;
    g) durata in carica del senato accademico per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola volta;
    h) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale, nonche' di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività; della competenza a deliberare, previo parere del senato accademico, l'attivazione o soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, nonche', su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, ad approvare il bilancio di previsione annuale e triennale, il conto consuntivo e il documento di programmazione triennale di cui alla lettera b) del presente comma; del dovere di trasmettere al Ministero e al Ministero dell'economia e delle finanze sia il bilancio di previsione annuale e triennale sia il conto consuntivo; della competenza a conferire l'incarico di direttore generale di cui alla lettera a), numero 6), del presente comma; della competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori universitari, ai sensi dell'articolo 10; della competenza ad approvare la proposta di chiamata da parte del dipartimento, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e), e dell'articolo 24, comma 2, lettera d);
   i) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, inclusi il rettore, componente di diritto, ed una rappresentanza elettiva degli studenti; designazione o scelta degli altri componenti, secondo modalità previste dallo statuto, tra candidature individuate, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale; non appartenenza ai ruoli dell'ateneo, a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell'incarico, di un numero di consiglieri non inferiore a tre nel caso in cui il consiglio di amministrazione sia composto da undici membri e non inferiore a due nel caso in cui il consiglio di amministrazione sia composto da un numero di membri inferiore a undici; previsione che fra i membri non appartenenti al ruolo dell'ateneo non siano computati i rappresentanti degli studenti iscritti all'ateneo medesimo; previsione che il presidente del consiglio di amministrazione sia il rettore o uno dei predetti consiglieri esterni ai ruoli dell'ateneo, eletto dal consiglio stesso; possibilità di prevedere il rinnovo non contestuale dei diversi membri del consiglio di amministrazione al fine di garantire un rinnovo graduale dell'intero consiglio;
    l) previsione, nella nomina dei componenti il consiglio di amministrazione, del rispetto, da parte di ciascuna componente, del principio costituzionale delle pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso agli uffici pubblici;
    m) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni; durata quadriennale del mandato fatta eccezione per quello dei rappresentanti degli studenti, di durata biennale; rinnovabilità del mandato per una sola volta;
   n) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali; conferimento da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, sentito il parere del senato accademico, dell'incarico di direttore generale, regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di diritto privato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile;
determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità a criteri e parametri fissati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato «Ministro», di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; previsione del collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la durata del contratto in caso di conferimento dell'incarico a dipendente pubblico;
    o) attribuzione al direttore generale, sulla base degli indirizzi forniti dal consiglio di amministrazione, della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell'ateneo, nonche' dei compiti, in quanto compatibili, di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; partecipazione del direttore generale, senza diritto di voto, alle sedute del consiglio di amministrazione;
    p) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di tre componenti effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato; uno effettivo e uno supplente, designati dal Ministero dell'economia e delle finanze; uno effettivo e uno supplente scelti dal Ministero tra dirigenti e funzionari del Ministero stesso; nomina dei componenti con decreto rettorale; durata del mandato per un massimo di quattro anni; rinnovabilità dell'incarico per una sola volta e divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università; iscrizione di almeno due componenti al Registro dei revisori contabili;
    q) composizione del nucleo di valutazione, ai sensi della legge 19 ottobre 1999, n. 370, con soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni all' ateneo, il cui curriculum e' reso pubblico nel sito internet dell'università; il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo dell'ateneo;
    r) attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell'offerta didattica, anche sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, di cui al comma 2, lettera g), del presente articolo, nonche' della funzione di verifica dell'attività di ricerca svolta dai dipartimenti e della congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari dei contratti di insegnamento di cui all'articolo 23, comma 1, e attribuzione, in raccordo con l'attività dell'ANVUR, delle funzioni di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, relative alle procedure di valutazione delle strutture e del personale, al fine di promuovere nelle università, in piena autonomia e con modalità organizzative proprie, il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale;
    s) divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per il rettore limitatamente al senato accademico e al consiglio di amministrazione e, per i direttori di dipartimento, limitatamente allo stesso senato, qualora risultino eletti a farne parte; di essere componente di altri organi dell'università salvo che del consiglio di dipartimento; di ricoprire il ruolo di direttore o presidente delle scuole di specializzazione o di fare parte del consiglio di amministrazione delle scuole di specializzazione; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e di ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione, del senato accademico, del nucleo di valutazione o del collegio dei revisori dei conti di altre università italiane statali, non statali o telematiche; di svolgere funzioni inerenti alla programmazione, al finanziamento e alla valutazione delle attività universitarie nel Ministero e nell'ANVUR; decadenza per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione che non partecipino con continuità alle sedute dell'organo di appartenenza.

2. Per le medesime finalità ed entro lo stesso termine di cui al comma 1, le università statali modificano, altresì, i propri statuti in tema di articolazione interna, con l'osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
    a) semplificazione dell'articolazione interna, con contestuale attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative, nonche' delle attività rivolte all'esterno ad esse correlate o accessorie;
    b) riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quaranta nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei;
    c) previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, comunque denominate, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche, compresa la proposta di attivazione o soppressione di corsi di studio, e di gestione dei servizi comuni; previsione che, ove alle funzioni didattiche e di ricerca si affianchino funzioni assistenziali nell'ambito delle disposizioni statali in materia, le strutture assumano i compiti conseguenti secondo le modalità e nei limiti concertati con la regione di ubicazione, garantendo l'inscindibilità delle funzioni assistenziali dei docenti di materie cliniche da quelle di insegnamento e di ricerca;
    d) previsione della proporzionalità del numero complessivo delle strutture di cui alla lettera c) alle dimensioni dell'ateneo, anche in relazione alla tipologia scientifico-disciplinare dell'ateneo stesso, fermo restando che il numero delle stesse non può comunque essere superiore a dodici;
    e) previsione della possibilità, per le università con un organico di professori, di ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a cinquecento unità, di darsi un'articolazione organizzativa interna semplificata alla quale vengono attribuite unitariamente le funzioni di cui alle lettere a) e c);
    f) istituzione di un organo deliberante delle strutture di cui alla lettera c), ove esistenti, composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza elettiva degli studenti, nonche', in misura complessivamente non superiore al 10 per cento dei componenti dei consigli dei dipartimenti stessi, da docenti scelti, con modalità definite dagli statuti, tra i componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i coordinatori di corsi di studio o di dottorato ovvero tra i responsabili delle attività assistenziali di competenza della struttura, ove previste;
attribuzione delle funzioni di presidente dell'organo ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dall'organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto;
durata triennale della carica e rinnovabilità della stessa per una sola volta. La partecipazione all'organo di cui alla presente lettera non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese;

    g) istituzione in ciascun dipartimento, ovvero in ciascuna delle strutture di cui alle lettere c) ovvero e), senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti, competente a svolgere attività di monitoraggio dell'offerta formativa e della qualità della didattica nonche' dell'attività di servizio agli studenti da parte dei professori e dei ricercatori; ad individuare indicatori per la valutazione dei risultati delle stesse; a formulare pareri sull'attivazione e la soppressione di corsi di studio. La partecipazione alla commissione paritetica di cui alla presente lettera non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese;
    h) garanzia di una rappresentanza elettiva degli studenti negli organi di cui al comma 1, lettere f), i) e q), nonche' alle lettere f) e g) del presente comma, in conformità a quanto previsto dall'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236;
attribuzione dell'elettorato passivo agli iscritti per la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell'università; durata biennale di ogni mandato e rinnovabilità per una sola volta;
   i) introduzione di misure a tutela della rappresentanza studentesca, compresa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l'esplicazione dei compiti ad essa attribuiti;
   l) rafforzamento dell'internazionalizzazione anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca e l'attivazione, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua straniera;
    m) introduzione di sanzioni da irrogare in caso di violazioni del codice etico.

3. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità di organizzazione, nel rispetto dei principi di semplificazione, efficienza, efficacia, trasparenza dell'attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all'ateneo di cui al comma 1 del presente articolo, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 6, comma 9, della legge 9 maggio 1989, n. 168.

4. Le università che ne fossero prive adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge un codice etico della comunità universitaria formata dal personale docente e ricercatore, dal personale tecnico-amministrativo e dagli studenti dell'ateneo. Il codice etico determina i valori fondamentali della comunità universitaria, promuove il riconoscimento e il rispetto dei diritti individuali, nonche' l'accettazione di doveri e responsabilità nei confronti dell'istituzione di appartenenza, detta le regole di condotta nell'ambito della comunità. Le norme sono volte ad evitare ogni forma di discriminazione e di abuso, nonche' a regolare i casi di conflitto di interessi o di proprietà intellettuale. Sulle violazioni del codice etico, qualora non ricadano sotto la competenza del collegio di disciplina, decide, su proposta del rettore, il senato accademico.

5. In prima applicazione, lo statuto contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 e' predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e composto da quindici componenti, tra i quali il rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. La partecipazione all'organo di cui al presente comma non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese. Ad eccezione del rettore e dei rappresentanti degli studenti, i componenti non possono essere membri del senato accademico e del consiglio di amministrazione. Lo statuto contenente le modifiche statutarie e' adottato con delibera del senato accademico, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione.

6. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 1, il Ministero assegna all'università un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una commissione composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di adeguata professionalità, con il compito di predisporre le necessarie modifiche statutarie.

7. Lo statuto, adottato ai sensi dei commi 5 e 6 del presente articolo, e' trasmesso al Ministero che esercita il controllo previsto all'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, entro centoventi giorni dalla ricezione dello stesso.

8. In relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale, i competenti organi universitari avviano le procedure per la costituzione dei nuovi organi statutari.

9. Gli organi collegiali delle università decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto.

Gli organi il cui mandato scade entro il termine di cui al comma 1 restano in carica fino alla costituzione degli stessi ai sensi del nuovo statuto. Il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto di cui ai commi 5 e 6 e' prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo.

Sono comunque fatte salve le scadenze dei mandati in corso previste alla data dell'elezione dei rettori eletti, o in carica, se successive al predetto anno accademico. Il mandato dei rettori i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono stati eletti ovvero stanno espletando il primo mandato e' prorogato di due anni e non e' rinnovabile. Tale proroga assorbe quella di cui al terzo periodo del presente comma.

10. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni sui limiti del mandato o delle cariche di cui al comma 1, lettere d), g) e m), sono considerati anche i periodi già espletati nell'ateneo alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti.

11. L'elettorato passivo per le cariche accademiche e' riservato ai docenti che assicurano un numero di anni di servizio almeno pari alla durata del mandato prima della data di collocamento a riposo.

12. Il rispetto dei principi di semplificazione, razionale dimensionamento delle strutture, efficienza ed efficacia di cui al presente articolo rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell'allocazione delle risorse, secondo criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, su proposta dell'ANVUR.

13. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie, adottate dall'ateneo ai sensi del presente articolo, perdono efficacia nei confronti dello stesso le seguenti disposizioni:
    a) l'articolo 16, comma 4, lettere b) ed f), della legge 9 maggio 1989, n. 168;
    b) l'articolo 17, comma 110, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

Art. 3.
(Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell'offerta formativa)

1. Al fine di migliorare la qualità, l'efficienza e l'efficacia dell'attività didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie e di ottimizzare l'utilizzazione delle strutture e delle risorse, nell'ambito dei principi ispiratori della presente riforma di cui all'articolo 1, due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi.

2. La federazione può avere luogo, altresì, tra università ed enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell'alta formazione, ivi compresi gli istituti tecnici superiori di cui al capo II del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008, nonche' all'articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, e all'articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, sulla base di progetti coerenti ed omogenei con le caratteristiche e le specificità dei partecipanti.

3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell'organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto deve prevedere le modalità di governance della federazione, l'iter di approvazione di tali modalità, nonche' le regole per l'accesso alle strutture di governance, da riservare comunque a componenti delle strutture di governance delle istituzioni che si federano. I fondi risultanti dai risparmi prodotti dalla realizzazione della federazione o fusione degli atenei possono restare nella disponibilità degli atenei che li hanno prodotti, purche' indicati nel progetto e approvati, ai sensi del comma 4, dal Ministero.

4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna delle istituzioni interessate, e' sottoposto per l'approvazione all'esame del Ministero, che si esprime entro tre mesi, previa valutazione dell'ANVUR e dei rispettivi comitati regionali di coordinamento di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25.

5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente articolo, il progetto di cui al comma 3 dispone, altresì, in merito a eventuali procedure di mobilità dei professori e dei ricercatori, nonche' del personale tecnico-amministrativo. In particolare, per i professori e i ricercatori, l'eventuale trasferimento avviene previo espletamento di apposite procedure di mobilità ad istanza degli interessati. In caso di esito negativo delle predette procedure, il Ministro può provvedere, con proprio decreto, al trasferimento del personale interessato disponendo, altresì, in ordine alla concessione agli interessati di incentivi finanziari a carico del fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze.

6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell'offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate, ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.

TITOLO II
NORME E DELEGA LEGISLATIVA IN
MATERIA DI QUALITà ED EFFICIENZA
DEL SISTEMA UNIVERSITARIO

Art. 4.
(Fondo per il merito)

1. E' istituito presso il Ministero un fondo speciale, di seguito denominato «fondo», finalizzato a promuovere l'eccellenza e il merito fra gli studenti dei corsi di laurea e laurea magistrale individuati, per gli iscritti al primo anno per la prima volta, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi, mediante criteri nazionali standard di valutazione. Il fondo e' destinato a:
    a) erogare premi di studio, estesi anche alle esperienze di formazione da realizzare presso università e centri di ricerca di Paesi esteri;
   b) fornire buoni studio, che prevedano una quota, determinata in relazione ai risultati accademici conseguiti, da restituire a partire dal termine degli studi, secondo tempi parametrati al reddito percepito. Nei limiti delle risorse disponibili sul fondo, sono esclusi dall'obbligo della restituzione gli studenti che hanno conseguito il titolo di laurea ovvero di laurea specialistica o magistrale con il massimo dei voti ed entro i termini di durata normale del corso;
    c) garantire finanziamenti erogati per le finalità di cui al presente comma.

2. Gli interventi previsti al comma 1 sono cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi dell'articolo 8 della legge 2 dicembre 1991, n. 390.

3. Il Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con propri decreti di natura non regolamentare disciplina i criteri e le modalità di attuazione del presente articolo ed in particolare:
    a) i criteri di accesso alle prove nazionali standard e i criteri nazionali standard di valutazione di cui al comma 1;
    b) i criteri e le modalità di attribuzione dei premi e dei buoni, nonche' le modalità di accesso ai finanziamenti garantiti;
    c) i criteri e le modalità di restituzione della quota di cui al comma 1, lettera b), prevedendo una graduazione della stessa in base al reddito percepito nell'attività lavorativa;
    d) le caratteristiche, l'ammontare dei premi e dei buoni e i criteri e le modalità per la loro eventuale differenziazione;
    e) l'ammontare massimo garantito per ciascuno studente per ciascun anno, anche in ragione delle diverse tipologie di studenti;
    f) i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare nel corso degli studi per mantenere il diritto a premi, buoni e finanziamenti garantiti;
    g) le modalità di utilizzo di premi, buoni e finanziamenti garantiti;
    h) le caratteristiche dei finanziamenti, prevedendo un contributo a carico degli istituti concedenti pari all'1 per cento delle somme erogate e allo 0,1 per cento delle rate rimborsate;
   i) i criteri e le modalità di utilizzo del fondo e la ripartizione delle risorse del fondo stesso tra le destinazioni di cui al comma 1;
    l) la predisposizione di idonee iniziative di divulgazione e informazione, nonche' di assistenza a studenti e università in merito alle modalità di accesso agli interventi di cui al presente articolo;
    m) le modalità di monitoraggio, con idonei strumenti informatici, della concessione dei premi, dei buoni e dei finanziamenti, del rimborso degli stessi, nonche' dell'esposizione del fondo;
   n) le modalità di selezione con procedura competitiva dell'istituto o degli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie;
    o) la previsione, nell'ambito della programmazione degli accessi alle borse di studio, di riservare la quota del 10 per cento agli studenti iscritti nelle università della regione in cui risultano residenti.

4. L'ammissione, a seguito del relativo bando di concorso, presso i collegi universitari legalmente riconosciuti e presso i collegi di cui all'articolo 1, comma 603, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, costituisce un titolo valutabile per i candidati, ai fini della predisposizione delle graduatorie per la concessione dei contributi di cui al comma 3.

5. Il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali, da effettuare secondo i migliori standard tecnologici e di sicurezza, e' svolto dal Ministero, secondo modalità individuate con decreto di natura non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che disciplina altresì il contributo massimo richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove, con l'esenzione per gli studenti privi di mezzi, nonche' le modalità di predisposizione e svolgimento delle stesse.

6. Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi al fondo sono a carico delle risorse finanziarie del fondo stesso.

7. Il Ministero dell'economia e delle finanze, con propri decreti, determina, secondo criteri di mercato, il corrispettivo per la garanzia dello Stato, da imputare ai finanziamenti erogati. I corrispettivi asserviti all'esercizio della garanzia dello Stato sono depositati su apposito conto aperto presso la Tesoreria statale.

8. Il fondo, gestito dal Ministero di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e' alimentato con:
    a) versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi;
    b) trasferimenti pubblici, previsti da specifiche disposizioni, limitatamente agli interventi di cui al comma 1, lettera a);
    c) i corrispettivi di cui al comma 7, da utilizzare in via esclusiva per le finalità di cui al comma 1, lettera c);
    d) i contributi di cui al comma 3, lettera h), e al comma 5, da utilizzare per le finalità di cui al comma 6.

9. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso dei privati e disciplina con proprio decreto di natura non regolamentare le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del fondo, anche costituendo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo formato da rappresentanti dei Ministeri, dei donatori e degli studenti, questi ultimi designati dal Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU) tra i propri componenti.

10. All'articolo 10, comma 1, lettera l-quater), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,» sono inserite le seguenti: «del Fondo per il merito degli studenti universitari».

Art. 5.
(Delega in materia di interventi per la qualità e l'efficienza del sistema universitario)

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
    a) valorizzazione della qualità e dell'efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche sulla base di criteri definiti ex ante, anche mediante previsione di un sistema di accreditamento periodico delle università; valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti, ivi compresi i collegi storici, mediante la previsione di una apposita disciplina per il riconoscimento e l'accreditamento degli stessi anche ai fini della concessione del finanziamento statale; valorizzazione della figura dei ricercatori;
realizzazione di opportunità uniformi, su tutto il territorio nazionale, di accesso e scelta dei percorsi formativi;
    b) revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità, e di consentire l'individuazione della esatta condizione patrimoniale dell'ateneo e dell'andamento complessivo della gestione; previsione di meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli atenei;
    c) introduzione, sentita l'ANVUR, di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei, sulla base di criteri definiti ex ante;
    d) revisione, in attuazione del titolo V della parte II della Costituzione, della normativa di principio in materia di diritto allo studio, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l'accesso all'istruzione superiore, e contestuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) erogate dalle università statali.

2. L'attuazione del comma 1, lettere a), b) e c), ad eccezione di quanto previsto al comma 3, lettera g), e al comma 4, lettera l), non deve determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Gli eventuali maggiori oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, lettera d), dovranno essere quantificati e coperti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo, il Governo si attiene ai principi di riordino di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e ai seguenti principi e criteri direttivi:
    a) introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio universitari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, fondato sull'utilizzazione di specifici indicatori definiti ex ante dall'ANVUR per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca, nonche' di sostenibilità economico-finanziaria;
   b) introduzione di un sistema di valutazione periodica basato su criteri e indicatori stabiliti ex ante, da parte dell'ANVUR, dell'efficienza e dei risultati conseguiti nell'ambito della didattica e della ricerca dalle singole università e dalle loro articolazioni interne;
    c) potenziamento del sistema di autovalutazione della qualità e dell'efficacia delle proprie attività da parte delle università, anche avvalendosi dei propri nuclei di valutazione e dei contributi provenienti dalle commissioni paritetiche di cui all'articolo 2, comma 2, lettera g);
   d) definizione del sistema di valutazione e di assicurazione della qualità degli atenei in coerenza con quanto concordato a livello europeo, in particolare secondo le linee guida adottate dai Ministri dell'istruzione superiore dei Paesi aderenti all'Area europea dell'istruzione superiore;
    e) previsione di meccanismi volti a garantire incentivi correlati al conseguimento dei risultati di cui alla lettera b), nell'ambito delle risorse disponibili del fondo di finanziamento ordinario delle università allo scopo annualmente predeterminate;
   f) previsione per i collegi universitari legalmente riconosciuti, quali strutture a carattere residenziale, di rilevanza nazionale, di elevata qualificazione culturale, che assicurano agli studenti servizi educativi, di orientamento e di integrazione dell'offerta formativa degli atenei, di requisiti e di standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale necessari per il riconoscimento da parte del Ministero e successivo accreditamento riservato ai collegi legalmente riconosciuti da almeno cinque anni; rinvio ad apposito decreto ministeriale della disciplina delle procedure di iscrizione, delle modalità di verifica della permanenza delle condizioni richieste, nonche' delle modalità di accesso ai finanziamenti statali riservati ai collegi accreditati;
    g) revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività, nel rispetto del limite di spesa di cui all'articolo 29, comma 22, primo periodo.

4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
    a) introduzione di un sistema di contabilità economico-patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio consolidato di ateneo sulla base di principi contabili e schemi di bilancio stabiliti e aggiornati dal Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), garantendo, al fine del consolidamento e del monitoraggio dei conti delle amministrazioni pubbliche, la predisposizione di un bilancio preventivo e di un rendiconto in contabilità finanziaria, in conformità alla disciplina adottata ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
    b) adozione di un piano economico-finanziario triennale al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell'ateneo;
    c) previsione che gli effetti delle misure di cui alla presente legge trovano adeguata compensazione nei piani previsti alla lettera d); comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze, con cadenza annuale, dei risultati della programmazione triennale riferiti al sistema universitario nel suo complesso, ai fini del monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica;
    d) predisposizione di un piano triennale diretto a riequilibrare, entro intervalli di percentuali definiti dal Ministero, e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria, i rapporti di consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori e ricercatori di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni; previsione che la mancata adozione, parziale o totale, del predetto piano comporti la non erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle unità di personale che eccedono i limiti previsti;
    e) determinazione di un limite massimo all'incidenza complessiva delle spese per l'indebitamento e delle spese per il personale di ruolo e a tempo determinato, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dell'ateneo, al netto di quelle a destinazione vincolata;
    f) introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università, cui collegare l'attribuzione all'università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1;
individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, sentita l'ANVUR;

    g) previsione della declaratoria di dissesto finanziario nell'ipotesi in cui l'università non possa garantire l'assolvimento delle proprie funzioni indispensabili ovvero non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi;
    h) disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con previsione dell'inoltro da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a predispone, entro un termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro da sottoporre all'approvazione del Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio; previsione delle modalità di controllo periodico dell'attuazione del predetto piano;
   i) previsione, per i casi di mancata predisposizione, mancata approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento dell'ateneo e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, della delibera di commissaria-mento e di nomina di uno o più commissari, ad esclusione del rettore, con il compito di provvedere alla predisposizione ovvero all'attuazione del piano di rientro finanziario;
    l) previsione di un apposito fondo di rotazione, distinto ed aggiuntivo rispetto alle risorse destinate al fondo di finanziamento ordinario per le università, a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei;
    m) previsione che gli eventuali maggiori oneri derivanti dall'attuazione della lettera l) del presente comma siano quantificati e coperti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera c), il Governo si attiene al principio e criterio direttivo dell'attribuzione di una quota non superiore al 10 per cento del fondo di funzionamento ordinario correlata a meccanismi di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, elaborati da parte dell'ANVUR e fondati su: la produzione scientifica dei professori e dei ricercatori successiva alla loro presa di servizio ovvero al passaggio a diverso ruolo o fascia nell'ateneo; la percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno trascorso l'intero percorso di dottorato e di post-dottorato, o, nel caso delle facoltà di medicina e chirurgia, di scuola di specializzazione, nella medesima università; la percentuale dei professori reclutati da altri atenei; la percentuale dei professori e ricercatori in servizio responsabili scientifici di progetti di ricerca internazionali e comunitari; il grado di internazionalizzazione del corpo docente.

6. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera d), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
   a) definire i LEP, anche con riferimento ai requisiti di merito ed economici, tali da assicurare gli strumenti ed i servizi, quali borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi, già disponibili a legislazione vigente, per il conseguimento del pieno successo formativo degli studenti dell'istruzione superiore e rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e personale che limitano l'accesso ed il conseguimento dei più alti gradi di istruzione superiore agli studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi;
    b) garantire agli studenti la più ampia libertà di scelta in relazione alla fruizione dei servizi per il diritto allo studio universitario;
   c) definire i criteri per l'attribuzione alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano del Fondo integrativo per la concessione di prestiti d'onore e di borse di studio, di cui all'articolo 16, comma 4, della legge 2 dicembre 1991, n. 390;
    d) favorire il raccordo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le università e le diverse istituzioni che concorrono al successo formativo degli studenti al fine di potenziare la gamma dei servizi e degli interventi posti in essere dalle predette istituzioni, nell'ambito della propria autonomia statutaria;
    e) prevedere la stipula di specifici accordi con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la sperimentazione di nuovi modelli nella gestione e nell'erogazione degli interventi;
   f) definire le tipologie di strutture residenziali destinate agli studenti universitari e le caratteristiche peculiari delle stesse.

7. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, e, con riferimento alle disposizioni di cui al comma 6, di concerto con il Ministro della gioventù, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali si esprimono entro sessanta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1, o successivamente, quest'ultimo termine e' prorogato di sessanta giorni.

8. In attuazione di quanto stabilito dall'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo, nell'impossibilità di procedere alla determinazione degli effetti finanziari dagli stessi derivanti, la loro quantificazione e' effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo e' allegata una relazione tecnica, predisposta ai sensi dell'articolo 17, comma 5, della citata legge n. 196 del 2009, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

9. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.

Art. 6.
(Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)

1. Il regime di impegno dei professori e dei ricercatori e' a tempo pieno o a tempo definito. Ai fini della rendicontazione dei progetti di ricerca, la quantificazione figurativa delle attività annue di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi compiti preparatori, di verifica e organizzativi, e' pari a 1.500 ore annue per i professori e i ricercatori a tempo pieno e a 750 ore per i professori e i ricercatori a tempo definito.

2. I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonche' ad attività di verifica dell'apprendimento, non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito.

3. I ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonche' ad attività di verifica dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un massimo di 200 ore in regime di tempo definito.

4. Ai ricercatori a tempo indeterminato, agli assistenti del ruolo ad esaurimento e ai tecnici laureati di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, che hanno svolto tre anni di insegnamento ai sensi dell'articolo 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni, nonche' ai professori incaricati stabilizzati sono affidati, con il loro consenso e fermo restando il rispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curriculari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademici nonche' compiti di tutorato e di didattica integrativa. Ad essi e' attribuito il titolo di professore aggregato per l'anno accademico in cui essi svolgono tali corsi e moduli. Il titolo e' conservato altresì nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto tali corsi e moduli. Ciascuna università, nei limiti delle disponibilità di bilancio e sulla base di criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento, determina la retribuzione aggiuntiva dei ricercatori di ruolo ai quali, con il loro consenso, sono affidati moduli o corsi curriculari.

5. All'articolo 1, comma 11, della legge 4 novembre 2005, n. 230, le parole: «per il periodo di durata degli stessi corsi e moduli» sono sostituite dalle seguenti: «per l'anno accademico in cui essi svolgono tali corsi e moduli. Il titolo e' conservato altresì nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto tali corsi e moduli».

6. L'opzione per l'uno o l'altro regime di cui al comma 1 e' esercitata su domanda dell'interessato all'atto della presa di servizio ovvero, nel caso di passaggio dall'uno all'altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio dell'anno accademico dal quale far decorrere l'opzione e comporta l'obbligo di mantenere il regime prescelto per almeno un anno accademico.

7. Le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori sono definite con regolamento di ateneo, che prevede altresì la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento, nonche' in relazione all'assunzione da parte del docente di specifici incarichi di responsabilità gestionale o di ricerca. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'ANVUR stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini del comma 8.

8. In caso di valutazione negativa ai sensi del comma 7, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonche' dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.

9. La posizione di professore e ricercatore e' incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, anche assumendo in tale ambito responsabilità formali, nei limiti temporali e secondo la disciplina in materia dell'ateneo di appartenenza, nel rispetto dei criteri definiti con regolamento adottato con decreto del Ministro ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'esercizio di attività libero-professionale e' incompatibile con il regime di tempo pieno. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fatto salvo quanto stabilito dalle convenzioni adottate ai sensi del comma 13 del presente articolo.

10. I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonche' attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonche' compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purche' non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza.

11. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere attività didattica e di ricerca anche presso un altro ateneo, sulla base di una convenzione tra i due atenei finalizzata al conseguimento di obiettivi di comune interesse. La convenzione stabilisce altresì, con l'accordo dell'interessato, le modalità di ripartizione tra i due atenei dell'impegno annuo dell'interessato, dei relativi oneri stipendiali e delle modalità di valutazione di cui al comma 7. Per un periodo complessivamente non superiore a cinque anni l'impegno può essere totalmente svolto presso il secondo ateneo, che provvede alla corresponsione degli oneri stipendiali. In tal caso, l'interessato esercita il diritto di elettorato attivo e passivo presso il secondo ateneo. Ai fini della valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei, l'apporto dell'interessato e' ripartito in proporzione alla durata e alla quantità dell'impegno in ciascuno di essi. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri per l'attivazione delle convenzioni.

12. I professori e i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purche' non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all'ateneo di appartenenza. La condizione di professore a tempo definito e' incompatibile con l'esercizio di cariche accademiche. Gli statuti di ateneo disciplinano il regime della predetta incompatibilità. Possono altresì svolgere attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri, previa autorizzazione del rettore che valuta la compatibilità con l'adempimento degli obblighi istituzionali. In tal caso, ai fini della valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei, l'apporto dell'interessato e' considerato in proporzione alla durata e alla quantità dell'impegno reso nell'ateneo di appartenenza.

13. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero, di concerto con il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia riguardo alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale necessarie per la formazione nei corsi di laurea di area sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, predispone lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale.

14. I professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali di cui all'articolo 8 e' di competenza delle singole università secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto può essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico. Nell'ipotesi di mancata attribuzione dello scatto, la somma corrispondente e' conferita al Fondo di ateneo per la premialità dei professori e dei ricercatori di cui all'articolo 9.

Art. 7.
(Norme in materia di mobilità dei professori e dei ricercatori)

1. I professori e i ricercatori universitari possono, a domanda, essere collocati per un periodo massimo di cinque anni, anche consecutivi, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono anche al relativo trattamento economico e previdenziale.

2. Il collocamento in aspettativa di cui al comma 1 e' disposto dal rettore, sentite le strutture di afferenza del docente, e ad esso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi quarto, quinto e sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. E' ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell'interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29. Quando l'incarico e' espletato presso organismi operanti in sede internazionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi e' a carico dell'interessato, salvo che l'ordinamento dell'amministrazione di destinazione non disponga altrimenti.

3. Al fine di incentivare la mobilità interuniversitaria del personale accademico, ai professori e ai ricercatori che prendono servizio presso atenei aventi sede in altra regione rispetto a quella della sede di provenienza, o nella stessa regione se previsto da un accordo di programma approvato dal Ministero ovvero, a seguito delle procedure di cui all'articolo 3, in una sede diversa da quella di appartenenza, possono essere attribuiti incentivi finanziari, a carico del fondo di finanziamento ordinario. L'incentivazione della mobilità universitaria e' altresì favorita dalla possibilità che il trasferimento di professori e ricercatori possa avvenire attraverso lo scambio contestuale di docenti in possesso della stessa qualifica tra due sedi universitarie consenzienti.

4. In caso di cambiamento di sede, i professori, i ricercatori di ruolo e i ricercatori a tempo determinato responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall'università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti, ove scientificamente possibile e con l'accordo del committente di ricerca.

5. Con decreto del Ministro sono stabiliti criteri e modalità per favorire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la mobilità interregionale dei professori universitari che hanno prestato servizio presso corsi di laurea o sedi soppresse a seguito di procedure di razionalizzazione dell'offerta didattica.

Art. 8.
(Revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo, tenendo conto anche delle disposizioni recate in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, secondo le seguenti norme regolatrici:
    a) trasformazione della progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale;
    b) invarianza complessiva della progressione;
    c) decorrenza della trasformazione dal primo scatto successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.     

2. E' abrogato il comma 3 dell'articolo 3-ter del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la rimodulazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, della progressione economica e dei relativi importi, anche su base premiale, per i professori e i ricercatori assunti ai sensi della presente legge, secondo le seguenti norme regolatrici:
    a) abolizione del periodo di straordinariato e di conferma rispettivamente per i professori di prima fascia e per i professori di seconda fascia;
    b) eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera e conseguente rivalutazione del trattamento iniziale;
    c) possibilità, per i professori e i ricercatori nominati secondo il regime previgente, di optare per il regime di cui al presente comma.

4. I regolamenti di cui al presente articolo sono adottati su proposta del Ministro, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze.

Art. 9.
(Fondo per la premialità)

1. E' istituito un Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 16, della legge 4 novembre 2005, n. 230, cui affluiscono le risorse di cui all'articolo 6, comma 14, ultimo periodo, della presente legge. Ulteriori somme possono essere attribuite a ciascuna università con decreto del Ministro, in proporzione alla valutazione dei risultati raggiunti effettuata dall'ANVUR. Il Fondo può essere integrato dai singoli atenei anche con una quota dei proventi delle attività conto terzi ovvero con finanziamenti pubblici o privati. In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all'acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti privati, nei limiti delle risorse del Fondo non derivanti da finanziamenti pubblici.

Art. 10.
(Competenza disciplinare)

1. Presso ogni università e' istituito un collegio di disciplina, composto esclusivamente da professori universitari in regime di tempo pieno e da ricercatori a tempo indeterminato in regime di tempo pieno, secondo modalità definite dallo statuto, competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere in merito parere conclusivo. Il collegio opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio. La partecipazione al collegio di disciplina non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.

2. L'avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall'articolo 87 del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta.

3. Il collegio di disciplina, uditi il rettore ovvero un suo delegato, nonche' il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia, entro trenta giorni esprime parere sulla proposta avanzata dal rettore sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare e trasmette gli atti al consiglio di amministrazione per l'assunzione delle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al collegio resta disciplinato dalla normativa vigente.

4. Entro trenta giorni dalla ricezione del parere, il consiglio di amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge la sanzione ovvero dispone l'archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante espresso dal collegio di disciplina.

5. Il procedimento si estingue ove la decisione di cui al comma 4 non intervenga nel termine di centottanta giorni dalla data di trasmissione degli atti al consiglio di amministrazione. Il termine e' sospeso fino alla ricostituzione del collegio di disciplina ovvero del consiglio di amministrazione nel caso in cui siano in corso le operazioni preordinate alla formazione dello stesso che ne impediscono il regolare funzionamento. Il termine e' altresì sospeso, per non più di due volte e per un periodo non superiore a sessanta giorni in relazione a ciascuna sospensione, ove il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o documenti per motivi istruttori. Il rettore e' tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie avanzate dal collegio.

6. E' abrogato l'articolo 3 della legge 16 gennaio 2006, n. 18.

Art. 11.
(Interventi perequativi per le università statali)

1. A decorrere dal 2011, allo scopo di accelerare il processo di riequilibrio delle università statali e tenuto conto della primaria esigenza di assicurare la copertura delle spese fisse di personale di ruolo entro i limiti della normativa vigente, una quota pari almeno all'1,5 per cento del fondo di finanziamento ordinario e delle eventuali assegnazioni destinate al funzionamento del sistema universitario e' destinata ad essere ripartita tra le università che, sulla base delle differenze percentuali del valore del fondo di finanziamento ordinario consolidato del 2010, presentino una situazione di sottofinanziamento superiore al 5 per cento rispetto al modello per la ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario elaborato dai competenti organismi di valutazione del sistema universitario. L'intervento perequativo viene ridotto proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento derivi dall'applicazione delle misure di valutazione della qualità di cui all'articolo 5 della presente legge e all'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1. Il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei può tenere conto delle specificità delle università sede di facoltà di medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta, escludendo ogni intervento per il ripiano di eventuali disavanzi previsto dall'articolo 5, comma 4, lettere g), h), i), l) e m), della presente legge.

2. Il Ministro provvede con proprio decreto alla ripartizione della percentuale di cui al comma 1.

Art. 12.
(Università non statali legalmente riconosciute)

1. Al fine di incentivare la correlazione tra la distribuzione delle risorse statali e il conseguimento di risultati di particolare rilievo nel campo della didattica e della ricerca, una quota non superiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo dei contributi di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali legalmente riconosciute, con progressivi incrementi negli anni successivi, e' ripartita sulla base di criteri, determinati con decreto del Ministro, sentita l'ANVUR, tenuto conto degli indicatori definiti ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.

2. Gli incrementi di cui al comma 1 sono disposti annualmente, con decreto del Ministro, in misura compresa tra il 2 per cento e il 4 per cento dell'ammontare complessivo dei contributi relativi alle università non statali, determinata tenendo conto delle risorse complessivamente disponibili e dei risultati conseguiti nel miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse.

3. Le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle università telematiche ad eccezione di quelle, individuate con decreto del Ministro, sentita l'ANVUR e, nelle more della sua costituzione, con il parere del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), che rispettino i criteri di cui al comma 1.

Art. 13.
(Misure per la qualità del sistema universitario)

1. All'articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 1, lettera c), e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai fini di cui alla presente lettera, sono presi in considerazione i parametri relativi all'incidenza del costo del personale sulle risorse complessivamente disponibili, nonche' il numero e l'entità dei progetti di ricerca di rilievo nazionale ed internazionale assegnati all'ateneo»;
    b) dopo il comma 1, e' inserito il seguente:
        «1-bis. Gli incrementi di cui al comma 1 sono disposti annualmente, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in misura compresa tra lo 0,5 per cento e il 2 per cento del fondo di finanziamento ordinario di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, determinata tenendo conto delle risorse complessivamente disponibili e dei risultati conseguiti nel miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse».

Art. 14.
(Disciplina di riconoscimento dei crediti)

1. All'articolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, la parola: «sessanta» e' sostituita dalla seguente: «dodici» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite collettivamente. Le università possono riconoscere quali crediti formativi, entro il medesimo limite, il conseguimento da parte dello studente di medaglia olimpica o paralimpica ovvero del titolo di campione mondiale assoluto, campione europeo assoluto o campione italiano assoluto nelle discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano o dal Comitato italiano paralimpico».

2. Con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti i Ministri competenti, sono definite le modalità attuative e le eventuali deroghe debitamente motivate alle disposizioni di cui al comma 1, anche con riferimento al limite massimo di crediti riconoscibili in relazione alle attività formative svolte nei cicli di studio presso gli istituti di formazione della pubblica amministrazione, nonche' alle altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario, alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso.

3. Con il medesimo decreto di cui al comma 2 sono definiti i criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti dallo studente a conclusione dei percorsi realizzati dagli istituti tecnici superiori di cui al capo II del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008, definiti ai sensi dell'articolo 69, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144, nell'ambito dei progetti attuati con le università attraverso le federazioni di cui all'articolo 3 della presente legge.

TITOLO III
NORME IN MATERIA DI PERSONALE
ACCADEMICO E RIORDINO DELLA
DISCIPLINA CONCERNENTE
IL RECLUTAMENTO

Art. 15.
(Settori concorsuali e settori scientifico-disciplinari)

1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro, con proprio decreto di natura non regolamentare, sentito il Consiglio universitario nazionale (CUN), definisce, secondo criteri di affinità, i settori concorsuali in relazione ai quali si svolgono le procedure per il conseguimento dell'abilitazione di cui all'articolo 16. I settori concorsuali sono raggruppati in macrosettori concorsuali. Ciascun settore concorsuale può essere articolato in settori scientifico-disciplinari, che sono utilizzati esclusivamente per quanto previsto agli articoli 18, 22, 23 e 24 della presente legge, nonche' per la definizione degli ordinamenti didattici di cui all'articolo 17, commi 95 e seguenti, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

2. Ai settori concorsuali afferiscono, in sede di prima applicazione, almeno cinquanta professori di prima fascia e, a regime, almeno trenta professori di prima fascia.

3. Con il decreto di cui al comma 1 sono definite le modalità di revisione dei settori concorsuali e dei relativi settori scientifico-disciplinari con cadenza almeno quinquennale.

Art. 16.
(Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale)

1. E' istituita l'abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata «abilitazione». L'abilitazione ha durata quadriennale e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L'abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell'abilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3.

3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:
   a) l'attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro;
    b) la possibilità che il decreto di cui alla lettera a) prescriva un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare ai fini del conseguimento dell'abilitazione, anche differenziato per fascia e per area disciplinare e in ogni caso non inferiore a dodici;
    c) meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e congruità dei criteri e parametri di cui alla lettera a) e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale;
    d) l'indizione obbligatoria, con frequenza annuale inderogabile, delle procedure per il conseguimento dell'abilitazione;
    e) i termini e le modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per settori concorsuali, e l'individuazione di modalità, anche informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro cinque mesi dall'indizione; la garanzia della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici;
   f) l'istituzione per ciascun settore concorsuale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ed a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei, di un'unica commissione nazionale di durata biennale per le procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, mediante sorteggio di quattro commissari all'interno di una lista di professori ordinari costituita ai sensi della lettera h) e sorteggio di un commissario all'interno di una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese aderente all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). La partecipazione alla commissione nazionale di cui alla presente lettera non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti ed indennità;
    g) il divieto che della commissione di cui alla lettera f) faccia parte più di un commissario della stessa università; la possibilità che i commissari in servizio presso atenei italiani siano, a richiesta, parzialmente esentati dalla ordinaria attività didattica, nell'ambito della programmazione didattica e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; la corresponsione ai commissari in servizio all'estero di un compenso determinato con decreto non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   h) l'effettuazione del sorteggio di cui alla lettera f) all'interno di liste, una per ciascun settore concorsuale e contenente i nominativi dei professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi inclusi, corredata della documentazione concernente la propria attività scientifica complessiva, con particolare riferimento all'ultimo quinquennio;
l'inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell'articolo 6, comma 7, ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a) del presente comma, riferiti alla fascia e al settore di appartenenza;
   i) il sorteggio di cui alla lettera h) assicura che della commissione faccia parte almeno un commissario per ciascun settore scientifico-disciplinare, ricompreso nel settore concorsuale, al quale afferiscano almeno trenta professori ordinari; la commissione può acquisire pareri scritti pro veritate sull'attività scientifica dei candidati da parte di esperti revisori in possesso delle caratteristiche di cui alla lettera h); i pareri sono pubblici ed allegati agli atti della procedura;
    l) il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente di più di una commissione di abilitazione e, per tre anni dalla conclusione del mandato, di commissioni per il conferimento dell'abilitazione relativa a qualunque settore concorsuale;
    m) la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell'abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l'attribuzione della stessa o per l'attribuzione dell'abilitazione alla funzione superiore;
    n) la valutazione dell'abilitazione come titolo preferenziale per l'attribuzione dei contratti di insegnamento di cui all'articolo 23, comma 2;
    o) lo svolgimento delle procedure per il conseguimento dell'abilitazione presso università dotate di idonee strutture e l'individuazione delle procedure per la scelta delle stesse; le università prescelte assicurano le strutture e il supporto di segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e sostengono gli oneri relativi al funzionamento di ciascuna commissione; di tale onere si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario.

4. Il conseguimento dell'abilitazione scientifica non costituisce titolo di idoneità ne' dà alcun diritto relativamente al reclutamento in ruolo o alla promozione presso un'università al di fuori delle procedure previste dall'articolo 18.

Art. 17.
(Equipollenze)

1. I diplomi delle scuole dirette a fini speciali istituite ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, riconosciuti al termine di un corso di durata triennale, e i diplomi universitari istituiti ai sensi della legge 19 novembre 1990, n. 341, purche' della medesima durata, sono equipollenti alle lauree di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.

2. Ai diplomati di cui al comma 1 compete la qualifica accademica di «dottore» prevista per i laureati di cui all'articolo 13, comma 7, del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270.

3. Ai diplomi delle scuole dirette a fini speciali, istituite ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1982, e ai diplomi universitari istituiti ai sensi della citata legge n. 341 del 1990, di durata inferiore a tre anni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3, del citato regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica n. 509 del 1999.

4. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e' identificata l'attuale classe di appartenenza del titolo di laurea a cui fanno riferimento i diplomi universitari rilasciati dalle scuole dirette a fini speciali e i diplomi universitari dell'ordinamento previgente.

Art. 18.
(Chiamata dei professori)

1. Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri:
   a) pubblicità del procedimento di chiamata sul sito dell'ateneo e su quelli del Ministero e dell'Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;
informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale;
    b) ammissione al procedimento, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 29, comma 8, di studiosi in possesso dell'abilitazione per il settore concorsuale e per le funzioni oggetto del procedimento, ovvero per funzioni superiori purche' non già titolari delle medesime funzioni superiori. Ai procedimenti per la chiamata di professori di prima e di seconda fascia possono partecipare altresì i professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, nonche' gli studiosi stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza, aggiornate ogni tre anni, definite dal Ministro, sentito il CUN. In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell'ateneo;
    c) applicazione dei criteri di cui alla lettera b), ultimo periodo, in relazione al conferimento degli assegni di ricerca di cui all'articolo 22 e alla stipulazione dei contratti di cui all'articolo 24 e di contratti a qualsiasi titolo erogati dall'ateneo;
    d) valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell'attività didattica degli studiosi di cui alla lettera b). Le università possono stabilire il numero massimo delle pubblicazioni in conformità a quanto prescritto dal decreto di cui all'articolo 16, comma 3, lettera b), e accertare, oltre alla qualificazione scientifica dell'aspirante, anche le competenze linguistiche necessarie in relazione al profilo plurilingue dell'ateneo ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera;
    e) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia, e dei professori di prima e di seconda fascia per la chiamata dei professori di seconda fascia, e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione.

2. Nell'ambito delle disponibilità di bilancio di ciascun ateneo i procedimenti per la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia di cui al comma 1, nonche' per l'attribuzione dei contratti di cui all'articolo 24, di ciascun ateneo statale sono effettuati sulla base della programmazione triennale di cui all'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e di cui all'articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, nonche' delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 4, lettera d), della presente legge. La programmazione assicura la sostenibilità nel tempo degli oneri stipendiali, compresi i maggiori oneri derivanti dall'attribuzione degli scatti stipendiali, dagli incrementi annuali e dalla dinamica di progressione di carriera del personale. La programmazione assicura altresì la copertura finanziaria degli oneri derivanti da quanto previsto dall'articolo 24, comma 5.

3. Gli oneri derivanti dalla chiamata di professori di cui al comma 1 e dall'attribuzione dei contratti di cui all'articolo 24 possono essere a carico totale di altri soggetti pubblici e di soggetti privati, previa stipula di convenzioni di durata almeno quindicennale per i professori e i ricercatori titolari del secondo contratto di cui all'articolo 24, comma 5, ovvero di durata almeno pari a quella del contratto per i ricercatori.

4. Ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.

5. La partecipazione ai gruppi e ai progetti di ricerca delle università, qualunque ne sia l'ente finanziatore, e lo svolgimento delle attività di ricerca presso le università sono riservati esclusivamente:
    a) ai professori e ai ricercatori universitari, anche a tempo determinato;
    b) ai titolari degli assegni di ricerca di cui all'articolo 22;
    c) agli studenti dei corsi di dottorato di ricerca, nonche' a studenti di corsi di laurea magistrale nell'ambito di specifiche attività formative;
    d) ai professori a contratto di cui all'articolo 23;
    e) al personale tecnico-amministrativo in servizio a tempo indeterminato presso le università purche' in possesso di specifiche competenze nel campo della ricerca;
    f) ai dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, di enti pubblici o privati, di imprese, ovvero a titolari di borse di studio o di ricerca banditi da tali amministrazioni, enti o imprese, purche' sulla base di specifiche convenzioni e senza oneri finanziari per l'università ad eccezione dei costi diretti relativi allo svolgimento dell'attività di ricerca e degli eventuali costi assicurativi.

6. Alla partecipazione ai progetti di ricerca finanziati dall'Unione europea o da altre istituzioni straniere, internazionali o sovranazionali, e allo svolgimento delle relative attività si applicano le norme previste dai relativi bandi.

Art. 19.
(Disposizioni in materia di dottorato di ricerca)

1. All'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) il comma 2 e' sostituito dal seguente:
        «2. I corsi di dottorato di ricerca sono istituiti, previo accreditamento da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, su conforme parere dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), dalle università, dagli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale e da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate. I corsi possono essere altresì istituiti da consorzi tra università o tra università ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione, fermo restando in tal caso il rilascio del relativo titolo accademico da parte delle istituzioni universitarie. Le modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato, quale condizione necessaria ai fini dell'istituzione e dell'attivazione dei corsi, e le condizioni di eventuale revoca dell'accreditamento, nonche' le modalità di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca di cui al primo periodo, sono disciplinate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, su proposta dell'ANVUR. Il medesimo decreto definisce altresì i criteri e i parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano, con proprio regolamento, l'istituzione dei corsi di dottorato, le modalità di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi, la durata, il contributo per l'accesso e la frequenza, il numero, le modalità di conferimento e l'importo delle borse di studio di cui al comma 5, nonche' le convenzioni di cui al comma 4»;
   b) al comma 5, lettera c):
        1) le parole: «comunque non inferiore alla metà dei dottorandi» sono soppresse;
        2) dopo le parole: «borse di studio da assegnare» sono inserite le seguenti: «e dei contratti di apprendistato di cui all'articolo 50 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, da stipulare»;
    c) dopo il comma 6 e' inserito il seguente:
        «6-bis. E' consentita la frequenza congiunta del corso di specializzazione medica e del corso di dottorato di ricerca. In caso di frequenza congiunta, la durata del corso di dottorato e' ridotta ad un minimo di due anni»;
    d) e' aggiunto, in fine, il seguente comma:
        «8-bis. Il titolo di dottore di ricerca e' abbreviato con le diciture: "Dott. Ric." ovvero "Ph. D."».

2. La disposizione di cui al numero 1) della lettera b) del comma 1 del presente articolo acquista efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, come sostituito dalla lettera a) del medesimo comma 1 del presente articolo.

3. All'articolo 2, primo comma, della legge 13 agosto 1984, n. 476, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al primo periodo, dopo le parole: «e' collocato a domanda» sono inserite le seguenti: «, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione,»;
   b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Non hanno diritto al congedo straordinario, con o senza assegni, i pubblici dipendenti che abbiano già conseguito il titolo di dottore di ricerca, ne' i pubblici dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di detto congedo. I congedi straordinari e i connessi benefici in godimento alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono mantenuti».

Art. 20.
(Valutazione tra pari per la selezione dei progetti di ricerca)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare, di concerto con il Ministro e con il Ministro della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede, a valere sulle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, per un periodo sperimentale di tre anni ad applicare il principio della tecnica di valutazione tra pari, svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all'estero, ai fini della selezione di tutti i progetti di ricerca, finanziati a carico delle risorse di cui all'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e a carico del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, di cui all'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ferma restando la possibilità di una disciplina particolare in relazione al Fondo per le agevolazioni alla ricerca, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297. Restano ferme le norme di cui all'articolo 1, commi 814 e 815, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e all'articolo 2, commi 313, 314 e 315, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Sono altresì fatti salvi, nel rispetto, ove possibile, del principio della tecnica di valutazione tra pari, i vincoli già previsti di destinazione di quote dei suddetti stanziamenti in favore di determinati settori, ambiti di soggetti o finalità.

2. All'articolo 2, comma 313, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo le parole: «italiana o straniera,» sono inserite le seguenti: «in maggioranza».

Art. 21.
(Comitato nazionale dei garanti per la ricerca)

1. Al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon funzionamento delle procedure di valutazione tra pari previste dall'articolo 20, e' istituito il Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR). Il CNGR e' composto da sette studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a una pluralità di aree disciplinari, tra i quali almeno due donne e due uomini, nominati dal Ministro, il quale sceglie in un elenco composto da non meno di dieci e non più di quindici persone definito da un comitato di selezione. Il comitato di selezione, istituito con decreto del Ministro, e' composto da cinque membri di alta qualificazione, designati, uno ciascuno, dal Ministro, dal presidente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, dal vice presidente del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR), dal presidente dell'European Research Council, dal presidente dell'European Science Foundation.

2. Il CNGR indica criteri generali per le attività di valutazione dei risultati, tenendo in massima considerazione le raccomandazioni approvate da organismi internazionali cui l'Italia aderisce in virtù di convenzioni e trattati; nomina gli studiosi che fanno parte dei comitati di selezione di cui al comma 1 dell'articolo 20 e coordina le attività dei comitati suddetti; subentra alla commissione di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 26 marzo 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 2004, nonche' alla commissione di garanzia prevista per i programmi di ricerca di interesse nazionale. Le predette commissioni sono soppresse dalla data in cui sono nominati i componenti del CNGR. Con specifici accordi di programma dotati di adeguata copertura degli oneri da essi derivanti, il CNGR può provvedere all'espletamento delle procedure di selezione dei progetti o programmi di ricerca attivati da enti pubblici o privati. Nell'esercizio delle sue funzioni, il CNGR si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie del Ministero relative alle attività contemplate dal presente comma.

3. La spesa per il funzionamento del CNGR e per i compensi relativi alle procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca e' compresa nell'ambito dei fondi riguardanti il finanziamento dei progetti o programmi di ricerca, per un importo massimo non superiore al 3 per cento dei predetti fondi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il decreto del Ministro che nomina i componenti del CNGR determina le indennità spettanti ai suoi componenti.

4. Il CNGR definisce le proprie regole di organizzazione e funzionamento ed elegge al proprio interno il presidente, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti. I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa per la durata del mandato. I componenti del CNGR restano in carica per un triennio e non possono essere nuovamente nominati prima che siano trascorsi almeno cinque anni. Essi cessano automaticamente dalla carica al compimento del settantesimo anno di età. Se uno dei componenti cessa dalla carica prima della scadenza del proprio mandato, il componente che viene nominato in sostituzione resta in carica per la durata residua del mandato. Il predetto componente e' scelto dal Ministro nello stesso elenco di cui al secondo periodo del comma 1.

5. In sede di prima applicazione, mediante sorteggio, sono individuati due componenti del CNGR che durano in carica due anni e tre componenti che durano in carica tre anni. Il CNGR predispone rapporti specifici sull'attività svolta e una relazione annuale in materia di valutazione della ricerca, che trasmette al Ministro, il quale cura la pubblicazione e la diffusione dei rapporti e delle relazioni del CNGR.

Art. 22.
(Assegni di ricerca)

1. Le università, le istituzioni e gli enti pubblici di ricerca e sperimentazione, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e l'Agenzia spaziale italiana (ASI), nonche' le istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico e' stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca ai sensi dell'articolo 74, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi, resi pubblici anche per via telematica sui siti dell'ateneo, ente o istituzione, del Ministero e dell'Unione europea, contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante.

2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato di una adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l'ammissione al bando; in assenza di tale disposizione, i suddetti titoli costituiscono titolo preferenziale ai fini dell'attribuzione degli assegni.

3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La durata complessiva dei rapporti instaurati ai sensi del presente articolo, compresi gli eventuali rinnovi, non può comunque essere superiore a quattro anni, ad esclusione del periodo in cui l'assegno e' stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della durata legale del relativo corso. La titolarità dell'assegno non e' compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all'estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

4. I soggetti di cui al comma 1 disciplinano le modalità di conferimento degli assegni con apposito regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi mediante le seguenti procedure:
    a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse del soggetto che intende conferire assegni per attività di ricerca, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di ricerca, corredati dei titoli e delle pubblicazioni e valutati da parte di un'unica commissione, che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni al soggetto medesimo e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;
    b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dal soggetto che intende conferire assegni per attività di ricerca.

5. I soggetti di cui al comma 1, con proprio regolamento, possono riservare una quota di assegni di ricerca a studiosi italiani o stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca, o titolo equivalente, all'estero ovvero a studiosi stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca in Italia.

6. A decorrere dall'anno 2011, agli assegni di cui al presente articolo si applicano, in materia fiscale, le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476, nonche', in materia previdenziale, quelle di cui all'articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, in materia di astensione obbligatoria per maternità, le disposizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2007, e, in materia di congedo per malattia, l'articolo 1, comma 788, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni. Nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, l'indennità corrisposta dall'INPS ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto 12 luglio 2007 e' integrata dall'università fino a concorrenza dell'intero importo dell'assegno di ricerca.

7. L'importo degli assegni di cui al presente articolo e' determinato dal soggetto che intende conferire gli assegni medesimi, sulla base di un importo minimo stabilito con decreto del Ministro.

8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.

9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all'articolo 24, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, nonche' con gli enti di cui al comma 1 del presente articolo, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dodici anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente.

Art. 23.
(Contratti per attività di insegnamento)

1. Le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, possono stipulare contratti della durata di un anno accademico e rinnovabili annualmente per un periodo massimo di cinque anni, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale, che siano dipendenti da altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero titolari di pensione, ovvero lavoratori autonomi in possesso di un reddito annuo non inferiore a 40.000 euro lordi. I predetti contratti sono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici. I contratti a titolo gratuito possono essere stipulati esclusivamente con soggetti in possesso di un reddito da lavoro autonomo o dipendente, fermi restando i requisiti richiesti. I contratti a titolo gratuito, ad eccezione di quelli stipulati nell'ambito di convenzioni con enti pubblici, non possono superare, nell'anno accademico, il 5 per cento dell'organico dei professori e ricercatori di ruolo in servizio presso l'ateneo.

2. Fermo restando l'affidamento a titolo oneroso o gratuito di incarichi di insegnamento al personale docente e ricercatore universitario, le università possono, altresì, stipulare contratti a titolo oneroso, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali. Il possesso del titolo di dottore di ricerca, della specializzazione medica, dell'abilitazione, ovvero di titoli equivalenti conseguiti all'estero, costituisce titolo preferenziale ai fini dell'attribuzione dei predetti contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con regolamenti di ateneo, nel rispetto del codice etico, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il trattamento economico spettante ai titolari dei predetti contratti e' determinato, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

3. Al fine di favorire l'internazionalizzazione, le università possono attribuire, nell' ambito delle proprie disponibilità di bilancio o utilizzando fondi donati ad hoc da privati, imprese o fondazioni, insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti stranieri di chiara fama. Il trattamento economico e' stabilito dal consiglio di amministrazione sulla base di un adeguato confronto con incarichi simili attribuiti da altre università europee. La proposta dell'incarico e' formulata al consiglio di amministrazione dal rettore, previo parere del senato accademico e pubblicizzazione del curriculum del candidato nel sito internet dell'università.

4. La stipulazione di contratti per attività di insegnamento ai sensi del presente articolo non dà luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari.

Art. 24.
(Ricercatori a tempo determinato)

1. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonche' delle attività di ricerca.

2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università con regolamento ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri:
    a) pubblicità dei bandi sul sito dell'aieneo e su quelli del Ministero e dell'Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;
informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale; previsione di modalità di trasmissione telematica delle candidature nonche', per quanto possibile, dei titoli e delle pubblicazioni;
   b) ammissione alle procedure dei possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, ovvero, per i settori interessati, del diploma di specializzazione medica, nonche' di eventuali ulteriori requisiti definiti nel regolamento di ateneo, con esclusione dei soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori universitari di prima o di seconda fascia o come ricercatori, ancorche' cessati dal servizio;
    c) valutazione preliminare dei candidati, con motivato giudizio analitico sui titoli, sul curriculum e sulla produzione scientifica, ivi compresa la tesi di dottorato, secondo criteri e parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con decreto del Ministro, sentiti l'ANVUR e il CUN; a seguito della valutazione preliminare, ammissione dei candidati comparativamente più meritevoli, in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del numero degli stessi e comunque non inferiore a sei unità, alla discussione pubblica con la commissione dei titoli e della produzione scientifica; i candidati sono tutti ammessi alla discussione qualora il loro numero sia pari o inferiore a sei; attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni presentate dai candidati ammessi alla discussione, a seguito della stessa;
possibilità di prevedere un numero massimo, comunque non inferiore a dodici, delle pubblicazioni che ciascun candidato può presentare. Sono esclusi esami scritti e orali, ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l'adeguata conoscenza di una lingua straniera; l'ateneo può specificare nel bando la lingua straniera di cui e' richiesta la conoscenza in relazione al profilo plurilingue dell'ateneo stesso ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera; la prova orale avviene contestualmente alla discussione dei titoli e delle pubblicazioni. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, si applicano i parametri e criteri di cui al decreto del Ministro adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1;
   d) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima e di seconda fascia e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione.

3. I contratti hanno le seguenti tipologie:
    a) contratti di durata triennale prorogabili per soli due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro; i predetti contratti possono essere stipulati con il medesimo soggetto anche in sedi diverse;
    b) contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, o di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

4. I contratti di cui al comma 3, lettera a), possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito. I contratti di cui al comma 3, lettera b), sono stipulati esclusivamente con regime di tempo pieno. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti e' pari a 350 ore per il regime di tempo pieno e a 200 ore per il regime di tempo definito.

5. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di contratto di cui al comma 3, lettera b), l'università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e). In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, e' inquadrato nel ruolo dei professori associati. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro. La programmazione di cui all'articolo 18, comma 2, assicura la disponibilità delle risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione. Alla procedura e' data pubblicità sul sito dell'ateneo.

6. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell'università medesima, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16. A tal fine le università possono utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo. A decorrere dal settimo anno l'università può utilizzare le risorse corrispondenti fino alla metà dei posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate di cui al comma 5.

7. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 9.

8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 3, lettera a), e' pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a seconda del regime di impegno. Per i titolari dei contratti di cui al comma 3, lettera b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo e' pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30 per cento.

9. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli. L'espletamento del contratto di cui al comma 3, lettere a) e b), costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni.

Art. 25.
(Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori)

1. L'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica a professori e ricercatori universitari. I provvedimenti adottati dalle università ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i loro effetti.

Art. 26.
(Disciplina dei lettori di scambio)

1. In esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l'utilizzo reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri in possesso di qualificata e comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine e alla cooperazione internazionale.

2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto rettorale, previa delibera degli organi accademici competenti. Con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità per il conferimento degli incarichi, ivi compreso il trattamento economico a carico degli accordi di cui al comma 1.

3. L'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63, si interpreta nel senso che, in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 26 giugno 2001, nella causa C-212/99, ai collaboratori esperti linguistici, assunti dalle università interessate quali lettori di madrelingua straniera, il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura proporzionata all'impegno orario effettivamente assolto, deve essere attribuito con effetto dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera a norma dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sino alla data di instaurazione del nuovo rapporto quali collaboratori esperti linguistici, a norma dell'articolo 4 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. A decorrere da quest'ultima data, a tutela dei diritti maturati nel rapporto di lavoro precedente, i collaboratori esperti linguistici hanno diritto a conservare, quale trattamento retributivo individuale, l'importo corrispondente alla differenza tra l'ultima retribuzione percepita come lettori di madrelingua straniera, computata secondo i criteri dettati dal citato decreto-legge n. 2 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2004, e, ove inferiore, la retribuzione complessiva loro spettante secondo le previsioni della contrattazione collettiva di comparto e decentrata applicabile a norma del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. Sono estinti i giudizi in materia, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 27.
(Anagrafe degli studenti)

1. All'articolo 1-bis, comma 1, alinea, del decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 2003, n. 170, le parole: «, in particolare,» sono soppresse.

Art. 28.
(Istituzione di un Fondo per la formazione e l'aggiornamento della dirigenza presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca)

1. Al fine di contribuire alla formazione e all'aggiornamento dei funzionari pubblici, con particolare attenzione al personale degli enti locali in vista delle nuove responsabilità connesse all'applicazione del federalismo fiscale, e' istituito presso il Ministero il Fondo per la formazione e l'aggiornamento della dirigenza. A valere su detto Fondo, il Ministro può concedere contributi per il finanziamento di iniziative di studio, ricerca e formazione sviluppate da università pubbliche in collaborazione con le regioni e gli enti locali.

2. Possono accedere alle risorse del Fondo università pubbliche, private, fondazioni tra università ed enti locali, anche appositamente costituite, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, per le finalità di cui al presente articolo, in numero massimo di due sul territorio nazionale, di cui una avente sede nelle aree delle regioni dell'obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999.

3. Con decreto del Ministero, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione delle presenti disposizioni e sono altresì individuati i soggetti destinatari.

4. Per le finalità del presente articolo e' autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012 e fino all'anno 2017.

5. All'onere derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 29.
(Norme transitorie e finali)

1. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo.

2. Le università continuano ad avvalersi delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di assunzione in servizio, fino alla adozione dei regolamenti di cui all'articolo 18, comma 1.

3. All'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, dopo il quinto periodo e' inserito il seguente: «Si procede altresì direttamente al sorteggio nell'ipotesi in cui il numero dei professori ordinari appartenenti al settore scientifico disciplinare oggetto del bando e' inferiore a quattro».

4. Coloro che hanno conseguito l'idoneità per i ruoli di professore associato e ordinario possono comunque essere destinatari di chiamata ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, fino al termine del periodo di durata dell'idoneità stessa previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230. In tale ipotesi e nel caso di idoneità conseguita all'esito delle procedure di valutazione comparativa, bandite ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, e successive modificazioni, e dell'articolo 4-bis, comma 16, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, nei novanta giorni successivi alla deliberazione, da parte dell'università che ha indetto il bando, di voler effettuare la chiamata, devono seguire il decreto di nomina e la presa di servizio dell'idoneo, in mancanza dei quali quest'ultimo può essere chiamato da altre università, ferma restando per l'università che ha indetto il bando la possibilità di ripetere la chiamata.

5. I contratti di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), possono essere stipulati, con le modalità previste dal medesimo articolo, anche con coloro che hanno usufruito per almeno tre anni dei contratti stipulati ai sensi dell'articolo 1, comma 14, della citata legge n. 230 del 2005.

6. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro, con decreto adottato di concerto con il Ministro della salute, provvede alla rideterminazione del numero dei posti disponibili nei corsi di laurea in medicina e chirurgia e alla loro distribuzione su base regionale anche al fine di riequilibrare l'offerta formativa in relazione al fabbisogno di personale medico del bacino territoriale di riferimento.

7. All'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo la parola: «universitarie» sono inserite le seguenti: «o di ricerca» e dopo le parole: «proposta la chiamata» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero di studiosi che siano risultati vincitori nell'ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e il Consiglio universitario nazionale, finanziati dall'Unione europea o dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca»; il secondo periodo e' soppresso; al quarto periodo, le parole: «A tal fine» sono sostituite dalle seguenti: «A tali fini».

8. Ai fini dei procedimenti di chiamata dei professori di cui all'articolo 18 della presente legge l'idoneità conseguita ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, e' equiparata all'abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), della medesima legge, nonche' all'articolo 1, comma 6, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e successive modificazioni.

9. A valere sulle risorse previste dalla legge di stabilità per il 2011 per il fondo per il finanziamento ordinario delle università, e' riservata una quota non superiore a 13 milioni di euro per l'anno 2011, 93 milioni di euro per l'anno 2012 e 173 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2013, per la chiamata di professori di seconda fascia, secondo le procedure di cui agli articoli 18 e 24, comma 6, della presente legge. L'utilizzo delle predette risorse e' disposto con decreto del Ministro, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti.

10. La disciplina dei trasferimenti di cui all'articolo 3 della legge 3 luglio 1998, n. 210, si applica esclusivamente ai ricercatori a tempo indeterminato.

11. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
    a) l'articolo 14, quinto comma, della legge 18 marzo 1958, n. 311;
    b) l'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398;
    c) l'articolo 1, commi 8, 10, 11 e 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230;
    d) l'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

12. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all'articolo 16, comma 2, della presente legge, e' abrogato il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164.

13. Fino all'anno 2015 la laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, e' titolo valido per la partecipazione alle procedure pubbliche di selezione relative ai contratti di cui all'articolo 24.

14. Fino alla definizione dei criteri di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), e dei criteri e indicatori di cui al comma 3, lettera b), del medesimo articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia.

15. All'articolo 6, comma 12, quarto periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, dopo le parole: «compiti ispettivi» sono aggiunte le seguenti: «e a quella effettuata dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell'Unione europea ovvero di soggetti privati».

16. All'articolo 2, comma 140, lettera b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, dopo le parole: «e le relative indennità» sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, prevedendo che, ferma restando l'applicazione delle disposizioni vigenti in materia di collocamento a riposo, la carica di presidente o di componente dell'organo direttivo può essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età».

17. Nella prima tornata delle procedure di abilitazione di cui all'articolo 16, qualora l'ANVUR non abbia provveduto in tempo utile a formulare la lista di studiosi ed esperti in servizio all'estero di cui al citato articolo 16, comma 3, lettera f), in relazione a uno specifico settore concorsuale, la commissione nazionale, relativamente a tale settore, e' integralmente composta ai sensi della lettera h) del medesimo comma 3.

18. All'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «Ciascuna università destina tale somma per una quota non inferiore al 50 per cento all'assunzione di ricercatori e per una quota non superiore al 20 per cento all'assunzione di professori ordinari».

19. In attuazione di quanto disposto dagli articoli 6, comma 14, e 8 della presente legge, e fermo restando quanto previsto dall'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e' autorizzata la spesa di 18 milioni di euro per l'anno 2011 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013. Con decreto del Ministro, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono indicati criteri e modalità per l'attuazione del presente comma con riferimento alla ripartizione delle risorse tra gli atenei e alla selezione dei destinatari dell'intervento secondo criteri di merito accademico e scientifico. Al relativo onere si provvede, quanto a 18 milioni di euro per l'anno 2011, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 17, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 245, e quanto a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l'anno 2012, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

20. Agli studiosi impegnati all'estero che abbiano svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero nell'ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di ricerca e di docenza nelle università italiane, il servizio prestato e' riconosciuto per i due terzi ai fini della carriera e per intero, a domanda e con onere a carico del richiedente, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. Al relativo onere, pari a euro 340.000 annui a decorrere dall'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 19 ottobre 1999, n. 370.

21. Con decreto del Ministro, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere del CUN e del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), sono disciplinate le modalità organizzative per consentire agli studenti la contemporanea iscrizione a corsi di studio universitari e a corsi di studi presso i conservatori di musica, gli istituti musicali pareggiati e l'Accademia nazionale di danza.

22. All'onere derivante dall'applicazione dell'articolo 5, comma 3, lettera g), si provvede nel limite massimo di 11 milioni di euro per l'anno 2011 mediante corrispondente riduzione per il medesimo anno dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 19 ottobre 1999, n. 370. All'onere derivante dall'articolo 22, comma 6, valutato in 3,5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 1, della medesima legge n. 370 del 1999. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Dall'attuazione delle rimanenti disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

 

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Proponiamo qui di seguito:
a) i riferimenti per trovare il fascicolo della riforma, trasmesso dalla Commissione istruzione alla

     Presidenza del Senato;
b) una traccia del Sen. Prof. G. Valditara, che spiega le novità introdotte dalla Commissione,

     rispetto al testo originario del Governo.
 
In questo testo il Sen. rivendica il merito personale di aver proposto la "chiamata diretta" per i Ricercatori a tempo indeterminato. Segue un nostro commento, in cui gli contestiamo che la cosa avrebbe un senso se, anche, avesse proposto la "progressione retributiva unica" per le tre fasce.

A riguardo del punto a), clicca su:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlcomm&leg=16&id=483560
Per trovare, poi, il Disegno di Legge Delega, dopo l'apertura della videata, colonna di sinistra, CLICCA su:"DISEGNO DI LEGGE Articolato (Testo a fronte)".

Giuseppe Valditara, Importanti modifiche rispetto al  progetto governativo
(Testo ripreso da "il Sole-24 ORE", 21.5.2010)

 Governance.  La riforma dell'università approvata in commissione al Senato presenta importanti modifiche rispetto al progetto governativo, pur rispettandone lo spirito originario.
   È bene sottolineare le linee portanti del disegno di legge anche alla luce degli emendamenti approvati durante un dibattito parlamentare ricco di stimoli.
  L'aspetto più innovativo del testo è quello di disegnare un assetto di governo degli atenei che finalmente distingue in modo netto le competenze dei rispettivi organi, favorendo responsabilizzazione delle scelte, minore autoreferenzialità e più rapidità nelle decisioni. Il tutto s'inserisce in un quadro che fa della valutazione delle singole università il pilastro del nuovo sistema.
  Oggi cda e senato accademico svolgono funzioni che si sovrappongono, non incidono su alcuni temi decisivi della vita universitaria e rischiano di essere condizionati da istanze corporative. La riforma ma attribuisce invece al cda importanti compiti in via esclusiva: l'approvazione del piano triennale di sviluppo, la decisione d'istituire nuove sedi o nuovi corsi, l'ultima parola sull'assunzione del personale docente.
  Nel testo governativo mancava un altro aspetto importante: la responsabilità dei provvedimenti disciplinari, fino al licenziamento, che fino ad oggi competeva a un organo nazionale di rappresentanza elettiva delle categorie, il Cun. Un emendamento approvato in commissione attribuisce al cda la competenza su tutti i provvedimenti disciplinari.
  Il cda sarà composto per circa la metà da soggetti esterni, ai ruoli dell'università. Tutti i membri del cda, a parte la rappresentanza studentesca, dovrebbero caratterizzarsi per particolare competenza ed esperienza ? Il rettore sarà invece eletto da tutta l'accademia per rappresentare l'unità della istituzione.
  Davanti a questo spostamento di competenze in capo al cda, e al rettore, che ne ispira la linea, al senato devono spettare funzioni di stimolo e di controllo, che sono state meglio precisate e rafforzate rispetto a quanto previsto dal testo governativo. È stata fra l'altro introdotta in commissione la possibilità di proporre la sfiducia del rettore, con maggioranza di almeno i 3/4 dei componenti i senato accademico. Si è anche garantito un collegamento fra i dipartimenti e senato accademico per assicurare un più funzionale ascolto delle istanze didattiche e di ricerca.
  Stato giuridico. Un altro passaggio importante del disegno di legge riguarda lo stato giuridico del personale docente. Riprendendo emendamento introdotto al Senato ne legge 1/2009, gli scatti stipendiali saranno commisurati ai risultati raggiunti. Un emendamento parlamentare va oltre questa misura e istituisce un fondo per la premialità, al fine di rendere possibili contratti integrativi con cui retribuire maggiormente chi si distingua nella didattica o nella ricerca.
  Nel testo del Ddl vi era l'obbligo di un certo numero di ore di ricerca e di studio, le famose 1.500 ore complessive. Negli emendamenti approvati in Senato si rende possibile aumentare l'obbligo didattico (da 350 ore l'anno ad "almeno" 350 ore l'anno), si prevede l'obbligatorietà della certificazione dell'effettivo svolgimento delle ore di didattica, si ritiene invece che la ricerca debba essere valutata sui risultati, non in base al numero di ore dedicate.
  Reclutamento. Cambia radicalmente il meccanismo attuale di reclutamento. Ci sarà un'abilitazione nazionale e poi un reclutamento locale con valutazione comparativa. Le procedure previste nel Ddl erano eccessivamente burocratiche e prescrittive: sono state semplificate radicalmente valorizzando l'autonomia delle singole università.
   Infine il Ddl governativo rende definitiva una norma già contenuta nella riforma Moratti: i ricercatori d'ora in noi saranno solo a contratto.
   Occorreva peraltro garantire agli attuali ricercatori a tempo indeterminato, che abbiano conseguito l'idoneità ad associato, le stesse opportunità d'assunzione in servizio, che la legge riservava invece ai soli, futuri, ricercatori a contratto. Ciò è stato fatto con un apposito emendamento che estende anche a loro la chiamata diretta.

Nino Luciani, Per i ricercatori a tempo indeterminato, la "chiamata diretta" è una scatola vuota, se disgiunta da una "progressione retributiva unica", in luogo delle tre progressioni retributive (oggi, una per ogni fascia di docenza). Vediamo perchè ...

a)  Un giudizio sommario sul progetto originario.
Personalmente rigetto a pié pari lo "spirito originario del progetto governativo", perchè è a "costo zero" e, anzi, fa un passo indietro nella valutazione e nella meritocrazia, sia perchè privilegia il precariato (rispetto ai concorsi pubblici) sia perchè aumenta il potere corporativo locale, per le assunzioni, in confronto alla vituperata legge 210/1998.
  Di buono c'è l'abilitazione a lista aperta che, pur se non dà l'eccellenza, evita alla università di cadere nella melma, con le assunzioni per contratto, senza alcuna garanzia di qualità. Questa novità, direi che da sola vale la riforma.

b) Ricercatori a tempo indeterminato
. Voglio dare "a Cesare, quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio", ma con le dovute osservazioni.
  L'emendamento Valditara che (almeno) equipara i Ricercatori a tempo indeterminato a quelli a tempo determinato parrebbe una prova di sensibilità , diciamo, salomonica: vale dire, trattare allo stesso modo tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni. Si direbbe dare il minimo, al di sotto del quale non si poteva scendere, ma che non c'era nel testo originario.

   Ma, se poi (da "professori universitari", quali siamo - e non da Ministri e sottosegretari della "Università"), guardiamo un po' dentro le cose, vediamo che il conto non torna.

  Infatti, in base all'art.35, c. 9 e successivi  "in sede di primo inquadramento e successivamente nelle ipotesi di passaggio di qualifica di carriera, o da una ad altra fascia, al personale con stipendio superiore a quello iniziale di inquadramento o rispettivamente di accesso a posizione superiore, sono attribuiti nella nuova posizione stipendiale tanti scatti del 2,50 per cento necessari ad assicurare uno stipendio di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento."
  In altri termini, uno che, da ricercatore viene promosso ad associato, sarà collocato nel livello stipendiale iniziale della fascia di arrivo, e che è più bassa di quella di provenienza, nel caso dei ricercatori anziani). Perchè la retribuzione non cali, gli sarà fatto un credito (sotto forma di assegno ad personam), ma rimarrà in quel livello per tanti anni, quanti necessari per recuperare una anzianità con una retribuzione uguale a quella di ingresso (compreso l'assegno ad personam). E dunque per 10-15 anni rimarrà in quel livello, senza mai vedere aumentare la retribuzione.
  In altri termini, i Ricercatori anziani sono danneggiati dalla promozione.

c) Facciamo tornare il conto.
Questa anomalia (che colpisce le tre fasce dei docenti) è dovuto al fatto che le tre fasce hanno tre progressioni retributive. E, dunque, per la giustizia e perchè il merito abbia un senso, occorrerebbe fare una progressione retributiva unica, pur se suddivisa in tre fasce. In questo modo il ricercatore promosso ad associato, sarebbe inquadrato come associato con una retribuzione di livello immediatamente superiore a quello di provenienza, per poi continuare a salire in base a produttività (come "dice", ma non fa, il DDL Gelmini).

d) A quale livello scientifico stanno i nostri Ricercatori a tempo indeterminato ? A quelli (che ho sentito al Miur), che screditano i nostri ricercatori, dicendo che, se a 50 anni, non hanno ancora vinto un concorso, un motivo ci sarà ..., rispondo che sono in mala fede. Lo sanno per primi che i concorsi sono stati pochi e non sono avvenuti con regolarità, a partire dal 1980, e fino al 1998, finchè chi aveva passato il turno ( a suo tempo) è stato accantonato, a favore dei giovani.
  E comunque, per una idea, sulle vicende del sistema universitario italiano, pubblico a parte uno studio di due docenti (italiani) dell'Università di Manchester, e il pensiero di nostro valente "ricercatore" sulla riforma Gelmini, apparso recentemente su . Nino Luciani

Ovviamente, per dare concrete opportunità d'assunzione ai giovani, è indispensabile che non venga prorogata la norma che limita, fino al 31 dicembre 2011, l'utilizzo dei fondi derivanti dal turn over.
   Il Ddl predispone un quadro normativo organico che dovrebbe favorire il rilancio del nostro sistema universitario. Probabilmente si potrebbe aggiungere un comma ulteriore che consenta di sperimentare non solo forme di governance innovative, ma anche più flessibili modelli d'organizzazione del lavoro del personale docente, consentendo per esempio la modifica dell'impegno didattico in relazione all'assunzione di particolari compiti di ricerca.
Una volta approvata la riforma, il governo dovrà tuttavia tener fede alla promessa di più adeguate risorse: la difficoltà del momento non può penalizzare un ' settore strategico per il futuro dei paese. Giuseppe Valditara

 

GLI EMENDAMENTI APPROVATI DALLA COMMISSIONE
in sede referente (nostra ricostruzione)

   NOTA. In queste settimane la Commissione istruzione ha lavorato intensamente. Dei 15 articoli del DDL, ne ha terminati 8 ( e, in parte, anche 9,10,11, 12). Qui di seguito, essi sono riportati, uno per uno. Nella colonna di sinistra c'è il testo originale, nella colonna di destra, c'è il testo definitivo, in seguito all'emendamento.
   Direi che, pur se le modifiche ci sono, la sostanza politica rimane quella originaria.
   In brev
e, il governo vuole mettere un limite alla spesa universitaria, attraverso un maggiore controllo finanziario centrale, fino a prevedere il commissariamento della gestione locale (con la sola eccezione di mantenere il Rettore, anche in caso di commissariamento.
  Rimangono gli esterni (27%) nel Consiglio di Amministrazione e il Senato diviene elettivo (in pratica vengono buttati fuori i Presidi, oggi membri di diritto, e che sono l'essenza della democrazia universitaria). Il precariato è istituzionalizzato come un modo di fare "economie" (alla stessa stregua che nelle imprese private). E' bloccato il turnover e questo lede il diritto alla carriera per i meritevoli.
    Per la copertura dei posti, rimane l'abilitazione a lista aperta con commissioni sorteggiate (cosa che io approvo) e il concorso locale con commissioni nominate localmente (ossia nè votate, nè sorteggiate), cosa che è una vera calamità perchè ciò equivale alla istituzionalizzazione del localismo.
   Sono introdotti verifiche certosine di produttività, ma senza dare una "lira" aggiuntiva ai meritevoli.


DDL (Senato 1905) del Governo su Governance Università, Diritto allo studio  e Reclutamento dei Professori


MS. Gelmini

Chiuse la discussione generale (3 marzo)
e la presentazione degli emendamenti ( 9 marzo)

ELENCO  DEGLI  EMENDAMENTI  PROPOSTI
(non ancora presentati emendamenti per gli artt. 9
e successivi, riguardanti lo stato giuridico)

Nel frattempo i Ricercatori entrano in agitazione ... e appellano agli altri Docenti per la lotta in comune, per  l'Università (vedi Documento, sotto)


Marco Merafina

 1.- Nota. Diciamo ai Colleghi che, al momento, è impossibile dire se ci sarà vera riforma oppure una soluzione "gattopardesca", anzi "involutiva" (quella del testo proposto dal Governo). Il riferimento è ai concorsi locali (aumenta il localismo) e al sistema finanziario (cala l'autonomia finanziaria). Il chiarimento sulle probabilità di veri progressi in meglio verrà solo dopo gli emendamenti, che:
- in primis dovrebbero separare le cose "non volute, ma dichiarate come volute" da quelle "volute, ma messe tra le righe".
   Vanno precluse possibili "deviazioni", più tardi, quando ci saranno i Decreti Delegati di "interpretazione della legge";
- e successivamente dovrebbero fare le scelte, anche alla luce delle pregresse audizioni del mondo universitario.
  Auspicabile anche una verifica in corso d'opera, tra il Presidente Possa e i Sindacati, subito dopo l'approvazione del DDL in sede referente, prima del riesame in sede deliberante.
    
 2.- Segni di lotta  dai Ricercatori. I Ricercatori hanno proclamato lo stato di agitazione (si vegga il Documento, qui sotto, colonna di destra), in quanto una prima lettura degli emendamenti non permette di capire bene... .
   I Ricercatori sono 1/3 dei docenti di Ruolo (Ricercatori+Associati+Ordinari). Insegnano pur non essendo obbligati dalla legge vigente. Dunque, hanno la forza sufficiente per opporsi ad un Governo che aumenta i problemi dell'Università.

 3.- Appello per decidere uno sciopero di protesta.  Vista l'aria che tira,  facciamo appello a tutte le Organizzazioni Sindacali per una riunione circa la proclamazione di uno sciopero di almeno una settimana. Adesso o mai più. NL

CNRU - Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari

PROCLAMA
     stato di agitazione dei Ricercatori Universitari

  Il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari:

1)  preso atto dei contenuti del DDL Gelmini, che "dimentica":

  - di finanziare la riforma stessa, accentuando le difficoltà degli Atenei a predisporre una normale programmazione del personale in sede di bilancio, oltre alla difficoltà di assicurare un corretto svolgimento delle proprie funzioni istituzionali;
  - di considerare alcune norme transitorie indispensabili che dovrebbero riguardare gli attuali Ricercatori Universitari, cancellando così definitivamente ogni prospettiva di soluzione al problema dello Stato Giuridico dei Ricercatori Universitari, attesa ormai da trent'anni;
- di assicurare una gestione democratica degli atenei attraverso la partecipazione di tutte componenti universitarie negli organi di governo;
- di escludere i Ricercatori Universitari con più di 40 anni di contributi dal licenziamento-prepensionamento coatto, malgrado gli Ordini del giorno
bypartisan in tal senso approvati nei due rami del Parlamento;

  2) considerati inoltre i contenuti degli emendamenti presentati dal relatore della legge che tra l'altro:

- obbligano all'attività didattica i Ricercatori Universitari senza alcun riconoscimento del loro stato giuridico;
- trasformano gli scatti di Professori e Ricercatori Universitari da biennali a triennali con obbligo di domanda per l'ottenimento degli stessi, senza possibilità di opzione per il nuovo regime e senza una reale trasformazione della carriera universitaria;

PROCLAMA
   lo stato di agitazione dei Ricercatori Universitari

  e, estendendo le iniziative già in atto in numerose sedi,
  invita i Ricercatori di tutti gli atenei a riservarsi di non accettare incarichi per affidamento e supplenza per il prossimo anno accademico, sviluppando inoltre forme di lotta immediate che comprendano anche la sospensione dell'attività didattica, con la sola esclusione dei Ricercatori Universitari minacciati dal licenziamento che nell'esercizio dell'attività didattica hanno elemento di difesa giudiziaria;

  chiede inoltre ai docenti delle altre fasce di partecipare a tale forma di protesta non accettando ulteriori incarichi di docenza al di fuori di quelli istituzionali.
                                                                                                                             Il Direttivo del CNRU

 

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Il DDL  del Governo su Governance Università, Diritto allo studio
  e Reclutamento dei Professori Universitari approda in SENATO col numero S 1905


La Relazione del Sen. Prof. Giuseppe VALDITARA

  Il 9 dicembre 2009 la Commissione Istruzione ha iniziato l'esame del DDL.
   Il sen. G. Valditara, prof. Ordinario di Diritto Romano all'Università di Torino, ha fatto la relazione introduttiva, tra l'altro, con molta autonomia critica.
  In vista delle audizioni del mondo universitario, da parte della Commissione Istruzione, ognuno di noi (anche dall'estero), potrebbe inviare idee migliorative direttamente alla Segreteria della Commissione (e-mail: COMM07A@senato.it ).
  Chi vuole può inviarne una copia a UNIVERSITAS  News, per la pubblicazione
(e-mail: nino.luciani@alice.it ). Per i link ai disegni di legge originali, vedi subito sotto.

Giuseppe Valditara

Commissione "ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI"
Riunione di MERCOLEDÌ 9 DICEMBRE 2009

   Argomenti:
- (1905) DDL del Governo:  Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario;
- (591) GIAMBRONE ed altri.  -  Modifica dell'articolo 17, comma 96, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in materia di disciplina dei professori a contratto;
- (874) POLI BORTONE.  -  Disposizioni a favore dei professori universitari incaricati  ; 
- (970) COMPAGNA ed altri.  -  Disciplina dei docenti universitari fuori ruolo ;
- (1387) VALDITARA ed altri.  -  Delega al Governo per la riforma della governance di ateneo ed il riordino del reclutamento dei professori universitari di prima e seconda fascia e dei ricercatori ;
(1579) Mariapia GARAVAGLIA ed altri.  -  Interventi per il rilancio e la riorganizzazione delle università.

 RESOCONTO SOMMARIO N. 152
Riferisce alla Commissione il relatore VALDITARA (PdL), il quale osserva anzitutto come l'esame in Parlamento dei disegni di legge in titolo dovrebbe essere l'occasione per una presa d'atto, da parte della classe politica, della centralità della ricerca e dell'istruzione superiore per lo sviluppo del Paese, nonostante ciò non rientri nella tradizione politica e culturale italiana, atteso che gli ultimi 40 anni di storia repubblicana non vanno esattamente in questo senso.
  Del resto, prosegue, l'università è tanto più importante in quanto, se negli anni Settanta il 70 per cento delle innovazioni passava attraverso le imprese, oggi oltre il 50 per cento si realizza all'interno delle università e dei centri pubblici di ricerca.

A titolo esemplificativo, egli rammenta che lo stesso presidente Obama ha recentemente avuto modo di sottolineare che il primato americano è dovuto al fatto che gli Usa hanno sempre concepito la ricerca come una priorità, dedicandole più di ogni altro Paese attenzione e investimenti, tanto che le università statunitensi sono al vertice di tutte le classifiche internazionali. Non diversamente, il primato tedesco tra la fine dell'Ottocento e la seconda guerra mondiale non fu dovuto solo alle materie prime, le quali sono presenti anche in molti Paesi in via di sviluppo i quali soffrono tuttavia di drammatici problemi di crescita. La forza del sistema produttivo tedesco ha avuto invece uno strumento eccezionale innanzitutto nelle università. Quanto alla Cina, il dato qualificante non sta nella competitività delle condizioni produttive, che nell'arco di alcuni anni è destinata a diminuire, bensì nella moltiplicazione di sedi universitarie che, per capacità di innovazione e qualità, sfidano ormai i migliori atenei occidentali.

Al fine di comprendere quale tipo di riforma serva al nostro Paese, egli invita dunque a partire innanzitutto da una valutazione dei risultati prodotti dal sistema attuale.

L'Italia è quarta per produzione scientifica tra tutti i Paesi europei, rapporto che è relativamente proporzionato al numero dei professori e dei ricercatori. La Germania ha invero una produzione scientifica doppia, ma ha anche un numero quasi doppio di ricercatori e professori. L'Italia è quindi più produttiva della Spagna, mentre la Francia e la Gran Bretagna ottengono risultati migliori, anche in termini relativi. Risultati ancora migliori ottengono però Svezia, Olanda e Svizzera, se non si considera il numero assoluto di pubblicazioni, bensì il rapporto fra numero delle pubblicazioni e numero di ricercatori.

Andando a verificare l'impatto scientifico, che rappresenta indubbiamente il dato più importante, si riscontra peraltro non solo che l'Italia è ben oltre la media, ma anche che le citazioni dei lavori dei nostri ricercatori sulle principali riviste scientifiche sono più numerose rispetto a quelle dei ricercatori francesi. Né corrisponde al vero che in tutti i ranking internazionali le nostre università ottengano piazzamenti deludenti: esse sono senz'altro penalizzate dallo Shangai e dal Times, ma sono ben quotate secondo il Leiden e il Taiwan. Ciò accade perché il Taiwan e il Leiden sono basati innanzitutto sulla qualità della ricerca, mentre lo Shangai e il Times prendono in considerazione indicatori in cui l'Italia è realmente agli ultimi posti, quali l'internazionalizzazione di studenti e docenti, nonché il rapporto fra professori e studenti. Del resto, anche l'allegato III al Documento di programmazione economico-finanziaria del luglio scorso conferma che il numero di professori e ricercatori italiani è inferiore alla media Ocse. Proprio dal Times e dallo Shangai risulta confermato tuttavia che le università italiane hanno un impact factor superiore a quello della Francia e una reputazione della comunità scientifica superiore a quella degli atenei tedeschi, che hanno peraltro punte di assoluta eccellenza assenti in Italia. Senz'altro notevole è invece la differenza rispetto ai modelli americano e inglese, che scontano però anche, a proprio favore, il veicolo linguistico.

Piuttosto, l'Italia risulta ben al di sotto della media internazionale quanto a capacità di realizzare promozione sociale, a causa dei modesti investimenti in diritto allo studio e della inadeguatezza delle strutture per la didattica.

Il disegno di legge del Governo n. 1905 riprende dunque in modo complessivamente coerente buona parte delle misure già introdotte con successo nei sistemi universitari dei principali Paesi Ocse.

Ad iniziare dal Regno Unito di Margaret Thatcher, e poi negli ultimi dieci anni in molti altri Paesi europei, all'estero vi è stata infatti una modernizzazione dei sistemi universitari alla luce di due principi ormai ben consolidati: autonomia e responsabilità. Tra i meccanismi introdotti, il relatore sottolinea la centralità della valutazione dei risultati delle unità di ricerca e di didattica, ossia dei dipartimenti; l'attribuzione delle risorse alle singole università con criteri di premialità meritocratica; l'adozione di strumenti contrattuali per incentivare i docenti ed i ricercatori più meritevoli; la semplificazione della governance con il contestuale rafforzamento dei poteri del vertice esecutivo; il miglioramento dei processi decisionali, con il superamento di eccessiva collegialità, consociativismo e autoreferenzialità; una minor rigidità in ingresso della carriera universitaria.

Dopo aver riferito che, per omogeneità di materia, al disegno di legge n. 1905 sono abbinati anche i disegni di legge nn. 1387 e 1579, rispettivamente a prima firma sua e della senatrice Mariapia Garavaglia, che hanno impianto e contenuto simili a quello governativo, nonché il n. 591 del senatore Giambrone sui professori a contratto, il n. 874 della senatrice Poli Bortone sui professori universitari incaricati, e il n. 970 del senatore Compagna sui fuori ruolo, egli passa ad illustrare analiticamente i punti qualificanti della proposta governativa, anticipando che segnalerà le parti che ritiene debbano formare oggetto di modifica, mentre sulle restanti è implicito il suo giudizio positivo.

Con riferimento all'articolo 1, secondo il quale il sistema universitario ha il compito di combinare in modo organico ricerca e didattica per il progresso culturale, civile, economico della Repubblica, osserva che sarebbe forse opportuno un riferimento agli studenti come destinatari di una formazione di qualità, attesa la centralità della persona oltre che della comunità statale. Inoltre, pur convenendo che le università sono sedi di libera formazione, suggerisce di aggiungere "nell’ambito dei propri ordinamenti"; infine, reputa necessario precisare che esse sono strumento anche di elaborazione di conoscenza, non solo di circolazione. Passando al comma 2, che individua in autonomia e responsabilità i principi cardine della riforma, giudica opportuno esplicitare che la sperimentazione ivi prevista di diversi modelli organizzativi si può estendere anche al reclutamento del personale e allo stesso stato giuridico.

Dopo aver accennato al contenuto dei restanti commi dell'articolo 1, il relatore si sofferma sull’articolo 2, che definisce gli organi di ateneo (rettore, consiglio di amministrazione, senato accademico, collegio dei revisori dei conti, nucleo di valutazione), precisando che le università statali hanno sei mesi per adeguare i propri statuti a tali disposizioni.

La lettera a) del comma 2 specifica le attribuzioni del rettore, mentre la lettera b) ne prevede le modalità di elezione. Al riguardo, ritiene peraltro che eccessive precisazioni non siano coerenti con il sistema elettivo, salvo che non si intenda restringere l'eleggibilità ad un numero limitato di soggetti, secondo un modello a suo avviso difficilmente attuabile. Giudica altresì eccessivamente burocratica e centralista la procedura di nomina del rettore con decreto del Presidente della Repubblica.

La lettera c) fissa in otto anni la durata massima in carica del rettore (sei nel caso di mandato unico).

La lettera d) individua i compiti del senato accademico. In proposito, il relatore rileva che a tale organo è attribuito un ruolo troppo marginale. Suggerisce pertanto che esso possa concorrere alla approvazione del conto consuntivo, nonché esprimere un parere necessario, ancorché non vincolante, non solo sul documento di programmazione strategica, ma anche sul bilancio di previsione.

Con riguardo alla costituzione di tale organo, disciplinata alla lettera e), egli lamenta la mancanza di una rappresentanza di secondo grado. Reputa invece opportuno consentire una rappresentanza dei responsabili delle unità organizzative (dipartimenti e facoltà), onde non determinarne la delegittimazione. Deplora altresì l'assenza di raccordo con le strutture di base.

Dopo aver dato conto della lettera f), relativa alle funzioni del consiglio di amministrazione, il relatore illustra la lettera g), che ne disciplina la composizione. In proposito, ribadisce che la fissazione di numerosi vincoli contrasta con il carattere elettivo dell'organo e sollecita la previsione anche di una rappresentanza dei docenti, sul modello dei principali Paesi Ocse. E' inoltre disposto, prosegue il relatore, che almeno il 40 per cento dei consiglieri di amministrazione non appartenga ai ruoli dell’università quanto meno da tre anni. Al riguardo, precisa peraltro che già attualmente molte università prevedono nei loro statuti membri esterni, i quali tuttavia raramente partecipano alle sedute, creando spesso problemi di numero legale. Giudica dunque i membri esterni una opportunità importante purché rappresentino finanziatori o particolari competenze esterne; altrimenti, sottolinea, rischiano di essere solo portatori di microinteressi non funzionali alle esigenze di sviluppo dell'università. In ogni caso, condivide che la scelta dei componenti esterni sia lasciata ai singoli atenei, abbandonando una impostazione originaria che prevedeva la indicazione esplicita di rappresentanze istituzionali esterne. Quanto al presidente, la medesima lettera g) stabilisce che esso sia eletto tra i componenti del consiglio di amministrazione e quindi possa non coincidere con il rettore. In proposito, osserva che un presidente interno ma diverso dal rettore rischia di rappresentare un antagonista di quest'ultimo, soprattutto se espressione della minoranza sconfitta, con il rischio di una paralisi gestionale. Il presidente diverso dal rettore ha invece senso, a suo giudizio, se è esterno e rappresenta investitori o particolari competenze. Suggerisce peraltro di lasciare le università libere di stabilire se il presidente possa essere diverso dal rettore ovvero se debba coincidere con esso, sottolineando comunque come l'incompatibilità fra presidente del consiglio di amministrazione e rettore possa bloccare l’attività dell’ateneo. Anche in questo caso, giudica peraltro eccessivamente burocratiche le modalità di nomina con decreto del Presidente della Repubblica.

Il relatore dà poi conto della lettera h) sulla durata in carica dei consiglieri di amministrazione, della lettera i) sulla figura del direttore generale, che sostituisce quella del direttore amministrativo, nonché della lettera l) sui compiti del predetto direttore generale.

Passando alla lettera m), sulla composizione del collegio dei revisori dei conti, egli dissente dall'attribuzione alle università del compito di indicare un membro effettivo ed uno supplente tra dirigenti e funzionari del Ministero. Atteso che anche un altro membro del collegio è designato dalle università, gli atenei finirebbero infatti per potersi scegliere la maggioranza nel collegio, indebolendo la sua funzione di controllo terzo, e per di più avrebbero un indebito potere contrattuale nei confronti dei dirigenti ministeriali. Suggerisce quindi che due revisori siano nominati direttamente dal Ministero.

Dopo aver riferito sulle lettere n) ed o), relative ai nuclei di valutazione, egli pone poi l'accento sul divieto per i componenti il senato e il consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche ad eccezione del rettore, sancito dalla lettera p). A tale riguardo, giudica inopportuno il divieto per il senato, sollecitando invece al suo interno una rappresentanza dei dipartimenti o delle facoltà. Quanto al divieto di ricoprire incarichi politici e cariche istituzionali in altre università, propone di specificare che il divieto si applica alle università italiane, atteso che sarebbe un arricchimento se un membro del consiglio di amministrazione o del senato, o il rettore medesimo, rivestissero cariche in università straniere.

La lettera q) impone infine l'attuazione dei principi di trasparenza dell'attività amministrativa e di accessibilità delle informazioni relative all’ateneo, già fissato, in modo cogente e concreto, con un emendamento approvato in Senato al decreto-legge n. 180 del 2008.

Passando al comma 3, che assegna agli atenei un termine di sei mesi per modificare anche l’organizzazione interna, il relatore registra l'eccentricità dell'estensione di tale obbligo alle università non statali, giustamente non contemplate dall’articolo 2, comma 2, e che quindi dovrebbero essere escluse anche in questo caso.Nell'illustrare analiticamente l'articolazione interna prevista, egli consiglia peraltro una semplificazione in ordine al rapporto fra facoltà e numero di professori e ricercatori, sancito alla lettera d), ipotizzando un numero massimo di 12 facoltà per ateneo. Registra altresì un errore terminologico alla lettera e), laddove richiama le funzioni di cui alle lettere a), b) e c), mentre la lettera b) non attiene allo svolgimento di funzioni. A proposito dell’organo deliberante delle facoltà, la cui istituzione è contemplata alla lettera f), pone in luce che se la facoltà non ha solo funzioni di coordinamento, ma anche poteri sostanziali, sarebbe opportuno che detti organi deliberanti tenessero conto della rilevanza dei singoli dipartimenti. Quanto alla istituzione in ciascun dipartimento di una commissione paritetica docenti-studenti volta ad assicurare la qualità della didattica, di cui alla lettera g), egli la giudica inutile laddove esistano le facoltà, che già svolgono siffatta funzione con la partecipazione di rappresentanze studentesche. Reputa inoltre superfluo ripetere, alla lettera h), la rappresentanza elettiva degli studenti negli organi già citati. Inoltre, rileva che la lettera l) del comma 2, a cui si fa rinvio fra quelle che prevedono organi in cui devono essere rappresentati gli studenti, è relativa invece alla figura del direttore generale.

Dopo aver dato conto del comma 4, che eccettua gli istituti a ordinamento speciale dall'osservanza di alcune disposizioni, il relatore si sofferma sul comma 5, che impone agli atenei l'adozione di un codice etico, sottolineando che sarebbe più appropriato prevedere un codice deontologico.

In ordine al comma 6, secondo cui in sede di prima applicazione lo statuto modificato viene adottato con delibere del senato accademico e del consiglio di amministrazione, paventa le possibili contrapposizioni paralizzanti fra i due organi e suggerisce di attribuire la competenza ad un unico organo, tanto più che allo stato essi sono espressione di analoghe rappresentanze.

Nell'accennare brevemente ai commi 7, 8, 9 e 10, egli registra poi che, ai sensi del comma 11, ai fini della rieleggibilità dei rettori, del senato accademico e del consiglio di amministrazione, si computa il periodo già maturato. Stigmatizza tuttavia che per il senato non era prevista una non rieleggibilità.

Illustra indi l'articolo 3, sulla federazione e fusione di atenei.

  Passando all'articolo 4, che istituisce il Fondo per il merito, consiglia di limitare i premi di studio ai non abbienti, modulando magari le soglie di accesso in modo da favorire davvero i capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi. Paventa altresì che la garanzia dello Stato per i prestiti d’onore possa non essere coperta. Quanto alle modalità di alimentazione del Fondo, reputa inadeguata la previsione come una mera eventualità del finanziamento pubblico. In questo modo, il Fondo rischia infatti di non entrare immediatamente in funzione o comunque di essere avviato senza adeguati finanziamenti. Considera poi paradossale che fra le risorse destinate ad alimentare il Fondo vi siano i contributi degli studenti. Riconosce peraltro che, se fosse previsto un trasferimento pubblico obbligatorio, la norma sarebbe priva di copertura finanziaria.

Con riguardo all'articolo 5, che delega il Governo ad introdurre misure per favorire la qualità e l'efficienza del sistema universitario, reputa non corretto che nella delega rientri la valutazione dei risultati conseguiti dai singoli docenti poiché essa è di competenza dei singoli atenei; anche il decreto istitutivo dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), ricorda, limita le sue attribuzioni alla valutazione delle istituzioni universitarie. In ordine ai principi e criteri direttivi fissati dal comma 2 con riferimento all'introduzione di meccanismi premiali, auspica inoltre una riformulazione della lettera b) atteso che il termine "efficienza" presuppone a suo avviso una specificazione. Invita altresì a valutare anche la qualità, oltre all’efficienza, e lamenta che il potenziamento del sistema di autovalutazione di cui alla lettera c) non si articoli in corrispondenti criteri direttivi.

Quanto ai principi e criteri direttivi per la revisione della contabilità, di cui al comma 3, ed in particolare alla lettera d), che impone un programma triennale di riequilibrio della consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, pone in luce che, se in molte sedi quest'ultimo appare senz’altro sovrabbondante, la dotazione di personale docente e ricercatore è inferiore alla media Ocse e risulta dunque inadeguata sul lungo periodo.

Il comma 4 reca poi, prosegue il relatore, principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega relativa allo stato giuridico dei docenti e ricercatori. Talvolta tuttavia gli obiettivi sono a suo avviso confusi con i principi e criteri direttivi, mentre anche per la delicatezza della materia sarebbe bene definire nella legge i contenuti essenziali, lasciando poi ad una fonte successiva la loro semplice attuazione. In particolare, egli si sofferma sulla lettera c), che fissa sia per i docenti a tempo pieno che per quelli a tempo definito un eguale impegno complessivo pari a 1.500 ore. Ciò appare al relatore come suscettibile di impugnazione per irragionevolezza. E’ evidente del resto, prosegue, che, corrispondendo l’impegno per chi è a tempo definito a circa otto ore al giorno per cinque giorni la settimana, non si riserva alcuno spazio alle attività libero-professionali, presupposto stesso del collocamento a tempo definito. Le 1.500 ore comprendono poi non solo le attività didattiche, ma anche quelle di ricerca. Giudica tuttavia impossibile una quantificazione seria di queste ultime, risultando del tutto fantasiosi o comunque arbitrari criteri basati sulle pubblicazioni. Anche all'estero, mentre la didattica è quantificata in molti Paesi Ocse, non vi è Paese al mondo che quantifichi le ore dedicate alla ricerca. In questo campo, ciò che conta sono i risultati ed è questo l’oggetto della valutazione che in alcuni Paesi viene effettuata. Nelle 1.500 ore sono poi compresi anche i compiti preparatori e di verifica connessi all’insegnamento, nonché il tempo destinato allo studio personale, ma è evidente ancora una volta l'arbitrarietà della definizione lasciata inevitabilmente ad una autocertificazione soggettiva. Risulta infine a suo avviso oscura la previsione di una "quantificazione dell’impegno complessivo", che lascerebbe intendere una specificazione oraria ulteriore delle varie attività elencate.

Più in generale, il relatore ritiene che il limite di 1.500 ore introdurrebbe una disparità di trattamento economico rispetto ai docenti di scuola secondaria, che potrebbe essere foriera di ricorsi. A fronte invero di uno stipendio di insegnante che corrisponde all’incirca a quello di un ricercatore ovvero di un associato a inizio carriera, si richiederebbe infatti per ricercatori e professori universitari un impegno orario pari a quasi due volte e mezzo. La norma, ribadisce, rischia dunque di risultare incostituzionale per irragionevolezza. Va osservato infine che, nella bozza iniziale del disegno di legge, l’impegno di 1.500 ore era qualificato come "figurativo", essendo collegato alla rendicontazione dei progetti di ricerca cofinanziati. Se si vuole mantenere il suddetto impegno orario, sarebbe quindi quanto meno auspicabile il ripristino della definizione originaria. Giudica invece corretta la quantificazione in 350 ore e 250 ore dell’impegno didattico rispettivamente per il tempo pieno e definito.

Quanto alla lettera d), relativa alla disciplina delle attività di verifica dello svolgimento dei compiti didattici, osserva che si tratta di un obiettivo e non di un criterio direttivo. Giudica comunque senz’altro auspicabile l'introduzione di forme di controllo da parte delle singole università sull’effettivo svolgimento delle lezioni e dell’attività di ricevimento e di assistenza agli studenti. Lamenta tuttavia che essa non sia accompagnata dalla previsione di idonee misure sanzionatorie per le ipotesi di inottemperanza da parte del singolo docente. Per stroncare forme di inaccettabile mal costume, propone al contrario che, nel caso di mancata osservanza dei doveri didattici, e in assenza di una idonea giustificazione, siano applicate adeguate sanzioni di natura patrimoniale, fino al licenziamento per le fattispecie più gravi. Senza il richiamo a sanzioni, la previsione di forme articolate di controllo sembra infatti a suo avviso una tipica "grida manzoniana" destinata all’esterno più che all’interno dell’accademia. Non condivide invece l'eventuale introduzione di un badge di entrata e di uscita nell'ateneo, che finirebbe per svilire la professionalità del docente e del ricercatore fondata sulla autonomia della ricerca, attribuendogli un ruolo di tipo impiegatizio. Né va dimenticato che mancherebbero strutture adeguate per fronteggiare una presenza fissa di tutti i docenti nei dipartimenti.

In merito alla verifica dell’impegno scientifico, reputa di tutta evidenza che essa debba essere riservata alle singole università, che hanno interesse a stimolarlo atteso che una parte dei finanziamenti è legata alla qualità della produzione scientifica. Anche in questo caso la valutazione dovrebbe incentrarsi a suo avviso più sulla qualità che sulla quantità della produzione medesima. D’altro canto, osserva, se non fosse la singola università a valutare l’impegno scientifico di ciascun docente, si richiederebbe all’ANVUR uno sforzo insostenibile, dovendo essa valutare ogni anno 70.000 persone avvalendosi di un personale assai limitato e con pochi fondi. Già nelle scorse legislature si era del resto affermato in modo bipartisan il principio che l'Agenzia deve valutare le istituzioni accademiche, a iniziare dai dipartimenti, e non le singole persone. Inoltre, qualora la valutazione fosse fatta al di fuori delle singole università, ci sarebbe il rischio di un rallentamento burocratico notevole, con ritardi nella liquidazione degli scatti.

Per altro verso, l’inserimento nelle commissioni di abilitazione, di selezione e promozione, di esame di Stato, nonché negli organi di valutazione di progetti di ricerca, sancito alla lettera d) per i soli professori e ricercatori con valutazione positiva, non può essere il risultato di una valutazione fatta dalle singole università, ma deve essere conseguenza di una credibilità scientifica conseguita dal singolo professore o ricercatore e attestata in modo oggettivo, senza possibilità di discriminazioni. E’ il giudizio della comunità scientifica, non di un singolo valutatore, che deve decidere della adeguatezza scientifica di un possibile commissario di concorso.

La successiva lettera e) demanda al decreto delegato l'individuazione dei casi di incompatibilità e la definizione dei criteri generali per l'assunzione di incarichi anche retribuiti di studio, di insegnamento, di ricerca, di consulenza. E' evidente, prosegue il relatore, l'illegittimità della disposizione, che rinvia la determinazione di criteri generali. Al riguardo, egli ritiene che debba essere la singola università a stabilire un regime di incompatibilità a seconda delle proprie convenienze, e non in via generale, ma differenziando all’interno di contratti integrativi individuali, e comunque per aree disciplinari, come avviene nei sistemi universitari più avanzati. Sarà poi il docente a scegliere se accettare o meno le condizioni contrattuali offerte, ovvero decidere di cambiare sede.

Con riguardo all'obbligo di una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, ai fini fra l'altro della attribuzione dello scatto stipendiale, di cui alla lettera f), egli condivide il principio, anche se reputa che debbano essere le singole università, nell’ambito della loro autonomia e responsabilità, a fissare i criteri di valutazione della complessiva attività svolta, eventualmente differenziando, a seconda delle esigenze locali, il valore da riferirsi alla ricerca piuttosto che alla didattica ovvero all'impegno gestionale.

In ordine alla revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori già in servizio e di quelli vincitori dei concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della legge, e in particolare alla trasformazione degli scatti da biennali a triennali, disposta dalla lettera i), pur essendo prevista un'invarianza del complessivo trattamento retributivo, egli stigmatizza la perdita economica per docenti e ricercatori legata al ritardo della prestazione, i cui effetti sono ben evidenziati dalla tabella allegata alla relazione tecnica. Per evitare una forma di risparmio a danno del personale docente, che tra l’altro non è contrattualizzato e dunque non gode di periodici rinnovi retributivi, auspica quindi che i risparmi derivanti dalla mancata concessione degli scatti vadano ad incrementare un apposito fondo universitario per la incentivazione.

Il relatore suggerisce altresì di introdurre alla lettera i) la previsione di misure incentivanti integrative, sul modello di quanto avviene nei Paesi anglosassoni in cui la retribuzione dei docenti è fissata per contratto, venendo commisurata ai risultati conseguiti e all’interesse dell’ateneo nei confronti dei singoli docenti. In proposito, rammenta che una misura di questo tipo era già prevista all’articolo 1, comma 16, della legge n. 230 del 2005, ma necessita di un fondo ad hoc, che la renda praticabile.

Il comma 5 riprende infine un emendamento già presentato in altra sede, che favorisce fra l’altro la sperimentazione da parte delle regioni di nuovi modelli di gestione ed erogazione degli interventi in materia di diritto allo studio. Invita tuttavia a non cadere nel pregiudizio demagogico secondo cui il semplice ingresso nella istituzione formativa è necessariamente per tutti una garanzia di successo, che oltre tutto appare in contrasto con i principi della Costituzione.

Il relatore accenna poi all'articolo 6, che opportunamente ridimensiona i crediti che possono essere riconosciuti agli studenti per attività professionali, e all'articolo 7, che dispone una revisione dei settori scientifico-disciplinari sulla base del criterio dell'afferenza di almeno 50 professori ordinari.        

L’articolo 8, prosegue, istituisce l'abilitazione nazionale di durata quadriennale per le funzioni di professore ordinario ed associato. In proposito, evidenzia tuttavia che la distinzione fra le due fasce non può essere per funzioni, dal momento che esse sono analoghe. Invita quindi a fare riferimento alla legge n. 382 del 1980, ovvero a specificare la differenza dei requisiti (idoneità per la seconda fascia; piena maturità scientifica per la prima fascia).

Con riferimento al contenuto dei regolamenti con cui entro novanta giorni saranno definite le modalità di espletamento delle procedure concorsuali, il relatore propone che l'attribuzione della abilitazione sia fondata non solo sulla valutazione analitica di titoli e pubblicazioni scientifiche, ma anche su una adeguata verifica delle capacità didattiche. Quanto poi alla commissione, ribadisce che essa dovrebbe essere costituita sulla base di una lista formata da candidati che abbiano pubblicazioni scientifiche accettate su riviste internazionalmente accreditate o edite in collane universitarie. Ritiene altresì che un'unica commissione che dura in carica due anni ed è competente per le abilitazioni di prima e seconda fascia rischia di concentrare in sé troppo potere. Sull'attribuzione di un titolo preferenziale nei contratti di insegnamento a coloro che siano in possesso della abilitazione, consiglia di estendere tale preferenza anche a chi è già in servizio.

Passando all'articolo 9, che disciplina le procedure di reclutamento, auspica anzitutto che la legittimazione a partecipare ai bandi di cui alla lettera b) sia articolata diversamente, atteso che il successivo articolo 15, comma 3, rimedia ad una palese dimenticanza prevedendo la possibilità di partecipare alle suddette procedure anche per i professori attualmente in servizio. Alla lettera c), lamenta che non sia disciplinata l’ipotesi in cui non sia stata costituita la facoltà e suggerisce di sostituire il riferimento alla facoltà con quello al dipartimento. In ordine alla previsione di una lezione pubblica, di cui alla lettera d), osserva che sarebbe più opportuno che la valutazione della idoneità didattica fosse svolta al momento dell'abilitazione. Giudica inoltre estremamente complessa e farraginosa la procedura per la proposta di chiamata, prefigurata dalla lettera d). Nel dichiarare di non comprendere per quale motivo debbano intervenire nella chiamata i soggetti che compongono l’organo deliberante della facoltà, reputa fuori sistema che alle chiamate degli ordinari partecipino anche i professori di seconda fascia e che alle chiamate di professori e ricercatori partecipino rappresentanti degli studenti. Sollecita quindi una decisione assunta dalla maggioranza assoluta dei componenti il dipartimento, su proposta dei professori del settore scientifico-disciplinare e con delibera finale del consiglio di amministrazione. Le università potrebbero poi stabilire forme di consultazione della comunità scientifica sull'adeguatezza dei candidati proposti.

Più in generale, egli ritiene che questa procedura rischi di penalizzare la assunzione dei docenti più giovani e neo abilitati ponendoli in competizione con docenti già in servizio sulla base di una valutazione comparativa dei titoli. Invita quindi a distinguere le procedure di assunzione in servizio da quelle di trasferimento. In questo ultimo caso, sarebbe più idonea la chiamata diretta, che avrebbe il vantaggio di evitare il rischio di ricorsi paralizzanti. Chiede altresì chiarimenti sulla scelta di prevedere, al comma 5, la chiamata diretta per studiosi impegnati all’estero o per ricercatori a contratto e non per professori già in servizio presso altre università italiane. Fra l’altro, per ragioni di spesa, le università hanno maggiore convenienza ad assumere neo abilitati che a chiamare per trasferimento. Dunque, la chiamata per trasferimento avverrebbe solo per situazioni di particolare rilievo e favorirebbe la mobilità fra sedi. Né va dimenticato che, essendo i commissari normalmente già presenti nel dipartimento, il loro giudizio verrebbe comunque considerato. In questo caso, auspica peraltro un limite percentuale alle chiamate per trasferimento.

Con riferimento infine al comma 5, avanza l'ipotesi di sopprimere la chiamata per chiara fama, sussistendo già la figura del professore a contratto, tanto più che in passato essa ha dato luogo a trattamenti di favore non adeguatamente giustificati.

Dopo aver dato conto dell'articolo 10, sugli assegni di ricerca, il relatore riferisce quindi sull'articolo 11, in base al quale le università possono stipulare contratti per attività di insegnamento con esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. In proposito, egli ritiene che la palese inadeguatezza del curriculum potrebbe dar luogo all'annullamento del contratto su istanza di un componente il nucleo di valutazione, onde evitare che l'affidamento di incarichi a soggetti sprovvisti di idoneo curriculum risulti priva di sanzioni. Manifesta peraltro perplessità sul successivo comma 2, di cui dichiara di non comprendere appieno la differenza rispetto al comma 1, se non che la seconda ipotesi contrattuale sembrerebbe riferita ad ambiti didattici più specifici. Invita quindi ad unificare le due ipotesi.

L’articolo 12, prosegue il relatore, porta avanti il disegno avviato a suo tempo dalla legge n. 230 del 2005, con riguardo alla eliminazione delle figure di ricercatore a tempo indeterminato, da sostituirsi con ricercatori titolari di contratti a tempo determinato. I compiti attribuiti a questa nuova figura di ricercatore sono di ricerca (non quantificata) e di didattica (fissata in un ammontare di 350 ore annue). Al riguardo, egli valuta troppo complicata la possibilità di stipulare nuovi contratti con altre università. A suo avviso, una volta fissato il periodo massimo di dieci anni per la durata di rapporti a tempo determinato, dovrebbe essere semplicemente consentito di partecipare a procedure di selezione per il tempo mancante al raggiungimento del decennio.

In merito al trattamento economico dei ricercatori, il relatore esprime compiacimento per il tentativo di rendere più competitiva la retribuzione di inizio carriera, che attualmente è in assoluto la più bassa fra i principali Paesi europei, pari a circa il 60 per cento di quella di un ricercatore tedesco. Tale scelta, quantificata in 11 milioni di euro, è per il momento coperta con corrispondente riduzione per gli anni 2010 e 2011 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 19 ottobre 1999, n. 370. Ritiene tuttavia che a regime occorrerà prevedere un incremento corrispondente del FFO onde evitare che ad una maggiore retribuzione corrisponda un minor numero di ricercatori assunti in servizio, ancorché a tempo determinato.

Quanto alla procedura di selezione nazionale dei vincitori, disciplinata al comma 9, egli la valuta troppo burocratica e potenzialmente poco trasparente, in quanto presuppone una commissione composta da "eminenti studiosi" designati dal Ministro su proposta dell’ANVUR, che si avvalgono a loro volta, per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca, di esperti revisori di elevata qualificazione scientifica, fra l’altro senza oneri per la finanza pubblica. Egli auspica invece la formazione di commissioni composte, per ogni settore scientifico-disciplinare, estraendo a sorte tre valutatori all’interno di liste di professori ordinari e associati che abbiano continuità di pubblicazioni scientifiche negli ultimi cinque anni. Inoltre, invita a non prescindere da una valutazione delle abilità didattiche e della preparazione complessiva del candidato, atteso che il ricercatore a tempo determinato potrebbe essere destinatario di chiamata diretta su un posto da associato.

Il relatore accenna altresì all'articolo 13, secondo cui la concessione della opzione per la permanenza in servizio per un ulteriore biennio è subordinata alla sussistenza di adeguate risorse finanziarie nel bilancio dell’ateneo, e all'articolo 14, sullo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura di Paesi stranieri.

Illustrando infine le norme transitorie e finali recate dall'articolo 15, il relatore si sofferma in particolare sul comma 1, secondo cui, a far data dalla entrata in vigore della legge, per la copertura di posti da professore ovvero da ricercatore o assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le nuove procedure di concorso. Non va tuttavia dimenticato che esse presuppongono le modifiche statutarie e l’adozione di appositi regolamenti, il che rischia di tradursi in un blocco delle chiamate per almeno un anno. Per evitare tale conseguenza nefasta, sarebbe dunque opportuno far data dalla entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 9, comma 2, e comunque non prima del termine delle procedure di modifica statutaria.

Avviandosi alla conclusione, egli precisa che le osservazioni svolte riguardano elementi particolari del disegno di legge, non già i suoi elementi strutturali. Non intaccano quindi il giudizio senz'altro positivo sulla sua complessiva adeguatezza.

D'altro canto, sottolinea, il provvedimento riprende, talvolta quasi alla lettera, passaggi già contenuti nella proposta presentata a febbraio dalla maggioranza e pure in quella depositata a giugno dall'opposizione. Le soluzioni prospettate ricalcano inoltre, nelle loro linee generali, quanto contenuto nel programma elettorale del Pdl, che per molti aspetti non era distante da quello del Pd. E’ piuttosto auspicabile, per consentire alla riforma di esplicare i suoi effetti positivi, che i tagli previsti per il 2010 a danno dell'università vengano drasticamente ridotti: questo è il vero ostacolo che si deve superare.

Nel dichiararsi assolutamente aperto alla discussione, anticipa fin d'ora che intende riservare una seria attenzione alle proposte che verranno avanzate, non solo dalla maggioranza, ma anche dalla opposizione e dalle parti sociali, per arrivare ad un testo che, nel rispetto delle linee portanti qui delineate, sia il più possibile condiviso. In particolare, assicura che non si lascerà condizionare dalle eventuali pressioni di organi di stampa, né di coloro che non siano espressione della sovranità popolare. Ritiene infatti che spetti al Parlamento esprimersi sulla proposta del Governo e manifestare la sua volontà definitiva.
  Il seguito dell'esame congiunto è rinviato.
 La seduta termina alle ore 16,15.

 

 

Senato n. 1905 - DDL  su Governance Università e Reclutamento dei Professori Universitari
approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 ottobre 2009, e che va alle Camere


Enrico Decleva

               
                                      VERSIONE DEFINITIVA                           
                         accompagnata da due commenti:

a) uno del Presidente della CRUI, prof. Enrico DECLEVA;
b) uno del prof. Giorgio ISRAEL, Presidente della Comm.ne per il rinnovamento della formazione dei docenti, nominata dalla GELMINI

Nota. Per un nostro parere sul DDL, clicca su: Disegno di legge


Giorgio Israel


( Ripreso da: http://www.crui.it/ , 28/10/09)

Enrico Decleva, DICHIARAZIONE

   A seguito dell’approvazione, in data odierna, da parte del Consiglio dei Ministri del Disegno di legge sull’Università presentato dal Ministro Gelmini, il Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università italiane), prof. Enrico Decleva, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

  “La proposta di legge del Ministro Gelmini approvata oggi dal Consiglio dei Ministri, per l'ampiezza del suo impianto e la valenza riformatrice degli interventi previsti, rappresenta un'occasione fondamentale e per molti versi irripetibile per chi ha davvero a cuore il recupero e il rilancio dell'università italiana.

   Rispetto ad alcune soluzioni potranno essere opportuni ulteriori approfondimenti. Ma è essenziale che, a questo punto, anche nel nostro Paese si siano determinate le condizioni per affrontare in un'ottica coerente e di ampio raggio urgenze e criticità altrove superate da tempo.

  E' ora necessario che il confronto parlamentare si sviluppi concentrandosi sul merito delle varie questioni. Così come è indispensabile, e per più aspetti pregiudiziale, che all'avvio del processo riformatore, e a garanzia della sua credibilità, corrisponda una disponibilità adeguata di risorse. A partire da quanto sarà garantito al finanziamento degli atenei per il 2010”.

n.1905, Senato   - Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio - Versione definitiva

AVVERTENZA. Il testo qui riportato si limita al Sommario

Titolo I - Organizzazione del sistema universitario
Articolo 1 - Principi ispiratori della riforma
Articolo 2 -Organi e articolazione interna delle università
Articolo 3 -Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa.

Titolo II
- Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario
Articolo 4 -Fondo per il merito
Articolo 5 -Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario
Articolo 6 -Riconoscimento dei crediti universitari.

Titolo III
- Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento
Articolo 7 - Revisione dei settori scientifico-disciplinari
Articolo 8 -Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale
Articolo 9 -Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico
Articolo 10 -Assegni di ricerca
Articolo 11 -Contratti per attività di insegnamento
Articolo 12 -Ricercatori a tempo determinato
Articolo 13 -Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori
Articolo 14 -Disciplina dei lettori di scambio
Articolo 15 - Norme transitorie e finali

(Segnalato dall'USPUR. Ripreso da: "http://www.loccidentale.it/", 3/11/09)

Giorgio Israel, Questo ddl va emendato su alcuni punti importanti, ma che sarebbe irresponsabile silurare

1. Il disegno di legge per l’università presentato dal ministro Mariastella Gelmini ha già ricevuto una doppia bordata di attacchi. Il fuoco a tribordo è all’insegna dell’accusa: statalismo. A babordo l’accusa è: aziendalismo. Vien voglia di dire che due accuse tanto simmetriche si elidono e quindi che il ministro ha azzeccato la giusta misura. E in parte è così, ma non del tutto. Sono propenso a dire che l’accusa più ingiusta è quella di tribordo che si è condita anche di paragoni alquanto azzardati: c’è chi, a proposito del fondo nazionale di merito per gli studenti ha evocato i littoriali mussoliniani… Non esageriamo, ragazzi. D’altra parte, è vero che una certa dose di centralismo e di regole stringenti sono stati introdotti. Ma quando l’autonomia viene intesa male e peggio usata, dando luogo a deviazioni aberranti, che altro si può fare? Concederne altra? In altri termini, seguire la prassi del cattivo medico che, di fronte all’insuccesso della terapia, invece di correggerla raddoppia la dose?
   2. Il ddl non sopprime l’autonomia, ma stringe i bulloni laddove essa aveva prodotto risultati catastrofici. D’altra parte, il nostro è un sistema statale, e lo stato deve intervenire quando l’andazzo degenera. Oppure qualcuno pensa che una delle prime potenze industriali si possa permettere di chiudere il sistema universitario statale e aspettare che sorga spontaneamente un sistema universitario privato? Casomai – e vi tornerò tra poco – vi sarebbero ancora altri bulloni da stringere, soprattutto in tema di reclutamento, sebbene questa sia la parte migliore del ddl. Il quale va apprezzato per aver introdotto una fondamentale novità: la “tenure track” nel reclutamento, ovvero un periodo di prova prima dell’assunzione

(continua Israel) stabile, invece di andare alla disastrosa formazione di un terzo livello di docenza, secondo le richieste di alcuni sindacati, il che avrebbe fatto dell’Italia un’anomalia mondiale. La progressione della carriera è correttamente congegnata. La struttura generale della “governance” è semplificata, efficiente e abbastanza convincente.
  3. L’accusa di statalismo mi pare quindi fuori luogo. Il criterio ispiratore del ddl è soprattutto quello del merito: se ogni volta che si introducono criteri meritocratici si grida allo statalismo e si reclama più autonomia, allora vuol dire che in realtà si vuole la deresponsabilizzazione.
  4. Inoltre, non si tiene conto di un fatto importante. Le gravi discontinuità nel reclutamento e il fatto che il sistema finora adottato è servito soprattutto alla progressione di carriera interna, hanno prodotto un “gap” generazionale impressionante che lascia semivuota la fascia di docenza attorno ai cinquant’anni di età. Mentre sta iniziando un processo di pensionamento che avrà caratteristiche sempre più vertiginose, il “gap” porta in primo piano una fascia di docenti quarantenni che – lo dico a costo di sollevare un vespaio – non sono adeguati a sostenere il sistema. Difatti, si tratta troppo spesso di persone che non hanno conosciuto altro che l’università degradata delle migliaia di corsi di laurea e dei 150.000 corsi sminuzzati, con il sistema barocco dei crediti in cui si contano le ore o le pagine per credito, in cui la vita del docente è assorbita da innumerevoli incombenze burocratiche. Questa è l’università che hanno conosciuto, e non un’altra, a meno che non siano stati in certi paesi esteri.
  5.  Pertanto, in assenza di regole precise che si accompagnino – sperabilmente – a un alleggerimento del sistema e a una diminuzione dei corsi con necessari accorpamenti, il rischio è quello che si vada a una struttura sempre più autorefenziale, burocratica, poco sensibile ai contenuti e assorbita ossessivamente dagli adempimenti che molti giovani docenti sono stati abituati a credere siano la sostanza dell’attività universitaria. È molto male che non vi sia trasmissione di conoscenze ed esperienze in una istituzione culturale. Ma questa è la realtà cui bisogna far fronte, e farvi fronte lasciando il sistema alla cattiva autonomia di cui ha goduto finora significa assestargli il colpo finale.
  6.  Da questo punto di vista penso che il difetto principale del ddl consista nel fatto che la lista nazionale di idoneità sia aperta. Mi rendo perfettamente conto che questo modello – così come funziona, e bene, in Francia – prevede la lista aperta. Ma è facile prevedere che, con una così lunga lista di ricercatori in attesa di passare a una fascia di docenza e di associati in attesa di diventare ordinari, la prima lista nazionale includerà tutti. Non credo che questo sia pessimismo. Credo che sia semplice realismo. Pertanto, per evitare l’ennesimo ope legis, accompagnato da assunzioni locali che sarebbero ancor più “localistiche” dei concorsi attuali, sarebbe bene che, per un periodo transitorio, la lista fosse a numero programmato e che, poi, dopo il primo ciclo di sei anni previsto per la “tenure track”, a regime diventi aperta.
 7. Veniamo ora all’accusa di aziendalismo, che è soprattutto avanzata da gran parte dell’opposizione e dei sindacati. A me pare molto esagerata, soprattutto se si confronta questo ddl con le prime versioni circolate. Tuttavia, qualche punto può essere aggiustato. Il potere del Senato accademico appare troppo evanescente, sebbene sia apprezzabile che il corpo docente sia responsabile degli aspetti didattico-scientifici. Si può anche rivedere la struttura del Consiglio di amministrazione per evitare rischi di una gestione simile alle ASL. E’ vero che i compiti dei due organismi sono distinti, ma una certa evanescenza dei poteri del Senato accademico potrebbe concentrarne troppo nel Consiglio di amministrazione e fare del Direttore generale il vero dominus dell’università.
  8. In generale, colpisce un certo silenzio sul fronte della ricerca. E qui l’accusa di aziendalismo potrebbe aver maggiore fondamento, in quanto una università prevalentemente dedita alla didattica – in un paese privo di strutture di ricerca superiore e di “alte scuole” – condurrebbe a una dequalificazione e corrisponderebbe a una propensione alquanto ottusa di parte del mondo imprenditoriale italiano, ma soprattutto di quello che si occupa attivamente di dire all’università cosa deve fare e che appare interessato prevalentemente a una struttura didattica fortemente dipendente dalle esigenze produttive.   
9.
Quindi, il ruolo dell’università rispetto alla ricerca deve risaltare in modo più chiaro e deve essere difeso lo spazio e il ruolo della ricerca di base, senza cui tutto il sistema della ricerca è destinato al deperimento.
10.  Infine, un’osservazione che non ha a che fare né con il tema dell’aziendalismo né con quello dello statalismo, bensì con quello della demagogia. Si elimini l’assurda pariteticità tra studenti e docenti in molti organi universitari e il potere eccessivo dato agli studenti nella valutazione dei docenti. Sia chiaro: la valutazione ci deve essere, e severa. Ma la valutazione si fa tra competenti, anche per quanto riguarda la didattica. Si ricordi un principio elementare: la via maestra per un docente al fine di farsi valutare bene è promuovere tutti. Il docente rigoroso, soprattutto nell’attuale rilassamento etico, è valutato male e destinato a una brutta fine. Perciò, se si conferisce questo enorme potere agli studenti, il risultato sarà un abbassamento di livello della preparazione. Certo: vi sarà anche una diminuzione dell’abbandono scolastico e molti più laureati in tempo. Già nel passato altri ministri hanno pensato bene di finanziare di più le università che miglioravano i parametri di abbandono e di laurea in tempo, e poi hanno proclamato ai quattro venti che la situazione era migliorata… . Speriamo davvero che questa prassi poco intelligente venga definitivamente abbandonata.
11.  Concludendo, questo ddl è un documento organico e coraggioso, che va emendato su alcuni punti importanti, ma che sarebbe assolutamente irresponsabile silurare e combattere a oltranza, invece di assumerlo come un’occasione per far riprendere all’università un cammino virtuoso.

 



EDIZIONI PRECEDENTI

 

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Commissioni di concorso: il MIUR indice le votazioni dei sorteggiabili
per la I Sessione 2008. (A gennaio 2010, l'indizione per la II Sessione 2008)


MariaStella Gelmini

Preoccupazioni per i concorsi "tartaruga"

Lettera di sollecito, al Ministro,
del prof. Antonino LIBERATORE

Il Decreto del Miur per indire le votazioni
dei sorteggiabili dal 9 al 16 dic. 2009


Preoccupazioni pese per il futuro, evidenziate dalla serie
storica dei docenti universitari di ruolo classificati  per eta' (Tab.1 )


Antonino Liberatore

NOTA. Dato il freno del Governo nelle assunzioni di docenti, si riporta qui una lettera (che interpreta tutti noi) del prof. Liberatore e una tabella, piuttosto rara (aggiornata al 31 dic. 2008), che descrive il numero dei docenti di ruolo, classificati per età. Da essa si deduce che presto saremo senza professori, e mancando un graduale ricambio, molta conoscenza scientifica andrà distrutta.
  Questo è il risultato dell'azione di un lungo elenco di ministri, molto incompetenti (anche, se ben intenzionati ...) .
  Avevamo preavvisata la Ministra che la sua via meritocratica avrebbe fatto guai, a causa delle difficoltà di applicazione di regole innovative troppo complicate. Il sorteggio dei Commissari di concorso è la miglior soluzione (diciamo la meno peggio) per far vincere il merito. Ma deve trattarsi di sorteggio puro. Invece il voler ulteriormente migliorare, facendo precedere delle elezioni, innesca un meccanismo infinito che annulla totalmente il merito.
   Questa stessa modalità era stata già sperimentata nel 1980-98. Infatti, per gli ordinari, l'art. 3 della L. n. 31/1979, disponeva il sorteggio, tra un numero di votati doppio del numero dei commissari. Invece, per gli associati, l'art. 44 del DPR 382/80 disponeva (prima) il sorteggio di un numero di candidati commissari triplo del bisogno, e poi si votava.
   Ci fu, per questo, un enorme rallentamento della macchina concorsuale: infatti, nel 1980-98 furono svolti solo 3 dei 9 concorsi programmati dal DPR 382.
   Il risultato fu il massacro di una intera generazione di professori associati perchè (causa ritardo), al momento dei concorsi, la gran parte dei loro Maestri era morta, ed era subentrata una nuova generazione di Commissari (dal 1998, sarà abolito il sorteggio e saranno tutti eletti) che privilegeranno i loro giovani allievi.
  E' forse presto dire che sta accadendo la stessa cosa ... , ma la strada è quella.

Tab. 1- Docenti universitari di ruolo
classificati per ordine di età, al 31/12/2008

Anno di nascita

Ordinari

Assoc.

Ricerc.

Totale
1933 5     5
1934 64     64
1935 192     192
1936 248 4   252
1937 420 34   454
1938 542 65   607
1939 668 201 5 874
1940 767 304 1 1.072
1941 766 304 9 1.079
1942 800 406 84 1.290
1943 847 387 118 1.352
1944 787 438 153 1.378
1945 752 476 214 1.442
1946 1.049 682 387 2.118
1947 1.100 710 501 2.311
1948 1.051 685 521 2.257
1949 957 659 588 2.204
1950 807 651 568 2.026
1951 658 551 560 1.769
1952 590 524 543 1.657
1953 521 473 498 1.492
1954 505 484 486 1.475
1955 498 515 443 1.456
1956 545 589 505 1.639
1957 489 621 540 1.650
1958 498 659 604 1.761
1959 419 669 641 1.729
1960 422 738 620 1.780
1961 373 745 709 1.827
1962 321 777 693 1.791
1963 282 765 808 1.855
1964 250 730 935 1.915
1965 226 673 1.054 1.953
1966 171 613 1.065 1.849
1967 111 512 1.136 1.759
1968 93 415 1.191 1.699
1969 61 364 1.138 1.563
1970 33 259 1.165 1.457
1971 18 237 1.105 1.360
1972 11 131 1.209 1.351
1973 9 89 1.171 1.269
1974 2 65 1.022 1.089
1975   29 900 929
1976 1 15 621 637
1977   4 490 494
1978   3 315 318
1979     162 162
1980   1 61 62
1981     33 33
1982     9 9
1983     2 2
Totale 18.929 18.256 25.583 62.768
Fonte: Elaborazioni MIUR - Ufficio di Statistica (università e Ricerca) su BD MIUR

La lettera del prof. Antonino Liberatore

Signor Ministro,

a supporto delle legittime aspirazioni alla progressione di carriera del personale che opera meritevolmente nella ricerca e nella didattica universitaria, l’USPUR (Unione Sindacale dei Professori Universitari di Ruolo) sollecita la costituzione delle commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa.

In proposito, visto il D.M. 27-03-2009 sulle modalità di svolgimento delle elezioni per la costituzione delle commissioni giudicatrici di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari, l’USPUR sollecita sia il provvedimento direttoriale che deve stabilire, tra l’altro, la data delle elezioni dei commissari (art. 6 del D.M. 27-06-2009) sia l’emanazione del D.M. che deve individuare i parametri al fine della valutazione dei titoli e delle pubblicazioni per le procedure di valutazione comparativa a posti di ricercatore, D.M. che doveva essere emanato 30 giorni dopo la conversione in legge del D.L. 10-11-2008 n.180 (art. 1, comma 7) avvenuta con la legge 09-01-2009 n. 9.

Ci auguriamo che Ella, signor Ministro, voglia soddisfare il diritto di vedere concluse in un tempo accettabile queste pratiche che hanno a che fare con i progetti di vita accademica dei professori e dei ricercatori universitari.
Firenze, 23 Giugno 2009                   Antonino Liberatore


La lettera del MIUR, del che indice le votazioni
,
in attesa (poi) del sorteggio (stralcio)
FONTE: http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7965Elezio_cf2.htm

OGGETTO: Elezioni delle commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa per posti professore di I° e II° fascia e di ricercatore universitario - Indizione della I° sessione 2008 ai sensi dell'art. 1, del decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito con modificazioni dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1 e del DM 27 marzo 2009, n. 139.

"E' indetta la I° sessione 2008 per la costituzione delle Commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa secondo le disposizioni previste dalle norme citate in oggetto. Alla predetta sessione afferiranno le procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario, co-finanziate e non co-finanziate dal Ministero, bandite entro il 30 giugno 2008 e le procedure di valutazione comparativa per posti di professore universitario di I° e II° fascia, bandite entro la medesima data e adottate nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'art. 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dalla legge indicata in oggetto". …..
(Nota della redazione. Sono esclusi dalle votazione: il settore MED/48 per i concorsi a posti di professore ordinario e associato e i settori MED/47 e MED/48 per i concorsi a posti di ricercatore. Inoltre, i settori L-ANT/10, L-LIN/20, L-OR/17 e MED/45, per i concorsi a posti di professore ordinario e associato, e i settori L-ANT/10 e MED/45, per i concorsi a posti di ricercatore, perchè composti da un numero di professori ordinari titolari di elettorato attivo eccessivamente esiguo (meno di tre), per cui non sussistono le condizioni per poter avviare per i predetti settori il relativo procedimento elettorale.)
.......
" Le votazioni per la formazione delle liste da cui attingere per effettuare il sorteggio attraverso cui verranno formate le Commissioni, nel caso di ricorrenza delle condizioni previste dall'art.1, commi 4 e 5, della legge indicata in oggetto e dall'art. 2, commi 2 e 4, del DM 139/2009, si terranno a partire da mercoledì 9 dicembre fino a mercoledì 16 dicembre 2009"
…..
!Il giorno 17 dicembre 2009, alle ore 09.00, avrà inizio lo scrutinio cui faranno seguito le operazioni di sorteggio delle Commissioni Giudicatrici.
…..
"Si rende infine noto che saranno avviate tempestivamente, entro la fine di gennaio 2010, le procedure per l'indizione della II° sessione 2008".

 

RUBRICA Speciale - 2011


INTERSINDACALE  UNIVERSITARIA   DI BOLOGNA
CISL Università – CNU Comitato Naz.le Universitario – CoNPAss Coordinamento Naz.le Proff. Associati BO – "Docenti Preoccupati" – FLC CGIL Università di Bologna – SUN Universitas News – UIL Ricerca Università AFAM Sede, via Giacomo 20, Università di Bologna

COMUNICATO SULLA DELIBERA FINALE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
SULLO STATUTO, DOPO I RILIEVI DEL MIUR

    Nella giornata del 7 dicembre 2011 il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico si sono pronunciati sulla proposta avanzata dal Rettore in merito all’accoglimento o meno dei numerosi rilievi avanzati dal Miur al testo approvato a luglio. Alcuni di questi rilievi riprendevano le osservazioni che questa Intersindacale aveva inviato al Ministero. In particolare: - l'illegittimita' di demandare a Regolamenti alcune scelte essenziali che andrebbero invece definite all'interno dello Statuto. Si evidenziava, in questo campo, la gravissima anomalia di demandare ad un Regolamento la modifica dello Statuto, con possibilita' di vanificare ad usum principis alcuni elementi che la legge vuole salvaguardati nella presente stesura dello Statuto; - l'illegittimita', nell'elezione del SA, di annullare la scheda qualora le due preferenze esprimibili non siano una di genere maschile, una femminile: il principio della parita' di genere può e deve essere garantito tramite il meccanismo di formazione delle liste e non certo tramite l'annullamento della volonta' dell'elettore, - forti perplessita' in merito alla decisione di inibire l'accesso agli organi accademici a chi abbia ricoperto cariche sindacali nell'anno precedente alla nomina. Una norma punitiva e di dubbia costituzionalita'.

   Per contro altre osservazioni del Ministero hanno un segno regressivo, quali il velato suggerimento di eliminazione della Consulta del personale tecnico-amministrativo (il cui accoglimento avrebbe fatto venir meno l'unica possibilita' da parte del personale TA di indicare un candidato al CdA) e la richiesta di eliminare la rappresentanza del personale tecnico e amministrativo dai Consigli delle Scuole/Facolta'.

   Il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico hanno approvato le proposte del Rettore, respingendo la gran parte delle osservazioni del Miur. Registriamo con soddisfazione l’eliminazione della norma di inibizione dell’accesso agli organi accademici a chi abbia ricoperto incarichi sindacali nell’ultimo anno. Ma a nostro giudizio non e' stata colta l’occasione, in un nuovo scenario politico, per ripensare alcune scelte, migliorando la trasparenza, la democrazia nell’Ateneo e la più ampia condivisione, che fin qui e' mancata.

   Si conclude il processo di approvazione del nuovo statuto dell’Universita' di Bologna. Non possiamo che ribadire quanto già scrivemmo alla fine di luglio in occasione della sua approvazione. Le scelte politiche contenute nello statuto sono state il frutto della decisione di una minoranza ristretta, mentre la gran parte della comunita' accademica non vi si riconosce, lo abbiamo dimostrato con la consultazione referendaria autogestita di fine giugno.

   In particolare, l’organo principale dell’Ateneo, il Consiglio di Amministrazione, sara' designato in modo verticistico e non eletto, e non sara' revocabile nemmeno dalla massima espressione della comunita', il Senato accademico.

   Tali scelte autoritarie e non condivise sono state giustificate con un mistificatorio riferimento all’efficienza e all’indipendenza; al contrario noi riteniamo che solo la partecipazione e la collegialita' possano garantire quella qualita' del lavoro, dei servizi, della ricerca e della didattica che e' piu' che mai necessaria in questa fase.

    La responsabilita' dell’avvio di questo processo distruttivo risiede ovviamente nel Governo nazionale, ma anche nelle incertezze delle allora opposizioni, mentre la convinta attuazione della legge, in modo persino peggiorativa rispetto al dettato originario, rimane a carico del Rettore e degli Organi Accademici.

Bologna 8 dicembre

  Nota.  In data 28 nov. 2011 il MIUR ha restituito, con osservazioni, il progetto di riforma dello Statuto Generale dell'Univ. di Bologna. A loro volta, l'Intersindacale aveva inviato al Miur proprie  "Osservazioni giuridiche, anche a seguito di propri Rferendum sulla legittimità democratica dello Statuto. Qui di seguito è pubblicato il testo integrale del Miur.

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                            Per il testo integrale della Lettera del Miur con i rilievi sullo Statuto:
                                             CLICCA su: Statuto-rilievi Miur

 

EDIZIONI  PRECEDENTI


Bologna
, In attesa del responso del MIUR (entro il 26 nov. 2011) per il nuovo Statuto


Per i Dipartimenti
 

Rettore Dionigi anticipa la riforma

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Ivano Dionigi, rettore

Le principali novità, in sintesi:

1) Istituiti 33 "nuovi" dipartimenti, in luogo dei 72  attuali
2) I docenti di ruolo sono 2950 (erano 3.392 nel 2001)
3) La composizione media di un dipartimento è di 89 membri

Breve nota. Il DPR 382/80 aveva istituito i dipartimenti, con autonomia amministrativa, come forma di decentramento all'interno degli Atenei.
  Prima c'erano gli Istituti, che si occupavano della ricerca, ma amministrativamente tutto affluiva al centro del rettorato, dove si verificavano intasamenti delle pratiche e lunghe attese.
  Con la legge Gelmini un dipartimento deve avere almeno 40 docenti di ruolo. Lo Statuto eleva a 50 il minimo, ma come si vede dalla tabella sottostante, si è andati molto più su. Nel 1980 la decisione fu di decentrare per abbassare i costi; adesso si centralizza, ma ancora per abbassare i costi.

   A cosa servono gli Uffici del Rettorato, se non dare utili indicazioni tecniche ai professori, circa le soglie o i range standard ?
  Chi ha pratica di amministrazione del dipartimento, sa che un dipartimento di 30 membri è già su una soglia complicata da gestire. La Gelmini ne vuole almeno 40, ma Dionigi va molto più in pratica. E' più realista del re.
  Questo non vuol dire che caleranno i costi. Al contrario essi aumenteranno a causa delle diseconomie di scala. Tutto sarà più lento, e il tempo costa.


DENOMINAZIONE DEI DIPARTIMENTI

NUMERO DOCENTI DI RUOLO

1

Dipartimento: ARCHITETTURA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

47

2

Dipartimento: CHIMICA "CIAMICIAN"

77

3

Dipartimento: DELLE ARTI VISIVE, PERFORMATIVE E MEDIALI -

49

4

Dipartimento: FARMACIA E BIOTECNOLOGIE

121

5

Dipartimento: FILOLOGIA CLASSICA E ITALIANISTICA

68

6

Dipartimento: FILOSOFIA E DISCIPLINE DELLA COMUNICAZIONE

60

7

Dipartimento: FISICA E ASTRONOMIA

126

8

Dipartimento: INFORMATICA: SCIENZA E INGEGNERIA

74

9

Dipartimento: INGEGNERIA CIVILE, AMBIENTALE E DEI MATERIALI

105

10

Dipartimento: INGEGNERIA DELL'ENERGIA ELETTRICA E DELL'INFORMAZIONE G. MARCONI - DEI

109

11

Dipartimento: INGEGNERIA INDUSTRIALE

87

12

Dipartimento: LINGUE E LETTERATURE STRANIERE MODERNE

65

13

Dipartimento: MATEMATICA

106

14

Dipartimento: MEDICINA SPECIALISTICA, DIAGNOSTICA E

157

15

Dipartimento: PSICOLOGIA

70

16

Dipartimento: SCIENZE AGRARIE

89

17

Dipartimento: SCIENZE AZIENDALI

94

18

Dipartimento: SCIENZE BIOLOGICHE, GEOLOGICHE E AMBIENTALI

82

19

Dipartimento: SCIENZE BIOMEDICHE E NEUROMOTORIE

126

20

Dipartimento: SCIENZE DELL'EDUCAZIONE "GIOVANNI MARIA

73

21

Dipartimento: SCIENZE E TECNOLOGIE AGRO-ALIMENTARI

73

22

Dipartimento: SCIENZE E TECNOLOGIE DELLA CHIMICA INDUSTRIALE

68

23

Dipartimento: SCIENZE ECONOMICHE

99

24

Dipartimento: SCIENZE GIURIDICHE "A. CICU"

160

25

Dipartimento: SCIENZE MEDICHE E CHIRURGICHE

166

26

Dipartimento: SCIENZE MEDICHE VETERINARIE

104

27

Dipartimento: SCIENZE PER LA QUALITA' DELLA VITA

43

28

Dipartimento: SCIENZE POLITICHE E SOCIALI

93

29

Dipartimento: SCIENZE STATISTICHE "PAOLO FORTUNATI"

69

30

Dipartimento: SOCIOLOGIA E DIRITTO

67

31

Dipartimento: STORIA, ARCHEOLOGIA, GEOGRAFIA E ANTROPOLOGIA

127

32

Dipartimento: STORIE E METODI PER LA CONSERVAZIONE DEI BENI

43

33

Dipartimento: STUDI INTERDISCIPLINARI SU TRADUZIONE, LINGUE

52

Totale docenti di ruolo

2950

EDIZIONI  PRECEDENTI

Bologna. La Intersindacale Universitaria locale
ha inviato al Ministero proprie "osservazioni giuridiche",
a tutela dell'Università

.
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L'Università aveva inviato, a fine luglio, il nuovo
Statuto al MIUR, che ha tempo
"entro novembre 2011" per approvarlo


TESTO ORIGINALE DELLE "OSSERVAZIONI"

dionigi2-cappello.jpeg.jpg (3308 byte)
Ivano Dionigi, rettore

Le principali illegittimità (tra le 11 segnalate):

1) L'inquadramento della Romagna è "fuori legge", soprattutto finanziariamente;
2) Violata la autonomia del Consiglio di Amministrazione, rispetto al Rettore;
3) Indefinito il sistema elettorale dei membri del  Senato (perchè rinviato ad un futuro Regolamento);
4) Indefinite le "5 aree elettorali del Senato", in luogo delle "6" attuali.
5) Parziale nei confronti degli studenti;
6) Ambiguo verso le "quote rosa" .
.

LE OSSERVAZIONI GIURIDICHE

-All’on. Sig. Ministro del
Ministero dell’Istruzione, Università, Ricerca

Oggetto: Osservazioni "giuridiche" avverso le proposte di nuovo Statuto dell’Università Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, approvate dagli OO.AA. in data 27 luglio 2011


I sottoscritti, ai fini delle presenti osservazioni tutti domiciliati in Bologna, via S. Giacomo, n. 20, presso SEDE Sindacati Universitari, Università di Bologna, sono rappresentanti delle seguenti Associazioni, costituenti l’INTERSINDACALE della UNIVERSITÀ DI BOLOGNA:
- CISL UNIVERSITÀ (MAURIZIO TURCHI)
- CNU COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO (ANNA MARIA DI PIETRA)
- CONPASS COORDINAMENTO NAZ.LE PROFESSORI ASSOCIATI BO (MAURIZIO MATTEUZZI)
- DOCENTI PREOCCUPATI (SERGIO BRASINI)
- FLC CGIL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (SANDRA SOSTER)
- SUN UNIVERSITAS NEWS (NINO LUCIANI)
- UIL RICERCA UNIVERSITÀ AFAM (RAFFAELE PILEGGI)


   nell’interesse delle quali richiedono l’intervento d’urgenza dell’on. Sig. Ministro, quale Autorità di vigilanza, affinché egli voglia a sua volta richiedere ai competenti OO.AA. dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna le seguenti modifiche alla proposta di nuovo Statuto dell’Ateneo approvata in data 27 luglio 2011.
   Ad avviso dei sottoscritti si è infatti di fronte ad un atto statutario per certi versi illegittimo, per altri versi inopportuno, per altri versi al contempo illegittimo ed inopportuno.

In via generale
   Va opportunamente ricordato che fin dall’inizio del procedimento di modifica e di approvazione del nuovo Statuto i sottoscritti hanno chiesto che nel procedimento di formazione dell’atto e poi di approvazione venissero rispettati i generali principi di legge sul procedimento amministrativo, in particolare quelli relativi a chiarezza e trasparenza, a rispetto del principio del contraddittorio nei confronti di quanti operano nell’Ateneo bolognese ma non fanno parte degli OO.AA., di congruità dei termini assegnati per intervenire ed interloquire una volta conosciute le proposte di modifica (anche nel loro farsi); nonché quelli di motivazione delle scelte amministrative specie allorquando esse risultavano palesemente e fin dall’inizio in violazione del principio di democraticità e palesemente tali da sovvertire il disegno legislativo circa il nuovo assetto da darsi agli Organi di governo degli atenei italiani, ciò che con termine corrente si designa quale governance.
    Ogni iniziativa dei sottoscritti non ha trovato alcuna attenzione (il tutto per di più senza che fosse portata motivazione alcuna al riguardo), e di queste richieste si allega copia a far parte integrante del presente atto.

LA LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO

-All’on. Sig. Ministro del
Ministero dell’Istruzione, Università, Ricerca

Signor Ministro,
le ricorrenti Organizzazioni si ritengono direttamente e gravemente danneggiate dall'adozione del nuovo Statuto approvato dagli OA e trasmesso a questo Ministero, per i seguenti motivi, che enunciamo in questa lettera, e che sono illustrati sotto l’aspetto giuridico nel Documento allegato:
1) Lo Statuto è illogico e incompleto. Esso basa tutti i meccanismi elettorali su di una entità né definita né precisata, e cioè quella di "area scientifica". Si noti bene che il concetto di "area" non è definito nel testo dello Statuto, né nella legge 240 a cui esso risponde. Non si dice mai né cosa siano, né quali siano le aree. Pertanto lo Statuto stesso risulta illogico e incompleto, ed a fortiori inapplicabile;
2) Lo Statuto demanda diverse scelte essenziali ai regolamenti, ponendo gli stessi sullo stesso piano dello Statuto stesso, e di fatto sottraendo quindi le decisioni essenziali agli Organi previsti dalla Legge, demandandoli invece ad Organi e/o persone diversi da quelli propri, ciò che è contro ogni principio di giurisprudenza, ed esplicitamente contraddice il dettato della 240/10. Pertanto lo Statuto è illegittimo.
3) Lo Statuto prevede precise discriminazioni all'accesso agli Organi, inibendone l'appartenenza in particolare per il CdA e per la Consulta del personale tecnico amministrativo a chi abbia ricoperto cariche politiche o sindacali nell'anno precedente la nomina. Si ritiene che questo limite relativo alle cariche politiche e sindacali sia meramente lesivo dei diritti costituzionali, valevoli per tutti i cittadini. Esso inoltre prefigura un atteggiamento fortemente antisindacale. Pertanto lo Statuto è incostituzionale.
    Per tutte queste ragioni, le scriventi Organizzazioni si ritengono direttamente ed inequivocabilmente danneggiate dalla denegata eventualità che lo Statuto in oggetto venisse accolto in questa forma dal Ministero, e perciò a Lei si rivolgono perché non si producano danni maggiori ed ulteriori. Aggiungiamo che le scriventi Organizzazioni hanno ampiamente provato con una consultazione autogestita all'interno dei lavoratori dell'Ateneo, assai partecipata (2300 voti validi circa), che oltre il 90% del personale è assolutamente contraria alle decisioni che lo Statuto ha poi assunto, in totale dispregio delle volontà così decisamente ed inequivocabilmente manifestate.
Bologna 23 settembre 2011
F.to: INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA

- CISL UNIVERSITÀ (MAURIZIO TURCHI)
- CNU COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO (ANNA MARIA DI PIETRA)
- CONPASS COORDINAMENTO NAZ.LE PROFESSORI ASSOCIATI BO (MAURIZIO MATTEUZZI)
- DOCENTI PREOCCUPATI (SERGIO BRASINI)
- FLC CGIL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (SANDRA SOSTER)
- SUN UNIVERSITAS NEWS (NINO LUCIANI)
- UIL RICERCA UNIVERSITÀ AFAM (RAFFAELE PILEGGI)

   Si segnala fin da ora, in quanto è evidente la palese illegittimità commessa, che le notizie sulle proposte di modifica nonché il testo delle proposte medesime sono stati resi disponibili solo con grande ritardo rispetto al termine ultimo di approvazione e, forse anche per questo, sono stati concessi agli interessati termini brevissimi per intervenire, termini certamente non congrui specie allorquando gli interessati sono Associazioni come le sottoscritte, nelle quali la formazione della volontà richiede la consultazione con gli associati e il confronto con le altre associazioni.

    Più precisamente e valga il vero:
• la Commissione ad hoc è stata insediata alla fine di marzo 2010;
• per due volte furono promessi dal Rettore al Consiglio di Amministrazione (si noti: non alle sottoscritte Associazioni) incontri con la Commissione per un confronto che, durante la costruzione dello Statuto, sarebbe stato sicuramente molto utile: ma queste promesse non vennero mantenute;
• dopo oltre un anno di silenzio, il 17 maggio 2011 fu annunciata la fine dei lavori della Commissione e la bozza di Statuto resa nota solo al Personale dell’Ateneo. Fino a quel momento nulla trapelò perché il Rettore aveva deciso di "secretare" i lavori della Commissione anche agli Organi Accademici.
    A sanare queste illegittimità, non è stata certamente sufficiente l’audizione concessa alle sottoscritte associazioni in data 31 marzo 2011, in quanto nell’occasione è stato, dal Rettore, presentato un testo largamente incompleto, con promessa di un seguito, per cui non era possibile una conoscenza almeno di massima delle proposte, con l’effetto che il principio del contraddittorio è stato del tutto violato.
    Da ciò un ulteriore vizio di palese illegittimità, che qui si denuncia.

    A causa di questo illegittimo comportamento i sottoscritti si sono trovati costretti a sottoporre alla comunità dell’Ateneo un vero e proprio referendum, che con tutte le garanzie del caso (in particolare per quanto riguarda l’accertamento della titolarità del diritto di voto) si è svolto nei giorni 28, 29, 30 giugno 2011.
    Il referendum, che ha riguardato le proposte della speciale Commissione per lo Statuto nominata dagli OO.AA. e rese note in data 17 maggio 2011, proponeva i seguenti quattro quesiti:

    1.- Volete che i membri di tutti gli organi collegiali, compreso il Consiglio di Amministrazione, (a parte quelli determinati di diritto in base alla Legge), siano eletti democraticamente, garantendo la rappresentanza paritetica di genere e di fascia per la componente di ricercatori e docenti e la rappresentanza del personale tecnico e amm.vo ?
    2.- Volete che i Direttori di Dipartimento, i Presidi/Presidenti delle Scuole/Facoltà, e i Coordinatori dei Campus siano democraticamente eletti e non designati dal Rettore?
   3.- Volete che il Senato abbia il diritto di revocare la fiducia ai membri del Consiglio di Amministrazione da esso designati?
  4.- Volete che nell’elezione del Rettore sia garantita una più adeguata pesatura del voto del personale tecnico e amministrativo?

   Il referendum ha avuto il seguente esito:
- n.ro 2.299 partecipanti (di cui 43 voti telematici non validi e annullati), che hanno espresso il proprio voto su un totale di circa 6710 aventi diritto (somma dei PO + PA + RIC + TA + Assegnisti, aventi diritto al voto) così specificati:

- Primo quesito: n.ro 2162 (pari al 95,83% dei votanti) risposte "SI’" al quesito; n.ro 94 risposte "NO" al quesito;
- Secondo quesito: n.ro 2205 (pari al 97,74 dei votanti) risposte "SI’" al quesito; n.ro 50 risposte "NO" al quesito;
- Terzo quesito: n.ro 2128 (pari al 94,33 dei votanti) risposte "SI’" al quesito; n.ro 128 risposte "NO" al quesito;
- Quarto quesito n.ro 1863 (pari al 82,58% dei votanti) risposte "SI’" al quesito; n.ro 393 risposte "NO" al quesito.

   Nonostante una così ampia partecipazione al referendum e un risultato così chiaro e significativo contro le proposte della speciale Commissione per lo Statuto, con totale indifferenza gli OO.AA. hanno proseguito per la strada imboccata fino a giungere alla conclusione del procedimento ed approvare in data 27 luglio 2011 le proposte di modifica dello Statuto ora soggette al controllo e all’approvazione dell’on. sig. Ministro, proposte delle quali i sottoscritti chiedono il rigetto in toto.

Sempre in via generale
   Nella intera e non encomiabile vicenda ha giocato un ruolo di primo piano la volontà del Rettore in carica, prof. Ivano Dionigi, volontà alla quale si sono adeguati gli OO.AA. del tutto incuranti anche delle voci di dissenso espresse da alcuni dei componenti: pochi ma certamente di tutto rilievo visto che tra di essi vi è anche il prof. Gianni Porzi, consigliere di amministrazione designato dall’on. sig. Ministro (Intervento al CdA, Università di Bologna, 27 luglio 2011. Si vegga: Allegato D).
   Il risultato che ne è scaturito è quello di uno Statuto in cui il generale principio del bilanciamento dei poteri – e dunque della democraticità della governance di Ateneo voluta dalla legge di riforma universitaria – è stato stravolto a tutto favore del Rettore, e cioè di un organo monocratico che con il nuovo Statuto sarebbe in grado di influenzare fortemente la composizione degli altri OO.AA. (in particolare quella del Consiglio di Amministrazione) che invece dovrebbero costituirne il naturale organo di checks and balances, di controllo e contrappeso.
   Di tutto questo si dirà dettagliatamente più oltre a proposito delle scelte circa le modalità per la composizione del Consiglio di Amministrazione (scelte che ulteriormente accentrano nel Rettore il potere di governare autocraticamente l’Ateneo), ma fin da ora si vuole sottolineare quanto assurdo sia il risultato: nel solo ma lungo mandato che la legge consente al Rettore e che le proposte di Statuto bolognesi hanno assunto nella massima estensione (6 anni) il Rettore diviene in grado di portare l’Ateneo ove meglio egli preferisce senza risponderne al Corpo elettorale, né agli Organi che da quel Corpo promanano e che per l’appunto, nella volontà del legislatore, dovrebbero controllare e controbilanciare il potere monocratico di un Rettore il quale, non potendo contare in una rielezione, può essere portato ad esercitare le proprie funzioni in modo autoritario e personalistico.
   È, questo, uno dei principali vizi di legittimità e di opportunità che inficia le proposte di Statuto, sottoposte ora all’approvazione dell’on. sig. Ministro.

Nei particolari
   1. Bologna, ateneo con più sedi nella Regione Emilia Romagna. Lo Statuto, con gli art. 1 e 23, c. 1 , definisce l’Università di Bologna "un Ateneo multicampus con più sedi, in varie città della regione Emilia Romagna (Bologna, Cesena, Forli’, Ravenna, Rimini). Le sedi decentrate sono dotate di "autonomia gestionale, organizzativa e regolamentare".
L’art. 23, c. 4, stabilisce poi che l’Ateneo assegna alle sedi decentrate le "risorse necessarie al loro funzionamento", e inoltre che le sedi decentrate "possono reperire autonomamente risorse esterne."
   La previsione di un modello organizzativo del tutto difforme da quelli consentiti dalla legge di riforma è palesemente illegittima.
   E’ vero che questa tipologia è quella attuale dell’Ateneo di Bologna che, come è noto, si è sviluppato negli anni per "gemmazione" e che, per lo più, ha trovato nella normativa interna dell’ateneo una disciplina solo dopo che nel tempo si erano consolidate prassi: ma è altrettanto vero che questa tipologia organizzativa non rientra né nel modello dell’Università unica nata per "fusione", né in quello dell’Università unica nata per "federazione" previsti dall’art. 3 della legge 240.
   E’ pur vero che la legge medesima, con l’art. 1, comma 2, apre ad una terza tipologia organizzativa, per " le Università che hanno conseguito la stabilità e la sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca", vale dire la possibilità di "sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle tipiche" (art. 2 della legge).
   Ma questa tipologia è sottoposta ai criteri ministeriali "per l’ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti".
Nel caso di Bologna, le proposte di Statuto fanno fin da ora riferimento a questa terza ipotesi, il che tuttavia è illegittimo in questa fase tra l’altro perché non sono ancora stati fissati i criteri ministeriali.
Non solo: nello Statuto è omessa la indicazione delle risorse, associatamente ai principi del pareggio del bilancio, di cui l’Ateneo possa disporre per raggiungere i propri obiettivi. Questa omissione rende anche impossibile ogni necessaria valutazione delle condizioni di "stabilità e la sostenibilità del bilancio", che sono il presupposto per richiedere l’applicabilità di forme di autonomia organizzativa specifiche e diverse dalle due consentite in via generale.
   Tra l’altro questa omissione è anche grave in se stessa, perché fa mancare il presupposto per valutare la capacità finanziaria di far fronte agli impegni.

   Rimangono da vagliare le prime due ipotesi. Precisamente, poichè mancano le condizioni per applicare la terza via, quella praticabile non può che essere quella federativa o quella tipica tradizionale:
  a)  se l’Ateneo si intende un ateneo federato, allora ogni sede dovrebbe avere entrate rispettive, amministrate in autonomia e con bilancio proprio, e conferire risorse al "bilancio centrale" per i bisogni comuni a tutte. Questa ipotesi non ricorre assolutamente;
   b) se l’Ateneo va inteso come un ateneo unitario, le sedi decentrate sono da ritenere articolazioni dell’ateneo unitario, secondo la tipologia tradizionale. In tale ipotesi, l’assegnazione delle risorse alle proprie strutture dovrebbe aver luogo con regole uguali per tutte. In questo senso le forme di autonomia finanziaria delle sedi, previste dallo Statuto, non sono legittimamente ammissibili, e specificamente non lo è quella di reperire risorse esterne, qualora esse non siano ricondotte al bilancio unico dell’Ateneo.

2. L’Università di Bologna, con una sede in Argentina. Stranamente le proposte di nuovo Statuto, con l’art. 34, attribuiscono all’Ateneo il potere di costituire sedi all’estero, ma omettono la indicazione della sola sede estera attualmente esistente, quella in Argentina e precisamente a Buenos Aires che esiste dal 1998.

   Si ritiene che questa omissione costituisca un fatto grave, sia per se stessa, sia perchè sottrae la sede di Buenos Aires alla rendicontazione dovuta all'Ateneo da ognuna delle sedi estere.

3) Consiglio di Amministrazione
L’art. 7 , c. 5 stabilisce che il Senato nomina "5 membri "interni" e "3 membri esterni", rispettivamente, "sulla base di una rosa di candidati, almeno doppia rispetto al numero dei membri da designare", e che le due rose siano proposte al Senato da un "Comitato di Selezione" composto da 5 membri, di cui 3 nominati dal Rettore, e che decide a maggioranza di 4/5 dei membri.
Inoltre il comma medesimo, quarto paragrafo, stabilisce che dentro la rosa dei "membri esterni", il Rettore, la Consulta del personale TA e la Consulta dei Sostenitori (intendi: finanziatori) propongono un rispettivo candidato al Senato.

  Nel sistema di checks and balances previsto dalla legge 240 per la governance degli Atenei il Consiglio di Amministrazione è certamente il più rilevante organo di controllo e di contrappeso, e per ciò stesso deve essere autonomo dall’Esecutivo (vale dire, dal Rettore e dai Pro-Rettori).
   La procedura di composizione del CdA che le proposte vogliono introdurre non soltanto è finalizzata a garantire il controllo del Rettore sul CdA, ma pone in essere una situazione di palese ed illegittimo conflitto di interessi. Cio’ è conseguente al fatto che il Senato "deve" fare una scelta solo tra nominativi scelti da un Comitato di Selezione nel quale il Rettore è maggioritario, sia pur col limite che le decisioni sono valide se prese con maggioranza qualificata, ma subito dopo mitigato dalla riserva, in ogni caso, al Rettore di proporre un proprio candidato. Infatti, la forza propositiva eccessiva del Rettore rimane, perchè, anche se mitigata dal quorum di 4/5 per la validita’ della delibera del Comitato, questa mitigazione viene poi rivista dalla suddetta deroga per gli "esterni", tutta a favore del potere del Rettore, della Consulta del personale e della Consulta dei Sostenitori.
   In particolare questa deroga appare illegittima per l’ulteriore motivo che gli "esterni" sono praticamente indistinguibili dagli "interni", se degli "interni" dell’Università (tale è il Rettore, e tali sono i membri della Consulta del personale TA) possono indicare (al Senato) dei propri prescelti. In altri termini, questa commistione di identità costituisce di per sé un conflitto di interessi.
   Lo stesso è per la Consulta dei Sostenitori "finanziatori", poiché il finanziatore è un portatore di interessi propri, potenzialmente in conflitto con l’autonomia dell’Università. L’esperienza negativa della antica legge comunale e provinciale non va dimenticata: anche in essa il ruolo del cittadino elettore per censo (e cioè in quanto contribuente e dunque principalmente preoccupato che la spesa pubblica non aumentasse e lo gravasse della richiesta di ulteriori finanziamenti) costituì una esperienza negativa in quanto subordinava ad interessi privati l’amministrazione della cosa pubblica, in particolare per la erogazione dei servizi.

4) Senato e sua autonomia deliberativa.
Conseguentemente al detto art. 7, c. 5, lettera c), il Senato "deve" scegliere i membri del CdA" , solo" dentro una lista, rigidamente fabbricata da "maggioranze esterne" al Senato (vale dire, da membri dei Comitati di Selezione suddetti, controllati largamente dal Rettore).
 Tutto questo limite non solo è lesivo del potere di scelta autonoma del Senato, ma finisce per ulteriormente rafforzare il potere accentrato nel Rettore, con ulteriore violazione di legge in relazione al più volte richiamato sistema di checks and balances sul quale nella legge 240 si impernia il rapporto tra gli OO.AA. .

5) Elezione dei membri del Senato con norma regolamentare. L’art. 6, c. 6 delle proposte stabilisce che le modalità di elezione del Senato siano demandate ad un Regolamento, senza però indicare princìpi e criteri direttivi per l’esercizio del potere regolamentare.
Questo rinvio senza limiti è illegittimo.
Infatti, si tratterebbe di regolamento con valore statutario, ma che verrà approvato senza il procedimento e la forma statutari, e quindi senza le garanzie di correttezza, trasparenza, ecc. proprie dello Statuto, in una materia determinante per il corretto funzionamento dell'organo.

6) Modifiche future dello Statuto con regolamento. L’art. 6, comma 3 lettera h) dispone che lo Statuto, approvato nelle forme previste dalla legge, possa essere modificato in base ad un regolamento, anche qui senza indicare princìpi e criteri direttivi.
 Vale perciò quanto appena rilevato: è illegittimo che lo Statuto possa essere modificato con un regolamento, avente il valore di legge o statutario, ma senza alcuna garanzia statutaria quanto a forma e procedimento.

7) Consiglio studentesco. L’art. 42, c. 5, lettera c, stabilisce che il Consiglio studentesco possa "designare la rappresentanza degli studenti nel Consiglio di Dipartimento, chiamati a votare il Direttore del dipartimento".
Si ritiene illegittimo che questo possa avere luogo senza un quorum "adeguato", che tuteli la minoranza del Consiglio Studentesco.
 
8) Omissione della indicazione delle aree scientifico-disciplinari. L’art. 6, c. 6, lettera c) e d) stabilisce, indirettamente, che l’Ateneo sia ripartito in 5 aree scientifico disciplinari.
Nello Statuto vigente, dette aree sono 6.
Mutando il numero delle aree, rispetto alla situazione preesistente, si stabilisce indirettamente che ne muti anche la composizione interna.
Ne deriva una palese illegittimità poiché viene disposta la elezione dei membri delle aree, ma senza potervi dare applicazione, anche perchè la relativa delimitazione non è rinviata ad altra norma, a meno che non si tratti ancora del rinvio ad un regolamento di cui all’ultimo paragrafo dell’art. 6, c. 6.

9) Quote rosa. L’art. 6., c. 6, ultimo paragrafo stabilisce che "gli elettori possono esprimere nella scheda elettorale uno o due voti di preferenza" , e "se due" una di esse dovrà necessariamente riguardare una candidata di genere femminile e l’altra di genere maschile, pena l’annullamento della seconda preferenza".

Si ritiene che questo sia illegittimo perchè lesivo del principio della pari opportunità. Infatti, se i votanti indicano una sola preferenza, il risultato potrebbe essere l’assenza totale di uno dei due generi.

10) Elettorato passivo limitato. L’art. 7 c. 5 stabilisce che i membri del CdA non possono ricoprire nè aver ricoperto cariche politiche o sindacali nell’anno precedente la nomina.
Lo stesso (per l’art. 12, c. 5) è per la composizione della Consulta del personale tecnico e amministrativo.
   Si ritiene che questo limite relativo alle cariche politiche e sindacali sia meramente lesivo dei diritti costituzionali, valevoli per tutti i cittadini, non avendo esse alcuna rilevanza per portare interessi economico-professionali.
  Si osserva, inoltre, che il predetto limite, essendo indicato subito di seguito alla lettera d), parrebbe valere solo per i membri esterni, e non per gli interni, nè per gli studenti. Se questa interpretazione è corretta, si ritiene che l'eccezione sia costituzionalmente illegittima. In ogni caso, si ritiene opportuno che il dubbio vada sanato in esplicito.
   Questo problema è sollevato in particolare per il fatto che, nell'Ateneo, sono in essere delle Associazioni studentesche che prestano servizi agli studenti, valendosi di risorse dell'Ateneo e che normalmente organizzano la partecipazione degli studenti alle cariche elettive studentesche universitarie, fino a riuscire a far eleggere candidati propri in CdA. Cio' considerato si ritiene illegittimo non estendere il divieto di elettorato passivo agli studenti che sono iscritti in dette associazioni.
Bologna 23 settembre 2011

F.to:INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA:
- CISL UNIVERSITÀ (MAURIZIO TURCHI)
- CNU COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO (ANNA MARIA DI PIETRA)
- CONPASS COORDINAMENTO NAZ.LE PROFESSORI ASSOCIATI BO (MAURIZIO MATTEUZZI)
- DOCENTI PREOCCUPATI (SERGIO BRASINI)
- FLC CGIL UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (SANDRA SOSTER)
- SUN UNIVERSITAS NEWS (NINO LUCIANI)
- UIL RICERCA UNIVERSITÀ AFAM (RAFFAELE PILEGGI)

 

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Prof. Gianni Porzi

.
Ateneo di Bologna: Consiglio di Amministrazione, 6-7 giugno.
Verso il traguardo l'approvazione del  nuovo statuto


Nelle riunioni preliminari si sono delineate posizioni contrarie
al progetto, ma in un quadro di prevalente assuefazione al rettore

Gli interventi dei Consiglieri PORZI* e MALTONI**


* Rappresentante del Governo

   **Rappresentante del personale TA

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Dr.ssa Alessandra Malltoni

   Nota della redazione. Le due riunioni del CdA hanno evidenziato un dualismo tra il pensiero generale "esterno" presunto, e il pensiero "interno" che appare (meglio dire, non appare..., lo spiego dopo) nel Cda e nel Senato.
  All'esterno, si presume ci sia un ampio consenso sui concetti fondamentali della democrazia, pur se questo consenso rimane sotto la cenere, salvo per quanto constatato nell'assemblea generale del 23 maggio.
  Del resto in un ente pubblico quale è l'ateneo, la democraticità dei procedimenti, delle scelte conseguenti (insomma del modo di stesso di essere) deve essere dato per presupposto, e forse è per questo che poi, nell'agire concreto, si ha poca cura di questo principio fondamentale. 
  Negli Organi, e' stato confermato l'appiattimento dei più sull'Esecutivo, anche in questa occasione così determinante per le sorti dell'Ateneo. La ragione di fondo di questo appiattimento rimane la estrema polverizzazione (e forse anche la impreparazione sui temi costituzionali) dei Consiglieri. Ognuno rappresenta se stesso e la sua isola con la quale ha anche perso il contatto, fin dal giorno successivo a quello delle elezioni.
  La domanda inevitabile è: "ma questo rettore, che dovrebbe aver sofferto come noi per anni (dentro gli organi) la sopraffazione dei rettori suoi predecessori, e che si era proposto per una battaglia di risveglio dei valori democratici costituzionali nell'ateneo, perchè non vuole più "distinguersi" da i suoi predecessori ?
   La risposta più semplice è che chi comanda (pur se gli viene fatto credere di comandare - l'Ateneo è tradizionalmente dominato da donne) non è il rettore. Nei fatti, hanno sempre comandato i Dirigenti della Amministrazione, in rapporto diretto con i Presidi, sia pur in modo disarmonico (da parte di questi). Ciò, in qualche modo, ha prodotto del buono, ma anche molte insufficienze sotto il profilo dell'interesse generale.
  Ma nel nuovo statuto, i presidi vengono estromessi dal Senato, che diviene elettivo.
  Se (come penso) sara' riprodotto il sistema elettivo del CdA attuale (non quello del nuovo statuto), ci sara' di nuovo una grande frammentazione, e pertanto il potere burocratico sara' assoluto sui professori, senza piu' la bussola dei presidi.
  I Direttori di Dipartimento, come subentranti ai Presidi, non saranno capaci di surrogarli, perche' solo con poteri ditattici "intermedi" (quelli "finali" li hanno le scuole/facoltà) e perchè troppo numerosi e, tra loro, meno armonici dei Presidi.
  Per questo, per un rettore, l'essere attorniato da un "parlamento" indipendente (CdA e Senato), e' essenziale per il buon governo.
   Dionigi non si ribella come tutti noi, sottovalutando (penso) che un rettore, da solo, non e' niente e nessuno, di fronte ai poteri forti della 'Amministrazione, e di più considerando la vastità dei problemi di un grande ateneo, come il nostro.
   E' il caso di dire: "muoviamoci tutti per liberare il Rettore dall'Amministrazione" ?   Nino Luciani

Gianni Porzi, Intervento sulla bozza di Statuto nel CdA del 6/6/2011

     Come è mio solito, sarò diretto e non ricorrerò quindi a inutili rigiri di parole. La mia posizione sulla bozza di Statuto proposta è nettamente critica, in particolare sulla Parte II. Cercherò, nel minor tempo possibile, di motivare questa mia opinione.
     Come ha giustamente osservato un amico e Collega giurista, molto stimato, non solo da me e non solo come Docente, tutte le Leggi succedutesi nel tempo e riguardanti l’Università sono state attente a salvare un dato di fatto fondamentale e cioè che l’Università è una communitas nella quale vige il principio della democraticità delle scelte e della rappresentatività di coloro che vi operano. Un esempio su tutti ritengo sia stato il DPR 382 al quale mise mano il Sen. Prof. Spadolini, che conosceva bene il mondo universitario, uomo di grande cultura, politico di alto profilo e che aveva un profondo senso delle Istituzioni e della Democrazia.
     Pertanto, il criterio della democraticità deve essere assunto a elemento fondante della Istituzione e quindi del suo Statuto. Ma nella bozza presentataci tale pietra fondante, sulla quale costruire uno Statuto rispettoso dei principi di democraticità, è sostanzialmente assente. Infatti, il Rettore non é più il primus inter pares, quindi l’unico momento di scelta democratica sarà quello della sua elezione. Il governo dell’Ateneo (sia nella composizione che nelle modalità di costituzione degli Organi) subirebbe una drastica spinta verticistica che andrebbe ben al di là di quanto previsto dalla stessa Lg 240. Verrebbero così limitati fortemente, per non dire azzerati, i pochi spazi di democrazia e non sarebbe neppure previsto un bilanciamento tra i poteri degli Organi. I margini di manovra lasciati dalla Lg 240 non sono stati utilizzati per una sana “iniezione di democrazia”, ma al contrario per accrescere il potere centrale.
     Il sistema centralistico proposto nella bozza, e che non ha nulla a che vedere con la democrazia, discende dall’aver immedesimato il Rettore nell’Istituzione stessa.
     Le nomine e le designazioni in capo al Rettore sono non solo numerose, ma anche determinanti. Basti pensare al meccanismo per la formazione del CdA, organo fondamentale a livello decisionale, la cui composizione è de facto determinata dal Rettore per ben 8 membri su 11. Infatti, l’art. 6 della bozza prevede che il S.A. nomini i membri del CdA tra una rosa di candidati individuata da un Comitato di Selezione costituito da 5 membri, dei quali 3 scelti dal Rettore stesso (che si assicura così la maggioranza nel Comitato) e 2 dal Senato (che, in realtà, risulterebbero anch'essi scelti dal Rettore in quanto non ho mai visto un Organo Accademico non accettare candidati proposti dal Rettore). Mi sembra un classico esempio di “finta democrazia” che lascia pensare che la ratio del sistema proposto per la scelta dei membri del CdA sia semplicemente quella di assicurarsene il controllo. Altrimenti, l’organo poteva essere eletto direttamente dalla comunità accademica, o quantomeno dal Senato Accademico, purché a “scrutinio segreto” e su una rosa proposta da un Comitato “veramente terzo”.
     In tempi in cui, grazie all’informatica, si parla di “democrazia diretta”, non è comprensibile, né accettabile, e direi anacronistico, un accentramento verticistico senza peraltro alcun contrappeso, senza cioè un controbilanciamento del potere. Marco Aurelio, nei Pensieri, esortava se stesso a “non cesarizzarsi, a non impregnarsi con la porpora”, perché ciò può accadere.
   E’ vero che l’accentramento del potere rende più veloce
Alessandra Maltoni, Intervento sulla bozza di Statuto nel CdA del 6/6/2011

Magnifico Rettore,
sono anch'io dell'opinione che la bozza di Statuto che ci è stata presentata sia carente di Democrazia. Lo dico sulla base della doverosa premessa che, affermando ciò, non intendo affatto esprimere il sentimento (ovvero il timore) di una probabile deriva "antidemocratica" da parte del nostro attuale Rettore. Intendo piuttosto sottolineare un giudizio politico sulla scelta ipotizzata dal nuovo Statuto, che prospetta un indirizzo (innovativo) di governo dell'Ateneo, d'ora in avanti basato sul potere di nomina, non revocabile.

A tal proposito prendo a riferimento il documento dell'Intersindacale di Bologna redatto dopo l'Assemblea di Ateneo del 23 maggio scorso, che il Magnifico Rettore ha già ricevuto e che contiene proposte emendative molto importanti. Formulo l'auspicio che queste proposte possano essere riprese e fatte proprie dal CdA nell'evolversi della discussione. Per maggiore chiarezza parto da due concetti esemplificativi:

1. Innanzitutto l'Elettività' del CdA, paletto imprescindibile per ogni comunità, sia essa accademica o di differente natura. Nessuna esigenza di "tipicità" di funzioni, di snellezza e/o di velocità decisionale può portare a derogare da questo principio irrinunciabile. Per nessun motivo si deve allontanare la Base, viva e protagonista, dalle sue Rappresentanze!

2. Il secondo aspetto, che va inevitabilmente collegato al primo, è la fiducia/sfiducia che dovrebbe sempre legare Senato Accademico e Direttore Generale (al di là delle eventuali clausole previste dal suo contratto). Ebbene tale questione attualmente non è affrontata nel nuovo Statuto.

Ricordo che la Nostra Democrazia Parlamentare (della quale tutti siamo orgogliosi) è nata proprio nel momento in cui è stato restituito alla Comunità (cioè alla Base) il potere di eleggere i suoi rappresentanti, sottoponendo questi ultimi al controllo democratico collegato al vincolo di mandato. Questo parallelismo vale per ogni comunità, sia essa di Popolo, generalmente inteso, sia essa di altro genere.

Per questi motivi AUSPICO vivamente che gli emendamenti appena richiamati siano accolti e recepiti nel Nuovo Statuto che ci accingiamo a "varare".

Concludo con una considerazione che riguarda più direttamente la Componente Tecnico/ Amministrativa che qui rappresento. Mi riferisco alla cosiddetta "Consulta del Personale T/A" che, così com'è ora concepita, non rappresenta un organismo valido ed effettivamente utile al Personale. Essa, senza la potestà di fornire pareri obbligatori e vincolanti per il CdA (e quindi dotata di un ruolo meramente "consultivo"), diviene un organismo pletorico e ornamentale, che non dà alcun contributo sostanziale alle scelte strategiche dell'Ateneo.

Sappiamo tutti che quando si vuol dare ad un organismo solo la "parvenza" di un ruolo, lo si caratterizza con la possibilità di esprimere pareri facoltativi e mai decisivi. Ancora una volta dunque, per il Personale Tecnico/Amministrativo, esserci o non esserci sarebbe la stessa identica cosa!!! .   ALESSANDRA MALTONI

il momento decisionale, ma è accettabile rinunciare al principio di rappresentatività democratica per la rapidità nelledecisioni?
   Al Monarca, per quanto “illuminato” possa essere, preferisco, senza dubbio, la democrazia repubblicana, anche se è impegnativa e a volte faticosa.
     L’unico Organo costituito su base elettiva è il Senato Accademico perché lo impone la Legge. Va tuttavia ricordato che il Senato formula solo proposte e pareri, ma non ha alcun potere decisionale essendo questo in capo al CdA.
     Riprova che tutto il modello organizzativo proposto non è democratico, si ha nell’istituzione di nuovi organismi con il solo potere consultivo (denominati infatti “ausiliari”) che non possono quindi incidere nelle scelte che verranno fatte dal vertice. Devo ritenere che chi ha redatto la bozza ha un qualche deficit di democraticità e gli oltre 60 anni di democrazia nel nostro Paese sono serviti a ben poco, purtroppo. Ciò che ci viene proposto non è il frutto di una partecipazione democratica al processo di elaborazione perché si è voluto disegnare un sistema di potere centralistico e verticistico. Ritengo sia il primo effetto dell’art. 2, comma d) della Lg 240 che ha introdotto il mandato unico di 6 anni per i Rettori che, non essendo più sottoposti ad una verifica elettorale, potranno governare senza dover rendere conto del proprio operato agli elettori.
     E che dire sulle sedi della Romagna? L’unico disegno organizzativo che intravedo è quello di ridurre significativamente l’autonomia sostanziale di tali sedi e accentrare sempre più i momenti decisionali, invece di decentrare. Appare chiaro il disegno di sottrarre agli attuali Presidenti di Polo eletti (che verranno “declassati” a Coordinatori non eletti, ma designati dal Rettore), e quindi ai Consigli attualmente eletti e alla Dirigenza di sede, quei compiti importanti descritti nell’art.26 dello Statuto vigente e trasferirli al pro-Rettore per le Sedi decentrate. Ritengo tutto ciò inopportuno in quanto si determinerebbe un indebolimento della struttura Multicampus non solo a livello territoriale, ma anche Ministeriale, col risultato di vanificare anni e anni di lavoro i cui risultati nessuno può negare. Non va dimenticato che il Multicampus è uno dei punti di forza dell’Alma Mater sul quale poter far leva per realizzare un Accordo di Programma ai sensi dell’art.1 della Lg.240.
     Si parla di Scuole o Facoltà, i cui Presidenti peraltro sono anch’essi designati dal Rettore, e non si fa cenno a quante saranno né come verranno raggruppati i Dipartimenti il cui numero non è ancora noto. Spero che il tutto non ci venga comunicato in “zona Cesarini”. Nella bozza, inoltre, non si dice se il Direttore verrà eletto o designato dal Rettore: non credo sia un lapsus, penso piuttosto si tratti di un’ambiguità non casuale.
     Se si accetta, come ritengo si debba accettare, il principio di rappresentatività democratica, nel poco tempo rimasto a disposizione per approvare lo Statuto non ritengo sia possibile apportare alla bozza le necessarie modifiche per realizzare una governance compiutamente democratica perché l’impianto stesso sul quale si articola è privo di quei principi elementari e fondamentali della democrazia rappresentativa.
     Chi avesse un po’ di pazienza, legga lo Statuto di Roma La Sapienza (emanato il 4/8/10); si potrà rendere conto di come sia una governance con un “tasso minimale” di democrazia: membri eletti in entrambi gli Organi e il Direttore di Dipartimento eletto tra i Professori di ruolo, senza distinzione di fascia di appartenenza.
     Concludo con un’amara constatazione: si assiste frequentemente ad “esercitazioni orali” sul concetto di democrazia e come essa debba essere realizzata, in particolare quella che si definisce come E-democracy e che sembra essere la nuova frontiera (si pensi al dibattito sulla proposta del Premier inglese David Cameron di sottoporre le leggi alla consultazione preventiva degli elettori attraverso le moderne tecnologie informatiche), ma raramente queste dotte discettazioni vengono poi messe in pratica, come dimostra la bozza di Statuto proposta. GIANNI PORZI

 

Notizie da Venezia Cà Foscari (855 docenti) :
il primo statuto messo in pista (in Italia)

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Testo originale del nuovo Statuto Generale di Ateneo

(Testo approvato dalla Commissione per le modifiche dello Statuto nominata ai sensi dell’art. 2 comma 5 L. 240/2010)

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Carrari Carlo, Rettore

STATUTO DELL'UNIVERSITA' CA' FOSCARI VENEZIA
                                       INDICE

TITOLO I - PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1 - Natura e ruolo dell'Università
Art. 2 - Missione dell'Università
Art. 3 - Principi relativi all'azione dell'Università
Art. 4 - Corsi e titoli
Art. 5 - Internazionalizzazione
Art. 6 - Federazioni e Fusioni
Art. 7 - Partecipazione dell'Università a organismi pubblici e privati

TITOLO II - ORGANIZZAZIONE DELL'UNIVERSITÀ
Capo I - Organi e Strutture
Art. 8 - Organi dell'Università
Art. 9 - Strutture dell'Università

Capo II - Organi di governo
Sezione I - Rettore
Art. 10 - Funzioni del Rettore
Art. 11 - Elezione del Rettore
Art. 12 - Prorettori e delegati
Sezione- II Senato Accademico
Art. 13 - Funzioni del Senato Accademico
Art. 14 - Composizione del Senato Accademico
Sezione III - Consiglio di Amministrazione
Art. 15 - Funzioni del Consiglio di Amministrazione
Art. 16 - Composizione del Consiglio di Amministrazione

Capo III - Organi di controllo, consultivi e di garanzia Sezione I - Organi di controllo
Art. 17 - Nucleo di Valutazione
Art. 18 - Collegio dei Revisori dei conti
Art. 19 - Collegio di Disciplina
Sezione II - Organi consultivi e di garanzia
Art. 20 - Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti
Art. 21 - Consulta dei Dottorandi
Art. 22 - Difensore degli Studenti
Art. 23 - Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni

Capo IV- Organi di gestione e strutture amministrative
Art. 24 - Caratteri dell'Amministrazione
Art. 25 - Direttore Generale
Art. 26 - Funzioni dirigenziali
Art. 27- Centri di erogazione di servizi

TITOLO III - ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE DI DIDATTICA E DI RICERCA
Capo I - Dipartimenti e Scuole Interdipartimentali
Art. 28 - Caratteristiche e funzioni dei Dipartimenti
Art. 29 - Modalità di costituzione dei Dipartimenti
Art. 30 - Articolazione interna dei Dipartimenti
Art. 31 - Consiglio di Dipartimento Art. 32 - Direttore di Dipartimento
Art. 33 - Giunta di Dipartimento
Art. 34 - Comitato per la ricerca
Art. 35 - Comitato per la didattica
Art. 36 - Segretario generale di Dipartimento
Art. 37 - Scuole interdipartimentali
Art. 38 - Collegi didattici
Art. 39 - Commissioni didattiche paritetiche docenti-studenti
Capo II - Altre strutture di didattica e di ricerca
Art. 40 - Corsi e scuole di Dottorato
Art. 41 - Scuole di Ateneo
Art. 42 - Scuole di Specializzazione
Art. 43 - Centri di Ricerca Interateneo

TITOLO IV - NORME COMUNI
  Capo I - Organi Collegiali
Art. 44 - Funzionamento degli organi collegiali
Art. 45 - Rinnovo delle rappresentanze negli organi collegiali
Art. 46 - Decadenza e incompatibilità
Art. 47 - Indennità di carica

  Capo II - Attività Normativa
Art. 48 - Tipi di Regolamento
Art. 49 - Contenuto dei Regolamenti di Ateneo
Art. 50 - Formazione dei Regolamenti
Art. 51 - Pareri - Scadenza termini
Art. 52 - Pubblicazione dello Statuto e dei Regolamenti Art. 53 - Modifiche dello Statuto
Art. 54 - Codice etico
Art. 55 - Carta degli Impegni per la Sostenibilità

TITOLO V - DISPOSIZIONI FINALI E NORME TRANSITORIE
Art. 56 - Interpretazioni
Art. 57 - Elezione dei nuovi Organi di governo dell'Ateneo Art. 58 - Proroghe e limiti al rinnovo dei mandati
Art. 59 - Regolamenti


Maurizio Matteuzzi*, Una breve sintesi dei lavori, nel panorama delle Università

*
Professore Associato di
Filosofia e Teoria dei Linguaggi

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Maurizio Matteuzzi

1.- Per quanto riguarda l'avanzamento dei lavori, non è certo facile fare un quadro di una situazione così variegata e complessa. Sinteticamente, proviamo a mettere in evidenza i punti che suscitano maggiori problematicità e divergenze. E' chiaro che il riferimento in molti casi è all'orientamento che emerge al momento, anche se la situazione è in itinere, e dunque passibile di evoluzioni in altre direzioni.
  2.- Un punto che sicuramente suscita dibattito è la composizione dell'elettorato attivo per la nomina del MR. Le questioni sul tappeto riguardano i RTI (Ricercatori a tempo indeterinato), i RTD (Ricercatori a tempo deterinato), e i TA (tecnico-amministrativi). In alcuni atenei, l'elettorato attivo spettava già ai RTI, su base paritetica, una testa un voto. E' il caso ad esempio di Bologna. In altri atenei ciò non era previsto, ad esempio alla Federico II e alla SUN.
   La scelta di Ca' Foscari, unico caso già definitivo, come detto, è stata la concessione dell'elettorato attivo paritetico a tutti i ricercatori, anche ai nuovi a tempo definito. Altri atenei intendono distinguere i due casi; altri ancora si stanno orientando verso la distinzione, all'interno della nuova figura dei RTD, rispetto alla quale ovviamente mancano precedenti, tra le figure di "tipo A" e quelle di "tipo B". Si argomenta infatti che mentre queste seconde abbiano in qualche modo titolo ad esprimersi, appartenendo in qualche misura ad un processo di validazione comunque "interno" (hanno diritto ad un giudizio idoneativo), così non sarebbe per le prime, che dunque andrebbero escluse. Questo è un orientamento attualmente in discussione a Palermo.
   3.- Per quanto riguarda i TA, nella maggior parte dei casi essi esprimevano già un voto pesato. Ca' Foscari stabilisce la quota nel 25%. In altri atenei, la via seguita sembra essere invece quella dei così detti "grandi elettori", con un meccanismo in due fasi, nella prima della quale i TA eleggono coloro che poi voteranno per il MR in modo paritetico ai docenti, cioè una testa un voto. E' chiaro che sulla questione vi è grande difformità di orientamento, in primis per la ragione che il rapporto numerico docenti/TA è molto diverso nelle varie realtà.
   4.- Altro punto caldo, anzi, probabilmente il più caldo, è costituito naturalmente dalla composizione e dalle modalità di designazione del Consiglio di Amministrazione, che nella nuova organizzazione appare in tutti i sensi il luogo decisionale più alto.
   Da un lato da più parti si richiede di determinare elettivamente i membri interni. Più pareri giuridici del tutto convergenti hanno chiarito che questa forma di determinazione non contrasta con il dettato legislativo, essendo una forma ammissibile di designazione. Tale orientamento sta emergendo ad esempio a Trieste, la cui commissione prevede un CdA di 11 membri: il MR, 2 studenti, 4 membri interni eletti, e 4 membri esterni designati dal Senato.
   In contrapposizione, altri propongono che la determinazione dei membri anche di estrazione accademica avvenga su designazione del Senato Accademico. In qualche modo viene proposta l'analogia con quanto avviene in una società di capitale: il Senato sarebbe l'analogo dell'assemblea dei soci, che nomina appunto un CdA. Il punto allora diviene quello della possibilità, da parte del Senato, non solo di nominare, ma anche di revocare il CdA. Questo renderebbe l'analogia completa.
    Qualcuno ha sostenuto che tale capacità di revoca già esisterebbe, essendo nel nuovo assetto sfiduciabile il MR. Tale tesi non pare tuttavia ben fondata, per diverse ragioni, in primis che il cambiamento del MR non ha nella nuova situazione diretta influenza sul CdA, tanto è vero che essi hanno durata temporale differente. L'ipotesi di una designazione da parte del Senato, ma con potere di revoca, è seriamente presa in considerazione, attualmente, ad esempio da Palermo.
   Una soluzione mista sta invece emergendo a Salerno, dove il CdA ipotizzato attualmente sarebbe costituito da due soli membri esterni, con i docenti eletti, e gli altri membri designati dal Senato entro una rosa proposta dal MR. Il quadro ovviamente si complica considerando altre variabili, come le rappresentanze dei TA e degli attuali assegnisti, fugure peraltro destinate in breve tempo a scomparire, via via sostituite dai nuovi RTD. Alcuni atenei propongono una più ampia rappresentanza dei TA nel Senato, e una totale esclusione dal CdA; è il caso, ad esempio, di nuovo di Palermo.
    5.- Altre ipotesi ancora di determinazione dei membri sono quelle miste, o in due fasi, per cercare di bilanciare da una lato la rappresentatività, fondandola su criteri elettivi, e la competenza, che dovrebbe essere garantita dalla designazione diretta. Si pensa allora a designazioni finali da parte di Senato o MR, a seconda degli atenei, ma entro una rosa di eletti. Ma c'è anche chi non esclude il processo inverso.
   6.- Come si vede emerge un quadro estremamente variegato e complesso, ed è facilmente prevedibile che tale variabilità resterà anche nelle soluzioni finali. Con l'aggiunta di un ulteriore elemento di complessità, quello delle aggregazioni o federazioni in atto, che ingenerano ulteriori problemi di rappresentatività. E' il caso ad esempio della federazione delle università campane, o di quelle del Veneto, o della Toscana, o del Salento; processi in alcuni casi già avviati, in altri in corso di vaglio.
                                                 Maurizio Matteuzzi

TITOLO I - PRINCIPI FONDAMENTALI

Art. 1 - Natura e ruolo dell'Università 1. L'Università Ca' Foscari Venezia, di seguito denominata "Università", è un'istituzione pubblica che è sede primaria di libera ricerca scientifica e istruzione superiore. Ha personalità giuridica e piena capacità di diritto pubblico e privato. 2. L'Università afferma il proprio carattere laico, pluralista e libero da ogni condizionamento ideologico, confessionale, politico o economico. 3. L'Università riconosce la propria appartenenza allo Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore e ne fa propri principi e strumenti. 4. A norma della Costituzione, e nei limiti fissati dalla legge, l'Università gode di autonomia statutaria, regolamentare, scientifica, didattica, organizzativa, finanziaria e contabile. 5. L'Università ha sede a Venezia e può istituire sedi e succursali in Italia e all'Estero, nei limiti di quanto previsto dalla normativa vigente.

Art. 2 - Missione dell'Università 1. Nel perseguimento dell'eccellenza nei diversi campi di studio, l'Università promuove, garantisce e coordina la libera attività di ricerca dei docenti, fornendo i necessari strumenti e attivando gli opportuni incentivi. 2. Concorre, attraverso la pubblicità dei risultati scientifici conseguiti e il libero confronto delle idee, allo sviluppo civile, culturale e scientifico della comunità locale, nazionale e internazionale. 3. Favorisce il progresso tecnologico e la trasmissione delle conoscenze contribuendo a progettare e costruire le competenze scientifiche e professionali rispondenti alle esigenze dello sviluppo della società. 4. Persegue la qualità più elevata dell'istruzione e la formazione della persona, garantisce il diritto degli studenti a un sapere aperto e critico e a una preparazione adeguata al loro inserimento sociale e professionale, organizzando anche, a tale scopo, periodi di studio all'estero. 5. Valorizza le professionalità e le competenze presenti al suo interno. 6. Promuove l'accesso ai più alti gradi di studio e il loro completamento per i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, contribuendo a rimuovere ogni ostacolo a una effettiva uguaglianza di opportunità. 7. Cura l'orientamento per l'iscrizione agli studi universitari, organizza le attività di tutorato e quelle destinate a favorire l'inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. 8. Promuove attività culturali, sportive e ricreative per gli studenti e il personale e sostiene le attività formative autogestite dagli studenti. 9. Promuove la residenzialità degli studenti e del personale, in armonia con la peculiarità del contesto urbano veneziano. 10. Sul piano internazionale l'Università persegue tutte le forme di collaborazione atte a favorire la conoscenza e l'arricchimento reciproco fra le culture, la circolazione del sapere e lo scambio di studenti e di personale. 11. Favorisce i rapporti con le istituzioni pubbliche e private, con le imprese e le altre forze produttive, partecipando attivamente alla definizione delle politiche che riguardano lo sviluppo della ricerca e del territorio e promuovendo l'inserimento dei propri studenti nella sociètà e nel mondo del lavoro. 12. Promuove le relazioni con i propri ex studenti (alumni) per creare un'ampia comunità Cafoscarina che favorisca la crescita dell'Ateneo e la valorizzazione del suo nome in tutto il mondo e che ne rafforzi i legami con l'Università.

Art. 3 - Principi relativi all'azione dell'Università 1. L'Università garantisce pari opportunità nella ricerca, nello studio e nel lavoro. 2. L'Università si dota di un 'Codice etico', di un 'Codice di condotta per la prevenzione e la lotta contro il fenomeno del mobbing" e di un 'Codice di condotta contro le molestie sessuali', volti a evitare al suo interno ogni forma di discriminazione, diretta ed indiretta, relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione e alla lingua, ogni tipo di conflitti di interessi e qualsiasi forma di nepotismo e favoritismo, per la prevenzione delle molestie sessuali e morali (mobbing) per la tutela della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, delle studentesse e degli studenti. 3. L'Università si dota di una Carta degli Impegni per la Sostenibilità in cui definisce le regole e gli obiettivi volti a minimizzare il proprio impatto sull'ambiente e sulle risorse naturali, ad aumentare la coesione sociale e a ridurre le disuguaglianze al suo interno, a favorire la crescita culturale e il progresso economico sostenibile del territorio. 4. Assume come valore fondamentale il benessere sui luoghi di studio e di lavoro e predispone strategie di prevenzione per migliorare la sicurezza e la qualità complessiva delle sue attività. 5. Favorisce, attraverso i propri organi consultivi e di proposta, la partecipazione di tutte le sue componenti. 6 Adegua la propria offerta didattica all'evoluzione della ricerca e della società e si impegna ad arricchire il proprio patrimonio culturale e scientifico adoperandosi per accrescere le risorse disponibili. 7. Attiva tutti i livelli di formazione universitaria previsti dallo Statuto, assicurando la corretta utilizzazione delle strutture e il loro sviluppo programmato. L'ordinamento degli studi è disciplinato dal Regolamento didattico di Ateneo. 8. Le attività didattiche, comprese le attività tutoriali, sono organizzate in funzione del soddisfacimento delle esigenze di apprendimento e di formazione dello studente. 9. L'Università adotta la valutazione, anche ad opera di esperti esterni, come sistema per misurare il valore scientifico e la qualità dell'attività didattica e di ricerca, nonché l'efficacia e l'efficienza dell'attività di servizio delle proprie strutture e il raggiungimento degli obiettivi strategici fissati, per le rispettive competenze, dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione. 10. L'Università elabora, dandone la massima diffusione e pubblicità, indicatori atti a assicurare un utilizzo efficace dei fondi che essa destina alla ricerca e alla didattica, a quantificare l'impiego delle risorse da parte delle proprie strutture organizzative, a valutare il grado della loro utilizzazione e a valutare e verificare la congruenza tra obiettivi prefissati e risultati realizzati. Il sistema di valutazione delle diverse attività istituzionali è applicato, per l'assegnazione di risorse umane e finanziarie, alle strutture organizzative della ricerca e della didattica nonché alle strutture amministrative e tecniche. 11. Riconosce le rappresentanze sindacali dei dipendenti, che partecipano all'organizzazione del lavoro nelle forme stabilite dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale. Si impegna a realizzare un sistema di relazioni sindacali improntato alla trasparenza dei comportamenti delle parti e alla reciproca collaborazione. 12. L'Università cura e incentiva l'aggiornamento professionale e la formazione continua del proprio personale tecnico e amministrativo, anche organizzando specifici corsi, e assicurandone una collocazione funzionale che, nel rispetto delle normative vigenti, riconosca le professionalità specifiche e ne valorizzi l'apporto. 13. Assicura la trasparenza degli atti e il diritto di accesso ai documenti amministrativi. 14. Cura che i diritti di titolarità o contitolarità della proprietà intellettuale e industriale e dei diritti connessi si concilino con il principio della pubblicità dei risultati della ricerca scientifica.

Art. 4 - Corsi e titoli 1. L'Università conferisce i seguenti titoli: a) Laurea (L); b) Laurea Magistrale (LM); c) Diploma di Specializzazione (DS); d) Dottorato di Ricerca (DR); e) Master Universitario di I e II livello (MU). 2. L'Università può rilasciare attestati relativi alle altre attività di formazione alle quali essa partecipa.

Art. 5 - Internazionalizzazione 1. L'Università favorisce la dimensione internazionale delle attività di ricerca e di formazione anche attraverso la mobilità di tutte le sue componenti, i contatti e gli accordi con istituzioni accademiche o di alto profilo culturale di tutto il mondo, l'adesione a network e consorzi, lo scambio di conoscenze scientifiche e di esperienze formative, il reclutamento di studenti, ricercatori in formazione, ricercatori e docenti provenienti da altri Stati. 2. L'Università riconosce il valore della mobilità come strumento di rafforzamento delle conoscenze scientifiche e di sviluppo professionale in tutte le fasi della carriera del personale. A tale scopo favorisce e promuove la mobilità nazionale, internazionale e interdisciplinare, nonché quella fra il settore pubblico e privato. 3. L'Università assume e promuove la caratterizzazione internazionale dei propri programmi di ricerca e formativi, anche attraverso l'attivazione di corsi di studio in collaborazione con Atenei di altri Paesi per il conseguimento di titoli congiunti o multipli, la revisione dei curricula formativi e l'impiego diffuso di lingue diverse dall'italiano. Adotta strumenti tecnologici adeguati al fine di favorire la diffusione internazionale delle proprie attività formative. 4. L'Università cura la semplificazione di tutte le procedure amministrative, allo scopo di favorire l'accesso alle proprie attività di ricerca e formazione da parte di persone e istituzioni di altri Stati.

Art. 6 - Federazioni e Fusioni 1. Ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente l'Università, anche limitatamente ad alcuni settori o strutture, può federarsi ovvero fondersi con altri Atenei. La Federazione può avere luogo altresì tra l'Università ed Enti o Istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell'alta formazione, ivi compresi gli istituti tecnici superiori.

Art. 7 - Partecipazione dell'Università a organismi pubblici e privati 1. L'Università può partecipare a enti, società, fondazioni, consorzi o altre forme associative di diritto pubblico o privato per lo svolgimento di attività strumentali alla propria attività di ricerca e di didattica o comunque funzionali al perseguimento dei propri fini istituzionali. Promuove, inoltre, la collaborazione con persone giuridiche create secondo norme di diritto pubblico, con particolare attenzione ai Comuni, alle Province e alle Regioni, che perseguano finalità di interesse strategico per l'Ateneo. 2. Le partecipazioni sono deliberate dal Consiglio di Amministrazione, sentito il Senato Accademico su quelle di rilievo strategico. Esse sono comunque subordinate ai seguenti presupposti: a) disponibilità di risorse finanziarie e organizzative sufficienti; b) destinazione della quota degli eventuali utili da attribuire all'Ateneo per finalità istituzionali, scientifiche e didattiche; c) espressa previsione di patti parasociali a salvaguardia dell'Università in occasione di eventuali aumenti di capitale della persona giuridica partecipata; d) limitazione del concorso dell'Ateneo, qualora si dovessero ripianare eventuali perdite, alla quota di partecipazione; e) diritto di recedere nel caso in cui l'oggetto della persona giuridica partecipata venga modificato. 3. La partecipazione dell'Università può essere costituita dal comodato di beni, mezzi o strutture nel rispetto dei principi enunciati nel comma 2 del presente articolo, con oneri a carico del comodatario. 4. La licenza dell'uso del marchio, per finalità non istituzionali, fatto salvo il prestigio dell'Ateneo, è autorizzata dal Rettore. 5. La rappresentanza dell'Università in seno agli organi amministrativi, tecnico-scientifici e didattici degli Enti costituiti ai sensi del presente articolo può essere data anche a docenti dell'Ateneo prescindendo dal loro regime di impegno didattico. In ogni caso, tale rappresentanza è disposta con apposito decreto del Rettore. 6. È cura del Direttore Generale tenere un elenco aggiornato di tutti gli organismi pubblici e privati cui l'Università partecipa, così come dei rappresentanti da essa designati, e di renderne possibile la consultazione a chiunque ne abbia interesse. 7. Il recesso dell'Ateneo dagli organismi privati e pubblici ai quali partecipa avviene, su proposta del Rettore, con delibera del Consiglio di Amministrazione.

TITOLO II - ORGANIZZAZIONE DELL'UNIVERSITÀ

Capo I - Organi e Strutture

Art. 8 - Organi dell'Università 1. L'Università opera come un sistema complesso e integrato in tutte le sue componenti, e riflette al suo interno la distinzione fra attività di indirizzo, di controllo e attività di gestione. 2. All'attività di indirizzo sono preposti i seguenti Organi di governo: a) il Senato Accademico; b) il Consiglio di Amministrazione; c) il Rettore. 3. Gli Organi di governo dell'Università sono assistiti da organi di controllo, che sono: a) il Nucleo di Valutazione, per l'attività scientifica, didattica e amministrativa; b) il Collegio dei Revisori dei Conti, per la gestione finanziaria, contabile e patrimoniale. 4. Sull'operato degli organi di governo e delle strutture di gestione vigilano il Difensore degli Studenti e il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni per le materie di competenza. 5. L'Organo cui è affidata l'attività di gestione è il Direttore Generale, assistito dai dirigenti, che rispondono dei relativi risultati, nonché dagli altri responsabili delle strutture dell'Università.

Art. 9 - Strutture dell'Università 1. Sono strutture dell'Università: a) l'Amministrazione; b) i Dipartimenti; c) le Scuole interdipartimentali; d) i Centri interdipartimentali per la ricerca; e) i Centri di erogazione di servizi; f) le Scuole di Ateneo; g) le Scuole di Specializzazione. 2. L'Università si avvale della Fondazione Università Ca' Foscari Venezia per svolgere un'attività strumentale di sostegno alle proprie attività di ricerca e didattica, con particolare riferimento alle iniziative che abbiano un taglio interdisciplinare e/o internazionale. 3. L'Università agisce in collaborazione con le altre Università, promuovendo iniziative comuni nel campo della ricerca e della didattica, volte al raggiungimento di risultati di eccellenza nei singoli ambiti di attività, attraverso l'istituzione di Corsi di studio, di Master o di Dottorati interateneo e mediante la promozione o l'adesione a Centri Interuniversitari o ad altre strutture di tipo federativo. 4. Le strutture amministrative dell'Università sono organizzate in modo da assicurare l'economicità, la speditezza e la rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa, nonché l'individuazione delle competenze e delle connesse responsabilità. 5. L'Università persegue i propri fini didattici, scientifici e organizzativi anche attraverso convenzioni e forme associative, quali associazioni, consorzi, società e fondazioni, con altri soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri per attività in Italia e all'estero.

Capo II - Organi di governo

Sezione I Rettore

Art. 10 - Funzioni del Rettore 1. Il Rettore rappresenta l'Università e ha la responsabilità del perseguimento delle finalità dell'Ateneo secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito. È organo di governo dell'Ateneo, assicura l'unitarietà degli indirizzi espressi dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione e ne promuove e coordina l'attuazione. 2. In particolare il Rettore: a) ha la rappresentanza legale dell'Ateneo; b) convoca e presiede il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione e assicura l'esecuzione delle rispettive delibere; c) propone al Senato Accademico i nomi dei componenti del Consiglio di Amministrazione e del Presidente del Collegio dei Revisori dei conti; d) propone al Consiglio di Amministrazione il nome della persona cui conferire l'incarico di Direttore Generale; e) emana i provvedimenti di nomina delle cariche istituzionali; f) propone il documento di programmazione strategica triennale di Ateneo al Consiglio di Amministrazione, tenendo conto delle proposte e del parere del Senato Accademico e del Nucleo di Valutazione; g) presenta al Consiglio di Amministrazione per l'approvazione il bilancio di previsione e il conto consuntivo; h) garantisce il diritto degli studenti ad una formazione adeguata e la trasparenza degli atti amministrativi; i) stipula convenzioni e accordi in materia didattica, scientifica e culturale; l) emana lo Statuto e i Regolamenti, nonché le loro modifiche; m) stipula i contratti per attività di insegnamento; n) vigila sul buon andamento della ricerca e della didattica, esercitando funzioni di indirizzo, iniziativa e coordinamento, così come sull'efficienza e la correttezza dell'azione amministrativa, garantendo trasparenza e promozione del merito; o) esercita il potere di annullamento per ragioni di legittimità su tutti gli atti degli organi e delle strutture dell'Università; p) avvia i procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti, trasmettendo gli atti al Collegio di Disciplina e formulando una motivata proposta in merito. Avvia i provvedimenti in caso di violazione del Codice etico e propone al Senato Accademico la sanzione, qualora la materia non ricada fra le competenze del Collegio di Disciplina; q) utilizza nella propria azione di indirizzo e controllo le risultanze del lavoro del Nucleo di Valutazione; r) esercita ogni altra attribuzione che gli sia demandata dall'ordinamento generale universitario, dallo Statuto e dai Regolamenti di Ateneo, o che non sia espressamente attribuita ad altri organi dallo Statuto; s) convoca almeno una volta l'anno un'assemblea di Ateneo alla quale presentare il piano di sviluppo dell'Università. 3. In caso di necessità e urgenza il Rettore può adottare provvedimenti di competenza del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione sottoponendoli a ratifica nella seduta immediatamente successiva. 4. Il Rettore può optare all'inizio dell'anno accademico per una riduzione o esenzione dell'impegno didattico, dandone comunicazione al Senato Accademico.

Art. 11 - Elezione del Rettore 1. Il Rettore è eletto fra i professori ordinari in servizio presso le università italiane che abbiano optato o optino per il tempo pieno. Dura in carica sei anni e non è rieleggibile. 2. L'elettorato attivo spetta: a) a tutti i professori straordinari, ordinari, associati e ai ricercatori, anche a tempo determinato; b) ai membri dell'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti; c) ai rappresentanti del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici nel Senato Accademico e nel Consiglio di Amministrazione; d) al personale tecnico e amministrativo e ai collaboratori ed esperti linguistici, con l'esclusione dei rappresentanti menzionati alla lett. c) del presente comma, in misura pari al 25% dei docenti elettori, secondo le modalità stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 3. Il Decano indice le elezioni dopo il centottantesimo giorno antecedente la scadenza del mandato e ne fissa lo svolgimento non prima di quaranta giorni dalla indizione e non oltre il 30 luglio. In caso di anticipata cessazione dalla carica, il Decano indice le elezioni entro trenta giorni dalla cessazione e ne fissa lo svolgimento non prima di quaranta e non oltre sessanta giorni dalla indizione. In tal caso le funzioni del Rettore, limitatamente all'ordinaria amministrazione, sono esercitate dal Prorettore vicario. 4. Il Rettore, nella prima votazione, è eletto a maggioranza assoluta degli aventi diritto. Nella seconda e terza votazione a maggioranza assoluta dei votanti. In caso di mancata elezione si procede al ballottaggio fra i due candidati che nella terza votazione abbiano riportato il maggior numero di voti. In caso di parità risulta eletto il candidato con maggiore anzianità di ruolo o, in caso di ulteriore parità, il candidato con maggiore anzianità anagrafica. 5. Il Rettore è proclamato eletto dal Decano dell'Università ed è nominato dal Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Al Rettore spetta una indennità di carica determinata, su proposta del Senato Accademico, dal Consiglio di Amministrazione. 6. In caso di assenza o di impedimento del Decano, l'elezione è indetta dal professore ordinario che lo segue in ordine di anzianità, che provvede anche alla proclamazione. 7. Il Rettore entra in carica il primo ottobre dell'anno in cui è stato eletto. Nel caso di anticipata cessazione dalla carica del precedente Rettore, il Rettore eletto entra in carica all'atto della proclamazione e vi rimane per i successivi sei anni.

Art. 12 - Prorettori e delegati 1. Il Rettore nomina tra i professori di ruolo di prima fascia dell'Università a tempo indeterminato un Prorettore vicario. Questi adotta, in caso di assenza o impedimento del Rettore, i provvedimenti di ordinaria amministrazione. 2. Il Prorettore vicario esercita inoltre le funzioni che gli sono delegate dal Rettore; partecipa, senza diritto di voto, alle adunanze del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico. 3. Il Prorettore vicario può optare all'inizio dell'anno accademico per una riduzione dell'impegno didattico, dandone comunicazione al Rettore e al Direttore del Dipartimento di appartenenza. 4. La carica di Prorettore vicario è incompatibile con ogni altra carica istituzionale dell'Università e degli Enti strumentali della stessa. 5. Nell'esercizio delle sue funzioni, il Rettore può avvalersi di Prorettori e Delegati da lui scelti tra i docenti dell'Università e nominati con proprio decreto, nel quale sono precisati i compiti e gli ambiti di competenza. Prorettori e Delegati rispondono direttamente al Rettore del loro operato. Su argomenti relativi agli ambiti di competenza, i Prorettori e i Delegati, su proposta del Rettore, possono far parte delle commissioni istruttorie degli organi dell'Università e possono essere invitati alle sedute del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. I Prorettori possono avere delega alla firma degli atti relativi agli ambiti di rispettiva competenza. 6. I Prorettori possono optare all'inizio dell'anno accademico per una riduzione dell'impegno didattico, dandone comunicazione al Rettore e al Direttore del Dipartimento di appartenenza.

Sezione II Senato Accademico

Art. 13 - Funzioni del Senato Accademico 1. Il Senato Accademico è organo di governo dell'Ateneo. Esso contribuisce a elaborare le strategie dell'Ateneo; approva, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione, lo Statuto e il Regolamento Generale di Ateneo; approva i Regolamenti di sua competenza ai sensi dell'art. 49; esercita una funzione di programmazione, coordinamento e controllo delle attività dell'Ateneo nel campo della ricerca e della didattica. 2. In particolare il Senato Accademico: a) formula proposte ed esprime un parere obbligatorio sui piani pluriennali di sviluppo dell'Ateneo, ivi compreso il documento di programmazione strategica triennale, che il Rettore presenta al Consiglio di Amministrazione, indicando le priorità nella destinazione delle risorse e i criteri di ripartizione delle medesime, in relazione agli obiettivi della ricerca e della didattica; b) esprime parere obbligatorio sul bilancio di previsione e sul conto consuntivo dell'Ateneo; c) formula proposte e pareri obbligatori in materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti; d) delibera, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione, le modifiche allo Statuto e al Regolamento Generale di Ateneo, delibera le modifiche ai Regolamenti di sua competenza ai sensi dell'art. 49; approva il Codice etico, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione; e) esprime parere obbligatorio sui Regolamenti di competenza del Consiglio di Amministrazione nei casi previsti dall'art. 49; f) esprime parere obbligatorio sui criteri generali di determinazione delle tasse e dei contributi degli studenti e su ogni altra misura intesa a garantire il diritto allo studio; g) esprime parere obbligatorio sull'istituzione, attivazione, modifica e disattivazione di Corsi, Sedi, Dipartimenti, Scuole e altre strutture didattiche e di ricerca, anche interuniversitarie, deliberate dal Consiglio di Amministrazione; h) propone al Consiglio di Amministrazione la destinazione dei posti del personale docente sulla base delle proposte deliberate dai Consigli di Dipartimento e del parere del Nucleo di Valutazione; i) propone al Consiglio di Amministrazione la destinazione delle risorse in ordine alla formazione dell'organico di Ateneo del personale tecnico e amministrativo; l) svolge funzioni di coordinamento e di raccordo fra i Dipartimenti, le Scuole e le altre strutture dell'Università e ne dirime gli eventuali conflitti; m) designa, su proposta del Rettore, gli esperti esterni chiamati a fare parte del Consiglio di Amministrazione, il Presidente del Collegio dei Revisori dei conti e i componenti del Collegio di Disciplina; n) determina gli Organi e le strutture ai cui titolari o componenti può essere assegnata un'indennità di carica, ivi compresi l'indennità di carica del Rettore e gli emolumenti dei componenti del Consiglio di Amministrazione, e ne propone l'ammontare a quest'ultimo; o) esprime pareri sui programmi edilizi dell'Ateneo, in vista delle delibere del Consiglio di Amministrazione; p) commina le sanzioni in caso di violazione del Codice etico, su proposta del Rettore e qualora la materia non ricada fra le competenze del Collegio di Disciplina; q) esprime pareri su tutte le altre materie a esso sottoposte dal Rettore. 3. Il Senato Accademico può proporre al corpo elettorale, con una maggioranza di almeno due terzi dei suoi componenti, una mozione di sfiducia nei confronti del Rettore, non prima che siano trascorsi due anni dall'inizio del suo mandato. Il Decano indice le votazioni dopo trenta giorni dall'approvazione della mozione di sfiducia da parte del Senato Accademico e ne fissa lo svolgimento non prima di quaranta giorni e non oltre sessanta giorni dalla indizione. Gli aventi diritto al voto sono determinati ai sensi dell'art. 11, comma 2, dello Statuto. La mozione di sfiducia nei confronti del Rettore è approvata dal corpo elettorale con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli aventi diritto. La procedura di voto si svolge secondo le modalità stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. Nel caso in cui il corpo elettorale approvi la mozione di sfiducia nei confronti del Rettore, quest'ultimo cessa dalla carica all'atto della proclamazione del risultato delle votazioni da parte del Decano. 4. In caso di anticipata cessazione del Rettore e durante il periodo di reggenza del Prorettore vicario, il Senato Accademico opera in regime di ordinaria amministrazione.

Art. 14 - Composizione del Senato Accademico 1. Fanno parte del Senato Accademico: a) il Rettore; b) dodici docenti di ruolo, eletti dai docenti dell'Ateneo in modo da rispettare le diverse aree scientifico-disciplinari presenti nell'Ateneo, di cui almeno quattro Direttori di Dipartimento; se uno dei Direttori termina il proprio mandato prima della scadenza del Senato, viene sostituito dal primo dei direttori non eletti; c) tre rappresentanti del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici eletti dall'insieme del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici; d) tre rappresentanti degli studenti eletti dagli studenti iscritti ai Corsi di Laurea, Laurea Magistrale e Dottorato di ricerca dell'Università. 2. Le modalità elettorali per l'elezione del Senato Accademico sono stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 3. Le rappresentanze di cui alle lett. c) e d) del comma 1 del presente articolo partecipano a tutte le discussioni e hanno diritto di voto sulle materie di cui all'art. 13, ad eccezione di quelle di cui alla lett. h) del comma 2 dell'art. 13 e di quelle implicanti valutazione sull'attività scientifica dei singoli docenti o delle strutture. 4. Partecipano alle riunioni del Senato, senza diritto di voto, il Prorettore vicario, il Direttore Generale e il Coordinatore del Nucleo di Valutazione. 5. Il Senato Accademico è presieduto dal Rettore. Le funzioni di segretario sono svolte dal Direttore Generale o da persona da lui delegata. 6. Il Senato Accademico è convocato dal Rettore ogni qualvolta questi lo ritenga opportuno o quando ne faccia motivata richiesta almeno un terzo dei membri. Il Senato Accademico è comunque convocato almeno una volta ogni tre mesi. 7. Il Senato Accademico dura in carica tre anni accademici, ad eccezione dei rappresentanti degli studenti il cui mandato dura due anni accademici. Tutti i suoi componenti sono immediatamente rinnovabili per una sola volta.

Sezione III Consiglio di Amministrazione

Art. 15 - Funzioni del Consiglio di Amministrazione 1. Il Consiglio di Amministrazione è organo di governo dell'Ateneo. Esso svolge le funzioni di indirizzo strategico e di controllo dell'attività amministrativa, finanziaria e patrimoniale dell'Ateneo. 2. Il Consiglio di Amministrazione esprime parere obbligatorio sullo Statuto e sul Regolamento Generale di Ateneo, sul Codice etico e sulle relative modifiche, nonché esprime il proprio parere sui Regolamenti di cui all'art. 49 nei termini ivi previsti. 3. Il Consiglio di Amministrazione delibera su: a) il bilancio di previsione e il conto consuntivo, su proposta del Rettore e tenuto conto del parere del Senato Accademico per le parti di sua competenza, e le variazioni al bilancio di previsione; il bilancio di previsione e il conto consuntivo vanno trasmessi al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e al Ministero dell'Economia e delle Finanze; b) i Regolamenti di sua competenza ai sensi dell'art. 49 e le relative modifiche; c) i programmi edilizi dell'Ateneo, sentito il Senato Accademico; d) i provvedimenti relativi alle tasse e ai contributi a carico degli studenti, sentiti il Senato Accademico e l'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti; e) la programmazione finanziaria annuale e triennale; f) la programmazione annuale e triennale del personale, tenuto conto delle priorità e dei criteri stabiliti dal Senato Accademico; g) le proposte di chiamata dei docenti; h) le convenzioni di particolare rilievo per l'Ateneo, sentito il Senato Accademico; i) la copertura finanziaria delle iniziative e attività approvate dal Senato Accademico; in caso di delibera non positiva, l'argomento viene sottoposto per il riesame al Senato Accademico; l) l'attivazione, la modifica e la disattivazione di Corsi, Sedi, Dipartimenti, Scuole e altre strutture didattiche, di ricerca, anche interuniversitarie, acquisito il parere obbligatorio del Senato Accademico; m) l'attivazione, la modifica e la disattivazione di strutture e centri di servizio, anche interuniversitari; n) i progetti e le modalità di attivazione delle federazioni e fusioni previsti dall'art. 3 L. 240/2010, previo parere obbligatorio del Senato Accademico; o) tutti gli atti che rientrano nelle competenze attribuitegli dalla legge, dallo Statuto e dai Regolamenti di Ateneo. 4. Il Consiglio di Amministrazione delibera, in assenza dei rappresentanti degli studenti, in materia di sanzioni disciplinari sui docenti, secondo quanto disposto dal successivo art. 19. 5. Il Consiglio di Amministrazione approva i piani pluriennali di sviluppo dell'Ateneo, ivi compreso il documento di programmazione strategica triennale, sentite le proposte e il parere obbligatorio del Senato Accademico in ordine alle priorità nella destinazione e nella ripartizione delle risorse in relazione agli obiettivi della ricerca e della didattica. 6. Il Consiglio di Amministrazione inoltre: a) conferisce e revoca l'incarico di Direttore Generale; b) designa i membri del Nucleo di Valutazione; c) approva le convenzioni e i contratti che comportino oneri o entrate per l'Università che superino una soglia determinata dal medesimo Consiglio di Amministrazione; d) delibera, su proposta del Senato Accademico, l'ammontare dell'indennità di carica del Rettore e di quelle dei soggetti di cui alla lett. n) del comma 2 dell'art.13. 7. Il Consiglio di Amministrazione è presieduto dal Rettore. Le funzioni di segretario sono svolte dal Direttore Generale o da persona da lui delegata. 8. In caso di anticipata cessazione del Rettore e durante il periodo di reggenza del Prorettore vicario, il Consiglio di Amministrazione opera in regime di ordinaria amministrazione.

Art. 16 - Composizione del Consiglio di Amministrazione 1. Il Consiglio di Amministrazione è composto da: a) il Rettore; b) da quattro a sei membri esterni designati dal Senato Accademico su proposta del Rettore, che ne dispone la nomina con proprio decreto; c) un rappresentante dei docenti, anche esterno all'Ateneo; d) un rappresentante del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici, anche esterno all'Ateneo; e) due rappresentanti eletti degli studenti, iscritti ai Corsi di Laurea, Laurea Magistrale e Dottorato di ricerca dell'Università. Partecipano alle riunioni, senza diritto di voto, il Prorettore vicario e il Direttore Generale. Le modalità con cui sono scelti i rappresentanti dei docenti, del personale tecnico e amministrativo e dei Collaboratori ed Esperti linguistici, nonché degli studenti, sono stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 2. I membri esterni del Consiglio di Amministrazione non possono appartenere ai ruoli dell'Ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell'incarico; non possono inoltre essere studenti dell'Università Ca' Foscari Venezia. 3. Tutti i componenti, ad eccezione dei rappresentanti degli studenti, devono essere scelti fra: a) persone che abbiano maturato la loro esperienza professionale attraverso l'esercizio di attività di amministrazione, direzione o controllo presso società ed enti del settore pubblico o privato, ovvero che abbiano svolto funzioni dirigenziali in amministrazioni pubbliche o private, e che siano inoltre rappresentative di realtà economiche, istituzionali, culturali e produttive del territorio; b) personalità di alto e riconosciuto livello scientifico sul piano internazionale. La scelta dei componenti il Consiglio di Amministrazione avviene nel rispetto del principio costituzionale delle pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso agli uffici pubblici. 4. Il Consiglio di Amministrazione dura in carica tre anni accademici, ad eccezione dei rappresentanti degli studenti il cui mandato è biennale, e i suoi componenti sono immediatamente rinnovabili per una sola volta. 5. Il Consiglio di Amministrazione è convocato in via ordinaria dal Rettore almeno una volta ogni tre mesi. Può essere convocato in qualsiasi momento dal Rettore, o quando ne facciano richiesta almeno un terzo dei componenti.

Capo III - Organi di controllo, consultivi e di garanzia

Sezione I Organi di controllo

Art. 17 - Nucleo di Valutazione 1. Al Nucleo di Valutazione è attribuita la funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell'offerta didattica, anche sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, nonché la funzione di verifica dell'attività di ricerca svolta dai Dipartimenti e della congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari dei contratti di insegnamento di cui all'art. 23 comma 1 L. 30 dicembre 2010, n. 240. Al Nucleo sono altresì attribuite, in raccordo con l'attività dell'A.N.V.U.R., le funzioni previste dall'art. 14 D. Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, relative alle procedure di valutazione delle strutture e del personale, al fine di promuovere nelle università, in piena autonomia e con modalità organizzative proprie, il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale. 2. Il Nucleo di Valutazione di Ateneo svolge tutte le funzioni assegnategli dalla legge, dal presente Statuto e dai Regolamenti di Ateneo, operando in conformità alle disposizioni ivi contenute. 3. Il Nucleo di Valutazione di Ateneo è designato dal Consiglio di Amministrazione, sentito il Senato Accademico, ed è nominato dal Rettore con proprio decreto. È composto da cinque a sette membri, incluso un rappresentante degli studenti. I componenti, ad eccezione del rappresentante degli studenti, devono essere di elevata qualificazione professionale e in prevalenza esterni all'Ateneo, tenendo conto delle diverse aree scientifico-disciplinari presenti nell'Ateneo; il loro curriculum è reso pubblico nel sito internet dell'Università. Il Nucleo risponde al Rettore, dura in carica per tre anni, salvo quanto previsto all'art. 45, e i suoi componenti sono immediatamente rinnovabili per una sola volta. Il numero dei componenti, le modalità della loro individuazione e il funzionamento dell'organo sono disciplinati dal Regolamento Generale di Ateneo. Il coordinatore del Nucleo è individuato dal Rettore con il decreto di nomina dell'organo. 4. L'Università assicura al Nucleo l'autonomia operativa, il diritto di accesso ai dati e alle informazioni necessari, nonché la pubblicità e la diffusione degli atti, nel rispetto della normativa a tutela della riservatezza.

Art. 18 - Collegio dei Revisori dei conti 1. Il controllo sulla gestione amministrativo-contabile, finanziaria e patrimoniale è demandato ad un Collegio dei Revisori dei conti. 2. Il Collegio è composto da: a) un membro effettivo, con funzioni di Presidente, designato dal Senato Accademico, su proposta del Rettore, tra i magistrati amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato; b) un membro effettivo e uno supplente, designati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze; c) un membro effettivo e uno supplente, scelti dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca tra dirigenti e funzionari del Ministero stesso. Almeno due componenti del Collegio devono essere iscritti al Registro dei revisori contabili. 3. I componenti del Collegio dei Revisori dei conti sono nominati con decreto rettorale, durano in carica tre anni e possono essere rinnovati per una sola volta. L'incarico di componente del Collegio non può essere conferito a dipendenti dell'Università. 4. I compiti e le modalità di funzionamento del Collegio sono stabiliti dal Regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità.

Art. 19 - Collegio di Disciplina 1. Il controllo disciplinare sui docenti è affidato a un Collegio di Disciplina, composto da un professore ordinario, un professore associato confermato e un ricercatore confermato, tutti in regime di tempo pieno, nonché da due professori ordinari supplenti, nominati dal Senato Accademico per un triennio accademico, immediatamente rinnovabile per una sola volta. 2. Il Collegio opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio. 3. Il Collegio svolge la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari, avviati dal Rettore secondo quanto disposto dall'art. 10, comma 2, lett. p) e, uditi il Rettore o un suo delegato nonché il docente sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia, esprime in merito un parere conclusivo entro trenta giorni dall'avvio del procedimento, trasmettendolo al Consiglio di Amministrazione. 4. Il Consiglio di Amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, entro trenta giorni dalla ricezione del parere del Collegio di Disciplina infligge la sanzione ovvero dispone l'archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante ricevuto. 5. Il procedimento si estingue ove la decisione di cui al comma precedente non intervenga entro 180 giorni dalla data di trasmissione degli atti al Consiglio di Amministrazione.

Sezione II Organi consultivi e di garanzia

Art. 20 - Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti 1. L'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti è Organo collegiale di rappresentanza degli studenti iscritti ai Corsi di Laurea e di Laurea Magistrale; ha funzioni propositive ed è organo consultivo del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. 2. L'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti è composta dai rappresentanti degli studenti in Senato Accademico, in Consiglio di Amministrazione, nei Consigli di Dipartimento e nelle Giunte delle Scuole interdipartimentali. 3. L'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti: a) designa il Difensore degli Studenti; b) designa il rappresentante degli studenti nel Nucleo di Valutazione; c) designa i rappresentanti degli studenti nel Comitato per lo Sport Universitario; d) adotta, in conformità ai Regolamenti di Ateneo, il proprio Regolamento interno; e) esprime parere su: I) per le parti di competenza, il Regolamento Generale di Ateneo, il Codice etico e la Carta degli Impegni per la Sostenibilità; II) il Regolamento delle attività formative autogestite dagli studenti e il Regolamento didattico di Ateneo; III) la determinazione di contributi e tasse a carico degli studenti; IV) gli interventi di attuazione del diritto allo studio; V) le modalità di collaborazione degli studenti alle attività di servizio. 4. L'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti elabora proposte su tutte le materie di interesse degli studenti; in particolare è chiamata a formularle sulle materie di cui alla lettera e) del comma 3 del presente articolo; svolge ogni altra funzione ad essa assegnata dall'ordinamento universitario, dal presente Statuto e dai Regolamenti. 5. L'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti elegge, tra i rappresentanti in Senato Accademico e in Consiglio di Amministrazione, il Presidente dell'Assemblea, che dura in carica un biennio accademico. 6. Il funzionamento dell'Assemblea e le modalità di elezione dei componenti sono stabiliti dal Regolamento Generale di Ateneo. 7. Ai componenti dell'Assemblea è garantita la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l'esplicazione dei propri compiti istituzionali.

Art. 21 - Consulta dei Dottorandi 1. La Consulta dei Dottorandi è organo collegiale di rappresentanza dei Dottorandi; ha funzioni propositive ed è organo consultivo del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. 2. La Consulta dei Dottorandi è composta dai rappresentanti dei dottorandi eletti nel Senato Accademico, nel Consiglio di Amministrazione, nei Consigli di Dipartimento, nei Consigli della/e Scuola/e di Dottorato e nei Collegi dei docenti dei Dottorati di ricerca. 3. La Consulta dei Dottorandi: a) adotta, in conformità ai Regolamenti di Ateneo, il proprio Regolamento interno; b) esprime parere su: I) per le parti di competenza, il Regolamento Generale di Ateneo, il Codice etico e la Carta degli Impegni per la Sostenibilità; II) proposte di modifica dell'assetto organizzativo delle Scuole di Dottorato e dei Dottorati di ricerca. 4. La Consulta dei Dottorandi elabora proposte su tutte le materie di interesse dei dottorandi; in particolare è chiamata a formularle sulle materie di cui alla lett. b) del comma 3 del presente articolo; svolge ogni altra funzione ad essa assegnata dall'ordinamento universitario, dal presente Statuto e dai Regolamenti. 5. La Consulta dei Dottorandi elegge tra i suoi componenti il Presidente, che dura in carica un biennio accademico. 6. Il funzionamento della Consulta e le modalità di elezione dei componenti sono stabiliti dal Regolamento Generale di Ateneo. 7. Ai componenti della Consulta è garantita la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l'esplicazione dei propri compiti istituzionali.

Art. 22 - Difensore degli Studenti 1. È istituito il Difensore degli Studenti dell'Ateneo. 2. Il Difensore è nominato dal Rettore su designazione dell'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti, sentito il Senato Accademico, tra persone di comprovata competenza professionale per un periodo di due anni accademici, rinnovabile immediatamente per una sola volta. Il Consiglio di Amministrazione fissa i suoi emolumenti. 3. Il Difensore degli Studenti è a disposizione di questi per assisterli nell'esercizio dei loro diritti e per ricevere eventuali reclami o doglianze. Il Difensore ha diritto di compiere accertamenti e riferisce al Rettore, che in relazione al caso concreto adotta gli atti di competenza. Gli studenti che si rivolgono al Difensore hanno diritto, a loro richiesta, all'anonimato e i loro nomi, come qualsiasi altro elemento idoneo ad identificarli, sono esclusi dal diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Art. 23 - Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni 1. Il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni promuove iniziative per l'attuazione delle pari opportunità e la valorizzazione della differenza tra uomo e donna ai sensi della vigente legislazione italiana e comunitaria, vigila sul rispetto del principio di non discriminazione di genere e orientamento sessuale e assicura sostegno alle vittime di violazioni e sopraffazioni. Il Comitato vigila altresì che non siano intraprese azioni di vessazione (mobbing) all'interno dell'Università. 2. La composizione del Comitato è stabilita dal Regolamento Generale di Ateneo. 3. Le funzioni del Comitato previste dal comma 1, sono integrate con quelle previste dalla legislazione vigente in materia, adeguando altresì - ove prescritto dalla legge - la denominazione dell'organo.

Capo IV- Organi di gestione e strutture amministrative

Art. 24 - Caratteri dell'Amministrazione 1. L'Università conforma l'organizzazione e le attività delle proprie strutture alle esigenze generali di efficienza, efficacia, trasparenza e semplificazione. 2. L'Università, nell'ambito della propria autonomia, adotta con delibera del Consiglio di Amministrazione il piano di organizzazione dei servizi necessario al perseguimento dei fini istituzionali.

Art. 25 - Direttore Generale 1. Il Direttore Generale è l'organo responsabile, sulla base degli indirizzi forniti dal Consiglio di Amministrazione, della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico e amministrativo dell'Ateneo, nonché dei compiti previsti dalla normativa vigente in materia di dirigenza nella Pubblica Amministrazione. Il Direttore Generale, inoltre: a) cura l'attuazione dei programmi e degli obiettivi affidandone la gestione ai dirigenti; b) partecipa agli organi di governo dell'Ateneo secondo le norme del presente Statuto; c) verifica e controlla l'attività dei dirigenti ed esercita il potere sostitutivo in caso di inerzia degli stessi; d) stipula i contratti dell'Università e sottoscrive le convenzioni necessarie alla gestione; e) adotta gli atti che impegnano la spesa. 2. Il Direttore Generale presenta annualmente al Consiglio di Amministrazione, al Senato Accademico e al Nucleo di Valutazione una relazione sull'attività svolta, a cui sono allegate le relazioni dei singoli responsabili dei servizi e delle strutture anche decentrate. 3. L'incarico di Direttore Generale è attribuito dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Rettore, sentito il parere del Senato Accademico, a persona dotata di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali individuato con selezione pubblica. L'incarico è a tempo determinato, ha durata non superiore ai quattro anni ed è rinnovabile. 4. Il Direttore Generale designa tra i Dirigenti dell'Ateneo chi lo sostituisce in caso di assenza o impedimento.

Art. 26 - Funzioni dirigenziali 1. Secondo quanto previsto dalla normativa sulla dirigenza statale, i dirigenti e i titolari di incarico di livello dirigenziale attuano, per la parte di rispettiva competenza e secondo le direttive del Direttore Generale, i programmi deliberati dagli organi accademici. Dispongono a tale scopo dei mezzi e del personale ad essi attribuiti ed esercitano autonomi poteri di spesa per le attività, secondo i limiti ad essi assegnati dal Direttore Generale. Essi provvedono alla valutazione del personale assegnato nel rispetto del principio del merito e rispondono dei risultati conseguiti in termini di efficienza nell'impiego delle risorse e di efficacia nella gestione, in relazione agli obiettivi prefissati e ai comportamenti organizzativi attivati, riferendone periodicamente, anche con proposte e pareri, al Direttore Generale. 2. Il Direttore Generale, in carenza di personale e per comprovate e oggettive esigenze di servizio, può attribuire incarichi di livello dirigenziale a tempo determinato a soggetti anche non di qualifica dirigenziale, di particolare e comprovata qualificazione professionale e nel rispetto della disciplina vigente. 3. Gli atti di competenza dei dirigenti possono essere soggetti ad avocazione da parte del Direttore Generale per particolari motivi di necessità ed urgenza, specificatamente indicati nel provvedimento di avocazione.

Art. 27- Centri di erogazione di servizi 1. I Centri di erogazione di servizi forniscono servizi fondamentali o integrativi dell'attività didattica e di ricerca quali, in particolare, i servizi librari, informatici, telematici, linguistici, tecnici, statistici, di stampa ed editoriali. 2. Ai Centri di erogazione di servizi può essere attribuita autonomia finanziaria e amministrativa nei limiti e secondo le modalità di cui al Regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità. 3. Le modalità di istituzione, organizzazione e funzionamento dei Centri di erogazione di servizi sono disciplinate dal Regolamento Generale di Ateneo.

TITOLO III - ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE DI DIDATTICA E DI RICERCA

Capo I - Dipartimenti e Scuole Interdipartimentali

Art. 28 - Caratteristiche e funzioni dei Dipartimenti 1. I Dipartimenti costituiscono la struttura fondamentale in cui si articola l'Ateneo per svolgere i suoi compiti nell'ambito della ricerca e della didattica. 2. I Dipartimenti organizzano e gestiscono: a) le attività di ricerca dei diversi settori scientifico-disciplinari che confluiscono al loro interno; b) le attività didattiche dei corsi di Laurea e Laurea Magistrale e delle Scuole di Specializzazione, nonché, assieme alle altre strutture dell'Università eventualmente costituite a tale scopo, i Master Universitari, i Corsi di Perfezionamento e i Corsi di Dottorato di ricerca. 3. I Dipartimenti hanno autonomia finanziaria e amministrativa nelle forme e nei limiti previsti dai Regolamenti di Ateneo. Hanno altresì autonomia regolamentare per le materie di propria competenza e per la propria organizzazione, nei limiti previsti dal presente Statuto. 4. Ai Dipartimenti afferiscono, previa richiesta approvata dal Consiglio di Dipartimento e dal Senato Accademico, tutti i professori e i ricercatori. Ai Dipartimenti viene inoltre assegnato il personale tecnico e amministrativo necessario per il suo funzionamento. 5. Fanno infine riferimento ai Dipartimenti gli assegnisti e i professori a contratto, le cui ricerche o i cui insegnamenti siano riferibili a settori scientifico-disciplinari pertinenti o affini ai Dipartimenti stessi, nonché i cultori della materia e i Visiting Professors (Visiting Researchers) i cui titoli siano stati attribuiti tramite delibera del Dipartimento. 6. I Dipartimenti sottopongono al Senato Accademico le richieste di posti di ruolo docente, nell'ambito del piano complessivo di sviluppo della ricerca e della didattica formulato al loro interno. Essi deliberano inoltre sulle proposte di chiamata dei docenti nei settori scientifico-disciplinari di loro competenza. 7. I Dipartimenti disciplinano il loro funzionamento mediante l'adozione di apposito Regolamento, che deve essere approvato dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere obbligatorio del Consiglio di Amministrazione.

Art. 29 - Modalità di costituzione dei Dipartimenti 1. L'istituzione di un Dipartimento è deliberata dal Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico, sulla base di un dettagliato progetto scientifico e didattico presentato da un gruppo di docenti. Successivamente, il Consiglio di Amministrazione ne delibera l'attivazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico, tenendo conto della situazione logistica e strumentale della nuova struttura, nonché delle risorse finanziarie e del personale tecnico e amministrativo necessari per il suo funzionamento. 2. Il numero di docenti necessari per presentare la proposta di istituzione e poi per l'attivazione di un Dipartimento non può essere inferiore a 45. Qualora il numero dei docenti di un Dipartimento scenda al di sotto del limite definito dalla legge, il Senato Accademico ne propone la disattivazione al Consiglio di Amministrazione.

Art. 30 - Articolazione interna dei Dipartimenti 1. Sono organi del Dipartimento il Direttore, la Giunta, il Consiglio e una Commissione didattica paritetica docenti-studenti. 2. I Dipartimenti, sulla base del proprio Regolamento, possono essere articolati al loro interno in Centri, Sezioni, Laboratori, istituiti con il voto favorevole della maggioranza dei componenti del Consiglio di Dipartimento, qualora la complessità delle aree culturali e scientifiche presenti in un singolo Dipartimento lo renda opportuno. Sempre con il voto favorevole della maggioranza dei componenti il Consiglio di Dipartimento può deliberarne la disattivazione. 3. Il Regolamento del Dipartimento può prevedere inoltre i seguenti organi: un Comitato per la ricerca, per il coordinamento delle attività di ricerca; dei Collegi didattici e/o un Comitato per la didattica per il coordinamento delle attività didattiche, inclusi i Corsi di Dottorato. 4. Il Regolamento del Dipartimento può altresì prevedere l'istituzione di un Consiglio scientifico, formato da docenti esterni all'Ateneo, anche stranieri, per la valutazione delle proprie attività di ricerca.

Art. 31 - Consiglio di Dipartimento 1. Il Consiglio di Dipartimento è organo di programmazione e di gestione del Dipartimento. In particolare il Consiglio: a) detta i criteri generali per l'utilizzazione dei fondi assegnati al Dipartimento; b) detta i criteri per l'impiego delle risorse e degli spazi assegnati al Dipartimento; c) approva, su proposta del Direttore, il bilancio di previsione e il conto consuntivo; d) approva, in conformità ai Regolamenti di Ateneo, il Regolamento di Dipartimento e il Regolamento delle Scuole interdipartimentali e dei corsi di Dottorato, ove attivati; e) delibera sulle proposte di posti di ruolo docente da sottoporre al Senato Accademico; f) delibera sulle proposte di chiamata dei docenti; g) approva il piano dell'offerta formativa ad esso sottoposto dal Comitato per la didattica, o ancora da una Scuola interdipartimentale o interateneo, qualora il Dipartimento stesso abbia concorso alla sua attivazione; h) delibera sulla attribuzione di responsabilità didattiche ai docenti del Dipartimento e sulla copertura di tutti gli insegnamenti attivati; i) vigila in generale sul buon andamento e sulla qualità delle attività didattiche e di ricerca; l) approva le relazioni triennali sull'attività scientifica e didattica dei docenti; m) esprime un parere sui congedi per ragioni di studio o di ricerca scientifica; n) promuove l'internazionalizzazione dell'offerta formativa e della ricerca; o) approva i Programmi di ricerca interdipartimentali sulla base di un accordo reciproco tra i Dipartimenti interessati. p) trasmette annualmente al Rettore e al Senato Accademico una relazione sull'attività svolta dal Dipartimento in materia di ricerca e di didattica. 2. Fanno parte del Consiglio di Dipartimento: a) il Direttore, b) i professori e i ricercatori afferenti al Dipartimento; c) rappresentanti del personale tecnico e amministrativo assegnato al Dipartimento, in numero non inferiore a due; d) rappresentanti degli studenti iscritti ai Corsi di Laurea, Laurea Magistrale, Corsi di specializzazione e al Dottorato di ricerca, afferenti al Dipartimento, in numero non inferiore a tre e non superiore a sei, individuati sulla base di quanto previsto dal Regolamento Generale di Ateneo; e) il Segretario generale, che partecipa alle sedute con funzioni consultive e di verbalizzazione; f) un rappresentante rispettivamente dei docenti a contratto, degli assegnisti di ricerca e dei cultori della materia, senza diritto di voto e individuati sulla base di quanto previsto dal Regolamento Generale di Ateneo. 3. In tutte le questioni riguardanti le funzioni e l'attività del personale docente, e in particolare per le questioni relative alle lettere e), f), h), l), m) del comma 1 del presente articolo, il Consiglio di Dipartimento delibera nella composizione limitata ai soli docenti, appartenenti alla fascia corrispondente e a quella superiore. Le altre modalità di funzionamento del Consiglio di Dipartimento sono disciplinate dal Regolamento di Dipartimento, nei limiti previsti dallo Statuto. 4. Il Consiglio di Dipartimento è convocato dal Direttore. Viene in ogni caso convocato una volta ogni tre mesi o su richiesta di almeno due terzi dei suoi membri. 5. I verbali del Consiglio di Dipartimento portano la firma congiunta del Direttore e del Segretario generale.

Art. 32 - Direttore di Dipartimento 1. II Direttore rappresenta il Dipartimento. Convoca e presiede il Consiglio e la Giunta, cura l'esecuzione delle rispettive delibere e svolge tutte le funzioni non espressamente attribuite al Consiglio di Dipartimento. 2. Il Direttore è eletto dal Consiglio di Dipartimento fra i professori ordinari a tempo pieno e indeterminato, a maggioranza assoluta degli aventi diritto nella prima votazione e a maggioranza assoluta dei votanti nelle votazioni successive, salva, in questa seconda fase, la partecipazione al voto di almeno un terzo degli aventi diritto. La convocazione del Consiglio deve contenere l'indicazione del luogo, della data e dell'ora di svolgimento di almeno quattro votazioni che potranno tenersi nello stesso giorno o in giorni diversi. 3. Nel caso di accertata indisponibilità dei professori di prima fascia, alla carica di Direttore può essere eletto un professore di seconda fascia confermato a tempo pieno afferente al Dipartimento. 4. Il Direttore è nominato con decreto del Rettore, dura in carica tre anni accademici ed è immediatamente rinnovabile una sola volta. 5. Il Direttore può optare all'inizio dell'anno accademico per una riduzione dell'impegno didattico, dandone comunicazione al Rettore. 6. Il Direttore designa tra i professori ordinari o associati a tempo pieno e indeterminato del Dipartimento un Vicedirettore, che lo sostituisce in caso di assenza o impedimento. Il Vicedirettore è nominato con decreto del Rettore. 7. Il Direttore esercita il potere di avocazione sugli atti del Segretario generale di Dipartimento solo per particolari motivi di necessità ed urgenza, specificatamente indicati nel provvedimento, che viene tempestivamente portato a conoscenza del Consiglio di Dipartimento. 8. In caso di necessità e urgenza il Direttore può adottare provvedimenti di competenza del Consiglio di Dipartimento, sollecitandone la ratifica nella seduta immediatamente successiva. 9. La carica di Direttore è incompatibile con quella di Rettore, di Prorettore, di Delegato, di Coordinatore di Collegio didattico, di Direttore di Scuola di Specializzazione, di Direttore di Scuola interdipartimentale e di Direttore di Scuola di Dottorato; essa è incompatibile inoltre con le cariche istituzionali del Sistema delle Biblioteche di Ateneo.

Art. 33 - Giunta di Dipartimento 1. La Giunta coadiuva il Direttore nell'espletamento delle sue funzioni, svolge le funzioni eventualmente assegnatele dai Regolamenti di Ateneo e quelle che il Consiglio di Dipartimento ritenga di doverle delegare. 2. Fanno parte di diritto della Giunta il Direttore, che la convoca e la presiede, il Vicedirettore, i delegati del Direttore che presiedono il Comitato per la ricerca e il Comitato per la didattica, ove costituiti, ed un numero di docenti stabilito nel Regolamento del Dipartimento. 3. Il Consiglio può delegare alla Giunta specifiche funzioni, secondo le modalità e nei limiti determinati dal Regolamento di Dipartimento. 4. La Giunta è convocata e presieduta dal Direttore. Alla Giunta partecipa il Segretario generale di Dipartimento, con funzioni consultive e di verbalizzazione. 5. La Giunta dura in carica tre anni accademici e decade comunque con il Direttore.

Art. 34 - Comitato per la ricerca 1. Il Comitato per la ricerca, ove costituito, svolge attività di coordinamento e promozione delle attività di ricerca, delle attività per conto terzi e di fund raising del Dipartimento, ed esercita le funzioni eventualmente assegnategli dal Consiglio. 2. Il Comitato è convocato e presieduto dal Direttore o da un suo delegato ed è composto dai coordinatori dei Centri, Sezioni o Laboratori, ove costituiti, e/o da un numero di docenti stabilito dal regolamento del Dipartimento. Questi ultimi sono eletti dal Consiglio di Dipartimento a maggioranza assoluta. Al Comitato partecipa, se ne viene fatta richiesta dal Direttore, anche il Segretario generale di Dipartimento o un suo delegato con funzioni di verbalizzazione. 3. Il Comitato dura in carica tre anni accademici.

Art. 35 - Comitato per la didattica 1. Il Comitato per la didattica, ove costituito, coordina tutti i Corsi di studio attivati all'interno di un Dipartimento: Corsi di Laurea e Laurea magistrale, Master universitari e Scuole di specializzazione e Corsi di Dottorato. 2. Il Comitato per la didattica è presieduto dal Direttore di Dipartimento o da un suo Delegato ed è formato dai Coordinatori dei Collegi dei vari Corsi di studio attivati all'interno del Dipartimento. 3. Il Comitato per la didattica coadiuva il Direttore nelle sue funzioni relative alla didattica e coordina l'attività dei Collegi Didattici dei Corsi di Studio attivati all'interno del Dipartimento. 4. Il Comitato per la didattica è l'organo di programmazione e coordinamento dell'attività didattica del Dipartimento: a) propone al Dipartimento il piano dell'offerta formativa. Esso è approvato dal Consiglio di Dipartimento, che contestualmente assegna le responsabilità didattiche ai docenti afferenti al Dipartimento stesso; b) coordina le attività didattiche programmate dai Collegi dei Corsi di studio, dei Master Universitari, delle Scuole di Specializzazione e dei Corsi di Dottorato; c) organizza attività culturali, formative e di orientamento rivolte agli studenti promuovendone l'internazionalizzazione. 5. I Corsi di Studio attivati nei Dipartimenti possono utilizzare la totalità dell'offerta formativa di Ca' Foscari per coprire tutti i CFU necessari, dopo che i Dipartimenti ai quali fanno capo gli insegnamenti richiesti abbiano espresso parere favorevole, in seguito ad una verifica di fattibilità con i docenti titolari degli insegnamenti e con i Comitati per la didattica e le Scuole interdipartimentali coinvolti o, qualora questi non esistessero, con i Collegi didattici. 6. Nel caso in cui i Corsi di Studio richiedano insegnamenti attivati ad hoc a docenti di altri Dipartimenti, è necessario acquisire preliminarmente il consenso del docente interessato e l'autorizzazione del Dipartimento di afferenza. L'assenso dei Dipartimenti di afferenza è necessario anche nel caso in cui, per il raggiungimento dei requisiti minimi qualitativi, i Corsi di Studio debbano ricorrere a docenti di altri Dipartimenti. 7. La decisione finale sulla acquisizione dei settori scientifico-disciplinari necessari al raggiungimento dei requisiti quantitativi e qualitativi dei Corsi di Studio attivati dai Dipartimenti spetta in ogni caso al Senato Accademico, sentito il Nucleo di Valutazione.

Art. 36 - Segretario generale di Dipartimento 1. L'attività amministrativa, di coordinamento e di direzione del personale tecnico e amministrativo è svolta dal Segretario generale di Dipartimento, il cui incarico a tempo determinato è conferito, all'interno del personale dell'Ateneo, dal Direttore Generale, sentito il Direttore del Dipartimento, con atto scritto e può essere rinnovato con le medesime formalità. 2. Il Direttore Generale, sentito il Direttore e il Segretario generale di Dipartimento, può conferire con atto scritto l'incarico di Vicesegretario generale di Dipartimento, all'interno del personale del Dipartimento stesso. 3. Il Segretario generale di Dipartimento assicura l'esecuzione delle delibere assunte dagli organi del Dipartimento e inoltre: a) assiste il Direttore del Dipartimento per le attività volte al migliore funzionamento della struttura; b) coordina le attività gestionali, amministrative e contabili, i servizi alla ricerca e alla didattica, le attività di comunicazione e fund raising, assumendo la responsabilità dei conseguenti atti, nei limiti di quanto ad esso imputabile; c) coordina e valuta le attività del personale tecnico e amministrativo afferente al Dipartimento, cui è gerarchicamente sovraordinato, sentendo, nel caso di personale tecnico e amministrativo di area scientifica, anche il parere del Direttore di Dipartimento; d) partecipa anche con funzioni di segretario alle riunioni del Consiglio di Dipartimento e della Giunta di Dipartimento, redige e firma congiuntamente con il Direttore di Dipartimento il verbale, in conformità alle norme e ai Regolamenti di Ateneo. 4. L'incarico di Segretario generale di Dipartimento può essere revocato dal Direttore Generale, sentito il Direttore di Dipartimento, prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione ad intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi.

Art. 37 - Scuole interdipartimentali 1. Per il coordinamento delle attività didattiche di uno o più Corsi di studio interdipartimentali di rilievo strategico per l'Ateneo, i Dipartimenti possono proporre di istituire e attivare apposite Scuole interdipartimentali, le quali devono essere costituite da almeno due Dipartimenti. 2. Sono organi della Scuola: a) il Direttore; b) i Collegi didattici dei singoli Corsi di Studio e i Collegi docenti dei Corsi di dottorato, dei Master Universitari e delle Scuole di specializzazione, ove presenti; c) una Giunta, convocata e presieduta dal Direttore della Scuola, formata dai Direttori dei Dipartimenti che attivano la Scuola o dai loro delegati, dai coordinatori dei Collegi presenti nella Scuola e da una rappresentanza degli studenti, eletti secondo le modalità previste dal Regolamento Generale di Ateneo; d) una Commissione paritetica docenti-studenti. 3. L'istituzione e l'attivazione delle Scuole interdipartimentali sono proposte dai Consigli dei Dipartimenti coinvolti, a maggioranza assoluta dei componenti. L'istituzione e l'attivazione e/o la partecipazione ad una Scuola interdipartimentale impegna i Dipartimenti coinvolti a fornire le risorse necessarie alla realizzazione dei prodotti formativi previsti nel progetto della Scuola stessa. L'istituzione e l'attivazione delle Scuole interdipartimentali sono deliberate dal Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. 4. L'elezione dei Coordinatori dei Collegi che fanno parte delle Scuole interdipartimentali e l'elezione dei componenti dei Collegi dei Corsi di studio sono disciplinate dal Regolamento Generale di Ateneo. 5. Il Direttore di una Scuola interdipartimentale è eletto dalla Giunta della Scuola, tra i professori di ruolo di prima fascia a tempo pieno afferenti ai Dipartimenti costituenti la Scuola, con l'esclusione dei Direttori, con la maggioranza assoluta dei votanti nella prima votazione. In caso di mancata elezione si procede al ballottaggio tra i due candidati che abbiano riportato il maggior numero di voti. In caso di parità risulta eletto il candidato con maggiore anzianità di ruolo o, in caso di ulteriore parità, il candidato con maggiore anzianità anagrafica. 6. Il Direttore di una Scuola interdipartimentale è nominato con decreto del Rettore, dura in carica tre anni accademici ed è immediatamente rinnovabile una sola volta. 7. La Giunta della Scuola, acquisito il parere dei Consigli dei Dipartimenti costituenti la Scuola, sottopone il Regolamento della Scuola all'approvazione del Senato Accademico, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 8. Le Scuole interdipartimentali propongono ai Dipartimenti costituenti le singole Scuole, il piano dell'offerta formativa, che è approvato dai singoli Consigli di Dipartimento, che contestualmente assegnano le relative responsabilità didattiche ai docenti afferenti ai propri Dipartimenti. 9. Le Scuole coordinano le attività didattiche programmate dai Collegi didattici dei Corsi di studio, dei Master Universitari, delle Scuole di Specializzazione e organizzano attività culturali, formative e di orientamento rivolte agli studenti, con particolare attenzione all'internazionalizzazione. 10. I Corsi di studio attivati dalle Scuole interdipartimentali possono utilizzare la totalità dell'offerta formativa di Ca' Foscari per coprire tutti i CFU necessari, ovvero richiedere insegnamenti attivati ad hoc a docenti di altri Dipartimenti rispetto a quelli costituenti le singole Scuole, seguendo in entrambi i casi le stesse modalità previste all'art. 35, commi 5 e 6, per i Comitati per la didattica. Si devono seguire le stesse modalità anche per il raggiungimento dei requisiti minimi quantitativi e qualitativi, nel caso in cui i Corsi di studio attivati dalle Scuole interdipartimentali abbiano bisogno di utilizzare docenti di altri Dipartimenti rispetto a quelli costituenti la Scuola. 11. La decisione finale sulla acquisizione dei settori scientifico-disciplinari necessari al raggiungimento dei requisiti quantitativi e qualitativi dei Corsi di studio attivati dalle Scuole spetta in ogni caso al Senato Accademico, sentito il Nucleo di Valutazione. 12. Dopo tre anni dalla propria adesione i singoli Dipartimenti possono decidere di recedere da una Scuola, con una delibera assunta dal Consiglio di Dipartimento a maggioranza assoluta dei componenti. 13. La disattivazione delle Scuole interdipartimentali è proposta dai Consigli dei Dipartimenti coinvolti a maggioranza assoluta dei componenti in ciascun Dipartimento e con la maggioranza dei Dipartimenti costituenti la Scuola. Sulla proposta di disattivazione delibera il Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. La Scuola viene comunque disattivata qualora venga meno il requisito minimo della partecipazione di almeno due Dipartimenti.

Art. 38 - Collegi didattici 1. I Collegi didattici organizzano l'attività di un singolo Corso di studio o di più Corsi di studio, anche di classi diverse purché omogenee dal punto di vista scientifico-culturale. 2. I Collegi didattici possono essere istituiti autonomamente all'interno dei Dipartimenti o di una Scuola interdipartimentale. 3. I Collegi didattici sono nominati dai Consigli di Dipartimento interessati secondo le modalità previste dal Regolamento Didattico di Ateneo. Essi sono formati da un minimo di cinque a un massimo di nove docenti, uno dei quali ha funzione di Coordinatore. Il Coordinatore deve essere un professore di prima o di seconda fascia, nominato dal Consiglio di Dipartimento e fa parte del Comitato per la Didattica del Dipartimento o della Giunta della Scuola, ove costituita. 4. I Collegi didattici e i loro Coordinatori durano in carica tre anni accademici.

Art. 39 - Commissioni didattiche paritetiche docenti-studenti 1. Le Commissioni didattiche paritetiche docenti-studenti costituiscono un osservatorio permanente delle attività didattiche e del funzionamento dell'orientamento, del tutorato e del placement. Svolgono attività di monitoraggio dell'offerta formativa e della qualità della didattica nonché dell'attività di servizio agli studenti da parte dei docenti. Individuano indicatori per la valutazione dei risultati dell'offerta formativa, della qualità della didattica e dell'attività di servizio agli studenti e li propongono al Nucleo di Valutazione. Formulano pareri sull'attivazione e soppressione di Corsi di studio. 2. Le Commissioni sono composte da una rappresentanza paritetica di quattro docenti, designati dal Consiglio di Dipartimento o dalla Giunta della Scuola interdipartimentale, e quattro studenti iscritti ai diversi Corsi di studio attivati da un Dipartimento o coordinati da una Scuola interdipartimentale, eletti secondo le modalità stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. Il Consiglio o la Giunta nominano Presidente della Commissione uno dei docenti da loro designati.

Capo II - Altre strutture di didattica e di ricerca

Art. 40 - Corsi e scuole di Dottorato 1. I Corsi sono istituiti e attivati su proposta dei Dipartimenti e con delibera del Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico, con lo scopo di assicurare alta formazione alla ricerca e per fornire quindi, a livello internazionale, le competenze necessarie per esercitare attività di ricerca e attività professionali di alta qualificazione. 2. I Corsi di dottorato possono essere gestiti all'interno dei Dipartimenti o delle Scuole di Dottorato, se attivate, anche a livello interateneo, nazionale e internazionale, o della Scuola Dottorale di Ateneo se attivata. 3. L'Università può istituire una Scuola Dottorale di Ateneo per il coordinamento delle attività dei Corsi di dottorato. 4. Per ogni altra norma volta a regolarne la struttura e il funzionamento, si fa riferimento all'apposito Regolamento dei Dottorati di ricerca di Ca' Foscari.

Art. 41 - Scuole di Ateneo 1. L'Università può istituire e attivare delle Scuole di Ateneo per il coordinamento di attività didattiche diverse da quelle dei Corsi di Laurea e di Laurea Magistrale. 2. Le Scuole di Ateneo possono essere rivolte a coordinare i Corsi di dottorato di ricerca, Master Universitari, altre attività legate alla formazione permanente o i corsi estivi.

Art. 42 - Scuole di Specializzazione 1. Le Scuole di Specializzazione sono strutture didattiche anche interateneo che curano lo svolgimento e l'organizzazione di attività didattiche finalizzate alla formazione di specialisti in settori professionali determinati. 2. Le Scuole di Specializzazione sono istituite e attivate con delibera del Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico, su proposta di uno o più Dipartimenti, anche di altri atenei. 3. Sono organi delle Scuole di Specializzazione: a) il Consiglio della Scuola; b) il Direttore. 4. Il Consiglio della Scuola è composto da non meno di tre professori di ruolo dell'Ateneo e da un Direttore, eletti dal Consiglio o dai Consigli di Dipartimento coinvolti, secondo le modalità stabilite dal Regolamento Generale di Ateneo. 5. Il Direttore è nominato con decreto del Rettore e presiede il Consiglio e sovrintende alle attività didattiche della Scuola; dura in carica tre anni accademici ed è immediatamente rinnovabile una sola volta.

Art. 43 - Centri di Ricerca Interateneo 1. Centri di Ricerca Interateneo possono essere costituiti tra uno o più Dipartimenti dell'Università Ca' Foscari Venezia con uno o più Dipartimenti di altre università per lo svolgimento di attività di ricerca sulla base di progetti a durata pluriennale. 2. L'istituzione e l'attivazione dei Centri di Ricerca Interateneo, proposta dai Dipartimenti interessati, è approvata dal Consiglio di Amministrazione, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. 3. La delibera costitutiva indica le strutture organizzative, il personale afferente, le risorse assicurate dai Dipartimenti promotori e quelle complessivamente da reperire per il funzionamento del Centro. La medesima delibera fissa le norme di funzionamento amministrativo e contabile, la durata e le condizioni per il rinnovo.

TITOLO IV - NORME COMUNI

Capo I - Organi Collegiali

Art. 44 - Funzionamento degli organi collegiali 1. Per la validità delle adunanze degli Organi collegiali è necessario che intervenga almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto, salvo il caso in cui, per determinati argomenti, sia diversamente disposto. Nel computo per determinare la maggioranza non si tiene conto di quelli che abbiano giustificato la loro assenza o che debbano comunque ritenersi giustificati. 2. Le delibere degli organi collegiali sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salvo che, per determinati argomenti, sia diversamente disposto dallo Statuto e dalla normativa vigente; in caso di parità prevale il voto del presidente. 3. Le delibere degli organi collegiali sono immediatamente esecutive. Il processo verbale viene approvato di regola nella seduta successiva, salvo che non vi si provveda seduta stante. 4. Il voto di un organo collegiale contrario a una proposta del suo Presidente non comporta le dimissioni dello stesso. 5. Fatto salvo quanto previsto per il Rettore ai sensi del precedente art. 13 comma 3, il presidente di un organo collegiale cessa dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia approvata con voto palese dalla maggioranza assoluta dei componenti. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno tre quarti dei componenti, e viene messa in discussione non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, il Decano dell'organo convoca entro trenta giorni le elezioni per la nomina del nuovo presidente. 6. Il Segretario degli organi collegiali cura la tenuta del verbale delle sedute e può essere coadiuvato da personale tecnico e amministrativo di livello adeguato.

Art. 45 - Rinnovo delle rappresentanze negli organi collegiali 1. I docenti e il personale tecnico e amministrativo designati o eletti negli Organi collegiali previsti dallo Statuto restano in carica tre anni accademici. 2. Le rappresentanze degli studenti negli organi collegiali previsti dallo Statuto sono rinnovate ogni due anni accademici e il relativo mandato è rinnovabile consecutivamente una sola volta. 3. I componenti designati o eletti negli Organi collegiali di Ateneo e delle singole strutture possono essere rinnovati consecutivamente per una sola volta. 4. La mancata designazione di uno o più componenti, se minoritaria, non pregiudica la validità della composizione degli Organi. 5. I titolari di cariche e i membri degli Organi collegiali continuano a rimanere in carica per l'ordinaria amministrazione anche dopo la scadenza del proprio mandato, fino alla loro sostituzione.

Art. 46 - Decadenza e incompatibilità 1. L'assenza del titolare di una carica, salvo giustificato motivo, determina la decadenza dalla carica stessa, qualora si protragga per un periodo continuativo superiore a tre mesi per gli organi monocratici e per tre sedute consecutive per gli organi collegiali. 2. La condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l'esercizio di tutte le cariche accademiche previste dallo Statuto e comporta la decadenza dalle stesse nel caso in cui siano già ricoperte al ricorrere della suddetta condizione. 3. I componenti del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione non possono: a) ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per il Rettore limitatamente al Senato Accademico e al Consiglio di Amministrazione e, per i Direttori di Dipartimento, limitatamente allo stesso Senato, qualora risultino eletti a farne parte; b) essere componenti di altri organi dell'Università salvo che del Consiglio di Dipartimento, dell'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti e della Consulta dei Dottorandi; c) ricoprire il ruolo di Direttore o Presidente delle Scuole di Specializzazione o di far parte del Consiglio di Amministrazione delle Scuole di Specializzazione; d) rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e di ricoprire la carica di Rettore o far parte del Consiglio di Amministrazione, del Senato Accademico, del Nucleo di Valutazione o del Collegio dei Revisori dei conti di altre università italiane statali, non statali o telematiche; e) svolgere funzioni inerenti alla programmazione, al finanziamento e alla valutazione delle attività universitarie nel Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e nell'ANVUR; f) ricoprire cariche esecutive in organizzazioni sindacali o di categoria, ovvero in organizzazioni con cui l'Università intrattiene rapporti di natura commerciale. 4. L'elettorato passivo per le cariche accademiche è riservato ai docenti che assicurano un numero di anni di servizio almeno pari alla durata del mandato. 5. L'elettorato passivo delle rappresentanze studentesche nel Senato Accademico, nel Consiglio di Amministrazione, nel Nucleo di Valutazione, nei Consigli e nelle Commissioni paritetiche docenti-studenti dei Dipartimenti, è attribuito agli studenti iscritti per la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell'Università.

Art. 47 - Indennità di carica 1. I titolari di più cariche, per le quali sia prevista la corresponsione di indennità, sono tenuti ad optare per una sola di esse. 2. L'assenza del titolare di una carica, protratta per un periodo continuativo superiore a tre mesi, determina la sospensione della relativa indennità e l'assegnazione della stessa al vicario, ove esista, fino al rientro in servizio del titolare.

Capo II - Attività Normativa

Art. 48 - Tipi di Regolamento 1. Sono Regolamenti di Ateneo: a) il Regolamento Generale di Ateneo; b) il Regolamento Didattico di Ateneo; c) il Regolamento dei Dottorati di ricerca; d) il Regolamento dei Corsi di Master Universitario; e) il Regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità; f) il Regolamento delle attività formative autogestite dagli studenti; g) il Regolamento di attuazione delle norme sul procedimento amministrativo e sul diritto di accesso ai documenti amministrativi; h) il Regolamento per la gestione, la tenuta e la tutela dei documenti amministrativi; i) il Regolamento del Sistema delle Biblioteche di Ateneo; j) il Regolamento per l'individuazione di criteri e modalità per lo svolgimento di attività di ricerca, didattica, orientamento e tutorato da parte di professori e ricercatori; k) il Regolamento per l'individuazione di criteri e modalità per la determinazione della retribuzione aggiuntiva dei ricercatori ai quali sono affidati moduli o corsi; l) il Regolamento per l'individuazione di modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento dell'attività didattica e di servizio agli studenti e differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari; m) il Regolamento sull'incompatibilità della posizione di docente con l'esercizio del commercio e dell'industria; criteri e disciplina per la costituzione di spin-off e start-up universitari; n) il Regolamento per la definizione di criteri e modalità per la valutazione dell'impegno dei docenti ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali; o) il Regolamento per la previsione di compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all'acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti privati; p) il Regolamento per la disciplina della chiamata dei professori di prima e di seconda fascia, nel rispetto del Codice etico e dei principi enunciati dalla Carta Europea dei Ricercatori; q) il Regolamento per la disciplina delle modalità di conferimento degli assegni di ricerca; r) il Regolamento per la disciplina delle procedure per l'attribuzione di contratti di insegnamento; s) il Regolamento per la disciplina delle procedure pubbliche per la selezione di ricercatori a tempo determinato; t) il Regolamento per l'individuazione, nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, degli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale da utilizzare per la valutazione ai fini della chiamata in ruolo del titolare di contratto che abbia conseguito l'abilitazione scientifica ai sensi dell'art. 16 L. 240/2010; u) il Regolamento per i visiting professor e i visiting researcher; v) il Regolamento per i cultori della materia; w) i Regolamenti di organizzazione delle strutture amministrative di Ateneo; x) ogni altro Regolamento che disciplini materie di interesse dell'Università.

Art. 49 - Contenuto dei Regolamenti di Ateneo 1. Il Regolamento Generale di Ateneo disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'Università nel suo complesso e le modalità di elezione degli organi di governo e delle rappresentanze negli organi collegiali previsti dallo Statuto; è deliberato dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 2. Il Regolamento Didattico di Ateneo disciplina l'ordinamento degli studi di tutti i corsi per i quali l'Università rilascia titoli universitari e di tutte le attività formative previste dallo Statuto. Fissa i criteri generali per la formazione dei regolamenti delle strutture didattiche. È deliberato dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 3. Il Regolamento delle Scuole dei Dottorati di ricerca e il Regolamento dei corsi di Master Universitario sono approvati dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 4. Il Regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità disciplina i criteri di gestione, le relative procedure amministrative e finanziarie e le connesse responsabilità, in modo da assicurare la rapidità e l'efficienza dell'erogazione della spesa e il rispetto dell'equilibrio di bilancio; disciplina altresì l'amministrazione del patrimonio, le forme di controllo interno sull'efficienza e sui risultati di gestione complessiva tanto dell'Università, quanto dei singoli centri di spesa. Il Regolamento è deliberato a maggioranza assoluta dei componenti dal Consiglio di Amministrazione. 5. Il Regolamento delle attività formative autogestite dagli studenti è deliberato dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere obbligatorio dell'Assemblea dei Rappresentanti degli Studenti. 6. Il Regolamento di attuazione delle norme sul procedimento amministrativo e sul diritto di accesso ai documenti amministrativi stabilisce le modalità di espletamento del procedimento amministrativo e le modalità di esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi; è deliberato dal Consiglio di Amministrazione a maggioranza assoluta dei componenti. 7. Il Regolamento per la gestione, la tenuta e la tutela dei documenti amministrativi è approvato dal Consiglio di Amministrazione a maggioranza assoluta dei componenti. 8. Il Regolamento del Sistema delle Biblioteche di Ateneo è approvato dal Consiglio di Amministrazione a maggioranza assoluta dei componenti. 9. Tutti gli altri Regolamenti di Ateneo in materia di didattica e ricerca sono approvati dal Senato Accademico a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 10. L'approvazione dei Regolamenti di cui alle lettere j), l), q) dell'art. 48 del presente Statuto spetta al Senato Accademico, a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 11. L'approvazione dei Regolamenti di cui alle lettere k), m), n), o), p), r), s), t) dell'art. 48 del presente Statuto spetta al Consiglio di Amministrazione, a maggioranza assoluta dei componenti, previo parere obbligatorio del Senato Accademico. 12. I Regolamenti di organizzazione delle strutture amministrative di Ateneo di cui alla lettera w) dell'art. 48 sono approvati dal Consiglio di Amministrazione a maggioranza assoluta dei componenti. 13. L'approvazione di ogni altro Regolamento spetta al Senato Accademico e/o al Consiglio di Amministrazione, a maggioranza assoluta dei componenti, a seconda degli ambiti di rispettiva competenza.

Art. 50 - Formazione dei Regolamenti 1. L'iniziativa per la formazione e la modifica dei Regolamenti spetta al Rettore, al Direttore Generale o ad almeno un terzo dei componenti dell'organo consiliare cui compete l'approvazione o il parere sugli stessi. 2. I Regolamenti sono emanati con Decreto del Rettore e, salvo ragioni di urgenza, o di differimento, entrano in vigore il settimo giorno successivo alla loro pubblicazione.

Art. 51 - Pareri - Scadenza termini 1. I pareri sui Regolamenti di Ateneo richiesti a organi o strutture vanno espressi entro trenta giorni dal ricevimento del testo, trascorsi i quali si procede comunque alla delibera definitiva.

Art. 52 - Pubblicazione dello Statuto e dei Regolamenti 1. L'Università provvede a pubblicare lo Statuto e i Regolamenti nel proprio sito web.

Art. 53 - Modifiche dello Statuto 1. L'iniziativa di modifica dello Statuto spetta al Rettore o ad almeno un terzo dei componenti del Senato Accademico o del Consiglio di Amministrazione. 2. Le modifiche dello Statuto sono deliberate, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione, dal Senato Accademico con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti. 3. La delibera di modifica dello Statuto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Art. 54 - Codice etico 1. Il Codice etico dei docenti, degli studenti e del personale tecnico e amministrativo e dei collaboratori ed esperti linguistici determina i valori fondamentali della comunità universitaria, promuove il riconoscimento e il rispetto dei diritti individuali, nonché l'accettazione di doveri e responsabilità nei confronti dell'istituzione di appartenenza, e definisce le regole di condotta nell'ambito della comunità. Le norme in esso contenute sono volte ad evitare ogni forma di discriminazione e di abuso, nonché a regolare i casi di conflitto di interessi o di proprietà intellettuale. 2. È deliberato dal Senato Accademico con il voto favorevole della maggioranza dei componenti, previo parere favorevole del Consiglio di Amministrazione. 3. L'accertamento di violazioni del codice etico, fatte salve le prerogative e le competenze connesse ai procedimenti disciplinari, porta all'irrogazione di sanzioni che vanno, nel rispetto del principio della gradualità, dal rimprovero scritto (nel caso di infrazione di minore rilievo) alla sospensione per un biennio degli scatti di carriera. Comporta inoltre, nel caso di recidiva o infrazione grave, l'impossibilità di ricoprire incarichi istituzionali. 4. Nel rispetto del principio del contradditorio, l'accertamento della violazione e la decisione in merito all'irrogazione della sanzione spetta al Senato Accademico, su proposta del Rettore. 5. Le procedure di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo e i rapporti tra procedimento disciplinare e violazione del Codice etico sono definiti all'interno del Codice etico.

Art. 55 - Carta degli Impegni per la Sostenibilità 1. La Carta degli Impegni per la Sostenibilità definisce gli obiettivi volti a minimizzare l'impatto dell'Università sull'ambiente e sulle risorse naturali, ad aumentare la coesione sociale e a ridurre le disuguaglianze al suo interno, a favorire la crescita culturale e il progresso economico sostenibile del territorio. 2. È deliberata dal Consiglio di Amministrazione, previo parere del Senato Accademico.

TITOLO V - DISPOSIZIONI FINALI E NORME TRANSITORIE

Art. 56 - Interpretazioni 1. Nello Statuto: a) per professori, s'intendono i professori straordinari, ordinari ed associati e i professori a tempo determinato; b) per docenti, s'intendono i professori straordinari, ordinari, associati e i professori a tempo determinato ed i ricercatori, a tempo indeterminato e a tempo determinato; c) per ricercatori, s'intendono anche gli assistenti universitari del ruolo ad esaurimento; d) per studenti, s'intendono gli iscritti ai Corsi di Laurea, di Laurea Magistrale, delle Scuole di Specializzazione, di Dottorato di ricerca, di Master, Scuole estive, Scuole interateneo nell'Università Ca' Foscari Venezia; e) con l'espressione "personale tecnico e amministrativo", s'intende tutto il personale dipendente non docente dell'Università, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, di ogni area funzionale e categoria, compresa quella dirigenziale; f) con l'espressione "personale", s'intende il personale docente, il personale tecnico e amministrativo e i collaboratori ed esperti linguistici; g) con l'espressione "CFU" si intendono i Crediti Formativi Universitari. 2. Nello Statuto, con l'espressione "è immediatamente rinnovabile per una sola volta", usata per le cariche triennali elettive o soggette a designazione, si intende che la durata della carica non può superare i sei anni su nove anni.

Art. 57 - Elezione dei nuovi Organi di governo dell'Ateneo 1. Il Senato Accademico, composto sulla base del nuovo Statuto, deve insediarsi entro centoventi giorni dalla pubblicazione del nuovo Statuto sulla Gazzetta Ufficiale. 2. Il Consiglio di Amministrazione, composto sulla base del nuovo Statuto, deve insediarsi entro sessanta giorni dall'insediamento del nuovo Senato Accademico.

Art. 58 - Proroghe e limiti al rinnovo dei mandati 1. I Presidi e i Consigli di Facoltà, nonché gli altri Organi statutari previsti dal vecchio Statuto e non previsti nel nuovo rimangono in carica fino a delibera di decadenza adottata dal Consiglio di Amministrazione. 2. I componenti del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione rimangono in carica fino all'insediamento dei nuovi organi di governo e, se stanno ricoprendo il secondo mandato consecutivo, non sono immediatamente rinnovabili. 3. I componenti del Nucleo di Valutazione e del Collegio dei Revisori dei conti rimangono in carica fino all'insediamento dei nuovi componenti dei due Organi, che saranno designati dai competenti Organi di governo di nuova composizione nella prima seduta utile e, se stanno ricoprendo il secondo mandato consecutivo, non sono immediatamente rinnovabili. 4. Il mandato del Rettore in carica all'entrata in vigore del presente Statuto è prorogato di due anni accademici oltre la scadenza del mandato triennale. 5. Il mandato dei Direttori di Dipartimento in carica all'entrata in vigore del presente Statuto termina in coincidenza con la fine del mandato del nuovo Senato Accademico. Ai fini del computo del limite di mandato (sei anni su nove) non si tiene conto del prolungamento, rispetto alla durata triennale, previsto dal primo periodo del presente comma.

Art. 59 - Regolamenti 1. Entro dodici mesi dalla pubblicazione del nuovo Statuto sulla Gazzetta Ufficiale, tutti i Regolamenti di Ateneo devono essere modificati sulla base delle nuove normative. In caso contrario si applicano in quanto compatibili.

 

 

Bologna, Riforma dello Statuto dell'Università, in applicazione della Legge Gelmini
Conferenza convocata dal Rettore, svolta  il 17 feb 2011

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Il  rettore esordisce con un' ammonizione  messianica:
"L'università vive nel mondo,
ma non è di questo mondo",

e dopo  egli  la interpreta:
"vale dire, vive tra i privati, ma è pubblica".

Documento ufficiale pubblicato il 15 marzo 2011

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Ivano Dionigi, rettore


Ma, poi, ... tra il pubblico si capisce solo la metà del discorso, complice il microfono. Nè è fornito un proprio testo scritto e neppure alcunchè che anticipi le conclusioni della "Commissione rettorale per la riforma".

Conclusione: si trova confermata la politica e il metodo di questo Rettore:

"Se vôi l'ammirazione de l'amichi, nun faje capì mai quello che dichi"
(Trilussa)

   Le conclusioni della Commissione arriveranno il 15 marzo, ossia un mese dopo (clicca: Documento Commissione). Queste le prime annotazioni:
  1) Esse consistono in un ventaglio di riordino dei dipartimenti e delle scuole/facoltà.
   Nel documento c'è assenza totale di elementi relativi alla nuova Governance. Questo significa che (circa il riordino dei dipartmenti e scuole) l'attuale assetto di potere vuole fare trovare il fatto compiuto al nuovo assetto di Governance, e ciò tradisce la legge di riforma che, anche se non piace, va applicata fedelmente (prima la Governance, e dopo le decisioni sul riordino dei dipartimenti e delle facoltà...);
  2) Il Documento della Commissione prospetta il riordino dei dipartimenti e scuole/facoltà come rimpasto dei centri decisionali locali esistenti. I membri dei Dipartimenti dovranno essere almeno 50 docenti di ruolo, le scuole/facoltà potranno essere 5-7, oppure 10-12 (?)....
  Ciò tradisce di nuovo la legge, perchè la riduzione del numero dei dipartimenti non porta necessariamente una economia dei costi. Esistono sia le economie di scala sia le diseconomie di scala. Es.: l'eccesso di centralizzazione può portare molti costi di trasporto e molte perdite di tempo per andare e tornare dal centro.
  Per stare alla legge, che vuole una economia dìi costi, la priorità va data all'anagrafe degli insegnamenti. Il motivo è che il numero delle scuole/facoltà viene dopo al numero delle lauree, e queste vengono dopo il numero degli insegnamenti. Infatti i costi sono generati dal numero degli insegnamenti, non da quello delle lauree. Le diverse lauree sono, il più delle volte, un diverso modo di mettere insieme gli insegnamenti. Con lo stesso tipo di mattoni, posso fare case molto diverse.


Qui sotto sono riportati alcuni interventi, di cui abbiamo ottenuto il testo scritto.
Essi sono al buio del documento della Commissione, perchè venuto dopo.

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Marianna Sica, Studentessa

" Il laboratorio di autoriforma sta cercando da tempo, relazionandosi ai vari soggetti dell'università, di pensare la costruzione di un cambiamento dell'università, che ..."
(continua)

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Prof. Luigi Guerra, Preside

  " Appartengo al numero di coloro che si ritengono offesi come cittadini e come docenti dalla miopia culturale e normativa ...."
(continua)

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Prof.Giuseppe Sassatelli, già Preside

"Condivido in primo luogo l'intenzione di partire da una idea progettuale "alta" e di respiro, che vada ben al di là della semplice riorganizzazione ..."
(continua)

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Maurizio Matteuzzi,
prof. Associato
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 " Ieri abbiamo letto su tutti i giornali che Berlusconi non è "preoccupato". E' stato un conforto, ora siamo più certi di essere dalla parte giusta ..."
(continua) ...

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Sergio Brasini,
Prof. Ordinario

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"Magnifico Rettore, cari Colleghi, eccomi qua a rappresentare pubblicamente “l’inverno del nostro scontento”.Prendo la parola.."
(continua) ...

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Dott.ssa Alessandra Maltoni, Personale tecnico e amm.vo
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"Magnifico Rettore, Cari Colleghi,
per il personale tecnico amministrativo non è certo facile inserirsi nel percorso..."
(continua) ...

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CdA, Sig.ra Antonella Zago, Personale tecnico e amm.vo
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"Non posso che condividere le richieste che altri hanno avanzato sulla rappresentanza del personale dentro la commissione e ..."
(continua) ...

Breve rapporto e sintesi della Conferenza, per gli assenti delle varie università italiane

 1.- Il pessimo microfono ha permesso di capire solo la metà delle cose dette dal Rettore, e non suffragate dalla diffusione di un testo scritto (neppure successivamente, pur essendone stato richiesto). La cosa, peraltro, è in linea con la politica di questo rettore, a cui si addice un aforisma di TRILUSSA: "Se vôi l'ammirazione de l'amichi, nun faje capì mai quello che dichi". E infatti, fin dai tempi della sua elezione, non ha reso dichiarazioni programmatiche.
  Questo criterio non è parso andare bene neppure per gli "amici" che l'hanno votato, poichè nella Conferenza egli è risultato ampiamente scavalcato a sinistra.
  C'è dell'altro. Nei fatti, è risultato più realista del re. Ricordo tre fatti:
    1) Da un anno egli ha nominato una Commissione per la riforma dello Statuto componendola, senza passaggi elettivi dal basso, di 10 prof. ordinari, 2 studenti, 2 amministrativi (no prof. associati, no Ricercatori).
    2) Lo scorso anno, in un incontro voluto dai sindacati e associazioni universitarie, a precisa domanda, aveva risposto che la riforma Gelmini, "pur se va migliorata", premia la "meritocrazia", e la "meritocrazia fa rima con democrazia" (
?) ;
   
   2.- In compenso il  vuoto propositivo del rettore è stato riempito dai numerosi interventi (l'Aula di Santa Lucia era stracolma, posti a sedere, 1000), centrati sulla richiesta di precisi requisiti che il nuovo Statuto "dovrà avere", quali democrazia, trasparenza, imparzialità, e tutela dell'identità storica dell'Ateneo, e specificamente :
  - eleggibilità e rappresentatività degli organi, anche con interpretazioni estensive della legge, laddove questa lascia campo aperto, ad es. istituire un Consiglio elettivo del personale tecnico e amministrativo, con parere obbligatorio, non vincolante, per il CdA, in materia organizzativa; e un analogo Consiglio elettivo studentesco, che oggi già c'è nel vecchio Statuto, ma senza parere obbligatorio nelle materie di più diretto interesse studentesco;
- salvaguardia della tipicità della tradizione scientifica e didattica dell'Ateneo di Bologna (vale dire, sì a riduzione del numero delle strutture scientifico-didattiche, ma non seppellimento delle caratteristiche storiche qualificanti dell'Ateneo);
- diritto effettivo allo studio (vale dire chiari istituti a salvaguardia e riconoscimento della possibilità di verifica degli studenti, circa l'offerta didattica; e validi servizi esterni a supporto della sua frubilità),

3.- il rettore non ha commentato degli argomenti sottoposti, anzi trinceratosi dietro l'addurre di essere lì per ascoltare,
ma non senza ammonire che "se entro il 15 luglio 2011 lo Statuto non sarà pronto, l'Ateneo rischia il commissariamento".

4.- Poi, in seguito alla turbolenza verbale degli studenti (ma anche di professori ordinari) , a tutto decisi, fuorchè a "essere presi i  giro", egli ha opposto che risponde non a loro,  ma a quelli che l'hanno eletto, cosa che gli ha suscitato un boomerang psicologico essendo stato, il prof. Delbono, tra i suoi elettori, e avendo anzi (i due) avevano celebrato il matrimonio Comune-Ateneo a Santa Lucia, solo 2 anni fa.

5.- Ciò ha finito per irritare ulteriormente gli studenti, che gli hanno opposto : "Se la paura del rettore è il commissariamento dell'università da parte del ministero, noi diciamo che la mancanza, oggi, di risposte da parte del rettore determinerà un commissariamento da parte degli studenti", ed a cui è seguita una irruzione di gruppo, con tanto di striscione in opposizione alla Conferenza "mediatica" del Rettore.

1 Intervento personale

Sergio Brasini, Professore Ordinario di Statistica

Magnifico Rettore, cari Colleghi,
eccomi qua a rappresentare pubblicamente “l’inverno del nostro scontento”. Prendo la parola come componente del gruppo dei Docenti Preoccupati e già conoscete la nostra posizione di totale rigetto della cosiddetta contro-riforma Gelmini. Mi inserisco nella discussione per segnalarvi l’aspetto che più mi preoccupa sul modello di Università pubblica che ci attende negli anni a venire. Grazie al combinato disposto di provvedimenti quali la Legge 133/2008, la Legge 240, i D.M. 17 e 50/2010 e, buon ultimo, il cosiddetto Decreto “mille proroghe”, l’esito finale più che prevedibile sarà la chiusura di numerose Università, il ridimensionamento drastico di altre, l’ulteriore riduzione dei fondi destinati alla ricerca, all’innovazione e al diritto allo studio. Proprio con riferimento a quest’ultimo aspetto, penso che i provvedimenti citati mettano a rischio di tenuta uno dei più importanti elementi di perequazione sociale presenti nella nostra Costituzione. Per la prima volta dopo 40 anni, ad essere in pericolo è un pilastro democratico della nostra Società, cioè l’idea stessa di una Università aperta a tutti e tesa a favorire percorsi di ascesa sociale.

Due semplici numeri ci aiutano a capire qual è la posta in gioco: a metà degli anni ‘60 gli studenti universitari in Italia erano 400.000, oggi sfiorano i due milioni. Da statistico non mi è difficile proiettare nel tempo le tendenze in atto per quanto riguarda la consistenza e la composizione per età e per fasce del personale docente degli Atenei, soprattutto alla luce dei futuri pensionamenti, del blocco del turn-over e della prevista ulteriore riduzione dei fondi a disposizione del sistema universitario pubblico. Perciò vi posso segnalare, con un livello di fiducia prossimo alla “pratica certezza”, che in assenza di una drastica inversione di tendenza (al momento neppure lontanamente immaginabile) tra qualche anno le Università pubbliche italiane saranno in grado di “servire e sostenere” una popolazione studentesca non superiore alle 500.000 unità in base ai requisiti necessari di docenza. Una vera tragedia!

Senza una Università pubblica davvero aperta a tutti, i figli delle classi sociali più disagiate, anche se capaci e meritevoli, torneranno in larga parte ad esserne esclusi. Chi vorrà studiare decentemente, ma anche insegnare o fare ricerca, si dovrà rivolgere ai privati, pagando, indebitandosi o gravando sulle famiglie di origine. Una prospettiva che potrebbe fare gola a molti: dopo quello della salute, il mercato della formazione si candida a diventare il nuovo grande “affare” dei nostri anni.

Il modello al quale tenderà a conformarsi l’Italia è verosimilmente quello dell’Università americana (ovviamente finanziamenti esclusi!), intesa come sistema nel suo complesso: dove oggi coesistono trenta o quaranta Atenei di grande livello e alcune migliaia di City College o di State University che sono – perdonatemi il cinismo – qualcosa a metà strada tra il riformatorio e la scuola di avviamento professionale. Un sistema fondato su debiti e prestiti d’onore, che ormai le stesse banche americane sono restie a concedere.

Un altro dei miei motivi di forte preoccupazione, dopo l’approvazione della Legge 240, è quello di una possibile crescita a dismisura della sfera di influenza dei Rettori. Allo stesso modo mi preoccupa molto il tema della nuova composizione dei Consigli di Amministrazione, investiti di un potere decisionale assoluto. In questi Consigli siederanno membri esterni sostanzialmente scelti dai Rettori, che potrebbero essere portatori di interessi altrettanto esterni agli Atenei. Se dai Consigli saranno eliminate le rappresentanze elettive di personale docente, ricercatori e tecnici-amministrativi, verranno meno quei principi di governance partecipata che hanno finora garantito l’esistenza di una pluralità di voci ed evitato l’instaurarsi al governo degli Atenei di una sorta di oligarchia tecnocratica.

Per tutti i motivi che ho ricordato sono profondamente convinto che in questa fase straordinaria per la vita dell’Università pubblica sia più che mai necessario un nuovo patto fondativo tra tutte le componenti del nostro Ateneo (docenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo, precari e studenti). Vorrei che l’Ateneo di Bologna, per la sua storica autorevolezza, morale prima ancora che scientifica e didattica, si dotasse di uno Statuto che fosse un vero modello di democrazia partecipativa. In modo da costituire una guida ed un punto di riferimento per tutti gli Atenei italiani. Sfruttando pienamente, se necessario, l’ampia autonomia progettuale che la Legge riserva agli Atenei virtuosi, eccellenti e policentrici. Il documento dell’Intersindacale presentato oggi dal collega Leonardo Altieri contiene indicazioni secondo me molto importanti in questa direzione.

Per concludere il mio intervento, esprimo un appello affinché tutti coloro che hanno idee e contributi utili non solo debbano essere ascoltati, ma possano incidere in maniera concreta sul processo di costruzione di un nuovo Statuto davvero democratico portandovi all’interno le loro legittime istanze. Il dialogo tra tutte le nostre componenti per nessun motivo deve interrompersi: se non adesso quando? Magnifico Rettore, la democrazia e la trasparenza non sono concetti vuoti da predicare solo a parole; vanno invece praticati quotidianamente, con azioni coerenti e conseguenti, proprie quelle che sono clamorosamente mancate nel nostro Ateneo nei 324 giorni che sono trascorsi dal 30 marzo 2010 ad oggi. Le scelte che faremo nei prossimi mesi avranno ricadute sui decenni a venire. Non possiamo permetterci passi falsi, se sono in gioco il futuro professionale di migliaia di colleghi (docenti e non docenti) e la libertà di accesso all’istruzione superiore delle nuove generazioni.

La difesa dell’Università pubblica significa, in definitiva, difesa di un’idea del bene comune, di risorse non divisibili ma condivisibili. Permettetemi una metafora finale: solo se rimarremo tutti uniti potremo continuare a crescere assieme. Nessuno si salverà da solo. L’alternativa che ci aspetta, parafrasando il noto politologo Maurizio Viroli, è quella tra la “libertà dei servi” in un futuro regno di solitudini e la “libertà dei cittadini” in una futura casa comune: scegliere non dovrebbe essere poi così difficile !

(Ritorna)

2 Intervento personale

Guerra Luigi, Professore Ordinario di Didattica e Pedagogia speciale
                      Preside della Facoltà di Scienze della Formazione

   Appartengo al numero di coloro che si ritengono offesi come cittadini e come docenti dalla miopia culturale e normativa dell’attuale riforma universitaria, solo parzialmente definibile “Gelmini” viste le complicità accademiche trasversali che ne hanno accompagnato la promulgazione. Continuando quindi ad oppormi ad essa con ogni strumento, ritengo comunque necessario partecipare al dibattito sullo Statuto per portare un contributo a chi cerchi di evitare che le interpretazioni locali della Legge aggiungano danni ulteriori a quell’enorme patrimonio collettivo che è rappresentato dall’Università pubblica.

   All’interno della ridefinizione statutaria dell’Ateneo, uno dei problemi di maggiore rilevanza è quello della riprogettazione dei Dipartimenti e delle Facoltà. Come è noto la Legge  prevede la chiusura delle attuali Facoltà e dei Dipartimenti e l’apertura di nuovi Dipartimenti (strutture di primo livello, responsabili della didattica e della ricerca) ed, opzionalmente, di nuove Scuole (strutture di secondo livello) che raggruppino più Dipartimenti, con compiti largamente da definire. Su questo specifico argomento propongo le seguenti riflessioni:

  1. In un Ateneo grande come quello di Bologna le Scuole non sono un’opzione, ma una necessità inderogabile. Non prevederle significherebbe costruire una situazione nella quale diverse decine di Dipartimenti (40/50?) si rapporterebbero di fatto senza mediazioni con il Consiglio d’Amministrazione (il ruolo del Senato appare largamente svuotato dalla Legge) presentando in parallelo le loro proposte/richieste di progettazione culturale e finanziaria. Questo significherebbe avviare una devastante guerra tra poveri destinata a consegnare ogni potere reale di controllo e di sviluppo dell’Ateneo al Consiglio d’Amministrazione. Inoltre, i Corsi di Studio sono in grandissima parte per loro natura interdipartimentali e non si vede come possano essere consegnati alla piena responsabilità di singoli Dipartimenti.
  2. Se le Scuole nascono come federazioni di Dipartimenti, ne costituiscono il luogo di interrelazione e di progettazione congiunta ed offrono ad essi ed ai Corsi di Studio, che dai Dipartimenti stessi dipendono, servizi integrati per la didattica (presidio didattico, internazionalizzazione, organizzazione tirocini…) e per la ricerca (progettazione della partecipazione a grandi ricerche nazionali ed internazionali, servizi di amministrazione complessa, fornitura di grandi apparecchiature, organizzazione di Research Units interdipartimentali…) nasce il problema della relazione interna tra Scuola e Dipartimenti: come non sottodimensionare il ruolo di ciascuna delle due strutture?
  3. Un troppo ridotto numero di Scuole le porterebbe di fatto ad essere strutture soltanto tecnico-logistiche (politicamente irrilevanti) rimandando i singoli Dipartimenti ad una interlocuzione diretta con il Consiglio d’Amministrazione. Un maggior numero di Scuole (entro le 12 previste come massimo di Legge per l’Ateneo) le porterebbe invece ad essere luoghi reali di discussione e di progettazione, di scelta e di gestione: ad essere entità culturali maggiormente identitarie e riconoscibili a livello nazionale ed internazionale. E’ questa a mio avviso la soluzione del tutto preferibile. Meglio elaborare congiuntamente richieste e progetti tra Dipartimenti all’interno di una Scuola, con tutte le contraddizioni che comunque questo comporta, che giocarsi separatamente come singolo Dipartimento il rapporto con il Governo centrale dell’Ateneo.
    (Ritorna)
3- Per il personale tecnico e amminstrativo

    Alessandra MALTONI, Laureata

1.-   Magnifico Rettore, Cari Colleghi,
per il personale tecnico amministrativo non è certo facile inserirsi nel percorso di una riforma del sistema universitario avviata sulla base di un intento governativo, a dir poco, difficoltoso e contestato. Non e’ facile, innanzitutto perchè subiamo da troppo tempo la mancanza di una vera progettazione per il nostro intero comparto. Scontiamo poi ripetutamente la difficoltà di non essere valorizzati per quello che sappiamo veramente fare. Ci troviamo troppo spesso in “ingorghi istituzionali” in cui, a fatica, proviamo a rappresentare un ruolo da protagonisti.
   Questo tracciato organizzativo non ha garantito sin qui al personale una serena attuazione dei propri compiti, nè una concreta spendibilità delle proprie capacità. Sono spesso mancati i contesti chiari e gli stessi carichi di lavoro hanno sempre sofferto per un sistema “approssimativo” e “farraginoso”. Tutto ciò non agevola il momento di riflessione e non favorisce il contributo che vorremmo comunque portare in un momento così difficile per la storia dell’Università Pubblica Italiana;
   Le nostre difficoltà adesso, tuttavia, crescono, se si prova a tradurre la fattibilità del tracciato di organizzazione del lavoro, già persistentemente lacunoso, in un’orbita complessa ed insidiosa come la ridefinizione  dell’intero sistema universitario. E pure, già il sistema legislativo e le scelte mediatiche intraprese dai recenti governi hanno privato di spazi le nostre esigenze, anzi, hanno fatto si che spesso venissimo “fraintesi”, “bollati” dietro qualifiche, “offensive” e “gratuite”.
   Con un taglio alle risorse e ai diritti, il nostro settore - il pubblico impiego - quel pubblico impiego “anacronisticamente” definito “privatizzato” - ha visto assottigliare i propri diritti, con leggi poco discusse e con provvedimenti amministrativi unilaterali e sempre restrittivi.
   Questo procedere, nei fatti, ha avvilito le nostre prospettive e mortificato le nostre esperienze, riducendo le certezze di ciascuno, sia quelle economiche che quelle giuridiche;
Con un sistema legislativo che non ha saputo armonizzare, e che non ha saputo tenere unite le  istituzioni e le sue componenti lavorative, ci accingiamo ora, dunque, a riscrivere lo Statuto di questo Ateneo;
 
2.- Molto e’già stato detto nel dibattito precedente. Aggiungo solamente alcuni principi:
     Noi tecnici amministrativi ci attendiamo regole chiare, linee guida ben definite e soprattutto contestuali alle progettazioni d’insieme. Chiediamo quindi che siano scritti con chiarezza, nella successiva fase che ci attende (quella di attuazione regolamentare), anche i criteri, delle nostre, di riorganizzazioni, senza che si releghi la nostra componente ad un “perimetro” fatto di indifferenza, di sottovalutazione dei problemi e di compressione dei ruoli.
   Non vogliamo particolari concessioni: Chiediamo soltanto che i nostri diritti siano reinterpretati con paletti certi ed incontrovertibili.
    Se avremo un quadro chiaro e preciso, faremo tranquillamente a meno anche dei suggerimenti psicologici ! !
    Un percorso che abbia regole oggettive e che non lasci spazio ad interpretazioni  discrezionali, che non emargini le realtà individuali e di categoria, saprà evitare i conflitti e ridurrà i potenziali disagi;

3.- In questa fase ci aspettiamo poi, anche e soprattutto, il rispetto della partecipazione democratica nel ripensare il governo dell’Ateneo. Quindi:
   1. vorremmo vedere finalmente riconosciuta la reale partecipazione alla elezione del Rettore, in quanto siamo parte attiva di questa comunità e vogliamo esserne, anche Noi, protagonisti nell’individualizzazione della sua massima Autorità istituzionale;
   2. Riteniamo poi che la democrazia sarà reale se saprà garantire anche la nostra presenza negli organi, limitando nel contempo i discutibili ingressi di privati, estranei all’Ateneo;
Avrei tanto da dilungarmi per esporre il mio punto di vista su una “delega legislativa” di cui non condivido nè i “principi ispiratori”, nè la “forza innovatrice”, ma preferisco privilegiare la sinteticità;

4.- Concludo quindi, esprimendo soprattutto la mia Solidarietà agli Studenti che lottano da soli per difendere il loro Futuro, spesso inascoltati;
    Se vogliamo davvero che la Libertà di insegnamento, l’Eguaglianza sostanziale, il Diritto allo Studio non diventino solo dettati formali, ma continuino ad essere i Valori imprescindibili scritti dalla Nostra Costituzione, abbiamo il dovere, in ogni sede ed in ogni occasione, di valorizzarne sempre la portata e la coerenza ! !

(Ritorna)

4 -  Intervento per i "docenti preoccupati".

    Maurizio Matteuzzi, Professore Associato di Filosofia e Teoria dei Linguaggi

   Ieri abbiamo letto su tutti i giornali che Berlusconi non è "preoccupato". E' stato un conforto, ora siamo più certi di essere dalla parte giusta (il confronto era col rettore Dionigi, "apparentemente" anch'egli "non preoccupato" dalle proteste dilaganti e ampie, in Santa Lucia, la sala piena, 1000 persone - NdR).
  Nei limiti del tempo massimo imposto dal Rettore (tre minuti), voglio offrire all'assemblea un quadro comparativo della composizione delle Commissioni rettorali di alcuni Atenei, incaricate di predisporre un progetto di riforma dello Statuto generale di Ateneo. Rilsulta che la posizione di Bologna è estrema, rispetto a tutte le altre.   

Composizione della Commissione rettorale incaricata di fare il progetto di nuovo Statuto

Professori
Ordinari

Professori
Associati

Ricercatori
Universitari

Università Ca' Foscari, Venezia 4 3 1
Università della Calabria 7 2 2
Università Statale di Milano 7 2 2
Università del Piemonte Orientale 7 3 1
Politecnico di Milano 6 3 2
Università di Lecce 7 1 1
Università del Sannio 4 4 2
Università di Catania 4 4 3
Università di Salerno 9 1 1
Università di Parma 6 2 2
Università di Udine 5 2 2
Università di Sassari 6 2 2
Università di Palermo 3 3 3
Università di Roma "La Sapienza" 3 3 3
Università di Bologna* 10 0 0
* Da aggiungere 2 studenti e 2 tecnico amministrativi

   Ora potrei leggere una seconda volta l'elenco esplicitando quanti siano stati i casi di designazione e quanti quelli di scelta basata su elezioni o indicazione di organi democratici.
   Ci si lamenta spesso che, per un meccanismo noto ai più come "porcellum", abbiamo dei parlamentari DESIGNATI e non eletti; "porcellum" - ta en tê fonê tôn en tê psichê pathemáton symbola dice il Filosofo - o nomina sunt consequentia rerum - dice il Giurista; la massima stima ai colleghi DESIGNATI in commissione; nessuno ci costringeva, ma anche noi siamo messi così.
    Magnum gaudio dico vobis: habemus porcellum dice il Porporato.
  
    Ora potrei leggere una terza volta l'elenco evidenziando le date di insediamento; salvo un caso, tutte posteriori al 29 gennaio, data di entrata in vigore della 240/10. Bologna: 30 marzo 2010.
   L'Alma Mater è arrivata prima, come nel 1088.
   Fu vera gloria? Si chiede il Poeta. Magari, non lo sarà per sempre. E' pur vero che de futuris contingentibus non est determinata veritas, come dice lo Scienziato; ma prendiamo una data a caso, per esempio, il 6 aprile; chissà dopo ... 
   Ecco, io credo che questo esasperato furore nell'obbedienza al governo del bunga-bunga non ci faccia onore.
   Speriamo che la commissione lavori, meglio, abbia lavorato e lavori, in modo sublime, glielo auguriamo e ce lo auguriamo di tutto cuore; ma, certo, si poteva cominciare meglio.
(Ritorna)

5. Intervento personale

Giuseppe Sassatelli, Professore Ordinario di Archeologia
                                 già Preside di Lettere e Filosofia, già Candidato Rettore

1.- Condivido in primo luogo l'intenzione di partire da una idea progettuale "alta" e di respiro che vada ben al di là della semplice riorganizzazione dell'esistente. Non farlo significherebbe sprecare un'occasione importante per la nostra Università che a quasi 20 dal suo primo Statuto ha bisogno di rinnovarsi profondamente anche perché da allora sono cambiate moltissime cose. Vorrei fare alcune riflessioni nella direzione di innovare il nostro assetto, prima di tutto sul piano organizzativi e poi anche su quello culturale.

2.- Sul piano organizzativo e relativamente ai Dipartimenti non è solo una questione di dimensione e di numeri (40 previsti dalla legge e 50 indicati dalle Linee Guida). Ma è una questione di ruoli e di funzioni che cambiano radicalmente.       Credo sia necessario ribadire con chiarezza che la caratteristica fondamentale dei Dipartimenti è quella di articolazioni alle quali deve far capo la ricerca. E' vero che la legge prevede per i Dipartimenti una funzione aggiunta relativa alla didattica, ma questa non deve andare a scapito della loro specificità sul piano della ricerca.
   Tale principio comporta un inevitabile conseguenza, prevista dalla legge e contenuta anche nelle Linee Guida del nostro Ateneo. I Dipartimenti devono caratterizzarsi per una relativa omogeneità dei settori scientifico-disciplinari che ad essi fanno riferimento (legge) e per una chiara congruità culturale e scientifica (Linee Guida).
   Si tratta di un principio assolutamente imprescindibile che da un lato non deve essere interpretato in modo troppo rigido, ma dall'altro deve garantire che nei processi di aggregazione si tenga conto di tale congruità sulla base di almeno tre elementi:
   - i metodi e le tradizioni di studio delle diverse discipline;
   - i fini della ricerca nei diversi ambiti disciplinari;
   - la ricaduta della ricerca sul piano didattico e formativo.

   Se davvero teniamo conto di questi elementari parametri non credo sia difficile definire cosa si intende per congruità culturale e scientifica. Oltre ad avere una certa omogeneità sul piano culturale i Dipartimenti debbono essere anche sufficientemente ampi e articolati per misurarsi con la didattica (la nuova funzione prevista dalla legge).

3.- Credo sia importante inoltre definire fin da ora e con la massima precisione le modalità da adottare nei processi aggregativi conciliando la libertà di afferenza di ogni singolo docente (sancita dalla legge oltre che da un principio assolutamente inderogabile) con la necessità di un imprescindibile riordino istituzionale che elimini il più possibile sovrapposizioni e mescolanze.
    Senza entrare nel dettaglio dei meccanismi credo sia importante ribadire fin da ora il principio che ogni Dipartimento sarà il punto di riferimento unico o comunque prevalente per i settori disciplinari che ad esso fanno riferimento e che ciascun docente sarà libero di afferire altrove ma dovrà farlo consapevole del fatto che in quel Dipartimento e solo in quello si prenderanno le decisioni che riguardano quel determinato settore scientifico-disciplinare.

4.- Una grande attenzione dovrà essere dedicata alle eventuali "Sezioni" che possono essere un utilissimo strumento per salvaguardare specificità culturali all'interno e visibilità scientifica all'esterno (specie nel caso di aggregazioni ampie), ma non devono essere un modo per riproporre autonomie improprie, separazioni rischiose e conflittualità eccessive all'interno dei singoli dipartimenti. E se previste devono comunque essere ben regolamentate sulla base di parametri chiari e definiti.

5.- Relativamente al rapporto tra ricerca e didattica vanno studiati meccanismi appositi e differenziati per garantire un intreccio virtuoso e non penalizzante tra questi due aspetti.
   Un legame tra ricerca e didattica è relativamente facile per la lauree magistrali, ben caratterizzate e selettive sul piano scientifico; mentre è più complesso per le lauree triennali, più "generaliste" e trasversali. In assenza di meccanismi differenziati per questo intreccio tra didattica e ricerca si rischia di penalizzare e di omologare le specificità della ricerca.
    E a questo proposito, anche se la legge le considera facoltative, credo sia assolutamente necessario prevedere strutture di II livello (Scuole o Facoltà) con funzioni di coordinamento e anche di riequilibrio interno nell'ambito dell'Ateneo.
   E a questo riguardo io credo che il numero delle Scuole debba essere il più ridotto possibile: l'ipotesi di poche Scuole (una delle ipotesi in campo) mi sembra largamente condivisibile perché poche scuole assicurerebbe un coordinamento maggiore, più coerente e con forti economie di scala (si pensi solo alla docenza); sarebbero più innovative e consentirebbero di armonizzare meglio le esigenze della didattica e quelle della ricerca con la necessaria salvaguardia delle specificità di quest'ultima nei vari settori, scongiurando quella omologazione che è un pericolo assolutamente da evitare.

6.- Sul piano culturale, infine, sono assolutamente convinto che vada sfruttata questa occasione non solo per riorganizzare e adattare alla nuova normativo l'esistente (il "vecchio"), ma anche per proporre qualcosa di nuovo considerando attentamente quello che in Ateneo non c'è e che potrebbe (o dovrebbe) avere spazio sia sul piano didattico che su quello scientifico.
     E sotto questo aspetto penso in particolare alla Romagna per la quale solo una forte differenziazione e specificità culturale può portare a solide articolazioni decentrate superando i doppioni più o meno mascherati che possono costituire una debolezza per il decentramento.
   Molto è stato fatto; ma credo che qualcosa si possa ancora fare.
    Le modifiche di Statuto, assolutamente necessarie sul piano istituzionale possono essere infatti una buona occasione anche per rivisitare i nostri assetti culturali, modificando, integrando, e aggiungendo (o magari anche eliminando, se necessario) qualcosa a quanto ora è presente.
(Ritorna)

6.-   Intervento per il "Laboratorio di autoriforma"

    Marianna SICA, Studentessa

1.- Il laboratorio di autoriforma sta cercando da tempo, relazionandosi ai vari soggetti dell'università, di pensare la costruzione di un cambiamento dell'università, che riteniamo necessario, in un modo partecipato e vivo.
     E’ dal movimento dell'Onda che gli studenti hanno espresso la loro voglia di protagonismo nella trasformazione dell'università. Ponendoci sempre con un'attitudine propositiva e mai solo distruttiva, posto il nostro netto no alle proposte di riforma arrivate dal ministero, i nostri punti qualificanti sono sempre stati:
     - l'autogestione del percorso formativo;
     - l'autoformazione come pratica di condivisione di saperi dentro l'università tra docenti. ricercatori e studenti;
     - ricerca libera e indipendente:
     - un welfare adeguato all'essere studenti oggi, che è direttamente essere anche lavoratori;
     - e un no netto al lavoro gratuito dentro l'università, che coinvolge studenti e ricercatori con stage e tirocini gratuiti e assegnazione di insegnamenti a titolo gratuito.
    Crediamo che in un momento di crisi economica di questo tipo sia inaccettabile che la nostra vita di precari e di sfruttati inizi e prosegua dentro l'istituzione universitaria.

2.- Il movimento studentesco ha espresso una forza incredibile in questo autunno e ha posto a tutto il paese il problema di un'intera generazione senza futuro, questione che (pensiamo) tutti i soggetti che hanno un ruolo nella nostra società non possano più far finta di non vedere e sulla quale debbano prendere delle posizioni.
    Per noi una posizione dalla quale non si può tornare indietro è il rifiuto della legge Gelmini, che per quanto riguarda gli studenti significa prima di tutto un taglio netto e inaccettabile delle borse di studio, attacco vero e proprio alla libertà di scegliere del proprio futuro.
    Mentre nel resto d'Europa le tasse universitarie sono molto più basse (anche se vediamo il caso dell'Inghilterra che ci dice che la questione dell'accesso all'università è una questione centrale dentro la crisi attuale) e gli ammortizzatori sociali riescono ancora a mantenere una rete di salvezza per gli studenti e i precari, il nostro paese si distingue per le altissime tasse universitarie e la mancanza di ogni ammortizzatore sugli affitti, sulle borse di studio ecc.
   Se a questo aggiungiamo la mancanza di prospettive, una volta usciti dall'università, allora capiamo tutti che per noi 1'unica prospettiva di vita soddisfacente si può disegnare fuori dai confini di questo paese.
    E sono i nostri professori che per primi ci dicono di andarcene.

3.- Però noi non intendiamo subire passivamente quello che ci sta accadendo, non intendiamo scappare.
    Vogliamo invece continuare a parlare, a lottare, a cercare con tutte le nostre forze di far capire che qua c'è in ballo tutto il nostro futuro e che non è possibile che il rettore Dionigi continui a prenderci in giro, ponendosi pubblicamente come attento alle istanze dei ricercatori e dei docenti e costruendo momenti come questo, e allo stesso tempo continuando a stare attivamente dentro alla CRUI, complice e promotrice prima della riforma Gelmini.
    Non accettiamo le forme autoritarie che il rettore ha usato nel tentativo di spengere il movimento, ricattando i ricercatori quando questi hanno dichiarato la loro indisponibilità all'insegnamento, dunque dimostrando di avere una idea di democrazia molto simile a quella dei referendum/ricatto di Marchionne.

4.- E anche oggi noi pensiamo che questo incontro pubblico sia solo una vetrina mediatica per il rettore, dal quale vorremmo invece delle risposte vere alle questioni che studenti, ricercatori e docenti. e i tecnici amministrativi stanno ponendo.
     Pensiamo che sia tempo di prendere delle posizioni nette, perché qua non ne va solo del futuro delle carriere di qualcuno o dell'università di Bologna, qua c'è in gioco qualcosa di molto più grande.

5.- Non consideriamo democratico questo incontro perchè sappiamo che la road map per l'approvazione dello statuto è già stata disegnata. La commissione statuto istituita con modalità autoritarie deve essere sciolta, condizione irrinunciabile per poter iniziare a discutere in maniera vera di riforma dell'università.
    Vogliamo delle risposte alle nostre proposte che tendono a costruire dalle nostre vite un'università diversa. Siamo convinti che l'università come è oggi, fatta di rapporti di subordinazione, di ricerca ingabbiata. di saperi dequalificati, di lavoro nero, non l'università che vogliamo.

6.- Noi studenti chiediamo di avviare un vero percorso di autoriforma, di democrazia vera e partecipata, che per noi non significa poter votare un referendum ma poter decidere in modo collettivo della nostra vita. Un percorso di autoriforma che coinvolga tutti coloro che in questi mesi e in questi anni hanno preso parola sulla riforma e che hanno espresso delle richieste ben precise:
     -libertà nel percorso formativo e nella ricerca;
     -autoformazione, che significa condivisione e creazione di saperi in modo partecipato e condiviso tra studenti, ricercatori, docenti;
     - servizi necessari alla vita degli studenti (affitti, borse di studio, mense, biblioteche);
     - un investimento reale nella cultura e nella formazione.....

7.- Delle risposte da parte dell'istituzione sono necessarie e non più rimandabili !
    Se la paura del rettore è il commissariamento dell'università da parte del ministero, noi diciamo che oggi, la mancanza di risposte da parte del rettore determinerà un commissariamento da parte degli studenti.
(Ritorna)

7  Per il personale tecnico e amminstrativo

    Antonella ZAGO, Collaboratore Amministrativo, Dipartimentro di Istologia

1.- Non posso che condividere le richieste che altri hanno avanzato sulla rappresentanza del personale dentro la commissione e nei nuovi organi accademici ma oggi qui il problema che si pone è ben altro. Essere presenti e rappresentanti per fare che cosa ?
    Il Rettore ha detto che “il nuovo ordinamento sarà nuovo”. Ma il nuovo è già arrivato e già è stato deciso da pochi.
   In questo ateneo si parla di riforma statutaria almeno dal 2006 e ancora oggi nessuno di noi ha capito quale sarà l'università “nuova che vogliamo”.
   Ancora oggi il rettore si presenta in questa assemblea (che di democratico non ha nulla) con delle domande malgrado abbia dichiarato alla stampa che a luglio avremo il nuovo statuto.
   Il rettore sostiene che è l'inizio di un confronto serrato. In realtà il confronto non c'è mai stato e gli incontri che seguiranno si svolgeranno nei Dipartimenti e nelle Facoltà.
    E gli studenti saranno presenti? Io credo di no !
   Nel frattempo, considerando solo l'ultimo anno, gli organi accademici hanno preso decisioni importanti che hanno già modificato alla radice la natura di università pubblica dell'ateneo di Bologna.
   Nel documento di previsione di bilancio 2011 si dice chiaramente che docenti e ricercatori dovranno procacciarsi da soli i fondi di ricerca mettendosi, magari piegati in due, sul mercato; gli accordi di co-marketing vedono già attive le sponsorizzazioni; i poli tecnologici vedono l'aumento smisurato della precarizzazione di ricercatori e tecnici.
   Quando arriveremo ad avere il nuovo Statuto, l'Università sarà già di fatto cambiata al di là delle regole fissate appunto sulla carta.

2.- Sul fronte del personale tecnico amministrativo mi risulta che la richiesta di incontro avanzata dal comitato precari tecnici amministrativi nel luglio del 2010, e più volte rinnovata nei mesi successivi, non abbia trovato nessuna risposta, il rettore ha bellamente evitato di confrontarsi; dei 12 precari dell'azienda agraria “parchi e giardini” che da anni manutentano il verde dell'ateneo, malgrado il rettore abbai negato con forza qualsiasi tipo di esternalizzazione, ne sono stati assunti due a tempo indeterminato e due a tempo determinato. Gli altri sono a casa. Chi farà il lavoro di manutenzione del verde? Le cooperative dietro le quali si cela un meccanismo di sfruttamento esagerato e un aumento di spesa per l'ateneo. Il personale tecnico amministrativo di ruolo ha perso più di 200 euro annui con la firma del contratto integrativo 2010 e lo stesso contratto è stato fir mato solo dalla CGIL, Camera del Lavoro, nemmeno gli RSU, delegati eletti direttamente dai lavoratori hanno firmato tale accordo. Questa non è democrazia, non c'è democrazia in tutto ciò!
3.- Martedì scorso è stata approvata la delibera con cui la Fondazione Alma Mater, tanto discussa nel passato, diventerà Fondazione Universitaria e quindi un ente privato di supporto all'ateneo. Quali servizi, che ora sono interni, verranno tra qualche anno gestiti dalla Fondazione e quale personale passerà in gestione alla stessa fondazione nessuno ce lo spiega.
4.- L'intelligenza delle persone presenti in platea viene offesa dal suo voler apparire democratico e deciso a salvaguardare l'università pubblica perché in gran parte, pur non avendo ricevuto tutte le informazioni sulle scelte fondamentali che hanno già snaturato la nostra università, colgono comunque la distanza tra i loro problemi quotidiani e le sue belle parole di oggi.
5.- Cancelli tutti i provvedimenti che hanno già fortemente modificato la natura di università pubblica del nostro ateneo e crei davvero le condizioni per un confronto serrato. Solo a partire da queste premesse potremmo considerare sinceri i suoi discorsi sulla democrazia. Oggi dell'università pubblica di Bologna è rimasta solo la cornice, il contenuto è già di fatto in linea con la riforma Gelmini !
(Ritorna)

 

                                          Ateneo, Consiglio di Amministrazione

                           Il prof. Gianni Porzi :

                              - sulla lettera dei "Docenti preoccupati", al Rettore
                             - sul discusso referendum, relativo al contratto integrativo
                               del personale TA, 2010

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Gianni Porzi


G. Porzi: "Ai Docenti Preoccupati"

 
  Non posso che condividere, in linea di principio, le preoccupazioni manifestate nella lettera dai Docenti Preoccupati, che rappresentano una chiara denuncia di scarsa attenzione a quei principi di democrazia che vengono spesso sbandierati ma non sempre rispettati.

  Ciò premesso, vorrei però far presente e sottolineare che il 30 marzo dello scorso anno la Congiunta (Assemblea di CdA e Senato, riuniti, NdR) deliberò la composizione della Commissione istruttoria per la revisione dello Statuto, come proposta dal Rettore, con il solo voto di astensione del sottoscritto.  Quindi, si dichiararono a favore anche i tre professori di II° fascia e i tre Ricercatori che siedono in CdA.

   A mio avviso, se la Commissione proposta dal Rettore, per di più nella composizione prevista dalla Legge di riforma Gelmini (all'epoca non ancora in vigore), non fosse stata avallata dal voto della Congiunta, la richiesta dei "Docenti preoccupati" avrebbe avuto una sua logica giustificazione.

   Ma ora, chiedere l'azzeramento della Commissione istruttoria per formarne un'altra che preveda la presenza anche di professori di II fascia e di Ricercatori, ritengo sia improponibile perchè la Commissione contestata non è un semplice gruppo di Colleghi che ha lavorato su incarico del solo Rettore, ma è una Commissione investita ufficialmente dalla Congiunta, essendo stata legittimata da un voto plebiscitario, con l'incarico di elaborare un nuovo Statuto sulla base di precise linee guida.

  Il Rettore, in sostanza, ha abilmente fatto in modo che la Commissione avesse una veste ufficiale e non fosse solo la sua Commissione da lui insediata, come fece legittimamente l'ex Rettore Calzolari che nominò motu proprio la Commissione per la revisione dello Statuto (presieduta dal prof. Pombeni).

   La cosa sorprendente è che solo ora alcuni si accorgono di come stanno realmente le cose.

   Piuttosto, se c'è stata un'anomalia molto rilevante è che la Commissione, per coerenza alla modalità di insediamento, avrebbe dovuto riferire lo stato di avanzamento dei lavori alla Congiunta che l'ha nominata e investita dell'incarico, cosa che invece non è mai avvenuta, nonostante più volte sia stata avanzata la richiesta al Rettore.                    Gianni Porzi*

* Università di Bologna

Sul referendum farsa di fine anno 2010

INTERVISTA AL PROF.  PORZI

Domanda : sulla stampa locale è stata riportata la notizia, con una certa enfasi, dell’approvazione da parte del CdA del contratto integrativo del Personale T.A. relativo al 2010 che però mi risulta non fosse stato siglato da alcuni sindacati.
Risposta : sì, il CdA nella seduta straordinaria del 28/12/2010 ha approvato il Contratto; il comunicato stampa riportato dalle cronache locali ha però tralasciato alcune precisazioni affatto irrilevanti. Infatti, il Contratto in questione è stato sottoscritto da un solo sindacato, cioè la CGIL, mentre CISL, UIL e RdB non lo hanno siglato sia perché non lo condividevano dal punto di vista sostanziale, sia per il modo in cui è stata condotta la trattativa la quale, pur riguardando il 2010, inspiegabilmente iniziò solo alla fine di ottobre dello stesso anno.

D. : ma come è stata possibile una cosa del genere ?
R. : come purtroppo a volte accade, il CdA non è stato messo nella condizione di poter dare un proprio contributo all’ipotesi di contratto, proponendo cioè eventuali modifiche, in quanto la scadenza del 31/12 non lo permetteva. La presentazione di pratiche in “zona Cesarini” (modalità che sembrerebbe far parte del DNA dell’Alma Mater) non consente lo svilupparsi di un dibattito dal quale possano uscire proposte tese a individuare la migliore soluzione possibile. I Consiglieri si trovano sostanzialmente di fronte al “fatto compiuto” e quindi senza possibili alternative se non quella del respingimento della pratica che però a volte può causare danni per il mancato rispetto delle scadenze.

D. : ma in questo modo il CdA viene meno ad una sua funzione importante, cioè quella propositiva.
R. : infatti è proprio così, il CdA viene relegato ad Organo per la ratifica di decisioni assunte altrove (modus operandi che per la verità viene da lontano) e quindi viene svilito quel ruolo propositivo che, oltre a quello decisionale, per legge dovrebbe qualificarne l’azione.

D. : dal punto di vista finanziario, a quanto ammonta il trattamento accessorio per il Personale T.A.?
R. : il trattamento accessorio per il Personale T.A. ammonta per il 2010 a 8,443 Ml (inclusi gli oneri a carico dell’Ente), contro gli 8,333 Ml del 2009, con un incremento dell’1,3%.

D. : ti sono note le ragioni per le quali i tre Sindacati non hanno siglato l’ipotesi di Contratto ?
R. : da contatti telefonici avuti con alcuni esponenti, mi risulta che oltre al dissenso sulla sostanza del contratto, vi erano anche perplessità sull’attendibilità della consultazione dei lavoratori in quanto : a) su richiesta della CGIL l’amministrazione, che era parte in causa, avrebbe messo a disposizione, con sorprendente rapidità, quanto necessario per effettuare la consultazione per via telematica; b) il lavoratore poteva partecipare alla consultazione utilizzando solo le proprie credenziali e quindi alcuni hanno sollevato perplessità sulla garanzia dell’anonimato e della segretezza del voto; c) la consultazione ha avuto luogo nel periodo delle festività natalizie (dal 23 al 27) quando un non trascurabile numero di persone era in ferie.

D. : ma quale è stato il risultato di tale consultazione ?
R. : 823 favorevoli e 74 contrari. Ma voler poi giustificare il tutto con il risultato della consultazione ritengo sia opinabile dal momento che i votanti rappresentano appena il 32% degli aventi diritto. In democrazia non si può sorvolare un così grande numero di non partecipanti alla votazione.

D. : pertanto qual’è stato il tuo atteggiamento in CdA?
R. : per le ragioni esposte non ho ritenuto, in piena coscienza, di poter votare a favore della ratifica del Contratto ed ho scelto pertanto di astenermi. Se è stata o meno una scelta politica oculata quella di non fare il massimo per raggiungere una sintesi condivisa almeno dalla maggioranza sindacale, penso lo si vedrà presto. Vorrei concludere con un’amara constatazione : si assiste frequentemente ad “esercitazioni orali” sul concetto di democrazia e come essa debba essere realizzata, in particolare quella che si definisce come E-democracy e che pare essere la nuova frontiera (valga la discussione in corso in Gran Bretagna sulla proposta del Premier David Cameron di sottoporre le leggi alla consultazione preventiva degli elettori utilizzando sistemi elettronici), ma raramente, purtroppo, queste dotte discettazioni vengono poi trasferite nella pratica di tutti i giorni. E’ proprio vero che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

 


RICEVIAMO e GIRIAMO

 

Da:

- "I Docenti Preoccupati"
- "Il coordinamento nazionale dei Professori associati (ConPass)
- " La rete 29 Aprile
.

A::

-  Magnifico Rettore dell'Università di Bologna
-  Senato Accademico
-  Consiglio di Amministrazione

PETIZIONE
RELATIVA ALLA COMMISSIONE ISTRUTTORIA
PER LA REVISIONE DELLO STATUTO

   Il 30 marzo 2010, nella riunione in seduta congiunta di Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione, ha preso il via ufficialmente la procedura individuata dalla Giunta dell’Ateneo di Bologna per la revisione del proprio Statuto. Nell’occasione sono state infatti approvate le linee guida alle quali avrebbero dovuto attenersi i lavori di una Commissione istruttoria votata in quella sede.
  La composizione della Commissione, formata da 15 membri, era la seguente:

  Ivano Dionigi (Rettore e Presidente della Commissione);
  Giuseppe Caia (Professore ordinario, Dipartimento di Scienze Giuridiche);
  Paolo Pombeni (Professore ordinario, Dipartimento di Politica, Istituzioni, Storia);
  Giliberto Capano (Professore ordinario, Dipartimento di Scienza Politica);
  Giovanni Dore (Professore ordinario, Dipartimento di Matematica);
  Aldo Bertazzoli (Professore ordinario,   Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie);
  Guido Avanzolini (Professore ordinario, Dipartimento di Elettronica, Informatica, Sistemistica);
  Marco Zoli (Professore ordinario, Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento e Malattie Nefrologiche);
  Angelo Varni (Professore ordinario, Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche);
  Rosella Rettaroli (Professore ordinario, Dipartimento di Scienze Statistiche);
  Davide Pianori (studente);
  Alberto Aitini (studente);
  Giovanni Longo (EP - area amministrativa - gestionale, ADOC — Settore Personale Docente);
  Donatella Alvisi (Cat. EP - area amministrativa - gestionale, Facoltà di Lettere e Filosofia);
  Cristina Balboni (Direttore generale della Formazione della regione Emilia Romagna).

  Non fanno dunque parte della Commissione né Ricercatori né Professori associati.

  La Commissione istruttoria ha operato in questi mesi circondata dal più fitto riserbo sulla sua attività. Nessuna bozza di documento è finora stata proposta alla pubblica attenzione. Nessuna comunicazione, formale o informale, è stata restituita dal Magnifico Rettore alla comunità accademica sullo svolgimento e sulla tempistica dei lavori, fatta eccezione per la sintetica risposta fornita ad un’interpellanza di un Consigliere di Amministrazione nel mese di novembre 2010. Nessuna audizione (e/o momento di ulteriore riflessione a livello di Ateneo) è al momento stata resa nota. Pare di capire che, nell’attesa dell’approvazione del DDL Gelmini da parte del Parlamento, la Commissione abbia preferito di fatto attendere lo sviluppo degli eventi.

  Il 30 dicembre 2010 il Capo dello Stato ha firmato, in vista della sua promulgazione, la Legge 1905 di riordino del sistema universitario. Essa è stata pubblicata sulla GU in data 14 Gennaio 2011. Una delle conseguenze più visibili della Legge è che tutto il potere decisionale all’interno degli Atenei sarà fortemente concentrato in poche mani, e in ogni caso solo in quelle dei Professori ordinari. Con la riforma solo questi ultimi infatti potranno far parte degli organi decisionali degli Atenei e delle Commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale; tutte le altre componenti del corpo accademico (Ricercatori a tempo determinato e Professori associati) resteranno senza alcun reale potere decisionale e anche la loro autonomia di ricerca potrebbe subire forti contraccolpi, con conseguenze negative sulla qualità della didattica e della ricerca negli Atenei.

  Un’operazione complessa e importante come la revisione dello Statuto dell’Università di Bologna, così rilevante anche per la leadership che Bologna ha sul piano nazionale, presuppone necessariamente – a nostro avviso – la partecipazione di tutte le energie presenti nell’Ateneo. Il risultato al quale approderà il processo in atto avrà rilevanza nazionale; non si tratta quindi di una “partita” soltanto bolognese o emiliano romagnola: la riforma dello Statuto di Bologna traccerà inevitabilmente il solco lungo il quale si muoveranno molte altre Università.

  Da pochi giorni il Tavolo dei Ricercatori dell’Ateneo di Bologna ha fatto propria (inviando una lettera ufficiale al Magnifico Rettore) la richiesta dell’assemblea dei Ricercatori di poter partecipare con due suoi rappresentanti ai lavori della Commissione istruttoria per la revisione dello Statuto. Nel loro messaggio i Ricercatori sottolineano “[…] che solo in questo modo potremo effettivamente interpretare pienamente quell’unanime sentimento che ci ha animato finora, e che colpevolmente è stato da alcuni interpretato come una lotta per il mantenimento dello status quo: ovvero mettere l’Università pubblica italiana in condizione di dare il meglio di sé. Siamo fermamente convinti che l’Università, in virtù del suo ruolo sociale di libera produzione e trasmissione del sapere, sia il contesto ideale in cui si possa riuscire lì dove il legislatore riteniamo abbia fallito: ovvero nell’avviare una nuova fase - quanto mai necessaria per l’Università italiana - informata da principi di sostanziale partecipazione, di condivisione, di trasparenza e di corresponsabilità, fase che riesce difficile immaginare senza il contributo, anche propositivo, dei Ricercatori.”

  Il gruppo dei Docenti Preoccupati di questo Ateneo è profondamente convinto del fatto che, in questa fase così delicata e importante della vita dell’Università italiana, tutte le categorie di personale accademico (docente e non) debbano poter contribuire e partecipare attivamente alla definizione del nuovo Statuto. Va sottolineato d’altronde che analoghe istanze vengono presentate congiuntamente in queste ore in tutti gli Atenei italiani dalla Rete 29 aprile e dal Coordinamento nazionale dei Professori associati. Consapevoli che la Legge di riordino colpisce particolarmente il ruolo e le legittime aspirazioni dei Ricercatori e dei Professori associati, chiediamo pertanto l’azzeramento dell’attuale Commissione istruttoria per la revisione statutaria e la sua contestuale ridefinizione in termini di rigorosa rappresentatività per fasce. A questo proposito richiediamo che:

  - i 12 componenti da designare da parte degli organi istituzionali siano identificati sulla base di elezioni a suffragio universale da parte di tutti i Professori, i Ricercatori e il personale tecnico e amministrativo dell’Ateneo;
  - il voto avvenga a collegio elettorale attivo e passivo distinto per categorie e sia realizzato attraverso l’espressione di una singola preferenza per ciascun elettore;
  - il risultato della consultazione elettorale sia vincolante per il Consiglio di Amministrazione e per il Senato Accademico, che si dovranno impegnare a designare i membri maggiormente votati, rispettando altresì la pari rappresentanza tra le fasce e la presenza del personale tecnico e amministrativo.

  Poiché il nuovo Statuto dovrà preservare al massimo gli spazi di democrazia all’interno dell’Ateneo, questa è l’unica soluzione che può tutelare davvero gli interessi di tutto il corpo accademico !
  Bologna, 17 Gennaio 2011

 

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Ateneo di Bologna: su proposta  Rettore, CdA approva il Contratto
integrativo 2010 con il Personale Tecnico e Amministrativo


REFERENDUM  LOCALE: Votanti il 28%

   Ma solo con la FLC - CGIL ... perplessità sul Rettore ...

(Sotto, il testo dell'accordo)


Domande ineludibili, dopo i fatti della FIAT

1.- Il fatto. Il 28 dicembre 2010, il CdA ha approvato il Contratto integrativo 2010 con il Personale Tecnico e Amministrativo, con voto quasi unanime, a parte qualche perplessità nel corso della discussione. Non per questioni di merito, ma soprattutto per il fatto che il contratto era stato firmato solo dalla FLC-CGIL, e non da Cisl Università, UIL - RUA, Rdb Cub e alcuni Componenti RSU.
   La collocazione al 28 dic., a chiusura dell'anno, in periodo festivo-prefestivo, è già da se stesso un segnale non positivo che un argomento così importante per le relazioni con il personale sia stato trattato e deliberato all'ultimo balzo e in questo clima. L'ipotesi di contratto, è stato relazionato in CdA, " è stata sottoposta dall'Organizzazione sindacale FLC CGIL ad una consultazione dei lavoratori che si è conclusa con esito favorevole."

2. Nel merito (toccheremo più avanti la questione della validità del referendum), pesava sullo sfondo, la legge Brunetta per due motivi:
  a) determinati compensi accessori non potranno più essere dati "gratis" al personale, ma "legati alla produttività" (da misurare con vari parametri e valutazioni di determinati organi amministrativi). Questa problematica, però, riguarderà il 2011, ma è psicologicamente già presente, anche perchè andrà a toccare il funzionamento di determinati uffici;
  b) alcuni di quei compensi si potevano, in qualche modo, salvaguardare per il 2010 e forse anche per il futuro, se approvati entro il 2010.

   In soldoni (e detto molto in breve), trattavasi soprattutto di € 500.000 circa, ripetutamente per 4 anni (vale dire € 156,00, mediamente a testa), a cui la FLC-CGIL era particolarmente sensibile, e del riconoscimento della Posizioni Economiche Organizzative (P.E.O.), vale dire degli "scatti di anzianità, a cui era invece sensibile la CISL, in quanto portabili nel futuro.
   Con l'accordo è passata l'una, ma non l'altra.
   C'erano i limiti di contratto nazionale o di legge, in particolare: che è non consentito di destinare, a decorrere dall'anno 2009, al trattamento accessorio importi superiori a quelli previsti dal Fondo per il trattamento accessorio relativo all'anno 2004 ridotto del 10%, come certificati dagli organi di controllo, incrementati degli eventuali importi fissi previsti dai CC.CC.NN.LL. , che non risultino confluiti negli stessi. Pur con questi vincoli, era possibile solo l'erogazione di alcuni istituti del trattamento accessorio per l'anno 2010, in virtù di quanto disposto dall'art. 2, comma 1 del CCIL anno 2009.  
  Il tutto è stato fatto all'ultimo balzo e, naturalmente, nei limiti delle difficoltà del bilancio dell'Ateneo, e quindi briciole insignificanti, per cui era preferibile puntare (secondo alcuni, perchè briciole perpetuabili ...) sulle PEO, ma a cui la governance dellAteneo era contraria.

3.- Sulla separatezza dell'accordo, con il Rettore come "parte". Il funzionamento degli accordi collettivi è sempre stato materia assai rovente e tuttavia la moderna organizzazione del lavoro li rende una necessità.
  Nel caso di specie, pesa soprattutto il problema di dare attuazione al principio-cardine della considerazione del merito e attraverso di ciò raggiungere quel miglioramento della efficienza della Pubblica Amministrazione che tutti auspichiamo, legando trattamento accessorio a produttività (legge Brunetta).
   Rispetto a questo problema ( pur se è un problema del 2011), le briciole del 2010 svaniscono. E queste stesse briciole svaniscono doppiamente rispetto alla possibilità (se adeguatamente sostenuta sindacalmente) di ottenere le PEO, o qualcosa del genere, vale dire perpetuabile.
 
   Sul piano formale, il referendum risulta essere stato partecipato in periodo festivo-prefestivo da 900 lavoratori, pari solo al 28% (a Mirafiori, 94%) degli aventi diritto. Beninteso, in via eccezionale, si può anche ammettere che l'iniziativa dell'ipotesi di accordo possa partire da una "minoranza". Invece, la firma definitiva dell'accordo non dovrebbe aver luogo, se esso non è approvato da Referendum, al quale partecipi almeno il 50%+1 degli aventi diritto. Solo così  il referendum è assolutamente limpido.
  C'è una aggravante: il Referendun ha funzionato via e-mail, con l'apporto diretto dell'Ateneo, e dunque con l'apporto organizzativo di "una" delle parti.

  Quanto accaduto non lascia estraneo il Rettore, sia perché egli è "una delle parti" ( ma dovrebbe essere parte imparziale), sia perché egli ha in qualche misura anche una responsabilità morale ed educativa pubblica, nel senso che l'unità sindacale costituisce un valore etico e sociale unanimemente riconosciuto, e quindi c'era un ben valido motivo per negare la firma.
   Per giunta, questo fatto a Bologna viene a collocarsi in coincidenza con un fatto identico a Torino, molto stigmatizzato in Italia, di quella parte sindacale che, invece, nell'Ateneo di Bologna fa il contrario.
  La rottura dell'unità sindacale non è sicuramente un buon viatico neppure per le riforme che l'Ateneo deve affrontare per il 2011, che sono il problema veramente nodale e fondamentale: vale dire di guadagnare di più perchè si produce di più, e quindi si è ben guadagnato.
   Direi anche che, per il Rettore, il fatto della sua provenienza politica avrebbe dovuto metterlo in guardia doppiamente sulla opportunità o meno di accordo separato con un sindacato in qualche modo parte della stessa area politica. Anche Becket fu fatto Arcivescovo di Canterbury perchè amico del Re ma, una volta divenuto Arcivescovo, fu solo servo di Dio, a costo del martirio.
   Oggi poi, che con la riforma universitaria Gelmini (che era già stata approvata, il 28 dic. 2010, data della delibera del CdA), i Rettori in carica non sono più rieleggibili, neppure si poneva questo problema che (senza velleità di paragoni) negli USA, Paese certamente democratico, chiamano di "offuscamento dovuto ai problemi della rielezione".
   Certamente il Rettore, che ha una esperienza politica di un certo rilievo, ed i suoi consiglieri, avranno valutato i pro e i contro, ed avranno avuto seri motivi per scegliere come hanno scelto.
   Del resto, e come si è detto, hanno avuto il consenso quasi unanime del Consiglio di Amministrazione (il che, però, non è certo un indicatore di validità delle scelte, visto che il Consiglio approva quasi sempre e quasi tutto ciò che ad esso viene sottoposto) e questo la dice lunga sulla validità della scelta innovativa della Riforma Gelmini sulla composizione e le competenze del Consiglio.
   Da ultimo: all'epoca del confronto elettorale, durante il primo incontro pubblico organizzato dal cosiddetto Gruppo dei Trenta, l'allora candidato prof. Dionigi fu tra quelli (tutti i candidati) che si impegnarono affinché l'Eletto si adoperasse per ricostruire quel senso di appartenenza e di identificazione nell'Ateneo che durante il rettorato Calzolari si era del tutto eroso. Si può ritenere l'azione del Rettore aver giovato a questo senso di appartenenza, visto che egli ha portato in CdA una scelta portata avanti solo da una parte del mondo sindacale e condivisa solo dal 28% degli interessati ? N.L.

* Ateneo di Bologna, Contratto integrativo 2010 con il personale tecnico e amministrativo

 


EDIZIONI PRECEDENTI

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Mercoledì 27 ottobre a Rimini, Palazzo Ruffi, ore 10.00 - 13.30

Organizzato dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo

Convegno : "La Ricerca Universitaria per Rimini"

 

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Giorgio Cantelli Forti

       Il Convegno vuole fare un rapporto sull’attività di ricerca del Polo Didattico e Scientifico di Rimini dal 2007 al 2009.
      Esso  nasce in un momento di grande trasformazione dell’Università italiana, momento che è¨ accompagnato da forti tensioni interne al sistema universitario e da un’immagine esterna non sempre positiva.
      In questo contesto è in generale importante che un Ateneo prestigioso come l’Alma Mater comunichi con chiarezza al mondo esterno il proprio impegno nella ricerca scientifica.
      Da questa esigenza è nata l’idea di illustrare l’attività scientifica dei docenti incardinati presso il Polo di Rimini in una mappa completa, di semplice lettura anche per i non-addetti ai lavori.Il   Direttivo Nazionale.

Giorgio Cantelli Forti

- nominato Presidente della Giunta del Collegio dei Farmacologi Universitari

  - nominato, con Decreto del Miur, Garante PRIN - Progetti di Ricerca Nazionale, Area 05, Scienze Biologiche


Al Convegno sono attesi:

- Luciano Chicchi - Presidente Uni.Rimini
- Maurizio Sobrero - Presidente Commissione Ricerca
- Dario Braga - Pro-rettore alla ricerca

   Le relazioni saranno tenute da:
- Salvatore Torrisi - Referente macro area Scienze Sociali
- Mirella Falconi - Referente macro area Scienze Naturali
- Antonella Mascio - Referente macro area Scienze Umanistiche
- Giampaolo Proni - Referente macro area Multidisciplinare
.

I lavori saranno conclusi dagli interventi di:
- Stefano  Vitali - Presidente Provincia di Rimini
- Alberto Ravaioli - Sindaco di Rimini
- Ivano Dionigi - Magnifico Rettore

e dalla Benedizione di Mons. Francesco Lambiasi,  Vescovo di Rimini

Infine avrà luogo la cerimonia* del taglio dei nastri dei Laboratori di Ricerca, Palazzo Ruffi
e Laboratori di Ricerca, Piazza Malatesta.

La scorsa settimana ha avuto luogo anche l'inaugurazione dello Studentato (mensa, sala convegni, 90 posti letto, di cui
     alcuni con angolo cottura) nell'ex-Palace Hotel, completamente ristrutturato..

 


Dal CNRU - Comitato Nazionale Ricercatori Universitari


Assemblea nazionale a Roma per fare il punto della situazione sulla decisioni di
maggio di non assumere incarichi di insegnamento per l'anno accademico 2010-11.
VENERDI’  24  S ETTEMBRE  2010,  ORE  13,
presso l’aula La Ginestra a Chimica, dentro la citta’ universitaria.

Anche appello al Capo dello Stato contro la discriminazione,
a danno del Ricercatori, relativa al prepensionamento
Clicca su: http://appelloalpresidente.blogspot.com

Appello del Foglio UNIVERSITAS News a sostenere
i Ricercatori, quale passaggio obbligato per sostenere l'università italiana

Anche appello del CNU di Bologna e  della FLC CGIL di Bologna a sostegno dei Ricercatori.

Il  Direttivo Nazionale
a tutti i Ricercatori in Italia

(stralcio dai comunicati del 31 agosto e del 15 settembre 2010)

  Il momento è quello decisivo e non possiamo mollare proprio ora.
......
  La protesta dei ricercatori non nasce contro il DDL Gelmini. Il DDL al massimo la catalizza. La protesta nasce prima e non si fonda sull’opposizione all’attuale governo e Ministro, ma sulla richiesta di uno stato giuridico che superi la attuali e passate contraddizioni riguardanti le attività svolte e da svolgere. In questo quadro si inscrive anche la cosiddetta “valutazione” e la non disponibilità di sufficienti sbocchi concorsuali.
   Agganciare la protesta dei ricercatori unicamente all’attuale DDL non permette di comprendere appieno il disagio profondo della categoria dei ricercatori, ma soprattutto la mette in balia dell’umore della contingenza. È innegabile che parte dei ricercatori abbia trovato nella “lotta” contro il DDL una sua forte legittimazione, o meglio, un forte spirito di antagonismo, ma non era da parte di molti di noi la motivazione principale. Soprattutto non lo è mai stata per il CNRU.
......
   Moltissimi di noi si sono apertamente schierati in quella direzione a seguito di un’assemblea a L’Aquila in cui era presente anche il Rettore e in cui si formulò tale idea, prima che cominciasse la lotta al DDL.
   Ma, d’altra parte, il sistema universitario ha qualcosa che deve essere modificato e, allo stato attuale delle cose, tale sistema ha messo nell’angolo i ricercatori. Anche in questo senso si è scritto più volte e preso ampiamente posizione.      Spesso in tali scritti non si riscontra affatto il nome del Ministro o il DDL in questione, proprio perché non è una questione contingente quella che deve essere affrontata e non dipende semplicemente dai favori o dagli umori di questo o quello schieramento politico.
   Ripetiamo, i ricercatori possono anche aver aderito alla “lotta” contro il DDL, ma il loro problema è “a prescindere”.
....
  La motivazione era ed è il disagio dei ricercatori all’interno di un sistema che non funziona, che non li appaga e che viene ulteriormente messo a dura prova con il DDL. Se così non fosse, la protesta rischierebbe di rimanere impantanata sulle incertezze del quadro politico attuale, sulla speranza di un’eventuale termine anticipato della legislatura che di conseguenza bloccherebbe definitivamente l’iter parlamentare del DDL.

  ....
E perciò l’attenzione dovrà rimanere alta “a prescindere” perché il DDL deve essere il mezzo e non il fine per risolvere il problema. Se infatti l’università fosse finanziata, il DDL fosse


Ivano Dionigi


Segnale di sfondamento
dei Ricercatori a Bologna ?

Evidenti difficoltà di far partire l'attività didattica inducono il Rettore, il Senato Accademico e i Presidi a invitare i Ricercatori a tornare sulle loro posizioni
(Per notizia: L'Ateneo è stato tra i duri nel
pre-pensionare proff. Associati e Ordinari,
troppo costosi rispetto ai Ricercatori)

La Lettera ai Ricercatori

                               "Cari colleghi,
pur nella consapevolezza del grave disagio e delle difficoltà che i ricercatori stanno attraversando, sono a chiedervi - in conformità alla deliberazione unanime del Senato Accademico di quest'oggi - di confermare o meno la vostra disponibilità a garantire l'avvio delle attività didattiche che rappresentano un dovere dell'Ateneo nei confronti degli studenti e delle famiglie le quali, al pari nostro, stanno fronteggiando momenti di profonda crisi economica e sociale.

Vi chiedo pertanto di restituirmi, debitamente compilata e sottoscritta, la dichiarazione allegata alla presente, entro le ore 13:00 di venerdì 17 settembre. In caso di impossibilità da parte vostra a far pervenire la suddetta dichiarazione entro la data sopra definita, una vostra comunicazione via mail potrà comunque far fede, in attesa dell'invio del documento ufficiale.

In assenza della dichiarazione allegata entro il termine indicato, ovvero in caso di dichiarazioni di indisponibilità a svolgere l'attività didattica, la Facoltà dovrà individuare modalità alternative di copertura degli insegnamenti, al fine di assicurare l'avvio delle lezioni.

Il Senato Accademico ha peraltro confermato in data odierna gli impegni già assunti nella riunione del 20 luglio, e in particolare: l'organizzazione di una giornata di riflessione e discussione pubblica, nei primi giorni dell'Anno Accademico, nelle diverse Facoltà e sedi, sui temi della ricerca e dello status dei ricercatori universitari; l'impegno ad attribuire la massima priorità alla programmazione di posti da Associato, compatibilmente con i vincoli del bilancio 2011.

   Vi ringrazio fin d'ora per la comprensione e per la collaborazione che vorrete accordarmi e Vi saluto molto cordialmente."                                 Segue FIRMA

corretto come molti di noi auspicano ma continuasse a mancare una soluzione allo stato giuridico dei ricercatori, saremmo comunque soddisfatti? Difficilmente. Ed è per questo che il CNRU mantiene alta l’attenzione soprattutto su questo problema e non perché non ritenga tutto il resto altrettanto importante. Alimentare questo equivoco significherebbe volere il male dei ricercatori.
    Una protesta per definizione tende a stressare il sistema cercando di metterne in risalto le contraddizioni. La contraddizione che mette in risalto la protesta dei ricercatori sembra evidente e spiega la mancanza di una vera partecipazione delle altre componenti universitarie. È lampante il fatto che senza applicare una sorta di “ingiustizia” il sistema non è in grado di funzionare, nemmeno ai minimi accettabili.
   Questo significa che la protesta è giusta proprio perché mostra “quel” limite del sistema, appalesando proprio come in modo assurdo e nel silenzio dei più esso si sia andato a configurare negli ultimi decenni, indipendentemente dal colore del governo e dal nome del ministro.
....
    Una volta che i ricercatori avessero deciso di riaccettare i carichi didattici cosa succederebbe? Che una simile decisione diventerebbe vincolante, dal punto di vista legale, per il prossimo anno accademico e per un anno si continuerà a discutere di “nulla” esattamente come finora successo. Si chiede un impegno “legale” a fronte di un “nulla” da offrire, se non un generico istinto materno da stimolare. Non è mai facile la strada a cui si chiede di accedere gratis.       È altresì evidente che l’ideale sarebbe stato, e continua ad esserlo, che le altre categorie universitarie si rendessero finalmente disponibili a utilizzare l’unità dei ricercatori (ancora presente) e spingessero anch’essi nella direzione che mostri a tutti come il sistema non funziona, come basta stressarlo un poco per farlo crollare: non certo quella di scegliere la strada di affannarsi a mettere l’ennesima toppa al sistema traballante, come stanno facendo alcuni presidi. Qualunque sia il risultato della toppa, i problemi non cambieranno e non si risolveranno da soli. Saranno solo procrastinati per l’ennesima volta, a tutto danno dei ricercatori.

.....                                                                                                                                          CNRU

 

LETTERA  di "Universitas News" AL PRESIDENTE  BERLUSCONI
all'indirizzo: Centromessaggi@Governo.It
A  CUI  IL  PRESIDENTE  NON  HA DATO RISPOSTA

SUN - Universitas News
www.universitas.bo.it
Prof. Nino Luciani
Ordinario di Scienza delle Finanze, Universita' di Bologna
347 9470152


Al Presidente del Consiglio On. Dr. Silvio Berlusconi
p.c. : Al Presidente della Commissione Istruzione del Senato Sen. Ing. Dott. Guido Possa

Oggetto: Riforma Gelmini - Disegno di Legge "Senato 1905"

   Sig. Presidente,
   il DDL in oggetto ha terminato l'iter, in sede referente, presso la Commissione Istruzione del Senato.
La Commissione ha fatto, credo, tutto cio' che poteva fare ..., compatibilmente con la volonta' del Governo.
  Nelle precedenti settimane, i sindacati universitari avevano fornito le loro proposte emendative. Io stesso avevo organizzato, all'universita' di Bologna (12 febbraio 2010) una conferenza nazionale, a cui avevano partecipato i due Presidenti delle Commissioni Istruzione e Cultura del Senato e della Camera (G. Possa e V. Aprea) , e del Sen. G. Quagliariello, alcuni parlamentari delle commissioni medesime, il Presidente della CRUI (Decleva). Ne trova un resoconto in: http://www.universitas.bo.it/Conferenza.htm#RISULTATI .

   Sta di fatto, che il testo approvato in sede referente (e che andra' presto in aula) conserva alcuni difetti gravissimi, per cui non ne uscira' una riforma migliorativa dell'esistente. E questo mi dispiace, mentre rimangono vive le attese fiduciose del mondo universitario, anche emerse nel corso della recente settimana di mobilitazione nazionale sul DDL (17-22 maggio 2010).

   Andiamo per punti, in essenziale:
   1) Governance. Le soluzioni, adottate nel DDL, sono strumentali al vincolo del "costo zero". In questo senso, riterrei di soprassedere a proposte emendative della Governance. Il punto, su cui vorrei richiamare la sua attenzione e' il "costo zero", a cui la Governance e' funzionale..
   A mio modo di vedere, nulla questio sul "costo zero" per lo Stato, se questa e' la direttiva politica del suo Governo. Mi appare, invece, incomprensibile che il suo Governo impedisca anche alle universita' di fissare liberamente le tasse studentesche per pareggiare il bilancio.
   Va, tuttavia, ricordato che questo impedimento e' legato al fatto che le universita' devono fare agevolazioni per studenti bisognosi e meritevoli (art. 34 costituzione). Riguardo a questo, io le proporrei di sollevare le universita' da questo compito, e di affidarlo, invece, direttamente al MIUR, su un fondo, salvo dare delega di gestione alle Regioni.
   In questo senso, vale dire sgravando le universita' dal vincolo di fare "socialita' ", si potrebbe permettere a loro di rifinanziarsi direttamente sul mercato.

   2) La meritocrazia e la valutazione, di cui viene detto essere vanto del DDL, e' largamente una "invenzione" senza fondamento. I motivi sono due:
  a) Per l'art. 97 della Costituzione, la valutazione e la meritocrazia, anche durante la carriera, vanno attuate con concorso pubblico (l'opposto del precariato). Invece, il DDL si fonda sullo "impact factor", vale dire sul numero delle pubblicazioni, classificate per collocazione editoriale. Sarebbe come scegliere un vino guardando alla bottiglia, senza assaggiarlo. Un contadino ("scarpe grosse, cervello fino",) non farebbe mai in questo modo. Lo "impact factor" va bene, ma solo come indizio;
  b) Il DDL vuole la abilitazione nazionale (con commissioni sorteggiate) e, poi, i concorsi locali (e questa e' cosa buona, per la celerita' delle procedure). Ma per il concorso locale vuole le commissioni scelte dal Rettore tra i professori del dipartimento. Questo peggiorerebbe molto il difetto del localismo di cui alla legge 210/1998, in quanto i dipartimenti sono molto corporativi. Il sorteggio (nel settore scientifico nazionale) anche per il concorso locale e' la soluzione imprescindibile.

   3) La riforma GELMINI non prevede "norme transitorie" per i Ricercatori a tempo indeterminato, pur abolendone il ruolo in anticipo rispetto a quanto previsto (2013). Questo non e' giusto, tenuto conto del peso che essi (il 41% dei docenti di ruolo) portano da anni per la didattica e la ricerca, senza possibilita' di carriera, per i vari blocchi dei concorsi, in passato. Penso sia nell'interesse dell'universita' introdurre "norme transitorie" per il passaggio dei Ricercatori alla II Fascia, sia pur col rispetto di determinate condizioni di merito, come gia' fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980.

   Signor Presidente, ho fiducia in Lei.
   Mi metto a Sua disposizione per ogni utile chiarimento e contributo, che volesse richiedermi.
                                                                                                                      Il Direttore: Nino Luciani
   Bologna, 26 maggio 2010

 

 

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Ivano Dionigi


RIFORMA DELLO STATUTO

L'assemblea congiunta di CdA e Senato
nomina una Commissione, 30 marzo 2010

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I componenti della Commissione

  Giuseppe Caia, Paolo Pombeni, Giliberto Capano, Giovanni Dore, Aldo Bertazzoli,
Guido Avanzolini, Marco Zoli, Angelo Varni, Rosella Rettaroli, Davide Pianori (studente),
Alberto Aitini (studente), Giovanni Longo, Donatella Alvisi, Cristina Balboni.

Obiettivi affidati alla Commissione

  La nomina è stata accompagnata dai seguenti obiettivi, da raggiungere con la riforma statutaria:

1. ribadire e rafforzare l’autonomia per quanto attiene la scelta degli obiettivi strategici e delle modalità di autogoverno;

2. assumere una più esplicita responsabilità sociale rispetto ai processi di ricerca ed elaborazione di nuove conoscenze, di formazione delle nuove generazioni, nonché di trasferimento di saperi e competenze anche a beneficio del tessuto sociale ed economico;

3. individuare con chiarezza il ruolo degli Organi di Governo dell’Ateneo rispondendo all’esigenza condivisa di ridefinirne le funzioni, semplificare e migliorare la loro capacità di programmazione e di decisione rispetto agli obiettivi strategici;

4. definire nuovi modelli organizzativi che, in un contesto di scarsità di risorse, consentano di affrontare con successo la crescente competizione tra atenei a livello nazionale e internazionale;

5. superare la tradizionale separazione organizzativa tra didattica e ricerca che limita le potenzialità dei singoli e delle strutture in entrambi gli ambiti, impedendo di raggiungere i livelli qualitativi perseguibili;

6. rivedere il sistema delle relazioni istituzionali tra organi centrali e strutture decentrate definendo nuovi equilibri tra l’esigenza di verticalizzare i processi decisionali per recuperare efficienza e di coinvolgere adeguatamente le strutture decentrate che devono esercitare la propria autonomia in modo responsabile;

7. affinare il sistema multicampus attraverso un assetto istituzionale che renda possibile una programmazione unitaria a livello di Ateneo delle attività di didattica e soprattutto di ricerca;

8. incentivare il senso di partecipazione al perseguimento dei fini comuni anche mediante una maggiore collegialità degli Organi delle strutture decentrate.

  Nino Luciani, Riforma o controriforma ? Per chi, come me e come i Colleghi del "Gruppo dei 30" (in risposta a precisa sollecitazione pubblica del Rettore Calzolari), avevamo predisposto una bozza di riforma, a supporto della (allora) Commissione nominata dal precedente Rettore, può parere una vera contraddizione la domanda: "Riforma o controriforma ?"
  I motivi mi sembrano perfino ovvii:
1) Un Rettore che vuole andare avanti costruttivamente deve essere trasparente, in modo da essere coadiuvato dalla Comunità scientifica, per quello che può fare.
  Reclamerei, dunque, che il Rettore coinvolga la Comunità per questa riforma necessaria e tanto attesa.
  Confido che il prof. P. Pombeni, col quale il Gruppo dei 30 ha condiviso ripetuti incontri di Ateneo sulla riforma; anzi, Lui (che subì la beffa, ... che sappiamo) sicuramente sarà solidale con questa invocazione di partecipazione allargata alla costruzione del progetto.

2) Ma c'è dell'altro ..., e tenendone conto, subentrano perplessità di altro tipo.
a) E' in piena azione l'iter parlamentare per la riforma della Governance;
b) Le dichiarazioni, rese negli Organi, dal Rettore andrebbero nel senso che Egli si propone di anticipare la sostanza del progetto governativo, senza attenderne i possibili tempi lunghi.
c) il progetto Governativo è sostenuto solo da Confindustria ed avversato radicalmente da tutti i Sindacati Universitari, fino ad avere già proclamato una settimana di agitazione dal 17 al 22 maggio 2010.
  I motivi della avversione sono che il DDL del Governo è ritenuto:
- contro l'autonomia universitaria;
- contro il diritto allo studio;
- contro il premio del merito dei docenti, anzi un moltiplicatore del precariato.
d) Il Rettore ha presenziato alla conferenza nazionale di Bologna del 12 febbraio, in cui c'è stato il confronto tra Sindacati e Presidenti delle Commissioni Istruzione e Cultura di Camera e Senato.
   Dunque il Rettore è bene al correne della stato del contrasto.
   Torno all'inizio: questo Rettore è per una riforma o per  una controriforma ? NL

 

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Quali strategie per il futuro dell'Ateneo

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P.Paolo Diotallevi


Idee dalla Facoltà di Ingegneria
per la riforma didattica

Due lettere del Preside (2008 e 2009),
da noi ripescate dal cassetto

dionigi-ivano1.jpg (3443 byte)
Ivano Dionigi

Nello scorso anno il nuovo Preside, alle prese con difficoltà a coprire gli insegnamenti, ha lanciato nuove idee, con due rispettive lettere, alla Facoltà. Esse, tuttavia, sono rimaste soffocate perchè in rotta di collisione con l'indirizzo del rettore CALZOLARI, allora in carica, e del suo braccio destro ProRettore MASETTI, già Preside a Ingegneria.
  Considerato che il nuovo Rettore DIONIGI ha annunciato che, in Ateneo, i suoi ProRettori stanno lavorando alla riforma, ci è sembrato utile ripescare dal cassetto le due lettere.
  Facciamo precedere alcuni dati dell'Ateneo, da cui partire per nuove idee. Si nota un numero abnorme di insegnamenti, in rapporto al numero delle lauree, a loro volta già eccessivo.
  Anche il numero dei professori a contratto e di professori esterni appare abnorme rispetto al numero dei professori di ruolo (ordinari, associati, ricercatori), con evidenti dubbi sulla garanzia della qualità degli insegnamenti.

Università di Bologna - Dati statistici complessivi

anno 2000 2001 2002 2006 2008 2009
Numero
Insegnamenti

14.124

23.651

30.875

25.946

23.970

17.867
Corsi di laurea

-

- - - 79 78
Corsi di laurea - - - - 75 85
Professori di ruolo (Ord. - Ass. - Ric.) - - -
3.278
-
3.102
Professori a contratto - - -
2.525
-
6.055
Docenti esterni - - - 933 - 893

                            La prima lettera
                                     (ottobre 2008)

  Nota. Nella prima lettera, l'idea portante è "ridurre il numero delle lauree al numero delle classi di laurea" previste per l'ingegneria" e "al loro interno, fare spazio adeguato singoli indirizzi" .

"1.- 
Il nostro compito. L''Università italiana, unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un momento di grave incertezza derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le difficoltà economiche, sia dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro compito deve essere quello di osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi aspetti che hanno condotto l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non dovendo noi, operando dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano esclusivamente su altri lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una realtà non da noi voluta e realizzata.
   Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti, quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti, della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla diffusione della conoscenza.
  A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di preparare ed offrire loro.

2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti, non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni, piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
   La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
  La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati, quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente, garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato, anche recentemente, trascurato.
  Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.

3.-  I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
  Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo, peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
   Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
  Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri pensionamenti.

4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree. Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta formativa nelle lauree magistrali.
  L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi.
  Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
  Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale - certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e dei servizi della Facoltà.
    L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe.

                         La seconda lettera
                                      (aprile 2009)

 Nota. Nella seconda lettera l'idea portante è che più che la vera riforma, più che alla riduzione del numero delle lauree, deve puntare alla riduzione del numero degli insegnamenti, mediante: a) l'accorpamento degli insegnamenti; b) discipline comuni, al primo anno.

 " 1.- L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M. 270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e degli insegnamenti.
   L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti di età previsti.
  Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare per la copertura degli insegnamenti.
  D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la didattica sono in via di riduzione.
   L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli insegnamenti.
   Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del contatto con uomini e docenti eccellenti.

   2.- Oltre a queste considerazioni che fanno prevalentemente riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta didattica, ritengo doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove iniziative di cui si dirà in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11 corsi di Laurea e n. 13 corsi di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a ciclo unico di cinque anni.
   Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti (ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
   Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico,  otteniamo che il numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
  Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2 volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
   Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è proposta dalla Facoltà.
    Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa di razionalizzazione.

3.- D'altra parte
, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino dei corsi di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta più ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in linea con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di formare studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella quale, al termine dei loro studi, andranno ad operare.
  La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.

  4.- A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse sia umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di insegnamenti e del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo che la Facoltà, ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera organizzazione della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.
  Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti l'insieme di queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal novembre 2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento "virtuoso" ed anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno meditati, inevitabilmente l'Ateneo ci costringerà ad attuare.

   5.- Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei Consigli di Corso di studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per sollecitarvi a questa riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi obiettivi, prima che altri ce lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in modo drastico. La valutazione che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con riferimento ad esempio all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti presenti in Facoltà; non è solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande), ma la qualità e l'efficienza della didattica.
   Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non confluiscono in un unico fiume di sapere.
   Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
   Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.    Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

(Continua: prima lettera) La differenziazione nella formazione può avvenire comunque secondo gli indirizzi aventi specifiche e caratterizzanti denominazioni atte ad individuare l'ambito di competenza cui il corso prevalentemente si rivolge.
5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti disciplinari preferiti.
   L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di studio così fortemente frammentati.
   La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali, ovvero sulla totalità degli studenti.

6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una via diversa.
  Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri, sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.

7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà una discussione su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di studio, la Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i tempi di attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già un buon successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi del DM 270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva dell'assetto egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della Facoltà e della formazione.                                                                                                                            Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

 


Dal "vecchio" (ma ancora giovane)  al "nuovo" Direttore amministrativo

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Fabro Ines
già Direttore Amm.vo



Ringraziamento  alla Dr.ssa Ines FABBRO

Anche Lettera aperta del prof. G. Barbiroli alla Dr.ssa Ines Fabbro
e
Considerazioni del prof. G. Porzi sul passaggio al nuovo Direttore

    Per parte del nostro Foglio desideriamo ringraziare la Dr.ssa Ines Fabbro per il servizio (tutta un vita) reso, in piena dedizione, all'Alma Mater e a tutti noi: docenti, tecnici, amministrativi.
    Pur avendo criticato la gestione della Dr.ssa Fabbro, questo ringraziamento non è solo un atto dovuto. Siamo stati sempre consapevoli che la Dottoressa ha dovuto affrontare (non avendo più a monte un Governo centrale che paga a pié di lista) problemi difficili, anche impari perchè non sorretta da chi, invece, di parte docente, ha svolto in modo inadeguato il suo compito, forse perchè non all'altezza del proprio ruolo, o forse perchè non sorretto da buona salute (anzi in pessima salute, e a lungo).
   Ben altra gratificazione la Dottoressa aveva avuto nel periodo in cui aveva svolto quel compito, sotto la guida di un "fuori classe", nome con cui Lei stessa chiamò Fabio Roversi Monaco, in chiusura del mandato rettorale a Santa Lucia il 31 ottobre 2001, e di cui aveva dichiarato voler "requisire" la toga, per conservarla nelle mura del Rettorato.
    Ma ormai il tempo è passato, ed è stato opportuno dare un taglio a tutto, e ricominciare da capo con persone nuove.
   Poi la storia renderà giustizia a tutti, nel bene e nel male.
   E, c'è, poi, che "chi lascia eredità di affetti, avrà gioia successivamente" (parole di U. Foscolo, qui tradotte in positivo).       Se questo avverrà, lo potrà verificare Lei, per prima.    Nino Luciani
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Giancarlo Barbiroli*, Lettera alla Dr..ssa Ines Fabbro
Lettera aperta, inviata anche a tutti i Docenti

* Ordinario di merceologia, Già Preside della Facoltà di Economia, Univ. di Bologna

   Pregiatissima e Gentilissima Dottoressa Fabbro,
   il suo messaggio di saluto del 30 Settembre mi dà lo spunto per alcune considerazioni sull'azione che ciascuno svolge in una Università importante (o che dovrebbe esserlo) come la nostra, e quindi sui criteri di gestione.
   Sono sempre più convinto che, operando in un contesto così complesso e articolato (ma pubblico, non dobbiamo dimenticarlo), se le decisioni e le scelte non sono prese su basi razionali e oggettive, i risultati ottenuti non potranno che essere, o non, corrispondenti agli sforzi (e alle spese), oppure addirittura opposti a quelli che si dovrebbero ottenere per conseguire gli obiettivi propri (qualificazione e potenziamento della ricerca e della didattica).
   Non sto affermando niente di diverso da quanto ho proposto alla fine di marzo: è indispensabile "rifondare "l'Università su criteri razionali, verificabili e verificati, come quelli che conducono l'azione degli Atenei Europei ed extra Europei.
   Purtroppo il confronto mi dà e mi darà sempre più ragione, perchè noi siamo lontani anni luce da questa loro condizione rigorosa. Nei numerosi incontri avuti in Aprile e Maggio (durante il dibattito per le elezioni del nuovo rettore - N.D.R.) ho purtroppo riscontrato che tante realtà sono " a metà del guado", creando forti tensioni e preoccupazioni.
  Chi opera al loro interno considera che ciò dipenda dal fatto che le scelte non siano state effettuate con razionalità, quasi con una "navigazione a vista". E da queste condizioni difficili non si sa come uscire, creando ulteriori tensioni e preoccupazioni. Anche gli squilibri di risorse tra aree diverse, e tra aree scientifiche e attività di supporto creano irritazione e preoccupazione.
   Questa nostra realtà è ben nota negli Atenei internazionali rinomati che contano, e viene considerata "un grande gap istituzionale", tanto che, anzichè noi essere "fuori classifica" come Ateneo più vecchio del mondo e per le tante eccellenze scientifiche (c'è stato anche, il 9° Centenario di mezzo, e non è stato poco!!), veniamo collocati verso il 180° posto.
   Altre spiegazioni diverse ? Verrò considerato pessimista, ma, al di là degli opportunismi o delle ipocrisie, da anni a Bologna e dintorni è diffusa questa convinzione.
   Lei potrà obiettare: ma questa esigenza di rifondare l'Università su basi razionali non ha avuto successo numerico nelle elezioni rettorali, in maggio scorso.
   Lei sa la ragione: "le culture prevalenti" conducono in altre direzioni, però con un chiaro trend in discesa.
   Pazienza, così è se vi pare !
   Chissà che in un "rigurgito tardivo di autocoscienza e responsabilità" non mi si darà ragione, anche se per manifestarlo occorre un totale e diffuso "anticonformismo", che non vedo da tempo, nè all'orizzonte.
Con tanti auguri per le sue attività future.G. Barbiroli



Gianno Porzi*, Il Dottor Colpani, nuovo Direttore Amministrativo


*
Membro del CdA

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Gianni Porzi

   Forse è opportuno spendere qualche parola sulla complicata vicenda della nomina del nuovo Direttore Amministrativo del nostro Ateneo.
   Nella seduta del CdA del 10 novembre 2009 il Dr. Colpani, proposto dal MR, è stato nominato D.A.

   La delibera è stata assunta all’unanimità non solo sulla base del curriculum del Dr. Colpani, ma anche come atto di fiducia nei confronti del MR che in questo ultimo periodo si è fortemente impegnato nella ricerca di una persona competente e dinamica all’altezza dell’incarico importante, quanto gravoso, che dovrà ricoprire a partire dall’1/1/20010.
   Al Dr. Colpani, che mi auguro farà il massimo per ridare al nostro Ateneo quel prestigio che merita, vanno i più sinceri auguri di buon lavoro
   Si conclude così un lungo e travagliato iter iniziato più di un anno fa quando cioè il CdA decise, su proposta del Rettore (nonché del Direttore Amministrativo), una procedura di selezione, per individuare il nuovo D.A., assurda quanto inutile, tant’è che si concluse con un nulla di fatto.
   Ritengo valga la pena ricordare alcuni passaggi importanti di tale vicenda. Più di un anno fa il CdA autorizzò il Rettore ad emanare il bando per l’incarico di D.A., precisandone il profilo.

    Nella seduta del CdA del 17/3/2009 il Rettore, senza peraltro aver preventivamente informato i Consiglieri affinché potessero prendere una decisione consapevole e in piena coscienza (motivo per il quale il sottoscritto rifiutò di partecipare alla deliberazione abbandonando la seduta), propose, e il CdA approvò a maggioranza, la composizione della Commissione di esperti (da lui stesso presieduta) che avrebbe dovuto valutare i candidati.
    Inoltre veniva precisato che, al termine dell’iter istruttorio della Commissione, il nominativo da sottoporre all’approvazione del CdA sarebbe stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore neo eletto.
   Poiché il significato di "consultare" è quello di "sollecitare un consiglio, un parere", che non è quindi vincolante, il Rettore in carica aveva solo l’obbligo di sentire il "parere del Rettore neo eletto"; un parere non ritengo costituisca un vincolo, come invece si è tentato di farlo apparire.
   Al bando risposero ben 47 candidati che la Commissione valutò attraverso colloqui riservati solo a coloro che avevano superato una prima selezione basata sull’esame dei curricula.

   A conclusione della selezione operata dalla Commissione, il CdA era, ovviamente, in attesa di conoscere sia la rosa di candidati (quattro) ritenuti dalla Commissione idonei a ricoprire l’incarico di D.A., sia il nominativo del candidato proposto dal Rettore in carica, "sentito il parere" del Rettore neo eletto.
   In modo del tutto inaspettato, quanto incomprensibile, nella seduta del CdA del 24/7/09 il Rettore comunicò che il prof. Dionigi (Rettore neo eletto) aveva dichiarato di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro autorevoli candidati selezionati dalla Commissione" e quindi il Rettore in carica dichiarò di non

essere in grado di proporre un candidato per l’approvazione da parte del CdA.
   In modo altrettanto sorprendente, il Rettore propose al CdA di prendere atto della dichiarazione del prof. Dionigi e di rinviare quindi la nomina del Direttore Amministrativo a dopo l’insediamento del nuovo Rettore affidando dal 1 ottobre, e fino al momento del conferimento dell’incarico, la funzione ad un Dirigente dell’Ateneo.
   Nonostante la posizione contraria assunta dal sottoscritto (e non solo), in quanto ritenevo che la procedura doveva essere correttamente conclusa con una proposta del Rettore, il CdA deliberò a maggioranza di rinviare la designazione del nuovo Direttore Amministrativo ad un momento successivo all’insediamento del nuovo Rettore.
    Ritengo che l’interruzione della procedura di nomina del nuovo D.A. non sia stata una decisione corretta perché :
- all’odg della seduta del 24/7 era prevista la "nomina del D.A." e quindi il Rettore in carica doveva proporre al CdA uno o più candidati della rosa selezionati dalla Commissione procedendo poi alla votazione;
- l’azione del CdA non può essere subordinata al parere di chi, pur essendo stato eletto, non è ancora in carica.
  In tal modo nella seduta del 24/7 il CdA, che è l’organo deputato a deliberare il conferimento dell’incarico di D.A., non è stato messo in condizione di poter prendere una decisione su un argomento previsto dall’odg.
    Infine ritengo non sia da escludere che nel non aver concluso l’iter di nomina del D.A. possa configurarsi un danno erariale dal momento che la procedura di selezione dei candidati, che non ha portato ad alcun risultato, ha comportato tuttavia un impegno economico per l’Ateneo (non va dimenticato infatti che tre Membri della Commissione venivano da fuori Bologna). Gianni Porzi  (Rappresentante del Governo nel CdA)

 

BOLOGNA. Il problema della nomina del nuovo direttore amministrativo.
Falla nel sistema di potere del rettore Calzolari, che  in questi anni
ha fatto le pentole , ma (questa volta) senza il coperchio.

fabro-ines.jpg (2864 byte)
Fabro Ines
Direttore Amm.vo

in uscita

Il Rettore-entrante aveva opposto (a Calzolari) di   "NON  AVERE    ELEMENTI SUFFICIENTI  PER  DISCUTERE  DELLA  ROSA   DI  4  AUTOREVOLI CANDIDATI,   PRESELEZIONATI   DALLA COMMISSIONE"

Ma è evidente che si tratta di una "risposta-non risposta",
che sta per : "Non è affar mio fare atti prima della presa di servizio"

Interim, al momento, alla Dr.ssa Giovanna F. Falsetti

VERSO UN "UOMO NUOVO" (come Direttore Amm.vo),
sulla testa del Consiglio di Amministrazione ?

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Ivano Dionigi
Rettore in entrata

Nino Luciani, "Attesa di vedere se il RETTORE ENTRANTE è "continuo" o "discontinuo",
rispetto a Calzolari "
 

1.- Traditore o novello Becket ? Risulta che, nella riunione del  24 luglio 2009, il CdA aveva bloccato il procedimento per la nomina del nuovo Direttore Ammiistrativo. Il motivo è che il Rettore-entrante (che "vox Populi, vox Dei" aveva indicato come particolarmente desiderato da Calzolari perchè presunto "continuo" alla sua politica), avrebbe opposto di  "non  avere   elementi  sufficienti  per  discutere  della  rosa  di  4  autorevoli candidati, preselezionati  dalla  commissione". Dunque:
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sul dr. Bruno Quarta, pur se apprezzato da Calzolari su "Il Sole-24 ORE mentre era in corso la selezione e pur se Dirigente che Dionigi, da Membro della Commissione Ricerca scientifica, ha incontrato ripetutamente;
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sulla Dr.ssa Francesca Bitetti, pur se con tre titoli a prova di bomba: Direttore Amministrativo di "Cà Foscari" e, prima, di Urbino; e, prima ancora, Dirigente dell'ufficio Controllo di gestione dell'Ateneo di Bologna, dove si era distinta per la ferrea mano e il senso delle istituzioni. In quel periodo Dionigi era stato Consigliere di Amministrazione per 6 anni.
  Siamo stati di fronte al classico "tradimento" dell'elettorato, a cui siamo usi in Italia, subito dopo le elezioni?
  O siamo stati di fronte al rinsavimento di Becket che, nominato Arcivescovo di Canterbury perchè "amico del Re", poi la sua coscienza gli ricorda che ... un "Vescovo è servo di Dio, prima che del Re" ?  

  E c'è una terza possibilità: che il Rettore-entrante abbia così ragionato con i suoi consiglieri: "Io non sono ancora in carica. Non è affare mio, giuridicamente, compiere atti prima della presa di servizio". (E' vox populi che in questo periodo egli abbia quasi completato la formazione della propria squadra). Dunque quella risposta va presa come una "risposta-non risposta", un modo per dare tempo al tempo.
  Questa terza interpretazione delle sue parole mi sembra quella corretta e, se così è, è stata anche una decisione di buon valore politico, pur se il problema di fare il coperchio alla pentola di Calzolari&Co. sarà solo rinviato al primo giorno della presa servizio.

2.- E Calzolari ?
La Commissione era stata costituita, in evidente conflitto di interesse tra Rettore e Ateneo. Infatti, pur essendo attese le elezioni di un nuovo rettore, quello in scadenza si era autoprosto per la presidenza della Commissione (e, proposto gli altri 4 membri), e ciò era divenuto definitivo perchè non contestato presso il TAR.
   Però non c'era una assoluta necessità di nominare un nuovo Direttore Amministrativo alla scadenza. Anzi spesso, nella Pubblica Amministrazione (e specie quando c'è un avvicendamento nelle cariche elettive), i nuovi contratti sono fatti dopo la scadenza, con proroga di quelli in essere.
   Pensare male è peccato, ma ci si prende quasi di sicuro se si pensa che il "potere in essere" (quelli eletti negli Organi lo scorso anno, e che rimarranno ancora a lungo) abbia tentato di rimanere in sella. Già ... perchè il Direttore amministrativo è la pedina fondamentale a cui attaccarsi per esautorare un rettore..., condizioni permettendo.
  Penso che il Rettore ne fosse cosciente, e non volendo eccedere (perchè, come Bruto, egli è un uomo onesto) aveva subordinato la quadratura del cerchio alla scelta finale, da parte del successore-eletto. Ma è evidente (soprattutto col senno di poi) l'estrema debolezza politica di questa decisione: quella di subordinare la sua applicazione ad "uno", estraneo alla decisione stessa, anche se la sua mancata adesione sarebbe irrilevante, se fosse davvero necessario e urgente provvedere per la Pubblica Amministrazione. Ma questa urgenza non c'è.
  Non se ne penta Calzolari: la logicità e la coerenza in politica sono rare in questo Paese, e nulla di buono si può costruire, se non si parte da esse.

3.- Le possibilità per il Rettore-entrante
. Quanto ipotizzato vale per adesso, ma non più dal 1 nov. 2009 , quando il nuovo Rettore prenderà servizio, e si ritroverà comunque sul tavolo le conclusioni della Commissione, anche perchè 4 candidati, (per di più "non classificati", tra  cui scegliere), sono tanti, e solo l'eccesso di personalismo può spiegare il rifiuto di tutti

CdA del 15 sett. 2009

G. Porzi*, Per la mancata nomina
del Direttore Amministrativo, è
ipotizzabile il reato di danno
erariale, a carico del CdA


* Rappresentante del Governo in CdA

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Gianni Porzi

  All'Università di Bologna si è venuta a creare una situazione grave per quanto concerne la procedura di nomina del nuovo Direttore Amministrativo, la cui attività è fondamentale per il governo dell'Ateneo.
   Dopo la decisione assunta dal CdA il 24 luglio u.s., su proposta dal Rettore Calzolari, di sospendere la procedura di nomina del Direttore Amministrativo (che dovrebbe prendere servizio dall'1/10/09) ritengo che si sia configurata una irregolarità dal punto di vista procedurale e un danno dal punto di vista sia organizzativo-gestionale dell'Ateneo che economico. Infatti, il 30/9/2008, il CdA autorizzò il Rettore ad emanare il bando per l'incarico di Direttore Amministrativo e il 17/3/2009, il CdA deliberò a maggioranza la composizione della Commissione, proposta dal Rettore e da lui stesso presieduta, che avrebbe dovuto valutare i candidati.

   Inoltre, veniva stabilito che al termine dell'iter istruttorio ad opera della Commissione, il nominativo da sottoporre all'approvazione del CdA sarebbe stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore neo eletto al fine di garantire quel necessario rapporto fiduciario tra Rettore e Direttore Amministrativo.
   Al bando risposero 47 candidati e la Commissione concluse i lavori ai primi di luglio individuando quattro candidati idonei a ricoprire l'incarico di Direttore Amministrativo. Ciò nonostante il Rettore nella seduta del CdA del 24 luglio, in cui riferì al CdA quanto dichiarato dal Rettore neo eletto, prof. Ivano Dionigi, (cioè di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro candidati selezionati dalla Commissione"), comunicò di non essere in grado di proporre un candidato da sottoporre all'approvazione del CdA interrompendo così la procedura di nomina iniziata lo scorso anno con l'emanazione del bando di selezione.
    Pertanto, la nomina del nuovo Direttore Amministrativo è stata rinviata a dopo l'insediamento del nuovo Rettore (che avrà luogo l'1 novembre p.v.), il quale potrebbe non condividere la procedura messa in atto per la selezione e quindi le conclusioni della Commissione.
    In tal caso, ritengo si possa configurare un danno erariale poiché la procedura di selezione ha comportato un impegno economico per l'Ateneo.
    A tutto ciò si aggiunge un fatto grave, cioè la delegittimazione del CdA che in tutta la procedura ha avuto un ruolo marginale quando invece è il solo organo competente a deliberare l'attribuzione di incarichi dirigenziali.
    Sostanzialmente, il Rettore in carica ha subordinato l'azione del CdA alla non decisione del Rettore neo eletto (non ancora peraltro subentrato nella carica) bloccando così la procedura di nomina del nuovo Direttore Amministrativo, carica che dovrà pertanto essere affidata pro tempore ad un Dirigente dell'Ateneo poiché l'attuale Direttore cesserà dall'incarico il 30 set p.v. .
   A mio avviso il Rettore, sentito quanto dichiarato dal prof. Dionigi (come previsto dalla delibera del CdA del 30/9/2008), avrebbe dovuto proporre Lui stesso al CdA il nome di un candidato per l'incarico di Direttore Amministrativo, essendo l'organo deputato a deliberare la nomina.
   Quindi, non avendolo fatto, ritengo che il Rettore sia venuto meno ad un suo dovere.
    Nella seduta del CdA del 15 settembre, su proposta del Rettore che ha consultato il neo eletto Rettore, è stato affidato l'incarico di Direttore amministrativo per il bimestre ottobre-novembre alla Dott.ssa Falsetti che già ricopriva il ruolo di vice Direttore. Resta inspiegabile perché il nuovo Rettore non abbia ritenuto opportuno estendere l'incarico fino al 31 dicembre, cioè a bilancio preventivo approvato.
   Comunque, questa è stata la sua indicazione che il CdA ha rispettato.
   Alla Dott.ssa Falsetti vanno i più sentiti rallegramenti ed i migliori auguri di buon lavoro. Gianni Porzi

loro sulla base dell'affermazione: "non ho elementi sufficienti ...".
  Non vale nulla il giudizio di una regolare Commissione ? Qualche autorità di controllo potrebbe chiedere spiegazioni sulla delibera (di luglio), del CdA, di non procedere; e "qualcuno dei 4" potrebbe fare ricorso al TAR. In questi casi, la partita si ingarbuglierebbe enormemente.
  Nelle more di queste due eventualità, Dionigi potrebbe provare a chiudere gli occhi e nominare d'urgenza un direttore amministrativo di suo pieno gradimento, salvo ratifica del CdA. Questo è l'unico blitz possibile e, pur se con qualche rischio, è una soluzione ragionevole, in quanto si potrebbe sostenere che giuridicamente solo a lui spetta la scelta del suo primo collaboratore, a parte che la cosa è, forse, anche vitale per il successo del suo mandato.
   Soprattutto serve un Direttore consapevole che i problemi del bilancio e quelli didattici (e conseguentemente quelli amministrativi) vanno fatti marciare insieme, non in modo sfasato come ha fatto la (psicologa e politica) Fabbro. Fu la strada che portò  il Rettore  in piazza, a gridare la crisi del bilancio, magari facendo credere che il colpevole fosse il Governo ! (Ahimè, potremo perdonare questa cosa ?)
   Vediamo perchè Dionigi potrebbe nominarsi il direttore.
a) Il Rettore può compiere atti, propri del CdA, in caso di "necessità e indifferibile urgenza", salvo ratifica nella seduta successiva (art. 34, lettera i, dello Statuto).
  L'urgenza c'è, se è vero che il 1 nov. 2009 sarà senza il Direttore (a parte l'essere una urgenza creata dallo stesso Dionigi, mediante una "non decisione", che gli apre la via a giovarsene per esercitare "in spolitario" una scelta determinante e costosa). Ma c'è un'altra via di uscita, se si prescinde da ripensamenti di Calzolari e del CdA ?
  b) Nell'attuale Statuto, la nomina del Direttore Amm.vo NON SEMBRA più materia esclusiva del CdA. Infatti, l'art. 44 dello Statuto, dispone che "Le funzioni di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Direttore Amministrativo". Il possibile scorporo  del Direttore Amministrativo, dai "dirigenti nominati dal CdA", è avvenuto con la modifica del precedente art. 44 (in vigore fino al 24/5/99), che disponeva: " Le funzioni di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione".
  Abbiamo parlato di "possibile scorporo", perchè l'interpretazione potrebbe anche essere un'altra: prima il cda nomina il direttore, poi su proposta di esso nomina gli altri dirigenti (la "squadra" del direttore amministrativo", che per legge ha il diritto/dovere di amministrare senza subire ingerenze dagli organi elettivi, cui spetta il "governo")
    Naturalmente si può anche sostenere che, attualmente, la scelta può essere fatta in autonomia dal  Rettore, salvo ratifica di routine del CdA.    Altri Atenei procedono in questo modo.

4.- Conclusioni. Da quanto avverrà avremo la prova del 9, circa la effettiva volontà di Ivano Dionigi di essere "continuo" o "discontinuo", e fors'anche circa la volontà di trovarsi (ex-post) votato alla unanimità, sia pure fuori sacco. NL

 

 


Carla Faralli

Ateneo di Bologna - Tasse studentesche 2009-10

L'Ateneo di nuovo in tensione per forzare, contra legem,
i contributi studenteschi, per stare all'altra legge che vieta
di sforare il 90% del FFO per le spese di personale


Gianni Porzi

Questo fatto (comune alla metà degli Atenei, ma zitto zitto il Ministro Tremonti)
mostra che sono maturi i tempi per la liberalizzazione  dei contributi studenteschi,
e per una legge sul diritto allo studio, che carichi sullo Stato il relativo finanziamento

             Leggiamo nel mini-rapporto di Carla Faralli ai Colleghi della sua Mailing List:
            "A parte l'incremento dell'1,5% pari al tasso di inflazione programmata ai sensi del D.M. 27/2/09,
             le principali novità riguardano:
- la riformulazione delle fasce sulla base non soltanto dei requisiti di reddito ma anche di merito;
- l'attribuzione agli studenti particolarmente meritevoli (media del 28), indipendentemente dal reddito, di uno sgravio del contributo pari al 10%;
- eliminazione della riduzione del contributo del 15% per tutti i fuori corso;
- diminuzione dall'80 al 60% del contributo previsto per il percorso lungo." CF

                  Proviamo a guardare più a fondo ... il mini-rapporto   

a)  l'aumento non è recupero di inflazione di cui al DM 27.2.09 (vedi sotto), invece relativo solo alla "tassa minima";
b)  l'Amministrazione non ha segnalato lo sforamento della quota del FFO (vedi CONSUNTIVI e  D.P.R. 25.7.97, n. 306)
c)  altra anomalia ci fu qualche mese fa, con il divenuto famoso "tesoretto" (vedi sotto l'articolo di G. Porzi);
c)  non emergono elementi di confronto con gli Atenei, qui intorno, ai quali Bologna cede non pochi studenti, da anni.
CONSUNTIVI (a prezzi correnti) - I contributi studenteschi collegati col FFO - Fondo di Finanziamento statale Ordinario
CHIAVE

2006

2007

2008

2009
previsioni

F.E.1.01+ F.E.1.02 Contributi studenteschi (escluso post laurea)

97.701.476,47

97.635.669,97

102.538.885,83*

106.310.893,64


F.E.1.05.01
FFO-Fondo statale per funzionamento ordinario


389.335.072,00


389.071.741,00


402.427.423,00


388.076.069,70


Rapporto Contributi studenteschi/FFO


25,09%


25,09%


25,50%*


27,4%

* Al netto del  presunto "tesoretto" (€ 24.341.368,60 ), incassato, a dicembre 2008, di rate del 2009.

Nino Luciani, A parte le "curiosità" locali, nel by-passare le spinosità della legge, penso che il finanziamento del diritto allo studio dovrebbe diventare un compito dello Stato, con borse di studio e bonus-università, direttamente elargite agli studenti.

1.-  Lo Stato, con le leggi dello scorso anno, ha punito le università che sforavano, per spese di personale, il 90% del FFO. Ma poi ... tuttora fingeva di non vedere le università che, per "non sforare" detto 90%, sforavano il 20% del FFO, per i contributi studenteschi. Più sotto è riportata la legge relativa.
  C'è una aggravante: lo Stato vuole che le università, in applicazione del diritto allo studio, applichino favoriscano gli studenti "bisognosi e meritevoli", ma gravando il minor gettito su tutti gli altri studenti.

  Lo Stato si decida: se le università sono aziende (come di fatto le tratta), il finanziamento del diritto allo studio è un poblema statale.
   Non è buona regola che le università, alle prese col pareggio dei bilanci, debbano applicare regole "sociali". La più odiosa, nel nostro caso, è che le università siano obbligate ad abbassare il monte contributi studenteschi, se lo Stato abbassa il FFO, vero essendo che il primo deve stare al secondo, non superando il tetto del 20%.
   E', invece, buona regola che gli interventi "sociali", a favore di date categorie di cittadini siano finanziati dallo Stato col gettito fiscale sulla collettività intera, in base a capacità contributiva, non su specifici gruppi di cittadini (gli "altri" studenti, nel nostro caso).
  
2.-  A mio parere, lo Stato dovrebbe liberalizzare i contributi studenteschi (sia pur con un tetto, che secondo la tradizione della scienza delle finanze dovrebbe essere il 30% della spesa corrente).
  Al tempo stesso dovrebbe assumere su se stesso, direttamente, l'applicazione del diritto allo studio, e che potrebbe essere:
1) borse di studio ai bisognosi e meritevoli;
b) bonus-università, ai singoli studenti, liberi di spenderli, per la laurea triennale, nelle università, al loro scelta;
c) quote aggiuntive del FFO, a tempo determinato (10 anni ?) per le università regionali delle aree depresse.In questo modo si eviterebbe di congestionare le università già mature, a danno dei residenti, e si limiterebbero i costi  di trasporto e residenza degli studenti delle aree depresse per recarsi in quelle mature. NL
Gianni Porzi*, Ancora sul "tesoretto" relativo al consuntivo 2008, perchè questione di metodo ....

* Rappresentante del Governo in Consiglio di Amministrazione

  A proposito delle osservazioni del Collega Luciani, su Universitas", relative al Bilancio consuntivo 2008, ho colto tra le righe una sorta di "appunto" ai membri del CdA che non avrebbero individuato alcune criticità nel conto consuntivo. Ed è su questo che vorrei fare alcune precisazioni, dal momento che il tanto sbandierato "tesoretto" è ormai chiaro a tutti che è quasi interamente dovuto ad un anticipo di cassa, cioè al fatto che un consistente numero di studenti ha optato per il versamento della quota annuale di contribuzione in un'unica rata, entro la scadenza prevista per la prima rata, potendo così usufruire dello sconto di 31 Euro sul contributo totale.
    Ciò che invece vorrei mettere in evidenza è la difficoltà da parte dei membri del CdA a valutare attentamente il bilancio consuntivo (faccio notare che si tratta di oltre 240 pagine, tabelle incluse) per il poco tempo a disposizione. Infatti, gli Uffici, a fronte delle richieste ricevute da alcuni Consiglieri di poter disporre del conto consuntivo con un congruo anticipo, solo mercoledì 29 aprile alle ore 8,43 hanno comunicato via e-mail che il materiale era disponibile on line.
   Se si tiene presente che venerdì 1 maggio era festivo e che il CdA ha avuto luogo martedì 5 maggio, è evidente che il tempo a disposizione per un'attenta lettura e valutazione è stato alquanto limitato, considerando anche il fatto che ben pochi Consiglieri sono esperti in materia e quindi devono ricorrere a Colleghi competenti se vogliono espletare al meglio il proprio compito.
   Vorrei inoltre sottolineare che :
   a) il Collegio dei Revisori dei Conti (la cui relazione ci è stata consegnata la mattina stessa del 5 maggio) si era riunito il 24 aprile per l'esame del bilancio consuntivo;
   b) il bilancio inviato ai Revisori dei conti è definitivo e non può quindi essere modificato;
   c) il Senato Accademico aveva esaminato tale pratica il 28 aprile. Pertanto, non si capisce perché all'Organo che deve approvare (e non esprimere un semplice parere come la Giunta e il Senato) il conto consuntivo non sia stata data la possibilità di prendere visione del materiale con un congruo anticipo, ad esempio almeno il giorno stesso in cui fu trasmesso al Collegio revisori dei conti, cioè il 24 aprile.
   Ritengo un tale comportamento inaccettabile e infatti sia io che il prof. Bruno Barbiroli lo abbiamo stigmatizzato ed abbiamo invitato con fermezza gli Uffici e i Vertici dell'Ateneo a che ciò non abbia più a ripetersi. Gianni Porzi

Decreto Ministeriale 27 febbraio 2009

Aggiornamento dell'importo della Tassa minima di iscrizione universitaria per l'a.a. 2009/10

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DECRETA:

Art. 1

L'importo della tassa minima di iscrizione alle Università, determinato per l'anno accademico 2008/2009 in € 181,44 (centottantuno/44), è aumentato dell'1,5 per cento in relazione al Tasso di inflazione programmato per il 2009, ed è pertanto determinato per l'anno accademico 2009/2010 in € 184,16 ( centottantaquattro/16).

Roma, 27 febbraio 2009 IL MINISTRO

Decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306 - Regolamento recante disciplina in materia di Contributi Universitari

Articolo 1 (Definizioni)

1. Ai sensi del presente regolamento si intendono:
a) per studenti, gli iscritti ai corsi universitari attivati per il rilascio dei titoli di cui alla legge 19 novembre 1990, n. 341, articoli 1, lettere a) b) c) e 7;
b) per università o ateneo, le università e gli istituti di istruzione universitaria o di grado universitario statali;
c) per Ministero, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
d) per contribuzione per studente, la somma dell'importo della tassa di iscrizione e dei contributi universitari di cui all'articolo 2 per singolo studente;
e) per contribuzione studentesca, l'ammontare complessivo della contribuzione a carico degli studenti di ogni università comprensiva, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 20, comma 8, lettera c), legge 15 marzo 1997, n. 59, del gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, calcolato per il complesso degli studenti dell'ateneo, come accertato nel bilancio consuntivo del medesimo.

Articolo 2 (Contribuzione studentesca)

1. Gli studenti contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento, a favore delle medesime, dei contributi universitari e della tassa di iscrizione di Lire 300.000, di cui all'articolo 5, comma 14, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, importo rideterminato e soggetto, a partire dall'anno accademico 1995-96, a rivalutazione annuale per effetto, rispettivamente, dell'articolo 3, comma 19 , lettera b), ultimo periodo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e dell'articolo 5, comma 19, della predetta legge n. 537.
2. I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonchè sulla base della specificità del percorso formativo

Articolo 3 (Criteri per la determinazione dei contributi universitari per i corsi di diploma e di laurea)
1. Le università graduano l'importo dei contributi universitari per i corsi di diploma e di laurea secondo criteri di equità e solidarietà, in relazione alle condizioni economiche dell'iscritto, utilizzando metodologie adeguate a garantire un'effettiva progressività, anche allo scopo di tutelare gli studenti di più disagiata condizione economica, valutata secondo quanto previsto dai commi 2 e 3.

2. La valutazione della condizione economica degli iscritti ai corsi di cui al comma 1 è effettuata sulla base della natura e dell'ammontare del reddito e del patrimonio, nonché dell'ampiezza del nucleo familiare.

3. Ai fini della graduazione di cui al comma 1 e della relativa valutazione delle condizioni economiche degli iscritti, le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato ai sensi dell'articolo 4, legge 2 dicembre 1991, n. 390, in ordine alla determinazione di un nucleo familiare convenzionale e di appositi indicatori delle condizioni economiche e patrimoniali, sono vincolanti per le Università dall'anno accademico 1998-1999.

4. Gli esoneri totali e parziali dalle tasse e dai contributi di cui al presente articolo, disposti dalle università, sono disciplinati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3.

Articolo 4 (Contributi universitari per le scuole di specializzazione)
1. Le università determinano autonomamente i contributi universitari per le scuole di specializzazione.
2. Le università determinano autonomamente la disciplina degli esoneri totali e parziali dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari di cui al presente articolo, con particolare attenzione per i capaci e meritevoli privi di mezzi, in possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio concesse dalle regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 4, legge 2 dicembre 1991, n. 390. 3. Il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per i corsi di studio di cui al comma 1, attivati dalle università, non è preso in considerazione ai fini della determinazione della contribuzione studentesca in ordine alle disposizioni di cui all'articolo 5.

Articolo 5 (Limiti della contribuzione studentesca)
1. ... La contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la contribuzione studentesca abbia ecceduto il valore percentuale determinato ai sensi del comma 1, il predetto valore non può superare negli anni 1997 e 1998 quello determinatosi nel medesimo esercizio 1996.

3. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la contribuzione studentesca risulti inferiore al valore percentuale determinato ai sensi del comma 1, il predetto valore può essere incrementato esclusivamente con gradualità.

4. Le università comunicano annualmente al Ministero, entro il 31 maggio, il gettito della contribuzione studentesca accertato nel bilancio consuntivo dell'anno precedente, il numero di studenti esonerati totalmente o parzialmente dalla tassa di iscrizione e dai contributi universitari nell'anno accademico in corso, la distribuzione degli studenti per classi d'importo nel predetto anno, gli eventuali scostamenti verificatisi con riferimento ai valori percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonchè le misure conseguentemente adottate per il rispetto dei limiti di cui ai predetti commi.

 


Ateneo di Bologna - Bilancio consuntivo 2008

Tab. 1
CONSUNTIVO 2008
a prezzi correnti

2006

2007
Previsioni assestate
al 15 nov. 2007

2007
Consuntivo

2008

Entrate totali 779.623.560,47 895.856.892,53 757.980.938,99 874.547.310,36
Spese totali 799.389.905,07 980.627.831,70 759.561.547,03 850.205.941,76
Saldo -19.766.344,60 -84.770.939,17 -1.580.608,04 +24.341.368,60

BREVE NOTA

Il "tesoretto" e la contropartita in termini di perdita di studenti
Da notare che, al 31 dic.2'008, i residui attivi (soldi attesi, ma non entrati) erano più di quelli passivi
(soldi impegnati, ma non spesi) e, dunque, in termini di cassa (ossia di certezza), il tesoretto non c'era

Per uscire da queste sabbie mobili, serve la "discontinuità" senza compromessi

Rientra, poi, nelle questioni sul bilancio il problema dell'unità delle Università italiane (ossia
della CRUI) nel rapporto col Governo, unità che Calzolari ha frantumato con la creazione di AQUIS

   Il Consiglio di Amministrazione ha approvato (5 maggio 2009), senza modifiche, il testo sottoposto dalla  Amministrazione. Come è noto, si tratta di un bilancio di competenza
  Il bilancio ha un saldo attivo di € 24.341.368,60. In una nota dell'Ateneo, secondo il Rettore Calzolari questo saldo è il "effetto di qualità del lavoro, prudenza nella gestione e contribuzione studentesca".
  Tuttavia, inserendo le cifre del 2008 in un arco triennale (si vegga la tab. 1, che va dal 2006 al 2008 incluso),  prevale l'attrazione sulla crisi drammatica del 2007, in cui il rettore andò in piazza a denunciare il pericolo di bancarotta e portato i libri in tribunale. Si pensa che il "tesoretto" valga a cancellare il ricordo di tanto sbando ? Nella tab. 1 è anche riportata la situazione relativa al primo assestamento, a metà novembre, e il successivo consuntivo, che attesta la virata.
   Contesto a questo bilancio due fatti:
   a) che il "tesoretto" sia stato pagato con un arretramento rispetto ad obiettivi essenziali dell'Ateneo, e comunque non necessario (tale pagamento), perchè ciò che si chiede ad una buona amministrazione pubblica è semplicemente il pareggio;
  b) che la nuova situazione contabile sia un mero maquillage di cifre, senza alcun collegamento con le riforme strutturali della didattica, che sole possono far migliorare durevolmente la situazione contabile.
    Dunque, pur se il 2008 ci vede in qualche modo fuori da pericoli imminenti, di insolvenza (a parte, che ci sarebbe da guardare ai RESIDUI del bilancio, su cui torno alla fine), resto anche convinto che solo la discontinuità del prossimo rettore (direttore amministrativo, incluso) possa fare sperare in qualcosa che  rilanci l'Ateneo durevolmente. Ma al contrario, la preoccupazione della nota rettorale, fatta rimbalzare ad arte su "la Repubblica" è quella di smentire il candidato più critico e discontinuo (Cantelli Forti), che ha invece ragioni da vendere nella sua critica radicale alla amministrazione Calzolari - Fabbro. 
   S'intende, poi, che per le difficoltà del bilancio, occorrerà anche che Bologna concorra alla riunificazione delle Università italiane, nel rapporto col Governo, ma che Calzolari ha frantumato creando AQUIS. Ma andiamo per gradi, e guardiamo dentro al bilancio.
1. - Le tasse universitarie (o contribuzioni studentesche) sono aumentate di € 29 milioni circa, e questo significa che il tesoretto viene tutto da questo aumento. Se, poi, dividiamo la cifra per il numero degli studenti (vedi tab. 2), troviamo che in media ogni studente ha speso € 1.014 nel 2006, € 1.062 nel 2007 e € 1.475 nel 2008. E se ci ricordiamo che durante la gestione Calzolari-Fabbro (2001-2009) gli studenti sono calati di 18.000 unità, allora capiamo l'apporto (pro-quota) di questo "tesoretto" a distruggere l'Ateneo: sì, perchè se continuiamo a perdere studenti, rimarranno solo le mura. Quanto meno, nel fissare le tasse degli studenti, occorrerebbe tener conto di cosa fanno gli Atenei attorno a Bologna.
2.- FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario. Esso è aumentato di € 13 milioni. Dunque esso era sufficiente per il pareggio sostanziale.
3.- Ricerca. Dalla tab. 2, si vede un crollo ben grande del finanziamento della ricerca. Il Miur ha avuto la sua parte principale di responsabilità e ce ne lamentiamo. Ma c'è anche un calo di quello dell'Ateneo. E allora, perchè mai un avanzo di amministrazione ? E come mai, giornalmente il vertice dell'Ateneo si riempie la bocca esaltando la sua azione a favore della ricerca ?
  Si noti anche la cifra risibile del finanziamento privato. Si parli col mondo delle imprese, e si sentirà solo dire della estrema difficoltà di colloquiare con il Rettorato, considerato un ambiente fuori orbita, per i tempi tecnici troppo lunghi di approvazione di un potenziale accordo, e per l'incapacità di capire l'importanza dei progetti. E questo giudizio è stato espresso anche dai presidenti degli enti finanziatori della università della Romagna.
   Sempre la tab. 1 evidenza cose che andavano giustificate nella nota del rettorato: troppi interessi attivi ! Questi evidenziano ritardi nei pagamenti ai fornitori di beni e servizi, e dunque oneri ricaricati indirettamente sull'Ateneo, in quanto un fornitori fanno fatture caricate, che scontano i ritardi.
  4. Dubbi sulla cifra dei titoli pubblici venduti per  € 50 milioni . Questa cifra è controbilanciata da identica cifra in uscita, e questo vuol dire che sono titoli acquistati nel 2008. Tuttavia alla voce "rendite di titoli pubblici" l'entrata è 0,00 (si vegga la voce F.E.1.17.03). Mi sembrerebbe evidente la mancanza dei relativi interessi. Ad es. se compro una obbligazione 100 è perchè mi aspetto di avere indietro 105, alla scadenza. Servirebbe una spiegazione del dove sono finiti.
   4.- Romagna. La cifra a carico di Bologna è ripresa ad aumentare nel 2008. Questa è cosa buona. Ma della Romagna dirà meglio un servizio a parte. Clicca su
RESOCONTO.
   5.- Personale docente. Si vede dalla tabella 5 che la situazione retributiva è stagnante, come da anni, pur se il potere d'acquisto della moneta è molto calato.
   Potrebbe avere senso ridurre il numero dei docenti, per aumentare la retribuzione variabile dei docenti ?  Questa questione andrebbe esaminata alla luce della ristrutturazione della didattica, cosa di cui neppure lontanamente ci si preoccupa in ateneo.
    Altrettanto: ha senso negare il biennio, dopo i 70 anni, se poi (per legge) non si può assumere "tanto, quanto uscito" per fare fronte alla necessità di docenti ?
   Professori a contratto. La cifra per assunzioni pro-tempore, di docenti esterni, ammonta € 3.967.190,61. Ha senso questa spesa, per un ateneo che ha 3.300 docenti di ruolo ?.
  6.- Personale tecnico e amministrativo. Anche queste sono stagnanti le relative retribuzioni andrebbero esaminate alla luce dell'effettivo fabbisogno di personale. Ma anche queste cose sembrano lontane anni luce dal bilancio: eppure sono la stessa cosa, perchè il bilancio è la conseguenza di una corretta impostazione delle problematiche del primo tipo.
7.- Ultimo, ma non ultimo: le spese per collaborazioni esterne sono diminuite di quasi il 50%: Questa è cosa buona.

RESIDUI.  Come detto all'inizio, il bilancio de quo è di "competenza", ossia spese impegnate (ma non effettuate interamente) o entrate attese (ma non entrate realmente).  Per questo motivo, il bilancio di competenza è accompagnato dal bilancio dei residui. Ebbene i residui attivi sono stati € 185.832.231, 89) e i residui passivi sono stati
€ 120.019.703,93. Pertanto, in termini di cassa (ossia di soldi "veri", direbbe la Marcegaglia), l'Ateneo, al 31 dic. 2008, aveva pendenti crediti netti di esercizio per  €  65.812.527,96. Dunque, in termini di cassa, il tesoretto non c'era. N.L.

TABELLA 2 - ALCUNI PARTICOLARI SULLE ENTRATE
CHIAVE

 

2006

2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007

2007
Consuntivo

2008

           
F.E.1.01+ F.E.1.02 Contributi studenteschi (escluso post laurea)

97.701.476,47
(pro-capite:
€ 1.014,31;
studenti 96.323)

104.774.816,59

97.635.669,97
(pro-capite:
€ 1.062;
studenti 91.888

126.880.254,43
(pro-capite:
€  1.475,27;
studenti 86.005)


F.E.1.05.01
FFO-Fondo statale per funzionamento ordinario


389.335.072,00


380.917.567,00

389.071.741,00


402.427.423,00


F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
Finanziamento privato della ricerca (ex- art. 66 DPR 382/80)


906.660,84


850.000,00


1.365.959,51


1.548.544,29


F.E.1.17.02

Interessi attivi su depositi


756.844,47


1.501.224,00


2.194.357,04


3.955.687,08

F.E.1.17.03 Rendite titoli pubblici 0,00 0,00 0,00 0,00
F.E.3.26.01 vendita di titoli pubblici

0,00

0,00

9.999.871,58

49.998.767,39**

Questa entrata, dovuta alla vendita di titoli pubblici (Buoni del Tesoro ?) è controbilanciata da uguale cifra, in uscita, dovuta all'acquisto di titoli del debito pubblico.
Tabella 3 - Finanziamento della ricerca
ANNI 2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.2.22

Finanziata da MIUR

15.793.235,91

28.989.283,74 17.049.227,03 19.124.857,55
F.S.2.23

Ricerca finanziata da Ateneo

4.096.222,22

11.245.784,06 4.537.306,32 3.414.671,00
F.S.2.26

Finanziata da altri enti pubblici

234.844,78

158.686,95 162.538,49 117.473,26
F.S.2.27

Finanziata da privati

109.819,86

158.686,95 141.582,49 69.000,00

TOTALE RICERCA

20.234.122,77

40.552.441,70 21.890.654,33 22.726.001,81
Tabella 4 - Romagna - Finanziamenti per la didattica

ANNI

2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov.07
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.19.16

Polo di Cesena           

6.192.690,22

3.494.390,11 3.508.560,83 4.683.711,88
F.S.1.19.17

Polo di Forlì

6.007.017,14

3.817.184,12 3.847.068,39 5.543.369,23
F.S.1.19.18

Polo di Ravenna

3.046.504,86

2.022.345,09 2.033.954,99 2.596.799,66
F.S.1.19.19

Polo di Rimini

3.790.863,43

2.512.446,20 2.512.446,20 3.187.556,06

Totale

19.037.075,65

11.846.365,52

11.902.030,41

16.011.436,83

Tabella 5 - Personale docente

ANNI

2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.03.01

Retribuzione professori

181.255.788,97

186.936.986,71 186.517.392,38 189.339.709,67
F.S.1.03.02

Retribuzione ricercatorI

57.414.697,90

61.267.985,48 60.970.031,63 63.501.676,04
F.S.1.03.03

Supplenze

3.772.431,92

3.520.925,48 3.197.825,37 2.885.282,83
F.S.1.03.05

Compensi accessori e indennità di carica Professori e Ricercatori

1.813.628,17

   1.103.931,81 1.100.427,44 1.256.889,11
F.S.1.06.01

Professori a contratto finanziati da Ateneo

3.983.869,73

3.800.522,33 3.857.872,29 3.967.190,61
F.S.1.06.02

Professori a contratto finanziati da altri

905.884,17

658.162,11 557.541,35 860.744,53
Totale

249.146.300,86

257.288.513,92 256.201.090,46 261.811.492,79
* Il tasso di inflazione ISTAT, dal 2001 al 2006, è stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario

Tabella 6 - Personale tecnico e amministrativo  - retribuzioni
ANNI 2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.04, F.S.1.05
F.S.1.07
TOTALE

108.842.495,14

115.734.278,9

107.514.955,68

113.505.231,14

Tabella 7
ANNI 2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.02.13 Spese per collaborazioni esterne

2.618.278,20

2.360.396,59

2.062.155,69

1.302.696,02

 

Mentre il Senato Accademico approva il 29 apr. le nuove lauree, con interpretazione minimale del DM 270


Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna

INGEGNERIA: Dall'Ordinamento didattico alle Elezioni del Rettore

Lettera del Preside di Ingegneria per vere modifiche dei corsi di laurea, pena l'impossibilità di reggere l'attuale offerta formativa, per il calo della forza docente.

 
  Questo orientamento finisce per lambire il Rettorato (in periodo di elezioni per
nuovo rettore), perchè è in aperta collisione con le linee del Predecessore Masetti, oggi ProRettore alla Didattica e Formazione,  e Consigliere di Amministrazione, e dunque destinato a conservare la stessa posizione di ProRettore, se sarà eletto Rettore un Candidato in continuità con la  linea dello attuale rettore.
  Se Ingegneria piange, le altre Facoltà non ridono.


Guido Masetti

**
    Secondo il Preside, le cose da fare subito sarebbero:
a) l'accorpamento degli insegnamenti;
b) fare discipline comuni, al primo anno, rispettivamente per le tre aree tradizionali   (industriale, civile,  informatica) e per quella edile di Ravenna.
   La cosa non può destare meraviglia, d'altra parte. E', infatti, solo del 18 feb. 2009 l'audizione, in Senato, del Direttore Gen. del Miur, Dr. A. Masia, secondo cui il Governo punta:
1) "alla perdita di docenza del 20% nei prossimi tre anni";
2) "alla conseguente riduzione del 30% degli insegnamenti, e quella dei  corsi di studio" (e ciò non esclude lauree "nuove", purchè siano tolte delle lauree "vecchie" - n.d.r.)

LA LETTERA DEL PRESIDE
9 aprile 2009

             - Ai Presidenti dei Consigli di Corso di Studio
             - Al Presidente della Commissione per la Didattica
e p. c.   - Ai Docenti e Ricercatori della Facoltà di Ingegneria

Oggetto: Riflessioni e iniziative per la didattica nella Facoltà di Ingegneria

   a) L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M. 270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e degli insegnamenti.
   L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti di età previsti.
  Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare per la copertura degli insegnamenti.
  D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la didattica sono in via di riduzione.
   L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli insegnamenti.
   Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del contatto con uomini e docenti eccellenti.

   b) Oltre a queste considerazioni che fanno prevalentemente riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta didattica, ritengo doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove iniziative di cui si dirà in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11 corsi di Laurea e n. 13 corsi di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a ciclo unico di cinque anni.
   Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti (ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
   Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico,  otteniamo che il numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
  Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2 volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
   Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è proposta dalla Facoltà.
    Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa di razionalizzazione.

c) D'altra parte, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino dei corsi di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta più ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in linea con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di formare studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella quale, al termine dei loro studi, andranno ad operare.
  La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.

  d) A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse sia umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di insegnamenti e del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo che la Facoltà, ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera organizzazione della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.

   Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti l'insieme di queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal novembre 2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento "virtuoso" ed anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno meditati, inevitabilmente l'Ateneo ci costringerà ad attuare

   e) Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei Consigli di Corso di studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per sollecitarvi a questa riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi obiettivi, prima che altri ce lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in modo drastico. La valutazione che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con riferimento ad esempio all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti presenti in Facoltà; non è solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande), ma la qualità e l'efficienza della didattica.
   Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non confluiscono in un unico fiume di sapere.
   Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
   Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.    Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

Senato, seduta del 29 aprile 2009. Nota del prof. Maurizio Spurio

Attivazione corsi di Laurea. Le complesse procedure previste dal Ministero per l'attivazione annuale dell'offerta formativa impongono l'adozione di delibere in tempo utile per verificare il possesso dei requisiti necessari.
La delibera verte su: n.201 corsi di studio DM270/04 (di cui 85 lauree, 110 LM e 6 LM a ciclo unico).
Si specifica inoltre che dei suddetti corsi:
- 172 corsi risultano già attivati nell'a.a. 2008/09 ex DM 270/04;
- 22 derivano da trasformazione (ex corsi di studio già attivati come 509/99);
- 5 sono di nuova attivazione.
- 2 LM ciclo unico in Giurisprudenza, già attivate per tutti gli anni di corso.
Si ricorda che il SA il 25/03/09 ha già approvato l'attivazione per l'a.a. 2009/10 di 23 corsi di studio ex DM 509/99 (ultimo anno possibile) e di 1 laurea quadriennale ex L. 341/90.
Il totale delle richieste di attivazione è dunque 225, contro i 223 dello scorso anno accademico.
Il SA era a conoscenza del parere della commissione didattica (CD) e di quello (vincolante) del nucleo di valutazione. In particolare, era necessario che fossero rispettati dei requisiti minimi di numerosità di studenti (fissati dal MIUR, e di vincoli più restrittivi fissati dall'ateneo) e di requisiti minimi di docenza per ogni corso di studio.
In conclusione dopo una estesa discussione:
- sono stati attivati tutti i corsi che non presentavano criticità di alcun tipo, e che avevano ricevuto parere favorevole della CD e del Nucleo di valutazione.
- dei nuovi corsi proposti, sono stati approvato i 4 che hanno ricevuto parere favorevole da CD e Nucleo, mentre non è stato approvato un corso della classe LM26, che aveva ricevuto parere negativo da entrambi.
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dal MIUR, non sono stati attivati i 2 che avevano ricevuto parere negativo dal nucleo, mentre per il corso di Tecnologie per la Conservazione e Restauro è stato dato parere positivo, anche in previsione di una ristrutturazione della classe di laurea previsto per il prossimo anno (e che prevede una laurea a ciclo unico).
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dall'Ateneo, 2 avevano avuto parere negativo da CD e Nucleo.
Tuttavia, poiché si tratta di due LM di Ravenna coinvolte nella classe che dovrà essere "ristrutturata" (coinvolte quindi nella nuova classe a ciclo unico), il SA chiede al nucleo, limitatamente al prossimo a.a., di rivedere il parere e di poterli attivare.
Il SA fornisce parere positivo alla LM di Scienze per l'Ambiente, in accordo con le indicazioni del Nucleo.
- Su 6 corsi di laurea (1 di Agraria, 1 di Conservazione, 2 di Lettere, e di Scienze) su cui il Nucleo lamenta difetti sui requisiti di docenza, il SA esprime parere favorevole, vincolandolo al fatto che siano soddisfatte le richieste del Nucleo. Altre pratiche trattate:
- Il Sa approva le modifiche dei regolamenti dei corsi di studio e le proposte di regolamento per i corsi di nuova attivazione per a.a. 2009/10 delle seguenti Facoltà: Agraria, Ingegneria, Psicologia, Scienze Matematiche Naturali e Fisiche, Scienze Motorie e Giurisprudenza;
- Il SA approva la stipula della convenzione per il sostegno della Laurea Magistrale in Giurisprudenza e alla laurea di primo livello in Giurista d'Impresa e delle pubbliche amministrazioni;
- Il SA esprime parere favorevole al rinnovo della carica del Prof G.P.Brizzi quale Direttore del Centro denominato "Archivio storico";
- Il SA delega il MR per la nomina dei componenti del Centro denominato "Archivio storico";
- Il SA approva il testo dell'accorso attuativo locale tra Alma Mater e l'Azienda AUSL di Bologna in attuazione del protocollo d'intesa sulla formazione specialistica dei laureati in medicina e chirurgia sottoscritto tra regione e le Università dell'Emilia-Romagna;
- Il SA approva il protocollo d'intesa sulla cooperazione scientifica, tecnologica e didattica tra UniBO ed Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori (IRST);
- Il SA nomina il Prof C. Zannoni quale rappresentante dell'UniBO nel consiglio direttivo del consorzio Interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (INSTM), che dovrà relazionare annualmente sull'attività del consorzio. - Il SA approva la nomina dello studente Sig. Alessandro Navacchia come rappresentante degli studenti nel comitato direttivo del sistema Bibliotecario di Ateneo-SBA. Maurizio Spurio

 

Lauree: a  MINISTRA  il  Preside DIOTALLEVI , di  Ingegneria, risponde: SI'

Sì alla rivoluzione didattica a Ingegneria: 4 lauree, in luogo di 12
"Riduciamo il numero delle lauree al numero delle classi previste per l'ingegneria".
"A loro interno, potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi."


Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna

Il documento inviato dal nuovo Preside alla Facoltà    
  
    "ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'ATTUAZIONE,
NELLA FACOLTA' DI INGEGNERIA, DEL DM 270"

    "Preso atto ...della proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
   della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non supportata
   né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra responsabilità
   proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro." PPD

 1.-  Il nostro compito. L''Università italiana, unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un momento di grave incertezza derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le difficoltà economiche, sia dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro compito deve essere quello di osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi aspetti che hanno condotto l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non dovendo noi, operando dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano esclusivamente su altri lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una realtà non da noi voluta e realizzata.
   Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti, quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti, della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla diffusione della conoscenza.
  A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di preparare ed offrire loro.

2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti, non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni, piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
   La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
  La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati, quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente, garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato, anche recentemente, trascurato.
  Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.

3.-  I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
  Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo, peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
   Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
  Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri pensionamenti.

4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree. Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta formativa nelle lauree magistrali.
  L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi.
  Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
  Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale - certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e dei servizi della Facoltà.
    L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe. La differenziazione nella formazione può avvenire comunque secondo gli indirizzi aventi specifiche e caratterizzanti denominazioni atte ad individuare l'ambito di competenza cui il corso prevalentemente si rivolge.

5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti disciplinari preferiti.
   L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di studio così fortemente frammentati.
   La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali, ovvero sulla totalità degli studenti.

6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una via diversa.
  Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri, sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.

7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà una discussione su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di studio, la Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i tempi di attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già un buon successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi del DM 270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva dell'assetto egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della Facoltà e della formazione.
Bologna ottobre 2008.                       Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

 

Romagne: secessione, federazione, o integrazione "multicampus" con Bologna ?


Giuseppe Farneti


G. Farneti, Prospettive dell'insediamento universitario di Forlì-Cesena
Considerazioni sul testamento del Sen. Melandri
*
(Stralcio dalla Relazione, alla fine del mandato per la Facoltà di Economia di Forlì, nel 2006)

Oggi
solo Forlì-Cesena parrebbe avere i requisiti di didattica e di ricerca,
propri di una università che possa  sopravvivere alle attese forbici del Governo
.

*
Rapporto dei Poli di Cesena e Forlì, Commissione Consiliare di Forlì, 24 gennaio 2006

Nota. Nel 2008 abbiamo pubblicato un articolo del prof. Piero Gallina, Presidente di Se.ri.nar, un vero allarme circa la situazione finanziaria della sede di Forlì e Cesena (clicca su   Università di Romagna ). Quel testo lasciava, tuttavia, scoperto un interrogativo fondamentale: i Romagnoli come pensano il loro futuro, sotto il profilo organizzativo e strutturale ? Precisamente: vogliono la "secessione, la federazione con Bologna, l'integrazione con Bologna ?"
  Senza una risposta chiara, ogni rapporto tra la Romagna e Bologna non può che fondarsi sulla ambiguità, e nessun problema finanziario potrà essere risolto bene, fino in fondo.
  In attesa di una chiarificazione, e che sarebbe opportuna nel corso del dibattito per la elezione del Rettore, la ri-proposizione del testamento del Sen. Melandri vuole essere una prima indicazione, eventualmente da aggiornare.
  Al termine di questo stralcio, viene riprodotto il sommario completo degli argomenti della Relazione Farneti. NdR

  Giuseppe Farneti, Riflessioni sul periodo di presidenza  2000-2006, § 12
  Alcune considerazioni riconducibili all’ultima intervista del Sen. Melandri.

   a)  Il Sen. Leonardo Melandri, qualche mese prima di scomparire volle redigere un documento di racconto dell’avvio e delle prospettive future dell’insediamento universitario romagnolo.
   Si tratta di una sorta di testamento professionale, che lui scrisse “a futura memoria, perché chi vorrà, potrà sapere come è andata…”, così mi disse in uno degli ultimi incontri. Tra le Sue ampie riflessioni mi limito a riprenderne alcune. Ma tutti dovrebbero leggerle.
   Viene inizialmente osservato che lo sviluppo dell’insediamento romagnolo è stato abbastanza casuale, il prodotto di forze e volontà diverse. Il risultato è stato soddisfacente, ma non privo di decisioni fortemente irrazionali, di volta in volta attribuite ai diversi protagonisti. In quest’ambito la Facoltà di Economia, superando diverse difficoltà, ha delineato la sua missione e la sua strategia, ma soffre di un quadro ancora opaco di strategia globale dell’Ateneo per quanto concerne la Romagna e la governance complessiva.
   L'’Ateneo persegue l’idea del multicampus. Il sen. Leonardo Melandri, per contro, parla di fallimento del multicampus. “Noi pensavamo, in quella che poi si è rivelata come una ingenuità, che l’Alma Mater fosse interessata, se non propensa, per il suo altissimo prestigio e la sua forza, a tentare un esperimento di riconsiderazione di se stessa, nel quadro della nuova realtà che si era determinata con il decentramento. … avevamo sottovalutato la forza e i condizionamenti della struttura e della mentalità tradizionali, che non rinunciano mai volentieri a competenze, attribuzioni, funzioni proprie per trasferirle ad altri” (pp. 50-51). Il Sen. Leonardo Melandri era anche consapevole del fatto “che non tutte le risorse date da Roma a Bologna per il decentramento finivano in Romagna” (p. 53), individuando un problema che presenta poi la sua continuazione per quanto concerne il finanziamento delle strutture in Romagna.
  La realtà vede dunque il modello multicampus come obiettivo, ma i comportamenti non realizzarlo. Serve un adeguamento, forse, dello Statuto di Ateneo, ma sicuramente s’impone una pratica di autonomia, particolarmente nella ricerca, che è ancora poco realizzata.
In questo quadro, si può ritenere, il decentramento va concretamente perseguito, risolvendo la pratica del “divide et impera” (p.53). Le risorse vanno ripensate, l’organizzazione dovrebbe vedere un crescente impegno dei poli (guardando all’esperienza positiva del polo di Forlì).

    b)   Soprattutto, la ricerca va resa autonoma. Questo è il nodo cruciale. Il sen. Leonardo Melandri vi insiste. Ritengo che costituisca la cartina di tornasole di qualsiasi buon proposito. O saremo in grado di percorrere questa strada, o dovremo limitarci a un decentramento della sola didattica e veramente dovremo parlare di rifiuto del multicampus: ma non avremo risolto i nostri problemi, né come Università di Bologna, né come Romagna.
   Al riguardo vi é il nodo cruciale relativo al modo di essere dei Dipartimenti. Ebbene, come si dirà, il problema si può risolvere, valorizzando il Polo, nella sua natura di struttura scientifico-didattica e nelle sue esperienze e capacità organizzative e rispettando la Romagna e l’obiettivo di rafforzare la ricerca dell’intero Ateneo, nell’ambito di regole trasparenti.
   Il Sen. Leonardo Melandri osserva come la Fondazione sopperisca alle carenze strutturali. E’ vero. Ma è giusto che ricercatori e assegni di ricerca siano finanziati in sostituzione dell’Alma Mater e non per favorire insediamenti che, in quanto giovani, hanno bisogno di maggiori attenzioni?
   Alla Fondazione siamo tutti grati, così come a Serinar, ma dobbiamo promuovere un processo che veda valorizzata la ricerca in tutti i suoi aspetti e che consenta di superare l’impressione di luogo dove, con criteri talora soggettivi, si distribuiscono risorse.

   c)   Servono nuove regole e nuove pratiche decisionali. Va considerato che i poli hanno contemporaneamente un ruolo didattico, pienamente sviluppato e uno scientifico, ancora da esprimere. Si deve richiamare l’attenzione sul fatto che le differenze per quanto concerne la ricerca e la vita dei Dipartimenti fra Bologna e la Romagna, sono notevoli.
   Ad esempio:
1. Gli studi dei docenti in Romagna sono collocati nelle Facoltà e non nei Dipartimenti co-me a Bologna;
2. I contributi studenteschi che a Bologna finanziano le Facoltà e tramite queste i Dipartimenti, in Romagna servono per finanziare i Poli, che in buona misura li destinano poi al-le Facoltà per le loro spese di funzionamento, ma mantenendone la gestione contabile;
3. Il budget della Facoltà riconosciuto dall’Ateneo costituisce per la Romagna l’unica fonte di finanziamento per l’attività didattica (contratti);
4. Tutta l’attività didattica in Romagna è svolta dalle Facoltà, che devono pertanto gestire tutti gli spazi necessari, senza alcun contributo da parte dei Dipartimenti, come si verifica invece a Bologna.

   d) Partendo dalla considerazione di queste differenze s’impone una specifica disciplina della ricerca in Romagna, che assecondi il modello multicampus, dando inoltre un contributo all’esigenza di affermare nell’Alma Mater una più qualificata attività di ricerca, oggi in parte resa opaca da processi decisionali non sempre pienamente trasparenti e da una complessiva organizzazione che è in parte da ripensare, come infatti si sta verificando.
  Va considerato inoltre che il ruolo principale dei Dipartimenti, laddove non siano presenti consistenti strutture di ricerca, è quello di allocare le risorse, sia di persone sia finanziarie e poi di amministrarle. La ricerca pertanto non richiede, per noi, la vici-nanza fisica e l’utilizzazione di laboratori, conseguendone che la funzione amministrativa nei Dipar-timenti è assorbente di ogni altro aspetto.
   E’ possibile al riguardo, come si è iniziato a fare in una riunione che nell’autunno dell’anno scorso ha visto insieme il Rettore, con i Presidenti dei Poli, il Pro-rettore e i presidi della Romagna, pensare che:
   -  I Poli, come realtà scientifiche, dovrebbero essere realizzati, almeno a livello sperimentale;
   - Il loro ottimo risultato sotto il profilo della gestione delle risorse che fanno capo alle Facoltà (che decidono, ma non hanno autonomia contabile), può fare pensare a un loro coinvolgi-mento nella gestione contabile delle attività di ricerca in Romagna;
   - I docenti incardinati in Romagna potrebbero dunque (forse anche senza modifiche dello Statuto dell’Ateneo), secondo regole e comportamenti da definirsi, organizzarsi in aggregazioni sostitutive degli attuali Dipartimenti, opzionalmente rispetto ai Dipartimenti di Bologna, ge-stendo pertanto in Romagna le risorse della ricerca ad essi attribuite, ma avendo sempre i Poli come centri di contabilità.
    E’ una possibilità, intorno alla quale lavorare. Il punto, per me chiaro, come lo era per il Sen. Leonardo Melandri, come lo è per coloro che vogliono una Alma Mater sempre più grande e insediamenti universitari in Romagna sempre più efficaci, è tutto nella necessità di affiancare la ricerca con la didattica: entrambe definiscono un inse-diamento universitario. Entrambe si influenzano a vicenda.
   I docenti, in Italia, svolgono entrambi i ruoli. Secondo la mia opinione, ne consegue che un docente non è interessato allo sviluppo della propria Facoltà, non cerca riscontri sul territorio, se la sua carriera è di fatto collegata ad altri riferi-menti accademici. I docenti sono sempre legati a scuole, correnti di pensiero che, se si pongono fuori della Facoltà, ne riducono il ruolo a luogo funzionale al proprio percorso accademico, richiamati (soprattutto se di particolare valore), o diversamente indirizzati, appena necessario.
   Il Sen. Leonardo Melandri circa questi aspetti, connessi all’attività di ricerca, a p.57, osserva: “Queste sono largamente penalizzate con la mancata istituzione di almeno alcuni importanti Dipartimenti, senza i quali anche ciò che di valido si svolge in Romagna rimane attestato su Bologna, mantenendosi alla sede centrale il punto di riferimento, anche finanziario e di svolgimento del lavoro, per tutte le attività impostate e da impostare.
   Ciò porta anche alla conseguenza che i Docenti e Ricercatori continuano inevitabilmente a considerare Bologna come la loro sede di lavoro, accrescendo quel senso di precarietà che sembra talora assumere la presenza del personale docente nelle nostre sedi didattiche.”
 
    e)  Un altro aspetto che al Sen. Leonardo Melandri era assolutamente chiaro era quello relativo al rapporto fra Facoltà e territorio. Ho già fatto riferimento ai significativi risultati del Cresem (Centro di ricerche economico manageriali), anch’essi da assumere a “modello”, se si pensa di riflettere su come impostare le iniziative di un in-sediamento universitario che voglia essere propositivo e comunque interagire, verso e con il territo-rio. In effetti quest’ultimo fondamentale aspetto dell’attività di una Facoltà e specialmente di una Facoltà di Economia (soprattutto quando i suoi percorsi si rivolgono ai soggetti-aziende, di ogni tipologia, per aiutarli nel governo delle loro attività), è sempre stato per me, insieme alla qualità della didattica e della ricerca, un punto di costante riferimento.
   Per realizzarlo al meglio serviva una cabina di regia con il territorio, che era stata individuata nel Cresem, come era emerso anche da alcune riunioni che precedettero la costituzione del Cresem in Spa.
   D’altra parte va menzionato che subito dopo la mia elezione a Preside, sei anni addietro, elezione avvenuta di fatto all’unanimità e su richiesta dei Colleghi, inviai una lettera ai rappresentanti dell’Istituzioni proprio per esprimere questa mia naturale propensione alla collaborazione.
    Il progetto però non è riuscito, nonostante le mie attenzioni, poiché la collaborazione del territorio, sempre fattiva sugli aspetti materiali, non ha saputo spingersi sino a delineare una richiesta di didattica e di ricerca che fosse congeniale alle proprie esigenze di sviluppo, che comportasse un confronto continuo e di tipo strutturale con le diverse realtà, anche associative, specialmente quelle relative alla ricerca e alla formazione.
   Vi sono state comunque eccezioni in positivo. Ad esempio da parte della professione contabile e da parte della provincia di Forlì-Cesena.
   Va poi considerato il grande contributo della Fondazione, già menzionato, quantitativamente di enorme importanza, ma non ancora incardinato in una logica espressa e negoziata di in-terazione con il territorio, così come la collaborazione assicurata dal Direttore di Confindustria Forlì-Cesena.
   Circa il Cresem è stato dunque osservato che “Certamente, la Fondazione della Cassa di Risparmio di Forlì, rendendosi conto della importanza di favorire l’alta formazione e la ricerca nelle nostre sedi, ha erogato rilevanti risorse ai nostri Corsi universitari, per progetti di alta formazione e di ricerca.
   Ma si può essere soddisfatti di questo? C’è la necessità della continuità e dell’interconnessione, oltre che della continuativa verifica, tra territorio e programmi universitari; e a questo scopo non può certo dare una risposta sufficiente il Comitato tecnico-scientifico, costituito dalla Fondazione stessa.
   Poteva esercitare una funzione importante, in questo quadro, il Cresem costituito in Società autonoma presso la Facoltà di E-conomia, con la partecipazione maggioritaria della stessa Fondazione e della Associazione degli Industriali, oltre che di Ser.in.ar., del Comune e dell’Università. Ma non mi pare che siamo su questa lunghezza d’onda.” (pp. 58-59). Il Sen. Leonardo Melandri osserva poi “da una parte, la ancora fragile e precaria situazione dei nostri insediamenti universitari … , dall’altra, la scarsa chiarezza propositiva del mondo delle imprese”.
Credo che al riguardo la riflessione di tutti debba proseguire.

  Conclusioni. ....
La speranza è che, grazie all’impegno dei docenti e delle istituzioni, e nonostante l’autonomia non si sia ancora pienamente affermata, tale indirizzo possa proseguire. Al centro di questo “quadro di riferimento”, vi è il “modello” che ho cercato di delineare, la cui validità va ben oltre i confini della nostra Facoltà.
Forlì, ottobre 2006

Sommario Premessa 2 La Facoltà sino all'a.a. 1999/2000 2 Lo sviluppo della Facoltà: l'aspetto quantitativo 4 Lo sviluppo della Facoltà: l'aspetto qualitativo 8 Considerazioni preliminari 8 Il modello: la sua struttura 9 Il modello: gli altri valori 10 Specificità della nostra eccellenza, in quanto riconducibili ai contenuti del piano triennale dell'Ateneo 2007/2009 10 L'internazionalizzazione 11 Il rapporto con il territorio 11 Alcune considerazioni (e opportunità) riconducibili all'ultima intervista del Sen. Melandri 12 Cosa fare nel prossimo futuro? 15 Conclusioni 17
Tavole allegate
1.         Docenti incardinati nel tempo, per area e per SSD, con la specificazione dell’indicatore di fab-bisogno
2.         Studenti immatricolati e iscritti nel tempo
3.         Personale amministrativo nel tempo
4.         Requisiti minimi di docenza per l’anno accademico 2006/2007
5.         Andamento delle immatricolazioni del CLEGA, distinto per curriculum

ATENEO DI BOLOGNA: Il Prof. SEGRE', candidato Rettore si lancia sul web.
Ma non è il solo programma sul web. Si veggano anche:

http://www.robertograndi2009.it/
,   http://www.dariobraga.it/web/index.php , ....


Andre Segrè


Il PROGRAMMA DI SEGRE', Recensione di N. Luciani
Perchè  non enunciare la propria squadra, già in aprile, vale dire prima delle elezioni ?

Frattanto il Rettore uscente ha incassato (26 gen) un brutto colpo: convocata la riunione
CONGIUNTA di CdA e SENATO per allargare il corpo elettorale, si è visto respinto:
"Avevi tutto il tempo ...., ma le regole non si cambiano sotto elezioni ! "

Anche scaduti il 30 gennaio il termine delle  domande
per la selezione del nuovo Direttore Amministrativo

Andrea Segrè, PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA MATER , feb. 2009

   In questa settimana il Preside di Agraria ha distribuito capillarmente in Ateneo un libretto cartaceo, in cui illustra il suo programma di rilancio della nostra università, contando sul placet degli elettori. Lo stesso testo è, poi, visibile in Internet, sul sito di lui: http://www.andreasegre.it/ (Scarica programma pdf ).
  L'iniziativa di Segrè si distingue per l'eccezionale dote comunicativa, chiarezza dei propositi e grafica, così da catturare facilmente anche un occhio distratto. E' evidente anche il notevole impegno finanziario, per la stampa.
   Nel merito, il testo è ripartito in argomenti, facilmente rintracciabili con un link. Per nulla togliergli, dal lato del contenuto e del metodo espositivo, riporto qui il copia-incolla del frontespizio. Per chi si aspettasse da me un qualche giudizio critico sul programma, sono un può restio. Ma, poi, perchè dovrei lanciare il sasso e tirare indietro la mano ?

A. Segrè, PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA MATER

Fare comunità. L’Alma Mater è il nostro posto
Guardare avanti. Con consapevolezza e responsabilità per costruire il futuro
Lo statuto del rinnovamento. La nuova governance: partecipazione, trasparenza e sussidiarietà
Didattica e ricerca. Rinnovare la missione, qualificare l'azione
Il motore della ricerca. Aumentare la potenza, migliorare l'affidabilità
Internazionalizzazione e accoglienza. La giusta dimensione dell'Alma Mater
Il motore della didattica. Diminuire i giri, migliorare il rendimento
La strategia di sviluppo. Collegare gli obiettivi alle risorse
Studenti al centro. Diritti e doveri, strutture e servizi
La ricerca dei talenti. Il futuro della nostra comunità
La Medicina dell'Alma Mater. Un patrimonio per l'Università, una risorsa per la società
Un multicampus tra Bologna e la Romagna. Federalismo e reciprocità
L'Alma Mater è la nostra casa. Riorganizzare gli spazi per lavorare meglio e in sicurezza
Sosteniamo il futuro. Spegniamo la luce, accendiamo la ricerca
Diventare UniversitAttiva. Un comunità che vive nella comunità
Un'altra Alma Mater è possibile. La sostenibilità economico-finanziaria del progetto
L'Alma Mater del nostro futuro. L'Università che vogliamo, insieme la faremo
    Ci sono aspetti che mi sembrano innovativi per la presa di coscienza dell'importanza strategica di alcuni obiettivi e del modo di raggiungerli. Notevole, a questo proposito, è il suo schema di governance, in cui compare in primo piano la "squadra", più che il Rettore.
   Mi piace anche la chiarezza con cui proclama la natura pubblica dell'Università, in Italia (e questo non va contro le libertà di fare altro, se c'è chi lo vuole).
  Altri aspetti bene impostati sono quelli del riordino delle lauree, e della riorganizzaziobe della ricerca. Mi pare, invece, eccessiva l'importanza attribuita al sapere impostare le domande.  Qui occorrerebbe una vera e propria svolta, in modo da interessare il settore privato al finanziamento dell'Ateneo. Ad es., i tempi tecnici dell'Ateneo sono troppo lenti, per le imprese.

   L'idea  del multicampus in Romagna, secondo me, non è il meglio nè per Bologna nè per la Romagna, e sarebbe utile dichiarare che non si considererebbe scandalo se, prima o poi, la Romagna chiedesse la secessione.
   Altri aspetti da riprendere e meglio precisare sono quelli relativi allo stato giuridico e al reclutamento dei giovani. Qui il programma mi pare un pò troppo sguarnito. I problemi del precariato non si risolvono con cioccolatini. Servono risorse finanziarie vere, e serve vincere un corporativmo strutturato, capillare, che è ancora nel sangue della ex-medievale Alma Mater.

  Ritorno sulla "governance". Spero tantissimo che il "giovane" e "valoroso" Segrè sia consapevole che toccare sul serio la questione della Governance  è toccare fili elettrici. La Burocrazia è molto potente e non mollerà facilmente.
  Egli vuole riportare i professori a condurre la politica universitaria (compito, dalla prina ora di Calzolari, avocato a sè dalla Burocrazia). Così vuole la legge esistente, vale dire spetta:a) ai professori a decidere  la politica universitaria; b) alla Burocrazia la sua attuazione. 
  Ma come dicevo, riformare la governance in quel senso, vuole dire toccare fili elettrici e, dunque, per divenire credibile, occorrerà rassicurare l'elettore che dispone di un équipe con le spalle quadrate.
  Perchè no ? Perchè non enunciare la propria squadra, già in aprile, prima delle elezioni ? N. Luciani

 

ATENEO DI BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca


Pier Ugo Calzolari

Bilancio di previsione 2009: le entrate ancora calanti, da Contratti
e convenzioni per la ricerca in conto terzi, ex-art. 66 DPR 382/80

Considerazioni su una possibile compensazione dagli Spin Off dell'Ateneo ex- D.Lgs 297/1999, purchè non sopravvengano conflitti di interesse tra Spin Off e Ateneo (si vegga lo art. 6, circa la responsabilità della vigilanza del Preside e del Direttore del Dipartimento).
Sul Decreto Rettorale in materia di Contratti ex-art. 66, clicca su Regolamento
Sul Decreto Rettorale, relativo agli Spin Off, clicca su:  Alma Mater

Il Dirigente della "Area della Dicerca" Bruno QUARTA potrebbe raccontarci
circa le sue azioni per scoperchiare questa pentola, in tanti anni ?


TABELLA - Previsioni  in €, a prezzi correnti - FONTE: Bilanci ripresi da www.unibo.it
Chiave Bilancio 2006* Previsione assestata a ottobre 2007* Previsione assestata a ottobre 2008* Previsione assestata a dic. 2009 Previsione
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
(F.E.1.3.1.02+
F.E.2.2.1.16,
dal 2008, 2009)

Fondo 20% (ex- art. 66 DPR 382/80), del Finanziamento privato
della ricerca *
 


906.660,84




850.000




820.000




830.000

* Questo significa che il finanziamento atteso dai Dipartimenti è previsto nell'ordine di € 4.150.000, per il 2009

 
   Il finanziamento privato della ricerca universitaria assume un interesse strategico, quale entrata sostitutiva del finanziamento statale, via via sempre più calante in questi anni. E questo anche se non sono mancate leggi statali, miranti ad incentivare il finanziamento privato medesimo (per le erogazioni liberali, si veda:TUIR, art. 10, comma 1, lettera 1-quater; art. 100, comma 2, lettera c). Ma gli effetti non sono, tuttora, risultati significativi.
   Invece, un campo potenzialmente di interesse è il finanziamento privato in cambio di una contropartita, domandata dalle imprese. Per quanto ricordo ci sono state due leggi, che hanno smosso qualcosa, ma molto meno di quanto di sarebbe potuto ottenere, se applicate in modo intelligente: uno è il DPR 382/80, art. 66, l'altro è il Decreto Legislativo 297/1999, da cui nell'Ateneo di Bologna sono venuti gli Spin Off (imprese commerciali, in forma di società di capitali, a partecipazione dell'Ateneo, dei Professori e Ricercatori, personale tecnico-amministrativo, borsisti, studenti, ...). Ma andiamo per gradi.
  1.- Contratti ex-art. 66. Il bilancio di previsione 2009 conferma la modestia di questa entrata in bilancio, o per meglio dire il suo declino da anni, ma a partire da somme non trascurabili in passato.
   Il motivo di questo declino sta nel fatto che i ricercatori hanno dovuto abbandonare la ricerca di contratti con le imprese, a causa del fatto che l'Amministrazione Centrale applicava (ed applica) una dura tangente sui proventi (che può avvicinarsi al 30%, e questo per un complicato meccanismo che colpisce sia l'utile che il costo dei progetti). Questa tassa, aggiunta all'imposta sul reddito e agli oneri previdenziali, lascia poco più del 10% al ricercatore).
   Questo effetto perverso è stato più volte segnalato al Rettore, che però ha trovato un muro nel direttore amm.vo. Nè abbiamo mai potuto capire se il Dirigente della Area della Ricerca se ne sia occupato. Fatto sta che un primo rimedio è stato trovato direttamente dai professori con contratti diretti con le imprese, sia pur sotto di studi professionali, e quant'altro. Questo, finchè
la legge n. 370/1999, art. 4, c. 5, delegificò la materia, ossia la "rimise alla autonoma determinazione degli Atenei". Nel caso di Bologna ci fu il ripristino della tangente con Decreto Rettorale del 2001.
   2.- Spin Off. Essi sono stati istituiti a Bologna con Decreto Rettorale (2002), in applicazione del D.Lgs 297/1999: "Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori".
   Lo Spin Off è una società di capitali, che ha come possibili soci i professori e lo stesso Ateneo, con lo scopo di fare ricerca ed attività professionali connesse, in forma imprenditoriale autonoma, dentro e fuori l'università. La legge (art.4) sostiene gli Spin Off con:

a) i contributi a fondo perduto;
b) il credito agevolato;
c) i contributi in conto interessi;
d) i crediti di imposta ai sensi dell'articolo 5 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con le integrazioni di cui al comma 2;
e) la prestazione di garanzie;
f) gli atti di cui all'articolo 2, commi da 203 a 207, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in conformita' alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE);
g) il bonus fiscale, ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123.

   Sappiamo dell'esistenza di Spin Off a Bologna(clicca su SPIN OFF per trovare l'elenco). Ma null'altro sappiamo oltre alla ragione sociale e agli scopi, pur se l'Ateneo ne è socio (10% del capitale). Qualche loro traccia dovrebbe esserci nel bilancio dell'Ateneo sotto forma di "utili" o "perdite" pro-quota capitale partecipato.
   Il Decreto Rettorale contiene varie limitazioni ai soci-professori, affinchè non nasca conflitto di interesse tra le due posizioni da loro occupate (quello di professore che deve svolgere i compiti istituzionali, e quella di socio-imprenditore che svolgi i compiti dello Spin Off). In particolare è fatto divieto di fare ricerca ai sensi dell'art. 66 del DPR 382/80.
   E' tuttavia evidente che questa limitazione è contra legem, anzi è un vero e proprio abuso di potere dell'Amministrazione centrale che non può con un atto amministrativo (tale è un Decreto rettorale)  proteggere il percepimento della tangente di cui sopra, trattandosi di utili con apporto dello Stati (mi riferisco ai contributi statali, ... ecc. - di cui al D.Lgs 297/1999). D'altra parte, la distinzione tra ricerca dello Spin Off e ricerca ex-art. 66 non nasce etichettata con qualche marchio, per cui esse sono indistinguibili.
   3.-  Tuttavia, mi pare anche evidente che il passaggio dai contratti ex-art. 66 (per attività istituzionali)  agli Spin Off (per attività imprenditoriali), sia stato un passo eccessivo, sotto il profilo dei casi di conflitto di interesse, e che può configurare una responsabilità per gli Organi responsabizzati per il controllo (Presidi e i Direttori di Dipartimento). Vediamo alcune evidenze.

    1) Posizione del socio “Amministratore Delegato” o “Presidente”. Mi sembra evidente che, qualora il bilancio dello Spin Off divenga di ammontare rilevante, il professore o ricercatore “a tempo pieno” entra inevitabilmente in conflitto di interesse con l’Ateneo, e questo a causa del tempo da dedicare all’Amministrazione.
   2) Questo avviene  se anche  il numero dei soggetti del Dipartimento coinvolti nell’attività dello Spin Off sia rilevante: nel senso che l’attività istituzionale del Dipartimento viene ad essere compressa da quella concorrente dello Spin Off.
   3) Se il numero è rilevante, viene anche crearsi una posizione di dominanza dello Spin Off nel Dipartimento: nel senso che lo Spin Off potrebbe indirizzare il voto (dei propri nembri) all'interno del Consiglio del Dipartimento, fino a a ledere il principio di democrazia negli Organi Collegiali del Dipartimento;
    4) il tempo dedicato dai soci dello Spin Off all'attività dello Spin Off, che non dev’essere di quantità tale da far venir meno i doveri istituzionali per l’insegnamento e la ricerca. Pur se le cose vanno verificate da caso a caso, tuttavia, il caso di bilanci importanti degli Spin Off è per se stesso un indizio da non  sottovalutare;
    5) E' Illegale conservare la sede operativa presso il Dipartimento, dopo i 6 anni dalla costituzione dello Spin Off. 
    6) Lo Spin Off , che non versi le imposte sul reddito, è in posizione illegale. N. Luciani


SPIN OFF (Imprese commerciali in forma di SpA o di Srl) dell'Università di Bologna

ALMA AUTOMOTIVE S.r.l.
Dipartimento Ingegneria costruzioni meccaniche, nucleari., aeronautiche e di metall. (DIEM).
Attività principali: sviluppo e la commercializzazione di procedure software e di strumentazione orientate al controllo, alla progettazione, alla sperimentazione, allo sviluppo ed alla messa a punto di sistemi energetici, motopropulsori a combustione interna, macchine a fluido e relativi componenti.
Sede: c/o DIEM - Sezione Macchine Viale del Risorgimento 2 40136 Bologna

ARCA Tecnologie S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione e ingegnerizzazione di sistemi di automazione industriale e di controllo Automotive. Sviluppo di sistemi di simulazione e prototipazione rapida, progettazione e ingegnerizzazione di schede elettroniche, di software di interfaccia, di software applicativo. Svolgimento di campagne di prove sperimentali. Trasferimento tecnologico alle aziende e relativa formazione specialistica. Sviluppo e commercializzazione di strumenti software di supporto alla progettazione.
Sede: c/o Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS Viale Pepoli, 3/2 Bologna

ARS Analytical Research System S.r.l.
Dipartimento: Chimica "G. Ciamician"
Attività principali: sviluppo, produzione e commercializzazione di strumenti e servizi per l'analisi chimica
Sede: Via Ercolani 3 Bologna

ECONAG s.r.l.
Dipartimento Scienze Statistiche Dipartimento di Scienze Aziendali
Attività principali: Servizi statistici, informatici e di valutazione alle imprese e agli enti locali
Sede: Via Zamboni, 18 - Bologna

ELCOS S.r.l.
Dipartimento Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Dipartimento. Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Attività principali: realizzazione di un nuovo sistema di certificazione internazionale delle rocce ornamentali attraverso l'analisi di immagini Sede: DICMA Viale Risorgimento 2 Bologna

ERGO S.r.l.
Dipartimento Economia e Ingegneria Agrarie
Attività principali: analisi e valutazioni socio economiche inerenti il territorio rurale.
Sede: Alma Cube via Fanin 48 Bologna

HEALTH Ricerca e Sviluppo S.r.l.
Dipartimento: Medicina Clinica e Biotecnologia applicata "D. Campanacci"
Attività principali: sviluppo di programmi di ricerca in ambito nazionale ed internazionale, sviluppo di progetti di ricerca cooperativi tra pubblico e privato
Sede: Via Galliera 22 Bologna

IDEA S.r.l.
Dipartimento Elettronica, Informatica e Sistemistica (DEIS)
Attività principali: dispositivi elettronici
Sede Operativa: Viale Pepoli 3/2 Bologna

MEC S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione di microcircuiti e microsistemi elettronici a microonde da realizzare su chip per radiocollegamenti terrestri e spaziali. Caratterizzazione e modellizzazione di componenti attivi e passivi per circuiti integrati monolitici a microonde. Realizzazione e commercializzazione di micromoduli a microonde.
Sede: C/o DEIS Viale Pepoli, 3/2 Bologna

PROGEA s.r.l.
Dipartimento Scienze della terra e geologico-ambientali
Attività principali: Produzione di sistemi di supporto decisionale, hardware, software, servizi di formazione ed attività di diffusione nei settori della Meteorologia, Idrologia, Climatologia, Gestione sostenibile delle risorse ambientali, Protezione dell'ambiente e del territorio, Protezione Civile, Previsione di piena in tempo reale
Sede Operativa: Via Don Bedetti, 20 - 40129 Bologna

TECHIMP s.r.l.
Dipartimento Ingegneria Elettrica
Attività principali: Realizzazione (progetto, ingegnerizzazione) di apparecchiature per misure di grandezze elettriche; ottimizzazione di processi tecnologici, controllo di qualità e diagnostica del processo; automazione industriale.
Sede Operativa: LIMAT (laboratorio presso il DIE) Viale Risorgimento 2 Bologna

T.IN.V.AL. S.r.l
Dipartimento Protezione e Valorizzazione agroalimentare (DIPROVAL)
Attività principale: fornire strumenti e professionalità per un razionale utilizzo di tecnologie e innovazione, di certificazione e tracciabilità, nonché per la realizzazione dei servizi di marketing necessari alla valorizzazione delle produzioni agroalimentari
Sede: Villa Levi Via F.lli Rosselli, 107 42100 Reggio Emilia

VET SPIN S.r.l.
Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale
Attività principali: Ricerca e formazione rivolta all'industria farmaceutica veterinaria ed enti pubblici e privati.
Sede: c/o Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale Via Tolara di Sopra, 50 Ozzano dell'Emilia (Bo)

 



ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA
D.R. n° 180 del 06 /06/02

IL RETTORE

VISTO il d.lgs 297/99 ( "Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori") che disciplina l’attività di ricerca scientifica e tecnologica estendendo il campo d’azione delle Università ad interventi volti alla creazione di "spin off", con l’intento di favorire l’occupazione giovanile ed incentivare il trasferimento tecnologico;
VISTI l'art. 2, comma 1 lett. e), n°1, del d.lgs 297/99 e l'art. 11, comma 5, del relativo decreto attuativo D.M. 593/00, che demandano alle Università l'adozione di regolamenti disciplinanti il collocamento in aspettativa, ovvero il mantenimento in servizio o nel corso di studio, la tutela della proprietà intellettuale e che definiscono le limitazioni volte a prevenire i conflitti di interesse con le società costituite o da costituire, in cui siano impegnati professori e ricercatori universitari;
VISTO lo Statuto di autonomia dell'Università di Bologna, Parte IV, Capo II, in particolare gli artt. 50 e seguenti;
TENUTO CONTO dell'art. 53 del d.lgs 165/2001, che disciplina il conferimento e le autorizzazioni allo svolgimento di incarichi retribuiti da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
TENUTO CONTO che, per la migliore riuscita dell’iniziativa imprenditoriale, del trasferimento tecnologico, e per il conseguimento degli obiettivi programmatici, è interesse dell’Università che il personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo possa prestare la propria attività a favore dello spin off, purché nel pieno rispetto dei loro compiti primari nei confronti dell’Università;
VISTE le delibere del Senato Accademico del 6 maggio 2002 e del Consiglio di Amministrazione del 21 maggio 2002;
VISTO
l'art. 12 dello Statuto Generale di Ateneo che disciplina la procedura di approvazione dei Regolamenti di Ateneo;

QUANT'ALTRO VISTO E CONSIDERATO

DECRETA:


è emanato con efficacia immediata il seguente
REGOLAMENTO PER LA COSTITUZIONE DI SPIN OFF DELL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA E LA PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE UNIVERSITARIO ALLE ATTIVITA' DELLO STESSO

ARTICOLO 1
PRINCIPI GENERALI
I)
L' Alma Mater Studiorum Università di Bologna, di seguito indicata come "Università", in conformità ai principi generali di cui alla Parte IV, Capo II, del proprio Statuto di autonomia, favorisce la costituzione di società per azioni o società a responsabilità limitata aventi come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.
II)
Vengono definiti spin-off dell' "Università" esclusivamente quelle società per azioni o a responsabilità limitata alle quali l’"Università" partecipa in qualità di socio.
III)
Le modalità di costituzione, la disciplina dei rapporti con l’"Università" e il regime delle autorizzazioni del relativo personale sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 2 e seguenti.

ARTICOLO 2
SOCI PROPONENTI E ALTRI PARTECIPANTI


I) La costituzione di uno spin off dell’"Università" può essere proposta esclusivamente dall'"Università", ovvero da uno o più docenti e/o ricercatori, ovvero da dipendenti dell'"Università" appartenenti al ruolo del personale tecnico amministrativo.
II) Oltre ai soci proponenti, possono partecipare al capitale sociale dello spin off i titolari di assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato, di borse di studio universitarie o di altre borse di studio destinate alla permanenza di giovani ricercatori presso le strutture di ricerca; gli studenti dei corsi di studio, i laureandi, gli allievi dei corsi di specializzazione e di dottorato; i laureati, gli specializzati e i dottori di ricerca nonché ogni altra persona fisica e/o giuridica, società, ente e/o soggetto, italiano o straniero, diverso da quelli qui espressamente indicati.

ARTICOLO 3
PARTECIPAZIONE DELL’UNIVERSITA’

I) La partecipazione dell’"Università" nello spin off, che potrà derivare anche esclusivamente da conferimenti di beni in natura, non potrà superare il 10% del capitale sociale, salvo che il Consiglio di Amministrazione dell’Università non disponga diversamente, sentito il Comitato per la valorizzazione dei risultati della ricerca e del trasferimento tecnologico (di seguito indicato come "Comitato Smart"), ricorrendo particolari motivi di convenienza o opportunità.
II) Tale partecipazione non potrà essere ridotta se non per volontà dell’"Università" e dovrà assicurare alla stessa adeguate garanzie in caso di trasferimento delle azioni o quote, nonché la presenza di propri delegati negli organi dello spin off. A tal fine lo statuto dello spin off dovrà prevedere, tra l’altro, che:
a) in caso di trasferimento a qualunque titolo delle azioni o quote, spetti ai soci dello spin off, tra cui l’"Università", un diritto di prelazione da esercitarsi in proporzione alla partecipazione detenuta;
b) la partecipazione dell’"Università" nello spin off, pur attribuendo il diritto di voto in assemblea ordinaria e straordinaria, sia postergata nella partecipazione alle perdite rispetto a tutte le altre partecipazioni sociali;
c)
la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione di almeno tre membri e la nomina alle cariche sociali avvenga in modo da assicurare all’"Università" la possibilità di nomina di almeno un componente del consiglio di amministrazione e di un sindaco, se sia nominato il collegio sindacale.
III) I soci dello spin off dovranno inoltre sottoscrivere con l’"Università" adeguati patti parasociali, di durata non inferiore a 10 anni o comunque della durata massima consentita dalla legge, se inferiore, i quali prevedano che:
a) per il caso di operazioni sul capitale a seguito di perdite, i soci diversi dall’"Università" debbano fare fronte, nelle dovute proporzioni, ai ripianamenti delle perdite e agli eventuali aumenti di capitale anche per la parte necessaria a mantenere invariata la percentuale di partecipazione dell’"Università";
b) la remunerazione per l’attività a qualunque titolo prestata dal socio a favore della società non possa in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul mercato in situazioni analoghe, né possa costituire strumento per l’attribuzione al socio di vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o comunque strumento di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci;
c) i soci non possano deliberare aumenti di capitale dello spin off o la modifica di previsioni statutarie a salvaguardia della partecipazione dell'"Università" senza il preventivo consenso della stessa.
IV) Detti patti parasociali prevederanno, altresì, una opzione di vendita della partecipazione dell’"Università" nello spin off, esercitabile dalla stessa allo scadere dei patti parasociali o, in caso di mutamento della compagine sociale, nei confronti degli altri soci, ad un prezzo comunque non inferiore al valore nominale della partecipazione. L'importo sarà determinato da un esperto indipendente al momento dell’esercizio dell’opzione, tenendo conto del valore di mercato a tale data dello spin off.

ARTICOLO 4
AUTORIZZAZIONE ALL’UTILIZZO DEL LOGO

I) Agli spin-off dell’"Università" è concesso l’utilizzo gratuito del logo dell’Università di Bologna sulla base di un apposito contratto di licenza che dovrà essere sottoscritto con l’"Università" contestualmente alla stipula dell’atto costitutivo della società.
II) Il contratto di licenza prevederà, tra l’altro, che lo spin off garantisca e tenga manlevata e indenne l’"Università" da qualsivoglia responsabilità derivante dall’utilizzo del logo, nonché le condizioni di anticipata risoluzione o revoca della autorizzazione all’utilizzo dello stesso.
III) Qualora l'"Università" cessi di essere socia dello spin off, quest’ultimo dovrà interrompere con effetto immediato qualsivoglia utilizzo del logo.

ARTICOLO 5
PERMANENZA ALL'INTERNO DELLE STRUTTURE DELL'UNIVERSITA'


I) La permanenza degli spin off all’interno delle strutture dipartimentali dell’"Università" non potrà eccedere i 3 anni. Detto periodo potrà essere prorogato una sola volta, a condizioni da definirsi, dal Consiglio di Amministrazione dell’"Università" su proposta del Comitato Smart e sentito il Consiglio di Dipartimento, ricorrendo particolari ragioni di convenienza o opportunità.
II) I rapporti tra l'"Università" e lo spin off saranno regolati da apposita convenzione che disciplinerà l'utilizzo di spazi, attrezzature e personale, nonché gli impegni di trasferimento tecnologico.

ARTICOLO 6
PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE ALLE ATTIVITA' DELLO SPIN OFF

I) La partecipazione dei soci proponenti all’attività dello spin-off costituisce per l’"Università" garanzia per la buona riuscita dell’iniziativa, per il raggiungimento degli obiettivi prefissati e per la salvaguardia della partecipazione stessa dell’"Università". Pertanto, il personale docente e/o ricercatore che proponga l’attivazione di uno spin-off, deve partecipare al capitale dello spin off e deve impegnarsi a non cedere per un periodo minimo di tre anni dalla costituzione dello spin off la propria partecipazione in esso.
II) Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno proponente l’attivazione di uno spin-off ottiene l’autorizzazione, con diritto al mantenimento in servizio, allo svolgimento di attività retribuita a favore dello spin off automaticamente per ciascun anno per effetto del rilascio dell’autorizzazione di cui al successivo articolo 8 .
III)
Il docente e/o ricercatore socio a tempo pieno che abbia conseguito l’autorizzazione di cui al precedente comma e quello a tempo definito, possono essere nominati componenti del consiglio di amministrazione dello spin off e possono prestare a favore dello stesso la propria attività retribuita, purché non di lavoro subordinato, a condizione che lo svolgimento di detta attività non si ponga in contrasto con il regolare e diligente svolgimento delle proprie funzioni didattiche e di ricerca. Il Preside della Facoltà di appartenenza del docente e/o ricercatore socio e il Direttore del Dipartimento di afferenza vigilano sul rispetto di quanto qui previsto. Qualora venga meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di detta attività a favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice richiesta dell’"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che non chieda di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare lo svolgimento dell’attività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto di conservare la propria partecipazione sociale.
IV)
Per il periodo di permanenza degli spin off all’interno delle strutture dipartimentali dell’"Università", il docente e/o ricercatore socio può assumere la carica di amministratore delegato o presidente della società previa delibera del Senato accademico, tenuto conto della compatibilità, nel caso specifico, della funzione di amministratore delegato o presidente con il regolare e diligente svolgimento delle funzioni didattiche e di ricerca.
V) E’ fatto espresso divieto allo spin off, e al personale docente e/o ricercatore che partecipa allo stesso, di svolgere attività in concorrenza con quella di consulenza e ricerca per conto terzi di cui all’art. 66 del D.P.R. 11.7.1980 n. 382 svolta dal dipartimento in favore di enti pubblici o privati.
VI)
Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno che, successivamente alla costituzione di uno spin off, intenda partecipare alla compagine sociale svolgendo attività retribuita a favore dello stesso, deve chiedere agli organi competenti l'autorizzazione secondo le procedure di cui al successivo art. 8. Il rilascio di tale autorizzazione consente di estendere al nuovo socio le disposizioni di cui ai commi precedenti del presente articolo.
VII) Il personale tecnico-amministrativo può svolgere a favore dello spin off attività non retribuita o attività retribuita purché meramente occasionale, al di fuori dell’orario di lavoro e previa autorizzazione del dirigente del personale, sentito il Direttore della Struttura relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività in favore dello spin off con quelle proprie della funzione istituzionale.
Il personale tecnico amministrativo può essere, altresì, nominato componente del consiglio di amministrazione dello spin off su designazione dell’"Università" ovvero a seguito di nomina assembleare, purché ciò risulti compatibile con l’esatto e puntuale svolgimento delle sue mansioni a favore dell’"Università", secondo quanto verificato, di anno in anno, dal responsabile della struttura di appartenenza.
VIII) I titolari di assegni di ricerca ed i dottorandi di ricerca possono svolgere a favore dello spin off attività retribuita o non, previo parere del tutor, su autorizzazione rispettivamente del Consiglio di Dipartimento e del Collegio dei Docenti del Dottorato.
Gli allievi dei corsi di specializzazione medica possono svolgere a favore dello spin off attività retribuita o non, purché l'attività prestata non sia in qualunque modo riconducibile all'ambito sanitario ed al di fuori dell’orario di lavoro.
IX) Il personale docente e ricercatore a tempo pieno, il personale tecnico amministrativo che partecipi a qualunque titolo allo spin off deve comunicare all’"Università", al termine di ciascun esercizio sociale, i dividendi, i compensi e le remunerazioni a qualunque titolo percepiti dallo spin off. La remunerazione per l’attività a qualunque titolo prestata dal socio a favore della società non può in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul mercato in situazioni analoghe, né deve costituire strumento per l’attribuzione al socio di vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o comunque strumento di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci.
X) L’"Università" provvede alla verifica del rispetto di quanto previsto nel presente articolo, anche mediante richiesta di informazioni scritte allo spin off. Lo spin off è tenuto a fornire le informazioni richieste entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta.

ARTICOLO 7
PROPRIETA’ INTELLETTUALE

I) La proprietà intellettuale dei risultati della ricerca svolta dallo spin off è della nuova società. Spetta, tuttavia a favore dell’"Università" licenza gratuita e perpetua, senza diritto di sublicenza.

ARTICOLO 8
PROCEDURA DI COSTITUZIONE DELLO SPIN OFF


I) Il progetto per l'attivazione dello spin off è sottoposto al Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e al Senato Accademico che, su parere del Comitato Smart, sentito il Consiglio di Dipartimento che ospiterà la nuova iniziativa e del Dipartimento di afferenza dei proponenti, dovranno autorizzare, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, la costituzione dello stesso indicando la quota di capitale che risulterà sottoscritta dall’"Università".
II) Prima dell’inizio dell’attività la nuova società è iscritta all’Albo degli spin-off tenuto dall’"Università".
III) Il Consiglio di Amministrazione dell’"Università" designa, altresì, il componente del consiglio di amministrazione dello spin off riservato alla nomina dell’"Università". Tale rappresentante deve riferire al Comitato Smart almeno una volta all’anno sull’attività dello spin-off.

ARTICOLO 9
SPIN OFF ACCADEMICI

I) Le società, al capitale delle quali l’"Università" non partecipa, costituite o comunque partecipate dal personale docente o ricercatore, pur non essendo disciplinate dal presente regolamento, dovranno rispettare le seguenti disposizioni:
a) obbligo per il personale docente o ricercatore a tempo pieno che intenda prestare la sua opera a favore di tale società di richiedere, per ciascun anno, all'"Università" l’autorizzazione al mantenimento in servizio o nel corso di studio, sotto il vincolo del diligente svolgimento dell'attività didattica e di ricerca;
b)
obbligo per il personale docente o ricercatore di richiedere di volta in volta l'autorizzazione a percepire compensi dallo spin off accademico, per l'attività svolta, secondo quanto previsto dal regolamento di Ateneo sul conferimento di incarichi a docenti e ricercatori a tempo pieno;
c) obbligo per il personale tecnico amministrativo di richiedere di volta in volta l’autorizzazione al dirigente del personale, sentito il Direttore della struttura relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività a favore dello spin off con quelle proprie della funzione istituzionale, a svolgere attività ed a percepire compensi dallo spin off accademico secondo la disciplina di cui all'art. 6 comma 7.
d) obbligo per il docente / ricercatore a tempo definito del rispetto del regolare e diligente svolgimento delle attività didattiche e di ricerca.
II) E’ fatto in ogni caso divieto al personale docente o ricercatore di partecipare o prestare la propria attività a favore di società che svolgano attività in concorrenza con quella di consulenza e ricerca per conto terzi di cui all’art. 66 della legge 11.7.1980 n. 382 che il dipartimento di appartenenza svolga con enti pubblici o privati.
Qualora venga meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di detta attività a favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice richiesta dell’"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che non chieda di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare lo svolgimento dell’attività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto di conservare la propria partecipazione sociale.

ARTICOLO 10
ENTRATA IN VIGORE E REGIME TRANSITORIO
Agli spin off già costituiti all'atto dell'entrata in vigore del presente regolamento e ai quali partecipi l'Università, è riconosciuta la qualifica di spin off dell'"Università" e ad essi si applicano le disposizioni del presente regolamento dal momento della sua entrata in vigore. Essi devono adeguare i propri statuti e patti parasociali a quanto qui previsto nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Ove ciò non sia possibile , il Comitato Smart potrà proporre, d'intesa con gli interessati, soluzioni ad hoc.

 

Riceviamo dalla Prof.ssa Lilla CRISAFULLI, membro uscente del CdA, ricanditata


Ateneo di Bologna: presentate al Consiglio

"Linee guida del Bilancio di previsione 2009"


Lilla Crisafulli

  LUCIANI: il documento, che pubblichiamo integralmente, ci prepara a capire cosa ci aspetta nel 2009, in seguito alle decisioni finanziarie definitive del Governo, che ci auguriamo siano ricondotte ad una sana ragionevolezza, per garantire agli studenti il diritto allo studio, e alla scienza la continuità della ricerca.
  Non ricordo di aver mai visto un documento così ragionato.
  Mi duole, invece, rilevare che il documento taccia su DATI essenziali per capire da dove si parte: quale è il saldo del bilancio assestato (che di regola va fatto in ottobre), e quale la situazione di CASSA. E mi duole che la previsione di calo degli studenti sia considerata come ipotesi realistica, perchè nulla è in cantiere in Ateneo per contrastarla (eppure durante il mandato di questo Rettore, il calo totale è stato vicino ai 20.000, quanto basta (in qualunque azienda normale) per presentare le dimissioni subito (Lui, il suo Direttore amministrativo, e anche il Pro-rettore alla didattica).
  Sarebbe anche potenzialmente importante conoscere:
  1) Se si intravede qualche possibilità di ripresa del finanziamento privato della ricerca, all'Ateneo, anche di seguito alle recenti disposizioni legislative di sgravi fiscali.
  Ma questo rilievo non è fatto alla Ragioneria, bensì al Responsabile della ricerca, a parte che da tempo già avrebbe dovuto procurare entrate per la ricerca, eliminando "privilegi" nell'Ateneo, che ostacolano questa forma di finanziamento.
  Esempi: a) l'ateneo trattiene una trattenuta (meglio dire tangente) esosa sui proventi della ricerca, per conto terzi;
  b) i cosiddetti "spin-off", imprese "agevolate" dall'Ateneo al proprio interno, ci risulta siano divenuti (almeno alcuni) il bypass dei contratti di ricerca per conto terzi, vale dire il modo (dei ricercatori) per ricevere finanziamenti privati allo scopo di scansare la tangente (per, magari, pagarne un'altra, meno pesante, di cui al punto a).
  2) Se sono prevedibili ricadute sul bilancio di medio-termine, come conseguenza del fatto che l'Ateneo (in relazione ai rilievi dello Stato sulla proliferazione delle sedi) vuole affrontare il problema del finanziamento della Romagna (responsabilizzando lo Stato, non fuggendo), della cui drammatica situazione abbiamo saputo, dai suoi dirigenti amministrativi;
  3) Altra domanda che gira: è vero che le donazioni finanziarie all'Ateneo vanno a destinazione, solo dopo aver subito una trattenuta, a favore del personale dell'Amministrazione centrale ? NL 

                                Fonte: Ateneo. LINEE GUIDA PER IL BILANCIO DI PREVISIONE per il  2009

   

Finalità: Definire, secondo le previsioni regolamentari, le linee programmatiche per la gestione finanziaria dell’Università, in attuazione degli obiettivi strategici 2007 – 2009, degli interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili, tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica.

Premessa
I principali elementi conoscitivi e finanziari per l’elaborazione delle linee guida al bilancio di previsione 2009 sono stati esaminati dalla Giunta d’Ateneo (21 luglio 2008) “Primi elementi conoscitivi e finanziari per l’elaborazione delle linee guida al bilancio 2009”.
Il Magnifico Rettore ha presentato le principali scelte della manovra di finanza pubblica di giugno ai responsabili didattici, scientifici e di servizio dell’Ateneo (23 luglio 2008).

Riferimenti normativi di Ateneo
Revisione annuale Piano Strategico di Ateneo 2007-2009
La Giunta di Ateneo (16 giugno 2008), il Consiglio d’Amministrazione (8 luglio 2008) e il Senato Accademico (15 luglio 2008) hanno approvato la revisione annuale del Piano Strategico 2008 e i giudizi di priorità formulati per le linee d’azione.
Tutte le linee di azione, in quanto inserite nel Piano Strategico, sono prioritarie per la realizzazione degli obiettivi strategici di Ateneo; tuttavia sono state individuate le priorità giudicate essenziali per la realizzazione di tali obiettivi, identificandole come “priorità 1” per differenziarle da tutte le altre (contraddistinte come “priorità 2”).
Per le linee di azione a priorità 1 gli Organi Accademici hanno confermato l’opportunità di presidiarne la realizzazione, assumendo l’impegno di:
-        mantenere almeno immutate le assegnazioni di risorse finanziarie e umane per le linee di azione avviate nei tempi programmati per le quali non si ravvisano situazioni di criticità (valutazione verde);
-        convogliare eventuali risorse umane e/o finanziarie disponibili per la Programmazione Strategica sulle linee di azione che presentano ritardi rispetto ai tempi originariamente programmati o altre criticità (valutazione gialla o rossa), per renderne possibile la realizzazione o il completamento.
Il Senato Accademico ha raccomandato che l'argomento fosse riportato all'attenzione del Consiglio di Amministrazione con proposte finalizzate all’individuazione di possibili soluzioni per legare il piano strategico a elementi di valutazione finanziaria.
In allegato è disponibile il documento di revisione annuale del Piano Strategico di Ateneo 2007-2009 (Allegato 1).

Documento del gruppo di lavoro sugli interventi di riequilibrio finanziario – Consiglio di Amministrazione del 20 giugno 2007
Il documento ha approfondito il quadro informativo sull’evoluzione pluriennale delle principali componenti del bilancio ed ha indicato diverse misure per riequilibrare i saldi di bilancio nel triennio 2007-2009 e nel  medio - lungo periodo (2007-2016).
Si ricorda che le principali misure per il riequilibrio finanziario si articolano in:
-        gestione integrata della liquidità
-        finanziamento in conto capitale della manutenzione straordinaria
-        revisione del piano edilizio
-        cessioni immobiliari
-        prelievo straordinario
-        incentivi al prepensionamento.
Le misure elaborate per il recupero di efficienza e l’incremento delle entrate prevedono:
-        recupero di efficienza nella gestione dei programmi edilizi
-        recuperi di efficienza nelle partecipazioni
-        integrazione organizzativo-gestionale nelle strutture didattico-scientifiche
-        recuperi di efficienza nei sistemi informativi
-        recuperi di efficienza nelle strutture di servizio
-        recuperi di efficienza nella didattica
-        incentivazione delle attività su commissione.
Il Direttore Amministrativo segnala che il documento è stato stilato nel 2007 e quindi potrebbe essere aggiornato alla luce delle misure già attuate, riformulato o integrato con eventuali ulteriori misure aggiuntive.

Stima delle entrate
I criteri generali utilizzati per la stima delle entrate sono stati i seguenti:
-        Fondo di Finanziamento Ordinario: la previsione complessiva di 381,49 milioni di euro, risulta composta dalla quota consolidabile 2008 pari a 365,9 milioni di euro e da 15,52 milioni di euro relativi alla copertura dei maggiori oneri per il personale e per i rinnovi contrattuali (Ministeriale 977 del 1° luglio 2008).
          La stima è stata fatta considerando i seguenti elementi:
*        la quota prevista nel bilancio dello Stato per il 2009 per il Fondo sarà ridotta rispetto allo stanziamento del 2008 (63,5 milioni secondo il D.L. 112 del 25 giugno 2008 convertito con la Legge 133 del 6 agosto; nel disegno di legge della finanziaria 2009 tabella C – cap. 1694 - il confronto tra lo stanziamento 2008 e la previsione 2009 evidenzia una riduzione di 134,12 milioni di euro);
*        l’assegnazione provvisoria 2008 dell’Ateneo di Bologna è ad oggi pari a 396,8 milioni di euro;
-        Fondo per la programmazione triennale: la quota prevista di 2,99 milioni di euro, ridotta rispetto ai 4,3 milioni di euro ricevuti nel 2008, considera la riduzione dello stanziamento globale previsto nel bilancio dello Stato (comprensivo delle quote destinate alle Università non statali) e ipotizza una percentuale di assegnazione sul totale uguale a quella del 2008 (4,7%);
-        Contribuzioni studentesche: la stima di massima di circa 100 milioni di euro complessivi ha tenuto conto dell’applicazione dei nuovi importi delle singole contribuzioni per l’a.a. 2008/2009 (delibera del Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008) e della prevista diminuzione del numero degli iscritti (stimata al -8% complessivo), distribuita in modo non uniforme tra le diverse Facoltà, i diversi corsi di studio e le diverse sedi territoriali.
          Indicativamente, come per gli esercizi precedenti, si prevede di destinare una quota pari a 2,34 milioni di euro alla copertura dei contratti a tempo determinato (2,12 ml di euro) e alle collaborazioni coordinate e continuative (0,22 ml di euro).
          Un’ulteriore quota di massima di circa 1,5 milioni di euro dovrà essere destinata a progetti riguardanti servizi per gli studenti, che dovranno essere elaborati dalle Commissioni Didattiche di Facoltà previo parere del Consiglio Studentesco, come deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008, in sede di definizione dell’importo delle contribuzioni studentesche per l’a.a. 2008/2009.
           La delibera prevede:
          “Il Consiglio di Amministrazione delibera: (omissis) .... la destinazione dell’intero importo derivante dalla differenza tra il 6% ed il 3,3% (pari al 2,7%) a progetti, da elaborarsi a cura delle Commissioni Didattiche di Facoltà, volti a dare impulso ai servizi offerti agli studenti, con indicazione di priorità per quelli rispondenti all’esigenza di garanzia di servizi didattici primari ed essenziali. Su tali progetti verrà acquisito il parere del Consiglio Studentesco”.
                                      Infine una quota stimata in circa 0,4 milioni di euro dovrà essere destinata alle Facoltà che hanno attivato corsi di laurea internazionali che rilasciano titoli doppi o congiunti, corsi di laurea Erasmus Mundus (delibera del Consiglio di Amministrazione del 8 luglio 2008);
-        Alienazione di beni patrimoniali: sono in corso le procedure per l’alienazione di Villa Guidalotti, in attesa dell’autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali per un valore di 1,84 milioni di euro e del Podere Casino a Granarolo, per il quale oltre all’autorizzazione si attende anche la variante PRG dal Comune per un valore previsto di 1,05 milioni di euro. Il Direttore Amministrativo segnala che gli Organi Accademici dovranno probabilmente valutare in corso di esercizio la possibilità di alienazione di “Villa Levi” situata a Coviolo (Reggio Emilia), per un valore stimato di 7,7 milioni di euro (stima dell’Agenzia del Territorio del dicembre 2007).
-        Mutui: l’importo iniziale previsto per il 2008 è stato incrementato di 4,5 milioni di euro per un contributo all’ASL per la costruzione del Padiglione G dell’Ospedale Bellaria;
-        Interessi attivi: la quota stimata di 1 milione di euro in netta diminuzione rispetto ai 2,83 accertati nel 2008 deriva dal previsto rientro in tesoreria unica delle disponibilità statali assegnate all’Ateneo (art. 77-quater, decreto legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008) che opera a partire dal 1 gennaio 2009 e farà confluire i trasferimenti ministeriali in un conto infruttifero presso la Banca d’Italia. Gli interessi maturati nel consuntivo 2005, ultimo anno prima dell'uscita dalla Tesoreria Unica, ammontavano a circa 285 mila euro; è tuttavia prevedibile un periodo di transizione che consentirà la maturazione di ulteriori interessi;
-        Altre entrate: per tutte le altre voci di entrata è stato considerato come riferimento l’importo accertato nel 2007 oppure al 13 ottobre 2008 se di importo superiore.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.

Stima delle spese
I criteri generali utilizzati per la stima delle spese sono stati i seguenti:
-        dotazione per la didattica: importo deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 27 maggio 2008, che costituisce un impegno verso le Facoltà;
-        borse di dottorato di ricerca: è stato previsto un incremento complessivo di spesa in relazione all’aumento dell’importo lordo annuo di ogni borsa, disposto dal D.M. 18 giugno 2008 e di quanto deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 22 luglio 2008 in merito al XXIV ciclo a.a. 2008/2009. La delibera prevede:
          “Il Consiglio di Amministrazione dispone che (omissis) ... siano individuate (in sede di previsione di bilancio per il prossimo esercizio) idonee modalità per assicurare, sotto il profilo finanziario, che anche per l’anno 2009 si possa confermare il numero di 289 borse da ripartire alle Scuole di Dottorato”;
-        indennità di funzione e gettoni di presenza: l’importo previsto rappresenta la spesa del 2007 ridotta del 30% come disposto dall’art. 61 comma 1 del D.L. 112/08;
-        personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo: la stima è approssimativa in quanto gli uffici non dispongono ancora dei dati relativi al turnover e non ci sono certezze normative sull’abolizione del periodo fuori ruolo.
La stima per docenti e ricercatori tiene conto:
-        dell’aumento stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all’1,5%;
-        delle probabili assunzioni 2008 derivanti dalle prime 3 tornate 2008 e precedenti (sono invece esclusi i punti di budget resi disponibili e non utilizzati dalle Facoltà nonché quelli derivanti dal 25% delle cessazioni 2006/07 e non sono state imputate assunzioni sul 2009);
-        delle cessazioni per raggiunti limiti di età sia per il 2008 che per il 2009 considerando vigente l’abolizione del periodo fuori ruolo;
-        delle cessazioni per motivi diversi dai limiti d’età stimate in 67 unità per il 2009.
La stima per il personale tecnico amministrativo, in cui non sono compresi i dirigenti di ruolo, tiene conto:
-        dell’aumento stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all’1,5%;
-        del personale in servizio a settembre 2008 integrato con le 60 assunzioni derivanti dal nuovo protocollo di stabilizzazione (non considera ulteriori possibili assunzioni relative all’ultimo trimestre 2008 e all’anno 2009);
-        delle cessazioni per raggiunti limiti di età.
Inoltre è stata prevista per la decentrata una quota di 8,29 milioni di euro pari all’importo certificato dai Revisori per il 2004 incrementato di 0,44 mila euro per gli incrementi fissi previsti dal CCNL quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007, sottoscritto il 16 ottobre 2008, ridotto del 10% per effetto di quanto disposto dall’art. 67 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133.
In forza della manovra di giugno, sono stimabili restituzioni al bilancio dello Stato in 2,19 milioni di euro, di cui 0,92 milioni di euro relativi alla decurtazione del 10% dell’importo 2004 per la decentrata (art. 67, comma 6), 0,78 milioni di euro a titolo di differimento della progressione triennale (art. 69, comma 5) e 0,49 milioni di euro relativi alla riduzione di spesa per organi collegiali e altri organismi (art. 61, commi 1 e 17).
Non sono stati ancora stimati i versamenti relativi all’art. 61, commi 5-6 (riduzioni di spesa per relazioni pubbliche, mostre, di rappresentanza e sponsorizzazioni), comma 8 (quota di retribuzione accessoria per progettazione di opere pubbliche) e all’art. 46 bis (revisione dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali).
Infine, per quanto riguarda le spese di funzionamento, si segnala che per gli affitti e le imposte e tasse si è considerato un incremento del 3,3% sullo stanziamento iniziale 2008, pari al tasso di inflazione stimato per il 2009 (si tratta di una stima di massima, che dovrà essere verificata in corso d’anno).
Per le utenze la stima di massima di 20,69 milioni di euro considera l’aumento dei costi della materia prima e l’incremento di circa 22 mila metri quadrati degli spazi occupati dall’Ateneo.
Per tutte le altre voci si è assunto come vincolo di riferimento lo stanziamento iniziale assegnato nel 2008 o quanto già disposto relativamente al 2009 dal Consiglio di Amministrazione.
Gli elementi di politica finanziaria sono descritti nella relazione tecnica allegata.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.
La presentazione allegata prefigura la compatibilità finanziaria per il prossimo esercizio finanziario attraverso linee guida per le entrate, le spese, il sostegno degli investimenti e il pareggio di bilancio.

Proposta
Per recuperare la differenza tra entrate e spese stimata pari a 34,42 milioni di euro e raggiungere quindi il pareggio nel bilancio di previsione, si propongono i seguenti interventi:
-        riconduzione delle previsioni di spesa alle assegnazioni 2008, ridotte in via tendenziale del 10% (ad eccezione delle spese per il personale, per le utenze, per le borse di dottorato di ricerca e degli stanziamenti già deliberati per il 2009 dal Consiglio di Amministrazione come ad esempio la dotazione di Facoltà per la didattica);
-        riduzione della previsione di spesa di 2,3 ml di euro per le borse di dottorato di ricerca, garantendone la copertura con il riporto nel 2009 della prenotazione 2008 relativa ai progetti PRIN 2008, a fronte della mancata emissione del bando 2008;
-        riduzione di 0,5 ml di euro della previsione del fondo di riserva;
-        utilizzo dell’avanzo libero presunto 21,02 ml di euro, stimabile dal consuntivo 2008.
Si propone di prevedere un collegamento tra Piano Strategico e bilancio di previsione 2009 utilizzando la programmazione delle strutture (ad esempio per l’Amministrazione Centrale e i Poli gli obiettivi dirigenziali): molti degli obiettivi delle strutture sono riconducibili alle linee di azione del Piano Strategico ed è quindi possibile pervenire ad una quantificazione delle risorse finanziarie necessarie alla loro realizzazione.
Il nuovo applicativo “Alma budget” per la predisposizione del Bilancio di Previsione 2009 contempla la possibilità di associare le richieste di spesa al Piano Strategico e di indicare l’obiettivo della struttura.
Le risorse finanziarie potranno essere correlate a obiettivi riconducibili alle linee di azione del Piano Strategico, costituendo un elemento a supporto della formulazione del Bilancio di Previsione 2009.
A completamento di tale informativa e nel caso di obiettivi non collegati al Piano Strategico relativi ad attività istituzionali e gestionali di tipo continuativo la valutazione di priorità della programmazione potrebbe avvenire in base alla coerenza degli stessi rispetto al Documento sugli interventi di riequilibrio finanziario (Consiglio di Amministrazione del 20 giugno 2007)  e più in generale in funzione del loro contributo al contenimento della spesa/aumento dei finanziamenti, al miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse, alla razionalizzazione, semplificazione e aggregazione delle attività e delle strutture. Anche in questo caso l’applicativo “Alma budget” dispone di apposito campo descrittivo in cui il responsabile della struttura potrà evidenziare la concorrenza dell’obiettivo di Ateneo al raggiungimento di tali finalità.
Si propone pertanto di procedere alle eventuali rimodulazioni rese necessarie dalla riduzione del 10% dell’assegnazione rispetto alla previsione iniziale 2008 in funzione delle priorità sopra descritte.

La Giunta di Ateneo nella seduta del 20 ottobre 2008:
        preso atto della relazione dell’Ufficio in merito alle linee programmatiche per la gestione finanziaria dell’Università, in attuazione degli obiettivi strategici 2007-2009, degli interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili;
-        preso atto della documentazione allegata di cui ai punti 1, 2, 3, 4;
-        preso atto che il tema in esame sarà nuovamente sottoposto alla Giunta di Ateneo, anche a seguito dell’espressione di parere da parte della Commissione Bilancio e Programmazione;
ha apportato alcune modifiche alla rappresentazione dei dati, che sono già state recepite nei documenti allegati.

La Commissione Bilancio e Programmazione nella seduta del 21 ottobre 2008 ha espresso apprezzamento per la chiarezza del documento, organizzato in macroaree  – Ricerca, Didattica e Servizi agli studenti, Multicampus e Organizzazione - che permettono agli Organi Accademici, fermo restando l’equilibrio di bilancio, di effettuare scelte politiche alternative e di differenziare, all’interno di ciascuna macroarea, la riduzione del 10% delle spese.
La Commissione ha confermato di assumere le misure previste dal documento sul riequilibrio finanziario e gli obiettivi strategici come principali parametri di riferimento per programmare una significativa riduzione della spesa anche in chiave di efficienza, efficacia e promozione della qualità al fine di garantire, in presenza di nuovi bisogni, il contenimento complessivo per macroarea.
La Commissione ha suggerito di esplicitare la connessione tra gli effetti dell’attuazione delle misure di riequilibrio e le poste di bilancio, in termini di minori spese e di maggiori entrate, in particolare di quelle dirette a promuovere la valorizzazione delle attività e dei risultati rispetto all’assegnazione di risorse incrementali.
La Commissione ha proposto di procedere, attraverso percorsi e tempi definiti, alle aggregazioni delle strutture di servizio, nelle diverse sedi territoriali, di verificare e rinegoziare i rapporti con le strutture partecipate dall’Ateneo, di valutare le proposte di bilancio rispetto ai benefici finanziari attesi secondo le stime pluriennali del documento per gli interventi di riequilibrio finanziario.

Il Collegio dei Direttori di Dipartimento nella seduta del 30 ottobre 2008 a conclusione del dibattito:
-        ha lamentato la ristrettezza dei tempi - come per altro e purtroppo è già avvenuto anche in passato - coi quali si è dovuto procedere all'esame del documento proposto; ed ha lamentato altresì la mancanza di un piano triennale di "Linee Guida" che avrebbe consentito una visione più completa e più realistica dei problemi di bilancio e una conseguente programmazione più responsabile;
-        ha chiesto un chiarimento rispetto alla dizione "non sono state previste assunzioni nel 2009" (slide n. 10; a questo proposito si chiede altresì un chiarimento circa la validità della durata delle idoneità);
-        ha proposto infine:
1.       che il taglio alla voce Ricerca venga contenuto nella misura del 5% (e non del 10%), come segnale di attenzione nei confronti di un settore particolarmente qualificante, nei confronti del quale l'Ateneo ha indirizzato diverse scelte strategiche (si pensi solo alle Peer Review);
2.       che - in considerazione  del blocco dei concorsi - all'interno dei fondi per la Ricerca siano previste borse di studio e/o posti di Ricercatore a tempo determinato;
3.       che il capitolo relativo all'acquisizione delle risorse  bibliotecarie elettroniche di interesse interdisciplinare venga potenziato affinché le relative spese non gravino prevalentemente sui Dipartimenti."
Il materiale è stato inviato al Comitato di Coordinamento dei Poli della Romagna (28 ottobre 2008) e alle Rappresentanze Sindacali Unitarie (30 ottobre 2008).

 


Ateneo di Bologna: avviato il procedimento per la
  nomina  di  un  nuovo  Direttore   Amministrativo.
Il Rettore, che scade l'anno prossimo, oltre a selezionare la Commissione, ne farà parte come membro interno. Inoltre potrà concorrervi anche il personale interno.

  LUCIANI: un pastrocchio  ..., ma approvato dal Consiglio di Amministrazione. Nella chiesa cattolica il Vescovo viene  sempre da fuori Diocesi, e questo è il solo  modo di garantire discontinuità.
  La cosa è vitale per Bologna,  dopo la crisi del bilancio dello scorso anno a cui il Rettore non è estraneo, per le passate scelte in campo didattico e per   il crollo degli studenti.
  Per questo non va bene, doppiamente, che il Rettore uscente stia in Commissione per la  selezione.

   

    L'attuale Direttore scade a dicembre del 2009. Il nuovo Direttore verrebbe nominato il 1 ottobre per la durata di 5 anni, con l'intesa che il "Fuori Ruolo" di 2 mesi (per così dire) al Direttore attuale dovrebbe permettere una adeguata trasmissione delle competenze e conoscenze a quello nuovo. Questo mi sembra criterio saggio.
   La Commissione di selezione sarà "di pertinenza del Rettore, il quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso, internazionali. E' inoltre importante prevedere, dice la delibera, la partecipazione del Rettore stesso, nella funzione di membro interno."
   Al riguardo, il Consiglio di Amministrazione è stato investito più volte sulla questione del rinnovo, e mai si è capito il perchè di tanta tribolazione. Un aspetto che rileva è l'idea di permettere anche al personale interno di concorrere per la nomina.  
   Se è consentita una opinione personale, la chiesa cattolica è emblematica per l'efficienza delle nomine: e qui il Vescovo viene sempre da fuori Diocesi. E' quanto serve per un salto di discontinuità anche nel nostro Ateneo, anzi è assolutamente necessario. E qui la mente corre alla "crisi del bilancio" dello scorso anno, legato ad una straordinaria mala amministrazione, consistente nel fatto che, a suo tempo, non sono stati opposti tempestivamente i limiti di bilancio all'eccesso di lauree, di insegnamenti e di personale esterno a contratto. Il bilancio tocca l'amministrazione, la didattica tocca il Rettore. 
    Per questo, che il Rettore uscente stia in Commissione non va bene. Per me, può anche essere lui a scegliere il Direttore (diciamo pure, senza attendere il successore), purchè tra una terna proposta da una Commissione "terza". Di "membri interni" ne abbiamo già avuti abbastanza nelle commissioni di concorso per  professore universitario. NL
 

Delibera del CdA del 30 09 2008 (verbale non ancora approvato).

AVVICENDAMENTO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO. PROPOSTA DEFINITIVA DEL JOB PROFILE

    Il Presidente-Rettore ricorda a tutti i consiglieri la configurazione del profilo da ricercare per il nuovo Direttore Amministrativo emersa dal dibattito avvenuto nella seduta del 16 settembre scorso. Per precisione richiama il riepilogo formulato al termine della discussione, opportunamente elaborato per l'inserimento nel bando.
    Innanzitutto nel bando dovrà essere richiamato il fatto che il Direttore Amministrativo è una figura i cui compiti sono definiti sia dallo Statuto, sia da norme di legge o di contratto, sia dal Piano Strategico di Ateneo.
   Al fine di illustrare ai possibili candidati, sia pure in via generale, le principali responsabilità e prerogative della posizione, si fa riferimento alla seguente sintesi:
  - generale attività di indirizzo, direzione e controllo per il personale T.A. ;
  - attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dagli OO.AA., con particolare riferimento al Piano Strategico di Ateneo, al quale dovranno conformarsi, per le parti di competenza, gli obiettivi annuali dirigenziali opportunamente integrati;
   - collaborazione per l.individuazione delle risorse umane, finanziarie e materiali da assegnare agli uffici e ai servizi di Ateneo;
   - consulenza di tipo tecnico-amministrativo alle strutture didattiche, scientifiche e di servizio ed espressione di pareri agli Organi Accademici circa l'assegnazione di risorse alle stesse strutture;
   - formulazione di proposte ed espressione di pareri al Consiglio di Amministrazione circa l'attribuzione e la revoca di funzioni dirigenziali o assimilate nonché circa le strategie gestionali coerenti con il rispetto delle norme e con i piani di sviluppo dell.Ente;
   - indirizzo, coordinamento e controllo dell'attività dei dirigenti degli uffici e dei servizi centrali anche con potere sostitutivo in caso di inerzia di questi;
   - adozione degli atti relativi all'organizzazione degli uffici e dei servizi centrali nel rispetto delle strategie gestionali e degli obiettivi fissati dagli OOAA;
   - collaborazione con i dirigenti delle strutture didattiche (Presidi e Presidenti di Scuole) scientifiche (Direttori di Dipartimento e di Centri di Ricerca) e di servizio (Direttori accademici e non) per una gestione ottimale delle risorse umane, promuovendo una costante azione di coordinamento;
   - esercizio della potestà disciplinare sul personale tecnico-amministrativo;
   - adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi di competenza.
   L'assunzione delle responsabilità derivanti dall'insieme delle norme e dei Contratti Collettivi di Lavoro comporta che la persona da ricercare abbia competenze e capacità riassumibili come segue:

    COMPETENZE
   - esperienza nella gestione di organizzazioni complesse e nella gestione e soluzione dei conflitti, con particolare riferimento alla capacità di cogliere a tale proposito le peculiarità di un'organizzazione che produce conoscenza;
   - conoscenza approfondita del contesto europeo dell'Higher Education con particolare riferimento all'ambito del knowledge transfer (cosìddetta terza missione.);
   - conoscenza dei sistemi informativi;
   - competenze relative alla gestione dei contratti;
   - competenze relative alla gestione della contabilità;
   - competenze relative alla gestione degli appalti;
   - ottima conoscenza dei sistemi di finanziamento delle università ivi comprese le forme di fund-raising;
   - competenza in materia di contratti di lavoro e di relazioni sindacali;
   - piena expertise sulla legislazione del settore.

    CAPACITA
    - visione d'insieme:
    - autorevolezza e leadership;
    - negoziazione e partnership;
    - propensione all'innovazione;
    - capacità di promuovere processi di gestione del cambiamento;
    - capacità di gestione delle risorse umane e sviluppo del personale;
    - capacità di lavoro di gruppo;
    - capacità di problem solving;
    - gestione dello stress.
    E' indispensabile altresì una buona conoscenza della lingua inglese e un'anzianità in ruoli apicali di almeno 10 anni.
   
   Per quanto concerne la tempistica del bando, è emerso nella seduta scorsa che, per tener conto delle precedenti decisioni in ordine alla concertazione tra il Rettore in carica e il Rettore eletto, è opportuno adottare il seguente calendario:
   - emanazione dell'avviso di selezione entro il mese di novembre 2008. Propone che la pubblicazione avvenga integralmente sul Portale dell'Ateneo con inserzione di trafiletto su Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera, La Repubblica, The Economist, per informare i Dirigenti che lavorano nelle istituzioni internazionali;
   - selezione entro il mese di aprile/maggio 2009 con individuazione di una rosa di candidati;
   - consultazione con il Rettore che entrerà in carica dal 1 novembre 2009, non appena possibile;
   - presentazione della proposta in Consiglio di Amministrazione entro il mese di luglio 2009;
   - data di decorrenza dell'incarico dal 1 ottobre 2009.
   Per quanto concerne la nomina della Commissione di selezione, essa è di pertinenza del Rettore il quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso, internazionali. E'  inoltre importante prevedere la partecipazione del Rettore stesso, nella funzione di membro interno.

*****

Ateneo di Bologna: SENATO ACCADEMICO

Dato il "via" a  numerosi corsi di laurea in base al D.M.  270.

Il Convegno di Andrea Cammelli

                   DUBBI SULLA EFFICACIA ECONOMICA DELLA SUA APPLICAZIONE
                         perchè non c'è nessun collegamento col  "PIANO STRATEGICO"
                       (e che finisce per essere qualcosa che continua a girare a vanvera).

  

    A mio avviso,   sotto il profilo dei costi che andranno a bilancio, l'Amministrazione avrebbe dovuto fornire al Senato, ai fini dell'approvazione degli insegnamenti:
    1)  l'indicazione del numero prevedibile di esami per materia (così da ammettere quelli rientranti in un determinato intervallo, da un minimo a un massimo;
    2) l'indicazione se l'insegnamento sarà coperto con docenti di ruolo o per contratto;
    3) la giustificazione delle materie frammentate, ossia con numero di ore inferiore alla norma (60 ore).

Il caso di Ingegneria di Bologna

    In attuazione della riforma delle lauree, di cui al DM 270, il Senato ha approvato,  per il 2008/09, i corsi di laurea delle seguenti Facoltà : Agraria, Architettura, Economia di Forlì, Economia di Rimini, Farmacia, Ingegneria, Seconda Facoltà di Ingegneria, Medicina Veterinaria, Psicologia, Scienze MM.FF.NN., Scienze Politiche, Scienze Politiche "R. Ruffilli", Scienze Statistiche, Scuola Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori.
   E' diffusa l'opinione che l'attuazione della riforma sia stata approvata senza la necessaria riflessione, sotto il profilo economico e finanziario. Questo rilievo si collega alla crisi del bilancio dello scorso anno, e dunque alla impreparazione dell'Amministrazione dell'Ateneo, nel fare un vero piano strategico, che indichi i parametri (non indicazioni morali di comportamento) di riferimento comune, perchè le nuove scelte didattiche siano coerenti col quadro globale degli obiettivi e vincoli di bilancio, nel rispetto dell'autonomia delle Facoltà.
   Già si è rilevato in precedente nota che, in attuazione della precedente riforma, gli insegnamenti erano passati, nell'Ateneo di Bologna nel complesso, da n. 14.124 nel 2000 (vecchio ordinamento) a n. 25.946 nel 2006 (nuovo ordinamento DM 509/1999). Questo aveva determinato il raddoppio dell'assunzione di docenti (professori a contratto 3500 circa, oltre a quelli di ruolo, di numero grosso modo uguale), e del fabbisogno di aule, ma anche la dequalificazione delle lauree (insegnamenti con conoscenze un pò di tutto, ma poco in profondità, ed aggravio inutile di esami per gli studenti).
   Per quanto riguarda la nuova riforma, il DM 270 vuole 20 esami in totale per corso di laurea. Ma ahimè, non dice "esami" tout court, ma "esami o verifiche", e questo ha aperto uno spazio a nuove smagliature (es. a verifiche composte di più "esami").
   Al momento non disponiamo di un quadro globale dell'Ateneo, ma solo della Facoltà di Ingegneria. Qui il numero delle lauree rimarrà, grosso modo, come prima.
   Invece, per quanto riguarda il numero degli insegnamenti (al netto dei Laboratori), si passerà da 1054 (del DM 509) a 795 del DM 270. Ma rimangono troppi. In un recente Consiglio di Facoltà c'è stata una severa denuncia
   Questo è una modifica economica importante, sotto il profilo dei prevedibili costi (ossia per la necessità di docenti e di aule). Mancano, invece, elementi importanti per capire a fondo come andrà a finire sul bilancio. Qualche elemento ?
    a) un insegnamento andrebbe attuato in base al numero degli studenti iscritti: non meno di x (ad eccezione delle lauree di rilevanza strategica nazionale, come la laurea di ingegneria elettrica), ma non superiore a y. In questo secondo caso sarebbe necessario lo sdoppiamento;
    b) l'insegnamento andrebbe coperto, in linea di principio, con un professore di ruolo. Se non è possibile, la cosa va segnalata;
    c) il vincolo dei 20 esami per laurea triennale (e dei 12 per laurea magistrale) è un invito giuridico e morale all'accorpamento degli insegnamenti. Nella Facoltà di Ingegneria rimarranno 176 insegnamenti con 30 ore (e anche meno), in luogo delle ore 60 o più (che è la norma). Penso che la cosa dovrebbe essere motivata al Senato. NL

IL CONVEGNO DI ANDREA CAMMELLI
(29 maggio 2008 all'Università di Modena)

"La riforma permanente fra realtà e percezioni"
(stralcio delle conclusioni
*)

La stampa nazionale ha dato rilievo a questo convegno che è un consuntivo relativo al passato ordinamento ex-DM 509, ma l'ha fatto in modo da fare intendere che il nuovo DM 270 sarà la stessa cosa, e dunque motivo per invocare il ritorno alle lauree di 4 e 5 anni. Ad es.:
-  il Corriere della Sera, 9 giugno 2008, titolava sul convegno di A. Cammelli del 29 maggio: "Laurea breve bocciata: ora serve la riforma", "appello al ministro: è un liceo".
- A. Monti su "Il Sole-24ORE" del 9.6.08 titolava "Una riforma ambigua" (il 270) che ignora gli studenti", e dentro l'articolo: "così gli studenti saranno costretti  a seguire gli stessi insegnamenti (del 509), anche se formalmente non conteggiati o nascosti in esami plurimi". NL

Andrea Cammelli, Caratteristiche e performance dei laureati 2007

   "Revisioni, modifiche in corso d’opera, riforme delle riforme, aggiornamenti e correzioni di rotta proseguono alacremente nel cantiere sempre aperto delle riforme universitarie. Questa attività impegna la parte più sensibile e interessata del mondo universitario, delle imprese e della società civile, mentre nel Paese prevale l’indifferenza o il disorientamento dei cittadini che, spesso, ne hanno sentore solo per sentito dire. Dopo gli squilibri dovuti, fra l’altro, all’accelerazione impressa al processo riformatore fin dal suo avvio, quando nel 1999 la Dichiarazione di Bologna aveva ipotizzato un arco di tempo decennale per l’affermarsi dello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore , aggiustamenti e migliorie non sono mancati, assieme a qualche ripensamento e ad alcuni ritorni al passato. In questo contesto è comprensibile come ogni tentativo di seria verifica "misurando il misurabile e rendendo misurabile ciò che non lo è", come sosteneva Galileo Galilei, diventi arduo, spesso frustrante, e finisca per confermare in chi ne diffida che "ciò che veramente conta non può essere contato" , rafforzando così – in tanti – la convinzione del primato assoluto della discrezionalità.
…..
…..
   Alcune considerazioni conclusive
   E’ stata analizzata, inizialmente, la qualità del capitale umano complessivamente formatosi nelle università nel 2007, indipendentemente dalle sue diverse componenti (laureati del vecchio ordinamento, di primo livello, specialistici, specialistici a ciclo unico). Il quadro d’insieme mostra consistenti miglioramenti (in parte attesi, come la riduzione dell’età alla laurea, per esempio) nell’intervallo 2001-2007 ed anche fra i due anni più recenti.
   Successivamente l’attenzione è stata concentrata sulla popolazione in via di stabilizzazione (quella dei laureati di primo livello che abbiamo definito "puri"), la sola che consente valutazioni in grado di accertare lo stato d’avanzamento reale della Riforma. La presentazione dei risultati ha tenuto conto di un duplice punto di riferimento: quello delle caratteristiche e delle performance dei laureati all’avvio della riforma ed il confronto con quelle analoghe dell’anno passato. Il raffronto fra 2001 e 2007 mostra risultati di gran lunga migliorativi di quelli del bilancio complessivo esaminati poco sopra. Il raffronto con l’anno precedente – com’era previsto, dato il processo di stabilizzazione della

popolazione osservata – è contrassegnato, invece, dal ridimensionamento di quei valori che pure rimangono attestati su livelli complessivamente confortanti.
Il Rapporto contiene ulteriori approfondimenti sui laureati specialistici e su quelli a ciclo unico, così come su altri aspetti importanti degli studi universitari, ai quali si rinvia.
   In merito ai laureati di primo livello "puri" sembrano opportune alcune sottolineature. La tendenziale crescita dell’età alla laurea era, nel contesto di stabilizzazione di cui si è detto, prevedibile. In ogni caso il suo incremento fra il 2006 e il 2007 è stato piuttosto contenuto (da 24,2 a 24,5 anni), e l’età alla laurea si mantiene ben lontana dai 28 anni che hanno caratterizzato a lungo i laureati italiani fino alla vigilia della riforma. A questo si aggiunga la tendenza a crescere dell’età all’immatricolazione.
La regolarità negli studi, la capacità cioè di completare il percorso formativo nei tempi previsti dagli ordinamenti, seppure ridottasi rispetto a quella registrata l’anno precedente (erano risultati regolari 49,2 laureati su cento), continua a riguardare quasi il 45 per cento dei neo-laureati: un valore ben superiore al 9-10 per cento che caratterizzava il complesso dei laureati negli anni immediatamente precedenti l’avvio della riforma.
La frequenza alle lezioni rimane su valori elevati (molto più elevati di quanto registrato fra i laureati pre-riforma): 70 laureati "puri" su cento hanno dichiarato di avere frequentato regolarmente più del 75 per cento degli insegnamenti previsti.
È evidente che il positivo affacciarsi all’università di giovani e di adulti provenienti da fasce di popolazione meno favorite, associato ad un’assidua frequenza alle lezioni, sottolineano l’urgenza di provvedere con il potenziamento di servizi di Diritto allo Studio adeguati alla nuova domanda di formazione, a cominciare da una politica per gli alloggi. L’approfondimento effettuato sulle condizioni di vita e di studio dei giovani laureati è al riguardo eloquente.
Lo studio all’estero mostra per il secondo anno consecutivo timidi segni di ripresa (anche se risulta assai più praticato fra i laureati specialistici), ma la flessione avvenuta con l’avvio della riforma rischia di escludere da questa importante esperienza fasce consistenti di giovani, particolarmente fra quelli che provengono da ambienti familiari meno favoriti.
Tirocini e stage riconosciuti dal corso di studi, moltiplicatisi nel passaggio fra il vecchio e il nuovo ordinamento, lievitano ulteriormente ed entrano nell’esperienza formativa di 61 laureati su cento (tre punti percentuali più dell’anno passato). Questo testimonia l’impegno delle università e la collaborazione con il mondo del lavoro. Stage e tirocini sono stati oggetto di una approfondita verifica di qualità che ha condotto a risultati complessivamente confortanti. Non va dimenticato che all’esperienza di tirocinio/stage si associa già un più elevato tasso di occupazione (7 punti percentuali in più fra chi ha svolto uno stage durante gli studi rispetto a chi non vanta un’esperienza analoga, secondo l’ultima indagine AlmaLaurea).
La valutazione ampiamente positiva dell’esperienza universitaria portata a termine permane su valori elevati nell’opinione dei laureati. Si dichiarano decisamente soddisfatti del corso di studio concluso 35 laureati su cento (ed altri 52 esprimono una soddisfazione più moderata). L’apprezzamento per i docenti, seppure in aumento, registra valutazioni più critiche. Un quinto dei laureati è rimasto decisamente soddisfatto ed altri 65 su cento lo sono in misura più contenuta. La piena sostenibilità del carico di studio degli insegnamenti è confermata dal 30 per cento dei laureati; per altri 57 la sostenibilità è comunque riconosciuta, seppure non pienamente.
In questo quadro complessivamente incoraggiante resta l’interrogativo sulla compiutezza dell’impianto riformatore e sulla capacità di piena valorizzazione del capitale umano fornito dalle università da parte del sistema paese. L’interrogativo nasce dall’ampiezza della domanda di ulteriore formazione manifestata non solo dall’80 per cento dei laureati "puri" di primo livello (65 per cento, cinque punti meno dell’anno precedente, verso la laurea specialistica) e dal 74 per cento dei laureati specialistici a ciclo unico, ma anche dal 43 per cento dei laureati magistrali. Si tratta di un dato sul quale riflettere anche per scongiurare il rischio che si affermi un sistema caratterizzato da un’ulteriore dilatazione dei tempi di formazione per raggiungere le mète e gli obiettivi formativi più ambìti e più competitivi che resterebbero così, in assenza di una diversa politica del diritto allo studio, alla portata dei soli che possono permetterselo.
Alcuni osservatori hanno sostenuto che la riforma non viene apprezzata dal mercato e che si assiste al drastico peggioramento non solo delle prospettive di occupazione dei laureati di primo livello rispetto a quelli del vecchio ordinamento, ma che per i primi peggiorano perfino la stabilità, la retribuzione e la qualità del lavoro. Il precedente Rapporto AlmaLaurea ha dimostrato chiaramente l’infondatezza di queste tesi, evidenziando che quei risultati sono dovuti alla prosecuzione degli studi, verso la laurea specialistica, di una quota rilevante di laureati di primo livello. Una parte dei quali tenta di raggiungere l’obiettivo, magari per la necessità di mantenersi agli studi, coniugando studio e lavoro; un’attività lavorativa che così specificata è ovviamente meno stabile, meno retribuita, di minore qualità. Anzi a parità di condizioni, come s’è visto, i laureati triennali guadagnano di più."

Fonte: http://www.almalaurea.it/info/convegni/modena2008/, Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea

 

 

News e ARTICOLI - 2011

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Marco Merafina
Coordinatore



NUOVE  PRESE  DI  POSIZIONE
PER  LEVARE  IL  TAPPO  DELLA  LEGGE  GELMINI SULL'UNIVERSITA

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Luciano Modica

Dal CNRU
Comitato Nazionale Ricercatori Universitari

 

                         COMUNICATO

CONSIDERATO che la legge di Legge di Stabilita' (del 13 dicembre 2010, n. 220, all'Art.1 comma 24) ha approvato un piano straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia per ciascuno degli anni 2011-2016 a incremento del F.F.O. delle universita' e che tali fondi di reclutamento straordinario sono determinati in deroga al turn-over, al vincolo della distribuzione dei punti organico nelle diverse percentuali e al vincolo del 90% del rapporto AF/FFO;

- CONSIDERATO che lo stanziamento di questi fondi ha rappresentato l'unica risposta del Governo alla mobilitazione di tutti i Ricercatori durante i giorni dell'approvazione della Riforma che, occorre ricordarlo, fu approvata soprattutto perche' prevedeva lo stanziamento dei fondi per il piano di reclutamento straordinario e per gli scatti meritocratici;

- VISTO che il decreto per l'utilizzo delle risorse destinate al piano straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia a oggi (12.12.2011) non e' ancora stato approvato;

- CONSIDERATO che i concorsi per la II fascia sono fermi dal 2008;

- VISTO che al 12.12.2011 non e' ancora stato approvato il decreto per le abilitazioni e che questa carenza di fatto impedisce un pieno utilizzo delle risorse destinate al piano straordinario,

il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori Universitari (CNRU)

                                 CHIEDE
- che l'utilizzo delle risorse destinate al piano straordinario sia traslato di un anno, vale a dire che siano spendibili a partire dal 2012 e fino al 2017, ovvero che la quota spendibile per l'anno 2011 sia destinata solo agli idonei esterni di procedure per la progressione a professore di II fascia, considerato che i concorsi della I e II sessione 2008 dovrebbero essere stati banditi con copertura finanziaria e nel rispetto delle normative previgenti in termini di punti organico e turnover;
- che sia chiarito che, poiche' tale finanziamento e' integrativo alla quota di F.F.O. destinata agli atenei, non deve essere utilizzato per la copertura delle chiamate previste nella programmazione ordinaria;
- che il finanziamento straordinario sia utilizzabile da parte degli atenei solo dopo aver utilizzato le risorse ordinarie individuate in fase di programmazione e definizione dei punti organico per la II fascia;
- che, nel caso di utilizzo per la chiamata di Ricercatori interni all'ateneo, le risorse risparmiate riconfluiscano nello stesso fondo straordinario e siano utilizzabili secondo gli stessi vincoli;
- che l'utilizzo dell'assegnazione straordinaria sia vincolato a una programmazione triennale degli organici che coinvolga tutte le componenti di ciascun ateneo e che sia incentrata sulle esigenze di didattica e di ricerca.

Importante
LETTERA APERTA
di LUCIANO MODICA
(già Presidente della CRUI, già SottoSegretario al MIUR)

al Ministro Profumo

"L'UNIVERSITA' DIMENTICATA "

                        Caro Ministro Profumo,
l’università italiana vive da dieci anni una situazione sempre più difficile.
  Lei ne è una figura autorevole e non c’è quindi bisogno di illustrarle i dati oggettivi che sono reperibili in qualunque analisi internazionale indipendente: una cronica carenza di finanziamenti, soprattutto per le infrastrutture e per la ricerca; un carico contributivo sulle famiglie degli studenti tra i maggiori in Europa; un drastico ridimensionamento numerico del personale docente e tecnico.
   Sono tutti fattori che hanno indebolito l’azione e la capacità innovativa degli atenei italiani. Ma ancor più li ha indeboliti il furioso attacco mediatico alla credibilità del sistema che, anche se giustamente motivato da gravi episodi di malcostume da estirpare con decisione, ha finito col travolgere la fiducia nell’intera università.
   Questa fiducia deve essere assolutamente ristabilita. E’ il primo obiettivo politico di un Ministro che non si voglia trasformare nello spietato accusatore dello stesso sistema che governa.
    E’ un obiettivo per il quale ci sono tutti i presupposti. Infatti la ricerca universitaria italiana dà ancora oggi risultati eccellenti su scala internazionale, soprattutto se rapportati all’esiguità dei finanziamenti e del numero di ricercatori.
  La formazione degli studenti, pur in presenza di problemi infrastrutturali e organizzativi, è di ottimo livello se comparata con gli standard europei.
   Il ruolo culturale, economico e sociale di ciascun ateneo nel suo territorio è in costante crescita e permette di recuperare importanti spazi di sviluppo.
  La dedizione al lavoro del personale universitario è, salvo eccezioni, ammirevole nonostante che cominci a diffondersi scoramento.

   Si tratta di un patrimonio nazionale che va difeso e rafforzato, non svilito e disperso. Non c’è del resto alcuna speranza di sviluppo duraturo per un Paese che non “ama” la sua università.
   E’ giusto che le chieda sempre i massimi risultati e la massima trasparenza, ma anche che ne riconosca il ruolo cruciale. Servono dunque chiare discontinuità rispetto al recente passato.
   In questo momento di crisi non sarà facile reperire risorse finanziarie che compensino i pesanti tagli già subiti o addirittura riportino il finanziamento a crescere gradualmente verso le medie europee. I segnali di inversione di rotta, forse limitati in termini finanziari, devono però essere forti in termini politici.
    Si ridia innanzitutto più autonomia e meno burocrazia agli atenei e contemporaneamente si punti ad una valutazione stringente della qualità dei risultati ottenuti, senza sconti e senza ritardi. La si smetta con l’esasperato centralismo dirigistico, col delirio dei prerequisiti numerici, con la confusione dei ruoli negli organi di governo e di controllo del sistema.

Le leggi potranno essere modificate o abrogate nei loro aspetti meno condivisibili ma intanto vanno applicate in forma non occhiuta né burocratica, attenti a incentivare le innovazioni e le pratiche più efficaci per un miglioramento continuo, piuttosto che il cieco rispetto delle norme.
   La ricerca universitaria va rivalutata perché costituisce l’ossatura e la parte maggiore del sistema ricerca del Paese, oltre che il presupposto per una formazione avanzata di buona qualità. Si privilegi la curiosità innovativa e l’avanzamento della conoscenza, in ogni campo. Si sostengano i progetti di ricerca di interesse nazionale il cui finanziamento è sceso ai minimi storici, per giunta in uno stato di perenne incertezza su tempi e regole, ma si riveda il meccanismo di assegnazione dei finanziamenti con l’uso di metodologie e competenze internazionali per eliminare i conflitti di interesse. Non si dimentichino le dotazioni infrastrutturali universitarie, il cui capitolo sul bilancio statale è stato chiuso nel 2002 e mai più riaperto.

   Sono ormai al lumicino tanto che spesso le condizioni logistiche di lavoro sono da terzo mondo e la strumentazione scientifica obsolescente.
  Sulla didattica il Ministero, anche in vista della valutazione e dell’accreditamento, monitori e indirizzi senza imposizioni burocratiche il passaggio dalle facoltà ai dipartimenti per evitare che nei corsi di studio si indeboliscano la progettazione culturale, soprattutto negli aspetti multidisciplinari, e l’organizzazione.
   Un altro settore in cui l’Italia è paurosamente indietro è il welfare studentesco, in particolare per il sostegno agli studenti capaci e meritevoli provenienti da famiglie non abbienti.
   Ne risultano ostacolate sia la mobilità sociale che quella geografica, mentre diminuiscono gli immatricolati e non aumentano come dovrebbero le percentuali di laureati sulla popolazione attiva. Occorre innanzitutto garantire i servizi del diritto allo studio a tutti coloro che rientrano nei requisiti di reddito e merito per le famiglie prive di mezzi.
    Ma occorre intervenire, con prestazioni graduate rispetto alle necessità, anche nei confronti di studenti meritevoli provenienti da famiglie con mezzi ridotti. Non si dimentichi poi che tutti gli studenti hanno diritto ad avere gli strumenti e le opportunità per una soddisfacente crescita personale, culturale e professionale, per una rapida conquista dell’indipendenza, per una compiuta cittadinanza attiva.
  Occorre infine riaprire e regolarizzare sia il reclutamento di giovani ricercatori e professori di talento, sia le progressioni di carriera per coloro che lo meritano. Il sistema è bloccato da anni, la sua fluida regolarità è un miraggio.
   Con le ultime leggi i giovani hanno visto aumentare sempre più l’età d’ingresso nei ruoli universitari. Così molti hanno rinunciato a questa carriera o hanno accettato offerte di lavoro all’estero. Si sciolgano almeno le incertezze delle nuove procedure concorsuali, semplificandole e accelerandole sia per i professori che per i ricercatori a tempo determinato, lasciando la funzione meritocratica alla valutazione ex post piuttosto che a intricate regole ex ante. Sono punti su cui è possibile registrare concordia e consenso ampi. Auguri di buon lavoro! Luciano Modica

  Fonte:  “Europa”,  9 dicembre 2011

 

Edizioni precedenti

Bologna, " Laboratorio Urbano * "
di Paola Bonora, Raffaella Lamberti, Cesare Minghini, Walter Vitali, Ivana Calvi, Chiara Sebastiani, Vando Borghi,
Lorenza Maluccelli, Giuseppe Scandurra, Piergiorgio Rocchi, Sergio Bonora, Marzia Vaccari, Giorgia Boldrini, Mauro Felicori, Maurizio Sobrero, Andrea Margelli, Leonardo Setti, Silvia Zamboni, Cristina Brasili, Silvano Bertini, Daniele Dieci

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Maurizio Sobrero


DOCUMENTO SULL'UNIVERSITA'
di Maurizio Sobrero * e Walter Vitali **

Illustrato dal Prof. Sobrero, all'Archiginnasio,
Bologna, venerdì  4  novembre  2011.

Presenti: il Rettore Ivano Dionigi e il Sindaco Virginio Merola.
Presidenza di Raffaella Lamberti

vitali-sen.jpeg (2905 byte)Walter Vitali

* M. Sobrero, Membro della Giunta, Univ. di Bologna ** W.Vitali, Senatore del Partito Democratico
M. Sobrero - W. Vitali, Documento sull'università
Sommario: 1 . Il rapporto tra città, università e innovazione nella società della conoscenza - 2. Università. Il lungo iter parlamentare -  3. Le politiche per l'innovazione - 4. Uno sguardo oltre confine - 5. Alcune proposte.

STRALCIO. Per il testo intero, clicca su:Laboratorio Urrbano

  LE PRPOSTE. Le università, la ricerca e l'innovazione devono essere considerate al pari dell'occupazione, del welfare e dei trasporti, ossia problemi che interessano le città e la cittadinanza nel loro insieme, non solo questioni per addetti ai lavori. Le vicende finanziarie e legislative che le riguardano sono un problema di tutti, poiché da esse dipende la nostra capacità di uscire dalla crisi. Le comunità cittadine non possono rimanere indifferenti se viene sprecato un patrimonio di saperi e di opportunità che appartiene a tutta la comunità. Dalle città deve venire pertanto un forte impulso ad una politica nazionale in materia, superando l'estraneità e la sostanziale indifferenza delle comunità cittadine per questi temi. E' un compito che spetta agli amministratori locali e regionali, ai rappresentanti della società organizzata, ma anche ai mezzi di informazione e alle espressioni diffuse della cittadinanza attiva. Tutto questo è ancor più vero in una situazione di drammatica crisi finanziaria come quella che stiamo vivendo.
   E' significativo che, mentre si discute di deficit, di debito, di infrastrutture, di semplificazione per le imprese e di pensioni, non si parli invece di università e di ricerca. Non lo fa il governo, ma non lo fanno nemmeno le opposizioni e le parti sociali. Non se ne parla nemmeno in relazione alle politiche per la crescita e lo sviluppo economico, quando invece ne sarebbero i fattori trainanti fondamentali. I nostri giovani hanno davanti a loro un futuro peggiore di quello dei loro genitori, e questo alimenta la protesta mondiale nei confronti di un'economia sempre più prigioniera della finanza. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile tra i 18 e i 29 anni sfiora il 30%. L'ingresso nel mercato del lavoro avviene tardi, soprattutto in forme precarie e con salari di ingresso bassi, costringendo i giovani a stare a lungo con la famiglia di origine.
  Tutto questo costituisce un fattore formidabile di depressione della crescita e dello sviluppo. L'investimento in università, ricerca e innovazione è il contributo maggiore che( si possa dare al futuro delle nuove generazioni.
  Chi sente di avere una responsabilità di qualunque tipo verso la comunità alla quale appartiene non può dimenticarselo, perché non rimane più molto tempo: o tentiamo ora di riagganciare il treno dello sviluppo, che si sta visibilmente allontanando da noi, oppure sarà troppo tardi. Siamo consapevoli che le proposte che avanziamo rappresentano una scelta forte di priorità che la politica nazionale finora non ha avuto né la capacità né il coraggio di compiere. Ma stiamo vivendo insieme all'Europa un momento di grande difficoltà, ed è in momenti come questi che un paese può trovare le energie per risorgere.

N. Luciani, Breve nota introduttiva

 1.- Il Documento è stato illustrato dal prof. Maurizio Sobrero, ma senza potere arrivare alle "proposte". Qui le riprendiamo. Esso :
- dopo un atto di fede nell'Università (perchè dà, "alla umanità, sviluppo culturale, scientifico e tecnico");
- e aver illustrato otto " indiscutibili criticità" (e altro) dell'università italiana, consistenti in :
   • un numero di laureati inferiore rispetto a quanto accade in altri paesi comparabili con il nostro;
   • un costo complessivo tutt'altro che contenuto in rapporto ai risultati;
  • servizi per i docenti e gli studenti generalmente peggiori; •forti disparità territoriali nonostante la permanenza del valore legale del titolo di studio;
  • inefficienze marcate ed iniquità nei processi di reclutamento del personale docente e ricercatore;
  • scarsa chiarezza su responsabilità e meriti;
  • forti inefficienze gestionalì chiaramente visibili da numerosi casi di sostanziale dissesto finanziario;
  • una proliferazione di particolarismi e localismi privi di un reale radicamento con gli sbocchi professionali offerti;
conclude con 8 proposte risolutive (vedi a fianco).


  2.-  Nel documento si rileva che tutte le università italiane sono molto indietro nella graduatoria mondiale ma che Bologna è quella relativamente più su.
  Direi che la diagnosi è grosso modo quella del PD fino al momento dell'approvazione della legge Gelmini in Senato (28 luglio 2010), tutto d'amore con la diagnosi e terapia del Governo ( fino al ribaltone di posizione del PD alla Camera, sulla spinta di alcuni valorosi: Vassallo, Ghizzoni, ...). Direi anche che le proposte hanno poco a che fare con la diagnosi ( grosso modo, etichette riprese da qua e là, senza filtro critico). Ad es.:
- quelle statistiche internazionali sono fondate su dati statistici eterogenei (pur se portanti le stesse denominazioni nei vari Paesi ), e quindi largamente meri esercizi matematici .
- Vogliamo anche dare il tempo alle aree disagiate di far crescere, anche presso di loro, delle università valide, di cui hanno vitale bisogno ? Ma qui è una questione di risorse finanziarie, non di qualità dei professori. Infatti la differenza qualitativa di un professore del Nord non può essere gran che diversa da quella di uno del Sud, perchè le selezioni sono state controllate da Associazioni nazionali di professori dei settori disciplinari.
- quella distinzione tra università virtuose e non virtuose (da premiare le une e punire le altre) è fondata su parametri fatti con statistiche, a volte vecchie di 5 anni .
- quei dati sul numero dei professori e degli studenti non portano a ritenere eccessivo il numero dei professori in Italia. Infatti, da essi si trae che c'è 1 professore ogni 55 studenti; e (aggiungendo i ricercatori) 1 docente ogni 31 studenti. La media OCSE (2007) era 1 professore ogni 15,8 studenti (OCSE, Education at a glance).
  Ma andiamo alle proposte. Sono valide autonomamente, perchè sorette da un "comune sentire". NL

  
  Le nostre proposte si rivolgono a interlocutori istituzionali diversi, a seconda del loro ambito, e possono far parte di un pacchetto che le città si impegnano a praticare nel proprio contesto urbano e territoriale e a sottoporre a Governo e Parlamento, anche in vista dei prossimi provvedimenti da assumere in materia economica. Esse riguardano:

1. la necessità di puntare sulla formazione del capitale umano. La società della conoscenza e dell'innovazione non nasce per caso, ma dall'intelligenza e dal sapere delle persone. Investire in istruzione significa creare le basi per poter ottenere dei frutti collettivi da queste intelligenze e da questi saperi. Ciò passa certamente attraverso investimenti nel corpo insegnante e nelle infrastrutture, ma anche attraverso il sostegno costante ai capaci e meritevoli, così come previsto dall'articolo 34 della Costituzione. Per realizzare politiche per l'università e l'innovazione, dunque, è necessario smettere di pensare solo alla ricerca e allo sfruttamento commerciale come monadi splendidamente isolate dal contesto e reintepretare in chiave moderna il concetto di sviluppo e di welfare basato sul sapere e l'innovazione;

2. il finanziamento di nuovi campus universitari in dieci atenei di qualità, per consentire loro di collocarsi ai primi posti nelle classifiche internazionali. Secondo alcune stime attendibili, se la revisione della spesa delle amministrazioni dello Stato (spending review) che è stata inserita nella legge di conversione del decreto di agosto, la n. 148 del 2011, fosse compiuta seriamente, in tempi relativamente brevi si potrebbero produrre risparmi ricorrenti pari a 5-10 miliardi di euro l'anno. Basti pensare che la spesa per beni e servizi dei ministeri è aumentata del 18% dal 2008 al 2010. Altre stime valutano in circa 5 miliardi l'anno, da destinare alla riduzione del debito, il possibile ricavato di un piano efficace di dismissioni patrimoniali. C'è quindi la possibilità, se si assume questa priorità nella politica nazionale, di destinare 1 miliardo di euro all'anno una tantum nel quinquennio 2012-2016, la metà di quello che ha stanziato la Francia, al finanziamento di nuovi campus universitari in dieci atenei di qualità che presentino progetti valutati da una commissione formata da esperti di fama internazionale. Per accedere a tale finanziamento di 500 milioni di euro per ognuno dei dieci atenei, i progetti devono riguardare lo sviluppo dell'edilizia destinata alla didattica, l'adeguamento delle strutture per la ricerca e il trasferimento tecnologico verso le imprese (Parchi tecnologici, tecnopoli, incubatori per le start-up), l'incremento della dotazione di alloggi per studenti, docenti e ricercatori, la realizzazione di strutture destinate alle attività culturali, ricreative e sportive. Gli atenei richiedenti devono necessariamente corrispondere a parametri di qualità certificati dall'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, e devono proporsi l'aggregazione di più università della stessa regione. I nuovi comparti di sviluppo universitario avrebbero effetti benefici sulle città nel loro complesso, creando nuovi poli di attrattività internazionale, di circolazione di idee e di persone destinate ad arricchire la vitalità della comunità urbana in ogni campo;

3. la stabilità del FFO per il funzionamento ordinario delle università, con un incremento programmato nel decennio 2012-2021 sia per avvicinare la spesa italiana alla media OCSE, sia per far fronte ai costi dei nuovi campus. Nello stesso arco temporale, la quota distribuita agli atenei in base alla spesa storica deve progressivamente esaurirsi e tutto l'FFO deve essere distribuito in base agli indicatori di qualità della didattica e della ricerca;

4. l'incremento programmato nel decennio 2012-2021 del fondo da ripartire tra le regioni per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione delle borse di studio per studenti, elevando dal 20% al 25% la quota massima delle loro contribuzioni, con il vincolo di assegnare almeno il 50% dei maggiori introiti ai servizi per gli studenti e alle borse di studio per i meritevoli;

5. la considerazione delle persone e delle comunità universitarie come potenziale inespresso per lo sviluppo delle città. Nelle università non ci sono solo le comunità studentesche che consumano e delle quali si continua a vedere prevalentemente il contributo economico al territorio. Gli atenei sono datori di lavoro sia per il personale docente e ricercatore, sia per quello tecnico e amministrativo, a cui vanno aggiunti i titolari delle diverse tipologie di contratto di lavoro a tempo determinato, come gli assegnisti e i borsisti di ricerca e, con la legge del 2010, i ricercatori stessi. Queste comunità esprimono una domanda tipica delle popolazioni giovanili (momenti di aggregazione culturale, luoghi e occasioni di incontro, servizi ricreativi e sportivi) e di altre classi di età, in modo particolare per quanto riguarda i servizi per l'infanzia e per la scuola, insieme a tutte le forme di sostegno per le donne che lavorano. In una prospettiva di crescente mobilità studentesca e di internazionalizzazione delle università, i docenti e i ricercatori che vi si recano temporaneamente hanno le stesse esigenze del personale qualificato di cui le imprese hanno bisogno. Ma le università possono anche essere un integratore di servizi culturali avanzati unico nel loro genere. Ciò vale per i loro sistemi museali e bibliotecari al servizio della didattica delle scuole cittadine, per il loro ruolo nei piani di marketing territoriale, per l'apertura alla cittadinanza delle loro attività attraverso specifiche iniziative formative e per il contributo che studenti e docenti possono dare alla vitalità della scena culturale delle rispettive città;

6. la realizzazione di programmi urbanistici per lo sviluppo delle università, con i relativi servizi per gli studenti e il personale. In tutte le città vanno promosse verifiche sullo stato di attuazione dei programmi di edilizia universitaria, anche al fine di predisporre i progetti per i dieci campus di livello europeo e mondiale. A Bologna, per esempio, il primo Protocollo di intesa tra università e città è stato sottoscritto nel 1994 ed è stato successivamente aggiornato nel 1999 e nel 2001. Le intese prevedono, fra l'altro, la realizzazione di nuovi comparti urbanistici destinati all'università con residenze e servizi, ma non sono stati ancora realizzati, nonostante il lungo tempo trascorso, a causa della mancanza dei finanziamenti statali. Al momento il costo previsto degli investimenti nel loro complesso è di 250-300 milioni di euro, posta una necessaria verifica circa l'adeguatezza delle previsioni in relazione a un'università che deve raggiungere nuovi traguardi internazionali nei prossimi decenni ed essere collocata nel contesto metropolitano e regionale, considerando anche tutte le problematiche relative al pendolarismo e ai trasporti. Per quanto riguarda il mercato delle abitazioni in affitto, va innanzitutto promossa una disciplina legislativa che faccia emergere il nero ed incoraggi il ricorso a regolari contratti. Deve essere incentivata la realizzazione di studentati e residenze per studenti e docenti, totalmente o parzialmente sussidiate, attraverso interventi di social housing congiunti tra pubblico e privato, forme di quasi mercato legate a progetti promossi da cooperative e sostegno strutturale a progetti specifici direttamente gestiti dalle università. Si tratta di un ambito particolarmente adatto a sperimentare forme evolute di partenariato tra pubblico e privato, utilizzando anche l'evoluzione in questa direzione degli indirizzi dell'Unione europea;

7. la valorizzazione della componente giovanile rappresentata dalla comunità studentesca, in modo particolare per quanto riguarda gli studenti stranieri. C'è una tendenza alla internazionalizzazione delle università che va incentivata, certamente per quanto riguarda i docenti e i ricercatori, ma ancor di più per la popolazione studentesca. L'impatto sociale del programma Erasmus in Europa è ormai un dato consolidato, soprattutto per le università che si sono mosse meglio in questo senso, anche grazie ad un tessuto urbano fornito di oggettive capacità attrattive. La novità sostanziale con la quale è necessario confrontarsi riguarda lo spazio dell'istruzione extra europeo. In molti casi, grazie a operazioni lungimiranti, esistono già realtà di collegamento con i paesi di nuovo sviluppo ed in particolare con la Cina, ma vi sono spazi molto ampi di azione per rivolgersi anche ad altre aree come India e Sud America, avendo grande attenzione per i paesi africani. La valorizzazione della presenza nel contesto urbano di giovani studenti stranieri rappresenta l'occasione per internazionalizzare le nostre città e per consolidare le politiche volte all'inclusione e alla interazione tra comunità che provengono da culture e paesi diversi;

8. la creazione di una figura istituzionale nel governo che sia focalizzata sulle politiche per l'innovazione, con il compito specifico di indirizzare e coordinare le competenze ora frammentate. E' la prima cosa se vogliamo fare davvero qualcosa e non continuare solo a parlare dell'importanza di questi temi. Prima di un qualunque intervento tecnico è necessario un forte segnale politico. Nell'attuale caratterizzazione istituzionale ciò può essere realizzato o attraverso un poco realistico spacchettamento" delle competenze in materia tra i vari ministeri interessati ed una riattribuzione, con relative risorse, ad un ministero ad hoc, oppure da un presidio istituzionale incardinato nella Presidenza del Consiglio, con specifici obblighi di coordinamento interministeriale in materia, che condizioni l'effettivo utilizzo delle risorse allocate;

9. l'affermazione del principio secondo il quale le risorse investite nel sostegno dell'offerta sono sprecate, se non si interviene anche sulla domanda di ricerca e innnovazione. Anche ragionando a risorse costanti, e considerare le risorse aggiuntive che pure sarebbero necessarie, è concretamente possibile lavorare attraverso riforme a costo zero che intervengano sulla concorrenza, sul mercato del lavoro dei ricercatori, affinché competenza e merito siano preferiti a privilegi e stabilità, sul coordinamento con le politiche europee e ancor più con quelle regionali, per esempio per un più efficace utilizzo dei fondi strutturali;

10. la riconsiderazione del ruolo della domanda pubblica in innovazione e ricerca con particolare riferimento ai nuovi investimenti. Essa è ritualmente percepita come fonte di sprechi, inefficienze e corruzione, mentre in realtà, come si può ben vedere dai documenti di indirizzo dei piani di investimento in ricerca e innovazione dall'Europa, agli USA, alla Cina, è un elemento trainante per lo sviluppo dei mercati per le nuove tecnologie. Si pensi a casi concreti come quello della sanità, che non significa solo acquisto di farmaci, ma di un vastissimo insieme di beni ad alto contenuto tecnologico (es. apparecchiature, strumenti, protesi, prodotti biomedicali, etc.). Oppure al caso dei trasporti, dove la componente di investimento pubblico rimane di gran lunga prevalente, senza tralasciare l'adozione di ICT, di cui si parla già da tempo. Qui un forte sostegno agli strumenti più evoluti del Public Procurement, come ad esempio il dialogo competitivo, già previsti sul piano normativo dalle direttive europee sugli appalti pubblici, può rappresentare una modalità concreta di intervento su regole fondamentali senza necessità di copertura finanziaria;

11. il riconoscimento del ruolo insostituibile dello Stato in economia nel campo dei beni pubblici, poiché alcuni di questi sono fondamentali per lo sviluppo di innovazione. Il tema degli investimenti in grande infrastrutture abilitanti è reso più complesso dalle attuali condizioni della finanza pubblica, ma non è meno rilevante in un momento di stagnazione con prospettive di crescita contenute anche nel medio termine. Questo è un campo spinoso anche sul versante del dibattito politico, poiché prevede un'inversione di tendenza rispetto al ruolo del pubblico in beni che sono stati profondamente cambiati dal processo di privatizzazione. L'accesa discussione sul possibile scorporo della rete da Telecom Italia è indicativa in tal senso, e l'apparente soddisfazione dei privati rispetto alla promessa di stanziamento recente di fondi per la banda larga, già messa in discussione, è un chiaro segnale dell'impossibilità di attivare investimenti concreti e significativi su queste infrastrutture se si esclude un diretto impegno del pubblico. Senza investimenti pubblici non ci sarebbe Internet. Senza la nazionalizzazione delle società elettriche degli anni '60 non avremmo una rete come quella attuale, e lo stesso vale per le ferrovie. Senza intervento dello Stato non sarebbe iniziata la scoperta dello spazio e non avremmo beneficiato di una serie lunghissima di innovazioni, che si sono direttamente tradotte in applicazioni concrete a cui facciamo riferimento quotidianamente .
   Se vogliamo che parole come NGN, Smart Grid e simili non restino sigle anonime, bisogna avere il coraggio di orientare la spesa pubblica non solo su ponti e strade, ma anche sulla riorganizzazione delle infrastrutture abilitanti, inclusi gli assetti proprietari.

* Fonte: http://www.laboratoriourbano.info/chi-siamo/

 

EDIZIONI PRECEDENTI


IL RETTORE DIONIGI alla FESTA dell'UNITA'
Bologna 16 settembre 2011

rettore-festa-unita16set-2001.jpeg.jpg (26217 byte)Foto ripresa dal Carlino

"Rettore barricadero" ? (Corriere di Bologna, p. 7, 17 set )

   1.- Il 15 settembre u.s. aveva avuto luogo in S. Lucia (Aula Magna, 900 posti) la cerimonia di commemorazione della Magna Charta Universitatum, con l'adesione di ulteriori 23 università di vari Paesi. Era evidente che Bologna fruiva del buon nome, sparso nel mondo, frutto del lavoro di secoli. E' noto che la Magna Charta proclama i valori universali della cultura, della ricerca, e   specificamente della libertà di ricerca.
   Ma l'Aula era coperta solo per 1/3, tra cui le delegazioni che avevano accompagnato i rispettivi Rettori.
    Questo mi è sembrato un fatto anomalo, perchè è tradizione che l'Aula si riempia in seguito alle chiamate del Rettore.

  2.- Davanti all'entrata principale, c'era un picchetto, altrettanto anomalo, che distribuiva un volantino, in  cui gli veniva contestato di predicare bene, ma di razzolare male, e precisamente:
  a) di predicare bene, nel senso che aveva dichiarato : "[La Magna Charta] e' l'occasione per riscoprire la nostra funzione sociale, per riaffermare il principio dell'autonomia, quella legislazione interiore dell'intelletto e della cultura che ci contraddistingue. Abbiamo bisogno di un ritorno all'autonomia, non puo' essere che ogni anno veniamo massacrati da riforme e circolari. Fateci vivere, poi esaminateci e nella valutazione si mantenga fede ai patti: risorse premio a chi se le merita. […] Speriamo che si fermi la politica dei tagli, perché la crescita si fa solo con la cultura, la formazione e la ricerca. I veri temi del Paese sono due: lotta all'evasione e prospettive per i giovani";
  b) di razzolare male, nel senso che, solo qualche mese fa (luglio)   aveva varato uno statuto anti-libertario, in aperto conflitto con la Intersindacale Universitaria locale, e perfino in conflitto con un referendum, a larga partecipazione: anzi aveva applicato la legge GELMINI, di riforma universitaria, molto oltre la severità di Governance richiesta dalla legge .

3.- Ulteriormente chiarendo, Dionigi era venuto a trovarsi in conflitto con   la sua base elettorale, notoriamente di sinistra.
    Ecco una importante spiegazione di quelle assenze a S.Lucia, anzi veramente tante, per cui essi sono, probabilmente, il segno di una disaffezione più generale dei professori.
    Dionigi preoccupato ? Il giorno dopo (16 set.), la TV locale ci ha mostrato un Dionigi alle Festa dell'Unità (vale dire, a quella festa molto popolare, che proviene dalla storia del Partito Comunista).

    In quella stessa circostanza, riferisce la stampa locale, Dionigi aveva rincarato la dose contro il Governo: "Ai giovani lasciamo solo debiti".

4.- Ci viene un dubbio: Dionigi ha avviato una nuova fase politica nell'Ateneo, quella per il recupero della propria base elettorale ?
  Se l'obiettivo è recuperare spazi di libertà scientifica per l'Atenei, penso che la strada della Festa dell'Unità sia la meno convincente.
  I partiti, di qualunque corrente, hanno sempre cercato di catturare la cultura, per trarne benefici in termini di consenso elettorale. E dunque, mettersi sotto l'ala di un partito, non è sicuramente un modo di difendere la libertà di ricerca e di insegnamento.
  Di sicuro, questo vale anche per il suo elettorato universitario di sinistra. Se così non fosse, perchè questo elettorato avrebbe sostenuto con tantta forza il referendum dei sindacati e delle assoziazioni universitarie ?
  Direi proprio che una Università, a maggior ragione una Università-simbolo nella storia e nel mondo, non si deve confondere con un partito, e neppure alimentare il dubbio di fumo in tal senso. Nino Luciani

 


CONTRIBUTI STUDENTESCHI, SOPRA IL 20% DEL FFO
TAR  condanna l'Ateneo di Chieti

    Nota. La questione del FFO delle Università si intreccia con la determinazione dei contributi studenteschi: nel senso che, per legge, il loro ammontare non può superare il 20% del FFO - Fondo statale per il Finanziamento Ordinario.
   Ma in questi anni, a causa del calare del FFO (soprattutto in termini di potere d'acquisto della moneta) è venuto sopraggiungere una strozzatura del bilancio delle università: quello di dovere abbassare i contributi, per effetto della riduzione del FFO. L'adempimento era contro natura per le università, e infattu la metà ha abbondantemente superato il limite.
   Tra queste si direbbe ci sia stata anche Bologna, giacchè è pendente un ricorso al TAR dell'Emilia Romagna, contro il superamento del limite.
   Nel caso di Chieti, si è venuto a sapere di un analogo ricorso, il cui esito (il 20.3.2011) è stato a favore degli studenti.
  La conseguenza è che l'università dovra' restituire agli studenti il mal tolto. Qui sotto riportiamo la relativa sentenza.

N. 00217/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00599/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 599 del 2007, proposto da: Domenico Tucci, quale presidente dell’associazione "360 gradi", Enzo Di Marzo, Stefania Cianfrone e Antonella Golinelli, rappresentati e difesi dall'avv. Fabrizio Rulli, con domicilio eletto presso il suo studio, in Pescara, viale D'Annunzio 24;

contro

L’Universita' degli Studi di Chieti "G.D'Annunzio", rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato de L'Aquila, domiciliata per legge in L'Aquila, via Portici S.Berardino;

                                                                        per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di data 27 luglio 2007 contenente il Manifesto generale degli studi per il 2007 - 2008 recante tra l’altro la determinazione degli importi dei contributi universitari posti a carico degli studenti;
della delibera del Senato accademico di data 16 luglio 2007.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Universita' degli Studi di Chieti "G. D'Annunzio";
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2011 il presidente Umberto Zuballi e uditi l'avv. Rulli Fabrizio per i ricorrenti e l'avv. distrettuale dello Stato Pardi Domenico per l'Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

                                                                              FATTO
I ricorrenti sono studenti iscritti all’Università mentre l’associazione che ricorre ha come scopo statutario quello di tutelare i diritti degli studenti.
A sostegno illustrano i seguenti motivi di ricorso:
1. Violazione dell’art. 32 comma D dello Statuto dell’Università, in quanto non è stato assunto il parere obbligatorio del Senato degli Studenti.
2 Violazione art 5 comma 1 del dPR 306 del 1997, recante il regolamento sui contributi universitari. La contribuzione studentesca non può superare il 20 % del finanziamento ordinario statale, mentre nel caso il limite risulta superato per giungere al 22,78 %.
Resiste in giudizio l’Avvocatura dello Stato che a confutazione del ricorso deposita una relazione dell’amministrazione. Osserva in particolare come mancherebbe in capo agli studenti la legittimazione attiva, né era necessario acquisire il parere del Senato degli studenti.
Infine, nel corso della pubblica udienza del 10 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

                                                                           DIRITTO
Oggetto del presente ricorso sono la deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di data 27 luglio 2007 contenente il Manifesto generale degli studi per il 2007 - 2008 recante tra l’altro la determinazione degli importi dei contributi universitari posti a carico degli studenti e la pregressa delibera del Senato accademico di data 16 luglio 2007.
Gli studenti e l’associazione che si occupa di tutelare in vario modo gli studenti stessi appaiono legittimati al ricorso, in quanto l’atto impugnato lede gli interessi economici degli allievi universitari e il loro diritto alla partecipazione alla determinazione delle rette.
Va subito evidenziato che il ricorso risulta fondato.
Invero, la stessa amministrazione ammette che il Senato degli studenti non è stato sentito sulla questione; orbene, l’art 32 dello Statuto prevede che il Senato degli studenti deve obbligatoriamente esprimere il proprio parere sulla contribuzione da porre a carico degli studenti, con un parere obbligatorio ma non vincolante. Ovviamente il parere assume comunque rilevanza, anche se potrebbe essere disatteso, perché con la sua forza persuasiva in grado di influenzare la successiva determinazione.
Quanto alla seconda censura, l’amministrazione afferma che l’unico dato certo è quello consuntivo, su cui calcolare la percentuale massima.
Orbene, proprio dal bilancio consuntivo emerge che il finanziamento assegnato risulta per il 2007 pari a euro 82.370.817, per cui la percentuale a carico degli studenti risulta superiore al limite massimo del 20 %.
Il ricorso va quindi accolto e i provvedimenti gravati vanno annullati.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

                                                                            P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Condanna l’Università al pagamento a favore dei ricorrenti delle spese e onorari di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000 (tre mila), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Michele Eliantonio, Consigliere
Dino Nazzaro, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 


Ateneo di Bologna: una vecchia questione sulla firma degli Atti amministrativi


Rettore "firma facile (?)" ... di atto illegittimo
.
Disparità di trattamento verso i professori PAM.

Se si è trattato di svista, riemerge la necessità della controfirma del
dirigente amm.vo del settore, che garantisca la legittimità dell'atto.

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Ivano Dionigi

    Nota. 1.- Risulta che, il 27.12.2010, il rettore ha emanato, un atto che riconosceva la qualifica di "professore onorario dell'Alma Mater" ad un Collega il quale non era in possesso del requisito previsto per legge: dunque, se così fosse l’atto sarebbe illegittimo e il Rettore dovrebbe annullarlo d’ufficio.
   Vediamo la fattispecie. Per delibera del Senato Accademico, il requisito per ottenere la qualifica di “professore onorario dell’alma Mater” è la rinuncia del Professore al diritto al biennio, dopo i 70 anni, ex-art.16 del D. Lgs. 503/92.
  Va ricordato che la legge 133/2008, art. 72, ha subordinato il diritto al biennio al fatto che l'università accetti le domande per necessità didattiche.
   Poichè questo professore non aveva fatto domanda per il biennio (e addirittura aveva chiesto il titolo senza aver, prima, fatto domanda per il biennio aggiuntivo), e dunque l'università non gli aveva riconosciuto il diritto di restare, egli non era in condizioni di rinunciare ad un diritto non acquisito, e dunque mancava il presupposto per l'attribuzione, da parte del Rettore, del diritto a fregiarsi del titolo di professore onorario dell'Alma Mater.
  Se così è, si sarebbe fatto felice solo "qualcuno", in quanto l'Ateneo non ha usato lo stesso trattamento a quanti avevano fatto domanda per il biennio, ed anzi era stato loro risposto: "no grazie, non abbiamo bisogno", ex-art. 72, c. 7.
   Sta, poi, di fatto che quel diritto ai 2 anni aggiuntivi sarà cassato definitivamente dalla legge Gelmini 29 gennaio 240/2011, perchè l'art. 25 dispone che " L’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica a professori e ricercatori universitari. I provvedimenti adottati dalle università ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i loro effetti". Nel caso de quo, gli effetti (vale dire il decorso del biennio aggiuntivo) sarebbero decorsi dal prossimo 1 nov. 2013 (perchè nato nel 1943).

  2.- Il rilievo al Rettore (che ha firmato l'atto, forse inavvedutamente) è meritevole di marcatura, perchè è riconducibile ad una fattispecie generale, che affligge molti Colleghi (Presidi, Direttori di Dipartimento,...): quella di dover firmare (per mancanza di tempo, quasi per forza maggiore) montagne di atti, senza poterli visionare il tempo che serve.
   In generale, il firmare montagne di atti senza vedere bene .... può arrecare conseguenze pesanti (ne sa qualcosa il Dipartimento di Scienze Economiche), e perfino le manette nei casi più gravi.
  La riforma dello Statuto, in corso nell'Ateneo, è una occasione per correggere l'anomalia, sulla base del principio, già nelle leggi, della separazione tra politica e amministrazione: Il problema può essere risolto decidendo che il Rettore (il Preside, il Direttore del Dipartimento) firmino gli atti per parte politica, mentre i Responsabili amministrativi li firmino preventivamente assumendo la responsabilità della loro legittimità. Vale dire gli atti vanno al Rettore, solo dopo che il Dirigente amm.vo li ha firmati, assumendone la responsabilità circa la conformità alla legge. NINO LUCIANI

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Ateneo di Bologna:
"Fondazione  ALMA MATER" verso un  nuovo assetto

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Francesco Vella
Presidente Fondazione

Per diversificare fonti finanziarie dell'Ateneo

CdA dice
"SÌ"  alla trasformazione della   Fondazione  ALMA MATER" in  una  fondazione universitaria di diritto privato, ex-DPR  254/2001

Sotto è riportato uno stralcio del DPR

Silenzio del Rettore su " ALMA MATER Srl "

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Ivano Dionigi

Le grandi linee approvate dal CdA

   La FAM dovrà acquisire lo status di fondazione universitaria, di diritto speciale, ai sensi del D.P.R. 254/2001*.
  Questo permette alla Fondazione di acquisire la personalità giuridica e conseguentemente la responsabilità patrimoniale nei limiti del capitale conferito .
    Le fondazioni universitarie si configurano come strumenti operativi degli Atenei di riferimento, ai quali spetta definire le linee guida dell'attività di tali fondazioni, approvare il piano pluriennale delle attività delle stesse e verificare l'attuazione delle suddette linee guida.
   A fronte dello speciale collegamento con l'ente di riferimento, le fondazioni universitarie, sono legittimate a svolgere per essi attività di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto e promozione.
 

   L'attuale Fondazione Alma Mater è, invece, un ente regolato dal codice civile, ma istituito da un ente di diritto pubblico, e cioè dall'Ateneo. Insomma essa è un vero monstrum giuridico, perchè sfugge ai controlli tipici degli enti di diritto pubblico e a quelli di contabilità pubblica.
  Lo si è utilizzato come una sorta di organismo di missione dell'Ateneo caratterizzato da autonomia nella definizione delle attività volte al perseguimento delle finalità statutarie della FAM medesima.

  Tra le linee di azione ora proposte, le più attese sono :
   - il ruolo di service della Fondazione tra il mondo universitario e il territorio (e particolarmente tra aziende e università) per alta formazione, progetti speciali, consulenza e ricerca, servizi, fund raising e merchandising;
  - superare la problematica di sovrapposizioni tra i ruoli di FAM e di altri attori istituzionali, che ha caratterizzato il primo periodo di attività della Fondazione e che il nuovo assetto direttivo e gestionale intende risolvere, definendo con chiarezza competenze e ambiti di intervento;
  - promozione e sostegno alla ricerca e al trasferimento della conoscenza, privilegiando quei settori di riferimento che non risultano già coperti da altre realtà istituzionali cui l'Ateneo partecipa;
  - l'attività di FAM quale gestore di sovvenzioni globali, con riferimento ai finanziamenti erogati dal Fondo Sociale Europeo e al previsto rinnovo del consorzio Spinner per il prossimo triennio.

_______________________________________________

* STRALCIO dal "DPR 254/2001. Regolamento recante criteri e modalita' per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388".

Art. 1- Personalita' giuridica delle fondazioni e finalita' 
1.....  le universita' statali,... al fine di realizzare l'acquisizione di beni e servizi alle migliori condizioni di mercato, nonche' per lo svolgimento delle attivita' strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca, possono costituire, singolarmente o in forma associata, fondazioni di diritto privato disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal presente regolamento, dal codice civile e dalle relative disposizioni di attuazione.
....
3. Il riconoscimento della personalita' giuridica e' concesso ai sensi dell'articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361.
4. Le fondazioni sono persone giuridiche private senza fini di lucro ed operano esclusivamente nell'interesse degli enti di riferimento.
5. Gli enti di riferimento esercitano nei confronti della fondazione le funzioni di indirizzo e di riscontro sull'effettiva coerenza dell'attivita' delle fondazioni con l'interesse degli enti medesimi.
6. Le fondazioni perseguono i propri scopi con tutte le modalita' consentite dalla loro natura giuridica ed operano nel rispetto di principi di economicita' della gestione. Non e' ammessa sotto qualsiasi forma la distribuzione di utili. Eventuali proventi, rendite o altri utili derivanti dallo svolgimento delle attivita' previste dagli statuti sono utilizzati interamente per perseguire gli scopi della fondazione.

Art. 2.- Tipologie di attivita' attribuibili alle fondazioni
   1. Le fondazioni possono svolgere, a favore e per conto degli enti di riferimento, una o piu' delle seguenti tipologie di attivita',secondo quanto previsto dai rispettivi statuti:
a) l'acquisizione di beni e servizi alle migliori condizioni di mercato;
b) lo svolgimento di attivita' strumentali e di supporto della didattica e della ricerca scientifica e tecnologica, con specifico riguardo:
1) alla promozione e sostegno finanziario alle attivita' didattiche, formative e di ricerca;
2) alla promozione e allo svolgimento di attivita' integrative e sussidiarie alla didattica ed alla ricerca;
3) alla realizzazione di servizi e di iniziative diretti a favorire le condizioni di studio;
4) alla promozione e supporto delle attivita' di cooperazione scientifica e culturale degli enti di riferimento con istituzioni nazionali ed internazionali;
5) alla realizzazione e gestione, nell'ambito della programmazione degli enti di riferimento, di strutture di edilizia universitaria e di altre strutture di servizio strumentali e di supporto all'attivita' istituzionale degli enti di riferimento;
6) alla promozione e attuazione di iniziative a sostegno del trasferimento dei risultati della ricerca, della creazione di nuove imprenditorialita' originate dalla ricerca ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), n. 1), del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, della valorizzazione economica dei risultati delle ricerche, anche attraverso la tutela brevettale;
7) al supporto all'organizzazione di stages e di altre attivita' formative, nonche' ad iniziative di formazione a distanza.

N. Luciani, Sarà vera gloria ?

1.- Premessa.
Della Fondazione e di quella anomalia, da essa generata, che si chiama "Alma Mater Srl", già abbiamo fatto un servizio, a cui rinviamo (Clicca su "inchiesta").
  Ricordo anche che nel secondo incontro elettorale dei candidati a rettore (aprile 2009),  si era discussa la opportunità di diversificare le fonti di finanziamento della nostra università, attraverso una rinnovata ricerca del dialogo con gli enti pubblici e privati della regione.
   Con questa mira, si era fatto riferimento alla Fondazione Alma Mater, come strumento di reperimento di finanziamenti, in un rinnovato rapporto con gli enti pubblici e il mondo delle imprese.

    Precisamente, il prof. Giulio Ghetti, aveva proposto di trasformare la Fondazione attuale in una Fondazione di diritto universitario.
 2.-  Sfiducia di due consiglieri di amministrazione.

   Va preso atto con soddisfazione di questo passo del rettore Dionigi, ma non va sottovalutata la sfiducia di due consiglieri di amministrazione: "Cosa mai può far pensare che le cose cambieranno, come saldo di bilancio, rispetto alla vecchia Fondazione ? ".
   I punti focali vertono:
  a)  sul peso, nella attività della nuova Fondazione, che potrà avere una diversa modulazione degli obiettivi, e qui domina su tutti le ricerca di un diverso rapporto tra l'Università e il territorio;
  b) chi soni i soggetti che saranno disponibili a condividere i rischi del nuovo percorso.
  Sul punto a), è una buona partenza la dichiarata consapevolezza, del Presidente Vella, della centralità di nuovi rapporti tra università e territorio.
   a1- Tuttavia, la situazione che ereditiamo è quella di un inesistente rapporto tra imprese e università, derivante dalla sclerosità dell'Ateneo. Es.: per perfezionare un contratto di ricerca, i tempi sono di solito mesi, e un'azienda ha bisogno di decisioni in tempo reale. Occorrerà tempo (e fatti) per modificare i comportamenti e recuperare stima;
  a2- Sul versante dei "contratti di ricerca per conto terzi", c'è una consuetudine sfocata, altrettanto consolidata, di rapporti diretti tra docenti e imprese, intermediati dai dipartimenti, soprattutto tecnologici. Questi rapporti non hanno mai superato una certa soglia, perchè distorti da comportamenti "mafiosi" dell'ateneo.
  Trattasi di una trattenuta, sull' "utile" del contratto, variabile dal 21% al 40% (dipende dalla % di utile, rispetto al finanziamento), a favore del personale della amministrazione centrale. A causa di questa trattenuta (che si aggiunge alle imposte sul redditi e ai contributi previdenziali), i ricercatori sono disincentivati a cercare contratti
   La trattenura era motivata, a suo tempo, dalle prestazioni dell'amministrazione centrale (per perfezionare i contratti) per conto degli Istituti. Ma poi, in seguito al DPR 382/80, gli istituti furono sostituiti dai Dipartimenti, dotati di autonomia amministrativa. Dunque cadeva la ragione della trattenuta, e che essendo stata mantenuta è divenuta un "pizzo" mafioso. Sulla storia e la modalità di calcolo della trattenura, clicca su: finanziamento privato.
   Della conoscenza di questa anomalia e della volontà di abbatterla, nulla risulta nel "riferimento" al CdA.
    Sul punto b), viene naturale domandarsi chi potranno essere i soci privati e pubblici dell'Ateneo, nella nuova Fondazione.
   Se questa dovrà accollarsi i debiti di quella precedente, i vecchi soci potrebbero rifiutarsi di diventare nuovi soci (per tanti motivi, che si possono immaginare: eccesso di onerosità ereditata, l'essere stati by-passati quando venivano assunti impegni di spesa; perchè non ne condivide i nuovi obiettivi).
   L'Ateneo dove troverà i quattrini ?  In passato le spese delle università venivano finanziate, a piè di lista, dallo Stato, e invece oggi la situazione è molto cambiata, dopo la legge Gelmini. Gli "altri" soci, ci staranno ancora con un Ateneo, che finanziariamente non è quello di prima ?


 3. "Altri modi" di sostegno, dello Stato, agli Atenei ?
  
In compenso, ci sono alcune leggi (completamente ignorate nel "riferimento" al CdA) che incentivano i finanziamenti privati allle università. Ricordo:
  - la legge finanziaria n. 296 del 2006, art. 280, che ha disposto un credito di imposta del "15% dei costi di ricerca e sviluppo riferiti a contratti (di privati - n.d.r:) stipulati con università ...";
  - il TUIR, art. 10, lettera l-quater, che indica, tra gli oneri deducibili ai fini fiscali , "le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di universita', fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, del Fondo per il merito degli studenti universitari,.... ". ai bisogni finanziari degli Atenei.
   Su queste leggi (e, sperabilmente, su nuove, più generose e intelligenti verso il futuro dell'Italia) la Fondazione potrebbe fare un pensiero.

4. Sulle sovrapposizioni di competenze tra università e fondazione ? Nel "riferimento" per il CdA, v'è un accenno esplicito alla opportunità di evitare dette sovrapposizioni. Ma di cosa si tratta, nulla è stato detto.
  Master. Personalmente considero sovrapposizioni di competenze i "master", gestiti dalla Fondazione, e che potrebbero essere gestiti direttamente dall'Università.
  Essi, non solo portano comunque, in qualche modo, a duplicazioni di uffici (delle due istituzioni) per le stesse cose, ma anche sono fonte di corruzione, nel senso che le discipline dei master finiscono per essere affidate a "persone" del potere, e dunque per generare consenso e voti a quelli del potere. Ciò è fattore deviante la corretta gestione della didattica.

  Perchè, poi,  per gli "incaricati" non sono stati richiesti i prescritti "nulla osta" delle Facoltà ? (Vedi inchiesta del nuovo Rettore).
  Spin Off. Ci sono gli "Spin Off", attività private svolte dentro i Dipartimenti. Essi sono stati istituiti a Bologna con Decreto Rettorale (2002), in applicazione del D.Lgs 297/1999. Poco ne sappiamo, oltre alla ragione sociale e agli scopi, pur se l'Ateneo ne è socio (10% del capitale). Non ho mai trovato traccia nel bilancio dell'Ateneo sotto forma di "utili" o "perdite" pro-quota capitale partecipato.
  Questa materia andrebbe riconsiderata dalla nuova Fondazione, per verificarne la coerenza degli "spin off" con i fini istituzionali dell'Ateneo.
  Alma mater Srl".  Resterà una "Alma mater Srl", con la finalità di svuotare i poteri della Fondazione, e generare rapporti economici al di fuori del controllo istituzionale?
  Anche di questa si tace nel "riferimento". Nino Luciani

 
   2. Per il perseguimento delle finalita' di cui al comma 1 le fondazioni possono, fra l'altro:
a) promuovere la raccolta di fondi privati e pubblici e la richiesta di contributi pubblici e privati locali, nazionali, europei e internazionali da destinare agli scopi della fondazione;
b) stipulare contratti, convenzioni, accordi o intese con soggetti pubblici o privati;
c) amministrare e gestire i beni di cui abbiano la proprieta' o il possesso, nonche' le strutture universitarie delle quali le sia stata affidata la gestione;
d) sostenere lo svolgimento di attivita' di formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, anche attraverso la gestione operativa di strutture scientifiche e/o tecnologiche degli enti di riferimento;
e) promuovere la costituzione o partecipare a consorzi, associazioni o fondazioni che condividono le medesime finalita', nonche' a strutture di ricerca, alta formazione e trasferimento tecnologico in Italia e all'estero, ivi comprese societa' di capitali strumentali a dette strutture. Nel caso di partecipazione a tali societa' di capitali la partecipazione non puo' superare il cinquanta per cento dell'intero capitale sociale;
f) promuovere e partecipare ad iniziative congiunte con altri istituti nazionali, stranieri, con amministrazioni ed organismi internazionali e, in genere, con operatori economico e sociali, pubblici o privati;
g) promuovere seminari, conferenze e convegni anche con altre istituzioni e organizzazioni nazionali ed internazionali o partecipare ad analoghe iniziative promosse da altri soggetti.
3. Le fondazioni agevolano la partecipazione alla propria attivita' di enti e amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, sviluppando ed incrementando la necessaria rete di relazioni nazionali ed internazionali funzionali al raggiungimento dei propri fini
........
Art. 4. - Patrimonio
1. Il patrimonio della fondazione e' costituito:
a) dalla dotazione iniziale in beni mobili e/o immobili conferita dai fondatori all'atto della costituzione;
b) dai beni mobili ed immobili che perverranno alla fondazione a qualsiasi titolo, nonche' da contributi, donazioni e lasciti di persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, la cui accettazione sia deliberata, previo gradimento degli enti di riferimento, dal consiglio di amministrazione della fondazione e che il consiglio stesso decida di imputare a patrimonio;
c) dai proventi delle attivita' proprie che il consiglio di amministrazione deliberi di destinare ad incremento del patrimonio;
d) dagli utili, derivanti dalle contribuzioni di cui all'articolo 6, che il consiglio di amministrazione decida di imputare a patrimonio;
e) dai fondi di riserva costituiti con eventuali avanzi di gestione. 
Art. 5. - Fondi di gestione
1. Per l'adempimento dei propri compiti le fondazioni dispongono:
a) di ogni eventuale provento, contributo, donazione o lascito destinato all'attuazione degli scopi statutari e non espressamente destinato all'incremento del patrimonio;
b) dei redditi provenienti dalla gestione del patrimonio;
c) dei corrispettivi per le prestazioni di cui all'articolo 12, comma 3. 
Art. 6. - Partecipazioni ed adesioni
1. Partecipano alla costituzione della fondazione, oltre agli enti di riferimento, gli enti e le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati individuati dagli enti di riferimento medesimi che abbiano accettato di contribuire, nella misura indicata nello statuto, al fondo di dotazione iniziale e al fondo di gestione della fondazione mediante contributi in denaro, in attivita' o in beni materiali e immateriali. Tali soggetti assumono la qualifica di "Fondatori".
2. Assumono la qualifica di "Partecipanti istituzionali" alla fondazione, previo gradimento della stessa e dell'ente di riferimento, enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati che condividendo le finalita' della fondazione, contribuiscono alla realizzazione dei suoi scopi mediante contributi in denaro annuali o pluriennali, in attivita' o beni materiali e immateriali, in misura non inferiore a quella all'uopo stabilita annualmente dal consiglio di amministrazione della fondazione.
3. Assumono la qualifica di "Partecipanti" enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati che contribuiscono in via non continuativa agli scopi della fondazione con mezzi e risorse in misura non inferiore a quella all'uopo stabilita dal consiglio di amministrazione della fondazione. 

Seguono artt.da 7 a 15 per statuto.

 


In seguito ad una recente sentenza del "Tribunale dell'UE"
sull'uso delle lingue tedesca, inglese e francese nell'Unione

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Per una discussione sempre rinviata
sull'uso della lingua inglese nel dibattito scientifico

"Solo  Inglese" ?
oppure
" Italiano  e  inglese" ?

 
1.- Premessa. Il problema qui sottoposto ai Colleghi riguarda l'uso della lingua inglese nel dibattito scientifico e nei congressi internazionali, e che è una cosa diversa dal fatto qui raccontato, ma solo in parte.
  L'occasione scatenante, per così dire, viene da una recente sentenza (3 feb. 2011 ) del Tribunale della Unione Europea (Sesta Sezione) che annullava un bando di concorso dell'UE, in seguito a ricorso del Governo Italiano contro un bando di concorso della Commissione europea, pubblicato in tedesco, inglese e francese.
  Secondo il Governo italiano la restrizione della pubblicazione alle sole tre lingue è discriminatoria nei confronti dei cittadini europei che parlano le altre 20 lingue ufficiali, in quanto non hanno la pari opportunità di venire a conoscenza dei posti a concorso.
   Per notizia, i precedenti ricorsi analoghi del Governo italiano erano stati respinti.

2.- Perchè l'inglese nel dibattito scientifico ? Mi sembra utile chiarire subito che l'uso di una lingua di largo uso internazionale è una necessità per la conoscenza dei risultati delle ricerche locali, e anche per la verifica, in area ampia internazionale, della validità delle scoperte scientifiche locali, e anche per la loro diffusione, perchè chiunque ne possa trarre beneficio.
  In questo senso, il problema qui posto non è quello della adeguatezza dell'inglese, ai suddetti fini, ma un'altra cosa: quello del danno che deriva agli scienziati dei singoli Paesi, se l'inglese è usato con criteri monopolistici, soppiantando tutte le altre lingue.

3.- Veniamo al danno. Ho potuto constatare, nei congressi internazionali di economia pubblica, che l'uso esclusivo dell'inglese crea (nel dibattito) una supremazia intellettuale dei colleghi di madre lingua inglese, rispetto agli altri (a conoscenza dell'inglese).
  Diciamo anche che l'inglese, parlato da un austriaco o da un cinese, è difficilissimo da capire e seguire nei dettagli.   Ci sono altre considerazioni:
  a) Chiunque di noi pensa direttamente nella madre lingua, e di conseguenza la parlata in inglese è in qualche modo distorsiva rispetto ad una parlata corretta in inglese, a causa di una certa sintassi delle proposizioni,... e cosi' via.
  b) Alla lunga, questo monopolio crea una vera a propria colonizzazione dei Paesi di lingua inglese, nei confronti degli altri, e finanche la distruzione delle scuole scientifiche locali.
  Il meccaniso della colonizzazione scientifica consiste nel fatto che i nostri giovani, appena possono, scappano negli Stati Uniti, in Inghilterra ... (a causa dell'inglese, da imparare) e del fatto che ivi la ricerca e' meglio remunerata, che in patria.
  Ne deriva che i nostri giovani trascurano di conoscere in profondità la tradizione scientifica italiana, e invece imparano quella dei Paesi dove vanno a fare studio. Accade di constatare che vecchi e noti teoremi della scuola italiana sono proposti da nostri giovani, rientrati in patria, come novità dei Paesi di temporanea emigrazione.
  Ma un tempo non era così. Negli anni '60 (1960-70) gli americani venivano in Italia, per approfondire la conoscenza della scuola italiana di sienza delle finanze (è il caso del Premio Nobel, James Buchanan). Ma adesso queste cose sono divenute impensabili. Questo è un danno per tutti, anche sul piano internazionale.

4. Quale rimedio ?
Sarebbe bene affrontare il problema, innanzitutto, già a livello internazionale. A mio parere, il rimedio dovrebbe essere l'obbligatorietà del multi-linguismo, sia pure in limiti ragionevoli. Ad esempio, si potrebbe cominciare con l'ammettere che chiunque possa parlare in madre lingue, ma ci sia la traduzione simultanea in alcune altre lingue più diffuse: vale dire, oltre l'inglese (sempre), le principali lingue europee, il cinese, altre ...., parlate dai partecipanti (di cui si ha la conoscenza preventiva).
   Purtroppo anche questa via non è la più semplice, perchè il traduttore dovrebbe essere anche studioso del campo scientifico.

5. No al provincialimo a oltranza. Ci sono, poi, anche degli eccessi, ad es., in certi dipartimenti delle singole universita', la comunicazione dei vari seminari, avviene in lingua inglese, mentre poi (di fatto) il seminario si svolgera'  in italiano. A mio parere, chi non è orgoglioso della propria lingua anche in apparernza, si comporta in modo snobbistico. Nino Luciani

 


Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) 2010
.

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Pubblicato il Decreto Ministeriale 21 dicembre 2010 n. 655
( http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/dicembre/dm-21122010.aspx )

INTERVISTA AL PROF. GIANNI PORZI
RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO NEL CDA  ATENEO DI BOLOGNA
PER IL BILANCIO PREVISIONE DI BOLOGNA 2011

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Guanni Porzi

LA CIFRA  TOTALE DEGLI   ATENEI  IN ITALIA  (in milioni di € )

 Anno

2008 (consuntivo)

2009
(consuntivo)

2010 (previsione assestata)

 FFO

  €    6.801,5

€   6.946,1

€   6.256,385

Fondo annuale straordinario art. 2, c. 428 L.F. 2008

   €     550,0

       €      550,0           €      550,00
Incremento dotazione finanziaria FFO, L.F.   2009           €      400,00
Totale

    €   7.351,5

      €    7.496,1

          €   7.216,40

    Nota. Si chiarisce:
   -  che la cifra di €  6.256,385 contiene € 50,0 milioni in più, rispetto alla previsione di bilancio ( 6.216,385) perchè

    aumentata della  rivalutazione delle borse di dottorato;
   -  che la cifra di €  550,00 non figura nel suddetto Decreto di ripartizione, perchè furono già stati ripartiti con decreto

    interministeriale (MIUR - MEF) del 25 ottobre 2010.

 
   L' INTERVISTA AL CONSIGLIERE DI AMMINISTRZIONE

Premessa.  Il 14 dicembre 2010 il CdA ha varato il Bilancio preventivo 2011 sul quale ho voluto raccogliere le valutazioni del prof. Porzi (Rappresentante del Governo) che mi ha esternato la propria soddisfazione per il fatto che il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) del 2010 non ha subito quella drastica diminuzione da molti pronosticata. Infatti, secondo Porzi, la diminuzione sul nazionale è nell'ordine del 3,7% rispetto al 2009, e per quanto riguarda Bologna non è escludere che possa ricevere la stessa quota del 2009, quale Ateneo "virtuoso".

D. : quali sono i punti sui quali hai posto l’accento in occasione del dibattito sul bilancio?
R. : innanzi tutto ciò che desta una certa preoccupazione per quanto riguarda le entrate è che l’incidenza del finanziamento statale sulle entrate complessive è in progressivo aumento, essendo passata dal 53% del 2009 al 61%, mettendo in evidenza una decrescente capacità dell’Ateneo a reperire risorse al di fuori dell’FFO. Ciò rappresenta sicuramente una criticità.

D. : per quanto concerne invece le voci di spesa?
R. : è stato previsto uno stanziamento di 2 Ml di Euro per "misure volte ad agevolare i diritti fondamentali delle Persone e delle famiglie". E’ certamente una scelta condivisibile, ma ciò che ritenevo fosse necessario era indicare da subito, per evitare poi interpretazioni strumentali, i criteri in base ai quali ripartire tale somma, suggerimento che non è stato però recepito. Altra scelta condivisibile è l’aver messo in bilancio 4 Ml di Euro (pari a circa l’1% dell’FFO) per il turn-over del Personale. Ma, visti i numerosi pensionamenti, ho chiesto se non era possibile mettere a disposizione una risorsa più consistente, tale cioè da consentire la chiamata di tutti gli idonei. Ovviamente, nel rispetto della Legge Bassanini che impone il limite del 90% al rapporto tra le spese degli Assegni fissi (cioè gli stipendi del Personale a tempo indeterminato) e l’FFO. Su questo tema ho solo avuto l’assicurazione dal Magnifico Rettore che è sua intenzione far sì che tutti gli idonei vengano chiamati entro i prossimi tre anni.

D. : e per quanto riguarda gli studenti?
R. : un dato che desta perplessità è lo sforamento di 8 punti percentuali del rapporto tra l’ammontare della contribuzione studentesca e l’FFO, rapporto che è previsto al 28% contro il 20% di Legge, come peraltro ha evidenziato anche il Presidente del Collegio dei Revisori. Ho fatto notare che, a fronte di un incremento delle entrate contributive (sono previsti +3,1 Ml rispetto al 2010), sorprendentemente, l’impegno per gli "interventi a favore degli studenti" è ben al di sotto (-17,7%) del bilancio assestato al 25/10 ed ancor più rispetto alle previsioni iniziali 2010. Ho fatto presente che si dovrebbero invece prevedere risorse maggiori perché lo studente va attirato non solo offrendo una didattica di alto livello, ma anche attraverso interventi mirati, quali i posti-alloggio, le anticipazioni di cassa per l’erogazione tempestiva delle borse di studio erogate tardivamente dall’Azienda regionale, le facilities per punti-studio e punti-stesura tesi, ma su questo terreno, inspiegabilmente, non mi hanno seguito neanche i diretti interessati, gli studenti.

D. : e per quanto riguarda l’edilizia che è un capitolo di spesa molto importante ?
R. : purtroppo, l’impegno finanziario per l’edilizia fa riferimento solo a interventi di risanamento, di manutenzione, di messa a norma, etc., ma nulla è previsto per interventi relativi a nuovi insediamenti. Ho quindi fatto notare che questi meriterebbero invece maggiore attenzione in quanto servono a dare impulso a Facoltà attualmente in sofferenza di adeguate strutture.

D. : nel complesso mi sembra di capire che ritieni sia stato fatto un buon bilancio preventivo
R. : ho votato a favore perché, tutto sommato, è un bilancio accettabile, anche se vi sono situazioni non condivisibili, come ad esempio il fatto che l’avanzo di 25 Ml, utilizzati per il pareggio, è prevalentemente dovuto alle maggiori entrate statali (+9 Ml), alle maggiori contribuzioni studentesche (+8 Ml) e solo 8 Ml alle economie di spesa. Mi sarei atteso una maggiore incidenza di quest’ultima voce, occorre tagliare le spese superflue nel rispetto del più volte citato principio di economicità. A tale proposito, ad esempio, non ritengo sia percepito come un messaggio positivo il non aver operato tagli a spese quali "manutenzione ed esercizio automezzi", "locazione e noleggio attrezzature e mezzi di trasporto", oltre all’aver prevista una spesa di 20.000 Euro per "mezzi di trasporto".

 


Università di Bologna: caso  DELBONO tornato di attualità,
dopo il patteggiamento e una lettera ai cittadini

***

dionigi-1cappello.JPG (3480 byte)Ivano Dionigi



In margine alla Lettera ai cittadini di Bologna

UNA  DOMANDA  AL  RETTORE

 

 1.-  Sulla vicenda del prof. Flavio Delbono, il Rettore Dionigi  risulta aver sempre taciuto nel senso che ha evitato di prendere ogni posizione, anche a fronte di eminenti giuristi (ci riferiamo al prof. Franco Carinci) che lo richiamavano al dovere di iniziare un procedimento disciplinare. Di tutto questo in passato ci siamo interessati.

   La vicenda ritorna ora di attualità a seguito del patteggiamento con il quale il prof. Delbono ha chiuso una prima tranche dell’inchiesta in cui è coinvolto. La stampa locale ne ha dato ampia notizia, riportando anche la lunga lettera del prof. DELBONO ai Bolognesi. Nella cronaca di Bologna de Il Resto del Carlino di sabato 4 dicembre il giornalista Gilberto Dondi, dando notizia del patteggiamento, scrive: “salvo complicazioni da parte dell’Alma Mater, salverà la cattedra dell’ex sindaco ora tornato all’università”. Sottolinea, poi, che rimangono aperti altri due filoni di indagine, e cioè la richiesta di rinvio a giudizio per il bonus “e il terzo filone d’inchiesta, il più delicato e temuto, quello sulla corruzione”. Nell’articolo si dà anche notizia che il Commissario al Comune dr.ssa Cancellieri ha giustificato il fatto che il Comune non si è costituito parte civile perché “quelle sono scelte politiche”.

  2.- A proposito della lunga "lettera" del prof. Delbono ai Bolognesi (pubblicata da la Repubblica il 3 nov. u.s.), forse sarebbe stato utile che, in luogo di una nuova autodifesa, essa fosse la dichiarazione pubblica di un pentimento per aver recato danno al Comune, alla Regione, e anche all'Università di Bologna, e inoltre l'esplicito desiderio di voler pagare quanto possibile "pagare" in termini di sacrificio personale. Caso mai, si poteva aggiungere la preghiera, ai cittadini e alla universita', di tenere conto delle eventuali cose buone e del sacrificio personale, per anni, al loro servizio.
   Fatto questo, forse per i cittadini il caso era chiuso, anche perche' e' notorio che, in complesso, il servizio al grande pubblico da' un saldo negativo alle persone che l'hanno prestato. Sia chiaro che l'averlo ricordato non significa che uno possa o debba farsi giustizia da se'.
   Non commento, nello specifico, le parole dell'ex Sindaco.
   Per altro verso, rimane per noi una perplessita' il silenzio a oltranza del Rettore dell'Universita e di piu', da questo momento, perche' il patteggiamento del reato e della pena sembra dover giuridicamente salvare Delbono dalla interdizione dai pubblici uffici.
  Nel patteggiamento rientra anche il risarcimento del danno anche all’immagine, che il prof. Delbono ha effettuato a favore della Regione.
  L’Università non era costituita parte civile (anche questa è stata una scelta politica, come quella del Comune ?), e dunque se ne deve dedurre che, secondo il Rettore, essa non ha ravvisato di aver subito alcun danno etico e morale, insomma un danno alla propria immagine.

3.- Preservare l'università da ulteriore danno, come conseguenza della conservazione di Delbono nell'insegnamento, si direbbe che, da parte del Rettore, è essenziale .
   E se i due filoni dell’inchiesta ancora aperti si chiudessero negativamente per il prof. Delbono, che farà il Rettore ? e che figura avrà fatto ?
   Sia chiaro che con questa considerazione non si richiede l'esclusione di Belbono dallo insegnamento, ma che sia vagliata la sua posizione alla luce del "Codice etico".
  Non si puo' accettare, al tempo stesso, che il codice etico rimanga sotto una coltre di polvere, oppure si rimanga in attesa di non so cosa.
   Il Codice etico è stato adottato dal nostro Ateneo qualche anno fa e l'allora Rettore Calzolari si fece gran vanto. Non solo, esso è previsto anche dal DdL Gelmini .
   Restiamo in attesa della decisione del Magnifico Rettore o anche di quanti occupano posti negli organi collegiali di Ateneo.  Nino Luciani

 


Mentre l'Ateneo di Bologna annaspa nel sostituire i Ricercatori, in astensione dagli insegnamenti a causa del mancato riconoscimento giuridico della funzione docente,
i professori chiedono lumi al Rettore sul modo come intende risolvere il problema

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Marina Marini



M. MARINI, A PROPOSITO DELL'IPOTESI DI AFFIDARE A PROFESSORI A CONTRATTO
I CORSI CHE I RICERCATORI SI RIFIUTANO DI TENERE PER PROTESTA
NEI CONFRONTI DEL TRATTAMENTO LORO RISERVATO NELLA "LEGGE GELMINI"

   Si è ventilata da parte di molti Presidi (e, se non sbaglio, anche del Rettore) la possibilità di ricorrere a personale a contratto per "far partire comunque" i corsi che i ricercatori in protesta hanno lasciato vacanti.
  Sono doverose a questo proposito alcune considerazioni.
  1.- . In primo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori sarebbe stata prevedibile. È stato quanto meno incauto affidare al volontariato (perché di vero volontariato si tratta) una percentuale altissima di corsi (in alcune lauree triennali fino ai due terzi del totale).
   Ai ricercatori è stato fatto credere che gli incarichi, soprattutto se "stabilizzati", avrebbero costituito un titolo preferenziale per l'avanzamento di carriera.
  Erano promesse fatte in cattiva fede, perché l'auspicata sanatoria non sarebbe stata comunque nelle facoltà di Presidenti di Corso di Laurea e Presidi. Erano promesse che distoglievano i ricercatori dalla ricerca e fornivano una manovalanza sottocosto alla didattica pletorica di corsi e corsettini sorti spesso per consentire a qualche docente di crearsi dei piccoli potentati e a qualche settore disciplinare sovrabbondante di giustificare la sua sovrabbondanza.
   Naturalmente alcuni ricercatori non cercavano che una buona scusa per giustificare la loro scarsa produttività scientifica, ma i più, pur sapendo che le promesse erano aleatorie, non ha osato rischiare di perdere una possibile occasione: troppe volte all'università si erano viste "sanatorie" e leggine "ad hoc".
   E allora, anno dopo anno, uno, due, tre corsi, gratuiti sì, ma tenuti con passione e professionalità, e per questo gratificanti. E ora una legge che è una doccia fredda su tali aleatorie prospettive e, anzi, li bacchetta se la produttività scientifica non è stata "eccellente".
2.- In secondo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori, almeno in alcune facoltà, non è giunta inattesa.
   I ricercatori avevano fatto, in tempo utile, una domanda di incarico "sub condicione". Ma Presidi e Presidenti di Corso di Laurea hanno preferito credere che avrebbe prevalso l'abituale docilità dei ricercatori, il loro desiderio di non creare problemi ai colleghi e agli studenti, la passione e l'orgoglio di insegnare. Hanno sottovaluatato la portata devastante che il "decreto Gelmini" avrebbe avuto su di loro.
   Presidi e Presidenti di Corso di Laurea non avrebbero dovuto favorire la moltiplicazione di corsi privi di titolare e comunque, in vista della protesta annunciata, avrebbero dovuto e potuto riorganizzare per tempo la didattica (accorpamenti di alcuni corsi, chiusura di altri).
   Del resto, il decreto Gelmini si pone proprio l'obiettivo della riorganizzazione degli Atenei per favorirne una gestione meno dispendiosa.
   Allora, perché non cominciare proprio dai corsi non coperti da titolari? Ma la proposta di ricorrere a personale a contratto è ancora peggio, per l'Università, del blocco della didattica.  Affidare incarichi di insegnamento a persone non qualificate significa, da parte delle stesse istituzioni universitarie, svalutare la figura del docente universitario.
   Se passa l'idea che chiunque possa insegnare all'università, non ci saranno più argini di decenza e si potrebbe anche configurare un'inadempienza nei confronti degli studenti, che pagano le tasse per avere un insegnamento da parte di docenti universitari e hanno il diritto di non ritrovarsi in cattedra, seppure in via provvisoria, insegnanti di scuola precari, medici ospedalieri, figure emergenti da un indefinito sottobosco di disoccupati...
   Chi avrà conferito tali incarichi sarà privato automaticamente di ogni autorevolezza nel momento in cui dovrà scegliere il vincitore di un concorso o chiamarlo in facoltà. Purtroppo non mancano alcuni precedenti.
   Alcuni Corsi di Laurea in Romagna sono stati aperti senza valutare se ci fosse la possibilità di coprire alcuni importanti corsi di base, cedendo alla spinta degli Enti Patrocinatori e al desiderio di alcuni docenti di scalare un dubbio cursus honorum.
   Non dovrebbe insospettire il fatto che massaie e saltimbanchi si offrano come docenti gratuiti? Potrebbero in qualche caso esservi soluzioni alternative alla chiusura dei corsi da una parte e alla stipula di contratti con personale esterno dall'altra.
   Soluzioni che non ledono i diritti dei ricercatori:
   -  innanzitutto verificare che i docenti di prima e di seconda fascia dei settori interessati, che hanno il dovere di fare didattica, siano impegnati appieno (e avrebbero dovuto già esserlo, invece di cedere i loro compiti ai ricercatori);
  -  in secondo luogo, impiegare, su base volontaria e gratuita, i docenti mandati incautamente in pensione anzitempo senza che si verificasse che i loro corsi fossero coperti.
   E poi una considerazione economica. Abbiamo subito sanguinosi tagli alle risorse dei dipartimenti, alle borse di dottorato, ai fondi per la ricerca...
   Da dove si prenderebbero i soldi per i contratti? Perché, se tali risorse erano disponibili, non sono state date ai ricercatori per pagare il loro impegno didattico "extra"? Possiamo garantire una levata di scudi da parte di tutti, in primis i Direttori di Dipartimento, se per pagare i professori a contratto si dovessero coartrare ulteriormente i fondi già tagliati o se si "trovassero" delle risorse finanziarie precedentemente occultate o, infine, si realizzassero dei risparmi inopinati, i cui ricavi si dovrebbero devolvere ad altri scopi. Infine, non è passato per la mente a nessuno che, conferendo incarichi a personale esterno, si alimenta ulteriormente il precariato e si creano ulteriori illusioni e aspettative?
   Vogliano proseguire e, anzi, peggiorare, nella strada del comportamento incauto?  Marina Marini

 


Ateneo di Bologna: "Fondazione  ALMA MATER" e  "ALMA MATER Srl"

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Ivano Dionigi

 Le conclusioni di una inchiesta del Rettore sulla Fondazione:
"NULLA DI IRREGOLARE"

MA, PRIMA, IL RETTORE AVEVA RINNOVATO TOTALMENTE I VERTICI DEI DUE ENTI.
E AFFIORA UN CONFLITTO D'INTERESSI DELL'AUDITOR

LUCIANI: Insoddisfazione per poca trasparenza  delle linee di azione di questo Rettore
circa la Fondazione, nonostante gli impegni presi in campagna elettorale.
Anche perplessità sul suo silenzio sulla Società di diritto privato a "socio unico".

N. Luciani, Sulla Fondazione e l'Alma Mater Srl: finanziarie dell'Ateneo o enti inutili ?

1.- Anteprima.  Nel secondo incontro preelettorale dei candidati a rettore (aprile 2009), organizzato dal "Gruppo dei trenta", in considerazione della restrizione del finanziamento statale alle università,  si era discussa la opportunità di diversificare le fonti di finanziamento della nostra università, attraverso una rinnovata ricerca del dialogo con gli enti pubblici e privati della regione.
Con questa mira, si era discusso della Fondazione Alma Mater, per farne lo strumento di reperimento di finanziamenti in un rinnovato rapporto con gli enti pubblici e il mondo delle imprese.  Dionigi aveva detto parole favorevoli. Inoltre, era stato   proposto (Giulio Ghetti, durante il dibattito e riprendendo una sua precedente proposta di quando era membro della Giunta d'Ateneo) di trasformare la Fondazione attuale in una Fondazione di diritto pubblico universitario.
   Già da allora, poi, circolava la notizia di accuse di presunte irregolarità amministrative alla Fondazione, da parte di alcuni Consiglieri di Amministrazione. Ed era emersa una novità (veramente vecchia di qualche anno, ma trascurata) : la esistenza di  Alma Mater S.r.l., una società di diritto privato, in affiancamento alla Fondazione "socio unico".

   In particolare, a proposito della Srl veniva lamentato che l'uso di "scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle risorse o ancora di più alla mancata valutazione costi/benefici", mentre "quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente" (A. Zago).
  Si perverrà, poi, alla elezione del candidato Ivano Dionigi, a Rettore, ed al rinnovato esplodere di nuove accuse alla Fondazione, in CdA, per cui il nuovo Rettore aveva ravvisato gli estremi per ordinare una inchiesta sulla stessa. Arriviamo al luglio u.s. in cui il Rettore ha comunicato i risultati dell'inchiesta.

  Non è finita.
 
2.-  Risultati dell'inchiesta. Il Rettore ha detto: "da parte degli Enti finanziatori è stato effettuato un controllo amministrativo/contabile di I° livello di tipo analitico che ha coinvolto tutti i costi oggetto di rendiconto. E' stato effettuato un controllo documentale di tutti i giustificativi di spesa e un riscontro degli stessi con la contabilità generale ed analitica della Fondazione. Al controllo di I° livello è poi seguita una verifica di II° livello condotta da soggetti indipendenti dagli Enti finanziatori sia per verificare l'operato del controllo di I° livello per quanto concerne la correttezza dei documenti amministrativi/contabili, sia le procedure di gestione utilizzate. Inoltre, per quanto concerne gli incarichi affidati da FAM, nella relazione dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo di illegittimità."
Sempre a detta del Rettore, eventuali dubbi circa l'esistenza di irregolarità, riguardano dei Docenti dell’Ateneo che hanno percepito compensi per attività extra-istituzionali senza chiederne la preventiva autorizzazione all'Ateneo. Infatti, in base al Regolamento sull’autorizzazione degli incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del 5.10.98), tale Personale prima di assumere incarichi extraistituzionali deve richiedere l’autorizzazione alla Facoltà di appartenenza.

  Infine, per quanto concerne gli incarichi affidati da FAM, nella relazione dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo di illegittimità."
   Tutto bene ? Possiamo solo constatare che Dionigi, già a febbraio, aveva rinnovato totalmente il CdA della Fondazione, e lo stesso ha fatto successivamente per la Alma Mater Srl, alla scadenza dei mandati rispettivi.

  E possiamo anche constatare che l'Auditor  Dr. Umberto Melloni era e lo e' tuttora, ad un tempo, revisore della Fondazione e membro del collegio sindacale della Alma Srl, e dunque in conflitto di interessi, perchè controllore e controllato.

3.- Sull posizione finanziaria della Fondazione e della Società "Alma Mater".
a) Fondazione. Il bilancio consuntivo, 2008 ( presentato nel 2009) dà una perdita di esercizio di € 267.322, per differenza tra Ricavi € 7.024.378,  e Costi € 7.198.789 e imposte di 92.911.
  La Fondazione ha un patrimonio netto di € 4.185.052,  e debiti di € 4.418.085.

  Dal bilancio, si trae che fa attività di: "alta formazione", proventi € 2.436.548 , di cui € 1.349.317 per la gestione dei master; progetti del fondo sociale europeo, proventi € 3.116.576; consulenze e ricerche, proventi € 1.166.561; attività di Fundraising e Merchandising, proventi (€ 269.716).
  Tra le voci, il maggior ricavo viene dai master. Ma la relativa attività di incasso non è un vero e proprio un servizio meritevole di essere pagato, e quindi la trattenuta sugli incassi si  configura più come una "tangente" (diciamo una tassa) a carico dei corsi di master, che un corrispettivo dovuto ( tutti master hanno propri segretari che provvedono agli adempimenti amministrativi).
   Risulta dalle dichiarazioni del rettore Calzolari (Verbale del CdA dell'Ateneo, 24.7.09) che  "il CdA, al momento di affidare alla Fondazione la gestione dei master, stabilì che, dei proventi delle iscrizioni, venisse attribuita all'Ateneo il 10%, di cui il 7,5% trattenuto dalla Fondazione". La cifra in bilancio per la gestione dei master è (€ 1.349.317).
  Tuttavia, nel bilancio consuntivo 2008 dell'Ateneo l'entrata per "quota di iscrizione master" è €  4.383.499,30, e l'uscita (non è indicato a favore di chi) è € 4.060.998,96. Il 7,5% di €  4.383.499,30 è € 328.762,45, che è ben diversa da quella segnata nel bilancio della Fondazione (ossia € 1.349.317). Constato solo queste "presunte" diversità, ma non sono in condizioni di affermare che ci sono delle effettive difformità, rispetto alle decisioni del CdA dell'Ateneo.

Fondazione Alma Mater , Perdita di esercizio  (Dal conto economico, p. 33)
2005 2006 2007 2008

€ -367.848

€ -141.023 € - 58.728 € -267.322

b) Società Alma Mater Srl. Il bilancio consuntivo 2008 ( presentato nel 2009) dà un utile di € 70, per differenza tra Ricavi € 1.146.934,  e Costi € 1.152.425 e imposte di 3.575.
   La voce di spesa più grossa (€ 1.020.695) è per  per servizi commissionati in esterno (Costi per progetti, costi ricerca commerciale, costi per servizi commerciali), tra cui si evidenziano  "viaggi alberghi", "prestazioni professionali servizi commerciali", consulenze legali e tributarie", "servizi amministrativi", "buoni pasto", "consulenze lavoro", "compenso collaboratori".
   Da segnalare che, tra i proventi, ci sono quelli (determinanti ai fini del pareggio, €  343.717) derivanti dalla gestione di Villa Pallavicini (che è di proprietà dell'università). Dunque, è come se il pareggio sia avvenuto a carico della Università.
  Il patrimonio netto dalla SrL è di €  55.559. I debiti sono di € 573.760.

Società Alma Mater  S.r.l, Utile di esercizio (Dal conto economico , p. 4)

    2007 2008
    € - 2.651,00 €  70,00

Questi dati pongono alcune domande: "chi ripiana i debiti accumulati ? Si giustificano spese di 1.020.695 Euro a fronte di ricavi di 1.146.934 ? Si giustifica un debito della Srl più di 10 volte il valore del patrimonio? Che senso ha tenere in piedi la FAM e la Srl, se con debiti notevoli ? Sono la conseguenza di fatti strutturali o di una cattiva gestione ?

4.- Storia della Fondazione e della Società Alma mater S.r.l. 
a) Fondazione. Essa è stata costituita il 21.12.1996 per operare, senza scopo di lucro, quale di struttura di collegamento tra l'Ateneo e l'intera società (si vegga la sintesi delle attività, più sopra). La fondazione è una normale fondazione di diritto civile, e cioè tra quelle regolate dal codice civile.
  I soci fondatori furono la Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna e l'Università di Bologna. Attualmente l'Assemblea dei soci risulterebbe costituita da "18 organizzazioni", ma i cui nomi non è stato possibile reperire nè dal sito internet della Fondazione, nè dalla Camera di Commercio di Bologna
.
. Il primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega, Francesco Vella (attualmente in carica).
  Il Consiglio di Amministrazione è composto da 15-16 membri ed è presieduto dal Rettore.
  Per Statuto (art.14, Statuto) gli eventuali avanzi sono reimpiegati per attività della Fondazione, o per incremento del patrimonio.

b) Società "Alma Mater S.r.l" . Questa società di diritto privato viene costituita dalla Fondazione il 24.07.2002 (mentre è Rettore P.U. Calzolari). Ne è "socio unico" la Fondazione. Essa, per delibera del detto Consiglio ( 24.6.2002) "è finalizzata alla gestione delle attività a carattere commerciale della Fondazione". Questa finalità è inserita nello Statuto della Srl con interpretazione estensiva: "compiere qualsiasi operazioni commerciale, industriale, mobiliare ed immobiliare necessaria o utile per il conseguimento dell'oggetto sociale, nonchè l'attività finanziaria strettamente collegata o strumentale rispetto al conseguimento dell'oggetto sociale" e "ricorrere a qualsiasi forma di finanziamento con istituti di credito". Per Statuto (art. 24) gli utili sono destinati secondo la delibera dell'Assemblea.
  Essendo la Fondazione lo  "unico socio", il Presidente della Fondazione è anche il Presidente di Alma Mater (W. Tega, nel 2008). Il primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega e Francesco Vella (attuale).
   Il Consiglio di Amministrazione, nominato dal Presidente della Fondazione, è composto da 3 a 7 membri.
  NOTA. Da atti della Srl del 1998, risulta che i membri del Consiglio di Amministrazione erano: P.U. Calzolari (Presidente) , W.TEga,  G. Cappiello, A. Grandi, G. Masetti. Tra essi, P.U. Calzolari, W. Tega, G. Cappiello erano anche membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

   Questa società ha assunto tutta una serie di partecipazioni in numerose società ed organismi ( Associazione Collegio di Cina, CNA Innovazione, Consorzio Alma Cube, Consorzio I Tech Off , Consorzio Isfod, Consorzio Noi Con,  Consorzio Profingest, Consorzio Scholè, Consorzio Sinapsi, Consorzio Spinner, Consorzio So.Lig Ergo S.r.l., Idea S.r.l. , Unimatica S.p.a. ), in ognuno di essi facendosi rappresentare da propri designati (per lo più membri dei consiglio della Fondazione e/o della s.r.l., con relativi compensi), così creando una serie di partecipazioni "a grappolo", le quali presentano notevoli problemi di controllo da parte di chi le ha costituite o vi partecipa , in mancanza di un bilancio consolidato di tutte le società nel loro insieme. E’ notorio infatti che quasi sempre le “società a grappolo” finiscono per accumulare perdite che poi verranno “scaricate” sui soci inconsapevoli.

5.- Conclusioni. Per la Fondazione, la situazione sopra descritta depone molto negativamente sulle possibilità di reperire finanziamenti esterni per l'Ateneo, e quindi per l'urgenza di una sua riforma, nel senso di farla divenire non soltanto una fondazione universitaria vera e propria, ma una "casa di vetro" per trasparenza, e una fonte di entrate (e non un costo) per l'Ateneo.
La voce più interessante, è l'attività di "Fund raising"
(raccolta fondi). Essa, prevista già in origine dallo Statuto, ha dato introiti minimali. In effetti, perchè essa funzioni, dovrebbe essere collegata alla detraibilità fiscale degli eventuali finanziamenti privati.
  Questa possibilità, oggi sopravvenuta nella legge, sia pur con limiti, protrebbe essere una via nuova per farvi affidamento, ma occorre anche rassicurare i donatori, circa la destinazione dei loro fondi.
  Ciò ripropone quanto detto in campagna elettorale: essere necessario modificare la Fondazione da ente di diritto civile in ente di diritto speciale, in modo da far subentrare gli opportuni controlli di legge sulla gestione e sulla  destinazione dei fondi.
  I controlli non fanno paura a chi non ha nulla da nascondere.
  C'è, poi, la questione della Alma Mater Srl. La costituzione di una società di diritto privato, per sostituire la Fondazione in alcune delle sue attività, si può solo capire come modo di sottrarre i dirigenti della Fondazione alle regole degli "enti morali", nel prendere decisioni. Questo fatto, per cui la Fondazione abdica alle sue funzioni, e le affida a pochi (3-4 membri), parrebbe non meritevole di apprezzamento.
   Un secondo profilo, che potrebbe in qualche modo giustificarne la costituzione, riguarda i limiti alla responsabilità patrimoniale. Infatti, una normale Srl risponde nei limiti del capitale sociale.

    Invece in una Srl a "unico socio", se esso è una persona giuridica, il socio risponde illimitatamente (art. 2497 c.c.) . Dunque il comportamento della Srl , sottoposta a poco controllo, potrebbe creare anche problemi finanziari alla Fondazione (che risponde nei limiti del proprio capitale). Nino Luciani

 


Ateneo di Bologna: nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia
"giornalistica" di rinvio a giudizio, accompagnata da intervista sul Corriere

Dopo la riammissione del prof. Delbono all'insegnamento, più che il "pieno rispetto delle prescrizioni normative vigenti"

da una verifica sul procedimento risulta
che è valso un procedimento "improprio", e
in condizioni di conflitto di interessi ideologici

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Gianluca Fiorentini

N. Luciani,  Verifica sul procedimento, dopo che Delbono è stato riammesso all'insegnamento...

 1.-  Tuttora il Rettore non ha motivato alla Comunità scientifica le ragioni per cui non ha applicato il Codice Etico e il Codice di comportamento dell'Ateneo, nei confronti del prof. Delbono.
   L'occasione sarebbe stata quella di pubblicare i "puntuali chiarimenti" forniti al Senato ill 23 marzo 2010, ma non scritti sul verbale, per dimostrare la osservanza, di lui,  della normativa vigente.
   Il problema, adesso, (al di là della presunta "colpevolezza" di Delbono) è il fatto che il Rettore abbia riassunto su di sè ogni valutazione, dopo aver sentiti i pareri di "autorevoli giuslavorisiti ed amministrativisti".
   Il Rettore non è un "ras". Anche lui è soggetto alle regole.  Egli può e deve sentire chi vuole, ma non esautorare gli organi collegiali, previsti dall'ordinamento universitario. E se essi sentenzieranno che non v'è colpa, tanto meglio.  E' solo rispettando le regole che il rettore colloquia correttamente e democraticamente con la "propria" Comunità scientifica.
   Va pur dato atto che Egli, come noi, conosce le cose in questione solo dai giornali, vale dire non da atti di notifica della autorità giudiziaria. Ma, come una indagine di polizia può muovere anche da una semplice telefonata anonima, davvero egli può continuare a non vedere e a non sentire il turbamento della opinione pubblica, senza fare dubitare della sua neutralità verso la parte politica di sua comune provenienza ?

2.-  Vi sono, poi, dei fatti che dimostrano essere stato applicato un procedimento "improprio", per cui la Comunità scientifica  è venuta a trovarsi nella impossibilità di dare indicazioni dirette sul caso.  
   Come regola, la procedura per l'ammissione all'insegnamento e per il conferimento di incarichi di insegnamenti spetta al Consiglio di Facoltà che decide, sulla proposta del Preside. Nel caso nostro il Preside è il prof. Gianluca Fiorentini (già membro del Comitato Elettorale di Delbono, per le elezioni a Sindaco di Bologna), ed attualmente anche ProRettore alla Didattica.
    Per pratica invalsa, in questi anni, alcuni Consigli di Facoltà hanno delegato il Consiglio di Presidenza (un organo ristretto) per le decisioni su varie materie, in quanto divenuti troppo pletorici, e quindi poco efficienti.
   E', inoltre, previsto dall'ordinamento che il Preside possa agire d'urgenza, salvo ratifica del Consiglio di Facoltà o del Consiglio di Presidenza.   Nel caso de quo la procedura è stata:
   a) In data 22 febbraio 2010 il Preside ha fatto, d'urgenza, un decreto di conferimento di insegnamento a Delbono;
   b) In data 23 febbraio, il Preside ha portato il decreto per la ratifica, al Consiglio di Presidenza, (composto da G. Fiorentini, R. Orsi, G. Tassinari, A. Stefanelli, E. Bajo, D. Spelta, M. Chiuselli, D. Foschi, J. Lattari), che ha approvato alla unanimità dei presenti (8/9, in quanto uno, non il Preside, era assente).
  c) In data 24 febbraio, il Preside ha dato comunicazione delle decisioni al Consiglio di Facoltà.
  d) In data 23 marzo la decisione è stata sottoposta al Senato.
 
1) Sull'urgenza. Il Preside ha motivato l'urgenza col fatto che, poichè il prof. Massimo Motta non è rientrato in servizio entro il 1 febbraio 2010, egli ha dovuto coprire l'insegnamento urgentemente (dati i tempi stretti di programmazione didattica) col solo professore nella Facoltà, nel settore, a meno che si volesse provvedere con supplenza retribuita ad un esterno.
   Il presupposto dell'urgenza è contraddetto da circostanze oggettive. Infatti, il Consiglio di Presidenza era convocato per il giorno successivo, a quello dell'avvenuto Decreto del Preside. Dunque è verosimile che il ritardo di un giorno non avrebbe pregiudicato nulla.
   E siccome, a sua volta, il Consiglio di Facoltà era convocato per l'indomani della seduta del Consiglio di Presidenza, e poichè si trattava di un caso veramente difficile e speciale, il senso delle istituzioni avrebbe suggerito di portar la discussione e approvazione in Consiglio di Facoltà, titolare primario della decisione.


2) Una procedura da "centralismo democratico". La modalità della decisione ricorda, paro paro, il centralismo democratico di sovietica memoria. Ivi si partiva dall'assioma che il popolo prendesse direttamente le decisioni, e infatti "tutto" era sottoposto alla ratifica popolare, ma:
-  prima, la decisione veniva presa dal Segretario generale del PCUS (uno che faceva maggioranza da solo), poi portata in un Esecutivo di "4 gatti";
 -  poi al Comitato Centrale, dove i "4 gatti" erano maggioritari;
-  poi al parlamento, dove i membri del Comitato centrale erano maggioritari (per definizione), e così di seguito, fino al popolo (e guai se qualcuno si fosse permesso...di chiedere qualche chiarimento).

 3)   Anche un conflitto d'interessi. Poichè le delibere del Consiglio sono sottoposte, di routine, al controllo degli uffici dell'Ateneo, e poichè a capo degli uffici didattici c'è Fiorentini, in questo caso nella veste dil Pro-Rettore, ecco anche profilarsi il fatto che Fiorentini (Preside, e già membro del Comitato Elettorale di Delbono) è controllato da Fiorentini, ProRettore alla didattica, in una evidente posizione di conflitto di interessi ideologici. Questo conflitto si rileva dal verbale del Senato (vedi sotto).

4) Anche esautorazione del Senato. Dal verbale si deduce che il Rettore, Presidente del Senato, non ha chiesto al Senato di "approvare", ma di  "prendere atto", e il Senato ha preso atto "in forma unanime".   La marcatura della unanimità di questa "presa d'atto" è inutile, salvo per l'essere un autogoal, perchè rivela che Fiorentini (presente) ha votato a favore di se stesso.  Invece, per evitare conflitto d'interessi ideologici, egli doveva uscire dall'aula durante la votazione, e farlo verbalizzare.
  Riprendiamo il filo iniziale: Massimo Motta che fine ha fatto? Risulta dagli atti che egli, professore straordinario dell'Ateneo di Bologna (tra l'altro, giovane e super-titolato) sia cessato dal servizio, a gennaio, nell'Unversità di Bologna, per dimissioni e successivo trasferimento in altra università. E' stata una perdita veramente notevole per l''Alma Mater, ma a cui è seguito nulla più che il silenzio. No comment.  N. Luciani

Verbale della delibera del Consiglio di Presidenza della Facoltà

Consiglio di Presidenza - 23 febbraio 2010

2.1 Ratifica Decreto attribuzione insegnamento di Economia dei mercati.

   II preside propone la ratifica del consiglio per il proprio decreto prot. 193, III.8, emanato il 22 febbraio 2010 con il quale, stante l'urgenza, ha provveduto a conferire a Flavio Delbono l'insegnamento di Economia dei mercati - risultato scoperto a seguito della cessazione in servizio per volontarie dimissioni di Massimo Motta - per il corso di laurea in Economia e diritto, a.a. 2009/2010, per 9 cfu e complessive 60 ore.
   II preside illustra le motivazioni che hanno portato al provvedimento di attribuzione dell'incarico a Flavio Delbono che, sottolinea, rappresenta un atto dovuto conseguente al verificarsi di una serie di presupposti di fatto e di diritto che passa rapidamente ad illustrare.
    Innanzitutto chiarisce che con le dimissioni rese da Massimo Motta - che avrebbe dovuto rientrare in servizio il 1 febbraio al termine del congedo per motivo di studio - si doveva ovviare in tempi rapidi, a causa dell'approssimarsi dell'inizio delle lezioni, al problema della mancata copertura nel settore SECS-P/01dell'insegnamento di Economia dei mercati, di cui Massimo Motta era il responsabile.
    Riferisce quindi che in casi come questi le linee di indirizzo della programmazione didattica (deliberate dal Senato Accademico) richiedono di verificare se all'interno del settore dell'insegnamento scoperto o eventualmente in settori affini non vi sia una disponibilità di docenza non utilizzata, consentendo, solo in caso negativo, alla facoltà, che assegna l'incarico, di nc supplenze retribuite.
    Ricorda che proprio nel mese di febbraio si dimetteva dalla carica di sindaco Flavio Delbono che si trovava in aspettativa obbligatoria proprio in virtù della carica rivestita di sindaco e che venendo meno questa condizione era un atto dovuto per la facoltà reintegrarlo nel ruolo di professore ordinario, previo naturalmente suo assenso, come in effetti è avvenuto con la sua presa di servizio del 18 febbraio 2010. A quel punto era d'obbligo, tenuto conto delle linee di indirizzo della programmazione didattica summenzionate, prendere in considerazione la disponibilità di docenza di Flavio Delbono per coprire l'insegnamento di Economia dei mercati, considerato che oltre ad essere professore di ruolo nel settore di tale insegnamento scoperto, era anche in debito di docenza, avendo zero ore di insegnamento in attivo, rientrando pertanto all'interno del suo debito istituzionale.
   Diversamente, ricorrere ad una supplenza retribuita avrebbe rappresentato un costo immotivato da far sostenere alla facoltà. Stante pertanto l'urgenza il preside riferisce che ha provveduto ad emanare il decreto per l'attribuzione dell'incarico, decreto che ora viene sottoposto alla ratifica del consiglio.
  II consiglio di presidenza all'unanimità approva.

Verbale del Consiglio di Facolta' di Economia,  24 febbraio 2010

1.1. Cessazione dall'ufficio di professore straordinario i Massimo Motta
Il preside comunica che dal 1/2/2010 Massimo Motta è cessato dal servizio per volontarie dimissioni.
Il consiglio di facoltà prende atto.

1.2. Presa di servizio di Flavio Delbono
Il preside comunica che il 18/02/2010 è rientrato in servìzio dall'aspettativa Flavio Delbono, ordinario nel ssd SECS-/P01, "Economia politica".
Il consiglio di facoltà prende atto.

Verbale della delibera del Senato

Riunione S.A del 23/3/2010

COMUNICAZIONE DEL MAGNIFICO RETTORE IN MERITO ALLA RIPRESA DELL'ATTIVITA' ACCADEMICA DA PARTE DEL PROF. FLAVIO  DELBONO.

  Il Magnifico Rettore, anche a seguito di notizie divulgate a mezzo stampa, ravvisa l'esigenza di fornire a questo Senato puntuali chiarimenti in merito alle circostanze e motivazioni che hanno indotto, di recente, l'Amministrazione a reintegrare il Prof. Flavio Delbono nei ruoli della docenza universitaria.  La vicenda, per la sua delicatezza e rilevanza, è stata gestita  - assicura - nel pieno rispetto delle prescrizioni normative vigenti, avvalendosi anche del parere di autorevoli giuslavorisiti ed amministrativisti.

  Il Prof. Fiorentini interviene, nella propria qualità di Preside della Facoltà di Economia, al fine di precisare che, nei fatti, si è trattato di un reintegro in ruolo, presso la Facoltà di appartenenza, di per sé conseguente, come atto dovuto, alla cessazione del periodo di aspettativa per motivi politici, a suo tempo riconosciuto al Prof. Delbono; in tal senso le dimissioni dalla carica di Sindaco intervenute in data 17 febbraio scorso hanno implicato l'effetto di porre termine al citato periodo di aspettativa, con reintegro nei ruoli universitari dal giorno successivo.  

   Aggiunge che, a seguito della cessazione dai ruoli (dal 31 gennaio scorso) del Prof. Massimo Motta, al quale era stato in precedenza affidato l'insegnamento di Economia dei Mercati del Corso di Laurea in Economia e Diritto, la Facoltà, verificato che il Prof. Delbono era l'unico docente privo di ore di didattica e che non vi erano ulteriori disponibilità di docenza, gli ha conferito detto insegnamento in quanto coerente con il Settore disciplinare di inquadramento. Tale atto di conferimento si pone pertanto in piena coerenza e sintonia con le linee di indirizzo di programmazione didattica deliberate da questo Ateneo.

Il Senato Accademico, in forma unanime, prende atto.

 

Ancora  in evidenza, dall'edizione precedente

Ateneo di Bologna: una questione di separazione tra "politica"
e  "università",  che la "giustizia universitaria" deve risolvere

dionigi-cappello.jpg (3480 byte)Ivano Dionigi



Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato... ,
per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare
una spiegazione alla Comunità scientifica, visto che
non l'ha data a CdA e Senato


fiorentini-gianluca.jpg (1974 byte)
Gianluca Fiorentini

  Il motivo è che le omissioni finiscono per essere associate, pur se con fantasia, a eccessivi  precedenti legami con Delbono, di persone apicali del Rettorato. Il caso più "in" è quello di Gianluca Fiorentini, che fu membro del Comitato Elettorale di Delbono, pur essendo Preside già allora, ed attualmente è ProRettore.  


            Nino Luciani, Mi spiego meglio ...


  I fatti oggettivi rilevanti, a carico del Rettore, sono:

  1) Per un verso il Rettore ha applicato il Regolamento dell'Ateneo, che ne colloca l'insegnamento al II ciclo, e questo (di fatto) ha sottratto Delbono all'ira degli studenti;

  2) Per un altro verso, egli non ha applicato il Codice Etico e il Codice di comportamento che l'Ateneo si è dati nella propria autonomia e che sanzionano ogni comportamento di, anche possibile, mobbing, sia all'interno che all'esterno dell'Ateneo, compiuti da personale dell'Alma Mater, e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia universitaria";

  3) Per un terzo verso egli non ha applicato la legge Brunetta che impone l'obbligatorietà del procedimento disciplinare anche indipendentemente dal processo penale (e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia amministrativa statale").
   Riprendo, in proposito, dalla cronaca di Bologna di un quotidiano nazionale, l'opinione di un illustre Docente dell'Ateneo (si vegga a fianco).
   
   Potrei quasi dire che, personalmente, se l'ex-Sindaco di Bologna, e nostro Professore, chiedesse perdono alla Comunità scientifica per i fatti da lui stesso ammessi, e riportati dalla stampa, e si dichiarasse pentito, per me il caso sarebbe chiuso.
   E' , però, un fatto, che le sue dimissioni da Sindaco hanno sconvolto la vita locale, per cui l'etica della società civile richiede anche una "riparazione" nei modi di legge.
  Queste dimissioni hanno anche, in qualche modo, sconvolto l'Università, in quanto non si è persa la memoria del fatto che egli era stato invitato dal Rettore, a Santa Lucia, in occasione della inaugurazione dell'Anno Accademico, e con tanto ardore da fargli pronunciare un discorso pubblico e finanche la proclamazione di un matrimonio tra Comune di Bologna e Università.
  Non solo, ma al momento delle elezioni del nuovo Rettore, Delbono aveva votato e dichiarato pubblicamente di avere votato per Dionigi.
  Non solo questo: ben due Presidi, di allora e tuttora, fecero parte del suo Comitato elettorale.
  Beninteso, anche i professori hanno le loro idee politiche ed hanno diritto di manifestarle. Ma non è ammesso dall'etica universitaria mescolare l'Istituzione con i partiti politici.
  Di grazia, come faremo a difendere la libertà di insegnamento e di ricerca, se portiamo in testa il "cappellino del partito", insieme al "tocco accademico" ?
  E se, poi, capita che uno di quei Presidi diventa anche ProRettore alla Didattica, proprio quello che decide personalmente, circa la riammissione di Delbono all'insegnamento, allora non ci sto più.
  Ho già detto, più sopra, che sarei personalmente disposto metterci una pietra sopra, se Delbono avesse dichiarato un pubblico pentimento. Ma voglio anche precisare che non mi sento vicino nè a quelli che, sui giornali, hanno invocato una "riflessione" prima di ammetterlo in servizio, nè a quelli che invocano la "canea", parola usata dal Rettore, in quanto solo dopo una "condanna della magistratura", sarebbe giustificata l'esclusione, e fino ad allora sarebbe da presumersi l'innocenza.
  Trovo ipocrita quest'ultima tesi, se è vero (e ciò risulterebbe) che Delbono ha già fatto delle pubbliche ammissioni.
  Per me, le cose sono molto più semplici. Come c'è una "giustizia sportiva", che tutela lo sport in tempi brevi, in attesa dei tempi lunghi della giustizia statale, così esiste una "giustizia universitaria" per tutelare, altrettanto in tempi brevi, l'università. Difatti ci sono un Codice etico ed un Codice di comportamento che l'AlmaMater si è dati nella propria autonomia.
  Il Rettore non vuole dare inizio ai relativi procedimenti disciplinari, quasi che ciò rientrasse in una sua autonoma valutazione e conseguente discrezionalità ? Sappia che se ne assume la responsabilità sotto ogni diverso profilo, giudiziale e non, e che la cosa non rimane dentro il Rettorato, come è stato dimostrato da tante lettere di cittadini bolognesi ai giornali locali e alla cronaca di Bologna di quotidiani nazionali.
   Il Rettore Dionigi dovrebbe spiegarne i motivi alla Comunità scientifica che ha l'ha eletto, e che dunque se, a sua volta, non procedesse come per legge e secondo quanto impongono i Due codici, mantenendo un silenzio inspiegabile, incorrerebbe, a sua volta, in una rispettiva responsabilità. Nino Luciani 

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Comitato
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EDIZIONI PRECEDENTI

 

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In margine al Discorso del Rettore, in Inaugurazione dell'anno accademico

Gianni Porzi*, L'ATENEO NEL  2010

Anche notizie dal CdA: Rapporto di A. Zago e F. Lopriore

* Rappresentante del Governo nel CdA dell'Università di Bologna

CdA, Rapporto di Antonella ZAGO e F. LOPRIORE
Notizie 1.- Sul Dr. G. Colpani, neo Direttore Amm.vo, sul Delegato al Personale e sul discusso bando...
2.- Sulla Azienda Agraria

1. - Dr. Giuseppe Colpani, Cda del 19 gennaio

a) Il dott. Colpani, nuovo direttore amministrativo dell'ateneo, ha presentato il suo programma di lavoro definendo come prioritaria la riorganizzazione dell'amministrazione nel senso di un forte snellimento con riduzione anche del numero di dirigenti. Si è soffermato inoltre sulla valutazione degli stessi sostenendo che, se molto è stato fatto nel passato, oggi comunque si deve intervenire per semplificare gli indicatori della valutazione e definire in modo più chiaro e semplice la filiera delle responsabilità. Anche i comportamenti del dirigente, e non solo quindi il risultato raggiunto, risulta per il direttore amministrativo un elemento importante. Sul fronte risorse è necessario, secondo Colpani, un controllo di gestione che porti ad una migliore verifica dei flussi.

Il rapporto con il personale tecnico amministrativo invece dovrebbe essere improntato alla fine della contrapposizione tra personale docente e personale tecnico amministrativo in quanto quest'ultimo, pur non essendo sempre impegnato direttamente nella didattica e nella ricerca, svolge comunque un ruolo determinante nell'attività generale e per questo deve essere considerato una risorsa importante.

Crediamo che con la sua essenzialità, chiarezza e soprattutto precisione, il dottor Colpani si sia soffermato su punti sui quali anche noi da tempo abbiamo chiesto di intervenire. Ad oggi ovviamente non possiamo esprimere una fiducia incondizionata in quanto purtroppo l'esperienza passata ci ha dimostrato ancora una volta che sono i fatti a fare la differenza e non le parole. Ci sentiamo comunque di esprimere il nostro apprezzamento auspicando di poter presto verificare che finalmente nel nostro ateneo alle “belle parole” e alle “buone intenzione” possano seguire anche delle “buone azioni”.

b) La delega al Personale  e il discusso bando ... .Un momento importante che segnerà davvero una svolta oppure una piena continuità con il passato - e la nostra piena delusione -, sarà la nomina del delegato al personale che ancora non c'è. Abbiamo già chiesto formalmente, e più volte, al Rettore di non riconfermare il professor Gatta. Non abbiamo bisogno di una così forte continuità con quella politica ingiustamente persecutoria per il personale tecnico amministrativo che ha portato ad umiliazioni gratuite per il personale e diseconomie on indifferenti per l'ateneo. Solo un nuovo delegato al personale potrebbe ad oggi convincerci che davvero questo Rettore e il direttore amministrativo hanno intenzione di cambiare davvero rotta!

Il tanto discusso bando per l'assunzione di un esterno al DSAW (Direzione e Sviluppo delle Attività Web) è stata ancora una volta affrontata in consiglio di amministrazione. Dopo le interrogazioni del professor Porzi e l'integrazione di Zago nel merito di tale selezione, il Rettore ha deciso di sospendere la procedura di selezione. Tale scelta si fonda però non sul fatto che il rettore abbia scelto di non coprire più il posto, come qualcuno ultimamente ha comunicato al personale tecnico amministrativo, ma da un problema di interpretazione normativa sulla quale non c'è stata chiarezza fino a qualche giorno fa. Le tante interrogazioni che a partire dal 29 settembre 2009 sono state presentate da Zago, Lopriore e Porzi, dove i tre consiglieri sostenevano che l'Università è sottoposta al controllo preventivo della Corte dei Conti hanno visto le risposte, reiterate fino al 15 Gennaio 2010, della dottoressa Fabbro prima e del dottor

Gianni Porzi, L'Ateneo nel 2010

   1.-
Negli ultimi tempi ho sentito spesso dichiarazioni di grande preoccupazione per il destino dell'Istruzione in Italia, e dell'Università in particolare, a causa dei tagli annunciati nella Finanziaria 2009 che dovevano ammontare a 678 Ml, cioè il 10% dei 6.826 Ml stanziati nel 2009.
   Grida d'allarme da più parti (alcuni strumentali) perché con i tagli all'Istruzione veniva minacciata la Cultura del nostro Paese il cui futuro veniva frequentemente dipinto a tinte fosche. Nessuno però che abbia ricordato che fino al 2009, incluso, i finanziamenti statali erogati alle Università italiane sono stati in costante crescita.
  Il Rettore, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico 2009-10, ha espresso forti preoccupazioni per i pesanti tagli del fondo finanziamento ordinario che potrebbero arrivare nel 2011. Era infatti già a conoscenza che, grazie al grande impegno profuso dal Ministro Gelmini nel reperire maggiori risorse finanziarie per l'Università e anche alle entrate derivanti dallo scudo fiscale, la Finanziaria 2010 ci aveva riservato la gradita sorpresa di un taglio nettamente inferiore ai 678 Ml previsti, e cioè di 278 Ml (pari al 4% del finanziamento erogato nel 2009).
  Tenendo poi presente che verranno stanziati anche 40 Ml per nuovi posti di Ricercatore (circa 800), il taglio risulta ulteriormente ridimensionato.
  Il nostro Ateneo, presumibilmente subirà una diminuzione del finanziamento ordinario di 15-16 Ml (cioè, 385 Ml contro i 400 Ml ricevuti nel 2009), calo che non creerà particolari problemi per il bilancio del 2010.
  E' ovvio che i tagli non sono graditi da parte di chi deve subirli, ma è cosa poco piacevole anche per chi è costretto a farli. Dico costretto perché è a tutti nota la crisi economica che ha colpito il nostro Paese, e non solo; inoltre, il 2009 è stato, purtroppo, anche un anno funestato da calamità naturali molto gravi sotto tutti gli aspetti.
  Non può essere tuttavia ignorato che nel nostro Ateneo vi sono spese non tutte essenziali che vanno quindi eliminate senza esitazioni e ritengo sia questa l'occasione per gestire con rigore le risorse disponibili e per mettere ordine nei conti operando una riqualificazione e una razionalizzazione della spesa.
  Non vorrei essere pessimista, ma probabilmente il periodo della costante crescita dei finanziamenti statali é finito e quindi chi ha responsabilità nel governo dell'Ateneo dovrà utilizzare tutte le risorse (umane e finanziarie) in modo più oculato attenendosi al "principio di economicità" al quale l'Ateneo non ritengo si sia sempre ispirato (anche in tempi recenti, nonostante la crisi economica fosse già alle porte. Testimonianza ne è il numero eccessivo di Corsi, di Docenti esterni, di Dirigenti e di contratti con personale esterno non sempre essenziali (finiti anche recentemente sulla stampa locale).
Mi auguro che i nuovi Vertici dell'Ateneo, coadiuvati da Organi Accademici consapevoli della grande responsabilità morale e giuridica della quale sono investiti, riescano in questo compito impegnativo. Occorrerà, da parte di tutti coloro che hanno responsabilità di governo e in particolare del Rettore, molta determinazione e polso ben saldo per tenere la barra dritta verso l'obiettivo di interesse comune, anche per la Città di Bologna, e cioè quello di riportare l'Alma Mater ad occupare livelli più consoni al suo prestigioso passato. Anche perché ciò consentirà all'Ateneo di ricevere "risorse aggiuntive" grazie ai criteri di valutazione del Ministero in base ai quali agli Atenei migliori andrà quella "quota premiale" pari al 7% del finanziamento ordinario totale. Gianni Porzi

Menna poi, che sostenevano il contrario! Finalmente, seppur con ritardo, è stata fatta un po' di chiarezza e come avete visto è arrivata una nuova circolare, la terza in 5 mesi, che sostiene appunto che tali contratti debbano essere inviati alla Corte dei Conti.
  Nel frattempo, la selezione è già avvenuta, ma la stipula del contratto di cui tanto si è discusso è stata sospesa in attesa dell'esito del controllo della Corte dei Conti e non ritirata definitivamente".
  A proposito di bandi di selezioni di professionalità di questo tipo come anche di quella che verrà bandita per l'ufficio stampa (vedi interventi completi sul sito) Lopriore ha evidenzito che molto spesso il personale interno, seppur in possesso dei requisiti professionali del caso e pur avanzando la propria disponibilità non riescono ad accedere a tali posizioni semplicemente perchè il direttore o responsabile di struttura non concede il nulla osta. Ha chiesto che tale problema venga immediatamente risolto concedendo così al personale interno la possibilità di esprimere la propria professionalità con un conseguente risparmio anche per l'amministrazione.
  In questa vicenda un plauso di merito va dato anche a coloro che ci segnalarono l'erronea interpretazione della direzione amministrativa e che convintamente condividemmo. Ci riferiamo ai diversi colleghi che, a dispetto delle loro capacità e delle loro responsabilità, non "superano" mai le progressioni da EP"!! Chissà com'è?        AZ, FL


2. - Sul personale tecnico-amministrativo e l'Azienda Agraria (CdA del 15 Dicembre 2009)

2.1.- Personale. Due sono state le richieste rivolte al Rettore da Antonella Zago e Francesco Lopriore, rappresentanti del personale tecnico amministrativo in Consiglio di Amministrazione:
a) un semplice impegno scritto a trovare risorse per il personale tecnico amministrativo che ha visto ridursi il fondo integrativo di 1 milione di euro nel solo 2009;
b)  e una garanzia di lavoro per i dipendenti dell'azienda agraria che da molti anni vivono una situazione di drammatica precarietà: se si ammalano sono letteralmente espulsi e se piove non sono pagati.

Ci aspettavamo un segnale di apertura nei confronti del personale ma questo non solo non è avvenuto ma le motivazioni addotte dal rettore sono davvero preoccupanti. “Non sono certo di poter fare quanto mi chiedete”. Se il rettore uscente decideva da solo e snobbava spesso il Consiglio di Amministrazione, il nuovo rettore sembra non aver chiaro il suo ruolo: proporre al Consiglio la sua politica del personale e intervenire prendendosi le responsabilità in caso di carenza dei dirigenti!
Se sulle risorse la questione verrà da noi riproposta con la speranza che la decisione finale vada nel senso di un riconoscimento dello sforzo notevole che al personale amministrativo verrà chiesto nel 2010 data la riorganizzazione dell'intero ateneo sulla base della riforma Gelmini, più grave è la posizione di incertezza del Rettore sulla questione degli operai agricoli.

2.2. Azienda Agraria. La nostra richiesta infatti era semplice: in attesa di entrare nel merito della riorganizzazione della Azienda Agraria, garantire i contratti a tutti gli operai agricoli che da anni ci lavorano in attesa di definire le mosse future facendogli così passare un Natale sereno. Il rettore ha garantito il rinnovo del direttore gestionale – un esterno pagato più di 5 mila euro al mese per tre giornate lavorative a settimana - ma non si è impegnato invece sugli operai. Il direttore gestionale ha un contratto di prestatore d'opera e secondo il rettore è l'unico che può intervenire e decidere in autonomia sui contratti da rinnovare.
  Ecco cosa ci sconvolge! Come può essere che un esterno che gestisce una struttura dell'ateneo di Bologna possa decidere in autonomia il fabbisogno?
Sembra che il rettore non abbia chiaro il suo ruolo: la definizione della politica del personale compete al Consiglio di Amministrazione e nemmeno un direttore di dipartimento può autonomamente decidere chi e come assumere se non in pochissimi casi in cui le attività sono legate a dei progetti. All'Azienda Agraria invece il personale lavora con contratti che scadono ogni anno e svolge mansioni di ordinaria amministrazione. Un esempio è la manutenzione dei parchi e dei giardini dell'ateneo, funzione svolta appunto dalla sezione parchi e giardini della stessa azienda. I giardini non sono diminuiti ma sembra che ci siano dei dubbi sull'apertura di alcuni contratti di lavoro per gennaio 2010. Qualcuno perderà il posto? Chiedevamo una rassicurazione in tal senso: perchè far passare un Natale sulla graticola ad alcuni lavoratori?
   Avevamo posto la questione al rettore al momento del suo insediamento e il fatto che ancora oggi non ci sia stata risposta è grave. Comprendiamo che il timore del Rettore può essere dato anche dalle mancanze che i dirigenti del personale hanno dimostrato in questi ultimi anni nello svolgere il loro lavoro. Questi ultimi, e soprattutto l'attuale, infatti, avrebbero dovuto intervenire molto prima con una definizione giuridica della situazione e con un aggiustamento definitivo della questione. Invece se ne sono disinteressati e hanno lasciato fare al direttore esterno.
  D'altronde non ci sono sanzioni! O meglio dei lavoratori sembra che a nessuno gliene importi! Dal nuovo rettore però ci aspettavamo idee chiare e scelte radicali.
   Soprattutto quando si tratta di garantire semplicemente un Natale sereno a lavoratori che da tempo hanno garantito i servizi all'ateneo! Costa veramente poco! Le condizioni per intervenire ci sono tutte: l'azienda è una articolazione dell'università e non una azienda privata, esiste una latitanza nel dare risposte certe e risolutive da parte dell'attuale dirigente del personale e non esiste un progetto di riorganizzazione o di tagli del personale definiti dal Consiglio di Amministrazione! Il rettore secondo noi ha quindi il potere di intervenire!
Ad oggi i rapporti con i lavoratori non possono che peggiorare!                                                             AZ, FL

 


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Diffuso da AFORUM  l'andamento delle immatricolazioni
degli studenti per il 2009-10

Risultato confortante nel complesso: + 3%

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA

Nota. Unicamente per chiarezza, si fa notare che le variazioni percentuali riguardano i dati di ottobre 2009
rispetto ai dati di ottobre 2008. Il fatto di aver riportato i dati di dicembre 2008 indica solo che, probabilmente,
i dati di ottobre 2009 saranno rivisti al rialzo, a fine anno.

Immatricolazioni degli studenti

27ott.2008
(a)

31dic. 2008
(b)

27ott.2009
(c)

Variazione % (c/a)

TOTALE ATENEO "Alma Mater"

16493

17002

+3,09%

Sede Di Bologna

11815

14100

12113

+2,52%

Facolta' Di Agraria

215

251

302

+40,47%

Facolta' Di Chimica Industriale

105

111

79

-24,76%

Facolta' Di Economia

946

1130

980

+3,59%

Facolta' Di Farmacia

585

632

811

+38,63%

Facolta' Di Giurisprudenza

934

1019

1162

+24,41%

Facolta' Di Ingegneria

1775

2072

1715

-3,38%

Facolta' Di Lettere E Filosofia

2364

3049

2175

-7,99%

Facolta' Di Lingue E Letterature Straniere

825

912

842

+2,06%

Facolta' Di Medicina E Chirurgia

717

760

694

-3,21%

Facolta' Di Medicina Veterinaria

135

170

116

-14,07%

Facolta' Di Psicologia

15

51

13

-13,33%

Facolta' Di Scienze Della Formazione

909

1063

807

-11,22%

Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali

1187

1472

1129

-4,89%

Facolta' Di Scienze Motorie

217

286

189

-12,90%

Facolta' Di Scienze Politiche 966

893

749

-16,13%

Facolta' Di Scienze Statistiche

137

229

133

-2,92%

Sede Di Cesena

899

1187

924

+2,78%

Facolta' Di Agraria

109

123

105

-3,67%

Facolta' Di Architettura

136

138

117

-13,97%

Facolta' Di Medicina Veterinaria

33

37

46

+39,39%

Facolta' Di Psicologia

349

548

340

-2,58%

Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali

86

110

69

-19,77%

Seconda Facolta Di Ingegneria

186

231

247

+32,80%

Sede Di Forli’

1648

1965

1598

-3,03%

Facolta' Di Economia - Sede Di Forli'

608

741

529

-12,99%

Facolta' Di Scienze Politiche "Roberto Ruffilli" (Con Sede A Forli')

673

764

675

+0,30%

Scuola Superiore Di Lingue Moderne P.I.ET.

210

272

199

-5,24%

Seconda Fac. Di Ingegneria -Sede A Cesena

157

188

195

+24,20%

Sede Di Ravenna

753

919

839

+11,42%

Facolta' Di Chimica Industriale

14

15

29

+107,14%

Facolta' Di Conservazione Dei Beni Culturali

201

313

187

-6,97%

Facolta' Di Giurisprudenza

210

231

241

+14,76%

Facolta' Di Ingegneria

94

113

181

+92,55%

Facolta' Di Medicina E Chirurgia

142

143

141

-0,70%

Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali

92

104

60

-34,78%

Sede Di Rimini

1378

1572

1528

+10,89%

Facolta' Di Chimica Industriale

33

35

30

-9,09%

Facolta' Di Economia - Sede Di Rimini

460

546

501

+8,91%

Facolta' Di Farmacia

190

201

242

+27,37%

Facolta' Di Lettere E Filosofia

205

257

235

+14,63%

Facolta' Di Medicina E Chirurgia

212

212

193

-8,96%

Facolta' Di Scienze Della Formazione

128

157

180

+40,63%

Facolta' Di Scienze Motorie

101

102

90

-10,89%

Facolta' Di Scienze Statistiche

49

62

57

+16,33%

Totale Ateneo

16493

19743

17002

+3,09%

Fonte. Elaborazioni su dati AFORM dell'Ateneo di Bologna

 



EDIZIONI PRECEDENTI

 

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Il Decreto Direttoriale
del Dr. Antonello Masia

8 luglio 2009 prot. n. 82/2009

   FONDI ALLE UNIVERSITA' per totali € 63.578.634,00
(di cui € 3.707.923,00 per Bologna.   Fonte: http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7895Progra_cf2.htm)
per la programmazione delle stesse in base a indicatori di merito (D.M. Mussi n.506/ 2007)
(Fonte:http://programmazione-triennale.cineca.it/report/home_indicatori.php)

   Nell'estate il Governo ha distribuito alle università statali e non statali, ed istituti ad ordinamento speciale una quota del FFO per il 2009 (legge finanziaria 2009, tabella C e modifiche) per la programmazione e valutazione delle università in base a indicatori di merito. Questi erano stati inventati dal Ministro Fabio MUSSI nel 2007. Sono riportati qui sotto, perchè chiunque constati che si tratta di meri dati statistici, che non hanno nulla a che fare con la promozione della "meritocrazia", quella "cosa" inventata dai Cinesi per salvare il sistema comunista, dopo la rivolta di piazza Tien An Men, 1989.
   Quella "cosa", inventata da chi "crede" (come Mussi) in quel sistema, si può capire. Ma oggi c'è un Ministro "liberale"...
   E' anche colpevole presunzione credere che, da Roma, si possa regolare le Università locali, anche nelle piccole cose.  

Indicatori (o parametri) di merito del Decreto Ministeriale 18 ottobre 2007 prot. n. 506/2007, usati dal D.D. (vedi sopra) per la valutazione (ex post) dei risultati dell'attuazione dei programmi delle Università.

NOTA. Gli Indicatori sono costruiti attingendo a dati statistici degli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008. La loro esposizione, qui sotto, è in parte riscritta da noi per una facile lettura e comprensione.

A) Indicatori dell' OFFERTA FORMATIVA



 A.1*. - Rapporto tra Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale in possesso dei requisiti qualificanti attivati
)
e Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale complessivamente attivati)

- A.2* .- Rapporto tra Numero (di immatricolati ai corsi di laurea magistrale, che hanno conseguito la laurea in un altro Ateneo in un numero di anni non superiore alla durata normale delle stessa, aumentata di un anno) e Numero (di immatricolati totali ai corsi di laurea magistrale)

- A.3 - Rapporto tra Numero (di docenti di ruolo appartenenti a SSD di base e caratterizzanti i corsi di laurea e di laurea magistrale attivati) e Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale attivati)

B) RICERCA SCIENTIFICA
- B.1*.- Rapporto tra Numero (di professori di ruolo e di ricercatori di ruolo che hanno avuto giudizio positivo su PRIN, FAR e FIRB) e Numero (di professori di ruolo e di ricercatori di ruolo appartenenti all’Ateneo)

- B.2.- Rapporto tra Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca) e Numero (di corsi di dottorato di ricerca attivati)

- B.3 .- Rapporto tra Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca finanziate dall’esterno) e Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca)

- B.4  - Rapporto tra Uscite (di bilancio per la ricerca scientifica) e Numero (di professori di ruolo e di ricercatori - di ruolo, ovvero di cui all’art. 1, comma 14, della legge n. 230/2005- ).

- B.5. - Rapporto tra Entrate (di bilancio per la ricerca scientifica provenienti da entità esterne all’Ateneo) ed Entrate (di bilancio complessive per la ricerca scientifica).

C) SERVIZI A FAVORE DEGLI STUDENTI


- C.1.- Rapporto tra Numero (di studenti che abbiano acquisito almeno 50 CFU nell’a.a. t-1, iscritti al secondo anno dello stesso corso di studio nell’anno t) e Numero (di studenti immatricolati nell’anno t-1)

- C.2 .-  Rapporto tra Numero (di studenti iscritti che hanno avviato uno stage) e Numero (di studenti iscritti nell’Ateneo)

- C.3* .- Rapporto tra Numero (di laureati, che hanno svolto uno stage post-laurea (in Italia o all’estero) entro un anno dal conseguimento del titolo e Numero (di laureati)

- C.4* .- Rapporto tra Numero (di laureati dellanno t che hanno trovato lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo) e Numero (di laureati dello stesso anno)

- C.5* .- Rapporto tra Numero (di CFU acquisiti in apprendimento permanente) e Numero (di CFU acquisiti nei corsi di studio nello stesso anno)


D) PROGRAMMI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
- D.1 .- Rapporto tra Numero (di studenti iscritti, che hanno partecipato a programmi di mobilità internazionale) e Numero (di studenti iscritti nello stesso anno)

- D.2 .- Rapporto tra Numero (di studenti stranieri iscritti ai corsi di laurea magistrale) e Numero (di studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale)

- B.3 .- Rapporto tra Numero (di studenti stranieri iscritti ai corsi di dottorato) e Numero (di studenti iscritti ai corsi di dottorato)

- B.4 .- Rapporto tra Entrate (di bilancio acquisite mediante contratti/convenzioni con agenzie e enti, esteri e internazionali) ed Entrate di bilancio (complessive, al netto di quelle in conto capitale e per partite di giro)

E) DATI RELATIVI AL PERSONALE, IVI COMPRESO IL RICORSO ALLA  MOBILITA'

- E.1 .- Rapporto tra Costo (del personale di ruolo e non) ed Entrate (di bilancio complessive, al netto di quelle in conto capitale e per partite di giro)

- E.2 .- Rapporto tra Punti organico (utilizzati per l’assunzione di professori ordinari e associati dall’Ateneo, precedentemente non appartenenti allo stesso Ateneo) e Punti organico (complessivamente utilizzati dall’Ateneo)

- E.3.- Rapporto tra Punti organico (destinati a Facoltà con rapporto studenti/docenti di ruolo superiore alla mediana nazionale) e Punti organico (complessivamente destinati per il personale dell’Ateneo

- E.4 - Rapporto tra Punti organico (utilizzati per l’assunzione di ricercatori) e Punti organico (utilizzati complessivamente.)

* Indicatore non calcolato, perché i dati sono parzialmente disponibili o totalmente indisponibili.
Nino Luciani, Indicatori di risultato ?
E se, invece, si ripartisse dalla legge Ruberti del 1989, pur se da adeguare ai tempi ?

1.- Dubbi sull'efficacia degli indicatori. Pur ipotizzando a-priori, come adeguati, questi indicatori, viene istintivo domandarsi se essi sono idonei a promuovere il "buongoverno".
  a1) Per l'indicatore A.1, la risposta può essere SI', ma va fatta una distinzione da caso a caso. In una università nascente, in un'area depressa, è necessaria una tolleranza per un determinato numero di anni, finchè essa prenda piede.
  Inoltre, dal punto di vista del bilancio pubblico, c'è anche il costo del trasporto (se le sedi sono molte nel territorio, i costi di trasporto pubblico sono bassi; se le sedi sono poche, i costi di trasporto sono alti).
  a2) Questo indicatore non è modificabile dai comportamenti di un Ateneo;
.....
.....
c1) Questo indicatore può valere per promuovere comportamenti virtuosi, ma anche il contrario (es.: promuovere tutti gli studenti, anche i non meritevoli, per ottenere maggiori finanziamenti).
....
....
2.- Altro tipo di osservazioni. I dati statistici utilizzati per costruire gli indicatori, a volte sono relativi a vari anni addietro, a volte sono incompleti, altre volte non esistono. Purtroppo questo è il destino delle strutture pubbliche: serve incentivare il merito, ma i meccanismi premiali non possono funzionare.
  E' permesso ricordare che l'Unione Sovietica è crollata largamente per la difficoltà di guidare le strutture produttive in base a criteri economici ? E' permesso ricordare che la ritrovata "meritocrazia cinese" è fondata sul "socialismo di mercato, vale dire facendo regolare le imprese pubbliche con i prezzi di mercato ?
  Nelle strutture pubbliche gli indicatori statistici vanno utilizzati come  "ultima spiaggia", quando non c’è nessun indicatore di merito, a cui attaccarsi per incentivare risultati virtuosi. E questo è il caso (più frequente) della Pubblica Amministrazione, i cui servizi sono ad utilità "totalmente indivisibile".
   Invece, nel caso dell'università, è possibile applicare il criterio del beneficio (tipico del mercato), perché l’insegnamento universitario ha una utilità "parzialmente divisibile". In questo senso è possibile applicare il criterio del beneficio: vale dire un prezzo (pro quota "parte divisibile") ai richiedenti il servizio e, invece, il finanziamento statale, per la restante parte "indivisibile" ( ossia a "utilità pubblica").
  Ma, occorre farlo cum grano salis, perchè c'è di mezzo il diritto allo studio. Vediamo poi.

   4.- Legge Ruberti n. 168/1987, art. 7. Direi che questa legge abbia dato l'autonomia finanziaria, salvaguardando (sia pur in parte) il criterio del beneficio. Più tardi, non sarà più così. Vediamo:
 a)  L'art. 7 disponeva che le entrate delle università siano "trasferimenti dello Stato" e "contributi obbligatori nei limiti della normativa vigente".
   Per trovare questi limiti occorre risalire alla legge 1551/1951 (una curiosità: fu firmata da A. De Gasperi).
b)  La Legge 1551/1951 dispone:
 1. - il contributo statale alle università (art. 1), da ripartire (si noti bene) "tenendo presenti principalmente il numero delle facoltà e degli studenti, il tipo delle facoltà, lo stato delle attrezzature scientifiche, le necessità dell'assistenza agli studenti."
 2. - le tasse, sopratasse, contributi, diritti di segreteria degli studenti, fissate dalla legge;
 3. - che il CdA delle Università possa istituire:
  - un contributo integrativo unico studentesco per 3 anni (art. 8);
  - speciali contributi studenteschi per biblioteche e per ogni istituto scientifico, destinati a spese di laboratorio, di esercitazioni e di riscaldamento (art. 11);
  - contributi fino alla misura di lire 1000 per ciascuno studente in corso e fuori corso, per le attività assistenziali e sportive delle organizzazioni rappresentative studentesche;
  - un contributo suppletivo (pari al 30% della tassa annuale di iscrizione) per gli gli studenti appartenenti a famiglie che dispongano di un reddito complessivo annuo superiore a tre milioni di lire. 

 5.- Legge 537/1993.  Dopo Ruberti, come novità viene istituito il FFO, "nel quale sono comprese una quota base (da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993), e una quota di riequilibrio, da ripartirsi sulla base di criteri relativi a standard dei costi di produzione per studente e agli obiettivi di qualificazione della ricerca, tenuto conto delle dimensioni e condizioni ambientali e strutturali".
  La genericità della legge fu eccessiva. Inizierà da qui l'arbitrio dei vari governi, e la graduale deresponsabilizzazione sia del Governo sia delle Università e di conseguenza saranno necessari nuovi correttivi con legge 306.

6.- La successiva Legge 306/1997 dispone:
- art. 2.  "I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonchè sulla base della specificità del percorso formativo";
 - purchè (art.3) "secondo criteri di equità e solidarietà" e comunque (art. 5) "la contribuzione studentesca non può eccedere il 20% del finanziamento ordinario annuale dello Stato".
  Segue la legge 449/1997, con limite anche dal lato spesa: (art. 5) "Le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle università statali non possono eccedere il 90 per cento del fondo per il finanziamento ordinario";
  e seguirà tutto il resto ...., più tardi, finchè si arriverà alla meritocrazia cinese attuale, da cui abbiamo preso le mosse in questo commento.

 5.- Conclusione: la retta via finanziaria. Direi che sia da reintrodurre la legge Ruberti, salvo adeguamenti al tempo.
  Precisamente andrebbe separata l’amministrazione locale (da far regolare con criteri aziendali), dal diritto allo studio (da caricare sullo Stato, che lo gestisce in modo diretto). Di conseguenza:
 1) le università delibererebbero liberamente i contributi studenteschi, fermo rigorosamente il pareggio del bilancio;
 2) il FFO andrebbe ripartito tra le università in base al numero degli studenti, moltiplicato il costo standard per studente.
   Metterei il solo vincolo che il numero degli studenti per insegnamento non possa superare un determinato numero (es. 60 studenti per le materie umanistiche; 30 per le materie associate a prove di laboratorio);
  4) lo Stato dovrebbe erogare direttamente borse di studio o bonus università, differenziatamente per studente in base al merito e al bisogno. Nino Luciani

P.S.- Quanto sopra riguarda solo la parte finanziaria. Le grandi regole per il controllo di qualità del processo e del prodotto (didattica, concorsi, …) dovrebbero restare prerogative centralizzate

 

Disegno di legge quadro (informale del Miur) in materia di organi di governo, organizzazione e qualità del sistema universitario, riordino del reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari e delega sul diritto allo studio
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TESTO ORIGINALE


EMENDAMENTI proposti dal prof. Nino Luciani, ord. di Scienza delle Finanze nell’Università di Bologna, già membro del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico Integrato dell'Univ. di Bologna.
TITOLO I Nuovo testo, risultante, dopo gli emendamenti
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO  
Articolo 1  
   
Autonomia e responsabilità delle università  
1. Le università sono sede della libera formazione e della trasmissione critica dei saperi, coniugano in modo organico ricerca e didattica avanzata e continuata e operano per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica. 1. Le università sono sede della libera formazione e della trasmissione critica dei saperi, coniugano in modo organico ricerca e didattica avanzata e continuata e operano per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità. 2. In attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità.
  Lo Stato finanzia la gestione corrente delle Università in base a piani decennali, nei quali sono concordate le prestazioni, richieste, di ricerca e di didattica a favore dello Stato e, per esso, agli studenti.
  L’applicazione dei criteri, di cui ai commi precedenti, è subordinata all’accreditamento delle Università medesime presso lo Stato.
  L’accreditamento avviene sulla base della verifica dei requisiti tecnici standard delle Università circa la dimensione, in termini di numero di studenti, e di organico del personale docente, tecnico e amministrativo.
  Fermo quanto previsto dall'art. 3 e, tenuto conto della legge vigente  (sui Megatanei …), le università con un numero di studenti superiore a 40.000 dovranno essere frazionate.
  Le Facoltà con un numero di studenti superiore a 7.000 devono essere frazionate.
  Sono ammesse temporaneamente università con un numero di studenti inferiore ad un determinato standard,  se esse sono riconosciuto dallo Stati come università regionali, e comunque per una durata non superiore ad un determinato tempo (20 anni ?)
  Il finanziamento statale in conto corrente delle Università avviene in rapporto al numero degli studenti differenziamente tra università umanistiche e università scientifiche, e tuttavia previa verifica dei requisiti tecnici dei corsi di studio, i cui insegnamenti non potranno avere, singolarmente, un numero di studenti superiore ad un determinato minimo e massimo, e differenziatamente tra insegnamenti tecnici ed insegnamenti umanistici, e con ulteriori eccezioni relative agli insegnamenti di importanza strategica nazionale.
Sono abrogate le norme vigenti sul riparto del FFO in base a parametri multipli differenziati.
  Le Università operano sulla base di programmi annuali e decennali.
  Esse sono tenute al pareggio del bilancio. Sono abrogate le norme che pongono limiti alla discrezionalità di spesa delle università, ad eccezione di quelle relative ai finanziamenti statali e destinazione vincolata.
  Le Università sono dotate di finanziamenti costituiti:
  - dal finanziamento statale in conto corrente, proporzionato al numero degli studenti;
  - da prestiti statali di medio-lungo termine, in relazione a investimenti. In ogni caso l’ammontare dei prestiti non può superare una somma tale per cui la somma degli interessi superi il 25% del finanziamento statale della gestione corrente;
  - dai contributi studenteschi, determinati liberamente, e comunque col vincolo che essi non superino il 30% della spesa corrente, tenuto conto delle norme sul diritto allo studio, di cui al comma 3;
  - da altre entrate provenienti da privati e da enti pubblici a titolo di liberalità o controprestazioni di servizi (insegnamenti, ricerca scientifica, altri servizi).
3. Al fine di rimuovere le barriere di accesso all’istruzione universitaria degli studenti meritevoli e privi di mezzi il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministero", attua e monitora specifici programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio. 3. Al fine di rimuovere le barriere di accesso all’istruzione universitaria degli studenti meritevoli e privi di mezzi il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministero", attua e monitora specifici programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio.
Lo Stato finanzia il diritto allo studio con rapporto diretto con gli studenti, tenuto conto del bisogno e del merito.
Il finanziamento avviene sotto forma di borse di studio e di “buoni università” spendibili per le iscrizioni ai corsi di laurea triennale e magistrale, presso le università da loro scelte liberamente.
Sono abrogate le norme sul diritto allo studio di competenza delle università.
   
4. Il Ministero fissa obiettivi e indirizzi strategici per il sistema universitario e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche in riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai risultati. 4. Il Ministero, una volta fissa fissati, ai sensi del comma 2,  gli obiettivi e indirizzi strategici per il sistema universitario e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche in riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai risultati.
   
Articolo 2 Articolo 2
   
Organi di governo delle università  
   
1. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge a modificare i propri statuti ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi: 1. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge a modificare i propri statuti ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
   
a) adozione di un codice etico anche al fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle; a) adozione di un codice etico anche al fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle;
   
b) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa, di coordinamento; della responsabilità primaria nell’attuazione di tutte le attività istituzionali dell’ateneo e delle delibere del consiglio di amministrazione secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare attuazione al documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e successive modificazioni e del bilancio di previsione annuale; di tutte le funzioni non espressamente attribuite ad altri organi; b1) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa, di coordinamento; della responsabilità primaria nell’attuazione di tutte le attività istituzionali dell’ateneo e delle delibere del consiglio di amministrazione secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare attuazione al documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e successive modificazioni e del bilancio di previsione annuale; di tutte le funzioni non espressamente attribuite ad altri organi;
  b2) E’ ammesso il voto di sfiducia al Rettore, da parte del Senato o del Consiglio di Amministrazione, in caso di inadempienza esecutiva delle delibere per oltre 3 mesi dalla delibera, o di inottemperanze gravi allo statuto, o di indignità morale.
  Il voto avviene in base a mozione sottoscritta da almeno un terzo dei componenti.
   
  b2) Nelle università con più di 10.000 studenti, è istituita obbligatoriamente una Giunta di Pro-Rettori, scelti dal Rettore tra persone competenti, anche esterne all’università, con delega per determinati settori amministrativi, in rapporto a corrispondenti dirigenti dell’Amministrazione.
   
c) determinazione delle modalità di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in servizio presso qualunque università italiana, o di livello equipollente in una università straniera, in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; c1) determinazione delle modalità di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in servizio presso qualunque università italiana, o di livello equipollente in una università straniera, in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali;
  sono candidabili a Rettore i professori ordinari, anche di altro ateneo, che ottengono la designazione, con voto a maggioranza, di almeno tre facoltà locali;
  c2) le elezioni avvengono in tre turni:
  - è eletto al primo turno chi consegue la maggioranza assoluta degli aventi diritto
  - al secondo turno si vota tra i primi tre più votati;
  - al terzo turno avviene il ballottaggio tra i primi due;
  c3) l’elettorato attivo è attribuito ai Ricercatori a tempo indeterminato, ai professori di ruolo, agli studenti eletti come rappresentanti degli studenti nei consigli di facoltà, al personale tecnico e amministrativo per una quota del 10% del numero totale dei professori e ricercatori a tempo indeterminato.
   
d) durata della carica di rettore per non più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile; d) durata della carica di rettore per non più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile;
   
e) attribuzione al senato accademico, costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo non superiore a 35 unità, compresi il rettore e una rappresentanza degli studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n); e) attribuzione al senato accademico, costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo non superiore a 35 unità, più compresi il rettore e il Presidente del Consiglio Studentesco, di cui al comma h2 una rappresentanza del gli studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n);
  i professori di ruolo sono eletti dal corpo docente, metà tra i presidi e metà tra i direttori di dipartimento in carica o già in carica, sulla base di liste concorrenti. In ogni lista dovrà esserci almeno un candidato afferente ad una delle aree scientifiche dell’Ateneo, come indicate nello Statuto.
  Sono eletti i candidati delle prime due liste, per ordine di voti riportati.
  E’ ammesso un solo voto di preferenza.
  Il Senato è presieduto dal rettore.
  I membri del Senato hanno accesso agli atti amministrativi, in relazione all’oggetto delle delibere.
  Gli ordini del giorno sono inviati almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e il giorno della riunione.
  Di norma gli atti sono istruiti da Commissioni, composte pariteticamente da membri del Senato e del Consiglio di Amministrazione, prima di essere proposti per la delibera del Senato e del Consiglio di Amministrazione..
  Allo scopo di impedire il voto di scambio, la delibera relativa ai corsi di studio o alla istituzione di Facoltà e Dipartimenti, deve aver luogo separatamente per corso di studio, pena la loro nullità.
   
f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria e contabile, di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della competenza a nominare, su proposta del rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e sedi, ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a deliberare il conto consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera b); f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione economica, finanziaria e contabile, di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della competenza a nominare, su proposta del rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e sedi, ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a deliberare il conto consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera b);
   
g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, compresi il rettore membro di diritto ed una rappresentanza degli studenti; previsione che i restanti componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto, anche a seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovate competenze in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello; previsione della non appartenenza di almeno il 40 per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la durata dell’incarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del consiglio di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due terzi degli aventi diritto; g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici 32 componenti, più compresi il rettore membro di diritto ed una rappresentanza degli studenti;

previsione che il Presidente del Consiglio di Amministrazione, sia eletto dal Consiglio, tra i propri membri, persone diverse dal Rettore

 

 

 

  previsione che una parte dei restanti componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto, anche a seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovate competenze in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello;
  previsione che detti restanti componenti siano designati dagli enti finanziatori dell’Università, con elezioni in collegio unico;
  previsione della non appartenenza di non più del 70% almeno il 40 per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la durata dell’incarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del consiglio di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due terzi degli aventi diritto;
  I membri interni, sono eletti per liste concorrenti, separatamente per aree di competenza tecnica. Sono eletti i candidati, con più preferenze, della prima lista, per ordine di voti riportati.
  E’ ammesso un solo voto di preferenza.
  I membri del Consiglio hanno accesso agli atti amministrativi, in relazione all’oggetto delle delibere.
  Gli ordini del giorno sono inviati almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e il giorno della riunione.
  Di norma gli atti sono istruiti da Commissioni, prima di essere proposti per la delibera del Consiglio.
   
h) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola volta; h1) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola volta;
  h2) E' istituito il Consiglio studentesco, composta da due studenti per ognuna delle Facoltà.
L'elezione avviene, con unica lista di candidati proposti da almeno 5 presentatori, in ogni Facoltà. E' ammesso un solo voto di preferenza. Sono eletti i primi due più votati.
Il CS esprime parere obbligatorio, ma non vincolante, sugli argomenti di rilevanza didattica di maggior rilevanza, prederminato dal Senato, e sui contributi studenteschi;
i) divieto per i componenti del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e limitatamente al senato accademico, di ricoprire altre cariche accademiche; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali o non statali; previsione di una clausola di decadenza per i consiglieri che non partecipano con la dovuta continuità alle sedute del consiglio; i) divieto per i componenti del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e limitatamente al senato accademico, di ricoprire altre cariche accademiche; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali o non statali; previsione di una clausola di decadenza per i consiglieri che non partecipano con la dovuta continuità alle sedute del consiglio;
   
j) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale, titolare di incarico conferito dal consiglio d’amministrazione su proposta del rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità ai parametri fissati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione, in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico non appartenente al ruolo dell’ateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al direttore generale della gestione e dell’organizzazione complessiva dei servizi e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; prevision j1) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale, titolare di incarico conferito dal consiglio d’amministrazione su proposta del rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità ai parametri fissati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione, in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico non appartenente al ruolo dell’ateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al direttore generale della gestione e dell’organizzazione complessiva dei servizi e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; previsio
  j2) Gli atti sottoposti, per la firma, al Rettore e ai Pro-Rettori, se istituiti, portano la firma preventiva del dirigente di competenza dell’Amministrazione, che ne assume la responsabilità personale circa la loro conformità alle leggi, allo statuto e alle norme amministrative dell’Ateneo.
  Analoga disposizione si applica nelle altre strutture di inferiore livello.
  J3) In seguito alla elezione del Rettore i dirigenti amministrativi decadono. Il nuovo Rettore decide entro 3 mesi dalla elezione, circa la loro conferma
   
k) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto dall’università tra dirigenti e funzionari Ministro dell’economia e delle finanze ed uno effettivo e uno supplente tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del loro mandato per una sola volta; previsione che l’incarico di revisore non può essere ricoperto da personale dipendente della medesima università; k) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto dall’università tra dirigenti e funzionari Ministro dell’economia e delle finanze ed uno effettivo e uno supplente tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del loro mandato per una sola volta; previsione che l’incarico di revisore non può essere ricoperto da personale dipendente della medesima università;
   
l) composizione del nucleo di valutazione con numero di componenti in prevalenza esterni all’ateneo; attribuzione al nucleo di valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia dell’offerta didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento di cui all’articolo 7; l) composizione del nucleo di valutazione con numero di componenti in prevalenza esterni all’ateneo; attribuzione al nucleo di valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia dell’offerta didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento di cui all’articolo 7;
   
m) riorganizzazione e semplificazione della articolazione interna degli atenei, con contestuale attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie; m) riorganizzazione e semplificazione della articolazione interna degli atenei, con contestuale attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie;
   
n) facoltà di istituire tra un congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità o complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione denominate "scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione delle attività e dei servizi comuni, promuovono l’attivazione dei corsi di studio e ne coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato; n) facoltà di istituire tra un congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità o complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione denominate "scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione delle attività e dei servizi comuni, promuovono l’attivazione dei corsi di studio e ne coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato;
   
o) afferenza dei corsi di laurea e laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e contabile, al dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di base e caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al corso di prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei corsi a prevalente carattere interdisciplinare; o) afferenza dei corsi di laurea e laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e contabile, al dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di base e caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al corso di prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei corsi a prevalente carattere interdisciplinare;
   
p) individuazione dell’organo deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei coordinatori dei corsi di studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico di presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio o di dottorato; p) individuazione dell’organo deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei coordinatori dei corsi di studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico di presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio o di dottorato;
   
q) facoltà, per le università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato inferiore a cinquecento unità, di individuare una articolazione organizzativa interna semplificata cui attribuire unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p); q) facoltà, per le università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato inferiore a cinquecento unità, di individuare una articolazione organizzativa interna semplificata cui attribuire unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p);
   
r) previsione dell'istituzione in ciascun dipartimento di una commissione paritetica docentistudenti per l’assicurazione della qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il proprio parere sull’attivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati della stessa; r) previsione dell'istituzione in ciascuna Facoltà dipartimento di una commissione paritetica docenti studenti per l’assicurazione della qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il proprio parere sull’attivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati della stessa;
   
s) previsione di principi a tutela della rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di coordinamento delle rappresentanze studentesche; s) previsione di principi a tutela della rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di coordinamento delle rappresentanze studentesche;
   
t) previsione che le ulteriori modifiche dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma 3. t) previsione che le ulteriori modifiche dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma 3.
   
2. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i), j), k), l), e s). 2. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i), j), k), l), e s).
   
3. Il testo contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo composto da non più di 15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente, designati pariteticamente dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione, inclusa una rappresentanza degli studenti, e adottato con delibera del senato accademico e del consiglio di amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. 3. Il testo contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo composto da non più di 15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente, designati pariteticamente dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione, inclusa una rappresentanza degli studenti, e adottato con delibera del senato accademico e del consiglio di amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
   
4. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 1 il Ministero assegna all’università interessata un congruo termine per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da presidente e due membri in possesso di adeguate competenze professionali, con il compito di predisporre le opportune modifiche statutarie da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione spetta esclusivamente il rimborso delle spese di missione con onere a carico dell’apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero. 4. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 1 il Ministero assegna all’università interessata un congruo termine per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da presidente e due membri in possesso di adeguate competenze professionali, con il compito di predisporre le opportune modifiche statutarie da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione spetta esclusivamente il rimborso delle spese di missione con onere a carico dell’apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero.
   
5. Al fine di sviluppare un organico ed efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati alla valorizzazione della qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo delle risorse e dell’adesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i principi ed i criteri per l’istituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e delle relative scuole. 5. Al fine di sviluppare un organico ed efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati alla valorizzazione della qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo delle risorse e dell’adesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i principi ed i criteri per l’istituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e delle relative scuole.
   
6. Entro 120 giorni dall’entrata un vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto previsto alla lettera q) del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti assicurando che a ciascun dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a tempo indeterminato non inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori di cui all’articolo 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei. 6. Entro 120 giorni dall’entrata un vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto previsto alla lettera q) del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti assicurando che a ciascun dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a tempo indeterminato non inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori di cui all’articolo 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei.
   
7. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse statali. 7. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse statali.
  Allo scopo di impedire il voto di scambio, le delibere degli organi collegiali di ogni livello, relative alla istituzione di insegnamenti e corsi di studio devono aver luogo con votazione separata per ognuno di essi, pena la loro nullità.
   
Articolo 3 Articolo 3
   
Fusione e aggregazione federativa degli atenei Fusione e aggregazione federativa degli atenei
   
1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse due o più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività, in strutture federative sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e l’indicazione della procedura da seguire per l’adozione dello statuto della struttura federativa e le modifiche da apportare ai rispettivi statuti in conformità a principi di semplificazione, trasparenza ed efficienza. Il progetto dà conto altresì della compatibilità finanziaria della fusione ovvero dell’aggregazione. 1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse due o più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività, in strutture federative sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e l’indicazione della procedura da seguire per l’adozione dello statuto della struttura federativa e le modifiche da apportare ai rispettivi statuti in conformità a principi di semplificazione, trasparenza ed efficienza. Il progetto dà conto altresì della compatibilità finanziaria della fusione ovvero dell’aggregazione.
  La forma federativa si intende relativa alla amministrazione, non alla struttura didattica dell’Ateneo che, invece, va impostata unitariamente.
   
2. Il progetto di cui al comma 1, approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di ognuno degli atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto all’esame del Ministero, il quale, acquisito il parere dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di fusione ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti finanziari e di personale. 2. Il progetto di cui al comma 1, approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di ognuno degli atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto all’esame del Ministero, il quale, acquisito il parere dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di fusione ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti finanziari e di personale.
   

 


ELEZIONI DEL RETTORE

Sempre più insistenti le voci che "parti politiche" premerebbero su Calzolari in favore di Ivano DIONIGI
rettore. Come è tradizione di questo sito, da sempre riteniamo che i partiti politici e le varie "chiese"
devono rimanere fuori dall'università. L'art. 33 della Costituzione lo obbliga. Gli elettori hanno questo diritto
e si ricordino che, in termini di forza elettorale, il favore di un rettore in scadenza vale "meno di zero".

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Giorgio Cantelli Forti

Proseguiamo la rassegna dei programmi dei Candidati

Giorgio CANTELLI FORTI


versus

   Ivano DIONIGI

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Ivano Dionigi


Nino Luciani, Un breve identikit dei due

Giorgio Cantelli Forti ( 65 anni) è discontinuo rispetto all'attuale gestione dell'ateneo (l'abbiamo visto nelle battaglie in Consiglio di Amministrazione). Farmacologo e tossicologo. Ha esperienza di preside (Farmacia), è presidente del Polo di Rimini, e ha anche navigato in ambienti europei. E' uomo dal piglio manageriale e con le spalle grosse per affrontare problemi importanti e difficili.
  Punta al ripristino della legalità nel governo dell'ateneo.
  In primo luogo, perchè sia dei professori la guida della politica universitaria, e dei Dirigenti amministrativi la sua attuazione. In questo senso è per lui prioritara la riforma dello Statuto, in senso democratico: con un rettore "primus inter pares" e una squadra omogenea e con competenze ben definite e ci sia, sull'Esecutivo, il controllo democratico del Consiglio di Amm.ne e del Senato, mancato finora.
  In secondo luogo, perchè siano applicate fedelmente le leggi, in quanto il rispetto delle leggi è l'imprinting educativo, con cui i giovani devono uscire dall'università.
  In punti qualificanti del suo programma (da lui proposto in ordine di priorità) sono: 1. - La governance di un Ateneo policentrico .2.- Personale Docente e Ricercatore 3.- Gli Studenti e la didattica .4.- La ricerca .5.-Personale Tecnico e Amministrativo .6.- Internazionalizzazione .7.- Risorse e bilancio. 8. - Edilizia. 9. - Proposta di una nuova organizzazione dei servizi dell'ateneo. 10.- Università e città: rinnovare un rapporto.
   Ha manifestato prudenza nell'abolire di colpo il biennio (dopo i 70 anni), senza prima aver verificato la possibilità della sostituzione con nuove assunzioni.
  La priorità data alla riforma dello statuto rivela la sua consapevolezza che l'Ateneo è maturo per una governance democratica, che metta fine all'epoca dei Rettori con i "pieni poteri". Del resto la rivolta contro Fabio Roversi Monaco, sul finire del suo mandato, (ben lungi dall'oscurarne l'immensa opera) fu semplicemente la domanda della Comunità scientifica di partecipare alla sua gestione e di controllarlo.  Per questo (all'ultimo) sono stato fra quelli che, pur avendolo avversato lungamente per i metodi, gli avevano votato la proroga, pensandolo deciso a modificare lo Statuto. Ma non andò così, perchè il successivo CdA era risultato controllato dai rivoltosi. Alla fine del mandato, lo statuto di Roversi  risulterà in qualche modo sfasato rispetto ai tempi, e c'era l'aggravante che egli stava per consegnare al successore una macchina (lo statuto) di forza superiore alla "patente" in suo possesso (e che, anzi, si era impegnato a modificare, ma poi ... senza mantenere l'impegno, finendo per mandare in bestia Paolo Pombeni..., il cui progetto chiuse in un cassetto).
   Ivano Dionigi ( 62 anni) è continuo all'attuale rettore. Non ha esperienza di preside. Latinista. Inizia la sua carriera  politica in modo organico nel PCI e poi nel PDS (ma questo non va letto per forza come una cosa negativa), ed è membro del Comitato scientifico dell'Istituto Gramsci.
  Nonostante la lunga presenza negli Organi (Consiglio di Amm.ne e Senato, Direttore del Collegio dei Direttori di Dipartimento), appare più uomo di interessi culturali e filosofici, che uomo con capacità operativa di amministratore della cosa pubblica.
  Ha partecipato alla casta che portò al potere Calzolari, in opposizione a Fabio Roversi Monaco, ma con un affondo eccessivo (da cui mi distaccai alla fine del suo mandato), volto ad oscurare d'emblé la figura storica del grande Rettore.
  I punti qualificanti del programma (da lui proposto in ordine alfabetivo) sono: 1.- Amministrazione ". 2.- Didattica e Formazione " .3.- Dottorato di Ricerca ". 4.- Edilizia ". 5.- Facoltà Medica " .6.- Internazionalizzazione ". 7.- Multicampus " .8.- Programmazione ruoli " .9.- Questione studentesca ". 10.- Ricerca e Trasferimento tecnologico .11.- Risorse ". 12.- Statuto ".
  Nel suo programma, la priorità è l'Amministrazione, mentre la riforma dello Statuto è "davvero" al dodicesimo posto (l'ultimo), pur se sotto il velo dell'alfabeto.
  Il fatto che l'Amministrazione sia al primo posto non è, per se stesso, un punto di demerito, se non fosse che in questi anni abbiamo troppo sofferto di dittatura della burocrazia.
  E' coerente, con questa priorità, il fatto che la riforma dello Statuto sia il dodicesimo dei suoi pensieri. E siccome un uomo normale non può reggere da solo il peso di un ateneo grande come quello di Bologna, ecco spiegato perchè la Amministrazione occupa il primo posto nel suo programma.
Se ne trae l'immagine di un promesso rettore, all'insegna gattopardesca che "tutto cambi perchè nulla cambi". 
  Ma, fino al ''700, non facendo nulla, tutto sarebbe rimasto come prima. Non così nel 2000, e lo vediamo da Calzolari che, non avendo fatto nulla, ci lascia un ateneo con 20.000 studenti in meno.
  E adesso, dandosi egli da fare per garantire continuità alla sua linea e al suo gruppo, finirà per non farsi neppure ringraziare, un atto che formalmente sarebbe dovuto a chiunque ha lavorato dando quello che ha potuto.

I  PROGRAMMI  DEI   DUE  CANDIDATI

Per una visione dei programmi in originale, si vegga:


Giorgio CANTELLI FORTI

Programma ripreso da:
http://www.cantelliforti.it/

 


Ivano DIONIGI
Programma ripreso da:
http://www.ivanodionigi.it/

 


Elezioni del Rettore -  Notizie sui candidati

Il prof. Giuseppe Sassatelli, archeologo, già Preside:
apertamente "discontinuo", analitico, metodico, testardo quanto serve

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Dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, abbiamo ripescato
una vecchia Delega al Preside SASSATELLI perchè
ne rappresentasse i problemi al candidato rettore di allora

Si direbbe che, adesso, la Delega impegni Lui oggettivamente
, quale candidato a rettore

Qui sotto: il DOCUMENTO di delega approvato
all'unanimità dal Consiglio di Facoltà - 15 feb 2005

Sotto, anche la lettera di Lui al corpo accademico
dell'
Ateneo per comunicare la propria candidatura a Rettore

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Giuseppe Sassatelli

I punti del Documento della Facoltà di LF
1. La ricerca
2. La didattica
3. Gli spazi
4. Gli Organici.
5. Il governo dell'Ateneo
6. Ulteriori Riflessioni:
   a) I Dipartimenti
   b) L'Ateneo e la sua organizzazione
   c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo
   d) I rapporti con le sedi decentrate
       della Romagna

1. La ricerca.  Molti segnali, specie in questi ultimi tempi anche sull'onda di una discutibile politica nazionale, vanno nella direzione di un progressivo ridimensionamento del ruolo e dell'importanza della ricerca che si svolge all'interno della nostra Facoltà e della nostra area. Alla ricerca di ambito umanistico non viene di fatto riconosciuta pari dignità rispetto a quella delle altre aree dell'Ateneo e di conseguenza essa non viene adeguatamente sostenuta sul piano finanziario e delle attrezzature, con la conseguente difficoltà di mantenere i livelli di eccellenza che essa ha raggiunto in molti settori e che le sono ampiamente riconosciuti, anche sul piano internazionale. Occorre trovare meccanismi attraverso i quali la nostra ricerca, le sue strutture organizzative (Dipartimenti, Dottorati, Assegni ecc.), i suoi laboratori (Biblioteche in primo luogo, ma anche altre strutture laboratoriali di alta qualità), i suoi canali di finanziamento (progetti pluriennali, medie attrezzature, 60% e 40%, ed altro) non vengano continuamente messi in discussione e di fatto penalizzati. Fatte salve le peculiarità e le diversità delle singole aree e dei relativi costi, è necessario che si riconosca alla nostra ricerca il ruolo e il peso che essa effettivamente ha e un adeguato sostegno economico attraverso parametri certi e trasparenti che si basino, per tutti, solo ed esclusivamente sulla qualità dei risultati conseguiti e sul numero dei ricercatori impegnati, rivedendo gli attuali criteri di distribuzione delle risorse.

2. La didattica. Il numero molto alto degli studenti (sia nelle Lauree Triennali che nelle nuove Lauree Specialistiche le quali, attivate solo quest'anno, hanno già superato 700 iscritti), i numerosi Corsi di Studio e la loro complessa articolazione interna richiedono investimenti sempre maggiori. Occorre garantire da un lato condizioni quanto meno decorose e, ancora una volta, di pari dignità a tutti i nostri studenti (Aule, Biblioteche, Laboratori ecc.) e dall'altro una formazione di alto profilo. E per farlo servono impegni precisi sul piano delle risorse, degli spazi e della docenza. Il sostegno diretto alla didattica (contratti, tutorati, e altri necessari strumenti di supporto) deve essere rapportato al numero degli studenti, evitando disparità che non hanno ragione di essere visto che almeno per i servizi di base della didattica non dovrebbe esistere lo studente "pesato", così come lo intende oggi il Ministero, e il numero alto degli studenti deve essere preso nella giusta considerazione, senza contare il fatto che a termini di legge già ora diversi Corsi di Studio della nostra Facoltà dovrebbero essere sdoppiati. Bisogna evitare che la pluralità dei Corsi a cui i Docenti sono chiamati, il numero molto alto dei frequentanti e quindi degli esami e delle tesi provochino un pericoloso snaturamento della funzione docente sbilanciandola eccessivamente sulla didattica con grave danno per la ricerca.

3. Gli spazi. La esigenze delle didattica (e anche quelle della ricerca, ad essa strettamente collegata, specie per quanto riguarda le Lauree Specialistiche) richiedono un consistente aumento degli spazi con particolare riguardo alle aule, anche di piccole dimensioni, e ai laboratori in funzione soprattutto delle Specialistiche. Occorre predisporre un piano immediato per l'emergenza che è alle porte e un piano di più larga previsionalità che predefinisca la disponibilità di spazi che, nell'ambito dell'attuale centro storico e del plesso di via Zamboni, si rendano via via disponibili in modo da costituire un vero "Polo Didattico" della Facoltà che consenta tra l'altro un maggiore coordinamento delle diverse attività.

4. Gli Organici. Nelle ultime tornate la distribuzione di nuove risorse di personale docente e ricercatore si è basata soprattutto sulla necessità di dotare tutte le Facoltà, specie quelle della Romagna, dei numeri minimi di docenza previsti dalla legge per ogni Corso di Studio senza mai prendere in considerazione il fatto che il problema si potrebbe risolvere anche razionalizzando e diminuendo il numero dei Corsi di Studio attivati. Questo parametro non può più essere mantenuto e in questa operazione si deve invece tenere conto sempre di più dei numeri e in particolare del rapporto docenti-studenti che all'interno della nostra Facoltà è di quasi 1:60 se si considerano anche i ricercatori, e di oltre 1:80 se si considerano solo le due fasce docenti (associati e ordinari), un rapporto altissimo che, assieme ad Economia e a Giurisprudenza, ci pone ai livelli più sfavorevoli di tutto l'Ateneo e che non ci consente di erogare una didattica di alta qualità. In considerazione del fatto che ci sono Facoltà a numero chiuso e ci sono settori disciplinari che vanno comunque salvaguardati anche prescindendo dal numero degli studenti, tale parametro non potrà essere generalizzato. Si ritiene legittimo tuttavia ribadire che almeno il 70% dei posti nuovi e di quelli riequilibrio deve essere distribuito sulla base di questo criterio rapportato ai singoli Corsi di Laurea. E inoltre per garantire il livello raggiunto con alcuni docenti di grande prestigio nazionale e internazionale, andati fuori ruolo o in pensione di recente, la Facoltà ritiene indispensabile un provvedimento mirato dell'Ateneo che consenta di predisporre alcune chiamate esterne e di alto profilo.

5. Il governo dell'Ateneo e la "rappresentanza" della Facoltà. La Facoltà ritiene infine che all'interno degli Organi e delle cariche di governo dell'Ateneo debba esserci una sua significativa rappresentanza, qualificata sia per capacità che per competenza, e soprattutto proporzionata al peso quantitativo e qualitativo che la Facoltà oggettivamente detiene (quasi un quinto degli studenti dell'Ateneo e circa un settimo del personale docente e ricercatore) in modo da potere dare il suo contributo al governo dell'ateneo, con particolare riguardo ai punti sopra esposti, offrendo competenze e disponibilità che, proprio in quanto largamente rappresentative della Facoltà e condivise, siano ad essa sempre e comunque strettamente correlate.

6. Ulteriori Riflessioni
a)  I Dipartimenti. Per una Università che deve fondarsi su un intreccio profondo tra ricerca e didattica, intreccio particolarmente importante nell'organizzazione nel funzionamento delle Lauree Specialistiche, è essenziale riconoscere ai Dipartimenti un peso che corrisponda all'importanza del loro ruolo e delle loro funzioni nella vita e nella gestione della Facoltà (cosa che del resto già avviene) oltre che dell'Ateneo riconoscendo al Collegio dei Direttori meccanismi di partecipazione maggiore e più diretta al governo dell'Ateneo e dotando i Dipartimenti di risorse adeguate quanto meno alle molte funzioni che esplicano.

b) L'Ateneo e la sua organizzazione. La complessità sempre maggiore della struttura dell'Ateneo si è tradotta in un progressivo appesantimento del suo apparato organizzativo con ricadute pesanti anche sulla Facoltà e sui Dipartimenti i quali devono attenersi a procedure lunghe e complesse per l' esercizio delle loro funzioni. Occorre introdurre criteri e meccanismi di funzionamento che semplifichino radicalmente le procedure attuali allo scopo di ottenere in tempi rapidi una maggiore flessibilità ed una maggiore efficienza di tutto l'assetto organizzativo anche per evitare che docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, sempre più oberati da incombenze e da complicazioni gestionali, allentino il loro impegno e la loro disponibilità a collaborare.

c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo. Uno degli aspetti più evidenti delle complicazioni gestionali indicati al punto precedente è la scarsa chiarezza sulle prerogative e sulle funzioni dei diversi Organi di Ateneo (Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione e Commissioni di Ateneo) e in particolare della Giunta di Ateneo della quale spesso non sono ben chiari i compiti e i ruoli. Ciò comporta inevitabilmente non solo inutili sovrapposizioni, ma anche contraddizioni o addirittura contrapposizioni nelle decisioni da prendere con un inevitabile appesantimento delle procedure che rischia in taluni casi di paralizzare o di rallentare fortemente la macchina organizzativa. Occorre una riflessione approfondita sulla composizione e sulle funzioni di questi Organi con particolare riguardo da un lato al ruolo delle Commissioni e dall'altro alla composizione e ai poteri della Giunta. d) I rapporti con le sedi decentrate della Romagna. Il decentramento in Romagna riguarda la Facoltà sia direttamente (due Corsi di Laurea ha sede a Rimini) che indirettamente cioè sul piano più generale dei rapporti tra Bologna e la Romagna che hanno comunque ricadute sulle strutture didattiche e scientifiche radicate a Bologna come le nostre. Va superata la sterile contrapposizione tra Bologna e la Romagna affrontando da un lato il problema di una seria programmazione di tipo culturale che individui i settori e le aree da potenziare in Romagna evitando duplicazioni inutili e concorrenziali; e cercando dall'altro risorse specifiche per il decentramento in Romagna in modo da alleggerire la pressione sulle risorse generali di Ateno. Il rapporto tra Bologna e la Romagna richiede una riflessione anche sul piano statutario per meglio calibrare il ruolo e lo spazio operativo dei Poli e delle loro articolazioni al fine di garantire una migliore programmazione di Ateneo e un più corretto rapporto con gli Enti locali.

LA LETTERA del giugno 2008

- Alle colleghe e ai colleghi dell'Università di Bologna

   Carissime colleghe e carissimi colleghi,

  desidero comunicarvi che ho deciso di porre la mia candidatura alla elezione del Rettore per il quadriennio 2009-2013.
1.-  La elezione del Rettore non è più una questione di Facoltà o di aree, ma è un problema di persone, di esperienza, di consapevolezza dei problemi e di formulazione di idee, in modo del tutto trasversale rispetto alla collocazione accademica e disciplinare di ciascuno di noi.
   E allora:
  - sulla base della mia esperienza personale, prima come Direttore di Dipartimento e poi come Preside di Facoltà, con 12 anni di presenza in Senato Accademico (6 anni come rappresentante d'area-Direttore di Dipartimento e 6 anni come Preside);
   - considerando le sollecitazioni che mi sono giunte da più parti, particolarmente significative perchè trasversali e variegate,
  - ho preso la decisione di candidarmi.
    Non sono in grado ora come ora di proporvi un programma definito e articolato perché questo dovrà scaturire da più stretti colloqui che nei prossimi mesi spero di avere con molti di voi e dai quali trarrò gli elementi per costruire un progetto di governo.
   Mi pare tuttavia indispensabile rendervi partecipi di alcune considerazioni preliminari sulla nostra Università, su quanto ci attende nei prossimi anni e soprattutto sui problemi che il nuovo Rettore dovrà affrontare.

  2.- Questo è un momento che pare drammatico per l'Università italiana.
   Capisco che questa asserzione non giovi a chi cerca consenso (e forse anche per questo se ne è parlato poco); ma non credo sia saggio ignorare i problemi che vanno invece conosciuti e analizzati per individuarne le soluzioni più adeguate.
   Dai recenti provvedimenti del Governo, come le pesanti e progressive decurtazioni del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), le gravi limitazioni al turn-over dei prossimi anni, la possibilità di trasformare le Università in Fondazioni, o anche l'allungamento su base triennale degli scatti stipendiali, disgiunto da qualsiasi proposta di introdurre virtuosi meccanismi di controllo e di premiazione selettiva,
   si deduce chiaramente che si è ormai radicata a livello governativo una linea, purtroppo comune a tutte le forze politiche, di scarsissima considerazione dell'Università pubblica la quale dovrà 'rassegnarsi' nei prossimi anni ad avere sempre minori finanziamenti governativi e a cercare inevitabilmente nuove forme di sostegno economico, tutte da inventare e da costruire.

   3.- A questi si devono aggiungere i problemi interni del nostro bilancio, forse enfatizzati in questi ultimi anni, ma di certo non trascurabili se si tiene conto del fatto che i semplici aumenti stipendiali vanno ad erodere le capacità di investimento su strutture e personale.
   Se saremo costretti a sacrifici dovremo farlo però all'interno di progetti complessivi e di lunga durata, evitando quei repentini cambiamenti di rotta che in questi ultimi anni ci hanno impedito una programmazione consapevole.
   Noi docenti dobbiamo essere rassicurati sul recupero pieno della nostra funzione e del nostro ruolo alleggerendoci dalle molte incombenze istituzionali e organizzative e consentendoci di guadagnare tempo per la ricerca e per lo studio, nella convinzione che ciò consentirà alla nostra Università di mantenere o di guadagnare posizioni nelle classifiche internazionali all'interno delle quali già ora gode di importanti riconoscimenti.
 
  4.- Il futuro Rettore dovrà conoscere bene sia i meccanismi della ricerca (Dipartimenti) che quelli della didattica (Facoltà) perché nessuno, in una Università di grande tradizione come la nostra, potrà mai pensare seriamente di separare questi due fondamentali aspetti della struttura universitaria che si alimentano e si arricchiscono reciprocamente.
   La nostra Università è molto invecchiata e la necessità di aprire ai giovani non deve limitarsi solo al reclutamento dei ricercatori, che pure va sostenuto, ma deve riguardare anche l'immissione dei più bravi tra questi nella docenza con la possibilità quindi di assumere funzioni direttive e di responsabilità.

  5.- L'Università è diventata una machina molto grande e complessa, tale da richiedere, per un governo efficace, strumenti e meccanismi assolutamente innovativi per evitare che la 'complessità', di fatto una ricchezza, si trasformi in complicazione. E in questa necessaria rivisitazione dell'apparato amministrativo sarà necessaria una distinzione tra chi ha la responsabilità politica di prendere le decisioni e chi ha il compito di definire meccanismi e procedure per metterle in pratica con rapidità ed efficacia.
   Le procedure troppo complesse vanno eliminate quando dipendono da noi; vanno combattute nelle sedi opportune quando dipendono dal governo centrale.
   L'apparato amministrativo deve tornare al servizio delle decisioni 'politiche', deve essere semplificato e deve essere in piena sintonia con gli organi dell'Ateneo.

    6.- L'Università deve intrecciare un corretto rapporto con la città (Bologna) non solo per la necessità di trovare soluzioni rapide e condivise ai problemi degli studenti e della loro accoglienza, superando le attuali forme speculative su questa presenza, ma anche perché l'Università deve trovare nuove capacità e nuovi modi per mettere in campo, nelle città e nei loro territori (Bologna e Romagna), le sue eccellenze nella innovazione e nella ricerca e le sue capacità di entrare nel mercato delle cultura e dei servizi.
   Va superata per Bologna l'attuale contrapposizione tra due corpi separati i cui unici punto di contatto sembrano essere la speculazione sugli alloggi e il degrado ambientale di certe aree delle città e della zona universitaria.
   Nei suoi rapporti con le città e con il mondo esterno l'Università deve riaffermare e difendere i valori della sua autonomia, anche e soprattutto dalla "politica", centrale e locale, nella consapevolezza che qualsiasi tangenza, attuale o passata, possa in qualche modo offuscare questo importante valore.
   Ciò è particolarmente evidente per la Facoltà di Medicina e Chirurgia i cui rapporti con la Regione e con il Servizio Sanitario Nazionale devono riguadagnare posizioni sul piano dell'autonomia e del reciproco riconoscimento di ruoli e funzioni, al di sopra e al di fuori di qualsiasi pressione e sconfinamento.
    La Facoltà di Medicina è una Facoltà 'speciale' proprio per queste sue caratteristiche; ma è comunque una Facoltà dell'Ateneo e come tale le deve essere garantito il diritto a programmare e decidere la sua ricerca e la sua didattica, senza isolamenti e autarchie, ma anche senza pressioni troppo pesanti e ingiustificate.

   7.- Alla Romagna, realtà consolidata del nostro decentramento con soluzioni che potrebbero essere utilmente adottate anche nella sede bolognese, va dedicato uno sforzo definitivo per conseguire l'obiettivo di un vero 'campus', dove le singole sedi siano in grado di interagire pariteticamente tra loro e con la sede storica.
   Tale sforzo dovrebbe concretizzarsi prevalentemente:
   - nella trasformazione o nell'accorpamento in Facoltà di quei Corsi di Laurea che hanno la 'Facoltà madre' a Bologna;
   -  oltre che nel radicamento della ricerca attraverso l'istituzione di nuovi Dipartimenti per i settori di ricerca nuovi o la costituzione di sedi o sezioni di Dipartimento (o anche forme meno strutturate e più flessibili di ricerca come ad esempio 'Dipartimenti tematici') per evitare sia inutili duplicazioni di strutture che 'insiemi' scientificamente eterogenei che finirebbero con il sovrapporsi alle Facoltà.
   Ciò consentirà una effettiva pariteticità tra sede bolognese e sedi romagnole il cui attuale assetto organizzativo va comunque sostenuto anche per favorire quest'ultimo passaggio.

   8.- Il recentissimo documento della Commissione per la revisione dello Statuto può costituire un importante passo verso quelle riforme che sono sempre più urgenti.
   Il mutamento degli assetti di governo dove la semplificazione e l'efficacia dei processi decisionali non devono essere disgiunti dalla trasparenza e da una buona rappresentatività;
   e il cambiamento del meccanismo per l'elezione del Rettore con un turno unico che senza sminuire il peso del voto eviterebbe 'contrattazioni' non sempre virtuose tra candidati,
    sono due ottimi punti di partenza per quel cambiamento che non possiamo più rinviare.
   Se la volontà politica espressa da molti è sincera e convinta non ci dovrebbero essere ostacoli per procedere rapidamente e in tempo utile con quella revisione della Statuto che tra l'altro sarebbe opportuno venisse fatta da chi, Organi e Rettore, avendo governato in questi anni, conoscono bene difetti e carenze del nostro Ateneo.

   9.- La complessità delle situazioni e la gravità dei problemi, locali e nazionali, impongono una svolta radicale e fortemente innovativa, un giro di boa che reimposti struttura e organizzazione della nostra Università.
   Ed è su questo che vorrei si concentrasse il dibattito della prossima campagna elettorale partendo dalla conoscenza reale dei molti problemi da risolvere, dalla proposta di metodi appropriati per risolverli e di cose da fare, dalla individuazione di persone capaci e dalla elaborazione di un progetto che non può derivare da una meccanica giustapposizione di ogni singola aspettativa, ma deve ispirarsi ad un disegno complessivo e di condivisa utilità generale.
   Ed è proprio sulle idee e sulle cose, non sulle promesse, sia di cariche sia di soluzioni demagogiche, che va cercato e ottenuto il consenso.
    E' una sfida difficile e complessa alla quale dedicherò il mio tempo nei prossimi mesi nella convinzione di potere dare un contributo a questo nostro Ateneo che merita un futuro degno del suo passato.
   Lavorerò insieme con voi alla stesura di una programma dettagliato che naturalmente vi invierò appena terminato. Già da ora sono a disposizione per incontri, contatti e scambi di idee, naturalmente anche via e-mail dove mi potrete raggiungere con facilità. Molti cari saluti.  GS


  Il Consiglio delega il Preside a illustrare e discutere questi punti con i Presidi delle altre Facoltà dell'area umanistica e di altre aree vicine, con l'obiettivo di coinvolgerle nell'analisi e nelle proposte in modo tale che esse possano essere fatte proprie auspicabilmente da tutta l'area umanistica (e anche da un'area più vasta) e come tali essere presentate al Rettore in carica, oltre che ad altri eventuali candidati.

Il Consiglio delega infine il Preside a sottoporre prima di tutto al Rettore in carica, che ha reso noto la sua intenzione di ricandidarsi, e anche agli altri eventuali candidati tutti i punti sopra esposti, richiedendo per ciascuno di essi una chiara ed esplicita presa di posizione sulla base della quale i colleghi della Facoltà discuteranno e valuteranno il comportamento da tenere nelle prossime elezioni.   Bologna 15 feb 2005

 

 

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Piero Tosi

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Sullo STATO DEI RAPPORTI TRA GOVERNO e UNIVERSITA'
e domande sulla CRUI, a partire da quella di Piero TOSI


Riferimenti :


- Audizione del Presidente della CRUI De Cleva al Senato
- Lettera di AQUIS al MINISTRO GELMINI  MariaStella
- Lettera del Senato Acc. Univ. di Bologna al MIN. GELMINI  MariaStella
- Notizie  del Prof. Piero TOSI
 
1.-  La CRUI e lo strappo tra governi e università. La difficoltà in cui si trovano le università italiane, nasce:

   a) dalla loro impossibilità ad auto-riformarsi per mancanza di una "guida comune" (si pensi al "sistema dei prezzi", come "guida comune" della economia di mercato);
    b) dalla carenza di progettualità dei governi, via via succedutisi (quelli a cui spetterebbe di fornire i punti di comune riferimento, come "guida comune"), più che dal calante supporto finanziario statale. Questo ha generato, ormai da anni, uno strappo tra le due istituzioni.
   Alla carenza di progettualità dei governi, la CRUI di alcuni anni fa aveva cercato rimedi con importanti iniziative, volti a aiutare la parte politica, ma non disgiunta dal "muso duro" quando la parte politica si rivelava "un sordo che non vuol sentire". Il ricordo delle minacciate "dimissioni dei Rettori", dall'allora Presidente della CRUI Piero Tosi, è ancora vivo in noi. E che dire dei congressi oceanici all'Auditorium di Roma, al Foro Italico ?
   Già..., ma dov'è finito Piero Tosi ? Su questo riprenderemo il filo, più sotto.
   Non è che la CRUI sia sparita del tutto. Se allunghiamo l'occhio al Senato, vi troviamo una Audizione di tutto rispetto, alla Commissione Istruzione, nelle scorse settimane. Ma questa Audizione, se fatta da noi, finirebbe lì. Non è, invece, così, se fatta dalla CRUI, che ha anche il dovere dell'azione. Da anni, ormai, c'è la totale assenza di una strategia che unisca le forze e le idee, in collegamento con gli studenti e con l'opinione pubblica italiana, per aver udienza dal Governo.
  Come si spiega il vuoto della CRUI ? E quale la via per il suo risveglio ?
2.- Come si spiega il vuoto attuale della CRUI. L'indizio più ovvio ci viene dalla sua situazione interna. Oggi la CRUI ha un socio di maggioranza (AQUIS) , che scrive direttamente delle lettere al Ministro, e dentro AQUIS c'è, a sua volta, un socio privilegiato (l'Università di Bologna) che, a sua volta scrive direttamente al Ministro.

  La caratteristica politica di queste lettere non è la descrizione della situazione generale dell'università, nel bene e nel male, ma la invocazione della valutazione delle università afferenti, da parte del Ministro, quasi una lettera "pietosa" per commuovere il Ministro, così da permettere a loro di dimostrare di aver meriti e dunque il ri-finanziamento. Non vogliamo discutere del fondamento di questi meriti, perchè l'indagine conoscitiva del Senato, voluta del Sen. Prof. Valditara, basta e avanza per un giudizio.
    3.- E quale la via per il risveglio della CRUI ? Mettiamoci in testa che, da sempre, i politici gradiscono le proposte dirette del settore di competenza (meno grane ...), purchè portate concordemente. Si intende, poi, che, poichè ci sarà qualche settore concorrente (perchè anch'esso finanziato dallo Stato), dovrà essere compito del governo indicare il quadro di riferimento, all'interno del quale l'università possa muoversi (es., i requisiti di accreditamento delle università, il numero minimo delle sedi nel territorio,  l'organico dei docenti...). Ma se il Governo è incapace di fare la sua parte (cosa che è, oggi), si può procedere basandosi su più ipotesi ed, eventualmente, il Governo si pronuncerà in un secondo momento.
   Per parte CRUI, nel 2005 essa già svolgeva un ruolo di interlocuzione propositiva: da un lato, con il Governo e con il Parlamento; e, da altro lato, con le Comunità accademiche in tutte le loro articolazioni ed espressioni.

   Era stata lanciata l'idea di una Costituente per l’università, per affrontare problemi irrisolti, sciogliere nodi antichi e difficili, proporre una nuova governance, adeguata ai tempi, rivedere la composizione e le funzioni degli Organi, ristrutturare lo stato giuridico dei docenti, i concorsi e gli avanzamenti di carriera, ispirandosi all’Europa.
   Tutto questo è sparito. Anzi, come sopra accennato, la CRUI appare, oggi, divisa di fatto in tronconi che addirittura si combattono. Questo, di sicuro, darà solo delusioni agli studenti e alla società civile. L''abbiamo visto, al tempo della Moratti, quando abbiamo letto di "raggiri", denunciati troppo tardi da un sindacato universitario, che aveva creduto che la trattativa privata (con la Moratti)  premiasse i "solisti".
   Ma rimane il dovere dell'azione. E allora la via è il rilancio dell'idea della Costituente per l'università, e dell'unità.
4.- Notizie del Prof. Piero Tosi. Il ricordo della "forza" della Crui, in quegli anni, mi ha fatto ripensare a lui. Perchè è caduto dall'altare alla polvere ? Sapevo che era incorso in guai giudiziari, poi superati, e sapevo, dalla stampa, che qualcos'altro era riemerso recentemente. Forse altri, oltre a me, si è fatto la stessa domanda su Piero Tosi e sulla CRUI.
   Davvero, quella vicenda mi ha sconcertato. Da un lato avevo piena fiducia nella Magistratura ( e l'ho tuttora); da altro lato avevo constatato personalmente, nelle varie riunioni alla CRUI, la "montagna", quale lui era per correttezza, sensibilità, intelligenza, capacità politica e organizzativa. Dunque, veniva ad evidenziarsi un grande contrasto tra le due situazioni (quella della sospensione dalle funzioni, da parte della magistratura, e quella derivante dalla stima accumulata in lui).
  Ricordo che, nel 2005 si cominciò a leggere di un suo potenziale “utilizzo” in ruoli di Governo. Che sia stata questa l'origine delle denunce "private", che poi hanno fatto muovere la magistratura ? Non si può non considerare che egli riassumeva in se, molto visibilmente, la forza politica di rappresentante della CRUI, un organismo stimato e temuto. Ho accennato sopra ai congressi oceanici all'Auditorium di Roma, che sicuramente erano una "promessa" importante per l'avvenire della libertà scientifica in Italia.
  Risulta che, all’inizio del 2006, Piero Tosi fu raggiunto da "avvisi di garanzia", sulla base di indagini  condotte dal capo della Procura di Siena fin dal 2002, ma tenute silenti fino ad allora. Tutto si basava su una costruzione a castello, che vedeva alla base presunte facilitazioni in un concorso di ricercatore in Oculistica avute dal di lui figlio, per vincerlo. Si diceva che avrebbe favorito il suo direttore, e premiato il direttore  amministrativo dell'università di Siena, per aver sconsigliato a presentarsi al concorso un altro candidato e così via.
  Risulta che il castello franò, perché il concorso è stato riconosciuto assolutamente regolare, che la Commissione è stata riconosciuta di aver giudicato al meglio, e che il direttore della Clinica era esente da qualsiasi addebito.
  Risulta anche, dai giornali di questi ultimi mesi, che l’università di Siena sia nell’occhio del ciclone per un dissesto finanziario; e risulta che
, dalla fine di aprile, debba rispondere di problemi di natura prevalentemente amministrativa inerenti non ai problemi dell'università, ma ancora alle questioni sollevate all'inizio del 2006.
  Per memoria, in quegli anni l’università di Siena fu valutata più volte la prima in Italia e in più indagini (Censis, Comitato nazionale di valutazione, Campus, ecc.).

Audizione del prof. DE CLEVA
Senato, Commissione istruzione
29.1.2009

 
"Egli pone in luce la svolta determinatasi nel 1994 nel momento in cui si è avviato il superamento della preesistente fase di disordine attraverso la distribuzione di risorse sulla base di parametri di carattere più generale. Evidenzia infatti che, nel periodo precedente, si erano creati squilibri nell'assegnazione dei fondi, per eliminare i quali occorreva elaborare criteri certi, anche al fine di incentivare un meccanismo virtuoso.
  Nel ritenere positiva l'evoluzione dell'ultimo quindicennio, fa presente altresì che in tale periodo l'idea di fondo era di aumentare le risorse per il comparto universitario, giudicato sottofinanziato rispetto alla media europea. Rileva tuttavia criticamente come tale percorso si sia interrotto con il decreto-legge n. 112. Dà indi conto delle innovazioni introdotte a partire dal 2004, anno in cui il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) ha predisposto un modello - perfezionato anche con l'apporto della CRUI - per la distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) ancorato alla domanda in termini di iscritti, ai risultati dei processi formativi, nonché agli esiti dell'attività di ricerca. Si è tuttavia registrata una crescita delle dotazioni delle università inferiore all'aumento della spesa, anche in ragione dell'elevato costo del personale. Nel periodo 2001-2007 hanno inciso sul comparto le nuove disposizioni sul reclutamento nonché la riforma degli ordinamenti didattici: il cosiddetto "3+2" è stato infatti introdotto in maniera accelerata senza vincoli per l'aumento di corsi. Ciò ha provocato, prosegue, la polverizzazione degli insegnamenti, non arginata dagli atenei, cui si è aggiunta la contrazione oggettiva del FFO nonché la proliferazione delle sedi, registratasi a risorse invariate. Sottolinea quindi come tale circostanza abbia aumentato le difficoltà per gli atenei che sono in gran parte oltre il limite del 90 per cento delle spese. Nel lamentare che nel 2010 il costo del personale sarà ben superiore al totale del FFO, tiene a precisare che, se da un lato, sono state ridotte altre risorse quali ad esempio gli stanziamenti per l'edilizia universitaria e quelli per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN), dall'altro sono lievemente aumentate le entrate provenienti da altri soggetti, tra cui le attività in conto terzi e i contributi degli studenti e di istituzioni europee. Con particolare riferimento alla proliferazione dei corsi, reputa indispensabile rafforzare i vincoli, analogamente a quanto fece il governo Prodi in termini ad esempio di requisiti minimi di docenza. Puntualizza in proposito che l'eccesso di corsi spesso è stato incentivato dagli enti locali. Registra altresì con rammarico gli scarsi investimenti con riferimento al diritto allo studio, di cui beneficia solo il 2 per cento degli studenti, ed esprime forte preoccupazione rispetto ai pesanti tagli che colpiranno l'università a partire dal 2010. Dal prossimo anno, infatti, gli atenei potranno esclusivamente pagare gli stipendi, azzerando ogni altro tipo di attività. Fa presente poi che le università stanno applicando la possibilità di non concedere i due anni di permanenza in servizio per i docenti e il pensionamento forzato dei dipendenti. Pur riconoscendo la necessità di migliorare l'utilizzo delle risorse, ritiene che sia opportuno un intervento organico in particolare sul sistema di governo e sul reclutamento, accompagnato da un aggiornamento del modello di finanziamento. In proposito, giudica essenziale introdurre criteri che, nel rispetto dell'autonomia, impongano precise responsabilità agli atenei, anche attraverso ad esempio la previsione di organici standard. Invita poi a considerare l'ipotesi di promuovere reti e consorzi, onde elevare il livello qualitativo, favorendo al contempo la specializzazione, altrimenti lo scenario futuro sarà assolutamente insopportabile per il comparto

La lettera di AQUIS al Min. Gelmini
,  26.2.09

   Gentile Ministro,
abbiamo già avuto modo di illustrarLe, incontrandoLa il 28 novembre scorso, la posizione dei rettori aderenti ad AQUIS sulla problematica dei finanziamenti degli Atenei italiani.
   Abbiamo visto con soddisfazione un primo riconoscimento delle richieste da noi avanzate nell'art. 2 della Legge 1/2009, ove si prevede che il 7% del FF0 venga ripartito tra gli Atenei considerando "a) la qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi; b) la qualità della ricerca scientifica".
    Riteniamo tuttavia che non sia possibile prescindere da un riconoscimento effettivo e concreto della situazione di sottofinanziamento nella quale si trovano alcuni Atenei italiani, per la mancata applicazione negli anni scorsi della necessaria dinamica per il raggiungimento del riequilibrio secondo quanto previsto dal modello CNVSU per l’assegnazione del finanziamento statale agli Atenei.
   Anche altre questioni abbiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione. Ed abbiamo pertanto deciso di affidare le nostre proposte alla lettera aperta che oggi diffondiamo: la prima di tali questioni riguarda l'attivazione di procedure efficaci di valutazione e l’utilizzazione dei dati già disponibili, cosi da poter introdurre elementi di tipo qualitativo, specialmente con riferimento alle attività di ricerca, nelle procedure di allocazione dei fondi pubblici alle Università. E' necessario, altresì, affrontare questioni sinora trascurate relative alla presenza dell'area medica nei nostri Atenei.
    Ma è fondamentale riprendere il tema cruciale dei fondi alle Università alla luce delle norme di finanza pubblica approvate per i prossimi anni, proponendo un metodo nuovo di ragionamento al Governo del Paese. L'approvazione della Legge 1/2009 costituisce dunque solo un primo passo, pur importante, nella direzione giusta, quella che AQUIS ha proposto fin dall'avvio della sua costituzione. Ora è necessario dare attuazione a questa norma con ulteriori provvedimenti coerenti allo spirito ed alla lettera della norma stessa.   (continua qui sotto)

La lettera del S.A. Università
di Bologna , al Ministro,
16 febb. 2009
 
Illustre Signor Ministro,
il Senato Accademico dell’Università di Bologna Le invia questo appello urgente a volere riconsiderare il finanziamento ordinario delle università per gli anni 2010 e successivi. Tutti i tentativi di bilancio di previsione che abbiamo effettuato portano invariabilmente alla stessa conclusione che già da tempo avevamo anticipato: la situazione finanziaria sarà semplicemente ingestibile.
   Le citiamo un solo risultato. Fa riferimento alla nostra Università e deriva da calcoli analitici accurati: nel 2010, pur immaginando un turn-over nullo e dunque assumendo a vantaggio del bilancio tutte le risorse conseguenti, l’equilibrio del bilancio richiederà che la spesa per la gestione (spesa totale meno la spesa non contraibile) debba essere ridotta del 40%! Ricerca, didattica, servizi agli studenti, sistemi informativi e bibliotecari, internazionalizzazione, edilizia e manutenzione, ecc. subiranno un danno irreversibile. Verranno di colpo vanificati tutti gli sforzi che le buone università italiane hanno affrontato in questi duri anni per mantenere il contatto con l’università europea.     Questo nostro è l’unico ateneo italiano entro i primi 200 mondiali nella valutazione del Times ed è ancora il primo nella classifica Webometrics, ma è certo che da queste classifiche scomparirà rapidamente poiché questi risultati non dipendono soltanto dalla qualità dell’investimento ma anche, e in modo determinante, dall’entità delle risorse investite.
   Le proponiamo di riflettere sull’avvenire dei giovani ricercatori che si vedranno precluso, questa volta in modo pressoché totale, l’unico accesso agli ambienti della ricerca ancora attivi in questo nostro paese e cioè quelli universitari. Il brain drain, che noi attualmente lamentiamo, diventerà rapidamente un brain waste: sarà la dissipazione della risorsa più preziosa per un paese già in grave difficoltà di competitività ancor prima dell’arrivo della crisi mondiale.
   Non creda, signor Ministro, che questi argomenti contengano amplificazioni della realtà delle cose. Consideri, per esempio, che un taglio interno del 40 % sulle spese per la ricerca imporrà una seria limitazione nei dottorati e nei contratti di di ricerca. Noi siamo convinti che le conseguenze dei tagli previsti dalla finanziaria approvata nel luglio 2008 non siano state sufficientemente valutate. E’ certamente sfuggito il fatto, per esempio, che, aggirandosi la spesa fissa per il personale nell’intorno del 90% del FFO, una riduzione dell’ordine del 10% per il 2010 avrebbe lasciato a mala pena i fondi per gli stipendi.
   Probabilmente si immaginava che la contrazione del turn-over avrebbe compensato il taglio del FFO e invece non è così: in molti atenei, soprattutto nei maggiori, la riduzione del turn-over non bilancia nemmeno l’incremento automatico della spesa fissa per il personale.
   E’ stato valutato che, riducendo il denominatore del rapporto "spesa per il personale/FFO" nella misura prevista nel solo 2010 (senza contare gli anni successivi) quasi tutte le università si troveranno con valori di quel rapporto superiori al 90%? Con la conseguenza che esse non potranno più bandire concorsi a norma dell’art. 1 della L. 1/2009? E che cosa dovremo fare in relazione alla contribuzione studentesca, che dovrebbe essere ridotta?
   Qualcuno ha sostenuto la tesi che gli atenei devono cercare al di fuori le risorse mancanti, ma si tratta di ipotesi frutto di scarsa conoscenza della realtà. Il taglio 2010 per Unibo corrisponde a circa 40 M€: sfidiamo chiunque ad immaginare sorgenti esterne disponibili a fornire ogni anno una somma di queste dimensioni. Basterebbe questo argomento per riconoscere che l’ipotesi delle fondazioni universitarie non sarà praticabile se non in poche sedi favorite dalle condizioni al contorno.
   Noi La invitiamo ad adoprarsi affinché venga eliminata o sostanzialmente ridotta quella che appare una vera amputazione delle risorse per le università e che ci pone in controtendenza in Europa. Ella si sta lodevolmente cimentando con la riforma generale dell’Università, ma a poco varrebbe costruire una governance più efficiente, per esempio, se poi dovesse essere applicata ad istituzioni esangui o non più reattive.
   Noi La invitiamo, altresì, signor Ministro, a volere considerare con attenzione la necessità di non ignorare l’ingiustizia di modi di ripartizione  delle risorse che hanno generato negli ultimi dieci anni squilibri pesantissimi rispetto ai criteri standard che lo stesso MIUR si era dato: alcuni sistemi universitari hanno ottenuto 1000 M€ in più ed altri 1000 M€ in meno. Noi riteniamo indispensabile che parte del 7% premiale venga destinato agli atenei che bene hanno meritato e che sono rimasti sottofinanziati.
   Un’ultima questione Le sottoponiamo, che si collega alla considerazione precedente. E’ ormai impraticabile il ricorso a norme uniformi per un sistema, come quello universitario, che presenta un panorama caratterizzato dalla disomogeneità. Ci sono compiti speciali che alcuni atenei hanno assunto per effetto di dispositivi di legge: è il caso di Unibo, per esempio, che ha operato un decentramento in Romagna sulla base del Piano Triennale, mantenendo l’unità dell’ateneo, ricevendo gli elogi recenti del CNVSU per la qualità della didattica e della ricerca, facendo risparmiare 1000 M€ in dieci anni al Governo e non avendo ricevuto alcun sostegno specifico da dieci anni a questa parte. Pertanto, Le sottoponiamo ancora la proposta di dar vita a veri e propri accordi di programma, almeno per i maggiori atenei, che prevedano impegni, verifiche e corrispondenti risorse.
  Le inviamo i nostri omaggi.
F-to Il Senato Accademico dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna
(Continua AQUIS) 1. La premessa necessaria per questo è la riaffermazione della  necessità di ricorrere senza indugio all'utilizzo di adeguati strumenti di valutazione dei risultati del lavoro degli atenei nel nostro Paese. C'è un'anomalia tutta italiana nella situazione attuale: in nessun Paese al mondo esiste un sistema universitario fondato sul principio dell'autonomia degli atenei senza che l'applicazione di tale principio sia accompagnata da processi rigorosi di valutazione di come quegli atenei hanno esercitato i poteri di autogoverno che l'autonomia attribuisce loro.
    Per questo chiediamo che il CIVR (Comitato di indirizzo e valutazione della ricerca) riprenda subito il suo lavoro, purtroppo interrotto ormai da più di due anni, e che il CNVSU (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) sia messo in condizione di continuare a svolgere le attività svolte negli anni scorsi, potenziandone anzi le funzioni. Ciò nell'attesa del varo in tempi i più rapidi possibili di un'Agenzia nazionale di valutazione che accorpi le funzioni di entrambi questi organismi per dare ancora maggiore organicità ed efficienza ad un serio processo di valutazione, ormai non più rinviabile, degli atenei italiani.  

  2. Chiediamo che la ripartizione della quota del 7% del Fondo di Finanziamento Ordinario - inclusi i 550 mil euro della Legge n. 244 - sia effettuata sulla base del modello elaborato dal CNVSU che già contiene al proprio interno elementi di valutazione della qualità delle performance degli Atenei, modificato, tuttavia, cosi da far pesare in modo assai più significativo (almeno il 50%) i risultati delle attività di ricerca degli atenei, così come sono già da oggi valutabili. La mancata applicazione negli anni scorsi del modello CNVSU ha portato ad accentuare lo squilibrio tra gli atenei quanto a ripartizione delle risorse pubbliche, penalizzando quindi atenei che avrebbero avuto diritto a quote di finanziamento più consistenti proprio sulla base della qualità delle loro performance nella didattica e nella ricerca. oltre che nella gestione del loro bilancio.
   Chiediamo quindi che una quota pari alla metà di quella cui ammonta il fondo del 7% assuma un effettivo significato di fondo di premialità ? sulla base dei criteri indicati nella Legge 1/2009 che integrano e rafforzano quelli alla base del modello CNVSU ? e sia destinata ad accelerare il processo di riequilibrio tra gli atenei, rinviato da troppi anni, o comunque sia ripartita in base a qualsiasi altro criterio che riconosca crediti passati di Atenei sottofinanziati.
   Senza questa accelerazione del riequilibrio il sistema universitario nazionale continuerà a perpetuare una situazione di intollerabile ingiustizia. Il modello CNVSU potrà, in un futuro che ci auguriamo molto prossimo, essere migliorato anche grazie ai risultati del lavoro dell'agenzia nazionale di valutazione che dovrà essere istituita. Sarà così possibile introdurre ulteriori elementi di individuazione della qualità delle performance degli Atenei, insieme ad altri parametri, come, ad esempio, taluni opportuni indicatori di contesto. Ma non sarebbe in alcun modo accettabile un "colpo di spugna" che azzerasse la situazione ignorando anni e anni di sottofinanziamento di numerosi Atenei in aree diverse del Paese. Il sottofinanziamento accumulato da alcuni sistemi universitari regionali è diventato ormai tale da creare una situazione iniqua e insostenibile. Va altresì precisato che all'interno di ciascuna Regione vi sono situazioni tra loro differenziate con Atenei sottofinanziati ed Atenei sovrafinanziati all'interno della medesima Regione.  

   3. Il sistema universitario nazionale presenta anche una situazione di grave sofferenza da parte di quegli atenei che hanno al loro interno una Facoltà di medicina, che interagisce con il Sistema Sanitario Nazionale sia attraverso policlinici a gestione diretta, sia con aziende ospedaliere-universitarie miste o integrate. Questi atenei forniscono prestazioni di carattere sanitario ai cittadini attraverso il lavoro dei clinici universitari, i cui compiti istituzionali prevedono un'inscindibile integrazione di funzioni didattiche, scientifiche ed, appunto, assistenziali, oltre che attraverso il lavoro del personale paramedico universitario.
   Per questo motivo, dunque, il costo complessivo del personale che svolge anche compiti assistenziali inquadrato nei ruoli degli atenei ricomprende al proprio interno una quota di fondi per stipendi destinata a pagare prestazioni di tipo assistenziale che può essere quantificata come pari ad un terzo dell'ammontare complessivo degli stipendi del personale universitario in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (un terzo didattica, un terzo ricerca, un terzo assistenza).
    In altri termini, un terzo del lavoro, inteso come attività lavorativa complessiva, prestato da tale personale, si configura come prestazioni professionali che riducono, in termini di costi, la spesa a carico del Ministero della salute, per gravare invece sul bilancio del Ministero dell'università, e quindi sui bilanci degli atenei che hanno una Facoltà di medicina al loro interno. Da calcoli effettuati si può desumere che la cifra cui complessivamente ammonta per tutte le università la spesa destinata sui rispettivi bilanci per l'erogazione di prestazioni assistenziali è di circa 350 milioni di euro.
  Chiediamo quindi che una somma di pari ammontare sia trasferita dal bilancio del Ministero della salute a quello del Ministero dell'università, così che sia poi ripartita pro quota per ristorare i bilanci degli atenei che hanno al loro interno una Facoltà di medicina.  

4. La manovra finanziaria dell'estate scorsa, con i provvedimenti normativi collegati, ridurrà di circa il 10% i finanziamenti pubblici alle università. Il nostro Paese già oggi investe sensibilmente meno sul PIL per formazione superiore e ricerca-innovazione di quanto non facciano i Paesi europei nostri partner ma anche nostri concorrenti sullo scenario mondiale. Alcuni di questi Paesi, come Francia, Germania, ora la stessa Spagna, hanno deciso di aumentare i loro investimenti per queste voci del bilancio pubblico dei loro Stati, proprio per far fronte con lungimiranza alla crisi economica globale potenziando e migliorando il "capitale umano".
   E' estremamente preoccupante che nell'insieme delle manovre economico-finanziarie del Governo per fronteggiare la difficilissima situazione attuale non sia inserito alcun provvedimento in grado di stimolare ricerca e innovazione all'interno del sistema-Paese attraverso una migliore e più efficace utilizzazione ed una valorizzazione delle potenzialità delle università italiane, o almeno di una parte di esse.
   L'opinione pubblica italiana deve sapere che le scelte effettuate dal Governo provocheranno, se non riviste e corrette, la morte del sistema della formazione superiore e della ricerca pubblica nel nostro Paese, e renderanno impossibile competere a livello internazionale anche a quegli Atenei che sono oggi ancora in condizione di farlo. Chiediamo con forza che i "tagli" ai fondi per università e ricerca previsti per il 2010 non siano effettuati nella forma e nell'entità prevista dalla manovra finanziaria approvata lo scorso anno. Ma chiediamo anche che le somme cui ammonterebbero i "tagli" indiscriminatamente previsti per il sistema universitario siano ridistribuite tra gli atenei non "a pioggia", sulla base della cosiddetta "spesa storica", bensì attraverso Io strumento degli "accordi di programma", che stabiliscano un "patto di stabilità finanziaria" ateneo per ateneo, in cui siano previsti obbiettivi precisi e puntuali di miglioramento della qualità delle rispettive performance, da raggiungersi da parte di ciascun ateneo stesso entro il prossimo triennio o quinquennio. Roma, 26 febbraio 2009  

NOTA. Fanno parte di AQUIS i seguenti Atenei: Università degli Studi di Bologna Università della Calabria Università degli Studi di Milano-Bicocca Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Università degli Studi di Padova Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" Università degli Studi di Trento Università degli Studi di Verona Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara Università del Salento di Lecce Università Politecnica della Marche Politecnico di Milano Politecnico di Torino

 

 


Bologna: SENATO ACCADEMICO. In atto il proseguimento dell'approvazione delle nuove lauree, DM 270/04


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Il Senato Accademico cambia rotta, rispetto al passato ?

"Prima dell'eventuale attivazione dei corsi di cui è stata proposta
l'istituzione
ci dovrà essere un quadro generale dei corsi in essere,
facoltà per facoltà, e
degli oneri che tali attivazioni comporterebbero. "

  Nota. Sono in atto presso le Facoltà le approvazioni delle proposte dei nuovi corsi di laurea magistrale (più qualche triennale), sia per trasformazione delle specialistiche sia per aggiunta di nuovi corsi. Anche queste andranno in Senato.
   Risulta che, a conclusione dell'iter, i corsi di studio, le proposte delle Facoltà nell'intero Ateneo, saranno 236, di cui 31 di nuovo istituzione (dei passati corsi, 11 sono stati accorpati o aboliti).
   Si direbbe. a questo punto (pochè nel 2008/09 i corsi erano 226) che l'Ateneo prosegua imperterrito la sua strada, del tutto alla faccia della nostra Ministra, che per televisione si dichiara scandalizzata dei 5.500 corsi di laurea in Italia.
Mi risulta che nelle Facoltà il dibattito sia acceso e anche con una certa fronda che si oppone almeno alla istituzione di nuovi corsi. Evidentemente qualcosa arriva alla periferia, degli inviti della Ministra. Ma credo si debba anche capire che, senza una precisa direttiva da Roma, le Facoltà non hanno nessun modo di orientarsi per applicare gli indirizzi della Ministra.
   C'è, poi anche il fatto che, di fronte alla societrà civile che si muove e ai nuovi risultati della ricerca, le Facoltà sentono imperativo il diritto dovere di innovare. Ma, poi, ovviamente rimane il punto interrogativo circa la concreta possibilità di farlo, se poi la Ministra  taglia i "soldini" e blocca le "assunzioni".
   Va rifiutata la demagogia vuota (compresa quella dei Ministri). Si deve distinguere tra numero delle lauree e numero degli insegnamenti.
   A riguardo del numero delle lauree, le Facoltà devono istituirne quante ritengono opportuno, purchè non siano doppioni-equivalenti e abbiano denominazioni chiare per le imprese e le famiglie. Un contributo chiarificatore vero lo può fare, però, solo un organo centrale, in possesso di tutti gli elementi.
   A riguardo del numero degli insegnamenti, la musica cambia completamente. Il vero dramma sta qui, tenuto conto dei "tagli romani (a meno che non ci sia il by-pass tramite assunzioni di docenti a contratto). E' qui che l'Ateneo deve impegnarsi ad una vera strage, per accorpamento di molti insegnamenti.
   Attualmente l'Ateneo conta 13.529 insegnamenti, in media 77 insegnamenti per corso di laurea (per la laurea servono 20 esami, di norma), e 45 per corso laurea specialistica/magistrale (per la laurea servono 12 esami, di norma). Nino Luciani


ISTITUZIONE CORSI DI STUDIO E MODIFICA ORDINAMENTI DIDATTICI A.A. 2009/10 (MAGGIORANZA ASSOLUTA)
Senato 27 gennaio 2009-02-07 (Stralcio di delibera divulgata da membri del Senato)

Finalità: La finalità del presente riferimento è quello di sottoporre all’approvazione del Senato Accademico il piano delle proposte di istituzione dei corsi di studio e le modifiche di ordinamento didattico ai sensi del DM 270/04, per l’a.a. 2009/10, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07;
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono modifiche di ordinamento didattico.

Premessa: Il Decreto Ministeriale 31/10/2007 ha stabilito il termine del 31/01/2009 per l’inserimento nella Banca dati ministeriale delle proposte di modifica del Regolamento Didattico di Ateneo in adeguamento al DM 270/04, intese:
a) alla trasformazione dei corsi già attivi con il DM 509/99;
b)  alla istituzione di nuovi corsi di studio;
c)  alla modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di studio già riordinati con il DM 270/04.

Presupposti normativi:
- D.M. 3/7/07 n. 362, con il quale sono state definite le linee generali di indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007-2009;
- DM 26/7/07 n. 386, con il quale sono state individuate le linee guida per l’istituzione e l’attivazione dei corsi di studio in attuazione dei DDMM 16/03/07;
- DM 18/10/2007 n. 506, con il quale sono stati definiti gli Indicatori per la valutazione dei risultati dell’attuazione dei programmi delle Università;
- DM 31/10/2007 n.544, con il quale sono stati definiti i requisiti necessari per l’attivazione dei corsi di studio ai sensi dell’art. 9 co. 2 del DM 270/04.

Requisiti necessari:
a)  requisiti di trasparenza;
b) requisiti per l’assicurazione della qualità dei processi formativi;
c)  requisiti di strutture e docenza di ruolo che devono essere disponibili per sostenere i corsi e il grado di copertura necessario relativamente ai SSD che li caratterizzano;
d)  regole dimensionali relative agli studenti sostenibili per ciascun corso di studio.

Nota. Ll’a.a. 2010/2011 è il termine per il completo adeguamento alla riforma di cui al DM 270/04. Le proposte di trasformazione dei corsi attivi con il DM 509/99 devono riguardare contestualmente tutti i corsi dell’Ateneo afferenti alla medesima classe. 

......
......

Proposte:
Alla data del 21/11/2008, scadenza del termine per la presentazione da parte delle Facoltà delle proposte di istituzione/modifica di ordinamento ex DM 270/04, sono pervenute le proposte contenute negli allegati 1 e 2 parti integranti del presente riferimento, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione (all. 1)
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07 (all. 1);
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono modifiche di ordinamento didattico (all. 2). 

Nell’allegato 1 sono riportate, per ciascun gruppo di appartenenza della classe cui afferisce il corso di studio, le numerosità minime richieste per l’attivazione del MIUR e dell’Ateneo, nonché il numero di immatricolati per l’a.a. 20008/2009 rilevato al 31/12/08.

 Osservazioni degli Uffici: Dopo la riunione della Commissione Didattica di Ateneo del 25/11/2008, gli Uffici hanno proceduto alla verifica di congruità degli ordinamenti didattici proposti con tutte le disposizioni vigenti. La verifica è risultata positiva per la quasi totalità dei corsi di studio proposti. Nel caso di osservazioni, le Facoltà si sono adeguate. Inoltre:

1)Il Preside della Facoltà di Ingegneria, con decreto d’urgenza n. 490 del 5/12/2008 da sottoporre a ratifica del Consiglio di Facoltà, ha recepito le osservazioni degli Uffici. Per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica (LM-29), Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle Telecomunicazioni (LM-27) la Facoltà ha previsto nell’ordinamento didattico un range di CFU per la prova finale pari a 9-24, mentre il numero minimo  di CFU stabilito dalle linee guida di Ateneo  è pari a 15. La Facoltà si è tuttavia impegnata a prevedere nei piani didattici dei suddetti corsi di studio un numero minimo di CFU per la prova finale pari a 15.

2)Il Consiglio della  Facoltà di Giurisprudenza, nella seduta del 26/11/08, ha approvato la proposta di istituzione del corso di laurea in classe LM-14  per Operatore giuridico Italo-Francese, non essendo ammessa la trasformazione dal corrispondente corso di studio attivato con il DM 509/99 in classe 31. Tale classe non rientra nella tabella delle corrispondenze dei corsi 509/99-270/04 (allegato al DM 386/07), poiché con DM 25/11/2005 le classi di laurea e laurea magistrale in Giurisprudenza sono state trasformate in laurea magistrale a ciclo unico. Gli Uffici fanno presente che il corrispondente corso di studio attivato in classe 31 per l’a.a. 2008/09 ha registrato un numero di immatricolati pari a 19.

3)Il Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia, nella seduta del 13/11/2008, ha segnalato che la Conferenza dei Presidenti di corso di laurea in  Odontoiatria e Protesi Dentaria ha licenziato un ordinamento nazionale al quale anche il corso del nostro Ateneo si è adeguato. La Facoltà precisa che la modifica sostanziale rispetto a quanto deliberato in prima istanza il 23/7/2008  riguarda la tipologia dei 90 CFU di attività professionalizzante che, nella versione attuale, passa dalle attività Caratterizzanti alle attività di tirocinio di tipologia “Altre”. Questa assegnazione, insieme al rispetto dei valori minimi della classe, ha comportato l’attribuzione di soli 10 CFU alla prova finale, anziché 15 come auspicato dalle direttive di ateneo per le lauree magistrali.
Gli uffici fanno presente che la proposta formulata dalla Facoltà risulta coerente con le linee guida di Ateneo che escludono le lauree magistrali a ciclo unico dall’obbligo dell’indicazione di 15 CFU minimi per la prova finale.

4)Per i seguenti corsi di studio:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza – Facoltà di Scienze Politiche “Roberto Ruffilli”;
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze Statistiche nell’ordinamento didattico è stato indicato un numero massimo di crediti riconoscibili per attività extrauniversitarie coerente con l’art. 4 dei DDMM 16/3/2007 (60 CFU per le lauree e 40 CFU per le lauree magistrali). Si ricorda, tuttavia, che il Senato Accademico del 18/12/2007 ha fissato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili per le attività extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.

5) Facoltà di Medicina Veterinaria:
Il Preside della Facoltà, a seguito delle osservazioni degli Uffici, con decreto d’urgenza del 16 gennaio ’09, ha proposto la rettifica di errori materiali presenti nell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9 relativamente alle conoscenze richieste per l’accesso, così come inserito nella Banca Dati RAD.

6)Facoltà di Ingegneria:
Corso di Laurea interateneo in Design del Prodotto Industriale (cl. L-4):
La Facoltà di Ingegneria di Bologna ha proposto fra le istituzioni dei corsi di studio per l’a.a. 2009/2010, ai sensi del DM 270/04, il corso di laurea interfacoltà con Lettere e Filosofia, Psicologia e Architettura in Design del Prodotto Industriale cl. L-4.
Nella riunione del 5 dicembre 08 del Comitato di Coordinamento regionale dei Rettori dell’Emilia Romagna è emerso che, oltre al corso di Laurea in Design del prodotto Industriale cl.L-4 proposto dal nostro Ateneo come corso interfacoltà,  è stato presentato un progetto simile (interateneo) da parte degli Atenei di Ferrara e di Modena-Reggio Emilia.

Vista la forte similarità tra i due progetti e gli ottimi rapporti tra le Università coinvolte, nonché le numerose collaborazioni già esistenti tra i docenti delle Facoltà di Ingegneria e di Architettura dei nostri Atenei, si è realizzato un unico progetto congiunto perseguendo i seguenti obiettivi principali:
a)      istituire un corso di studi interateneo  fra le Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia;
b)      attivare il corso in rotazione tra gli Atenei (quindi, ogni anno, solo uno degli Atenei sarà sede amministrativa del corso, per la coorte che parte quell’anno);
c)      far concorrere docenti dei tre atenei all’attività didattica di ciascuna coorte di studenti, indipendentemente dalla sede amministrativa che ha istituito la coorte.
Il lavoro, che ha coinvolto Prorettori alla formazione, Presidi e referenti d’Area delle tre Università è stato molto positivo.
Il progetto risultante è un corso di studi aventi denominazione, obiettivi formativi, sbocchi occupazionali e quindi un ordinamento didattico coincidente con il corso di laurea in Design del Prodotto Industriale, proposto dalla Facoltà di Ingegneria di Bologna.
Successivamente, in data 20 gennaio ’09, con decreto d’urgenza il Preside della Facoltà di Ingegneria, da sottoporre a ratifica del prossimo Consiglio di Facoltà, ha apportato una rettifica  all’ordinamento didattico di cui sopra, nel range di CFU dell’ambito “Scienze economiche e sociali” delle attività formative caratterizzanti e, precisamente, l’intervallo di CFU da  “10-16” deve essere sostituito con  “8-16.
Si precisa che, condizione imprescindibile per l’istituzione del corso di studi interateneo è che venga accettato dagli altri Atenei, l’ordinamento didattico con la rettifica proposta del Preside di Ingegneria di Bologna.  

Ciò premesso, si propone per l’approvazione del Senato Accademico il corso di laurea inter-ateneo  fra le Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia in Design del Prodotto Industriale che sarà attivato dalla Facoltà di Ingegneria di Bologna, in sostituzione del corso precedentemente proposto, con l’integrazione di cui sopra.

......
......

7) Gli Uffici informano che, nella seduta della Commissione didattica di Ateneo del 20/1/2009, il Preside della II facoltà di Ingegneria ha comunicato la modifica di denominazione del corso di laurea Magistrale in Ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni per l’energia e l’ambiente (cl. LM -29)  in Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile”. La predetta modifica sarà approvata dal Consiglio di Facoltà già programmato per il giorno 22/1/2009.

 Pareri:

- La Commissione Didattica di Ateneo, nella seduta del 25/11/2008, ha espresso il seguente parere:
“1) parere favorevole alle proposte di istituzione/modifica di ordinamento per i seguenti corsi di studio indicati negli allegati 1 e 2 al riferimento degli uffici:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07; con specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e protesi dentaria, esprime parere favorevole alla richiesta di deroga in merito al numero minimo di CFU da assegnare alla prova finale, che passano da 15 a 10 tenuto conto sia di quanto disposto dallo specifico Decreto sulla classe, sia dell’esigenza di adeguarsi all’ordinamento nazionale approvato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria.
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono modifiche di ordinamento didattico.
2) Il suddetto parere resta condizionato a:
- positiva verifica degli ordinamenti didattici proposti da parte degli uffici;
- acquisizione e verifica delle delibere del Consiglio di Facoltà di Giurisprudenza con cui si approva l’istituzione del corso di  studio proposto;
- acquisizione del parere del Comitato di Coordinamento dei Poli Scientifici-Didattici della Romagna per i corsi di studio da attivare nei Poli romagnoli.
3) Accoglie e fa proprie le osservazioni degli Uffici relative all’indicazione del numero massimo di CFU riconoscibili per le attività extrauniversitarie, per le quali il Senato Accademico ha indicato il numero di  30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.”

La Commissione Didattica nella seduta del 20/01/2009, ha espresso i seguenti pareri:
1) parere favorevole alla proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria con decreto d’urgenza del Preside del 16 gennaio ’09, concernente la rettifica di errori materiali nell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9,  relativamente alle conoscenze richieste per l’accesso così come inserito nella Banca Dati RAD;
2) parere favorevole:
a. alla proposta di istituzione del corso di laurea in Design del Prodotto Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia);
b. all’integrazione dell’ordinamento didattico con la rettifica proposta dal Preside della Facoltà di Ingegneria,  con decreto d’urgenza del 20.01.09;
c. all’estensione della partecipazione all’interateneo anche della II Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze, ecc.);
d. al testo della convenzione allegata al riferimento degli Uffici.
La Commissione prende, infine, atto che eventuali modifiche al testo dell’ordinamento didattico del Corso di Laurea in Design del prodotto industriale (CL L-4) o alla convenzione con gli altri Atenei dovranno essere apportate con Decreto d’urgenza del Magnifico Rettore.
3) parere favorevole alla proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla  modifica  della denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica e Telecomunicazioni per l’energia e l’ambiente cl. LM-29 in “Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile”, subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009.

- Il Comitato di Coordinamento dei Poli della Romagna, nella seduta del 1/12/2008, ha espresso il seguente parere:
“Il Comitato di Coordinamento dei Poli Romagnoli riunitosi in data 1 dicembre u.s., ha espresso parere favorevole in merito alla proposta di istituzione dei Corsi di studio, sotto riportati, condizionatamente all’acquisizione del parere di competenza dei rispettivi Consigli di Polo:
Facoltà di Ingegneria – LM 24 – Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani – sede di Ravenna
Facoltà di Scienze Motorie – LM 47 – Management delle attività motorie e sportive – sede di Rimini.
     Il Comitato ha altresì espresso parere favorevole ai Corsi di studio in trasformazione, come da allegato elenco.”

- Il Consiglio di Polo di Ravenna, nella seduta del 15/12/2008, ha espresso parere favorevole alla proposta di istituzione della Laurea Magistrale in Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani (cl. LM-24).

- Il Consiglio di Polo di Rimini, nella seduta del 17/12/2008, ha espresso parere favorevole alla proposta di istituzione della  Laurea Magistrale in Management delle attività motorie e sportive (cl. LM-47).

- Comitato Regionale di Coordinamento dell’Emilia Romagna: lo Staff del Rettore dell’Università di Parma, con comunicazione per posta elettronica in data 23/12/2008, nelle more dell’invio del verbale, ha comunicato che il Comitato Regionale di Coordinamento dell’Emilia Romagna, nella seduta del 5/12/2008, ha espresso parere favorevole alle proposte di istituzione dei nuovi corsi di studio ex DM 270/04 per l’a.a. 2009/10 presentate dall’Università di Bologna.

   La proposta di istituzione del Corso di Laurea inter-ateneo in Design del prodotto industriale verrà sottoposto alla riunione del Comitato prevista per il giorno del 26/1 p.v.

- Il Nucleo di Valutazione di Ateneo nella seduta del 23/12/2008, ha espresso il seguente parere:
Relazione del Nucleo di Valutazione di Ateneo sulle proposte di istituzione di corsi di studio formulate dall’Alma Mater Studiorum -  Università di Bologna per l’A.A. 2009/10.
Il Nucleo di Valutazione di Ateneo, nella seduta del 23 dicembre 2008, ha completato l’esame delle proposte di istituzione di corsi di studio formulate ai sensi del DM 270/04 dalle Facoltà dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, per l’anno accademico 2009/10 e precisamente:
• n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
• n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07.

:::::::::::

PROPOSTA DI DELIBERA
Il Senato Accademico, acquisiti i pareri favorevoli della Commissione Didattica di Ateneo, del Comitato di  Coordinamento dei Poli della Romagna, dei Consigli di Polo di Ravenna e Rimini, del Comitato Regionale di Coordinamento, del Nucleo di Valutazione di Ateneo,
approva:
1) le proposte di istituzione per l’a.a. 2009/10 dei seguenti corsi di studio, indicati nell’all. 1 parte integrante della presente delibera, e i relativi ordinamenti didattici inseriti nella banca dati ministeriale “RAD”:
- n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
- n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07. Con specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e protesi dentaria,

approva la proposta di adeguamento all’ordinamento nazionale licenziato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di laurea che prevede l’assegnazione dei 90 CFU di attività professionalizzante alle attività di tirocinio di tipologia “Altre” con conseguente attribuzione di 10 CFU alla prova finale;
2) le proposte di modifica di ordinamento didattico, inserite nella banca dati ministeriale “RAD” per l’a.a. 2009/10, per n. 19 corsi di studio, già riordinati ai sensi del DM 270/04, indicati nell’all.2 parte integrante della presente delibera;
3) la proposta della Facoltà di ingegneria di attribuire  un range di CFU per la prova finale pari a 9-24 per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica (LM-29), Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle Telecomunicazioni (LM-27), subordinatamente alla previsione nei rispettivi piani didattici di un numero minimo di CFU per la prova finale pari a 15, in coerenza con le linee guida approvate dal Senato Accademico;
4) l’inserimento  negli ordinamenti didattici dei corsi di:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza – Facoltà di Scienze Politiche “Roberto Ruffilli”
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze Statistiche di un numero massimo di crediti riconoscibili per attività extrauniversitarie rispettivamente  pari a 60 e 40, in coerenza con l’art. 4 dei DDMM 16/3/2007. Tuttavia ribadisce la propria precedente delibera del  18/12/2007 che ha fissato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili per le attività extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalle leggi 448/2001 e 286/2006.
5) la proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria trasmessa con decreto d’urgenza del Preside del 16 gennaio ’09, concernente la rettifica di errori materiali nell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9,  relativamente alle conoscenze richieste per l’accesso, così come inserito nella Banca Dati RAD.
6)la proposta di istituzione del corso di laurea in Design del Prodotto Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia); l’integrazione dell’ordinamento didattico con la rettifica proposta dal Preside della Facoltà di Ingegneria,  con decreto d’urgenza del 20.01.09;l’estensione della partecipazione all’interateneo anche della II Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze, ecc.); il testo della convenzione (allegato 3 parte integrante della presente delibera).
7) la proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla  modifica  della denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica e Telecomunicazioni per l’energia e l’ambiente cl. LM-29 in “Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile”, subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009. 

 

Sul BIENNIO (art. 16, D.Lgs 503/92),  in aggiunta all' ETA'  PER IL COLLOCAMENTO A RIPOSO
Il 19 dic. 2008, il CdA è stato chiamato ad esprimersi sull'accogliere o respingere le domande di biennio, in aggiunta
all'età per il collocamento a riposo, ma sulla base di una proposta della Burocrazia contro i professori, che non era
accompagnata da sufficiente dimostrazione dell'interesse della Pubblica Amministrazione a quella proposta


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Il Senato Accademico approva una direttiva,  proposta dall'Amministrazione,
per cui la "negazione del biennio sia regola", e l'accoglimento sia "eccezione"

Ma, poi, il nuovo CdA  reagisce e, prima di decidere, vuole
UNA  COMMISSIONE  DI  STUDIO  di   CdA  e  SENATO

Dalla direttiva, possibili pericoli per  la stabilità e qualità degli insegnamenti.
Va bene puntare sui professori a contratto, già tantissimi  nel nostro Ateneo ?

                  
                    I dati del problema
:
  
-  In base all'art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, il dipendente può chiedere (ed ottenere è un suo diritto) il trattenimento in servizio per un periodo massimo di 2 anni, oltre i limiti di età per il collocamento a riposo;
-  Ma, poi, i commi da 7 a 10 dell'art. 72 della L 133/2008 hanno stabilito che, in futuro, il trattenimento in servizio è soggetto a valutazione discrezionale dell'Amministrazione, e quindi può non essere accolta dal datore di lavoro.
  Tuttavia, poichè la legge stessa obbliga l'Amministrazione ad adottare preventivamente (ossia prima di rispondere alle domande) i criteri per il trattenimento in servizio oltre tale limite di età gli Organi sono chiamati ad un atto di indirizzo generale che definisca i criteri delle risposte, onde evitare personalismi e abusi.
La delibera del Senato, su proposta della Dr. Ines Fabbro:

" Il Senato Accademico, visto l'art. 16 comma 1 del d.lgs 503/1992 così come modificato dal comma 7 della Legge 133;2008; considerato che l'istituto del trattenimento in servizio è stato innovato rispetto alla disciplina precedente nel senso di rendere soggetta a valutazione discrezionale l'istanza di trattenimento presentata dal dipendente; preso atto, a conferma di quanto previsto nella predisposizione del documento di previsione di spesa per il personale 2009 e anni successivi, che la regola generale introdotta è il collocamento a riposo al compimento dei limiti di età e che deroghe a tale principio devono essere nominativamente e singolarmente valutate e motivate alla luce dei criteri contenuti nel co.5 dell'art. 72 della Legge 133/2008; preso atto che per procedere alla valutazione individuale delle domande occorre prevedere sia la modalità del procedimento istruttorio sia i criteri di valutazione, rinvia a una delibera da assumere all'inizio del mese di gennaio la definizione dei criteri e dell'iter procedurale per la valutazione delle domande di trattenimento in servizio del personale docente e ricercatore."

NOTA. Per quanto noto in base alle comunicazioni "personali", ma ben documentate, di alcuni Membri degli Organi, l'Amministrazione ha consegnato agli stessi un conto dal quale risulta la minore spesa, in caso di collocazione a riposo di tutte le domande di trattenimento in servizio. Le domande di biennio erano 55. E pochè questo conto era la solo motivazione della proposta di delibera, poi, approvata dal Senato, sembra evidente che il conto stesso fosse (per l'Amministrazione) la prova ovvia del vantaggio economico della delibera.
   Per un vago lettore, come me, un conto siffatto è l'ennesima prova che, sotto l'aspetto amministrativo, siamo ancora  messi malissimo, per cui non rimane che sperare nel nuovo Rettore. Il motivo è che la collocazione a riposo non non può prescindere totalmente dall'interesse della Pubblica Amministrazione alla continuità degli insegnamenti, in coerenza con l'ordinamento didattico (DM 270) approvato dagli Organi di Ateneo.
   Sotto questo profilo, vanno accostati almeno tre ordini di normativa:
 a) quella che riguarda il pensionamento anticipato (vedi sopra);
  b) quella che impone limitazioni alle riassunzioni, anche per le università "virtuose" come Bologna, via via che avvengno i pensionamenti. Secondo questa seconda normativa, ad ognuna delle uscite non può corrispondere "una" uguale nuova assunzione, ma molto meno di "una". E allora, perchè l'Ateneo dovrebbe auto-castrarsi, sapendo di non potere dare continuità a tutti gli insegnamenti che verranno a cessare ?
  c) come, eventualmente, l'Ateneo potrebbe  coprire i buchi con personale a contratto. Se l'Amministrazione vuole questo, lo dica fiduciosamente al suo CdA.
   Ma, attenzione: una ulteriore, altra normativa vuole che non possano essere istituiti corsi di laurea con soli professori a contratto. Ci dev'essere almeno un determinato numero di professori di ruolo.
  Unicamente per servizio ai Colleghi del CdA e del Senato (ma fors'anche al Rettore ?), pubblico qui di seguito il numero dei docenti di tutte le categorie, distintamente per Facoltà, già in servizio presso il nostro Ateneo.
   In questa tabella, è evidenziato l'impiego abnorme, già in atto, di professori a contratto. Benchè la caduta delle iscrizioni studentesche (nell'intorno dei 20.000 dal 2001 al 2008) non sia mai stata spiegata, tuttavia, è un fatto che essa è coincisa con l'esplosione numerica dei prof. a contratto, in questo stesso periodo, vale dire con una "presunta" caduta della qualità della docenza nell'Ateneo. Dunque, v'è almeno un buon motivo mettere di nuovo in dubbio l'efficienza dell'Amministrazione che taglia i costi, ma con la testa nel sacco, per quanto attiene alla qualità degli insegnamenti dell'Ateneo.
 
AVVERTENZA. Questi dati, recentissimi, sono stati ripresi dal web dell'Ateneo. Segnalo l'anomalia della indicazione di quasi 3.000 docenti presso la sede centrale dell'Ateneo, anzichè presso le Facoltà, ma così è scritto sul web.
  Avverto, inoltre, che ho il dubbio che i dati relativi ai docenti non di ruolo non siano stati depurati dalle cessazioni di servizio. Tuttavia, i Colleghi possono   rivolgersi direttamente all'Amministrazione, per maggiori lumi. In ogni caso io sono a disposizione per mostrare a loro la mia fonte di informazione.  N. Luciani


Strutture in cui sono incardinati i docenti


Professori
a contratto

Ordinari Associati
Ricercatori


Docenti
esterni


Docenti di 1a
e 2a fascia

Alma Mater Studiorum Università di Bologna, via Zamboni 33

2.001

-

989

51

Facoltà di Agraria

42

188

0 0
Facoltà di Architettura

213

33

0 0
Facoltà di Chimica Industriale

8

101

0 0
Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali

74

63

0 0
Facoltà di Economia

200

117

0 0
Facoltà di Economia a Forlì

77

49

0 0
Facoltà di Economia a Rimini

37

49

0 0
Facoltà di Farmacia

113

120

0 0
Facoltà di Giurisprudenza

311

150

0 0
Facoltà di Ingegneria

407

354

0 0
II Facoltà di Ingegneria a Sede di Cesena

42

71

0 0
Facoltà di Lettere e Filosofia

266

320

0 0
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere

79

90

0 0
Facoltà di Medicina e Chirurgia

391

509

0 0
Facoltà di Medicina Veterinaria

53

105

0 0
Facoltà di Psicologia

58

52

0 0
Facoltà di Scienze della Formazione

436

98

0 0
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

224

416

0 0
Facoltà di Scienze Motorie

80

34

0 0
Facoltà di Scienze Politiche

122

106

0 0
Facoltà di Scienze Politiche "Roberto Ruffilli"

107

64

0 0
Facoltà di Scienze Statistiche

27

68

0 0
Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori

75

48

0 0
Scuola di Specializzazione in Insegnamento Secondario

42

0 0 0
Scuola di Specializzazione in Professioni Legali

40

0 0 0
TOTALE

5.525

3.205 989 51

 

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ELEZIONI del Consiglio di Amministrazione e del SENATO

RISULTATI

Nettamente vincenti i "calzolariani",
tra cui si evidenzia Guido Masetti per la continuità didattica

Questo pone anche in "pole position" un candidato rettore di continuità:
Andrea Segrè , Preside di Agraria, anche perchè l'unico giovane !

Invece, non tracce significative del candidato di alternativa, Giorgio Cantelli Forti

Ma c'è in giro il convincimento che sono state votazioni nulle perchè, come nelle dittature:
- si poteva votare solo a favore o astenersi (ma non votare contro o proporre
   candidati propri, perchè il programma elettronico non lo permetteva)
.
-  Inoltre nelle Sedi di Rimini e Forlì non c'erano seggi.
Auspicabile una ispezione ministeriale, senza aspettare nuovi e costosi ricorsi. NL

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Lilla Crisafulli



Bene in vista, come due cariatidi per il portone
del nostro Ateneo: Antonella Zago e Lilla Crisafulli,
sicuramente personalità non del potere
e di grande potenzialità di servizio per tutti

Ovviamente, sono di servizio anche gli altri, pur se nati corporativi

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Antonella Zago

 

Consiglio di Amministrazione

 

Senato Accademico

 
Gianni Porzi

Commento
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Personale docente prima fascia
Guido Masetti (preferenze 159)
Maria Lilla Crisafulli (preferenze 133)
Bruno Barbiroli (preferenze 123)
Sandro Sandri (preferenze 116)

Personale docente seconda fascia Ornella Montanari (preferenze 150)
Sandro Torroni (preferenze 120)
Anna Minarini (preferenze 106)

Personale tecnico amministrativo e collaboratori linguistici Antonella Zago (preferenze 365) Alessandra Maltoni (preferenze 222) Mario Pontieri (preferenze 140)Francesco Lopriore (preferenze 116)

Ricercatori universitari e assistenti
Loris Giorgini (preferenze 286)
Alessandra Locatelli (preferenze 151)
Daniele Bigi (preferenze 95)

Area Scienze Matematiche, fisiche, chimiche
Andrea Bottoni (preferenze 306) Maurizio Spurio (preferenze 207)

Area Scienze Biologiche, geologiche, agrarie Carlo Emanuele Gessa (preferenze 168)
Annamaria Pisi (preferenze 147)

Area Scienze Ingegneristiche
Emilio Ferrari (preferenze 172)
Maurelio Boari (preferenze 234)

Area Scienze Mediche e medico-veterinarie
Carlo Prati (preferenze 345)
Paola Strocchi (preferenze 190)

Area Scienze umanistiche
Giuseppina La Face (preferenze 356)
Bruna Zani (preferenze 357)

Area Scienze giuridiche, politologiche, economiche, statistiche
Maurizio Sobrero (preferenze 263)
Carla Faralli (preferenze 216

    Ritengo il risultato elettorale nel complesso deludente per quanto riguarda quel segnale di discontinuità da più parti auspicato. Sia ben chiaro, le conferme non necessariamente sono sinonimo di continuità, né i nuovi entrati negli Organi sono automaticamente indice di discontinuità. Mi astengo dall'esprimere pareri sugli eletti e quindi dal fare valutazioni su quale "partito" (inteso ovviamente come aggregazione di Colleghi che si occupano da più vicino di politica universitaria) ha prevalso, ammesso poi che ciò si sia verificato. Ritengo invece interessante valutare alcuni risultati significativi e in una certa misura sorprendenti.
   Quello più rilevante è non tanto l'elezione di Loris Giorgini in CdA quanto l'elevato consenso ricevuto da parte dei Ricercatori. Penso che lui stesso non si aspettasse un così ampio successo in considerazione anche del fatto che afferisce ad una Facoltà piccola. Quindi, nel complimentarmi con Giorgini, che peraltro appartiene alla mia stessa Area, mi auguro che rappresenti discontinuità rispetto al suo Collega che non è stato invece confermato.
   Non meno significativa è la conferma di Annamaria Pisi che, da sola, e vorrei sottolinearlo, è riuscita a far fronte con successo all'accordo tra la Facoltà di
Agraria e quelle di Scienze, asse dimostratosi alquanto fragile. Un successo così netto e di proporzioni non prevedibili ritengo sia in buona parte attribuibile alla posizione di contrarietà assunta dalla Pisi sulle modifiche di Statuto. La sua elezione ha inoltre messo in chiara evidenza che oggi non è più possibile "pilotare" i voti e ho motivo di ritenere che il suo successo è del tutto personale e non della Facoltà di Agraria, come qualcuno invece erroneamente potrebbe pensare. Quindi, anche alla Pisi faccio i rallegramenti nella certezza che un risultato così ampio la aiuterà a mantenere la capacità di assumere decisioni in autonomia senza timori di sorta, come ha sempre fatto.
   La conferma delle Colleghe Alessandra Locatelli e Anna Minarini, alle quali vanno ovviamente i miei complimenti, rappresentano un notevole successo della Facoltà di Farmacia che riesce ancora una volta ed avere ben due membri in CdA.
   Che dire dell'elezione in S.A. della Collega Paola Strocchi (afferente al Dip. di Farmacologia) per l'Area Medico-Veterinaria? Che, evidentemente, la Facoltà di Medicina non ha ascoltato certe "sirene" e ha deciso probabilmente anche alla luce di certi comportamenti che hanno determinato situazioni molto difficili a Colleghi che chiedevano una gestione trasparente e rispettosa dei Regolamenti e dello Statuto. Pertanto, il mio auspicio è che la Collega Strocchi rappresenti un deciso segnale di discontinuità, quanto meno rispetto al Collega al quale era contrapposta.
   Non si può non sottolineare infine la conferma in CdA con ampio successo di Antonella Zago, successo che rappresenta la cartina al tornasole dello stato d'animo del Personale Tecnico-amministrativo nei confronti dei vertici dell'Ateneo. Una breve osservazione sull'affluenza alle urne che nel complesso è risultata modesta.
   La mancanza dei seggi a Rimini e a Forlì, a mio parere, ha inciso pesantemente sulla scarsa affluenza alle urne, che non ha infatti raggiunto il 38%, per il Personale Tecnico e amministrativo.
    Ritengo infine significativo il fatto che la percentuale di votanti per l'elezione dei Rappresentanti d'area sia stata superiore di circa 4 punti percentuali rispetto a quella dei votanti per i Rappresentanti dei Direttori. A conferma è il numero di schede bianche che ammontano al 5% (101 su 2051 votanti) nel caso dei Rappresentanti d'area, contro il 13,5% (261 su 1944 votanti) nel caso dei votanti per i Rappresentanti dei Direttori. A mio avviso questo è un segnale da non sottovalutare e cioè le candidature uniche non sono molto apprezzate, forse perché ricordano certi regimi in cui non vi era possibilità di scelta. GP

 

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ELEZIONI del CdA e del SENATO

Consiglio di Stato conferma ordinanza del TAR
di annullamento del D.R. per elezioni CdA e Senato
(Sotto, il commento di Gianni PORZI, Membro del Senato)

    Pertanto si andrà a votare il 26/11/2008 e 27/11/2008, con nuova procedura, nelle sedi di:
  - Bologna, via Belmeloro n.14, palazzina B; e viale Filopanti n.3, piano terra;
  - Ravenna, via degli Ariani n.1, Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei

   Beni Culturali ":
  - Cesena, via Gaspare Finali n. 56, I piano.
   Il Rettorato chiarisce che, per l'esercizio del diritto di voto, ciascun elettore può

   recarsi presso una qualunque delle sedi sopra indicate.


   Nota: rimane la perplessità (censurabile con nuovi ricorsi al TAR) dell'esclusione della
  possibilità di votare nelle sedi di Rimini e Forlì, nonostante la dicitura del TAR "presso le sedi"
  (ossia nessuna esclusa), e ciò al fine ovvio di facilitare il voto anche a chi risiede colà.

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Antonella Zago


Votiamo per  la  DISCONTINUITA' 
rispetto alla  GESTIONE  di  Calzolari  !

Perduti  20.000  studenti   (il 20%)  durante  la  gestione  Calzolari.
Calati  i proventi  dai  contratti  di  ricerca  per   conto  terzi.
Dequalificate  le  lauree  (troppe,  e  troppi   mini-insegnamenti)
Aumentato  il numero  delle  sedi  in  Romagna,

  con oneri  insostenibili per  Bologna, e che andavano girati allo Stato.
Rischiato di  votare senza le garanzie costituzionali,
come nelle dittature.

Gianni Porzi, Commento alle dichiarazioni del Rettore, al Carlino, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato

  La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo ...    (per il seguito clicca su Porzi)

Candidato
a Ingegneria per
la continuità
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Guido Masetti
ProRettore alla Didattica

                        
                    Lo schiaffo della ZAGO  a CALZOLARI


 
La  doppia vittoria di Antonella, sia al TAR che al Consiglio di Stato, viene a darle piena ragione e si aggiunge allo schiaffo di lei a Calzolari quando, redarguita con voce gridata in CdA, uscì (in questo consiste lo schiaffo) dall'Aula del Consiglio.
  Inoltre, dovremo votare col vecchio Statuto, pur dopo tutti gli impegni,
da 7 anni, di riformarlo in tempo, per dare autonomia agli Organi collegiali.

Candidato a Ingegneria e Dip. Matematica per
la discontinuità
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Mauro Fabrizio
Già Vice Preside di Ing.

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Gianni PORZI, Commento alle dichiarazioni del Rettore,
al Carlino, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato


 
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo che, con ostinazione ed anche una certa arroganza, non ottemperarono subito all'Ordinanza e si appellarono invece al Consiglio di Stato.

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   Le dichiarazioni del Magnifico Rettore, poi, apparse sul quotidiano Il Resto del Carlino del 21 c.m. mi sembrano quantomeno sorprendenti. L'affermazione "quello che oggi non siamo riusciti a fare sarà lo standard, domani, per tutti" lascia pensare che non si vuol riconoscere l'Ordinanza del TAR, confermata peraltro dal Consiglio di Stato, secondo la quale non si può votare da qualsiasi P.C., come l'Ateneo aveva invece stabilito, ma solo da cabine appositamente predisposte e protette. Infatti, un voto espresso via internet in luoghi non deputati può subire controllo da parte di "terzi".     La cabina elettorale prevista dal TAR e dal Consiglio di Stato, risolve il grande problema dell'identificazione del votante, assicura la corrispondenza tra numero dei votanti e totale dei voti espressi e garantisce la libertà di espressione del voto (cioè la non coercibilità).
  Restano tuttavia dubbi sulla segretezza del voto e sulla possibilità che terzi possano modificare il risultato elettorale, ma sarà compito del TAR tra qualche mese entrare nel merito di tali aspetti non poco rilevanti.
  Non ritengo assolutamente che "ci sono forze interne che lavorano per la conservazione", ma semplicemente vi sono persone che chiedono giustamente il rispetto delle garanzie costituzionali a tutela dell'elettore.
  Inoltre, tentare di far ricadere la colpa della mancanza di seggi nei Poli di Forlì e Rimini (peraltro previsti nei Decreti di luglio) su coloro che hanno fatto ricorso è davvero inquietante perché sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno riconosciuto la fondatezza del ricorso e perchè in democrazia chiunque ha diritto di rivolgersi al Giudice se ritiene che non siano rispettate le Leggi.
   Piuttosto se l'Ateneo avesse ottemperato subito all'Ordinanza del TAR non saremmo incappati in questo inutile ritardo con conseguenti disagi e forse anche danni economici.
  Inoltre, l'Ateneo non ha ancora informato tutto il Personale su come si voterà il 26 e 27 p.v., se via intranet, se verrà utilizzato un software blindato e certificato e un server all'interno dell'Ateneo, elementi importanti a garanzia di un risultato elettorale quanto meno affidabile.
   Non è ancora noto neppure perchè l'Ateneo, invece di utilizzare il CINECA (come ha fatto in settembre l'Università "La Sapienza" di Roma per l'elezione del Rettore) oppure il Centro Servizi Informatici d'Ateneo (CeSIA), si è servito di una Ditta esterna di Milano.
  Pertanto, prima ancora di fare certe affermazioni, sarebbe forse opportuno che venissero date risposte convincenti a tutti questi quesiti. GP

 

EDIZIONE STRAORDINARIA

ATENEO DI BOLOGNA: TAR Emilia Romagna "ordina" la sospensione del Decreto
Rettorale di indizione delle Elezioni del Consiglio di Amministraziobe e del Senato

In seguito a ricorso di: Bonduà Stefano, Arcelli Antonio, Benaglia Stefano, Cipolli Carlo, Fabrizio Mauro,Ghedini Nadia
Lopriore Francesco, Mandroli Roberto, Pilò Virginio, Raggi Maria Augusta, Zago Antonella


Motivazione dell'Ordinanza:

"appare ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto
dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie"


  Luciani: "Anche ragionevole per il Rettore il dimettersi, perchè il fatto è solo l'ultimo di una sequenza di cose poco trasparenti, per l'elettorato. Ma ci sarebbe un'altra via:
o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni  tra un anno. Sarebbe meno solo.

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Antonella Zago

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente ORDINANZA (N. 654 del 10 ott. 2008), sul ricorso numero di registro generale 879 de! 2008, proposto da ... contro Alma Mater Studiorun - Univérsità di Bologna ... nei confronti di Calzolari Pier Ugo

Per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

del decreta rettorale 11 Iuglio, 2008, n. 972/33905, di indizione delle elezioni recante altresì la previsione di una procedura telematica per le operazioni elettorali dei rappresentanti delle aggregazioni scientifico-disciplinari nel senato accademico dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, relative al triennio 2008/2009.
.......
......
   Ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi (massima partecipazione da parte del corpo espressione ed esigenza delle garanzie tradizionali in materia di espressione del voto), appare ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie;

P.Q.M.

Accoglie l'istanza nei sensi
di cui in motivazione.

   La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
   Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 09/10/2008 con 1'intervento dei Magistrati:
        Calogero Piscitello Presidente, Grazia Brini Consigliere Estensore, Sergio Fina, Consigliere

N. LUCIANI, Cose poco trasparenti, per l'elettore..., regolatore della transizione

L’ordinanza di sospensiva valuta due elementi: il fumus boni iuris (il ricorso può essere fondato e perciò l’atto è illegittimo) e il danno grave ed irreparabile che dall’esecuzione dell’atto deriverebbe in primis alla Amministrazione e, dopo, al ricorrente.
  Esempio classico: ordinanza di demolizione di un palazzo, bene culturale. Sospensione perché sarebbe irreparabilmente danneggiato il patrocino culturale italiano.
  La specifica ordinanza, tradotta in italiano corrente, significa: c’è la possibilità che qualcuno possa truccare le elezioni, avendo il controllo dei seggi.
  C'è, poi, che Calzolari ha preannunciato l’appello al Consiglio di Stato.
  Perché questa fretta, mentre sarebbe meglio per l'Ateneo rinviare di un anno la durata degli Organi, in modo da eleggerli col nuovo Statuto (fatto in questi giorni) ?
  Sommiamo questa vicenda alle altre:
1) è in atto il rinnovo degli Organi Accademici, prima delle modifiche di statuto, a campagna elettorale in pieno svolgimento ;
  2) è iniziato il procedimento per la sostituzione del Direttore Amministrativo e il Rettore deciderà la composizione della commissione giudicatrice, anzi ne farà parte come membro interno, e avrà il potere di nomina, nel 2009, mentre sono già in atto le elezioni del nuovo rettore;
  3) in questo mese ha luogo l'assestamento del bilancio. Nulla si sa circa il saldo, ma forse il Rettore già sa ... L'interrogativo è da collegare col calo consistente del numero degli studenti (nello scorso anno), a cui è ancorato il FFO-Fondo di Finanziamento Ordinario dello Stato del 2008, a cui consegue anche il calo dei contributi studenteschi. Anche, per l'anno in corso, risulta un ulteriore calo degli studenti...
  Questo insieme di cose fa pensare ad una situazione tesa in ateneo.
   Ma la regolazione della transizione al nuovo Rettore è un compito dello elettorato.
    Sotto il profilo della opportunità, la cosa è anomala, nei confronti del successore. La spiegazione più ovvia è che Calzolari (anche per problemi di salute) non controlli più la situazione, e qualcun altro, dietro le quinte, operi per "difendere" o "conquistare" in tempo una posizione di potere.
  Torniamo all'inizio. Sarebbe ragionevole per il Rettore il dimettersi. Ma ci sarebbe un'altra via: o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni  tra un anno. Sarebbe meno solo. NL 

A. Zago, Vittoria della democrazia

   Definire questo successo come "vittoria della democrazia", che in questo Ateneo viene non di rado calpestata, non è improprio. Non va dimenticato che non è la prima volta che l’Ateneo assume delibere non rispettose della Legge : nel 2007 il CdA fu condannato dalla Corte dei Conti di Bologna per danno erariale e i membri del CdA dovettero risarcire l’importo di un contratto di consulenza che evidentemente non poteva essere fatto. Oggi, il TAR condanna l’Ateneo accogliendo l’istanza dei ricorrenti in quanto ritiene "ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie" (Ordinanza del TAR Emilia Romagna n. 654/08 del 10/10/2008). Pertanto la nuova procedura di votazione telematica, come prevista dai Decreti Rettorali del 2 e dell’11/7/08, viene ritenuta illegittima.

   Alla luce di questi fatti una domanda sorge spontanea: i membri del CdA come possono fidarsi delle delibere che vengono proposte dall’Amministrazione? L’unico modo per mettersi al riparo da possibili condanne, con conseguenti pesanti ripercussioni economiche per gli stessi componenti è probabilmente quello di votare contro. Infatti, l’Amministrazione dell’Ateneo ha dimostrato ampiamente di non essere in grado di dare certezze e garanzie sulla regolarità delle delibere proposte. Tutto ciò è estremamente grave e getta una fondata e diffusa sfiducia sui vertici dell’apparato amministrativo che dovrebbe invece dimostrare un’adeguata competenza anche al fine di dare quella necessaria tranquillità, in particolare ai membri del CdA quando devono prendere decisioni importanti. A coloro che occupano i vertici dell’Ateneo dovrebbe essere richiesta la necessaria competenza che purtroppo risulta spesso carente, dimostrando così una certa dose di superficialità nonché arroganza che non si addice proprio ad una Istituzione quale l’Alma Mater Studiorum. AZ

 

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Università di Romagna, fatta di 5 sedi lontane
in 5 città diverse, fondate 19 anni fa,
ma ancora in difficoltà finanziarie

La questione della sua sostenibilità posta in un

recente convegno sulla elezione del Rettore

Come è impostata dal Presidente di "uno" degli enti finanziatori locali
la questione: "Romagna: risorsa o problema per Bologna"

        Piero Gallina: "L’Ateneo di Bologna è stato la madre, e gli Enti Locali e le Società di Sostegno (Ser.In.Ar.
                                 Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di questa figlia diciannovenne."
                                 "Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si chieda ancora se
                                 la maternità è stata voluta o casuale se la figlia sia legittima o illegittima."

Prof. Piero Gallina, Presidente di Ser.In.Ar., Sede a FORLI'

"Romagna:  risorsa o problema per Bologna ?"

Le nostre idee, valutazioni e giudizi sull’Università sono certamente originali rispetto all’immagine ed ai rapporti di altre istituzioni nei cui territori siano presenti insediamenti universitari.
Noi  l’insediamento universitario l’abbiamo voluto fortemente fin dall’inizio. Una decisa volontà politica sostenuta da impegni economici pluriennali assai rilevanti, sia finanziari sia immobiliari, e dalla costituzione di apposite “società” per il sostegno continuo, oseremmo dire quotidiano, della “nostra università”.

Il decentramento universitario nelle nostre città e nel territorio; la costituzione dei Poli Scientifico/Didattici; il progressivo consolidamento di questa “intrapresa di successo”  viene considerata l’accadimento più rilevante degli ultimi 15 anni.
Non abbiamo mai pensato a una presenza universitaria territoriale, “casalinga”, bensì appartenente all’Alma Mater e finalizzata all’eccellenza della didattica, della ricerca ed alla massima internazionalizzazione.

Una visione alta del ruolo e della funzione dell’università che nella società odierna non ha più solo il perseguimento dell’eccellenza nell’avanzamento delle conoscenze, ma deve aumentare il livello medio culturale dei cittadini (numero di laureati); sostenere la formazione permanente; produrre servizi ed imprese attraverso l’applicazione delle innovazioni tecnologiche.
Questa è l’immagine della nostra università sulla quale si innestano le problematiche specifiche e le criticità di un modello multicampus (o di università a rete di sedi) ancora incompiuto o a metà del guado nella sua applicazione all’insediamento romagnolo.

NINO LUCIANI.  Personalmente sono sconvolto dalla impostazione sopra riportata.
   Per quanto ne so, le parti finanziatrici dovrebbero dichiarare pubblicamente a bilancio, nero su bianco, le entrate e le uscite della "figlia", e le entrate e uscite della "madre" e dei "padri" per la "figlia" diciannovenne. Questo, se si vuole avere un consenso sociale, in una qualche direzione.

   Ciò che emerge, in questa fase, è però la innaturalezza di questa poliandria, in cui i "padri" vogliono che sia la "madre" a soccorrere la "figlia", e non i "padri".
   Ma torniamo alla tesi iniziale. In realtà il problema è male impostato dal presidente di SERINAR perchè l'Università di Romagna (in realtà 5 mini-atenei) è un problema di interesse nazionale, oltre che locale. E allora manca un attore nella questione: lo Stato. Dunque, si chiami in campo lo Stato (non la "madre") per far fronte ad un problema di interesse nazionale.
   Molta impressione e comprensione, invece, hanno suscitato nel convegno i professori, che hanno assunto da anni la direzione didattica in Romagna (lasciando Bologna). Hanno ben ragione di essere stanchi di fare gli eroi (e così dicasi dei molti "pendolari" da Bologna). Pertanto il dialogo triangolare (Romagna, Bologna, Roma) va assolutamente impostato, a costo di chiudere "qualcosa", e fors'anche di riorganizzare "qualcosa". Ma qui, credo, che conterebbe molto la voce dei Comuni locali, più che quella della sede di Bologba. NL
Ciò premesso quale la fotografia dell’insediamento universitario in Romagna oggi:
¼ degli iscritti totali UniBo;
650 docenti e ricercatori 1/5 del totale di UniBo;
1/9 dei T.A.;
44 atenei italiani sono per numero di studenti inferiori alla Romagna;
La qualità della didattica è alta e certificata sia dal C.N.V.U. (relazione del Giugno 2007) sia dal CENSIS;
Ottima qualità delle sedi e delle attrezzature;
La qualità della ricerca è buona o eccellente pur in assenza di dipartimenti;
I costi per gli studenti sono assai inferiori a Bologna con un’alta qualità della vita (Ser.In.Ar. gestisce 500 posti letto con un costo massimo in camera singola di € 200,00 ed in doppia da € 150,00/170,00 con collegamenti internet, ecc.);
Le immatricolazioni di Bologna diminuiscono mentre in Romagna sono stabili;
Le provenienze sono per il 15,21% da fuori regione con punte del 33% a Forlì e Rimini e per il 5% dall’estero.

L’Ateneo di Bologna è stato la madre e gli Enti Locali e le Società di Sostegno (Ser.In.Ar. Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di questi figlio/a ormai diciannovenne.
Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si chieda ancora se la maternità è stata voluta o casuale se il figlio/a sia legittimo o illegittimo.
Mi sembra che la depressione post-partum si trascini troppo a lungo.
I padri di Romagna hanno fatto sacrifici enormi per far crescere questo figlio/a non limitandosi agli assegni famigliari ma provvedendo alla residenza ed anche ad un certo benessere. Solo Ser.In.Ar. dal 1989 ad oggi ha speso € 25.000.000,00 ai quali si aggiungono Flaminia ed UniRimini. Oltre naturalmente ad edifici e sedi.

Si è rimasti troppo a lungo in mezzo al guado occorre procedere alla istituzionalizzazione del multi campus; procedere a facoltà interdisciplinari ed a centri dipartimentali interdisciplinari.
Completare la costruzione di una vera università a reti di sedi con un assetto statutario adeguato e riunire i poli della Romagna in un assetto amministrativo unico.
Debbono essere date soluzioni originali non classiche e ripetitive ma chi può farlo se non l’Università.
Il luogo dell’innovazione, della scienza e della creatività.
Se l’Università ha la funzione o l’ambizione di delineare il futuro è sicuramente in grado di immaginare e realizzare assetti innovativi. Se non riesce o non vuole viene meno alla sua mission fondamentale. PG

 

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Keys: ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio, moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza

EDIZIONI   PRECEDENTI

Importanza, per tutta l'università italiana, di una eventuale pronuncia della
Corte Costituzionale sulla autonomia universitaria (ex-art. 33 Costituzione)

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Prof. Gianni Porzi,
CdA, Bologna



Atenei di Genova e Torino-Politecnico rivendicano propria autonomia, rispetto a Miur, sulla Governance elettiva.

Il Miur ha 30 giorni per ricorrere al TAR.
Gli Atenei potranno, poi, opporre la questione di
costituzionalità per il diritto di autonomia organizzativa

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Giacomo Deferrari
Rettore univ. Genova

FATTI

1.- Premessa. La legge Gelmini stabisce che (art. 2 lett. f) il Senato è "elettivo", e che (art. 2, lett. i) per il CdA gli studenti sono "elettivi", e gli altri componenti sono "designati o scelti".
   Secondo il Miur, "designazione o scelta" è diverso da "elezione", ma secondo alcuni giuristi l'aggiunta di "o scelta" è un ripensamento del legislatore che offre, in subordine, la possibilità della elezione: nel senso che anche la elezione è una scelta.
   Precisamente, secondo il Miur, il CdA va designato (ma la legge non dice
, da parte di chi), e siccome esso va configurato come distinto da ogni altro Organo, esso non può essere l'emanazione di un altro organo, e dunque dev'essere nominato da almeno due organi.
   Infine, secondo altri, le modalità di governance sono riservate dalla Costituzione alle università. Pertanto il MIUR può dare il proprio supporto interpretativo, ma esso non è vincolante per le università.

2. Genova e Torino-Politecnico*.  Queste università hanno deciso che il CdA sia elettivo.  Ma vediamo come.

GENOVA. Per l'Art. 19 - 1. Il consiglio di amministrazione, nel rispetto del principio delle pari opportunità, è composto da: (a) il rettore; (b) quattro docenti dell'Ateneo dei quali due appartenenti alle aree scientifiche da 1 a 9 e due alle aree da 10 a 14; (e) un tecnico-amministrativo dell'Ateneo; (d) due rappresentanti degli studenti; (e) tré persone che non siano dipendenti dell'Ateneo ne lo siano state nel quinquennio precedente.
....
4. I candidati di cui alle lettere b) e e) del comma 1 sono eletti ("tra persone in possesso di comprovata competenza", vedi c. 2) in due collegi elettorali costituiti rispettivamente dal personale docente e dal personale tecnico-amministrativo.
5. I candidati di cui alla lettera e) del comma 1 sono votati individualmente dal senato accademico.
...
TORINO-Politecnico. Per l'art. 12, c. 3, dello Statuto, Il Consiglio di Amministrazione è composto da undici componenti: a) il Rettore, membro di diritto; b) cinque componenti appartenenti ai ruoli dell'Ateneo (professori, ricercatori e personale tecnico-amministrativo); e) tre componenti non appartenenti ai ruoli dell'Ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell'incarico; d) due rappresentanti degli studenti.
4. - ....e) il Senato Accademico, avvalendosi di un apposito Comitato, accerta che le candidature presentate soddisfino i requisiti pubblicati nei bandi e compone la lista di candidati intemi e la lista di candidati esterni includendo in esse tutti i candidati che soddisfìno i suddetti requisiti. Il Comitato, che dovrà includere almeno 1/3 di componenti esterni all'Ateneo, sarà individuato secondo modalità definite da apposito Regolamento approvato dal Senato Accademico; ...

5. I cinque componenti appartenenti ai ruoli dell'Ateneo sono eletti dai professori, dai ricercatori a tempo indeterminato e dal personale tecnico-amministrativo, nell'ambito della lista di cui alla lettera e) del comma 4.

6. I tre componenti non appartenenti ai ruoli dell'Ateneo sono designati dal Senato Accademico, nell'ambito della lista di cui alla lettera e) del comma 4. La designazione avviene con votazione del Senato Accademico a maggioranza dei componenti il Senato medesimo. Il Senato Accademico riapre la procedura di formazione della lista, come indicato nel comma 4, qualora non risulti designato il numero previsto di componenti esterni.

7. I rappresentanti degli studenti, in numero di due, sono eletti con modalità specificate dal Regolamento Generale di Ateneo. "...

  A questo punto, gli Statuti vanno in Gazzetta Ufficiale, e il Miur ha 30 giorni per fare ricorso.
  Sul ricorso, gli Atenei ribelli in materia di Governance potrebbero seguire due vie:
  a) opporre un semplice problema interpretativo e sostenere che la possibilità di "scelta" significa anche "elezione. Ma in questo caso, gli Atenei rischiano di perdere, perchè la legge dice "designazione o scelta", in contrapposizione a "elezione", dello stesso comma, per cui la legge ha fatto un netta distinzione;
  b) opporre che la legge ordinaria è incostituzionale, in marteria organizzativa.
  Se questo sarà il percorso, Genova e Torino-Politecnico faranno un grande servzio all'università italiana, posto che il TAR riconosca fondata la questione di costituzionalità: nel senso che ora e per sempre sarà aperta la strada per ottenere dalla Corte Costitiuzionale i limiti del Governo nel violare l'Autonomia delle università, secondo la Costituzione.

3. Bologna. Qui ha avuto luogo una grande battaglia del Consigliere Gianni Porzi (tra l'altro, Rappresentante del Governo in CdA) che si è mosso per lo stesso verso delle ricordate Genova e Torino Politecnico, ma risultandone sconfitto. Rinvio, per i particolari, al resoconto di un quotidiano locale (clicca su: unige-giornale).
  Non solo questo. A supporto della tesi elettiva, l'Intersindacale universitaria (oltre all'organizzazione di un Referendum, aperto a tutto l'Ateneo, e vinto alla larga), inviava "osservazioni giuridiche" al MIUR, in cui sosteneva:

"La procedura di composizione del CdA che le proposte vogliono introdurre non soltanto è finalizzata a garantire il controllo del Rettore sul CdA, ma pone in essere una situazione di palese ed illegittimo conflitto di interessi. Cio' è conseguente al fatto che il Senato "deve" fare una scelta solo tra nominativi scelti da un Comitato di Selezione nel quale il Rettore è maggioritario, sia pur col limite che le decisioni sono valide se prese con maggioranza qualificata, ma subito dopo mitigato dalla riserva, in ogni caso, al Rettore di proporre un proprio candidato. Infatti, la forza propositiva eccessiva del Rettore rimane, perchè, anche se mitigata dal quorum di 4/5 per la validita' della delibera del Comitato, questa mitigazione viene poi rivista dalla suddetta deroga per gli "esterni", tutta a favore del potere del Rettore, della Consulta del personale e della Consulta dei Sostenitori."

  Sul CdA, brutta figura del Miur, perchè contro se stesso. Ma il MIUR ha ritenuto infondaro questa tesi del "conflitto di interesse", giacchè dallo Statuto si trae che il CdA non è emanazione di un solo organo monocratico (il Rettore), ma di due Organi (anche il Senato).
  Ritengo che il Miur non ne esca bene, perchè i due Organi non concorrono pariteticamente alla nomina.Precisamente il Rettore, tramite il Comitato di selezione (di cui nomina 3 membri su 5)  riesce di fatto a condizionare il Senato a scegliere solo tra nominativi indicati dal rettore (sia pur in numero doppio al numero dei nominabili).
  In altri termini, se il rettore mette in un cappello tutte palline "rosse" (diciamo persone di partito, sia pur non iscritte o che non fanno poltica apertamente), dal cappello non possono che uscire palline "rosse" . E questo, a Bologna, non piace, neppure a quelli che fanno politica, perchè ci tengono all'indipendenza scientifica dell'antico Studio. NLUCIANI

*  PARMA Università.
   Dopa la pubblicazione del testo soprastante, siamo venuti a conoscenza cha anche l'Università di Parma, ha deliberato per la elettività del CdA.  Questo è il testo:
ART. 11, c.: " Il Consiglio di Amministrazione è costituito da nove componenti: - Il Rettore che lo presiede; - Due componenti esterni designati dal Senato Accademico; - Un rappresentante degli studenti eletto nell'ambito della medesima componente; - Un componente eletto nell'ambito del personale tecnico amministrativo; - Quattro docenti dell'Ateneo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato eletti dalla medesima componente.

 

EDIZIONI PRECEDENTI

              FFO - FONDO  DI  FINANZIAMENTO  ORDINARIO 2011

La CRUI-Conferenza dei Rettori giudica ...
il FFO del Governo, alle Universita', per  il 2011

e promette "nelle prossime settimane una assoluta determinazione" nei confronti del Governo, che dice di
voler fare premialità agli Atenei  ma, poi ... , riduce le risorse,
pur in una fase in cui, per lo sviluppo, va sostenuta la ricerca

Roma, 4 ottobre 2011
__________________

Documento della
Intersindacale
Universitaria

Nazionale

Parere CRUI sullo schema di D.M. in materia di riparto del Fondo di Finanziamento Ordinario per l’esercizio 2011 (nota del Capo di Gabinetto MIUR n. 251 del 15.9.2011) - Roma 22 settembre 2011

L’Assemblea della CRUI sottolinea innanzitutto la vivissima preoccupazione dell’intero sistema universitario italiano per i drammatici tagli progressivamente operati sul finanziamento ordinario. Le sottrazioni sono a questo punto pari al -7,48% in termini nominali rispetto al 2009, alle quali si aggiunge un ulteriore decremento pari al -5,53% previsto per l’anno 2012 che, come è stato rappresentato al Capo dello Stato nell’incontro tenutosi il 20 luglio u.s., de facto comporterà il blocco di alcuni fondamentali servizi strategici forniti dal sistema delle Università italiane, con danni incalcolabili per l’utenza studentesca, per l’offerta di istruzione pubblica, per la ricerca e lo sviluppo in Italia. È giunto il momento di decidere se questo Paese ha ancora bisogno delle proprie Università, e tanto più in una fase di straordinaria difficoltà per la vita nazionale nella quale la dislocazione o meno di risorse per la ricerca e l’alta formazione avrà conseguenze decisive sul nostro futuro.

È questa una questione che la CRUI tornerà a porre nelle prossime settimane con assoluta determinazione. Non è infatti più sufficiente il senso di responsabilità degli Atenei italiani per condividere una politica di premialità fatta su risorse in costante e drammatica diminuzione che, allo stato attuale, rischia di penalizzare in maniera irreversibile componenti essenziali del sistema universitario nazionale.

Adempiendo responsabilmente al proprio ruolo istituzionale la CRUI intende comunque offrire il proprio contributo alla bozza di decreto affrontando sia aspetti generali sia singoli aspetti di natura più tecnica.
In linea generale, la CRUI osserva come l’attuale impianto del D.M. non tenga ancora conto di alcuni parametri ai fini di una più equa ripartizione, quali, ad esempio, l’FFO per studente e il costo-standard, l’incidenza delle esenzioni da tasse e contributi in termini di minori entrate, la tipologia differenziata degli Atenei sul territorio italiano (Atenei generalisti e tematici, Dipartimenti medici, scientifico-tecnologici e umanistico-sociali), la presenza di strutture federate tra le Università ai sensi della normativa vigente. Inoltre è indispensabile che si dia attuazione a quanto previsto dall’art. 70 del D. Leg. 165/01 in materia di spese per il personale sanitario, attualmente a carico delle Università in modo improprio.

Su tali, decisivi aspetti la CRUI intende ritornare quanto prima, onde formulare una proposta coerente per l’architettura finanziaria dei prossimi anni in vista dell’emanazione del Decreto Legislativo previsto dall’art. 5 della L. 240/2010.

La CRUI non può d’altra parte non segnalare il grave ritardo con il quale il Ministero ha provveduto a rendere disponibile lo schema di Decreto e i disagi che ne conseguono sul piano della programmazione.

Venendo al profilo complessivo del provvedimento in esame, la CRUI rileva come vi sia stato uno sforzo obiettivo da parte ministeriale, nelle attuali condizioni, teso ad alleggerire l’impatto negativo delle cifre. L’introduzione anche quest’anno del limite del 100% rispetto all’esercizio precedente per gli Atenei con prestazione positiva e, al tempo stesso, l’applicazione di una quota tratta dal fondo perequativo (pari a ca. 9 mln di euro) per impedire decrementi mediamente superiori al 5% sono aspetti senza dubbio apprezzabili.

Così come è condivisibile che, in presenza di una diminuzione del fondo complessivo, nel calcolare la differenza tra prestazione 2011 e prestazione 2010 si sia, per la prima volta, tenuto conto del solo finanziamento consolidato dello scorso anno al netto degli interventi premiali.

INTERSINDACALE UNIVERSITARIA NAZIONALE
e ASSOCIAZIONI STUDENTESCHE
ADI, ADU, ANDU, CISL-Università, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK,
RETE29Aprile, SUN, UDU, UGL-Università, UILPA-UR, USB-Pubblico impiego
Roma 4 ottobre 2011

Documento finale:
"L'UNIVERSITA' BENE PUBBLICO
DA DIFENDERE E MIGLIORARE"

11 novembre 2011
GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE

    I continui tagli ai fondi per l'ordinario funzionamento, la riduzione del 95% dei fondi per il diritto allo studio, il ridimensionamento dell'offerta didattica, il blocco del reclutamento e delle carriere, l'espulsione di migliaia di precari stanno uccidendo l'Università statale.
    Mentre negli altri Paesi - proprio quando c'è crisi - si investe ancora di più nell'alta formazione e nella ricerca, considerati i principali motori per lo sviluppo culturale, sociale ed economico, in Italia, invece, è sempre più evidente la volontà di cancellare definitivamente l'Università statale, sede di didattica e di ricerca di qualità, negando la dignità degli studenti e di tutte le componenti che vi operano. In Italia si punta a finanziare con risorse pubbliche poche ed elitarie strutture, mettendo in condizione di non operare la maggior parte degli attuali Atenei.
  
   In questa direzione vanno anche i decreti attuativi della Legge 240/10, che si stanno emanando senza alcun confronto del Governo con le Organizzazioni universitarie, nonostante il solenne impegno assunto dal Ministro al momento dell'approvazione della Legge. Questi decreti si stanno configurando come strumenti per lo smantellamento della libertà di ricerca e di insegnamento, garantita dalla Costituzione. Si sta mettendo nelle mani dei Ministri dell'Economia e dell'Università il potere di commissariare gli Atenei e di decidere la nascita, la vita e la morte delle strutture universitarie e di decidere, di fatto, i filoni e le modalità della ricerca. In questo quadro, non offre garanzie di indipendenza l'ANVUR, sempre più "braccio operativo" del Ministero..
  
Con la distruzione del diritto allo studio si preclude l'accesso agli studenti in condizioni economico-sociali svantaggiate. La formazione universitaria viene vista come un debito che lo studente contrae con la società e si costringono i capaci e meritevoli, ma privi di mezzi, a ricorrere a prestiti d'onore e altri strumenti di indebitamento.
    
Di fronte a questa drammatica e intollerabile situazione, il Governo e il Parlamento devono fare marcia indietro rispetto alle scelte finora fatte. Non si può più tollerare che le sorti dell'Università siano decise dal Ministero e dagli organismi da esso nominati e che negli Atenei dominino le oligarchie locali, consolidate dalla maggior parte dei "nuovi" statuti voluti dalla legge 240/10. Il Paese ha urgente bisogna di una vera riforma per l'autonomia e l'autogoverno democratico degli Atenei e del Sistema nazionale universitario, con la partecipazione paritetica di tutte le componenti universitarie.
     Nell'immediato occorre ottenere un adeguato FINANZIAMENTO STRAORDINARIO* per affrontare le questioni prioritarie del diritto allo studio, del reclutamento in ruolo e del rilancio della ricerca.
     In occasione dell'inizio degli anni accademici, le Organizzazioni promuovono una iniziativa nazionale unitaria di mobilitazione nella giornata dell'11 novembre 2011.
________________________________
* Nota della Redazione. Oggi il FFO è nell'intorno di € 7 miliardi. Nel 2001-2002 il FFO era nell'intorno di €  6,2 miliardi e in quegli anni, causa Euro, i prezzi raddoppiarono, per cui in termini reali il FFO (per diventare uguale a quello del 2001-2002) dovrebbe essere di € 14 miliardi.


Uno sforzo altrettanto apprezzabile è stato fatto nell’applicare il c. 1 dell’art. 11 della L. 240/2010 (cosiddetto fondo perequativo). A fronte del dettato tecnicamente impreciso della norma di legge (‘modello’ teorico e accelerazione sono infatti categorie che non pertengono più al fondo premiale, anche se resta a termini di legge l’incentivazione di Atenei sottofinanziati di una quota percentuale pari o superiore al -5%) e di un sistema di calcolo non del tutto efficace, il MIUR ha ripartito approssimativamente la metà del fondo a disposizione di 95 mln di euro a tutte le Università limando così di qualche punto la media del taglio generale (che è migliorata di circa lo 0,2%).

Resta comunque l’istituto di un fondo perequativo che rafforza notevolmente la distribuzione premiale più che il vero e proprio riequilibrio e, quindi, l’attenzione nei confronti degli Atenei storicamente sottofinanziati. Occorre anche un’attenzione specifica nei confronti di quegli Atenei che, con sforzi notevoli, stanno risalendo la china dei passivi pregressi. Questa tipologia d’intervento può essere resa efficace già a partire dall’assegnazione del fondo di cui al piano triennale (DD.MM. 50/2010 e 345/11).

La CRUI ritiene indispensabile una particolare attenzione alla definizione di parametri e indicatori pienamente attendibili e coerenti anche per evitare interferenze distorte sulle Università non statali, le quali non solo soffrono di tagli percentualmente pesanti sui trasferimenti pubblici ma non appaiono adeguatamente sostenute sul piano del diritto allo studio. Con riferimento all’art. 1 (quota-base) la CRUI sollecita una riflessione sugli effetti del turn-over nelle singole Università ai fini del calcolo della quota-base.

Con riferimento all’art. 3 (quota premiale) la CRUI rileva che il MIUR ha cambiato alcune ponderazioni nell’attribuzione dei pesi agli indicatori della ricerca, e ritiene condivisibile il taglio del 10% dell’ormai perento VTR 2001-2003 e una ‘spalmatura’ sui PRIN (che salgono al 40%) e sui progetti internazionali (che salgono al 25%). Relativamente alla didattica si chiede che vengano tenuti nel debito conto, come lo scorso anno, i cosiddetti fattori di contesto aggiornati e che i dati forniti dalle Università siano oggetto di un monitoraggio attento in maniera da garantire assoluta omogeneità.

Con riferimento all’art. 5 (mobilità), vista l’articolazione degli interventi volti a favorire la mobilità, la somma messa a disposizione, che è destinata a coprire presumibilmente i soli 2/12 dell’esercizio in corso, appare in ogni caso esigua. Si propone che essa venga incrementata di un altro milione di euro sottratto alla quota di cui all’art. 8 (consorzi interuniversitari). La CRUI chiede inoltre l’estensione del cofinanziamento per la mobilità di cui al presente articolo anche ai ricercatori universitari a tempo indeterminato in considerazione di quanto prevede l’articolo 29 c.10 della L. 240/2010. Sempre nell’àmbito del medesimo articolo, nel caso di quanto dettato dall’art. 7 della L. 240/2010, si chiede attenzione specifica alle Università federate, con particolare riguardo di quelle collocate al di sopra del limite del 90% di cui all’art. 51 della L. 449/97.

Con riferimento all’art. 6 (chiamate di chiara fama) si ritiene opportuno che il termine delle procedure con conseguente assunzione in servizio sia anteriore al 31.12.2011 e che gli Atenei debbano presentare le rispettive proposte entro il 30.10. Ciò al fine di evitare che le prese di servizio vengano deliberate dalle Università in vacanza del regime di proroga degli alleggerimenti per le spese del personale sanitario di cui al decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 coordinato con la legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10.

Con riferimento all’art. 8 (consorzi interuniversitari) la CRUI propone che sia applicato sin da quest’anno quanto deliberato dall’apposita Commissione ministeriale nel corso del 2010. Ossia che, a fronte di una sensibile diminuzione dei 44,9 mln attualmente stanziati, venga individuata una somma da attribuire mediante bandi su progetto presentati dai consorzi di ricerca. Le economie derivanti da questo intervento potrebbero essere impiegate sia a sostegno dei piani di rientro delle Università, opportunamente documentati e vagliati, sia sulla mobilità di cui all’art. 5 del presente schema di decreto, come già si è accennato.

Con riferimento all’art. 11 (reclutamento straordinario dei professori associati) si fa rimando alle considerazioni già esposte dalla CRUI nelle audizioni alla Camera e al Senato rispettivamente del 20 e 21 uu. ss. Nello specifico del provvedimento collegato (AS n. 393) la CRUI sottolinea con viva preoccupazione il dettato ambiguo dell’art. 1 c. 1, ove si consente l’assegnazione delle risorse alle sole Università che si collochino al di sotto del limite del 90% di cui all’art. 51 della L. 449/97. Si richiede in ogni caso che tale comma sia riformulato tenendo conto di quanto previsto da ultimo dal Decreto Legge 29 dicembre 2010, n. 225 coordinato con la Legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. Peraltro si fa osservare che nel dettato del provvedimento, per una evidente svista, non sono contemplate le Scuole a ordinamento speciale che pure, in passato, hanno fruito di analoghe assegnazioni per l'incentivazione del reclutamento.

La CRUI chiede comunque uno specifico e immediato intervento legislativo, viste le aspettative legittime dei ricercatori italiani, tale per cui la platea dei possibili fruitori del finanziamento straordinario venga estesa a tutte le Università, indipendentemente dal limite del 90%. La motivazione è semplice: si tratta di un fondo destinato a incentivare le assunzioni di tutti i ricercatori (idoneati oggi, abilitati domani), a prescindere dalla loro collocazione
accademica, in analogia con quanto avvenne per l'assegnazione dei fondi dei cosiddetti ricercatori Mussi (art. 1 c. 1 della L. 1/2009).

Con riferimento all’art. 13 (interventi specifici) non è chi non veda che la somma prevista di 18 mln di euro per l’attuazione degli artt. 6, c. 14 e 8 in materia di incentivazione premiale dei docenti è assolutamente insufficiente.

Tenuto conto del blocco degli scatti stipendiali di cui all’art. 9 del D. L. 78/2010, peraltro, una somma che copra meno del 30% della platea di quanti avrebbero potuto percepire lo scatto rischia di divenire puramente simbolica.
Infine la CRUI segnala l’assenza dal provvedimento in esame di qualunque stanziamento specifico per i dottorati e per gli assegni di ricerca che pure dovranno costituire l’asse portante della formazione dei giovani ricercatori nel prossimo futuro, in concomitanza con la generale riforma della normativa in materia.

La CRUI, in conclusione, sottolinea il senso di responsabilità e lo spirito di servizio con i quali il sistema delle Università sta affrontando questa difficile fase; lo fa animata dalla vivissima preoccupazione per una situazione che, qualora continuasse, finirebbe con l’infliggere un colpo definitivo all’alta formazione di questo Paese.

 

               EDIZIONE STRAORDINARIA

 La seconda versione dello Statuto (dopo il referendum),
all'o.d.g. del CdA il 27 luglio 2011,  per il "parere" finale.
Non comunicato da alcuno se , per la piena  liberta'
di voto, è stata avanzata la richiesta del voto segreto
.

Clicca su: Statuto approvato il 27 luglio 2011

Università del Salento

Il Cda boccia il nuovo progetto di Statuto.
Adesso si ricomincia

tutto da capo.

Clicca su: SALENTO


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Frattanto la comunita' universitaria si interroga sul peso "zero ?" avuto dal referendum, salvo forse lo stimolo,
ad una ulteriore riflessione, in alcuni membri del CdA.

LA RISPOSTA, NELL'INTERVENTO IN CDA IL 15 LUGLIO 2011,
DEL CONSIGLIERE PORZI, RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO

Nota. Nel servizio sottostante sono riportati per memoria i risultati (già divulgati a suo tempo) del referendum.
        Si aggiunge che, dal programma di rilevazione dei visitatori del nostro Foglio si rileva, poi, che l'evento è stato

        seguito da 3.427 persone, in Italia e all'estero.

Gianni Porzi, Intervento nel CdA del 15/7/2011

  Non mi sembra di cogliere in questa seconda versione dello Statuto cambiamenti significativi per quanto concerne in particolare la governance che continua ad essere centralistica e verticistica, impostazione che, come dichiarai oltre un mese fa, mi vede critico.
   Mi preme sottolineare che in questa mia posizione non vi è nulla di personale e/o di ideologico (come qualcuno vorrebbe pensare), ma deriva semplicemente dalla mia formazione improntata sui principi della democrazia.

   Vorrei toccare solo quei passaggi che a mio avviso sono in contrasto con una governance impostata il più possibile nel rispetto di un principio fondamentale, cioè della democraticità delle scelte e della rappresentatività elettiva di coloro che operano nell'Istituzione.
    Sono ancora in capo al Rettore importanti nomine e designazioni: il meccanismo per la formazione del CdA, organo fondamentale a livello decisionale, è ancora tale per cui de facto il Rettore è in grado di determinare 6 membri, cioè la maggioranza del CdA.
   Ribadisco che la terzietà del Comitato di selezione non è garantita, e quindi ciò che viene proposto non è a mio avviso accettabile.
   L'aver poi introdotto la maggioranza qualificata del Comitato di selezione ritengo sia un escamotage non sufficiente a rendere democratico il meccanismo proposto. Se si fosse voluta realizzare una "terzietà accettabile" del Comitato, si poteva seguire, ad esempio, la via dell'Università di Udine che ha previsto un Comitato tecnico "ragionevolmente indipendente" costituito dal Presidente del Collegio dei revisori, dal Membro esterno del Nucleo di valutazione e dal Presidente del Comitato unico di garanzia per le pari opportunità dell'Ateneo.

   Mi preme inoltre notare che con i requisiti, sostanzialmente da top manager, richiesti soltanto agli 8 membri designati, la scelta non potrà che cadere su giuristi ed economisti, cosa che non condivido, anche perché in futuro una tale limitazione potrebbe essere estesa anche alla figura del Rettore.

  Se non si vuol percorrere la via elettiva dei 5 membri interni, allora piuttosto del Comitato, come previsto anche dalla IIa bozza di Statuto, ritengo preferibile la soluzione adottata dallo Statuto della "Ca' Foscari" di Venezia (simile a quella adottata dall'Università di Catanzaro) secondo la quale il Rettore propone, sic et sempliciter, i nominativi per il CdA, senza alcun Comitato "paravento".

    E' il Rettore in prima persona che si assume la responsabilità delle nomine, rendendo così trasparente il processo di scelta e quindi della responsabilità connessa.

  Situazione similare è anche la modalità di nomina dei Coordinatori dei Campus romagnoli. Anche in questo caso in sostanza si tratta sempre di una nomina dall'alto: infatti, potrebbe accadere che venga scelta e nominata la persona meno votata dal Consiglio di Campus, ma più gradita al Rettore. Ebbene, anche in questo caso se, come appare evidente, non si vuol fare la scelta per via elettiva, che sia direttamente il Rettore a nominare il Coordinatore del Campus tra i professori con sede di servizio nel Campus stesso, a vantaggio, ribadisco, della trasparenza nelle assunzioni di responsabilità.

    Volendo poi entrare in un aspetto un pò meno politico e un po' più tecnico, riterrei opportuno prevedere un meccanismo di sfiducia del CdA da parte del Senato Accademico. Infatti, in una visione aziendalistica, che peraltro non condivido, in una Società di capitali, nell'ottica del bilanciamento dei poteri e della tutela dei legittimi interessi degli Azionisti, Amministratore Delegato e CdA sono revocabili da parte dell'Assemblea degli Azionisti. Quindi, come è prevista la possibilità di sfiduciare il Rettore, riterrei opportuno prevedere anche la sfiducia del CdA.

Nota di N. Luciani. IL PD e la Regione EMILIA ROMAGNA, non possono chiarmarsi fuori, l'uno in quanto questo Rettore "autoritario" è stato eletto dalla "sinistra"; l'altra, perchè questo Statuto decreta la morte dell'autonomia amministrativa delle università della Romagna.

  La vicenda "bolognese" di questo progetto è singolare, in quanto esso è proposto da un rettore eletto con i voti della sinistra e proveniente dal PD, un partito distintosi per la battaglia contro la legge Gelmini, in Parlamento, anzi con parlamentari bolognesi in testa (VASSALLO, BERSANI).
  V'è di più. Egli è andato oltre la legge Gelmini, in termini autoritari.

   Dopo il referendum di avvertimento che ha raccolto 2.200 voti (quasi doppio di quelli con cui era stato eletto), E CHE IGNORA, Egli si trova collocato in una posizione di estremo isolamento.

   E che dire di quella sua introduzione alla Conferenza di Santa Lucia, il 12 gennaio u.s.: "L'università è nel mondo, ma non è di questo mondo". E'  la nota frase sibillina ripresa dai preti, previa sostituzione della parola "chiesa" con la parola "università", e che sottende la nota propensione dei cristiani per il martirio.

  Ma la questione non può finire qui. Il PD bolognese non può non chiarire la propria posizione, rispetto a questo progetto di Statuto e questo:
1.- perchè la nuova struttura organizzativa dev'essere motivata per la capacità di controllare la qualità della ricerca e degli insegnamenti. Questo requisito include i docenti, accanto al rettore, e non si concilia con il controllo del rettore sul CdA, e con Dipartimenti pletorici.
   Quanto a questi, l'idea di un numero di docenti dei Dipartimenti molto al di là del minimo di legge (40), promette infatti degli zibaldoni, poco rispondenti a condizioni favorevoli alla qualità della ricerca "specialistica".
   Quanto agli insegnamenti, i Dipartimenti, accorpanti gli insegnamenti, vanno basati su un numero di insegnamenti "attivabili" in base alla chiara indicazione delle condizioni per l'attivazione (contenuti scientifici veri, e numero standard, valido, di studenti - nè pochi, nè troppi). Questo, per non deludere gli studenti e non sprecare il denaro pubblico.

2.- Altrettanto la Regione Emilia Romagna non può stare a guardare ... di fronte alla morte certa delle università della Romagna, decretata dal rettore Dionigi.
  Non ho dubbi che la Romagna abbia titolo ad una sua università (Ravenna non fu capitale dell'Impero Romano di Occidente ?).
  Ho invece seri dubbi che la Romagna possa ancora tenere 4 sedi, finanziariamente non autosufficienti, a parte che Bologna non potrà più continuare a dissanguarsi con quattrini e docenti a livello da sottoproletariato, per la Romagna.  .
   Dopo la legge Gelmini l' "inganno" della Romagna non sarà più accettato ad occhi chiusi. In questo senso sarebbe necessario un chiarimento a quattr'occhi tra la Regione e il MIUR.  N. Luciani

 

 

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REFERENDUM CONSULTIVO

su Statuto generale dell'Ateneo di Bologna

Si vota il 28, 29, 30 giugno 2011, entro le ore 24


I tre quesiti del referendum

1.- Volete che i membri di tutti gli organi collegiali, compreso il Consiglio di Amministrazione, (a parte quelli determinati di diritto in base alla Legge), siano eletti democraticamente, garantendo la rappresentanza paritetica di genere e di fascia per la componente di ricercatori e docenti e la rappresentanza del personale tecnico e amm.vo ? SI' 2162 Pari al 95,83% dei votanti

2.- Volete che i Direttori di Dipartimento, i Presidi/Presidenti delle Scuole/Facoltà, e i Coordinatori dei Campus siano democraticamente eletti e non designati dal Rettore? 
SI' 2205 Pari al 97,74% dei votanti

3.- Volete che il Senato abbia il diritto di revocare la fiducia ai membri del Consiglio di Amministrazione da esso designati?
SI' 2128 Pari al 94,33% dei votanti
4.- Volete che nell’elezione del Rettore sia garantita una più adeguata pesatura del voto del personale tecnico e amministrativo? SI' 1863 Pari al 82,58% dei votanti


Per votare, si accede al sito web:

http://www.intersindacale-unibo.it/

Qui si trovano le istruzioni sui necessari adempimenti.
ATTENZIONE: il sito web, accessibile da qualunque postazione
in Italia e nel mondo, sarà pronto tra qualche giorno
e comunque entro il 28 giugno, primo giorno di votazione  !

(Si può votare anche da una postazione in Piazza Scaravilli, davanti al Rettorato )

Per   consultare il testo originale del progetto di Statuto, clicca su: Statuto

 

Statuto generale dell'Ateneo di Bologna:  riforma in corsa

IL RETTORE RIFIUTA  OGNI  DIALOGO  E  LE  POSIZIONI  SI  RADICALIZZANO
.
Frattanto, dal Corriere del 10 giugno, è emersa una strana assonanza tra la contestazione,
in Consiglio Comunale, del Sindaco ( che vuole nominare personalmente il Comitato dei
saggi per la selezione dei candidati nelle partecipate) e la contestazione, nell'università,
del Rettore, che vuole nominare personalmente 3 dei 5 membri del Comitato di selezione
dei candidati "interni" ed "esterni" al Consiglio di Amministrazione. Se lo scopo è
controllare il CdA,  la cosa è politicamente immorale. Il CdA dev'essere indipendente
.
.

.
Verso il REFERENDUM CONSULTIVO, di tutto l'Ateneo,
auto-organizzato dalle Associazioni e Sindacati Universitari
.


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" Progetto  rettorale  inemendabile ? "

LA RELAZIONE  DEL  PROF. GIULIO GHETTI

Assemblea generale di Ateneo del 23 maggio 2011
Bologna, via Zamboni 38

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Giulio Ghetti, Introduzione tecnico giuridica
ASSEMBLEA GENERALE DI ATENEO, Bologna, Via Zamboni 38

  1 .- Siamo di fronte ad una legge, la cosiddetta Riforma Gelmini, che ha per fine quello di innovare su di un sistema che è il frutto di stratificazioni successive dovute a varie leggi, pure di riforma, ognuna delle quali ha dato interpretazioni generali e simili nella definizione dei principi (cosa è l’università, cosa è la ricerca, cosa è la didattica, e via dicendo), ma poi non ha potuto modificare dalle fondamenta il sistema previgente.
  Va anche rilevato che mai si è trattato – e neppure la Riforma Gelmini lo è – di riforme che abbiano saputo precorrere i tempi rapidi della vita di oggi e disegnare e indirizzare a un futuro diverso da quello al momento in essere, e che – come ho detto – era il risultato di stratificazioni e di rigidità successive.
   Tutte queste leggi hanno però avuto il buon senso di salvare un dato fondamentale: essere l’università una communitas nella quale vige il principio della democraticità delle scelte e della rappresentatività, se pure in varia misura, delle varie categorie che in questa communitas operano o della quale utilizzano le prestazioni amministrative o, se si vuole, il servizio reso al pubblico.
    Quando la democraticità è venuta meno, anche solo in parte, è stata la stessa communitas a ribellarsi (o a cercare di ribellarsi): prova ne sia la lotta ai baronati e ai baroni. Se si è d’accordo che questo è vero e che questo deve essere criterio della democraticità deve essere assunto a elemento fondante del sistema e perciò dello statuto di ogni ateneo, allora si deve riconoscere che nella bozza di statuto di cui oggi discutiamo tale pietra di costruzione non vi è o vi è soltanto in piccola parte.

2.- Tra le prime affermazioni di principio della bozza vi è quella secondo cui il Rettore non soltanto è il legale rappresentante dell’ateneo, ma rappresenta anche l’istituzione, e dunque vi è un fenomeno di immedesimazione che non può essere trascurato, tanto più che si tratta di una scelta di fondo che poi si sviluppa nella bozza: il Rettore incarna l’istituzione, dunque non è più un primus inter pares, ogni democraticità delle scelte viene quasi esclusivamente relegata al momento della sua elezione.
   Il Rettore rappresenta, è l’istituzione stessa, e accettando questo si accetta anche tutto il sistema centralismo ben poco democratico che la bozza propone: le nomine e le designazioni che spettano al Rettore sono numerosissime e spesso di numero determinante rispetto al plenum dell’organo deliberante, e sono rafforzate da un sistema – anche esso scarsamente democratico – di elezioni indirette (cioè di 2° grado) attraverso le quali si formano gli organi deliberativi di vario livello e di varia sede.
 
  3.- Oggi si parla spesso e in varie sedi si cerca di attuare una democrazia diretta la cui realizzazione è facilitata dalle presenza di risorse informatiche e da software che aprono il mondo dei social networks: in un ente come l’Ateneo di Bologna nel quale la diffusione del mezzo informatico è notevolissima, spesso addirittura ridondante, ancor meno si comprende ed è accettabile questo accentramento.
   Porto un esempio, quello del Consiglio di amministrazione: al di là del numero dei componenti e della loro provenienza, ci si dica quale è la ratio del sistema che viene proposto per arrivare alla scelta e composizione di esso; in altre parole ci venga spiegato perché esso non poteva essere direttamente eletto dalla communitas.
   La riprova che tutto il modello organizzativo che viene proposto è scarsamente, poco o nulla democratico, si ha nella moltiplicazione degli organi con poteri solo consultivi, e neppure propositivi: evidentemente chi ha redatto la bozza ha in qualche misura questo deficit di democraticità, dunque di rappresentatività, ed ha pensato di porvi rimedio istituendo organi consultivi nuovi rispetto a quelli tradizionali, ma guardandosi bene dal prevedere pareri che, per la loro natura in varia misura vincolante, possano effettivamente incidere nelle scelte che in modo centralistico verranno deliberate e perseguite.
     Questa è, a mio parere, la prima critica che si può muovere contro questa bozza, la quale essa stessa è nata nel chiuso delle stanze e non è stata il frutto di una vera partecipazione democratica al processo di elaborazione.

   4.- Quale sarà il risultato probabile ? Sarà quello di un Ateneo chiuso in se stesso, che è “nel mondo, ma non è del mondo”, per usare un frase che mi si dice essere stata usata in altra occasione dall’attuale Rettore.
   Questo conclusione – perché di conclusione si tratta, non di una semplice sensazione – trova conferma nella debolezza con la quale la proposta di statuto tocca altri temi, e sui quali non prende posizione.
   Un esempio fra i tanti: si riafferma – ed è persino superfluo – che l’università è il luogo della ricerca e della didattica, ma nulla si dice circa il tipo di ricerca che viene privilegiato: quella pura o di base ? quella finalizzata allo sviluppo ? e a che tipo d sviluppo, quello voluto da un mondo economico spesso dominato da principi ben poco solidaristici, ma in cui dominano solo le ragioni del mercato ?
  
E nulla si dice circa le finalità della didattica: si vogliono formare specialisti chiusi nel loro piccolo universo ? Si vogliono formare generalists capaci di muoversi in un mondo complesso e in continua evoluzione ? Che spazio avrà la didattica, essa medesima pura, rivolta principalmente allo sviluppo culturale attraverso il quale si può raggiungere quel pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i cittadini alla vita “ del Paese, come indica l’art. 3 della Costituzione ?
 
  5.- Questa timidezza che sconfina con la non-scelta , questo essere del mondo ma non nel mondo, risulta palese anche laddove la bozza cerca di disegnare il rapporto con il mondo esterno, con la società civile, con il mondo del lavoro, con le altre istituzioni pubbliche e private: l’Ateneo non si dà nessun compito propulsivo e quando ci viene proposto un qualche rapporto esso si sostanzia nella scelta di strumenti burocratici, che in tutti questi anni hanno dato ben scarsi risultati: mi riferisco agli accordi di programma ai quali ci si prefigge di partecipare (si noti: di partecipare, non di promuovere).
   Ma se deve prevalere una scelta di tipo burocratico, dunque etimologicamente di potere del bureau, sia esso quello degli Organi di Governo che quello dei funzionari, almeno venisse chiarito quale sia il processo di decision making, il percorso attraverso il quale le decisioni vengono prese in questo sistema di potere centralistico e centralizzato. E ce lo si dica con chiarezza visto che nell’ordinamento legislativo italiano sul procedimento amministrativo viene dato largo spazio ai principi della partecipazione democratica, della possibilità di intervenire nelle scelte delle amministrazioni pubbliche, anche di quelle di erogazione di servizi, prima che le stesse siano formulate.
 
   6.- La disciplina del procedimento di elaborazione delle decisioni, almeno a livello dei principi generali, è anche essa una grande assente da questa bozza.
   La tecnica della non-scelta si ha anche nella sistemazione razionale dell’esperienza romagnola, caoticamente nata e sviluppatasi: e lo si percepisce fin dalle parole che vengono utilizzate. Infatti talora si parla di “policentrismo”, tal'altra di articolazioni, tal'altra ancora di campus, e a questa confusione di significati si accompagna la mancanza di un disegno organizzativo nitido.

   7.- Sempre non-scelta si ha laddove si parla di Scuole/Facoltà, e così non si scioglie il dilemma posto al riguardo dalla legge Gelmini.

  8.- Concludo: che fare ? Escludo che nel breve tempo rimasto per approvare lo statuto si possa apportare alla bozza le necessarie modifiche.
  Vi è una sola cosa da fare, a mio parere: scegliere la strada di un vero e proprio statuto che sia veramente tale e cioè un atto di principi, nel senso che ponga solo i principi ai quali ci si vuole attenere sia quanto all’organizzazione sia quanto ai procedimenti di decisione e rinvii ai regolamenti, in primis a quello generale di Ateneo, i dettagli
  Se si accetta – come si deve accettare – il principio di democraticità con il suo corollario della rappresentatività, tutto diviene più coerente e logico, più facile da realizzare anche nel poco tempo rimasto. GIULIO GHETTI

 

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Edizione straordinaria


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STATUTO GENERALE DELL'ATENEO DI BOLOGNA

Dalla Intersindacale Universitaria:
manifestazione di volontà
di REFERENDUM  CONSULTIVO

LETTERA  AL  RETTORE.

NOTA. In precedenza l'Intersindacale aveva segnalato al Rettore alcuni punti assolutamente inaccettabili, del nuovo progetto, perche' in contrasto con le piu' elementari norme di democrazia degli ordinamenti costituzionali moderni, e che anche la legge Gelimini vuole rispettate.

LETTERA della INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA
CISL Universita' ­ CNU Comitato Nazionale Universitario ­ FLC CGIL ­ SUN Universitas News ­ UIL Ricerca Università AFAM ­ "Docenti Preoccupati" ­ CoNPAss, Coordinamento Naz.le Professori Associati BO


- Al Magnifico Rettore della Universita’ di Bologna

Oggetto: per riforma dello Statuto dell'Ateneo:
             richiesta della disponibilità della piattaforma informatica, per consultazione on line

   Magnifico Rettore,
facendo riferimento alla Mozione dell'assemblea generale dell’Universita' di Bologna, del 23 maggio 2011, (si vegga sotto) i sottoscritti Sindacati e Associazioni Universitarie ritengono importante sottoporre all'elettorato dell'Ateneo alcune questioni statutarie, fondamentali per la democrazia e il buon funzionamento degli organi, tramite consultazione di tutto il personale.
  In questo senso Le chiedono la disponibilita' della piattaforma informatica dell'Ateneo per effettuare una consultazione on line da svolgersi entro il mese di giugno.
   Confidando in una positiva e tempestiva risposta, porgono distinti saluti.
   Bologna 3 giugno 2011

F.to:
CISL Universita' ( Maurizio Turchi )
CNU ( Anna Maria Di Pietra )
FLC CGIL ( Sandra Soster )
SUN Universitas News ( Nino Luciani )
UIL RUA ( Raffaele Pileggi )
DOCENTI PREOCCUPATI ( Sergio Brasini )
CoNPAss, Coodinamento Nazionale Professori Associati Sede di Bologna ( Maurizio Matteuzzi)


Mozione del 23 maggio 2011

L’Assemblea generale di Ateneo del 23 maggio 2011, indetta dall’Intersindacale dell’Università di Bologna, ha preso in esame la bozza del nuovo Statuto di Ateneo presentata dal Magnifico Rettore al Senato Accademico e al Consiglio di Amministrazione il 17 maggio scorso, rilevando in particolare quanto segue.

Per quanto attiene agli articoli riguardanti il governo dell’Ateneo, la composizione, le attribuzioni e le modalità di costituzione dei suoi Organi, si prefigura un cambiamento drastico, in senso verticistico, molto al di là di quanto prescritto dalla stessa Legge 240/10, non giustificato da alcuna tradizione giuridica in campo pubblico o privato, che limita fortemente i pochi spazi di democrazia ed ogni bilanciamento tra i poteri degli Organi. I pochi margini di manovra rispetto ad una legge già di per sé fortemente antidemocratica sono stati al contrario utilizzati per accentuarne i lati negativi.

I punti che seguono mettono in evidenza i correttivi essenziali che ci paiono necessari affinché possa originarsi una struttura dell’Ateneo di Bologna in grado di dare risposte positive, proprio perché formate e dibattute in modo aperto utilizzando il formidabile patrimonio di professionalità e sapienza della Comunità universitaria.

Proposta di EMENDAMENTI:

1.- Ribadiamo la preferenza per la designazione dei membri del il CdA (Consiglio di Amministrazione) per via elettiva.
  Se mantenuta la nomina del CdA, da parte del Senato, il Comitato di Selezione delle candidature al CdA, di cui all’art. 6, c. 5 (nella bozza di Statuto a maggioranza di nomina rettorale), va ridefinito come Organo terzo.
  (Nota della Redazione. Nel progetto rettorale, il Senato nomina il CdA tra una rosa di nomi indicati da un Comitato di Selezione di 5 membri, di cui 3 scelti dal rettore)

2 - La elezione dei membri del Senato deve avvenire mediante un sistema elettivo, idoneo ad impedire la frammentazione della rappresentanza (come avviene attualmente), e che anzi favorisca la formazione di gruppi riconoscibili in base ad un programma. Se la indicazione del tipo di sistema elettivo è rinviata al Regolamento, lo Statuto deve stabilirne i criteri direttivi.
   (Nota della Redazione. Nel progetto rettorale il Senato sara' elettivo (lo vuole la legge Gelmini), ma il sistema elettivo è rinviato genericamente ad un Regolamento, col rischio di creare un organo che non conta nulla, se la rappresentanza fosse ancora frammentata)

3.- Va prevista la possibilità della sfiducia del Senato nei confronti del Direttore Generale (se non già prevista dal suo contratto di assunzione) e del CdA (se nominato dal Senato).

4. - Negli Organi collegiali deve essere rigorosamente garantita una rappresentanza per fasce e a tipologia di personale.
   Nel Senato Accademico dev’essere inoltre garantita una rappresentanza degli assegnisti di ricerca (ricercatori non strutturati, NdR).

5. - Negli Organi collegiali dev’essere garantita ex-ante una presenza di almeno il 30% di entrambi i generi.

6.- Le denominazioni delle Scuole-Facoltà vanno salvaguardate, allo scopo di agevolare il riconoscimento delle tipologie delle lauree da parte degli studenti e delle famiglie.
   Il numero "standard" dei membri dei Dipartimenti dev'essere di 40.
  (Nota della Redazione. Il DPR 382/80, tuttora vigente, ha istituito i Dipartimenti (per la ricerca), come organi decentrati, dotati di autonomia amministrativa. La Legge Gelmini vuole che abbiano almeno 40 membri, un numero valido. Invece, il progetto rettorale porta il minimo a 50 membri, e nei fatti il Rettorato va incentivando numeri molto più alti, accorpando settori scientifici diversi. Questo favorisce i poteri corporativi nel controllo dei finanziamenti, e crea le situazioni di diseconomie, di scala, delle strutture troppo grandi (ossia centralizzate) che il DPR 382/80 non vuole. L'accorpamento di settori diversi rende anche difficile incanalare le decisioni verso la ricerca di qualita', altamente specialistica.
   Si chiarisce, inoltre, che il progetto rettorale non dice come nominare i Direttori. Si direbbe implicito che essi saranno eletti, in base alla legge vigente, ma le sorprese dell'ultimo momento potrebbe regalarci la "designazione", come per i Presidi. Meglio dire le cose apertamente).

7.- I Presidi (o Presidenti) delle Scuole/Facoltà devono essere eletti e non designati.
   In modo analogo, va prevista la elezione (e non la designazione) anche per i Coordinatori dei Consigli di Campus della Romagna.
  (Nota della Redazione. L'autonomia gestionale della Romagna deve essere salvaguardata nel rispetto delle norme istitutive del sistema Multicampus concordate con il MIUR. Il Campus deve essere dotato di un Dirigente amministrativo e deve avere autonomia di bilancio ed essere di supporto amministrativo ai Dipartimenti-Facolta' di sede, senza vincoli da Dipartimenti di altra sede).

8.- La "Consulta del personale tecnico-amministrativo", di cui all’art. 11, va sostituita da un "Consiglio del personale tecnico e amministrativo, organo consultivo del CdA per il parere obbligatorio, in materia di servizi amministrativi e organizzazione dell’amministrazione", in materia di codice etico del personale e nelle materie che riguardano il piano strategico, il piano di programmazione triennale, il bilancio consultivo e preventivo dell'Ateneo.
  Dev'essere eleggibile tutto il personale di ruolo, salvo per incompatibilità con la carica di membro del CdA e del Senato.

9 - Si ritiene necessario che nello Statuto vengano introdotti come obbligatori momenti di partecipazione che possano essere realizzati anche mediante un corretto sistema di E-democracy.

10 ­ Le modifiche di Statuto devono essere fatte da un Organo costituente di 12 membri, eletti dallo stesso corpo elettorale che elegge il Rettore. 

11.- Fermo restando il Comitato di Garanzia per le Pari Opportunità, di cui all’art. 13, si chiede la soppressione della Commissione Pari Opportunità di cui al comma 2, perché un doppione del Comitato.

12.- "I pareri obbligatori in materia di didattica e di ricerca che il Senato Accademico deve dare al Consiglio di Amministrazione devono essere vincolanti.

13.- La distribuzione dei punti budget docente deve basarsi su criteri definiti e trasparenti, e che sia volta alla efficienza della didattica e dello sviluppo di specifiche linee di ricerca.

 


Ateneo di Bologna: prosegue la maratona verso
la modifica della Governance, ex-lege Gelmini 240/2010

Le proposte dell'INTERSINDACALE * per i dipartimenti

Come fare i Dipartimenti e le Scuole/Facoltà

Chiesti anche, al Rettore, "tempi certi" di consegna del progetto di Governance, 
ed un Referendum consultivo, prima della delibera finale degli Organi deliberativi


DECLEVA messo in
minoranza a Milano,
su questa tematica,

Clicca: in minoranza

 
 
  Nota.
Nell'audizione del 31 marzo 2011, i Sindacati e Associazioni universitarie hanno fatto proposte circa l'assetto dei dipartimenti e delle scuole/facoltà, qui sotto riportate. Ma hanno premesso che il documento rettorale (quello reso noto, parziale) può essere adeguatamente valutato solo dopo che la Commissione avrà fornito il progetto di Governance. Hanno, perciò, chiesto al rettore questo progetto e i tempi certi di consegna. Su questo, il rettore ha promesso di farlo entro pasqua (24 aprile 2011). (Considerato che l'inadempienza è già nei  fatti, va prendendo piede la "vox populi"  - secondo cui  in Ateneo si sarebbe ancora lontani da una visione abbastanza precisa e condivisa degli aspetti più cruciali quali i Dipartimenti e il numero do strutture di raccordo -; ma anche la "vox populi" opposta più verosimile secondo cui sia già tutto pronto, ma solo posticipato in attesa del momento giusto, per farlo uscire).
  
  I Sindacati e Associazioni hanno chiesto, inoltre, al rettore, di indire un referendum consultivo di tutto l'Ateneo sul progetto, prima di sottoporlo agli Organi deliberanti, anche considerato che il procedimento fin qui attuato dal rettore è stato fortemente centralistico e poco democratico. Il rettore ha detto NO, per cui si profila una auto-indizione sindacale del referendum medesimo.
  
Nel merito del documento reso noto, i Sindacati si sono limitati a proposte sui Dipartimenti (da essere di 40 membri, come base di riferimento; e dunque quelli con membri meno di 40, dovranno accorparsi con altri; e quelli con più di 40 membri, e più settori, dovranno suddividersi. NO anche a concentrazioni di poteri).
  Invece, per  le strutture di raccordo (Scuole/Facoltà) i Sindacati e Associazioni si sono limitati a ricordare il limite di legge (massimo: 12 strutture), in quanto ritengono che la proposta realistica debba venire, in secondo tempo, dai dipartimenti, come rideterminati.
   In ogni caso, Sindacati e Associazioni hanno respinto l'idea, che pare dominante in rettorato, di fare 5 grandi strutture di raccordo.
  
I motivi di contrarietà sono molteplici, ad es.:
   a) Ognuna delle 5 macrio-strutture rimprenderebbe 600 docenti, un numero ingestibile da una singola struttura (non si trovrebbe, addiritura, una aula per ricomprenderli). Per questo la legge stesse già prefigura un organo ristretto per la sua guida ( direttori dei dipartimenti afferenti,l responsabile della Scuola/Facoltà, e da un "congruo numero" dei membri dei consigli di dipartimento, ....). Tutto sarebbe in mano ad un ristretto vertice.
   c) ciò obbligerebbe gli studenti ad un contatto diretto con in corsi di laurea (150 circa), e ciò costituisce fattore di disorientamento. Meglio conservare i vecchi nomi delle "Facoltà".
  d) E' anche dannoso in sè "oscurare" le denominazioni storiche delle "grandi" Facoltà di Bologna (come Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Filosofia ...).
 e) L'identità della Romagna verrebbe eliminata, perdento l'identità di università (oggi mascherata dalla denominazioe di POLO) ed ogni spazio di autonomia, nel futuro. Direi, che oggi, per l'insieme dell'Ateneo, andrebbe cercata una soluzione federativa di atenei, basata sulla salvaguardia delle denominazioni di Poli, sia pur aggiornati nelle funzioni.
 
  Quale ausilio alla migliore soluzione del problema, riporto (qui sotto) le denominazioni storiche del TESTO UNICO dell'Università del 1933 e successive modificazioni, e la soluzione già in vigore a Roma "La Sapienza". Nino Luciani

Verso una università di Romagna
"minus habens"?

 1.- Una breve premessa. La legge Gelmini trasferisce dalle attuali Facoltà ai Dipartimenti le funzioni finalizzate allo svolgimento delle attività didattiche e formative che si aggiungono così ai compiti tradizionali di organizzazione della ricerca scientifica.
   La Romagna ha pochi Dipartimenti e quindi non ha strumenti sufficienti per organizzare sia la ricerca scientifica che la didattica (cioè corsi di laurea) e quindi dovrà sempre dipendere da Bologna. Ma se questo Rettore vuole che il numero minimo di membri per fare un Dipartimento sia di "50", anzichè di "40" come richiesto dalla legge, la strada sarà ancor più in salita.
   La dipendenza totale da Bologna non significa che cesseranno gli insegnamenti. Significa, però, che la maggior parte dei Docenti della Romagna saranno sempre dei "pendolari" tra Bologna e il Polo romagnolo con pochissimo tempo da dedicare agli studenti ed in particolare alla ricerca scientifica ?
   La risposta è: "in parte vero e in parte no". Dipende dalle scelte degli interessati, a meno che ... gli Enti di sostegno ...

 2.- Che i Poli rimangano, ma come "strutture di raccordo", locali. Un rimedio che non risolve in toto, ma che può essere un ponte, è quello che i Dipartimenti di Bologna abbiano la doppia o anche la tripla sede, cosa che esiste già in alcuni casi. In tal modo il Docente che insegna ad esempio a Rimini, può essere incardinato nella seconda sede (del Dipartimento) di Rimini, ferma la suddivisione dell'Ateneo di Bologna in Poli (es., Polo di Bologna, Polo di Forlì e Cesena, Polo di Ravenna e Rimini), quali strutture di raccordo delle sedi locali dei Dipartimenti, in attesa di sviluppi futuri (numeri permettendo).
   Dicevo: "a meno che ... gli Enti di sostegno"... . L

 

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EDIZIONE   STRAORDINARIA

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STATUTO GENERALE DELL'ATENEO DI BOLOGNA
(Per il testo completo, clicca su: Progetto)

Lettera dei Sindacati e Associazioni Universitarie
per convocazione Assemblea generale,
aperta agli Studenti e alla Città

Il Rettore pubblica nuovo progetto di riforma dello Statuto,
in applicazione legge Gelmini 240/2010

ed immediatamente i sindacati e associazioni universitarie  convocano  per il
23 maggio una assemblea generale dell'Ateneo per discuterlo pubblicamente
(Si vegga la lettera di convocazione sottostante)

Nota. Il progetto del Rettorato "non vuole essere definitivo", ma una base di discussione autorevole da effettuare nei singoli Dipartimenti e Facolta', prima di essere proposta definitivamente agli Organi di Ateneo per la approvazione definitiva.
  E', tuttavia, un fatto che l'assemblea del 17 marzo 2011, allora convocata dal Rettore, fu per lui un vero flop a causa della contestazione dei metodi con cui aveva nominato la commissione che doveva redigere il progetto. Questa, tutta "rettorale", fu vista con sospetto e anche pesantemente, così da indurre il rettore a soffocare il dibattito (interventi di soli tre minuti).
  E' anche un fatto che, nella bozza di Statuto, le modalità di nomina degli Organi Accademici appaiono talmente arretrate, rispetto alle più diffuse forme di democrazia, da fare etichettare definitivamente il rettore "rosso" (rosso di capelli) come l'ultimo degli "autoritari" rimasti in città, sia per l'autoritarismo del quale è intrisa la bozza di Statuto, sia perchè lo scorso anno aveva pubblicamente sostenuto, davanti ai sindacati, l'allora "progetto di legge" Gelmini.

  Era facile ergersi a difensore dei principi di democrazia, a suo tempo, quando non occupava posizioni di potere; ora però, che ha raggiunto lo scranno più alto dell’Alma Mater, mira a realizzare un governo “monocratico” dell’Ateneo.”
   Tanto per chiarirci sull'autoritarismo, il "pollice verso" sul Rettore riguarda il Consiglio di Amministrazione, perno di tutto il sistema di governo. L''art. 6, comma 5, prevede che:
-  i 5 membri "interni" siano nominati dal Senato, tra 10 candidati individuati da un Comitato di Selezione di 5 membri, di cui (di questi ultimi) 3 scelti dal Rettore;
- i 3 membri "esterni" siano nominati dal Senato tra 6 candidati individuati dal medesimo Comitato di Selezione. Di questi "6", ne sono proposti al Senato: "uno" dal Rettore; "uno" dalla Consulta del Personale T.A.; "uno" dalla Consulta d'Ateneo.

Ultimo, ma non ultimo: le sedi della Romagna hanno autonomia "istituzionale e organizzativa", ma non finanziaria.

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Per il seguito delle pagine dello Statuto, clicca su: Progetto nuovo Statuto

 

 

EDIZIONI PRECEDENTI


Ateneo di Bologna: prosegue la maratona verso
la modifica della Governance, ex-lege Gelmini 240/2010

Le proposte dell'INTERSINDACALE * per i dipartimenti

Come fare i Dipartimenti e le Scuole/Facoltà

Chiesti anche, al Rettore, "tempi certi" di consegna del progetto di Governance, 
ed un Referendum consultivo, prima della delibera finale degli Organi deliberativi


DECLEVA messo in
minoranza a Milano,
su questa tematica,

Clicca: in minoranza

 
 
  Nota.
Nell'audizione del 31 marzo 2011, i Sindacati e Associazioni universitarie hanno fatto proposte circa l'assetto dei dipartimenti e delle scuole/facoltà, qui sotto riportate. Ma hanno premesso che il documento rettorale (quello reso noto, parziale) può essere adeguatamente valutato solo dopo che la Commissione avrà fornito il progetto di Governance. Hanno, perciò, chiesto al rettore questo progetto e i tempi certi di consegna. Su questo, il rettore ha promesso di farlo entro pasqua (24 aprile 2011). (Considerato che l'inadempienza è già nei  fatti, va prendendo piede la "vox populi"  - secondo cui  in Ateneo si sarebbe ancora lontani da una visione abbastanza precisa e condivisa degli aspetti più cruciali quali i Dipartimenti e il numero do strutture di raccordo -; ma anche la "vox populi" opposta più verosimile secondo cui sia già tutto pronto, ma solo posticipato in attesa del momento giusto, per farlo uscire).
  
  I Sindacati e Associazioni hanno chiesto, inoltre, al rettore, di indire un referendum consultivo di tutto l'Ateneo sul progetto, prima di sottoporlo agli Organi deliberanti, anche considerato che il procedimento fin qui attuato dal rettore è stato fortemente centralistico e poco democratico. Il rettore ha detto NO, per cui si profila una auto-indizione sindacale del referendum medesimo.
  
Nel merito del documento reso noto, i Sindacati si sono limitati a proposte sui Dipartimenti (da essere di 40 membri, come base di riferimento; e dunque quelli con membri meno di 40, dovranno accorparsi con altri; e quelli con più di 40 membri, e più settori, dovranno suddividersi. NO anche a concentrazioni di poteri).
  Invece, per  le strutture di raccordo (Scuole/Facoltà) i Sindacati e Associazioni si sono limitati a ricordare il limite di legge (massimo: 12 strutture), in quanto ritengono che la proposta realistica debba venire, in secondo tempo, dai dipartimenti, come rideterminati.
   In ogni caso, Sindacati e Associazioni hanno respinto l'idea, che pare dominante in rettorato, di fare 5 grandi strutture di raccordo.
  
I motivi di contrarietà sono molteplici, ad es.:
   a) Ognuna delle 5 macrio-strutture rimprenderebbe 600 docenti, un numero ingestibile da una singola struttura (non si trovrebbe, addiritura, una aula per ricomprenderli). Per questo la legge stesse già prefigura un organo ristretto per la sua guida ( direttori dei dipartimenti afferenti,l responsabile della Scuola/Facoltà, e da un "congruo numero" dei membri dei consigli di dipartimento, ....). Tutto sarebbe in mano ad un ristretto vertice.
   c) ciò obbligerebbe gli studenti ad un contatto diretto con in corsi di laurea (150 circa), e ciò costituisce fattore di disorientamento. Meglio conservare i vecchi nomi delle "Facoltà".
  d) E' anche dannoso in sè "oscurare" le denominazioni storiche delle "grandi" Facoltà di Bologna (come Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Filosofia ...).
 e) L'identità della Romagna verrebbe eliminata, perdento l'identità di università (oggi mascherata dalla denominazioe di POLO) ed ogni spazio di autonomia, nel futuro. Direi, che oggi, per l'insieme dell'Ateneo, andrebbe cercata una soluzione federativa di atenei, basata sulla salvaguardia delle denominazioni di Poli, sia pur aggiornati nelle funzioni.
 
  Quale ausilio alla migliore soluzione del problema, riporto (qui sotto) le denominazioni storiche del TESTO UNICO dell'Università del 1933 e successive modificazioni, e la soluzione già in vigore a Roma "La Sapienza". Nino Luciani

Verso una università di Romagna
"minus habens"?

 1.- Una breve premessa. La legge Gelmini trasferisce dalle attuali Facoltà ai Dipartimenti le funzioni finalizzate allo svolgimento delle attività didattiche e formative che si aggiungono così ai compiti tradizionali di organizzazione della ricerca scientifica.
   La Romagna ha pochi Dipartimenti e quindi non ha strumenti sufficienti per organizzare sia la ricerca scientifica che la didattica (cioè corsi di laurea) e quindi dovrà sempre dipendere da Bologna. Ma se questo Rettore vuole che il numero minimo di membri per fare un Dipartimento sia di "50", anzichè di "40" come richiesto dalla legge, la strada sarà ancor più in salita.
   La dipendenza totale da Bologna non significa che cesseranno gli insegnamenti. Significa, però, che la maggior parte dei Docenti della Romagna saranno sempre dei "pendolari" tra Bologna e il Polo romagnolo con pochissimo tempo da dedicare agli studenti ed in particolare alla ricerca scientifica ?
   La risposta è: "in parte vero e in parte no". Dipende dalle scelte degli interessati, a meno che ... gli Enti di sostegno ...

 2.- Che i Poli rimangano, ma come "strutture di raccordo", locali. Un rimedio che non risolve in toto, ma che può essere un ponte, è quello che i Dipartimenti di Bologna abbiano la doppia o anche la tripla sede, cosa che esiste già in alcuni casi. In tal modo il Docente che insegna ad esempio a Rimini, può essere incardinato nella seconda sede (del Dipartimento) di Rimini, ferma la suddivisione dell'Ateneo di Bologna in Poli (es., Polo di Bologna, Polo di Forlì e Cesena, Polo di Ravenna e Rimini), quali strutture di raccordo delle sedi locali dei Dipartimenti, in attesa di sviluppi futuri (numeri permettendo).
   Dicevo: "a meno che ... gli Enti di sostegno"... . Lo sviluppo fututo dipende da cosa la Romagna vorrà fare per allettare i Docenti a trasferirsi, con la famiglia, nella sede decentrata del Dipartimento (a Rimini, a Ravenna, ...), sede decentrata che un domani potrà diventare autonoma, quando raggiungerà il numero minimo di Docenti necessario (la Commissione del Rettore, dice "50", ma per la legge, bastano "40").

3.- Uno sguardo al passato. Nelle vicende della mia vita, ho avuto la ventura di essere Consigliere di Amministrazione dell'Alma Mater, negli anni in cui Roversi Monaco (Melandri ... e altri) volevano l'Università di Romagna. Ho fatto grandi battaglie (perdendole tutte) contro Roversi Monaco perché intendeva l'Università di Romagna come un "insieme di sedi decentrate", quasi tutto finanziariamente a carico di Bologna (soprattutto per i Docenti volontari..., salvo qualche recupero delle spese di viaggio). Io paragonavo questo suo progetto alla Chiesa di Santa Agnese in Agone, in Piazza Navona a Roma.
   Fatta su progetto di Borromini, ma con una concezione architettonica atipica, quella Chiesa sarebbe caduta, prima o poi, secondo i colleghi "invidiosi". Ebbene io dicevo a Roversi Monaco che quella "sua Università" sarebbe caduta, appena non fosse stato più Rettore.
  Secondo me, l'Università di Romagna doveva nascere come "frazionamento di Bologna", con i relativi finanziamenti messi in campo dalla legge sui "Mega-Atenei". Ritengo che, alla fine, ho avuto ragione io.
    Ma piangere sul latte versato non serve. In questa fase occorre trovare un rimedio che potrebbe essere quello di "incentivare" in qualche modo i Docenti che insegnano in Romagna a trasferirsi nella sede in cui svolgono la loro attività.
   Se gli Enti di sostegno hanno sangue nelle vene, è questo il momento per opporsi ad una "fine" quasi certa dei Poli romagnoli. L'occasione è offerta dalla revisione statutaria in atto. Qui, ritengo si giochi il futuro dell'Università della Romagna. NINO LUCIANI

Le Facoltà secondo il T.U. del 1933 e successive modificazioni:

1. Facoltà di agraria
2. Facoltà di architettura;
3. Facoltà di farmacia:
4. Facoltà di giurisprudenza;
5. Facoltà di Ingegneria;
6. Facoltà di lettere e filosofa;
7. Facoltà di medicina e chirurgia;
8. Facoltà di medicina veterinaria;
9. Facoltà di scienze economiche e commerciali;
10. Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali;
11. Facoltà di scienze politiche
Le Scuole/Facoltà approvate a Roma "La Sapienza".


1. Architettura,
2. Economia,
3. Farmacia, Medicina,
4. Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche, Studi Orientali,
5. Giurisprudenza,
6. Ingegneria (nome provvisorio da completare),
7. Ingegneria dell'Informazione, Informatica e Statistica,
8. Medicina e Odontoiatria.
9. Medicina e Psicologia,
10. Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali,
11. Scienze Politiche e Sociali.

Il DOCUMENTO CONSEGNATO AL RETTORE

Nel merito del documento della Commissione rettorale sui dipartimenti e scuole/facoltà, si osserva:

1) il riordino, voluto dalla legge, è la razionalizzazione dell’offerta didattica e di ricerca, accompagnata da economia di costi;

2) la razionalizzazione della didattica non può prescindere dalle discipline d’insegnamento, prima di applicarsi al numero delle lauree ed al rimpasto delle attuali strutture didattiche e di ricerca. Infatti, pur vero che la tipologia delle lauree dovrà essere convenientemente espressa, ai fini della identificazione da parte delle famiglie, degli studenti e del mondo del lavoro circa i contenuti, tuttavia preliminare a tutto è l’anagrafe delle discipline. Il motivo è che una parte delle medesime discipline può ritrovarsi in più lauree, sia pur con peso diverso, rispetto a quelle che si devono istituire per motivare specificamente una determinata laurea.
In questo senso, il primo elemento che il documento avrebbe dovuto fare è l’anagrafe degli insegnamenti dell’Ateneo, classificati per contenuto, numero di insegnamenti attivati, numero di studenti frequentanti, e collegatamente il numero dei docenti delle differenti discipline.
I risultati di questo lavoro devono essere proposti al confronto di tutti i Docenti e dei rappresentanti del mondo del lavoro e delle imprese. Essi sono la base per determinare i Dipartimenti;

3) il numero dei membri del Dipartimento non dovrebbe superare una soglia critica, al di sopra della quale il decentramento di cui al DPR 382/80 viene a perdere di contenuto, vale dire l’Ateneo viene a ritrovarsi strutture eccessivamente dimensionate, con aggravio di costi e intasamenti di pratiche amministrative, che nel 1980 portarono alla istituzione dei Dipartimenti (allora c’erano gli Istituti, competenti per la scienza, ma le cui pratiche amministrative erano tutte convogliate al Rettorato).
La legge indica un minimo di 40 membri. In base ad esperienza sul campo, la soglia critica si trova verso i 30 membri. Pertanto il numero minimo di 50 membri, prospettata nel documento è assolutamente sconsigliabile. Invece, appare consigliabile stare al numero di 40, come base minima.
Cosa fare dei Dipartimenti con un numero di membri molto maggiore ? Se il numero viene ereditato da quello (identico) del settore-disciplinare, esso va accettato.
Se, invece, è un numero, determinato per somma di più settori, si dovrebbe sezionare quel dipartimento in più dipartimenti, in modo da adeguarli al numero di base (40 membri).

4) Fare solo dipartimenti disciplinari ? I Dipartimenti disciplinari sono i soli che hanno una valenza ai fini della ricerca specialistica e delle pertinenti decisioni finanziarie.
Ma essi potrebbero risultare avere un numero di docenti inferiore alla soglia critica (40 membri).
In questo caso la via è aggiungere docenti di gruppi affini, fino a raggiungere la soglia critica.
In questo diverso scenario, si affaccia la possibilità che il gruppo minoritario aggiunto potrà essere emarginato, sotto il profilo decisionale. Come rimedio, la via è che i differenti gruppi abbiano peso paritetico nelle decisioni di vertice, del Dipartimento.

5) Fare dipartimenti tematici ? L’esigenza di fare convergere più settori su un tema unico, pur se meritevole di considerazione, va risolta alla luce della legge che vuole strutture di coordinamento dei dipartimenti.
Il criterio risolutivo dovrebbe essere di tipo "federalistico".
In via teorica, si presuppone che le "unità di base" (i dipartimenti disciplinari) abbiano:
a) compiti specifici di ognuno di loro;
b) e compiti comuni, meglio risolti se delegati ad una struttura centrale. Un compito di questa natura è la costruzione di Corsi di laurea.
Idealmente, questa struttura centralizzata (di coordinamento) potrebbe essere un "centro interdipartimentare", al quale sono delegati compiti di ricerca e compiti didattici. Questo centro potrebbe essere ridenomimato "Scuola o Facoltà".

6) Sul numero più idoneo di questi "centri" di raccordo, non è possibile dire a priori. Esso dovrebbe essere indicato dai "nuovi" Dipartimenti, in rapporto alle esigenze didattiche e di ricerca.
  La legge indica un massimo di "12".
Questa pluralità di Scuole/Facoltà va considerata anche in relazione alle esigenze locali, come quelle provenienti dal giusto diritto della Romagna di non scomparire dalla "nomenclatura" delle istituzioni didattiche e di ricerca dell’Ateneo di Bologna, che dovrebbe comunque restare Ateneo di Bologna e della Romagna.

Responsabili dell'Intersindacale: CISL Universita' (Maurizio Turchi), CNU (Anna Maria Di Pietra), FLC CGIL (Sandra Soster), RETE 29 aprile (I Ricercatori della Rete 29 aprile), SUN Universitas News (Nino Luciani), UIL RUA (Raffaele Pileggi)
Gruppo di lavoro dell'Intersindacale:
Altieri Leonardo, Brasini Sergio, Di Pietra Anna Maria, Ghetti Giulio, Giorgini Loris, Luciani Nino, Maltoni Alessandra, Manzo Patrizia, Mattioli Franco, Pileggi Raffaele,   Tassinari Giorgio, Fabrizio  Mauro,  Ruocco Francesca.

Attuale situazione numerica dei Dipartimenti

Personale Docente in servizio al 26 gennaio 2011 Totale
Dipartimenti di Bologna e Romagna
ARCHEOLOGIA  25
ARCHITETTURA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE 45
ASTRONOMIA 19
BIOCHIMICA "G. MORUZZI" 30
BIOLOGIA EVOLUZIONISTICA SPERIMENTALE 72
CHIMICA "G. CIAMICIAN" 61
CHIMICA FISICA E INORGANICA 32
CHIMICA INDUSTRIALE E DEI MATERIALI 18
CHIMICA ORGANICA "A. MANGINI" 28
CHIRURGIA GENERALE E DEI TRAPIANTI D'ORGANO 26
COLTURE ARBOREE 16
CULTURE LETTERARIE ANTICHE E MODERNE E SCIENZE DEL TESTO 61
CARDIOVASCOLARE 21
CLINICO DI SCIENZE RADIOLOGICHE E ISTOCITOPATOLOGICHE 16
ARTI VISIVE 20
DISCIPLINE DELLA COMUNICAZIONE 24
DISCIPLINE GIURIDICHE DELL'ECONOMIA E DELL'AZIENDA 33
DISCIPLINE STORICHE, ANTROPOLOGICHE E GEOGRAFICHE 65
ECONOMIA E INGEGNERIA AGRARIE 35
ELETTRONICA, INFORMATICA, SISTEMISTICA - DEIS 117
EMATOLOGIA E SCIENZE ONCOLOGICHE "L. E A. SERAGNOLI" 40
FARMACOLOGIA 24
FILOSOFIA 46
FISICA 103
FISIOLOGIA UMANA E GENERALE 21
INGEGNERIA CHIMICA, MINERARIA E DELLE TECNOLOGIE AMBIENTALI 21
INGEGNERIA CIVILE, AMBIENTALE E DEI MATERIALI 86
INGEGNERIA COSTRUZIONI MECC.,NUCL.,AERONAUTICHE E DI METALL.- DIEM 56
INGEGNERIA ELETTRICA 27
INGEGNERIA ENERGETICA, NUCLEARE E DEL CONTROLLO AMBIENTALE-DIENCA 24
IST. DI PSICHIATRIA "PAOLO OTTONELLO" 9
ISTOLOGIA, EMBRIOLOGIA E BIOLOGIA APPLICATA 25
LINGUE E LETTERATURE STRANIERE MODERNE 63
MATEMATICA 94
MATEMATICA PER LE SCIENZE ECONOMICHE E SOCIALI - MATEMATES 24
MEDICINA  E SANITA' PUBBLICA 21
MEDICINA CLINICA 55
MEDICINA INTERNA, DELL'INVECCHIAMENTO E MALATTIE NEFROLOGICHE 43
MUSICA E SPETTACOLO 29
PALEOGRAFIA E MEDIEVISTICA 19
PATOLOGIA SPERIMENTALE 27
POLITICA, ISTITUZIONI, STORIA 41
PROTEZIONE E VALORIZZAZIONE AGRO-ALIMENTARE 29
PSICOLOGIA 67
SCIENZA DEI METALLI, ELETTROCHIMICA E TECNICHE CHIMICHE 15
SCIENZA POLITICA 36
SCIENZE ANATOMICHE UMANE E FISIOPATOLOGIA DELL'APPARATO LOCOMOTORE 31
SCIENZE AZIENDALI 92
SCIENZE CHIRURGICHE SPECIALISTICHE E ANESTESIOLOGICHE 33
SCIENZE DEGLI ALIMENTI 34
SCIENZE DELLA TERRA E GEOLOGICO-AMBIENTALI 36
SCIENZE DELL'EDUCAZIONE "GIOVANNI MARIA BERTIN" 86
SCIENZE DELL'INFORMAZIONE 37
SCIENZE E TECNOLOGIE AGROAMBIENTALI 49
SCIENZE ECONOMICHE 96
SCIENZE FARMACEUTICHE 51
SCIENZE GINECOLOGICHE, OSTETRICHE E PEDIATRICHE 45
SCIENZE GIURIDICHE "A. CICU" 155
SCIENZE MEDICHE VETERINARIE 105
SCIENZE NEUROLOGICHE 26
SCIENZE ODONTOSTOMATOLOGICHE 21
SCIENZE STATISTICHE "PAOLO FORTUNATI" 60
SOCIOLOGIA "ACHILLE ARDIGO'" 41
STORIA ANTICA 19
STORIE E METODI PER LA CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI 40
STUDI INTERDISCIPLINARI SU TRADUZIONE, LINGUE E CULTURE-SITLEC 55
STUDI LINGUISTICI E ORIENTALI 14

Totale complessivo

          2.935

Decleva in minoranza ...

Dal Senato Accademico di Statale di Milano Oggi (22 marzo) in Senato Accademico si doveva discutere sulla prima tranche di statuto (il titolo IV) predisposto dalla Commissione statuto dell'Università di Milano. Il testo intende regolare il ruolo dei Dipartimenti nella futura struttura dell'Università milanese, ridisegnandone funzioni e struttura secondo quanto previsto dalla L. 240/2010. Molti erano i punti controversi sul testo, in particolare la scomparsa della facoltà che non è sopportabile per Medicina, nonché la centralità del ruolo del direttore del dipartimento che diventa un piccolo "despota gentile" nei confronti dei colleghi, depositario non solo delle funzioni di coordinamento delle attività di ricerca ma anche della didattica, con il contemporaneo esautoramento dei direttori dei corsi di laurea. Molte perplessità sono state esposte da presidi e ordinari, tutti con interventi preceduti dal canonico "io, che sono stato sempre contrario alla Legge Gelmini... ecc.". Come ricercatori siamo intervenuti varie volte, io malignamente chiedendomi retoricamente dove fossero tutti questi oppositori della Gelmini quando si protestava in piazza contro i contenuti della legge e contro gli insulti all'istituzione universitaria e contro la visione di precariato anarchico che la Gelmini disegnava; in particolare abbiamo richiesto che non si procedesse per approvazioni parziali, ma che prima di esprimere un giudizio, ancorché critico, sul titolo IV dedicato ai dipartimenti fosse necessario avere in mano anche il testo che regolava la governance di Ateneo. Il Rettore Decleva invece ha sostenuto fosse necessario andare avanti comunque, affermando più volte che era necessario decidere hic et nunc se quella fosse la strada che la commissione statuto doveva battere. Ha infine rifiutato una piccola via di uscita proposta dai ricercatori, una mozione che rinviava ogni giudizio sul titolo IV all'analisi del titolo dello statuto dedicato alla governance, trasmettendo nel contempo alla Commissione statuto le perplessità sorte durante la discussione. La cosa non è stata ritenuta accettabile ("non posso cambiare l'ordine del giorno") e Decleva ha preteso il voto. Risultato: 12 voti favorevoli, 9 voti contrari e un certo numero di astenuti che non sono stati conteggiati del tutto perché il risultato negativo era evidente. La prima parte dello Statuto non è passata al vaglio del Senato accademico, che ha messo in minoranza il suo rettore. E' sperabile che questo sia il segnale che indica la necessità di ascoltare meglio le lamentele e cambiare metodo di proposta dei testi.
Fonte: Post n°294 pubblicato il 29 Marzo 2011 da VoceProletaria

 

 


In vista delle riforme "locali" degli Statuti, e dei Decreti attuativi governativi ex-lege Gelmini 240/2010

  Referemdum abrogativo, ai sensi dell'art. 75 della Costituzione. Associazione nazionale dei "Docenti preoccupati" vuole organizzare un referendun abrogativo legge Gelmini.
  Clicca su:
Referendum, Referendum2


INTER SINDACALE  UNIVERSITARIA  NAZIONALE

ADI, ANDU, APU, CISL-Università, CONFSAL-SNALS-Cisapuni, ConPAss, COSAU (Adu, Cipur, Cnru, Cnu, Csa-Cisal-Università), FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RETE-29 aprile, SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR


"Per la democrazia negli Statuti degli Atenei italiani"
 

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Sergio Sergi, Coordinatore Nazionale

  Nota. Questo documento è stato scritto, dopo ampia discussione e approfondimento, dalle organizzazioni e associazioni nazionali della docenza universitaria, quale proposta per la riforma degli Statuti delle universita', in attuazione della legge Gelmini.
   Il testo è stato anche inviato alla Commissione Istruzione del Senato, con aggiunta di richiesta di audizione, in vista della approvazione preventiva, da parte del Senato, dei decreti ministeriali attuativi della legge Gelmini 240/2011.
  Il Presidente della Commissione Istruazione del Senato, Sen. Ing. Guido Possa, ha già risposto all'Intersindacale  con promessa di "contattare tutti,  per una audizione, appena i decreti medesimi saranno trasmessi al Senato dall'Esecutivo."

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Guido Possa, Pres. Comm. Istruzione, Senato


0.- Principi e metodi

L’Università pubblica deve avere il compito di promuovere la crescita culturale del Paese e per questo deve svolgere – autonomamente, liberamente e inscindibilmente - la ricerca e l’alta formazione.
Deve essere assicurata la centralità degli studenti e deve essere garantita la pari dignità di tutti i lavoratori.
In tutti gli Organi la presenza degli studenti deve essere di almeno il 15% del numero dei componenti, come prescritto dalla Legge(1).
Negli Statuti vanno previste forme di partecipazione, di consultazione e di presentazione di istanze e proposte. Va prevista la redazione del bilancio sociale.
Negli Statuti va prevista la costituzione del Consiglio degli Studenti.
Va infine prevista l'istituzione di un apposito comitato dedicato alla garanzia delle pari opportunità, con la partecipazione di tutte le componenti universitarie(2).

Le procedure per le modifiche statutarie devono essere caratterizzate dalla massima trasparenza e dalla partecipazione della comunità universitaria.
Tutti gli atti della Commissione per la modifica degli Statuti dovranno essere pubblici e reperibili sui siti degli atenei. Inoltre dovranno essere tenute audizioni e assemblee pubbliche e aperte a tutte le componenti universitarie da tenersi alla presenza della Commissione incaricata della stesura, dalle quali emergano le linee del nuovo statuto e nelle quali si possa poi dibattere la bozza proposta dalla Commissione.

1.- Elezione del Rettore

L’elettorato attivo per la carica di Rettore deve essere costituito da tutti i professori ordinari, i professori associati, i ricercatori e deve essere prevista la partecipazione al voto del personale tecnico-amministrativo e di tutte le altre componenti. L’elettorato passivo deve essere limitato ai professori appartenenti all’ateneo.

2.- Senato Accademico

Il Senato Accademico, nell’ottica di potenziarne il ruolo, deve avere la funzione di indirizzo e programmazione di tutte le attività didattiche, di ricerca e di servizi agli studenti. I suoi pareri al Consiglio di Amministrazione devono essere obbligatori e, per quanto concerne in particolare la didattica e la ricerca, vincolanti.
Il SA approva il bilancio sociale dell’Ateneo.
Il Senato Accademico deve essere integralmente elettivo e deve essere prevista comunque la pari rappresentanza dei professori ordinari, dei professori associati e dei ricercatori.
Il numero dei direttori di dipartimento dovrà essere limitato al minimo previsto dalla legge (1/3 dei docenti).
Per i professori e i ricercatori deve essere previsto l'elettorato attivo e passivo comune.
Inoltre deve essere prevista, nella misura massima consentita dalla Legge, una rappresentanza oltre che degli studenti, del personale tecnico-amministrativo e delle altre componenti.
E’ opportuno che il Senato Accademico non sia presieduto dal Rettore.

3.- Consiglio di Amministrazione

Il numero dei membri esterni all'interno del CdA deve essere il minimo previsto dalla Legge.
Tutti i componenti devono essere scelti dallo stesso collegio elettorale previsto per l’elezione del rettore, mentre i rappresentanti degli studenti devono essere eletti da tutti gli studenti.
I candidati esterni alla carica di componenti del CdA dovranno essere scelti all'interno di una lista di nomi proposta dal Senato Accademico. I membri interni vanno scelti tra tutto il personale di ruolo.
Il CdA deve essere presieduto dal rettore.
La partecipazione agli organi di governo universitario va considerata come requisito della «comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale» ai fini della loro eleggibilità nei Consigli di amministrazione secondo la Legge.
Inoltre
deve essere prevista la possibilità di candidarsi a chi  presenta un curriculum da sottoporre al Senato Accademico.
Eventuali atti difformi dai pareri obbligatori del Senato Accademico dovranno essere motivati secondo specifiche procedure e criteri.

4.- Collegio di disciplina

Il Collegio di disciplina deve essere costituito da una pari rappresentanza di ordinari, associati e e ricercatori, con elettorato attivo e passivo comune. La composizione del Collegio per qualsiasi procedimento deve rimanere invariata.

5.- Composizione e funzioni dei dipartimenti.

La costituzione dei dipartimenti deve rispondere a coerenti criteri scientifici e culturali, organizzando uno o più settori di ricerca omogenei per fini o per metodo e dei relativi insegnamenti. Al Dipartimento compete l’elaborazione di linee programmatiche pluriennali.
Il Consiglio di dipartimento deve essere costituito da tutti i professori e i ricercatori e da un'adeguata rappresentanza del personale tecnico-amministrativo e delle altre componenti, oltre che degli studenti.
Deve essere previsto l’elettorato attivo e passivo comune per i professori e i ricercatori per l’elezione dei loro rappresentanti nelle giunte di dipartimento.
Ai dipartimenti (non alle eventuali strutture di raccordo) deve essere attribuita la competenza a formulare al CdA e al SA proposte in materia di programmazione e la competenza a deliberare sulle chiamate di professori e ricercatori, sulla base delle linee programmatiche

6.- Strutture di raccordo

Attribuzione alle strutture di raccordo delle competenze previste dalla legge (funzioni di coordinamento didattico e di gestione dei servizi comuni a più dipartimenti), nonché della programmazione dell'offerta formativa, ma non del reclutamento; è necessario definire che nell'organo deliberante delle strutture di raccordo vi sia una rappresentanza, scelta “tra i componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i coordinatori di corsi di studio o di dottorato ovvero tra i responsabili delle attività assistenziali di competenza della struttura”, pari al 10% dei componenti dei consigli dei dipartimenti (previsto come tetto dalla Legge), eletta da tutti i componenti dei dipartimenti interessati. Nella rappresentanza deve essere assicurata la presenza paritetica delle tre fasce della docenza.

7.- Nucleo di valutazione

Gli Statuti devono prevedere modalità di nomina e composizione dei nuclei di valutazione che ne garantiscano indipendenza, imparzialità e competenza.

8.- Statuto dei diritti degli studenti e dei dottorandi

Gli Statuti devono recepire lo Statuto dei diritti degli studenti, garantendo che siano rispettati i loro diritti fondamentali per quanto riguarda la didattica, gli esami, i tirocini, la valutazione, la contribuzione studentesca, l'accesso ai servizi, ecc. Ugualmente devono essere tutelati i diritti dei dottorandi, considerando che si tratta di una figura che è insieme studente e ricercatore in formazione.
Deve inoltre essere adottata la Carta europea della ricerca allo
scopo di garantire che i rapporti tra i ricercatori e i datori di lavoro favoriscano la produzione e la diffusione delle conoscenze e che tali rapporti siano allo stesso tempo volti allo sviluppo professionale e alla carriera dei ricercatori.

9.- Regolamenti di ateneo

Deve essere previsto che i regolamenti di Ateneo siano elaborati da commissioni designate dal Senato Accademico e rappresentative di tutte le componenti. Le commissioni, nell’ambito dell’attività istruttoria, devono svolgere audizioni delle rappresentanze universitarie.

10.- Contratti, diritti, reclutamento e progressioni del personale

Ai lavoratori precari con qualsivoglia tipo di contratto vanno estesi gli stessi diritti del personale contrattualizzato.
In quest’ottica negli statuti devono essere introdotti standard minimi che sanciscano diritti e tutele di ciascun lavoratore dell’ateneo, precario e non. Va prevista inoltre una retribuzione minima correlata alla durata del contratto.
A regime ogni anno il numero di contratti di ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera b) della Legge 240/10 non dovrà essere inferiore al numero di contratti da ricercatore a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera a).
In particolare, deve essere vietato qualsiasi ricorso a prestazioni di lavoro gratuite.
Inoltre i regolamenti di ateneo che disciplineranno le procedure per l’attribuzione degli assegni di ricerca, i contratti per attività di insegnamento e i contratti da ricercatore a tempo determinato dovranno essere elaborati da commissioni che includano anche rappresentanze di lavoratori precari e dovranno assicurare il rispetto dei principi di trasparenza concorsuale e la massima pubblicità dei bandi, da pubblicare sul sito dell’ateneo e nel maggior numero possibile di siti istituzionali.
Un apposito regolamento va redatto per la definizione dei criteri di valutazione e attribuzione degli scatti periodici dei professori e dei ricercatori.


(1) Dall’art. 6, comma 1, del DL 21 aprile 1995, n. 120:
“Gli statuti degli atenei stabiliscono anche la composizione degli organi collegiali, assicurando la
rappresentanza degli studenti in misura non inferiore al 15 per cento.”
 (2) Per “componenti universitarie” si intendono i professori, i ricercatori(3), il personale contrattualizzato(4), i dottorandi, gli specializzandi, gli studenti e tutto il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.
(3)  Con “ricercatori” si intendono i ricercatori di ruolo e a tempo determinato.
(4) Per “personale contrattualizzato” si intendono i lavoratori regolati dal CCNL (tecnici-amministrativi-bibliotecari, lettori/CEL, ecc.).

 

 

INTER SINDACALE  UNIVERSITARIA  DI  BOLOGNA

CISL Universita' – CNU Comitato Nazionale Universitario
  FLC CGIL Federazione Lavoratori della Conoscenza  –  RETE 29 aprile
SUN  Universitas News  –  UIL Ricerca Università Afam

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Contributo per la riforma dello Statuto Generale
dell’Università di Bologna

  NOTA. Nell'ottobre 2010  i Sindacati e  Associazioni universitarie di Bologna avevano costituito un Gruppo di lavoro*, in vista della nuova legge, preso atto che il Rettore aveva istituito una apposita Commissione rettorale.
   Nel  frattempo è stato anche diffuso un comunicato del Rettore, che dichiarava l'intenzione di coinvolgere,

allo scopo, tutto l'Ateneo. In questo senso l'Intersindale ha ritenuto di "dover" fare, per il Rettore, la propria parte nel modo più adeguato possibile.

* Gruppo di lavoro:   ALTIERI LEONARDO, BRASINI SERGIO, DI PIETRA ANNA MARIA, GHETTI GIULIO, GIORGINI
   LORIS, LUCIANI NINO, MALTONI ALESSANDRA, MANZO PATRIZIA, MATTIOLI FRANCO, PILEGGI RAFFAELE,
   TASSINARI GIORGIO.

   Ad alcune riunioni del Gruppo di lavoro hanno partecipato  FABRIZIO  MAURO,  RUOCCO FRANCESCA .


                                                              INTERSINDACALE UNIVERSITARIA DI BOLOGNA

    Questo documento muove dalla convinzione che la riforma dello Statuto, dopo il drammatico contesto in cui e’ stata approvata la legge Gelmini, rappresenti una opportunità di rinnovamento, di qualificazione e di riforma democratica dell’Ateneo.
   I movimenti di questi mesi, animati soprattutto dagli studenti e dai ricercatori, ma in grado di coinvolgere tutte le componenti dell’università, vanno colti come spinte in favore di una interpretazione estensiva della legge, valevole ad affermare la centralità dell’università pubblica, come luogo di alta formazione e ricerca scientifica, fondata su una dimensione democratica partecipativa e pubblica dell’Ateneo di Bologna, per il progresso culturale, civile ed economico dell’Italia e delle Nazioni.


                                                                     PARTE PRIMA - PRINCIPI GENERALI

   1.- Governance.
   La legge Gelmini apparentemente introduce una forma di government di tipo aziendalistico, dunque di una realtà nella quale si opera all’interno di un sistema gerarchicizzato e finalizzato allo scopo di una maggiore efficienza/efficacia: in pratica come l’equipaggio di una nave con un comandante (del resto le societa’ per azioni sono nate proprio per armare le navi all’epoca della conquista dei mari).
   L’Università non ha però mai conosciuto questo tipo di organizzazione, in quanto chi vi opera è “protetto” e garantito dall’art. 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Vige dunque (e questo, però, convive con la forma di governance della nuova legge) il principio-cardine di universitas di tutte le componenti e di parità tra i docenti (tanto è vero che per la valutazione si fa riferimento al giudizio dei pari); ogni Rettore, Preside, Direttore del Dipartimento è un primus inter pares, mai un comandante.
  Ciò premesso, nell’interpretazione dell’art. 2, la Commissione Statuto dovra’ privilegiare la salvaguardia di questi valori ontologici, il che potrà fare tenendo ben distinti i centri di imputazione formale delle decisioni da quelli di imputazione sostanziale delle decisioni stesse.
Inoltre dovranno essere garantiti i principi di trasparenza e diritto all’informazione.

   2.- Programmazione.
   La programmazione è metodo fondamentale per il governo dell’Ateneo.
   Essa ha luogo, anche in via sperimentale, sulla base di una previsione pluriennale, almeno di sei anni, della risorse disponibili e dei bisogni da soddisfare entro questo orizzonte temporale. In questo quadro sono principali elementi di riferimento: il bilancio, il reclutamento dei docenti e dei ricercatori TD, il personale, il finanziamento della ricerca e delle strutture di ricerca e di didattica.

   3.- Per l’eliminazione del sistema baronale.
   La legge Gelmini apparentemente dichiara di prefiggersi, almeno sotto l’aspetto formale, tre scopi:
   - eliminare il sistema baronale (non soltanto nella cooptazione nel corpo docente, ma anche nella gestione delle varie strutture);
   -affidare l’amministrazione a veri professionisti di essa anche se estranei al corpo accademico;
   - cercare, con ciò, di portare l’università italiana al livello della migliore tra quelle internazionali.
  Il nuovo Statuto non potrà quindi essere disegnato per sostituire l’attuale sistema baronale con un’oligarchia tecnocratica, ancora più ristretta, nella gestione dell’Ateneo, nè potrà relegare ricercatori di ruolo e a tempo determinato e personale tecnico-amministrativo al ruolo di semplici comparse.

  4.- Necessità di proposta contestuale di riforma dello Statuto e del Regolamento, previsti dalla nuova legge.
  La Legge Gelmini, pur essendo prolissa nell’individuare le competenze degli Organi Accademici, sempre rinvia ad un Regolamento di Ateneo per meglio specificare lo Statuto. La comunità universitaria è dunque interessata non soltanto a conoscere come sarà lo Statuto, ma anche a come sarà il Regolamento di Ateneo, che ad esso darà specificazione.
  Pertanto occorre che la Commissione Statuto elabori non soltanto una prima bozza di Statuto, ma definisca anche indice e contenuto essenziale del Regolamento di Ateneo che dovrà dare esecuzione allo Statuto in tempi brevissimi.

  5.- Per il criterio che quanto non espressamente vietato dalla legge, sia automaticamente libero, in base al principio dell’autonomia. La Legge Gelmini risponde al principio che tutto ciò che non è espressamente vietato, è automaticamente libero.
  Poiché il principio della autonomia universitaria è confermato dalla nuova legge, la commissione statuto deve dare attuazione a questo principio e anche combattere, se necessario, per farlo valere.

  6.- Per la separazione tra il momento del governare l’Università, e il momento dell’amministrare.
  La legge Gelmini, se pure con qualche incertezza, vuole introdurre anche nell’Università la netta separazione tra il momento del governare e il momento dell’amministrare; tra chi deve dettare indirizzi generali e non specifici e chi deve darvi esecuzione.
  Lo Statuto deve dare attuazione a questo principio e porre le norme di principio che poi il Regolamento generale dovrà ulteriormente sviluppare. Ciò comporta, tra l’altro, che la figura del Direttore generale non dovrà ricalcare quella nota negli enti locali, il cosiddetto City Manager, che ha dato ben scarsi risultati.

  7.- Il problema della correzione del decision making mediante la prefigurazione di momenti obbligatori di partecipazione, propri della E-democracy.
   Nel disegnare la composizione degli Organi accademici, la Legge Gelmini riduce drasticamente il numero dei componenti, e ciò alla ricerca di una presunta maggior rapidità e tecnicità delle decisioni (del resto è noto che al superamento del numero di 7 componenti ogni organo amministrativo ha una caduta di rapidità e di efficienza).
   Se la composizione degli Organi era divenuta via via sempre più vasta, ciò era dovuto al fatto che nel tempo il numero degli interessi coinvolti era andato aumentando e attraverso l’allargamento del numero dei componenti si era cercato di dare rappresentanza a questi interessi all’interno degli Organi, pur nella consapevolezza che Organi pletorici comportavano una perdita di efficienza.
   Il fatto che la Legge Gelmini non riduca (nè avrebbe potuto farlo) il numero e la qualità degli interessi coinvolti, e dunque la riduzione del numero dei componenti, comporta che parte di questi interessi può non essere più rappresentata e, con ciò, essere nota a chi deve decidere. In altri termini, viene sacrificato il momento della partecipazione al procedimento amministrativo, il quale invece è un principio-cardine dell’ordinamento italiano.
   Occorre, di conseguenza, che Statuto e Regolamento generale di Ateneo introducano nel decision making correttivi alla situazione che si viene a creare, prevedendo, come obbligatori, momenti di partecipazione che possono essere realizzati anche mediante un corretto sistema di E-democracy.

   8.- Trasparenza. Lo Statuto deve prevedere che le valutazioni espresse dal Nucleo di Valutazione, dall’Osservatorio della Ricerca e da ogni altro organismo, anche a carattere nazionale, siano tempestivamente rese pubbliche per le strutture di didattica e di ricerca dell’Ateneo.

                                                               PARTE SECONDA - CRITERI ATTUATIVI

  1.- Per il CdA, si propone:
  - che esso sia elettivo, salvo che per i membri esterni, e che la composizione sia rappresentativa dei vari ruoli dell’Ateneo;
   - di limitare a 2 la presenza di esterni. Il Senato Accademico esprima linee di indirizzo per i bandi tesi a selezionare tali componenti esterni, per delineare il progetto cui le loro competenze si riferiscono e a garanzia che essi non siano portatori di interessi economici incompatibili con l’autonomia universitaria e i principi dell’art. 33 della Costituzione;
   - mandato di 4 anni, non rinnovabile immediatamente.

  2.- Il Senato Accademico dovrà essere organo di indirizzo e programmazione delle attività didattiche, di ricerca e di valutazione, il cui parere dovrà essere obbligatorio per le relative decisioni del CdA;

  3. Si dovrà garantire:
  a) la rappresentanza paritaria ed elettiva di tutte le componenti accademiche, del personale tecnico e amministrativo e degli studenti deve valere in tutti Organi dell’Ateneo, sia per la sede centrale sia per le sedi decentrate, ferme le riserve di legge;
  b) nei limiti della legge 240/2010, una partecipazione democratica, paritaria ed elettiva alle commissioni di Ateneo, ivi compresa la Commissione di disciplina;
  c) l’elettorato attivo ai rappresentanti degli assegnisti e dei dottorandi nei Consigli di Dipartimento;
  d) ai Consigli di Dipartimento siano ammessi a partecipare i professori incaricati, con diritto di parola.
  4. Si propone che i membri elettivi del CdA e del Senato siano scelti con sistema proporzionale per liste concorrenti, sulla base di documenti programmatici, con possibilità di divulgazione mediante i sistemi informativi dell’Ateneo. E’ ammessa la presentazione di liste che ricomprendano, ognuna, tutte le categorie di docenti eleggibili.
  5. Nel Regolamento, previsto dalla legge Gelmini, saranno specificate le modalità di separazione tra ruolo politico e ruolo amministrativo nel governo dell’Ateneo.
  6. La consultazione pubblica sulla bozza di Statuto non va limitata ai Dipartimenti e Facoltà, ma estesa a tutte le categorie di personale dell’Ateneo.

  1.- Elezione del Rettore. L’elettorato attivo, oltre al personale docente di ruolo, come vige attualmente, va allargato ai ricercatori a tempo determinato, ai rappresentanti degli studenti, dei dottorandi e degli assegnisti eletti nei vari organi accademici e al personale TA con "voto ponderato”.
   Il candidato rettore non deve avere ricoperto questa carica, nei sette anni precedenti,  presso altro Ateneo.

   2.- Giunta. Si propone la istituzione di una Giunta, i cui membri sono scelti dal Rettore all’interno di tutte le categorie di personale, ma esterni al CdA e al Senato, col compito di coadiuvarlo nell’esercizio delle proprie funzioni. Il Rettore affida loro, con delega di firma, propri compiti in corrispondenza alle macro-aree amministrative dell’Ateneo.

  3.- Senato. Relativamente ai componenti(1/3) non indicati dalla legge, si propone:
- la rappresentanza dei ricercatori a tempo determinato e a tempo indeterminato;
- la rappresentanza del personale tecnico e amministrativo.
Relativamente alla composizione, per 2/3, riservata dalla legge ai docenti di ruolo, va garantita la rappresentanza delle due fasce.

  4. Consiglio di Amministrazione. Tra il personale di ruolo dell’Ateneo i membri eletti siano rappresentativi dei:
- professori ordinari;
- professori associati;
- ricercatori;
- tecnici-amministrativi.

  5.- Organi consultivi. Si propone la istituzione di:
  a) Consiglio del personale tecnico e amministrativo, organo consultivo del CdA, per il parere obbligatorio, non vincolante, in materia di servizi amministrativi e organizzazione dell’amministrazione.
   E’ fatto vincolo di rappresentanza di ognuna delle sedi universitarie.
   I membri del Consiglio del personale tecnico e amministrativo sono votati sulla base di unica lista di candidati. Sono eletti, nell’ordine, i candidati con più voti di preferenza.

   b) Consiglio studentesco, organo consultivo per il parere obbligatorio, non vincolante, al Senato Accademico in materia di didattica, e al CdA in materia di servizi agli studenti.
   E’ fatto vincolo di rappresentanza di ognuna delle sedi universitarie.
  I membri del Consiglio studentesco sono eletti con sistema proporzionale per liste concorrenti, sulla base di documenti programmatici.

  6. Le sedi di Romagna. L’attuale Statuto ha consentito lo sviluppo in Romagna adottando il modello organizzativo-funzionale per “plessi”, in varia misura autonomi quanto ai servizi da rendere agli studenti e al personale docente e non.
  Ciò ha comportato il moltiplicarsi di servizi amministrativi (e relativo personale e, dunque, costi) in ogni “plesso”, mentre oggi, specie con l’informatizzazione, i “servizi di supporto” ben possono essere svolti e forniti da un’organizzazione centralizzata “locale”, con evidente miglioramento della qualità del servizio e diminuzione dei costi. Del resto, contro la attuale organizzazione per “plessi” si muove la nuova dimensione attribuita dalla Legge Gelmini ai Dipartimenti.
   Si ritiene opportuno che la Romagna possa avere forme di autonomia amministrativa per materia, con budget.
Inoltre, il nuovo statuto dovrà dare indicazioni chiare su tre aspetti rilevanti:
  1) la volontà di consolidare la configurazione policentrica del nostro Ateneo (non esclusa la forma federativa), sostenuta in tutti questi anni dagli enti locali e dagli enti finanziatori;
  2) l’interpretazione autentica da attribuire al concetto di “incardinamento”, in termini di diritti e doveri dei docenti che sono/saranno impegnati in Romagna (a partire ad esempio dalla necessaria chiarezza sulla struttura alla quale i docenti medesimi dovranno fare prioritariamente riferimento per espletare il loro servizio), e la contestuale adozione di politiche di incentivazione per favorire la scelta di “incardinarsi”;
3) la volontà di favorire l’insediamento in Romagna di dipartimenti e scuole (Facoltà), eventualmente anche di tipo trasversale dal punto di vista delle discipline, coordinate ma non subordinate alle altre strutture dell’Ateneo.

  7. Regolamento. Il Regolamento dovrà contenere norme a tutela dei diritti del lavoro, e specificamente:
a) per le attività didattiche dei docenti a contratto, in via di principio deve essere proibito qualsiasi ricorso a prestazioni di lavoro gratuite e deve essere individuata una retribuzione oraria minima;
  b) per i ricercatori a T.D. siano previste garanzie di un’effettiva “tenure track”, sulla base della prevista programmazione  pluriennale delle risorse;
  c) sia regolata la didattica dei ricercatori di ruolo e di quelli a tempo determinato, senza mai considerare scontato ed automatico l’impegno didattico del ricercatore di ruolo;
  d) ai dottorandi, agli assegnisti e ai ricercatori a T.D. siano garantiti gli stessi diritti dei lavoratori strutturati di Ateneo (asili nido, mense, parcheggi, rimborsi per le missioni, etc.);
  e) per i diritti e le condizioni di lavoro del personale non contrattualizzato è necessario prevedere un confronto preventivo con le parti sociali;
  g) disciplina dei diritti e dei doveri del personale.

CISL Universita' (Maurizio Turchi)

CNU (Anna Maria Di Pietra)

FLC CGIL (Sandra Soster)

RETE 29 aprile (I Ricercatori della Rete 29 aprile)

SUN Universitas News (Nino Luciani)

UIL RUA (Raffaele Pileggi)

Gruppo di lavoro che ha curato il Documento: Altieri Leonardo, Brasini Sergio, Di Pietra Anna Maria, Ghetti Giulio, Luciani Nino, Maltoni Alessandra, Manzo Patrizia, Mattioli Franco, Pileggi Raffaele, Tassinari Giorgio.
   Hanno partecipato ad alcune riunioni Fabrizio Mauro e Ruocco Francesca.
                                             

 


IMPORTANTE  SENTENZA DELLA  MAGISTRATURA  ORDINARIA:

"Quella denuncia di Quirino Paris al CUN aveva fondamento !
(Sotto, è riportata la sentenza, integralmente).

Questo fatto arriva al pubblico universitario  mentre la riforma Gelmini
è diventata legge, per cui il pensiero va alla eventuale "consecutio tra i due eventi".
Sotto, riportiamo  il parere di Quirino Paris sulle sue  attese dalla nuova legge.

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Quirino Paris

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    QUIRINO PARIS, il professore italiano della University of California, Davis, aveva denunciato al CUN (Presidente, prof. L. Labruna) la nomina di cinque commissioni di conferma del Settore Scientifico ``Economia ed Estimo Rurale', una delle quali aveva negato la conferma, in ruolo, a Giovanni Anania, professore "straordinario" di rilevanza internazionale, ma non sottomesso alla "cupola" degli economisti agrari.

  Il CUN (che designa al Ministro le commissioni di conferma per gli straordinari ed esprime parere di legittimità su tutti i concorsi di valutazione comparativa) oppose il "silenzio rifiuto" di fare un indagine, come sarebbe stato di dovere, e anzi una necessità, perché il fatto non era "solo" degli economisti agrari, per la natura della legge sui concorsi, che prefigurava  un regime consociativo, e possibilità di "smagliature".

  La conseguenza, per Quirino Paris, fu di incorrere in sette querele per diffamazione, da parte dei membri della "cupola" degli economisti agrari. La sentenza di I grado fu di assoluzione piena, ma che i querelanti portarono in appello, però confermata, sia pure dopo anni di lungaggini e spese legali.
.

.    G. Anania, Ordinario della Universita' della Calabria. Per il curriculum, clicca su: http://www.ecostat.unical.it/anania/
.*

Nino Luciani, I fatti in breve, e nel pianto la consolazione nel passato. Le attese dalla riforma Berlusconi-Gelmini, secondo Quirino Paris

1.- I fatti in breve. Nel 2003, una Commissione giudicatrice, per la conferma in ruolo di un professore ordinario, gli negava la conferma al termine del triennio di prova.
  Per memoria, le Commissioni di conferma per prof. ordinario sono nominate dal Ministro, su designazione del CUN. Invece le Commissioni di concorso erano nominate dall'università banditrice (composte da un membro "interno" di designazione locale, e da 4 membri, votati dal Gruppo scientifico disciplinare").
   Il malcapitato "non confermato" era tale "Giovanni Anania" della Università della Calabria (si vegga più sopra, per il curriculum), e che (secondo Paris) era assolutamente meritevole di conferma.
  Nella tradizione accademica italiana, la negazione di una conferma era ed è un fatto "unico" nel suo genere, mentre il problema più solito è quella di sbarrare la strada a candidati in eccesso rispetto al numero dei posti.
  In parole brevi, Quirino Paris racconta che il Settore scientifico in questione ( AGR/01) era dominato dalla Associazione degli Economisti Agrari, e soprattutto dai suoi dirigenti, i quali riuscivano a fare eleggere i rappresentanti del Gruppo presso il CUN, e i membri delle Commissione di concorso, secondo le proprie indicazioni elettorali. E "peste cogliesse" (in termini di carriera) chi trascurasse quelle indicazioni.
  (Evidentemente, nel concorso che tre anni prima portò Anania all'ordinariato, qualcosa era andato storto ..., per quei dirigenti e in primo luogo al CUN).
  La motivazione dello sdegno di Quirino Paris, tra l'altro illustrata senza alcun pelo sulla lingua, ha un rilievo assoluto perchè copre non solo "un" caso in cui si dice la verità per l'Associazione degli Agrari, ma rappresenta notoriamente la generalità dei Settori Scientifici in Italia.
   Ma attenzione ! Una cosa sono le "deviazioni" (che calcolerei nell'ordine del 10% dei casi, troppi …), una cosa è ritenere che, in Italia, il sistema dei concorsi produca solo professori indegni. Anzi il fatto che Anania, nel concorso, fosse stato riconosciuto "idoneo" a prof. Ordinario, è una prova del contrario. Ma su questo tornerò qui a fianco, a proposito della riforma Gelmini.
  Torno a Quirino Paris. Egli pagherà caro questo atto di "superbia": doversi difendere in tribunale, a proprie spese, per 8 lunghi anni, come un volgare diffamatore di colleghi per bene. E cosa ha fatto, poi, in fin dei conti ? Il suo reato fu di aver denunciato il caso alle "autorità" (si noti, non a qualcuno che passa per la strada), e in primo luogo al MIUR.
   Allora il Ministro era Letizia Moratti e il Direttore Generale era Giovanni Masia (ora Capo del Dipartimento per l'Università e l'AFAM per la Ricerca).
   Sul piano oggettivo, il pensiero corre spontaneamente a loro, soprattutto a Masia, per il suo ruolo nel dare o meno esecutività alle sentenze del TAR e alle sentenze penali, oltre che al suo ruolo tecnico nel concorrere alla proposizione dei nuovi progetti di legge, a correzione dei fatti "devianti". Sulla adeguatezza delle legge Gelmini torniamo più avanti.

2.- Nel pianto, la consolazione... sempre nel passato.
   Come, però dicevo, una cosa sono le "deviazioni", una cosa è la generalità dei casi. E', poi, sotto gli occhi di tutti che i fatti "devianti" più gravi (si pensi a parentopoli) finiscono sui grandi media, perchè il "negativo" fa notizia, (e oscura il "bene"), e questo finisce per infangare tutto. .Nel corpo della sentenza, si racconta anche di denunce di fatti corruttivi di altri concorsi, però seguìti da archiviazione, pur essendo ben evidente il loro fondamento oggettivo.
    Il motivo della archiviazione era che la votazione della candidature a membro di commissione, su indicazione "autorevole" delle cupole, non era un evidente reato giuridico, giacchè era prefigurata dalla legge ed era una fattispecie molto simile a quella delle elezioni dei membri del parlamento. Anche qui non mancano le proposte autorevole dei dirigenti dei partiti politici in favore di questo o quel candidato e di questo e quel programma.
  Lo stesso era per fare le commissioni. Non c'era obbligo giuridico di votare ..., ma semplice indicazione di voto ....
   In effetti le cupole degli ordinari hano sempre determinato, in regime consociativo, la carriera dei docenti in posizione inferiore e dunque, pur se giuridicamente autonomi, per cui questi erano ricattabili di fatto.
   Ma va anche detto che il professore universitario è tale per vocazione scientifica e per questo nasce moralmente apposto. La sua colpa è aspirare a dare un seguito alla propria scuola scientifica, attraverso gli allievi.

  Il fatto, poi, che il controllo dei promossi abbia luogo su base nazionale, attraverso una corporazione (l'associazione dei professori del settore) ha come conseguenza di garantire la qualità dei professori uniformemente nel territorio nazionale, e dunque anche in una università sperduta della lontana periferia.
  Dunque, se con questi elementi "positivi" molto importanti e positivi, finiscono per mescolarsi elementi "negativi", è su questi che si deve lavorare ..., non buttare il bambino con tutta l'acqua ...

3.- Le attese dalla riforma Berlusconi-Gelmini.
   Il Parere di Quirino Paris.

   A questo punto l'ottica si sposta sulle recente legge di riforma Berlusconi-Gelmini. Purtroppo la legge Gelmini è frutto acritico di quel fango, mentre doveva partire da qui per le correzioni. Infatti, per eliminare la malattia, la riforma ha ucciso il "malato", vale dire ha abolito i concorsi, anche in contrasto con la Costituzione che, invece, li vuole. Precisamente, la legge prevede due stadi, per il reclutamento: a) Con l'art.16 è istituito l'esame abilitazione scientifica nazionale a professore di prima e di seconda fascia. La Commissione giudicatrice è nazionale ed unica, per una durata biennale. Essa è scelta mediante sorteggio di 4 professori ordinari nel settore scientifico (da essere composto da almeno 30 professori ordinari), e sorteggio di 1 commissario in una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese dell'OCSE). E' disposto che l'ammissione al sorteggio è ammessa solo per i professori che facciano domanda per esservi inclusi, e documentino la propria attività scientifica, e comunque con riserva dell'ANVUR di valutarne positivamente i requisiti idonei. E' anche disposto che non ci sia corresponsione di compensi ai Commissari. b) Con l'art. 18, è prevista la chiamata, da parte delle Università, degli abilitati a coprire i posti di professore. Dati gli abilitati partecipanti, la chiamata è deliberata dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Dipartimento. E' esclusa la partecipazione per gli abilitati aventi un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell'ateneo. Come ben si comprende questo meccanismo abolisce i concorsi, e questo è presumere di eliminare la malattia, uccidendo il malato. Secondo Quirino Paris (interpellato, in occasione della sentenza), "la riforma Gelmini in fatto di reclutamento ha messo sul tavolo un sistema macchinoso, inefficiente e parrocchiale. Con l'abilitazione nazionale chissà quanti ritardi ci saranno. e poi mi sembra un approccio fatto apposta per dare altro lavoro al TAR con le ben note lungaggini. Inoltre, la chiamata tra gli abilitati non farà altro che confermare gli interni, come adesso. Infine, mi sembra che anche il nuovo approccio escluda di fatto il reclutamento a livello mondiale: chi è quello straniero che capisca cosa sia l'abilitazione nazionale e che sia poi chiamato da qualche facoltà solo sulla base del merito? " Torno sull'art. 16. Il sorteggio dei Commissari è essenziale per l'impedimento delle "deviazioni". Tuttavia esso è prefigurato in modo da perdere di significato. Infatti: 1) se il sorteggio avviene solo tra coloro che fanno domanda, è come estrarre palline da un cappello in cui sono state messe solo palline bianche. E' inevitabile che i sorteggiati siano solo "bianchi"; 2) peggio, l'osservazione cade di fatto appena si rifletta che il meccanismo non funzionerà totalmente. Il motivo è che nessun professore ordinario farà domanda (di essere sorteggiato) per farsi preventivamente giudicare (in fatto di requisiti scientifici) da una "cupola" politico- accademico (l'ANVUR), e per giunta per un obiettivo molto astratto (attribuire una abilitazione a sconosciuti), e inoltre gratis. Forse gli estensori della legge non vengono dalla università, e per questo non sanno che stare in commissione è un sacrificio enorme (una pila di libri da leggere e studiare per mesi, stare fuori casa una settimana, incorrere in possibili ricorsi amministrativi, ...). In passato, la sola molla determinante per candidarsi era il sollecito degli allievi, creditori illimitati di servizi resi didattici ai loro Maestri, oltre che debitori per l'educazione scientifica ricevuta. Adesso questa molla scompare, opportunamente per me: Ma trattare a pesci in faccia, il prof. ordinario che fa domanda, mi pare aver penso il senso della realtà. Berlusconi, un uomo, così intelligente com'è, come ha fatto ad affidare, a "non si sa chi", una riforma così rilevante per la formazione della classe dirigente e per la ricerca scientifica dell'Italia e del mondo … ? Torniamo a più sopra: essere i Governi i fattori delle deviazioni, quali primi propositori dei progetti di legge e doppiamente se chi fa denuncia di illeciti è lasciato nei rovi dal Ministro e dal Direttore Generale, che avrebbero dovuto indagare, a parte il disposto Costituzionale che vuole il concorso, per le assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Nino Luciani

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del reato p. e p. dall'art. 595, comma 1, c.p., per avere, comunicando con più persone, offeso la reputazione di BELLIA Francesco, PRESTAMBURGO Mario, BACARELLA Antonino, CASATI Dario, CHIRONI Giuseppe, TUDISCA Salvatore, IDDA Lorenzo, economisti agrari, appartenenti alla SIDEA, Società Italiana di Economia Agraria, e, precisamente per avere, a mezzo due lettere e-mail datate 19.10.2003 e 18.11.2003, che qui si intendono integralmente riportate, inviate at CUN - Consiglio Universitario Nazionale, nella persona del suo Presidente, prof. Luigi LABRUNA, e al MURST - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica, con sede in Roma, viale Kennedy, 20, affermato che "…Da parecchi anni l'area AGR/01 è dominata e colonizzata da una mafia accademica così potente che ormai si comporta sfacciatamente e senza alcun pudore sapendo che le sue nefande azioni saranno impunite ed anzi contribuiscono a mantenere la disciplina nei ranghi. La "cupola" è formata da una dozzina di professori ben noti i cui nomi si avvicendano in quasi tutti i concorsi per professore ordinario, associato e per ricercatore attraverso la ben nota tecnica dei "santini." Tutto questo fa parte della disgraziata procedura italiana per la nomina del personale accademico. Il CUN dovrebbe essere l'organo di vigilanza garante della trasparenza per quanto riguarda tale procedura e invece si dimostra un organo al servizio della mafia accademica di cui sto parlando. … Tali nomi sono facilmente individuabili perché, in via generale, ricorrono almeno due volte nelle cinque commissioni. Queste designazioni non possono essere il frutto di vigilanza e trasparenza e tanto meno di eventi casuali. I nomi che ricorrono almeno due volte sono: Mario PRESTAMBURGO (Trieste) Antonino BACARELLA (Palermo) Salvatore TUDISCA (Palermo) Giuseppe CHIRONI (Palermo) Francesco BELLIA (Catania) Giuseppe DE MEO (Bari) Lorenzo IDDA (Sassari) Augusto MARINELI (Firenze) Dario CASATI (Milano). È mai possibile che le sedi universitarie meridionali più Trieste debbano essere presenti in maggioranza assoluta, commissione per commissione?   È mai possibile che Augusto Marinelli, Rettore dell'Università di Firenze, trovi il tempo per partecipare due volte a commissioni di conferma di professori straordinari? È il Marinelli lo stesso Rettore che ha creato un posto AGR/01 per il figlio alla Facoltà di Medicina? È mai possibile che questi signori dominino, anno dopo anno, la formazione dei ranghi accademici nell'area AGR/01? È mai possibile che il CUN, attraverso il Comitato d'Area Scienze Agrarie e Veterinarie, si faccia complice della straordinaria criminalità con cui vengono gestiti e "confermati" i concorsi universitari?..." "…La riforma dei meccanismi concorsuali nel nostro Paese non ha risolto i problemi della selezione e della promozione dei docenti universitari che avevano giustificato quella riforma. Quanto accade nel settore AGR/01 è emblematico di come possano costituirsi nel tempo consorterie accademiche in grado di imporre regole tali da determinare gravi distorsioni, in grado di consentire i peggiori nepotismi e marcate discriminazioni. Il fatto che un professore della qualità del Prof. Anania possa essere stato ritenuto inidoneo alla conferma a professore ordinario non fa che confermare tale giudizio e, se mai, segnala il fatto che in AGR/01 si sia oltrepassata ogni misura, anche con riferimento alle distorsioni osservabili in altri raggruppamenti disciplinari."

Fatti avvenuti in Roma, in data 19 ottobre 2003 e l8 novembre 2003.

DISPOSITIVO:
"conferma l'impugnata sentenza* e condanna gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado"

Per leggere tutta la sentenza, clicca su:  Paris-Sentenza Appello ROMA (Nov 2010)

 

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Papa Benedetto XVI


RIFORMA UNIVERSITARIA
in Aula al Senato il 22 dicembre
(in seconda lettura)

Mentre Ricercatori e Studenti si tengono stretti
stretti, in attesa della tegola in testa, del Senato

il PAPA, nel corso della cerimonia dei Vespri,
dopo l'omelia, riceve gli sudenti universitari romani,
sostiene il "ruolo insostituibile dell'universita' "
e li "appella alla pazienza e alla costanza
"

     On.li Senatori,
con il ritorno a voi del DDL in oggetto, mi parrebbe giusto dirvi tre cose:

1) dire del papa, circa l'universita’. Incontrando i giovani universitari romani, per i Vespri il 16 dic. 2010, il papa ha sostenuto il "ruolo insostituibile dell'universita’" di soddisfare "il bisogno di una nuova classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche". Il papa ha concluso con un appello "alla pazienza e alla costanza, virtu’ da non confondere con l'apatia".**. Per l'omelia *, sotto.
  Il papa non ignorava sicuramente le manifestazioni dei ricercatori e studenti nelle scorse settimane sul  DDL Gelmini. E voi non le sottovaluterete certamente.
  Forse, vi interessa anche una lettera che una "casalinga" (in verita' una prof.ssa di scuola media in pensione, sensibilizzata dai mass media, sui recenti fatti studenteschi), che mi ha scritto (in relazione al Foglio On Line, da me diretto): "L'Universita’ e’ un mondo che non conosco. Mi sono laureata il 26 giugno 1976. Credo di appartenere di piu' alla categoria delle "casalinghe", forse con un maggior senso critico."
   "Mi domando se anche la Ministra Gelmini non appartenga al mondo delle casalinghe e non abbia capito neppure lei fino in fondo la sua riforma. Le donne presenti in questo Governo mi sembrano piu strumenti che "menti". Intendiamoci nella politica ci sono tante donne alla pari degli uomini per intelligenza e grinta, ma non queste al Governo. Comunque qui a Torino ci sono tanti studenti che tirano molto, molto a sinistra".   

   2) nel merito dei possibili emendamenti al DDL, preso atto che la sua maggiore pericolosita’ per l’universita’ pubblica sta nel non avere dotazione finanziaria, e che e' coerente col blocco del turnover (5-10.000 professori, e abolizione del ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato, 26.000 persone), proporre di prendere in considerazione la riforma del sistema finanziario delle universita’, posto che l'ostacolo maggiore sia la crisi attuale del  bilancio statale.
  Col nuovo sistema finanziario, le universita' saranno liberate dalle catene del DDL, ma anche responsablizzate.
  C'e', poi, la considerazione che l'attuale sistema ha i difetti tipici dei paesi a pianificazione centralizzata, e dunque:
  a) la cifra totale da finanziare e' soggetta alle bizzarrie annuali dei Ministri del Tesoro.
  b) fa ricadere sugli studenti bisognosi e meritevoli il mancato sostegno del diritto allo studio, dovendo le universita’ filtrare i fondi statali per salvare, prima, se stesse.

   Questa e' invece la nostra proposta di nuovo sistema finanziario:
  a) Il finanziamento delle universita’ pubbliche avviene mediante un fondo statale, quantificato in base al costo standard per studente, moltiplicato per il numero degli studenti iscritti.
  La quota finanziata e’ determinata dai Ministeri del Tesoro e della Universita’, e comunque non inferiore al 70% del costo totale stimato, ed e’ ripartita tra le universita’ in proporzione agli studenti iscritti.
  b) E’ istituito presso il Miur un Fondo per gli studenti bisognosi e meritevoli, ex-art.34 della Costituzione.
  b) Le universita’ determinano i contributi studenteschi, per il pareggio del bilancio, per la parte non coperta dal Fondo statale. E' obbligatorio per le universita’ il pareggio del bilancio ed e’ istituito il controllo della Corte dei Conti sul bilancio preventivo;
  c) I finanziamenti privati alle Universita’ sono fiscalmente deducibili dal reddito imponibile;
  d) In prima attuazione e’ garantito a ciascun Ateneo un FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario, non inferiore all’attuale.

3) dire cosa ho pensato, avendo seguito il dibattito del Senato, sul DDL via satellite TV, il 29 luglio 2010. Ho provato disappunto per alcuni concetti, risuonati di continuo (da parte di molti), non sorretti da adeguata conoscenza dell'universita', quali:
  - "i professori hanno dilapidato il denaro pubblico, e' venuto il momento di pagarli in base ai risultati";
  - "i concorsi universitari sono diventati parentopoli, e questo ha declassato l’universita’. Basta con gli scandali".

  Non oso confutarvi, perche' da anni i sindacati combattono contro queste "deviazioni". Vi contesto, invece, che il DDL li usi strumentalmente contro l'universita' pubblica..., senza risolverli; e vi faccio i seguenti rilievi:
  a) quanto alle proliferazione delle sedi, la Ministra farebbe bene a parlarne con gli enti locali, prima che con noi;
  b) quanto alla moltiplicazione dei corsi di laurea, il fatto e' avvenuto in periodo di sperimentazione, in cui le lauree quinquennali dovevano, per legge, essere spezzate in due (ossia 3+2), e quindi anche ogni insegnamento andava, di norma, spezzato in due; e che le lauree quadriennali (che erano la quasi totalita'), andavano aumentate di un anno, oltre che spezzate in (3+2). 
  Comunque sia chiaro che questo spezzettamento ha determinato un aumento del carico di docenza e di amministrazione, ma non maggiori oneri per lo Stato. Il maggior carico di docenza e' andato sui preesistenti docenti di ruolo (con pochissime nuove assunzioni, rispetto agli studenti, divenuti 1.800.000), e prevalentemente sui docenti precari (55.000 persone, tra cui ci sono delle vere menti), ai quali oggi il DDL sputa in faccia (dimenticando che gli studenti rimarranno 1.800.000);
   c) quanto a parentopoli, il DDL ne amplifica le deviazioni perche' esse, divenendo "buie", saranno senza limiti. Infatti il DDL abolisce il concorso locale tra gli "abilitati alla ricerca". Invece andava mantenuto il concorso locale, ma con commissioni giudicatrici scelte per sorteggio (non per votazione).
  Cordialita'.                                                                                                     Nino Luciani
  Bologna 19 dic. 2010

** Fonte: http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-cf1d8575-5607-44bd-82f3-1f240414b407.html#p1)
* Fonte: http://www.pontifex.roma.it/index.php/news/29-news/880-incontro-del-santo-padre-con-gli-studenti-universitari-degli-atenei-romani

 


LETTERA APERTA AI SENATORI E DEPUTATI

in riferimento al voto di FIDUCIA al Governo (martedì 14 dicembre 2010)
e ai DINTORNI (
transizione dalla Ia alla IIa Repubbllica)

 
   On. Senatori, on.li Deputati,

    In relazione al possibile voto, vi invio un mio "intervento", del 1993, che mi sono trovato sotto gli occhi questa mattina, mentre riordinavo la mia biblioteca.
L’intervento aveva come titolo: "I problemi della transizione", e fu fatto in un convegno a Saint Vincent, organizzato da Jader Iacobelli, pubblicato nel volumetto "1993, "Dove va l’economia italiana ?", SAGGI TASCABILI LATERZA.
Rileggendo l’intervento, mi sono reso conto che nel 2010 i problemi della transizione, di allora, sono identici a quelli attuali, anzi aumentati sotto l'aspetto finanziario.. Dunque, non hanno fatto nulla i governi che, subentrando a quelli della prima Repubblica, si erano impegnati a risolvere i problemi della transizione alla seconda Repubblica ? Erano governi di destra e di sinistra.
   Motivi ? Ognuno pensi come vuole. Per approfondimenti, oltre a quel mio intervento (riportato qui sotto), si puo' cliccare sul Foglio On Line, da me diretto: http://www.universitas.bo.it/Forum%201-esterno.htm#FORUM%201 . In esso si parte dal convegno di Fini a Bastia Umbra, del 6-7 nov. 2010, ma per andare molto oltre FINI, proponendo "un programma obbligato" di riforme costituzionali (governi di legislatura e, ma solo dopo ..., nuova legge elettorale) e un governo di "grande coalizione", il solo adatto per una "transizione" costituzionale. Per fare queste cose, la legislatura deve proseguire verso la sua conclusione naturale.
    Al tempo stesso, data la situazione bloccata da ogni punto di vista, tutti devono avere un senso di umilta'' e non dr   ammatizzare il proprio ruolo personale. Un proverbio popolare dire: "morto un papa, fatto un altro".   Cio' che conta sono le istituzioni: vale dire operare urgentemente per fare "governi di legislatura", un parlamento rispettato (non trattato come "yes man")... .
   Cordialita'.                                                 Nino Luciani

Bologna 12 dic. 2010

* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna

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Nino Luciani, I problemi della transizione
Estratto da: 1993, Dove va l’economia italiana ? a cura di Jader Iacobelli, SAGGI TASCABILI LATERZA, p. 94

   1. La mia tesi è che l'Italia ha di fronte i problemi strutturali propri delle economie di transizione e precisamente della transizione da un sistema economico a prevalente «economia pubblica» a un sistema a prevalente «economia di mercato», che si ritrovano negli ex paesi del socialismo reale, sia pur in proporzione al peso occupato dal settore pubblico nei rispettivi paesi. Ci sono qui anche i problemi congiunturali, ma hanno un'ampiezza talmente grande da rinviare, paradossalmente, ai problemi di struttura. La prima transizione, relativamente recente, è cominciata in Italia nel 1961 con i governi di centro-sinistra ed è avvenuta nel senso di andare da un sistema a prevalente economia di mercato a un sistema a prevalente economia pubblica. Si passa da un rapporto tra spesa pubblica e PIL del 30% a un rapporto del 56-60 attuale.
   Adesso ci troviamo di fronte la seconda transizione, questa volta in senso inverso, e che dovrebbe restituire risorse dal settore pubblico al settore privato, in quanto da ritenere piu’ produttivo. Questo obiettivo è imposto dalla distruzione macroscopica di risorse da parte del settore pubblico, e le cui ripercussioni piu’ evidenti si ritrovano nella caduta persistente del tasso di crescita del PIL e nella crescente disoccupazione.
   A mio modo di vedere, per l'Italia, il traguardo finale realistico. compatibile con l'equilibrio del sistema economico (per quanto dipende dal settore pubblico). è ridurre la spesa pubblica al 40-45% del PIL. Questo parametro mi viene suggerito dal fatto che la pressione fiscale nominale è oggi nell'ordine del 39-40%, limite massimo risultato fin qui raggiungibile. e che quindi indica la possibilita’ realistica di finanziare la spesa pubblica con la sola tassazione.

    2. Questa transizione verso il mercato richiede adattamenti importanti nelle abitudini di vita della popolazione: si tratta di un problema che, per sua natura, richiede un periodo medio-lungo (5-10 anni). Tale periodo e' il tempo necessario:
   a) per riallocare verso il settore privato la mano d'opera via via licenziata dal settore pubblico;
   b) per affidare al settore privato quei servizi pubblici che verranno via via dismessi dal settore pubblico e che dovranno continuare ad essere erogati per i cittadini disposti a pagarli;
   c) per privatizzare le imprese pubbliche non strategiche, e che ovviamente non si puo’ cominciare a fare con una estrazione a sorte delle imprese da privatizzare, ma solo dopo aver fatto una opportuna classificazione della loro situazione: ad esempio, imprese con buona capacita’ di reddito e buona situazione finanziaria; imprese con buona capacita’ di reddito ma precaria situazione finanziaria; imprese in perdita ma per carenze gestionali e quindi facilmente risanabili con la sostituzione del management: imprese decisamente senza prospettive di reddito, ecc.;
   d) per permettere ai beneficiari di trasferimenti pubblici di trovare un rimedio, in vista di una loro decurtazione, ecc.

   Del resto anche la Comunita’ europea si e’ data un periodo transitorio (1957-92) per attuare pienamente il Mercato Comune Europeo, periodo che termina proprio quest’anno.Tali adattamenti della popolazione non sono necessariamente dei sacrifici e tuttavia essi si giustificano perche’ pongono le basi per la ripresa dello sviluppo del reddito nazionale e dell'occupazione.
   In secondo luogo la realizzazione della transizione richiede una classe politica appropriata. Ma su questo punto non dobbiamo dimenticare che la classe politica oggi chiamata ad attuare la seconda transizione e’ quella stessa che ha realizzato la prima transizione sulla quale essa fonda a tuttora il suo potere in termini di clientela elettorale e di tangenti, non solo, ma anche senza una netta distinzione tra maggioranza di governo e opposizione. Questo vuol dire che qui troviamo il primo collo di bottiglia, per cui le alternative politiche in termini di separatismo territoriale, qui evocate, sono fortemente realistiche.
   In ogni caso appare evidente l'urgenza di operare per una nuova legge elettorale che separi nettamente la responsabilita’ di governo da quelle di opposizione, in modo da permettere un rimedio ai mali della politica attraverso l'alternanza tra persone e programmi diversi. Senza la riforma della legge elettorale. che stronchi quanto meno il consociativisrno e la frammentazione nel governo nazionale (e nei governi locali), al piu’ ci si puo’ attendere il congelamento dell’attuale sistema, che non espanderebbe ulteriormente il settore pubblico, ma eventualmente ne correggerebbe solo le maggiori disfunzioni finanziarie.

   3. Tuttavia, i problemi di disavanzo del bilanci dello Stato non possono attendere. Occorre provve dervi subito, quanto meno in base agli impegni assunti dall'Italia di andare verso l'unione monetaria e la moneta unica in Europa.
Secondo me la via appropriata e’ un aumento generalizzato e uniforme dell'aliquota dell'IRPEF nell'ordine del 6-10%. durante tutto il periodo della transizione. e da ridurre via via in rapporto all'avanzamento della transizione stessa. Tale aumento dell'IRPEF dovrebbe essere accettato dalla popolazione appena si spieghi che esso dovrebbe sostituire una imposta gia’ esistente, che e’ la "imposta da inflazione", oggi nell'ordine del 10-15% del reddito. Infatti l’aumento di prezzi, dovuto all'inflazione, e’ 1'equivalente di un'imposta indiretta, non solo, ma e’ anche la piu’ sperequata tra le imposte.
   Invece. sul piano dell’equilibrio generale, l'applicazione di un'aliquota aggiuntiva. uguale per tutti i cittadini, avrebbe il vantaggio di ridursi a un fatto puramente monetario: nel senso che, per definizione, e comunque tendenzialmente, essa non modificherebbe, in termini reali, le posizioni comparate e assolute dei contribuenti, perche’ per un cittadino e’ indifferente avere un reddito monetario invariato, ma con prezzi che cresceranno, oppure avere un reddito monetario decurtato, ma a prezz che non muteranno. Questa tesi. che discende da un noto teorema della scienza delle finanze, pur se discutibile per vari aspetti, e’ un'ottima base di partenza per orientarsi nella concreta ripartizione del carico tributario necessario per ripianare il disavanzo del ianc:o dello Stato.
   Rifiuto, invece, l'idea di affidare compiti importanti ad un'imposta ordinaria sul patrimonio. Cio’ per varie ragioni: non e’ un'imposta generale; non ha ancora un apparato amministrativo collaudato per applicarla; il valore patrimoniale non emerge da elementi oggettivi ma da una «stima», per cui si presta v i aprire un contenzioso spaventoso. Del resto la storia dell'INVIM lo insegna.
   Essa puo’ avere, beninteso, un suo ruolo come mezzo di recupero dell'evasione, ma a questo fine e tenuto conto della debolezza strutturale suddetta, penso che ne sia consigliabile l'applicazione con un'aliquota molto mite. Associatamente all'ILOR o all’ICIAP.
   Quanto all'evasione fiscale. ritengo che sia venuta l'ora di smettere col demonizzare gli evasori, ma di operare per far funzionare adeguatamente la macchina amministrativa finanziaria pubblica, il solo modo corretto di impostare il problema. In ogni caso non sono affatto convinto che esistano, presso le piccole e medie imprese, maglie di evasione cosi’ larghe, come una certa parte sociale va dicendo. Il motivo di fondo di questa mia convinzione e’ che, nei casi prevalenti, appena il sindacato dei lavoratori dipendenti si accorge che le imprese hanno dei sovraprofitti, ci pensa il sindacato stesso a scremarli chiedendo aumenti salariali. E se i salari non sfuggono alla tassazione, allora le piccole e medie imprese pagano le imposte attraverso i propri dipendenti. Dunque il fisco ha gia’, dentro l'impresa, un buon poliziotto fiscale.
   Quanto, infine, alla recente crisi del cambio, trovo notevoli responsabilita’ nella condotta delle autoritaa’ monetarie, non tanto per aver preferito le ragioni della «moneta» alle ragioni dell'«economia reale» (fatto gia’ per se’ inammissibile economicamente, ma perdonabile a un banchiere), ma per aver persistito nell'assumere certi impegni monetari pubblicamente senza poi mantenerli.
   Per altro verso, gia’ i grandi maestri del tempo passato avevano insegnato che l'alternativa tra cambi fissi e cambi flessibili e’ una questione da risolvere in base alla natura strutturale o congiunturale delle crisi valutarie.
Che l'Italia si trovasse una crisi strutturale e’ provato dal fatto che il saldo passivo delle partite correnti della bilancia dei pagarnenti internazionali dell'Italia, a partire dal 1986, e’ andato crescendo sempre piu’, non solo in assoluto, ma anche in percentuale del PIL (4% del PIL, ultímamente) . Questo vuol dire che il trend non dava ormai piu’ segni di inversione. per cui gia’ si profilava, come traguardo finale, la caduta della convertibilita’ della lira, che e’ poi la svalutazione a colpi di piccone píu’ tardi, anziche’ la svalutazione subito, in condizioni piu’ favorevoli. E dunque anche sotto il profilo tecnico la condotta delle autorita’ monetarie appare censurabile.

 

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RIFORMA UNIVERSITARIA

Aperto un varco per la salvezza dell'università pubblica

Il motivo è che il Presidente del Senato SCHIFANI rinvia l'esame del DDL GELMINI a dopo il voto sulla fiducia al Governo il 14 dicembre, perchè teme straripamenti delle manifestazioni studentesche sul Parlamento, ma con l'ovvia conseguenza che, se cade il Governo, cade anche il DDL GELMINI


LA SALVEZZA, RESA POSSIBILE DAL CONGIUNGIMENTO DI  4  CIRCOSTANZE:


1) La persistenza dei ricercatori e precari nell'astensione dalle lezioni "non dovute";
2) il soccorso degli studenti, con manifestazioni in tutta Italia;
3) l'aiuto dei "FINIANI" alla Camera;
4) il risveglio del PD-Partito Democratico
, che (sulla sferza di alcuni valorosi: Vassallo, Tocci, Ghizzoni) si è, alla fine, reso conto che quella distinzione (del Governo) tra "norme ordinamentali"  (subito) e "norme finanziarie" (dopo) era in realtà un trucco per dimezzare l'università pubblica.



Nino Luciani, Anche noi... per la riforma, non per la controriforma Gelmini.

  In queste settimane, in seguito alle manifestazioni degli studenti, i mass media si sono accorti del malessere dell'universita' e, come era naturale, anche la Ministra è stata invitata a chiarire la propria posiziobe, direttamente in faccia alle famiglie.
   Devo dire che la Ministra è riuscita a convincere le casalinghe ignare. "Non va bene - hanno detto - che si sprechi il danaro pubblico... Si fanno lezioni con 5-10 studenti, troppo pochi ... Ci sono oltre 5.000 lauree ... sono troppe .... Ci sono concorsi truccati ... vincono il posto i parenti, gli amici dei membri della Commissione. Non va bene ... ".
   Francamente, è da anni e anni che le associazioni e i sindacati universitari denunciano queste "deviazioni" e chiedono interventi, sempre distinguendo i fatti singoli, dalla situazione generale.
    E, invece, la Ministra (che è al Miur per eseguire gli ordini di Berlusconi) anzichè risolvere questi problemi, li ha usati strumentalmente per dimezzare l'università pubblica e abolire i concorsi.
   Nulla v'è nel suo DDL per eliminare queste falle.
   Non solo questo. Messa alle strette, è stata soccorsa da Tremonti con 800 milioni (1,7 necessari) per il FFO-Fondo di finanziamento ordinario delle università.
  Ma poi, in seguito a dubbi da più parti in Aula durante la discussione,   il VicePresidente della Commissione Bilancio, on. Luca Galletti chiariva che "i soldi c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla vendita di frequenze TV, ma che la cifra probaile sara' minore".
  Non solo questo. L'art. 12 del DDL rifinanzia le università private (in prospettiva, anche università telematiche aventi i requisiti, in corso di definizione ministeriale).
  Precisamente esso dispone che:
- "una quota non superiore al 20 per cento (nel testo del Senato, la percentuale era 10%) dell’ammontare complessivo dei contributi di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali legalmente riconosciute, con progressivi incrementi negli anni successivi"....;
- e che "le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle università telematiche ad eccezione di quelle, individuate con decreto del Ministro, sentita l’ANVUR e, nelle more della sua costituzione, con il parere del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), che rispettino i criteri di cui al comma 1.
    A questo proposito, va forse notato che:
-  nel corso del dibattito in aula, l'on. Tocci aveva chiesto alla Ministra (che, pero' non ha risposto) se intendeva persistere nell'emanare il regolamento sulle universita' telematiche (con riconoscimento di esse come "università non statali, di cui una è il CEPU, pro-quota, di Berlusconi);
- e che la Ministra, in una nota sul corriere della sera, del 14 ottobre, risultava essere preoccupata del modo negativo come dette università operavano (mio riassunto), per cui era divenuto urgente emanare il regolamento medesimo, in attuazione della legge finanziaria del 2003, non ancora varato.
   Ciò ricordato, si deve considerare che, in generale in altri Paesi, e forse anche in Italia prima o poi, le università telematiche sono le università del domani.
   E' anche un fatto che la CRUI, in passato, ha molto contrastato queste università.
  Ma è anche un fatto che aprire oggi la strada ad un loro inserimento nel novero delle universita' non statali (con finanziamento statale, sia pure dopo la loro rigenerazione qualitativa) mi pare una abnormità, perchè contestuale al dimezzamento dell'università pubblica, confermato nel DDL, e già in corso da anni, da parte dei governi Berlusconi.
Nino Luciani


Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari

L'ennesima occasione
sfumata  

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Marco Merafina
Coordinatore naz.le

   Abbiamo perso una grande occasione di fare una vera riforma. Lo stato, in cui versava e versa l'Universita' italiana, era ed e' tale da rendere indispensabile una riforma del sistema universitario.
  Dal sottofinanziamento cronico del sistema, ai problemi che coinvolgono in modo trasversale tutte le componenti universitarie, dal diritto allo studio al problema del precariato, dall'irrisolto problema dello stato giuridico dei ricercatori e del conseguente mancato riconoscimento del ruolo docente a quello di una governance sempre piu' autoritaria e affare di "pochi", sono tutte problematiche che avrebbero dovuto suggerire una riforma con ben altri contenuti.
  Ci ritroviamo invece peggio di prima, con una miriade di adempimenti regolamentari che renderanno la riforma appena approvata alla Camera pressoche' impossibile da attuare, con in piu' l'impossibilita' a svolgere quei concorsi tanto sbandierati dal ministro e comunque in quantita' talmente irrisoria che risulterebbero inutili a risolvere il problema dell'assunzione dei giovani e dei precari e sarebbero del tutto insufficienti anche per le progressioni di carriera dei ricercatori attuali.
   La comunita' degli universitari, dagli studenti ai professori si e' accorta, anche se con tempistiche diverse, delle criticita' del DDL ed montata una protesta sempre piu' diffusa a dispetto delle rassicurazioni della CRUI, sempre piu' distante dal mondo universitario che pretende, a torto, di voler rappresentare e dell'indifferenza del Governo, arroccato ottusamente su tali rassicurazioni e sulle opinioni di una minoranza di benpensanti.
  Le recenti iniziative di protesta, benche' magnifiche per lo spirito di iniziativa e l'abnegazione di tanti colleghi ricercatori e tanti studenti, non avrebbero pero' mai potuto ottenere altro che grande visibilita' mediatica per porre al centro dell'attenzione i problemi dell'Universita' e della ricerca, perche' cio' che si prefiggevano oltre a questo, e cioe' il ritiro del provvedimento, non si sarebbe mai potuto ottenere in quel modo.
   Sappiamo tutti infatti come tali azioni inducano questa maggioranza a chiudersi sempre piu' in un arrogante isolamento finalizzato solo all'ottenimento dell'obiettivo a dispetto dei manifestanti.
   Tuttavia quello che e' successo e sta succedendo ha una portata storica: una protesta di simili dimensioni e con tali modalita' non si era vista da chissa' quanto tempo e ormai tutto non potra' essere piu' come prima.
   Se ne sono accorti quasi tutti, meno la maggioranza di Governo che continua, con la consueta miopia, a parlare di manifestazioni di minoranze ispirate dalla sinistra.
   Proprio per questo anche i ricercatori dovranno continuare nella protesta, anche oltre l'eventuale approvazione della riforma. Il problema, purtroppo, e' che tale DDL e' sponsorizzato dai cosiddetti poteri forti: la Confindustria, interessata ad entrare nei governi degli atenei, e il baronato rappresentato dalla CRUI, interessata piu' alla propagazione del potere di governo dei rettori, che alle vicende reali del sistema universitario.
   L'unica possibilita' poteva essere quella di coagulare il consenso su qualche emendamento indigesto al ministro per costringerlo a ritirare il provvedimento o accettare qualche misura realmente migliorativa.
   Se il 14 dicembre  il Governo sara' sfiduciato dalla Camera dei Deputati, il provvedimento avra' molte chances di essere ritirato e avremo forse evitato questa ulteriore catastrofe per l'Universita', ma sara' comunque una sconfitta per tutti.
   Dovremo in ogni caso chiederci: a quando un vero provvedimento sul sistema universitario che risolva realmente i problemi da troppi anni sul tappeto?
   Troppi Governi hanno mancato l'obiettivo e le speranze si affievoliscono man mano che passano gli anni.
   E la risposta e' sempre la stessa: abbiamo perso l'ennesima occasione di riformare il sistema universitario.                                     Marco Merafina e Annalisa Monaco

 


LETTERA APERTA ALL'On.le Gianfranco FINI
Presidente di FLI - Futuro e Libertà

 
    Oggetto: giovedi' 2 dic. 2010, voto finale alla Camera, per riforma Gelmini, DDL C 3687

                                                                                                  On.le Fini,
    e ' di ieri la sua dichiarazione che il gruppo FLI votera' a favore della riforma Gelmini, in quanto considerata "una delle migliori riforme" del Governo Berlusconi.

    Personalmente do atto che, al Senato, il Sen. Giuseppe Valditara, oggi nel FLI, professore ordinario, ha migliorato il DDL su due punti significativi:
    - ha fatto istituire il Fondo per il merito ai professori (anziche' miglioramenti retributivi per anzianita');
    - ha esteso la possibilita' della chiamata diretta (a prof. associato) dei Ricercatori a tempo indeterminato, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale (pur se dimentico che i promossi, piu' anziani, dovrebbero accettare una minore retribuzione per un determinato numero di anni, cosa che li ha gia' indotti a rifiutare la promozione).

    Restano, pero', nel DDL fondamentali criticita', a danno della universita' pubblica e del diritto allo studio, che tolgono valenza a quelle innovazioni, a parte le discussioni sul cosiddetto "potere baronale" (giustificate circa gli abusi nei concorsi, anzi con eccessi per quantita' nel 1980-98 ai danni di una intera generazione di professori associati, anche per colpa dei Governi di allora perche' ci furono solo 3, dei 9 concorsi allora programmati. Ma diciamo anche che, a causa dell'attuale blocco del turnover, lo stesso spettro e' di nuovo nei fatti).
    I motivi delle criticita' del DDL sono:
   1) il numero dei professori di ruolo sara' dimezzato a 30.000, in luogo dei 60.000 attuali. Infatti saranno tolti 26.000 ricercatori di ruolo, e non ci sara' il turnover per 5-10.000 professori, dopo i pensionamenti per limiti di eta'. Invece gli studenti rimarranno 1.800.000, un numero impossibile da soddisfare, per cui si dovra' provvedere con personale precario sotto pagato, e (forse) una parte degli studenti dovra' bussare alla porta di universita' private.
   Osservo che il dimezzamento del numero dei docenti di ruolo, comporta il raddoppio del biasimato potere baronale dei prof. ordinari nei confronti della massa dei docenti precari;

   2) ci saranno degli esami nazionali di abilitazione scientifica a lista aperta, ma saranno aboliti i concorsi per la copertura dei posti, fino a poco fa con commissioni giudicatrici di 5 membri ("un" membro interno e 4 votati dal gruppo scientifico nazionale, una modalita' da cui erano originati gli scandali, perche' i voti erano concordati sottobanco).
   Abolendo i concorsi, gli scandali scompariranno in apparenza, ma tutto peggiorera' , perche' il potere baronale non avra' piu' alcun limite, neppure il pudore di potersi dire membro eletto di commissione, perche' votato.
    Invece si doveva semplicemente mantenere i concorsi, ma con commissioni sorteggiate.

   3) In coerenza col proposito di ridimensionare l'universita' pubblica, ne sara' ridotto il finanziamento e, per garantire il risultato, sara' accresciuta la centralizzazione del controllo.
   a) Ahime', su questo punto il governo è incappato in una serie di brutte figure.
   - la prima e' che erano state inserite le norme finanziarie, su richiesta di alcune persone molto serie della "maggioranza" (l'on. V. Aprea, Presidente della Commissione Cultura e l'on. Frassinetti, Relatrice del DDL), ma poi depennate;
    - la seconda e' che il governo aveva detto di aver trovato 800 milioni (di 1,7 milioni necessari) e la Ministra l'aveva riaffermato in aula, mentre esplodevano le manifestazioni di piazza. Ma poi, sempre in Aula, di seguito ai dubbi, il VicePresidente della Comm.ne Bilancio, On. L. Galletti, chiariva che gli 800 milioni c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla futura vendita di frequenze TV, e dunque che la cifra ancora non c'era', e probabilmente sara' molto minore.
    b) Per una idea del FFO per il 2011, ricordo che nel 2007 (ultimo anno del governo Prodi) il preventivo di spesa statale (in conto corrente e in conto capitale) era stato di 490,3 miliardi, di cui 6,9 per il FFO alle universita'. Nel preventivo 2011 (pur tenuto conto della crisi economica generale) la cifra totale è di 486,6, mentre il FFO è previsto in ribasso. Dunque, parrebbe che l'ostacolo principale per il FFO alle universita' venga dalle priorita', che il governo da' ad altre voci di spesa.

   c) C'e' dell'altro. Non solo il Governo nega i fondi alle universita', ma anche impedisce a loro di trovarli sul mercato, in quanto non modifica la legge esistente, per cui i contributi studenteschi "non possono superare il 20% del FFO" e, dunque, calando il FFO, dovrebbero addirittura calare (in  proporzione) anche i contributi studenteschi.
   Penso che l'entita' del finanziamento dovrebbe dipendere da entrate certe, seguendo lo stesso criterio, applicato per il federalismo fiscale. Precisamente:
   - lo Stato dovrebbe pagare le universita' in base al costo standard per studente, non secondo le bizzarrie dei ministri;
   - le universita' dovrebbero poter determinare i contributi studenteschi, per sanare l'eventuale parte scoperta del bilancio.
   Va evidenziato che questo sistema lascia, tuttavia, scoperto l'aiuto agli studenti bisognosi e meritevoli. Il rimedio e' istituire un Fondo statale ad hoc. Cordialita'.  Nino Luciani

Bologna 28 nov. 2010

* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on line"
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze
                                                                     

 


LETTERA APERTA AI DEPUTATI

 
                                                                                 On.li Deputati,
 avevate sospeso l'esame del PDL in attesa di copertura finanziaria, come proposto dalla Commissione Cultura, il solo modo di dare un senso alla riforma e una risposta ai Ricercatori. Ma oggi il PDL torna a voi, con depennate le norme di copertura.
  Questo vuol dire che vi sara' chiesto di "decidere senza decidere". Per la dignita' del Parlamento, il Paese non sopporterebbe un Parlamento che "decide di rinviare ad una seconda decisione", che forse mai piu' verra’.
 
   In sede di legge di stabilita', avete assegnato 800 milioni al FFO – Fondo di Finanziamento Ordinario delle Universita', pur se il minimo necessario e' di 1,4 miliardi. Non e' poco.
   Ma forse va messo sul piatto che le riforme didattiche degli scorsi anni (fors’anche troppe lauree …, e forse troppe sedi, sotto la pressione delle Regioni e degli enti locali) sono state gravate sulle spalle dei professori di ruolo e del grande precariato (55.000 persone) e sugli enti locali, non sul bilancio dello Stato (come, invece, la Ministra aveva detto in Senato il 29 luglio u.s.).
  
   Quanto detto in Senato il 29 luglio (che "i professori hanno dilapidato il denaro pubblico") e' stata una ingiusta infamia.
   Perche' questo eccesso ?
  
Vi ricordo che da anni ormai, il FFO gira intorno a 7 miliardi l’anno, ma anche (anzi soprattutto) che nel 2002 (anno delle prime turbolenze didattiche) il FFO fu di 6,2 miliardi e che in quegli anni scoppio’ la grande inflazione, a causa dell’Euro, che dimezzo' il potere d’acquisto del reddito fisso (lavoro dipendente e pensionati, in generale). Questo vuol dire che il FFO, se fosse riportato in termini reali a quello del 2002, dovrebbe essere di 12 miliardi.
  
   On.li Deputati, oltre l'infamia in Senato, sui prof è gravata anche la beffa: infatti, poiche' il FFO serve a pagare il personale, la retribuzione reale dei professori e' oggi la meta' di quella del 2002, a parte un piccolo recupero, grazie ad alcuni meccanismi. Tra l'altro so di un caro amico della scuola media che, andato in pensione in quegli anni con una pensione "sufficiente", dopo quell'inflazione è caduto in miseria: non arriva a fine mese.
 
   Non solo questo: nel PDL rimangono criticita' normative che lo fanno una controriforma. Ne ricordo alcune:
   1) Secondo l’art. 97 della Costituzione, il reclutamento dei professori deve farsi per concorso. Invece il PDL abolisce i concorsi, perche’ "burocratici e lunghi" (parole della Ministra in Senato il 29 luglio u.s.). Per evitare scandali e accelerare le procedure, serviva solo fare le commissioni giudicatrici con sorteggio;
  2) il blocco del turnover, fin dai tempi della Moratti-Ministro (mentre un gran numero di professori sta andando in pensione) ha gia' determinato la perdita, e per sempre, di parte del sapere accumulato, a causa della interruzione dei rapporti diretti tra i maestri e i successori;
  3) il FFO rimarrà deciso in base alla bizzarrie dei ministri del Tesoro, invece che (come da noi proposto) in base al costo standard per studente (come per il federalismo fiscale). Il controllo della Corte dei Conti sulle università non sara' sul bilancio preventivo (ma ancora su quello consuntivo, che e' tardivo per il controllo della spesa tardi ...);
  4) Anticipando l’abolizione del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato (26.000 persone), il personale di ruolo delle universita’ viene dimezzato.
   Sia chiaro che in Italia i prof non sono troppi: i docenti di ruolo sono 60.000 e gli studenti sono 1.800.000. Questo vuol
dire che c’e' un docente di ruolo ogni 30 studenti. Il recente DPEF del Governo (pag. 37 dell’Allegato) ricorda che nei
Paesi OCSE c’e’ un professore ogni 15,8 studenti.
  Perche' dire una cosa e fare un'altra cosa ?

                                                                         On.li Deputati,
    la persistenza di queste criticita', pur dopo i contributi propositivi del mondo universitario (lasciati cadere), indica una
  precisa scelta del governo per una parziale demolizione dell’universita' pubblica.
    Il Governo vi propone questa scelta, pur se in una Italia "dualistica", che ancora richiede un forte impegno pubblico per la formazione della classe dirigente e per la ricerca, uniformemente nel Paese.

                                                                      On.li Deputati,
                                       per cambiare ..., forse e' il caso di rinviare le vostre decisioni a miglior tempo.

Bologna 21 nov. 2010                                                                                              Nino Luciani

   Allegati:
   -  il Documento dei Sindacati del 12 nov. u.s.,
   - il "Contratto con gli Italiani" di Berlusconi, in cui si impegnava di dare l'autonomia all'università.
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* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, "l'assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze

ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL,
LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB, RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università,
SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR

Roma, 12 novembre 2010

La ripresa dell'iter parlamentare del Disegno di legge sull'Università, che sarà discusso a partire dal 19 novembre p.v. dall'Aula della Camera, impedisce quanto auspicato dal mondo universitario e, in particolare, da queste Organizzazioni che avevano chiesto "al Governo e al Parlamento di aprire finalmente un serio e ampio confronto con l'Università". Riaprire una discussione pubblica sull'università italiana e sulle sue reali necessità resta indispensabile.

Il finanziamento annunciato dal Governo, assolutamente insufficiente anche solo a compensare i tagli già decisi per l'Università, conferma che non si intende ancora investire seriamente nella ricerca e nell'alta formazione, come invece avviene negli altri Paesi; una scelta questa indispensabile per il rilancio culturale ed economico del nostro Paese.

Con questo finto finanziamento aggiuntivo si vuole in realtà preparare il terreno all'approvazione immediata di un Disegno di legge che rappresenta un attacco al Sistema nazionale dell'Università pubblica.

Le Organizzazioni universitarie ritengono indispensabile e urgente una vera riforma che preveda:

- di rendere più autonomi e più democratici gli Atenei, con la partecipazione di tutte le componenti alla loro gestione;
- l'aumento dei docenti di ruolo, risolvendo il problema del precariato (prevedendo un'unica figura pre-ruolo) e prevedendo per gli attuali precari reali prospettive di accesso alla docenza;
- il riconoscimento ai ricercatori del ruolo docente effettivamente svolto;
- la valorizzazione della figura dell'associato;
- la valorizzazione del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
- un vero diritto allo studio che tenga anche adeguatamente conto delle condizioni economiche degli studenti;
- il ripristino, anzi l'aumento, delle risorse per il funzionamento di una Università riformata, che consenta a tutti gli Atenei di svolgere ricerca e insegnamento di qualità.

Si ribadisce l'invito a tutte le componenti universitarie a continuare e a intensificare la mobilitazione a sostegno dell'Università pubblica.

Silvio. Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06, "Piano del Governo per un’intera legislatura

STRALCIO:

" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione, senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti, disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il compito del MURST allo stabilimento delle linee generali.

 

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Gelmini, e riforma universitaria, a rischio naufragio alla Camera,
ma (si intuisce) non solo per la indisponibilità immediata di fondi ...
TUTTO RINVIATO A DICEMBRE

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Valentina Aprea
Presidente Commissione Cultura


I fatti di rilievo:
1) TREMONTI, messo alle strette dalla
Commissione Cultura della Camera,
oppone il gran rifiuto: "
Non pago"

2) Il Gruppo dei finiani ( FLI, C. Barbaro ) ha
proposto importanti emendamenti finanziari
e infine un o.d.g. in Aula che "impegna il Governo a raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla Riforma

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On.Avv.Barbaro

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Paola Frassinetti,
Avvocato, Relatrice del  PDL

 
  NOTA. Si intuisce che il "rischio naufragio" nasce sia dalla indisponibilità immediata di fondi, sia dal "non senso" (per il Governo) sostenere a oltranza una riforma dell'università, respinta dai professori e dagli studenti.
   Ma, tuttora, il Ministro Gelmini sembra "non cogliere" la duplicità della motivazione. Per questo serve un supplemento
di riflessione sul sistema finanziario, da cambiare radicalmente (perchè quello riproposto sarà ulteriormente peggiorativo degli stessi mali), e su quanto di conseguenza su Governance, Stato giuridico, Diritto allo studio.
  Peggio, la Ministra appare tuttora non dotata di uno staff che ben la sorregga, al Ministero dell'università. Peggio, il progetto appare supportato da ambienti amore-odio con l'università, che hanno i loro motivi, ma spesso fuori orbita circa le cause (leggo giornalmente "Il Sole-24 ORE"). L' università  l'hanno fatta i professori, nel corso di secoli. Lasciamo che siano i professori, che l'amano e che ci vivono, a indicare la via ....  .
   Questa riforma è anche lontana dal "contratto con gli italiani", di Berlusconi, del 2002, che si era impegnato per l'autonomia, da intendere (ex-art. 33 della Costituzione) non come "autonomia di spesa", ma come "autonomia di entrate proprie", da cui far discendere la "autonomia di spesa". Come farlo, lo spieghiamo più sotto (clicca su: schema).  


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Antonio Ruberti, già Rettore
di Roma "La Sapienza"


Le ragioni della attuale Ministra Gelmini
contro l'autonomia alle università

mentre Roma "La Sapienza" (13 ott. 2010)
commemora A. Ruberti, il Ministro già Rettore,
che ha dato l'autonomia alle università,

Partiamo dalle dichiarazioni della Ministra alla Camera. Seguono il contributo dei "Finiani", il "contratto con gli italiani" di Berlusconi, il documento dei sindacati universitari.

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Mariastella Gelmini
Avv. di Diritto Ammnistrativo
Ministro Università

GELMINI, ministro dell'istruzione, della università e della ricerca. Riforma dell'università.
Commissione Cultura, CAMERA. (Stralci dal discorso pronunciato in Commissione il 30 sett. 2010)

Nino Luciani*, OSSERVAZIONI
in tema di autonomia finanziaria

* Ordinario di Scienza delle Finanze

.......
" Il disegno di legge è frutto infatti della concertazione con il mondo universitario, le forze di opposizione e i soggetti che rappresentano il settore della competitività. In particolare, è stata coinvolta la Confindustria e anche le regioni per quel che riguarda il diritto allo studio".

1.- Circa la concertazione con il mondo universitario, i sindacati e associazioni culturali universitarie sono state invitate al Miur due volte per scambi "unilaterali" generici.
  Valga per chiarimento il Documento dei sindacati, sotto riportato. Clicca su: Documento intersindacale
........
" L'autonomia ha portato ad abusi ed eccessi, ma non per questo, certo, va abbandonata. Ritiene infatti che il provvedimento in esame contempli un buon grado di autonomia con uno di responsabilità, prevedendo tra l'altro, all'articolo 1, comma 2, una clausola di progressiva liberalizzazione delle norme in materia, man mano che le università dimostrano di essere ben gestite. Rileva inoltre che il provvedimento è stato accusato di dirigismo, accusa facile, ma ingiusta. In futuro poi la forza della valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni consentiranno di abbandonare molte delle regole che previste dal provvedimento. Ritiene però che i tempi per la rivoluzione indicata non siano ancora maturi."...

2.- L'autonomia, a cui la Gelmini si riferisce, è l'autonomia di spesa. Invece l'autonomia, di cui all'art. 33 della Costituzione, è quella di entrata. E', questa, quella "buona".
   In merito al requisito della maturità delle Università, come condizione per dare loro la "autonomia di spesa", il suo ragionamento ha un suo fondamento, se è di una brava mammina nei confronti dei bimbi piccoli.
  Le università sono, invece, istituzioni, alcune millenarie.
  La storia dei Comuni è molto significativa per un esatto inquadramento della natura del problema delle disfunzioni finanziarie degli enti pubblici. I Comuni hanno speso con sobrietà quando la spesa dipendeva solo dal potere fiscale locale: perchè, per potere spendere, dovevano convincere i
loro cittadini sulla utilità della spesa in confronto alle imposte comunali.
  Invece, nei periodi in cui Comuni dipendevano interamente dal finanziamento statale, hanno speso senza limiti, e in particolare quando lo Stato pagava a piè di lista. Un caso di eccesso si ebbe dal 1972 al 1977, quando, in seguito alla riforma tributaria, i Comuni furono privati di ogni potere fiscale e, in attesa della ricostruzione di una "finanza locale", lo Stato si impegnò a finanziarli al costo storico.
   Il primo effetto fu una prima onda di espansione della spesa. In quel periodo ci fu anche l'esplosione dell'inflazione, per cui neppure il finanziamento del costo storico non poteva più valere come criterio di riferimento, volendo salvaguardare i servizi. A quel punto, i Comuni ricorsero anche massicciamente al credito, e lo Stato non potè che pagare a piè di lista.
   Il fenomeno fu arginato nel 1977, col Decreto Stammati, che stabilì l'obbligo del pareggio del bilancio (ad un livello aggiornato di spesa totale) e la graduale restituzione, a loro, del potere fiscale.
  
Con gli attuali Decreti sul federalismo, i Comuni avranno una ulteriore maggiore responsabilita' fiscale, e il finanziamento statale sara' in base al costo standard. Perch'e' tanta saggezza dello Stato verso gli enti locali, e invece tanta superficialita' verso le universita' ?

3.- Nel caso delle università proveniamo da un lungo periodo di finanziamento centrale, con pagamento a piè di lista, seguìto dalle frenate dall'alto di questi anni (questo vale per il FFO, ma anche per i contributi studenteschi, perchè per legge non possono superare il 20% del FFO.
  Con la riforma Gelmini il finanziamento centrale viene arricchito di lacci e lacciuoli e controlli vari ministeriali.
  Questo sistema potrebbe funzionare solo se si andasse, coerentemente, fino in fondo: che il direttore amministrativo locale delle università fosse nominato dal Ministero della Università, e conseguentemente il Rettore divenisse un organo tecnico didattico e di ricerca, di cui si vale il direttore amministrativo.
   Questo, pero', e' la revoca totale della autonomia, un ritorno al tempo precedente la riforma Ruberti del 1989.

4.- Uno schema che, invece, sia coerente con l'autonomia e funzioni è il seguente:
a) Il presupposto è che le università facciano i loro bilanci in base agli obiettivi e determinino la "retta scolastica", in base ai costi, come farebbe una scuola privata, salvo tener conto che l'università ha una rilevanza pubblica.
b) Lo Stato, come un normale consumatore, calcola a parte il costo standard nazionale, pagabile per studente, moltiplicato per il numero degli studenti. Il risultato del calcolo è il nuovo FFO offerto dallo Stato alle università;
c) Le università determinano, infine, i contributi studenteschi, ai fini del pareggio del bilancio, relativamente alla parte eventualmente non coperta dallo Stato.
e) siano previste deroghe per le università, site in aree depresse (ossia che ci sia per queste un supplemento di FFO, sia pur transitorio);
f)  siano fiscalmente deducibili i finanziamenti privati alle università;
g) sia introdotto il controllo della Corte dei Conti sui bilanci preventivi (su quelli consutivi c'è già, ma è tardivo).
i) in prima attuazione, e per alcuni anni, lo Stato garantisca alle università un FFO non inferiore a quello attribuito in base alla legge previgente.

Nota. In questo schema rimane irrisolto il problema importantissimo della sovvenzione degli studenti bisognosi e meritevoli, ex-art. 34 della Costituzione. Esso però va risolto. In teoria, esso può essere affrontato per due vie:
   1.- Lo Stato crea un apposito Fondo presso il Miur. ( In questo caso, il costo è carico di tutti i contribuenti);
   2.- Lo Stato vincola le Università a provvedere, come tuttora. (In questo caso, il costo è carico degli studenti paganti, nel senso che i contributi a loro carico aumentano). Questa via è, però, troppo restrittiva del "diritto allo studio" per tutti.


Dal Gruppo FLI - Futuro e Libertà

Ordine del giorno proposto
in  Aula alla Camera

La Camera,
premesso che il Disegno di Legge 3687, recante norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario, mira a riformare l'Università italiana attraverso interventi diretti a modificarne gli assetti di governance e di gestione finanziaria. Anche a seguito dell'iter di Commissione, che ha prodotto un positivo confronto tra le diverse sensibilità e posizioni politiche, molti aspetti della riforma che suscitano maggiore apprensione tra le categorie direttamente interessate, risultano invariati. Soprattutto in riferimento alle esigenze di ricerca e al suo reale e complessivo potenziamento, ai rischi di acutizzare il precariato tra il personale docente e il ridimensionamento dell'autonomia degli Atenei.

Impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare, al fine di raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla Riforma, misure idonee nell'ambito di quelle già in corso di approvazione, per ridurre serie ricadute negative per tutto il sistema universitario.   F.to Claudio Barbaro

Emendamenti
al PDL C 3687

Art. 2, emendamento 2.85 (BARBARO, DI BIAGIO):
Al comma 1, lettera f), dopo le parole "una rappresentanza elettiva degli studenti", aggiungere: ", dei ricercatori a tempo indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari e del personale tecnico amministrativo". ( Queste categorie, escluse dal CdA, sono recuperate per il Senato Accademivo. - NdR.)

Art. 4, emendamento 4.15 (BARBARO, DALLA VEDOVA, DI BIAGIO):
Al comma 7, alla lettera a) aggiungere le seguenti parole:    “a partire dal 2012, tali versamenti sono deducibili dall’imposta sul reddito gravante sul donatore nella misura dell’80 per cento; agli oneri derivanti dalle disposizioni della presente lettera, pari a 50 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l’anno 2012, dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell’ambito del Programma “Fondi di riserva e speciali” della Missione “Fondi da Ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.(Accolto dalla Commissione. Sono defiscalizzati i finanziamenti privati alle universita' - NdR)

Art. 5, emendamento 5.10
(BARBARO, DALLA VEDOVA, DI BIAGIO)
Al comma 6, dopo la lettera f), aggiungere la seguente: "f-bis) abolizione del limite di cui all'articolo 5, comma 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, in materia di contribuzione studentesca, e previsione di meccanismi di esenzione e agevolazione in favore degli studenti meritevoli e bisognosi, secondo i principi dell'articolo 34 della Costituzione".(Le università divengono libere di fissare i contributi studenteschi. NdR)

Art. 8, emendamento 8.3
(BARBARO, DI BIAGIO):)
Al comma 3, lettera b), dopo le parole "trattamento iniziale" aggiungere le seguenti: 
" e sostituzione delle attuali tre progressioni di carriera rispettivamente: dei ricercatori tempo indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari, con progressione di carriera unica. Al docente in sede di inquadramento in fascia superiore è attribuito il livello di retribuzione immediatamente superiore a quello di provenienza".

 

Silvio. Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06, "Piano del Governo per un’intera legislatura

STRALCIO:

" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione, senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti, disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il compito del MURST allo stabilimento delle linee generali.

 

Documento intersindacale, 
Roma, 11 ottobre 2010

ADI, ADU, ANDU, CISAL, CISL-Università, CNRU, CNU,
FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB,
RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università, SUN,
UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR


Anche il testo del DDL approvato dalla Commissione Cultura della Camera non accoglie nessuna delle principali proposte di modifica avanzate dalle Organizzazioni universitarie e dal movimento di protesta che sta sempre più coinvolgendo tutto il mondo universitario (professori, ricercatori, precari, tecnico-amministrativi, studenti).

Al contrario, risulta confermata l’intenzione di scardinare il Sistema nazionale dell’Università pubblica, attraverso;

1.- la drastica riduzione delle risorse e l’ulteriore divaricazione fra pochi Atenei ‘eccellenti’ e tutti gli altri;
2.- la scarsa considerazione delle esigenze della ricerca;
3.- il ridimensionamento della già ridotta autonomia degli Atenei;
4.-  il drastico ridimensionamento dei docenti di ruolo, con la costituzione di una ‘base’ amplissima di precari, senza reali prospettive di accesso alla docenza;
5.- la messa ad esaurimento dei ricercatori, ai quali non si riconosce neppure il ruolo docente effettivamente svolto;
6.- lo svilimento della figura dell’associato;
7.- il ridimensionamento del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
8.-  lo snaturamento del diritto allo studio con la delega al Governo e l’introduzione del Fondo per il Merito che eroga prestiti e premi, sostituendo le borse, con criteri che non considerano le condizioni economiche degli studenti.

E’ sempre più evidente che si vuole abbandonare l’idea stessa di una Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.

Chiediamo al Governo e al Parlamento un atto di responsabilità: si sospenda l’iter del DDL e si apra finalmente un serio e ampio confronto con l’Università, evitando di interloquire esclusivamente con chi non la rappresenta e con chi ha l’interesse a monopolizzare la gestione delle risorse pubbliche destinate alla ricerca e all’alta formazione.

 

Riforma universitaria - Il discorso della Gelmini in Senato

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Ministro Gelmini



Il discorso integrale della Ministro

Anche i discorsi del sen. P. Amato (PDL)
e del sen. M. Baldassarri (FLI
)

 

Sotto: Nino Luciani,  La Ministra di Berlusconi
contro i professori  ...

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Paolo Amato

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Mario Baldassarri

  NOTA. La scelta del discorso della Gelmini mi è sembrata essenziale perchè ognuno di noi abbia il polso della situazione, tale e quale, senza interpretazioni.
 
Vi ho associato quelli del sen. Amato e del sen. Baldassarri, pur tra tanti che avrei potuto scegliere.
  a) Quella dell'on. Amato, intervenuto tra i primi, è perchè mi è sembrato emblematico del PDL, lanciato in anticipo, rispetto alla Ministra. Esso si riassume nel motivare il DDL con la necessità di porre un termine alla dilapidazione delle risorse pubbliche da parte dei professori universitari e di pagarli (d'ora in poi) solo in base ai risultati, dopo averli sottoposti a valutazione in base a risultati.
  b) Quella del sen. Balsassarri è perchè è un professore ordinario dell'unversità, emblematico di quei prof gran cassa e amanti di finire sui giornali, ma poco tempo per l'università. Professionalmente, conoscono i problemi economici, ma di quelli dell'università si occupano in fretta (pur dicendo anche cose vere: come sul numero delle sedi), e disgiuntamente da un quadro di riferimento, così da risultare dannosi alla causa.
  c) Per l'opposizione, non ho scelto nulla, in quanto i vari interventi mi sono sembrati laconicamente sulla ruota della "maggioranza", salvo su un punto espresso molto chiaramente: la contraddizione del DDL, tra il dire e il fare, vale dire tra la retta intenzione di premiare il merito e il "costo zero".
  d) Voglio segnalare il sen. Massimo Livi Bacci (prof. ordinario), persona di elevatissimo pensiero che si è spesa tenacemente per emendamenti costruttivi, pieno di fiducia nella capacità di intendere e di volere dell'Aula. E invece ... no. Forse doveva fare come l'asino saggio di Carducci: "Tutto quel chiasso (della vaporiera ansimante, N.d.R.) ei non degnò d'un guardo, e a brucar serio e lento seguitò". Massimo, uno scienziato non può andare in paradiso contro i "santi". NL

Riforma dell' Universita'

GELMINI, ministro dell'istruzione, della università e della ricerca.
SENATO, votazione finale, giovedi’ 29 luglio 2010.

1.-  Ho ascoltato con grande interesse il dibattito sulla riforma universitaria. Si è compiuta oggi, infatti, una tappa fondamentale del cammino avviato ormai quasi due anni fa con le linee-guida sull'università cui hanno fatto seguito analisi, dibattiti e approfondimenti commisurati alla importanza della materia e alla complessità del disegno di legge.   Si tratta infatti di un disegno di riforma organico che per la prima volta affronta il problema del reclutamento nel contesto di una riforma più generale dei meccanismi di governo, gestione e organizzazione degli atenei.
  La sua forza è proprio l'organicità. Per la prima volta da molti decenni il Governo e il Parlamento hanno l'occasione di offrire al nostro sistema universitario un modello compiuto e coerente, disegnato non in base a pregiudizi ideologici o ad irrealistiche fughe in avanti, ma basato su analisi ampiamente condivise dei problemi dell'università e maturato dalla consapevolezza che è venuto il momento di dare risposte concrete ai problemi annosi dell'accademia: penso al tema dell'autonomia, a come coniugarlo con la responsabilità, ad una programmazione adeguata, ad una politica vera di diritto allo studio, per citare solo alcuni temi.
  Lo ribadisco: cerchiamo di muovere il ragionamento su un tema così delicato, non da un'ottica squisitamente politica, ma sapendo che l'università è un bene di tutti e la sua organizzazione deve obbedire ad una logica il più possibile condivisa, anche per garantire una ragionevole continuità nel tempo delle disposizioni normative.
   Diamo allora seguito all'invito del presidente Napolitano, che ringrazio ancora una volta per la costante attenzione che dedica al mondo dell'università e della ricerca. Come è stato ricordato poc'anzi dal senatore Rutelli, nel discorso tenuto a Trieste il 13 luglio il Presidente ha adoperato parole importanti. Ha detto: «Ci sono alcuni problemi, ci sono alcune scelte che esigono condivisione, perché sono scelte non di breve ma di medio e lungo periodo, che non possono essere disfatte solo che cambi il colore di un'amministrazione o di un Governo». Questo credo sia lo spirito con il quale dobbiamo affrontare oggi la discussione.

2.- La 7a Commissione ha svolto un grandissimo lavoro e in tal senso voglio ringraziare il presidente Possa, il relatore, senatore Valditara, e tutti i componenti della Commissione, che hanno partecipato ai lavori con grande impegno e riservando a questo tema il peso che merita.
  Da parte mia ho valutato con attenzione gli emendamenti presentati e intendo esprimere un parere favorevole su tutti quelli che siano in grado di contribuire a rafforzare l'impianto riformista e meritocratico del provvedimento. Il nostro sistema universitario vive - non certo per la prima volta - una fase difficile.
  L'analisi dalla quale sono partite le linee guida e le proposte del Governo non lascia molto spazio all'ottimismo.
  Abbiamo di fronte un sistema che, in molti casi, sembra aver perso la bussola, aver scambiato l'autonomia per licenza; un sistema che troppo spesso ha pensato a sé stesso e non alle esigenze dell'Italia.
   Soprattutto, il prestigio e la considerazione del Paese verso il mondo universitario sembrano, almeno in parte, offuscati. Troppo spesso le università occupano le pagine dei giornali più per gli scandali che per le scoperte, mettendo a rischio la legittimazione stessa di istituzioni che dovrebbero piuttosto essere prese a modello.
   L'amarezza di queste riflessioni è accentuata, non temperata, dalla constatazione che nei nostri atenei, giorno dopo giorno, operano con impegno e con ottimi risultati molti professori e ricercatori di alto valore, sinceramente dedicati al progresso della scienza e al bene comune, e studenti che desiderano acquisire nuove competenze e strumenti per il loro futuro. È soprattutto a queste persone che abbiamo il dovere di garantire un futuro all'altezza delle loro aspettative.
   Ed è proprio pensando a loro che dobbiamo cogliere questa opportunità di intervenire con decisione sui problemi dell'università, senza cercare di nasconderne o sminuirne la portata, ma avanzando soluzioni innovative e, se serve, drastiche.

  3.- Vorrei anche sviluppare il tema dell'autonomia nonché cercare di rispondere ad una critica che viene mossa spesso ad questo disegno di legge, cioè l'accusa di essere dirigista. È certamente un'accusa facile, ma a mio modo di vedere ingiusta, perché le nostre università - non possiamo dimenticarlo - sono enti pubblici gestiti sulla base delle leggi in materia. Tutto va normato per legge: strutture di governo, diritti e doveri dei professori, meccanismi concorsuali, diritto allo studio, norme contabili. In questo contesto abbiamo compiuto ogni sforzo per snellire, semplificare e delegificare, anche grazie al contributo della 7a Commissione, che voglio ancora ringraziare. Oltre non è possibile andare e, in effetti, mi sembra che anche alcune proposte dell'opposizione si muovano all'interno dello stesso perimetro concettuale.
   Certo, personalmente sogno un futuro in cui la forza della valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni consentano di abbandonare molte delle regole che oggi riscriviamo. Me lo auguro, ma non credo di peccare di pessimismo se affermo che i tempi per questa rivoluzione oggi non sono ancora maturi.
   Nel frattempo, invito gli onorevoli senatori a considerare con particolare attenzione le norme che già si spingono in quella direzione: penso alla possibilità che gli atenei virtuosi sperimentino proprie modalità di organizzazione e di gestione; alla facoltà data agli atenei medi e piccoli di semplificare ulteriormente la struttura interna, una norma che riguarda oltre la metà di tutte le istituzioni universitarie; alla eliminazione di macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di concorso e alla completa libertà data agli atenei di regolare come meglio credono le procedure interne di chiamata, di selezione e di promozione.

  4.- Intendo ora sviluppare alcune considerazioni più dettagliate su due punti che forse sono i più delicati della riforma: mi riferisco alla posizione dei ricercatori e alle questioni legate al finanziamento del sistema. Sono consapevole della situazione di disagio in cui versano gli attuali ricercatori di ruolo, che non a torto lamentano un ritardo trentennale della politica nel definire chiaramente la loro funzione e i loro compiti.
  La figura del ricercatore nacque nel 1980 senza che venissero definiti con la necessaria chiarezza le sue funzioni e il suo stato giuridico. Gli interventi successivi non hanno fatto che complicare questo quadro, già di per sé incerto.
  Oggi, cinque anni dopo che il ruolo è stato dichiarato ad esaurimento, anche se a decorrere dal 2013, occorre prendere atto con realismo e onestà intellettuale che le soluzioni possibili sono due e soltanto due. Possiamo proporre:
  a) una qualche forma di ope legis, esplicita o mascherata, generosa o a costo zero, ma insomma un meccanismo che prescinda dalle normali regole di avanzamento in carriera. Si tratterebbe della riedizione di vecchie pratiche discreditate che hanno provocato guasti duraturi nel nostro sistema universitario e per le quali non si sente davvero alcuna nostalgia: non è infatti con altri provvedimenti errati o antimeritocratici che si può rimediare agli errori commessi in passato.
   b) Prendo atto con sincera soddisfazione e ammirazione che a non spingere in questa direzione è stata prima di tutto proprio la gran parte dei ricercatori, i quali chiedono di essere valutati singolarmente per i propri meriti e di non venire accomunati in un provvedimento collettivo che di fatto ne svilirebbe il profilo scientifico. Con altrettanta soddisfazione rilevo che nel suo complesso il Senato non pare intenzionato a proporre soluzioni di questo tipo.
   La seconda opzione è la più difficile, ma anche, ne sono convinta, la più onesta dal punto di vista scientifico e politico.

  5.-  Il disegno di legge introduce per la prima volta nel nostro Paese una chiara distinzione tra reclutamento e promozione. Per diventare associati o ordinari si deve conseguire un'abilitazione scientifica nazionale che consente di partecipare a rapide procedure di selezione bandite da ciascuna sede. Questa è, a mio modo di vedere, la via maestra che, anche a regime, regolerà un momento fondamentale nella vita degli studiosi.
  Si tratta di un meccanismo molto simile a quello francese, vicino anche a quello in uso nei sistemi anglosassoni, dove l'abilitazione non viene assegnata da una Commissione nazionale ma coincide di fatto con l'esito positivo di una consultazione di esperti esterni all'ateneo che garantiscono appunto l'idoneità dei candidati a monte della decisione locale.
   Su questo schema di fondo, ampiamente condiviso, abbiamo innestato specifiche previsioni per consentire che nei prossimi anni si possa dare un risposta concreta alle aspettative dei molti ricercatori che attendono di vedere riconosciuti i propri meriti.
   Prevediamo quindi che nei primi sei anni gli atenei possano chiamare a un ruolo superiore gli studiosi già in ruolo nell'ateneo stesso, con procedure particolarmente rapide e snelle, fino alla metà dei posti disponibili, sempre però a valle dell'abilitazione nazionale.
   A tal fine intendiamo operare per assicurare che nei prossimi anni una quota specifica del Fondo di finanziamento ordinario che dovrà essere integrato - sia destinata a cofinanziare un flusso regolare di concorsi, soprattutto da professore associato.
  Ai ricercatori, in modo particolare a quelli più giovani, chiedo quindi di valutare con serenità e realismo la proposta contenuta nel disegno di legge, quella di un percorso concreto per rimettere in moto un sistema ingessato.  Faccio appello al loro senso di responsabilità per evitare che la protesta, sempre legittima, non si traduca in un grave danno per gli studenti. Dobbiamo renderci conto tutti che non esistono soluzioni miracolistiche, ma solo sforzi tenaci e inevitabilmente graduali per raddrizzare le storture che si sono sedimentate negli anni.

6.- Per quanto riguarda il tema dei fondi, so bene che questo meccanismo funziona se ci sono le risorse per bandire iconcorsi e, in generale, se il Fondo di finanziamento ordinario si mantiene a livelli più o meno costanti. Pertanto, occorrerà. Pertanto, occorrerà un impegno di tutto il Governo, così come è stato ribadito in sede di approvazione della manovra finanziaria nel Consiglio dei ministri. Da quando ho assunto la responsabilità del mio Dicastero mi sono battuta senza sosta perché, pur in un quadro molto serio di riduzione della spesa pubblica, il settore universitario venisse toccato il meno possibile. È doveroso ricordare che il Fondo di  finanziamento ordinario per il 2009 è stato superiore dell'1 per cento a quello del 2008, nonostante il deteriorarsi del quadro macroeconomico.  Con la legge n. 1 del 2009 abbiamo recuperato per il periodo 2009-2012 oltre 300 milioni di euro per il turnover, 135 milioni per il diritto allo studio e 65 milioni  per gli alloggi e le residenze universitarie.

Nino LUCIANI, La Ministra di Berlusconi contro
        i professori
... ma senza la coscienza:
1)
della scelta implicita del Governo, che è di arretrare rispetto al diritto allo studio per tutti, a favore di altre scelte. Infatti la spesa pubblica totale è aumentata;
 2) del fatto che i vari blocchi del turnover hanno già distrutto parte del lavoro scientifico, per mancata trasmissione del sapere dai maestri (andati in pensione) agli allievi (che non ci sono stati);
3) delle origini del dissesto finanziario: a) legge sui "megatenei" e su numero delle sedi; b) DM 509 per riforma delle lauree (3+2); c) la legge 210/1998 sui concorsi.

  1.- SULLE RESPONSABILITA' DEI PROFESSORI
a) Per il numero delle sedi.
In premessa direi che un Ministro, che si rispetta, distingue tra fase di decisione e fase di applicazione delle leggi. Sì, perchè i professori hanno applicato leggi dello Stato. E allora si cominci da qui. Erano leggi che avevano scelto di allargare il diritto allo studio a fasce di popolazione, prima escluse. E dunque, abolendo questa normativa, si va all'incontrario.
   La Ministra non ha mostrato di averne coscienza e per questo il suo conto non tornava, pur se forzatamente tutto addebitato ai professori.
  Legge sui mega-Atenei. La spiegazione della proliferazione delle sedi (troppe, anche per me) è nella legge 662/1996, art. 1, c. 90 e 91, che dispone:
- "Il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica e' autorizzato a provvedere, nel termine di cinque anni, con propri decreti da adottare, anche in deroga alle norme di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 245, alla graduale separazione organica delle universita', anche preceduta da suddivisioni delle facolta' o corsi di laurea, secondo modalita' concordate con gli Atenei interessati, laddove sia superato il numero di studenti e docenti che verra' determinato sede per sede, con apposito decreto ministeriale, previo parere dell'osservatorio per la valutazione del sistema universitario.
  - "I provvedimenti ministeriali saranno adottati anche tenendo conto delle specifiche situazioni ed esigenze delle aree metropolitane maggiormente congestionate."
 
Direi che non ci sia nulla da aggiungere, circa le responsabilità primarie della decisione di proliferazione delle sedi, salvo il ricordare la spinta delle Regioni e degli enti locali nel determinare una interpretazione estensiva della legge, fino a mettere quattrini propri sul piatto.
  Preciso anche che un elemento determinante i costi, ma in senso riduttivo, è stato il costo di trasporto e alloggio per gli studenti. Se decentri una sede, hai un costo aggiuntivo per la nuova sede, ma hai minori costi di trasporto pubblico e alloggi, per gli studenti locali.
  Su questo la Ministra ha semplicemente sorvolato !

  b) Decreto Ministeriale n. 509/1999 . Per il numero delle lauree e degli insegnamenti, il DM ha disposto lo sdoppiamento delle lauree in due fasi (3 anni+2anni), e questo per dare agli studenti la possibilità di un titolo di studio dopo i primi tre anni, dati i numerosi abbandoni degli studi troppo prolungati. Ed esso era reinterpretativo di leggi, come la 341/1990, che disponeva tutt'altro.
  Il DM dava un elenco di criteri per la sua applicazione, ma non un criterio unico di base, da valere in modo uniforme nel territorio nazionale. Questa è stata l'origine della babele delle lingue.
  Va, poi, messa in conto la difficoltà di seguire un preciso modello, senza una preventiva sperimentazione. Infatti:
a) nell'impostare una laurea di durata triennale, il primo nodo da sciogliere era come associare (in soli tre anni) materie di base a materie di applicazione. Questa, in molti casi, è risultata la quadratura del cerchio: impossibile.
  Ma si è andati avanti lo stesso, lo voleva il DM ...
  Questo spiega perchè queste lauree sono nate male, e sono tuttora in grande discredito presso le imprese;
 b) molti insegnamenti sono stati suddivisi, perchè alcune parti si prestavano alla laurea di I livello, mentre le parti di approfondimento era adatte alla laurea di II livello.
   Qui, molte soluzioni (circa la composizione complessiva della laurea) erano insoddisfacenti sotto profili diversi, e questo finiva col mettere i professori uno contro l'altro.
   Mettiamoci dentro anche gli interessi corporativi dei prof.
   Il risultato finale è stato fare più corsi di laurea simili, di cui l'uno a misura di certe scuole di pensiero e l'altro su misura di altre scuole di pensiero.
  Osservo, infine, che le recenti correzioni del DM 509 (che hanno posto dei limiti al numero delle lauree e al numero degli esami per corso di laurea) non hanno risolto nulla, circa la validità delle lauree triennali: erano lauree minus in origine, e lauree minus restano.
   Su questo fattore qualità così essenziale, la Ministra ha sorvolato completamente.

2.- SULLE SOLUZIONI
a) Per il numero dei professori e per le retribuzioni.
L'aumento del numero dei professori è stato conseguenziale all'aumento del numero degli studenti e delle sedi e degli insegnamenti sdoppiati.
  Ma è stato anche conseguenziale che, a parità di Fondo di Finanziamento Ordinario (anzi in diminuzione, in moneta a potere di acquisto costante), il quoziente (ossia la retribuzione individuale) è calato. Diciamo anzi che oggi un professore universitario è molto giù nella retribuzione, in confronto ai magistrati e ai dirigenti dello Stato. Così, dopo la beffa (essere spendaccioni !), anche l'inganno (essere meno pagati ! ).
   Non è finita: il grande precariato della università italiana, sottopagato, è la chiave per spiegare come si sia potuto far fronte alla esplosione delle esigenze di insegnamenti. Altrimenti, le sedi decentrate non potevano essere avviate.
  Turnover.  C'è, poi, che dai tempi della Moratti, è in atto il freno o addirittura il blocco del turnover, e questo è il bis rispetto ad altro blocco non meno pesante nel 1980-98, in cui furono svolti solo 3 dei 9 concorsi programmati.
  La Ministra ha detto che nel 1999-2009 i prof sono aumentati del 24% (contro l'aumento del 7% degli studenti), ma non ha detto che nel 1982-1998 ci sono stati poche assunzioni e che in quel periodo gli studenti sono passati da 1.090.000 (1982) a 1.950.000 (1997). Vegga il DPEF-Decreto di Programmazione Economica e Finanziaria del Governo, luglio 2009, a pag.37 dell'Allegato.
   Questi blocchi hanno già determinano danni gravi alla università: per discontinuità: una parte del sapere non è trasmesso dai maestri (verso o in pensione) ai successori), e dunque va perduto per sempre.  
  I professori sono troppi ? Stando al citato DPEF, pag. 37 (che riprende da OCSE, At a glance, 2007), in Italia il rapporto tra studenti e professori è 21,4 (contro 15,8 Paesi OCSE). Anzi, in base ai dati del Miur, Ufficio di statistica, il detto rapporto è attualmente 27,31.
   La Ministra non ha detto un numero, però lasciando intendere che i prof sono troppi... .
  
Per stare al DPEF, se vale lo standard OCSE, i prof dovrebbero essere 105.000, anzichè 60.882 di adesso.
   Ma allora, la Ministra di cosa sta parlando ?

  b) Per il reclutamento. La Ministra ha detto che il DDL "elimina le macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di concorso" e dà "la completa libertà data agli atenei di regolare come meglio credono le procedure interne di chiamata, di selezione e di promozione".
  OK. Il sistema delle votazioni per fare le commissioni di concorso, di cui alla legge 210/1998, era macchinoso ma  per il Miur, non per le corporazioni dei prof. Tant'è che le commissioni risultavano, di fatto, su misura dell'Ateneo banditore (meglio dire del "membro interno") e i relativi risultati concorsuali erano il motivo del generale scandalo (quelli a cui la Ministra si riferisce nel suo discorso).
  Ma se è così, perchè dare "agli Atenei la completa libertà di scelta ?"  Direi che, in questo modo, il localismo non avrà limiti, anzi nemmeno si preoccuperà del pudore di fare delle votazioni, che sia sane almeno in apparenza.
  Per favore, il sorteggio è imprescindibile !

c) Per la valutazione delle università.
La Ministra ha detto che "sfida chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano nettamente migliorate rispetto a dieci anni fa".
   Un Ministro che si rispetta (e che non è un professore universitario, ossia un tecnico del campo), prima, incarica una Commissione di esperti, e poi parla facendone propri i risultati. Dirò anzi che solo qualche giorno dopo (1 agosto 2010), il Messaggero di Roma (pag. 9) titolerà di "Ricerca, il miracolo italiano: pochi soldi e i migliori scienziati" nel mondo (secondo posto per qualità e quantità di pubblicazioni; sesto posto per citazioni delle pubblicazioni). 
  La Ministra ha detto che la sua grande rivoluzione sarà il finanziamento centralizzato delle università in base a valutazione, secondo i risultati.
  La verità è che questi parametri sono costruiti su statistiche (anche vecchie di anni), e le statistiche non sono interpretabili univocamente. Anche prendendoli per buoni, non sono idonei a incentivare l'efficienza.
  Diciamo chiaramente che sono anche discriminatori tra le diverse università, perchè le situazioni locali sono diverse, pur se con le stesse voci. Circa questi parametri per l'Università, in dettaglio, clicca su Indicatori.
  Più in generale, da anni sono stati studiati (e applicati) parametri per misurare l'efficienza della PA (Pubblica Amministrazione), e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. 
  Il motivo è che nella P.A non esistono "risultati" in qualche modo paragonabili ai profitti e perdite di una azienda per cui (anche se buoni, in casi eccezionali), non si riesce a collegarli con qualcuno che guadagni o perda (di tasca propria) facendoli osservare.
   Nella storia, il caso estremo è stato quello del sistema economico dei Paesi ex-URSS, fallito perchè guidato da parametri statistici. Lo stesso stava capitando ai cinesi, se non viravano verso il "socialismo di mercato", vale dire il settore pubblico guidato dai prezzi di mercato, per i beni e servizi a prestazione individuale.
   Nella PA, la sola possibilità di inventare qualcosa, che somigli al mercato, riguarda i servizi pubblici a prestazione individuale: la scuola rientra in queste possibilità. Basti pensare alle scuole private.

  c) Per il sistema finanziario. Meglio decentrare le responsabilità finanziarie del pareggio del bilancio, e se sbagli, vai a picco. In cerca di un sistema finanziario premiante l'efficienza (ma non basato su parametri), l'alternativa è valorizzare il fatto che l'insegnamento è un servizio a prestazione individuale.
  Però, a differenza della scuola privata, va tenuto conto che la scuola pubblica è, in parte, nell'interesse individuale e, in parte prevalente, nell'interesse pubblico.
  Partendo da qui va, prima, calcolato un costo standard per studente e, poi, deciso quanto coprirnea carico dello Stato. Il residuo per pareggiare il bilancio sarà a carico individuale e fissato liberamente dalle Università.
   Non è finita. In questo sistema, già lo Stato va molto incontro ai bisognosi (ad es. pagando il 70-80% del costo standard per studente). Ma restano fuori gli studenti meritevoli, più poveri o nullatenenti (art. 34 costituzione). Per questi ci dovrà essere un fondo aggiuntivo, sul bilancio dello Stato.
 
NINO LUCIANI

Sono riuscita a far fronte alla promessa fatta dal mio predecessore e a finanziare, per 40 milioni di euro nel 2008 e 80 nel 2009, nuovi posti da ricercatore, anche se, sia chiaro, ho dovuto trovare ex novo quei fondi.
   Per il 2010 il taglio previsto originariamente era di 672 milioni di euro; quel taglio si è ridotto a meno della metà grazie ai 400 milioni di euro recuperati in finanziaria. Il Fondo di finanziamento ordinario per il 2010 sconta quindi una riduzione di circa il 3,7 per cento: riduzione dolorosa, certo, ma oggettivamente sopportabile. Anche quest'anno, nonostante la riduzione, distribuiremo poco più del 7 per cento dei fondi sulla base di un modello valutativo.
   Come Ministro dell'università sono naturalmente la prima a volere e a chiedere con forza fondi e investimenti. Ho però anche il dovere e, consentitemelo, lo abbiamo tutti, di guardare in faccia la realtà. Le cifre del dissesto sono impressionanti.
   Ora che abbiamo imposto maggiore trasparenza e serietà nella redazione dei bilanci stanno emergendo sofferenze troppo a lungo sottaciute che rivelano anni di diffusa irresponsabilità, di spese facili, di assunzioni fuori controllo, di promozioni senza copertura, di gestioni mirate ad acquisire il consenso dimenticando responsabilità e qualità. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo).
   Dal 1999 al 2009 gli studenti sono cresciuti del 7 per cento, ma il corpo docente è cresciuto del 24 per cento, passando da 50.700 unità di ruolo a 62.700. Solo il costo di questi 12.000 nuovi docenti pesa per oltre un miliardo su un Fondo di finanziamento ordinario di 7,5 miliardi.
   Nello stesso decennio, poi, il numero dei professori ordinari è cresciuto del 46 per cento, con punte del 70-80 per cento di crescita in alcune aree disciplinari.
   Molte università hanno dato corso alle chiamate ad un ruolo superiore ignorando intenzionalmente i maggiori costi che si verificano dopo il triennio di conferma, costi certi e ineludibili. Nel complesso quindi il costo degli stipendi è lievitato da 4,5 a 6,8 miliardi, con un aumento di 2,3 miliardi, il 51 per cento in più rispetto a dieci anni fa.
   Oggi spendiamo in stipendi il 90 per cento: di tutte le risorse che il contribuente mette a disposizione del sistema universitario.
   Nel periodo 2001-2009 il Fondo di finanziamento ordinario è complessivamente cresciuto del 15,7 per cento; nessun taglio, quindi, ma un aumento - lo ribadisco - del 15,7 per cento. Sarebbe stato logico attendersi che, a fronte di questa crescita, le università riuscissero ad allontanarsi gradualmente dalla soglia del 90 per cento di spese per il personale rispetto al Fondo di finanziamento ordinario: un parametro minimale di sostenibilità che il legislatore ha indicato fin dal lontano 1997.
   Ebbene, è successo esattamente il contrario: più il Fondo di finanziamento ordinario statale cresceva, più cresceva l'incidenza degli stipendi su di esso. Oggi ben 36 università hanno sforato quel tetto al lordo dei correttivi prorogati di anno in anno e 7 università superano quel parametro anche tenendo conto degli stessi correttivi. In altre parole questo significa che non solo tutto il Fondo di finanziamento ordinario se ne va in stipendi, ma che anche una parte delle risorse proprie dell'ateneo - frutto della contribuzione studentesca, dei fondi di ricerca, dei contratti esterni - viene requisita per far fronte a tali spese.
  
   7.- Potrei aggiungere altre cifre, che però certamente conoscete: la proliferazione delle sedi e dei corsi; l'aumento del numero di insegnamenti e di contratti di docenza; il numero abnorme di corsi di dottorato di ricerca, che in Italia contano in media 5,6 studenti per ciascun ciclo triennale, il che vuol dire meno di due studenti per anno, e sparsi dovunque, anche in sedi dove non è onestamente concepibile poter offrire formazione a livello dottorale.
   Non posso però fare a meno di aggiungere almeno un altro dato. Nel suo primo Documento di programmazione economico-finanziaria l'allora ministro del tesoro Padoa-Schioppa ebbe a scrivere parole lungimiranti: il sistema universitario non poteva aspettarsi nuove risorse, ma doveva imparare a spendere meglio quelle che già riceveva: parole che condivido in pieno. Era la primavera del 2006, tempi di vacche grasse, non di recessione. Eppure, per il terzo anno della programmazione triennale, il 2008, il Governo di allora aveva previsto una riduzione del Fondo di finanziamento ordinario di 260 milioni. Poi Padoa-Schioppa e l'allora ministro dell'università Mussi si accordarono per immettere nel sistema risorse fresche (si trattava di una cifra importante: 550 milioni per ciascun anno del triennio 2008-2009-2010), legate a specifici obiettivi di qualità.
   Tanto preoccupato era il Tesoro su come sarebbero stati spesi quei denari da imporre la firma congiunta al decreto annuale di ripartizione. Non aveva torto. Oggi la maggior parte di quel Fondo - ben 468 milioni su 550, vale a dire l'85 per cento della somma - è assorbita dalla crescita stipendiale automatica del personale universitario, cosicché per le misure volte a rafforzare la qualità sono rimaste appena le briciole.
  
  8.- Dietro tutti questi fenomeni si annidano due pericolose mistificazioni: l'illusione, o per meglio dire la presunzione, che per le istituzioni accademiche la sostenibilità economica non sia un requisito necessario e la strana idea che il numero dei docenti e la loro distribuzione geografica e disciplinare debbano essere parametrati sulle aspirazioni dei docenti stessi o di chi aspira a diventarlo, non sulle effettive esigenze e possibilità del sistema nazionale.
   Non è così, e non può e non deve essere così. L'università è un servizio pubblico largamente finanziato dal contribuente, e al contribuente deve rendere conto delle proprie scelte. Anzi, la solidità finanziaria è garanzia primaria di indipendenza: chi ha bisogno di prestiti, di piani di rientro, di contributi eccezionali, di salvataggi in extremis, rischia inevitabilmente di contrarre obbligazioni che minano il bene più prezioso per un ateneo: la sua autonomia. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo).
   Questa esplosione dei costi sarebbe in teoria anche accettabile - il che non vuol comunque dire sostenibile - se fosse stata accompagnata da un deciso e riconosciuto innalzamento della qualità media delle nostre università.
   Sono la prima a riconoscere, come dicevo, i meriti dei nostri atenei, che non sono pochi, ma sfido chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano nettamente migliorate rispetto a dieci anni fa.

  9.- Di fronte a questa situazione, onorevoli senatori, è necessaria un'assunzione di responsabilità collettiva: è quella che abbiamo oggi di fronte nel momento in cui dobbiamo esaminare e approvare questo disegno di legge.
  Il disegno di legge è indispensabile se vogliamo dare un contributo concreto ad un processo di risanamento di cui già si intravedevano i primi segni. Nei due anni che ci separano dalle linee guida, le nostre università non sono state ferme. Pur in un contesto non facile, hanno continuato a svolgere la loro insostituibile missione di insegnamento e di ricerca e soprattutto hanno avviato importanti azioni di riforma: hanno messo mano alla governance, accorpato i dipartimenti, eliminato corsi di laurea superflui, chiuso sedi decentrate insostenibili.
  Il Ministero, per parte sua, ha riunito molte scuole di specializzazione medica, al fine di raggiungere una massa critica soddisfacente, condizione essenziale di qualità.
   L'ANVUR (Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca) avrà dopo l'estate il suo primo consiglio direttivo.
  Il nuovo regolamento sui dottorati di ricerca verrà discusso in Consiglio dei ministri subito dopo l'esame e - mi auguro - l'approvazione della riforma.
   Sto per inviare al Consiglio universitario nazionale (CUN) e alla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per i pareri di competenza il cosiddetto decreto n. 160, che segnala l'esigenza di attivare corsi solo in presenza di un numero adeguato di docenti e di chiudere i corsi con troppo pochi studenti.
   Tutte queste misure di razionalizzazione - mi preme ribadirlo - non servono solo per evitare sprechi ingiustificabili, ma prima di tutto per ragioni di serietà accademica. Tutte le patologie gestionali ed economiche ampiamente note e lamentate corrispondono infatti ad altrettanti cedimenti sul piano della qualità scientifica e didattica, che abbiamo il dovere inderogabile di garantire ai nostri studenti. Ma al di là di ogni misura tecnica e amministrativa, dobbiamo essere consapevoli che solo una vera riforma del nostro sistema universitario può consentirci di raggiungere nuovi traguardi.
 
  10.- Il vero rischio che corriamo oggi è di far pagare gli errori del passato a chi non ne ha colpa: ai ricercatori e agli associati che non hanno sfruttato le promozioni facili degli anni scorsi e si trovano oggi di fronte a piramidi rovesciate difficili da scalare; ai dottorandi e agli assegnisti che vorrebbero portare nel sistema le loro competenze e il loro entusiasmo e trovano l'ingresso sbarrato; agli studenti, i più danneggiati dallo scadimento della qualità di alcuni corsi.
   Questo è un rischio che non intendo correre, come - ne sono convinta - non lo vuole nessuno di voi. Per evitarlo dobbiamo proporre soluzioni realistiche e serie, non illusioni. Pensare che il Fondo di finanziamento ordinario e l'organico possano crescere senza fine, come se fossero variabili indipendenti, è insieme una follia e un inganno, a cui dobbiamo reagire mettendo al centro del nuovo sistema la valutazione del merito dei singoli, in un quadro di doverosa sostenibilità economica, rispetto alla quale - ripeto - il Governo ha assunto un impegno.

  11.- Onorevoli senatori, abbiamo di fronte a noi tempi non facili e sfide complesse, ma possiamo farcela se ci impegniamo in un nuovo «Patto nazionale per l'università», che propongo a questa Assemblea.
     Per i docenti dobbiamo creare un sistema che non proceda a fughe in avanti nel reclutamento seguite da lunghe carestie, ma sappia dosare le sue risorse in modo da garantire possibilità di accesso e di crescita regolari nel tempo, con cadenze certe e prevedibili.
   Per gli studenti dobbiamo insistere sulla necessità di offrire corsi di livello elevato nei contenuti e nelle modalità di erogazione, anche scoraggiando l'inseguimento di lauree magari facili, ma deboli sul piano scientifico e inutili per trovare un lavoro.
   Per il Paese, soprattutto, dobbiamo costruire un'università che goda pienamente della fiducia di tutti, cui sia riconosciuto fino in fondo il suo ruolo - unico ed insostituibile - di luogo primario della ricerca e di motore dello sviluppo sociale, economico e tecnologico.
    Per tutti questi motivi, mi auguro che sia ancora possibile un accordo tra maggioranza ed opposizione su alcuni punti qualificanti: penso alla presenza di prestigiosi esponenti della società civile nei consigli di amministrazione; al ruolo centrale affidato ai dipartimenti; alla revisione delle norme su tempo pieno e definito; alla centralità della valutazione per allocare le risorse; all'accorpamento dei settori scientifico-disciplinari; all'abilitazione scientifica nazionale a numero aperto; alla distinzione tra reclutamento e promozione, accompagnata nel transitorio da norme specifiche per agevolare la chiamata dei ricercatori di ruolo; alla limitazione nell'uso dei contratti di insegnamento per evitare che diventino fonte di precariato; alla struttura stessa dei nuovi ricercatori (tenure track). Sono tutti temi importanti ed ineludibili, se crediamo veramente nelle grandi potenzialità del sistema universitario.
   Restano alcune differenze ma, francamente, non tali e non tante da far comprendere un atteggiamento ostile al disegno di legge nel suo complesso. Né mi sento di condividere una posizione negativa sul disegno di legge motivata esclusivamente o principalmente dalla mancanza di fondi.
    È vero e l'ho detto: i fondi sono e restano un problema che dobbiamo risolvere, ma questo significa forse che dobbiamo rinunciare a qualunque idea di riforma? Siccome non ci sono garanzie sui fondi è meglio tenere bloccato, anche a livello normativo, il reclutamento, continuando ad essere l'unico Paese al mondo in cui non esiste un modo per diventare professori di università? È meglio tenerci le mille forme di precariato non regolato che affliggono i nostri giovani? Rinunciare a nuove regole chiare e trasparenti sulla valutazione?
   Di risorse aggiuntive ne abbiamo avute in quantità nello scorso decennio, grazie a Governi di centrodestra e di centrosinistra: è sotto gli occhi di tutti che il loro impatto non è stato positivo perché non è stato accompagnato dalle riforme necessarie. Tuttavia vi chiedo: se le riforme non si fanno né quando le risorse aumentano né quando le risorse diminuiscono, allora, onorevoli senatori, quando si possono fare? Esiste in questo Paese un tempo per le riforme? La mia risposta è: oggi. Oggi abbiamo di fronte a noi un'occasione irripetibile ed è nostro dovere coglierla fino in fondo, senza tentennamenti!                                                                                       Mariastella Gelmini

 AMATO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il concetto di autonomia universitaria, così come perfezionato dal centrosinistra nel lontano 1999, è diventato ormai sinonimo di irresponsabilità. Irresponsabilità finanziaria e gestionale, a sua volta causa ed effetto di un'irresponsabilità accademica e persino didattica, com'è testimoniato dal costoso proliferare di corsi assurdi e inutili.
  Non c'è bisogno infatti di ricordare che in Italia - il Paese europeo con il più basso tasso di laureati nella fascia d'età tra i 25 e 34 anni - esistono organigrammi di facoltà che talvolta coincidono con alberi genealogici, atenei in cui la qualità della produzione scientifica di alcuni docenti è difficile da valutare in quanto assente, mentre gli studenti sono alle prese con insegnamenti di dubbia utilità formativa, proliferati per mere esigenze politiche se non addirittura familistiche.
  Di fronte ad una simile idea di autonomia - una autonomia senza responsabilità, l'autonomia dei bilanci in rosso e dei concorsi aggiustati - la riforma del ministro Gelmini risponde in maniera pragmatica ed incisiva ad almeno tre interrogativi che la politica ha il dovere di rivolgere al composito mondo dell'università italiana, e cioè: possiamo permetterci di continuare a finanziare un sistema senza valutare la qualità di ciò che produce? È pensabile che in tempi di crisi economica il nostro Paese moltiplichi scriteriatamente le sedi universitarie per soddisfare semplici interessi campanilistici? Infine, è giusto che i molti professori che fanno ricerca e didattica di alto livello vengano pagati quanto altri professori (non molti, ma comunque troppi) che non fanno nulla? Certamente no.
  Ed allora ben vengano le novità introdotte da questo provvedimento: dal sistema di valutazione dei risultati per poter allocare le risorse anche in base al merito e alla qualità della didattica al sorteggio delle commissioni di concorso; dall'incentivazione alla federazione di più università per razionalizzare la distribuzione delle sedi, al fondo per il merito, destinato a promuovere l'eccellenza fra gli studenti. E ben venga, infine, il potenziamento funzionale dell'Agenzia nazionale di valutazione dell'università che, con questo disegno di legge, mira a rivestire un ruolo cruciale nell'implementazione della riforma, sia presso il corpo docente che nei confronti degli studenti.
  Ad una proposta di riforma del sistema universitario, e prima ancora dell'istruzione pubblica, formulata dal ministro Gelmini e dalla stessa portata avanti con convinzione e coraggio in questi anni, certi suoi detrattori - prima i professori, poi gli studenti, ora i ricercatori - hanno sempre invariabilmente opposto la questione della riduzione delle risorse pubbliche quale elemento di scontro frontale, a prescindere da qualsiasi discorso sui contenuti. E l'opposizione, rifiutando il confronto in Commissione, ha purtroppo, a mio avviso, sposato in pieno questa linea: una linea che mira a rimandare e a strumentalizzare, piuttosto che ad affrontare la questione del rinnovamento dell'università. I tagli - che per il 2011 verranno peraltro in parte ripianati dal Governo -rappresentano infatti troppo spesso un alibi e le preoccupazioni sul futuro dei giovani e del Paese finiscono con l'essere fantasmi agitati per pura convenienza politica.
  L'università italiana ha bisogno di una rivoluzione etica, capace di generare gestioni economiche sostenibili e proposte formative che vadano oltre l'autoreferenzialità. Sarebbe infatti inutile e dannoso perpetrare o addirittura aumentare gli stanziamenti sic stantibus rebus. Che senso ha, infatti, fornire ulteriori risorse ad un'istituzione il cui corpo docente fa fatica a conquistare un accreditamento internazionale e dove gli studenti sono sempre meno preparati per affrontare il mondo del lavoro ad armi pari con i loro colleghi europei?
  Ebbene, se nelle facoltà si è passati in 8 anni da circa 2.500 corsi di laurea e di diploma ad oltre 5.500 corsi di primo e secondo livello (per non parlare delle borse di dottorato erogate in ambiti disciplinari senza alcun valore scientifico), dall'altra parte, quella dei fruitori, il 20 per cento degli studenti lascia dopo il primo anno, mentre solo il 50 per cento degli immatricolati completa il ciclo di studi. Tutto ciò è avvenuto in assenza e ben prima dei famigerati tagli di Tremonti!
  Di fronte a questo fallimento didattico le minoranze parlamentari dovrebbero cercare di spiegare le ragioni della loro opposizione al provvedimento.
  In quest'Aula il Partito Democratico ha recentemente accusato, a torto, la maggioranza e il Governo di aver dimenticato i giovani. Le novità introdotte dalla riforma dell'università proposta dal ministro Gelmini hanno però un valore simbolico altamente significativo: tali provvedimenti, integrati dai contributi provenienti dal dibattito in Commissione, che non tradiscono e piuttosto sottolineano il carattere riformatore del disegno di legge, indicano quantomeno una strada rispetto alla quale non si torna indietro e dalla quale ci auguriamo possano trarre vantaggio università virtuose, studenti e professori meritevoli.
  E allora, se vogliamo trovare il senso profondo di questo articolato provvedimento, lo rintracciamo forse nel convinto tentativo di riavvicinare finalmente l'università alla realtà.
  Le nuove generazioni, gli studenti che abbandonano prematuramente i corsi di laurea, e tutti quei laureati che non riescono a trovare un lavoro coerente al proprio investimento formativo chiedono all'università italiana una sola cosa: percorsi didattici spendibili nel mondo del lavoro. In altre parole, azzerare il distacco fra l'insegnamento universitario e la società reale.
  Lei, signora ministro Gelmini, ha meritevolmente seguito questa impostazione e nel farlo ha scelto di coinvolgere appieno il Parlamento, evitando lo strumento del decreto; ciò non toglie, tuttavia, che la materia non rechi elementi di urgenza e indifferibilità. In questo senso, desidero unirmi all'auspicio che il presente disegno di legge ottenga pronta approvazione nei due rami del Parlamento, trovando il voto favorevole di una maggioranza più ampia. Paolo Amato.

Intervento del senatore Baldassarri nella discussione generale del disegno di legge n. 1905 e connessi

  Grazie, signor Presidente, per consentirmi in quest'Aula di esprimere qualche riflessione derivante sia dal mio precedente mestiere di professore universitario che dall'attuale responsabilità politica di senatore della Repubblica.
  Parto da un ragionamento di un vecchio maestro che non ho mai dimenticato, che si chiamava Luigi Einaudi e che diceva sempre "conoscere per deliberare" e allora parto da un'analisi di conoscenza. Ricordando un vecchio articolo che nella primavera del 1969 scrissi da studente universitario su un giornale locale nelle Marche che si chiamava "Voce Adriatica" e che adesso si chiama "Corriere Adriatico", proponendo una linea strategica che venne sintetizzata nel titolo di quel pezzo (che ho ancora e che conservo come reliquia) "Portare gli studenti all'università, non portare l'università agli studenti". Quindi già allora, a partire dai lontani anni sessanta, si vedeva questa strategia, a mio parere deleteria e perversa, sul piano dei costi e sul piano della qualità, che è quella della diffusione sotto il portone di casa, possibilmente tra il tabaccaio e il salumiere di famiglia, di istituire una sede universitaria. Questo vezzo è dilagato negli ultimi 10-15 anni. Nelle quattro sedi universitarie in cui ho avuto l'onore di svolgere il mio lavoro di docente - Torino, Milano-Cattolica, Bologna e Roma - ho sempre tentato, con pochi altri colleghi, di contrastare questa tendenza.
  Per non farla lunga, la situazione attuale, che a me risulta dai dati ufficiali, è che abbiamo in Italia circa 330 sedi universitarie, che diviso per 107 province fa circa tre sedi universitarie per ogni provincia. Allora, dai dati che ho a disposizione ma che potranno sempre essere verificati e indagati, sempre per non annoiarvi cito soltanto alcuni casi estremi che gridano scandalo e vendetta e, per non far torto a nessuno, ho inserito anche alcuni casi del mio territorio di origine, quindi non voglio proteggere nessuno, ma in molte di queste sedi universitarie le immatricolazioni sono al di sotto dei 50 studenti: Ala, 46 studenti per quattro corsi di laurea; Sant'Angelo dei Lombardi, Torrevecchia Teatina, Bressanone, tre corsi di laurea zero studenti; Busto Arsizio, Mosciano Sant'Angelo, Bosisio Parini, Figline Valdarno, Iesi, Matelica, Pietra Ligure, Faenza, Città di Castello, Voghera, Sesto San Giovanni, Ariccia, 18 immatricolazioni per due corsi di laurea; Fano, San Giovanni Rotondo, 17 immatricolazioni per due corsi di laurea; Venaria Reale, 3 immatricolazioni per un corso di laurea, iscritti totali 17; Verres, zero immatricolazioni, zero iscritti, due corsi di laurea; Lagonegro, Tortona, Vigevano, Piazza Armerina, Cesenatico, Cava dei Tirreni... e mi fermo qua.

   Perché ho citato questi dati, ovviamente da verificare, ma sono i dati che sono riuscito a rintracciare rapidamente? Perché nel disegno di legge c'è un fatto fondamentale come titolo e cioè "Fusione e razionalizzazione di atenei". Ora, se non partiamo da questo punto fondamentale tutto il resto è totalmente inutile. Perché il criterio è definire innanzitutto che cosa è l'Universitas Studiorum che nella dispersione di sedi e di risorse che risulta sul territorio non ha niente a vedere con il diritto allo studio, perché questo è in realtà una mistificazione del diritto allo studio, quello cioè di portare sedi ridicole e assurde in posti altrettanto ridicoli e assurdi illudendo studenti e famiglie per un'intera generazione. E allora la responsabilità politica è quella di partire da questo punto, da una decisione responsabile del Governo nazionale, la fusione e la razionalizzazione degli atenei. Potrà e può essere concordata, ma questo è un tema strategico nazionale che non ha niente a che vedere con l'autonomia. L'autonomia viene subito dopo sul come si esercita la gestione delle sedi universitarie, ma è una decisione strategica politica nazionale quella che serve.
  È evidente che in queste condizioni noi abbiamo già negli ultimi 15 anni distrutto l'università italiana e ci metteremo altri 15-20 anni a cercare un barlume di rinascita, indipendentemente dai governi, dalle maggioranze, dalle capacità dei singoli membri di governo, indipendentemente da tutto se non affrontiamo, come si dice al mio Paese, il toro per le corna su questo argomento. Perché? Perché questo argomento deve creare un'offerta universitaria che porti gli studenti all'università, come ho detto all'inizio, e non viceversa. Questa inversione di approccio logico-mentale è fondamentale. Il diritto allo studio non si garantisce mettendo una sede sotto casa, ma si garantisce creando le condizioni perché quello studente possa uscire dal suo paesello, andare in un bel campus, incrociare le esperienze con migliaia di altri studenti di altre regioni, di altri Paesi, di altre nazionalità, è lì che cresce. L'università sotto casa è in termine tecnico "il rincoglionimento totale di un'intera generazione".
   È evidente che questa politica ultra ventennale è stata fatta a tutt'altro scopo e a tutt'altro fine, che esclude l'interesse degli studenti, della formazione, della ricerca e dell'università. Palesemente questa proliferazione è stata fatta per moltiplicare le cattedre, moltiplicare le connivenze, cercare qualche piccolo consenso locale con dispersione enorme di risorse, perché magari il Comune offre il palazzo però poi chi paga la luce? E poi non a caso ci sono 15 iscritti. Però c'è, rispetto agli iscritti, un'overdose pericolosissima (peggio delle note sostanze stupefacenti) di docenti e non docenti. E anche lì l'altra gamba, ovviamente, è la selezione dei docenti e dei non docenti perché se continuiamo a perpetrare la connivenza che in ogni categoria corporativa scatta, per cui un idoneo non si nega a nessuno, come abbiamo fatto negli ultimi venti anni, un idoneo a me un idoneo a te, la selezione che avviene è perversa. E non è un caso se del 5 per cento migliore degli studenti italiani laureati in quasi tutte le discipline, due terzi prosegue la ricerca all'estero e forse un terzo resta a fare ricerca in Italia. Parlo del mio settore di competenza che è scienze sociali, economia, ovviamente conosco meno gli altri settori. Il che vuol dire che poiché per ognuno di questi cittadini italiani lo Stato italiano investe in vecchie lire circa un miliardo di lire, circa cinquecentomila euro, a partire dalla prima elementare, escludendo la scuola materna, fino alla laurea (il costo che lo Stato, non la famiglia - quello è un costo addizionale - che investe in questi studenti è circa 500.000 euro a studente cioè il cumulato negli anni dai 6 ai 23-24 a seconda della laurea. Il costo, non le tasse che ha pagato lui. Bene, questo investimento in capitale umano enorme ci viene sottratto, in modo abbastanza furbesco ma è chiaro che chi può ne approfitta, nel senso di attrarre in altre sedi all'estero quel 5 per cento migliore, già selezionato, già formato, già capace con strumenti di produrre ricerca e didattica. Quindi noi stiamo costruendo la classe dirigente della ricerca e della didattica per altri Paesi, in particolare per gli Stati Uniti.
  È questo che mi fa molta rabbia. Perché? Perché vuol dire che siamo in grado di produrre e sviluppare cervelli in Italia. Questa strategia perversa non riguarda la capacità italiana di produrre scienza e ricerca, ma l'incapacità di organizzarla perché sia una fisiologica sinergia con il resto del mondo. È chiaro che molti dei nostri possono andare fuori, ma molti degli altri potrebbero venire da noi. Se invece facciamo la bilancia dei pagamenti in questo settore, vediamo che ogni dieci dei nostri che vanno fuori soltanto 0,1 dalle altre parti del mondo vengono in Italia, oppure vengono dai paesi emergenti perché in Italia più o meno l'università è stata gratis, mentre in altri Paesi avevano il numero chiuso e venivano in Italia per prendersi la laurea gratis magari anche decente e buona: vedi il flusso dei greci che c'è stato per un certo periodo alle facoltà di medicina, vedi il flusso degli arabi ad altre facoltà. Giustamente facciamo almeno un po' di cooperazione allo sviluppo seria e vera formando queste persone, ma mi meraviglio che non ci possiamo porre lo stesso problema per i nostri che vanno all'estero.
  Questo è il primo passaggio. Significa dire, cari colleghi, che nel disegno di legge bisogna porre un obiettivo a 3-5 anni in cui si arrivi ad avere un terzo delle sedi universitarie esistenti, le altre vanno chiuse. Le risorse vanno concentrate e su questa base occorre mettere in condizioni queste sedi di ricevere gli studenti: 100.000 posti letto per studenti in campus. Quindi concentrazione di risorse, selezione, competizione, perché oggi questa condizione non esiste. Sono invece tutte in competizione al ribasso, ma competizione perversa. Quando vedo alcune facoltà recenti, come scienze della comunicazione, che dilagano in termini di iscritti, a me viene da piangere per quei ragazzi e per le loro famiglie perché pensano di essere laureati dopo quattro o cinque anni, perché così ci si impiega in questi casi per avere la laurea triennale.
  Quindi, primo concetto "fusione e razionalizzazione", secondo concetto "concentrazione dei fondi", sia in funzione di didattica che di ricerca, allora sì che si può innescare la competizione tra chi è più bravo e chi attrae di più le risorse, sia per la ricerca che per la didattica, perché vengono assegnate in funzione a quelli che sono i risultati di ricerca e di didattica.
  In sostanza si tratta di applicare anche qui un vecchio concetto, un dibattito che dura da 40 anni, da metà anni settanta, che riguarda l'intera gestione della spesa pubblica, che gli americani chiamano ZBB, cioè lo Zero-Base- Budgeting. Invece di dire di anno in anno cosa aggiungo e cosa tolgo alle varie voci di spesa o di assegnazione dei fondi, c'è da ricominciare da capo. Non si tratta di dire qua tolgo cinque milioni e là ci metto dieci milioni, senza discutere che dove tolgo cinque milioni ci sono un miliardo di euro e quello non lo discutiamo, discutiamo solo il di più o il di meno. Invece bisogna analizzare per valori assoluti: qual è il totale di risorse che arriva, su questo totale quali sono i risultati che sono ottenuti, dopodiché se c'è da aumentarlo del 30 per cento perché i risultati sono ottimi lo si fa, ma dall'altra parte c'è da ridurre a zero perché è inutile avere le sedi che vi ho citato prima. Francamente sono responsabilità collettive nei confronti della nuova generazione e delle famiglie. Questa è la mia valutazione.

   È un'occasione importante, il disegno di legge muove i suoi passi nel senso a mio parere giusto, però devo fare un avvertimento: la situazione di partenza in cui ci troviamo oggi è talmente disastrosa da questo punto di vista che con il ritmo e la velocità con cui il disegno di legge si propone di fare il cammino, noi ci arriveremo, se tutto va bene, fra 40-50 anni. Cioè le incrostazioni che ci sono non vengono fondamentalmente intaccate. Capisco che questo ragionamento ci crei problemi nell'opinione pubblica, ma francamente io credo che vada fatto con un'ottica più di medio periodo che non delle prossime scadenze elettorali come sempre avviene. Questo è il motivo per il quale io credo che il mio partito, la mia maggioranza, che si chiama Popolo della Libertà, abbia ragione d'essere. Perché se questo partito non aggredisce e imposta queste riforme profonde e strutturali, dobbiamo chiederci allora che ci stiamo a fare, e lo dico alla mia parte politica ma credo che anche dall'altra parte dell'opposizione, questo sia un tema su cui ragionare bene insieme perché si tratta di dare all'Italia, al sistema Italia, al Paese Italia, in termini di didattica e di ricerca, un minimo di prospettiva di poter partecipare a quello che avverrà nei prossimi 30-40 anni in giro per il mondo in tutti i settori della ricerca e non possiamo accettare supinamente un risultato talmente perverso per il quale i bravi se ne vanno e, francamente, i somari restano. Dopodiché ci potranno anche dare qualche consenso elettorale a destra e a sinistra i somari che restano, ma non so quanto a lungo questo consenso possa essere speso. Un'ultima indicazione signor Presidente. Riflettevo, come voi sapete io sono sempre un liberal, un liberale, ma sono molto attento al fondamento portante del pensiero liberale che è "che cos'è lo Stato", è su quello che si imposta il pensiero liberale. Questa idea quindi di aprire i consigli di amministrazione a esperti esterni merita molta attenzione, perché guardando all'esperienza per esempio della sanità e delle ASL, quando ci siamo illusi che far gestire la ASL da un manager esterno che non capisce assolutamente nulla di medicina, che qualche volta, se va bene ed è bravo, capisce di contabilità, magari capisse di controllo di gestione, ecco, non vorrei che anche lì l'esperienza del caso ASL-sanità si ripeta nei consigli di amministrazione, perché non può esserci assunzione di responsabilità se non c'è anche un bilancio, balance, diritti-doveri.
   Allora, nel momento in cui gli atenei così scremati, così ridotti a un terzo, hanno una loro autonomia e c'è una gestione, bene, i privati che entrano o gli esperti esterni che entrano devono avere una corresponsabilizzazione anche in termini economici-finanziari. È troppo facile entrare e sputare sentenze decidendo dei soldi dello Stato e degli altri. Teniamo conto - ultimissima indicazione e vale per tutti i grandi servizi pubblici - che se l'utente, in questo caso lo studente e la famiglia, non ha la diretta percezione di cosa sta spendendo in quel momento e quindi di qual è l'ammontare di risorse che viene investito su se stesso, non avrà mai la capacità, la forza, la volontà di pretendere che a quel costo corrisponda un risultato per sé.
  E allora, capisco che posso anche essere eccessivamente liberal, ma finché non stabiliamo il principio che l'iscrizione all'università deve coprire il costo medio per studente non ne usciamo: costa 15.000 euro una facoltà di medicina, le tasse di iscrizione devono essere 15.000 euro. Noi dobbiamo scindere questo concetto da chi e come paga. Perché attualmente costa 15.000 euro, pago 1.500 euro di tasse, l'ateneo decide di aumentarle a 1.800, c'è la rivolta universitaria, c'è la rivolta dei sindacati perché c'è l'aumento delle tasse universitarie, ma nessuno percepisce che in realtà l'università costa 15.000 euro. Allora il principio è molto semplice: che l'equità sociale lo Stato la fa con le borse di studio, con il buono scolastico, con queste cose. Lo studente e la famiglia devono ricevere un assegno dallo Stato di 15.000 euro; lo studente va a spenderselo e sceglie la sede universitaria nella quale si vuole iscrivere. Quindi l'università gratis per tutti non è un problema di equità sociale. Dopo tanti decenni il risultato è che abbiamo prodotto la più perversa selezione sociale, perché questa formula porta ad una dequalificazione dell'università dove i miei figli e i figli di famiglie a reddito medio-alto hanno comunque un loro percorso scientifico e di formazione, i figli dei poveretti, se va bene, ottengono la laurea della quale spesso non sanno cosa farsene, a meno che non siano dei geni, ma allora solo quelli, uno su un milione, ce la fanno.
  E anche qui, la falsità di una perequazione sociale ottenuta attraverso una dequalificazione totale, che ottiene come risultato finale una selezione perversa e classista di ciò che arriva alla fine del percorso di formazione. Questa va a mio parere smontata e sgretolata e lo strumento è quello di mettere in mano all'utente la constatazione, la percezione, il toccare con mano che quando entra dentro l'università sta spendendo 15.000 euro e se la qualificazione dei corsi, la presenza dei docenti e anche del personale non docente non è adeguata, può certamente chiedere conto a qualcuno di questo, oppure l'anno successivo prende e ritira il suo assegno e lo va a portare ad un'altra università. Allora sì che una competizione verso l'alto può funzionare. Senza di questo io credo che, con tutta la buona volontà nostra e di quelli che ci seguiranno, non riusciremo a frenare questo degrado progressivo della nostra ricerca universitaria, e quando un Paese rinuncia a questo tipo di formazione sta rinunciando a se stesso. L'Italia più degli altri perché se ci guardiamo indietro forse qualche piccolo contributo alla scienza e alla tecnologia l'abbiamo dato e siamo capaci di darlo, quindi ancora peggio per noi. Fossimo un Paese magari dell'Africa subsahariana forse avremmo alle spalle - con tutto il rispetto, per carità - ma avremmo alle spalle meno elementi di irresponsabilità. C'è un esempio che segna la mia vita, che è negli anni '50, fino ai primi anni '60: noi registravamo i brevetti, abbiamo inventato il Moplen e l'abbiamo diffuso in tutto il mondo. Non dico Fermi o altri, o il professor Veronesi che è autorevole membro del Senato, ma sono certo che se continuiamo così noi saremo in grado di produrre altri professor Veronesi, ma saranno tutti a Houston a lavorare e non credo che sia giusto che stiano a Houston soltanto e nessuno in Italia.

Un ultimo auspicio, infine, signor Presidente. Proprio sulla base delle precedenti riflessioni occorre trarre la conseguenza più coerente, e cioè la necessità di eliminare il valore "legale" del titolo di studio al fine di legare il valore del titolo alla effettiva formazione e qualificazione offerta dall'università ed acquisita effettivamente dallo studente.
Grazie, signor Presidente.                 Mario Baldassarri

 

 

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BREVE RESOCONTO DELLA  DISCUSSIONE DI IERI IN SENATO
E RICHIESTA MINIMA DI EMENDAMENTI

Riforma dell' Universita', Disegno di legge – Senato 1905, Votazione finale, all’o.d.g. giovedi’ 29 luglio 2010.

        Ai Colleghi in Italia
        Ad atri interessati

p.c.

- Al Presidente del Senato della Repubblica Italiana
- Agli On.li SENATORI
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia

   Oggetto:  breve resoconto e richiesta minima di emendamenti
               

  ieri (27 luglio) c'e' stata la discussione sul DDL, in Senato. Il 29 luglio  ci sara' la votazione finale.
  Ho ascoltato ( e registrato) tutta la discussione, via satellite. Mi sono ricordato del massacro di Duisburg (Germania), negli scorsi giorni, con migliaia di giovani cacciati in un tunnel a imbuto, e massacrati.
   In estrema sintesi, e' stata una vera caccia all'untore (l'universita' italiana). L'universita' e' stata accusata, senza misericordia ne' limiti di pieta', di aver dilapidato i soldi dello Stato (migliaia di lauree inutili, decine di sedi inutili; allievi promossi a professore per clientela, familismo. Una parte di noi prenderebbe soldi senza fare ricerca.

  Di proprio, gli intervenuti non hanno offerto uno straccio di indicazioni di strumenti efficaci per risolvere i problemi, se non la centralizzazione dei controlli, a scapito della autonomia, perche' esercitata in passato, in modo irresponsabile. E
pertanto, l'unico modo di risolvere e' risultato cominciare dal trattamento dei malati inguaribili, quello di eliminare la malattia uccidendo il malato: vale dire, tagliare il turnover e i fondi, a man bassa.

  Cari Colleghi, se abbiamo un po' di dignita', non rimane che suicidarci.
  Alcuni (Garavaglia, Asciutti, Valditara) hanno tentato di difenderci, ma hanno dovuto dire senza dire, pena il linciaggio.
  Il Ministro ha parlato a lungo. Cosa ha detto ? Nulla.
  In questa fase, non rimane che lasciar passare il temporale. Poi, il DDL passera' alla Camera'. In questa sede dovremo riprendere il colloquio (molto colloquio) con la politica e con le famiglie, e anche col ministro se finalmente lo vorra'.

  Al punto in cui siamo, ribadisco le richieste minime di emendamenti, se l'Aula e il Governo vorranno :
  1) che il FFO sia ripartito tra le universita' prendendo a riferimento il costo standard per studente;
  2) che siano liberalizzati i contributi studenteschi;
  3) che, conseguentemente, il diritto allo studio per i "bisognosi e meritevoli" (art. 34 Costituzione) non sia piu' a carico delle universita', ma dello Stato con apposito fondo del MIUR, con delega alla Regioni, per la gestione. Il Fondo potrebbe essere finanziato sottraendo al FFO la corrispondente cifra;
  5) che sia fissato, di massima, il rapporto tra numero dei professori e numero degli studenti,  uniformemente nelle universita' (ad es., attualmente c'e' 1 professore, ogni 30 studenti, come media nazionale);
  4) che anche il personale tecnico e amministrativo sia rappresentato nel Senato (come conseguenza della abolizione del Consiglio di Amministrazione, quale organo elettivo di rappresentanza del personale docente e non docente);
  5) che anche le commissioni locali di concorso siano sorteggiate nel settore scientifico nazionale;
  6) che ci sia la chiamata diretta (a prof. associato, e a prof. ordinario), rispettivamente, dei ricercatori a tempo indeterminato e dei prof. Associati con almeno 5 anni di anzianita', in seguito a conseguimento dell'abilitazione nazionale corrispondente, purche' ci sia anche la unificazione delle tre attuali progressioni retributive (altrimenti la chiamata diretta sarebbe una scatola vuota).

Bologna 26 luglio 2010

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NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze

 

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LETTERA APERTA DEL NOSTRO GIORNALE AI SENATORI:
"Si può fare di più con un pò di buona volontà ... da parte del Governo"

- Al Presidente del Senato della Repubblica Italiana
- Agli On.li SENATORI


p.c.


- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia

   Oggetto: Riforma dell’universita’ – Disegno di legge – Senato 1905, all’o.d.g. martedi’ 27 luglio 2010

   On.le Presidente del Senato, On.li Senatori,

   il DDL in oggetto promette una demolizione rilevante dell’universita’ pubblica italiana, pur contenendo un buon avvio in alcuni punti. In considerazione di cio', vogliate rinviare il testo in Commissione Istruzione il DDL, pero' con precisi indirizzi, perche’ da un rinnovato incontro tra Governo e Parlamento, vengano sciolti i nodi, che sotto vi segnalo.
   Le indicazioni dei sindacati universitari sono state date, in particolare, nella Conferenza di Bologna del 12 febbraio 2010, organizzata da nostro Giornale e dalla Fondazione Magna Carta, a cui hanno partecipato i Presidenti delle Commissioni universita' di Camera e Senato e il sen. Gaetano Quagliariello.
  Dei principali problemi, di cui al DDL, rimasti irrisolti, ho scritto il 26 aprile 2010 in una lettera (qui allegata) al Presidente Berlusconi, ma senza ottenere una risposta. In essenziale, i punti sottoposti sono:

  1) La struttura del DDL è funzionale al “costo zero” della riforma, per lo Stato, ma anche impedisce alle universita' vie di uscita alternative. Questo non va bene e infatti:
   a) Il “costo zero” per lo Stato si puo’ accettare come precisa scelta politica del Governo, risultato da elezioni politiche. Invece, appare inammissibile anche l’impedimento all’universita’ di approvvigionarsi di risorse sul mercato, mediante la liberalizzazione dei contributi studenteschi, per lo stretto pareggio del bilancio.
  b) Va pur apprezzato che, mantenendo il DDL la copertura delle spese correnti delle universita’ mediante il FFO – Fondo di Finanziamento Ordinario – pur se a risorse strette, rimarrebbe il soddisfacimento pubblico del Diritto allo Studio, sia pur con qualche restringimento della maglia.
   Ma la liberalizzazione suddetta farebbe mancare l’aiuto specifico agli studenti bisognosi e meritevoli, ai sensi dell’art. 34 della Costituzione. Per questi casi sarebbe necessario, come mitigazione della liberalizzazione, creare un Fondo aggiuntivo a carico dello Stato (togliere  la corrispondente cifra al FFO ?), per la cui gestione si potrebbe dare delega alle Regioni.
  c) L’attuale FFO e’ ripartito in base a parametri che non hanno alcun senso come riferimenti per premiare i “risultati di merito” delle universita', perche’ costruiti usando statistiche relative ad anni passati, del tutto superati (questo ricorda le esperienze fallimentari dell’Unione Sovietica, dove questi erano applicati a tutti i settori del sistema economico).
   Sarebbe piu’ utile, invece, prendere a riferimento il “costo standard per studente” (vale dire, in pratica, il costo medio, nazionale dell’insieme delle universita’). Questo avrebbe anche l'effetto di premiare automaticamente le universita’ virtuose (perche’ con costi inferiori al costo standard).
  d) Andrebbe anche disposto il controllo preventivo della Sezione locale della Corte dei Conti sul bilancio delle universita’.

  2) Governance.
  a) Il DDL rafforza l’Esecutivo delle Universita’ (il Rettore si varra’ di un Consiglio di Amministrazione configurato come organo esecutivo, come nelle societa’ per azioni; e l’attuale Direttore Amministrativo diverra’ “Direttore generale”).
   Questo puo’ essere cosa buona, se bilanciata da un rafforzamento degli Organi deliberanti e di controllo.
   Ma questo non e’ e infatti:
  - e’ il abolito il Consiglio di Amministrazione, come organo elettivo di rappresentanza delle categorie (professori di I e II Fascia, Ricercatori, Personale Tecnico e Amministrativo);
- il nuovo Senato diviene un organo elettivo senza poteri reali, perche’ e’ svuotato dei Presidi (attualmente membri di diritto, e figure portanti della democrazia universitaria) ed e’ composto da membri eletti in modo polverizzato (cosi’ da non avere alcun potere reale).
   Per evitare questa polverizzazione, un modo e’ la elezione per liste concorrenti dei candidati, in modo da originare una maggioranza ed una minoranza.
   Nel nuovo organo elettivo non entrerebbe, poi, il personale tecnico e amministrativo, e questo non va bene.

3) Reclutamento e progressione in carriera dei docenti.
a) Il DDL istituisce l’abilitazione nazionale (a lista aperta) dei docenti e questo e’ cosa buona.
  Inoltre esso conserva nominalmente il concorso locale per il reclutamento e la progressione in carriera, con Commissioni locali di professori del Dipartimento, nominate dal rettore, per la scelta dei professori dentro la lista degli abilitati “nazionali”.
   Questo modo pilotato di fare le commissioni significa, di fatto, la fine dei concorsi come indicati dalla Costituzione (art. 97) per la Pubblica Amministrazione. Tenuto conto, poi, che i nostri Dipartimenti sono molto corporativi, il localismo (la piaga creata dalla legge 210/1998) sara’ ulteriormente aumentato.
   In passato, le commissioni (pur se elette con votazione) erano in realta’ il frutto di accordi taciti sotterranei. Adesso lo si farebbe senza piu’ limiti al pudore. Sono dell'idea che il concorso debba diventare un vero concorso con scelta delle commissioni mediante sorteggio (nel settore scientifico nazionale).

4) Diritto allo studio.
  Il DDL lede gravemente il diritto allo studio perche’, bloccando in modo rilevante il turnover del personale di ruolo, riduce molto, per gli studenti, la disponibilita’ relativa di docenti a tempo pieno.
  In questo modo si trascura di considerare che la scuola è come la famiglia, e senza la sua stabilita’, i figli finiscono affidati al vento.
  Tenuto anche conto delle attuali carenze finanziarie delle universita’ (che, l’altro, hanno anche problemi edilizi e do sicurezza delle strutture), nel nuovo sistema gli insegnamenti saranno affidati prevalentemente a docenti a contratto (pur se aventi l’abilitazione nazionale). Questa precarieta' dei docenti potrebbe divenire estrema nelle aree depresse del Paese, dove i problemi del bilancio sono già gravi per loro natura.
  Si voglia, pertanto, disporre una norma che fissa dei precisi rapporti tra numero di professori di ruolo e numero di studenti, uniformemente in tutte le universita' italiane.

5) Mancanza di norme transitorie per i Ricercatori a tempo indeterminato. E’ prassi che, abolendo un ruolo, i suoi membri siano inquadrati ope legis nel gradino piu’ basso del ruolo superiore. Nel nostro caso, non solo questo non avviene, ma neppure sono previsti dei giudizi di idoneita’ per promuovere i meritevoli, come invece fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980 (DPR 382/80).
   Il DDL prevede, e' pur vero, la possibilita’ di chiamata diretta (come per i ricercatori a tempo determinato), in caso di conseguimento della abilitazione nazionale a professore associato.
  Questa estensione della chiamata diretta ai Ricercatori a tempo indeterminato (nel DDL iniziale essa era prevista solo per i Ricercatori a tempo determinato) e’ , pero', fallimentare perche’ non tiene conto che, in base alla legge vigente, ci sono tre progressioni di carriera, per le tre fasce, nelle quali il gradino iniziale della fascia superiore e' piu' basso del gradino di provenienza della fascia inferiore. La conseguenza e’ che il Ricercatore a tempo indeterminato “anziano” perderebbe di retribuzione, in caso di chiamata.
  Per dare un senso compiuto alla chiamata diretta dei Ricercatori a tempo indeterminato sarebbe necessario “anche” unificare le tre progressioni stipendiali (questo non vuol dire “il ruolo unico”).

6) Professori Associati. Benche’ il DDL non ne abolisca il ruolo (ma sarebbe stato un bene il farlo, e invece mantenere il Ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato), anche per loro e’ opportuno prevedere la chiamata diretta in caso di conseguimento dell’abilitazione nazionale, previa unificazione della progressione retributiva delle tre fasce.
  I motivi sono:
  - e’ un danno obbligarli a cambiare sede, dopo che hanno creato delle scuole, con studenti e allievi ...;
  - negli anni 1980-1998 essi hanno subito il ghetto, per mancanza di concorsi (erano programmati 9 concorsi, ne furono fatti 3), e quando nel 1998 furono sbloccati i concorsi, essi furono esclusi per accordo tacito dei sopravvenuti Commissari giovani che dettero la precedenza ai loro allievi (ulteriormente piu’ giovani).

Bologna 25 luglio 2010

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NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze

Allegata: Lettera a Berlusconi, del 26 maggio 2010.
Clicca su:
RUBRICA

 


Università di Manchester

 

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Mauro Degli Esposti

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Trent'anni di politica universitaria in Italia
(Dal DPR 382/80 al progetto Gelmini)
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Per il testo originale in inglese clicca su:
Thirty years of policy for higher education
in Italy: Vico's ricorsi and beyond?

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Mauro Degli Esposti* and Marco Geraci#

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Marco Geraci

* Faculty of Life Sciences and #  Faculty of Medical and Human Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK

This is an Italian translation of an article that is to be published under the title "Thirty years of higher education policy for Italy" in the Bulletin of Italian Politics", Vol. 2, number 1 - July 2010

Trent’anni di politica universitaria in Italia

Sommario. Nel 2010 ricorrono trent’anni da quando, nel 1980, fu introdotta una legge di riforma radicale del sistema universitario italiano. Durante questo periodo, un susseguirsi di leggi ha progressivamente alterato e perfino vanificato i cambiamenti introdotti trent’anni fa, in un processo che si potrebbe definire come classico ricorso. Come inizialmente descritto dal filosofo Vico nel 1744, un ricorso rappresenta un ciclo storico in cui lo stato finale assomiglia a quello iniziale da cui si è originato. In questo articolo si avanza l’ipotesi che proprio questo tipo di andamento ciclico ha caratterizzato l’altalenante politica governativa per l’università italiana nelle ultime tre decadi. Secondo tale ipotesi, formulata alla luce dell’esperienza personale di due scienziati italiani di diversa generazione, l’ultima riforma proposta dall’attuale governo italiano risulterebbe un tipico ricorso, poiché reintroduce norme già viste in passato. Tuttavia, l’attuale politica universitaria riflette un’attenzione al merito più marcata che in passato: il merito costituisce, infatti, il concetto chiave attorno al quale ruota la spinta riformatrice del mondo accademico italiano. Questo articolo offre un excursus storico del processo legislativo che ha prodotto l’attuale sistema universitario. In un articolo successivo, verranno invece discussi approcci quantitativi utili per valutare il prestigio, e quindi il merito, degli istituti universitari italiani.

1. Trent’anni di legislazione sembrano produrre un ricorso Vichiano. Trent’anni fa una grande riforma cambiò il sistema universitario in Italia. Da allora il mondo accademico italiano ha attraversato una serie altalenante di cambiamenti legislativi che non sono riusciti a fermare il progressivo declino del sistema universitario. Un declino aggravato dalle limitate risorse di investimento pubblico (nonchè privato) e, più recentemente, da forti tagli finanziari. Lo scopo di quest’articolo è di produrre un’analisi pacata di come il sistema universitario italiano si è evoluto in risposta ai cambiamenti politici e legislativi degli ultimi trent’anni. Da questa analisi emerge la forte impressione, corroborata da fatti innegabili, che questo sistema stia tornando indietro verso una situazione simile a quella pre-esistente al 1980, seguendo quindi un processo storico che ricorda i ricorsi descritti dal filosofo Gianbattista Vico. Secondo la visione storica di Vico (Vico, 1744), la progressione di corsi e ricorsi non produce necessariamente delle situazioni migliori che in passato – in effetti, non tutto quel che è nuovo è meglio. I cambiamenti ciclici che descriviamo qui possono anche aiutare a comprendere il progressivo calo di influenza che la nazione italiana ha esercitato sui palcoscenici internazionali, sia politici che economici. Il numero crescente di accademici ed intellettuali italiani che hanno cercato (e trovato) all’estero un luogo dove potersi esprimere al meglio rappresenta, molto verosimilmente, un sintomo di tale declino. Fra essi gli autori di quest’articolo che, osservando a distanza (perlomeno in termini geografici) il sistema universitario che li ha educati, si chiedono come farà il nostro paese ad uscire dal pernicioso ciclo di declino accademico in cui sembra avviluppato. Ci auguriamo che la nostra analisi, nei limiti dell’obbietività che caratterizza un’attitudine prettamente scientifica, possa fornire uno spunto, pur piccolissimo, per uscire da tale ricorso.

2. Caratteristiche generali del sistema universitario italiano. La struttura dell’educazione superiore in Italia risulta comparabile a quella della Francia e di altri paesi europei di dimensioni equivalenti. Un numero relativamente alto di università è distribuito su tutto il territorio nazionale, con una concentrazione di atenei nelle regioni del Centro-Nord dove, in passato, esistevano piccoli Stati indipendenti (Toscana, Emilia, Lombardia, Piemonte e Veneto). Ci sono, inoltre, istituzioni di formazione superiore derivate da modelli napoleonici, tra cui la più nota è forse la Scuola Normale di Pisa, ed un numero crescente di istituzioni universitarie private, alcune delle quali di tipo telematico (specializzate in e-learning). Secondo l’ultimo rapporto del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU, 2009), nel 2008 esistevano oltre 90 università in Italia, ospitanti, approsimativamente, due milioni di studenti e 62000 accademici.

In Italia, il numero delle università e degli studenti che giungono alla conclusione del percorso di studi non è alto se rapportato alla dimensione della popolazione. Oltretutto, il 40% degli studenti iscritti risulta fuori corso, cioè non giunto alla laurea nei tempi stabiliti (CNVSU, 2009). Questo riduce grandemente l’efficienza del sistema dell’educazione superiore. Tale sistema, inoltre, è caratterizzato da una limitata mobilità sociale, come dimostrato dal fatto che circa il 40% dei laureati in Architettura, Farmacia e Medicina provengono da famiglie in cui almeno un genitore possiede lo stesso tipo di laurea (Ainis, 2009). Questa ingessatura deriva dal fatto che il mondo accademico non ha mai smesso di esprimere e propagare forme di conservatorismo sociale. Infatti, come documentato nel popolare libro di Stella e Rizzo (2008), molti professori universitari appartengono a famiglie di lunga tradizione accademica. In casi estremi, ma non particolarmente rari, intere facoltà sembrano essere dominate dalla stessa famiglia accademica (Ainis, 2009; Carlucci and Castaldo, 2009). Un aneddoto personale può essere illuminante. Agli inizi degli anni ottanta, solamente due fra gli otre 40 accademici dell’Instituto Botanico di Bologna venivano da famiglie di classe medio-bassa senza tradizioni accademiche. Ancor oggi, la situazione di quell’Istituto non sembra molto cambiata, dal momento che la maggioranza degli accademici di allora sono ancora attivi, mentre i pochi che sono subentrati ad altri hanno in molti casi parentele nell’ambito accademico. Storie simili si ritrovano da una punta all’altra del Paese (Carlucci and Castaldo, 2009).

3. La riforma del DPR 382/1980. Durante gli anni settanta si accumularono vari problemi nel sistema universitario italiano, in parte dovuti all’apertura dei corsi universitari, precedentemente destinati ad élites, che raddoppiò la popolazione studentesca. Molti problemi furono poi esacerbati dalla crisi economica del 1972, che condusse alla riduzione dei fondi per l’università. Per portare avanti le attività di insegnamento e ricerca vennero assoldate frotte di giovani laureati con contratti a breve termine, spesso sotto-pagati, determinando così la nascita di un esercito di precari. Insieme al loro numero, crebbe anche la loro influenza sul processo di riforma che lentamente si andava sviluppando verso la fine degli anni settanta. Tale riforma riuscì ad andare avanti solo attraverso una stabilizzazione del ruolo dei precari, che fu decretata con la Legge 382 approvata nel 1980. Molti precari furono dunque collocati in una delle nuove posizioni accademiche introdotte nella riforma: quella di ricercatore e quella di professore associato (correspondenti, più o meno, a quelle di assistant e di associate professor negli Stati Uniti e a quelle di junior e di senior lecturer nel Regno Unito). Nonostante che l’entrata in ruolo in queste posizioni permanenti richiedesse una valutazionedi idoneità basata sul curriculum, in pratica tutti i precari che avevan ricevuto incarichi prima del 1979 entrarono a ruolo. Cosicché la riforma permise un’entrata nel settore accademico ope legis a quasi ventimila persone le cui credenziali di ricerca ed insegnamento non vennero seriamente valutate. Allo stesso tempo, con la legge 382 vennero bandite quattromila nuove posizioni di ricercatori liberi, a condizioni salariali significativamente meno vantaggiose rispetto a quelle dei ricercatori confermati. Uno degli autori di questo articolo ottenne nel 1983 una posizione di tal genere dopo un concorso molto competitivo. I tempi di attuazione della legge 382 furono, infatti, assai lenti per queste nuove posizioni, che, a differenza di altre, vennero assegnate essenzialmente sulla base del merito scientifico alla stregua di quanto avveniva in altri paesi occidentali. Questi giovani ricercatori diedero un nuovo impulso alla ricerca italiana, grazie anche al supporto di scienziati delle precedenti generazioni che poterono impiegare nuove risorse finanziarie ed intellettuali, in particolare studenti di dottorato, liberate con la Legge 382. Giovani e dediti studenti furono attratti a lavorare su progetti di ricerca finanziati dal ministero o da nuove agenzie come Telethon, e si aprirono filoni di ricerche di carattere anche internazionale. Un fresco entusiasmo iniziò a permeare (o tale fu la percezione) i nuovi dipartimenti. Tutto ciò nonostante il livello di finanziamenti fosse relativamente basso e, molto spesso, distribuito a pioggia.

4. Il sistema dei concorsi con il DPR 382/1980. La Legge 382 consolidò un cambiamento cruciale nel modo in cui le università reclutavano e promuovevano il loro personale accademico. Contrariamente ai riceratori liberi, che venivano selezionati localmente, le posizioni di professore, associato e ordinario, venivano bandite per mezzo di concorsi nazionali condotti ogni due o tre anni1. Per ciascuna disciplina accademica, si formava una commissione dai sette ai nove membri, selezionati da un pool di professori. Questi ultimi, a loro volta, venivano eletti a livello nazionale fra accademici dello stesso ramo disciplinare, seguendo le norme stabilite da una precedente legge del 1979 (la stessa legge che introdusse anche il CUN2, un organismo divenuto oggi fondamentale nel sistema universitario italiano). La commissione, una volta insediata, esaminava le domande dei vari candidati sulla base di criteri che stabiliva essa stessa in modo insindacabile. Non solo tali criteri erano slegati da parametri internazionalmente riconosciuti come, ad esempio, il fattore d’impatto (impact factor), ma non era neanche previsto nessun meccanismo di valutazione ex post. Ciò portò addirittura alla possibilità di poter selezionare i candidati per la posizione più elevata (professore di prima fascia) senza sottoporli ad alcun colloquio. I candidati a posizioni di professore associato, invece, venivano intervistati e poi dovevano presentare una lezione pubblica su un tema sorteggiato il giorno precedente.

Il sistema di elezione dei membri delle commssioni divenne immediatamente permeabile alle manipolazioni dei potentati accademici, generalmente chiamati scuole (Mattei and Monateri, 1993), i quali potevano indirizzare molti voti su candidati prescelti. Anche se diversi scandali sui concorsi finirono in mano alla stampa (come quelli descritti da Ainis, 2009 e Stella e Rizzo, 2008), uno in particolare fece eco in quanto rivelò come i concorsi venivano sistematicamente manipolati per promovere solo i candidati desiderati, indipendentemente dal loro merito scientifico. Roberto Bisson, un professore associato di Padova molto conosciuto in ambienti scientifici, produsse un rapporto accurato in cui analizzò vari concorsi in Biochimica, in particolare quello del 1992 nel quale vennero bandite 39 posizioni di professore di prima fascia. Questo concorso, che fu uno dei più importanti per numero di posizioni ed università interessate tra quelli banditi nel 1992, può essere considerato emblematico di come la promozione accademica procedesse dopo l’introduzione della Legge 382/80 (per ulteriori esempi, cfr. Carlucci and Castaldo, 2009).

5. Il concorso per professori di Biochimica del 1992. Storicamente, il campo della Biochimica è stato dominato in Italia da un ristretto gruppo di potenti scuole afferenti le università di Roma, Napoli, Bologna, Milano e Genova, le quali sono state in grado di estendere la loro influenza su quasi tutti gli altri atenei italiani. Per esempio, la scuola di Bologna ha tradizionalmente esercitato un forte controllo sui dipartimenti di Biochimica in tutte quelle facoltà in cui, appunto, la Biochimica viene insegnata. Fra queste si annoverano quelle dell’università di Bologna, Modena, Parma, Ancona, Pisa, Sassari, Catania e Roma Cattolica, che, all’epoca in cui si tenne il concorso in discussione, comprendevano oltre un decimo dell’elettorato deputato alla formazione delle commissioni concorsuali per Biochimica. La scuola di Bologna, dunque, aveva assicurarata l’elezione di almeno un suo rappresentante in ogni commissione dei concorsi nazionali per posizioni accademiche nel settore scientifico di sua spettanza. Un’altra scuola ancor più influente, e con un elevato profilo scientifico, era quella di Roma (La Sapienza).

Il meccanismo di selezione funzionava impeccabilmente: una volta che i membri delle commissioni erano stati eletti a sorte fra i candidati preselezionati (cioè quelli che si erano impegnati a salvaguardare gli interessi delle rispettive scuole), essi si incontravano in modo discreto con i rappresentanti di tutte le scuole per definire chi doveva vincere i posti messi a bando, ancor prima di vedere i curricula dei candidati. Successivamente, le commissioni si riunivano per definire i criteri che, appunto, favorissero i candidati preselezionati dai potentati nazionali e da quelli locali. Tali criteri dovevano conformarsi al livello scientifico dei futuri vincitori, livello molto spesso di gran lunga inferiore a quello di altri candidati, magari privi di simile “protezione”. Difatti, praticamente tutti i 168 candidati che fecero domanda al concorso di professore di Biochimica del 1992 furono ammessi dalla commissione, la quale, nei due anni successivi, lavorò all’eliminazione di quelli indesiderati e alla promozione di tutti quelli predestinati alla vittoria.

Questo sistema ufficioso, ed illegale, di selezione continuò indisturbato per molti anni, anche perché i curricula dei candidati non erano di dominio pubblico. Tuttavia, le cose cominciarono a cambiare nel 1994 quando il succitato Roberto Bisson, che aveva partecipato senza successo al concorso del 1992, decise di valutare il profilo scientifico degli altri concorrenti. A tal fine utilizzò risorse allora nuove, come il databank Pubmed/Medline che raccoglie la maggioranza delle pubblicazioni scientifiche in Biochimica e materie affini. Nella sua analisi sistematica, Bisson trovò che molti dei vincitori del concorso possedevano meno pubblicazioni, e spesso su riviste di minore prestigio, di quelle di molti candidati esclusi (tra questi, anche uno degli autori del presente articolo). A sue spese, Bisson fotocopiò i documenti depositati ufficialmente presso il Ministero dell’Istruzione a Roma che riguardavano il concorso del 1992 e quelli precedenti ad esso collgati. Confrontò quindi la sua rigorosa analisi con i documenti ufficiali e li pubblicò in un libretto, il rapporto Bisson, che poi distribuì a molti bochimici italiani, prima di ritirarsi dalla ricerca, e poi dalla vita accademica.

Le conclusioni del rapporto Bisson erano devastanti. Veniva messo allo scoperto, in modo inappuntabile, un modo profondamente ingiusto di portare a promozione accademici che non ne avevano i titoli e che, dunque, era in completo contrasto con le norme di legge. Ad esempio, mettendo i 39 vincitori del concorso a confronto con i 20 migliori fra gli esclusi, Bisson stimò che il numero medio delle citazioni ricevute dalle pubblicazioni dei primi era circa la metà di quello delle citazioni per le pubblicazioni dei secondi (67 e 130, rispettivamente), mentre solo cinque fra i vincitori avevano un profilo tale per potersi definire dei leader indipendenti. Guardando poi ai casi singoli, Bisson rilevò che un candidato scientificamente assai quotato (con ben 752 citazioni ed un impact factor globale quattro volte più alto della media dei vincitori) venne considerato non adatto alla posizione di professore. Al contrario, vennero giudicati adeguati candidati con meno di dieci citazioni! Questo non fu un caso isolato. Se la selezione fosse stata basata su una combinazione di parametri riconosciuti internazionalmente, solo 14 fra i candidati che vinsero sarebbero rientrati nell’ipotetica classifica dei migliori 40 fra tutti i candidati a quel concorso. Di conseguenza, si evince che i due terzi dei migliori biochimici italiani degli inizi anni novanta furono ingiustamente esclusi dall’essere nominati professori. Un danno accademico probabilmente irreparabile, dato il mediocre profilo internazionale che la biochimica italiana ha mantenuto dopo il 1992.

6. La transizione verso la riforma Berlinguer. Dai concorsi nazionali a quelli locali. Il rapporto Bisson, insieme ad altri scandali concorsuali, ebbe un impatto sulla comunità accademica in Italia verso la metà degli anni novanta. Membri di commissioni in concorsi incriminati sembravano impauriti dalle possibili conseguenze giudiziarie che avevano colpito alcuni accademici. Tuttavia, il sentimento politico di supporto incondizionato a soluzioni giudiziarie del diffuso malcostume accademico e dei suoi concorsi truccati si dileguò rapidamente e si trasformò presto in una scarsa considerazione per il sistema universitario in toto, nel quale ora si procedeva in modo più cauto in occasione dei processi di selezione e promozione. Tuttavia, lo stesso sistema rimaneva refrattario alla competizione accademica aperta, producendo forme di resistenza passiva che effettivamente scoraggiavano validi scienziati a far domanda per posti accademici, inclusi quelli emigrati all’estero e che avrebbero voluto rientrare in patria. Questo avvenne anche grazie al fatto che la Legge 382 lasciava aperta una forte discrezionalità nel processo di reclutamento. Dopo aver superato la selezione di un concorso, un candidato era infatti obbligato a far domanda di assunzione presso le facoltà che avevano bandito un posto per quello stesso concorso. Le facoltà potevano poi scegliere chi volevano per occupare quel posto, generalmente dopo complessi negoziati con altri corpi academici e potentiati di ogni genere. Cosicché, quando questi negoziati non approdavano a nulla, oppure un candidato vincente esterno non era interessato a quel posto, lo stesso poteva rimanere vacante a tempo indefinito (Carlucci and Castaldo, 2009). Conseguentemente, il sistema di reclutamento accademico rimaneva non solo ingiusto, ma anche assai inefficiente.

Le distorsioni nei concorsi condotti secondo le interpretazioni pratiche della Legge 382/80 chiaramente richiedevano dei forti aggiustamenti, che riconciliassero gli interessi locali con criteri a validità nazionale. La soluzione seguita fu semplice: i concorsi dovevano decidersi a livello locale, con commissioni dominate da accademici delle stesse università, un po’ come avviene tuttora in molti altri stati occidentali. Questo tipo di soluzione fu introdotto con la Legge 210 del 19983, la quale effettivamente trasferiva molta libertà di manovra agli atenei. Con questa maggiore autonomia, si procedette con la selezione di candidati per nuovi posti generati localmente e, invariabilmente, destinati a persone di proprio gradimento, generalmente cresciute negli stessi ambienti universitari. Un tale trasferimento di potere da organismi nazionali ai singoli istituti accademici seguiva il disegno di aumentata autonomia per le università italiane che va comunemente sotto il nome di riforma Berlinguer.

7. La riforma Berlinguer. La riforma centrale delle università avvenne alla fine degli anni novanta e prende il nome del ministro sotto il quale fu attuata, Luigi Berlinguer, un politico di lunga carriera accademica (ricoprì anche la carica di rettore) che introdusse numerosi cambiamenti nell’intero sistema dell’educazione italiana. La principale legge di riforma, il DL509/994, portò rapidamente ad una autonomia effettiva delle università, soprattuto riguardo alle loro attività di insegnamento. I precedenti corsi di laurea a quattro o cinque anni furono ristrutturati in un curriculum modulare, con un diploma triennale (corrispondente al bachelor inglese) seguito da una laurea specialistica di due anni. Questo sistema, chiamato ‘3+2’, fu implementato gradualmente e ha prodotto, nel tempo, effetti sia positivi che negativi per l’educazione e la formazione superiore in Italia.

Fra i benefici vanno annoverati la riduzione degli studenti fuori corso, che scesero dal 55% della fine degli anni novanta al 40% del 2008, e l’aumento del pass rate (efficienza accademica nel conseguire la laurea), che aumentò dal 31.9% del 2001 al 56.9 % nel 2005 (CNVSU, 2009). Tuttavia, a seguito della loro autonomia accademica, le università espansero il numero dei corsi offerti (vi erano 3234 nel 2001 e ben 5835 nel 2007), non solo per aumentare gli introiti e radicarsi meglio sul territorio, ma anche per giustificare un aumento del numero di posizioni accademiche. L’espansione inevitabilmente contribuì ad aumentare il numero delle persone in ruoli academici di vario tipo, le quali venivano selezionate tramite concorsi gestiti localmente in modo fondamentalmente incontrollato. Insieme al concomitante aumento dell’età pensionabile (sino al 2008 questa arrivava fino a 75 anni!), promozioni locali portarono ad un forte aumento dei professori di prima fascia (ordinari), che da 13103 nel 1998 passarono a 19623 nel 2007 (CNVSU, 2009). Questo provocò un abnorme aumento nelle spese di retribuzione - addirittura del 183% per gli stessi ordinari (CNVSU, 2009). Aumenti incontrollati di tal genere, mescolati alla continua saga di scandali concorsuali di ogni tipo, hanno portato ad una progressiva perdita di interesse da parte delle forze politiche verso il sistema universitario, che spesso sembra vivere nel suo mondo (Tocci, 2009). Questo distacco è divenuto più tangibile con i recenti governi di centro-destra, anche a causa della loro tradizionale insensibilità ai problemi dell’educazione superiore.

8. I tentativi di riforma e le delusioni del nuovo millennio. Col ritorno del centro-destra al governo in Italia nel 2001, il nuovo ministro per l’Educazione, Letizia Moratti, introdusse vari cambiamenti nel sistema universitario che sembravano seguire principi di ‘new public management’, come recentemente discusso da Newell (2009). Contrariamente ai suoi predecessori, Letizia Moratti veniva dal mondo imprenditoriale e forse grazie a questo diverso background ha inaugurato nuovi approcci per valutare gli output scientifici delle istituzioni accademiche (non a caso chiamati prodotti). Insieme ad alcuni tagli ai finanziamenti, il ministro Moratti introdusse un disegno di riforma universitaria, la legge 230/05, che però non venne promulgata prima della fine della legislatura. Un aspetto molto interessante di questa legge era l’abolizione della posizione di ricercatore, provvedimento che sarebbe risultato in un ritorno alla situazione di gerarchia accademica esistente prima della Legge 382/80 (cfr. sezione 3). Un primo segno di un possibile ricorso Vichiano, come discuteremo dopo. In pratica, la principale conseguenza della gestione Moratti fu un accumulo di normative e tagli finanziari che condussero ad una progressiva riduzione nel reclutamento di giovani ricercatori, con il conseguente aumento di forme di precariato simili a quelle degli anni settanta. Nel contempo, molte università continuarono a portare avanti la promozione interna di accademici già di ruolo. Così nel 2006 il numero di professori ordinari era aumentato del 51% rispetto al 1998 (CNVSU, 2009).

Nel 2006, il breve governo di centro-sinistra reintrodusse il Ministero per la Ricerca, separato da quello dell’Istruzione, che fu assegnato a Fabio Mussi. Laureato in filosofia e con il mondo sindacale alle spalle, Mussi non sembrò particolarmente sensibile al mondo accademico. Tuttavia riuscì a far passare lo stanziamento di nuovi fondi per reclutare giovani ricercatori, controbilanciando in parte decisioni e tagli del precedente governo. Introdusse pure una nuova Agenzia, l‘ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca), che tutt’oggi dovrebbe inglobare il CNVSU. In sostanza, però, Mussi ed il secondo governo Prodi produssero molto discontento nel sistema universitario italiano che divenne ulteriormente sclerotico, rimanendo cronicamente a corto di fondi ma sottoposto ad un’iper-regolamentazione normativa (Tocci, 2009). Un risultato impressionante, considerato che il governo era guidato da un eminente professore universitario (benché prestato alla politica da tanto tempo).

9. La riforma Gelmini. Col ritorno del governo Berlusconi nel 2008, il mondo accademico ricevette un chiaro messaggio: il sistema universitario è vecchio, inefficiente e pieno di sprechi, e dev’essere cambiato. La persona scelta per mettere in atto questo messaggio, in maniera apparentemente conforme alla filosofia del new public management (Newell, 2009), fu Mariastella Gelmini, una trentaquattrenne laureata in legge con nessuna precedente esperienza governativa od accademica (Sartori, 2008). Nonostante la sua inesperienza, il ministro Gelmini introdusse una serie di cambiamenti (molto controversi) all’intero sistema educativo italiano, a partire dalla scuola primaria, supportando i severi tagli finanziari imposti dal nuovo governo. Questi tagli provocarono una specie di rivolta nazionale che vide uniti genitori, insegnanti e studenti di tutte le età. La rivolta produsse, a livello universitario, la cosiddetta Onda, un movimento che poi si spense verso la fine del 2008, non senza aver temporeanamente preoccupato il governo. Forse a causa di queste preoccupazioni, il ministro Gelmini elaborò un decreto legge, il DL 1805, che restrinse ulteriormente le possibilità di reclutamento nelle università, esacerbando precedenti norme introdotte dal ministro Moratti. Ora solamente gli atenei cosiddetti ‘virtuosi’ e definiti tali con un arbitrario criterio contabile, avrebbero potuto reclutare nuovo personale attraverso procedure concorsuali che venivano parzialmente semplificate rispetto al passato. Il DL 180 introdusse anche, per la prima volta in Italia, una parziale redistribuzione del fondo statale ordinario (pari al 7%), secondo criteri che avrebbero preso in considerazione anche la produzione scientifica.

Le novità del DL 180 erano tese a preparare il terreno per una successiva legge volta a riformare completamente il sistema universitario italiano, la quale divenne presto nota come ‘riforma Gelmini’. Dopo tortuosi sviluppi (la cui sequenza temporale è documentata nel sito web Gelminometer, Degli Esposti, 2009), il decreto legge è stato poi presentato al Consiglio dei Ministri verso fine ottobre 20096. Subito dopo la sua presentazione, la riforma Gelmini attrasse un’entusiastica campagna mediatica, promossa specialmente dal governo, in cui si sottolinearono gli aspetti ‘rivoluzionari’ che la legge avrebbe introdotto nel sistema accademico. Il quale, esasperato da anni di inattività istituzionale e dalla sua progressiva decadenza, rispose inizialmente con tiepidi segni di approvazione (un esempio per tutti, l’articolo su La Stampa del 29 ottobre 2009). Tuttavia, molti di quelli che esaminarono in dettaglio il lunghissimo decreto (contenente oltre 171 norme), risposero con giudizi in genere negativi. La critica forse più comune era che il decreto avrebbe prodotto un eccesso legislativo e quindi gonfiato aspetti burocratici che invece sarebbe stato giusto eliminare. In effetti, calcoli attendibili stimarono che la legge di riforma avrebbe prodotto circa 500 norme ed oltre mille nuove disposizioni, da implementare in tempi non ben definiti (Tocci, 2009). Per di più, molte di queste nuove disposizioni andrebbero ad aggiungersi al complesso di regole tuttora vigenti, accumulatesi nelle ultime tre decadi di politica uiversitaria. Potestio e Rustichini (2009) hanno sottolineato come l’apparente strategia del decreto legge risieda nella capillarità dei provvedimenti che dispone, i quali non solo non riusciranno a fermare il declino del sistema universitario italiano, ma che anzi favoriranno potenzialmente le sue peggiori capacità di elusione (Tocci, 2009). Indubbiamente il decreto legge del ministro Gelmini era volto, nella sua forma originaria, a promuovere maggiore efficenza e merito, obiettivi commendevoli e di novità per il vecchio sistema universitario d’Italia (Potestio e Rustichini, 2009; Tocci, 2009). Tuttavia la maggioranza degli esperti sembra aver concluso, col tempo, che la capillarità dei provvendimenti contenuti nello stesso decreto potrebbe avere un effetto paralizzante sull’organizzazione e sul funzionamento delle università per anni a venire (per una breve analisi, si veda l’articolo di Boeri su La Repubblica del 29 Ottobre 2009).

Emerge quindi l’impressione che la riforma Gelmini potrebbe portare ad una complessa serie di cambiamenti che alla fine avranno un impatto limitato sul sistema universitario italiano e su come funziona tuttora. Cambiamenti del genere sono tipici della politica italiana e di solito vengono definiti gattopardeschi (La Stampa, 29 Ottobre 2009). Ciononostante, il trend che sembra seguire la politica universitaria in Italia risulta conforme ad un ciclo storico di cambiamenti ed aggiustamenti che ripristinano condizioni precedenti, delle quali spesso la gente ha perso memoria. In quest’ottica, i cambiamenti introdotti dal corrente governo diventerebbero emblematici di un classico ricorso. Tre punti sembrano puntare verso questa ipotesi:

       1. Nel decreto traspare una chiara intenzione di ridurre l’autonomia delle singole università, visto che tutte le decisioni chiave debbono essere approvate attraverso due livelli di governo centrale, il Ministero dell’Educazione ed Università e, alla fine, pure il Ministero delle Finanze (Tocci, 2009). La riforma reintrodurrebbe, così, una situazione analoga a quella esistente negli anni ottanta, con l’addizionale controllo da parte del Ministro dele Finanze.

       2. Le commissioni per la selezione di professori (associati ed ordinari) lavoreranno a livello nazionale e verranno formate essenzialmente secondo le modaltà introdotte nel 1979, ma successivamente abolite con la riforma Berlinguer. Di conseguenza, si ritornerebbe ai concorsi controllati centralmente, senza normative chiare che evitino le manipolazioni avvenute nel passato e documentate, ad esempio, dal rapporto Bisson.

      3. La posizione di ricercatore (a tempo indeterminato) viene abolita, producendo così una gerarchia accademica formata da professori associati ed ordinari con posizione permanente che comandano uno stuolo di giovani ricercatori ed accademici, impiegati a tempo determinato con diversi contratti. Si tornerebbe quindi indietro alla situazione di un sistema iniquo, instabile e caotico, come quello esistente oltre trent’anni fa. Se il ricorso seguisse la sua conclusione naturale che questi elementi suggeriscono, solamente una forte deviazione verso un percorso di progresso lineare potrebbe cambiare la natura ciclica della politica universitaria italiana degli ultimi trent’anni. Una tale deviazione dovrebbe concretizzarsi su basi prettamente meritocratiche, mettendo la valutazione del merito dei singoli accademici e dei loro istituti al centro dei principi guida per rinnovare il sistema universitario.

10 L’importanza del merito e della sua valutazione in futuro. Questa panoramica delle riforme applicate al sistema universitario in Italia negli ultimi trent’anni profila uno scenario che per noi scienziati risulta allarmante: un potenziale ritorno al passato. Suggerisce anche che l’ultimo processo di riforma potrebbe diventare un’ulteriore mancata opportunità per dotare l’accademia italiana di un più forte profilo di ricerca, soprattutto a livello internazionale. Mentre il decreto legge della riforma Gelmini entra nel suo cruciale momento legislativo, concludiamo la nostra analisi ponendo ancora una volta l’accento sull’importanza del merito e della sua valutazione, sia prima che dopo il processo di reclutamento degli accademici che formeranno il futuro del sistema universitario e che, quindi, determineranno il profilo scientifico dell’Italia sul piano internazionale. L’ANVUR, che sta per essere finalmente istituita7, dovrebbe giocare un ruolo decisivo nel promuovere e garantire un sistema meritocratico, contribuendo così a far uscire la politica universitaria dai percorsi ciclici che sinora hanno alimentato il declino del sistema universitario in Italia.

Note
Referenze

Thirty years of policy for higher education
in Italy: Vico's ricorsi and beyond?

Mauro Degli Esposti* and Marco Geraci#

* Faculty of Life Sciences and #  Faculty of Medical and Human Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK

Abstract. In 2010, it will have been thirty years since a reform bill was introduced to instigate several major changes in the Italian university system. During this period, many laws have been progressively altered and, more recently, also restored in a recurring pattern that could most aptly be described as ricorso. As first dubbed by the Italian philosopher Vico in 1744, a ricorso is a recurring historical cycle in which the end state is almost identical to the initial state from whence it originated. In this article it is posited that it is precisely this type of historical pattern that is characterised by the twists and turns of the Italian higher education policy that has occurred over the last thirty years. By combining the personal experience of two Italian scientists from different generations, this article will discuss how the latest reform proposed by the current government in Italy fits a pattern of ricorso, in the way in which it outlines the introduction of norms that were already in place thirty years ago. Nevertheless, the current policy proposals do appear to be based on a more meritocratic system – something which can be seen as a key issue for reforming the academic world in Italy. More important than the mere principle of merit itself, however, it is also the particular method of evaluating this merit that may be called into question. Crucially, merit calls to be evaluated according to congruent quantitative methods. The following article will present a study that will hopefully provide just such a quantitative analysis of the merit and prestige of universities in Italy.

1. INTRODUCTION - Thirty years of legislation seems to produce a ricorso. Thirty years ago, a major reform changed the university system in Italy. Since then, the Italian academia has gone through a roller-coaster of legislative changes and reform bills that have not succeeded in easing the progressive decline of the university system. This decline has been exacerbated by limited public investment and, more recently, severe financial cuts. The purpose of this article is to provide an overview of how the Italian university system has evolved in response to the legislative and political changes of the last thirty years. In our opinion, it is now reverting back to a situation analogous to that of pre-1980, thus recalling a pattern of historical cycles that were first described by the Italian philosopher Gianbattista Vico as ricorsi. According to Vico’s view of history (Vico, 1744), the progression of corsi e ricorsi does not necessarily improve situations - after all, not everything that is new is better. Indeed, the changes in the university system that are described and discussed here may help understanding the progressive decline of the Italian nation’s influence on the international stage – both politically and economically – over the past decade or so. It is perhaps telling that an ever increasing number of Italian academics and intellectuals have found it necessary to move abroad. The authors look back to the Italian system that educated them and wonder how the country will be able to progress out of this perniciously vicious cycle of Vichian decline. Might our present analysis be a small step in that direction

1.1 General features of the Italian university system. The structure of higher education in Italy may be compared to that in France and other European countries of equivalent size. A relatively large number of universities are distributed throughout the country, although they are particularly concentrated in middle and northern regions whose boundaries once enclosed the independent states of Tuscany, Emilia, Milan, Turin and Venice. In addition, there are a handful of specialised institutions modelled on the Napoleonic Ecole Normal, (Scuola Normale di Pisa is perhaps the best example) and an increasing number of privately owned universities, some of which are specialised in e-earning (Università Telematiche). According to the latest report of the National Committee for the Assessment of the University System (CNVSU 2009), in 2008 there were over ninety universities in Italy, which together enrolled 1.8 million students and employed 62,000 teaching staff.

In Italy, the number of university students and graduates is not large relative to the population as a whole (CNVSU, 2009); Moreover, 40% of the enrolled students fail to complete their courses within the prescribed time (known as fuori corso), thus reducing the efficiency of the higher education system in Italy. The same system is also characterized by a limited level of social mobility: about 40% of students obtaining a degree in Architecture, Pharmacology and Medicine have come from families in which at least one parent has the same degree (Ainis, 2009). This is because in Italy the academia has never stopped expressing and propagating a form of social conservativism. As described in a popular book by Stella and Rizzo (2008), many academic professors belong to families that profess an old association with the academia; in extreme cases, although not particularly rare, entire faculty bodies appear to be historically dominated by the same family (Ainis, 2009; Carlucci and Castaldo, 2009). A personal anecdote will help to illustrate this point. In the early 1980s, only two out of forty plus academic members of the Institute of Botany in Bologna were from a lower middle-class family without academic traditions. To this day, the situation has not significantly changed, since most of the academics of that institute are still active and the few who have succeeded retired professors are often relatives of other academics.The same story is repeated in other universities up and down the country (Carlucci and Castaldo, 2009).

1.2 The 382 Law of reform. A number of problems started to manifest themselves in the Italian University system during the 1970s, partly due to the opening of the previously elite universities, which resulted in a doubling of the student population. Many problems were subsequently exacerbated by the economic crisis of 1972, which resulted in reduced government funding for the universities. To carry out the great load of both research and teaching activities, an army of new graduates (laureati) was employed on short-term and poorly paid contracts (known as precari). Together with their sheer numbers, their social influence progressively increased during the 1970s. This could have only be achieved by consolidating the academic role of precari, which in fact happened later with the introduction of the 382/80 reform of 1980. Many precari were then enrolled in one of the two new academic levels introduced by the reform, ricercatori and professori associati (approximately corresponding to assistant and associate professors in the US system, or to junior and senior lecturers in the UK system). Although in theory the acceptance for these relatively well paid positions required an evaluation of idoneità (suitability) based on the curriculum, in practice these positions became open to all precari who had been employed previous to 1979. Thus, the reform allowed, ope legis, the acceptance into university positions of over 16,000 individuals whose teaching and research credentials had not been properly evaluated. Conversely, the same law served to open up 4,000 new posts of ‘free researchers’ (junior positions with a salary significantly lower than that provided to confirmed ricercatori) to graduates who had been left out of the university system. One of the present Authors was able to obtain a position of this kind after a highly competitive local concorso in 1983, thereby becoming a member of a novel category of Italian academics selected predominantly on the basis of scientific merit, as in other Western countries. These young ‘free researchers’, together with some fine scholars of previous generations and thanks to specific provisions of the reform (e.g. institution of large departments and of the doctoral degree), gave a strong positive incentive to Italian research, enhancing its scientific production throughout the 1980s and after. Fresh enthusiasm started to permeate research departments and top class students were attracted to research projects funded by government agencies and charities like Telethon. The level of funding remained low in comparison to that in the UK or other countries and it was generally assigned in a non-selective fashion. In spite of this, it was still possible to achieve high levels of research performance, thanks also to the fact that Ph.D. scholarships and support personnel were provided by the universities via local funding schemes.

1.3 The concorso system following the 382 law. The 382 Law served primarily to consolidate a crucial change in the recruitment of new university posts. In contrast to the ‘free researchers’, who were recruited locally, professors (associati & ordinari) were selected via a public competition (concorso) conducted nationally every 2-3 years1. For every discipline, a committee of seven to nine members was selected from a pool of professors who were elected nationally among their peers, following the system previously introduced by a 1979 law (the same law that also constituted the Comitato Universitario nazionale, CUN2 - an elective body that would have subsequently played a consultation role in the decisions regarding the university system). The committees would then examine all suitable candidates by using criteria that was agreed upon within the committees themselves - regardless of internationally established parameters (e.g. impact factor of publications) and in complete discretion. No mechanism for subsequent evaluation was set in place. Strangely enough, the committees were not required to interview the applicants for full professorships, whose selection was based on paper documents only. On the contrary, the teaching capabilities of associate professors were examined by means of a gruelling lecture on a subject chosen publicly the day before. The election system was open to pressure from academic power groups, called scuole (Mattei and Monateri, 1993), which could direct a large number of votes to selected candidates of their choice. Although several scandalous concorsi have been reported in the press (see for example Ainis, 2009; Stella and Rizzo, 2008), one especially thorough analysis unveiled the details on how the concorsi were systematically manipulated to promote the desired candidates, independently of the scientific merit of the applicants. Roberto Bisson, a well known associate professor from Padua, produced a detailed report in which he analysed the 1992 concorso for thirty nine posts of full professors in biochemistry and several previous concorsi in the same field. Being one of the largest in terms of number of positions and universities involved, the 1992 concorso can be considered to be representative of how academic promotion has been conducted in Italy after the introduction of the 382/80 Law (for more examples, see Carlucci and Castaldo, 2009).

1.4 The example of the 1992 concorso for biochemistry professors. Historically, the field of biochemistry in Italy was dominated by a handful of powerful scuole based in Rome, Naples, Bologna, Milan and Genova, which extended their influence to practically all faculties and universities on the peninsula. For instance, the school of Bologna controlled the biochemistry departments in all faculties at the universities of Bologna, Modena, Parma, Ancona, Urbino, Pisa, Sassari, Catania and Roma Cattolica, accounting for over one-tenth of all the the candidates for any given concorso in the field of biochemistry. The scuola of Bologna was then able to secure enough eligible candidates to ensure the presence of at least one committee member per round of concorsi. Another influential scuola was that of Rome La Sapienza, renowned for its scientific reputation. This questionable mechanism worked flawlessly: once the members of the committees had been chosen by lot among those who had agreed to be elected, they would discretely meet with the representatives of all scuole to pre-determine the winner for each post. This process occurred even before seeing the applicants’ CVs. Subsequently, the committees would define selection criteria so as to favour those candidates whom national and local academic powers had been agreed upon. Therefore, practically all of the one hundred and sixty eight applicants of the 1992 concorso were admitted to the selection for full professors, which was carried out during two years of committee work geared to eliminate all the undesired candidates but promote all the pre-selected ones (cf. Carlucci and Castaldo, 2009).

Although this unofficial (and technically illegal) way of selecting the candidates was able to continue undisturbed for many years - partly because the curricula of the candidates were not publicised - things finally started to change in 1994. In that year, the academic Roberto Bisson, after being turned down during the 1992 concorso, decided to evaluate the scientific profiles of his opponents who were appointed professors in his stead. By using the new tools offered by the online databank Medline/Pubmed, which collects the great majority of the scientific publications in biochemistry and related biomedical fields, Bisson found that several of the winning candidates had fewer and less prestigious publications than many unsuccessful candidates (including one of present Authors, who had applied to the same concorso). At his personal expense, Bisson went to the seat of the Ministry of Education in Rome and photocopied all the publicly available official submissions of the committees for the 1992 and previous concorsi. He then conducted a rigorous analysis by scrutinizing both the official documents and the results of his online searches. The results were published privately and then distributed nationwide.

The conclusions drawn from Bisson’s analysis were astonishing in many respects, exposing a world of discreet and unfair practices that disregarded merit and, ultimately, eluded the law. By comparing the group of all thirty nine successful candidates with the best twenty among the unsuccessful ones, Bisson estimated that the average number of citations (67) for the first group was about half the average number of citations (130) for the latter. Moreover, there were only five established group leaders among the successful candidates, a number much smaller than that seen among the best unsuccessful candidates. When looking at individual cases, Bisson also found that one particular candidate with an outstanding profile (752 citations and a cumulative Impact Factor four times as high as the average of that of the successful candidates) was deemed unsuitable to become professor; while three of those who were promoted professors had less than ten scientific citations. This was not an isolated case. By considering a combination of internationally established parameters of scientific production, only fourteen of the winners ranked within the top forty positions of the whole set of candidates of the 1992 concorso for biochemistry professors. Consequently, two thirds of the best Italian biochemists in the early 1990s were denied a fair promotion into the top academic position, thus consolidating the low international profile of biochemical research in the country.

1.5 The transition to the Berlinguer reform – from national to local concorsi. Bisson’s report and other scandals had an impact on the whole academic community in Italy in the mid 1990s. Committee members of incriminated concorsi were fearful of judicial consequences and in some cases were actually taken to court by resentful scientists who had been unfairly declared unsuitable. However, the political sentiment had already turned away from the unconditional support previously given to the academic community towards possible judicial solutions for the unfair practices and corruption that were widespread in the Italian system. As a consequence, the recruitment and promotion of academics was limited and delayed. Now the winners of new professorial posts were selected more according to their scientific strength than before, partly because their scientific outputs could be retrieved from online databases (Carlucci and Castaldo, 2009). However, the system remained adverse to fair competition, producing a form of passive resistance that effectively served to discourage worthy candidates from applying in the first place. Indeed, the 382 Law left open a significant loophole in the recruitment process: there was no automatic assignment of the winning candidates to the positions opened. Instead, the successful candidates had to apply to local faculties that had been granted a vacant position by the nationwide concorso; these faculties then chose one of the applicants to fill their position, generally after complex inter-university negotiations. However, in cases where the negotiations were unsuccessful, or an outsider winner was not interested in a leftover place (i.e. in a small and peripheral university for which power groups had no local candidate), a position could remain vacant indefinitely (Carlucci and Castaldo, 2009). Consequently, the system of recruitment remained not only unfair, but also inefficient in filling open positions.

The uncertainties and distortions in the concorsi conducted according to the 382 Law clearly required serious amendments in order to reconcile local interests with national requirements. The solution was simple: all concorsi had to be conducted locally, with committees dominated by members of the same university, as in other Western countries. A legislative solution of this kind was duly implemented with the law number 210 in 19983. The new rules effectively transferred a great deal of freedom to individual faculties and universities in choosing preferred candidates to fill professorial posts, candidates who invariably were of local extraction and could be made eligible with easy procedures. Such a transfer of power from national to local committees followed the trend of increasing autonomy for Italian universities that emerged following the Berlinguer reform of the 1990s .

1.6 The Berlinguer reform. The central reform of Italian universities in the 1990s is named after Luigi Berlinguer, a distinguished academic and politician who introduced various changes in public education. The major reform bill, DL509/994, led to an effective autonomy of the universities regarding their teaching curricula and academic activities. The previous four-year laurea degrees were re-structured to produce a curriculum of three-year bachelor degree followed by a two-year laurea specialistica. This 3+2 degree system was slowly implemented alongside the progressive phasing out of the previous one, leading to a number of changes that were paradoxically both beneficial and detrimental to higher education in Italy.

Among the beneficial effects, both the overall student population and the average pass rate increased (the latter from 31.9% in 2001 to 56.9 % in 2005), while the percentage of fuori corso decreased from 55% at the end of the 1990s to 40% in 2008 (CNVSU, 2009). Following their increased autonomy, Italian universities were able to expand the number of their degree courses (from 3,234 in 2001 to 5,835 in 2007), not only in order to enhance their revenues and establish tighter links with their surrounding regions, but also to open up new academic positions. This process inevitably contributed to a rise in the number of academics, who were selected by what were essentially uncontrolled concorsi. Combined with the concomitant increase in the retirement age of academics (who until 2008 could leave at the venerable age of seventy four), the local rounds of recruitment and promotion led to a large increase in the number of full professors (ordinari), from 13,103 in 1998 to 19,623 in 2007 – then decreasing slightly to 18,861 in 2009 (CNVSU, 2009). The increase in budget allocation to pay for the salary of full professors was even larger than that of their number, rising by 183% since 1998 (CNVSU, 2009). The apparently uncontrolled rises, together with the continued emergence of scandalous results in various concorsi, led to a progressive loss of interest by policy makers in a university system that clearly worked within its own world (Tocci, 2009). The detachment became more evident with the return of a centre-right government, which in Italy has traditionally been seen as insensitive to the issues of higher education.

1.7 The reform attempts and delusions of the new millennium. With the return of the centre-right in Italian politics in 2001, the new minister of education, Mrs. Letizia Moratti, introduced a number of changes in the university system which appear to follow a strategy conforming to the principles of ‘new public management’, as recently discussed by Newell (2009). In contrast with her predecessors, Mrs. Moratti came from a business rather than an academic background. Perhaps because of her managerial experience, Mrs. Moratti inaugurated several novel approaches to evaluate the scientific and academic outputs of academic institutions (defined as prodotti). She also developed a reform bill, the 230/05 law, which was not implemented until the end of the 2006 legislature. The most interesting part of this law was the abolition of the position of ricercatore, which resulted in the return to the exact situation existing before the 382/80 law (see above, part 1.2). As will be discussed later, this would seem to constitute a telling sign of a ricorso as defined by Vico. In practice, the major consequence of the Moratti period was an accumulation of provisions and funding cuts that led to a progressive restriction in the recruitment for junior posts in most Italian universities. Despite this, universities continued to expand their teaching portfolio and the internal promotion of academics, especially at the level of full professor. Consequently, in 2006 there were 51% more full professors than in 1998 (CNVSU, 2009).

The short lived centre-left government in 2006 re-introduced a separate ministerial position for Universities and Research, which was given to the Philosophy graduate Fabio Mussi. Coming from a union background, the new minister was not particularly sympathetic to the academic world. Nevertheless, he was able to legislate additional funding for recruiting ricercatori, thus reversing the intention of the previous government, and introduced a novel evaluation agency (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca, ANVUR) which would integrate all previous agencies including CNVSU. Overall, Mussi and the second Prodi government produced a lot of discontent in the increasingly sclerotic, chronically under-funded but hyper-regulated university system (Tocci, 2009). A striking result for a government that was led by an eminent university professor.

1.8 The Gelmini reform. With the return of the Berlusconi government in 2008, the academic world was given a clear message: ‘the university system is old, inefficient and expensive; it needs to change’. The person chosen to deliver and implement this message, in a manner apparently conforming to ‘new public management’ policies (Newell, 2009), was Ms. Mariastella Gelmini, a 34 year-old lawyer of no ministerial or academic experience (Sartori, 2008). Despite her inexperience, minister Gelmini introduced a series of controversial changes in the education system, starting with the primary school system and backing the severe financial cuts imposed by the new government (in the infamous 133 Law). These cuts provoked a nationwide revolt that united parents, teachers and students of all education sectors. At the university level, the revolt produced the so-called Onda (wave), a movement that in late 2008 preoccupied the government, before eventually fading away. Then minister Gelmini introduced a decree (DL 180, November 20085) which, following norms previously introduced by minister Moratti, restricted the possibility of recruiting university personnel to ‘virtuous’ institutions (i.e. those that did not use most of the state funds for paying the salaries of their staff) and simplified the procedure for selecting new researchers. This DL180 also introduced, for the first time, a 7% redistribution of state funding according to the ‘merit’ of the various universities, which was to be evaluated along parameters encompassing research outputs and teaching performance (see accompanying paper).

The novelties of the slim DL 180 decree were intended to prepare the ground for a comprehensive bill that would subsequently reform the whole university system, which became known as ‘Gelmini reform’. After multiple announcements and numerous tortuous developments (their temporal sequence can be found in the Gelminometer website, Degli Esposti, 2009), this bill was finally presented at the council of Ministers at the end of October 2009 and is now under scrutiny in parliament as DL1905/09. An enthusiastic media campaign promoted by the government has underlined the key features and ‘revolutionary’ aspects that the Gelmini reform would introduce. The academic world, exasperated by years of institutional inactivity and progressive decadence, initially responded in cautiously positive terms (for example: La Stampa, 29 October 2009). However, many of those who have analysed the exceedingly long bill in full (it contains one hundred and seventy one provisions) have come out with a negative conclusion. Perhaps the most common criticism has been in reference the excess of legislation and beurocracy, since the reform law could potentially produce up to five hundred norms and 1,000 new regulations (Tocci, 2009). Many of these would add to, rather than substitute, the plethora of regulations that have been accumulating in the university system over the past few decades. Others remain vague in their details and timing, since they are delegated to subsequent government legislation. As noted by Potestio and Rustichini (2009), the strategic line of the bill is the capillarity of provisions, which will not serve to stop the decline of the Italian university system but rather to enhance the capacity of elusion by the most corrupt aspects of the current system (Tocci, 2009). There is no doubt that the reform bill of minister Gelmini aims to promote efficiency and merit - commendable objectives that are new to the Italian university system (Potestio and Rustichini, 2009; Tocci, 2009). However, as most experts have concluded, the crippling bureaucracy of the same bill will have a paralysing impact on the organization and operation of universities for years to come (for a particularly lucid espousal of this problem, see La Repubblica, 29 October 2009).

Intriguingly, the impression thus emerges that the outcome of the Gelmini reform could be a complex series of alterations that will ultimately have very little impact of the Italian university system as it currently stands. Changes of this kind are considered typical in Italian politics and often labelled gattopardesche, or ‘leopard-like’ (La Stampa, 29 October 2009) after the literary masterpiece ‘The Leopard’ by Giuseppe Tomasi da Lampedusa6. However, the underlying policy may well follow a historical cycle of changes and regressions that revert to previous situations, of which most people have lost memory or maintain a disproportionately positive opinion. The changes put forward by the current Italian government would therefore be emblematic of a classical ricorso (Vico, 1744). Three elements may be observed in the bill that sustain this interpretation.

         1. There is a clear reduction in the autonomy of the universities, since all key decisions will depend upon the approval of two layers of central government, the ministry of Education and ultimately the ministry of Finance (Tocci, 2009); the reform would thus re-introduce the situation existing in the 1980s, with additional control exerted by the Finance minister.

        2. The search committees for associate and full professors will work at the national level and will be formed essentially with the same system that was introduced in 1979, but subsequently abolished with Berlinguer reform; hence, there will be a return to the centrally controlled concorsi - without clear provisions as to avoid the manipulations exposed by Bisson’s report.

        3. The position of ricercatore will be abolished, thereby producing an academic hierarchy formed by associate and full professors with permanent positions, who will rule over young academics and researchers employed in fixed-term contracts of various kind. This measure will throw the university back to the same iniquitous and unstable situation in which it was thirty years ago. If the ricorso that these elements indicate is followed to its natural conclusion, it would suggest that the cyclical nature of the higher education policy that has been carried out in Italy so far can be halted only by a complete reassessment capable of diverting the same policy towards a more linear path of progression. Such reassessment can only occur if a more meritocratic approach to higher education is adopted, placing the merit of academic individuals and their institutions as the fundamental guiding principle of the university system.

1.9 The importance of merit and its proper evaluation.  From this historical overview of the reform laws that have taken place in Italy over the last forty years, an alarming and undesirable scenario emerges: a potential return to the past and the yet another wasted opportunity to endow the Italian academia with a stronger research and teaching profile, both at national and international levels. It is beyond the scope of this article to provide a more comprehensive view of the Gelmini reform, if for no other reason than because the bill remains a platform which is likely to change considerably during its time under parliament scrutiny. We briefly conclude in stressing the importance that the evaluation of merit has in this critical juncture. Even if the word ‘competition’ is never used in the lengthy text of the bill, the necessity for a serious evaluation of the performance of the academic institutions and their staff is widely appreciated (Tocci, 2009; Checchi and Jappelli, 2009; Potestio and Rustichini, 2009). In this respect, we believe that the reforming process, in which ANVUR plays a major role, will benefit from appropriate meritocratic considerations consistent with international standards. The allocation of resources and the selection of university staff should, therefore, be inspired by principles and regulated by norms that are oriented to avoid the unfair and counterproductive practices of the concorsi that, as we have seen, have contributed to the decline of the Italian university system. At the time of writing, the current reform bill still discussed in the Senate may just offer the opportunity for this necessary and desirable break with the past. Whether or not this opportunity will come to fruition, however, only time will tell.

Notes

References

Note

1
DPR 382/1980, disponibile online su: http://www.pd.infn.it/infn_ric/GruppiLavoro/Stato_Giuridico/Stato%20Giuridico%20Universitari_DPR382_1980.html

2 Legge n.31, 1979, disponibile online su: http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1979/lexs_265265.html

3 Legge 210/98, disponibile online su: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/98210l.htm

4 Firmato in realtà dal Ministro per la Ricerca Zecchino nel 1999 http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0098Normat/2088Regola.htm

5 DL180 2008 (promulgata come Legge 1/2009), online su: http://www.camera.it/parlam/leggi/decreti/08180d.htm

7 Per informazioni sulla storia dell’ANVUR, consultare il sito: http://rpc264.cs.man.ac.uk/VIA/index.php/ANVUR

6 A Giugno 2010, tale decreto legge sta per entrare all’esame dell’aula in Senato, come DL1905/09 ma con vari emendamenti approvati in sede di commissione [NdA].


Referenze

Ainis, M. (2009) La Cura, p. 86-87, Chiarelettere, Milano.

Carlucci, D. and Castaldo, A. (2009) Un paese di baroni, Chiarelette, Milano. CNVSU (2009) Rapporto annuale 2009, riportato su: http://www.cnvsu.it/publidoc/datistat/default.asp?id_documento_padre=11666

Degli Esposti, M. (2009) Gelminometer, http://rpc264.cs.man.ac.uk/VIA/index.php/Gelminometer

Mattei, U. e Montaneri, P.G. (1993) Faculty recruitment in Italy: two sides of the moon. American Journal of Comparative Law 41 (3), 427-440.

Newell, J. (2009) “Italian politics and education policy”, ‘paper’ presentato alla Prima Conferenza della Via-academy, Manchester, September 2009.

Potestio, P. e Rustichini, A. (2009) Il disegno di legge sull'università. http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Il_disegno_di_legge_sull%27universit%C3%A0%3A_le_correzioni_di_rotta_necessarie#body

Sartori, G. (2009) Il Sultanato, p. 142, Gius. Laterza & Figli Spa, Bari.

Stella, G.A. e Rizzo, S. (2008) La Deriva, pp. 194-215, Rizzoli, Milan.

Tocci, W. (2009) Quale riforma per l’universita’, http://www.nens.it/_public-file/Riforma%20universita.%20Tocci1.pdf

Vico, G. (1744) Scienza Nuova – disponibile online su: http://www3.niu.edu/acad/english/vico/intro.htm

 

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Motivi di orgoglio dell'"antico (e nuovo) valor degli italici cor"

INVENZIONI DEL "GENIO  DEGLI   ITALICI"
nella storia.

Elenco incompleto di elementi presi dal libro di:
Rino Camilleri, Doveroso elogio degli Italiani, Ed. BUR, 2001) e da noi organizzati per ordine alfabetico

- Acido salicilico, inventato d al Raffaele Piria, e che con aggiunta di acido acetico (nel 1897, da parte di Felix Hoffman) diverrà l'aspirina, nel XIX secolo;

- Acqua di colonia, inventata da Giovanni Maria Farina nel XVIII secolo;

- Aereo a reazione inventato da Giovanni Caproni e Secondo Campini nel XX secolo;

- Albero a camme, compare in Toscana nel X secolo;

- Albero di bompresso (che permette di navigare col vento di fianco) , inventata dai Romani nel I secolo d.C..;

- Aliscafo inventato da Enrico Forlanini nel XX secolo.;

- Ammoniaca (prima, solo gassosa) Š liquefatta da Liberato Giovanni Baccelli, nel XIX secolo;

- Anatomia patologica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1761);

- Anello di fidanzamento con diamante, compare a Venezia nel XV secolo;

- Anticiclone delle Azzorre, scoperto da Luigi De Marchi, nel XIX secolo;

- Armi da fuoco portatili compaiono in Italia nel XIII secolo;

- Assicurazioni sulla vita, inventate da Lorenzo Tonti nel XVII secolo ;

- Asteroide, Cerere, il primo è scoperto da Giuseppe Piazzi, nel XIX secolo.;

- Autostrada del mondo, la prima nel mondo è la Milano-Laghi nel XX secolo;

- Bagni termali nel II secolo a.C., a Roma;

- Balestra, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Banca moderna, la prima nasce a Genova nel XV secolo;

- Barile, inventato dai Romani nel I secolo d.C.;

- Barometro inventato da Evangelista Torricelli nel XVII secolo;

- Bicicletta, ideata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;

- Bilancia idrostatica, ottenuta da Archimede, in base al principio di Archimede, nel III secolo a.C.;

- Bodoni, caratteri tipografici, ideati da Giambattista Bodoni nel XVIII secolo ;

- Bombarda compare in Italia nel XIII secolo;

- Caffettiera moka express, inventata da Alfonso Dialetti) nel XX secolo;

- Calcestruzzo, entra in uso a Napoli, fatto con pietra vulcanica (pozzolana, da Pozzuoli), calce e acqua, nel II secolo a.C.;

- Calcio fiorentino, primo gioco di palla a squadre nasce a Firenze nel XIII secolo ;

- Calendario ""giuliano", introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.";

- Calendario "gregoriano" (ancora valido) nel 1582 dal papa Gregorio XIII.";

- Calzini (udones) compaiono a Roma nel IV secolo a. C. ;

- Campo magnetico rotante, inventato da Galileo Ferraris, nel XIX secolo;

- Canale di Suez, progettato da Luigi Negrelli, nel XIX secolo ;

- Cannocchiale astronomico, inventato da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Carrello cinematografico inventato da Giovanni Pastrone nel XX secolo;

- Carrucola, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante;

- Carta stagnola, compare in Italia nel XV secolo;

- Cellule cancerogene, individuate da Renato Dulbecco (Nobel per la medicina) nel XX secolo ;

- Champagne, inventato dal benedettino Francesco Scacchi (1335), tre secoli prima di Perignon;

- Compasso, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Concerto musicale , creato dal bolognese Adriano Banchieri nel XVI secolo;

- Corsivo, inventato da Aldo Manuzio nel XV secolo;

- Crema emolliente inventata da Galeno nel II secolo d.C.;

- Cruciverba inventato da Giuseppe Airoldi nel XIX secolo ;

- Cupola (la prima è quella del Pantheon), inventata dai Romani nel I secolo d.C. ;

- Declinazione magnetica, intuita da Cristoforo Colombo nel XV secolo;

- Dentiera inventata nel VIII secolo a.C dagli etruschi (che trapiantano anche denti d'oro, d'avorio e d'osso).;

- Dizionario alfabetico, il primo è compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel XVI secolo. ;

- Docente universitaria donna, Laura Bassi, la prima nella storia ;

- Elettroshock, inventato da Ugo Cerletti nel XX secolo. ;

- Elicottero moderno inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo.;

- Enciclopedia delle scienze, la prima ("Naturalis Historia") è di Plinio il Vecchio nel 77 d.C.;

- Energia elettrica per via geotermica, ottenuta da Piero Ginori Conti nel XX secolo (1904);

- Fattore di crescita neurale, scoperto da Rita Levi Montalcini (Nobel per la medicina) nel XX secolo;

- Fecondazione artificiale, ideata da Lazzaro Spallanzani, nel XIX secolo. ;

- Ferro da stiro, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Fisarmonica, inventata da Paolo Soprani, nel XIX secolo.;

- Forchetta, compare in Toscana nell'XI secolo;

- Fotografia della corona solare, la prima - 1842 - è fatta di Maiocchi, nel XIX secolo;

- Funicolare, la prima a Napoli, nel XIX secolo ;

- Futurismo inventato da Filippo Tommaso Marinetti nel XX secolo.;

- Gelato, inventato dal toscano Bernardo Buontalenti nel XIV secolo;

- Generatore di corrente (dinamo), inventato da Antonio Pacinotti , nel XIX secolo;

- Gioco del lotto, il primo, nasce a Genova nel XVI secolo;

- Lampadina di Edison, migliorata da Arturo Malignani (portandone la durata da 100 ore a 800 ore, e da luce rossastra a luce bianca e intensa), nel XIX secolo;

- Legge di Avogadro (volumi uguali di gas, alla stessa temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole), scoperta da Amedeo Avogadro, nel XIX secolo. ;

- Libri tascabili, inventati da Aldo Manuzio nel XV secolo ;

- Macchia rossa di Giove, scoperta da Giandomenico Cassini nel XVII secolo ;

- Macchina da scrivere, inventata da Giuseppe Ravizza, nel XIX secolo.;

- Macchina seminatrice, inventata dal bolognese Taddeo Cavallini nel XVI secolo;

- Malattie infettive, individuate, per primo, da Gerolamo Fracastoro nel XVI secolo;

- Mappa di Marte, la prima è disegnata da Francesco Fontana nel XVII secolo;

- Martello pneumatico, inventato da Ernesto Curri nel XX secolo;

- Melodramma, ideato da Jacopo Peri XVI secolo;

- Metodo scientifico moderno: i suoi caratteri sono dettati per primo da G. Galilei nel XVII secolo;

- Microchip, inventato da Federico Faggin, nel XX secolo;

- Moderna elica navale, ideata da Giuseppe Ludovico Ressel, triestino, nel XIX secolo;

- Moto alternato in rotatorio e altro: la macchina per la trasformazione dell'uno nell'altra è inventata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;

- Motore a scoppio, creato da Felice Matteucci ed Eugenio Barsanti nel XIX secolo;

- Motore a stella per aerei inventato da Alessando Anziani nel XX secolo.;

- Motore elettrico, ideato da Galileo Ferraris nel XIX secolo (1883);

- Musica "Jazz" , inventata dall'italo-americano Nick La Rocca (1917, primo disco) ) nel XX secolo;

- Neuroni, scoperti da Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina) , nel XIX secolo ;

- Nitroglicerina (su cui lavor•, poi, Alfredo Nobel per ottenere la dinamite - 1867), inventata da Ascanio Sobrero nel XIX secolo;

- Notazione musicale è ideata da . Guido d'Arezzo nell'XI secolo;

- Novella, genere letterario creato da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo;

- Nutella, inventata da Michele Ferrero) nel XX secolo;

- Ocarina, costruita da Giovanni Donati, nel XIX secolo.;

- Occhiali compaiono a Pisa nel XIII secolo ;

- Orologio meccanico, detto ""svegliatore monastico"" perchè in uso nei monasteri, compare nell'XI secolo";

- Orologio pubblico: i primi comparvero su campanili, in Italia, nell'anno 1000;

- Oscillazioni isocrone del pendolo: le relative leggi sono intuite da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Pantaloni, i primi sono fatti a Venezia nel XVI secolo nel XVI secolo;

- Pantelegrafo (antenato del fax) creato da Giovanni Caselli nel XIX secolo.;

- Particelle Zeta, individuate da Carlo Rubbia (Nobel per la fsica) nel XX secolo.;

- Partita doppia della contabilità è creata da Luca Pacioli nel XV secolo;

- Periodo di rotazione di Venere, scoperto da Giovanni Schiaparelli, nel XIX secolo;

- Pianoforte, costruito da Bartolomeo Cristofari nel XVIII secolo;

- Pianoforte a 7 tastiere, suonabile a 12 mani, inventato da Francesco La Grassa (genio analfabeta), 1836-1847;

- Pila elettrica, inventata da Alessandro Volta, nel XIX secolo;

- "Pinocchio", il libro più tradotto dopo la Bibbia, scritto da Carlo Lorenzini (""Collodi""), nel XIX secolo;

- Pistola a tamburo (nel 1833, due anni prima di Colt), inventata da Francesco Antonio Broccu, nel XIX secolo.;

- Pizza, compare a Napoli nel X secolo ;

- Pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi, inventato da Carlo Forlanini, nel XIX secolo.;

- Polipropilene (cioè, la plastica) inventato da Giulio Natta nel XX secolo.;

- Polo nord, sorvolato la prima volta Da Umberto Nobile, con un dirigibile, nel XX secolo;

- Portolano, il primo compare a Pisa nel XIII secolo;

- Preservativo moderno, ideato da Gabriele Falloppio nel XVI secolo;

- Prospettiva, le sue regole sono elaborate e codificate, rispettivamente, da Filippo Brunelleschi e da Leon Battista Alberti nel XIV secolo;

- Protuberanze solari scoperte da Angelo Secchi , nel XIX secolo;

- Quotidiano, introdotto nel I secolo a. C. da Giulio Cesare con gli Acta Diurna che informano delle decisioni del Senato;

- Radio, inventata da Guglielmo Marconi nel XX secolo;

- Radiogoniometro (determina la provenienza dei campi magnetici e il trasmettitore che li emette), inventato da Alessandro Artom nel XX secolo;

- Raggi cosmici , scoperti da Bruno Rossi nel XX secolo.;

- Reazione nucleare a catena, provocata da Enrico Fermi nel XX secolo;

- Riscaldamento centralizzato, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Rubinetto creato dai romani nel I secolo a.C.;

- Ruota da bicicletta lenticolare, inventata da Antonio Dal Monte ) nel XX secolo;

- Salsa piccante compare a Roma nel III secolo a.C.;

- Satelliti di Giove, scoperti da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Sciopero (il primo della storia - 1378 - a Firenze, da parte dei "ciompi" fiorentini, lavoratori della lana; il secondo a Londra - 1396 - da parte dei marinai veneziani)";

- Scooter inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo;

- Sfigmomanometro, inventato da Scipione Riva Rocci, nel XIX secolo. ;

- Siluro, inventato da Giovanni Battista Luppis, nel XIX secolo.;

- Sismografo, inventato da Luigi Palmieri , nel XIX secolo;

- Sonetto è inventato dal siciliano Jacopo da Lentini nel XIII secolo;

- Spaccio pubblico di acquavite, il primo compare a Modena nel XV secolo;

- Stenografia inventata nel 63 a.C. Marco Tullio Tirono.;

- Suole per scarpe in gomma, create da Vitale Bramani nel XX secolo. ;

- Telefono, inventato da Antonio Meucci, nel XIX secolo;

- Telescrivente inventata da Luigi Cerebotani nel XX secolo.;

- Teorema di Pitagora, inventato da Pitagora, nel VI secolo a.C , a Crotone.;

- Termocoppia (che misura piccole differenze di temperatura) ideata da Leopoldo Nobili, nel XIX secolo.;

- Termodinamica, le relative leggi sono scoperte da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Termometro inventato da Santorio Santorio nel XVII secolo;

- Torta nuziale (che viene buttata addosso alla sposa) introdotta da Romani nel I secolo a.C..;

- Trapianto di pelle, il primo è eseguito da Gaspare Tagliacozzo nel XVI secolo;

- Trasporto pubblico a trazione elettrica, il primo a Firenze, nel XIX secolo (1890);

- Trattato di architettura, il primo è di Vitruvio nel I secolo d.C. ;

- Università, la prima nasce a Bologna nel XI secolo (988 ?);

- Vaccino contro la pertosse (tramite ingegneria genetica), scoperto da Rino Rappuoli) nel XX secolo;

- Vento solare, scoperto da Bruno Rossi nel XX secolo.;

- Violino, costruito da Gasparo Bardotti nel XVI secolo;

- Vite, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante. ;

- Vite senza fine, ottenuta da Archimede, nel III secolo a.C.;

-Volta a crociera, compare a Roma nel II secolo d.C.

   

EDIZIONE  DI  DICEMBRE  2011

Atenei Genova e Torino-Politecnico rivendicano autonomia, rispetto a Miur, su Governance elettiva. Importanza, per tutta l'università italiana, di pronuncia Corte Costituzionale sulla autonomia universitaria (art. 33 Costituzione).CLICCA : HOME

Crisi economica.Dopo la svolta dell'UE (che vieta alla BCE, il fare da "prestatore di ultima istanza", per gli Stati), la via estrema è puntare su di noi: per un "ombrello fiscale" in Italia per i BTp non collocati; CLICCA su: FORUM1

Nuove prese di posizione (Luciano Modica, Marco Merafina) per levare il tappo della legge Gelmini sull'università.
CLICCA: ARTICOLI

Dopo bocciatura MIUR dello Statuto della Univ.tà di Bologna, (40 rilievi, non su Governance), questa ribatte quasi su tutto. Comunicato Intersindacale locale. CLICCA su RUBRICA
Bologna-Università, Nuovi professori emeriti. "Flop" a Giurisprudenza,  e "gelata" in altre Facoltà sulle proposte in istruttoria. CLICCA su:FORUM3 Dopo i recenti convegni di associazioni cattoliche, Lettera aperta di Publio Fiori su "Il risveglio dei cattolici in politica".  CLICCA su: FORUM2

Legge gelmini: "ultimo miglio" lontano. Visto il suo dubbio valore, e che c'è un ministro-professore, s'imporrebbe una pausa di riflessione su reclutamento, carriere, finanziamento. CLICCA su: Stato giuridico

In margine al DL  6 luglio 2011, sul numero di almeno "1000 alunni per Preside", nelle scuole di II grado. Cinzia Boccaccini, E' questa la scuola che vogliamo ? CLICCA su:
FORUM4

  Tribunale di Perugia Sentenza n. 109/11, in data 27/1/2011, riammette il prof. Nino Luciani nel Cipur, Clicca su: Trib-Perugia

EDIZIONE  DI  OTTOBRE  2011

 FFO-Fondo di Finanziamento Università, e applicazione dei Decreti attuativi riforma Gelmini. CRUI e INTERSINDACALE Universitaria giudicano il Governo. CLICCA su: HOME Bologna, Al MIUR da Intersindacale locale: "Osservazioni giuridiche" al nuovo Statuto, su cui il MIUR "dovrà" pronunciarsi entro novembre. CLICCA su RUBRICA
Rettore Dionigi alla Festa dell'Unità,  "Barricadero" contro il governo ma, questa volta, in modo improprio. Errato adombrare che l'Università ami un partito. CLICCA: ARTICOLI La crisi del debito pubblico e l'incartamento di Berlusconi. Per un governo PDL-PD (con o senza Berlusconi), per salvare la Italia e la legislatura. La via tecnica... .CLICCA su: FORUM1
Bologna, CISL-Università, Lettera al Rettore: "Ti ritiriamo la firma. Non hai mantenuto l'impegno di consultarci per la riorganizzazione dell'Ateneo".  CLICCA su: FORUM3 Card. Bagnasco, Prolusione di nuovo sul deterioramento del costume e del linguaggio politico in Italia. Commento e richiesta di più puntuali indicazioni. CLICCA su: FORUM2
  Decreto Ministeriale sui settori concorsuali. Testo originale ed  ALLEGATO A (settori concorsuali, nello specifico).
CLICCA su: Stato giuridico
Arcivescovo Caffarra propone "un Consiglio permanente per la sussidiarietà" composto da: "Municipalità, Imprese, Terzo settore". Anche la "seconda università di Bologna? CLICCA su: FORUM4

EDIZIONE  DI  NOVEMBRE  2011

Miur boccia lo Statuto della Università di Bologna, 40 rilievi con invito a correggere. "Rilevato" l'escamotage di affidare al Regolamento la modifica futura dello Statuto..
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Crisi economica.Dopo la svolta dell'UE, che vieta alla BCE, il fare da "prestatore di ultima istanza", per gli Stati                    La via estrema per puntare su di noi: per un "ombrello fiscale" per i btp non collocati; CLICCA su: FORUM1
Bologna, Laboratorio Urbano, M. Sobrero (Membro Giunta Rettorato) e Sen. W.Vitali (PD) propongono "Documento su Università", a un anno da legge Gelmini. CLICCA: ARTICOLI Bologna, In attesa dell'approvazione dello Statuto, il Rettore Dionigi anticipa la riforma dei dipartimenti ( 89 docenti ruolo, per dipartimento). CLICCA su RUBRICA
Bertinoro, Centro Universitario, partecipazione di Unibo 33%, chiede  contributi straordinari ai soci per risanamento del bilancio in forte esposizione. CLICCA su:FORUM3 MAROCCO, la nuova Costituzione in lingua italiana. Un evento su cui fermarsi, perchè indica una strada nuova, per i Paesi Arabi.  CLICCA su: FORUM2
1) Ricercatori e professori in conferma. Appello Intersindacale universitaria alla Ministra: "Non bloccate la retribuzione al momento della conferna. 2) Stato Decreti attuativi legge Gelmini 240/2010. CLICCA su: Stato giuridico Università di Rimini, a G.Cantelli Forti la medaglia d'oro del Presidente della Repubblica: una personalità da approfondire anche sotto l'aspetto scientifico CLICCA su: FORUM4

, Venezuela, Kenya, Panama, Iran, Islamic Republic of, Estonia, Argentina, Satellite Provider, Bahrain, Lebanon

EDIZIONE  DI  OTTOBRE  2011

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Rettore Dionigi alla Festa dell'Unità,  "Barricadero" contro il governo ma, questa volta, in modo improprio. Errato adombrare che l'Università ami un partito. CLICCA: ARTICOLI La crisi del debito pubblico e l'incartamento di Berlusconi. Per un governo PDL-PD (con o senza Berlusconi), per salvare la Italia e la legislatura. La via tecnica... .CLICCA su: FORUM1
Bologna, CISL-Università, Lettera al Rettore: "Ti ritiriamo la firma. Non hai mantenuto l'impegno di consultarci per la riorganizzazione dell'Ateneo".  CLICCA su: FORUM3 Card. Bagnasco, Prolusione di nuovo sul deterioramento del costume e del linguaggio politico in Italia. Commento e richiesta di più puntuali indicazioni. CLICCA su: FORUM2
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EDIZIONE  DI  GIUGNO 2011

Bologna, riforma Statuto: "Progetto  rettorale  inemendabile? ". Relazione del prof. G. Ghetti alla Assemblea intersindacale di Ateneo. REFERENDUM CONSULTIVO, 28-30 giugno.Clicca: HOME Bologna, CdA. Verso il traguardo, il nuovo statuto. Posizioni contrarie, ma in un quadro di prevalente assuefazione al rettore. Interventi Conss. Porzi e Maltoni. Clicca su RUBRICA
Contributi studenteschi, sopra il 20% del FFO. TAR per l'Abruzzo condanna l'Ateneo di Chieti. Anche a Bologna è in corso analogo ricorso al TAR della E.R. . Clicca: ARTICOLI Da Confindustria, Relazione Pres. E. Marcegaglia: "Priorità a   stabilita' dei conti pubblici e a crescita economica". E chi dovrebbe prendersi questo impegno ? Clicca su: FORUM1
Bologna, Costituito "Collegio di disciplina" con modifica anomala dello Statuto di Ateneo. Riserve sulla sua legittimità da Rappresentante del Governo in CdA. Clicca su: FORUM3 Senato, Per indagine conoscitiva su "valore legale" del titolo di studio,  Audizione Intersindacale Nazionale Universitaria:
" Si' a valore legale titolo di studio". Clicca su: FORUM2
Testo completo DPR recante Regolamento per abilitazione scientifica nazionale, trasmesso dal Governo alle Camere per il parere di conformità alla legge.Clicca su: Stato giuridico Dalla Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì, ente finanziatore della Università di Forlì e Cesena, Presidente PG. Dolcini preoccupato autonomia romagnola.Clicca su: FORUM4

 

EDIZIONE  DI  APRILE - MAGGIO 2011

Bologna: da Intersindacale locale, come fare i Dipartimenti e le Scuole/ Facoltà. La Romagna è al termine del suo sogno di divenire Università ? Quali soluzioni ? Clicca su: HOME Notizie da Venezia Cà Foscari (855 docenti): Testo originale del primo statuto messo in pista (in Italia). Di M. Matteuzzi, Breve sintesi del panorama italiano. Clicca su RUBRICA
Bologna, Rettore "firma facile (?)" di atto illegittimo. Disparità di trattamento tra i professori. Serve controfirma  del dirigente amm.vo del settore,circa la legittimità dell'atto.Clicca: ARTICOLI Berlusconi: "La Magistratura è eversiva". NO, è questione di sbilanciamento tra i poteri giudiziario e politico. Per rilancio ruolo costituzionale grandi partiti PDL-PD. Clicca su: FORUM1
In coda alle vicende di Flavio Delbono. La vera storia del "plagio "ZAMAGNI" detta da Lui, ma anche necessità di integrazioni. Perchè lo stop nelle indagini della SIE ? Clicca su: FORUM3 La CRUI si dà un nuovo Presidente: MARCO MANCINI.
Anche alcuni riferimenti per  riprendere il cammino, anzi una lettera di Piero Tosi del dic. 2005.  Clicca su: FORUM2
Interrogazione dell'On. F.LATTERI al Ministro dell'Università GELMINI e Risposta (?), sui ritardi dei Decreti attuativi della legge Gelmini.. Clicca su: Stato giuridico Da precedente edizione. Primo Presidente E. Lupo, Corte di cassazione, relazione "pane a pane, e vino al vino", sullo stato di amministrazione della giustizia in Italia. Clicca su: FORUM4

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EDIZIONE  DI  MARZO 2011

Riforme "locali" degli Statuti ex-lege Gelmini 240/2010: documento dell' INTERSINDACALE NAZIONALE. Altro soggetto propone referendum abrogativo. Clicca su: HOME Riforma Statuto dell'Università, in applicazione della Legge Gelmini: conferenza convocata dal Rettore, svolta  il 17 feb 2011.Interventi liberi. Documento ufficiale. Clicca su RUBRICA
Bologna, CdA dice "SÌ" a trasformare la   Fondazione  ALMA MATER" in fondazione universitaria, ex-DPR  254/2001, per diversificare fonti finanziarie Ateneo.Clicca: ARTICOLI Dalla CEI, A. Bagnasco, "Dare voce al Paese, che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia, senza avventurismi". Commento su "avventurismi". Clicca su: FORUM1
Per il piacere dei Colleghi professori e ricercatori: di Salvatore GALLO,  400 Aforismi e citazioni celebri.
  Clicca su:  FORUM3
Nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia: 1 - Lettura di passi  del Canzoniere di F. Petrarca; 2- Elenco delle invenzioni degli Italici, fin dalle origini storiche italico suolo. Clicca su: FORUM2
In attesa Decreto del Governo per abilitazione scientifica nazionale, Bologna riconosce la funzione docente "simbolica" ai Ricercatori a tempo indeterminato. Clicca su: Stato giuridico Da Primo Presidente E. Lupo, Corte di cassazione, finalmente relazione "pane a pane, e vino al vino", sullo stato di amministrazione della giustizia in Italia. Clicca su: FORUM4

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EDIZIONE  DI  FEBBRAIO 2011

Verso riforma Governance, in attazione legge 240/2010.
Da Intersindacale Universitaria di Bologna, Contributo per riforma Statuto Generale   di Ateneo.  Clicca su: HOME
Bologna, Dal CdA   Prof. G. Porzi in risposta a lettera "Docenti preoccupati" al Rettore, e in Intervista su recente Referendum farsa su contratto integrativo personale TA. Clicca su RUBRICA
Recente sentenza Tribunale della UE, su uso lingua tedesca, inglese e francese in UE. Motivi per riconsiderare monopolio inglese, nel dibattito scientifico int.le. Clicca  News e ARTICOLI Dalla CEI, A. Bagnasco, "Dare voce al Paese, che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia, senza avventurismi". Commento su "avventurismi". Clicca su: FORUM1
Organizzato da G. Cantelli Forti, Presidente Polo Riminese: Convegno : "Ricerca  e trasferimento tecnologico". Anche inaugurazione nuovi laboratori di ricerca. Clicca su:  FORUM3 Federalismo fiscale municipale. Boomerang per la Lega Nord. Una cosa è un diverso riparto imposte attuali tra Stato e Comuni, altra cosa è imposte aggiuntive. Clicca su: FORUM2
Dopo legge 240/2010 di riforma universitaria. G. Porzi, Un confronto col DPR 382/80 e pensieri sulle conseguenze sul futuro.Clicca su: Stato giuridico Da Primo Presidente E. Lupo, Corte di cassazione, finalmente relazione "pane a pane, e vino al vino", sullo stato di amministrazione della giustizia in Italia. Clicca su: FORUM4

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EDIZIONE  DI  GENNAIO 2011

Magistratura ordinaria, Sentenza sul sistema dei concorsi in Italia, dopo denuncia al CUN, di Quirino Paris della Università di California, Davis. Ma poi..., legge Gelmini ! Clicca su: HOME Bologna, Il Rettore fa contratto integrativo separato con la FLC-CGIL, per il personale tecnico e amministrativo. Votanti il 28%. Testo del contratto. Clicca su . RUBRICA
FFO 2010, Decreto di ripartizione tra Atenei Italia. BOLOGNA, BILANCIO di previsione 2011. Intervista al prof. Gianni Porzi rappresentante del Governo. Clicca  News e ARTICOLI CRISI DI GOVERNO, dopo voto di fiducia 14 dic., governo Berlusconi in atterraggio morbido, in attesa PdN... . Ma per adesso serve "grande coalizione" pdl + pd. Clicca su: FORUM1
Ateneo di Bologna. Facciamo l'"Associazione pro universitate", il club dei professori di tutte le Facoltà, in servizio e cessati dal servizio ?   Clicca su:  FORUM3 Federalismo fiscale dei Comuni. Auspicabile la partenza, in uno spirito unitario nazionale, viatico per governabilità dello Stato. Clicca su: FORUM2

Legge di RIFORMA UNIVERSITARIA. Il testo completo. Clicca su: Stato giuridico

RIFORMA STATUTO ATENEO - Petizione al Rettore da: "I Docenti Preoccupati", "Il coordinamento nazionale dei Professori associati (ConPass),  " La rete 29 Aprile. Clicca su: Riforma Statuto

                                            Edizione di novembre 2010          VISITATORI 15 sett/15 ott :  n. 2.840

Riforma universitaria - Le ragioni della Gelmini contro la autonomia all'università, mentre Roma "La Sapienza" ricorda A. Ruberti, il Ministro che diede l'autonomia. OSSERVAZIONI. Il "contratto con gli Italiani" di Berlusconi 2002. Clicca: HOME Testo  PDL C 3687 (riforma universitaria)- approvato da Commissione della Camera (con specificate le variazioni). Esame Aula dopo legge di bilancio (dic.?), Stato giuridico
Ricercatori: Prof.M. Marini, chiede al Rettore di Bologna come intende sopperire alla mancanza di docenti, data l'astensione dei Ricercatori da insegnamenti, per mancato riconoscimento della funzione docente. Clicca  News e ARTICOLI Crisi di governo: per "grande coalizione" PDL-PD, per riforma Governance dello Stato con governi di legislatura !  (Testo come in precedente edizione), FORUM1
a) Università di Rimini, Convegno: "La Ricerca Universitaria per Rimini". b) G.Cantelli Forti nominato Presidente della Giunta del Collegio dei Farmacologi universitari, RUBRICA Dalla CEI, Cardinale A. Bagnasco, "L'Italia sembra, su alcuni fronti, sempre al punto di partenza". Commento, FORUM2

G.Porzi, Centro Studi dell'Ateneo di Bologna a Buenos Aires, e Azienda Agraria: un paio di esempi significativi e documentati della "gestione Calzolari/Fabbro", FORUM3

Edizione di giugno  2010

1 .- Da Mauro Degli Esposti e Marco Geraci (Universita' di Manchester), su Bulletin of Italian Politics, una storia di "corsi e ricorsi" alla G.Vico, le riforme universitarie italiane dal 1980. La riforma Gelmini all'insegna del Gattopardo? CLICCA su: HOME
2.- Le "s-considerazioni" del Governatore a favore della Manovra del Governo. Sì al taglio della spesa pubblica, ma dopo dismissioni dei servizi agli enti locali e al settore privato. No a macelleria sociale. CLICCA su: FORUM1
3 .- Lettera al Presidente Berlusconi sulla riforma "Gelmini", a cui il Presidente non ha dato risposta. CLICCA su: RUBRICA
4.- In "Aula" al Senato a luglio, la riforma Gelmini. Il "testo finito" della Commissione Istruzione. Relatore Valditara rivendica di aver "fatto giustizia" per i Ricercatori a tempo indeterminato, dando la "chiamata diretta". CLICCA su: STATO GIURIDICO
5.- Il Disegno di Legge sulle intercettazioni telefoniche, approvato dal Senato. No comment. CLICCA su: FORUM2
6.- Vito D'Andrea, Per la messa ad esaurimento degli "Associati", non del ruolo dei Ricercatori. CLICCA su: FORUM3
7.- Bologna: nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia "giornalistica" di rinvio a giudizio. Da verifica risulta che la riammissione è avvenuta con procedimento improprio e in condizioni di conflitto di interessi ideologici. CLICCA  su: NEWS

 

In questa edizione di maggio  2010

  1.- Dai sindacati e dal CNRU, proclamata una settimana di mobilitazione dal 17 al 22 maggio in tutti gli atenei. In forse la
        programmazione didattica degli Atenei per il 2010/11. Clicca su: Sindacati
  2.- Bologna, Riforma dello Statuto di Ateneo. Rettore nomina una Commissione per anticipare l'attuazione della riforma Gelmini.
       Dubbi sul fatto se si tratti di riforma o controriforma.  Clicca su Rubrica;
  3.-  Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare una spiegazione. 
        CLICCA su News;
  4.- Riforma Gelmini (DDD 1905, Senato). Gli emendamenti approvati dalla Commissione in sede referente.
       CLICCA su Stato giuridico;
  5.- Dalla CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Messaggio del Card. Bagnasco in favore dell'unità d'Italia. IN MARGINE: "Distinzione
          tra federalismo  che unisce e federalismo che unisce l'Italia". CLICCA su Forum 2;
  6.- Ateneo di Bologna: Rendiconto finanziario 2009. Relazione del prof. Gianni Porzi. CLICCA su: Forum 3;
  7.-  Emma Marcegaglia a favore della riforma universitaria Gelmini e contro i "baroni universitar"i, in un convegno economico a Parma,
        alla presenza del Presidente del Consiglio. Commento negativo. Clicca su: Forum 1

In questa edizione di marzo  2010

  1.- Approvato il bilancio dello Stato e il FFO - Fondo di Finanziamento delle Università per il 2010. Clicca su: bilancio, Home
  2.- I RISULTATI  della Conferenza nazionale di Bologna, 12 feb 2010 "Università verso la riforma", con la partecipazione
       dei Sindacati nazionali, dei due Presidenti delle Commissioni Parlamentari per l'università, e del Sen. G. Quagliariello.
       Riportati alcuni interventi. Clicca su Rubrica;
  3.- Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare una
       spiegazione. CLICCA su News;
  4.- DDL Gelmini (Senato n. 1905) su Reclutamento e Governance. Chiuse la discussione generale (3 marzo) e la 
      presentazione degli emendamenti (9 mar). Proclamato stato di agitazione dai Ricercatori. CLICCA su Stato giuridico;
  5.- Da CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Documento sull'Italia e il meridione. Commento. CLICCA su Forum 2;
  6.- Resoconto della Conferenza di Comacchio di presentazone di due libri: V. FERRONI, Per non dimenticare ...
       e  A. GALVANI, I Lidi sulla costa del Delta del Po. Relazioni di G. Tomasi e di P.G. Zaghi. CLICCA su: Forum 3;
  7.-  Ripubblicato il servizio della precedente edizione, sulla scuola nel Delta del Po e a Comacchio. Clicca su: Forum 1

numero di novembre 2009

Bologna:
NUOVO
ASSETTO
del Governo dell'Ateneo.
Anche nuovo
direttore amm.vo
HOME
Bologna:
Andamento immatricolazioni
studenti:
+3%

News e
ARTICOLI

Ateneo di Bologna.
Lettera e commento
a passaggio da vecchio a nuovo Direttore Amm.vo.
Ringraziamento
a Doctor Fabbro
RUBRICA
Reclutamento e Governance
DDL definitivo.
Commenti Pres.
CRUI De Cleva
e Presidente ISRAEL
Commissione Ministeriale
STATO GIURIDICO
Due Sentenze:
1) NO ad aggancio prof. a dirigenza.
2) Diritto di pensione
per incarichi di
insegnamento
FORUM 2
Bologna:
scoppiato caso "CHIODO".
Diritto ereditario
di successione
e problema di salvaguardia
delle "scuole"
FORUM 3
Togliere l'IRAP
subito,
bilanciata
da economie
sanità.
Urge  sostegno
domanda estera e domanda interna
FORUM esterno

 

numero di settembre 2009

DPEF:Consiglio Ministri vara DPEF per 2010.
Ipotizzato finanziamento aggiuntivo di € 1.114 milioni per riforme universitarie
HOME
Fondi statali
agli Atenei per
€ 63,5 milioni
per 2009,
in  base agli indicatori
di merito "MUSSI"
News e ARTICOLI
Ateneo di Bologna.
Sospesa la
nomina nuovo
Direttore Amm.vo .
Rettore entrante
deciderà dopo la
presa di servizio.
Frattanto, interim a Dr.ssa G.F. Falsetti
RUBRICA
Concorsi.
Miur indice votazioni per commissioni, I sessione 2008.
Lettera del prof. LIBERATORE.
Anche statistiche docenti, per età
STATO GIURIDICO
FUORI RUOLO.
Sentenza Corte Costituzionale.
Anche decisione
Consiglio di Stato
su diritto ai
2 anni di servizio,
dopo età
pensionabile
FORUM 2
Bologna.
Regolamento volontariato
per chi vuole restare presso i Dipartimenti, dopo pensionamento
FORUM 3
Democrazia in
pericolo in Italia ?
No, democrazia
anomala, causa parlamento
esautorato.
Su ruolo "sinistra"
per il ritorno
alla normalità
FORUM esterno

numero di  LUGLIO 2009

SENATO,
importante
tavola rotonda
"universitá,
per le risorse.
Con Ministro TREMONTI

HOME
DDL del Miur
per Governance Atenei.
Proposte di
EMENDAMENTI
News e ARTICOLI
Ateneo di Bologna.
Di nuovo sforato
tetto 20% del FFO
per contributi
studenteschi.
URGE nuova
legge su diritto
allo studio
RUBRICA
DDL del Miur
per Reclutamento Docenti.
Proposte di
EMENDAMENTI

STATO GIURIDICO

CIRCOLARE
Ministero
su diritto ai
2 anni
di servizio,
dopo età

pensionabile
FORUM 2
DDL Miur su Governance:

LUNELLI
integra GIAVAZZI
FORUM 3

La lettera
Orginale
del Papa
al G8
FORUM esterno
numero di maggio 2009
ELEZIONI RETTORE
Risultati del
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
HOME
ELEZIONI
RETTORE.
Programmi
candidati 
CANTELLI
FORTI
e  DIONIGI
News e ARTICOLI
CONFERENZA Regionale su UNIVERSITA' Romagne.
RELATORI
Presidenti Enti Finanziatorii
ELEZIONI RETTORE
ORDINAMENTO DIDATTICO,
Bologna
Ingegneria.
LETTERA
PRESIDE, con
riflessi su
elezoni Rettore
RUBRICA
ASSEGNO
AD PERSONAM,
in seguito a concorso.
Come è calcolato a Bologna
STATO GIURIDICO
Virginio Pilò,
Chi andrà al
ballottagio con
CANTELLI FORTI ?

DIONIGI o SEGRE' ?
FORUM locale
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit  spending
FORUM esterno
numero di aprile 2009

Visite 30.015 nel 2008 Gelmini

I SERVIZI di QUESTA  EDIZIONE di  APRILE 2009

Visite 7.428 in gennaio 2009

ELEZIONI RETTORE
Al via
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
HOME
Virginio Pilò,
Profilo dei
candidati  rettore:
quelli del
partito di Calzolari
e quelli del partito
di opposizione
a Calzolari
FORUM locale
Notizie sui candidati.  SASSATELLI
super partes,
il delfino vero
di Lettere e Filosofia ?
News e ARTICOLI
Il 22 aprile 
incontro
degli
STUDENTI
con i  7 candidati
a Rettore.
Aperto a tutti
ELEZIONI RETTORE
Senato, AUDIZIONE Organizzazioni Unitarie Docenza.
Consegnato
Pro-memoria finanziamento università
AUDIZIONE
ROMAGNE.
G. Farneti,
Prospettive insediamento universitario di Forlì-Cesena.  Considerazioni
su testamento
Sen. Melandri
RUBRICA
Ricercatori
di Salerno
annunciano rinuncia carichi didattici
da 1.XI.09.
SEMINARIO Gelmini
su  reclutamento
dei docenti con
criteri nuovi.
STATO GIURIDICO
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit  spending

 

3gen-09D.L. 180:
in
pericolo gli effetti buoni della riforma delle commissioni di concorso
3gen-09BOLOGNA, Senato Accademico:
"La negazione
del biennio sia
regola,
e l'accoglimento
sia la eccezione
3gen-09Bologna, bilancio di previsione 2009. Ancora in calo le entrate dalla
ricerca per conto terzi, art. 66 DPR 382/80.
Speranza dagli Spin Off ?
3gen-09D.L. 180:
Emendamento
del Senato da facoltà
agli Atenei di non
riaprire i termini
per le domande
3gen-09Bologna: iscrizioni
studentesche rettificate
in calo, in conferenza
stampa di grave
sconforto per la
Comunità scientifica,
incredula. Neppure
la dignità di scuse ...
3gen-09N. Luciani,

"Le conseguenze economiche della pace" e la via per contrastare il ciclo
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24nov-08Organizzzazioni Unitarie Docenza Universitaria:
UN PROGRAMMA
PER L'UNIVERSITÀ.


In soccorso della
Ministra, se lo accetta.
24 nov-08Per ripescaggio
del CONTRATTO
CON GLI ITALIANI
di Berlusconi,  suo passato Governo
24 nov-08BOLOGNA: Elezioni CdA e Senato. Consiglio di Stato conferma torto
al
Rettore.
Voto con nuove regole, ma no seggi a Rimini e Forlì.

24 nov-08Ateneo di Bologna:
Prof.CRISAFULLI
invia ai Colleghi
Linee Guida del Bilancio
previsione 2009.
Confermate ipotesi
di calo  contributi studenteschi

24 nov-08D.L. 180: nuove commissioni di concorso, aiuti a diritto allo studio, ma punizioni Atenei che non  hanno sforato, per tasse universitarie,
il 20% del FFO

24 nov-08DIDATTICA.
A Ministra,
nuovo Preside di Ingegneria,
risponde: SI'
a rivoluzione didattica: 4 lauree, non 12
24 nov-08N.Luciani, "Le conseguenze economiche
della pace"
e la via per contrastare
il ciclo
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5 apr-08 Nasce AQUIS   in alternativa alla CRUI. Ma sarà una buona mossa
o insofferenza verso la meridionalità ?

Vedi:   HOME
5 apr-08 Bologna:  CORTE dei CONTI condanna Direttore Amm.vo, Rettore e CdA.  
On. Garagnani di nuovo all'attacco

Vedi:
ARTICOLI
5 apr-08 Bologna: Ghetti mette  a punto PROGETTO  tecnico-giuridico
di riforma della  GOVERNANCE  dell'Ateneo

Vedi: RUBRICA
5 apr-08 Il punto della situazione sullo stato giuridico e  sui concorsi per tutti i docenti. No a "Il Sole-24 ORE"
Vedi: STATO GIURIDICO

5 apr-08 Convegno di AGORA' con vari presunti candidati Rettori.
L'intervento di DARIO BRAGA
Vedi: FORUM 2 -loc

5 apr-08 Prof.ssa Marini interviene sui verbali degli
esami
di profitto

Vedi:
FORUM 2 -loc
5 apr-08 ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE:
N. LUCIANI, Due parole, in libertà...
e perchè Casini sarà rivalutato
Vedi: FORUM 2-est
17 mag-08 Berlusconi
alla Camera: "dare una frustata vitale alla ricerca  e alla scuola"
Vedi:   HOME
17 mag-08Bologna, Cantelli Forti: Per una governance che riporti i professori e gli studenti al centro del sistema universitario
Vedi: RUBRICA

17 mag-08Bologna, Premiati i 17 Dirigenti dell'Ateneo in base ai risultati, peraltro non resi noti
Vedi:
FORUM 2 -loc

17 mag-08ELEZIONI POLITICHE:
larga maggioranza a Berlusconi, ma con Bossi
determinante per i numeri

Vedi: FORUM 2-est
17 giu-08 Ministro GELMINI:
Comunicazioni al Senato sugli
indirizzi generali
del  suo Dicastero
Vedi:   HOME
17 giu-08  Bologna: avviato dibattito per elezione del Rettore: intervene  Gianni Porzi
Vedi: ARTICOLI

17 giu-0 POLITECNICO DI MILANO NELLA BUFERA.
Corte dei Conti condanna Direttore Amministrativo.
Troppi dirigenti a tempo determinato
Vedi: RUBRICA

17 giu-0  "FUORI RUOLO"
per i professori : TAR Catania accoglie questione
di costituzionalità

Bologna: Come è calcolato
"assegno ad personam"
al personale docente e ricercatore
Vedi: STATO GIURIDICO

17 giu-0  Riforma statuto di Ateneo.
Progetto della
Commissione "Canestrari"

Vedi: FORUM 2 -loc

17 giu-0  Ateneo di Bologna: PROFESSORI SOLLEVATI contro
"Il Sole 24 ORE",
Vedi: FORUM 2-est

 

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 21gen-08   ATENEO DI BOLOGNA: Ricompare lo spettro di una seconda crisi del bilancio.

12sett-07   Ministro MUSSI: Per nuove lauree, anche un D.M. con LINEE GUIDA.
Ma, fatta la legge, trovato l'innganno.

25giu-07   Usciti i DECRETI
per Classi di laurea.
RICOSTRUIRE i vecchi insegnamenti

26feb-07  CLASSI DI LAUREA. Nessuna novità dopoI DUE pareri delle CAMERE al GOVERNO

7-gen-07     CLASSI DI LAUREA: Relazioni dell'On. Prof. Fulvio TESSITORE

07-nov-06     CRUI - Verso la RELAZIONE   ANNUALE  a  Roma  ( 9  nov. 2006)

06 ott-06     NUOVE CLASSI DI LAUREA:   Schema di Decreto Ministeriale

25set-06  N. Luciani, "LEGGE FINANZIARIA 2007.
Posta vuota nel bilancio statale per l'Università ?

25set-06  N. Luciani, "MINISTRO  MUSSI: Quanto "pesa" questo Ministro, nel Governo ?";
COMUNICATO OO.UU.DD.

4lug-06  MINISTRO Fabio MUSSI all'Ateneo di Bologna, con Professori, Studenti,   Sindaco COFFERATI, Provincia, Regione

12 giu-06  Bologna, 7 Consiglieri di Amministrazione   interrogano Rettore su volontà  di  riforma  della Governance dell'Ateneo

4 mag-06  Romano PRODI, L'università che vogliamo - Dal Programma dell'UNIONE

3 apr-06  Marco MERAFINA,  E adesso un Esponente della Sinistra  propone temi dello schieramento politico avverso ....

21gen-08   Bologna: Amministrazione.
Direttore Amministrativo
chiede la corona di DIRETTORE GENERAL
E

5 apr-08 Bologna: Ghetti mette  a punto PROGETTO  tecnico-giuridico
di riforma della  GOVERNANCE  dell'Ateneo

12sett-07   Concorsopoli
di Bologna:"risoluzione
della Camera" e replica del Rettore a Garagnani.
Ipocrisia generale nel risalire alle cause

25-giu-07   Bologna: completiamo l'analisi del bilancio. DIOTALLEVI, nuovo Preside di Ingegneria

16apr-07    Bologna, Rettore torna a soffiare sulla crisi di bilancio. Ma le cifre in entrata lo contraddicono

26feb-07  Bologna, Rettore rende pubblica "la criticità della situazione finanziaria"

07-gen-07    Governance delle università.: proposto dalla CRUI il CONTROLLO  DEI  RISULTATI in luogo di CONTROLLO DEL PROCESSO

07-nov-06    CAMERA - Votata ANVUR - Agenzia nazionale di valutazione sistema universitario

06 ott-06   Sui risultati   sperimentazione lauree.
F. Frabboni, L'Università si dà la pagella

25set-06  Bologna, Codice Etico.
Con Nota di  Gianni Porzi, Senatore

4 lug-06  Bologna, Conferenza  di Ateneo su "3+2". Intervento di Gianni Porzi del Senato Accademico

12 giu-06  Ministro Fabio MUSSI blocca Decreti attuativi di art. 10 del DM 27o. Bologna: il 30 giugno CONFERENZA su  nuove LAUREE

4 mag-06
 MIUR - Decreto Ministeriale  n. 270 del 2004, Nuovo ordinamento didattico

3 apr-06   Alessandro Dal Lago  su  Roberto Moscati: FALLIMENTO del  "3 + 2" ?
Imposto e sùbito (da Luigi Berlinguer) !"

6 mar-06   Costituente per la Nuova Università: "Seconda giornata" il 23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"

6 mar-06   TURBAMENTO NELLA COMUNITA' SCIENTIFICA PER UNA QUESTIONE GIUDIZIARIA CHE HA INVESTITO IL PRESIDENTE DELLA CRUI

6 mar-06  Costituente per la Nuova Università: "Seconda giornata" il 23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"

30 gen-06   CRUI - Il Presidente TOSI: " Che il 20 feb. parta la Costituente per la Nuova Università ! "

21gen-08  Ricercatori: nuovo regolamento dei concorsi. Pari opportunità ai giovani all'estero.

12sett-07   Posti di ricercatore: Decreto Legge del Governo per bando  con vecchie regole.  Prime critiche e possibile rimedio in sede di legge di conversione

25giu-07    Commmisioni di  concorso  ricercatori. Sollecitato
Ministro a varare il decreto. Nuove indicazioni da CNRU

16apr-07    Concorsi   ricercatori: bozza di regolamento delle commissioni giudicatrici

26feb-07    Ministro MUSSI: Linee-guida del Regolamento ANVUR - ’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca

07-gen-07     RICERCATORI:
Ministro MUSSI ottiene delega per loro stato giuridico. Speranze per Ricercatori all'estero

07-nov-06    Il Governo  ritira  dimezzamento scatti biennali dei professori. Ma Confederali confermano sciopero scuola-univ. 17 nov

06 ott-06   Legge Finanziaria: riportate all'indietro retribuzioni dei  professori.
COMUNICATO OO.UU.DD.

4 lug-06   ATENEO DI BOLOGNA - "Nuovi limiti di età  dei Professori ordinari ed associati" ex-lege 230/2005. Circolare di interesse per tutti i Colleghi in Italia.

12 giu-06  Lettera al Ministro
     FABIO MUSSI di:
ADI, ADU, ANDU, APU, AURI, CISAL-Università, CISL-Università, CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL, SNALS-Università, SUN, UILPA-UR

4 mag-06  Alberto Pagliarini, Tabella delle retribuzioni (aggiornamento)

4 mag-06  Pubblicato sulla G.U., Serie generale, n. 101 del 3-5-2006, il Decreto Legislativo sui concorsi

4 mag-06  Legge n.230/2005
Nuove disposizioni concernenti lo stato giuridico dei professori

3 apr-06   In arrivo il D.P.R. sul Reclutamento dei Professori Universitari (testo completo)

6 mar-06  Il parere della Camera sullo schema di Decreto Legislativo del Governo sul reclutamento dei professori universitari

30 gen-06   Schema di DECRETO LEGISLATIVO sul reclutamento  dei professori universitari

21gen-08   Bologna: FORUM
di G. Barbiroli:
Richiesta programmazione
dei budget per
didattica e ricerca

21gen-08   Bologna: G.Ghetti
A proposito di verbalizzazione
degli esami

12sett-07   Governance Ateneo di BOLOGNA. Dopo invito del Rettore a fare proposte di riforma, al via due REFERENDUM

25giu-07   Da Comitato per nuova legge elettorale.
Riportare "ceto medio unito"
al governo

25giu-07   Ateneo di BOLOGNA: Convegno di AGORA'  su riforma Governance. Con SASSATELLI, SEGRE', CANTELLI FORTI, LORENZI, MARCATO

16apr-07  Ateneo di BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca universitaria penalizzato dall'Amministrazione.
     Regolamento dei contratti di ricerca per conto terzi.

26feb-07  A Governo PRODI:
Napolitano: "Metti in conto, la prossima crisi, un Governo istituzionale" per legge elettorale

07-gen-07   Cardinale di Bologna scende nell'AGORA'  universitaria
e parla ai professori di "FEDE e RAGIONE"

07-gen-07  CUN: Risulltati delle votazioni dicembre 2006

07-nov-06    Il Governo dice: produrre soia, mais e  quant'altro per fare bio-carburanti ...
Seguire la CALIFORNIA ?

06 ott-06     Consiglio di Amministrazione:
Lettera del 4 ottobre
del prof. E. Lorenzini

25set-06  Consiglio di Amministrazione: 6 CONSIGLIERI invocano argomenti caldi per l'o.d.g. . Lettera del prof. E. Lorenzini

4 lug-06  Dopo il NO alla riforma costituzionale, aperta fase di riassetto del "grande centro", negli schieramenti politici in Italia

12 giu-06  ELEZIONI POLITICHE:
- restituita al Parlamento la sua funzione, con un sufficiente ruolo guida  del Governo;
- resta nodo del Referendum 9 giugno

12 giu-06  Nino LUCIANI,  Il prof. Quirino PARIS,   colpevole di aver invocato il buon funzionamento del CUN

3 apr-06   ELEZIONI POLITICHE 2006 - N. LUCIANI, Difendere la democrazia in Italia... 
Ma il primo passo è superare presto il  "POST-BERLUSCONISMO

3 apr-06  Lettera di un giovane Architetto che vuole diventare professore, ma frattanto deve lavorare all'esterno dell'Università

6 mar-06    Pendenze delle elezioni Rettore: LETTERA della prof.ssa Elena FERRACINI per difesa della A.d.D.U. (Associazione docenti donne)

30 gen-06 RICORSO CONTRO ERRATO INQUADRAMENTO
dei PROFESSORI ASSOCIATI e dei RICERCATORI - Sentenza del TAR Emilia Romagna

  
   importante importante importante: Per informazioni di carattere generale sull'università in Italia, puoi cliccare direttamente sul sito: http://www.universitas.bo.it
        

 

 

 

 

 

 

ARCHIVIO Home - 2010

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Papa Benedetto XVI


RIFORMA UNIVERSITARIA
in Aula al Senato il 22 dicembre
(in seconda lettura)

Mentre Ricercatori e Studenti si tengono stretti
stretti, in attesa della tegola in testa, del Senato

il PAPA, nel corso della cerimonia dei Vespri,
dopo l'omelia, riceve gli sudenti universitari romani,
sostiene il "ruolo insostituibile dell'universita' "
e li "appella alla pazienza e alla costanza
"

     On.li Senatori,
con il ritorno a voi del DDL in oggetto, mi parrebbe giusto dirvi tre cose:

1) dire del papa, circa l'universita’. Incontrando i giovani universitari romani, per i Vespri il 16 dic. 2010, il papa ha sostenuto il "ruolo insostituibile dell'universita’" di soddisfare "il bisogno di una nuova classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche". Il papa ha concluso con un appello "alla pazienza e alla costanza, virtu’ da non confondere con l'apatia".**. Per l'omelia *, sotto.
  Il papa non ignorava sicuramente le manifestazioni dei ricercatori e studenti nelle scorse settimane sul  DDL Gelmini. E voi non le sottovaluterete certamente.
  Forse, vi interessa anche una lettera che una "casalinga" (in verita' una prof.ssa di scuola media in pensione, sensibilizzata dai mass media, sui recenti fatti studenteschi), che mi ha scritto (in relazione al Foglio On Line, da me diretto): "L'Universita’ e’ un mondo che non conosco. Mi sono laureata il 26 giugno 1976. Credo di appartenere di piu' alla categoria delle "casalinghe", forse con un maggior senso critico."
   "Mi domando se anche la Ministra Gelmini non appartenga al mondo delle casalinghe e non abbia capito neppure lei fino in fondo la sua riforma. Le donne presenti in questo Governo mi sembrano piu strumenti che "menti". Intendiamoci nella politica ci sono tante donne alla pari degli uomini per intelligenza e grinta, ma non queste al Governo. Comunque qui a Torino ci sono tanti studenti che tirano molto, molto a sinistra".   

   2) nel merito dei possibili emendamenti al DDL, preso atto che la sua maggiore pericolosita’ per l’universita’ pubblica sta nel non avere dotazione finanziaria, e che e' coerente col blocco del turnover (5-10.000 professori, e abolizione del ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato, 26.000 persone), proporre di prendere in considerazione la riforma del sistema finanziario delle universita’, posto che l'ostacolo maggiore sia la crisi attuale del  bilancio statale.
  Col nuovo sistema finanziario, le universita' saranno liberate dalle catene del DDL, ma anche responsablizzate.
  C'e', poi, la considerazione che l'attuale sistema ha i difetti tipici dei paesi a pianificazione centralizzata, e dunque:
  a) la cifra totale da finanziare e' soggetta alle bizzarrie annuali dei Ministri del Tesoro.
  b) fa ricadere sugli studenti bisognosi e meritevoli il mancato sostegno del diritto allo studio, dovendo le universita’ filtrare i fondi statali per salvare, prima, se stesse.

   Questa e' invece la nostra proposta di nuovo sistema finanziario:
  a) Il finanziamento delle universita’ pubbliche avviene mediante un fondo statale, quantificato in base al costo standard per studente, moltiplicato per il numero degli studenti iscritti.
  La quota finanziata e’ determinata dai Ministeri del Tesoro e della Universita’, e comunque non inferiore al 70% del costo totale stimato, ed e’ ripartita tra le universita’ in proporzione agli studenti iscritti.
  b) E’ istituito presso il Miur un Fondo per gli studenti bisognosi e meritevoli, ex-art.34 della Costituzione.
  b) Le universita’ determinano i contributi studenteschi, per il pareggio del bilancio, per la parte non coperta dal Fondo statale. E' obbligatorio per le universita’ il pareggio del bilancio ed e’ istituito il controllo della Corte dei Conti sul bilancio preventivo;
  c) I finanziamenti privati alle Universita’ sono fiscalmente deducibili dal reddito imponibile;
  d) In prima attuazione e’ garantito a ciascun Ateneo un FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario, non inferiore all’attuale.

3) dire cosa ho pensato, avendo seguito il dibattito del Senato, sul DDL via satellite TV, il 29 luglio 2010. Ho provato disappunto per alcuni concetti, risuonati di continuo (da parte di molti), non sorretti da adeguata conoscenza dell'universita', quali:
  - "i professori hanno dilapidato il denaro pubblico, e' venuto il momento di pagarli in base ai risultati";
  - "i concorsi universitari sono diventati parentopoli, e questo ha declassato l’universita’. Basta con gli scandali".

  Non oso confutarvi, perche' da anni i sindacati combattono contro queste "deviazioni". Vi contesto, invece, che il DDL li usi strumentalmente contro l'universita' pubblica..., senza risolverli; e vi faccio i seguenti rilievi:
  a) quanto alle proliferazione delle sedi, la Ministra farebbe bene a parlarne con gli enti locali, prima che con noi;
  b) quanto alla moltiplicazione dei corsi di laurea, il fatto e' avvenuto in periodo di sperimentazione, in cui le lauree quinquennali dovevano, per legge, essere spezzate in due (ossia 3+2), e quindi anche ogni insegnamento andava, di norma, spezzato in due; e che le lauree quadriennali (che erano la quasi totalita'), andavano aumentate di un anno, oltre che spezzate in (3+2). 
  Comunque sia chiaro che questo spezzettamento ha determinato un aumento del carico di docenza e di amministrazione, ma non maggiori oneri per lo Stato. Il maggior carico di docenza e' andato sui preesistenti docenti di ruolo (con pochissime nuove assunzioni, rispetto agli studenti, divenuti 1.800.000), e prevalentemente sui docenti precari (55.000 persone, tra cui ci sono delle vere menti), ai quali oggi il DDL sputa in faccia (dimenticando che gli studenti rimarranno 1.800.000);
   c) quanto a parentopoli, il DDL ne amplifica le deviazioni perche' esse, divenendo "buie", saranno senza limiti. Infatti il DDL abolisce il concorso locale tra gli "abilitati alla ricerca". Invece andava mantenuto il concorso locale, ma con commissioni giudicatrici scelte per sorteggio (non per votazione).
  Cordialita'.                                                                                                     Nino Luciani
  Bologna 19 dic. 2010

** Fonte: http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-cf1d8575-5607-44bd-82f3-1f240414b407.html#p1)
* Fonte: http://www.pontifex.roma.it/index.php/news/29-news/880-incontro-del-santo-padre-con-gli-studenti-universitari-degli-atenei-romani

 


LETTERA APERTA AI SENATORI E DEPUTATI

in riferimento al voto di FIDUCIA al Governo (martedì 14 dicembre 2010)
e ai DINTORNI (
transizione dalla Ia alla IIa Repubbllica)

 
   On. Senatori, on.li Deputati,

    In relazione al possibile voto, vi invio un mio "intervento", del 1993, che mi sono trovato sotto gli occhi questa mattina, mentre riordinavo la mia biblioteca.
L’intervento aveva come titolo: "I problemi della transizione", e fu fatto in un convegno a Saint Vincent, organizzato da Jader Iacobelli, pubblicato nel volumetto "1993, "Dove va l’economia italiana ?", SAGGI TASCABILI LATERZA.
Rileggendo l’intervento, mi sono reso conto che nel 2010 i problemi della transizione, di allora, sono identici a quelli attuali, anzi aumentati sotto l'aspetto finanziario.. Dunque, non hanno fatto nulla i governi che, subentrando a quelli della prima Repubblica, si erano impegnati a risolvere i problemi della transizione alla seconda Repubblica ? Erano governi di destra e di sinistra.
   Motivi ? Ognuno pensi come vuole. Per approfondimenti, oltre a quel mio intervento (riportato qui sotto), si puo' cliccare sul Foglio On Line, da me diretto: http://www.universitas.bo.it/Forum%201-esterno.htm#FORUM%201 . In esso si parte dal convegno di Fini a Bastia Umbra, del 6-7 nov. 2010, ma per andare molto oltre FINI, proponendo "un programma obbligato" di riforme costituzionali (governi di legislatura e, ma solo dopo ..., nuova legge elettorale) e un governo di "grande coalizione", il solo adatto per una "transizione" costituzionale. Per fare queste cose, la legislatura deve proseguire verso la sua conclusione naturale.
    Al tempo stesso, data la situazione bloccata da ogni punto di vista, tutti devono avere un senso di umilta'' e non dr   ammatizzare il proprio ruolo personale. Un proverbio popolare dire: "morto un papa, fatto un altro".   Cio' che conta sono le istituzioni: vale dire operare urgentemente per fare "governi di legislatura", un parlamento rispettato (non trattato come "yes man")... .
   Cordialita'.                                                 Nino Luciani

Bologna 12 dic. 2010

* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna

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Nino Luciani, I problemi della transizione
Estratto da: 1993, Dove va l’economia italiana ? a cura di Jader Iacobelli, SAGGI TASCABILI LATERZA, p. 94

   1. La mia tesi è che l'Italia ha di fronte i problemi strutturali propri delle economie di transizione e precisamente della transizione da un sistema economico a prevalente «economia pubblica» a un sistema a prevalente «economia di mercato», che si ritrovano negli ex paesi del socialismo reale, sia pur in proporzione al peso occupato dal settore pubblico nei rispettivi paesi. Ci sono qui anche i problemi congiunturali, ma hanno un'ampiezza talmente grande da rinviare, paradossalmente, ai problemi di struttura. La prima transizione, relativamente recente, è cominciata in Italia nel 1961 con i governi di centro-sinistra ed è avvenuta nel senso di andare da un sistema a prevalente economia di mercato a un sistema a prevalente economia pubblica. Si passa da un rapporto tra spesa pubblica e PIL del 30% a un rapporto del 56-60 attuale.
   Adesso ci troviamo di fronte la seconda transizione, questa volta in senso inverso, e che dovrebbe restituire risorse dal settore pubblico al settore privato, in quanto da ritenere piu’ produttivo. Questo obiettivo è imposto dalla distruzione macroscopica di risorse da parte del settore pubblico, e le cui ripercussioni piu’ evidenti si ritrovano nella caduta persistente del tasso di crescita del PIL e nella crescente disoccupazione.
   A mio modo di vedere, per l'Italia, il traguardo finale realistico. compatibile con l'equilibrio del sistema economico (per quanto dipende dal settore pubblico). è ridurre la spesa pubblica al 40-45% del PIL. Questo parametro mi viene suggerito dal fatto che la pressione fiscale nominale è oggi nell'ordine del 39-40%, limite massimo risultato fin qui raggiungibile. e che quindi indica la possibilita’ realistica di finanziare la spesa pubblica con la sola tassazione.

    2. Questa transizione verso il mercato richiede adattamenti importanti nelle abitudini di vita della popolazione: si tratta di un problema che, per sua natura, richiede un periodo medio-lungo (5-10 anni). Tale periodo e' il tempo necessario:
   a) per riallocare verso il settore privato la mano d'opera via via licenziata dal settore pubblico;
   b) per affidare al settore privato quei servizi pubblici che verranno via via dismessi dal settore pubblico e che dovranno continuare ad essere erogati per i cittadini disposti a pagarli;
   c) per privatizzare le imprese pubbliche non strategiche, e che ovviamente non si puo’ cominciare a fare con una estrazione a sorte delle imprese da privatizzare, ma solo dopo aver fatto una opportuna classificazione della loro situazione: ad esempio, imprese con buona capacita’ di reddito e buona situazione finanziaria; imprese con buona capacita’ di reddito ma precaria situazione finanziaria; imprese in perdita ma per carenze gestionali e quindi facilmente risanabili con la sostituzione del management: imprese decisamente senza prospettive di reddito, ecc.;
   d) per permettere ai beneficiari di trasferimenti pubblici di trovare un rimedio, in vista di una loro decurtazione, ecc.

   Del resto anche la Comunita’ europea si e’ data un periodo transitorio (1957-92) per attuare pienamente il Mercato Comune Europeo, periodo che termina proprio quest’anno.Tali adattamenti della popolazione non sono necessariamente dei sacrifici e tuttavia essi si giustificano perche’ pongono le basi per la ripresa dello sviluppo del reddito nazionale e dell'occupazione.
   In secondo luogo la realizzazione della transizione richiede una classe politica appropriata. Ma su questo punto non dobbiamo dimenticare che la classe politica oggi chiamata ad attuare la seconda transizione e’ quella stessa che ha realizzato la prima transizione sulla quale essa fonda a tuttora il suo potere in termini di clientela elettorale e di tangenti, non solo, ma anche senza una netta distinzione tra maggioranza di governo e opposizione. Questo vuol dire che qui troviamo il primo collo di bottiglia, per cui le alternative politiche in termini di separatismo territoriale, qui evocate, sono fortemente realistiche.
   In ogni caso appare evidente l'urgenza di operare per una nuova legge elettorale che separi nettamente la responsabilita’ di governo da quelle di opposizione, in modo da permettere un rimedio ai mali della politica attraverso l'alternanza tra persone e programmi diversi. Senza la riforma della legge elettorale. che stronchi quanto meno il consociativisrno e la frammentazione nel governo nazionale (e nei governi locali), al piu’ ci si puo’ attendere il congelamento dell’attuale sistema, che non espanderebbe ulteriormente il settore pubblico, ma eventualmente ne correggerebbe solo le maggiori disfunzioni finanziarie.

   3. Tuttavia, i problemi di disavanzo del bilanci dello Stato non possono attendere. Occorre provve dervi subito, quanto meno in base agli impegni assunti dall'Italia di andare verso l'unione monetaria e la moneta unica in Europa.
Secondo me la via appropriata e’ un aumento generalizzato e uniforme dell'aliquota dell'IRPEF nell'ordine del 6-10%. durante tutto il periodo della transizione. e da ridurre via via in rapporto all'avanzamento della transizione stessa. Tale aumento dell'IRPEF dovrebbe essere accettato dalla popolazione appena si spieghi che esso dovrebbe sostituire una imposta gia’ esistente, che e’ la "imposta da inflazione", oggi nell'ordine del 10-15% del reddito. Infatti l’aumento di prezzi, dovuto all'inflazione, e’ 1'equivalente di un'imposta indiretta, non solo, ma e’ anche la piu’ sperequata tra le imposte.
   Invece. sul piano dell’equilibrio generale, l'applicazione di un'aliquota aggiuntiva. uguale per tutti i cittadini, avrebbe il vantaggio di ridursi a un fatto puramente monetario: nel senso che, per definizione, e comunque tendenzialmente, essa non modificherebbe, in termini reali, le posizioni comparate e assolute dei contribuenti, perche’ per un cittadino e’ indifferente avere un reddito monetario invariato, ma con prezzi che cresceranno, oppure avere un reddito monetario decurtato, ma a prezz che non muteranno. Questa tesi. che discende da un noto teorema della scienza delle finanze, pur se discutibile per vari aspetti, e’ un'ottima base di partenza per orientarsi nella concreta ripartizione del carico tributario necessario per ripianare il disavanzo del ianc:o dello Stato.
   Rifiuto, invece, l'idea di affidare compiti importanti ad un'imposta ordinaria sul patrimonio. Cio’ per varie ragioni: non e’ un'imposta generale; non ha ancora un apparato amministrativo collaudato per applicarla; il valore patrimoniale non emerge da elementi oggettivi ma da una «stima», per cui si presta v i aprire un contenzioso spaventoso. Del resto la storia dell'INVIM lo insegna.
   Essa puo’ avere, beninteso, un suo ruolo come mezzo di recupero dell'evasione, ma a questo fine e tenuto conto della debolezza strutturale suddetta, penso che ne sia consigliabile l'applicazione con un'aliquota molto mite. Associatamente all'ILOR o all’ICIAP.
   Quanto all'evasione fiscale. ritengo che sia venuta l'ora di smettere col demonizzare gli evasori, ma di operare per far funzionare adeguatamente la macchina amministrativa finanziaria pubblica, il solo modo corretto di impostare il problema. In ogni caso non sono affatto convinto che esistano, presso le piccole e medie imprese, maglie di evasione cosi’ larghe, come una certa parte sociale va dicendo. Il motivo di fondo di questa mia convinzione e’ che, nei casi prevalenti, appena il sindacato dei lavoratori dipendenti si accorge che le imprese hanno dei sovraprofitti, ci pensa il sindacato stesso a scremarli chiedendo aumenti salariali. E se i salari non sfuggono alla tassazione, allora le piccole e medie imprese pagano le imposte attraverso i propri dipendenti. Dunque il fisco ha gia’, dentro l'impresa, un buon poliziotto fiscale.
   Quanto, infine, alla recente crisi del cambio, trovo notevoli responsabilita’ nella condotta delle autoritaa’ monetarie, non tanto per aver preferito le ragioni della «moneta» alle ragioni dell'«economia reale» (fatto gia’ per se’ inammissibile economicamente, ma perdonabile a un banchiere), ma per aver persistito nell'assumere certi impegni monetari pubblicamente senza poi mantenerli.
   Per altro verso, gia’ i grandi maestri del tempo passato avevano insegnato che l'alternativa tra cambi fissi e cambi flessibili e’ una questione da risolvere in base alla natura strutturale o congiunturale delle crisi valutarie.
Che l'Italia si trovasse una crisi strutturale e’ provato dal fatto che il saldo passivo delle partite correnti della bilancia dei pagarnenti internazionali dell'Italia, a partire dal 1986, e’ andato crescendo sempre piu’, non solo in assoluto, ma anche in percentuale del PIL (4% del PIL, ultímamente) . Questo vuol dire che il trend non dava ormai piu’ segni di inversione. per cui gia’ si profilava, come traguardo finale, la caduta della convertibilita’ della lira, che e’ poi la svalutazione a colpi di piccone píu’ tardi, anziche’ la svalutazione subito, in condizioni piu’ favorevoli. E dunque anche sotto il profilo tecnico la condotta delle autorita’ monetarie appare censurabile.

 

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RIFORMA UNIVERSITARIA

Aperto un varco per la salvezza dell'università pubblica

Il motivo è che il Presidente del Senato SCHIFANI rinvia l'esame del DDL GELMINI a dopo il voto sulla fiducia al Governo il 14 dicembre, perchè teme straripamenti delle manifestazioni studentesche sul Parlamento, ma con l'ovvia conseguenza che, se cade il Governo, cade anche il DDL GELMINI


LA SALVEZZA, RESA POSSIBILE DAL CONGIUNGIMENTO DI  4  CIRCOSTANZE:


1) La persistenza dei ricercatori e precari nell'astensione dalle lezioni "non dovute";
2) il soccorso degli studenti, con manifestazioni in tutta Italia;
3) l'aiuto dei "FINIANI" alla Camera;
4) il risveglio del PD-Partito Democratico
, che (sulla sferza di alcuni valorosi: Vassallo, Tocci, Ghizzoni) si è, alla fine, reso conto che quella distinzione (del Governo) tra "norme ordinamentali"  (subito) e "norme finanziarie" (dopo) era in realtà un trucco per dimezzare l'università pubblica.



Nino Luciani, Anche noi... per la riforma, non per la controriforma Gelmini.

  In queste settimane, in seguito alle manifestazioni degli studenti, i mass media si sono accorti del malessere dell'universita' e, come era naturale, anche la Ministra è stata invitata a chiarire la propria posiziobe, direttamente in faccia alle famiglie.
   Devo dire che la Ministra è riuscita a convincere le casalinghe ignare. "Non va bene - hanno detto - che si sprechi il danaro pubblico... Si fanno lezioni con 5-10 studenti, troppo pochi ... Ci sono oltre 5.000 lauree ... sono troppe .... Ci sono concorsi truccati ... vincono il posto i parenti, gli amici dei membri della Commissione. Non va bene ... ".
   Francamente, è da anni e anni che le associazioni e i sindacati universitari denunciano queste "deviazioni" e chiedono interventi, sempre distinguendo i fatti singoli, dalla situazione generale.
    E, invece, la Ministra (che è al Miur per eseguire gli ordini di Berlusconi) anzichè risolvere questi problemi, li ha usati strumentalmente per dimezzare l'università pubblica e abolire i concorsi.
   Nulla v'è nel suo DDL per eliminare queste falle.
   Non solo questo. Messa alle strette, è stata soccorsa da Tremonti con 800 milioni (1,7 necessari) per il FFO-Fondo di finanziamento ordinario delle università.
  Ma poi, in seguito a dubbi da più parti in Aula durante la discussione,   il VicePresidente della Commissione Bilancio, on. Luca Galletti chiariva che "i soldi c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla vendita di frequenze TV, ma che la cifra probaile sara' minore".
  Non solo questo. L'art. 12 del DDL rifinanzia le università private (in prospettiva, anche università telematiche aventi i requisiti, in corso di definizione ministeriale).
  Precisamente esso dispone che:
- "una quota non superiore al 20 per cento (nel testo del Senato, la percentuale era 10%) dell’ammontare complessivo dei contributi di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, relativi alle università non statali legalmente riconosciute, con progressivi incrementi negli anni successivi"....;
- e che "le previsioni di cui al presente articolo non si applicano alle università telematiche ad eccezione di quelle, individuate con decreto del Ministro, sentita l’ANVUR e, nelle more della sua costituzione, con il parere del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), che rispettino i criteri di cui al comma 1.
    A questo proposito, va forse notato che:
-  nel corso del dibattito in aula, l'on. Tocci aveva chiesto alla Ministra (che, pero' non ha risposto) se intendeva persistere nell'emanare il regolamento sulle universita' telematiche (con riconoscimento di esse come "università non statali, di cui una è il CEPU, pro-quota, di Berlusconi);
- e che la Ministra, in una nota sul corriere della sera, del 14 ottobre, risultava essere preoccupata del modo negativo come dette università operavano (mio riassunto), per cui era divenuto urgente emanare il regolamento medesimo, in attuazione della legge finanziaria del 2003, non ancora varato.
   Ciò ricordato, si deve considerare che, in generale in altri Paesi, e forse anche in Italia prima o poi, le università telematiche sono le università del domani.
   E' anche un fatto che la CRUI, in passato, ha molto contrastato queste università.
  Ma è anche un fatto che aprire oggi la strada ad un loro inserimento nel novero delle universita' non statali (con finanziamento statale, sia pure dopo la loro rigenerazione qualitativa) mi pare una abnormità, perchè contestuale al dimezzamento dell'università pubblica, confermato nel DDL, e già in corso da anni, da parte dei governi Berlusconi.
Nino Luciani


Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari

L'ennesima occasione
sfumata  

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Marco Merafina
Coordinatore naz.le

   Abbiamo perso una grande occasione di fare una vera riforma. Lo stato, in cui versava e versa l'Universita' italiana, era ed e' tale da rendere indispensabile una riforma del sistema universitario.
  Dal sottofinanziamento cronico del sistema, ai problemi che coinvolgono in modo trasversale tutte le componenti universitarie, dal diritto allo studio al problema del precariato, dall'irrisolto problema dello stato giuridico dei ricercatori e del conseguente mancato riconoscimento del ruolo docente a quello di una governance sempre piu' autoritaria e affare di "pochi", sono tutte problematiche che avrebbero dovuto suggerire una riforma con ben altri contenuti.
  Ci ritroviamo invece peggio di prima, con una miriade di adempimenti regolamentari che renderanno la riforma appena approvata alla Camera pressoche' impossibile da attuare, con in piu' l'impossibilita' a svolgere quei concorsi tanto sbandierati dal ministro e comunque in quantita' talmente irrisoria che risulterebbero inutili a risolvere il problema dell'assunzione dei giovani e dei precari e sarebbero del tutto insufficienti anche per le progressioni di carriera dei ricercatori attuali.
   La comunita' degli universitari, dagli studenti ai professori si e' accorta, anche se con tempistiche diverse, delle criticita' del DDL ed montata una protesta sempre piu' diffusa a dispetto delle rassicurazioni della CRUI, sempre piu' distante dal mondo universitario che pretende, a torto, di voler rappresentare e dell'indifferenza del Governo, arroccato ottusamente su tali rassicurazioni e sulle opinioni di una minoranza di benpensanti.
  Le recenti iniziative di protesta, benche' magnifiche per lo spirito di iniziativa e l'abnegazione di tanti colleghi ricercatori e tanti studenti, non avrebbero pero' mai potuto ottenere altro che grande visibilita' mediatica per porre al centro dell'attenzione i problemi dell'Universita' e della ricerca, perche' cio' che si prefiggevano oltre a questo, e cioe' il ritiro del provvedimento, non si sarebbe mai potuto ottenere in quel modo.
   Sappiamo tutti infatti come tali azioni inducano questa maggioranza a chiudersi sempre piu' in un arrogante isolamento finalizzato solo all'ottenimento dell'obiettivo a dispetto dei manifestanti.
   Tuttavia quello che e' successo e sta succedendo ha una portata storica: una protesta di simili dimensioni e con tali modalita' non si era vista da chissa' quanto tempo e ormai tutto non potra' essere piu' come prima.
   Se ne sono accorti quasi tutti, meno la maggioranza di Governo che continua, con la consueta miopia, a parlare di manifestazioni di minoranze ispirate dalla sinistra.
   Proprio per questo anche i ricercatori dovranno continuare nella protesta, anche oltre l'eventuale approvazione della riforma. Il problema, purtroppo, e' che tale DDL e' sponsorizzato dai cosiddetti poteri forti: la Confindustria, interessata ad entrare nei governi degli atenei, e il baronato rappresentato dalla CRUI, interessata piu' alla propagazione del potere di governo dei rettori, che alle vicende reali del sistema universitario.
   L'unica possibilita' poteva essere quella di coagulare il consenso su qualche emendamento indigesto al ministro per costringerlo a ritirare il provvedimento o accettare qualche misura realmente migliorativa.
   Se il 14 dicembre  il Governo sara' sfiduciato dalla Camera dei Deputati, il provvedimento avra' molte chances di essere ritirato e avremo forse evitato questa ulteriore catastrofe per l'Universita', ma sara' comunque una sconfitta per tutti.
   Dovremo in ogni caso chiederci: a quando un vero provvedimento sul sistema universitario che risolva realmente i problemi da troppi anni sul tappeto?
   Troppi Governi hanno mancato l'obiettivo e le speranze si affievoliscono man mano che passano gli anni.
   E la risposta e' sempre la stessa: abbiamo perso l'ennesima occasione di riformare il sistema universitario.                                     Marco Merafina e Annalisa Monaco

 


LETTERA APERTA ALL'On.le Gianfranco FINI
Presidente di FLI - Futuro e Libertà

 
    Oggetto: giovedi' 2 dic. 2010, voto finale alla Camera, per riforma Gelmini, DDL C 3687

                                                                                                  On.le Fini,
    e ' di ieri la sua dichiarazione che il gruppo FLI votera' a favore della riforma Gelmini, in quanto considerata "una delle migliori riforme" del Governo Berlusconi.

    Personalmente do atto che, al Senato, il Sen. Giuseppe Valditara, oggi nel FLI, professore ordinario, ha migliorato il DDL su due punti significativi:
    - ha fatto istituire il Fondo per il merito ai professori (anziche' miglioramenti retributivi per anzianita');
    - ha esteso la possibilita' della chiamata diretta (a prof. associato) dei Ricercatori a tempo indeterminato, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale (pur se dimentico che i promossi, piu' anziani, dovrebbero accettare una minore retribuzione per un determinato numero di anni, cosa che li ha gia' indotti a rifiutare la promozione).

    Restano, pero', nel DDL fondamentali criticita', a danno della universita' pubblica e del diritto allo studio, che tolgono valenza a quelle innovazioni, a parte le discussioni sul cosiddetto "potere baronale" (giustificate circa gli abusi nei concorsi, anzi con eccessi per quantita' nel 1980-98 ai danni di una intera generazione di professori associati, anche per colpa dei Governi di allora perche' ci furono solo 3, dei 9 concorsi allora programmati. Ma diciamo anche che, a causa dell'attuale blocco del turnover, lo stesso spettro e' di nuovo nei fatti).
    I motivi delle criticita' del DDL sono:
   1) il numero dei professori di ruolo sara' dimezzato a 30.000, in luogo dei 60.000 attuali. Infatti saranno tolti 26.000 ricercatori di ruolo, e non ci sara' il turnover per 5-10.000 professori, dopo i pensionamenti per limiti di eta'. Invece gli studenti rimarranno 1.800.000, un numero impossibile da soddisfare, per cui si dovra' provvedere con personale precario sotto pagato, e (forse) una parte degli studenti dovra' bussare alla porta di universita' private.
   Osservo che il dimezzamento del numero dei docenti di ruolo, comporta il raddoppio del biasimato potere baronale dei prof. ordinari nei confronti della massa dei docenti precari;

   2) ci saranno degli esami nazionali di abilitazione scientifica a lista aperta, ma saranno aboliti i concorsi per la copertura dei posti, fino a poco fa con commissioni giudicatrici di 5 membri ("un" membro interno e 4 votati dal gruppo scientifico nazionale, una modalita' da cui erano originati gli scandali, perche' i voti erano concordati sottobanco).
   Abolendo i concorsi, gli scandali scompariranno in apparenza, ma tutto peggiorera' , perche' il potere baronale non avra' piu' alcun limite, neppure il pudore di potersi dire membro eletto di commissione, perche' votato.
    Invece si doveva semplicemente mantenere i concorsi, ma con commissioni sorteggiate.

   3) In coerenza col proposito di ridimensionare l'universita' pubblica, ne sara' ridotto il finanziamento e, per garantire il risultato, sara' accresciuta la centralizzazione del controllo.
   a) Ahime', su questo punto il governo è incappato in una serie di brutte figure.
   - la prima e' che erano state inserite le norme finanziarie, su richiesta di alcune persone molto serie della "maggioranza" (l'on. V. Aprea, Presidente della Commissione Cultura e l'on. Frassinetti, Relatrice del DDL), ma poi depennate;
    - la seconda e' che il governo aveva detto di aver trovato 800 milioni (di 1,7 milioni necessari) e la Ministra l'aveva riaffermato in aula, mentre esplodevano le manifestazioni di piazza. Ma poi, sempre in Aula, di seguito ai dubbi, il VicePresidente della Comm.ne Bilancio, On. L. Galletti, chiariva che gli 800 milioni c'erano nel senso che un pari introito era atteso dalla futura vendita di frequenze TV, e dunque che la cifra ancora non c'era', e probabilmente sara' molto minore.
    b) Per una idea del FFO per il 2011, ricordo che nel 2007 (ultimo anno del governo Prodi) il preventivo di spesa statale (in conto corrente e in conto capitale) era stato di 490,3 miliardi, di cui 6,9 per il FFO alle universita'. Nel preventivo 2011 (pur tenuto conto della crisi economica generale) la cifra totale è di 486,6, mentre il FFO è previsto in ribasso. Dunque, parrebbe che l'ostacolo principale per il FFO alle universita' venga dalle priorita', che il governo da' ad altre voci di spesa.

   c) C'e' dell'altro. Non solo il Governo nega i fondi alle universita', ma anche impedisce a loro di trovarli sul mercato, in quanto non modifica la legge esistente, per cui i contributi studenteschi "non possono superare il 20% del FFO" e, dunque, calando il FFO, dovrebbero addirittura calare (in  proporzione) anche i contributi studenteschi.
   Penso che l'entita' del finanziamento dovrebbe dipendere da entrate certe, seguendo lo stesso criterio, applicato per il federalismo fiscale. Precisamente:
   - lo Stato dovrebbe pagare le universita' in base al costo standard per studente, non secondo le bizzarrie dei ministri;
   - le universita' dovrebbero poter determinare i contributi studenteschi, per sanare l'eventuale parte scoperta del bilancio.
   Va evidenziato che questo sistema lascia, tuttavia, scoperto l'aiuto agli studenti bisognosi e meritevoli. Il rimedio e' istituire un Fondo statale ad hoc. Cordialita'.  Nino Luciani

Bologna 28 nov. 2010

* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, la "assemblea permanente on line"
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze
                                                                     

 


LETTERA APERTA AI DEPUTATI

 
                                                                                 On.li Deputati,
 avevate sospeso l'esame del PDL in attesa di copertura finanziaria, come proposto dalla Commissione Cultura, il solo modo di dare un senso alla riforma e una risposta ai Ricercatori. Ma oggi il PDL torna a voi, con depennate le norme di copertura.
  Questo vuol dire che vi sara' chiesto di "decidere senza decidere". Per la dignita' del Parlamento, il Paese non sopporterebbe un Parlamento che "decide di rinviare ad una seconda decisione", che forse mai piu' verra’.
 
   In sede di legge di stabilita', avete assegnato 800 milioni al FFO – Fondo di Finanziamento Ordinario delle Universita', pur se il minimo necessario e' di 1,4 miliardi. Non e' poco.
   Ma forse va messo sul piatto che le riforme didattiche degli scorsi anni (fors’anche troppe lauree …, e forse troppe sedi, sotto la pressione delle Regioni e degli enti locali) sono state gravate sulle spalle dei professori di ruolo e del grande precariato (55.000 persone) e sugli enti locali, non sul bilancio dello Stato (come, invece, la Ministra aveva detto in Senato il 29 luglio u.s.).
  
   Quanto detto in Senato il 29 luglio (che "i professori hanno dilapidato il denaro pubblico") e' stata una ingiusta infamia.
   Perche' questo eccesso ?
  
Vi ricordo che da anni ormai, il FFO gira intorno a 7 miliardi l’anno, ma anche (anzi soprattutto) che nel 2002 (anno delle prime turbolenze didattiche) il FFO fu di 6,2 miliardi e che in quegli anni scoppio’ la grande inflazione, a causa dell’Euro, che dimezzo' il potere d’acquisto del reddito fisso (lavoro dipendente e pensionati, in generale). Questo vuol dire che il FFO, se fosse riportato in termini reali a quello del 2002, dovrebbe essere di 12 miliardi.
  
   On.li Deputati, oltre l'infamia in Senato, sui prof è gravata anche la beffa: infatti, poiche' il FFO serve a pagare il personale, la retribuzione reale dei professori e' oggi la meta' di quella del 2002, a parte un piccolo recupero, grazie ad alcuni meccanismi. Tra l'altro so di un caro amico della scuola media che, andato in pensione in quegli anni con una pensione "sufficiente", dopo quell'inflazione è caduto in miseria: non arriva a fine mese.
 
   Non solo questo: nel PDL rimangono criticita' normative che lo fanno una controriforma. Ne ricordo alcune:
   1) Secondo l’art. 97 della Costituzione, il reclutamento dei professori deve farsi per concorso. Invece il PDL abolisce i concorsi, perche’ "burocratici e lunghi" (parole della Ministra in Senato il 29 luglio u.s.). Per evitare scandali e accelerare le procedure, serviva solo fare le commissioni giudicatrici con sorteggio;
  2) il blocco del turnover, fin dai tempi della Moratti-Ministro (mentre un gran numero di professori sta andando in pensione) ha gia' determinato la perdita, e per sempre, di parte del sapere accumulato, a causa della interruzione dei rapporti diretti tra i maestri e i successori;
  3) il FFO rimarrà deciso in base alla bizzarrie dei ministri del Tesoro, invece che (come da noi proposto) in base al costo standard per studente (come per il federalismo fiscale). Il controllo della Corte dei Conti sulle università non sara' sul bilancio preventivo (ma ancora su quello consuntivo, che e' tardivo per il controllo della spesa tardi ...);
  4) Anticipando l’abolizione del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato (26.000 persone), il personale di ruolo delle universita’ viene dimezzato.
   Sia chiaro che in Italia i prof non sono troppi: i docenti di ruolo sono 60.000 e gli studenti sono 1.800.000. Questo vuol
dire che c’e' un docente di ruolo ogni 30 studenti. Il recente DPEF del Governo (pag. 37 dell’Allegato) ricorda che nei
Paesi OCSE c’e’ un professore ogni 15,8 studenti.
  Perche' dire una cosa e fare un'altra cosa ?

                                                                         On.li Deputati,
    la persistenza di queste criticita', pur dopo i contributi propositivi del mondo universitario (lasciati cadere), indica una
  precisa scelta del governo per una parziale demolizione dell’universita' pubblica.
    Il Governo vi propone questa scelta, pur se in una Italia "dualistica", che ancora richiede un forte impegno pubblico per la formazione della classe dirigente e per la ricerca, uniformemente nel Paese.

                                                                      On.li Deputati,
                                       per cambiare ..., forse e' il caso di rinviare le vostre decisioni a miglior tempo.

Bologna 21 nov. 2010                                                                                              Nino Luciani

   Allegati:
   -  il Documento dei Sindacati del 12 nov. u.s.,
   - il "Contratto con gli Italiani" di Berlusconi, in cui si impegnava di dare l'autonomia all'università.
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* SUN - Sindacato Nazionale Universitario, "l'assemblea permanente on line".
** Prof. Ordinario di scienza delle finanze

ADI, ADU, AND, ANDU, AURI, CISL-Università, CNRU, CNU, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL,
LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB, RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università,
SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR

Roma, 12 novembre 2010

La ripresa dell'iter parlamentare del Disegno di legge sull'Università, che sarà discusso a partire dal 19 novembre p.v. dall'Aula della Camera, impedisce quanto auspicato dal mondo universitario e, in particolare, da queste Organizzazioni che avevano chiesto "al Governo e al Parlamento di aprire finalmente un serio e ampio confronto con l'Università". Riaprire una discussione pubblica sull'università italiana e sulle sue reali necessità resta indispensabile.

Il finanziamento annunciato dal Governo, assolutamente insufficiente anche solo a compensare i tagli già decisi per l'Università, conferma che non si intende ancora investire seriamente nella ricerca e nell'alta formazione, come invece avviene negli altri Paesi; una scelta questa indispensabile per il rilancio culturale ed economico del nostro Paese.

Con questo finto finanziamento aggiuntivo si vuole in realtà preparare il terreno all'approvazione immediata di un Disegno di legge che rappresenta un attacco al Sistema nazionale dell'Università pubblica.

Le Organizzazioni universitarie ritengono indispensabile e urgente una vera riforma che preveda:

- di rendere più autonomi e più democratici gli Atenei, con la partecipazione di tutte le componenti alla loro gestione;
- l'aumento dei docenti di ruolo, risolvendo il problema del precariato (prevedendo un'unica figura pre-ruolo) e prevedendo per gli attuali precari reali prospettive di accesso alla docenza;
- il riconoscimento ai ricercatori del ruolo docente effettivamente svolto;
- la valorizzazione della figura dell'associato;
- la valorizzazione del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
- un vero diritto allo studio che tenga anche adeguatamente conto delle condizioni economiche degli studenti;
- il ripristino, anzi l'aumento, delle risorse per il funzionamento di una Università riformata, che consenta a tutti gli Atenei di svolgere ricerca e insegnamento di qualità.

Si ribadisce l'invito a tutte le componenti universitarie a continuare e a intensificare la mobilitazione a sostegno dell'Università pubblica.

Silvio. Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06, "Piano del Governo per un’intera legislatura

STRALCIO:

" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione, senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti, disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il compito del MURST allo stabilimento delle linee generali.

 

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Gelmini, e riforma universitaria, a rischio naufragio alla Camera,
ma (si intuisce) non solo per la indisponibilità immediata di fondi ...
TUTTO RINVIATO A DICEMBRE

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Valentina Aprea
Presidente Commissione Cultura


I fatti di rilievo:
1) TREMONTI, messo alle strette dalla
Commissione Cultura della Camera,
oppone il gran rifiuto: "
Non pago"

2) Il Gruppo dei finiani ( FLI, C. Barbaro ) ha
proposto importanti emendamenti finanziari
e infine un o.d.g. in Aula che "impegna il Governo a raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla Riforma

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On.Avv.Barbaro

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Paola Frassinetti,
Avvocato, Relatrice del  PDL

 
  NOTA. Si intuisce che il "rischio naufragio" nasce sia dalla indisponibilità immediata di fondi, sia dal "non senso" (per il Governo) sostenere a oltranza una riforma dell'università, respinta dai professori e dagli studenti.
   Ma, tuttora, il Ministro Gelmini sembra "non cogliere" la duplicità della motivazione. Per questo serve un supplemento
di riflessione sul sistema finanziario, da cambiare radicalmente (perchè quello riproposto sarà ulteriormente peggiorativo degli stessi mali), e su quanto di conseguenza su Governance, Stato giuridico, Diritto allo studio.
  Peggio, la Ministra appare tuttora non dotata di uno staff che ben la sorregga, al Ministero dell'università. Peggio, il progetto appare supportato da ambienti amore-odio con l'università, che hanno i loro motivi, ma spesso fuori orbita circa le cause (leggo giornalmente "Il Sole-24 ORE"). L' università  l'hanno fatta i professori, nel corso di secoli. Lasciamo che siano i professori, che l'amano e che ci vivono, a indicare la via ....  .
   Questa riforma è anche lontana dal "contratto con gli italiani", di Berlusconi, del 2002, che si era impegnato per l'autonomia, da intendere (ex-art. 33 della Costituzione) non come "autonomia di spesa", ma come "autonomia di entrate proprie", da cui far discendere la "autonomia di spesa". Come farlo, lo spieghiamo più sotto (clicca su: schema).  


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Antonio Ruberti, già Rettore
di Roma "La Sapienza"


Le ragioni della attuale Ministra Gelmini
contro l'autonomia alle università

mentre Roma "La Sapienza" (13 ott. 2010)
commemora A. Ruberti, il Ministro già Rettore,
che ha dato l'autonomia alle università,

Partiamo dalle dichiarazioni della Ministra alla Camera. Seguono il contributo dei "Finiani", il "contratto con gli italiani" di Berlusconi, il documento dei sindacati universitari.

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Mariastella Gelmini
Avv. di Diritto Ammnistrativo
Ministro Università

GELMINI, ministro dell'istruzione, della università e della ricerca. Riforma dell'università.
Commissione Cultura, CAMERA. (Stralci dal discorso pronunciato in Commissione il 30 sett. 2010)

Nino Luciani*, OSSERVAZIONI
in tema di autonomia finanziaria

* Ordinario di Scienza delle Finanze

.......
" Il disegno di legge è frutto infatti della concertazione con il mondo universitario, le forze di opposizione e i soggetti che rappresentano il settore della competitività. In particolare, è stata coinvolta la Confindustria e anche le regioni per quel che riguarda il diritto allo studio".

1.- Circa la concertazione con il mondo universitario, i sindacati e associazioni culturali universitarie sono state invitate al Miur due volte per scambi "unilaterali" generici.
  Valga per chiarimento il Documento dei sindacati, sotto riportato. Clicca su: Documento intersindacale
........
" L'autonomia ha portato ad abusi ed eccessi, ma non per questo, certo, va abbandonata. Ritiene infatti che il provvedimento in esame contempli un buon grado di autonomia con uno di responsabilità, prevedendo tra l'altro, all'articolo 1, comma 2, una clausola di progressiva liberalizzazione delle norme in materia, man mano che le università dimostrano di essere ben gestite. Rileva inoltre che il provvedimento è stato accusato di dirigismo, accusa facile, ma ingiusta. In futuro poi la forza della valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni consentiranno di abbandonare molte delle regole che previste dal provvedimento. Ritiene però che i tempi per la rivoluzione indicata non siano ancora maturi."...

2.- L'autonomia, a cui la Gelmini si riferisce, è l'autonomia di spesa. Invece l'autonomia, di cui all'art. 33 della Costituzione, è quella di entrata. E', questa, quella "buona".
   In merito al requisito della maturità delle Università, come condizione per dare loro la "autonomia di spesa", il suo ragionamento ha un suo fondamento, se è di una brava mammina nei confronti dei bimbi piccoli.
  Le università sono, invece, istituzioni, alcune millenarie.
  La storia dei Comuni è molto significativa per un esatto inquadramento della natura del problema delle disfunzioni finanziarie degli enti pubblici. I Comuni hanno speso con sobrietà quando la spesa dipendeva solo dal potere fiscale locale: perchè, per potere spendere, dovevano convincere i
loro cittadini sulla utilità della spesa in confronto alle imposte comunali.
  Invece, nei periodi in cui Comuni dipendevano interamente dal finanziamento statale, hanno speso senza limiti, e in particolare quando lo Stato pagava a piè di lista. Un caso di eccesso si ebbe dal 1972 al 1977, quando, in seguito alla riforma tributaria, i Comuni furono privati di ogni potere fiscale e, in attesa della ricostruzione di una "finanza locale", lo Stato si impegnò a finanziarli al costo storico.
   Il primo effetto fu una prima onda di espansione della spesa. In quel periodo ci fu anche l'esplosione dell'inflazione, per cui neppure il finanziamento del costo storico non poteva più valere come criterio di riferimento, volendo salvaguardare i servizi. A quel punto, i Comuni ricorsero anche massicciamente al credito, e lo Stato non potè che pagare a piè di lista.
   Il fenomeno fu arginato nel 1977, col Decreto Stammati, che stabilì l'obbligo del pareggio del bilancio (ad un livello aggiornato di spesa totale) e la graduale restituzione, a loro, del potere fiscale.
  
Con gli attuali Decreti sul federalismo, i Comuni avranno una ulteriore maggiore responsabilita' fiscale, e il finanziamento statale sara' in base al costo standard. Perch'e' tanta saggezza dello Stato verso gli enti locali, e invece tanta superficialita' verso le universita' ?

3.- Nel caso delle università proveniamo da un lungo periodo di finanziamento centrale, con pagamento a piè di lista, seguìto dalle frenate dall'alto di questi anni (questo vale per il FFO, ma anche per i contributi studenteschi, perchè per legge non possono superare il 20% del FFO.
  Con la riforma Gelmini il finanziamento centrale viene arricchito di lacci e lacciuoli e controlli vari ministeriali.
  Questo sistema potrebbe funzionare solo se si andasse, coerentemente, fino in fondo: che il direttore amministrativo locale delle università fosse nominato dal Ministero della Università, e conseguentemente il Rettore divenisse un organo tecnico didattico e di ricerca, di cui si vale il direttore amministrativo.
   Questo, pero', e' la revoca totale della autonomia, un ritorno al tempo precedente la riforma Ruberti del 1989.

4.- Uno schema che, invece, sia coerente con l'autonomia e funzioni è il seguente:
a) Il presupposto è che le università facciano i loro bilanci in base agli obiettivi e determinino la "retta scolastica", in base ai costi, come farebbe una scuola privata, salvo tener conto che l'università ha una rilevanza pubblica.
b) Lo Stato, come un normale consumatore, calcola a parte il costo standard nazionale, pagabile per studente, moltiplicato per il numero degli studenti. Il risultato del calcolo è il nuovo FFO offerto dallo Stato alle università;
c) Le università determinano, infine, i contributi studenteschi, ai fini del pareggio del bilancio, relativamente alla parte eventualmente non coperta dallo Stato.
e) siano previste deroghe per le università, site in aree depresse (ossia che ci sia per queste un supplemento di FFO, sia pur transitorio);
f)  siano fiscalmente deducibili i finanziamenti privati alle università;
g) sia introdotto il controllo della Corte dei Conti sui bilanci preventivi (su quelli consutivi c'è già, ma è tardivo).
i) in prima attuazione, e per alcuni anni, lo Stato garantisca alle università un FFO non inferiore a quello attribuito in base alla legge previgente.

Nota. In questo schema rimane irrisolto il problema importantissimo della sovvenzione degli studenti bisognosi e meritevoli, ex-art. 34 della Costituzione. Esso però va risolto. In teoria, esso può essere affrontato per due vie:
   1.- Lo Stato crea un apposito Fondo presso il Miur. ( In questo caso, il costo è carico di tutti i contribuenti);
   2.- Lo Stato vincola le Università a provvedere, come tuttora. (In questo caso, il costo è carico degli studenti paganti, nel senso che i contributi a loro carico aumentano). Questa via è, però, troppo restrittiva del "diritto allo studio" per tutti.


Dal Gruppo FLI - Futuro e Libertà

Ordine del giorno proposto
in  Aula alla Camera

La Camera,
premesso che il Disegno di Legge 3687, recante norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario, mira a riformare l'Università italiana attraverso interventi diretti a modificarne gli assetti di governance e di gestione finanziaria. Anche a seguito dell'iter di Commissione, che ha prodotto un positivo confronto tra le diverse sensibilità e posizioni politiche, molti aspetti della riforma che suscitano maggiore apprensione tra le categorie direttamente interessate, risultano invariati. Soprattutto in riferimento alle esigenze di ricerca e al suo reale e complessivo potenziamento, ai rischi di acutizzare il precariato tra il personale docente e il ridimensionamento dell'autonomia degli Atenei.

Impegna il Governo
a valutare l'opportunità di individuare, al fine di raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi individuati dalla Riforma, misure idonee nell'ambito di quelle già in corso di approvazione, per ridurre serie ricadute negative per tutto il sistema universitario.   F.to Claudio Barbaro

Emendamenti
al PDL C 3687

Art. 2, emendamento 2.85 (BARBARO, DI BIAGIO):
Al comma 1, lettera f), dopo le parole "una rappresentanza elettiva degli studenti", aggiungere: ", dei ricercatori a tempo indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari e del personale tecnico amministrativo". ( Queste categorie, escluse dal CdA, sono recuperate per il Senato Accademivo. - NdR.)

Art. 4, emendamento 4.15 (BARBARO, DALLA VEDOVA, DI BIAGIO):
Al comma 7, alla lettera a) aggiungere le seguenti parole:    “a partire dal 2012, tali versamenti sono deducibili dall’imposta sul reddito gravante sul donatore nella misura dell’80 per cento; agli oneri derivanti dalle disposizioni della presente lettera, pari a 50 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per l’anno 2012, dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell’ambito del Programma “Fondi di riserva e speciali” della Missione “Fondi da Ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.(Accolto dalla Commissione. Sono defiscalizzati i finanziamenti privati alle universita' - NdR)

Art. 5, emendamento 5.10
(BARBARO, DALLA VEDOVA, DI BIAGIO)
Al comma 6, dopo la lettera f), aggiungere la seguente: "f-bis) abolizione del limite di cui all'articolo 5, comma 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, in materia di contribuzione studentesca, e previsione di meccanismi di esenzione e agevolazione in favore degli studenti meritevoli e bisognosi, secondo i principi dell'articolo 34 della Costituzione".(Le università divengono libere di fissare i contributi studenteschi. NdR)

Art. 8, emendamento 8.3
(BARBARO, DI BIAGIO):)
Al comma 3, lettera b), dopo le parole "trattamento iniziale" aggiungere le seguenti: 
" e sostituzione delle attuali tre progressioni di carriera rispettivamente: dei ricercatori tempo indeterminato, dei professori associati, dei professori ordinari, con progressione di carriera unica. Al docente in sede di inquadramento in fascia superiore è attribuito il livello di retribuzione immediatamente superiore a quello di provenienza".

 

Silvio. Berlusconi : Contratto con gli Italiani, Legislatura 2002-06, "Piano del Governo per un’intera legislatura

STRALCIO:

" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione, senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti, disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra le Università e le imprese.
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il compito del MURST allo stabilimento delle linee generali.

 

Documento intersindacale, 
Roma, 11 ottobre 2010

ADI, ADU, ANDU, CISAL, CISL-Università, CNRU, CNU,
FLC-CGIL, LINK-Coordinamento Universitario, RDB-USB,
RETE 29 APRILE, SNALS-Docenti Università, SUN,
UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR


Anche il testo del DDL approvato dalla Commissione Cultura della Camera non accoglie nessuna delle principali proposte di modifica avanzate dalle Organizzazioni universitarie e dal movimento di protesta che sta sempre più coinvolgendo tutto il mondo universitario (professori, ricercatori, precari, tecnico-amministrativi, studenti).

Al contrario, risulta confermata l’intenzione di scardinare il Sistema nazionale dell’Università pubblica, attraverso;

1.- la drastica riduzione delle risorse e l’ulteriore divaricazione fra pochi Atenei ‘eccellenti’ e tutti gli altri;
2.- la scarsa considerazione delle esigenze della ricerca;
3.- il ridimensionamento della già ridotta autonomia degli Atenei;
4.-  il drastico ridimensionamento dei docenti di ruolo, con la costituzione di una ‘base’ amplissima di precari, senza reali prospettive di accesso alla docenza;
5.- la messa ad esaurimento dei ricercatori, ai quali non si riconosce neppure il ruolo docente effettivamente svolto;
6.- lo svilimento della figura dell’associato;
7.- il ridimensionamento del ruolo del personale tecnico-amministrativo;
8.-  lo snaturamento del diritto allo studio con la delega al Governo e l’introduzione del Fondo per il Merito che eroga prestiti e premi, sostituendo le borse, con criteri che non considerano le condizioni economiche degli studenti.

E’ sempre più evidente che si vuole abbandonare l’idea stessa di una Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.

Chiediamo al Governo e al Parlamento un atto di responsabilità: si sospenda l’iter del DDL e si apra finalmente un serio e ampio confronto con l’Università, evitando di interloquire esclusivamente con chi non la rappresenta e con chi ha l’interesse a monopolizzare la gestione delle risorse pubbliche destinate alla ricerca e all’alta formazione.

 

Riforma universitaria - Il discorso della Gelmini in Senato

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Ministro Gelmini



Il discorso integrale della Ministro

Anche i discorsi del sen. P. Amato (PDL)
e del sen. M. Baldassarri (FLI
)

 

Sotto: Nino Luciani,  La Ministra di Berlusconi
contro i professori  ...

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Paolo Amato

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Mario Baldassarri

  NOTA. La scelta del discorso della Gelmini mi è sembrata essenziale perchè ognuno di noi abbia il polso della situazione, tale e quale, senza interpretazioni.
 
Vi ho associato quelli del sen. Amato e del sen. Baldassarri, pur tra tanti che avrei potuto scegliere.
  a) Quella dell'on. Amato, intervenuto tra i primi, è perchè mi è sembrato emblematico del PDL, lanciato in anticipo, rispetto alla Ministra. Esso si riassume nel motivare il DDL con la necessità di porre un termine alla dilapidazione delle risorse pubbliche da parte dei professori universitari e di pagarli (d'ora in poi) solo in base ai risultati, dopo averli sottoposti a valutazione in base a risultati.
  b) Quella del sen. Balsassarri è perchè è un professore ordinario dell'unversità, emblematico di quei prof gran cassa e amanti di finire sui giornali, ma poco tempo per l'università. Professionalmente, conoscono i problemi economici, ma di quelli dell'università si occupano in fretta (pur dicendo anche cose vere: come sul numero delle sedi), e disgiuntamente da un quadro di riferimento, così da risultare dannosi alla causa.
  c) Per l'opposizione, non ho scelto nulla, in quanto i vari interventi mi sono sembrati laconicamente sulla ruota della "maggioranza", salvo su un punto espresso molto chiaramente: la contraddizione del DDL, tra il dire e il fare, vale dire tra la retta intenzione di premiare il merito e il "costo zero".
  d) Voglio segnalare il sen. Massimo Livi Bacci (prof. ordinario), persona di elevatissimo pensiero che si è spesa tenacemente per emendamenti costruttivi, pieno di fiducia nella capacità di intendere e di volere dell'Aula. E invece ... no. Forse doveva fare come l'asino saggio di Carducci: "Tutto quel chiasso (della vaporiera ansimante, N.d.R.) ei non degnò d'un guardo, e a brucar serio e lento seguitò". Massimo, uno scienziato non può andare in paradiso contro i "santi". NL

Riforma dell' Universita'

GELMINI, ministro dell'istruzione, della università e della ricerca.
SENATO, votazione finale, giovedi’ 29 luglio 2010.

1.-  Ho ascoltato con grande interesse il dibattito sulla riforma universitaria. Si è compiuta oggi, infatti, una tappa fondamentale del cammino avviato ormai quasi due anni fa con le linee-guida sull'università cui hanno fatto seguito analisi, dibattiti e approfondimenti commisurati alla importanza della materia e alla complessità del disegno di legge.   Si tratta infatti di un disegno di riforma organico che per la prima volta affronta il problema del reclutamento nel contesto di una riforma più generale dei meccanismi di governo, gestione e organizzazione degli atenei.
  La sua forza è proprio l'organicità. Per la prima volta da molti decenni il Governo e il Parlamento hanno l'occasione di offrire al nostro sistema universitario un modello compiuto e coerente, disegnato non in base a pregiudizi ideologici o ad irrealistiche fughe in avanti, ma basato su analisi ampiamente condivise dei problemi dell'università e maturato dalla consapevolezza che è venuto il momento di dare risposte concrete ai problemi annosi dell'accademia: penso al tema dell'autonomia, a come coniugarlo con la responsabilità, ad una programmazione adeguata, ad una politica vera di diritto allo studio, per citare solo alcuni temi.
  Lo ribadisco: cerchiamo di muovere il ragionamento su un tema così delicato, non da un'ottica squisitamente politica, ma sapendo che l'università è un bene di tutti e la sua organizzazione deve obbedire ad una logica il più possibile condivisa, anche per garantire una ragionevole continuità nel tempo delle disposizioni normative.
   Diamo allora seguito all'invito del presidente Napolitano, che ringrazio ancora una volta per la costante attenzione che dedica al mondo dell'università e della ricerca. Come è stato ricordato poc'anzi dal senatore Rutelli, nel discorso tenuto a Trieste il 13 luglio il Presidente ha adoperato parole importanti. Ha detto: «Ci sono alcuni problemi, ci sono alcune scelte che esigono condivisione, perché sono scelte non di breve ma di medio e lungo periodo, che non possono essere disfatte solo che cambi il colore di un'amministrazione o di un Governo». Questo credo sia lo spirito con il quale dobbiamo affrontare oggi la discussione.

2.- La 7a Commissione ha svolto un grandissimo lavoro e in tal senso voglio ringraziare il presidente Possa, il relatore, senatore Valditara, e tutti i componenti della Commissione, che hanno partecipato ai lavori con grande impegno e riservando a questo tema il peso che merita.
  Da parte mia ho valutato con attenzione gli emendamenti presentati e intendo esprimere un parere favorevole su tutti quelli che siano in grado di contribuire a rafforzare l'impianto riformista e meritocratico del provvedimento. Il nostro sistema universitario vive - non certo per la prima volta - una fase difficile.
  L'analisi dalla quale sono partite le linee guida e le proposte del Governo non lascia molto spazio all'ottimismo.
  Abbiamo di fronte un sistema che, in molti casi, sembra aver perso la bussola, aver scambiato l'autonomia per licenza; un sistema che troppo spesso ha pensato a sé stesso e non alle esigenze dell'Italia.
   Soprattutto, il prestigio e la considerazione del Paese verso il mondo universitario sembrano, almeno in parte, offuscati. Troppo spesso le università occupano le pagine dei giornali più per gli scandali che per le scoperte, mettendo a rischio la legittimazione stessa di istituzioni che dovrebbero piuttosto essere prese a modello.
   L'amarezza di queste riflessioni è accentuata, non temperata, dalla constatazione che nei nostri atenei, giorno dopo giorno, operano con impegno e con ottimi risultati molti professori e ricercatori di alto valore, sinceramente dedicati al progresso della scienza e al bene comune, e studenti che desiderano acquisire nuove competenze e strumenti per il loro futuro. È soprattutto a queste persone che abbiamo il dovere di garantire un futuro all'altezza delle loro aspettative.
   Ed è proprio pensando a loro che dobbiamo cogliere questa opportunità di intervenire con decisione sui problemi dell'università, senza cercare di nasconderne o sminuirne la portata, ma avanzando soluzioni innovative e, se serve, drastiche.

  3.- Vorrei anche sviluppare il tema dell'autonomia nonché cercare di rispondere ad una critica che viene mossa spesso ad questo disegno di legge, cioè l'accusa di essere dirigista. È certamente un'accusa facile, ma a mio modo di vedere ingiusta, perché le nostre università - non possiamo dimenticarlo - sono enti pubblici gestiti sulla base delle leggi in materia. Tutto va normato per legge: strutture di governo, diritti e doveri dei professori, meccanismi concorsuali, diritto allo studio, norme contabili. In questo contesto abbiamo compiuto ogni sforzo per snellire, semplificare e delegificare, anche grazie al contributo della 7a Commissione, che voglio ancora ringraziare. Oltre non è possibile andare e, in effetti, mi sembra che anche alcune proposte dell'opposizione si muovano all'interno dello stesso perimetro concettuale.
   Certo, personalmente sogno un futuro in cui la forza della valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni consentano di abbandonare molte delle regole che oggi riscriviamo. Me lo auguro, ma non credo di peccare di pessimismo se affermo che i tempi per questa rivoluzione oggi non sono ancora maturi.
   Nel frattempo, invito gli onorevoli senatori a considerare con particolare attenzione le norme che già si spingono in quella direzione: penso alla possibilità che gli atenei virtuosi sperimentino proprie modalità di organizzazione e di gestione; alla facoltà data agli atenei medi e piccoli di semplificare ulteriormente la struttura interna, una norma che riguarda oltre la metà di tutte le istituzioni universitarie; alla eliminazione di macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di concorso e alla completa libertà data agli atenei di regolare come meglio credono le procedure interne di chiamata, di selezione e di promozione.

  4.- Intendo ora sviluppare alcune considerazioni più dettagliate su due punti che forse sono i più delicati della riforma: mi riferisco alla posizione dei ricercatori e alle questioni legate al finanziamento del sistema. Sono consapevole della situazione di disagio in cui versano gli attuali ricercatori di ruolo, che non a torto lamentano un ritardo trentennale della politica nel definire chiaramente la loro funzione e i loro compiti.
  La figura del ricercatore nacque nel 1980 senza che venissero definiti con la necessaria chiarezza le sue funzioni e il suo stato giuridico. Gli interventi successivi non hanno fatto che complicare questo quadro, già di per sé incerto.
  Oggi, cinque anni dopo che il ruolo è stato dichiarato ad esaurimento, anche se a decorrere dal 2013, occorre prendere atto con realismo e onestà intellettuale che le soluzioni possibili sono due e soltanto due. Possiamo proporre:
  a) una qualche forma di ope legis, esplicita o mascherata, generosa o a costo zero, ma insomma un meccanismo che prescinda dalle normali regole di avanzamento in carriera. Si tratterebbe della riedizione di vecchie pratiche discreditate che hanno provocato guasti duraturi nel nostro sistema universitario e per le quali non si sente davvero alcuna nostalgia: non è infatti con altri provvedimenti errati o antimeritocratici che si può rimediare agli errori commessi in passato.
   b) Prendo atto con sincera soddisfazione e ammirazione che a non spingere in questa direzione è stata prima di tutto proprio la gran parte dei ricercatori, i quali chiedono di essere valutati singolarmente per i propri meriti e di non venire accomunati in un provvedimento collettivo che di fatto ne svilirebbe il profilo scientifico. Con altrettanta soddisfazione rilevo che nel suo complesso il Senato non pare intenzionato a proporre soluzioni di questo tipo.
   La seconda opzione è la più difficile, ma anche, ne sono convinta, la più onesta dal punto di vista scientifico e politico.

  5.-  Il disegno di legge introduce per la prima volta nel nostro Paese una chiara distinzione tra reclutamento e promozione. Per diventare associati o ordinari si deve conseguire un'abilitazione scientifica nazionale che consente di partecipare a rapide procedure di selezione bandite da ciascuna sede. Questa è, a mio modo di vedere, la via maestra che, anche a regime, regolerà un momento fondamentale nella vita degli studiosi.
  Si tratta di un meccanismo molto simile a quello francese, vicino anche a quello in uso nei sistemi anglosassoni, dove l'abilitazione non viene assegnata da una Commissione nazionale ma coincide di fatto con l'esito positivo di una consultazione di esperti esterni all'ateneo che garantiscono appunto l'idoneità dei candidati a monte della decisione locale.
   Su questo schema di fondo, ampiamente condiviso, abbiamo innestato specifiche previsioni per consentire che nei prossimi anni si possa dare un risposta concreta alle aspettative dei molti ricercatori che attendono di vedere riconosciuti i propri meriti.
   Prevediamo quindi che nei primi sei anni gli atenei possano chiamare a un ruolo superiore gli studiosi già in ruolo nell'ateneo stesso, con procedure particolarmente rapide e snelle, fino alla metà dei posti disponibili, sempre però a valle dell'abilitazione nazionale.
   A tal fine intendiamo operare per assicurare che nei prossimi anni una quota specifica del Fondo di finanziamento ordinario che dovrà essere integrato - sia destinata a cofinanziare un flusso regolare di concorsi, soprattutto da professore associato.
  Ai ricercatori, in modo particolare a quelli più giovani, chiedo quindi di valutare con serenità e realismo la proposta contenuta nel disegno di legge, quella di un percorso concreto per rimettere in moto un sistema ingessato.  Faccio appello al loro senso di responsabilità per evitare che la protesta, sempre legittima, non si traduca in un grave danno per gli studenti. Dobbiamo renderci conto tutti che non esistono soluzioni miracolistiche, ma solo sforzi tenaci e inevitabilmente graduali per raddrizzare le storture che si sono sedimentate negli anni.

6.- Per quanto riguarda il tema dei fondi, so bene che questo meccanismo funziona se ci sono le risorse per bandire iconcorsi e, in generale, se il Fondo di finanziamento ordinario si mantiene a livelli più o meno costanti. Pertanto, occorrerà. Pertanto, occorrerà un impegno di tutto il Governo, così come è stato ribadito in sede di approvazione della manovra finanziaria nel Consiglio dei ministri. Da quando ho assunto la responsabilità del mio Dicastero mi sono battuta senza sosta perché, pur in un quadro molto serio di riduzione della spesa pubblica, il settore universitario venisse toccato il meno possibile. È doveroso ricordare che il Fondo di  finanziamento ordinario per il 2009 è stato superiore dell'1 per cento a quello del 2008, nonostante il deteriorarsi del quadro macroeconomico.  Con la legge n. 1 del 2009 abbiamo recuperato per il periodo 2009-2012 oltre 300 milioni di euro per il turnover, 135 milioni per il diritto allo studio e 65 milioni  per gli alloggi e le residenze universitarie.

Nino LUCIANI, La Ministra di Berlusconi contro
        i professori
... ma senza la coscienza:
1)
della scelta implicita del Governo, che è di arretrare rispetto al diritto allo studio per tutti, a favore di altre scelte. Infatti la spesa pubblica totale è aumentata;
 2) del fatto che i vari blocchi del turnover hanno già distrutto parte del lavoro scientifico, per mancata trasmissione del sapere dai maestri (andati in pensione) agli allievi (che non ci sono stati);
3) delle origini del dissesto finanziario: a) legge sui "megatenei" e su numero delle sedi; b) DM 509 per riforma delle lauree (3+2); c) la legge 210/1998 sui concorsi.

  1.- SULLE RESPONSABILITA' DEI PROFESSORI
a) Per il numero delle sedi.
In premessa direi che un Ministro, che si rispetta, distingue tra fase di decisione e fase di applicazione delle leggi. Sì, perchè i professori hanno applicato leggi dello Stato. E allora si cominci da qui. Erano leggi che avevano scelto di allargare il diritto allo studio a fasce di popolazione, prima escluse. E dunque, abolendo questa normativa, si va all'incontrario.
   La Ministra non ha mostrato di averne coscienza e per questo il suo conto non tornava, pur se forzatamente tutto addebitato ai professori.
  Legge sui mega-Atenei. La spiegazione della proliferazione delle sedi (troppe, anche per me) è nella legge 662/1996, art. 1, c. 90 e 91, che dispone:
- "Il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica e' autorizzato a provvedere, nel termine di cinque anni, con propri decreti da adottare, anche in deroga alle norme di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 245, alla graduale separazione organica delle universita', anche preceduta da suddivisioni delle facolta' o corsi di laurea, secondo modalita' concordate con gli Atenei interessati, laddove sia superato il numero di studenti e docenti che verra' determinato sede per sede, con apposito decreto ministeriale, previo parere dell'osservatorio per la valutazione del sistema universitario.
  - "I provvedimenti ministeriali saranno adottati anche tenendo conto delle specifiche situazioni ed esigenze delle aree metropolitane maggiormente congestionate."
 
Direi che non ci sia nulla da aggiungere, circa le responsabilità primarie della decisione di proliferazione delle sedi, salvo il ricordare la spinta delle Regioni e degli enti locali nel determinare una interpretazione estensiva della legge, fino a mettere quattrini propri sul piatto.
  Preciso anche che un elemento determinante i costi, ma in senso riduttivo, è stato il costo di trasporto e alloggio per gli studenti. Se decentri una sede, hai un costo aggiuntivo per la nuova sede, ma hai minori costi di trasporto pubblico e alloggi, per gli studenti locali.
  Su questo la Ministra ha semplicemente sorvolato !

  b) Decreto Ministeriale n. 509/1999 . Per il numero delle lauree e degli insegnamenti, il DM ha disposto lo sdoppiamento delle lauree in due fasi (3 anni+2anni), e questo per dare agli studenti la possibilità di un titolo di studio dopo i primi tre anni, dati i numerosi abbandoni degli studi troppo prolungati. Ed esso era reinterpretativo di leggi, come la 341/1990, che disponeva tutt'altro.
  Il DM dava un elenco di criteri per la sua applicazione, ma non un criterio unico di base, da valere in modo uniforme nel territorio nazionale. Questa è stata l'origine della babele delle lingue.
  Va, poi, messa in conto la difficoltà di seguire un preciso modello, senza una preventiva sperimentazione. Infatti:
a) nell'impostare una laurea di durata triennale, il primo nodo da sciogliere era come associare (in soli tre anni) materie di base a materie di applicazione. Questa, in molti casi, è risultata la quadratura del cerchio: impossibile.
  Ma si è andati avanti lo stesso, lo voleva il DM ...
  Questo spiega perchè queste lauree sono nate male, e sono tuttora in grande discredito presso le imprese;
 b) molti insegnamenti sono stati suddivisi, perchè alcune parti si prestavano alla laurea di I livello, mentre le parti di approfondimento era adatte alla laurea di II livello.
   Qui, molte soluzioni (circa la composizione complessiva della laurea) erano insoddisfacenti sotto profili diversi, e questo finiva col mettere i professori uno contro l'altro.
   Mettiamoci dentro anche gli interessi corporativi dei prof.
   Il risultato finale è stato fare più corsi di laurea simili, di cui l'uno a misura di certe scuole di pensiero e l'altro su misura di altre scuole di pensiero.
  Osservo, infine, che le recenti correzioni del DM 509 (che hanno posto dei limiti al numero delle lauree e al numero degli esami per corso di laurea) non hanno risolto nulla, circa la validità delle lauree triennali: erano lauree minus in origine, e lauree minus restano.
   Su questo fattore qualità così essenziale, la Ministra ha sorvolato completamente.

2.- SULLE SOLUZIONI
a) Per il numero dei professori e per le retribuzioni.
L'aumento del numero dei professori è stato conseguenziale all'aumento del numero degli studenti e delle sedi e degli insegnamenti sdoppiati.
  Ma è stato anche conseguenziale che, a parità di Fondo di Finanziamento Ordinario (anzi in diminuzione, in moneta a potere di acquisto costante), il quoziente (ossia la retribuzione individuale) è calato. Diciamo anzi che oggi un professore universitario è molto giù nella retribuzione, in confronto ai magistrati e ai dirigenti dello Stato. Così, dopo la beffa (essere spendaccioni !), anche l'inganno (essere meno pagati ! ).
   Non è finita: il grande precariato della università italiana, sottopagato, è la chiave per spiegare come si sia potuto far fronte alla esplosione delle esigenze di insegnamenti. Altrimenti, le sedi decentrate non potevano essere avviate.
  Turnover.  C'è, poi, che dai tempi della Moratti, è in atto il freno o addirittura il blocco del turnover, e questo è il bis rispetto ad altro blocco non meno pesante nel 1980-98, in cui furono svolti solo 3 dei 9 concorsi programmati.
  La Ministra ha detto che nel 1999-2009 i prof sono aumentati del 24% (contro l'aumento del 7% degli studenti), ma non ha detto che nel 1982-1998 ci sono stati poche assunzioni e che in quel periodo gli studenti sono passati da 1.090.000 (1982) a 1.950.000 (1997). Vegga il DPEF-Decreto di Programmazione Economica e Finanziaria del Governo, luglio 2009, a pag.37 dell'Allegato.
   Questi blocchi hanno già determinano danni gravi alla università: per discontinuità: una parte del sapere non è trasmesso dai maestri (verso o in pensione) ai successori), e dunque va perduto per sempre.  
  I professori sono troppi ? Stando al citato DPEF, pag. 37 (che riprende da OCSE, At a glance, 2007), in Italia il rapporto tra studenti e professori è 21,4 (contro 15,8 Paesi OCSE). Anzi, in base ai dati del Miur, Ufficio di statistica, il detto rapporto è attualmente 27,31.
   La Ministra non ha detto un numero, però lasciando intendere che i prof sono troppi... .
  
Per stare al DPEF, se vale lo standard OCSE, i prof dovrebbero essere 105.000, anzichè 60.882 di adesso.
   Ma allora, la Ministra di cosa sta parlando ?

  b) Per il reclutamento. La Ministra ha detto che il DDL "elimina le macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di concorso" e dà "la completa libertà data agli atenei di regolare come meglio credono le procedure interne di chiamata, di selezione e di promozione".
  OK. Il sistema delle votazioni per fare le commissioni di concorso, di cui alla legge 210/1998, era macchinoso ma  per il Miur, non per le corporazioni dei prof. Tant'è che le commissioni risultavano, di fatto, su misura dell'Ateneo banditore (meglio dire del "membro interno") e i relativi risultati concorsuali erano il motivo del generale scandalo (quelli a cui la Ministra si riferisce nel suo discorso).
  Ma se è così, perchè dare "agli Atenei la completa libertà di scelta ?"  Direi che, in questo modo, il localismo non avrà limiti, anzi nemmeno si preoccuperà del pudore di fare delle votazioni, che sia sane almeno in apparenza.
  Per favore, il sorteggio è imprescindibile !

c) Per la valutazione delle università.
La Ministra ha detto che "sfida chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano nettamente migliorate rispetto a dieci anni fa".
   Un Ministro che si rispetta (e che non è un professore universitario, ossia un tecnico del campo), prima, incarica una Commissione di esperti, e poi parla facendone propri i risultati. Dirò anzi che solo qualche giorno dopo (1 agosto 2010), il Messaggero di Roma (pag. 9) titolerà di "Ricerca, il miracolo italiano: pochi soldi e i migliori scienziati" nel mondo (secondo posto per qualità e quantità di pubblicazioni; sesto posto per citazioni delle pubblicazioni). 
  La Ministra ha detto che la sua grande rivoluzione sarà il finanziamento centralizzato delle università in base a valutazione, secondo i risultati.
  La verità è che questi parametri sono costruiti su statistiche (anche vecchie di anni), e le statistiche non sono interpretabili univocamente. Anche prendendoli per buoni, non sono idonei a incentivare l'efficienza.
  Diciamo chiaramente che sono anche discriminatori tra le diverse università, perchè le situazioni locali sono diverse, pur se con le stesse voci. Circa questi parametri per l'Università, in dettaglio, clicca su Indicatori.
  Più in generale, da anni sono stati studiati (e applicati) parametri per misurare l'efficienza della PA (Pubblica Amministrazione), e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. 
  Il motivo è che nella P.A non esistono "risultati" in qualche modo paragonabili ai profitti e perdite di una azienda per cui (anche se buoni, in casi eccezionali), non si riesce a collegarli con qualcuno che guadagni o perda (di tasca propria) facendoli osservare.
   Nella storia, il caso estremo è stato quello del sistema economico dei Paesi ex-URSS, fallito perchè guidato da parametri statistici. Lo stesso stava capitando ai cinesi, se non viravano verso il "socialismo di mercato", vale dire il settore pubblico guidato dai prezzi di mercato, per i beni e servizi a prestazione individuale.
   Nella PA, la sola possibilità di inventare qualcosa, che somigli al mercato, riguarda i servizi pubblici a prestazione individuale: la scuola rientra in queste possibilità. Basti pensare alle scuole private.

  c) Per il sistema finanziario. Meglio decentrare le responsabilità finanziarie del pareggio del bilancio, e se sbagli, vai a picco. In cerca di un sistema finanziario premiante l'efficienza (ma non basato su parametri), l'alternativa è valorizzare il fatto che l'insegnamento è un servizio a prestazione individuale.
  Però, a differenza della scuola privata, va tenuto conto che la scuola pubblica è, in parte, nell'interesse individuale e, in parte prevalente, nell'interesse pubblico.
  Partendo da qui va, prima, calcolato un costo standard per studente e, poi, deciso quanto coprirnea carico dello Stato. Il residuo per pareggiare il bilancio sarà a carico individuale e fissato liberamente dalle Università.
   Non è finita. In questo sistema, già lo Stato va molto incontro ai bisognosi (ad es. pagando il 70-80% del costo standard per studente). Ma restano fuori gli studenti meritevoli, più poveri o nullatenenti (art. 34 costituzione). Per questi ci dovrà essere un fondo aggiuntivo, sul bilancio dello Stato.
 
NINO LUCIANI

Sono riuscita a far fronte alla promessa fatta dal mio predecessore e a finanziare, per 40 milioni di euro nel 2008 e 80 nel 2009, nuovi posti da ricercatore, anche se, sia chiaro, ho dovuto trovare ex novo quei fondi.
   Per il 2010 il taglio previsto originariamente era di 672 milioni di euro; quel taglio si è ridotto a meno della metà grazie ai 400 milioni di euro recuperati in finanziaria. Il Fondo di finanziamento ordinario per il 2010 sconta quindi una riduzione di circa il 3,7 per cento: riduzione dolorosa, certo, ma oggettivamente sopportabile. Anche quest'anno, nonostante la riduzione, distribuiremo poco più del 7 per cento dei fondi sulla base di un modello valutativo.
   Come Ministro dell'università sono naturalmente la prima a volere e a chiedere con forza fondi e investimenti. Ho però anche il dovere e, consentitemelo, lo abbiamo tutti, di guardare in faccia la realtà. Le cifre del dissesto sono impressionanti.
   Ora che abbiamo imposto maggiore trasparenza e serietà nella redazione dei bilanci stanno emergendo sofferenze troppo a lungo sottaciute che rivelano anni di diffusa irresponsabilità, di spese facili, di assunzioni fuori controllo, di promozioni senza copertura, di gestioni mirate ad acquisire il consenso dimenticando responsabilità e qualità. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo).
   Dal 1999 al 2009 gli studenti sono cresciuti del 7 per cento, ma il corpo docente è cresciuto del 24 per cento, passando da 50.700 unità di ruolo a 62.700. Solo il costo di questi 12.000 nuovi docenti pesa per oltre un miliardo su un Fondo di finanziamento ordinario di 7,5 miliardi.
   Nello stesso decennio, poi, il numero dei professori ordinari è cresciuto del 46 per cento, con punte del 70-80 per cento di crescita in alcune aree disciplinari.
   Molte università hanno dato corso alle chiamate ad un ruolo superiore ignorando intenzionalmente i maggiori costi che si verificano dopo il triennio di conferma, costi certi e ineludibili. Nel complesso quindi il costo degli stipendi è lievitato da 4,5 a 6,8 miliardi, con un aumento di 2,3 miliardi, il 51 per cento in più rispetto a dieci anni fa.
   Oggi spendiamo in stipendi il 90 per cento: di tutte le risorse che il contribuente mette a disposizione del sistema universitario.
   Nel periodo 2001-2009 il Fondo di finanziamento ordinario è complessivamente cresciuto del 15,7 per cento; nessun taglio, quindi, ma un aumento - lo ribadisco - del 15,7 per cento. Sarebbe stato logico attendersi che, a fronte di questa crescita, le università riuscissero ad allontanarsi gradualmente dalla soglia del 90 per cento di spese per il personale rispetto al Fondo di finanziamento ordinario: un parametro minimale di sostenibilità che il legislatore ha indicato fin dal lontano 1997.
   Ebbene, è successo esattamente il contrario: più il Fondo di finanziamento ordinario statale cresceva, più cresceva l'incidenza degli stipendi su di esso. Oggi ben 36 università hanno sforato quel tetto al lordo dei correttivi prorogati di anno in anno e 7 università superano quel parametro anche tenendo conto degli stessi correttivi. In altre parole questo significa che non solo tutto il Fondo di finanziamento ordinario se ne va in stipendi, ma che anche una parte delle risorse proprie dell'ateneo - frutto della contribuzione studentesca, dei fondi di ricerca, dei contratti esterni - viene requisita per far fronte a tali spese.
  
   7.- Potrei aggiungere altre cifre, che però certamente conoscete: la proliferazione delle sedi e dei corsi; l'aumento del numero di insegnamenti e di contratti di docenza; il numero abnorme di corsi di dottorato di ricerca, che in Italia contano in media 5,6 studenti per ciascun ciclo triennale, il che vuol dire meno di due studenti per anno, e sparsi dovunque, anche in sedi dove non è onestamente concepibile poter offrire formazione a livello dottorale.
   Non posso però fare a meno di aggiungere almeno un altro dato. Nel suo primo Documento di programmazione economico-finanziaria l'allora ministro del tesoro Padoa-Schioppa ebbe a scrivere parole lungimiranti: il sistema universitario non poteva aspettarsi nuove risorse, ma doveva imparare a spendere meglio quelle che già riceveva: parole che condivido in pieno. Era la primavera del 2006, tempi di vacche grasse, non di recessione. Eppure, per il terzo anno della programmazione triennale, il 2008, il Governo di allora aveva previsto una riduzione del Fondo di finanziamento ordinario di 260 milioni. Poi Padoa-Schioppa e l'allora ministro dell'università Mussi si accordarono per immettere nel sistema risorse fresche (si trattava di una cifra importante: 550 milioni per ciascun anno del triennio 2008-2009-2010), legate a specifici obiettivi di qualità.
   Tanto preoccupato era il Tesoro su come sarebbero stati spesi quei denari da imporre la firma congiunta al decreto annuale di ripartizione. Non aveva torto. Oggi la maggior parte di quel Fondo - ben 468 milioni su 550, vale a dire l'85 per cento della somma - è assorbita dalla crescita stipendiale automatica del personale universitario, cosicché per le misure volte a rafforzare la qualità sono rimaste appena le briciole.
  
  8.- Dietro tutti questi fenomeni si annidano due pericolose mistificazioni: l'illusione, o per meglio dire la presunzione, che per le istituzioni accademiche la sostenibilità economica non sia un requisito necessario e la strana idea che il numero dei docenti e la loro distribuzione geografica e disciplinare debbano essere parametrati sulle aspirazioni dei docenti stessi o di chi aspira a diventarlo, non sulle effettive esigenze e possibilità del sistema nazionale.
   Non è così, e non può e non deve essere così. L'università è un servizio pubblico largamente finanziato dal contribuente, e al contribuente deve rendere conto delle proprie scelte. Anzi, la solidità finanziaria è garanzia primaria di indipendenza: chi ha bisogno di prestiti, di piani di rientro, di contributi eccezionali, di salvataggi in extremis, rischia inevitabilmente di contrarre obbligazioni che minano il bene più prezioso per un ateneo: la sua autonomia. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo).
   Questa esplosione dei costi sarebbe in teoria anche accettabile - il che non vuol comunque dire sostenibile - se fosse stata accompagnata da un deciso e riconosciuto innalzamento della qualità media delle nostre università.
   Sono la prima a riconoscere, come dicevo, i meriti dei nostri atenei, che non sono pochi, ma sfido chiunque ad affermare che oggi le nostre università siano nettamente migliorate rispetto a dieci anni fa.

  9.- Di fronte a questa situazione, onorevoli senatori, è necessaria un'assunzione di responsabilità collettiva: è quella che abbiamo oggi di fronte nel momento in cui dobbiamo esaminare e approvare questo disegno di legge.
  Il disegno di legge è indispensabile se vogliamo dare un contributo concreto ad un processo di risanamento di cui già si intravedevano i primi segni. Nei due anni che ci separano dalle linee guida, le nostre università non sono state ferme. Pur in un contesto non facile, hanno continuato a svolgere la loro insostituibile missione di insegnamento e di ricerca e soprattutto hanno avviato importanti azioni di riforma: hanno messo mano alla governance, accorpato i dipartimenti, eliminato corsi di laurea superflui, chiuso sedi decentrate insostenibili.
  Il Ministero, per parte sua, ha riunito molte scuole di specializzazione medica, al fine di raggiungere una massa critica soddisfacente, condizione essenziale di qualità.
   L'ANVUR (Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca) avrà dopo l'estate il suo primo consiglio direttivo.
  Il nuovo regolamento sui dottorati di ricerca verrà discusso in Consiglio dei ministri subito dopo l'esame e - mi auguro - l'approvazione della riforma.
   Sto per inviare al Consiglio universitario nazionale (CUN) e alla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) per i pareri di competenza il cosiddetto decreto n. 160, che segnala l'esigenza di attivare corsi solo in presenza di un numero adeguato di docenti e di chiudere i corsi con troppo pochi studenti.
   Tutte queste misure di razionalizzazione - mi preme ribadirlo - non servono solo per evitare sprechi ingiustificabili, ma prima di tutto per ragioni di serietà accademica. Tutte le patologie gestionali ed economiche ampiamente note e lamentate corrispondono infatti ad altrettanti cedimenti sul piano della qualità scientifica e didattica, che abbiamo il dovere inderogabile di garantire ai nostri studenti. Ma al di là di ogni misura tecnica e amministrativa, dobbiamo essere consapevoli che solo una vera riforma del nostro sistema universitario può consentirci di raggiungere nuovi traguardi.
 
  10.- Il vero rischio che corriamo oggi è di far pagare gli errori del passato a chi non ne ha colpa: ai ricercatori e agli associati che non hanno sfruttato le promozioni facili degli anni scorsi e si trovano oggi di fronte a piramidi rovesciate difficili da scalare; ai dottorandi e agli assegnisti che vorrebbero portare nel sistema le loro competenze e il loro entusiasmo e trovano l'ingresso sbarrato; agli studenti, i più danneggiati dallo scadimento della qualità di alcuni corsi.
   Questo è un rischio che non intendo correre, come - ne sono convinta - non lo vuole nessuno di voi. Per evitarlo dobbiamo proporre soluzioni realistiche e serie, non illusioni. Pensare che il Fondo di finanziamento ordinario e l'organico possano crescere senza fine, come se fossero variabili indipendenti, è insieme una follia e un inganno, a cui dobbiamo reagire mettendo al centro del nuovo sistema la valutazione del merito dei singoli, in un quadro di doverosa sostenibilità economica, rispetto alla quale - ripeto - il Governo ha assunto un impegno.

  11.- Onorevoli senatori, abbiamo di fronte a noi tempi non facili e sfide complesse, ma possiamo farcela se ci impegniamo in un nuovo «Patto nazionale per l'università», che propongo a questa Assemblea.
     Per i docenti dobbiamo creare un sistema che non proceda a fughe in avanti nel reclutamento seguite da lunghe carestie, ma sappia dosare le sue risorse in modo da garantire possibilità di accesso e di crescita regolari nel tempo, con cadenze certe e prevedibili.
   Per gli studenti dobbiamo insistere sulla necessità di offrire corsi di livello elevato nei contenuti e nelle modalità di erogazione, anche scoraggiando l'inseguimento di lauree magari facili, ma deboli sul piano scientifico e inutili per trovare un lavoro.
   Per il Paese, soprattutto, dobbiamo costruire un'università che goda pienamente della fiducia di tutti, cui sia riconosciuto fino in fondo il suo ruolo - unico ed insostituibile - di luogo primario della ricerca e di motore dello sviluppo sociale, economico e tecnologico.
    Per tutti questi motivi, mi auguro che sia ancora possibile un accordo tra maggioranza ed opposizione su alcuni punti qualificanti: penso alla presenza di prestigiosi esponenti della società civile nei consigli di amministrazione; al ruolo centrale affidato ai dipartimenti; alla revisione delle norme su tempo pieno e definito; alla centralità della valutazione per allocare le risorse; all'accorpamento dei settori scientifico-disciplinari; all'abilitazione scientifica nazionale a numero aperto; alla distinzione tra reclutamento e promozione, accompagnata nel transitorio da norme specifiche per agevolare la chiamata dei ricercatori di ruolo; alla limitazione nell'uso dei contratti di insegnamento per evitare che diventino fonte di precariato; alla struttura stessa dei nuovi ricercatori (tenure track). Sono tutti temi importanti ed ineludibili, se crediamo veramente nelle grandi potenzialità del sistema universitario.
   Restano alcune differenze ma, francamente, non tali e non tante da far comprendere un atteggiamento ostile al disegno di legge nel suo complesso. Né mi sento di condividere una posizione negativa sul disegno di legge motivata esclusivamente o principalmente dalla mancanza di fondi.
    È vero e l'ho detto: i fondi sono e restano un problema che dobbiamo risolvere, ma questo significa forse che dobbiamo rinunciare a qualunque idea di riforma? Siccome non ci sono garanzie sui fondi è meglio tenere bloccato, anche a livello normativo, il reclutamento, continuando ad essere l'unico Paese al mondo in cui non esiste un modo per diventare professori di università? È meglio tenerci le mille forme di precariato non regolato che affliggono i nostri giovani? Rinunciare a nuove regole chiare e trasparenti sulla valutazione?
   Di risorse aggiuntive ne abbiamo avute in quantità nello scorso decennio, grazie a Governi di centrodestra e di centrosinistra: è sotto gli occhi di tutti che il loro impatto non è stato positivo perché non è stato accompagnato dalle riforme necessarie. Tuttavia vi chiedo: se le riforme non si fanno né quando le risorse aumentano né quando le risorse diminuiscono, allora, onorevoli senatori, quando si possono fare? Esiste in questo Paese un tempo per le riforme? La mia risposta è: oggi. Oggi abbiamo di fronte a noi un'occasione irripetibile ed è nostro dovere coglierla fino in fondo, senza tentennamenti!                                                                                       Mariastella Gelmini

 AMATO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il concetto di autonomia universitaria, così come perfezionato dal centrosinistra nel lontano 1999, è diventato ormai sinonimo di irresponsabilità. Irresponsabilità finanziaria e gestionale, a sua volta causa ed effetto di un'irresponsabilità accademica e persino didattica, com'è testimoniato dal costoso proliferare di corsi assurdi e inutili.
  Non c'è bisogno infatti di ricordare che in Italia - il Paese europeo con il più basso tasso di laureati nella fascia d'età tra i 25 e 34 anni - esistono organigrammi di facoltà che talvolta coincidono con alberi genealogici, atenei in cui la qualità della produzione scientifica di alcuni docenti è difficile da valutare in quanto assente, mentre gli studenti sono alle prese con insegnamenti di dubbia utilità formativa, proliferati per mere esigenze politiche se non addirittura familistiche.
  Di fronte ad una simile idea di autonomia - una autonomia senza responsabilità, l'autonomia dei bilanci in rosso e dei concorsi aggiustati - la riforma del ministro Gelmini risponde in maniera pragmatica ed incisiva ad almeno tre interrogativi che la politica ha il dovere di rivolgere al composito mondo dell'università italiana, e cioè: possiamo permetterci di continuare a finanziare un sistema senza valutare la qualità di ciò che produce? È pensabile che in tempi di crisi economica il nostro Paese moltiplichi scriteriatamente le sedi universitarie per soddisfare semplici interessi campanilistici? Infine, è giusto che i molti professori che fanno ricerca e didattica di alto livello vengano pagati quanto altri professori (non molti, ma comunque troppi) che non fanno nulla? Certamente no.
  Ed allora ben vengano le novità introdotte da questo provvedimento: dal sistema di valutazione dei risultati per poter allocare le risorse anche in base al merito e alla qualità della didattica al sorteggio delle commissioni di concorso; dall'incentivazione alla federazione di più università per razionalizzare la distribuzione delle sedi, al fondo per il merito, destinato a promuovere l'eccellenza fra gli studenti. E ben venga, infine, il potenziamento funzionale dell'Agenzia nazionale di valutazione dell'università che, con questo disegno di legge, mira a rivestire un ruolo cruciale nell'implementazione della riforma, sia presso il corpo docente che nei confronti degli studenti.
  Ad una proposta di riforma del sistema universitario, e prima ancora dell'istruzione pubblica, formulata dal ministro Gelmini e dalla stessa portata avanti con convinzione e coraggio in questi anni, certi suoi detrattori - prima i professori, poi gli studenti, ora i ricercatori - hanno sempre invariabilmente opposto la questione della riduzione delle risorse pubbliche quale elemento di scontro frontale, a prescindere da qualsiasi discorso sui contenuti. E l'opposizione, rifiutando il confronto in Commissione, ha purtroppo, a mio avviso, sposato in pieno questa linea: una linea che mira a rimandare e a strumentalizzare, piuttosto che ad affrontare la questione del rinnovamento dell'università. I tagli - che per il 2011 verranno peraltro in parte ripianati dal Governo -rappresentano infatti troppo spesso un alibi e le preoccupazioni sul futuro dei giovani e del Paese finiscono con l'essere fantasmi agitati per pura convenienza politica.
  L'università italiana ha bisogno di una rivoluzione etica, capace di generare gestioni economiche sostenibili e proposte formative che vadano oltre l'autoreferenzialità. Sarebbe infatti inutile e dannoso perpetrare o addirittura aumentare gli stanziamenti sic stantibus rebus. Che senso ha, infatti, fornire ulteriori risorse ad un'istituzione il cui corpo docente fa fatica a conquistare un accreditamento internazionale e dove gli studenti sono sempre meno preparati per affrontare il mondo del lavoro ad armi pari con i loro colleghi europei?
  Ebbene, se nelle facoltà si è passati in 8 anni da circa 2.500 corsi di laurea e di diploma ad oltre 5.500 corsi di primo e secondo livello (per non parlare delle borse di dottorato erogate in ambiti disciplinari senza alcun valore scientifico), dall'altra parte, quella dei fruitori, il 20 per cento degli studenti lascia dopo il primo anno, mentre solo il 50 per cento degli immatricolati completa il ciclo di studi. Tutto ciò è avvenuto in assenza e ben prima dei famigerati tagli di Tremonti!
  Di fronte a questo fallimento didattico le minoranze parlamentari dovrebbero cercare di spiegare le ragioni della loro opposizione al provvedimento.
  In quest'Aula il Partito Democratico ha recentemente accusato, a torto, la maggioranza e il Governo di aver dimenticato i giovani. Le novità introdotte dalla riforma dell'università proposta dal ministro Gelmini hanno però un valore simbolico altamente significativo: tali provvedimenti, integrati dai contributi provenienti dal dibattito in Commissione, che non tradiscono e piuttosto sottolineano il carattere riformatore del disegno di legge, indicano quantomeno una strada rispetto alla quale non si torna indietro e dalla quale ci auguriamo possano trarre vantaggio università virtuose, studenti e professori meritevoli.
  E allora, se vogliamo trovare il senso profondo di questo articolato provvedimento, lo rintracciamo forse nel convinto tentativo di riavvicinare finalmente l'università alla realtà.
  Le nuove generazioni, gli studenti che abbandonano prematuramente i corsi di laurea, e tutti quei laureati che non riescono a trovare un lavoro coerente al proprio investimento formativo chiedono all'università italiana una sola cosa: percorsi didattici spendibili nel mondo del lavoro. In altre parole, azzerare il distacco fra l'insegnamento universitario e la società reale.
  Lei, signora ministro Gelmini, ha meritevolmente seguito questa impostazione e nel farlo ha scelto di coinvolgere appieno il Parlamento, evitando lo strumento del decreto; ciò non toglie, tuttavia, che la materia non rechi elementi di urgenza e indifferibilità. In questo senso, desidero unirmi all'auspicio che il presente disegno di legge ottenga pronta approvazione nei due rami del Parlamento, trovando il voto favorevole di una maggioranza più ampia. Paolo Amato.

Intervento del senatore Baldassarri nella discussione generale del disegno di legge n. 1905 e connessi

  Grazie, signor Presidente, per consentirmi in quest'Aula di esprimere qualche riflessione derivante sia dal mio precedente mestiere di professore universitario che dall'attuale responsabilità politica di senatore della Repubblica.
  Parto da un ragionamento di un vecchio maestro che non ho mai dimenticato, che si chiamava Luigi Einaudi e che diceva sempre "conoscere per deliberare" e allora parto da un'analisi di conoscenza. Ricordando un vecchio articolo che nella primavera del 1969 scrissi da studente universitario su un giornale locale nelle Marche che si chiamava "Voce Adriatica" e che adesso si chiama "Corriere Adriatico", proponendo una linea strategica che venne sintetizzata nel titolo di quel pezzo (che ho ancora e che conservo come reliquia) "Portare gli studenti all'università, non portare l'università agli studenti". Quindi già allora, a partire dai lontani anni sessanta, si vedeva questa strategia, a mio parere deleteria e perversa, sul piano dei costi e sul piano della qualità, che è quella della diffusione sotto il portone di casa, possibilmente tra il tabaccaio e il salumiere di famiglia, di istituire una sede universitaria. Questo vezzo è dilagato negli ultimi 10-15 anni. Nelle quattro sedi universitarie in cui ho avuto l'onore di svolgere il mio lavoro di docente - Torino, Milano-Cattolica, Bologna e Roma - ho sempre tentato, con pochi altri colleghi, di contrastare questa tendenza.
  Per non farla lunga, la situazione attuale, che a me risulta dai dati ufficiali, è che abbiamo in Italia circa 330 sedi universitarie, che diviso per 107 province fa circa tre sedi universitarie per ogni provincia. Allora, dai dati che ho a disposizione ma che potranno sempre essere verificati e indagati, sempre per non annoiarvi cito soltanto alcuni casi estremi che gridano scandalo e vendetta e, per non far torto a nessuno, ho inserito anche alcuni casi del mio territorio di origine, quindi non voglio proteggere nessuno, ma in molte di queste sedi universitarie le immatricolazioni sono al di sotto dei 50 studenti: Ala, 46 studenti per quattro corsi di laurea; Sant'Angelo dei Lombardi, Torrevecchia Teatina, Bressanone, tre corsi di laurea zero studenti; Busto Arsizio, Mosciano Sant'Angelo, Bosisio Parini, Figline Valdarno, Iesi, Matelica, Pietra Ligure, Faenza, Città di Castello, Voghera, Sesto San Giovanni, Ariccia, 18 immatricolazioni per due corsi di laurea; Fano, San Giovanni Rotondo, 17 immatricolazioni per due corsi di laurea; Venaria Reale, 3 immatricolazioni per un corso di laurea, iscritti totali 17; Verres, zero immatricolazioni, zero iscritti, due corsi di laurea; Lagonegro, Tortona, Vigevano, Piazza Armerina, Cesenatico, Cava dei Tirreni... e mi fermo qua.

   Perché ho citato questi dati, ovviamente da verificare, ma sono i dati che sono riuscito a rintracciare rapidamente? Perché nel disegno di legge c'è un fatto fondamentale come titolo e cioè "Fusione e razionalizzazione di atenei". Ora, se non partiamo da questo punto fondamentale tutto il resto è totalmente inutile. Perché il criterio è definire innanzitutto che cosa è l'Universitas Studiorum che nella dispersione di sedi e di risorse che risulta sul territorio non ha niente a vedere con il diritto allo studio, perché questo è in realtà una mistificazione del diritto allo studio, quello cioè di portare sedi ridicole e assurde in posti altrettanto ridicoli e assurdi illudendo studenti e famiglie per un'intera generazione. E allora la responsabilità politica è quella di partire da questo punto, da una decisione responsabile del Governo nazionale, la fusione e la razionalizzazione degli atenei. Potrà e può essere concordata, ma questo è un tema strategico nazionale che non ha niente a che vedere con l'autonomia. L'autonomia viene subito dopo sul come si esercita la gestione delle sedi universitarie, ma è una decisione strategica politica nazionale quella che serve.
  È evidente che in queste condizioni noi abbiamo già negli ultimi 15 anni distrutto l'università italiana e ci metteremo altri 15-20 anni a cercare un barlume di rinascita, indipendentemente dai governi, dalle maggioranze, dalle capacità dei singoli membri di governo, indipendentemente da tutto se non affrontiamo, come si dice al mio Paese, il toro per le corna su questo argomento. Perché? Perché questo argomento deve creare un'offerta universitaria che porti gli studenti all'università, come ho detto all'inizio, e non viceversa. Questa inversione di approccio logico-mentale è fondamentale. Il diritto allo studio non si garantisce mettendo una sede sotto casa, ma si garantisce creando le condizioni perché quello studente possa uscire dal suo paesello, andare in un bel campus, incrociare le esperienze con migliaia di altri studenti di altre regioni, di altri Paesi, di altre nazionalità, è lì che cresce. L'università sotto casa è in termine tecnico "il rincoglionimento totale di un'intera generazione".
   È evidente che questa politica ultra ventennale è stata fatta a tutt'altro scopo e a tutt'altro fine, che esclude l'interesse degli studenti, della formazione, della ricerca e dell'università. Palesemente questa proliferazione è stata fatta per moltiplicare le cattedre, moltiplicare le connivenze, cercare qualche piccolo consenso locale con dispersione enorme di risorse, perché magari il Comune offre il palazzo però poi chi paga la luce? E poi non a caso ci sono 15 iscritti. Però c'è, rispetto agli iscritti, un'overdose pericolosissima (peggio delle note sostanze stupefacenti) di docenti e non docenti. E anche lì l'altra gamba, ovviamente, è la selezione dei docenti e dei non docenti perché se continuiamo a perpetrare la connivenza che in ogni categoria corporativa scatta, per cui un idoneo non si nega a nessuno, come abbiamo fatto negli ultimi venti anni, un idoneo a me un idoneo a te, la selezione che avviene è perversa. E non è un caso se del 5 per cento migliore degli studenti italiani laureati in quasi tutte le discipline, due terzi prosegue la ricerca all'estero e forse un terzo resta a fare ricerca in Italia. Parlo del mio settore di competenza che è scienze sociali, economia, ovviamente conosco meno gli altri settori. Il che vuol dire che poiché per ognuno di questi cittadini italiani lo Stato italiano investe in vecchie lire circa un miliardo di lire, circa cinquecentomila euro, a partire dalla prima elementare, escludendo la scuola materna, fino alla laurea (il costo che lo Stato, non la famiglia - quello è un costo addizionale - che investe in questi studenti è circa 500.000 euro a studente cioè il cumulato negli anni dai 6 ai 23-24 a seconda della laurea. Il costo, non le tasse che ha pagato lui. Bene, questo investimento in capitale umano enorme ci viene sottratto, in modo abbastanza furbesco ma è chiaro che chi può ne approfitta, nel senso di attrarre in altre sedi all'estero quel 5 per cento migliore, già selezionato, già formato, già capace con strumenti di produrre ricerca e didattica. Quindi noi stiamo costruendo la classe dirigente della ricerca e della didattica per altri Paesi, in particolare per gli Stati Uniti.
  È questo che mi fa molta rabbia. Perché? Perché vuol dire che siamo in grado di produrre e sviluppare cervelli in Italia. Questa strategia perversa non riguarda la capacità italiana di produrre scienza e ricerca, ma l'incapacità di organizzarla perché sia una fisiologica sinergia con il resto del mondo. È chiaro che molti dei nostri possono andare fuori, ma molti degli altri potrebbero venire da noi. Se invece facciamo la bilancia dei pagamenti in questo settore, vediamo che ogni dieci dei nostri che vanno fuori soltanto 0,1 dalle altre parti del mondo vengono in Italia, oppure vengono dai paesi emergenti perché in Italia più o meno l'università è stata gratis, mentre in altri Paesi avevano il numero chiuso e venivano in Italia per prendersi la laurea gratis magari anche decente e buona: vedi il flusso dei greci che c'è stato per un certo periodo alle facoltà di medicina, vedi il flusso degli arabi ad altre facoltà. Giustamente facciamo almeno un po' di cooperazione allo sviluppo seria e vera formando queste persone, ma mi meraviglio che non ci possiamo porre lo stesso problema per i nostri che vanno all'estero.
  Questo è il primo passaggio. Significa dire, cari colleghi, che nel disegno di legge bisogna porre un obiettivo a 3-5 anni in cui si arrivi ad avere un terzo delle sedi universitarie esistenti, le altre vanno chiuse. Le risorse vanno concentrate e su questa base occorre mettere in condizioni queste sedi di ricevere gli studenti: 100.000 posti letto per studenti in campus. Quindi concentrazione di risorse, selezione, competizione, perché oggi questa condizione non esiste. Sono invece tutte in competizione al ribasso, ma competizione perversa. Quando vedo alcune facoltà recenti, come scienze della comunicazione, che dilagano in termini di iscritti, a me viene da piangere per quei ragazzi e per le loro famiglie perché pensano di essere laureati dopo quattro o cinque anni, perché così ci si impiega in questi casi per avere la laurea triennale.
  Quindi, primo concetto "fusione e razionalizzazione", secondo concetto "concentrazione dei fondi", sia in funzione di didattica che di ricerca, allora sì che si può innescare la competizione tra chi è più bravo e chi attrae di più le risorse, sia per la ricerca che per la didattica, perché vengono assegnate in funzione a quelli che sono i risultati di ricerca e di didattica.
  In sostanza si tratta di applicare anche qui un vecchio concetto, un dibattito che dura da 40 anni, da metà anni settanta, che riguarda l'intera gestione della spesa pubblica, che gli americani chiamano ZBB, cioè lo Zero-Base- Budgeting. Invece di dire di anno in anno cosa aggiungo e cosa tolgo alle varie voci di spesa o di assegnazione dei fondi, c'è da ricominciare da capo. Non si tratta di dire qua tolgo cinque milioni e là ci metto dieci milioni, senza discutere che dove tolgo cinque milioni ci sono un miliardo di euro e quello non lo discutiamo, discutiamo solo il di più o il di meno. Invece bisogna analizzare per valori assoluti: qual è il totale di risorse che arriva, su questo totale quali sono i risultati che sono ottenuti, dopodiché se c'è da aumentarlo del 30 per cento perché i risultati sono ottimi lo si fa, ma dall'altra parte c'è da ridurre a zero perché è inutile avere le sedi che vi ho citato prima. Francamente sono responsabilità collettive nei confronti della nuova generazione e delle famiglie. Questa è la mia valutazione.

   È un'occasione importante, il disegno di legge muove i suoi passi nel senso a mio parere giusto, però devo fare un avvertimento: la situazione di partenza in cui ci troviamo oggi è talmente disastrosa da questo punto di vista che con il ritmo e la velocità con cui il disegno di legge si propone di fare il cammino, noi ci arriveremo, se tutto va bene, fra 40-50 anni. Cioè le incrostazioni che ci sono non vengono fondamentalmente intaccate. Capisco che questo ragionamento ci crei problemi nell'opinione pubblica, ma francamente io credo che vada fatto con un'ottica più di medio periodo che non delle prossime scadenze elettorali come sempre avviene. Questo è il motivo per il quale io credo che il mio partito, la mia maggioranza, che si chiama Popolo della Libertà, abbia ragione d'essere. Perché se questo partito non aggredisce e imposta queste riforme profonde e strutturali, dobbiamo chiederci allora che ci stiamo a fare, e lo dico alla mia parte politica ma credo che anche dall'altra parte dell'opposizione, questo sia un tema su cui ragionare bene insieme perché si tratta di dare all'Italia, al sistema Italia, al Paese Italia, in termini di didattica e di ricerca, un minimo di prospettiva di poter partecipare a quello che avverrà nei prossimi 30-40 anni in giro per il mondo in tutti i settori della ricerca e non possiamo accettare supinamente un risultato talmente perverso per il quale i bravi se ne vanno e, francamente, i somari restano. Dopodiché ci potranno anche dare qualche consenso elettorale a destra e a sinistra i somari che restano, ma non so quanto a lungo questo consenso possa essere speso. Un'ultima indicazione signor Presidente. Riflettevo, come voi sapete io sono sempre un liberal, un liberale, ma sono molto attento al fondamento portante del pensiero liberale che è "che cos'è lo Stato", è su quello che si imposta il pensiero liberale. Questa idea quindi di aprire i consigli di amministrazione a esperti esterni merita molta attenzione, perché guardando all'esperienza per esempio della sanità e delle ASL, quando ci siamo illusi che far gestire la ASL da un manager esterno che non capisce assolutamente nulla di medicina, che qualche volta, se va bene ed è bravo, capisce di contabilità, magari capisse di controllo di gestione, ecco, non vorrei che anche lì l'esperienza del caso ASL-sanità si ripeta nei consigli di amministrazione, perché non può esserci assunzione di responsabilità se non c'è anche un bilancio, balance, diritti-doveri.
   Allora, nel momento in cui gli atenei così scremati, così ridotti a un terzo, hanno una loro autonomia e c'è una gestione, bene, i privati che entrano o gli esperti esterni che entrano devono avere una corresponsabilizzazione anche in termini economici-finanziari. È troppo facile entrare e sputare sentenze decidendo dei soldi dello Stato e degli altri. Teniamo conto - ultimissima indicazione e vale per tutti i grandi servizi pubblici - che se l'utente, in questo caso lo studente e la famiglia, non ha la diretta percezione di cosa sta spendendo in quel momento e quindi di qual è l'ammontare di risorse che viene investito su se stesso, non avrà mai la capacità, la forza, la volontà di pretendere che a quel costo corrisponda un risultato per sé.
  E allora, capisco che posso anche essere eccessivamente liberal, ma finché non stabiliamo il principio che l'iscrizione all'università deve coprire il costo medio per studente non ne usciamo: costa 15.000 euro una facoltà di medicina, le tasse di iscrizione devono essere 15.000 euro. Noi dobbiamo scindere questo concetto da chi e come paga. Perché attualmente costa 15.000 euro, pago 1.500 euro di tasse, l'ateneo decide di aumentarle a 1.800, c'è la rivolta universitaria, c'è la rivolta dei sindacati perché c'è l'aumento delle tasse universitarie, ma nessuno percepisce che in realtà l'università costa 15.000 euro. Allora il principio è molto semplice: che l'equità sociale lo Stato la fa con le borse di studio, con il buono scolastico, con queste cose. Lo studente e la famiglia devono ricevere un assegno dallo Stato di 15.000 euro; lo studente va a spenderselo e sceglie la sede universitaria nella quale si vuole iscrivere. Quindi l'università gratis per tutti non è un problema di equità sociale. Dopo tanti decenni il risultato è che abbiamo prodotto la più perversa selezione sociale, perché questa formula porta ad una dequalificazione dell'università dove i miei figli e i figli di famiglie a reddito medio-alto hanno comunque un loro percorso scientifico e di formazione, i figli dei poveretti, se va bene, ottengono la laurea della quale spesso non sanno cosa farsene, a meno che non siano dei geni, ma allora solo quelli, uno su un milione, ce la fanno.
  E anche qui, la falsità di una perequazione sociale ottenuta attraverso una dequalificazione totale, che ottiene come risultato finale una selezione perversa e classista di ciò che arriva alla fine del percorso di formazione. Questa va a mio parere smontata e sgretolata e lo strumento è quello di mettere in mano all'utente la constatazione, la percezione, il toccare con mano che quando entra dentro l'università sta spendendo 15.000 euro e se la qualificazione dei corsi, la presenza dei docenti e anche del personale non docente non è adeguata, può certamente chiedere conto a qualcuno di questo, oppure l'anno successivo prende e ritira il suo assegno e lo va a portare ad un'altra università. Allora sì che una competizione verso l'alto può funzionare. Senza di questo io credo che, con tutta la buona volontà nostra e di quelli che ci seguiranno, non riusciremo a frenare questo degrado progressivo della nostra ricerca universitaria, e quando un Paese rinuncia a questo tipo di formazione sta rinunciando a se stesso. L'Italia più degli altri perché se ci guardiamo indietro forse qualche piccolo contributo alla scienza e alla tecnologia l'abbiamo dato e siamo capaci di darlo, quindi ancora peggio per noi. Fossimo un Paese magari dell'Africa subsahariana forse avremmo alle spalle - con tutto il rispetto, per carità - ma avremmo alle spalle meno elementi di irresponsabilità. C'è un esempio che segna la mia vita, che è negli anni '50, fino ai primi anni '60: noi registravamo i brevetti, abbiamo inventato il Moplen e l'abbiamo diffuso in tutto il mondo. Non dico Fermi o altri, o il professor Veronesi che è autorevole membro del Senato, ma sono certo che se continuiamo così noi saremo in grado di produrre altri professor Veronesi, ma saranno tutti a Houston a lavorare e non credo che sia giusto che stiano a Houston soltanto e nessuno in Italia.

Un ultimo auspicio, infine, signor Presidente. Proprio sulla base delle precedenti riflessioni occorre trarre la conseguenza più coerente, e cioè la necessità di eliminare il valore "legale" del titolo di studio al fine di legare il valore del titolo alla effettiva formazione e qualificazione offerta dall'università ed acquisita effettivamente dallo studente.
Grazie, signor Presidente.                 Mario Baldassarri

 

 

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BREVE RESOCONTO DELLA  DISCUSSIONE DI IERI IN SENATO
E RICHIESTA MINIMA DI EMENDAMENTI

Riforma dell' Universita', Disegno di legge – Senato 1905, Votazione finale, all’o.d.g. giovedi’ 29 luglio 2010.

        Ai Colleghi in Italia
        Ad atri interessati

p.c.

- Al Presidente del Senato della Repubblica Italiana
- Agli On.li SENATORI
- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia

   Oggetto:  breve resoconto e richiesta minima di emendamenti
               

  ieri (27 luglio) c'e' stata la discussione sul DDL, in Senato. Il 29 luglio  ci sara' la votazione finale.
  Ho ascoltato ( e registrato) tutta la discussione, via satellite. Mi sono ricordato del massacro di Duisburg (Germania), negli scorsi giorni, con migliaia di giovani cacciati in un tunnel a imbuto, e massacrati.
   In estrema sintesi, e' stata una vera caccia all'untore (l'universita' italiana). L'universita' e' stata accusata, senza misericordia ne' limiti di pieta', di aver dilapidato i soldi dello Stato (migliaia di lauree inutili, decine di sedi inutili; allievi promossi a professore per clientela, familismo. Una parte di noi prenderebbe soldi senza fare ricerca.

  Di proprio, gli intervenuti non hanno offerto uno straccio di indicazioni di strumenti efficaci per risolvere i problemi, se non la centralizzazione dei controlli, a scapito della autonomia, perche' esercitata in passato, in modo irresponsabile. E
pertanto, l'unico modo di risolvere e' risultato cominciare dal trattamento dei malati inguaribili, quello di eliminare la malattia uccidendo il malato: vale dire, tagliare il turnover e i fondi, a man bassa.

  Cari Colleghi, se abbiamo un po' di dignita', non rimane che suicidarci.
  Alcuni (Garavaglia, Asciutti, Valditara) hanno tentato di difenderci, ma hanno dovuto dire senza dire, pena il linciaggio.
  Il Ministro ha parlato a lungo. Cosa ha detto ? Nulla.
  In questa fase, non rimane che lasciar passare il temporale. Poi, il DDL passera' alla Camera'. In questa sede dovremo riprendere il colloquio (molto colloquio) con la politica e con le famiglie, e anche col ministro se finalmente lo vorra'.

  Al punto in cui siamo, ribadisco le richieste minime di emendamenti, se l'Aula e il Governo vorranno :
  1) che il FFO sia ripartito tra le universita' prendendo a riferimento il costo standard per studente;
  2) che siano liberalizzati i contributi studenteschi;
  3) che, conseguentemente, il diritto allo studio per i "bisognosi e meritevoli" (art. 34 Costituzione) non sia piu' a carico delle universita', ma dello Stato con apposito fondo del MIUR, con delega alla Regioni, per la gestione. Il Fondo potrebbe essere finanziato sottraendo al FFO la corrispondente cifra;
  5) che sia fissato, di massima, il rapporto tra numero dei professori e numero degli studenti,  uniformemente nelle universita' (ad es., attualmente c'e' 1 professore, ogni 30 studenti, come media nazionale);
  4) che anche il personale tecnico e amministrativo sia rappresentato nel Senato (come conseguenza della abolizione del Consiglio di Amministrazione, quale organo elettivo di rappresentanza del personale docente e non docente);
  5) che anche le commissioni locali di concorso siano sorteggiate nel settore scientifico nazionale;
  6) che ci sia la chiamata diretta (a prof. associato, e a prof. ordinario), rispettivamente, dei ricercatori a tempo indeterminato e dei prof. Associati con almeno 5 anni di anzianita', in seguito a conseguimento dell'abilitazione nazionale corrispondente, purche' ci sia anche la unificazione delle tre attuali progressioni retributive (altrimenti la chiamata diretta sarebbe una scatola vuota).

Bologna 26 luglio 2010

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NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze

 

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LETTERA APERTA DEL NOSTRO GIORNALE AI SENATORI:
"Si può fare di più con un pò di buona volontà ... da parte del Governo"

- Al Presidente del Senato della Repubblica Italiana
- Agli On.li SENATORI


p.c.


- Al Presidente del Consiglio dei Ministri
- Al Ministro della Universita' e Ricerca
- Al Ministro della Economia

   Oggetto: Riforma dell’universita’ – Disegno di legge – Senato 1905, all’o.d.g. martedi’ 27 luglio 2010

   On.le Presidente del Senato, On.li Senatori,

   il DDL in oggetto promette una demolizione rilevante dell’universita’ pubblica italiana, pur contenendo un buon avvio in alcuni punti. In considerazione di cio', vogliate rinviare il testo in Commissione Istruzione il DDL, pero' con precisi indirizzi, perche’ da un rinnovato incontro tra Governo e Parlamento, vengano sciolti i nodi, che sotto vi segnalo.
   Le indicazioni dei sindacati universitari sono state date, in particolare, nella Conferenza di Bologna del 12 febbraio 2010, organizzata da nostro Giornale e dalla Fondazione Magna Carta, a cui hanno partecipato i Presidenti delle Commissioni universita' di Camera e Senato e il sen. Gaetano Quagliariello.
  Dei principali problemi, di cui al DDL, rimasti irrisolti, ho scritto il 26 aprile 2010 in una lettera (qui allegata) al Presidente Berlusconi, ma senza ottenere una risposta. In essenziale, i punti sottoposti sono:

  1) La struttura del DDL è funzionale al “costo zero” della riforma, per lo Stato, ma anche impedisce alle universita' vie di uscita alternative. Questo non va bene e infatti:
   a) Il “costo zero” per lo Stato si puo’ accettare come precisa scelta politica del Governo, risultato da elezioni politiche. Invece, appare inammissibile anche l’impedimento all’universita’ di approvvigionarsi di risorse sul mercato, mediante la liberalizzazione dei contributi studenteschi, per lo stretto pareggio del bilancio.
  b) Va pur apprezzato che, mantenendo il DDL la copertura delle spese correnti delle universita’ mediante il FFO – Fondo di Finanziamento Ordinario – pur se a risorse strette, rimarrebbe il soddisfacimento pubblico del Diritto allo Studio, sia pur con qualche restringimento della maglia.
   Ma la liberalizzazione suddetta farebbe mancare l’aiuto specifico agli studenti bisognosi e meritevoli, ai sensi dell’art. 34 della Costituzione. Per questi casi sarebbe necessario, come mitigazione della liberalizzazione, creare un Fondo aggiuntivo a carico dello Stato (togliere  la corrispondente cifra al FFO ?), per la cui gestione si potrebbe dare delega alle Regioni.
  c) L’attuale FFO e’ ripartito in base a parametri che non hanno alcun senso come riferimenti per premiare i “risultati di merito” delle universita', perche’ costruiti usando statistiche relative ad anni passati, del tutto superati (questo ricorda le esperienze fallimentari dell’Unione Sovietica, dove questi erano applicati a tutti i settori del sistema economico).
   Sarebbe piu’ utile, invece, prendere a riferimento il “costo standard per studente” (vale dire, in pratica, il costo medio, nazionale dell’insieme delle universita’). Questo avrebbe anche l'effetto di premiare automaticamente le universita’ virtuose (perche’ con costi inferiori al costo standard).
  d) Andrebbe anche disposto il controllo preventivo della Sezione locale della Corte dei Conti sul bilancio delle universita’.

  2) Governance.
  a) Il DDL rafforza l’Esecutivo delle Universita’ (il Rettore si varra’ di un Consiglio di Amministrazione configurato come organo esecutivo, come nelle societa’ per azioni; e l’attuale Direttore Amministrativo diverra’ “Direttore generale”).
   Questo puo’ essere cosa buona, se bilanciata da un rafforzamento degli Organi deliberanti e di controllo.
   Ma questo non e’ e infatti:
  - e’ il abolito il Consiglio di Amministrazione, come organo elettivo di rappresentanza delle categorie (professori di I e II Fascia, Ricercatori, Personale Tecnico e Amministrativo);
- il nuovo Senato diviene un organo elettivo senza poteri reali, perche’ e’ svuotato dei Presidi (attualmente membri di diritto, e figure portanti della democrazia universitaria) ed e’ composto da membri eletti in modo polverizzato (cosi’ da non avere alcun potere reale).
   Per evitare questa polverizzazione, un modo e’ la elezione per liste concorrenti dei candidati, in modo da originare una maggioranza ed una minoranza.
   Nel nuovo organo elettivo non entrerebbe, poi, il personale tecnico e amministrativo, e questo non va bene.

3) Reclutamento e progressione in carriera dei docenti.
a) Il DDL istituisce l’abilitazione nazionale (a lista aperta) dei docenti e questo e’ cosa buona.
  Inoltre esso conserva nominalmente il concorso locale per il reclutamento e la progressione in carriera, con Commissioni locali di professori del Dipartimento, nominate dal rettore, per la scelta dei professori dentro la lista degli abilitati “nazionali”.
   Questo modo pilotato di fare le commissioni significa, di fatto, la fine dei concorsi come indicati dalla Costituzione (art. 97) per la Pubblica Amministrazione. Tenuto conto, poi, che i nostri Dipartimenti sono molto corporativi, il localismo (la piaga creata dalla legge 210/1998) sara’ ulteriormente aumentato.
   In passato, le commissioni (pur se elette con votazione) erano in realta’ il frutto di accordi taciti sotterranei. Adesso lo si farebbe senza piu’ limiti al pudore. Sono dell'idea che il concorso debba diventare un vero concorso con scelta delle commissioni mediante sorteggio (nel settore scientifico nazionale).

4) Diritto allo studio.
  Il DDL lede gravemente il diritto allo studio perche’, bloccando in modo rilevante il turnover del personale di ruolo, riduce molto, per gli studenti, la disponibilita’ relativa di docenti a tempo pieno.
  In questo modo si trascura di considerare che la scuola è come la famiglia, e senza la sua stabilita’, i figli finiscono affidati al vento.
  Tenuto anche conto delle attuali carenze finanziarie delle universita’ (che, l’altro, hanno anche problemi edilizi e do sicurezza delle strutture), nel nuovo sistema gli insegnamenti saranno affidati prevalentemente a docenti a contratto (pur se aventi l’abilitazione nazionale). Questa precarieta' dei docenti potrebbe divenire estrema nelle aree depresse del Paese, dove i problemi del bilancio sono già gravi per loro natura.
  Si voglia, pertanto, disporre una norma che fissa dei precisi rapporti tra numero di professori di ruolo e numero di studenti, uniformemente in tutte le universita' italiane.

5) Mancanza di norme transitorie per i Ricercatori a tempo indeterminato. E’ prassi che, abolendo un ruolo, i suoi membri siano inquadrati ope legis nel gradino piu’ basso del ruolo superiore. Nel nostro caso, non solo questo non avviene, ma neppure sono previsti dei giudizi di idoneita’ per promuovere i meritevoli, come invece fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980 (DPR 382/80).
   Il DDL prevede, e' pur vero, la possibilita’ di chiamata diretta (come per i ricercatori a tempo determinato), in caso di conseguimento della abilitazione nazionale a professore associato.
  Questa estensione della chiamata diretta ai Ricercatori a tempo indeterminato (nel DDL iniziale essa era prevista solo per i Ricercatori a tempo determinato) e’ , pero', fallimentare perche’ non tiene conto che, in base alla legge vigente, ci sono tre progressioni di carriera, per le tre fasce, nelle quali il gradino iniziale della fascia superiore e' piu' basso del gradino di provenienza della fascia inferiore. La conseguenza e’ che il Ricercatore a tempo indeterminato “anziano” perderebbe di retribuzione, in caso di chiamata.
  Per dare un senso compiuto alla chiamata diretta dei Ricercatori a tempo indeterminato sarebbe necessario “anche” unificare le tre progressioni stipendiali (questo non vuol dire “il ruolo unico”).

6) Professori Associati. Benche’ il DDL non ne abolisca il ruolo (ma sarebbe stato un bene il farlo, e invece mantenere il Ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato), anche per loro e’ opportuno prevedere la chiamata diretta in caso di conseguimento dell’abilitazione nazionale, previa unificazione della progressione retributiva delle tre fasce.
  I motivi sono:
  - e’ un danno obbligarli a cambiare sede, dopo che hanno creato delle scuole, con studenti e allievi ...;
  - negli anni 1980-1998 essi hanno subito il ghetto, per mancanza di concorsi (erano programmati 9 concorsi, ne furono fatti 3), e quando nel 1998 furono sbloccati i concorsi, essi furono esclusi per accordo tacito dei sopravvenuti Commissari giovani che dettero la precedenza ai loro allievi (ulteriormente piu’ giovani).

Bologna 25 luglio 2010

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NINO LUCIANI, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze

Allegata: Lettera a Berlusconi, del 26 maggio 2010.
Clicca su:
RUBRICA

 


Università di Manchester

 

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Mauro Degli Esposti

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Trent'anni di politica universitaria in Italia
(Dal DPR 382/80 al progetto Gelmini)
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Per il testo originale in inglese clicca su:
Thirty years of policy for higher education
in Italy: Vico's ricorsi and beyond?

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Mauro Degli Esposti* and Marco Geraci#

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Marco Geraci

* Faculty of Life Sciences and #  Faculty of Medical and Human Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK

This is an Italian translation of an article that is to be published under the title "Thirty years of higher education policy for Italy" in the Bulletin of Italian Politics", Vol. 2, number 1 - July 2010

Trent’anni di politica universitaria in Italia

Sommario. Nel 2010 ricorrono trent’anni da quando, nel 1980, fu introdotta una legge di riforma radicale del sistema universitario italiano. Durante questo periodo, un susseguirsi di leggi ha progressivamente alterato e perfino vanificato i cambiamenti introdotti trent’anni fa, in un processo che si potrebbe definire come classico ricorso. Come inizialmente descritto dal filosofo Vico nel 1744, un ricorso rappresenta un ciclo storico in cui lo stato finale assomiglia a quello iniziale da cui si è originato. In questo articolo si avanza l’ipotesi che proprio questo tipo di andamento ciclico ha caratterizzato l’altalenante politica governativa per l’università italiana nelle ultime tre decadi. Secondo tale ipotesi, formulata alla luce dell’esperienza personale di due scienziati italiani di diversa generazione, l’ultima riforma proposta dall’attuale governo italiano risulterebbe un tipico ricorso, poiché reintroduce norme già viste in passato. Tuttavia, l’attuale politica universitaria riflette un’attenzione al merito più marcata che in passato: il merito costituisce, infatti, il concetto chiave attorno al quale ruota la spinta riformatrice del mondo accademico italiano. Questo articolo offre un excursus storico del processo legislativo che ha prodotto l’attuale sistema universitario. In un articolo successivo, verranno invece discussi approcci quantitativi utili per valutare il prestigio, e quindi il merito, degli istituti universitari italiani.

1. Trent’anni di legislazione sembrano produrre un ricorso Vichiano. Trent’anni fa una grande riforma cambiò il sistema universitario in Italia. Da allora il mondo accademico italiano ha attraversato una serie altalenante di cambiamenti legislativi che non sono riusciti a fermare il progressivo declino del sistema universitario. Un declino aggravato dalle limitate risorse di investimento pubblico (nonchè privato) e, più recentemente, da forti tagli finanziari. Lo scopo di quest’articolo è di produrre un’analisi pacata di come il sistema universitario italiano si è evoluto in risposta ai cambiamenti politici e legislativi degli ultimi trent’anni. Da questa analisi emerge la forte impressione, corroborata da fatti innegabili, che questo sistema stia tornando indietro verso una situazione simile a quella pre-esistente al 1980, seguendo quindi un processo storico che ricorda i ricorsi descritti dal filosofo Gianbattista Vico. Secondo la visione storica di Vico (Vico, 1744), la progressione di corsi e ricorsi non produce necessariamente delle situazioni migliori che in passato – in effetti, non tutto quel che è nuovo è meglio. I cambiamenti ciclici che descriviamo qui possono anche aiutare a comprendere il progressivo calo di influenza che la nazione italiana ha esercitato sui palcoscenici internazionali, sia politici che economici. Il numero crescente di accademici ed intellettuali italiani che hanno cercato (e trovato) all’estero un luogo dove potersi esprimere al meglio rappresenta, molto verosimilmente, un sintomo di tale declino. Fra essi gli autori di quest’articolo che, osservando a distanza (perlomeno in termini geografici) il sistema universitario che li ha educati, si chiedono come farà il nostro paese ad uscire dal pernicioso ciclo di declino accademico in cui sembra avviluppato. Ci auguriamo che la nostra analisi, nei limiti dell’obbietività che caratterizza un’attitudine prettamente scientifica, possa fornire uno spunto, pur piccolissimo, per uscire da tale ricorso.

2. Caratteristiche generali del sistema universitario italiano. La struttura dell’educazione superiore in Italia risulta comparabile a quella della Francia e di altri paesi europei di dimensioni equivalenti. Un numero relativamente alto di università è distribuito su tutto il territorio nazionale, con una concentrazione di atenei nelle regioni del Centro-Nord dove, in passato, esistevano piccoli Stati indipendenti (Toscana, Emilia, Lombardia, Piemonte e Veneto). Ci sono, inoltre, istituzioni di formazione superiore derivate da modelli napoleonici, tra cui la più nota è forse la Scuola Normale di Pisa, ed un numero crescente di istituzioni universitarie private, alcune delle quali di tipo telematico (specializzate in e-learning). Secondo l’ultimo rapporto del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU, 2009), nel 2008 esistevano oltre 90 università in Italia, ospitanti, approsimativamente, due milioni di studenti e 62000 accademici.

In Italia, il numero delle università e degli studenti che giungono alla conclusione del percorso di studi non è alto se rapportato alla dimensione della popolazione. Oltretutto, il 40% degli studenti iscritti risulta fuori corso, cioè non giunto alla laurea nei tempi stabiliti (CNVSU, 2009). Questo riduce grandemente l’efficienza del sistema dell’educazione superiore. Tale sistema, inoltre, è caratterizzato da una limitata mobilità sociale, come dimostrato dal fatto che circa il 40% dei laureati in Architettura, Farmacia e Medicina provengono da famiglie in cui almeno un genitore possiede lo stesso tipo di laurea (Ainis, 2009). Questa ingessatura deriva dal fatto che il mondo accademico non ha mai smesso di esprimere e propagare forme di conservatorismo sociale. Infatti, come documentato nel popolare libro di Stella e Rizzo (2008), molti professori universitari appartengono a famiglie di lunga tradizione accademica. In casi estremi, ma non particolarmente rari, intere facoltà sembrano essere dominate dalla stessa famiglia accademica (Ainis, 2009; Carlucci and Castaldo, 2009). Un aneddoto personale può essere illuminante. Agli inizi degli anni ottanta, solamente due fra gli otre 40 accademici dell’Instituto Botanico di Bologna venivano da famiglie di classe medio-bassa senza tradizioni accademiche. Ancor oggi, la situazione di quell’Istituto non sembra molto cambiata, dal momento che la maggioranza degli accademici di allora sono ancora attivi, mentre i pochi che sono subentrati ad altri hanno in molti casi parentele nell’ambito accademico. Storie simili si ritrovano da una punta all’altra del Paese (Carlucci and Castaldo, 2009).

3. La riforma del DPR 382/1980. Durante gli anni settanta si accumularono vari problemi nel sistema universitario italiano, in parte dovuti all’apertura dei corsi universitari, precedentemente destinati ad élites, che raddoppiò la popolazione studentesca. Molti problemi furono poi esacerbati dalla crisi economica del 1972, che condusse alla riduzione dei fondi per l’università. Per portare avanti le attività di insegnamento e ricerca vennero assoldate frotte di giovani laureati con contratti a breve termine, spesso sotto-pagati, determinando così la nascita di un esercito di precari. Insieme al loro numero, crebbe anche la loro influenza sul processo di riforma che lentamente si andava sviluppando verso la fine degli anni settanta. Tale riforma riuscì ad andare avanti solo attraverso una stabilizzazione del ruolo dei precari, che fu decretata con la Legge 382 approvata nel 1980. Molti precari furono dunque collocati in una delle nuove posizioni accademiche introdotte nella riforma: quella di ricercatore e quella di professore associato (correspondenti, più o meno, a quelle di assistant e di associate professor negli Stati Uniti e a quelle di junior e di senior lecturer nel Regno Unito). Nonostante che l’entrata in ruolo in queste posizioni permanenti richiedesse una valutazionedi idoneità basata sul curriculum, in pratica tutti i precari che avevan ricevuto incarichi prima del 1979 entrarono a ruolo. Cosicché la riforma permise un’entrata nel settore accademico ope legis a quasi ventimila persone le cui credenziali di ricerca ed insegnamento non vennero seriamente valutate. Allo stesso tempo, con la legge 382 vennero bandite quattromila nuove posizioni di ricercatori liberi, a condizioni salariali significativamente meno vantaggiose rispetto a quelle dei ricercatori confermati. Uno degli autori di questo articolo ottenne nel 1983 una posizione di tal genere dopo un concorso molto competitivo. I tempi di attuazione della legge 382 furono, infatti, assai lenti per queste nuove posizioni, che, a differenza di altre, vennero assegnate essenzialmente sulla base del merito scientifico alla stregua di quanto avveniva in altri paesi occidentali. Questi giovani ricercatori diedero un nuovo impulso alla ricerca italiana, grazie anche al supporto di scienziati delle precedenti generazioni che poterono impiegare nuove risorse finanziarie ed intellettuali, in particolare studenti di dottorato, liberate con la Legge 382. Giovani e dediti studenti furono attratti a lavorare su progetti di ricerca finanziati dal ministero o da nuove agenzie come Telethon, e si aprirono filoni di ricerche di carattere anche internazionale. Un fresco entusiasmo iniziò a permeare (o tale fu la percezione) i nuovi dipartimenti. Tutto ciò nonostante il livello di finanziamenti fosse relativamente basso e, molto spesso, distribuito a pioggia.

4. Il sistema dei concorsi con il DPR 382/1980. La Legge 382 consolidò un cambiamento cruciale nel modo in cui le università reclutavano e promuovevano il loro personale accademico. Contrariamente ai riceratori liberi, che venivano selezionati localmente, le posizioni di professore, associato e ordinario, venivano bandite per mezzo di concorsi nazionali condotti ogni due o tre anni1. Per ciascuna disciplina accademica, si formava una commissione dai sette ai nove membri, selezionati da un pool di professori. Questi ultimi, a loro volta, venivano eletti a livello nazionale fra accademici dello stesso ramo disciplinare, seguendo le norme stabilite da una precedente legge del 1979 (la stessa legge che introdusse anche il CUN2, un organismo divenuto oggi fondamentale nel sistema universitario italiano). La commissione, una volta insediata, esaminava le domande dei vari candidati sulla base di criteri che stabiliva essa stessa in modo insindacabile. Non solo tali criteri erano slegati da parametri internazionalmente riconosciuti come, ad esempio, il fattore d’impatto (impact factor), ma non era neanche previsto nessun meccanismo di valutazione ex post. Ciò portò addirittura alla possibilità di poter selezionare i candidati per la posizione più elevata (professore di prima fascia) senza sottoporli ad alcun colloquio. I candidati a posizioni di professore associato, invece, venivano intervistati e poi dovevano presentare una lezione pubblica su un tema sorteggiato il giorno precedente.

Il sistema di elezione dei membri delle commssioni divenne immediatamente permeabile alle manipolazioni dei potentati accademici, generalmente chiamati scuole (Mattei and Monateri, 1993), i quali potevano indirizzare molti voti su candidati prescelti. Anche se diversi scandali sui concorsi finirono in mano alla stampa (come quelli descritti da Ainis, 2009 e Stella e Rizzo, 2008), uno in particolare fece eco in quanto rivelò come i concorsi venivano sistematicamente manipolati per promovere solo i candidati desiderati, indipendentemente dal loro merito scientifico. Roberto Bisson, un professore associato di Padova molto conosciuto in ambienti scientifici, produsse un rapporto accurato in cui analizzò vari concorsi in Biochimica, in particolare quello del 1992 nel quale vennero bandite 39 posizioni di professore di prima fascia. Questo concorso, che fu uno dei più importanti per numero di posizioni ed università interessate tra quelli banditi nel 1992, può essere considerato emblematico di come la promozione accademica procedesse dopo l’introduzione della Legge 382/80 (per ulteriori esempi, cfr. Carlucci and Castaldo, 2009).

5. Il concorso per professori di Biochimica del 1992. Storicamente, il campo della Biochimica è stato dominato in Italia da un ristretto gruppo di potenti scuole afferenti le università di Roma, Napoli, Bologna, Milano e Genova, le quali sono state in grado di estendere la loro influenza su quasi tutti gli altri atenei italiani. Per esempio, la scuola di Bologna ha tradizionalmente esercitato un forte controllo sui dipartimenti di Biochimica in tutte quelle facoltà in cui, appunto, la Biochimica viene insegnata. Fra queste si annoverano quelle dell’università di Bologna, Modena, Parma, Ancona, Pisa, Sassari, Catania e Roma Cattolica, che, all’epoca in cui si tenne il concorso in discussione, comprendevano oltre un decimo dell’elettorato deputato alla formazione delle commissioni concorsuali per Biochimica. La scuola di Bologna, dunque, aveva assicurarata l’elezione di almeno un suo rappresentante in ogni commissione dei concorsi nazionali per posizioni accademiche nel settore scientifico di sua spettanza. Un’altra scuola ancor più influente, e con un elevato profilo scientifico, era quella di Roma (La Sapienza).

Il meccanismo di selezione funzionava impeccabilmente: una volta che i membri delle commissioni erano stati eletti a sorte fra i candidati preselezionati (cioè quelli che si erano impegnati a salvaguardare gli interessi delle rispettive scuole), essi si incontravano in modo discreto con i rappresentanti di tutte le scuole per definire chi doveva vincere i posti messi a bando, ancor prima di vedere i curricula dei candidati. Successivamente, le commissioni si riunivano per definire i criteri che, appunto, favorissero i candidati preselezionati dai potentati nazionali e da quelli locali. Tali criteri dovevano conformarsi al livello scientifico dei futuri vincitori, livello molto spesso di gran lunga inferiore a quello di altri candidati, magari privi di simile “protezione”. Difatti, praticamente tutti i 168 candidati che fecero domanda al concorso di professore di Biochimica del 1992 furono ammessi dalla commissione, la quale, nei due anni successivi, lavorò all’eliminazione di quelli indesiderati e alla promozione di tutti quelli predestinati alla vittoria.

Questo sistema ufficioso, ed illegale, di selezione continuò indisturbato per molti anni, anche perché i curricula dei candidati non erano di dominio pubblico. Tuttavia, le cose cominciarono a cambiare nel 1994 quando il succitato Roberto Bisson, che aveva partecipato senza successo al concorso del 1992, decise di valutare il profilo scientifico degli altri concorrenti. A tal fine utilizzò risorse allora nuove, come il databank Pubmed/Medline che raccoglie la maggioranza delle pubblicazioni scientifiche in Biochimica e materie affini. Nella sua analisi sistematica, Bisson trovò che molti dei vincitori del concorso possedevano meno pubblicazioni, e spesso su riviste di minore prestigio, di quelle di molti candidati esclusi (tra questi, anche uno degli autori del presente articolo). A sue spese, Bisson fotocopiò i documenti depositati ufficialmente presso il Ministero dell’Istruzione a Roma che riguardavano il concorso del 1992 e quelli precedenti ad esso collgati. Confrontò quindi la sua rigorosa analisi con i documenti ufficiali e li pubblicò in un libretto, il rapporto Bisson, che poi distribuì a molti bochimici italiani, prima di ritirarsi dalla ricerca, e poi dalla vita accademica.

Le conclusioni del rapporto Bisson erano devastanti. Veniva messo allo scoperto, in modo inappuntabile, un modo profondamente ingiusto di portare a promozione accademici che non ne avevano i titoli e che, dunque, era in completo contrasto con le norme di legge. Ad esempio, mettendo i 39 vincitori del concorso a confronto con i 20 migliori fra gli esclusi, Bisson stimò che il numero medio delle citazioni ricevute dalle pubblicazioni dei primi era circa la metà di quello delle citazioni per le pubblicazioni dei secondi (67 e 130, rispettivamente), mentre solo cinque fra i vincitori avevano un profilo tale per potersi definire dei leader indipendenti. Guardando poi ai casi singoli, Bisson rilevò che un candidato scientificamente assai quotato (con ben 752 citazioni ed un impact factor globale quattro volte più alto della media dei vincitori) venne considerato non adatto alla posizione di professore. Al contrario, vennero giudicati adeguati candidati con meno di dieci citazioni! Questo non fu un caso isolato. Se la selezione fosse stata basata su una combinazione di parametri riconosciuti internazionalmente, solo 14 fra i candidati che vinsero sarebbero rientrati nell’ipotetica classifica dei migliori 40 fra tutti i candidati a quel concorso. Di conseguenza, si evince che i due terzi dei migliori biochimici italiani degli inizi anni novanta furono ingiustamente esclusi dall’essere nominati professori. Un danno accademico probabilmente irreparabile, dato il mediocre profilo internazionale che la biochimica italiana ha mantenuto dopo il 1992.

6. La transizione verso la riforma Berlinguer. Dai concorsi nazionali a quelli locali. Il rapporto Bisson, insieme ad altri scandali concorsuali, ebbe un impatto sulla comunità accademica in Italia verso la metà degli anni novanta. Membri di commissioni in concorsi incriminati sembravano impauriti dalle possibili conseguenze giudiziarie che avevano colpito alcuni accademici. Tuttavia, il sentimento politico di supporto incondizionato a soluzioni giudiziarie del diffuso malcostume accademico e dei suoi concorsi truccati si dileguò rapidamente e si trasformò presto in una scarsa considerazione per il sistema universitario in toto, nel quale ora si procedeva in modo più cauto in occasione dei processi di selezione e promozione. Tuttavia, lo stesso sistema rimaneva refrattario alla competizione accademica aperta, producendo forme di resistenza passiva che effettivamente scoraggiavano validi scienziati a far domanda per posti accademici, inclusi quelli emigrati all’estero e che avrebbero voluto rientrare in patria. Questo avvenne anche grazie al fatto che la Legge 382 lasciava aperta una forte discrezionalità nel processo di reclutamento. Dopo aver superato la selezione di un concorso, un candidato era infatti obbligato a far domanda di assunzione presso le facoltà che avevano bandito un posto per quello stesso concorso. Le facoltà potevano poi scegliere chi volevano per occupare quel posto, generalmente dopo complessi negoziati con altri corpi academici e potentiati di ogni genere. Cosicché, quando questi negoziati non approdavano a nulla, oppure un candidato vincente esterno non era interessato a quel posto, lo stesso poteva rimanere vacante a tempo indefinito (Carlucci and Castaldo, 2009). Conseguentemente, il sistema di reclutamento accademico rimaneva non solo ingiusto, ma anche assai inefficiente.

Le distorsioni nei concorsi condotti secondo le interpretazioni pratiche della Legge 382/80 chiaramente richiedevano dei forti aggiustamenti, che riconciliassero gli interessi locali con criteri a validità nazionale. La soluzione seguita fu semplice: i concorsi dovevano decidersi a livello locale, con commissioni dominate da accademici delle stesse università, un po’ come avviene tuttora in molti altri stati occidentali. Questo tipo di soluzione fu introdotto con la Legge 210 del 19983, la quale effettivamente trasferiva molta libertà di manovra agli atenei. Con questa maggiore autonomia, si procedette con la selezione di candidati per nuovi posti generati localmente e, invariabilmente, destinati a persone di proprio gradimento, generalmente cresciute negli stessi ambienti universitari. Un tale trasferimento di potere da organismi nazionali ai singoli istituti accademici seguiva il disegno di aumentata autonomia per le università italiane che va comunemente sotto il nome di riforma Berlinguer.

7. La riforma Berlinguer. La riforma centrale delle università avvenne alla fine degli anni novanta e prende il nome del ministro sotto il quale fu attuata, Luigi Berlinguer, un politico di lunga carriera accademica (ricoprì anche la carica di rettore) che introdusse numerosi cambiamenti nell’intero sistema dell’educazione italiana. La principale legge di riforma, il DL509/994, portò rapidamente ad una autonomia effettiva delle università, soprattuto riguardo alle loro attività di insegnamento. I precedenti corsi di laurea a quattro o cinque anni furono ristrutturati in un curriculum modulare, con un diploma triennale (corrispondente al bachelor inglese) seguito da una laurea specialistica di due anni. Questo sistema, chiamato ‘3+2’, fu implementato gradualmente e ha prodotto, nel tempo, effetti sia positivi che negativi per l’educazione e la formazione superiore in Italia.

Fra i benefici vanno annoverati la riduzione degli studenti fuori corso, che scesero dal 55% della fine degli anni novanta al 40% del 2008, e l’aumento del pass rate (efficienza accademica nel conseguire la laurea), che aumentò dal 31.9% del 2001 al 56.9 % nel 2005 (CNVSU, 2009). Tuttavia, a seguito della loro autonomia accademica, le università espansero il numero dei corsi offerti (vi erano 3234 nel 2001 e ben 5835 nel 2007), non solo per aumentare gli introiti e radicarsi meglio sul territorio, ma anche per giustificare un aumento del numero di posizioni accademiche. L’espansione inevitabilmente contribuì ad aumentare il numero delle persone in ruoli academici di vario tipo, le quali venivano selezionate tramite concorsi gestiti localmente in modo fondamentalmente incontrollato. Insieme al concomitante aumento dell’età pensionabile (sino al 2008 questa arrivava fino a 75 anni!), promozioni locali portarono ad un forte aumento dei professori di prima fascia (ordinari), che da 13103 nel 1998 passarono a 19623 nel 2007 (CNVSU, 2009). Questo provocò un abnorme aumento nelle spese di retribuzione - addirittura del 183% per gli stessi ordinari (CNVSU, 2009). Aumenti incontrollati di tal genere, mescolati alla continua saga di scandali concorsuali di ogni tipo, hanno portato ad una progressiva perdita di interesse da parte delle forze politiche verso il sistema universitario, che spesso sembra vivere nel suo mondo (Tocci, 2009). Questo distacco è divenuto più tangibile con i recenti governi di centro-destra, anche a causa della loro tradizionale insensibilità ai problemi dell’educazione superiore.

8. I tentativi di riforma e le delusioni del nuovo millennio. Col ritorno del centro-destra al governo in Italia nel 2001, il nuovo ministro per l’Educazione, Letizia Moratti, introdusse vari cambiamenti nel sistema universitario che sembravano seguire principi di ‘new public management’, come recentemente discusso da Newell (2009). Contrariamente ai suoi predecessori, Letizia Moratti veniva dal mondo imprenditoriale e forse grazie a questo diverso background ha inaugurato nuovi approcci per valutare gli output scientifici delle istituzioni accademiche (non a caso chiamati prodotti). Insieme ad alcuni tagli ai finanziamenti, il ministro Moratti introdusse un disegno di riforma universitaria, la legge 230/05, che però non venne promulgata prima della fine della legislatura. Un aspetto molto interessante di questa legge era l’abolizione della posizione di ricercatore, provvedimento che sarebbe risultato in un ritorno alla situazione di gerarchia accademica esistente prima della Legge 382/80 (cfr. sezione 3). Un primo segno di un possibile ricorso Vichiano, come discuteremo dopo. In pratica, la principale conseguenza della gestione Moratti fu un accumulo di normative e tagli finanziari che condussero ad una progressiva riduzione nel reclutamento di giovani ricercatori, con il conseguente aumento di forme di precariato simili a quelle degli anni settanta. Nel contempo, molte università continuarono a portare avanti la promozione interna di accademici già di ruolo. Così nel 2006 il numero di professori ordinari era aumentato del 51% rispetto al 1998 (CNVSU, 2009).

Nel 2006, il breve governo di centro-sinistra reintrodusse il Ministero per la Ricerca, separato da quello dell’Istruzione, che fu assegnato a Fabio Mussi. Laureato in filosofia e con il mondo sindacale alle spalle, Mussi non sembrò particolarmente sensibile al mondo accademico. Tuttavia riuscì a far passare lo stanziamento di nuovi fondi per reclutare giovani ricercatori, controbilanciando in parte decisioni e tagli del precedente governo. Introdusse pure una nuova Agenzia, l‘ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca), che tutt’oggi dovrebbe inglobare il CNVSU. In sostanza, però, Mussi ed il secondo governo Prodi produssero molto discontento nel sistema universitario italiano che divenne ulteriormente sclerotico, rimanendo cronicamente a corto di fondi ma sottoposto ad un’iper-regolamentazione normativa (Tocci, 2009). Un risultato impressionante, considerato che il governo era guidato da un eminente professore universitario (benché prestato alla politica da tanto tempo).

9. La riforma Gelmini. Col ritorno del governo Berlusconi nel 2008, il mondo accademico ricevette un chiaro messaggio: il sistema universitario è vecchio, inefficiente e pieno di sprechi, e dev’essere cambiato. La persona scelta per mettere in atto questo messaggio, in maniera apparentemente conforme alla filosofia del new public management (Newell, 2009), fu Mariastella Gelmini, una trentaquattrenne laureata in legge con nessuna precedente esperienza governativa od accademica (Sartori, 2008). Nonostante la sua inesperienza, il ministro Gelmini introdusse una serie di cambiamenti (molto controversi) all’intero sistema educativo italiano, a partire dalla scuola primaria, supportando i severi tagli finanziari imposti dal nuovo governo. Questi tagli provocarono una specie di rivolta nazionale che vide uniti genitori, insegnanti e studenti di tutte le età. La rivolta produsse, a livello universitario, la cosiddetta Onda, un movimento che poi si spense verso la fine del 2008, non senza aver temporeanamente preoccupato il governo. Forse a causa di queste preoccupazioni, il ministro Gelmini elaborò un decreto legge, il DL 1805, che restrinse ulteriormente le possibilità di reclutamento nelle università, esacerbando precedenti norme introdotte dal ministro Moratti. Ora solamente gli atenei cosiddetti ‘virtuosi’ e definiti tali con un arbitrario criterio contabile, avrebbero potuto reclutare nuovo personale attraverso procedure concorsuali che venivano parzialmente semplificate rispetto al passato. Il DL 180 introdusse anche, per la prima volta in Italia, una parziale redistribuzione del fondo statale ordinario (pari al 7%), secondo criteri che avrebbero preso in considerazione anche la produzione scientifica.

Le novità del DL 180 erano tese a preparare il terreno per una successiva legge volta a riformare completamente il sistema universitario italiano, la quale divenne presto nota come ‘riforma Gelmini’. Dopo tortuosi sviluppi (la cui sequenza temporale è documentata nel sito web Gelminometer, Degli Esposti, 2009), il decreto legge è stato poi presentato al Consiglio dei Ministri verso fine ottobre 20096. Subito dopo la sua presentazione, la riforma Gelmini attrasse un’entusiastica campagna mediatica, promossa specialmente dal governo, in cui si sottolinearono gli aspetti ‘rivoluzionari’ che la legge avrebbe introdotto nel sistema accademico. Il quale, esasperato da anni di inattività istituzionale e dalla sua progressiva decadenza, rispose inizialmente con tiepidi segni di approvazione (un esempio per tutti, l’articolo su La Stampa del 29 ottobre 2009). Tuttavia, molti di quelli che esaminarono in dettaglio il lunghissimo decreto (contenente oltre 171 norme), risposero con giudizi in genere negativi. La critica forse più comune era che il decreto avrebbe prodotto un eccesso legislativo e quindi gonfiato aspetti burocratici che invece sarebbe stato giusto eliminare. In effetti, calcoli attendibili stimarono che la legge di riforma avrebbe prodotto circa 500 norme ed oltre mille nuove disposizioni, da implementare in tempi non ben definiti (Tocci, 2009). Per di più, molte di queste nuove disposizioni andrebbero ad aggiungersi al complesso di regole tuttora vigenti, accumulatesi nelle ultime tre decadi di politica uiversitaria. Potestio e Rustichini (2009) hanno sottolineato come l’apparente strategia del decreto legge risieda nella capillarità dei provvedimenti che dispone, i quali non solo non riusciranno a fermare il declino del sistema universitario italiano, ma che anzi favoriranno potenzialmente le sue peggiori capacità di elusione (Tocci, 2009). Indubbiamente il decreto legge del ministro Gelmini era volto, nella sua forma originaria, a promuovere maggiore efficenza e merito, obiettivi commendevoli e di novità per il vecchio sistema universitario d’Italia (Potestio e Rustichini, 2009; Tocci, 2009). Tuttavia la maggioranza degli esperti sembra aver concluso, col tempo, che la capillarità dei provvendimenti contenuti nello stesso decreto potrebbe avere un effetto paralizzante sull’organizzazione e sul funzionamento delle università per anni a venire (per una breve analisi, si veda l’articolo di Boeri su La Repubblica del 29 Ottobre 2009).

Emerge quindi l’impressione che la riforma Gelmini potrebbe portare ad una complessa serie di cambiamenti che alla fine avranno un impatto limitato sul sistema universitario italiano e su come funziona tuttora. Cambiamenti del genere sono tipici della politica italiana e di solito vengono definiti gattopardeschi (La Stampa, 29 Ottobre 2009). Ciononostante, il trend che sembra seguire la politica universitaria in Italia risulta conforme ad un ciclo storico di cambiamenti ed aggiustamenti che ripristinano condizioni precedenti, delle quali spesso la gente ha perso memoria. In quest’ottica, i cambiamenti introdotti dal corrente governo diventerebbero emblematici di un classico ricorso. Tre punti sembrano puntare verso questa ipotesi:

       1. Nel decreto traspare una chiara intenzione di ridurre l’autonomia delle singole università, visto che tutte le decisioni chiave debbono essere approvate attraverso due livelli di governo centrale, il Ministero dell’Educazione ed Università e, alla fine, pure il Ministero delle Finanze (Tocci, 2009). La riforma reintrodurrebbe, così, una situazione analoga a quella esistente negli anni ottanta, con l’addizionale controllo da parte del Ministro dele Finanze.

       2. Le commissioni per la selezione di professori (associati ed ordinari) lavoreranno a livello nazionale e verranno formate essenzialmente secondo le modaltà introdotte nel 1979, ma successivamente abolite con la riforma Berlinguer. Di conseguenza, si ritornerebbe ai concorsi controllati centralmente, senza normative chiare che evitino le manipolazioni avvenute nel passato e documentate, ad esempio, dal rapporto Bisson.

      3. La posizione di ricercatore (a tempo indeterminato) viene abolita, producendo così una gerarchia accademica formata da professori associati ed ordinari con posizione permanente che comandano uno stuolo di giovani ricercatori ed accademici, impiegati a tempo determinato con diversi contratti. Si tornerebbe quindi indietro alla situazione di un sistema iniquo, instabile e caotico, come quello esistente oltre trent’anni fa. Se il ricorso seguisse la sua conclusione naturale che questi elementi suggeriscono, solamente una forte deviazione verso un percorso di progresso lineare potrebbe cambiare la natura ciclica della politica universitaria italiana degli ultimi trent’anni. Una tale deviazione dovrebbe concretizzarsi su basi prettamente meritocratiche, mettendo la valutazione del merito dei singoli accademici e dei loro istituti al centro dei principi guida per rinnovare il sistema universitario.

10 L’importanza del merito e della sua valutazione in futuro. Questa panoramica delle riforme applicate al sistema universitario in Italia negli ultimi trent’anni profila uno scenario che per noi scienziati risulta allarmante: un potenziale ritorno al passato. Suggerisce anche che l’ultimo processo di riforma potrebbe diventare un’ulteriore mancata opportunità per dotare l’accademia italiana di un più forte profilo di ricerca, soprattutto a livello internazionale. Mentre il decreto legge della riforma Gelmini entra nel suo cruciale momento legislativo, concludiamo la nostra analisi ponendo ancora una volta l’accento sull’importanza del merito e della sua valutazione, sia prima che dopo il processo di reclutamento degli accademici che formeranno il futuro del sistema universitario e che, quindi, determineranno il profilo scientifico dell’Italia sul piano internazionale. L’ANVUR, che sta per essere finalmente istituita7, dovrebbe giocare un ruolo decisivo nel promuovere e garantire un sistema meritocratico, contribuendo così a far uscire la politica universitaria dai percorsi ciclici che sinora hanno alimentato il declino del sistema universitario in Italia.

Note
Referenze

Thirty years of policy for higher education
in Italy: Vico's ricorsi and beyond?

Mauro Degli Esposti* and Marco Geraci#

* Faculty of Life Sciences and #  Faculty of Medical and Human Sciences
The University of Manchester, Stopford building, Oxford Road, M13 9PT Mancester, UK

Abstract. In 2010, it will have been thirty years since a reform bill was introduced to instigate several major changes in the Italian university system. During this period, many laws have been progressively altered and, more recently, also restored in a recurring pattern that could most aptly be described as ricorso. As first dubbed by the Italian philosopher Vico in 1744, a ricorso is a recurring historical cycle in which the end state is almost identical to the initial state from whence it originated. In this article it is posited that it is precisely this type of historical pattern that is characterised by the twists and turns of the Italian higher education policy that has occurred over the last thirty years. By combining the personal experience of two Italian scientists from different generations, this article will discuss how the latest reform proposed by the current government in Italy fits a pattern of ricorso, in the way in which it outlines the introduction of norms that were already in place thirty years ago. Nevertheless, the current policy proposals do appear to be based on a more meritocratic system – something which can be seen as a key issue for reforming the academic world in Italy. More important than the mere principle of merit itself, however, it is also the particular method of evaluating this merit that may be called into question. Crucially, merit calls to be evaluated according to congruent quantitative methods. The following article will present a study that will hopefully provide just such a quantitative analysis of the merit and prestige of universities in Italy.

1. INTRODUCTION - Thirty years of legislation seems to produce a ricorso. Thirty years ago, a major reform changed the university system in Italy. Since then, the Italian academia has gone through a roller-coaster of legislative changes and reform bills that have not succeeded in easing the progressive decline of the university system. This decline has been exacerbated by limited public investment and, more recently, severe financial cuts. The purpose of this article is to provide an overview of how the Italian university system has evolved in response to the legislative and political changes of the last thirty years. In our opinion, it is now reverting back to a situation analogous to that of pre-1980, thus recalling a pattern of historical cycles that were first described by the Italian philosopher Gianbattista Vico as ricorsi. According to Vico’s view of history (Vico, 1744), the progression of corsi e ricorsi does not necessarily improve situations - after all, not everything that is new is better. Indeed, the changes in the university system that are described and discussed here may help understanding the progressive decline of the Italian nation’s influence on the international stage – both politically and economically – over the past decade or so. It is perhaps telling that an ever increasing number of Italian academics and intellectuals have found it necessary to move abroad. The authors look back to the Italian system that educated them and wonder how the country will be able to progress out of this perniciously vicious cycle of Vichian decline. Might our present analysis be a small step in that direction

1.1 General features of the Italian university system. The structure of higher education in Italy may be compared to that in France and other European countries of equivalent size. A relatively large number of universities are distributed throughout the country, although they are particularly concentrated in middle and northern regions whose boundaries once enclosed the independent states of Tuscany, Emilia, Milan, Turin and Venice. In addition, there are a handful of specialised institutions modelled on the Napoleonic Ecole Normal, (Scuola Normale di Pisa is perhaps the best example) and an increasing number of privately owned universities, some of which are specialised in e-earning (Università Telematiche). According to the latest report of the National Committee for the Assessment of the University System (CNVSU 2009), in 2008 there were over ninety universities in Italy, which together enrolled 1.8 million students and employed 62,000 teaching staff.

In Italy, the number of university students and graduates is not large relative to the population as a whole (CNVSU, 2009); Moreover, 40% of the enrolled students fail to complete their courses within the prescribed time (known as fuori corso), thus reducing the efficiency of the higher education system in Italy. The same system is also characterized by a limited level of social mobility: about 40% of students obtaining a degree in Architecture, Pharmacology and Medicine have come from families in which at least one parent has the same degree (Ainis, 2009). This is because in Italy the academia has never stopped expressing and propagating a form of social conservativism. As described in a popular book by Stella and Rizzo (2008), many academic professors belong to families that profess an old association with the academia; in extreme cases, although not particularly rare, entire faculty bodies appear to be historically dominated by the same family (Ainis, 2009; Carlucci and Castaldo, 2009). A personal anecdote will help to illustrate this point. In the early 1980s, only two out of forty plus academic members of the Institute of Botany in Bologna were from a lower middle-class family without academic traditions. To this day, the situation has not significantly changed, since most of the academics of that institute are still active and the few who have succeeded retired professors are often relatives of other academics.The same story is repeated in other universities up and down the country (Carlucci and Castaldo, 2009).

1.2 The 382 Law of reform. A number of problems started to manifest themselves in the Italian University system during the 1970s, partly due to the opening of the previously elite universities, which resulted in a doubling of the student population. Many problems were subsequently exacerbated by the economic crisis of 1972, which resulted in reduced government funding for the universities. To carry out the great load of both research and teaching activities, an army of new graduates (laureati) was employed on short-term and poorly paid contracts (known as precari). Together with their sheer numbers, their social influence progressively increased during the 1970s. This could have only be achieved by consolidating the academic role of precari, which in fact happened later with the introduction of the 382/80 reform of 1980. Many precari were then enrolled in one of the two new academic levels introduced by the reform, ricercatori and professori associati (approximately corresponding to assistant and associate professors in the US system, or to junior and senior lecturers in the UK system). Although in theory the acceptance for these relatively well paid positions required an evaluation of idoneità (suitability) based on the curriculum, in practice these positions became open to all precari who had been employed previous to 1979. Thus, the reform allowed, ope legis, the acceptance into university positions of over 16,000 individuals whose teaching and research credentials had not been properly evaluated. Conversely, the same law served to open up 4,000 new posts of ‘free researchers’ (junior positions with a salary significantly lower than that provided to confirmed ricercatori) to graduates who had been left out of the university system. One of the present Authors was able to obtain a position of this kind after a highly competitive local concorso in 1983, thereby becoming a member of a novel category of Italian academics selected predominantly on the basis of scientific merit, as in other Western countries. These young ‘free researchers’, together with some fine scholars of previous generations and thanks to specific provisions of the reform (e.g. institution of large departments and of the doctoral degree), gave a strong positive incentive to Italian research, enhancing its scientific production throughout the 1980s and after. Fresh enthusiasm started to permeate research departments and top class students were attracted to research projects funded by government agencies and charities like Telethon. The level of funding remained low in comparison to that in the UK or other countries and it was generally assigned in a non-selective fashion. In spite of this, it was still possible to achieve high levels of research performance, thanks also to the fact that Ph.D. scholarships and support personnel were provided by the universities via local funding schemes.

1.3 The concorso system following the 382 law. The 382 Law served primarily to consolidate a crucial change in the recruitment of new university posts. In contrast to the ‘free researchers’, who were recruited locally, professors (associati & ordinari) were selected via a public competition (concorso) conducted nationally every 2-3 years1. For every discipline, a committee of seven to nine members was selected from a pool of professors who were elected nationally among their peers, following the system previously introduced by a 1979 law (the same law that also constituted the Comitato Universitario nazionale, CUN2 - an elective body that would have subsequently played a consultation role in the decisions regarding the university system). The committees would then examine all suitable candidates by using criteria that was agreed upon within the committees themselves - regardless of internationally established parameters (e.g. impact factor of publications) and in complete discretion. No mechanism for subsequent evaluation was set in place. Strangely enough, the committees were not required to interview the applicants for full professorships, whose selection was based on paper documents only. On the contrary, the teaching capabilities of associate professors were examined by means of a gruelling lecture on a subject chosen publicly the day before. The election system was open to pressure from academic power groups, called scuole (Mattei and Monateri, 1993), which could direct a large number of votes to selected candidates of their choice. Although several scandalous concorsi have been reported in the press (see for example Ainis, 2009; Stella and Rizzo, 2008), one especially thorough analysis unveiled the details on how the concorsi were systematically manipulated to promote the desired candidates, independently of the scientific merit of the applicants. Roberto Bisson, a well known associate professor from Padua, produced a detailed report in which he analysed the 1992 concorso for thirty nine posts of full professors in biochemistry and several previous concorsi in the same field. Being one of the largest in terms of number of positions and universities involved, the 1992 concorso can be considered to be representative of how academic promotion has been conducted in Italy after the introduction of the 382/80 Law (for more examples, see Carlucci and Castaldo, 2009).

1.4 The example of the 1992 concorso for biochemistry professors. Historically, the field of biochemistry in Italy was dominated by a handful of powerful scuole based in Rome, Naples, Bologna, Milan and Genova, which extended their influence to practically all faculties and universities on the peninsula. For instance, the school of Bologna controlled the biochemistry departments in all faculties at the universities of Bologna, Modena, Parma, Ancona, Urbino, Pisa, Sassari, Catania and Roma Cattolica, accounting for over one-tenth of all the the candidates for any given concorso in the field of biochemistry. The scuola of Bologna was then able to secure enough eligible candidates to ensure the presence of at least one committee member per round of concorsi. Another influential scuola was that of Rome La Sapienza, renowned for its scientific reputation. This questionable mechanism worked flawlessly: once the members of the committees had been chosen by lot among those who had agreed to be elected, they would discretely meet with the representatives of all scuole to pre-determine the winner for each post. This process occurred even before seeing the applicants’ CVs. Subsequently, the committees would define selection criteria so as to favour those candidates whom national and local academic powers had been agreed upon. Therefore, practically all of the one hundred and sixty eight applicants of the 1992 concorso were admitted to the selection for full professors, which was carried out during two years of committee work geared to eliminate all the undesired candidates but promote all the pre-selected ones (cf. Carlucci and Castaldo, 2009).

Although this unofficial (and technically illegal) way of selecting the candidates was able to continue undisturbed for many years - partly because the curricula of the candidates were not publicised - things finally started to change in 1994. In that year, the academic Roberto Bisson, after being turned down during the 1992 concorso, decided to evaluate the scientific profiles of his opponents who were appointed professors in his stead. By using the new tools offered by the online databank Medline/Pubmed, which collects the great majority of the scientific publications in biochemistry and related biomedical fields, Bisson found that several of the winning candidates had fewer and less prestigious publications than many unsuccessful candidates (including one of present Authors, who had applied to the same concorso). At his personal expense, Bisson went to the seat of the Ministry of Education in Rome and photocopied all the publicly available official submissions of the committees for the 1992 and previous concorsi. He then conducted a rigorous analysis by scrutinizing both the official documents and the results of his online searches. The results were published privately and then distributed nationwide.

The conclusions drawn from Bisson’s analysis were astonishing in many respects, exposing a world of discreet and unfair practices that disregarded merit and, ultimately, eluded the law. By comparing the group of all thirty nine successful candidates with the best twenty among the unsuccessful ones, Bisson estimated that the average number of citations (67) for the first group was about half the average number of citations (130) for the latter. Moreover, there were only five established group leaders among the successful candidates, a number much smaller than that seen among the best unsuccessful candidates. When looking at individual cases, Bisson also found that one particular candidate with an outstanding profile (752 citations and a cumulative Impact Factor four times as high as the average of that of the successful candidates) was deemed unsuitable to become professor; while three of those who were promoted professors had less than ten scientific citations. This was not an isolated case. By considering a combination of internationally established parameters of scientific production, only fourteen of the winners ranked within the top forty positions of the whole set of candidates of the 1992 concorso for biochemistry professors. Consequently, two thirds of the best Italian biochemists in the early 1990s were denied a fair promotion into the top academic position, thus consolidating the low international profile of biochemical research in the country.

1.5 The transition to the Berlinguer reform – from national to local concorsi. Bisson’s report and other scandals had an impact on the whole academic community in Italy in the mid 1990s. Committee members of incriminated concorsi were fearful of judicial consequences and in some cases were actually taken to court by resentful scientists who had been unfairly declared unsuitable. However, the political sentiment had already turned away from the unconditional support previously given to the academic community towards possible judicial solutions for the unfair practices and corruption that were widespread in the Italian system. As a consequence, the recruitment and promotion of academics was limited and delayed. Now the winners of new professorial posts were selected more according to their scientific strength than before, partly because their scientific outputs could be retrieved from online databases (Carlucci and Castaldo, 2009). However, the system remained adverse to fair competition, producing a form of passive resistance that effectively served to discourage worthy candidates from applying in the first place. Indeed, the 382 Law left open a significant loophole in the recruitment process: there was no automatic assignment of the winning candidates to the positions opened. Instead, the successful candidates had to apply to local faculties that had been granted a vacant position by the nationwide concorso; these faculties then chose one of the applicants to fill their position, generally after complex inter-university negotiations. However, in cases where the negotiations were unsuccessful, or an outsider winner was not interested in a leftover place (i.e. in a small and peripheral university for which power groups had no local candidate), a position could remain vacant indefinitely (Carlucci and Castaldo, 2009). Consequently, the system of recruitment remained not only unfair, but also inefficient in filling open positions.

The uncertainties and distortions in the concorsi conducted according to the 382 Law clearly required serious amendments in order to reconcile local interests with national requirements. The solution was simple: all concorsi had to be conducted locally, with committees dominated by members of the same university, as in other Western countries. A legislative solution of this kind was duly implemented with the law number 210 in 19983. The new rules effectively transferred a great deal of freedom to individual faculties and universities in choosing preferred candidates to fill professorial posts, candidates who invariably were of local extraction and could be made eligible with easy procedures. Such a transfer of power from national to local committees followed the trend of increasing autonomy for Italian universities that emerged following the Berlinguer reform of the 1990s .

1.6 The Berlinguer reform. The central reform of Italian universities in the 1990s is named after Luigi Berlinguer, a distinguished academic and politician who introduced various changes in public education. The major reform bill, DL509/994, led to an effective autonomy of the universities regarding their teaching curricula and academic activities. The previous four-year laurea degrees were re-structured to produce a curriculum of three-year bachelor degree followed by a two-year laurea specialistica. This 3+2 degree system was slowly implemented alongside the progressive phasing out of the previous one, leading to a number of changes that were paradoxically both beneficial and detrimental to higher education in Italy.

Among the beneficial effects, both the overall student population and the average pass rate increased (the latter from 31.9% in 2001 to 56.9 % in 2005), while the percentage of fuori corso decreased from 55% at the end of the 1990s to 40% in 2008 (CNVSU, 2009). Following their increased autonomy, Italian universities were able to expand the number of their degree courses (from 3,234 in 2001 to 5,835 in 2007), not only in order to enhance their revenues and establish tighter links with their surrounding regions, but also to open up new academic positions. This process inevitably contributed to a rise in the number of academics, who were selected by what were essentially uncontrolled concorsi. Combined with the concomitant increase in the retirement age of academics (who until 2008 could leave at the venerable age of seventy four), the local rounds of recruitment and promotion led to a large increase in the number of full professors (ordinari), from 13,103 in 1998 to 19,623 in 2007 – then decreasing slightly to 18,861 in 2009 (CNVSU, 2009). The increase in budget allocation to pay for the salary of full professors was even larger than that of their number, rising by 183% since 1998 (CNVSU, 2009). The apparently uncontrolled rises, together with the continued emergence of scandalous results in various concorsi, led to a progressive loss of interest by policy makers in a university system that clearly worked within its own world (Tocci, 2009). The detachment became more evident with the return of a centre-right government, which in Italy has traditionally been seen as insensitive to the issues of higher education.

1.7 The reform attempts and delusions of the new millennium. With the return of the centre-right in Italian politics in 2001, the new minister of education, Mrs. Letizia Moratti, introduced a number of changes in the university system which appear to follow a strategy conforming to the principles of ‘new public management’, as recently discussed by Newell (2009). In contrast with her predecessors, Mrs. Moratti came from a business rather than an academic background. Perhaps because of her managerial experience, Mrs. Moratti inaugurated several novel approaches to evaluate the scientific and academic outputs of academic institutions (defined as prodotti). She also developed a reform bill, the 230/05 law, which was not implemented until the end of the 2006 legislature. The most interesting part of this law was the abolition of the position of ricercatore, which resulted in the return to the exact situation existing before the 382/80 law (see above, part 1.2). As will be discussed later, this would seem to constitute a telling sign of a ricorso as defined by Vico. In practice, the major consequence of the Moratti period was an accumulation of provisions and funding cuts that led to a progressive restriction in the recruitment for junior posts in most Italian universities. Despite this, universities continued to expand their teaching portfolio and the internal promotion of academics, especially at the level of full professor. Consequently, in 2006 there were 51% more full professors than in 1998 (CNVSU, 2009).

The short lived centre-left government in 2006 re-introduced a separate ministerial position for Universities and Research, which was given to the Philosophy graduate Fabio Mussi. Coming from a union background, the new minister was not particularly sympathetic to the academic world. Nevertheless, he was able to legislate additional funding for recruiting ricercatori, thus reversing the intention of the previous government, and introduced a novel evaluation agency (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca, ANVUR) which would integrate all previous agencies including CNVSU. Overall, Mussi and the second Prodi government produced a lot of discontent in the increasingly sclerotic, chronically under-funded but hyper-regulated university system (Tocci, 2009). A striking result for a government that was led by an eminent university professor.

1.8 The Gelmini reform. With the return of the Berlusconi government in 2008, the academic world was given a clear message: ‘the university system is old, inefficient and expensive; it needs to change’. The person chosen to deliver and implement this message, in a manner apparently conforming to ‘new public management’ policies (Newell, 2009), was Ms. Mariastella Gelmini, a 34 year-old lawyer of no ministerial or academic experience (Sartori, 2008). Despite her inexperience, minister Gelmini introduced a series of controversial changes in the education system, starting with the primary school system and backing the severe financial cuts imposed by the new government (in the infamous 133 Law). These cuts provoked a nationwide revolt that united parents, teachers and students of all education sectors. At the university level, the revolt produced the so-called Onda (wave), a movement that in late 2008 preoccupied the government, before eventually fading away. Then minister Gelmini introduced a decree (DL 180, November 20085) which, following norms previously introduced by minister Moratti, restricted the possibility of recruiting university personnel to ‘virtuous’ institutions (i.e. those that did not use most of the state funds for paying the salaries of their staff) and simplified the procedure for selecting new researchers. This DL180 also introduced, for the first time, a 7% redistribution of state funding according to the ‘merit’ of the various universities, which was to be evaluated along parameters encompassing research outputs and teaching performance (see accompanying paper).

The novelties of the slim DL 180 decree were intended to prepare the ground for a comprehensive bill that would subsequently reform the whole university system, which became known as ‘Gelmini reform’. After multiple announcements and numerous tortuous developments (their temporal sequence can be found in the Gelminometer website, Degli Esposti, 2009), this bill was finally presented at the council of Ministers at the end of October 2009 and is now under scrutiny in parliament as DL1905/09. An enthusiastic media campaign promoted by the government has underlined the key features and ‘revolutionary’ aspects that the Gelmini reform would introduce. The academic world, exasperated by years of institutional inactivity and progressive decadence, initially responded in cautiously positive terms (for example: La Stampa, 29 October 2009). However, many of those who have analysed the exceedingly long bill in full (it contains one hundred and seventy one provisions) have come out with a negative conclusion. Perhaps the most common criticism has been in reference the excess of legislation and beurocracy, since the reform law could potentially produce up to five hundred norms and 1,000 new regulations (Tocci, 2009). Many of these would add to, rather than substitute, the plethora of regulations that have been accumulating in the university system over the past few decades. Others remain vague in their details and timing, since they are delegated to subsequent government legislation. As noted by Potestio and Rustichini (2009), the strategic line of the bill is the capillarity of provisions, which will not serve to stop the decline of the Italian university system but rather to enhance the capacity of elusion by the most corrupt aspects of the current system (Tocci, 2009). There is no doubt that the reform bill of minister Gelmini aims to promote efficiency and merit - commendable objectives that are new to the Italian university system (Potestio and Rustichini, 2009; Tocci, 2009). However, as most experts have concluded, the crippling bureaucracy of the same bill will have a paralysing impact on the organization and operation of universities for years to come (for a particularly lucid espousal of this problem, see La Repubblica, 29 October 2009).

Intriguingly, the impression thus emerges that the outcome of the Gelmini reform could be a complex series of alterations that will ultimately have very little impact of the Italian university system as it currently stands. Changes of this kind are considered typical in Italian politics and often labelled gattopardesche, or ‘leopard-like’ (La Stampa, 29 October 2009) after the literary masterpiece ‘The Leopard’ by Giuseppe Tomasi da Lampedusa6. However, the underlying policy may well follow a historical cycle of changes and regressions that revert to previous situations, of which most people have lost memory or maintain a disproportionately positive opinion. The changes put forward by the current Italian government would therefore be emblematic of a classical ricorso (Vico, 1744). Three elements may be observed in the bill that sustain this interpretation.

         1. There is a clear reduction in the autonomy of the universities, since all key decisions will depend upon the approval of two layers of central government, the ministry of Education and ultimately the ministry of Finance (Tocci, 2009); the reform would thus re-introduce the situation existing in the 1980s, with additional control exerted by the Finance minister.

        2. The search committees for associate and full professors will work at the national level and will be formed essentially with the same system that was introduced in 1979, but subsequently abolished with Berlinguer reform; hence, there will be a return to the centrally controlled concorsi - without clear provisions as to avoid the manipulations exposed by Bisson’s report.

        3. The position of ricercatore will be abolished, thereby producing an academic hierarchy formed by associate and full professors with permanent positions, who will rule over young academics and researchers employed in fixed-term contracts of various kind. This measure will throw the university back to the same iniquitous and unstable situation in which it was thirty years ago. If the ricorso that these elements indicate is followed to its natural conclusion, it would suggest that the cyclical nature of the higher education policy that has been carried out in Italy so far can be halted only by a complete reassessment capable of diverting the same policy towards a more linear path of progression. Such reassessment can only occur if a more meritocratic approach to higher education is adopted, placing the merit of academic individuals and their institutions as the fundamental guiding principle of the university system.

1.9 The importance of merit and its proper evaluation.  From this historical overview of the reform laws that have taken place in Italy over the last forty years, an alarming and undesirable scenario emerges: a potential return to the past and the yet another wasted opportunity to endow the Italian academia with a stronger research and teaching profile, both at national and international levels. It is beyond the scope of this article to provide a more comprehensive view of the Gelmini reform, if for no other reason than because the bill remains a platform which is likely to change considerably during its time under parliament scrutiny. We briefly conclude in stressing the importance that the evaluation of merit has in this critical juncture. Even if the word ‘competition’ is never used in the lengthy text of the bill, the necessity for a serious evaluation of the performance of the academic institutions and their staff is widely appreciated (Tocci, 2009; Checchi and Jappelli, 2009; Potestio and Rustichini, 2009). In this respect, we believe that the reforming process, in which ANVUR plays a major role, will benefit from appropriate meritocratic considerations consistent with international standards. The allocation of resources and the selection of university staff should, therefore, be inspired by principles and regulated by norms that are oriented to avoid the unfair and counterproductive practices of the concorsi that, as we have seen, have contributed to the decline of the Italian university system. At the time of writing, the current reform bill still discussed in the Senate may just offer the opportunity for this necessary and desirable break with the past. Whether or not this opportunity will come to fruition, however, only time will tell.

Notes

References

Note

1
DPR 382/1980, disponibile online su: http://www.pd.infn.it/infn_ric/GruppiLavoro/Stato_Giuridico/Stato%20Giuridico%20Universitari_DPR382_1980.html

2 Legge n.31, 1979, disponibile online su: http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/1979/lexs_265265.html

3 Legge 210/98, disponibile online su: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/98210l.htm

4 Firmato in realtà dal Ministro per la Ricerca Zecchino nel 1999 http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0098Normat/2088Regola.htm

5 DL180 2008 (promulgata come Legge 1/2009), online su: http://www.camera.it/parlam/leggi/decreti/08180d.htm

7 Per informazioni sulla storia dell’ANVUR, consultare il sito: http://rpc264.cs.man.ac.uk/VIA/index.php/ANVUR

6 A Giugno 2010, tale decreto legge sta per entrare all’esame dell’aula in Senato, come DL1905/09 ma con vari emendamenti approvati in sede di commissione [NdA].


Referenze

Ainis, M. (2009) La Cura, p. 86-87, Chiarelettere, Milano.

Carlucci, D. and Castaldo, A. (2009) Un paese di baroni, Chiarelette, Milano. CNVSU (2009) Rapporto annuale 2009, riportato su: http://www.cnvsu.it/publidoc/datistat/default.asp?id_documento_padre=11666

Degli Esposti, M. (2009) Gelminometer, http://rpc264.cs.man.ac.uk/VIA/index.php/Gelminometer

Mattei, U. e Montaneri, P.G. (1993) Faculty recruitment in Italy: two sides of the moon. American Journal of Comparative Law 41 (3), 427-440.

Newell, J. (2009) “Italian politics and education policy”, ‘paper’ presentato alla Prima Conferenza della Via-academy, Manchester, September 2009.

Potestio, P. e Rustichini, A. (2009) Il disegno di legge sull'università. http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Il_disegno_di_legge_sull%27universit%C3%A0%3A_le_correzioni_di_rotta_necessarie#body

Sartori, G. (2009) Il Sultanato, p. 142, Gius. Laterza & Figli Spa, Bari.

Stella, G.A. e Rizzo, S. (2008) La Deriva, pp. 194-215, Rizzoli, Milan.

Tocci, W. (2009) Quale riforma per l’universita’, http://www.nens.it/_public-file/Riforma%20universita.%20Tocci1.pdf

Vico, G. (1744) Scienza Nuova – disponibile online su: http://www3.niu.edu/acad/english/vico/intro.htm

 

Sondaggio su riforma Gelmini, DDL Senato 1905

Alla fine lavori della Commissione Istruzione del Senato,
dopo la settimana di agitazione del 17-22 maggio,
e prima che il DDL vada in approvazione al Senato (giugno ?)

Per un sondaggio di opinione sulla riforma Gelmini (DDL Senato 1905)
poco prima che il DDL vada in Aula al Senato, per l'approvazione.
I Colleghi disponibili a manifestare una opinione sul DDL, possono cliccare su:

(SONDAGGIO)
  COMM07A@senato.it

Comparirà una videata di una e-mail, con più opzioni, da scegliere.

Infine, si clicca su INVIO. Il messaggio va alla Commissione Istruzione del Senato
e al Presisente del Consiglio, e p.c. al Ministro Gelmini

   POSTILA DI SALVAGURDIA se il messaggio non si apre: Qui sotto, in azzurro, si trova il messaggio da riempire manualmente nella propria posta elettronica.
   Più sotto, è anche riportato la immagine di un messaggio, che si apre regolarmente.

 

To:   COMM07A@senato.it
From: (scrivere l'indirizzo del mittente)
Subject: Sondaggio di opinione su Riforma Gelmini - DDL Senato 1905
CC: centromessaggi@governo.it,presidenza.repubblica@quirinale.it,
segreteria.particolare.ministro@istruzione.it,nino.luciani@libero.it

Organizzato da www.universitas.bo.it

SONDAGGIO su DDL 1905:

1) APPROVO (non approvo) la tesi: "Per l'art. 97 Costituzione, la valutazione e la meritocrazia vanno attuate con concorso pubblico (l'opposto del precariato). OK alla valutazione per IMPACT FACTOR, ma come indizio.

2)APPROVO (non approvo) la tesi: "La riforma, essendo a "costo zero" non ha credibilita' per l'autonomia universitaria di ricerca e didattica. Siano liberalizzati i contributi studenteschi per il pareggio del bilancio. Ma questo e' fattibile solo se lo Stato grava direttamente su di se', in apposito fondo, l'onere del diritto allo studio per gli studenti bisognosi e meritevoli (art. 34 Costituzione).

3) APPROVO (non approvo) la tesi: "La riforma istituisce l'abilitazione nazionale a lista aperta e il concorso locale per la copertura dei posti. Questo e' buono, purche' le Commissioni giudicatrici siano sorteggiate sia per l'abilitazione (e questo c'e' gia') sia per il concorso locale.

4) APPROVO (non approvo) la tesi: "La riforma non prevede "norme transitorie" per i Ricercatori a tempo indeterminato, pur abolendone il ruolo in anticipo sul previsto (2013). E' giusto e nell'interesse dell'universita' introdurre norme transitorie per il passaggio a prof. Associato, come gia' fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980.

5) Penso anche che .........

NOTA. Prima dell'invio cancellare le parti non condivise, o aggiungere cose nuove purche' in breve.

 

sergi-6.JPG (3420 byte)
Sergio Sergi
Coordinatore nazionale

I  SINDACATI  DECIDONO DI  AFFRONTARE
  IL  GOVERNO IN CAMPO APERTO

DAL 17 AL 22  MAGGIO  IN TUTTI GLI ATENEI
SETTIMANA  DI MOBILITAZIONE

Il "match", avviato dall'Assemblea Nazionale dei Ricercatori, a Roma il 25 aprile 2010,  ha come punto di forza l'aspettativa che tutti i Ricercatori in Italia "non rinnovino", a maggio, la domanda di incarichi di insegnamento per il 2010/11. Adesso o mai più.

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Marco Merafina
Coordinatore Ricercatori

Le conseguenze prevedibili sono la impossibilità della programmazione didattica degli
Atenei per il 2010/2011, essendo i Ricercatori il 41% del corpo docente in Italia

I documenti sindacali

ADI, ADU, AND, ANDU, APU, CIPUR-CONFSAL, CISAL, CISL-Università, CNRU, CNU, CONFSAL-Cisapuni, FLC-CGIL,CNRU, RDB-CUB, SNALS-Docenti Università, SUN, UDU, UGL-Università e Ricerca, UILPA-UR

  Le Organizzazioni universitarie denunziano che nessuna delle proposte di modifica al DDL governativo sull’Università (v. sul retro il documento del 15.1.10) è stata accolta negli emendamenti presentati al Senato.

  Al contrario, risulta ancora più evidente l’intenzione di scardinare il Sistema nazionale dell’Università pubblica, concentrando le scarse risorse in pochi Atenei ritenuti ‘eccellenti’ e ridimensionando il ruolo di tutti gli altri.

   A livello nazionale, si accentua l’attacco all’autonomia universitaria con l’attribuzione del potere di valutare l’attività del singolo docente ad una Agenzia nominata dal Ministro. A livello locale, si aumenta ulteriormente di fatto il potere del Rettore e del Consiglio di Amministrazione trasferendo la "competenza disciplinare" dal CUN a "collegi di disciplina" di Ateneo.

  Inoltre si aumenta la differenza tra gli ordinari e gli associati, nello ambito di un modello che sarà sempre più costituito da pochi docenti di ruolo e da una ‘base’ amplissima di precari, in presenza di funzioni di docenza svolte e non riconosciute.

  Il DDL modifica la natura stessa dell’Università sottraendole il ruolo di sede principale della Ricerca: non è un caso che non si affrontino la questione dei ricercatori e quella dell’accesso delle nuove generazioni.

   E’ oramai più che evidente che si vuole demolire definitivamente l’Università pubblica, autonoma, democratica, di qualità e aperta a tutti.

  Contro questo progetto è necessario che la società civile e il mondo universitario (professori, ricercatori, precari, dottorandi, tecnico-amministrativi, studenti) si mobilitino compatti.

  Si proclama lo stato di agitazione e si invitano tutte le componenti universitarie a riunirsi insieme nelle Assemblee di Facoltà e di Ateneo per discutere sul DDL governativo anche alla luce degli emendamenti presentati.

   Invitiamo tutti gli Organi accademici (Senati Accademici, Consigli di Amministrazione, di Facoltà, di Dipartimento e di Corso di Studio) a pronunciarsi sul DDL governativo.
Si chiede, in particolare, ai professori e ai ricercatori di protestare contro il DDL governativo anche attraverso la rinuncia a ricoprire ogni incarico didattico aggiuntivo, come hanno già cominciato a fare soprattutto i ricercatori in tante sedi.
Si indice una settimana (dal 17 al 22 maggio) di mobilitazione in tutti gli Atenei. Roma, 9 aprile 2010

         CNRU-Comitato Nazionale
            Ricercatori Universitari


                     Mozione


L'assemblea nazionale dei ricercatori universitari, riunitasi il 15 aprile 2010 all'Università di Roma "La Sapienza",

              PRESO ATTO

che nel DDL Gelmini:
- non viene risolto il persistente problema del sottofinanziamento dell'Università prelusivo alla svendita totale del sistema della ricerca e dell'alta formazione del Paese;

- non si risolve in alcun modo il problema del precariato e non vengono offerte reali prospettive di inserimento per i più giovani;

- non si risolve il problema dello stato giuridico dei ricercatori universitari, negando ancora una volta il riconoscimento del ruolo docente effettivamente svolto;

- non si escludono i ricercatori universitari con più di 40 anni di contributi dal prepensionamento coatto;

                     DECIDE
all'unanimità di proseguire lo stato di agitazione attraverso:
- la non disponibilità a ricoprire incarichi didattici per il prossimo anno accademico;
- la non disponibilità ad essere inseriti nei requisiti minimi necessari all'attivazione dei corsi di laurea;

                ADERISCE
alla proposta delle associazioni universitarie:
- di indire una settimana
(dal 17 al 22 maggio)
di mobilitazione in tutti gli Atenei;

- di individuare la giornata di venerdì 21 maggio 2010 per lo svolgimento di una Manifestazione nazionale di tutte le componenti universitarie;

                        INVITA:
- i professori ordinari e i professori associati a protestare contro il DDL Gelmini rinunciando a ricoprire ogni incarico didattico aggiuntivo;
- i precari e gli studenti a mobilitarsi contro un provvedimento che vuole demolire il sistema universitario pubblico.

Nino Luciani, I Ricercatori siano inquadrati come Professori Associati, previa verifica delle condizioni di merito, come già si fece nel 1980 per gli "assistenti ordinari", quando ne fu abolito il ruolo (non fu ope legis).

  Da sempre, la ricerca è stata il frutto di una passione, e i frutti della ricerca, ancora da sempre, sono stati il motore del progresso economico di un Paese.
  Da sempre sul suolo Italico, la ricerca è stata a spese prevalenti del ricercatore, finchè la modernità ha imposto il sostegno finanziario dello Stato. I "ricercatori" , in Italia, sono divisi in tre categorie;
1) Il "Ricercatore", in avvio di carriera;
2) Il "professore associato", in carriera intermedia";
3) Il "professore ordinario", in avanzata carriera.
  Quelli, di cui qui si tratta, sono i primi, ma a loro andrebbero a aggiunti circa 50.000 ricercatori non strutturati (borsisti, assegnisti, contrattisti, ...) che, a titolo volontario, studiano nelle università  e supportano la didattica.
  I "Ricercatori" non hanno ancora uno stato giuridico, pur se la legge del 1980 (DPR 382/80, art. 34) si era impegnata a farlo. Essi dovrebbero fare solo ricerca, in attesa di vincere un concorso per diventare professori.
  Di fatto, nei vari anni, i concorsi per l'avanzamento in carriera sono stati insufficienti (con grave colpevolezza dello Stato), finchè (in seguito alla necessità di professori, a causa della esplosione del numero degli studenti), varie leggi hanno autorizzato il conferimento di incarichi di insegnamento anche ai "Ricercatori".
  Questa è stata una vera e propria malattia inculcata nelle Università.
  Ma poi la legge Moratti del 2005, anzichè bandire concorsi per professore, per mandare avanti i meritevoli, ha deciso di curare la malattia abolendo il ruolo dal 2013.
  Ma, frattanto, siccome lo Stato negava il normale finanziamento delle Università, è divenuto costume continuare l'assunzione di Ricercatori, perchè costano meno dei Professori.
  In questo modo, i Ricercatori sono stati mantenuti in salamoia, per mancanza di concorsi proporzionati, per professore.
  Arriviamo alla attuale riforma Gelmini. Il DDL 1905 decide di anticipare la abolizione del ruolo (senza aspettare il 2013), e mette i Ricercatori in un binario morto.
  Questo modo di fare è disumano e inammissibile. E' prassi che, quando si abolisce un ruolo, si facciano delle "norme transitorie" per collocare gli "ex" nel primo gradino del ruolo superiore.

  Ad es., quando nel 1980, fu abolito il ruolo degli assistenti ordinari, la legge (DPR 382/80, art. 49) dispose che:
" Nella prima applicazione del presente decreto possono essere inquadrati, a domanda, previo giudizio di idoneita' nel ruolo dei professori associati:....
- gli assistenti universitari del ruolo ad esaurimento di cui all'art. 3 del D.L. 1^ ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1973, n. 766; ....
".
  Una volta che si decidesse così, il Ricercatore promesso potrebbe essere inquadrato in ruolo superiore con la stessa retribuzione di provenienza.
  Dunque, applicando il detto art. 49, al caso analogo dei Ricercatori, non si farebbe che scoprire l'acqua calda.
  Un modo alternativo, potrebbe essere di considerare equivalente, al giudizio idoneativo, il requisito di aver fatto insegnamento per almeno 5 anni, conferito dalla Facoltà.

 

Approvato dal Parlamento il bilancio dello Stato per il 2010

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Giulio Tremonti

 

Il FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario per il 2010

.... Fine delle illusioni: - 4,4 %, rispetto al 2009

NOTA. Poichè, da anni (anzi dai tempi di Berlinguer, ministro) è divenuta una moda negare fondi all'università motivando con la mancanza di soldi, ho pensato opportuno, prima di fare la tabella del FFO, far precedere la tabella della entrata e spesa complessiva dello Stato per il 2010, attingendo al bilancio di previsione ultimamente approvato dal Parlamento a fine anno 2009.
  La tabella 1 mostra che la spesa totale dello Stato è stata approvata in aumento dell'1% circa, rispetto al 2009.
  La tabella 2 ( relativa alla università) mostra che, per il 2010, il FFO per l'università è stato approvato in ribasso del 4,4%.
  C'è dell'altro. Il DPEF - Documento di programmazione economica e finanziaria 2010-2013, approvato dal Consiglio dei Ministri nel luglio 2009 (tabella 3, quarta colonna) dava (p. 43),  dava la cifra totale di  € 7.408 milioni per il 2010 (anche per abolizione IRAP sulle università), vale dire  una cifra ragionevole, quasi uguale a quella del 2009.
  Evidentemente il Ministro Tremonti si diverte a giocare con le cifre, pensando forse che i professori universitari si dimentichino facilmente delle cose ... Non è così.   Nino Luciani
***
Tabella 1 - Bilancio dello Stato: quadro complessivo ( milioni di € )
 Anno

20081 (previsione)

20092
(previsione)

20103
(previsione)

  Spese correnti e in conto capitale

     € 491.709,0

 € 536.797,9

         €  542.056,3

  Entrate correnti    

    €  458.370,0

€ 497.279,3

          475.961,4
  Disavanzo

     €  - 33.339,0

           €   -39.518,6

         €  -66.094,9

1 Legge finanziaria 244/2007; 2 Legge finanziaria 203/2008; 3 Legge finanziaria 192/2009

Tabella 2 - FFO- Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università (milioni di € )
 Anno

2008 (consuntivo)

2009
(previsione
assestata)

2010 (previsione della
legge finanziaria, n. 191/2009

 FFO

 € 6.801,5

€   6.946,1

€   6.216,385

Fondo annuale straordinario art. 2, c. 428 L.F. 2008     €    550,0        €      550,0           €      550,00
Incremento dotazione finanziaria FFO, L.F.   2009           €      400,00
Totale

    €   7.351,5

       €    7.496,1

          €   7.166,4

Tabella 3 - DPEF- Documento di Programmazione Economica e Finanziaria:  FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario (milioni di € ) e "altre" entrate (p. 43 del DPEF, approvato nel luglio 2009 dal Consiglio dei Ministri)
 Anno

2008 (consuntivo)

2009 (previsione in base
a legislazione vigente)

2010 (previsione in base
a legislazione vigente, luglio 2009)

FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario

 € 7.351,5

€   6.946,1

€   6.256,4

DPEF Fabbisogno per reclutamento ricercatori    

           €      160,00

DPEF Fabbisogno per Università statali                €       490,00
DPEF Esenzione IRAP sul personale, dal 2010    

           €       494,00

Totale

€ 7.351,5

€   7.496.1

           €    7.400,40

 

 

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Ivano Dionigi

Ateneo di Bologna
ANNO ACCADEMICO 2009/10

Prima  inaugurazione del nuovo Rettore
(Per l'originale, clicca su: http://www.unibo.it/Portale/default.htm

DELBONO: "Matrimonio d’amore e di interesse tra città e università"

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     Il Rettore si è soffermato su indicazioni di costume e di bello stile linguistico, ma  precedute:
   -  da un "prologo" (preso dalla Magna  Charta Universitatum, 1988), che afferma "l'indipendenza morale e scientifica dell'Università nei confronti di ogni potere politico ed economico":

- e da
1. -
2. -
3. -
4. -

puntualizzazioni sulle priorità politico-programmatiche del suo governo:
Sviluppo edilizio;
Multicampus (Bologna, Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna);
Riforma dell'Amministrazione e dello Statuto Generale dell'Ateneo;
Disegno di Legge Gelmini (su Reclutamento dei Professori, Governance degli Atenei, Diritto allo studio).
Invece, ha sorvolato a piè pari sui compiti istituzionali, rispetto ai quali permane preoccupazione tra i docenti, il personale tecnico amm.vo e gli studenti : "Non vi parlerò ... delle funzioni specifiche e delle attività istituzionali dell’Università (ricerca, didattica, relazioni internazionali, rapporti col mondo produttivo), né delle loro modalità organizzative". Sarebbero "temi ai quali i Pro Rettori stanno intensamente lavorando".

IL COMUNICATO STAMPA
  di UNIBOMagazine
(Organo di stampa del Rettorato)

"La parola, la memoria, il ritorno al reale". Sono "gli stili e i percorsi vincolanti e fondamentali" individuati dal Rettore Ivano Dionigi nel discorso (in versione integrale in allegato, sulla destra) con cui ha inaugurato l’anno accademico 2009-2010. Un richiamo forte al ruolo e all’importanza dell’Università che "è l’antidoto al videoanalfabetismo imperante, il contraltare di certa modernità frettolosa e affannata, il luogo naturale che forma la classe dirigente di un Paese".

  Al centro del suo denso discorso il rapporto tra i docenti e gli studenti. Prima un affettuoso saluto al Rettore uscente, Pier Ugo Calzolari, convalescente, e a quello ancora precedente, Fabio Alberto Roversi Monaco, seduto in prima fila. Poi, dopo aver detto in premessa che non avrebbe fatto una relazione retrospettiva (solo 49 i giorni dall’inizio del mandato), né un esame delle cifre contenute nel Bilancio preventivo, un rapido cenno ad alcune questioni centrali dell’azione di governo: lo sviluppo edilizio, la struttura Multicampus, le chiamate illustri, l’Amministrazione e il Disegno di Legge Gelmini. Il discorso del Rettore, durato una trentina di minuti, si è quindi concentrato su "studenti e professori" "direzione e timbro del mio mandato". E dopo aver elencato quelli che i greci antichi chiamerebbero adynata ovvero "gli impossibili", è passato ad enunciare le azioni concrete, quelle che "dipendono da noi e su cui il nostro Ateneo ha ancora margini di miglioramento".

   Poi il rapporto con la città.
Le torri e le toghe, un binomio indissolubile su cui non ha mancato di concentrarsi anche l’intervento del sindaco di Bologna, Flavio Delbono. "Credo che sia un’occasione unica - ha esordito il Sindaco riferendosi alla sua presenza sul palco di uno degli eventi che da molti secoli segnano la vita culturale di Bologna. "L’Alma Mater - ha spiegato- è nel DNA della nostra città". Così come del resto appartengono al mondo dell’accademia quelle caratteristiche intrinseche dei bolognesi, ovvero "il gusto per il nuovo, l’intrigo intellettuale, la voglia di stare insieme e di fare gruppo". Per questo nell’annunciare, a breve, l’inaugurazione di un Infopoint nel Cortile d’onore di Palazzo d’Accursio e di uno spazio da gestire insieme, città e università, in Sala Borsa, ha voluto dare un segno concreto a quel matrimonio d’amore e di interesse che lega la città alla sua università. " I prossimi anni ci devono vedere uniti più che mai per vincere le nuove sfide. E Bologna anche grazie alla sua Università ha le carte in regola per essere un esempio".

   Quindi è stata la volta del rappresentate degli studenti Alberto Aitini che nell’auspicare l’inizio di una proficua collaborazione nella difesa di una università "che chiediamo e crediamo pubblica", ha voluto ricordare un legame che da subito Dionigi ha instaurato con gli studenti. "Nel primo giorno del suo mandato il Rettore ha inviato a tutti una e-mail con la sua idea di università: un’idea che crediamo giusta". Poi Aitini ha citato la recente relazione del Nucleo di valutazione, con la quale gli studenti hanno promosso l’Alma Mater e ha stimolato a proseguire su quella strada e migliorare la partecipazioni degli studenti alla vita dell’Ateneo.

  Anche la rappresentate del personale Valentina Filippi, della FLC Cgil, ha voluto rimarcare la volontà del personale tecnico e amministrativo, componente molto variegata e composita, di prendere parte attivamente alla vita dell’Alma Mater. "Ci sentiamo parte di essa e ci aspettiamo di non esserne esclusi- ha ripetuto nel suo intervento-. Se è vero che il nostro Ateneo ha raggiunto ottimi risultati, è anche grazie alla nostra partecipazione".
Il professor Tommaso Ruggeri ha poi letto la sua lezione dal titolo L’Universo matematico: dalla Meccanica celeste ai Sistemi complessi.

Nino Luciani, Rettore contesta che il DDL Gelmini non dev'essere "contro di noi".
  Ma, poi, chiede cose che equivalgono allo aumento della
centralizzazione,
il
contrario dell'autonomia.
Gianni Porzi, L'Ateneo nel 2010, la verità sui "tagli" del FFO, il principio di economicità.
  "Negli ultimi tempi ho sentito spesso dichiarazioni di grande preoccupazione per il destino dell'Istruzione
  Continua in Discorso

1. - Premessa.  Non riprendo le note di costume e di bello stile linguistico, e le parole in latino e greco (che il Rettore ha tradotto per i presenti, numerosissimi - non meno di 800 persone), riprese dal comunicato stampa del Rettorato (qui a fianco).
2.- DDL Gelmini.
Riprendo, invece, le priorità programmatiche (ignorate dalla stampa), anzi solo il punto 4, perchè è il solo, su cui il Rettore ha detto qualcosa, almeno secondo me. (Chi volesse leggere il testo integrale, troverebbe anzi che egli ha totalmente sorvolato sui temi istituzionali locali, motivi di disagio del personale e degli studenti circa il proprio futuro. Si pensi ai recenti licenziamenti a raffica, che la magistratura aveva poi bocciato). Ma torniamo a noi.
   Secondo il nuovo Rettore, a riguardo del Disegno di legge Gelmini, "dovrà emergere un duplice atteggiamento. Un primo atteggiamento doverosamente dialogico e anche dialettico nei confronti del Governo, convinti da un lato che la riforma dell'Università è necessaria e urgente, e dall'altro che essa va condotta in porto non senza di noi o nonostante noi, ma con noi", "non contro di noi" (corsivo non scritto, ma solo orale - N.d.R.).
   Egli ha indicato le "questioni" con "Esempi":
- Reclutare direttamente, senza concorso, studiosi di valore;
- differenziare gli stipendi in base alla bravura;
- licenziare chi non lavora;
- competere alla pari, nelle classifiche internazionali, con chi ha finanziamenti cinque volte in più e studenti cinque volte in meno;
- mantenere il livello di qualità attuale in presenza di un perdurante turn over docente ridotto di fatto a meno del 50%;
- non sforare il limite del 90% della spesa per il personale, in presenza della progressiva e vistosa decurtazione del finanziamento ministeriale (il che eleva automaticamente la spesa alla soglia del 100%), vanificando così quella virtuosità che avevamo conseguito, e impedendo così nuove assunzioni;
- assegnare metà dello FFO come premio per le Università che funzionino bene (a fronte dell'attuale timido e annacquato 7%);
- mettere mano a una reale politica del diritto allo studio, che attui l'articolo 34 della Costituzione
("i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso").

3. I nostri dubbi sul metodo e sui contenuti.
a) Sul metodo.
Per quanto ho capito, il nuovo Rettore penserebbe di avviare direttamente una trattativa col Governo centrale, presumendo che l'Alma Mater sia forte a sufficienza (col suo prestigio millenario ?) da convincere il Governo.
  A nostro avviso, in termini politci, un Rettore imposta correttamente questa azione, solo se concordata, prima, con gli altri Rettori della Regione e con la CRUI. (Invece, col senno di poi, ci risulta avere egli convocato, il 22 gennaio, in Rettorato, i parlamentari nazionali eletti nella regione)
  Ma è noto che, sul DDL,  la Conferenza dei Rettori (CRUI) ha già discusso per un anno col Ministero, e che il Presidente Decleva ha già dato l'assenso al DDL Gelmini.
  Soprattutto una cosa dovrebbe essere chiara: che le nuove proposte sono convincenti solo se vengono da fronti unitari.
  Invece, se le varie proposte sono distanti, per i Ministri, tutto è più difficile.
b) Sui contenuti. Ognuno ha diritto alle proprie idee. Ma il troppo stroppia, e questo riguarda la proposta che il fondo per il merito passi dal 7%  al 50% del FFO ( a parte che, secondo noi, esso non è incentivante il merito: clicca su Decreto).
  Il motivo è che questo comporta aumentare ulteriormente la guida centralizzata delle Università, da parte del MIUR, e questo è il contrario dell'autonomia. Anzi, un Rettore che rivendica la "indipendenza morale e scientifica delle Università dalla politica" (torno al Prologo), dovrebbe chiedere "entrate proprie".
                                                                 Nino Luciani

  Una esposizione di carattere storico divulgativo, in cui si è cimentato nel non semplice compito di dimostrare come la Matematica, spesso vista come disciplina fine a sé stessa, sia in realtà ricchissima di implicazioni nella nostra vita. Nella sua esposizione, ricca di riferimenti e di citazioni, il professore, Ordinario di Meccanica Razionale e Accademico dei Lincei, ha avuto modo di affrontare diverse questioni, prendendo le mosse dall’universo matematico della meccanica classica per arrivare a considerare la ricerca di base e persino i rischi dell’Impact Factor.

   Dopo di lui l’attore Toni Servillo: suo anche il prologo, prima dell’intervento del Rettore, con un testo dalla Magna Charta Universitatum, sull’autonomia dell’università. Quindi altre tre letture: da Nietzsche, da Brecht e dal Libro della Sapienza.

   E ancora l’omaggio alla società e al mondo dell’imprenditoria, con la consegna del sigillo d’ateneo ad Isabella Seragnoli. "Figura esemplare per Bologna e per il Paese", ha detto il Rettore, motivando l’attribuzione del massimo riconoscimento accademico per le personalità che hanno conseguito particolari benemerenze nel campo dell’impegno culturale e sociale.

   Prima del congedo dei cortei ancora le parole di Toni Servillo che hanno chiuso la cerimonia dando voce e anima ad un brano di Piero Calamandrei.
  Bologna 19 dic. 2009                                                                                                              Monica Lacoppola

 

 

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Giuseppe Colpani
nuovo Direttore Amm.vo


Primi atti del nuovo Rettore



Nomina dell'Esecutivo e presentazione per la fiducia
al Consiglio di Amministrazione e al Senato,
ma senza un programma circostanziato e priorità.

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Ivano Dionigi
nuovo Rettore

Esecutivo  suddiviso in due squadre:
una SQUADRA ALTA e una SQUADRA BASSA

(anche Dario Braga, già concorrente-rettore, terzo per voti)

La SQUADRA ALTA :
("Delegati ProRettori" )

 

("Delegati Non ProRettori")

- Emilio Ferrari,  Pro Rettore Vicario;
- Guido Sarchielli, Pro Rettore per le Sedi decentrate;
- Dario Braga, Pro Rettore alla ricerca;
- Gianluca Fiorentini, Pro Rettore alla didattica;


- Carla Salvaterra, Delegata all’Internazionalizzazione;
- Roberto Nicoletti, Delegato al Diritto allo studio.

***

La SQUADRA BASSA :
(Giunta ex-art. 35,  Membri:
tre del CdA e tre del Senato)
- Anna Minarini (Cda);
- Sandro Sandri (CdA);
- Ornella Montanari (CdA);
- Maurizio Sobrero (Senato);
- Gianluca Fiorentini (Senato);
- Carla Faralli (Senato).
***
  Anche nominato Direttore Amm.vo Giuseppe Colpani, 48 anni, frutto della legittima ricerca "quasi a tempo pieno" del nuovo Rettore, dal 26 luglio u.s., in netta discontinuità rispetto alla Commissione
di selezione "Calzolari". Curriculum di G.C. In evidenza titoli significativi e mobilità frequente.
  Data enfasi dal nuovo Rettore, sulla stampa, ai difficili problemi finanziari affidati al nuovo Direttore.

*

Nino Luciani, "Rettore, salvaguarda lo Statuto, e lo Statuto salvaguarderà te. Però puoi cambiarlo,... ma non così". Dubbi sulla legittimità dell'apparato.
Anche perplessità sulle "aspettative" miracolistiche, sulla stampa, del Rettore dal nuovo Direttore.

1.- La premessa giuridica:
   a) L'art. 35 dello Statuto Generale di Ateneo istituisce la Giunta, composta dal Rettore, dal Pro-rettore vicario, dal Pro-rettore incaricato per le sedi decentrate e dal Direttore Amministrativo e da un numero di membri compreso fra sei e otto designati, su proposta del Rettore, dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amm.ne fra i propri componenti.
  Alle riunioni della Giunta di Ateneo partecipa, senza diritto di voto, uno studente designato in qualità di osservatore dal Consiglio studentesco.
La Giunta può esercitare, per delega, attribuzioni del Rettore, del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione.
Spettano, infine, alla Giunta poteri di proposta in merito ad un preciso elenco di materie, indicate dallo Statuto.
   b) La Disposizione X, (ottenuta dal Rettore Calzolari nel 2001), istituisce con "norma transitoria" i Pro Rettori: "Sino alla ridefinizione dell'assetto organizzativo dell'Ateneo, il Rettore ha facoltà di designare dei delegati prorettori, in numero non superiore alla metà dei componenti della Giunta, per funzioni definite, per cui possono partecipare senza diritto di voto alla Giunta e possono essere invitati alle riunioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione qualora non ne siano componenti".

2.- Commento.
2.1. Sull'esecutivo.  Lasciamo stare (anzi niente affatto) che un Capo dell'esecutivo che presenta la propria squadra agli Organi, per la fiducia, lo deve fare su un programma circostanziato (non col rinvio a quello generico, elettorale) e sulle priorità che impegnano Lui e la squadra.
 Si direbbe che (come nell'ordine logico di Calzolari), anche in quello di Dionigi la Giunta in senso stretto sia posizionata (in ordine decrescente) dopo la "squadra dei Pro rettori", quelli con l'ermellino. Per una conferma, clicca su http://www.unibo.it/Portale/Ateneo/Organi/default.htm .
  Ma lo Statuto dice diversamente. Soprattutto, a riguardo della Giunta in senso stretto, le funzioni attribuite dallo Statuto ai "membri con diritto di voto" non possono essere esercitate da membri "senza diritto di voto" .
  La norma transitoria non istituisce, poi, i "delegati non prorettori". E poichè lo Statuto circoscrive la delegabilità di funzioni del Rettore alla Giunta (e dunque, forse, anche a singoli Membri della Giunta ex-art. 35), deve escludersi che il Rettore possa attribuire deleghe ad esterni alla Giunta in senso stretto o a delegati non prorettori.
   Sembra, inoltre, sicuro che i "delegati non prorettori" non possano far parte della Giunta e neppure essere invitati (in quanto tali) alle riunioni del CdA e del Senato.
  Si nota anche che la squadra dei "delegati prorettori" sia sul filo della legittimità costituzionale-statutaria, perchè ormai è in contrasto con la previsione di "transitorietà" della relativa norma di 9 anni fa, in attesa del promesso (allora) nuovo Statuto.
  Questa "transitorietà" è, presumo, fondata sulla anomalia consapevole dell'introdurre una seconda "Giunta di fatto" (quella dei "delegati prorettori") che si sovrappone alla Giunta in senso stretto, creando conflitti di competenze, e dunque anarchia.
2.2.- Sui compiti del Rettore e sulle aspettative dal nuovo Direttore. Non ho apprezzato il collegamento fatto dal nuovo Rettore, sulla stampa locale, tra i tagli finanziari al FFO (fatti da Roma) e i compiti miracolistici del nuovo Direttore.
  A parte che egli avrà bisogno di almeno un sei mesi-un anno per prendere piena cognizione della nave amministrativa, non dobbiamo perdere di vista che il Direttore Amm.vo è un esecutore degli obiettivi affidatigli dal Rettore e dagli Organi.
Quid in termini di riforma dell'ordinamento didattico (meno insegnamenti, meno corsi di laurea ...), il sanguisuga delle risorse, e dunque la prima causa delle carenze finanziarie della ricerca, e dell'eccesso di lavoro amministrativo ?
Dare la risposta a questa domanda, in coindicenza con la presentazione del suo Esecutico, agli Organi, sarebbe dovuta essere la prima preoccupazione. E, invece, NO. Spero che questa svista, per cui ciò che è realmente importante si presume, non sia specchio della situazione reale (vale dire, di un "vuoto" propositivo, nella mente del Rettore).
  Cosa ne sa il nuovo Direttore degli insegnamenti dei corsi di laurea, e soprattutto della loro distinzione tra insegnamenti importanti e meno importanti, rispettivamente da confermare o da tagliare ?  NLuciani


"Auspicio che il CdA si riappropri del ruolo decisionale che gli compete e non sia più ritenuto un Organo per la ratifica delle decisioni assunte altrove."


Prof. Gianni Porzi

Stralcio dall'indirizzo di SALUTO del Rappresentante del Governo, al nuovo Rettore nella prima seduta del CdA.
(Stralcio).

Magnifico Rettore,
innanzi tutto voglio rinnovarTi i complimenti e in particolare gli auguri che già Ti feci il giorno successivo al Tuo successo elettorale.
.......................
Il lavoro che Ti attende per ridare al nostro Ateneo quel prestigio che merita sarà molto impegnativo e pieno di ostacoli. Gli obiettivi ambiziosi non si raggiungono con “proclami”, né con “sermoni”, ma mediante azioni concrete, mirate ed incisive. Sono infatti convinto che sia necessario rimuovere alcune situazioni di criticità che hanno inciso negativamente negli anni recenti.
   Ritengo sia necessario un cambiamento tangibile quanto rapido rispetto alla gestione degli ultimi anni durante i quali, per vari motivi, si è verificata, di fatto, una progressiva occupazione da parte dei vertici amministrativi di importanti spazi decisionali con conseguente condizionamento del ruolo degli OO.AA. la cui autonomia decisionale è stata quindi lentamente erosa. Voglio sperare, per il bene dell'Alma Mater, che - grazie anche al contestuale rinnovo delle due maggiori cariche dell'Ateneo - una tale situazione venga a cessare.
   Negli ultimi anni la Comunità accademica tutta si è sentita sempre più emarginata da una struttura amministrativa troppo accentratrice, verticistica e burocratica, spesso determinante anche negli indirizzi di governo dell'Ateneo, quando invece il ruolo dell'Amministrazione é quello di braccio operativo che agisce in piena sinergia con gli OO.AA., con il Rettore e disponibile ad instaurare un rapporto di piena collaborazione con il corpo docente al fine di snellire tutti i processi per rendere più efficiente il sistema.
  In questi anni la struttura organizzativa è stata eccessivamente frammentata con conseguente proliferazione di posizioni dirigenziali a livello centrale non sempre essenziali e venendo meno a quanto disposto dalla Legge 165 ed anche al principio di economicità al quale un'Amministrazione pubblica dovrebbe sempre attenersi.
   Docenti e Studenti sono le componenti fondanti dell'Università e ritengo quindi debbano riacquistare quel ruolo centrale - e quindi responsabile - che istituzionalmente compete loro, nonché l'orgoglio di appartenenza all'Alma Mater. E' opinione diffusa che sia necessario al più presto un significativo contenimento di alcune voci di spesa - quindi un'adeguata riqualificazione - al fine di eliminare qualsiasi forma di spreco.
   In tale contesto penso si imponga anche un'attenta riorganizzazione dell'offerta didattica la cui proliferazione a volte indiscriminata, dovuta forse più a "interessi di bottega" che a motivi culturali o a reali esigenze degli studenti o del mondo del lavoro, ha inciso non poco sulla spesa. La revisione dell'offerta formativa ritengo debba passare non solo attraverso una riduzione dei Corsi di Laurea, ma anche dando maggior peso ad una seria valutazione della didattica nei contenuti e negli obiettivi formativi non solo però dal punto di vista quantitativo, ma in particolare sul fronte della qualità.
   Si sente il bisogno di una maggiore trasparenza e anche partecipazione nella governence dell'Ateneo tale da garantire quella pluralità di voci venuta invece a mancare in varie occasioni.
…………………………
    Il Rettore è il garante della legalità, dell'attuazione delle decisioni assunte dagli OO.AA., dell'equità, della coerenza degli atti, ma anche della trasparenza per la quale mi sono battuto fino a dimettermi lo scorso anno dalla Commissione Personale. Trasparenza vuol dire garanzia di correttezza sia formale che sostanziale, vuol dire anche rendere accessibili a tutto il Personale universitario (nel rispetto anche degli articoli 5 e 8 dello Statuto) le decisioni assunte dagli OO.AA., essendo queste atti pubblici. Ritengo che l'Ateneo debba essere un "libro aperto" per tutti i suoi dipendenti; la trasparenza è fondamentale per dare fiducia a tutti coloro che operano nell'Alma Mater ed evita anche il sorgere di sospetti che non giovano all'Istituzione.
   Concludo auspicando :
- che il CdA si riappropri del ruolo decisionale che gli compete e non sia più ritenuto un Organo per la ratifica delle decisioni assunte altrove. Va sottolineato tuttavia che l'autonomia del CdA non dipende solo dai Vertici dell'Ateneo, ma anche dall'atteggiamento responsabile dei Consiglieri nella consapevolezza che sono chiamati a

svolgere un compito di grande responsabilità morale e giuridica;
- che si abbia massima attenzione sia allo Statuto che ai Regolamenti tutti;
- che si instauri una nuova stagione basata sulla reale trasparenza degli atti amministrativi;
- che il cambio di rotta, da più parti auspicato, insieme all'impegno di tutta la nostra comunità possa portare l'Ateneo ad occupare a livello internazionale posizioni più consone al suo prestigioso passato;
- che l'Ateneo possa presto recuperare a livello locale quella credibilità che è stata scalfita dai noti scandali dei concorsi, e non solo;
- che sia finita la stagione dell'autoreferenzialità e dell'autocelebrazione.  Gianni Porzi

Giuseppe Calpoli - CURRICULUM VITAE,  Sintesi*
- Nato a Mantova 25 marzo 1961, coniugato con 6 figli
Studi
  - 1985 Laurea in Scienze Agrarie presso l'Università Cattolica di Piacenza;
  - 1987 Master in economia del Sistema Agro-Alimentare (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Esperienze professionali e scientifiche
  - 1987 Progetto di business svolto con Unilever - divisione "Agribusiness Coordination" di Londra: "The italian fish market with special regard to salmon".
- 1987 - 1994 Ufficio Studi Ferruzzi-Montedison, supporto alle strategie di crescita del gruppo.
- 1993 - 1994 Titolare di esercitazioni del corso di Teoria e politica dello sviluppo economico presso la facoltà di Scienze Politiche della Cattolica di Milano.
  - 1994 - 2000 Direttore amministrativo Sede di Piacenza dell'Università Cattolica.
  - 1998 Avviamento del Centro Università Cattolica Piacenza di servizi all'impresa e stage.
  - 1998-2002 Università Cattolica Milano; membro della commissione di Ateneo per la riorganizzazione dei Sistemi
      Informativi.
  - 1999 Coordinatore avviamento del Centro di Eccellenza per la Pubblica Amministrazione Università cattolica Piacenza. 1998-2002 Avviamento, in qualità di Presidente, di ECEPA, ente CCIAA di Piacenza per la certificazione dei prodotti alimentari.
  - 2000 - 2001 Direttore Amministrativo Università di Camerino. Tra le principali attività la certificazione di qualità dell'Ateneo e il passaggio dalla contabilità finanziaria a quella economico patrimoniale.
  - 2001 - 2004 Direttore Generale Consorzio Agrario di Piacenza.
  - 2002-2004 Consigliere di amministrazione Casa di Riposo Gasparini (Piacenza).
  - 2003-2004 Consigliere di Amministrazione della società cerealicola Michelotti SrL.
  - 2003-2005 Consigliere di amministrazione società ciclistica professionisti di Piacenza, Team LPR.
  - 2004 - 2005 Membro della Commissione di Studio per gli indirizzi di programmazione del bilancio dell'Università
    Cà Foscari di Venezia.
  - 2004 Coordinatore Centro di Piacenza del Politecnico di Milano.
  - da gennaio 2005 Direttore generale Consorzio per la ricerca scientifica e tecnologica dell'Area di Trieste.
  - da novembre 2005 Segretario società Sincrotrone Trieste.
  - da dicembre 2006 Consigliere di amministrazione di Ezit.
  - maggio-settembre 2007 Direttore Generale società CBM Scrl.
  - da febbraio 2008 Consigliere di amministrazione di FestTrieste.
Pubblicazioni:
  -  "Più ricchi con l'ambiente, nuovi indicatori di sviluppo economico", Vita e Pensiero, 1994.
  - Numerosi articoli e interventi a seminari e conferenze di carattere tecnicoeconomico.
Tempo libero Arrampicata sportiva/alpinismo, ciclismo, pesca, musica, attività educative.
Trieste, gennaio 2008
* FONTE: www.area.trieste.it/.../CurriculumVitae_DirettoreGenerale_IT.pdf

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Riceviamo nuovo DDL dagli amici dell'ANDU e giriamo

EDIZIONE STRAORDINARIA

Ministra Gelmini ha presentato ven. 23 ott. 2009, al Consiglio dei Ministri,
nuovo DDL  su Governance Università e Reclutamento dei Professori Universitari


Silvio Berlusconi

Pur se il Consiglio e' stato rinviato per l'assenza del suo Presidente,
risulta che il testo sia stato comunque esaminato dal "pre-consiglio".

IL TESTO ORIGINALE PRESENTATO AL CONSIGLIO

Nota. Pur dopo richiesta con Lettera, da tempo, il Ministro non ha voluto confrontarsi con le Rappresentanze Universitarie su una bozza ufficiale
del provvedimento, prima della presentazione al Consiglio dei Ministri.

Appello al Presidente ed ai Ministri perchè il Consiglio non decida
venerdì prossimo senza, prima, sentire le Rappresentanze Universitarie

                     Il nuovo progetto di Disegno di Legge è inaccettabile perchè:

  1) in contrasto col "Contratto con gli Italiani", demolisce la residua autonomia universitaria, così da
      giustificare eccezioni di incostituzionalità. I motivi sono:
     a)  il Rettore diviene braccio destro del Direttore Generale, come pre-autonomia, 1989;
     b)  è rinforzato l'attuale sistema finanziario centralizzato (ereditato dai Governi precedenti), tutto
         monitorato dal Miur con parametri, come nei Paesi a pianificazione centralizzata;
  2) aumenta il localismo dei concorsi, anche rispetto alla legge 210/98;
  3) anticipa l'abolizione del ruolo dei Ricercatori a tempo indeterminato, senza una norma
    transitoria che ne salvi i "meriti acquisiti" in lunghi anni di fedele e onorato servizio;
  4) istituzionalizza il precariato, come avviamento alla carriera all'Università;
  5) dichiara a costo zero la riforma.

                          TESTO ORIGINALE (prima stesura)
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio

Titolo I
Organizzazione del sistema universitario
Articolo 1, Principi ispiratori della riforma - Articolo 2,  Organi e articolazione interna delle università - Articolo 3, Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa.
Titolo II
Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario
Articolo 4, Fondo per il merito - Articolo 5, Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario - Articolo 6, Riconoscimento dei crediti universitari.
Titolo III
Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento
Articolo 7, Revisione dei settori scientifico-disciplinari - Articolo 8, Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale - Articolo 9, Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico - Articolo 10, Assegni di ricerca - Articolo 11, Contratti per attività di insegnamento - Articolo 12, Ricercatori a tempo determinato - Articolo 13, Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori - Articolo 14, Disciplina dei lettori di scambio -
Articolo 15, Norme transitorie e finali

Titolo I
Organizzazione del sistema universitario

Articolo 1
Principi ispiratori della riforma
1. Le università sono sede di libera formazione e strumento per la circolazione dei saperi; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 33 e al Titolo V della seconda Parte della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità, anche sperimentando modelli organizzativi e funzionali sulla base di specifici accordi di programma con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministero".
3. Al fine di rimuovere gli ostacoli all’istruzione universitaria per gli studenti meritevoli e privi di mezzi, il Ministero attua e monitora specifici programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio.
4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell’autonomia delle università, fissa obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli obiettivi e indirizzi nonché ai risultati conseguiti.

Articolo 2
Organi e articolazione interna delle università
1. Sono organi delle università:
a) il rettore;
b) il consiglio di amministrazione;
c) il senato accademico;
d) il direttore generale;
e) il collegio dei revisori dei conti;
f) il nucleo di valutazione.

2. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organi, nel rispetto dell’articolo 33 della Costituzione, ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e del coordinamento delle attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle finalità dell’università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; della funzione di proposta del documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni, del bilancio di previsione annuale nonché del conto consuntivo; di ogni altra funzione non espressamente attribuita ad altri organi dallo statuto;
b) determinazione delle modalità di elezione del rettore con voto ponderato tra i professori ordinari in servizio presso università italiane in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; nomina del rettore eletto con decreto del Presidente della Repubblica;
c) durata della carica di rettore per non più di due mandati e per un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile;
d) attribuzione al senato accademico della competenza a formulare proposte e pareri in materia di didattica e di ricerca; ad approvare i relativi regolamenti previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le strutture di cui al comma 3, lettera c);
e) costituzione del senato accademico su base elettiva, composto per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università e, comunque, da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e non superiore a trentacinque unità, compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti;
f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della

Nino Luciani, Il nuovo DDL, pur con alcune buone novità, è in netto contrasto con la dichiarata politica del Governo nel "Contratto con gli Italiani" per l'autonomia, è un'opera "incompiuta" per il "merito"
dei professori, e iniquo per i Ricercatori.

IN RIASSUNTO:
- per la Governance, ci sono buone novità, ma dentro un sistema organizzativo che abbatte la figura del Rettore rispetto al Direttore Generale, e dentro un sistema  finanziario più rigido, proprio dei paesi a pianificazione centralizzata, in misura così eccessiva da giustificare eccezioni di incostituzionalità.
- Per lo Stato giuridico:
a) c'è un localismo che batte la legge 210/98;
b) il ruolo dei Ricercatori è (di fatto) abolito in anticipo, ma senza una norma transitoria di ricollocazione, che ne riconosca i meriti acquisiti;
c) c'è un precariato istituzionalizzato in modo permanente;
- Invece, per gli studenti, c'è una positiva e interessante finestra per il diritto allo studio, che carica sullo Stato (e quindi non più sulle Università) borse, buoni studio, prestiti d'onore, da cui sarebbe possibile trarre conseguenze per un nuovo impiano finanziario generale delle Università.

1.- GOVERNANCE. Per la Governance, di nuovo c'è che è indebolito il controllo democratico sull'Esecutivo degli Atenei, in quanto il Senato diviene tutto elettivo, il Consiglio di Amministrazione è ridotto di numero e qualificato professionalmente ed è composto da esterni per il 40% (troppo), e il Presidente potrà essere persona diversa dal Rettore. Questo è positivo.
  Tuttavia:
  a)  il sistema finanziario è totalmente centralizzato sul MIUR, che monitora la spesa con parametri di "efficienza", sul modello dei Paesi a pianificazione centralizzata, ma che non ha mai dato risultati. (Nel nostro caso, basti ricordare che un parametro di efficienza è il numero di crediti scolastici degli studenti. Ma, altro è ritenere che l'avere tanti studenti con i crediti in regola sia un titolo di merito dell'Ateneo, altro è l'effetto sulla efficienza, visto che gli Atenei (d'ora in poi) sono incentivati a promuovere tutti, per avere più soldi dal Governo).
   Poichè localmente c'è solo una responsabilità di spesa non ancorata ad una responsabilità di entrata, il rafforzamento del controllo democratico è solo un fatto nominale. Infatti, finanziariamente, non c'è da guadagnare nulla di significativo da eventuali economie se non nel senso di danneggiare qualcuno e favorire qualcun altro, e quindi c'è un controllo di nulla. Su questo, torno più avanti.
   b) Viene creato un cane Cerbero dentro gli Atenei, il Direttore Generale (al posto del direttore amministrativo, oggi organo ausiliario del Rettore), con attribuzione di responsabilità personale organizzativa e amministrativa, opponibile al Rettore. In altri termini, si torna di fatto alla situazione anteriore alla legge Ruberti dell'autonomia (1989), quando le università erano organi decentrati dello Stato e il direttore amministrativo era il luogo-tenente locale dello Stato.
 
2. DIRITTO ALLO STUDIO E SISTEMA FINANZIARIO. Per il diritto allo studio c'è una novità copernicana, se è una cosa vera. L'erogazione delle borse di studio, dei buoni studio e  dei prestiti d'onere verrebbe caricata sullo Stato (e quindi non più sulle Università) in modo significativo.
  Se questo caricamento diretto sullo Stato (per i meritevoli) venisse esteso a favore degli studenti bisognosi, così da sgravare totalmente le università da funzioni "sociali", si aprirebbe la possibilità della configurazione delle università come "aziende pubbliche" e quindi della riforma del sistema finanziario delle Università, applicando il criterio del beneficio.
   Oggi, invece, oggi la funzione sociale della università è svolta attraverso il FFO, sia nel senso che esso copre la gran parte delle spese universitarie, sia nel senso che i contributi studenteschi sono agganciati al FFO (ossia non possono superarne il 20%), sia nel senso che questi sono differenziati tra gli studenti, in base al bisogno e al merito.
   Applicare il criterio del beneficio significa che i costi:
- in parte, sono a carico dello Stato in rapporto al servizio reso agli studenti (lo Stato potrebbe pagare tutto o una quota del costo standard per studente, sul modello del federalismo fiscale);
- e, residualmente, sono a carico degli studenti con contributi fissati liberamente dalle Università (sia pure con un tetto. Es., non più del 30% della spesa corrente). Beninteso, questo vale solo se lo Stato assume su di se direttamente il gravame del garantire il diritto allo studio.
   
3.- STATO GIURIDICO. Per lo stato giuridico, rimane nel nuovo DDL quella gran luce che è l'abilitazione nazionale a lista aperta, con commissioni sorteggiate.
  Ma poi, spunta, il localismo dei concorsi, che eccede in sconfinamento, perfino rispetto alla vituperata legge 210/98. E questo, non perchè siano ammessi, al concorso, solo candidati locali, ma perchè la commissione è tutta locale e discrezionale, e  dunque non può produrre che vincitori locali, anche se il DDL balbetta che non vuole che questi siano più di un terzo dei vincitori.
  Inoltre, in accesso alla carriera universitaria, il precariato viene istituzionalizzato sotto forma di contratti a termine e assegni di ricerca.
  Infine, non ci saranno più concorsi per ricercatore a tempo indeterminato.
   E' prassi che, quando si abolisce un ruolo, si facciano delle norme transitorie che inquadrano gli "ex" nel primo gradino del ruolo superiore, e comunque si fa una distinzione tra chi ha lavorato con profitto e gli altri.
  Invece, non viene riconosciuto alcun merito ai Ricercatori "strutturati" e men che meno ai "non strutturati", pur se hanno servito l'Università da anni. Questo è radicalmente ingiusto e dannoso per tutti.
  Mentre è data rappresentanza agli studenti nel Cons. di Amministrazione, lo stesso non si fa per il personale tecnico e amministrativo, e per i docenti in quanto docenti.
  Last but not least. La riforma è dichiarata a costo zero (art.15, c. 6), e questo toglie credibilità a riforma.NLuciani

programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività; della competenza a deliberare l’attivazione o la soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, il bilancio di previsione e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero e al Ministero dell’economia e delle finanze nonché, su proposta del rettore previo parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera a);
g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, inclusi il rettore componente di diritto ed una rappresentanza elettiva degli studenti; designazione o scelta degli altri componenti secondo modalità previste dallo statuto, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello; non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell’incarico; elezione del presidente del consiglio di amministrazione tra i componenti dello stesso; nomina del presidente designato con decreto del Presidente della Repubblica;
h) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni; durata quadriennale del mandato fatta eccezione per quello dei rappresentanti degli studenti, di durata biennale; rinnovabilità del mandato per una sola volta;
i) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale; conferimento da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, dell’incarico di direttore generale, regolato con contratto di diritto privato a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità a criteri e parametri fissati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione del collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la durata del contratto in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico;
j) attribuzione al direttore generale della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; partecipazione del direttore generale, senza diritto di voto, alle sedute del consiglio di amministrazione;
k) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di tre effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, e uno supplente designati da parte del Ministero dell’economia e delle finanze; uno effettivo ed uno supplente designati dalle università tra dirigenti e funzionari del Ministero; nomina dei componenti con decreto rettorale; rinnovabilità dell’incarico per una sola volta e divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università;
l) composizione del nucleo di valutazione con un numero di componenti in prevalenza esterni all’ateneo e comunque integrato, per gli aspetti istruttori relativi alla valutazione della didattica, da una rappresentanza degli studenti;
m) attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell’offerta didattica, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, anche sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, di cui al comma 3, lettera g);
n) divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per il rettore limitatamente al senato accademico; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e di ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali, non statali o telematiche; decadenza per i consiglieri che non partecipano con continuità alle sedute del senato e del consiglio d’amministrazione.
3. Per le medesime finalità ed entro lo stesso termine di cui al comma 2, le università modificano altresì i propri statuti in tema di articolazione interna, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
a) semplificazione dell’articolazione interna, con contestuale attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie;
b) riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quarantacinque nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei;
c) previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, denominate facoltà o scuole, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche e di gestione dei servizi comuni; di coordinamento, in coerenza con la programmazione strategica di cui al comma 2, lettera a), delle proposte in materia di personale docente avanzate dai dipartimenti; di coordinamento del funzionamento dei corsi di studio e delle proposte per l’attivazione o la soppressione di nuovi corsi di studio;
d) previsione che il numero complessivo delle strutture di cui alla lettera c) deve essere proporzionato alle dimensioni e alla tipologia scientifico disciplinare dell’ateneo, fermo restando che il numero delle stesse non può essere superiore a sei, nove e dodici nel caso di università con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato, rispettivamente, inferiore a millecinquecento unità, superiore a millecinquecento e inferiore a tremila e superiore a tremila; e) previsione della possibilità, per le università con un organico di professori, di ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a cinquecento unità, di darsi un’articolazione organizzativa interna semplificata cui vengono attribuite unitariamente le funzioni di cui alle lettere a), b) e c);
f) istituzione di un organo deliberante delle strutture di cui alla lettera c), ove esistenti, composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da almeno un coordinatore di corso di studio di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, o di area didattica attiva nella struttura, dal presidente della scuola di dottorato, ove esistente, e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente dell’organo ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dall’organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; durata triennale della carica, rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico con le funzioni di direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio, di area didattica o di dottorato;
g) istituzione in ciascun dipartimento, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti per l’assicurazione della qualità della didattica, competente a svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa, contribuendo altresì alla valutazione dei risultati della stessa, e a formulare pareri sull’attivazione e la soppressione di corsi studio;
h) garanzia di una rappresentanza elettiva degli studenti negli organi di cui al comma 2, lettere e), g) ed l) e comma 3, lettere c) ed f), in conformità a quanto previsto dal decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 1995, n. 236; attribuzione dell’elettorato passivo agli iscritti per la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell’università; durata biennale di ogni mandato e rinnovabilità per una sola volta;
i) introduzione di misure a tutela della rappresentanza studentesca, compresa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti.
4. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto dai commi 2, lettere a), c), f), h), i), j), k), l), m), e comma 3, lettere g), h) ed i). 5. Per le finalità già previste dalla legge e anche al fine di individuare situazioni di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle,le università adottano entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge un codice etico.
6. In prima applicazione, lo statuto contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 2 e 3 è predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e composto da quindici componenti, tra i quali il rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. Ad eccezione del rettore e dei rappresentanti degli studenti, i componenti non possono essere membri del senato accademico e del consiglio di amministrazione. Lo statuto contenente le modifiche statutarie è adottato con delibere del senato accademico e del consiglio di amministrazione.
7. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 2, il Ministero assegna all’università un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, una commissione composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di adeguata professionalità, con il compito di predisporre le necessarie modifiche statutarie. 8. In relazione a quanto previsto dall’articolo 2, commi 2 e 3, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, i competenti organi universitari avviano le procedure per la costituzione dei nuovi organi statutari.
9. Tutti gli organi delle università decadono automaticamente a decorrere dalla data in cui sono costituiti gli organi previsti dal nuovo statuto, ad eccezione del rettore il cui mandato ha durata superiore al tempo necessario per l’adeguamento dello statuto. Gli organi statutari destinati a scadere nel periodo necessario all’adeguamento dello statuto restano in carica fino alla data di costituzione dei nuovi organi.
10. Ai fini del computo della durata massima del mandato o delle cariche di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a), e), h), è considerato anche il periodo di durata degli stessi già maturato al momento della entrata in vigore dei nuovi statuti.
11. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al presente articolo rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse, secondo criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, su proposta dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
12. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie, adottate dall’ateneo ai sensi del presente articolo 2 perdono di efficacia nei confronti dello stesso le seguenti disposizioni:
a) l’articolo 16, comma 4, lettere b) ed f), della legge n. 168 del 1989;
b) l’articolo 17, comma 110, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

Articolo 3
Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa
1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse, due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi.
2. La federazione può avere luogo altresì tra università ed enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell’alta formazione.
3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’ organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto prevede che le eventuali strutture di gestione della stessa sono costituite da componenti degli organi accademici delle università federate, e comunque senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna delle istituzioni interessate, è sottoposto all’esame del Ministero per l’approvazione, sentita l’ANVUR, di concerto con le competenti amministrazioni.
5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente articolo, il progetto di cui al comma 3 dispone altresì in merito a eventuali procedure di mobilità dei professori e dei ricercatori nonché del personale tecnico amministrativo. In particolare, per i professori e i ricercatori, l’eventuale trasferimento avviene previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210. In caso di esito negativo delle predette procedure di mobilità, il Ministro può provvedere, con proprio decreto, il trasferimento del personale interessato disponendo altresì in ordine all’eventuale concessione agli interessati di incentivi finanziari a carico del fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano altresì a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate, ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005.

Titolo II
Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario

Articolo 4
Fondo per il merito

1. E’ istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo speciale per il merito finalizzato a sviluppare l’eccellenza e il merito dei migliori studenti, individuati tramite prove nazionali standard. In particolare, il fondo è destinato a:
a) erogare ai migliori studenti borse e buoni studio da utilizzare per il pagamento di tasse e contributi universitari, nonché per la copertura delle spese di mantenimento durante gli studi;
b) garantire prestiti d’onore concessi per il finanziamento delle spese di cui alla precedente lettera a).
2. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, disciplina con propri decreti:
a) i criteri di accesso alle prove nazionali standard;
b) i criteri e le modalità di attribuzione delle borse e dei buoni e di accesso ai finanziamenti garantiti;
c) l'ammontare delle borse e dei buoni e i criteri e modalità per la loro eventuale differenziazione;
d) l'ammontare massimo garantito per ciascuno studente per ciascun anno, in ragione delle spese in tasse e contributi universitari e di tipiche spese di mantenimento;
e) i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare nel corso degli studi per mantenere il diritto a borse, buoni e finanziamenti garantiti;
f) le modalità di utilizzo di borse, buoni e finanziamenti garantiti;
g) le caratteristiche dei finanziamenti;
h) le modalità di utilizzo del Fondo e la ripartizione dello stesso fondo tra le
destinazioni di cui al comma 1.
3. L’erogazione delle prove nazionali standard, da effettuarsi secondo i migliori standard tecnologici e di sicurezza, è effettuata dalla società di cui al comma 4, secondo modalità individuate dal Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, che disciplinano altresì il contributo massimo richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove. Per l’elaborazione dei contenuti delle prove il Ministero può avvalersi dell’ANVUR e dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI).
4. La gestione della operatività del Fondo, dei rapporti amministrativi con università e studenti e del processo di erogazione delle prove nazionali standard, è affidata a Consap s.p.a. la quale, secondo modalità stabilite in apposita convenzione stipulata con i Ministeri competenti, provvede a:
a) gestire l’operatività del fondo e i rapporti amministrativi con le università e gli studenti, secondo le modalità disciplinate nella convenzione;
b) erogare le prove nazionali standard;
c) predisporre gli schemi di contratti di finanziamento secondo gli indirizzi ministeriali nonché prevedendo, per il finanziamento delle proprie attività, un contributo a carico degli istituti concedenti pari all’1 percento delle somme erogate e allo 0,1 per cento delle rate rimborsate;
d) monitorare, con idonei strumenti informatici, la concessione dei finanziamenti, il rimborso degli stessi, nonché l’esposizione del Fondo; e) avviare idonee iniziative di divulgazione e informazione, nonché fornire assistenza a studenti e università in merito alle modalità di accesso ai finanziamenti;
f) selezionare, con procedura competitiva, l’istituto o gli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie.
5. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante utilizzo del Fondo.
6. Il Ministero dell’economia e delle finanze, con propri decreti, determina, secondo criteri di mercato, il contributo per la concessione della garanzia, da prelevarsi a valere sui finanziamenti erogati.
7. Il Fondo speciale è alimentato con trasferimenti pubblici e con versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale effettuati da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso del settore privato e disciplina con proprio decreto le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del Fondo.
8. All’articolo 10, comma 1, lettera l-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: "articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388," sono aggiunte le seguenti parole: "del Fondo per il merito".

Articolo 5
Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) valorizzazione della qualità e dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche, anche mediante previsione di un sistema di accreditamento delle università;
b) revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità e di consentire l’individuazione della esatta condizione patrimoniale dell’ateneo e l’andamento complessivo della gestione; previsione di meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli stessi;
c) valorizzazione e qualificazione delle attività didattiche e di ricerca del personale accademico, disciplina delle posizioni a tempo pieno e a tempo definito e valutazione dei risultati conseguiti;
d) introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei;
e) revisione della normativa in materia di diritto allo studio e contestuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni destinati a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’accesso all’istruzione universitaria.
2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio e di dottorato universitari di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale n. 270 del 2004, fondato sull’utilizzazione di specifici indicatori definiti dall’ANVUR per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca nonché di sostenibilità economico-finanziaria;
b) introduzione di un sistema di valutazione periodica, da parte dell’ANVUR, dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca dalle singole università e dalle loro articolazioni interne;
c) potenziamento del sistema di autovalutazione della qualità e dell’efficacia delle proprie attività da parte delle università, anche avvalendosi dei propri nuclei di valutazione e dei contributi provenienti dalle commissioni
paritetiche di cui all’articolo 2, comma 3, lettera g);
d) previsione di meccanismi volti a garantire incentivi correlati al conseguimento dei risultati di cui alla lettera b), compatibilmente con la disponibilità del fondo di finanziamento ordinario.
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione della contabilità economico-patrimoniale e analitica e del bilancio consolidato di ateneo sulla base di apposite linee guida e comuni modalità di rappresentazione dei dati finanziari e contabili stabilite e aggiornate dal Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), in conformità alla normativa vigente;
b) adozione di un piano economico-finanziario triennale al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell’ateneo;
c) predisposizione di un programma triennale diretto a riequilibrare, entro percentuali definite dal Ministero e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria, la consistenza dei posti di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230; previsione che la mancata adozione, parziale o totale, del predetto piano, comporta la non erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle unità di personale che eccedono i limiti previsti;
d) determinazione di un limite massimo all’incidenza complessiva delle spese per il servizio del debito e delle spese per il personale di ruolo, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dell’ateneo,
al netto di quelle a destinazione vincolata;
e) introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio, cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009; individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard unitario di formazione per studente in corso;
f) previsione della declaratoria di dissesto finanziario nelle ipotesi in cui l’università non può garantire l’assolvimento delle proprie funzioni indispensabili, nell’ipotesi in cui l’ateneo non può far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi e, comunque, quando il disavanzo dell’ateneo risulta superiore al dieci per cento del proprio bilancio;
g) disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con previsione dell’inoltro da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a predisporre entro un termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro finanziario da sottoporre all’approvazione del Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio; previsione delle modalità di controllo periodico dell’attuazione del predetto piano;
h) previsione, per i casi di mancata predisposizione ovvero di mancata approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento dell’ateneo e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, della delibera di commissariamento e di nomina di uno o più commissari con il compito di provvedere alla predisposizione ovvero all’attuazione del piano di rientro finanziario;
4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettere c) e d), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) determinazione dell’impegno dei professori universitari e dei ricercatori universitari nei regimi del tempo pieno e del tempo definito anche in relazione alla specificità degli ambiti scientifici di appartenenza e alle connessioni con attività professionali, sentiti l’ANVUR e il CUN;
b) disciplina delle modalità di passaggio dall’uno all’altro regime di cui alla lettera a);
c) disciplina dell’impegno, rispettivamente, dei professori e ricercatori a tempo pieno e a tempo definito per attività di ricerca, di studio e di insegnamento con i connessi compiti preparatori e di verifica, e organizzativi, anche con quantificazione dell’impegno complessivo, per i fini che lo richiedono, compresa l’attività di ricerca e di studio, di millecinquecento ore annue e di quello specifico da riservare ai compiti didattici e di servizio per gli studenti di trecentocinquanta ore annue per il regime di tempo pieno e di duecentocinquanta per quello di tempo definito;
d) disciplina della modalità di verifica dell’effettivo svolgimento nella misura prevista dei compiti didattici e di servizio; disciplina della verifica dell’impegno scientifico dei professori e dei ricercatori a tempo pieno e di quelli a tempo definito, anche attraverso i titoli prodotti e la relazione di cui alla lettera f); esclusione dei professori e dei ricercatori, in caso di valutazione negativa, dalle commissioni di abilitazione, di selezione e promozione del personale accademico, di esame di Stato, nonché dagli organi di valutazione di progetti di ricerca;
e) individuazione dei casi di incompatibilità tra la posizione di professore e ricercatore universitario e l’esercizio di altre attività o incarichi; definizione delle condizioni per l’assunzione di incarichi anche retribuiti di studio, di insegnamento, di ricerca, gestionali, di consulenza e di collaborazione scientifica per conto di enti pubblici o di soggetti privati, fatta comunque salva la possibilità di svolgere liberamente attività anche retribuite di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché di valutazione; f) disciplina dell’obbligo per i professori universitari di presentare periodicamente una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, anche ai fini dell’attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e delle relative modalità di verifica;
g) previsione di procedure di mobilità dei professori e ricercatori universitari e introduzione di meccanismi di incentivazione volti a favorire la stessa; previsione che in caso di trasferimento o mobilità, i professori ed i ricercatori di ruolo nonché i ricercatori a tempo determinato responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall’università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti;
h) previsione di procedure di mobilità professionale dei professori e ricercatori per lo svolgimento di attività, previo collocamento in aspettativa, presso soggetti e organismi pubblici o privati anche a scopo di lucro;
i) previsione di un fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei;
j) revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 e successive modifiche, e, in particolare, trasformazione degli scatti biennali di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 in scatti triennali, con invarianza del complessivo trattamento retributivo;
k) revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, con particolare riferimento al primo anno di attività;
l) riconoscimento ai professori e ai ricercatori universitari, nei limiti e con le modalità di cui all’articolo 103, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, dell’attività effettivamente prestata in Italia ai sensi del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 26 gennaio 2001, e successive modificazioni;
m) rimodulazione della progressione economica e dei relativi importi, anche su base premiale, per i professori e ricercatori assunti ai sensi della presente legge o che hanno optato per la nuova modulazione, con rivalutazione del trattamento iniziale ed eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera;
n) possibilità, per i professori e i ricercatori nominati secondo il regime previgente, di optare per il regime di cui alla lettera m);
o) attribuzione di una quota del fondo di finanziamento ordinario delle università correlata a meccanismi di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, fondati sulla produzione scientifica dei professori successiva al loro inquadramento in ruolo, la percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno trascorso l’intero percorso di dottorato e di post-dottorato nella medesima università, la percentuale dei professori e ricercatori in servizio responsabili scientifici di progetti di ricerca internazionali e comunitari e il grado di internazionalizzazione del corpo docente.
5. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) riordino della normativa di principio in materia di diritto allo studio nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, di seguito denominate "istituzioni di istruzione superiore", al fine di definire i livelli essenziali delle prestazioni idonei a garantire la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’accesso ed il conseguimento della laurea, della laurea magistrale e del dottorato di ricerca agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi;
b) individuazione dei beneficiari delle prestazioni di cui alla lettera a) con riguardo agli studenti iscritti ai corsi di studio delle istituzioni di istruzione superiore;
c) disciplina triennale, sentiti la Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), il Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica musicale e coreutica (CNAM), la CRUI e il CUN, dei seguenti aspetti:
1) requisiti relativi al merito e alla condizione economica degli studenti sulla base della situazione economica equivalente di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni;
2) importi minimi delle borse di studio e termine massimo per l’erogazione dei relativi ratei;
3) criteri per l’attribuzione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano delle risorse statali destinate allo scopo e per la rendicontazione delle modalità d’impiego delle stesse;
4) facoltà per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di prevedere prestazioni ulteriori rispetto ai livelli essenziali di cui alla lettera a);
d) incentivazione di accordi di programma tra Ministero, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano e istituti di istruzione superiore compresi nel loro ambito territoriale, al fine di elaborare strategie di intervento per il miglioramento dei servizi in favore degli studenti e favorire la trasferibilità transregionale delle borse di studio e dei sussidi assegnati al fine di favorire la mobilità studentesca;
e) disciplina da parte del Ministero dei requisiti minimi necessari per l’accreditamento dei collegi universitari e delle residenze universitarie anche gestite da soggetti privati convenzionati con gli atenei.
6. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, e, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni relativamente alle disposizioni di cui al comma 5, sono trasmessi alle commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali esprimono il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.
7. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.

Articolo 6
Disciplina di riconoscimento dei crediti
1. All’articolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, la parola: "sessanta" è sostituita dalla seguente: "dodici". Al medesimo comma è aggiunto il seguente periodo: "Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite collettivamente.".

TITOLO III
Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento

Articolo 7
Revisione dei settori scientifico-disciplinari
1. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro provvede, con decreto di natura non regolamentare, sentito il CUN, alla revisione dei settori scientifico-disciplinari, assicurando l’afferenza di almeno cinquanta professori di prima fascia in ciascun settore, fatta salva la possibilità di determinare raggruppamenti di dimensioni minori in presenza di particolari motivazioni scientifiche. I settori scientifico-disciplinari affini sono raggruppati in macrosettori scientifico-disciplinari.

Articolo 8
Istituzione dell'abilitazione scientifica nazionale

1. E' istituita l’abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata "abilitazione". L'abilitazione ha durata quadriennale ed è distinta per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L’abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, lettera k), requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori.
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3.
3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:
a) l’attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare e definiti con decreto del Ministro;
b) meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e congruità dei criteri e parametri di cui alla lettera a) e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale;
c) l’indizione, con frequenza annuale, delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione;
d) i termini e le modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per settori scientifico-disciplinari, e l’individuazione di modalità, anche informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro cinque mesi dall’indizione; la garanzia della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici;
e) la formazione, per ciascun settore scientifico-disciplinare, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di un’unica commissione nazionale di durata biennale per le procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, mediante sorteggio di quattro commissari all’interno di una lista di professori ordinari costituita ai sensi della lettera g) e sorteggio di un commissario all'interno di una lista, curata dall'ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese aderente all’OCSE;
f) che della commissione di cui alla lettera e) non può far parte più di un commissario della stessa università; che i commissari in servizio presso atenei italiani possono, a richiesta, essere parzialmente esentati dalla ordinaria attività didattica, nell’ambito della programmazione didattica e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; che ai commissari in servizio all'estero è corrisposto un compenso determinato con decreto non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
g) che il sorteggio di cui alla lettera e) è effettuato all’interno di liste, una per ciascun settore scientifico-disciplinare, contenente i nominativi dei professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi inclusi, corredata dalla documentazione concernente la propria attività scientifica complessiva, con particolare riferimento all’ultimo quinquennio; l’inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell’articolo 5, comma 4, lettera d), ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a), riferiti alla fascia e al settore di appartenenza;
h) l’integrazione delle liste di cui alla lettera g) con i professori di prima fascia appartenenti ai settori scientifico-disciplinari dello stesso macrosettore candidatisi ai sensi della medesima lettera, nel caso in cui il numero dei professori afferenti al settore oggetto dell’abilitazione e candidabili ai sensi della lettera g), è inferiore a cinquanta, assicurando comunque un’adeguata presenza dei professori appartenenti a quest’ultimo;
i) il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente di più di una commissione di abilitazione e, per tre anni dalla conclusione del mandato,
di commissioni per il conferimento dell'abilitazione relativa a qualunque settore scientifico-disciplinare;
j) la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l’attribuzione della stessa, ovvero nel triennio per l’attribuzione dell’abilitazione alla funzione superiore, anche se concernente altro settore scientifico-disciplinare;
k) le apposite modalità per il riconoscimento dell’abilitazione scientifica nazionale a studiosi italiani o stranieri appartenenti ad università o istituti di ricerca esteri, e le misure volte a garantire pari opportunità di accesso alle procedure di abilitazione anche a studiosi operanti all’estero;
l) che il possesso dell’abilitazione costituisce titolo preferenziale per l’attribuzione dei contratti di insegnamento di cui all'articolo 11, comma 2;
m) lo svolgimento delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione presso università dotate di idonee strutture e l’individuazione delle procedure per la scelta delle stesse; le università prescelte assicurano le strutture e il supporto di segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e sostengono gli oneri relativi al funzionamento di ciascuna commissione; di tale onere si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario;
n) che l’idoneità conseguita ai sensi della legge n. 210 del 1998 è equipollente all’abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera g), della predetta legge.

Articolo 9
Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico
1. Le procedure di reclutamento sono avviate sulla base della programmazione triennale di cui all’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, nonché delle disposizioni in materia di dotazione organica di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c). La programmazione assicura tra l’altro la sostenibilità nel tempo degli oneri stipendiali anche alla luce dei maggiori oneri derivanti dall’attribuzione degli scatti stipendiali, dagli incrementi annuali e dalla dinamica di progressione di carriera del personale. La programmazione assicura altresì, in sede di rinnovo dei contratti di cui all’articolo 12, comma 4, la sussistenza di adeguata disponibilità finanziaria in relazione al verificarsi di quanto previsto dal comma 6 del medesimo articolo.
2. Le università procedono alla copertura di posti di professore di prima e seconda fascia e all’attribuzione dei contratti di ricercatori a tempo determinato di cui all’articolo 12, eccezion fatta per quanto previsto dall’articolo 12, comma 9, mediante procedure di selezione pubblica basate sulla valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo dei candidati e disciplinate da apposito regolamento in conformità ai principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori e specificamente ai seguenti criteri:
a) pubblicazione dei bandi sul sito dell’ateneo e nei siti del Ministero e dell’Unione Europea, nonché inserimento nei bandi di informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante;
b) ammissione alle procedure di accesso al ruolo di professore di prima o di seconda fascia, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 8, comma 3, lettera k), degli studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore scientifico-disciplinare e per le funzioni oggetto del bando, ovvero per funzioni superiori purché non titolari di tali funzioni presso altro ateneo;
c) istituzione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, di una commissione di almeno cinque membri con il compito di istruire le procedure di selezione e composta da tutti i professori ordinari della struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c), appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, ovvero, qualora questi siano in numero superiore a sette, da una rappresentanza eletta al loro interno; limitatamente alle procedure di selezione relative a ricercatori a tempo determinato, la commissione è composta anche da professori associati confermati della medesima struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, in misura non superiore a un terzo del numero dei professori ordinari che fanno parte della commissione; detta rappresentanza è eletta da tutti i professori associati della struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando; qualora il numero dei professori ordinari ovvero associati in servizio nell’ateneo per il settore scientifico-disciplinare oggetto della valutazione sia inferiore a cinque, la commissione è integrata con docenti di pari livello anche di altri atenei di settori affini secondo la normativa vigente ovvero con docenti del medesimo settore di altri atenei scelti all’interno della lista di cui all’articolo 8, comma 3, lettera e); possesso da parte dei componenti della commissione dei requisiti di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g);
d) disciplina delle modalità per la selezione dei candidati da invitare a tenere una lezione pubblica nella sede dell’ateneo che ha indetto la procedura con esclusione di prove scritte o orali;
e) facoltà per la commissione, al termine delle procedure di selezione e in assenza di candidati in possesso di adeguati requisiti di merito, di non indicare alcun candidato ai fini delle procedure di cui alla lettera f);
f) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento, ovvero della struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), con voto favorevole della maggioranza dei professori di prima fascia, relativamente alle chiamate dei professori di prima e seconda fascia, e dei professori di prima e seconda fascia relativamente alle chiamate dei ricercatori a tempo determinato; la proposta, corredata del parere favorevole dell’organo di cui all’articolo 2, comma 3, lettera f), è deliberata dal consiglio di amministrazione su proposta motivata del rettore;
g) nelle procedure di selezione per posti di ricercatore a tempo determinato, qualora entro trenta giorni dalla certificazione della regolarità degli atti da parte del rettore il vincitore rinunci alla nomina, il rettore può richiedere alla commissione, entro e non oltre i successivi sessanta giorni, altra proposta di chiamata, fermo restando quanto previsto dalla lettera e);
h) facoltà per gli istituti a ordinamento speciale e le università non statali di disciplinare autonomamente la composizione della commissione di cui alla lettera c) nonché le procedure di cui alla lettera f), fermo restando il numero minimo di cinque componenti.
3. Le università procedono altresì alla copertura di posti di professore di prima e seconda fascia mediante:
a) procedure di selezione riservate al personale in servizio nell’ateneo
;
b) procedure di chiamata diretta di cui all’articolo 1, comma 9, legge n. 230 del 2005, e successive modificazioni;
c) procedure di chiamata diretta di cui all’articolo 12, comma 6, a partire dal quinto anno successivo alla stipula dei contratti di cui al medesimo articolo.
4. Le procedure di cui al comma 3, di cui viene comunque assicurata la pubblicità all’interno dell’ateneo, si svolgono con le modalità di cui al comma 2, lettere b), c), d), e), f) e h).
5. Nei cinque anni successivi all’attivazione delle procedure di selezione di cui all’articolo 12, le procedure di reclutamento di cui ai commi 2 e 3 sono programmate e avviate nel rispetto dei seguenti vincoli:
a) non più di un terzo dei posti di professore di ruolo di prima e di seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), può essere destinato alle procedure di cui al comma 3, lettera a);
b) almeno un terzo dei posti di professore di prima e di seconda fascia resi disponibili in ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è coperto da professori non in ruolo presso l’università banditrice da almeno cinque anni.
6. Decorso il termine di cui al comma 5, i vincoli ivi previsti sono sostituiti dai seguenti:
a) almeno un quinto dei posti di professore di ruolo di seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è destinato alle procedure di cui al comma 2;
b) almeno un terzo dei posti di professore di prima fascia resi disponibili in ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è coperto da professori non in ruolo presso l’università banditrice da almeno cinque anni.
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di ateneo di cui al comma 2, perde di efficacia, nei confronti dello stesso, l’articolo 1, comma 8,
della legge n. 230 del 2005.

Articolo 10
Assegni di ricerca

1. Le università, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi, resi pubblici anche per via telematica sui siti dell’ateneo, del Ministero e dell’Unione europea, contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante.
2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato da una adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l'ammissione al bando.
3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La titolarità del contratto non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca o specializzazione medica, in Italia o all’estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.
4. Le università disciplinano le modalità di conferimento degli assegni con apposito regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi mediante le seguenti procedure:
a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse dell'ateneo, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di ricerca, corredati dai titoli e dalle pubblicazioni e valutati da parte di un'unica commissione che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni all'ateneo, e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;
b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dall'ateneo.
5. Agli assegni di cui al presente articolo si applicano, in materia fiscale, le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476, e successive modifiche, nonché, in materia previdenziale, quelle di cui all'articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modifiche.
6. L’importo dell’assegno è determinato dall’ateneo in misura non inferiore al settantacinque per cento del trattamento economico complessivo iniziale spettante ai ricercatori di ruolo confermati.
7. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario al finanziamento di assegni di ricerca da attribuire con apposito bando, su base nazionale e per raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, previa presentazione di specifici programmi di ricerca, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità, in possesso dei requisiti di cui al comma 2, scelti all’esito di procedura avviata con apposito bando. I vincitori possono scegliere l’università e la struttura ove svolgere la propria attività, con l’assenso delle stesse. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni i cui componenti sono designati dal Ministro su proposta dell'ANVUR nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g), e si avvalgono, per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. E’ oggetto di valutazione altresì l’adeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma di ricerca presentato.
8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.
9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all’articolo 12, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dieci anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente.

Articolo 11
Contratti per attività di insegnamento
1. Le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, e successive modificazioni, possono stipulare contratti, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. I predetti contratti sono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici.
2. Le università possono altresì stipulare contratti a titolo oneroso, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per far fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali, ad esclusione del personale tecnico-amministrativo delle università. Il possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, del titolo di specializzazione medica limitatamente alle aree cliniche, ovvero dell’abilitazione scientifica nazionale costituisce titolo preferenziale ai fini dell’attribuzione dei predetti contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con propri regolamenti, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il trattamento economico spettante ai titolari dei predetti contratti è determinato, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Articolo 12
Ricercatori a tempo determinato
1. Per svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e determinato. Il contratto regola altresì le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, cui sono riservate trecentocinquanta ore annue, e delle attività di ricerca.
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione di cui all’articolo 9, riservate ai possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, del diploma di specializzazione medica limitatamente alle aree cliniche, ovvero della laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale adatto allo svolgimento di attività di ricerca, e degli specifici requisiti individuati con decreto del Ministro.
3. Ai fini della selezione, la commissione di cui all’articolo 9, comma 1, lettera c), attribuisce un punteggio numerico accompagnato da sintetica motivazione per ciascuno dei titoli e delle pubblicazioni presentati dai candidati secondo parametri e criteri definiti con decreto del Ministro.
4. I contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un ulteriore triennio previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro.
5. I destinatari dei contratti di cui ai commi 1 e 4 possono partecipare alle procedure di selezione di cui al comma 2 indette da altri atenei e, se vincitori delle stesse, possono stipulare contratti di durata pari al periodo mancante alla scadenza del contratto in essere, aumentato al massimo di un anno, fermo restando quanto previsto dal comma 7.
6. Le università, secondo quanto previsto dall’articolo 9, comma 3, e in conformità agli standard qualitativi individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro, possono procedere alla chiamata diretta dei destinatari del secondo contratto triennale di cui al comma 4, i quali entro e non oltre la scadenza di tale contratto, conseguono l’abilitazione alle funzioni di professore associato, di cui all’articolo 8. I chiamati, alla scadenza del secondo contratto, sono inquadrati nel ruolo dei professori associati.
7. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 10, comma 9.
8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 1 è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno, incrementato del venti per cento. Per i titolari dei contratti di cui al comma 4, il predetto trattamento annuo lordo onnicomprensivo può essere elevato fino a un massimo del trenta per cento.
9. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario delle università al finanziamento di bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato da destinare, su base nazionale e per raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità in possesso dei titoli e requisiti di cui al comma 2, previa presentazione di specifici programmi di ricerca. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni composte da eminenti studiosi, anche stranieri, designati dal Ministro su proposta dell'ANVUR nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g), che si avvalgono per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. E’ oggetto di valutazione altresì l’adeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma di ricerca presentato.
10. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.

Articolo 13
Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori

1. La concessione dell’opzione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 ai professori e ricercatori universitari è subordinata alla sussistenza di adeguate risorse finanziarie nel bilancio di ateneo, in coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005, e successive modificazioni, e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni.

Articolo 14
Disciplina dei lettori di scambio

1. In esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l’utilizzo reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri in possesso di qualificata e comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine e alla cooperazione internazionale.
2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto rettorale, previa delibera degli organi accademici competenti. Con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze sono definite le modalità per il conferimento degli incarichi, ivi compreso il trattamento economico a carico degli accordi di cui al comma 1.

Articolo 15
Norme transitorie e finali
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere avviate esclusivamente le procedure per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore a tempo determinato e di assegnista di ricerca previste dal Titolo III.
2. All'articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005, come sostituito dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, al primo periodo, dopo la parola "triennio" sono inserite le seguenti parole: "o nell’ambito di specifici programmi di ricerca finanziati dal Ministero stesso".
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) l’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398; (questo art. affida alle università la possibilità di dare borse di studio ... N.d.R.);
b) l’articolo 1, commi 10 e 14, della legge n. 230 del 2005.   (Il c. 14 attribuisce la possibilità del titolo di prof. aggregato ai ricercatori con incarico - N.d.R.);
4. All’articolo 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997, sono soppresse le seguenti parole: "Le università," ;
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 8, comma 2, è abrogato il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164, ad eccezione degli articoli 13 e 14, comma 4.
6. Dall’attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

GOVERNO: DPEF -  Documento di Programmazione Economico-Finanziaria
Università: quanto FFO per il 2010  ?


Giulio Tremonti

LE PARTI del DPEF RELATIVE alla UNIVERSITA'
e facendo (noi) il punto della situazione ...

In brevi parole, nel 2010 ci saranno € 1.114 milioni in più,
riportanto lo FFO del 2010 al livello di quello del 2008,
ma solo se la Ministra attuerà le 4 riforme, di cui al DPEF

Inoltre il DPEF ripropone le fondazioni universitarie,
e, per la formazione permanente, le università telematiche

AVVERTENZA. Abbiamo integrato i dati del DPEF con quelli di altri documenti del Governo per capire quale sarà, infine, il FFO del 2010 (in quanto di esso non si dice nel DPEF), in confronto con anni precedenti (vedi Tab. 1).
  Per una visione integrale del DPEF, clicca su: http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/dfp.dpef.asp
Tabella 1 - FFO – Fondo di Finanziamento Ordinario (milioni di €, a prezzi correnti) e "altre" entrate
 Anno

2008 (consuntivo)

2009 (previsione in base
a legislazione vigente)

2010 (previsione in base
a legislazione vigente)

 FFO

 € 7.351,5

€   6.949,7*

€   6.264,00*

DPEF Fabbisogno per reclutamento ricercatori    

              €       160,00

DPEF Fabbisogno per Università statali                   €       490,00
DPEF Esenzione IRAP sul personale, dal 2010    

              €       494,00

* Questi dati non sono ufficiali, ma le ho ottenute da fonti assolutamente competenti e sicure.
Tabella 2

Italia nel 2007

OCSE nel 2007

Studenti universitari iscritti

1.950.000 (1.090.000 nel 1982)

----

Rapporto studenti/docenti universitari

21,4

15,8

Fonte: OCSE - DPEF 2010 -13 Ministero del Tesoro
Tabella 3 - SPESA della Pubblica Amministrazione a legislazione vigente (pre DL 78/2009) in milioni di €
Anno 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
SPESA 730.303 747.795 774.923 803.949 805.695 823.413 848.518 874.165
Fonte: DPEF 2010-13 , Pag. 43, e DPEF 2009-2011

Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (approvato dal C.d.M. il 15.07.09).
Stralcio delle parti significative, relative all'Università

DPEF, Pag. 48: " Il sistema universitario è stato interessato da un più generale riordino delle procedure di reclutamento dei docenti che favoriscano il merito (compresa la possibilità di chiamata diretta di studiosi provenienti da università straniere), da nuovi criteri di assegnazione delle risorse che tengono conto della qualità dell'offerta formativa degli atenei, da interventi per favorire il diritto allo studio dei meritevoli, e dalla facoltà di trasformare le università in fondazioni di diritto privato mantenendo il sistema di finanziamento pubblico". È stato anche avviato un processo di riorganizzazione della politica del settore ricerca, mirata a sostenere e accompagnare la ristrutturazione e il rilancio competitivo del sistema produttivo e dei servizi."

DPEF - Allegato, pagg. 37-39
"Il sistema universitario del nostro Paese risente tutt'ora, nel confronto internazionale e specialmente con quello dei sistemi universitari dei nostri partner europei, di una situazione di arretratezza, determinata soprattutto nell'ultimo ventennio dalla necessità di fornire servizi formativi a una percentuale di giovani sempre maggiore".

  Fatta questa premessa, il DPEF riporta alcuni dati statistici dell'OCSE, confrontati con quelli dell'Italia. Uno di questi è il rapporto tra numero degli studenti e numero dei docenti:
- in Italia 21,4; nell'OCSE 15,8.

Poi, il DPEF passa ad indicare gli obiettivi per il 2010, le relative  azioni strutturali ed fabbisogno finanziario per raggiungerli.

"Gli obiettivi di governo"
"Al fine di sostenere il perseguimento degli obiettivi di governo (maggiore qualità dei servizi, competitività e attrattività del sistema), si rende necessario accompagnare il processo di cambiamento in atto, volto al consolidamento dell'autonomia universitaria, mediante una serie di interventi, assistiti da adeguate risorse finanziarie".

Tra gli interventi più innovativi, ivi indicati, v'è l'avvio di "un piano di formazione permanente presso le Università mediante l'e-learning e la valorizzazione degli atenei telematici già attivati ai sensi del D.M. del 17.04.2003".
....
....
"Tra le azioni strutturali e di sistema da avviare, anche attraverso iniziative legislative, vi sono:
1)  la definizione di una legge-quadro sull'autonomia universitaria e sulla istituzione di nuovi atenei che detti nuove regole di governance del sistema e delle stesse istituzioni universitarie;
2)  la revisione delle procedure di reclutamento dei professori universitari e dei ricercatori, distinguendo i meccanismi di accesso ai rispettivi ruoli da quelli di progressione della carriera;
4)  la revisione dell'attuale modello di finanziamento delle Università in funzione dell'adozione di criteri atti a privilegiare i risultati della valutazione;
5)  il completamento del Sistema nazionale di valutazione della qualità attraverso ravvio dell'ANVUR, in coerenza con gli indirizzi dell'Unione Europea e con gli impegni della Dichiarazione di Bologna".

  Il DPEF porta, poi, una tabella con indicati gli interventi finanziari necessari per le riforme, e che valuta in € 650 milioni per il 2010.
  Essi, dice poi il Documento, "dovrebbero inoltre essere accompagnati dalla esenzione IRAP (anche graduale) dei costi per il personale docente e non docente degli Atenei ammontanti alla stessa data a 464 milioni di euro circa." 

Nino Luciani, Commento: cose vere, ma anche pretesti per dirottare altrove i quattrini

1.- Spesa pubblica in aumento, quella per l'università in flessione
. La questione annosa del ri-finanziamento della Università nasce da una conclamata dichiarazione (dei politici) di crisi del Bilancio dello Stato.
  Ma la Tab. 3 mostra che la spesa pubblica è salita ininterrottamente negli anni anche rispetto al Governo Prodi (di lui sono gli anni 2006 e 2007). Dunque, il minor finanziamento delle Università è solo dovuto al fatto che i quattrini sono dirottati altrove.
 
2.- Realizzabili le condizioni di Tremonti per il rifinanziamento dal 2010 ? Non facciamoci illusioni e l'accettare le riforme, da lui elencate nel DPEF, è solo il primo scoglio. Poi, si vedrà... .

   C'è, poi, che al momento non c'è alcuna ragione per attendersi che la nostra Ministra riesca a far tradurre in legge i progetti di riforma del reclutamento e della Governance degli Atenei, divulgati nel giugno u.s. .
   I suoi due progetti incontrano una ostilità radicale nel mondo universitario sindacale. Il motivo è che, pur essendo motivati da ragioni di merito e di efficienza, in realtà non c'è dentro nè il merito nè l'efficienza. Sono progetti chiaramente impostati da uno staff (certamente non ministeriale) che sa di università solo per grandi linee, e invece molto di "aziende private", dove l'efficienza è misurata in termini di profitto in moneta (anzichè in termini di utilità pubblica). Per chi (come me) legge "Il Sole-24 ORE" tutti i giorni, la ispirazione di questo staff è chiarissima... e direi anche che è nemico della università pubblica. Ma direi che questo non è un reato...
     
3. Sulle fondazioni universitarie. Di queste si discute negativamente negli Atenei. Riporto un passo del rettore BALLIO del Politecnico di Milano, in una recente LETTERA PUBBLICA agli studenti.
  " Un Ateneo potrebbe trasformarsi in fondazione se, accanto allo Stato, intervenissero dei partners privati disposti a sostenere economicamente l'Ateneo.
  ....
   Si potrebbe pensare a una Fondazione che veda Stato, Regione, Provincia, Comune insieme a Fondazione Bancarie e Associazioni varie. Ci si dimentica che è necessario una quota di contribuzione privata maggiore del 50% per rendere "privata" una fondazione e quindi per renderla indipendente dalle regole imposte dal contenimento della spesa pubblica (i famosi parametri di Maastricht).
   E' oggi impensabile che le Fondazioni bancarie si sostituiscano in larga misura allo Stato per finanziare annualmente il sistema della formazione e della ricerca e quindi gli Atenei.
   Non vi sono altre alternative: in tutto il mondo le Università funzionano perché ricevono il loro prevalente fabbisogno finanziario o dalla Collettività Sociale o dalla contribuzione diretta degli Allievi.

    Nel primo caso l'Università si caratterizza come pubblica, nel secondo come privata (in Italia la prima è denominata statale, la seconda non statale).
   Il primo modello considera prevalente il vantaggio di avere formazione e ricerca a servizio della competitività della intera Comunità sociale.

   Il secondo modello considera prevalente il vantaggio del singolo (allievo o impresa) che riceve la possibilità di incrementare la propria competitività personale".

4.- Sulle università telematiche. Il DPEF le vede strumento di formazione permanente.
  In un periodo storico in cui, a causa del progresso tecnico, conosciamo la disoccupazione di massa tra i 40enni e  50enni   l'indicazione di Tremonti mi sembra assai saggia.
   Istituzionalmente, mi sembra un via di mezzo tra pubblico e privato, vale dire università private, con sostegno pubblico.
   Un processo in questo senso, oggi, sarebbe agevolato dalla disponibilità di personale docente di prim'ordine. Penso ai molti di giovani validissimi in stato di precariato, senza fine e penso ad un possibile "volontariato"  di molti professori dimessi anticipatamente, per via delle recenti leggi. NLuciani
NOTA.   Si riporta, per comodità del lettore, il decreto ministeriale che regola le università telematiche.

Decreto 17 aprile 2003 -Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui all'art. 3 del decreto 3 novembre 1999, n. 509. G.U. n. 98 del 29/04/2003

Art. 1 - Finalità
1. Il presente decreto definisce i criteri e le procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle Università statali e non statali e delle Istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui all’art. 3 del decreto 3 novembre 1999, n. 509.
2. Nell’ambito dei criteri e delle procedure di cui al comma 1 sono individuate le specifiche tecniche per l’adozione, da parte delle istituzioni di cui all’art. 2, di un’architettura di sistema in grado di gestire e rendere accessibili all’utente i corsi di studio a distanza, al termine dei quali sono rilasciati i titoli accademici.

Art. 2 - Corsi di studio a distanza – Università telematiche
1. I corsi di studio a distanza sono istituiti e attivati dalle Università degli studi statali e non statali ed utilizzano le tecnologie informatiche e telematiche in conformità alle prescrizioni tecniche di cui al presente decreto.
2. I titoli accademici di cui all’art. 3 del decreto 3 novembre 1999 n. 509 possono essere rilasciati da Istituzioni Universitarie, promosse da soggetti pubblici e privati e riconosciute secondo i criteri e le procedure di cui al presente decreto. Le predette Istituzioni assumono la denominazione di “Università telematiche”.

Art. 3 - Definizione generale di didattica a distanza
1. I corsi di studio a distanza sono caratterizzati da:
a) l’utilizzo della connessione in rete per la fruizione dei materiali didattici e lo sviluppo di attività formative basate sull'interattività con i docenti/tutor e con gli altri studenti;
b) l’impiego del personal computer, eventualmente integrato da altre interfacce e dispositivi come strumento principale per la partecipazione al percorso di apprendimento;
c) un alto grado di indipendenza del percorso didattico da vincoli di presenza fisica o di orario specifico;
d) l’utilizzo di contenuti didattici standard, interoperabili e modularmene organizzati, personalizzabili rispetto alle caratteristiche degli utenti finali e ai percorsi di erogazione;
e) il monitoraggio continuo del livello di apprendimento, sia attraverso il tracciamento del percorso che attraverso frequenti momenti di valutazione e autovalutazione.
2. L’organizzazione didattica dei corsi di studio a distanza valorizza al massimo, pur nel rispetto delle specificità dei contenuti e degli obiettivi didattici, le potenzialità dell'Information & Communication Technology e in particolare:
a) la multimedialità, valorizzando un'effettiva integrazione tra diversi media per favorire una migliore comprensione dei contenuti;
b) l’interattività con i materiali, allo scopo di favorire percorsi di studio personalizzati e di ottimizzare l'apprendimento;
c) l’interattività umana, con la valorizzazione di tutte le tecnologie di comunicazione in rete, al fine di favorire la creazione di contesti collettivi di apprendimento;
d) l’adattività, ovvero la possibilità di personalizzare la sequenzializzazione dei percorsi didattici sulla base delle performance e delle interazioni dell’utente con i contenuti online;
e) l’interoperabilità dei sottosistemi, per il riutilizzo e l’integrazione delle risorse, utilizzati e/o generati durante l’utilizzo dei sistemi tecnologici.

Art. 4 - Criteri e requisiti per l’accreditamento dei corsi di studio
1. I corsi di studio delle università statali e non statali e delle università telematiche di cui all’art. 2 sono accreditati nel rispetto dei seguenti criteri e dei requisiti di cui all’allegato tecnico al presente decreto. In particolare, l’organizzazione dei corsi stessi deve:
a. esplicitare le modalità, i piani di studio, le regole di erogazione dei servizi attraverso una Carta dei Servizi che espone la metodologia didattica adottata e i livelli di servizio offerti; la Carta stessa deve essere disponibile on line prima dell’inizio delle attività e dovrà:
- individuare gli standard tecnologici e gli schemi descrittivi, quali metadata dei contenuti e tracciati dei dati anagrafici, utilizzati per descrivere i materiali didattici on line, gli utenti registrati e i parametri di tracciamento;
- indicare i tempi e le modalità con cui verranno archiviati i tracciamenti a scopo certificativo e/o di verifica dei percorsi di apprendimento intrapresi dagli studenti, in analogia al percorso universitario tradizionale;
b. prevedere la stipula di apposito contratto con lo studente per l’adesione ai servizi erogati dalle università telematiche contemplando altresì le modalità di risoluzione del rapporto contrattuale su richiesta dello studente e garantendo, in ogni caso, allo studente stesso il completamento del proprio ciclo formativo;
c. prevedere che il materiale didattico erogato ed i servizi offerti, siano certificati da un’apposita commissione composta da docenti universitari;
d. garantire la tutela dei dati personali, adottando tutte le misure di sicurezza previste dalla vigente normativa;
e. consentire la massima flessibilità di fruizione dei corsi, permettendo sia la selezione del massimo numero di crediti annuali conseguibili, sia la diluizione di tali crediti su un ambito pluriennale.
2. La valutazione degli studenti delle università telematiche, tramite verifiche di profitto, è svolta presso le sedi delle università stesse, da parte di professori universitari e ricercatori.
3. I corsi di studio a distanza, istituiti dalle Università degli studi, statali e non statali, e dalle Università telematiche, sono disciplinati in conformità agli ordinamenti didattici vigenti, ai sensi del decreto ministeriale 3 novembre 1999 n. 509, ed ai decreti ministeriali concernenti le classi dei corsi di studio di cui all’art. 4, comma 2, dello stesso decreto.
4. Il personale docente e ricercatore, a tempo indeterminato, delle università telematiche è reclutato secondo le modalità di cui alla Legge 3 luglio 1998, n. 210.
Le Università stesse possono, inoltre, avvalersi, mediante la stipula di appositi contratti di diritto privato, di personale in possesso di adeguati requisiti tecnicoprofessionali, ai sensi del decreto ministeriale 21 maggio 1998, n. 242.

Art. 5 - Comitato di esperti
1. Per i fini di cui all’art. 6, con decreto del Ministro dell’istruzione, università e ricerca, di concerto con il Ministro per l’innovazione e per le tecnologie, è istituito un Comitato di esperti, in possesso di adeguati requisiti tecnico professionali nel settore dell’innovazione tecnologica e della formazione a distanza. Il Comitato è costituito di sette componenti di cui tre designati dal Ministro dell’istruzione, università e ricerca e tre dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie. Il Presidente è scelto previa intesa tra i Ministri. Il Presidente ed i componenti del Comitato durano in carica tre anni e possono essere confermati una sola volta.
2. Il Comitato esprime, sulla base dei criteri e dei requisiti di cui all’art. 4, motivati pareri in ordine alle istanze per l’accreditamento dei corsi di studio a distanza.
3. Per l’assolvimento dei propri compiti il Comitato si avvale di una segreteria tecnica costituita con decreto del Direttore Generale dell’Università.
4. Ai componenti del Comitato è attribuito, ove competa, il rimborso delle spese di missione per la partecipazione ai lavori nella misura stabilita dalle vigenti disposizioni normative in materia.

Art. 6 - Procedure per l’accreditamento dei corsi di studio
1. I soggetti pubblici e privati che intendono ottenere l’accreditamento dei corsi di stuido per i fini di cui all’art. 2, comma 2, devono presentare al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca apposita istanza corredata dalla seguente documentazione:
a) copia dell’atto costitutivo e dello Statuto, comprensivi di una relazione illustrativa degli amministratori concernente le azioni per il perseguimento dei fini istituzionali e la consistenza del patrimonio a disposizione;
b) copia del regolamento didattico di Ateneo, adottato ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509;
c) programma di fattibilità delle iniziative didattiche da realizzare con particolare riferimento al possesso dei requisiti di cui all’art. 4 e alle specifiche di cui all’allegato tecnico al presente decreto;
d) programmazione delle risorse di personale amministrativo e tecnico e del personale docente a disposizione e della copertura dei costi di avviamento delle attività complessivamente considerate.
2. Le università degli studi statali e non statali che intendono ottenere l’accreditamento dei corsi di studio a distanza provvedono alla trasmissione dei documenti di cui alle lettere b), c), e d) del comma 1.
3. Entro quindici giorni dal ricevimento dell’istanza il responsabile del procedimento trasmette al Comitato di cui all’art. 5 copia della stessa e della relativa documentazione.
4. Entro lo stesso termine viene disposto l’invio al Consiglio Universitario Nazionale del Regolamento didattico di Ateneo, sul quale lo stesso Consiglio formula apposito parere nei successivi quarantacinque giorni.
5. Entro quarantacinque giorni dalla ricezione il Comitato formula motivato parere sull’istanza di accreditamento, previa valutazione della sussistenza dei requisiti di cui all’art. 3.
6. Ai fini della formulazione del parere su richiesta del Comitato, è in facoltà del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, accertare, anche con visite ispettive, la sussistenza dei requisiti di idoneità delle attrezzature informatiche e telematiche e degli altri requisiti di cui all’art. 4. A tal fine il Comitato può avvalersi anche di esperti esterni in possesso di comprovati requisiti tecnico-professionali.
7. Il provvedimento di accreditamento è adottato con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sentito il Comitato Universitario Nazionale, previo parere motivato formulato dal Comitato, entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. Ove ricorrano particolari necessità istruttorie, il termine di cui al comma 5 può essere prorogato, a cura del responsabile del procedimento, per non più di sessanta giorni.
8. Il provvedimento di diniego dell’accreditamento idoneamente motivato, è adottato con le stesse modalità di cui al comma 7.
9. I decreti di cui ai commi 7 e 8 sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Art. 7 - Effetti e limiti di validità dell’accreditamento
1. Il provvedimento di accreditamento di cui all’art. 6, comma 7, abilita l’Università richiedente ad attivare i corsi di studio a distanza, esclusivamente a decorrere dalla data del provvedimento stesso.
2. Per i fini di cui all’art. 2, comma 2, il provvedimento di accreditamento approva, altresì, lo statuto dell’università telematica ed autorizza l’Università stessa al rilascio dei titoli accademici al termine dei corsi di studio a distanza per i quali è stata prodotta la relativa istanza. I predetti titoli hanno identico valore legale di quelli rilasciati ai sensi del decreto ministeriale 3 novembre 1999 n. 509.
3. Ai fini dell’accertamento della permanenza dei requisiti di cui all’art. 4, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dispone, con periodicità almeno quinquennale ed anche su proposta del Comitato, verifiche ispettive a campione presso le Università di cui al comma 1.
4. Qualora vengano accertati fatti modificativi dei requisiti, può essere adottato, previo contraddittorio con le Università, decreto, idoneamente motivato, di revoca dell’accreditamento, previo conforme parere del Comitato. Il decreto di revoca è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Art. 8 - Disposizioni finali
1. Le università telematiche di cui all’articolo 2, comma 2, non possono produrre istanze per il rilascio dei titoli accademici contemplati dall’art. 1, comma 1, lettera a) della legge 2 agosto 1999 n. 264, nonché dei diplomi di specializzazione di cui all’articolo 34, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368.
2. Le istanze per l’accreditamento dei corsi di studio universitari a distanza delle università telematiche che prevedano, per il perseguimento di specifici obiettivi formativi, particolari attività pratiche e di tirocinio, disciplinate da disposizioni di legge o dell’Unione Europea, ovvero che prevedano la frequenza di laboratori ad alta specializzazione, potranno essere valutate previa stipula di apposite convenzioni con le Università degli studi statali e non statali.
3. Le procedure di cui all’articolo 6 si applicano in ogni caso di iterazione di nuove istanze per l’accreditamento di corsi di studio a distanza.

 

Università : "Tavola" per le risorse, martedì 14 luglio al Senato, col Ministro Tremonti


Giulio Tremonti


Senato della Repubblica


Giuseppe Valditara


MariaStella Gelmini

Tavola Rotonda
"UNIVERSITÁ: VERSO LA RIFORMA
Martedì 14 luglio, al Senato della Repubblica, Sala Capitolare presso il Chiostro
del Convento di Santa Maria Sopra Minerva Piazza della Minerva, 38,   ROMA

Introducono:

Sen. Gaetano Quagliariello, Ord. di Storia Contemporanea:
"IL RECLUTAMENTO E LA PROMOZIONE

Sen. Giuseppe Valditara, Ord. di Diritto Pubblico:
"GOVERNANCE E RISORSE

PROGRAMMA - Martedì 14 luglio 2009

ore 15.00 Saluto introduttivo Sen. Maurizio Gasparri, Presidente Gruppo PdL Senato.

Iª SESSIONE - "IL RECLUTAMENTO E LA PROMOZIONE"
- ore 15.10-15.20 Introduzione: Senatore Gaetano Quagliariello, Professore Ordinario di Storia contemporanea

-  IIª SESSIONE - "GOVERNANCE E RISORSE"
- ore 16.20-16.30 Introduzione: Senatore Giuseppe Valditara, Professore Ordinario di Diritto Pubblico, Segretario della Commissione Istruzione del Senato.

DIBATTITO 16.30-17.30 .

CONCLUSIONI
Ore 17.30-17.45 On. Giulio Tremonti, Ministro dell'Economia e delle Finanze;
Ore 17.45-18.00 On. Mariastella Gelmini, Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca

INVITATI
Prof. Enrico Decleva, Presidente CRUI
Prof. Massimo Egidi, Rettore LUISS
Prof. Guido Fabiani, Rettore Uniroma3
Prof. Luigi Frati, Rettore La Sapienza
Prof. Giovanni La Torre, Rettore Università della Calabria - Cosenza
Prof. Roberto Lagalla, Rettore Università di Palermo
Prof. Andrea Lenzi , Presidente CUN
Prof. Angelo Maria Petroni, Segretario Generale ASPEN
Prof. Francesco Profumo, Rettore Politecnico di Torino
Dott. Gianfelice Rocca, Vice Presidente per l'Education Confindustria
Prof. Salvatore Settis, Rettore Scuola Normale Superiore di Pisa
Prof. Angiolino Stella, Rettore Università di Pavia
Dott. Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL
Dott. Raffaele Bonanni, Segretario Generale CISL
Diego Celli, Presidente del CNSU
Giorgio Paterna, Studente
Andrea Volpi, Studente
Sen. Maurizio Gasparri, Presidente Gruppo PdL Senato
On. Fabrizio Cicchitto, Presidente Gruppo PdL Camera
Sen. Gaetano Quagliariello, Vice Presidente Vicario Gruppo PdL Senato
On. Italo Bocchino, Vice Presidente Vicario Gruppo PdL Camera
Sen. Guido Possa, Presidente Commissione Istruzione del Senato
Sen. Giuseppe Valditara, Segretario Commissione Istruzione del Senato
Sen. Anna Finocchiaro, Presidente Gruppo PD Senato
Sen. Nicola Rossi, Componente Commissione Bilancio Gruppo PD Senato
Sen. Vittoria Franco, Componente Commissione Istruzione Gruppo PD Senato

Nino Luciani, Attesa che TREMONTI apra la via su
quale "autonomia universitaria" e quali "risorse"...
Se lo Stato persiste nel tagliare i fondi, è ineludibile che assuma su di sè il compito di finanziare il diritto allo studio, e conseguentemente liberalizzi
i contributi studenteschi.

1. DDL bloccato, a causa di TREMONTI
. Il DDL del Ministro Gelmini - informale - su "Reclutamento e Governance" è bloccato da qualche mese, e ciò sottopone il Ministro a dura pazienza. Una Conferenza Nazionale sull'Università da noi organizzata per il 10 luglio a Bologna, con la partecipazione dei Sindacati Universitari, è stata sospesa in seguito al silenzio-rifiuto del Ministro di parteciparvi, sia in prima persona, sia con un suo Consigliere. Motivo ? Impossibile ...se, prima, il DDL non passa per il Consiglio dei Ministri.
  Ma guardiamo più fondo.
  Per quanto riguarda il reclutamento, Il DDL si propone un grande salto di qualità nella selezione dei docenti:
- in luogo dei "soli" tre concorsi attuali per l'accesso alle tre fasce via via superiori, si passa a 7 concorsi ( 3 abilitazioni nazionali, 3 concorsi locali, 1 concorso per il Dottorato di ricerca, in origine), più la valutazione quadriennale dell'ANVUR:
- le commissioni nazionali sono sorteggiate, ecc. ecc..
  MA, IN CORRISPONDENZA  AI VARI LIVELLI QUALITATIVI, NULLA E' DETTO DI RETRIBUZIONI, ad eccezione del blocco della retribuzione se la valutazione dell'ANVUR è negativa.
Per quanto riguarda la Governance, il DDL si propone un miglioramento della capacità decisionale degli Atenei, da un lato, tagliando le unghie al Rettore con limitazioni alla durata del mandato, ma da altro lato con la trasformazione del Direttore Amministrativo in DIRETTORE GENERALE, che dunque diverrebbe la guida suprema (mentre il Rettore darebbe pareri per didattica e di ricerca).
Inoltre il DDL si propone di realizzare un migliore fealing delle Università col mondo delle imprese mediante la collocazione di esterni nel Consiglio di Amministrazione (magari in posizione maggioritaria, rispetto ai professori).
  MA IN CORRISPONDENZA  AL MAGGIORE POTERE NORMATIVO DELL'AMMINISTRAZIONE, NULLA SI DICE DEL POTERE FINANZIARIO, PUR DECISIVO PERCHE' ALLE PAROLE SEGUANO I FATTI.
   Quanto evidenziato (e che tende a mostrare che il DDL pensa di fare "le nozze con i fichi secchi", è forse la chiave per spiegare le attuali resistenze al DDL e fors'anche spiega  l'iniziativa del SENATO: vale dire, questo ha chiamato la GELMINI e TREMONTI, a chiudere  i lavori, ma facendo parlare Tremonti, prima della Gelmini.
  Questa situazione è motivo di grave disappunto, dalle associazioni culturali e sindacali universitarie, e forse questa è la ragione per cui non sono state invitate a questa "tavola"

2. Verso dove andare ? A parte le questioni finanziarie, su cui torno al punto 3, a mio parere, la parte relativa al RECLUTAMEMNTO ha un buon impianto, ma al suo interno contiene inquinamenti così rilevanti, da far presagire l'implosione del tutto. 
   E'  un buon impianto: l'abilitazione nazionale a tre livelli, la separazione del reclutamento dalla progressione in carriera, il concorso locale.
   La parte inquinante è troppo lunga e noiosa da motivare. Per una concretezza, clicca sui nostri emendamenti   al DDL reclutamento.
  La parte relativa alla GOVERNANCE è, invece, tutta da buttare, perchè tende a riportare le cose a come erano prima della riforma RUBERTI, quando le Università erano organi decentrati dello Stato. Abbiamo già sofferto fin troppo di mala amministrazione (perchè gli amministrativi conoscono l'università solo per quanto si ricordano dei tempi della laurea). Il buon governo è, invece, quello che separa la direzione della politica universitaria (che va riservata ai professori), dalla direzione gestionale e attuativa (che va riservata agli amministrativi), ma con modi appropriati.   Anche su questo, non mi dilungo con motivazioni, e per una concretezza, clicca sui nostri emendamenti al DDL "governance".  

3.- Cosa ci attendiamo da TREMONTI. Il Ministro Tremonti è ben noto per ragionamenti, grosso modo, in questi termini:"Ho tagliato i fondi per indurre le università ad auto-redimersi. Riaprirò la borsa solo dopo averci visto chiaro sui futuri progetti". Ma quanto questa idea non porti a nulla (anzi crei danno) l'abbiamo constatato. Il Seminario sarà cosa quasi oziosa, se vivrà l'equivoco circa il grado di "non autonomia" che si vuole confermare: si ponga fine ad una autonomia a parole, ma in libertà vigilata nei fatti, in cui nessuno (Università e Stato) risponde di niente in modo esclusivo.
  Nel "contratto con gli italiani" del precedente governo, Berlusconi si era impegnato per una vera autonomia universitaria. Direi che, se TREMONTI vuole recuperare credibilità, dovrebbe dirci come definisce la autonomia universitaria. Il resto viene da sè.
   Un Governo che non riconoscesse l'autonomia universitaria, dovrebbe sostituirsi ad essa, con quanto ne consegue, sia pur mediante un DIRETTORE GENERALE, come prima della riforma Ruberti. Ma abbiamo già visto che il Miur non è attrezzato ad hoc e quante brutte figure ha fatto.
  Un Governo che riconoscesse l'autonomia delle università, dovrebbe comportarsi con loro come fa una normale famiglia che manda i propri figli in una scuola privata.
  Precisamente, dopo aver verificato se essa è una scuola seria (tra cui l'avere i requisiti strutturali e didattici di legge), vi iscrive i propri figli e paga la retta scolastica.
  Nel caso dello Stato, la sola differenza è che, essendo esso, un "monopsonista", potrebbe discutere, con le università, la retta. Ad es., lo Stato potrebbe regolarsi col costo standard per studente, sia pur distintamente tra Facoltà umanistiche e Facoltà scientifiche. Le università con i costi minori (ossia più efficienti) sarebbero automaticamente premiate, e le altre, punite (senza bisogno di quei tali parametri fasulli, usati per ripartire il FFO, che tanto sanno di Unione Sovietica, e da cui derivarono i suoi fallimenti).
  L'autonomia va fondata sulla "liberalizzazione" dei contributi studenteschi. Da noi i contributi studenteschi sono legati al diritto allo studio, con differenziazioni tra gli studenti, in base al bisogno e al merito.
  Questo è un vero pasticcio, perchè una università non può essere considerata, al tempo stesso,  una azienda, ed una erogatrice di socialità. Delle due l'una, se si vuole far vincere la responsabilità e il merito.
  Tuttavia, poichè con la detta liberalizzazione, verrebbe intaccato il diritto allo studio, che anzi va rafforzato, lo Stato dovrebbe caricarlo direttamente su di sè (con borse di studio e bonus università, erogati direttamente agli studenti). In questo senso, le Università determinerebbero i contributi residualmente, per il pareggio del bilancio. N.L.

 


TERZA EDIZIONE STRAORDINARIA - ELEZIONI DEL RETTORE
Soprattutto, per vincere come "scienza",
dovremo non essere collusi con la politica,

e prendere le distanze da certo "fideismo", tra noi,
che tuttora confonde la chimica con la stregoneria

Risultati della  votazione finale per il rettore
IVANO DIONIGI ELETTO RETTORE
(Vittoria soprattutto per regalo del Challenger ... )

Risultati della terza votazione per il rettore
Su 2832 aventi diritto al voto: votanti 2054, non votanti 608

 

               Voti

             Percentuale

Barbiroli

2

0.1

Braga

652

29,0

Cantelli Forti

740

32.9

Dionigi

848

37.7

Grandi 1
Sassatelli 1
Segrè .7 .0,3..
TOTALE VOTANTi 2244 100,00


Giorgio Cantelli Forti


IL   NUOVO RETTORE
USCIRA' DAL BALLOTTAGGIO
giovedì  28 maggio 2009, tra

CANTELLI FORTI
e   DIONIGI


Ivano Dionigi

  La lezione delle 3 prime votazioni:
Evidenziate DUE CONCEZIONI della "DISCONTINUITA" ,
ma che possono VINCERE solo se si
CONGIUNGONO

             Cantelli (voti 740) + Braga (voti 652), totale voti 1392,
             contro Dionigi, voti
848, sostenuto dal rettore Calzolari

1.- In estrema sintesi, la macchina elettorale ha evidenziato un netto orientamento degli elettori in favore della discontinuità, rispetto all'attuale Rettore, tra l'altro, censurato di  nuovo dal TAR (vedi a fianco). Tuttavia sono emerse due concezioni della "discontinuità" : quella di Cantelli Forti, di tipo gestionale e amministrativo; e "quella" di Braga, di tipo politico-funzionale per la ricerca e la didattica, centrata sull'apporto dei giovani, e che guarda alla nuova società.
  Poichè nessuna delle due, separatamente, ha ottenuto i voti sufficienti, appare evidente che le due "discontinuità" possono funzionare solo se trovano una congiunzione !

  Penseranno i due candidati massimamente discontinui a come garantire questo, ora che uno solo di loro va al ballottaggio, in un accordo per squadra e programma che ricomprenda area umanistica e area tecnica.

2.- Ma anche va tenuto in conto che, al terzo turno, è comparso un nuovo grande elettore, il prof. "Astensione" (608 voti) : gli chiediamo di presentarsi giovedì alle urne.

3. Non solo questo:
  a)
A Bologna esistono 3 Palazzi: regione, provincia, comune. L'ateneo non dev'essere un Palazzo, ma la casa di noi tutti, in particolare dei giovani ricercatori, che sono le nostre vere speranze;

b) chi pensa, poi, che le materie umanistiche non abbiano le esigenze di grandi tecnologie deve rendersi conto che questo mondo è cambiato e che cartografie, libri, schede ecc. richiedono grandi e costosi laboratori, per il circolo internazionale, se vogliono competere a livello globale. Tutte le facoltà, oggi, sono altamente tecnologiche.

c) la competizione è risultata accesa, ma l'interesse dell'ateneo è che si collabori in modo paritetico e interdisciplinare: il nuovo rettore eredita una situazione di disordine sotto il profilo amministrativo, del decision making, perfino nel tracciare la rotta per il futuro.
  Per risolvere problemi così gravi solo l'accordo tra gli elettori che hanno dimostrato di volere veramente un netto cambiamento può essere lo   strumento risolutivo.

 ANCHE dal TAR Emilia-Romagna
una BOCCIATURA di CALZOLARI

Accolta la sospensiva
dei ricorrenti
CONTRO IL DINIEGO GENERALIZZATO
del biennio, dopo i 70 anni

  I giornali nazionali hanno dato la notizia, di cui al titolo, più sopra.
  E' noto che una legge recente, nel quadro delle economie di spesa volute dal Governo, aveva dato facoltà alle università di negare la concessione di ulteriori 2 anni in ruolo, dopo la maturazione dell'età pensionabile.
Ma legge stessa richiedeva che le università non generalizzassero l'eventuale diniego, ma distinguessero da caso a caso, in relazione alla possibilità di garantire la continuità degli insegnamenti per gli studenti.

Si ricorda, inoltre, che altra normativa impedisce di bandire nuovi concorsi, per tanti posti quanti se ne vanno via via liberando. In questo senso, il suddetto diniego generalizzato rischia di creare dei veri e propri vuoti didattici, per tempi non controllabili nè prevedibili.

Spiace, in conclusione, che debba essere la Magistratura per salvaguardare interessi fondamentali dell'Alma Mater, mentre questo dovrebbe essere il compito del Rettore.

 

ELEZIONI DEL RETTORE

Lunedì 25 maggio, terza votazione
RIFLESSIONI PER LA DOMENICA

Dopo il tavolo pubblico del 21 maggio e le ulteriori  lettere dei candidati,
e dopo il ritiro di Segrè  e la  risposta di Cantelli Forti


Giorgio Cantelli Forti


IL   BUON GOVERNO
possibile per l'ALMA MATER

CANTELLI FORTI  for PRESIDENT
e  una squadra che ricomprenda
SEGRE', SASSATELLI  E GRANDI


Andrea Segrè

  IL BUON GOVERNO POSSIBILE
Ma ancora manca il placet degli elettori !

   Dopo le lettere, di ieri, dei candidati rettori, anche noi ringraziamo i nostri lettori: 932 visite, giovedì mattina, data dell'avviso sul tavolo pubblico del pomeriggio (un numero maggiore dei votanti del candidato più votato).
  Non solo questo. La lettera di ritiro del Preside SEGRE', e l'impegno positivo di CANTELLI FORTI di salvarne il programma (per le parti di comune veduta), apre la via ad una soluzione significativa per il BUON GOVERNO. Spetta agli elettori convalidarla.
  A nostro avviso, serve associare l'esperienza e la pelle dura manageriale di un CANTELLI FORTI "discontinuo" (per la Pubblica Amministrazione, la "alternanza" è la via che la rianima), alla innovatività dei TRE ex-candidati: SEGRE' , SASSATELLI e GRANDI, sia per le affinità di visioni e di programma con Cantelli Forti, sia per avere al governo tutti i "linguaggi" dell'Ateneo.

a) Un' occhiata al programma di Segrè.
Già dalla prima ora avevamo segnalato il programma innovativo di questo"giovane" (giovane, si fa per dire, rispetto a noi, con i capelli bianchi), che ha mostrato originali di obiettivi, pur se ancora bisognoso (penso) di apprendistato, in vista della staffetta al prossimo giro.
  Col suo ritiro, senza nulla chiedere, si realizzano le condizioni di correttezza per il rettorato, che sta per cominciare. Niente inciuci. Ma la risposta immediata di Cantelli Forti ci pare eloquente, quanto basta.
Non abbiamo bisogno di ripercorrere tutto il programma di Segrè. Fin dalla prima ora, abbiamo scritto (clicca su Segrè):
   "In questa settimana il Preside di Agraria ha distribuito capillarmente in Ateneo un libretto cartaceo, in cui illustra il suo programma di rilancio della nostra università. L'iniziativa di Segrè si distingue per l'eccezionale dote comunicativa, chiarezza dei propositi e grafica... Ci sono aspetti che mi sembrano innovativi per la presa di coscienza dell'importanza strategica di alcuni obiettivi e del modo di raggiungerli. Notevole, a questo proposito, è il suo schema di governance, in cui compare in primo piano la "squadra", più che il Rettore".
   Mi era piaciuta anche la chiarezza con cui proclamava la natura pubblica dell'Università".

   ANCHE UNA LETTERA DAL MIUR
   Per Governance e Stato giuridico

    E'  di questi ieri la seguente lettera, pervenutaci dal MIUR:
  "A seguito dell’incontro tenutosi in data 19 maggio u.s., in vista della presentazione del disegno di legge Università il prossimo 12 giugno, si chiede alle SS.VV. di voler cortesemente inviare, a questo indirizzo di posta elettronica, eventuali valutazioni, osservazioni e riflessioni sui temi trattati nel corso dell’incontro e cioè su governance, reclutamento, personale docente e non, e su altri che le SS.VV. ritengano di particolare rilievo."
   Per una visione del testo, esso si trova nella edizione della scorsa settimana. Clicca su: Progetto governativo.
   Il governo dell'Ateneo sarà un buon governo se sarà anche propositivo sulle riforme dello Statuto e lo stato giuridico, in dirittura dìi arrivo al Consiglio dei ministri.
   Ci rivolgiamo ai nostri lettori perchè ci aiutino in questo compito. Per una visione del testo ministeriale (anche se non definitivo), clicca su :
  Detto questo, ci sia consentito domandare: quali dei candidati a rettore, amanti dei ricercatori (e che più di sono riempiti la bocca in favore dei ricercatori)   hanno dimostrato di conoscere i fondamentali e tragici problemi dei nostri ricercatori ?
  Pur essendo docenti, da anni, a tutti gli effetti,  non è loro riconosciuta la funzione docente; hanno retribuzioni iniziali da sottoproletariato (€ 1.200 al mese); non hanno possibilità di carriera perchè è tutto bloccato.

b)  La risposta di Cantelli Forti (ieri). Ripropongo "la validità del mio programma, largamente compatibile con quello del prof. Segrè."
   Le linee salienti del mio programma e i prerequisiti per la sostenibilità finanziaria, organizzativa ed etica dei progetti di sviluppo di tutte le aree culturali dell’Ateneo sono:
  1) un quadro coerente di compatibilità finanziarie, istituzionali e organizzative per i progetti di sviluppo di tutte le aree culturali dell’Ateneo;
  2) un governo partecipato e non oligarchico dell’Ateneo. Ciò costituisce il presupposto essenziale per la valorizzazione della qualità dei docenti e ricercatori nella didattica, nella ricerca e nelle attività organizzative e gestionali a loro supporto per le progressioni di carriera e l’estensione del reclutamento;
  3) la semplificazione dei processi gestionali e decisionali di tutti gli organi;
  4) una totale discontinuità con la centralizzazione e l’inefficienza dell’Amministrazione attuale che tende ad autoperpetuarsi, come dimostrano le recenti conferme di quasi tutti i suoi dirigenti e di coloro che vi hanno partecipato attivamente;
  5) la realizzazione dei progetti edilizi avviati e di altri da troppo tempo dilazionati per assicurare a tutti condizioni dignitose e sicure di lavoro e di studio.
  6) l’apertura dell’Ateneo verso l’esterno (per chiedere consensi e risorse), il che può essere tanto più credibile quanto maggiori saranno la trasparenza delle decisioni e le ricadute positive sulla società."

 


Edizione straordinaria
  - UNIVERSITAS News

PER   L'ALTERNANZA  A  CALZOLARI,  MA  QUELLA VERA


ELEZIONI DEL RETTORE UNIVERSITA' DI BOLOGNA
(lunedì 25 maggio, terza votazione)

 

Proposto da Segrè, e accettato dai "rimasti"


"
Tavolo pubblico tra i candidati
per confronto aperto sul programma" ?

OGGI A VIA BELMELORO 14 , AULA A, ORE 17

***


Teniamo duro per l'alternanza a Calzolari
e battiamo la destabilizzazione dell'Ateneo

    Un tavolo di questo genere è un giochino inventato per fare un cartello (come fanno gli "oligopolisti del mercato" e obbligare i consumatori verso una via chiusa), magari col ritiro della candidatura  in cambio di qualcosa, anche se ufficialmente motivato dalla "convergenza su un programma".
     Ci dispiace che la proposta sia stata accettata da altri, perchè il tavolo equivale coinvolgere nel giochino gli elettori meno attenti.

     Noi abbiamo convocato tanti tavoli, per gli elettori e i candidati. Ma il principale problema attuale è un altro: cosa sarà e cosa potrà fare il nuovo Rettore a fronte dell'azione pressante e congiunta che Calzolari e la Dirigenza Centrale stanno mettendo in atto in questo ultimo periodo, per garantirsi quella "continuità" che tutti i candidati, più o meno apertamente, hanno rifiutato ?
  
   Non vogliamo parlare della vox populi (ne ha già parlato Dario Braga nella sua ultima lettera agli elettori) circa interventi di Calzolari a favore di Dionigi, ma di vere e proprie delibere che legheranno le mani del successore e che sono tutte dirette ad ottenere nei fatti proprio quella "continuità" che rifiutiamo tutti (docenti, non docenti, persino i rappresentanti degli enti di sostegno della Romagna).

   Ci riferiamo in particolare:

    - all'ultimatum ("o lo fate voi entro un mese, o lo faccio io") dato da Calzolari al Collegio dei Direttori Dipartimento per la riforma di queste strutture di ricerca affinchè vengano adeguate alle "aree" sulle quali si basano le Scuole di Dottorato: e poi vedremo se e come verranno modificati i criteri di valutazione della produttività scientifica;
   -  alla delibera del Consiglio di Amministrazione di questa settimana che ha riconosciuto a 20 dirigenti il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati, e a 2 soltanto un parziale raggiungimento: così si è prefigurato il rinnovo per un ulteriore triennio di questi 22 incarichi dirigenziali e tutti sappiamo quanto spazio si è presa in questi anni la Dirigenza amministrativa centrale;
  -  alla recente circolare dei Dirigenti Area Programmazione e Controllo, e Area di Ragioneria nella quale si informa che a supporto del “Progetto di configurazione del sistema di contabilità analitica – COAN” in atto presso il nostro Ateneo, è stato realizzato uno Spazio Virtuale di collaborazione in cui gli utenti interessati possono consultare il manuale di contabilità analitica: un modo assai maldestro per rispondere alle nostre critiche sulla mancanza di un programma informatico di contabilità degno di questo nome, e di un regolamento di contabilità che, individuando i centri di spesa, individui anche chi è responsabile e di che cosa.

    Questi sono tutti interventi volti a garantire la continuità dell'azione di comando centralistica e di una piccola casta che si sono realizzate durante il Rettorato Calzolari e che ha portato ai risultati negativi ben noti per tutti noi.
    Questo disegno sarebbe ancor più garantito dalla elezione del candidato di Calzolari e della Dirigenza centrale.
  
   Noi abbiamo sempre avuto a cuore la sorte del nostro Ateneo, perciò sentiamo l'obbligo, cari Colleghi elettori, di farvi partecipi di questa nostra opinione nata da fatti forse sfuggiti ai molti, nella certezza che siete ben in grado di valutare da soli e di agire di conseguenza con il vostro voto.
  Guardate non solo alle idee dichiarate, ma anche alla capacità operative e alla credibilità di chi ha portato sulla propria pelle le negatività del sistema attuale.

 

 

 

Risultati del sondaggio sulle "intenzioni di voto"
(Sondaggio universale, ossia non campionario)sondaggio.jpg (21482 byte)

   In totale i voti validi espressi sono stati 92 (si vegga, sotto, il riparto tra i candidati).
    Il sondaggio è stato partecipato oltre che da docenti e ricercatori confermati (ossia da aventi diritto al voto), da personale tecnico e amministrativo e ricercatori non confermati (ossia da persone non aventi diritto).
   Un aiuto alla loro interpretazione è associare detta cifra al numero dei visitatori del Foglio "Universitas News" che ha promosso il sondaggio, nello stesso periodo (aprile). I visitatori sono stati
2.989 e dunque i votanti sono stati il 3%.
  Vista la grande distanza tra le due cifre (92 e 2989), la spiegazione istintiva è che il grosso dell'elettorato non ha ancora scelto.
   Ma c'è una seconda spiegazione, più realistica. Questo sondaggio appartiene alla categoria dei social-referendum, per i quali è ben nota l'allergia degli internauti, a utilizzarli. Lo conferma  il  recentissimo social-referendum di "Face Book":  su  200 milioni di utenti, hanno risposto 600 mila, pari allo 0,3%.
   A questo punto, avere avuto noi  il 3% è stato un "risultato" interessante ? Lo vedremo dopo il primo turno.

Votanti:  numero 92 pari al 3,26 % dei 2819 docenti, aventi libertà di indicare l'intenzione di voto

 

Voti espressi

%

Proiezione dei voti, se si applica
la % al totale degli aventi diritto

Barbiroli Giancarlo 1 1,09 31
Braga Dario 13 14,13 398
Cantelli Forti Giorgio 41 44,57 1256
Dionigi Ivano 11 11,96 337
Grandi Roberto 6 6,52 184
Sassatelli Giuseppe 4 4,35 123
Segrè Andrea 16 17,39 490
TOTALE

92

100,00

2.819
(esclusi i 33 studenti del CS)

 

senato2.gif (4669 byte)
"Indagine conoscitiva sui problemi economici e finanziari delle università"
Dati i risultati, sono iniziate varie audizioni, tra cui del Miur, della CRUI, del CUN, e ne sono attese altre


Il  31 marzo 2009 ha avuto luogo AUDIZIONE
delle Organizzazioni Unitarie della Docenza

ADU, ADI, ANDU, APU, CISAL Universita', CISL Universita', CNU, CNRU,
FLC CGIL, SUN, UIL P.A.-U.R. AFAM, UDU, UGL Universita' e Ricerca
(Per il significato e i responsabili delle sigle, vedi sotto* )

Resoconto dell'Audizione (Atti Senato)

Presentato anche un documento scritto
sul finanziamento dell'Università

Legislatura 16º - 7ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 93 del 31/03/2009

Seguito dell'indagine conoscitiva sui problemi economici e finanziari delle università:
audizione di rappresentanti di ADU, ADI, ANDU, APU, CISAL Università, CISL Università,
CNU, CNRU, FLC CGIL, SUN, UIL PA-UR AFAM, UDU, UGL Università e ricerca.

Riprende l'indagine conoscitiva, sospesa nella seduta del 29 gennaio scorso.
Il PRESIDENTE introduce l'odierna audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali del comparto università e ricerca, cui dà il benvenuto.
Prende indi la parola il professor Mauro SERAFINI, segretario organizzativo nazionale dell'Associazione docenti universitari (ADU), il quale pone in luce preliminarmente l'estrema sofferenza del settore dal punto di vista tanto delle risorse quanto dell'incertezza del quadro legislativo, tale da impedire il ricambio generazionale. Fa presente poi che le organizzazioni sindacali hanno presentato un documento unitario, nella prospettiva di instaurare un dialogo proficuo sui principali problemi dell'università.
Il professor Valerio BROCCATI, segretario nazionale della FLC CGIL, descrive indi i presupposti su cui si fonda il documento unitario dei sindacati, quali anzitutto il carattere di bene pubblico dell'università e dell'istruzione superiore nonché la necessità di assicurare prestazioni unitarie nel sistema, pur rispettando l'autonomia. Si sofferma poi sulle risorse, rimarcando negativamente che il sottofinanziamento del comparto rappresenta un dato strutturale, considerati gli scarsi investimenti in risorse umane e materiali. Nel riconoscere comunque l'esigenza di una corretta gestione economica e di conseguire risparmi, lamenta l'incidenza dei tagli sul settore, comunicando che secondo alcune stime elaborate dalla CGIL oltre i tre quarti degli atenei supereranno a breve il tetto del 90 per cento del rapporto tra spese fisse rispetto al Fondo di finanziamento ordinario (FFO), con conseguente blocco delle assunzioni. Occorre pertanto a suo giudizio un finanziamento pluriennale che incentivi le università ad una programmazione di lungo periodo delle risorse disponibili e del personale.
Con particolare riferimento alla valutazione, reputa necessario introdurre un sistema attendibile tale da certificare anche il corretto uso dei fondi. Invita quindi ad individuare con chiarezza il fabbisogno di docenti e ricercatori nella prospettiva di una riforma del reclutamento e dello stato giuridico, evidenziando che mentre il numero di docenti è cresciuto, quello del personale tecnico-amministrativo è diminuito. Si è registrato inoltre, segnala, un incremento del lavoro precario che ha determinato una perdita di qualità dell'offerta formativa, mortificando la crescita professionale del personale.
Ritiene perciò essenziale un reclutamento straordinario che consenta gradualmente di stabilizzare il personale in maniera selettiva e mirata, in considerazione anche degli imminenti pensionamenti, nonché una programmazione stabile degli accessi, al fine di dare continuità al settore. In tale ottica giudica preferibile istituire una forma prevalente o unica di accesso, a partire dai ricercatori con contratto a tempo determinato, soggetti poi a periodiche valutazioni con riguardo alla produzione scientifica, in modo da risolvere le problematiche connesse ai concorsi e assicurare certezza nei tempi, senza continui rinvii.
Si sofferma altresì sul governo degli atenei, ipotizzando un sistema di rappresentanza delle autonomie in cui prevedere una componente elettiva su base non disciplinare e non gerarchica, accompagnata da esponenti degli atenei e della società civile, tanto più che l'attuale meccanismo imperniato sul Consiglio universitario nazionale (CUN) e sulla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) rischia, rispettivamente, di non garantire flessibilità né di esprimere in modo unitario la complessità del sistema.
Rileva infine ulteriori criticità del comparto, come ad esempio la sovrapposizione di ruoli di indirizzo e gestione, tale da impedire una chiara imputazione di responsabilità, la necessità di rendere non rinnovabile il mandato dei rettori, onde svincolarli da logiche di ricatto, nonché la riconduzione della docenza al ruolo che le è proprio, nella prospettiva di una maggiore trasparenza e chiarezza.
Il dottor Giovanni RICCO, segretario nazionale dell'Associazione dottorandi italiani (ADI), fa presente che l'Italia spende percentuali minime del prodotto interno lordo per la formazione e la ricerca, specialmente se confrontata con la media dei paesi OCSE. Il sottofinanziamento del comparto, unito alla mancanza di una adeguata valutazione della didattica e della ricerca, hanno perciò contribuito a suo giudizio all'estensione del precariato e all'abbassamento della qualità del sistema formativo, atteso che spesso prevalgono requisiti non meritocratici. Occorre inoltre a suo giudizio un approfondimento sulla cosiddetta "fuga dei cervelli", motivata sia dal maggior riconoscimento economico ottenibile all'estero, sia da una migliore valutazione rispetto al merito. Lamenta quindi il peggioramento della situazione a causa dei tagli al FFO e del blocco del turn over.
Dopo aver invitato ad una maggiore cautela nel giudizio sui dati riguardanti i corsi di laurea e la spesa per studenti, reputa indispensabile l'acquisizione di informazioni affidabili sul precariato nell'università, sottolineando altresì la penuria di sbocchi lavorativi per i dottori di ricerca, i quali non trovano riconoscimento né nell'università, né tanto meno nella pubblica amministrazione e nel mondo del lavoro in generale, che non valorizza tale livello di conoscenza. In proposito, pone l'accento sull'opportunità di offrire ai dottori di ricerca maggiori possibilità occupazionali anche attraverso incentivi fiscali ai datori di lavoro privati
che intendano assumere tali figure.
Il professor Giorgio FARAGGIANA, membro del direttivo dell'Associazione nazionale docenti universitari (ANDU), nel rimarcare a sua volta la condivisione del documento unitario, fa presente che spesso le università considerate virtuose sono quelle che fanno più ricorso al precariato, con conseguente penalizzazione per gli atenei che impiegano personale a tempo indeterminato.
Rimarca quindi la necessità di adeguare il ruolo dei ricercatori ai fini dell'inserimento nel mondo accademico, tenuto conto che essi rappresentano un supporto basilare per la didattica.
Suggerisce infine di acquisire dati disaggregati relativi al numero dei ricercatori presenti a livello nazionale, e in particolare alla percentuale di coloro che svolgono attività didattica.
L'avvocato Riccardo MARINI, segretario generale aggiunto della CISAL università, nel rilevare le distorsioni del concetto di autonomia dovuto a suo giudizio anche allo eccessivo potere regolamentare delle università, giudica necessaria una revisione del governo del sistema,
tanto più che attualmente si registra una certa disomogeneità fra atenei. Reputa perciò imprescindibile un quadro generale che individui con chiarezza le responsabilità degli organi di governo, accompagnato da controlli più incisivi anche attraverso ad esempio revisori di
nomina esterna.
Evidenzia altresì l'esigenza di aumentare la mobilità tra atenei, lamentando che con riguardo alle facoltà di medicina spesso non si tiene conto della duplice attività svolta dal personale, impegnato non sono nella didattica ma anche nell'assistenza. Rileva a sua volta il decremento
del personale tecnico-amministrativo, deplorando la marginalizzazione delle figure dei tecnici i quali non possono svolgere attività didattiche.
Nel segnalare che spesso gli atenei non sono in grado di usufruire dei finanziamenti europei, comunica con disappunto che molte università disapplicano la legislazione vigente in materia di equa distribuzione dei

Il documento presentato

PRO-MEMORIA SUL FINANZIAMENTO DELL'UNIVERSITA'

  Noi crediamo che qualsiasi intervento normativo non possa prescindere dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte migliore della storia e dell'esperienza dell'Universita' italiana, valori che desideriamo sinteticamente ricordare:

1) la natura pubblica del sistema universitario. Il ruolo dello Stato come erogatore e garante di un sistema di alta formazione e' indispensabile per assicurare le condizioni affinche' l'Universita' resti, ed anzi divenga sempre piu', elemento centrale del sistema di welfare. E' compito del sistema pubblico garantire parita' di condizioni universali nell'accesso all'Universita', assicurare la qualita' dell'offerta didattica, e per questa via ripristinare una mobilita' sociale che appare ridotta, presidiare la ricerca in tutti i campi, anche quelli che, pur dotati di alto valore culturale e scientifico, non presentano possibilita' di valorizzazione economica immediata, garantire la liberta' didattica e di ricerca costituzionalmente sancita. Va inoltre assicurato il carattere unitario del Sistema nazionale universitario, dotato di effettiva autonomia, all'interno del quale deve essere garantita l'autonomia dei singoli Atenei. Il ruolo del privato rappresenta un'utile integrazione, uno stimolo ed una risorsa, che deve avere tuttavia carattere complementare al mantenimento di un forte, prevalente sistema pubblico di Atenei. La stessa idea di autonomia, che e' autonomia del sistema ed autonomia dei singoli Atenei, si tiene nella misura in cui il riferimento concettuale e' ad un sistema nazionale pubblico.

2) il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento degli Atenei e la loro capacita' di dare risposte sulla base di un misurabile rapporto costi-benefici, da rendere visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle sue singole articolazioni (Atenei, Facolta', Dipartimenti, progetti di ricerca, percorsi formativi).

Ogni provvedimento di riforma deve misurarsi con questi valori fondanti e con la natura laica e razionale dell'Universita'. Siamo perfettamente consapevoli della distanza che separa oggi l'Universita' dalla compiuta realizzazione di un modello ideale: l'Universita' italiana e' in condizioni difficili, in parte prodotte dal contesto politico-istituzionale, in parte da una distorta applicazione dell'autonomia la cui responsabilita' e' da imputare al ceto accademico. E' tuttavia nostra convinzione che non vi sia riforma possibile che non muova dall'affrontare i nodi ed i valori che dovrebbero sostenerne il modello. Dalle considerazioni precedenti emerge con chiarezza, a nostro avviso, un postulato fondamentale: l'alta formazione è responsabilità pubblica, ed il finanziamento necessario deve essere di fonte pubblica. La ricerca di ulteriori fonti di finanziamento, o modalità gestionali che allarghino la partecipazione dei privati nell'alta formazione, non possono essere tali da appannare e ridurre la responsabilità centrale e primaria dello Stato. Va rilevato inoltre che i numerosi interventi legislativi degli ultimi anni si collocano in uno scenario di risorse costantemente decrescenti in termini reali. E' stata così in particolare realizzata a costo zero la riforma del 3+2, la cui valutazione richiederebbe un'analisi articolata e differenziata tra Atenei e discipline, e che ha generato la sensazione diffusa di una perdita di qualità dei percorsi formativi. Gli Atenei, non potendo accedere a risorse aggiuntive, sono stati costretti a realizzare l'ampliamento dell'offerta formativa conseguente all'applicazione di tale riforma, ricorrendo in maniera massiccia a forme di reclutamento precario e a contratto. Nei provvedimenti di Governo, a partire dalla L. 133/2008, vediamo invece disegnarsi una prospettiva di liquidazione del ruolo pubblico ed un sistema universitario sempre piu' impoverito sul piano finanziario e, soprattutto, sul piano delle risorse intellettuali ed umane. Un sistema che nel giro di pochi anni compira' fino in fondo una parabola discendente che portera' ad una condizione di paralisi e di irrilevanza istituzionale.

Il settore della conoscenza deve essere considerato una risorsa strategica del Paese. I finanziamenti devono essere pertanto adeguati a questo compito. La valutazione dell'utilizzo di questi finanziamenti deve essere effettuata a partire dalle ricadute sull'intero sistema Paese.

Utilizzare gli Atenei per fare cassa non e' l'approccio migliore ad una discussione seria sulle necessita' del finanziamento e sulla qualita' della spesa. Occorre partire da un dato incontrovertibile: qualunque indicatore venga assunto, il sistema italiano e' largamente sottofinanziato, ed in queste condizioni ogni ragionamento credibile sulla qualita' e' del tutto velleitario. Se si realizza il taglio ulteriore di un 25% in termini reali nei prossimi quattro anni, come prevede la L. 133, si entra in una condizione di bancarotta degli Atenei, anche quelli che oggi si considerano "virtuosi". Gran parte degli Atenei supereranno la soglia del 90% nel rapporto spese di personale/FFO, e dunque non potranno più assumere. E a partire dal 2010 cominceranno difficoltà nella gestione ordinaria che investiranno sia la sostenibilità del funzionamento sia le retribuzioni del personale. Occorre inoltre abbandonare l'idea che il finanziamento necessario costituisca, anziché una condizione imprescindibile di funzionamento, un premio da attribuire a chi dimostri performances elevate o flessibilità politica; non può realizzarsi uno scambio improprio tra modifiche legislative e finanziamento basale, nel quale il consenso alle modifiche legislative viene agito come elemento di pressione e condizionamento sull'autonomia.

3.- Occorre invece partire da:
a) una previsione pluriennale di crescita del finanziamento di base che avvicini il nostro Paese alla media OCSE; occorre una programmazione certa delle risorse nel medio-lungo periodo se si desidera che gli Atenei effettuino una programmazione vera ed efficace dell'offerta formativa, della ricerca e della politica del personale;
b) una rimodulazione delle regole della distribuzione del FFO che valorizzi indicatori credibili di crescita della qualita' dei servizi e delle prestazioni dei singoli Atenei, e su di essi distribuisca le risorse, evitando tuttavia di incentivare comportamenti perversi (la caccia all'iscritto o le promozioni facili), come pure è accaduto nel recente passato. Un finanziamento cosi' rivisto esplicherebbe inoltre la sua piena funzione se, riconoscendo che le universita' possono vivere solo nel binomio inscindibile di attivita' di didattica e di ricerca, si osservasse che tali requisiti non vengono attualmente rispettati in tutti gli Atenei italiani, e si procedesse quindi ad un attento monitoraggio delle loro caratteristiche in maniera tale da porre rimedio a queste situazioni;
c) una rigorosa revisione delle regole di finanziamento dei fondi di progetto, insieme con l'ampliamento degli investimenti a progetto, a cominciare dai PRIN (che nel 2008 sono calati da 160 a 98 milioni).

Non si sfugge al nodo della messa a regime di un sistema di valutazione attendibile, che non può essere costituito né dal MIUR, né dai Nuclei interni di valutazione. Occorrono procedure certe e realmente imparziali che, attraverso forme di referaggio cieco per i progetti, attraverso l'avvio di un'Agenzia nazionale di valutazione effettivamente terza e funzionante, garantisca credibilità ed equilibrio nella distribuzione delle risorse.  (FINE)

proventi acquisiti con la ricerca in conto terzi, devolvendo tutti gli introiti al titolare del progetto. Ritiene infine che il sistema dei concorsi locali non abbia dato i risultati sperati e giudica più opportuna una forma di abilitazione nazionale unica per l'accesso alla docenza su cui innescare progressioni di carriera incentrate sul merito.
Il professor Paolo GIANNI, segretario nazionale del Comitato nazionale universitario (CNU), concorda con il rilievo della valutazione, ricordando che il decreto-legge n. 180 del 2008 attribuisce una quota del FFO a tale scopo.
Si sofferma poi sulla presunta dispersione di risorse causata dal proliferare delle sedi, precisando che occorre distinguere tra quelle in cui si effettua ricerca e quelle in cui non si svolgono tali attività. Sulla questione, ritiene non risolutiva la proposta di aggregazione di strutture, come ad esempio si prefigura nel disegno di legge n. 1387, a prima firma del senatore Valditara.
Dopo una breve precisazione del senatore VALDITARA (PdL), il quale nega che nel disegno di legge n. 1387 siano previsti accorpamenti di sedi, il professor GIANNI segnala che in Italia il numero di corsi e di insegnamenti non è superiore rispetto ad altri Paesi europei, pur riconoscendo l'esigenza di una correlazione tra la dimensione e la tradizione degli atenei, da un alto, e il numero di corsi che gli stessi sono in grado di mantenere, dall'altro. Al riguardo fa presente che non tutti i corsi - come ad esempio quelli professionalizzanti - devono essere associati a sedi universitarie, bensì solo quelli che prevedono un livello minimo di ricerca.
Il professor Marco MERAFINA, responsabile del Coordinamento nazionale ricercatori universitari (CNRU), manifesta la condivisione dei ricercatori sul documento unitario delle organizzazioni sindacali, puntualizzando che a fronte di numerosi sprechi esistono dei servizi forniti a costo zero tra cui anzitutto la didattica gratuita impartita dai ricercatori, spesso su corsi fondamentali.
Richiamandosi a precedenti audizioni, giudica preoccupante l'affermazione per cui la perdita di docenza produrrà una riduzione dei corsi, atteso che non si tiene adeguatamente conto della diversità fra i settori scientifico-disciplinari. Nega poi che i ricercatori siano distolti dalla ricerca in quanto impegnati nella didattica, rimarcando la pressante necessità di riconoscere loro lo status giuridico di docenti, tanto più che la materia risente di una lacuna quasi trentennale.
Esprime infine delusione per la preannunciata disciplina sui prepensionamenti, invocando un atto di coraggio affinché si eguagli per tutti l'età di collocamento a riposo, nella prospettiva di ringiovanire il settore e recuperare risorse.
Il segretario nazionale della UIL-PA, UR e AFAM, dottor Claudio AMICUCCI, sottolinea a sua volta la natura pubblica ed il ruolo sociale dell'università. Censura poi l'andamento finora discontinuo del reclutamento, che ha determinato la diffusione del precariato. Invoca pertanto una maggiore programmazione.
Si sofferma indi sui temi del finanziamento, lamentando che nel 2009 gli atenei, oltre a subire i tagli imposti dal decreto-legge n. 112, saranno costretti anche a restituire il 50 per cento delle spese per pubblicità.
Quanto all'annunciato disegno di legge dell'Esecutivo sulla governance, si augura che esso tenga in considerazione anche gli statuti, atteso che dalla legge n. 168 del 1989 è finora mancato un adeguato controllo sugli strumenti dell'autonomia.
Dopo aver evidenziato le difficoltà del personale tecnico-amministrativo, ed in particolare l'ingiustizia perpetrata ai danni di quello tecnico, cui è stato precluso l'insegnamento, sollecita un chiarimento in ordine alle facoltà di medicina che non si limiti ai 7 policlinici a gestione diretta.
La coordinatrice nazionale dell'Unione degli universitari (UDU), dottoressa Federica Manuela MUSETTA, evidenzia in primo luogo la valenza pubblica della formazione universitaria, che non può essere trascurata tanto più nella società della conoscenza, dove il numero delle persone che accedono ai gradi più elevati dell'istruzione dovrebbe crescere di continuo. Ella deplora poi le conseguenze che deriveranno dal blocco delle assunzioni per le università che abbiano superato il tetto del 90 per cento che, a suo avviso, si tradurranno o nella chiusura di alcuni corsi di laurea ovvero nella introduzione di sbarramenti all'accesso. Ciò, per mancanza di docenti non tanto alla luce di un'azione programmatoria, quanto a seguito della distribuzione dei docenti rispetto alla loro età anagrafica. Invoca quindi un monitoraggio su tale ultimo aspetto, prima che vengano dismessi corsi fondamentali per la cultura del Paese.
Ella invita altresì a riflettere sui motivi che hanno determinato un sensibile calo nelle immatricolazioni, fra cui sottolinea in particolare quelli di natura economica. Al riguardo, pur riconoscendo le misure per il diritto allo studio disposte dal decreto-legge n. 180, rileva che i fondi sono limitati ad un solo anno, sicchè alcuni studenti potrebbero intraprendere corsi di studi senza avere la possibilità di concluderli, anche in ragione della profonda crisi che attraversa il Paese. Sollecita pertanto maggiori incentivi per la prosecuzione degli studi.
Dopo aver posto l'accento sull'insufficiente mobilità studentesca nel Paese, aggravatadall'inadeguato riconoscimento degli esami sostenuti in caso di trasferimento presso altri atenei pur dello stesso corso di laurea, si sofferma sulla contribuzione studentesca, affermando che l'università non può essere integralmente pagata dagli studenti. Nel ricordare che in alcuni Paesi europei, ad esempio in Scandinavia, non sono previste tasse a carico degli studenti, deplora la prospettiva di incrementare ulteriormente quelle italiane, come adombra il disegno di legge n. 1387. Al contrario, ritiene necessario tutelare in ogni modo il tetto del 20 per cento rispetto al FFO ed avviare una riflessione al fine di parametrare i contributi degli studenti alle rispettive condizioni economiche.
Stigmatizza indi che i calcoli sulla produttività degli studenti siano spesso viziati, trascurando di tenere conto degli studenti lavoratori che in nessun modo possono, a suo avviso, essere considerati alla stregua dei fuori corso.
Auspica inoltre che gli studenti, i quali rappresentano i maggiori beneficiari della didattica, siano maggiormente coinvolti nella valutazione degli atenei, con ricadute anche su quella dei docenti. Conclude accennando al tema della governance, in ordine al quale si augura sia riconosciuto agli studenti il giusto peso. In particolare, respinge nettamente l'ipotesi di ridurre ulteriormente la loro partecipazione agli organi collegiali, già attestata ad un esiguo 15 per cento.
La professoressa Rosanna CERBO, dirigente della Federazione nazionale università e ricerca dell'UGL, si sofferma anzitutto sugli elementi che determinano sprechi nelle università, e in particolare sulle sedi periferiche che indubbiamente sono cresciute a dismisura senza adeguate motivazioni. Analogamente, ritiene che alcuni corsi di laurea professionalizzanti non abbiano motivo di esistere. Invita tuttavia a distinguere fra tutte le categorie in base al merito,
così come a concedere il biennio di trattenimento in servizio solo ai più meritevoli.
Ribadisce indi alcune tematiche care all'UGL, fra cui l'abolizione del valore legale del titolo di studio, il ruolo unico dei docenti (che risolverebbe anche l'incresciosa assenza di uno stato giuridico dei ricercatori), l'abolizione della farsa rappresentata dai concorsi a favore di una lista unica, un tavolo tecnico per risolvere le tematiche delle facoltà di medicina, con la partecipazione non solo dei Dicasteri competenti sull'università e la ricerca, oltre che la salute,
ma anche delle regioni.

Seguono quesiti da parte dei senatori.
Il senatore ASCIUTTI (PdL) puntualizza che l'indagine conoscitiva ha lo specifico obiettivo di mettere a fuoco gli elementi che incidono negativamente sui bilanci universitari. Esprime pertanto stupore e sconcerto per il silenzio dei sindacati su questi temi che, a suo avviso, precedono logicamente tutte le altre questioni, sia pure di indiscutibile rilievo, fra cui i
finanziamenti, la governance, lo stato giuridico dei ricercatori. Del resto, rammenta, non mancherà occasione di discutere di tali tematiche in altre sedi, ad esempio in occasione del preannunciato disegno di legge governativo in materia. Nell'ambito della procedura informativa in corso, si sarebbe invece aspettato un segnale inequivoco da parte dei sindacati sui temi oggetto dell'indagine, fra cui ad esempio la proliferazione delle sedi e dei corsi di laurea, la permanenza dei docenti nella medesima facoltà per tutta la loro carriera, l'utilizzo irrazionale del personale, la responsabilità del reclutamento, fino all'ipotesi di licenziamento.
Auspica quindi che gli auditi vogliano integrare i loro interventi con una documentazione scritta su questi argomenti.
Il senatore RUSCONI (PD) conviene che il finanziamento rappresenti una questione cruciale per la sopravvivenza degli atenei. Chiede pertanto che cosa prevedano le università in termini di contribuzione studentesca qualora dovessero permanere i tagli operati dal decreto-legge n. 112, nonché quali università correrebbero i maggiori rischi.
Considerato poi che l'Italia non spende meno di altri Paesi per la formazione universitaria, sollecita proposte in ordine a come potrebbero essere spesi meglio i fondi. Quanto infine alle sedi decentrate, concorda su un giudizio differenziato a favore di quelle che effettivamente svolgono attività di ricerca. Si interroga poi su quante di esse dipendano dalla
volontà politica anziché da quella interna universitaria.
Il senatore VALDITARA (PdL), nell'associarsi alla richiesta di integrare gli interventi con una documentazione scritta, sottolinea l'attuale condizione dell'Italia, caratterizzata dal debito pubblico più alto del mondo e da una crisi economica travolgente. Conviene quindi che si possa rovesciare la prospettiva di definanziamento dell'università avviata dal decreto-legge n. 112 solo a condizione di eliminare alcuni sprechi. Sollecita pertanto l'orientamento dei sindacati in ordine alle seguenti tematiche specifiche: rapporto fra personale docente e non docente, che in alcuni atenei è pari allo 0,73 per cento, mentre in altri raggiunge il 2,2 per cento, a testimonianza di evidenti assunzioni clientelari; incapacità di attrarre finanziamenti privati; inadeguatezza di alcuni atenei nell'intercettare le risorse europee; attivazione di sedi
decentrate in aree del Paese dove non vi è neppure un istituto secondario superiore; riduzione, a partire dal prossimo anno accademico, del 20 per cento dei corsi universitari, a coronamento di misure a suo tempo avviate dall'ex ministro Mussi e proseguite ora dall'attuale ministro Gelmini; rapporto fra ricercatori e professori.
Quanto alla contribuzione studentesca, affrontata nel suo intervento dalla rappresentante dell'UDU, pone in luce che in campagna elettorale il Partito democratico aveva proposto di liberalizzare le tasse universitarie. Nel disegno di legge n. 1387 a sia firma, invece, viene recepito il modello introdotto nel Regno Unito dall'ex premier Tony Blair, che prevede una
contribuzione aggiuntiva differita, rateizzabile anche in vent'anni, per i laureati che abbiano trovato una buona occupazione dopo aver beneficiato del sistema universitario. In nessun modo essa può essere quindi giudicata una misura penalizzante per gli studenti.
La senatrice DE FEO (PdL) trae spunto da un articolo pubblicato oggi sulla stampa in ordine agli abbandoni dopo il primo anno di frequenza dei corsi universitari, che rappresenta a suo avviso non solo un enorme dispersione di fondi, ma anche una consistente perdita di tempo per gli studenti. Chiede quindi l'orientamento dei sindacati su eventuali test d'ingresso che verifichino il grado di preparazione degli studenti e ne misurino l'attitudine agli studi universitari.
Il senatore PITTONI (LNP) pone l'accento sulla revisione in corso dei parametri per la distribuzione meritocratica di una quota del FFO.
In considerazione dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea, il PRESIDENTE dichiara conclusa l'audizione, ringraziando i rappresentanti dei sindacati per le indicazioni fornite ed invitandoli a rispondere per iscritto ai quesiti posti. Rinvia indi il seguito dell'indagine conoscitiva.

La seduta termina alle ore 16,30.

 

* ORGANIZZAZIONI UNITARIE DELLA DOCENZA UNIVERSITARIA
Coordinatore generale: Sergio Sergi
- ADU, Associazione Docenti Universitari - Presidente: Leo Peppe.
- ADI - Ass. dottorandi e Dottori di ricerca Italiani , Segretario Nazionale Augusto Palombini
- ANDU, Associazione Nazionale Docenti Universitari - Presidente: Nunzio Miraglia
- APU, Associazione Professionale Universitaria - Presidente: Gina Melillo
- CISAL- Università, Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori - Università - Presidente: Bartolomeo Merola
- CISL-Università, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università - Segretario generale: Santo Signorelli
- CNRU, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari - Presidente: Marco Merafina
- CNU, Comitato Nazionale Universitario - Presidente: Francesco Indiveri
- FLC Cgil, Federazione Lavoratori della Conoscenza - Confederazione gen. it. del lavoro - Segretario Nazionale: Marco Broccati

- SUN - Universitas News, Sindacato Universitario Nazionale, Presidente: Nino Luciani
- UDU, Unione Degli studenti Universitari, Presidente: Valerio Angelini
- UGL - Unione Generale del Lavoro, Universita' e Ricerca, Presidente: Clara Valli
- UILPA-UR AFAM, Unione Italiana del Lavoro Pubblica Amm.ne - Università e Ricerca - Presidente: Alberto Civica.

- UGL Università, Unione Generale del Lavoro

 

n
EDIZIONE STRAORDINARIA
LA RIFORMA DELLE COMMISSIONI E' LEGGE DELLO STATO

Convertito in legge il Decreto-legge 10 nov. 2008, n. 180, "Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la
valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca" .

Ci saranno ancora: a) due idonei per un posto di prof. associato o di prof. ordinario; b) un idoneo
per un posto di ricercatore. Inoltre ci sarà meno rigidità per le chiamate dirette di professori dall'estero.


MariaStella Gelmini


La Ministra, dopo un gran fracasso così da rinviare i concorsi, perchè
"da farsi con nuove commissioni giudicatrici" (per elezione e sorteggio)

poi
all'ultimo si  lascia scippare (da parte di ignoti, della sua

Maggioranza) gli effetti della riforma, lasciando liberi gli Atenei
di non riaprire i termini per le domande di concorso.
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Sul piano più generale, per parte finanziaria, è stata VIOLATA  L'AUTONOMIA UNIVERSITARIA.
Anche dimostrata, da parte del governo, coda di paglia, incompetenza, mala fede con l'abbassare

il finanziamento statale, ma  senza liberalizzare il ricorso al mercato (contribuzione studentesca).
Questo si doveva fare per il costo della laurea magistrale, e considerare che, tra gli studenti della laurea
triennale, ci sono molti figli di papà che potrebbero pagare almeno un buon 30% del costo degli studi.

Come l'Università* (meglio dire, come una sua
autorevole espressione) è comparsa alla Camera ...

P. BINETTI*:
"Molte volte i nostri ricercatori, quando arrivano a fare il concorso, lo hanno  già vinto, ma non soltanto per il sotterfugio del concorso, ma perché quel concorso è stato bandito in quanto già avevano dato prova di capacità, di intelligenza, di dedizione e di originalità nel pensiero. Sono una ricchezza e una risorsa che è veramente un peccato perdere e disperdere."


Paola Binetti

LUCIANI: se ho ben capito, la prof. Binetti ha definito "sotterfugio" il concorso come fatto finora, ma ha anche snobbato (ossia non degnato di una parola - si vegga sotto) la riforma Gelmini delle commissioni di concorso che, dunque, rimarrebbe un "sotterfugio", come se non sia cambiato nulla. Come non darle torto, se non sono riaperti i termini per le domande, così che il concorso sia limitato ai "predestinati" che fecero domanda in base alla legge precedente ?
   Sotto un profilo più complessivo, la nuova legge ci fa constatare come, alla faccia dell'autonomia universitaria (voluta dall'art. 33 della Costituzione, e ribadita nel "contratto con gli italiani" di Berlusconi), continuiamo ad avere dei governi che distruggono l'università con provvedimenti finanziari che mirano a sottomettere l'università al potere politico. I motivi dati in pasto ai mass media si direbbero incontrovertibili, soprattutto perchè a senso unico. Ma "dura minga" ... .
  Infatti è' del tutto pretestuoso che lo Stato discrimini tra le università, a favore di quelle che hanno sforato, per i contributi studenteschi, il 20% del FFO (sono quelle medesime, ridenominate ad arte come "virtuose" perchè non hanno sforato, per spese di personale il 90% del FFO). Ed è coda di paglia, incompetenza, mala fede l'abbassare, come regola generale, il finanziamento pubblico e al tempo stesso non liberalizzare il finanziamento da parte del mercato (intendi: contributi studenteschi), anche perchè, tra gli studenti, ci sono molti figli di papà che possono pagare il costo effettivo degli studi o almeno un buon 30%.   In questa liberalizzazione, andrebbe fatta anche una distinzione tra laurea triennale (in qualche modo, laurea sociale) e laurea magistrale.
  Trovo anche assurdo che lo stato dia un finanziamento diverso, alle università,   per lo studente di una Facoltà rispetto a quello di un'altra Facoltà.
   Le discriminazioni finanziarie tra università, disgiunte da analisi delle situazioni da caso a caso, altro non sono che forme di intimidazione, riedizioni delle pratiche sovietiche, ben note, che portarono al fallimento quel sistema politico. I cosiddetti parametri di "efficienza" ebbero già da allora una ampia sperimentazione in quel sistema.
   Anche a volerli considerare motivati da "razionalità", in realtà sono soggettivi, e spesso sottendono complessi di inferiorità legati alle vicende personali di chi li inventa. La "valutazione dei ricercatori", ivi  di riferimento (impact factor, citation index), è una burla, un by-pass per eludere un serio controllo, che può esserci solo con l'analisi delle ricerche.
   Tutte queste cose possono accadere soprattutto perchè al Ministero dell'università abbiamo degli incompetenti estremi. Anche in parlamento, maggioranza e opposizione, c'è di tutto, salvo eccezioni. Non sappiamo cosa farcene di chi da enfasi al "merito", ma poi non sa come applicarlo, anzi agisce in senso contrario.
IL DISCORSO DELLA On. Prof. Paola BINETTI
* Prof. ordinario di storia della medicina, Camera dei Deputati, 5 gen 2009)

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, vorrei soffermarmi prima di tutto sull'emendamento che ho proposto, anche perché, essendo stata posta la questione di fiducia e, quindi, avendo la certezza che questo emendamento non passerà (trovandomi successivamente quasi nell'obbligo di trasformarlo in un ordine del giorno), vorrei che in qualche modo la comprensione e la rilevanza di quello che ciò comporta raggiungesse perlomeno, attraverso la persona del sottosegretario - non posso dire attraverso la presenza della maggioranza perché effettivamente è un po' paradossale quello che sta accadendo oggi pomeriggio - l'interesse dell'università. L'emendamento che ho presentato ha come punto di riferimento la valorizzazione della figura dei ricercatori. Si chiede sostanzialmente che gli atenei possano investire una parte considerevole del loro budget nella possibilità di attivare i concorsi per ricercatori. Detta così, potrebbe sembrare una questione che si scontra con la tematica drammatica della mancanza di risorse, della mancanza di fondi e addirittura dei tagli a cui tutta l'università in qualche modo è stata sottoposta.

Però, vorrei che fossero chiari tre passaggi, concretamente. Il primo è che questi giovani che aspirano a diventare ricercatori generalmente sono il meglio di quello che l'università ha proposto: sono quei giovani che hanno cominciato la loro carriera universitaria con serietà, con tenacia e con impegno. Nelle facoltà scientifiche, nelle quali sono abituata a lavorare, sono quelli che fanno gli studi interni. Nella facoltà di medicina, concretamente, molto spesso sono ragazzi che entrano all'università alle otto del mattino e vanno via alle otto o alle nove di sera perché passano dalle lezioni, ai laboratori, all'assistenza ai pazienti. Sono persone che frequentano le scuole di specializzazione superando già delle selezioni, ragazzi intelligenti, determinati e appassionati che dovrebbero davvero rappresentare quello che possiamo chiamare il meglio di ciò che l'università è in grado di produrre. Queste energie nuove e fresche, capaci di rinnovare l'università e in qualche modo già selezionate dal sistema, entrando all'università, possono avere la possibilità di vedere riconosciuto davvero il valore del merito e la qualità di una dedizione e di una donazione personale agli studi tutto sommato in modo realmente gratuito. Chiedo scusa in anticipo se la maggior parte degli esempi che faccio riguardano la facoltà di medicina. Questi giovani ricercatori, si trovano davvero a svolgere i tre compiti fondamentali dell'università: la ricerca, il contributo reale all'attività di didattica e, nel caso specifico, anche il contributo all'attività dell'assistenza.

Voglio soffermarmi un momento specificamente sul contributo che riescono a dare sul piano della didattica. Penso che non sfugga a tutti noi che stiamo parlando di riforma del sistema universitario che già il decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, molti anni fa (la prima riforma universitaria un po' seria che il nostro Paese ha avuto), aveva istituito, accanto al ruolo dei ricercatori, anche una funzione molto particolare che aveva assegnato a tutto il corpo docente, guardando con particolare interesse ai ricercatori: il ruolo del tutorato, quella formazione ad personam che ogni studente può ricevere nel momento in cui entra nell'università, stabilendo con i giovani docenti quel rapporto di fiducia, quel rapporto di confidenza, quella possibilità di fare un bilancio reale delle difficoltà, non misurato soltanto dal voto ma anche dal profilo delle competenze che può e che desidera acquisire, quelle che fa fatica ad acquisire. Il sistema dei ricercatori, questo universo straordinario, che è il primo gradino della docenza universitaria, è quello più prossimo alla formazione degli studenti interni, e in molti casi è quello che ha a proprio carico la formazione professionalizzante degli studenti. Chi insegna ad un giovane studente di medicina degli ultimi anni a diventare un medico? Qualche volta il maestro, ma il maestro parla più ai ricercatori, ai suoi assistenti. Chi svolge questa funzione di maestro, potremmo dire quasi una sorta di de magistro, accanto ai giovani è proprio il ricercatore. Senza la figura del ricercatore, senza questa rete straordinaria che i ricercatori riescono a costruire, attraverso questa dinamica che chiamiamo di formazione ad personam quale è il sistema tutoriale, molti ragazzi si perdono, per gli abbandoni, per i ritardi; ma c'è anche una perdita più importante che non possiamo sottovalutare, la perdita dell'entusiasmo, la perdita della speranza, la perdita della fiducia, la perdita dell'ambizione all'eccellenza, quella che costituisce il volano di trasformazione delle nostre università.

D'altra parte, i ricercatori sono anche per definizione coloro i quali nei laboratori riescono a portare il contributo più vivo di un'intelligenza creativa, di una capacità di non seguire dinamiche di tipo conformista. Sono coloro che sono capaci con maggiore facilità di porsi i «perché». Al di là dell'ovvietà delle cose che si sono sempre fatte in un certo modo, a volte noi abbiamo bisogno delle domande, più ancora delle risposte. E sono i giovani ricercatori che hanno questa freschezza dell'intelligenza che riesce a provocare un sistema, che riesce a suggerire una soluzione che magari fino a quel momento poteva essere sembrata inapplicabile, inattuabile e che l'intelligenza nuova riesce, invece, a trovare con una ricchezza alla quale si può attingere per risolvere in modo diverso problemi consolidati. Sono di fatto i ricercatori, come sappiamo, che molte volte traducono l'intuizione del direttore. Il direttore dice: si potrebbe fare così, potremmo andare a verificare questa cosa. Ma poi chi di fatto trasferisce quelli che noi chiamiamo i pochi istanti di un'ispirazione nei molti momenti di lavoro faticoso, di controllo, con gli esperimenti di laboratorio, con la tempistica che richiedono, con la necessità di essere presenti in quegli orari che sono dettati dall'esperimento stesso e non dalla volontà personale, sono proprio loro. Chi si sobbarca la fatica della scrittura dell'articolo, quegli articoli scientifici che poi molte volte subiscono quel controllo rigoroso che il direttore, il primario, l'ordinario fa sul loro lavoro?

Chi costruisce questo articolo, andando a verificare i dati, con il controllo bibliografico, con la capacità di riscrivere le nuove metodologie di lavoro seguito sono ancora una volta i ricercatori. Molte volte il grande capo è quello che mette giustamente, come sappiamo tutti quanti, o la prima o l'ultima firma, cioè è colui che dà l'ispirazione o colui che mette il sigillo finale; ma chi ha costruito quell'articolo e prima di tutto l'esperimento, l'esperienza e poi la materializzazione dell'articolo stesso, è ancora una volta il giovane ricercatore. Io non so come noi potremo prescindere nel sistema universitario da questa fucina che poi costituisce nella prospettiva anche la vera anticamera dei docenti senior. L'esperienza del ricercatore, molte volte anche con la durezza nel percorso della vita del ricercatore stesso, è quella che permette più di qualunque altro tipo di concorso.

Sappiamo perfettamente che negli Stati Uniti il sistema concorsuale è molto diverso da quello italiano: è un sistema per cooptazione, si sceglie una determinata persona, senza bisogno di subordinare il sistema delle regole alla scelta personale. Questa persona poi, però, deve dare sul piano concreto delle operazioni le prove del suo merito e del suo valore. Molte volte i nostri ricercatori, quando arrivano a fare il concorso, lo hanno già vinto, ma non soltanto per il sotterfugio del concorso, ma perché quel concorso è stato bandito in quanto già avevano dato prova di capacità, di intelligenza, di dedizione e di originalità nel pensiero. Sono una ricchezza e una risorsa che è veramente un peccato perdere e disperdere.

Credo che abbiamo un sistema anche molto interessante, di cui non mi sembra di aver sentito parlare oggi pomeriggio, a proposito della valutazione, ed è quello della conferma: a tre anni da un concorso, che sia di ricercatore, di associato o di ordinario, c'è la conferma, ossia quella valutazione che, prima di tutto, fa la facoltà, perché è questa che poi manda la sua documentazione al CUN, affinché da questo poi arrivi la conferma reale. In questa valutazione interna, progressiva, gli atenei virtuosi già da tempo si stanno cimentando. Ed è qui che si ottengono i lavori prodotti, ma ciò non basta. Sappiamo benissimo quante sono le dinamiche di sotterfugio attraverso le quali si può avere la firma in un lavoro. Chi sa realmente cosa ha fatto ciascuno in quel lavoro è il direttore che ha diretto quell'unità di ricerca. Egli sa se quel ricercatore vale, se vale veramente, quanto vale, quanto è originale il suo contributo, quant'è corposa la sua dedizione e donazione. Ecco perché vi dico - intendo ancora fare riferimento brevemente alla valutazione del sistema universitario - che su questo emendamento ci giochiamo il futuro dell'università (ma non perché esso dipenda da questo emendamento, che cerca di rappresentare questa situazione); ci giochiamo il futuro dell'università se chiudiamo gli occhi davanti alla gioventù dei ricercatori.

Per favore, non pensiamo ai ricercatori che diventano tali a cinquant'anni, con tutto il rispetto. Abbiamo bisogno di ricercatori che raggiungano queste posizioni nel momento in cui c'è davvero la possibilità di esprimere il massimo della loro creatività intellettuale e della loro dedizione reale. Sappiamo che molte volte questi giovani, per arrivare e vivere in questa fascia, sacrificano molte energie familiari, intanto perché lo stipendio di un ricercatore è notoriamente bassissimo, per niente competitivo rispetto a quello che potrebbe essere per pari intelligenza, dedizione e creatività lo stipendio in un altro tipo di azienda. Molte volte sacrificano la possibilità di una famiglia, non solo del matrimonio e di avere dei figli, ma anche di costruire una loro vita sociale. Detto questo, vorrei ribadire i seguenti punti, che sono quelli che ho preparato in particolare. L'università nasce, vive e opera per rispondere alle sfide del futuro. Un giovane che oggi vi entra sarà pronto sul mercato del lavoro tra tre, cinque o addirittura otto anni. I programmi di ricerca hanno cicli di sviluppo misurabili in anni e spesso in lustri, l'università, quindi, è interessata principalmente a ciò che accadrà in un avvenire prossimo o meno prossimo, che essa stessa contribuisce a preparare. L'università costruisce il futuro perché mantiene e aggiorna di continuo la memoria del nostro passato, ponendosi al servizio della comunità. Una società che non guarda al futuro, che non si pone traguardi anche ambiziosi è condannata inesorabilmente al declino.

Stralcio della parte della legge, relativa ai concorsi

Decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2008 , come modificato dopo la LEGGE 10 NOVEMBRE 2008, N. 180: "Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca"

Articolo 1. (Disposizioni per il reclutamento nelle università e per gli enti di ricerca)
….. ……
................
4. Per le procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori universitari di I e II fascia della prima e della seconda sessione 2008, le commissioni giudicatrici sono composte da un professore ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando e da quattro professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione. L'elettorato attivo è costituito dai professori ordinari e straordinari appartenenti al settore oggetto del bando. Sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna commissione i professori che appartengono all'università che ha richiesto il bando. Ove il settore sia costituito da un numero di professori ordinari pari o inferiore al necessario, la lista è costituita da tutti gli appartenenti al settore ed è eventualmente integrata mediante elezione, fino a concorrenza del numero necessario, da appartenenti a settori affini. Il sorteggio è effettuato in modo da assicurare, ove possibile, che almeno due dei commissari sorteggiati appartengano al settore disciplinare oggetto del bando. Ciascun commissario può, ove possibile, partecipare, per ogni fascia e settore, ad una sola commissione per ciascuna sessione. Nell'ipotesi in cui il numero dei professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, integrato dai professori ordinari appartenenti ai settori affini, sia inferiore al triplo del numero dei commissari necessari nella sessione, si procede direttamente al sorteggio.

5. In attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori universitari e comunque fino al 31 dicembre 2009, le commissioni per la valutazione comparativa dei candidati di cui all'articolo 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono composte da un professore ordinario o da un professore associato nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando e da due professori ordinari sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione. L'elettorato attivo è costituito dai professori ordinari e straordinari appartenenti al settore oggetto del bando. Sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna commissione i professori che appartengono all'università che ha richiesto il bando. Il sorteggio è effettuato in modo da assicurare ove possibile che almeno uno dei commissari sorteggiati appartenga al settore disciplinare oggetto del bando. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al comma 4. 6. In relazione a quanto disposto dai commi 4 e 5, le modalità di svolgimento delle elezioni, ivi comprese ove necessario le suppletive, e del sorteggio sono stabilite con apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente natura non regolamentare da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore "della legge di conversione".. Si applicano in quanto compatibili con il presente decreto le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117.

6.  " In relazione a quanto disposto dai commi 4 e 5, le modalità di svolgimento delle elezioni, ivi comprese ove necessario le suppletive, e del sorteggio sono stabilite con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca avente natura non regolamentare da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore "della legge di conversione". Si applicano in quanto compatibili con il presente decreto le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117 (è ammesso un voto di preferenza - N.d.R.)"

"6-bis. Per sovraintendere allo svolgimento delle operazioni di votazione e di sorteggio di cui ai commi 4 e 5, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è nominata una commissione a livello nazionale composta da sette professori ordinari designati dal Consiglio universitario nazionale nel proprio seno. Le operazioni di sorteggio sono pubbliche. La commissione, nella prima adunanza, provvede altresì alla certificazione dei meccanismi di sorteggio per la proclamazione degli eletti nelle commissioni dei singoli concorsi. Per la partecipazione all'attività della commissione non sono previsti compensi, indennità o rimborsi spese. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica."

7. Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli illustrati e discussi davanti alla commissione e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto", sentito il Consiglio universitario nazionale.

8. Le disposizioni di cui al comma 5, si applicano, altresì, alle procedure di valutazione comparativa indette prima della data di entrata in vigore del presente decreto, per le quali non si sono ancora svolte, alla medesima data, le votazioni per la costituzione delle commissioni. Fermo restando quanto disposto al primo periodo, le eventuali disposizioni dei bandi già emanati, incompatibili con il presente decreto, si intendono prive di effetto. Sono, altresì, privi di effetto le procedure già avviate per la costituzione delle commissioni di cui ai commi 4 e 5 e gli atti adottati non conformi alle disposizioni del presente decreto.

8-bis. I professori universitari i quali non usufruiscono del periodo di trattenimento in servizio di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, conservano l'elettorato attivo e passivo ai fini della costituzione delle commissioni di valutazione comparativa per posti di professore e ricercatore universitario, e comunque non oltre il 1º novembre successivo al compimento del settantaduesimo anno di età.

8-ter. Per le procedure di valutazione comparativa di cui al comma 4 e per quelle relative al reclutamento dei ricercatori universitari, il cui termine di presentazione delle domande sia scaduto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ovvero sia ancora aperto alla predetta data, le università possono fissare per una data non successiva al 31 gennaio 2009 un nuovo termine di scadenza della presentazione delle domande di partecipazione. Al fine di assicurare pari condizioni tra i candidati, rimangono invariate le norme del bando riguardanti le caratteristiche ed i termini temporali di possesso dei titoli e delle pubblicazioni allegabili da parte dei candidati".

9. All'articolo 74, comma 1, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo le parole: "personale non dirigenziale" sono inserite le seguenti: ", ad esclusione di quelle degli enti di ricerca,".

Art. 1-bis. - (Disposizioni in materia di chiamata diretta e per chiara fama nelle università). 1. Il comma 9 dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230, è sostituito dai seguenti: "9. Nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di studiosi stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie estere, ovvero che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata. A tali fini le università formulano specifiche proposte al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il quale concede o rifiuta il nulla osta alla nomina previo parere del Consiglio universitario nazionale.

Nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono altresì procedere alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama. A tal fine le università formulano specifiche proposte al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il quale concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere di una commissione, nominata dal Consiglio universitario nazionale, composta da tre professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare in riferimento al quale è proposta la chiamata. Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito.

Se si vuole dare una risposta convincente alla domanda «quale futuro?», occorre puntare sul dialogo tra il mondo della politica, dell'impresa e dell'università. La crescita culturale e professionale dello studente è il risultato di un complesso processo di apprendimento, che non poggia più esclusivamente sull'insegnamento in aula e si avvale di numerosi supporti e servizi di informazione, assistenza e socializzazione. Il giudizio sull'università deve tener conto non solo della qualità dei docenti, ma anche dell'affollamento delle aule, delle biblioteche e dei laboratori, della possibilità di svolgere attività sperimentali, dell'opportunità di potere effettuare stage presso imprese e istituzioni, dell'offerta di residenza, dell'efficacia dei programmi di scambio con l'estero, della presenza di spazi e strutture per lo studio individuale e di gruppo. Molti studi rilevano il ruolo decisivo che l'educazione superiore e la ricerca scientifica assolvono nei processi di innovazione tecnologica e di sviluppo economico; non c'è sviluppo maturo e duraturo senza un solido sistema di alta educazione e di ricerca scientifica. Ciò è tanto più vero nell'era contemporanea del mercato e dell'informazione globale. Il mondo nel quale viviamo e operiamo richiede che la cultura sia accessibile a tutti. In Italia lo afferma la Costituzione, di cui, non a caso, quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario, che attribuisce alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (si tratta dell'articolo 3, come tutti sappiamo molto bene). Viviamo in un'epoca di grande concorrenza, ovviamente, ma, seppure in ritardo, l'Unione europea ha mostrato di avere percepito la portata rivoluzionaria della sfida che ci si pone innanzi.

Nel 2000, a Lisbona, si è definita la strategia ambiziosa di diventare, entro il 2010, la prima economia al mondo fondata sulla conoscenza. Successivamente, a Barcellona, sono stati indicati obiettivi precisi: investire in ricerca scientifica il 3 per cento del PIL, recuperare il gap rispetto alle economie più dinamiche, il knowledge base del mondo, dare vita ad uno spazio europeo della formazione superiore e della ricerca, superare la frammentazione a causa della quale, ancora oggi, il 95 per cento della spesa europea in ricerca è decisa a livello nazionale. Il settimo Programma quadro approvato dal Parlamento europeo prevede un aumento della spesa. Nei prossimi sette anni l'Unione europea investirà oltre 53 miliardi di euro in ricerca e, in questo contesto, un compito importante sarà affidato al nuovo Consiglio europeo delle ricerche, cui spetterà distribuire 7,5 miliardi di euro a studiosi di ogni nazionalità che intendano stabilire il proprio centro di ricerca in uno dei Paesi membri. Si parla di questa strategia, di questo spazio europeo della conoscenza nel 2010. Signori, il 2010 è praticamente già cominciato! Potremmo fare un sorta di conto alla rovescia: dei 365 giorni del 2009, 5 sono già trascorsi; ce ne resta un certo numero e su questi vale la pena guardare e investire. Dovremmo cercare di passare da un'università chiusa e ingessata ad una più aperta e dinamica; da un'università espressione del mondo epistemologico delle certezze ad un'università ancorata al mondo epistemologico della probabilità e degli scenari possibili; da un'università monade e delocalizzata ad un'università glocal, dove il sapere globale si confronta e interagisce con i bisogni e le domande locali; da un'«università isola» ad un'università integrata a livello internazionale, nazionale e territoriale; da un'università che formava ristrette classi dirigenti in un ciclo breve e definito di istruzione rigidamente disciplinare ad un'università chiamata ad educare un numero crescente di persone in un ciclo di istruzione permanente, il long life learning; dall'università dei manuali e dei saperi consolidati ad un'università dei saperi fluidi e interdisciplinari. Il nostro sistema dell'istruzione superiore e della ricerca è in grado di produrre buona materia prima, toccando, non di rado, punti di eccellenza.

Nature ha pubblicato uno studio che colloca i ricercatori italiani, ultimi per i finanziamenti, al terzo posto per la produttività scientifica tra i Paesi del G8; quindi, materia prima buona per l'esportazione, pronta per essere utilizzata altrove nella produzione di cultura, sapere e tecnologia. Nondimeno, il nostro sistema nazionale rischia di diventare rapidamente periferico e di rimanere al palo per ciò che concerne la capacità di incidere in relazione ai profondi e rapidi cambiamenti in atto. Per evitare tale eventualità, occorre fissare i seguenti obiettivi: la qualità, l'equità e l'efficienza, peraltro sottolineati dall'OCSE nella conferenza tenutasi ad Atene lo scorso 28 e 29 giugno. Ciò in quanto il sistema universitario italiano si presenta come una struttura complessa, con atenei specialistici e generalistici, piccoli e giovani, statali e non statali. Penso che la dizione «università pubbliche-università private» vada totalmente abbandonata, anche dopo la riforma del sistema che ha visto, nel sancire il pieno ruolo della scuola paritaria, anche gli atenei distinti in statali e non statali, anziché in pubblici e privati. Non credo che ci vergogniamo di istituzioni come la Bocconi, la LUISS, la Cattolica o anche l'università da cui provengo, il Campus Biomedico, e molte altre. Sul tema, anzi, il potenziamento delle università a vocazione specifica va opportunamente valorizzato, e va valorizzato ponendo anche lì obiettivi di valutazione: il termine parallelo a «valorizzazione» è «valutazione».

Però mi dispiacerebbe se noi dovessimo portare avanti una politica che rendesse l'ateneo pubblico contrapposto a quello privato, laddove l'ateneo privato è inesistente, posto che tutti gli atenei, per loro stessa intrinseca vocazione, sono atenei pubblici. Se si fa poi un confronto sugli investimenti, il sistema universitario italiano rispetto a quello degli altri Paesi europei risulta in evidente ritardo. È sufficiente indicare un solo dato: l'Italia spende per ogni studente universitario 7.241 euro, contro i 9.135 della Francia e i 9.895 della Germania. Il Fondo di finanziamento ordinario, che dovrebbe assicurare all'università la possibilità di svolgere nel quotidiano la funzione di istituzione pubblica per l'alta formazione, è quasi interamente assorbito dagli stipendi del personale. Fatto 100 questo fondo nel 2001, il rapporto tra il 2001 e il 2006 è passato a 112,4; nello stesso periodo, il livello degli emolumenti fissi del personale universitario, che ammonta a poco più di 100 mila unità compreso il personale tecnico-amministrativo, è passato da 100 a 124. È alquanto difficoltoso tentare di rialzare la testa, se manca un miliardo di euro persino per tornare al livello di cinque anni fa. Vorrei avvicinarmi alla conclusione, e vorrei anche però sottolineare un altro dato positivo del sistema universitario italiano: il numero dei laureati è passato dai 161 mila del 2000 ai 301 mila del 2005; in realtà, in quattro anni il numero dei laureati è duplicato. Questo mi sembra un dato positivo, anche se non si non ci esime dal porci la domanda di quale sia il livello di competenza dei nuovi laureati. A sentire i professori universitari, per i soggetti che si laureano in media, misurati come fascia se guardiamo all'università come università di massa, il livello sembra più basso; viceversa, se guardiamo in ogni corso di laurea a quelle nicchie di eccellenza che si formano, la qualità, la competenza e il potenziale di sviluppo dei giovani laureati anche attualmente è molto alto e fortemente competitivo sul piano internazionale. Ritornando al confronto con i Paesi dell'Unione europea e gli Stati Uniti, il rapporto per numero di ricercatori e per unità di lavoro è rispettivamente pari alla metà e ad un terzo; da rilevare che oltre l'80 per cento dei nostri professori ordinari ha un'età compresa tra i cinquanta e i sessant'anni: se in questo campo non si interviene in tempo ed efficacemente, tra quindici anni si creerà un vuoto che sarebbe paradossale per un paese, come l'Italia, nel quale molti giovani talenti premono per entrare nel mondo della ricerca. E questa era l'origine stessa, che aveva dettato il desiderio di un emendamento che aprisse le porte ai ricercatori come alla vera ventata nuova che produrrà dall'interno il cambiamento della struttura universitaria."

 


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 Roma, 28 novembre 2008
Inaugurazione anno accademico

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Luigi Frati


Rettore: "…non possiamo non fare nostre le inquietudini dei nostri studenti di fronte ad investimenti per ricerca che sono da anni in Italia la metà di quelli dei più saggi Paesi europei ed ai tagli finanziari che non distinguono ciò che è strategico da ciò che è riducibile, perché derivato da decisioni che hanno seguito i privilegi, piuttosto che la logica del buon funzionamento delle istituzioni… Il nostro obiettivo è quello di fare subito la nostra parte, per poi aprire un confronto con la politica, chiamando il  Governo a scelte di responsabilità nei confronti dell’avvenire dei giovani."

   Luciani: Ma, poi, il Rettore (il giorno dopo) è tornato a chiarirsi sulla stampa locale: "Non sono contro Tremonti e la Gelmini, anzi li stimo. Rimango con gli studenti, ma non ammetto atteggiamenti, tipo impedire di parlare" (virgolette mie).
   In altri termini, il Rettore di Roma si pone come Becket: "Essere amico del Re, ma senza venir meno alla propria missione che è servire Dio", diciamo che egli vuole convincere il governo sul valore dell'università pubblica. Potrebbe essere presuntuosità, perchè in una giungla (Berlusconi è il capo della giungla) gli avamposti finiscono di solito nella bocca del leone. Ma, come RETTORE DI ROMA e insieme con gli studenti, può giocare una carta. Non sembri una provocazione questo ruolo attribuito agli studenti. Nell'Alma Mater delle origini gli studenti eleggevano il Rettore e questo rientra in un corretto rapporto tra domanda e offerta di lezioni. NL

Nota. Proponiamo a tutti i Colleghi dell'Università italiana la posizione pacata, ma chiara e forte, del Rettore FRATI.

Anno accademico 2008/2009 - 706° dalla fondazione

Discorso del Rettore Luigi Frati

Signore e Signori, Autorità tutte,
Magnifici Rettori qui convenuti
Studenti

Colleghe e Colleghi professori, tecnici, amministrativi,
ho voluto l’inaugurazione dell’anno accademico nel canonico mese di novembre, cioè come evento "normale", ripetutosi negli oltre 700 anni di storia di questa Università, evento a volte rinviato per rincorrere presenze le più diverse: intendo infatti segnare il ritorno pieno della Sapienza alle sue tradizioni, alle sue finalità istituzionali, e perciò ai temi centrali della ricerca e della formazione, che siano di qualità ed utili. E proprio per questo ritengo di dover ricordare e commentare con chiarezza alcuni eventi che hanno condizionato quest’anno la nostra vita accademica, con un’eco non sempre positivo sulla stampa, anche internazionale.

1. Tre questioni preliminari [la vicenda del Papa alla Sapienza; il
seminario sulle foibe; i tagli al finanziamento alle Università]

Un anno fa un gruppo di colleghi scrisse al Rettore Prof. Guarini, ritenendo inopportuno l’invito al Papa a tenere la prolusione all’anno accademico. Non di prolusione si trattava, ma di un intervento a seguire l’inaugurazione dell’anno accademico: nonostante la precisazione, le polemiche non si sono fermate, cosicché alla fine c’è stata la rinuncia di Benedetto XVI a venire nell’Università. L’invito a tenere la prolusione non c’è mai stato, e non ci sarà; l’invito a venire alla Sapienza c’è stato e ci sarà ancora, con modalità senza equivoci. Ancora: un convegno sulle foibe, richiesto non da studiosi, ma da un’organizzazione politica, quindi oltre il confronto tra studiosi, su di un argomento su cui non vi è nessuna riserva a che sia approfondito, come mi auguro che avvenga nella nostra Università con uno specifico convegno di studio. Infine il decreto legge 120 convertito nella legge 133/2008, le proteste degli studenti e dei docenti, la campagna mediatica che ha ritenuto "innaturale" la convergenza su certe tematiche tra studenti e professori. Ripeto ciò che ho detto il 30 ottobre, nella giornata di consuntivo del rettorato del Prof. Guarini: …non possiamo non fare nostre le inquietudini dei nostri studenti di fronte ad investimenti per ricerca che sono da anni in Italia la metà di quelli dei più saggi Paesi europei ed ai tagli finanziari che non distinguono ciò che è strategico da ciò che è riducibile, perché derivato da decisioni che hanno seguito i privilegi, piuttosto che la logica del buon funzionamento delle istituzioni… Il nostro obiettivo è quello di fare subito la nostra parte, per poi aprire un confronto con la politica, chiamando il Governo a scelte di responsabilità nei confronti dell’avvenire dei giovani. Le preoccupazioni di quei giorni sono le preoccupazioni che abbiamo ancora e che chiedono a noi prima di tutto di bene amministrare, d’interpretare i tempi, di rompere privilegi e consuetudini, perché poi si possa avere l’autorevolezza per chiedere e proporre alla politica nazionale un’azione decisa, anche a correzione ed integrazione dei provvedimenti di legge di recente emanati.

2. I problemi finanziari. Le scelte di rigore. Sviluppo economico della carriera docente secondo la produttività.
Non c’è Rettore che non sia allarmato per lo "scalone" finanziario del 2010, tale da mettere in crisi qualsiasi Università. Vale al riguardo l’osservazione generale che i tagli indiscriminati si riflettono non solo sulle attività "patologiche", ma anche su quelle virtuose. Non sottovaluto perciò il rilievo dei tagli disposti dalla legge 133/2008: la tabella allegata indica il grave deterioramento finanziario che ne deriverebbe, pur di fronte ad un bilancio 2007 della Sapienza chiuso in pareggio e con un’incidenza degli stipendi del 94% sul Fondo di Finanziamento Ordinario [senza il beneficio degli attenuatori, di cui parlerò tra poco]. Anche riducendo il reclutamento rispetto alla previsione del recente D.L. 180, vi sarà un rilevante disavanzo nel 2010-2011 e comunque un innalzamento inevitabile dell’incidenza degli stipendi, come dire una diminuzione delle spese in ricerca ed infrastrutture:

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Rimane dunque serio il problema finanziario: ma vogliamo raccogliere la sfida politica di questi giorni, che è quella di ristrutturare le nostre attività, con decisione, per meritare il ripristino dei finanziamenti tagliati. Il buon funzionamento dell’Università è infatti cruciale per il Paese e tutti debbono fare la propria parte, dalle singole Università alla politica nazionale, dalla struttura di valutazione ministeriale [che stabilisce gli indicatori su cui vengono erogate le risorse] alle Regioni, competenti e quindi responsabili per quanto riguarda i costi della sanità.

Il metodo che certamente verrà proposto (la razionalizzazione della spesa verso obiettivi stabiliti dalla politica) è lo stesso attuato da anni con le Regioni per la sanità: quelle che si sono allineate agli indicatori di efficienza/efficacia/economicità ricevono finanziamenti aggiuntivi, le altre - il Lazio è tra queste - sono in notorie difficoltà. Qualcosa di simile dovrà accadere anche per le Università ed è questo il segnale che viene dall’art. 2 del D.L. 180, che stabilisce regole specifiche di buon funzionamento, fondate sulla qualità della ricerca e della formazione e sull’efficienza/economicità delle sedi, e quindi sulla valutazione dei risultati.

Costo della research vs teaching university.

L’impegno è quello di allineare ad una logica di competitività internazionale ogni nostra azione e perciò introdurre criteri europei nelle regole con le quali sono assegnate le risorse agli Atenei. Da una decina d’anni si vanno infatti applicando anche da parte del Ministero regole finanziarie che non distinguono tra research e teaching university, favorendo così il proliferare di sedi che costano poco [solo teaching], perché non fanno ricerca, di Corsi di laurea già improbabili nella denominazione, se non inesistenti nelle finalità culturali e di sbocco occupazionale.

Il paradosso degli "attenuatori" di costo del personale. Ed ancora viene applicato un criterio discutibile di "attenuazione" del calcolo del massimo consentito di spese di personale sul FFO-Fondo di Finanziamento Ordinario [90%] per poter chiedere concorsi senza avere adeguate risorse. Consentire infatti alle Università di detrarre a questo fine gli aumenti dovuti in forza del CCNL-contratto collettivo nazionale di lavoro (così come gli oneri impropri gravanti sull’Università per il personale addetto unicamente alle attività assistenziali), senza trasferire alle Università le risorse dei CCNL o fare i conti esatti con le Regioni per la sanità, ha il sapore di un sistema artefatto di finanza irresponsabile che questo Governo ha ereditato da quello precedente e che permane tutt’ora, favorendo appunto comportamenti elusivi dei problemi da entrambe le parti [si fa finta che…]. E spiace che l’assemblea dei Rettori, il 20 novembre nell’ultima riunione della CRUI, di fronte alla mia proposta di chiedere al Ministro l’abolizione di questi cosiddetti "attenuatori" e di fare chiarezza sulle competenze relative agli oneri contrattuali ed a quelli sanitari-assistenziali, neanche abbia voluto discutere il problema.

La vera meritocrazia.
Ma è difficile pensare di modificare davvero le cose se non si introducono elementi di premialità e di sanzione che tocchino direttamente i docenti universitari, i loro stipendi per intendersi, in relazione ai meriti, introducendo o migliorando i sistemi di valutazione oggettiva per divenire professori e poi per procedere nella progressione di carriera. Pensare solo a premi e sanzioni di struttura (Ateneo, Facoltà, Dipartimento) significa rinviare ad altri tempi uno dei provvedimenti più necessari, sui quali la politica deve dimostrare coraggio nello scegliere e l’accademia comprendere che non è più il tempo delle difese di un’autonomia astratta, di bizantinismi e di "distinguo", a cui ci hanno abituato inchieste giornalistiche e dibattiti televisivi, alla ricerca del sensazionale (… i parenti), ma non dell’origine dei problemi, che consiste nel fatto che chi s’impegna e chi non, chi vince un concorso con merito e chi no, alla fine sono trattati nella stessa maniera, nel falso mito di un’autonomia, che assume il significato di un ingiustificato privilegio. Pensare allora solo a premi e sanzioni di struttura significa annacquare in un contesto generale i meriti ed i demeriti individuali, che ci sono nell’Università come in ogni altro ambiente: è la sommatoria dei comportamenti individuali che genera la virtuosità del sistema ed è riduttivo pensare che tutto si possa risolvere riorganizzando l’insieme. Su questi temi tornerò più avanti, perché preferisco ora riportarmi alle inquietudini degli studenti e parlare dei problemi che si pongono, cominciando dai nostri doveri, dai doveri ai quali non abbiamo dato risposta, intenti a reclamare diritti, anche legittimi (i fondi per la ricerca, le opportunità di progressione di carriera, le rappresentanze negli organi collegiali, etc.), ma pur sempre solo diritti.

3. I doveri
Ed allora parliamo dei doveri
. Ho fondato la mia campagna elettorale a Rettore su questo tema, perché ho ritenuto che fosse necessario dimostrare al Paese di saper essere rigorosi, specie di fronte ad una crisi economico- finanziaria internazionale come quella che stiamo vivendo. Ho scritto nel mio programma e poi chiesto a Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione di fare due scelte immediate: a) alzare di almeno due volte la numerosità minima di studenti iscritti stabilita dal Ministero per le diverse tipologie dei Corsi di Laurea, in modo da disattivare i Corsi a bassa numerosità; b) destinare in prevalenza le risorse disponibili di budget docente al reclutamento dei ricercatori più che a concorsi per professore ordinario o associato. A questo si aggiunga una mia considerazione personale, che è quella che non si sia obbligati ad approvare i concorsi nei quali siano rimasti, come concorrenti, un numero pari a quello del numero degli idonei [due nelle procedure valutative per professore, uno in quelle per ricercatore]: se valutazione comparativa deve essere, che lo sia senza artificiosi ritiri di candidati, che gettano ombra sugli stessi vincitori. La nostra Università ha risposto positivamente a questi miei inviti al rigore, sia sulla numerosità minima, sia sul reclutamento di ricercatori, rinunciando agli artifici di bilancio sugli attenuatori ed anticipando quanto disposto dal decreto legge 180/2008, approvando concorsi di ricercatore per oltre l’80% [rispetto al 60% di legge], per associato per il 16% e solo per il 4% per ordinario:

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Con queste credenziali ed anche in dissonanza da chi ancora chiede finanziamenti e basta, siamo stati interlocutori autorevoli della politica, e non vi è dubbio che questo nostro atteggiamento di rigore abbia avuto parte nell’indurre il Governo ad allentare la strettoia finanziaria, ed a disporre un’erogazione di fondi indirizzata ad alcuni obiettivi, certamente da condividere ed apprezzare, tra cui in particolare il reclutamento prevalente di ricercatori previsto dal decreto legge 180. Ed ancora occorre introdurre un sistema premiale secondo meritocrazia, secondo principi inseriti dal Ministro Gelmini nelle Linee-Guida per l’Università, approvate dal Consiglio dei Ministri il 9 novembre, ma che è bene che divengano legge subito.

Per dirla in breve, la verifica dello straordinariato e poi quella triennale dell’attività di ricerca non devono essere semplici passaggi burocratici (sino ad ora non accade nulla a chi neanche presenti il rendiconto), ma produrre il fermo della progressione economica oppure avanzamenti graduati, biennali o triennali, secondo il merito.

Dialogo "virtuoso" con la politica.
Come detto, nel brevissimo tempo di questo inizio di mio rettorato si è sviluppato un dialogo con la politica: è questa perciò l’occasione per analisi di vasta portata, tralasciando di parlare di punti specifici del mio programma, del resto ben noti ai Colleghi della Sapienza, per riflettere sui grandi tempi e delineare le regole di buon governo, da attuare in co-responsabilità tra politica ed accademia.

4. Una riflessione più a lungo termine
Le ambiguità della politica.
La politica ha annunciato nel 1999 che nessun docente avrebbe potuto fare tre gradini (ricercatore, associato, ordinario) nella stessa Università, per poi smentirsi con il DPR 190/1999, che ha introdotto i concorsi a 3 idoneità ed il concorrente locale vincitore in oltre il 90% dei casi. La politica ha generalizzato l’introduzione dei Corsi di laurea "spezzati" [laurea breve triennale e laurea specialistica, dette 3+2], validi per le professioni che hanno un’importante componente di "saper fare" e che in tre anni possono portare ad un’occupazione, ma che sono decisamente problematici per le aree umanistica, giuridica, etc. Alla frammentazione dei Corsi di Laurea ha contribuito il nucleo di valutazione ministeriale, che ha fissato i "requisiti minimi" per Corsi di Laurea come "requisiti infimi", cosicché sono fiorite in giro per l’Italia lauree già nel titolo improbabili, senza professori in numero adeguato [ne bastano 9…] e in sedi che al più all’estero ospiterebbero un "College" [chi al Ministero ha messo in questi anni l’asticella a 80 cm da terra, non può chiamarsi fuori dalla proprie responsabilità, se poi chiunque si autodefinisce campione di salto in alto].

Le fughe in avanti. Il valore legale dei titoli di studio. La procedura concorsuali. In questo contesto le fughe in avanti [aboliamo il valore legale del titolo di studio, sorteggiamo i commissari nei concorsi] non sono utili per affrontare in concreto e subito i problemi. Quando s’invoca ad esempio l’abolizione del valore legale dei titoli di studio s’ignorano le regole dell’Unione Europea, con la Direttiva 2005/36/EC del 7 settembre 2005 [Recognition of professional qualifications. Ch. I. General system for recognition; etc.]. Questa ha disciplinato i titoli legalmente conseguibili nell’Europa a 27: farmacista, veterinario, medico, infermiere, ingegnere, architetto, etc., con anni ed ore di studio, programmi, ben stabiliti, e ciò al fine della libera circolazione-reciproco riconoscimento in Europa dei titoli professionali, esattamente come è stabilito per le merci [dal vino al latte in polvere, dalla farina alle zucchine]. Non solo valore legale, ma molto di più! L’abolizione potrebbe riguardare dunque solo le lauree che non danno luogo a professioni [quelle umanistiche, per intendersi]: poca cosa e grave scissione nel mondo dei saperi! L’altro chiodo fisso è quello delle commissioni concorsuali: in merito due professori hanno almeno tre opinioni, se non quattro! Chi ha paura del sorteggio dei commissari? Così si è chiesto un autorevole editorialista, forse dimentico del fatto che i risultati di siffatto sistema nel concorso del 1974 furono così bizzarri da richiedere una modifica nel 1980 [votazione tra sorteggiati per associato e sorteggio tra votati per ordinario].

Nel 1998 con la legge n. 210 [ed il successivo DPR 390/1998] sono state introdotte due nuove norme: come accade spesso una è "tendenzialmente" buona [rendere più oggettivi i criteri di giudizio, facendo magari ricorso ad indicatori scientimetrici internazionali; "tendenzialmente", perché è ammessa la deroga… e si sa quante volte si è derogato!], l’altra pessima [concorsi locali con la nota terna a vantaggio del potenziale vincitore locale]. E quando a vincere è uno modesto, il soccombente altrettanto modesto grida allo scandalo, magari rifacendosi a luoghi comuni: la stessa polemica su "parentopoli" non si pone l’unica domanda legittima e cioè se il "parente" [ma anche il "non parente"] sia bravo, magari più bravo, o scadente! Il problema non è dunque "parentopoli", ma "ignorantopoli", nell’Università, come in ogni altro settore!. E il sorteggio dei commissari sarebbe un’idea eccellente, se i sorteggiabili fossero presi dai migliori, cioè dal "terzile" o "quartile" di maggior qualità del settore scientifico-disciplinare! Il punto fondamentale non è come si costituisce la commissione (scelga la politica, come vuole), ma rendere oggettivo e meritocratico il criterio di giudizio, definendo la qualità misurabile di un docente o di una ricerca anche nei settori umanistici, giuridici, etc. E poi procedere a valutazioni periodiche della produttività scientifica, legandone i risultati alla progressione economica. Ma vediamo in concreto i punti nodali e le ipotesi di buon senso che riguardano le singole Università, la Sapienza in primo luogo, proponendo azioni davvero praticabili e con effetti concreti e visibili.

Carattere pubblico delle Università. Le Fondazioni. Il sistema di finanziamento. Il dato di fondo di un investimento italiano in ricerca negli ultimi 15 anni di poco più della metà della media europea dell’UE a 15, con la componente pubblica a 2/3 e quella privata ad 1/3, indica chiaramente la scarsa considerazione della politica nazionale per ricerca ed innovazione ed un’industria che preferisce in larga misura un mercato a bassa competitività internazionale: la perdita ogni anno negli ultimi 10 anni anche di un punto del PIL sulla media europea costituisce la misura di questa scarsa attenzione per ricerca & sviluppo. Anche per questo motivo è impraticabile l’ipotesi Università-Fondazione privata, essendo oltre tutto non paragonabile il sistema accademico USA a quello europeo: in Europa la "core activity" dell’Università (ricerca e formazione) è essenzialmente pubblica, e così in Italia dove è valore costituzionale di rilievo primario (come la salute, la giustizia, etc.). Le Fondazioni universitarie possono dunque svolgere un ruolo rilevante "in aid", cioè per reperire fondi, essere ponte con il mondo produttivo o del volontariato o dei servizi, etc. e così sarà sempre più per la Fondazione Sapienza-Università di Roma, che abbiamo appena costituito.

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Su questo scenario s’innestano le polemiche sulla utilizzazione dei pur scarsi fondi (con il luogo comune: fondi rastrellati dai baroni): è il problema dell’imparzialità nella valutazione delle proposte di ricerca, con molti che ancora rifiutano l’idea che si debba ricorrere ad indicatori internazionali. In un sistema internazionale dove vige il motto publish or perish [senza pubblicare non si hanno finanziamenti, nè si ha progressione di carriera] è cruciale il metodo di valutazione ed è cruciale che tenda il più possibile all’obiettività: la critica che viene rivolta al sistema di indicizzazione come misura della qualità delle proposte di ricerca e dei risultati della ricerca riflette è sul rischio di compressione del "mercato delle idee", di una sorta di "autocensura" da parte di chi applica per un grant o invia un articolo ad una rivista, che per non vedersi giudicato negativamente evita di porsi di traverso alle idee dominanti, del referee della rivista o del gruppo che assegna i finanziamenti. Ed ancora il ricorso all’impact factor cumulato può produrre "l’effetto Bignami" [La Recherche, 1992], cioè il frazionamento artificioso dei risultati in più pubblicazioni [Least publishable unit]: per questo si deve ricorrere, come avviene ad Harvard da anni, a limitare il numero delle pubblicazioni presentabili [per richiedere un finanziamento, come per partecipare ad una selezione di docenza]. Dato per scontato che l’oggettività assoluta non esiste e che conflitti d’interesse espliciti o striscianti ci saranno sempre [la peer review ne è l’esempio accettato], si può citare per analogia Winston Churchill per quanto disse riguardo alla democrazia: è un cattivo sistema, ma non ne conosco uno migliore. E così, se Rossi ha 10 punti d’impact factor in 10 pubblicazioni e Bianchi 100, questi è di sicuro migliore! E sulla strada della oggettività bisogna procedere anche nei settori nei quali ciò è meno consueto, quelli umanistici, giuridici, e così via!

La competitività internazionale è il punto centrale nel rilancio delle Università. Ma non si tratta del problema del cosiddetto rientro dei cervelli, che è una visione parziale di un problema strutturale. I bravi ricercatori vanno infatti dove ci sono migliori occasioni di ricerca [stipendi, infrastrutture, fondi] ed è allora difficile trattenere in Italia un bravo dottorando a 800 euro al mese (la metà che in Europa) o se i grants sono appannaggio di gruppi senior. Ed è ancor più difficile attrarre ricercatori se non si offrono loro facilities, come alloggi-guest houses, oltre che laboratori, biblioteche, etc. paragonabili a quelli delle Università estere. Il segnale di tendenza del D.L. 180 è positivo, ma serve di più, anche in questo caso alla radice del problema, ad esempio co-finanziando i progetti con privati per ampliare la recettività residenziale studentesca.

Modificare gli indicatori di finanziamento, fondandoli su parametri di costo "europeo" nelle diverse aree e sulla valutazione dei risultati. Se riaffermiamo il carattere pubblico dell’Università, non vi è però dubbio che modalità, indicatori e valutazione dei risultati conseguenti il finanziamento pubblico sono stati usati in modo insoddisfacente, con regole che sono evolute nel tempo secondo le indicazioni delle strutture di valutazione ministeriale, dove è fissa da anni la presenza di esperti dei settori tecnologici, cosicchè le regole si sono piano piano allineate alla visione dei troppo a lungo componenti della struttura di valutazione. Ed allora bisogna pensare europeo e non secondo gli interessi "domestici":

a) il "peso" dello studente per il finanziamento statale deve essere rapportato per singola area [umanistica, giuridico-economica, tecnicoscientifica, medica-farmaceutica, etc.] alla media di 4-5 università europee (da anni il Comitato ministeriale pesa in ugual misura lo studente di giurisprudenza e quello di fisica o di biotecnologie e per metà quello per le professioni sanitarie);

b) il finanziamento deve essere corretto in base ai risultati [il decreto legge 180, all’art. 2, lo indica con chiarezza e concretezza]; c) i risultati devono essere valutati con indicatori numerici che misurino l’efficienza del sistema e la sua utilità, strada sulla quale si è incamminato il consorzio Alma Laurea, valutando gli esiti del percorso formativo nelle diverse aree; si tratta di dati di grande interesse e peraltro sino ad ora ignorati dal comitato ministeriale di valutazione [quanti studenti si laureano a tempo debito, quanti trovano lavoro entro un anno, quanto è valido ciò che hanno studiato per il lavoro che hanno trovato].

La struttura dei Corsi di laurea. Il 3+2. Se il 70-90% degli studenti che hanno conseguito una laurea triennale si iscrive al successivo biennio, è sicuro che l’obiettivo che si voleva conseguire con l’introduzione della laurea breve (immettere più rapidamente i laureati nel mercato del lavoro al termine della laurea triennale) è stato mancato; si salvano quei Corsi di Laurea che hanno mantenuto il ciclo unico (a 5-6 anni), in particolare quelli protetti dalla normativa europea; ed ancora le lauree che hanno una "formazione breve" che risponde alle esigenze del mercato occupazionale (ad es. informatica). Se poi si osserva che, con qualche eccezione, si ha prosecuzione nel +2 anche nel 90% dei casi, è davvero difficile non ritenere che siano stati attivati ordinamenti in alcuni casi avventati: tra CUN, tavolo tecnici, Università e Facoltà si è pensato a volte più a dar retta alle fantasie dei professori che alle necessità formative degli studenti.

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L’area umanistica è stata certamente la più disastrata dall’adozione di un modello che in realtà si è affermato in Europa solo per le professioni tecniche [dove ha grande rilievo il "saper fare"]: bisogna avere allora il coraggio di valutare gli effetti positivi o negativi della generalizzazione del 3+2 nelle diverse aree, non accontentandosi di porre rimedio solo ad alcune evidenti storture [le numerosità minime dei Corsi di Laurea, le tipologie assurde, le sedi di paese], e ridiscutere l’opportunità di introdurre nuovamente, in parallelo al 3+2, Corsi di Laurea a ciclo unico di 4-5 anni.

5. E la Sapienza?
Un macrosistema come la Sapienza assomma difficoltà e storture, problemi logistici e di sovraffollamento, farraginosità del processo decisionale e lentezza delle procedure: fondi per l’edilizia inutilizzati per anni e finalmente, almeno in parte, sbloccati durante il rettorato Guarini, un adeguamento tecnologico lento anche per difficoltà finanziarie, l’enfasi sulla ricerca che però risente anch’essa delle difficoltà finanziarie, un Policlinico con grandi professionalità ma con attività svolte in ambienti degradati ed infrastrutture di difficile adeguamento in un sistema multipolare, il S. Andrea senza l’edificio per ricerca, e così via.

Mi sono candidato a Rettore non per chiudere con tale carica un’onorata carriera, che già mi aveva visto ai vertici, in Europa nel board dell’Agenzia Europea del Farmaco ed alla presidenza della Federazione delle Accademie Nazionali di Medicina, in Italia alla presidenza del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità. Ho sentito il dovere morale di provare a dare una scossa ad una Università che ha una ricchezza straordinaria di talenti, di personalità scientifiche di assoluto valore internazionale, nella letteratura e storia, nell’archeologia, nella fisica, nella biologia e nella medicina, nei settori più avanzati dell’ingegneria. Basti dire che quando negli ultimi anni un qualche italiano è entrato nel novero dei candidati al premio Nobel, questi era della Sapienza (Cabibbo e Parisi per la fisica, Macino per la biomedicina). Ed ancora Premi Bazan sono stati assegnati negli ultimi anni ad italiani della Sapienza. Come reagire? Cosa fare? Rigore ed entusiasmo rinnovati, coinvolgimento di tutti [studenti, personale tecnico-amministrativo e docenti], trasparenza ed obiettivi chiari, rivolti all’eccellenza, alla meritocrazia ed all’innovazione, senza sconti per nessuno. Chiamando alla collaborazione ed offrendo collaborazione alle istituzioni [il Governo, gli Enti territoriali], alle realtà produttive, alle forze sociali. E farsi quindi due domande come Rettore e come comunità accademica:
- che cosa ci chiede la società civile?
- che cosa ci chiedono gli studenti?

La società civile ci chiede un’Università che sia di qualità, generalista, cioè rivolta all’approfondimento di tutti i saperi, ma non per questo dimentica di dover essere di qualità ed utile nell’attività di ricerca. Ci siamo dati un’articolazione organizzativa in Atenei federati, assemblandovi le Facoltà in alcuni casi con logica discutibile, perché non si è tenuto conto delle necessità della ricerca scientifica. Ho posto il problema a Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione e Dipartimenti di ricondurre nello stesso Ateneo aree che erano state spaccate: l’area umanistica e quella di architettura, in particolare. Per poi procedere ad un effettivo decentramento di funzioni agli Atenei federati, applicando anche a loro il criterio più volte ricordato di assegnazione delle risorse tramite indicatori e di correzione dell’assegnazione in base ai risultati.
Vi è stata, durante il rettorato del Prof. Guarini, l’esperienza positiva di un pro-rettore impegnato nella valorizzazione della ricerca scientifica: brevetti, spin-off, accesso a fondi internazionali ne sono stati l’effetto più evidente [la Sapienza è stata, ad es., l’unica università dell’Europa continentale ad aggiudicarsi uno dei dieci cospicui grants banditi dagli Emirati Arabi Uniti; le altre sono UK o USA]. Ma se vi è una critica generale all’Università ed agli Enti di ricerca di non assegnare con sufficiente rigore i fondi per la ricerca, allora è necessario attivare un sistema di valutazione di efficacia ed economicità delle scelte.
E così tra i pro-rettori ne ho voluto ora uno dedicato al coordinamento della pianificazione finanziaria ed alla messa a punto di indicatori da utilizzare nella verifica degli obiettivi di ricerca e didattica. Non più fondi o posti di professore o di personale tecnico-amministrativo assegnati per bilanciamento d’interessi tra gruppi di potere, ma solo in relazione ad una strategia complessiva ed alla verifica dei risultati conseguiti, a cominciare dalla ricerca, ma anche riguardo all’efficienza organizzativa. E sapendo tuttavia che vi possono essere storture non eliminabili nel meccanismo di peer review che si utilizza per selezionare ad esempio i progetti di ricerca, si procederà anche destinando quote significative di fondi per la ricerca ai livelli più giovani, ai ricercatori ed agli under 40.

E se è un problema serio l’invecchiamento del corpo docente, le risorse disponibili andranno alla Sapienza soprattutto per il reclutamento di ricercatori e le Facoltà dovranno scegliere, mi auguro privilegiano appunto ricerca e reclutamento di ricercatori rispetto a proroghe in servizio dei docenti..

E se gli automatismi di carriera sono incompatibili con la meritocrazia, per quanto ci compete si attiverà una verifica rigorosa dello straordinariato, mentre chiediamo alla politica - come già detto - di avere il coraggio d’introdurre norme che rendano possibile, sin d’ora, cioè nella legge di conversione del D.L. 180, il blocco della progressione economica per chi non si dia la pena nemmeno di presentare la prescritta relazione triennale sulla ricerca e di progressione economica accelerata per una quota (una quota, non per tutti!) comparativamente migliore in ogni Facoltà, su criteri deliberati da un organo diverso (il Senato Accademico). Le Facoltà devono essere chiamate ad esercitare la vera autonomia, che è quella di selezionare in base al merito, con assunzione quindi di responsabilità nell’applicare il criterio di valutazione.

Gli studenti chiedono una didattica di qualità ed utile e l’abolizione del 3+2, sull’onda dell’entusiasmo, ma anche di una conoscenza dei problemi non sempre approfondita. Gli studenti: anche nel pieno della protesta non hanno mai perso di vista l’obiettivo di migliorare il sistema, di chiedere i fondi per la ricerca come nei Paesi europei con cui ci confrontiamo, di chiedere correttezza nella valutazione dei progetti di ricerca e nella trasparenza nei concorsi, di pensare la didattica in relazione alle loro aspettative.. Il nostro impegno è rivolto non solo a chiudere sedi delocalizzate in improbabili cittadine [anche chiamando la Regione a rivedere le sue determinazioni relative ad ospedaletti di provincia sedi di formazione sanitaria e tenuti in attività con la scusa che sono sede di formazione universitaria ] o Corsi di laurea multipli nella stessa Classe e che abbiano un basso numero di studenti o titoli dei quali poco si comprende. L’impegno è soprattutto quello di attivare una valutazione di tutta l’attività formativa [quanti studenti frequentano, quanti finiscono fuori corso, quanti trovano un’occupazione una volta laureati] e di promuovere la qualità della formazione, anche riscrivendo i piani di studio per Corsi di Laurea sperimentali a ciclo unico nei settori nei quali il 3+2 è stato o è presentato come un fallimento. L’impegno nostro è per una didattica di qualità ed utile per trovare sbocchi occupazionali. Cardini di questa politica saranno le incentivazioni per stage all’estero e presso aziende ed il potenziamento del programma SOUL di job placement, che mette in contatto laureandi e laureati con il mondo produttivo [nel programma sono entrate 1500 aziende, risultato straordinario se si pensa che una università romana che fa di questa attività un giusto vanto ne ha in catalogo solo 100].

Non l’Università che vorrei, ma l’Università che vogliamo, aperta all’innovazione, di una qualità che deve divenire più visibile ed essere percepita. Un’Università che possa essere per qualsiasi studente un ascensore sociale perché fondata su valori veri, su di una ricerca di qualità e su di una didattica di qualità ed utile. La "normalità" dell’Università che dirigo è quella di essere aperti al confronto ed alla critica, ma dove si fa ricerca e si studia con profitto. La "normalità" è quella di riorganizzarsi, tagliare l’inutile o lo sclerotico per liberare risorse per l’utile, cioè per una ricerca competitiva e per una didattica pensata per gli studenti, che pensi anche agli studenti lavoratori, ai fuori sede, ai part-time. Dimmi cosa vuoi da me? E’ la domanda rivolta alla società civile (l’unica risposta esclusa è portare la ricerca fuori dall’Università). Dimmi cosa vuoi da me? È la domanda rivolta agli studenti (l’unica risposta esclusa è il 30 regalato).  LF

 

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Le Organizzazione Unitarie della Docenza
in soccorso della Ministra ...  se lo accetta ...

Coordinatore OOUUDD
Sergio Sergi



UN PROGRAMMA PER L'UNIVERSITÀ
Documento per le riforme nel medio termine
Il documento è frutto della fusione del documento CNU, presentato nella Conferenza di Bologna del 30 giugno 2008 e di un successivo documento della FLC-CGIL. Esso è migliorabile da tutti. Scrivete.

Nota. Martedì 11 nov., le Organizzazioni firmatarie
del Documento sono state convocate dal Senato

Non c'è bisogno di martiri

Beata" GELMINI ?

   LUCIANI, Sul "contratto con gli italiani" di Berlusconi. Rimane di attualità  riprendere il  CONTRATTO CON GLI ITALIANI  del precedente Governo Berlusconi, e fare chiarezza circa l'autonomia universitaria di entrata e spesa.

 
Ivi già si prometteva l'autonomia e allora:
a)  se si decide davvero di darla, poi non si può vincolare l'università, se non al rispetto del vincolo di bilancio;
B) se si decide di revocarla, si guidi la università in tutto, sia pur dopo averla sentita per i pareri (a parte che questo è quanto è avvenuto, in questi anni, vale dire le "deviazìoni" sono state prevalente responsabilità della burocrazia ministeriale, incapace).
 
Una volta definito autorevolmente il quadro di riferimento, il resto dovrebbe venire di conseguenza, sia pur sulla base di determinati paletti statali, circa i requisiti per lo accredimento delle università.NL


   
       Stralcio dal "Piano di Governo
               per un’intera legislatura"


" 4.2 UNIVERSITA' . Una Università di livello pari a quello delle nazioni più avanzate è indispensabile per il progresso morale e culturale del Paese ed è indispensabile per il suo sviluppo economico.
Non si può pensare di avere un'economia competitiva, nel mondo della globalizzazione, senza una Università che, oltre a trasmettere il sapere, produca ricerca e ricercatori ad altissimo livello, e che sia pienamente raccordata con il mondo delle imprese.
È necessaria una riforma organica dell'Università e della ricerca scientifica, basata sulle seguenti linee fondamentali:
1) Abolizione della riforma Zecchino sullo stato giuridico dei docenti, che distrugge il principio dell'autonomia universitaria, mortifica le professionalità ed i meriti, disincentiva la ricerca, appiattisce le retribuzioni, taglia i legami tra le Università e le imprese. (Allora, l'ispirazione a Zecchino, veniva da Confindustria, così come adesso è per la Gelmini: vedi Il Sole 24 ORE,  e Treelle, quasi ogni giorno, associate alle sue dichiarazioni quotidiane. NdR).
2) Sponsorizzazione delle Università da parte delle Fondazioni bancarie e altre istituzioni.
Occorre promuovere un tavolo di concertazione fra Università e Fondazioni di origine bancaria affinché una parte delle loro risorse finanziarie sia finalizzata al finanziamento di programmi di ricerca scientifica.
3) Attuazione di un nuovo stato giuridico delle Università con il riconoscimento di una precisa autonomia. Allo Stato deve restare la funzione di stabilire alcuni principi normativi di base, che garantiscano sia un sufficiente grado di uniformità su tutto il territorio nazionale, sia il rispetto delle legittime prerogative normative ed economiche delle quali tradizionalmente godono i docenti, e che sono il fondamento della libertà accademica.
4) Riconoscimento di un ruolo molto più ampio di quanto non sia oggi alle singole Università nelle decisioni sul riordino della struttura delle lauree, riducendo il compito del MURST allo stabilimento delle linee generali."

ORGANIZZAZIONI UNITARIE DELLA DOCENZA UNIVERSITARIA*
Coordinatore generale: Sergio Sergi

*- ADU, Associazione Docenti Universitari - Presidente: Leo Peppe.
- ANDU, Associazione Nazionale Docenti Universitari - Presidente: Nunzio Miraglia
- APU, Associazione Professionale Universitaria - Presidente: Gina Melillo
- CISAL- Università, Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori - Università - Presidente: Bartolomeo Merola
- CISL-Università, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università - Segretario generale: Santo Signorelli
- CNRU, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari - Presidente: Marco Merafina
- CNU, Comitato Nazionale Universitario - Presidente: Francesco Indiveri
- FLC Cgil, Federazione Lavoratori della Conoscenza - Confederazione gen. it. del lavoro - Presidente: Marco Broccati
- SUN - Universitas News, Sindacato Universitario Nazionale, Presidente: Nino Luciani
- UDU, Unione Degli studenti Universitari, Presidente: Valerio Angelini - UILPA-UR AFAM, Unione Italiana del Lavoro Pubblica Amm.ne - Università e Ricerca - Presidente: Alberto Civica.
- RNRP - Rete Nazionale Ricercatori Precari - Portavoce: Nora Precisa

- UGL - Unione Generale del Lavoro, Universita' e Ricerca, Presidente: Clara Valli

          "Un Programma per l'Università italiana"

  I recenti provvedimenti legislativi e quelli annunciati, se non abrogati e bloccati, determineranno la definitiva scomparsa dell'Università' pubblica, mutandone radicalmente la natura, la missione, le finalità e l'assetto. Un'Università alla quale la nostra Costituzione assicura autonomia e liberta' di ricerca e di insegnamento. Le sottoscritte Organizzazioni ed Associazioni della docenza universitaria, dei ricercatori precari, dei dottorandi e degli studenti nel respingere fermamente le scelte di fondo che ispirano tali provvedimenti, intendono riproporre a tutti gli interlocutori, a cominciare dal Governo, un quadro di interventi alternativi che affrontino le criticità evidenti del sistema, valorizzino le risorse presenti, sollecitino la crescita della qualità della didattica e della ricerca, e consentano all'Università italiana di svolgere quel ruolo sociale di promozione della cultura e dell'innovazione di cui il Paese ha enorme bisogno.

I valori fondanti

Noi crediamo che qualsiasi intervento non possa prescindere dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte migliore della storia e dell'esperienza dell'Università italiana, valori che desideriamo sinteticamente ricordare:

- la natura pubblica del sistema universitario. Il ruolo dello Stato come erogatore e garante di un sistema di alta formazione è indispensabile per assicurare le condizioni affinché l'Università resti, ed anzi divenga sempre più, elemento centrale del sistema di welfare. E' compito del sistema pubblico garantire parità di condizioni universali nell'accesso all'Università, assicurare la qualità dell'offerta didattica, e per questa via ripristinare una mobilità sociale che appare ridotta, presidiare la ricerca in tutti i campi, anche quelli che, pur dotati di alto valore culturale e scientifico, non presentano possibilità di valorizzazione economica immediata, garantire la libertà didattica e di ricerca costituzionalmente sancita. Va inoltre assicurato il carattere unitario del Sistema nazionale universitario, dotato di effettiva autonomia, all'interno del quale deve essere garantita l'autonomia dei singoli Atenei. Il ruolo del privato rappresenta un'utile integrazione, uno stimolo ed una risorsa, che deve avere tuttavia carattere complementare al mantenimento di un forte, prevalente sistema pubblico di Atenei. La stessa idea di autonomia, che è autonomia del sistema ed autonomia dei singoli Atenei, si tiene nella misura in cui il riferimento concettuale è ad un sistema nazionale pubblico.
- il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento degli Atenei e la loro capacità di dare risposte sulla base di un misurabile rapporto costi-benefici, da rendere visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle sue singole articolazioni (Atenei, Facoltà, Dipartimenti, progetti di ricerca, percorsi formativi).

- la natura cooperativa e partecipata del sistema universitario. L'Università deve rappresentare il modello di una comunità di pari, libera da gerarchie formali e sostanziali, capace di autogovernarsi perché fondata su una salda cultura democratica della responsabilità individuale e collettiva. Una comunità che si fonda sulla libera circolazione dei saperi e su una virtuosa competizione di meriti scientifici.

   Ogni provvedimento di riforma deve misurarsi con questi valori fondanti e con la natura laica e razionale dell'Universita'. Siamo perfettamente consapevoli della distanza che separa oggi l'Università dalla compiuta realizzazione di un modello ideale: l'Università italiana è in condizioni difficili, in parte prodotte dal contesto politico-istituzionale, in parte da una distorta applicazione dell'autonomia la cui responsabilità è da imputare al ceto accademico. E' tuttavia nostra convinzione che non vi sia riforma possibile che non muova dall'affrontare i nodi ed i valori che dovrebbero sostenerne il modello. Nei provvedimenti di Governo vediamo invece disegnarsi una prospettiva di liquidazione del ruolo pubblico ed un sistema universitario sempre più impoverito sul piano finanziario e, soprattutto, sul piano delle risorse intellettuali ed umane. Un sistema che nel giro di pochi anni compirà fino in fondo una parabola discendente che porterà ad una condizione di paralisi e di irrilevanza istituzionale. Per queste ragioni proponiamo un programma che muove da quelli che a noi appaiono i veri nodi del sistema universitario. Chiediamo al Governo di fermare gli iter legislativi in corso, di abrogare gli art. 16 e 66 della L. 133/2008, e di aprire un confronto autentico con tutti i soggetti coinvolti ed interessati.

1) Il sistema di finanziamento. Il settore della conoscenza deve essere considerato una risorsa strategica del Paese. I finanziamenti devono essere pertanto adeguati a questo compito. La valutazione dell'utilizzo di questi finanziamenti deve essere effettuata a partire dalle ricadute sull'intero sistema Paese. Utilizzare gli Atenei per fare cassa non è l'approccio migliore ad una discussione seria sulle necessità del finanziamento e sulla qualità della spesa. Occorre partire da un dato incontrovertibile: qualunque indicatore venga assunto, il sistema italiano è largamente sottofinanziato, ed in queste condizioni ogni ragionamento credibile sulla qualità è pura poesia. Se si realizza il taglio ulteriore di un 25% in termini reali nei prossimi quattro anni, come prevede la L. 133, si entra in una condizione di bancarotta degli Atenei, anche quelli che oggi si considerano "virtuosi". Occorre invece partire da:

a) una previsione pluriennale di crescita del finanziamento che avvicini il nostro Paese alla media OCSE
b) una rimodulazione delle regole della distribuzione del FFO che valorizzi indicatori credibili di crescita della qualità dei servizi e delle prestazioni dei singoli Atenei, e su di essi distribuisca le risorse evitando di incentivare comportamenti perversi (la caccia all'iscritto o le promozioni facili). Un finanziamento così rivisto esplicherebbe inoltre la sua piena funzione se, riconoscendo che le università possono vivere solo nel binomio inscindibile di attività di didattica e di ricerca, si osservasse che tali requisiti non vengono attualmente rispettati in tutti gli Atenei italiani, e si procedesse quindi ad un attento monitoraggio delle loro caratteristiche in maniera tale da porre rimedio a queste situazioni.
c) una rigorosa revisione delle regole di finanziamento dei fondi di progetto, insieme con l'ampliamento degli investimenti a progetto, a cominciare dai PRIN (che quest'anno calano da 160 a 98 milioni)

2) La docenza universitaria. La necessità primaria del sistema è costituita dal riavvio di un processo di immissione di giovani che vada ad equilibrare la "gobba" di uscite per pensionamento previste nei prossimi anni. E' esattamente il contrario di quanto previsto dalla L.133, che viceversa blocca sostanzialmente il turn-over. Sempre in virtù della centralità strategica dell'università l'approccio al turn-over deve essere totalmente ribaltato: a fronte dei pensionamenti il personale docente e tecnico-amministrativo di ruolo deve essere aumentato in modo da rispondere in misura adeguata agli standard europei. E' necessario programmare un'operazione di reclutamento straordinario di consistenti dimensioni, su fondi nazionali aggiuntivi, che consenta di dare una prospettiva alle competenze presenti nell'abnorme area del precariato; e al tempo stesso programmare la ripresa di un reclutamento ordinario che eviti l'andamento disomogeneo per classi di età, dovuto nel passato agli "sbottigliamenti" legati ad ondate di immissioni concentrate nel tempo. L'investimento nel reclutamento di giovani e precari può essere gestito anche attraverso meccanismi che consentano di utilizzare le risorse derivanti dai pensionamenti, e/o attraverso forme di anticipo delle competenze, da restituire man mano che i costi immediati tendano a riequilibrarsi, prendendo in considerazione preparazione e pregresse attività di coloro che possono dimostrare interesse e impegno nella ricerca e nella didattica. Partendo dalla costatazione che ai fini istituzionali concorrono a pieno titolo gli attuali professori e ricercatori, occorre una revisione profonda delle carriere e del sistema di reclutamento, allo scopo di fornire risposte reali alla crescita scientifica e retributiva dei docenti, all'ingresso e alle prospettive dei giovani, all'enorme serbatoio di precariato prodottosi negli ultimi anni. Va affermata la unitarietà della funzione docente; la carriera, che deve essere unica, può essere articolata in fasce, scandita da verifiche periodiche che diano luogo alla progressione stipendiale e ai passaggi di fascia, che devono realizzarsi ad esito di valutazioni della qualità scientifica e didattica del singolo docente. Va salvaguardata una quota di accessi dall'esterno, attraverso un meccanismo concorsuale, a tutte le fasce, ed abolito lo straordinariato per il passaggio da una fascia all'altra . Per quanto attiene al reclutamento iniziale, va introdotta una figura post-doc (o attività di ricerca assimilabile), con contratto a tempo determinato triennale e retribuzione assimilata al ricercatore, con funzioni esclusive di ricerca. Quest'approccio richiede la definizione di alcune condizioni di contesto: a) la fissazione di un rapporto esplicito e credibile tra il numero di coloro che entrano nel percorso triennale e il numero di docenti da reclutare; b) un'applicazione graduale, che consenta di ridurre il precariato esistente attraverso un consistente reclutamento straordinario; c) il divieto per gli Atenei, a regime, di utilizzare strumenti diversi dal contratto triennale (atipici, co.co.co., ecc,); d) la creazione di un meccanismo che faciliti la mobilità dei docenti fra i diversi Atenei, per esempio rendendo impossibile lo svolgimento della carriera (laurea magistrale-dottorato-postdottorato-docenza) nella stessa sede e fornendo le risorse necessarie a detta mobilità; e) la distinzione tra il budget destinato al reclutamento e quello dedicato all'avanzamento di carriera; f) la rivisitazione della remunerazione dei docenti per renderla più omogenea possibile a quella degli altri paesi europei.

3) Il governo dei singoli Atenei e del Sistema nazionale. E' ormai evidente come sia necessario rivisitare l'assetto del governo degli Atenei, caratterizzato da forti differenze legate ai singoli Statuti, ma comunque accomunato da alcuni punti critici: il rapporto spesso clientelare che lega i Rettori al loro elettorato, soprattutto in occasione del rinnovo del mandato; la sovrapposizione e confusione dei ruoli tra Senato e Consiglio di Amministrazione; la composizione degli organi di governo e la loro base elettiva. Noi riteniamo necessario che il mandato rettorale sia unico, e che comunque il mandato non possa essere prolungato tramite successive modifiche di statuto . Che gli Statuti regolino in modo puntuale, sulla base di un quadro normativo nazionale, le competenze degli organi, distinguendo con nettezza l'indirizzo, dal controllo, dalla gestione. Che si valorizzi il lavoro di gestione della dirigenza amministrativa e dei dipendenti tecnico-amministrativi, riconducendo la docenza alle funzioni sue proprie ed evitando di assegnare ai docenti improprie funzioni di dirigenza. Che si prevedano forme di partecipazione effettiva degli studenti alla vita democratica degli Atenei. È indispensabile, infine, prevedere un Organismo di coordinamento nazionale capace di assicurare l'autonomia del Sistema Universitario ed un suo sviluppo organico. Un Organismo non corporativo e non disciplinare, elettivo e rappresentativo della comunità accademica nazionale, aperto ai contributi del mondo del lavoro e delle imprese, in grado di aiutare a stabilire le priorità di sviluppo del Sistema Universitario.

4) Il diritto allo studio. L'Università dovrebbe svolgere un ruolo di promozione della mobilità sociale; questa funzione, oggi più di ieri, è un'utopia che rischia di essere ulteriormente compromessa dalla legge 133. Per garantire che questo avvenga è necessario che il sistema universitario sia effettivamente accessibile a tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche e dal contesto sociale di origine, rimuovendo le barriere, formali e sostanziali, che ostacolano l'accesso e la prosecuzione degli studi. Il sistema del numero chiuso sta progressivamente estendendosi anche all'accesso alla laurea magistrale, creando un ulteriore sbarramento intermedio; esso esclude gli studenti sulla base di un meccanismo che ha poco a che vedere con la valorizzazione dei più meritevoli, e trae spesso le sue origini dallo scarso investimento economico sulle Università, che le costringe a limitare il numero delle immatricolazioni in assenza di strutture e di personale docente adeguati. Si deve allora prevedere l'adozione di piani pluriennali di adeguamento, affiancati da un congruo e mirato investimento, che porti progressivamente alla rimozione delle barriere all'accesso. Allo stesso tempo, è necessario ragionare su un'adeguata valorizzazione del merito degli studenti, che devono essere valutati sulla base dei risultati conseguiti nel corso del loro percorso di studio. Il definanziamento del sistema del diritto allo studio e la sua organizzazione tarata su modelli ormai superati (la legge quadro nazionale risale al 1999 e l'ultimo DPCM che regola l'erogazione dei benefici del diritto allo studio al 2001) fanno sì che molti degli studenti idonei in base ai previsti parametri di merito e di reddito non possano di fatto beneficiare dei servizi per il diritto allo studio, e non abbiano la possibilità di scegliere quale sede e quale corso di laurea frequentare. E' necessario che gli investimenti statali siano in grado di garantire la copertura totale delle borse di studio, integrando l'offerta con il necessario investimento in mense, alloggi, agevolazioni sui trasporti. Le differenze di condizione economica di origine portano di per sé a differenze nell'accessibilità all'offerta culturale, anch'essa componente essenziale della formazione. Perché siano garantite pari opportunità per tutti è necessario intervenire anche su quest'aspetto con agevolazioni mirate.

5) L'offerta didattica. Il giudizio sul modello 3+2, a distanza di alcuni anni dall'avvìo, è un giudizio molto articolato e differenziato tra Atenei e discipline. I dati quantitativi sembrano indicare notevoli avanzamenti sul fronte della percentuale di successo negli studi, nonché sui tempi di compimento dei percorsi di laurea. Tuttavia, vanno segnalati elementi di criticità da affrontare: a) la percentuale elevata di chi prosegue dopo il triennio indica l'insufficiente consistenza della laurea triennale, sia sul piano culturale sia su quello della preparazione professionale; b) si rileva in modo diffuso la percezione di una caduta di qualità dei percorsi: va svolta una riflessione sull'effettivo ruolo dell'Università, che sta oggi progressivamente licealizzandosi e perdendo il ruolo di elaborazione e formazione culturale; c) non è stato colto e valorizzato in modo adeguato il sistema dei crediti, tant'è che ci sono ancora forti difficoltà nel loro riconoscimento, nel passaggio tra un Ateneo e l'altro, e perfino all'interno dello stesso Ateneo. Tali aspetti vanno a riferirsi, sia all'architettura del modello, sia all'applicazione che ne è stata fatta dagli Atenei. Né hanno giovato i reiterati interventi legislativi, che hanno parzialmente corretto alcune criticità, ma hanno per altro verso generato confusione e difficoltà applicative. Noi riteniamo che sia necessario un intervento esteso di ricognizione, di ascolto e monitoraggio sistematici: una campagna nazionale di rilevazione, da concludersi con un'iniziativa nazionale che faccia il punto, indichi i punti di sofferenza, individui percorsi di correzione condivisi, prima di procedere a qualsiasi ulteriore intervento di aggiustamento. Non è più possibile procedere alla modifica dell'offerta didattica sulla base di decreti, in cui ogni Ministro dice la sua: va dato un assetto stabile alle Università, inquadrando l'ordinamento all'interno di una legge ordinaria.

6) La valutazione. Un efficace e credibile sistema di valutazione è parte essenziale di un processo di revisione degli statuti normativi dell'Università. Valutazione della qualità del prodotto universitario, del funzionamento di ogni articolazione del sistema. Senza una valutazione che consenta di misurare meriti e difetti in modo puntuale, l'Università non sarà in grado di ristabilire una bussola condivisa e condivisibile sul proprio operato. Il precedente Governo aveva costituito l'Agenzia per la valutazione del sistema universitario e di ricerca (ANVUR), provvedimento a lungo discusso e sul quale avevamo prodotto numerose critiche, a cominciare dalla sua effettiva terzietà e dalla quantità di compiti assegnati, per finire con una certa farraginosità dell'impianto costitutivo. Nonostante i numerosi punti di dubbio e contrarietà, l'ANVUR costituiva tuttavia il primo tentativo sistemico di introdurre una valutazione continua e ricorrente. L'attuale Governo ne ha congelato la costituzione, e non è dato sapere se intende riaprire il capitolo. Noi riteniamo necessario riprendere in mano il progetto, verificarne e correggerne i punti di debolezza, e procedere operativamente alla sua costituzione. Va garantita per l'Agenzia la natura di soggetto terzo, problema che sussiste anche all'interno dello schema proposto dal Governo precedente, per evitare strumentalità e autoreferenzialità del valutatore. I risultati della valutazione devono essere correlati con l'erogazione delle risorse - in misura opportunamente crescente - da parte dello Stato. Va, infine, assicurato un effettivo coinvolgimento degli studenti nel funzionamento, attribuendo un peso reale al giudizio dei discenti e agli attuali questionari di valutazione.

7) Il dottorato di ricerca. Occorre una riforma del dottorato che riorganizzi i corsi in scuole di dottorato dotate di un progetto formativo, aperte alla dimensione internazionale della ricerca e valutate periodicamente. Le scuole potrebbero così diventare, nel territorio, agenti di dialogo fra mondo della ricerca universitaria e privata e motori di innovazione. L'aumento delle borse di dottorato a 1040 euro rappresenta un importante passo avanti nella valorizzazione della formazione alla ricerca. Si deve però superare la figura del dottorando senza borsa, che, oltre a rappresentare una palese ingiustizia, non vede garantita la qualità del percorso formativo e di ricerca. Occorre pertanto affiancare ai dottorandi a tempo pieno e destinatari di borse di studio una figura di dottorando lavoratore, che permetta a persone inserite nel mondo del lavoro di rafforzare il proprio profilo professionale e le proprie capacità di ricerca. Il dottorato deve essere poi valorizzato e individuato come strumento privilegiato di formazione alla ricerca in vista della carriera accademica, ma anche in relazione al mondo del lavoro, della pubblica amministrazione, delle professioni. Deve infine essere approvata, a partire dalla Carta Europea dei Ricercatori, una carta dei dottorandi, che riconosca loro i diritti legati al loro doppio status di studenti del terzo ciclo di formazione superiore e di giovani ricercatori. 

Roma 20 ottobre 2008

 


On. Fabio Garagnani

Su Relazione introduttiva dell'On. Dr. Fabio Garagnani
CONFERENZA NAZIONALE DI BOLOGNA - 30 giugno 2008 - sul Ministro GELMINI.

RISULTATI:

1) Decisione di fare un progetto unitario per il medio termine,
    sulla cui base confrontarsi col Governo
2) presentazione congiunta di emendamenti ai decreti legge di questi
   giorni, in sede di conversione in legge, in parlamento

Anche

PESANTE denuncia dei Ricercatori verso i politici. 
  NOTA. Sulla questione retributiva, intaccata dal recente DL n. 112, è intervenuto tecnicamente e compiutamente
   il prof. A. LIBERATORE. Per la specifica sua alta rilevanza, l' intervento è pubblicato a parte (clicca: STATO GIURIDICO )

Intervenuti:

  CNSU - Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari
   Studente Davide Pianori (Senato Accademico di Bologna), per delega del Presidente Nazionale

 

  CNU - Comitato Nazionale Universitario
  
Prof. Francesco Indiveri, Presidente Nazionale
    USPUR - Unione Sindacale Professori Universitari di Ruolo
  
Prof. Antonino Liberatore, Segretario Nazionale
    CNRU - Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari
  
Prof. Marco Merafina, Coordinatore Nazionale
    ANDU - Associazione Nazionale Docenti Universitari
  
Prof. Nunzio Miraglia, Coordinatore Nazionale
    FLC   CGIL - Federazione Lavoratori della Conoscenza
  
Prof. Sandra Soster, Segretaria Prov.le Bologna, per delega del Presidente Nazionale
    CISL Università - Confederazione Ital. Lavoratori Università
  
Prof. Santo Signorelli, Segretario Nazionale
    UIL Ricerca - Unione Italiana Lavoratori Ricerca
  
Dott. Alberto Civica, Presidente Nazionale

DUE   RELAZIONI DI BASE
che i partecipanti si sono impegnati a migliorare e integrare per un largo consenso

Relazione 1
Merito e valutazione, autonomia e diritto allo studio

Relazione 2
Ipotesi di  documento, per pervenire infine ad un documento comune dei partecipanti

Per i Ricercatori:
(Intervento
scritto pervenuto)

La figura docente
del Ricercatore.
Prospettive ?

Davide Pianori
  Premessa.  A mio parere non si può iniziare un discussione sull’Università senza partire dalla consapevolezza dell’importanza capitale di questi aspetti e dalla coscienza che non possono essere visti separatamente. Solo un impulso simultaneo a questi elementi può rivoluzionare il nostro sistema universitario e proiettarlo verso quella qualità e competitività di cui tanto si parla ma per la quale poco si intraprende.
  1.- Il primo passo sulla strada del merito e della valutazione è senza dubbio riesaminare i criteri di riparto del FFO- Fondo di Finanziamento Ordinario dello Stato, perchè fino a quando il criterio "storico" continuerà a pesare per il 95,15% non si instaurerà mai un sistema di genuina concorrenza tra gli atenei. Non credo che sia un sistema irrealizzabile quello nel quale un Rettore debba meritarsi i fondi pubblici sulla base dei servizi che offre agli studenti, della qualità dell’offerta formativa, della capacità di creare reti nazionali e internazionali di ricerca, della fama dei Professori che siedono alle sue cattedre. Non dico che il criterio "storico" vada eliminato, ma almeno rivalutato e ridimensionato. E’ necessario, infatti, pensare un sistema per cui l’FFO sia lo strumento con il quale incentivare il merito e l’eccellenza e non il fondo con il quale pareggiare i bilanci. Se vogliamo ottenere questo bisogna creare un sistema di valutazione nazionale che indichi i nuovi criteri di riparto e in questi non si può non tenere conto della opinione degli studenti. Troppo spesso il giudizio degli studenti passa in secondo piano, prevaricato da indicatori che hanno l’unico effetto di giustificare (scusate il termini) "la politica dei tagli" di alcuni rettori. Non è difficile vedere, infatti, da una parte tagli ai servizi agli studenti e ai fondi per la qualità della didattica e dall’altra investimenti in progetti bizzarri. Quindi solo un uso massivo del merito supportato da un attento sistema di valutazione può generare processi di miglioramento.
   2.- Altro aspetto fondamentale sul quale interrogarsi è il sistema del DSU-Diritto alo Studio Universitario che troppo spesso appare come l’ aspetto marginale di un welfare vecchio e che ancora non ha iniziato un confronto reale con la riforma e con le nuove condizioni degli studenti.
A questo proposito vorrei citare un passo della "Relazione sullo stato delle Università Italiane 2006" (Guido Trombetti, Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane - Roma, 09 Novembre 2006 -)
"La questione dei servizi per gli studenti è essenziale. Negli ultimi vent’anni si è consumata una rivoluzione copernicana. La crescita professionale e culturale dello studente non passa più quasi esclusivamente attraverso l’insegnamento in aula. Essa è il risultato di un complesso processo di apprendimento al quale contribuisce un vasto insieme di servizi di informazione, di assistenza e di socializzazione. Le Università vengono giudicate dagli studenti non solo a partire dalla qualità dei docenti, ma anche dall’affollamento delle aule, delle biblioteche, dei laboratori. […] Dall’offerta di residenze."
   3.- In questa ottica di miglioramento dei servizi agli studenti e del diritto allo studio ha sicuramente un ruolo centrale la tanto auspicata "autonomia" degli Atenei", Autonomia intesa come capacità delle Università di regolare da sé i propri ordinamenti e la gestione delle proprie risorse, dando così via libera ad un regime di "concorrenza" tra gli Atenei stessi. Una concorrenza che sia virtuosa, nel senso di "correre insieme per competere".
Ciò permetterebbe ai singoli Atenei di differenziare realmente la propria offerta, sicuramente in termini di qualità dei corsi, ma anche di qualità, quantità e specificità dei servizi agli studenti, promuovendo forme mirate e più spesso integrate di diritto allo studio.
A questo punto troverebbe il suo reale ruolo il sistema efficace di valutazione, di cui ho accennato prima. La valutazione dell’intero sistema, che rispecchi fedelmente il livello effettivo di qualità efficacia ed efficienza dei servizi agli studenti responsabilizzando così in toto gli Atenei che per concorrere si vedono in questo modo costretti a competere.
   4.- Una gestione sempre più autonoma del DSU-Diritto allo Studio Universitario  potrebbe essere il primo passo verso una politica di maggiore coinvolgimento delle Associazioni Studentesche, di cui gli Atenei non riconoscono ancora il contributo decisivo per la vita della comunità universitaria.
L’ esternalizzazione dei servizi di supporto agli studenti (quali per esempio i servizi bibliotecari, la gestione dei rapporti Università-Mondo del Lavoro, servizi di ricerca alloggi presso privati … … ) potrebbe essere così affidata, tramite un meccanismo di aggiudicamento "in house", alle associazioni studentesche riconosciute, che metterebbero al servizio del proprio ateneo la conoscenza approfondita e capillare della realtà universitaria, con risultati sicuramente di qualità e a costi ridotti (per non dire quasi nulli se rapportati a quelli usuali).
Riconoscere l’apporto degli studenti vuol dire quindi investire in spazi e fondi, per esempio, che agevolino e supportino le attività associazionistiche, fornendo chiaramente un rigoroso riscontro in termini di valutazione. Noi studenti siamo pronti a prenderci carico di maggiori responsabilità nell’interesse collettivo, e a rendere conto delle attività in cui ci impegniamo.
   Concludendo, vorrei ribadire che solo una visione totale e unitaria di questi aspetti del sistema universitario potrà essere alla base del tentativo di riforma che noi tutti auspichiamo e per il quale metteremo in campo ogni nostra forza e capacità. DP
Francesco   Indiveri
1.- Sistema universitario in Italia
2.- Livelli formativi
3.- Sistema di Governo
4.- Sistema di accesso alla carriera universitaria
5.- Sistema di reclutamento di giovani ricercatori
6.- Sistema Ricerca
7.- Proposta politica e conclusioni

Introduzione
Chi ha percorso la strada universitaria attraverso le tappe, di "assistente volontario", "assistente ordinario", "professore associato" fino a "professore ordinario" e intravede il tornante dell’emeritato può dire di aver affrontato un cammino tanto arduo, quanto pieno di soddisfazioni personali e professionali che lo induce a pensare che se potesse tornare all’inizio ripercorrerebbe lo stesso percorso. Questa constatazione serve per asserire, credo, la nostra profonda e comune convinzione che l’Università abbia un ruolo fondamentale nella vita della società civile e che valga la pena di spendersi per affermare questo ruolo.
Tuttavia quando si prova a collocare questa convinzione nella realtà del vivere quotidiano non si riesce a superare la sensazione di essere fuori posto in un contesto in cui il lavoro che svolgiamo, e per cui ci spendiamo, non è compreso e valutato come un’attività utile al resto della società.
Questa sensazione ha assunto per me i connotati descritti quando, trasferitomi per qualche anno negli USA, ho potuto constatare come in un altro contesto sociale il mestiere del ricercatore e di docente universitario venga considerato alla stregua di quello di ogni altro professionista impegnato a far crescere il benessere della società in cui opera.

Questo incipit autobiografico ha lo scopo di individuare uno degli obbiettivi generali che si dovrebbe cercare di perseguire: aprire un canale di comunicazione con la società civile per dissolvere l’aura di mistero e di incertezza che avvolge il nostro lavoro rendendolo poco comprensibile a coloro che lo osservano dall’esterno.
Gli strumenti per realizzare questo obbiettivo vanno ricercati:
a) nell’apertura di una via di comunicazione con gli organi di stampa;
b) nella elaborazione di progetti e ipotesi di sviluppo della Istituzione Università che non si fermino alla difesa degli interessi di categoria dei docenti, ma guardino all’interesse generale e che, comunque, privilegino il merito;
c) nella capacità di inquadrare i progetti nell’ottica dell’interesse generale della società civile e di prospettarne la validità generale oltre che all’interno dei campus universitari;
Dobbiamo, tutti noi, assolvere questo compito.

Le Caratteristiche dell’Università in cui viviamo possono essere così delineate:

1- Un sistema articolato in 95 atenei – di cui 11 telematici - che comprendono Istituzioni antiche e ammantate di prestigio, storico e culturale, e strutture universitarie nate ieri a volte sulla spinta di esigenze più localistiche e demagogiche che sulla base della reale necessità e della consistente possibilità di realizzare un nuovo centro per lo sviluppo del sapere. Questa realtà si inserisce in un contesto socio-economico in cui le risorse necessarie al finanziamento del sistema universitario continuano ad essere insufficienti e non adeguate alle esigenze crescenti di un apparato di ricerca che si deve confrontare nel mondo con il progresso delle conoscenze. D’altro canto ogni Ateneo si rappresenta come un organismo totipotente con la vocazione e la capacità di affrontare tutti gli aspetti dello scibile e programma le sue attività al di fuori di qualsiasi programma nazionale. La prima conseguenza di questo stato di cose è che le risorse disponibili vengono disperse in una miriade di rivoli e che la competizione per acquisirle si trasforma in una corsa ad ostacoli senza regole in cui i gruppi di volta in volta più forti, per aderenze politiche o per propria strutturazione interna, riescono a prosciugare i rivoli dei gruppi meno forti; la seconda conseguenza è che si genera automaticamente una graduatoria degli atenei che vede ai due estremi:
a) quelli in cui la ricerca eccelle e quelli in cui fare ricerca è un’impresa quasi impossibile,
b) quelli che hanno una gestione economica "virtuosa" nel senso che dispongono di risorse sufficienti a promuovere la crescita del personale e lo sviluppo delle attività istituzionali e quelli "non virtuosi", perché dispongono di risorse appena sufficienti a mantenere lo status quo.

Rispetto invece a quanto accaduto di recente, che alcuni Atenei si sono autodefiniti "virtuosi" e propongono di creare una distinzione netta fra se stessi e gli altri identificando diverse "categorie" fra le istituzioni universitarie, si ritiene opportuna la seguente soluzione:
a) Rifiuto di qualsiasi stratificazione degli Atenei sulla base di fattori irrazionali e non programmati, una

Marco Merafina
1. Premessa.

   Se è vero quanto il Ministro Gelmini ha detto in occasione del recente convegno di Roma organizzato dal Consiglio Universitario Nazionale, e cioè che
a)  il sistema universitario  deve poter ripartire attraverso un rifinanziamento degli Atenei, collegato con progetti di rinnovamento dei metodi di spesa,
b)  che è ormai improcrastinabile una revisione delle retribuzioni dei Ricercatori, ritenute da tutti eccessivamente basse; che è necessario dare nuovo impulso al reclutamento attraverso la proroga, fino a novembre, delle norme vigenti per fare i concorsi per poi ripartire con nuove regole quali l'idoneità nazionale e la chiamata libera locale, anche per l'atteso grande turnover,
      è anche vero che il Decreto Legge del giorno successivo (18 giugno) contraddice fortemente tali auspici, dando il colpo di grazia definitivo a quel sistema universitario che si voleva risanare, colpendo proprio i più giovani e dando della carriera universitaria un.idea così poco lusinghiera da disincentivare chiunque ad intraprenderla, accentuando quella fuga di cervelli che da più parti si diceva di voler arrestare.
    Credo che il conflitto tra il mondo politico, senza distinzioni di schieramento, e il mondo universitario sia un fatto ormai insanabile. Il divario ormai è ampiamente irrecuperabile e, a differenza degli auspici del Ministro, la collaborazione tra Università e politica è smentita in contemporanea dai fatti.
  Personalmente non nutro alcuna fiducia specialmente in coloro, tra i politici, che parlano e, purtroppo, si occupano di Università senza sapere che poco o nulla in proposito, come dimostrato dai vari governi che si sono ultimamente succeduti. Non c’è dialogo, forse non c’è mai stato veramente, e credo mai ci sarà. Ma non per colpa del sistema universitario, sia chiaro, perché se è vero che molti nostri colleghi non hanno certo contribuito alla miglior causa dell’Università con sprechi, scandali, imbrogli, mancanza di vera professionalità, è anche vero che la politica non ha mai voluto dialogare con la parte sana dei docenti universitari, e sono la maggioranza di noi, facendo sempre di ogni provvedimento una sorta di azione punitiva al solo scopo di fare cassa o di colpire indiscriminatamente tutti. Sì, anche coloro che lavorano fino a 12 ore al giorno, senza straordinari, e con meno di 2.000 euro al mese. Perché in Parlamento non c’è mai stata cultura della Cultura e mai c’è stata consapevolezza del ruolo strategico dell.Università nello sviluppo del Paese. L’Università e la Ricerca sono purtroppo diventati la Cassa Mutua dello Stato, e gli esempi di camionisti, tassisti e Alitalia sono lì a dimostrarlo.
   Non voglio entrare troppo nel merito del provvedimento, ma la trasformazione degli scatti da biennali a triennali si configura come il vero e proprio salto di qualità nell’attacco a chi lavora nelle università e costituisce un attacco alle retribuzioni senza precedenti, riducendo il già misero potere d’acquisto di molti colleghi, soprattutto i più giovani in ruolo, in una fase congiunturale molto complicata, colpendo tante famiglie già vessate in questo periodo da aumenti dei prezzi e dei mutui, fino a portare una parte di esse alla soglia di povertà: fin da ora o nei prossimi anni a venire. Basti pensare che da un rapido calcolo risulta che i ricercatori più giovani arriveranno a perdere fino a 100 mila euro da inizio carriera alla pensione, senza contare le perdite sui contributi previdenziali, che tutti i docenti saranno penalizzati a ogni vincita di concorso (se ce ne saranno a sufficienza nei prossimi anni), dovendo attendere il 33% del tempo in più con un assegno ad personam prima di riprendere lo sviluppo retributivo nella fascia superiore appena raggiunta, e non raggiungeranno mai la 14a classe, dovendo infatti attendere, per raggiungerla, ben 42 anni e cioè più della loro vita lavorativa, soprattutto i ricercatori più giovani, visto che il provvedimento di pensione forzata salva professori e magistrati ma non i ricercatori universitari, dovessero questi arrivare alla pensione nello stesso ruolo di partenza.
   Proprio da queste considerazioni, si deduce chiaramente che si è voluto cambiare surrettiziamente lo stato giuridico della docenza universitaria, di cui la curva retributiva e la suddivisione in classi stipendiali costituisce l’ossatura dal punto di vista economico, senza però dare una risposta concreta a tutti i problemi connessi con lo stato giuridico stesso, fonte di dibattiti interminabili da più legislature, senza che si fosse mai venuti a capo di nulla tra ruolo unico, terza fascia, distinzione tra reclutamento e avanzamenti di carriera, e che allo stato attuale penalizza fortemente i ricercatori. Non c’è risposta perché non c’è un vero progetto, ovvero l’unico progetto è lo smantellamento di un sistema già in crisi. E alla semplice domanda . Ma un bravo docente universitario, come deve fare a guadagnare uno stipendio decente in un sistema in cui si ricomincia la carriera da capo per tre

(continua INDIVERI) simile soluzione sarebbe ingannevole per il cittadino a cui si offrirebbe sotto la stessa etichetta un prodotto diverso da sede a sede; per la società alla quale si fornirebbero operatori professionali che, pur muniti dello stesso titolo di studio, hanno avuto un   training diverso ed hanno una professionalità non comparabile.
b) Richiesta di bloccare la istituzione di nuove sedi universitarie in assenza di risorse aggiuntive rispetto a quelle necessarie per la sopravvivenza di quelle esistenti e, nel caso, di chiudere gli Atenei che non riescano ad adeguarsi ai requisiti minimi di una Istituzione Universitaria.
c) Richiesta di procedere ad una valutazione del potenziale didattico-scientifico delle Università esistenti e, conseguentemente, di elaborare un programma nazionale che identifichi i punti di rilievo di ogni sede, operazione che permetterebbe di organizzare reti nazionali di ricerca per i vari settori, e conferirebbe ad ogni sede le prerogative didattiche confacenti alla propria caratterizzazione.

Una soluzione del tipo di quella delineata permetterebbe un uso razionale delle risorse oltre che la creazione di una rete formativa nazionale capace di fornire prodotti didattici, diversificati per contenuto e per livello, in cui i giovani potrebbero muoversi alla ricerca delle risorse formative più idonee alla propria vocazione senza dover necessariamente rimanere ancorati alla sede universitaria allocata all’angolo della casa natale.
Lo sviluppo di un programma di valutazione e razionalizzazione del sistema universitario potrebbe anche comportare la necessità di riclassificare qualche ente "universitario", caratterizzato da scarsa valenza scientifica, come "scuola superiore di formazione" che, pur capace di conferire ai discenti una qualificazione professionale altamente qualificata, è privo del requisito fondamentale dell’istituzione universitaria che è la capacità di produrre e trasferire il sapere; seguendo questa ipotesi si otterrebbe il duplice vantaggio di ridurre il numero degli Atenei e di fornire alla società uno strumento per la formazione di professionisti che aspirando ad una collocazione rapida nel contesto produttivo possono seguire un percorso più diretto rispetto a quello universitario propriamente detto.
L’Università deve avere un ruolo nel processo di innovazione e di crescita del paese non occasionale, ma continuo e fornito di risorse. Esso va regolamentato, salvaguardando l’autonomia dell’Università ed istituendo un sistema di valutazione della qualità, anche incentivante, delle strutture, dei docenti, dei ricercatori e di tutto il personale coinvolto. I risultati di una tale funzione dell’Università si devono tradurre in maggiori risorse, in acquisizione da parte degli studenti di migliori e adeguate professionalità attraverso stage presso aziende e PMI di settore. E’ necessario quindi aprire, ancora una volta, una profonda riflessione sugli aspetti classici (didattica, ricerca ed orientamento) del sistema universitario, visti in una ottica più allargata e integrata con il sistema paese. Oggi infatti è ricorrente parlare di:
• dimensione europea della ricerca e della formazione universitaria;
• internazionalizzazione, efficienza ed efficacia del sistema universitario;
• dimensione nazionale in un contesto competitivo;
• dimensione locale con rafforzamento dei collegamenti con il territorio e con le Istituzioni Locali.

2- Un sistema in cui i livelli della formazione superiore, pur delineati con chiarezza sul piano formale (laurea triennale, laurea magistrale, dottorato di ricerca), rimangono alquanto distanti dalla realtà e dalle reali esigenze della società. Infatti se si osserva il panorama dei diplomi triennali si può agevolmente osservare che, in un discreto numero di casi, essi sono stati generati più dall’esigenza dell’Accademia di allargare i propri spazi aumentando il numero degli iscritti, il potere accademico, l’esigenza di personale docente, le posizioni di dirigenza etc., che dalla reale necessità di fornire alla società operatori qualificati nei settori in cui incidono i corsi triennali. Questo stato di cose contribuisce a creare disagio sociale dal momento che mette sul mercato laureati che faticano o non riescono a trovare uno sbocco occupazionale corrispondente alle aspettative generate dalla frequenza del rispettivo corso di studi e contribuisce a generare disagio all’interno della stessa Accademia dal momento che il corpo docente, non preparato ad affrontare un sistema didattico più rivolto alla professionalizzazione che alla formazione culturale, spesso continua a sviluppare una didattica simile a quella cui era tradizionalmente abituato, ma compattata e ridotta ai minimi termini e quindi poco soddisfacente sia per il didatta che per il discente.
Per i percorsi triennali la soluzione potrebbe derivare sia da una profonda revisione e standardizzazione dei corsi attivati, riducendone il numero e cercando di farne combaciare la tipologia con le esigenze reali della società, sia dalla riorganizzazione degli Atenei secondo quanto si è detto sopra. La riduzione del numero dei CCL tuttavia non può essere camuffata, come accaduto in alcune sedi universitarie, in cui il CCL triennale, sotto le pressioni dei gruppi forti delle facoltà, è stata articolato in indirizzi. Fatto che certamente ha creato disorientamento tra gli studenti, ma ha soddisfatto i desiderata di colleghi.

Si è quindi della convinzione che si sarebbero potute sfruttare meglio alcune opportunità di revisione della didattica offerte dalle ultime leggi di riforma. Senza trascurare in generale l’architettura della didattica, per dare sostanza ai contenuti, aspetto quasi completamento trascurato nel percorso di attuazione delle ultime riforme sarebbe stato utili dare sostanza a quanto sempre sostenuto dal corpo docente, è cioè il collegamento e l’integrazione tra ricerca e didattica. Quale migliore occasione, proprio nell’istituzione dei percorsi formativi delle lauree magistrali, invece di seguire la cieca competizione tra le sedi, che ha portato all’attivazione di percorsi simili per paura di perdere "clienti", applicare la strategia tendente alla valorizzazione di quei percorsi che veramente sono supportati da riconosciuta attività di ricerca. Una simile strategia avrebbe comportato anche l’attivazione di percorsi formativi d’eccellenza e di valorizzazione della ricerca. A medio termine ciò avrebbe anche determinato un incremento del numero degli studenti e una migliore qualificazione delle facoltà proprio in sede di valutazione con un ritorno positivo di crescita del sistema e di maggiori risorse assegnate.

Rivolgendo lo sguardo al panorama dei dottorati di ricerca si ha la stessa sensazione di scollamento fra le proposte del sistema universitario e le esigenze della realtà sociale. L’introduzione delle "scuole di dottorato" è certamente interessante sul piano concettuale, ma la loro realizzazione, rimasta solo nominale indica che non si è avuto la forza di incidere realmente sul problema, sarebbe quindi opportuno che: a) il CUN procedesse all’accreditamento delle scuole; b) che si abolissero i posti di dottorato privi di borsa; c) che si cercasse di promuovere e facilitare la mo- mobilità interuniversitaria interna ed internazionale.
In alcuni settori è indispensabile raccordare il percorso del dottorato di ricerca con quello professionalizzante, pena la scomparsa di ricercatori derivanti dai rispettivi corsi di laurea. Ci si riferisce in particolare alla medicina clinica dove è praticamente impossibile conciliare la completa formazione professionale che, dopo il conseguimento della laurea specialistica, prevede l’acquisizione di un diploma di specialità (cinque anni), con la frequenza dei corsi ed il conseguimento del diploma dottorale, infatti a trenta anni il giovane medico ha la necessità di inserirsi in un contesto professionale e non può affrontare un altro percorso formativo. La soluzione di questo problema potrebbe venire da provvedimenti che prevedano programmi formativi in cui il percorso di specializzazione e quello dottorale siano embricati.
Anche gli aspetti formativi, per centrare meglio gli obiettivi di razionalizzazione e per migliorare l’offerta in termini di contenuti, dovrebbero superare i confini delle facoltà ed essere inseriti in contesti innovativi interfacoltà, e in alcuni casi anche interuniversitari, soprattutto quest’ultimo a livello regionale. Questo richiede un attento lavoro di monitoraggio sul funzionamento e sulla qualità della didattica, da parte dei nuclei di valutazione, e un impegno da parte delle facoltà e del servizio di innovazione della didattica degli Atenei nel proporre progetti e nel chiedere il superamento di paletti imposti dalle attuali norme a livello nazionale. La didattica, più di altro, ha bisogno di crescere e il suo valore non si misura con il numero di CCL attivati, ma con un lavoro serio sia nella identificazione dei percorsi che nella loro articolazione, lasciando fuori gli interessi di gruppi forti presenti all’interno delle facoltà. Per fare questo è anche necessario disporre di modelli didattici più flessibili e comunque adeguatamente monitorati e valutati.

3- Un sistema governato con un modello arcaico e inadatto alle esigenze e alla dinamica della società attuale.
I principali inconvenienti che sono stati lamentati nel funzionamento dell’attuale sistema di governo delle università si possono così riassumere:
a) esiste un forte condizionamento alla capacità decisionale del Rettore legata anche ad una sua possibile rielezione. Di fatto, durante il primo mandato un Rettore è attento a non urtare la suscettibilità del proprio elettorato e a non compromettere gli equilibri esistenti, al fine di garantirsi la rielezione, e tende a non assumere posizioni forti, o a rinviare i problemi. Un vincolo di non rieleggibilità consentirebbe al Rettore di svolgere, con maggiore autorevolezza e autonomia, la propria funzione per tutto l’arco del mandato;
b) vi è una parziale sovrapposizione di competenze tra Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione che aggrava inutilmente i percorsi decisionali e può dar corso ad attriti tra i due organi, o a fastidiosi rimpalli di decisioni. Nel migliore dei casi si ha una pesante duplicazione delle discussioni. E’ opinione di molti che sia impossibile separare nettamente le competenze dei due organi in quanto la strategia della programmazione è intrinsecamente legata alla disponibilità di risorse e alle conseguenti scelte di priorità. Di conseguenza si ritiene che sia utile tendere ad una fusione dei due organismi;
c) la partecipazione a diversi consessi accademici (spesso solo pletorici) genera un diffuso scontento tra i docenti che si trovano a discutere più volte le stesse cose in ambiti diversi. La inscindibilità delle funzioni didattiche e di ricerca (e per i medici dell’assistenza) che connota il professore universitario stride con l’impostazione attuale delle Facoltà. Si propone un progressivo assorbimento delle loro funzioni da parte dei Dipartimenti e dei Corsi di Laurea, rafforzandone i rispettivi percorsi decisionali;
d) le Università e i docenti sono autoreferenziali nel senso che non sono stabiliti percorsi istituzionali in cui figure esterne all’Ateneo concorrono alla definizione delle strategie generali e alla loro attuazione. Spesso la presenza di tali componenti non è stata neppure prevista negli organi che valutano la qualità delle attività universitarie. A tale proposito si ritiene che il governo degli atenei deve essere espressione della comunità universitaria, mentre si deve introdurre nella legislazione universitaria il principio per cui sono, in maggioranza, dei componenti esterni quelli ai quali è demandata la valutazione - a posteriori - delle funzionalità, delle scelte e dell’efficienza delle strutture.
In particolare a livello d’Ateneo, non si deve commettere lo stesso errore fatto a livello nazionale nel regolamentare tutto; bisogna partire da considerazioni che siamo di fronte ad un sistema universitario complesso con diversità di esigenze culturali e strutturali, che generano una molteplicità di comportamenti, che non possono essere ricondotti ad una unica tipologia di regolamento. Meglio quindi configurare una autonomia alle differenti strutture universitarie con assegnazione del budget annuale sulla base di una seria valutazione.
Alla luce delle considerazioni fatte e con la consapevolezza che gli Organi d’Ateneo (Senato, CdA, Rettore) devono governare e non gestire l’articolato sistema universitario, si propone:
a) che il Rettore venga eletto con un unico mandato di 6 anni senza rieleggibilità;
b) che venga istituito un consiglio di Ateneo formato da rappresentanti eletti del corpo docente, suddiviso in grandi aree scientifiche (senza distinzione tra le diverse figure di ruolo) e rappresentanti degli studenti e del personale tecnico-amministrativo;
c) che venga istituito un organismo di valutazione composto in maggioranza da membri esterni all’Ateneo, alcuni dei quali non universitari (i cosiddetti "portatori di interesse").
d) la graduale sostituzione delle Facoltà attribuendo le competenze ai Dipartimenti e ai Corsi di Laurea con i docenti incardinati nei Dipartimenti.
e) di monitorare lo stato degli attuali dipartimenti e proporre una nuova organizzazione in sintonia con la nuova visione del sistema universitario
f) i Dipartimenti e i Corsi di laurea della Facoltà di Medicina concorrono ad eleggere un coordinatore unico per la gestione dei rapporti con il sistema sanitario.
g) l’assegnazione annuale del budget alle strutture universitarie sulla base di una seria e concreta valutazione.

4- Un sistema in cui la selezione del personale è regolata da normative farraginose che si prestano agi accordi fra potentati e/o si prestano a far prevalere gli interessi locali su quelli generali. A partire del 1980 (legge 382) si sono susseguiti vari tentativi intesi a realizzare un sistema concorsuale snello e obbiettivo, i risultati, sotto gli occhi di tutti, indicano che non solo l’obbiettivo non è stato raggiunto, ma che lentamente il sistema è precipitato in uno stato di localismo esasperato per cui le varie selezioni portano, attraverso l’impegno di notevoli risorse, alla sanzione dei desiderata dei gruppi locali, impedendo qualsiasi processo di osmosi e di circolazione dei docenti fra i vari atenei e tenendo in scarsa considerazione la necessità di selezionare i soggetti più qualificati scientificamente e più adatti a promuovere la crescita del sistema universitario.
La proposta è che l’accesso alla docenza Universitaria si realizzi attraverso una unica selezione nazionale aperta che permetta di identificare le personalità scientifiche più mature e metta a disposizione dei singoli Atenei una gamma di ricercatori-docenti in cui identificare quello più adatto alle esigenze specifiche dell’Ateneo. La chiamata da parte dell’Ateneo avverrà nel rispetto della programmazione delle esigenze didattiche e di ricerca approvata nel piano triennale delle Facoltà o dei Dipartimenti, su proposta dei docenti appartenenti ai rispettivi SSD. La possibilità di concorrere alla selezione dovrebbe essere limitata nel tempo (non più di due selezioni?) e altrettanto la permanenza dei selezionati nel ventaglio delle possibili scelte. Il professore inserito nel corpo accademico dovrebbe essere considerato tale a tutti gli effetti e non dovrebbe essere costretto a correre su una pista ad ostacoli costituiti da "concorsi" per il passaggio da una fascia a quella superiore con i relativi periodi di straordinariato. Il trattamento economico dovrebbe seguire la maturazione scientifica e didattica e il suo progresso dovrebbe essere strettamente legato al risultato di valutazioni periodiche alle quali il singolo dovrebbe poter scegliere di sottoporsi volontariamente. Questa soluzione permetterebbe all’Università di conservare la capacità di dare ai docenti la possibilità di esprimere al meglio la propria capacità di accumulazione e trasmissione del sapere e di operare quale fonte primaria della ricerca e sede naturale dell'alta formazione, promuovendo nella Società lo sviluppo e la diffusione della cultura. Inoltre la posizione dei professori universitari, intimamente legata ai compiti istituzionali che tutti e ciascuno sono chiamati ad assumere e svolgere in maniera coerente dovrebbe permettere che le correlative retribuzioni, sottratte alle forme di conflittualità e partecipazione caratteristiche della contrattazione collettiva, tengano conto degli specifici compiti aggiuntivi di volta in volta attribuiti così da configurare un sistema in cui, su uno zoccolo basilare, si inserisce un sistema remunerativo variabile in funzione dei compiti di ciascuno in termini di ricerca, didattica o gestione accademica.
Nell’affrontare il tema della selezione dei nuovi docenti si deve por mente, oltre che ai meccanismi di selezione cui si è fatto cenno, alla necessità che i selezionatori abbiano gli strumenti culturali idonei allo scopo, in questo senso si propone che la selezione dei componenti delle commissioni giudicanti tenga conto della attuale loro qualificazione scientifica (merito) e propone che debbano essere esclusi da questo compito quei docenti che non sono in grado di documentare attività scientifica o non si siano sottoposti a valutazione negli ultimi sei anni.

5- Un sistema che non favorisce la crescita dei giovani ricercatori. La realizzazione di un sistema di selezione unico non potrà essere attuata se non si assumono provvedimenti idonei a permettere la maturazione scientifica dei giovani che volessero avviarsi alla ricerca e alla docenza universitaria. Allo stato delle cose il sistema si basa sul dottorato di ricerca (di cui si è già detto) che sfocia nella palude del precariato in cui galleggiano barchette improbabili dai nomi più variopinti (assegni di ricerca, contratti a tempo determinato di ricerca e/o insegnamento, borse di studio per master etc).che, in balia dei venti che spirano dalle "cattedre", ospitano giovani in attesa di un qualche miracoloso evento concorsuale per approdare sull’isola dei ricercatori. Questa palude richiede un’opera di risanamento radicale che la trasformi in un territorio stabile, accogliente e fertile su cui i neo-dottori di ricerca possano costruire il proprio futuro e dimostrare le proprie capacità, a tale scopo si propone che vengano reperite le risorse per attivare la figura del ricercatore a tempo finanziati con contratti di ricerca dotati di finanziamenti sufficienti a fornire uno stipendio adeguato e a sviluppare il progetto da realizzare autonomamente nell’ambito di un ateneo attrezzato allo scopo e dei rispettivi gruppi di studio. Il contratto in questione dovrebbe essere attribuito a soggetti giovani (massimo 32 anni) e avere una durata compresa fra i tre ed i cinque anni, al terzo anno si dovrebbe procedere ad una valutazione delle capacità del soggetto per definire l’idoneità alla immissione nei ranghi della docenza o l’opportunità che egli passi ad altre attività produttive; nei due anni successivi gli idonei potranno concorrere a posti di "docente" banditi dai singoli atenei sulla base delle specifiche esigenze programmatorie. Nell’affrontare un simile problema non si può non tener conto dell’esistente e non chiedere che si metta in atto un piano straordinario che pervenga alla valutazione, e alla eventuale idoneazione, di quanti finora hanno galleggiato nella palude per offrire loro la possibilità concreta di avvicinarsi ad una soluzione dei propri problemi.
Infine nel delineare una soluzione razionale e stabile per favorire la crescita e l’ingresso dei giovani si dovrà tener conto della necessità di creare un processo di osmosi e interscambio fra gli atenei favorendo e facilitando il passaggio da una sede all’altra almeno, nelle fasi di dottorato, di ricercatore a tempo e/o nei primi anni di ruolo, a questo scopo sarebbe opportuno stabilire per legge che le varie fasi della maturazione scientifica (dottorato- ricercatore a tempo- prima fase della docenza) non possono essere sviluppate nella stessa sede universitaria.

6. Un sistema ricerca nel paese molto complesso e disarticolato segnato dalla mancanza di una vera politica della ricerca. Oltre alle ridotte risorse che annualmente vengono assegnate ai programmi di ricerche è disarmante il ritardo con il quale arrivano a destinazione, ritardo che spesso in alcuni settori scientifici invalida la novità della proposta. Inoltre sulla scia della complessità per la formulazione dei progetti europei di ricerca anche quelli nazionali sono laboriosi e pesanti e richiedono tanto tempo per la preparazione. In particolare l’accesso ai grandi finanziamenti della UE diviene, per il sistema universitario italiano pesante e difficile per l’alta competizione e per le carenze strutturali, promozionali e di management e l’eccellenza rimane per molti una parola magica. Nel nostro paese vi è ancora tanta difficoltà di attrazione di fondi per ricerca dal mondo del privato. Sicuramente, come dimostrano i dati sulla produzione scientifica delle Università, le stesse sono dotate di energie e intelligenze che potrebbero essere meglio valorizzate. Senza una seria strategia a lungo termine a livello strutturale e funzionale e senza porre rimedio alla dispersione dei 95 Atenei, e delle loro sedi dislocate sul territorio, il sistema ricerca è destinato ad una sofferenza comatosa e con esso saremo costretti ad assistere ad una decadenza culturale e formativa nelle nostre università. La riqualificazione culturale in più occasioni invocata, soprattutto dai giovani ricercatori, dai massa media, dal mondo produttivo e da qualche politico, potrà avvenire solo destinando maggiori risorse alla ricerca, organizzandone tutto il sistema.
In questo contesto si ritiene importante:
• definire un piano strategico di politica della ricerca in un ottica di comune integrazione di interessi e di obbiettivi con il territorio e con il sistema produttivo del paese;
• chiedere alle università la destinazione di una percentuale (programmata) del FFO alla ricerca;
• chiedere l’istituzione di un servizio funzionale di supporto a livello nazionale e periferico, lungo tutto il percorso per la formulazione di progetti complessi sia europei che nazionali;
• l’allungamento della durata dei PRIN da 2 a 3 anni con la possibilità di revisione del progetto dopo il biennio;
• favorire l’aggregazione di gruppi di ricerca trasversali tra i Dipartimenti per sfruttare meglio le facilities strumentali presenti nei Centri di Ricerca, evitando sprechi di attrezzature e ottimizzando e valorizzando l’attività del personale sia ricercatore che tecnico che opera nelle strutture universitarie;
• favorire e incentivare lo scambio e la mobilità sia a livello europeo che nazionale;
• collegare fortemente i percorsi formativi di secondo livello alla ricerca;
• stimolare un dibattito nazionale sulla ricerca almeno una volta ogni due anni, con l’obiettivo di creare un forum nazionale sulla ricerca.

7. In conclusione occorre perseguire ancora una politica volta a promuovere le condizioni ideali in cui i docenti universitari potessero svolgere al meglio il loro compito di promotori della cultura e formatori delle nuove generazioni. Esso intende continuare su questa strada e per farlo si propone di:
a) attivare e mantenere collegamenti con il Governo, le forze politiche e sindacali, le altre organizzazioni accademiche (CRUI, conferenze dei presidi etc.), in modo da poter convogliare ad essi le idee e le proposte generate all’interno della associazione;
b) Promuovere tutte le iniziative politico-sindacali necessarie a garantire che il lavoro dei docenti universitari abbia il giusto e decoroso compenso economico;
c) Attivare un canale di collegamento con il mondo del precariato universitario allo scopo di concordare e promuovere iniziative indirizzate al superamento della condizione di precariato a alla definizione di un percorso definito, basato sul merito, per l’accesso alla docenza. FI
(continua MERAFINA) )volte con concorsi a valutazione comparativa che sono per definizione nemici del merito? Non c’è una risposta che non sia intrisa di ipocrisia. E dove sono la carriera basata sul merito e le opportunità di crescita professionale tanto sbandierate dal Ministro? Cari politici, diteci in modo chiaro se dobbiamo cambiare mestiere, sarebbe molto più onesto da parte vostra, invece di giustificare questi interventi parlando di .sane frustate. o espressioni simili.

2. Sulla figura docente del
ricercatore universitario.
La figura del Ricercatore Universitario, nata con la legge 382 del 1980, ha rivestito e riveste ancor più oggi un ruolo importante nell’Università come soggetto nella ricerca e nell’innovazione, specialmente in quelle facoltà votate più di altre all’impegno nella ricerca scientifica e tecnologica. Attualmente in Italia ci sono circa 23 mila ricercatori universitari in un corpo docente di circa 58 mila unità. Essi sono gli artefici della maggioranza della produzione scientifica degli atenei (considerando il personale strutturato), tuttavia, considerare solo questo aspetto sarebbe limitativo nei confronti delle funzioni attualmente assolte, specie in alcune facoltà. L’Università è profondamente cambiata in questi ultimi decenni, acquistando via via maggiore consapevolezza dei problemi della società e cercando di aprirsi alle esigenze del mondo del lavoro. Lo ha fatto, in primo luogo aumentando la qualità dell’offerta formativa, diversificandola e coinvolgendo sempre più i ricercatori nella didattica, laddove ha riconosciuto loro capacità innovativa, professionalità e grande entusiasmo. Proprio per questi motivi, definire oggi l’attività del Ricercatore Universitario riferendola alla sola attività di ricerca è inattuale e limitativo.Il ruolo del Ricercatore Universitario, infatti, ha subito un.evoluzione che lo ha trasformato nel tempo in una figura che, come i Professori Universitari, coniuga la sua attività di ricerca con quella di docenza, sottolineandone il nesso da tutti giudicato inscindibile. Nei fatti si è realizzata quell’opera di chiarificazione delle funzioni del ricercatore che nel tempo era rimasta sospesa dal punto di vista normativo, visto che nei primi quattro anni della riforma introdotta con la legge 382 del 1980 si perse l’occasione di una definizione compiuta del ruolo. E infatti, nonostante i successivi interventi legislativi che hanno riconosciuto ai ricercatori la funzione docente con la legge 341 del 1990 e quelle successive, non è stato possibile arrivare a uno stato giuridico che quindi continua ad essere atteso da quasi 30 anni.
        
-   Attualmente i ricercatori, oltre a fare la maggior parte della ricerca nelle università, coprono circa il 35% dei corsi universitari e risultano fondamentali per la realizzazione della riforma dell'ordinamento didattico. L’adeguamento dell’offerta formativa alle esigenze del mondo del lavoro, pur nei limiti di una riforma che ha rivelato grosse criticità soprattutto in alcune facoltà, ha portato una moltiplicazione di corsi e competenze particolari che hanno richiesto un impegno sempre più intenso a tutte le componenti della docenza (dagli ordinari ai ricercatori), a volte a discapito dell’impegno nella ricerca, evidenziando anche la necessità di un numero sempre crescente di docenti. Il soddisfacimento di tale necessità ha avuto un ulteriore supporto nell’uso sempre più massiccio dei contratti esterni di docenza che, nati come utile strumento di assicurazione di competenze professionali particolari, assenti nelle università, si sono trasformati nell’unica possibilità di copertura didattica per tutte quelle facoltà con carenze di organico e con un numero ragguardevole di studenti iscritti. Tali pratiche, ancorché necessarie, si sono rivelate particolarmente onerose per i già dissestati bilanci degli atenei.
 
-  In un quadro di obiettiva difficoltà a rendere operante la riforma didattica con l’apertura di numerosi e nuovi corsi di laurea, ai ricercatori è stato richiesto di fare la loro parte: basta infatti andare nelle università, per verificare come i ricercatori siano pienamente inseriti e attivi nella ricerca e nella didattica. Se poi obiettivamente l’età media dei ricercatori risulta essere elevata in rapporto all’esigenza di avere un ruolo di docente in formazione, questo va piuttosto ricercato nelle difficoltà riscontrate nei meccanismi di progressione di carriera e non nel convincimento che il ricercatore sia una persona isolata e improduttiva e perciò incapace di progredire. Anzi a voler analizzare meglio la distribuzione in età dei ricercatori, andiamo a riscontrare una doppia distribuzione: una, centrata sui 58 anni, che si riferisce a coloro che sono entrati nel ruolo in occasione del varo della legge 382 nel 1980, e una, centrata sui 45 anni, che si riferisce ai più giovani, reclutati tramite i concorsi che sono stati banditi fino ad oggi.

-  Sarebbe quindi doveroso tenere conto di ciò prima di esprimere giudizi affrettati sulla figura dei ricercatori, pensando superficialmente di essere di fronte ad attempati ultracinquantenni delusi da una carriera avara di soddisfazioni. Non è così, ci sono, tra i ricercatori, giovani brillanti, pienamente inseriti nella ricerca internazionale e che contribuiscono non poco, con la loro competenza, a un.offerta didattica altrimenti impossibile da proporre, specialmente nelle lauree specialistiche, ma non solo.

Di fronte a una situazione di questo tipo, insistere su una suddivisione tra professori e ricercatori universitari appare cosa superata dall’evidenza. Anzi, l’unicità del ruolo docente, che si evidenzia nei fatti attraverso l’attività delle tre figure universitarie (ordinari, associati e ricercatori), dovrebbe giustificare in modo naturale il riconoscimento del ruolo di professore agli attuali ricercatori, risolvendo così in maniera definitiva le difficoltà a mantenere il livello attuale di offerta formativa, soprattutto nelle facoltà con carenze di organico e anche a fronte del ragguardevole turn-over che si prevede a breve termine.
Di fonte allo stato attuale della organizzazione della docenza, con le università che di fatto hanno riconosciuto e riconoscono tuttora l’apporto irrinunciabile dei ricercatori, sarebbe auspicabile per non dire urgente una riforma dello stato giuridico che non ignori tale contributo e trovi modi e tempi per riconoscere i meriti, il lavoro svolto e la qualità scientifica dei ricercatori universitari. Tuttavia, nell’intervento del Ministro Gelmini in Commissione Cultura non c’è alcun accenno a tale esigenza, in palese contraddizione con la scelta di valorizzare il merito, richiesta da più parti e più volte richiamata dal Ministro stesso.

-  La giustificazione del concetto di unicità della figura docente è basata sul fatto che la docenza è attualmente ripartita, almeno nella maggior parte delle facoltà, in modo paritario tra tutti i docenti, siano essi professori o ricercatori. È stata una scelta, in questi anni, dei corsi di laurea e delle facoltà che hanno riconosciuto la competenza dei ricercatori e hanno, nei fatti, eliminato differenze esistenti ormai solo a livello legislativo e retributivo, visto che spesso solo i ricercatori non sono remunerati per l’attività didattica svolta. D’altra parte, ancora molte cose vanno ridefinite riguardo alla differenziazione di responsabilità nell'organizzazione della didattica (Presidenti dei Consigli di Corso di Studi, direzione in commissioni dedite all'organizzazione dei corsi), di responsabilità organizzative nella ricerca (coordinamento di progetti di ricerca a livello nazionale e/o internazionale), nella gestione delle università (Rettori, Presidi, Direttori di Dipartimento, Presidenti di Commissioni di funzionamento varie), legate più all’appartenenza a un ruolo (di solito quello di professore ordinario) che all’effettivo riconoscimento delle capacità del singolo a dirigere l.organo in questione. E visto che la maggior parte di queste cariche sono elettive, sarebbe ora di superare questi vincoli di ruolo per basare le scelte sui meriti effettivi.

-  Ma allora, perché è così difficile riformare l’Università italiana ed è quasi impossibile uscire da un.idea di .gerarchizzazione. della didattica? Se consideriamo l’esposizione mediatica di alcuni professori che discutono di sistema universitario, oppure analizziamo la tipologia dei docenti universitari che sono presenti in Parlamento, ci si accorge della grande preponderanza di professori provenienti da facoltà economico-giuridiche rispetto a quelli provenienti da facoltà scientifiche, a dispetto dell’effettivo peso delle varie componenti scientifico-disciplinari nel panorama generale universitario. Questa preponderanza ha inciso non poco sul giudizio che l’opinione pubblica ha dell’Università e dei docenti universitari in generale, sul tipo di proposte che vengono indicate in sede legislativa e sulle difficoltà a realizzare una riforma condivisa. Infatti si è sempre privilegiata un’idea di Università molto vicina a quella riscontrabile nelle facoltà di Giurisprudenza, di Economia o di Scienze Politiche che rappresentano un’eccezione piuttosto che la regola negli atenei italiani, soprattutto per quanto attiene ai rapporti tra le fasce di docenza e sui soggetti che vengono considerati docenti.
          
-   Chi conosce il mondo universitario o vi lavora al suo interno, sa benissimo quanto sia diverso, per un ricercatore, lavorare nelle facoltà di Giurisprudenza rispetto a facoltà come Lettere, Architettura, Medicina, Ingegneria, Scienze. Esiste un modo di intendere la docenza diametralmente opposto in questi due mondi che convivono all’interno delle università, in cui da una parte vige l’idea di una struttura a piramide, dove i professori ordinari si pongono al vertice e controllano pressoché ogni aspetto della vita della facoltà, dalla didattica alla distribuzione dei fondi per la ricerca, e spesso anche gli orientamenti della ricerca stessa, dove si ha un’idea di facoltà organizzata in massima parte sui privilegi e sulla subordinazione; mentre dall.altra trova compimento un’organizzazione della didattica e della ricerca più collegiale, basata sul reciproco rispetto tra le varie componenti, in un sistema di rapporti più improntato alla collaborazione tra gruppi di lavoro. Nel primo caso i ricercatori non sono considerati dei docenti, nel secondo caso lo sono a tutti gli effetti, anche perché non di rado costituiscono la componente più aggiornata e qualificata dello stesso corpo docente.

-  Noi dobbiamo cercare di far prevalere questa seconda idea in tutta l’Università, per liberarla dal peso di vecchie concezioni gerarchiche che ne impediscono uno sviluppo che consenta la piena partecipazione alla vita universitaria di tutte le sue componenti. Per questo il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori Universitari ha sempre avanzato la richiesta di pervenire all.unicità della carriera del docente universitario, legandola alla questione dei concorsi. Se infatti si vuol parlare di unicità della carriera in modo serio e non velleitario, bisogna distinguere tra reclutamento e avanzamenti di carriera. Questa confusione ha sempre caratterizzato la carriera universitaria, dove la presenza dei concorsi, ben tre in tutto il percorso attuale, scandisce, in modo che non ha eguali in altre carriere, la vita del docente universitario, presenza che costituisce momento di controllo continuo, dall'alto, sui vari settori scientifico-disciplinari, finalizzato alla preservazione di certi equilibri di forze tra i vari gruppi accademici.

-  Bisogna perciò arrivare a prevedere un solo concorso per l’ingresso nel ruolo docente, a differenza degli
(continua MERAFINA) avanzamenti di carriera che vanno trattati in modo differente, considerando diversi livelli di docenza i cui passaggi da uno all.altro siano caratterizzati da una valutazione continua dei risultati scientifici e didattici che consenta ai più meritevoli di progredire nella carriera e nel livello di retribuzione, eliminando però il concetto di valutazione comparativa che è il vero nemico del merito, in quanto concede troppa discrezionalità di giudizio in sede di concorsi.

-  L'Italia è ormai agli ultimi posti tra i Paesi OCSE, superata anche da nazioni meno progredite della nostra, ed è anche lontana dagli obiettivi di Lisbona: basti pensare che il sottofinanziamento del comparto ricerca registra una percentuale di investimento rispetto al prodotto interno lordo pari a meno della metà della media Ocse. Ma nonostante queste difficoltà i passati Governi non hanno colto l’importanza di imprimere una svolta, un cambiamento radicale che permettesse all'Università italiana di ripartire veramente, utilizzando parte delle maggiori risorse venutesi a realizzare con la lotta all'evasione fiscale. E' l'ennesima occasione mancata le cui responsabilità non possono tuttavia ricadere unicamente nell'operato dei vari Ministri che si sono succeduti, ce ne rendiamo conto, ma ci chiediamo allora come mai in questi ultimi quindici anni la politica (di qualunque schieramento) non sia stata in grado di dare risposte concrete ai bisogni di un sistema, quello universitario, così importante per la crescita culturale e tecnologica del nostro Paese.

-  La risposta non è difficile e risiede nel tipo di scontro in atto dentro l'Università. A differenza della scuola, dove lo scontro è soprattutto ideologico, dove si confrontano due idee contrapposte di sistemi di istruzione direttamente identificabili con gli schieramenti politici, nell'Università lo scontro è trasversale ai partiti ed è di natura prettamente lobbistico-corporativa. Nell'università risiede il partito "baronale", senza connotazioni politiche particolari, responsabile dell'immobilismo di questi anni e interessato solo a che nulla cambi e che siano mantenute quelle rendite di potere che hanno consentito la gestione più completa dello sviluppo delle carriere universitarie e del flusso dei finanziamenti per la ricerca. E' questo il partito da battere per chi ha a cuore le sorti dell'Università italiana. E' questo il problema che devono affrontare tutti coloro hanno l'interesse a rimanere credibili nelle loro proposte di riforma, per dimostrare che l'Università è ancora una priorità in questo Paese, per agire senza infingimenti e senza l'alibi dell'impotenza di fronte a lobbies più o meno occulte. MM

 

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Ministro M.S. GELMINI

Comunicazioni  sugli indirizzi generali
della politica del suo Dicastero - 17 giugno 2008

         I temi più rilevanti, toccati nelle comunicazioni sono stati:
    a)  Art. 33 Costituzione: l'autonomia e responsabilità per le Università, ripartendo da Ruberti;
    b)  Il monitoraggio delle lauree "3 e 2", perchè non ci sia liceizzazione degli insegnamenti;
    c)  Politica del buon "welfare" per gli studenti, con particolare riferimento alle strutture di accoglienza (collegi);
    c)  Il ri-finanziamento degli Atenei, collegato con progetti di
rinnovamento dei metodi di spesa;
    d)  Il reclutamento con nuove regole: idoneità nazionale e chiamata libera locale, anche per l'atteso grande turnover;
    e)  La revisione delle retribuzioni dei Ricercatori;
    e)  La proroga, fino a novembre, delle norme vigenti per fare i concorsi;
    g)  Governance locale più libera organizzativamente, specialmente per la reperibilità di finanziamenti privati.

LUCIANI: "Bene, la Ministra, come enunciazioni di obiettivi.     Ma, se vuole conquistare fiducia, deve anche definire i criteri di efficienza. Ad es. se ritiene che, per una buona didattica, occorra 1 professore ogni 25 studenti, non c'è spazio per ridurre i costi del personale, perchè oggi in Italia c'è un professore ogni 30 studenti (in totale: 60.000 professori e 1.800.000 studenti) e quindi mancano 12.000 professori. Se, invece, ritiene che occorra 1 professore ogni 40 studenti, può giustificare il licenziamento di 15.000 professori, e questo permetterebbe di aumentare la retribuzione di chi rimane in servizio, a parità di spesa."

Allo scopo di raccogliere elementi per un
documento comune da offrire al nuovo Ministro
e al Presidente Berlusconi

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In programma per lunedì 30 giugno 2008,
ore  15,00- 18,00  nella Facoltà di Ingegneria (Aula Magna), Università di Bologna, Viale Risorgimento 2

CONFERENZA NAZIONALE,
CON LA PARTECIPAZIONE DEI SINDACATI
E ASSOCIAZIONI NAZIONALI UNIVERSITARIE

"PRIMO DIBATTITO SULLE COMUNICAZIONI
DEL MINISTRO GELMINI  SUGLI INDIRIZZI DEL SUO DICASTERO"

Interventi:
   1. Studente Diego CELLI (Presidente del Consiglio Nazionale Studenti Universitari), Le nostre idee sulle "comunicazioni" del Ministro;
  2.- Prof. Francesco INDIVERI (Presidente naz. del CNU), Appunti per un possibile documento unitario dei docenti e degli studenti universitari, da offrire al Ministro e al Presidente del Consiglio dei Ministri;
  3) Prof. Antonino LIBERATORE (Presidente naz. dell'USPUR), Anche questioni retributive;
  4) Prof. Marco MERAFINA (Coordinatore Naz. Ricercatori Universitari), La figura docente del Ricercatore Universitario: prospetitve;
  5) Prof. Nunzio MIRAGLIA (Coordinatore Nazionale dell'ANDU), Autonomia degli Atenei e del Sistema nazionale
6) Prof.ssa Sandra SOSTER (Segretaria Provinciale Flc-Cgil di Bologna);
7) Proff. Nino DAMMACCO e Santo SIGNORELLI (Segretario Generale Agg. e Segretario Nazionale Fed. CISL-Università)

con la partecipazione dei Deputati E. Barbieri
e F. Garagnani della Commissione Cultura
della Camera


Sono graditi gli interventi di tutti i Colleghi


Commissione Istruzione del Senato - Udienza del 17 giugno 2008)

(Stralcio  dal "resoconto sommario", con aggiunta di titolazioni riassuntive. Per vedere il testo integrale,
clicca su: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=304295)

   1.- Legami tra didattica e ricerca, per l’Università. Il ministro GELMINI sottolinea preliminarmente come l'università e la ricerca, congiuntamente all'istruzione, rappresentano l’infrastruttura del sapere e risultano efficaci solo se interconnessi l’uno all’altro. Reputa peraltro che università e ricerca siano fattori indispensabili di sviluppo della comunità nazionale, sicché è strategico eliminarne le criticità.
   Nel ricordare che nel recente passato il sistema formativo italiano, pur con i suoi limiti, era in grado di formare ed esportare capitale umano di eccellenza, afferma poi che il recupero di tale capacità nell’attuale contesto sociale ed economico passa:
- o per una gestione più fortemente centralizzata del sistema universitario, con regole uguali per ogni ateneo;
- ovvero per la valorizzazione delle rispettive specificità.
   Analogamente a quanto avviene in molti Paesi caratterizzati da sistemi universitari di eccellenza, ella propende per la seconda opzione. La filosofia cui intende informare l’azione del Ministero resta pertanto immutata, fondandosi sul trinomio autonomia, valutazione e merito.
   Sul piano legislativo, ella rileva altresì che nel corso di questi ultimi anni si sono stratificate una serie di norme, che hanno volta a volta interrotto e contraddetto ipotesi di riforma anche coraggiose proposte dai Ministri che si sono succeduti, da Antonio Ruberti, cui rivolge un commosso ricordo, a Letizia Moratti. Si impegna quindi a dotare, entro il termine dei cinque anni di legislatura, il mondo dell’università e della ricerca di regole certe e condivise, attraverso testi unici che non siano la sommatoria di norme già esistenti, ma che al contrario eliminino la legislazione in eccesso, che spesso impedisce l'efficace dispiegarsi delle disposizioni migliori.
......
......
   2.- Monitoraggio e razionalizzazion e delle Lauree 3+2. Quanto al modello del "3+2", osserva che se da un lato ha consentito di aumentare il numero dei laureati, da più parti è messo sotto accusa per aver innescato un processo di licealizzazione prolungata e una proliferazione di corsi e indirizzi che non ha eguali negli altri Paesi europei. Assicura quindi di voler proseguire la rigorosa attività di monitoraggio e di razionalizzazione dei corsi avviata dai suoi predecessori.

   3.- Finanziamento Con riferimento alle risorse, rileva che il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) è basato in larghissima parte sullo "storico" e alimenta bilanci rigidi, senza che una percentuale significativa delle risorse sia destinata a premiare il merito e l’eccellenza.
   Ella deplora indi il drammatico sottofinanziamento del comparto ricerca, che registra una percentuale di investimento pari all’1,09 per cento rispetto al prodotto interno lordo, contro una media Ocse del 2,26 per cento.
.….
.....
   Accanto all'aumento delle risorse, occorre a suo giudizio migliorare la gestione della spesa, vincolandola alla responsabilità, ai risultati conseguiti ed eliminando sprechi e inefficienze......
.....
   4.- Art. 33 della Costituzione: per l’autonomia e la responsabilità degli Atenei. Nel richiamare l’articolo 33, comma 6, della Costituzione, ribadisce la necessità di rafforzare il legame cruciale tra l'autonomia e la responsabilità, in quanto ciò comporta la possibilità di essere premiati o sanzionati per le scelte rispettivamente vincenti o sconvenienti che si sono operate.
......
......
   Per raggiungere gli obiettivi anzidetti, prosegue, occorre elevare i criteri di accreditamento delle strutture universitarie, sulla base di parametri oggettivi e certificabili, quali le esigenze del territorio, la capacità di autofinanziamento, l’adeguatezza dei corsi di laurea rispetto agli obiettivi formativi, la composizione del corpo docente, nonché l’idoneità tecnica delle strutture.
......
......
    Ripercorre poi le vicende che hanno condotto il precedente Governo ad istituire l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) che risulta tuttavia ancora non operativa, per via dei rilievi del Consiglio di Stato. Dopo aver puntualizzato che la Corte dei Conti, peraltro, ha registrato con riserva il relativo regolamento istitutivo, ritiene che l’ANVUR sia stata concepita come una costosa struttura ad alto tasso di burocrazia e rigidità, destinata a controllare anche i più piccoli meccanismi, caricata di compiti eccessivi.
Esprime dunque la volontà di modificarne la disciplina, nella prospettiva di assicurare al mondo dell’università e della ricerca un sistema integrato di valutazione, che vincoli il finanziamento ai risultati, incentivando l’efficacia e l’efficienza dei programmi di innovazione, la qualità della didattica, lo svolgimento di corsi in lingua inglese, la capacità di intercettare finanziamenti privati ed europei, il tasso di occupazione dei laureati coerente col titolo di studio conseguito. Occorre peraltro a suo avviso preservare la specificità di ogni protagonista del comparto, nella cornice costituita comunque da esperienze internazionali consolidate e da paradigmi riconosciuti dalla comunità scientifica.

 5. Proroga organismi vigenti.  Comunica poi che è allo studio una proroga degli organismi vigenti (destinati ad essere soppressi in concomitanza con la piena operatività dell'Agenzia) onde non interrompere la valutazione delle università e degli enti di ricerca, beneficiari di finanziamenti pubblici. In futuro, oltre alla doverosa attività effettuata a livello centrale dall’Agenzia indipendente, sarà del resto necessario incoraggiare anche la valutazione plurale, spontanea e quotidiana, che viene svolta tanto dagli studenti e dalle famiglie in occasione della scelta dell’ateneo da frequentare, quanto dalle imprese e dalle fondazioni che si rivolgono al settore.
    Nel rimarcare l'essenzialità di tale "valutazione dal basso", ribadisce l'esigenza di redigere regole trasparenti e di assicurare la pubblicità e l'accessibilità di tutte le informazioni anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici, onde consentire l'affermazione di un sistema pienamente meritocratico.

    6.- Reclutamento e retribuzioni. Con particolare riguardo al reclutamento, fa presente che nei prossimi cinque anni è previsto un ricambio del 47 per cento del corpo docente. Segnala in proposito due anomalie dell'Italia quali, da un lato, l’anzianità dei professori ordinari e associati e, dall’altro, lo scarso numero e l'inadeguata retribuzione dei ricercatori.
   Quanto al primo aspetto, reputa inaccettabile che l'università favorisca le progressioni di carriera locali piuttosto che l’ingresso di forze nuove, mantenendo in vita un sistema duplicemente impermeabile, rispetto ai giovani studiosi italiani e agli esperti stranieri.
    Quanto al secondo, dà conto della ristretta fascia di ricercatori e dottori di ricerca, che configura un modello più simile a un cilindro che ad una piramide. In particolare, rammenta che nella finanziaria del 2007 è stato previsto un finanziamento di 40 milioni di euro per il 2008 e 80 per il 2009 per coprire un congruo numero di posti. Il provvedimento era subordinato, però, all’emanazione di un regolamento, che tuttavia non ha visto ancora la luce, in quanto ha ricevuto il parere negativo della Corte dei Conti. In proposito, nella piena consapevolezza dell'urgenza di emanare entro il giugno 2008 i relativi bandi, comunica che il Ministero sta elaborando interventi tempestivi per evitare il blocco nell’accesso alla carriera accademica di tanti giovani e il mancato stanziamento dei fondi.
    Comunica altresì che intende prolungare sino al 30 novembre i bandi per i concorsi da ordinario e associato, auspicando che su tali provvedimenti si registri un consenso condiviso.
Giudica inoltre insufficiente la retribuzione dei ricercatori rispetto alla media europea e a quella Ocse, per cui si rende necessario un maggiore investimento di risorse affinché i ricercatori universitari siano più numerosi e meglio pagati.
.....
.....
    7.- Regole per il reclutamento: idoneità nazionale e chiamata locale autonoma, anche di esterni. Quanto alle nuove regole di reclutamento per professori e ricercatori, comunica che sono in corso di elaborazione, con il contributo del Consiglio universitario nazionale (CUN), procedure snelle e credibili, che assicurino la meritocrazia e l'autonomia dei singoli atenei, basate innanzitutto su una verifica nazionale di idoneità riconosciuta da parte della comunità scientifica nel suo complesso. All’interno di una lista di idonei, che includerà gli studiosi italiani o stranieri che lavorano all’estero, prosegue il Ministro, le università sceglieranno autonomamente il candidato che ritengono più capace e più adatto ad attirare finanziamenti dalle imprese e iscrizioni degli studenti. Ciò determinerà a suo avviso una crescente internazionalizzazione dell’università italiana, che sarà più permeabile alle energie di quanti, italiani e non, lavorano all’estero, e una progressiva eliminazione dei "tetti".
   Nell'assicurare che, in base al principio dell’autonomia responsabile, le università saranno libere di chiamare anche docenti che non provengano strettamente dal mondo accademico, pone l'accento sul rigore che caratterizzerà i predetti meccanismi di selezione, a cui dovrà seguire un adeguamento delle retribuzioni anche attraverso trattative individuali.

   8.- Governance. Il Ministro si sofferma indi sulla governance, a cui fa eco la capacità di rispondere delle proprie scelte, della verifica e del controllo, rimarcando che è intenzione del Governo approfondire proposte provenienti da alcuni atenei. Una governance responsabile si basa del resto su grande libertà di organizzazione, su un minore peso della burocrazia nonché sull’accentuata individualizzazione dei rapporti contrattuali. A tal fine, occorre l’introduzione di nuove figure in grado di garantire il successo organizzativo degli atenei e indirizzate a reperire finanziamenti esterni, limitando il ruolo dello Stato alla fissazione di alcuni paletti e allo svolgimento di un controllo rigoroso e trasparente.

   9.- Studenti. Evidenzia altresì l'esigenza di incoraggiare la crescita delle comunità studentesche, disincentivando peraltro lo scandaloso e crescente sfruttamento degli studenti spesso costretti ad affitti elevatissimi e fuori mercato, mediante la creazione di nuovi collegi (per gli studenti) da realizzare con la partnership delle Regioni. Su tale ambito intende instaurare un confronto con il Consiglio nazionale degli studenti universitari.
.....
.....

 

 

Berlusconi alla Camera  (discorso programmatico, 13 maggio 2008):
"DARE  UNA  FRUSTATA  VITALE  ALLA  RICERCA  E   ALLA  SCUOLA"

L'On.le  MariaStella GELMINI *, nuovo Ministro dell'Università


La Venere di Botticelli

Disegno di Legge del Deputato Gelmini, per:

1) la valorizzazione del merito e piena applicazione del principio di autonomia scolastica (art.2, lettera a)
2) l' abolizione degli incarichi a tempo indeterminato dei docenti (art. 2, lettera e, punto 1);
3) Per l'attuazione della presente delega non far derivare maggiori oneri per la finanza pubblica, ma una diversa allocazione delle ordinarie risorse, in dotazione (art. 7)


MariaStella Gelmini

* Età 35 anni, Avvocato "amministrativista", eletta deputato nella precedente legislatura e confermata nella attuale.
   Nei due anni della precedente legislatura ha presentato al Governo "una" interpellanza sulle intercettazioni telefoniche,
ed un disegno di legge come primo firmatario (vedi sotto). Qui di seguito, le parti riguardanti l'università sono in neretto

XV Legislatura, Camera: Disegno di legge d'iniziativa del deputato Gelmini:

"DDL delega per la promozione e l’attuazione del merito nella società, nell’economia e nella pubblica amministrazione ed istituzione della "Direzione di valutazione e monitoraggio del merito" presso l’Autorità Garante per la Concorrenza"

  Premessa del Deputato al DDL.  Il presente disegno di legge intende agevolare la diffusione e l’attuazione concreta nella società italiana del principio del merito.
E’ noto che il Sistema-Paese sta attraversando, da molti anni, una crisi che attraversa tutti i livelli sociali ed istituzionali; si tratta di una crisi di sfiducia e di speranza tra le cui cause si può annoverare la scarsa valorizzazione del merito come criterio di distribuzione delle opportunità e di valutazione delle persone.
L’impostazione statalista e dirigista che ha imperniato l’ordinamento degli ultimi cinquanta anni ha portato con sé la marginalizzazione del merito, che non è mai assurto a principio guida in grado di regolare i fenomeni sociali, i processi economici e le relazioni di lavoro, in favore di criteri di uguaglianza formale che, di fatto, si sono tradotti in forti disincentivi alla capacità individuale.
  Il presente disegno di legge mira a rimuove questi disincentivi, mediante un insieme di provvedimenti che, una volta attuati, dovrebbero liberare le energie presenti nella società, e favorire quel processo di valorizzazione del merito che costituisce il momento di partenza per una effettiva inversione di tendenza della crisi che attraversa il Paese.
  La struttura del disegno di legge, che in gran parte consiste in principi da delegare per l’effettiva attuazione all’Esecutivo, consente, vista anche la complessità delle questioni trattate, eventuali stralci.

Il DDL - Testo originale.

Art. 1 . Definizione di merito
1. Ai fini della presente legge, si intende per merito il conseguimento di risultati individuali o collettivi superiori a quelli mediamente conseguiti nei rispettivi ambiti di attività, tenuto conto dei compiti assegnati e delle capacità possedute.

Art. 2 . Delega al governo per la valorizzazione del merito nel sistema scolastico ed universitario
1. II Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a promuovere ad attuare il principio del merito nel sistema scolastico ed universitario sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
     a. valorizzazione del merito e piena applicazione del principio di autonomia scolastica attraverso
1) il rafforzamento dei poteri organizzativi e disciplinari dei dirigenti scolastici e di organismi di amministrazione ad essi affiancati, con compiti di gestione amministrativa e di reclutamento del corpo docente;

2) la concorrenza piena tra le autonomie scolastiche, mediante l’adozione di meccanismi di ripartizione delle risorse pubbliche in proporzione ai risultati formativi rilevati da un organismo terzo che pubblichi annualmente una classifica regionale delle autonomie scolastiche fondata su parametri trasparenti e verificabili;
3) il riconoscimento alle famiglie di voucher formativi da spendere nelle scuole pubbliche o private di cui alla legge 62/2000;
4) la detraibilità delle donazioni da parte di persone fisiche o imprese alle autonomie scolastiche.

    b. valorizzazione del merito degli studenti nel sistema dell’istruzione scolastica, mediante, in particolare, l’adozione delle seguenti misure:

Gelmini, non erede della Moratti !

Sulla "abolizione di ogni automatismo
nelle progressioni di carriera dei docenti"

  La Ministra, nel suo DDL (vedi a fianco), vuole "l'abolizione di ogni automatismo nelle progressioni di carriera dei docenti".
   Sono ben d'accordo. Voglio, però, anche osservare che la carriera universitaria prevede tre concorsi pubblici: uno per ricercatore, uno per professore associato, ed uno per professore ordinario, spesso gabbie (una volta che uno ci si trova dentro) che impediscono l'avanzamento per merito.Non solo, prima di fare il concorso per ricercatore, uno deve trascorrere grosso modo 8-10 anni per apprendistato (prima, gratis; poi come borsista o assegnista).
  E, allora, a cosa si fa riferimento ?  Anche noi, da anni, su queste pagine, ci battiamo per la carriera solo in base al merito, ma ci riferiamo alle seguenti cose:
   1) Al fatto che le commissioni di concorso sono fatte per votazione, mentre dovrebbero essere per sorteggio, eventualmente tra un numero ampio di votati (dalla Moratti, si era ottenuto che i votati fossero 15, ma avevamo chiesto che fossero solo per sorteggio);
  2) Al fatto che l'idoneità nazionale debba essere a lista aperta, e senza diritti di chiamata (invece la Moratti ha imposto "un" solo idoneo per posto, a causa di un complesso di inferiorità verso la CRUI, salvo poi sperticarsi in una serie di riserve di idoneità, peraltro solo simboliche, in base ad anzianità, ...). Che senso ha la libertà di chiamata delle Facoltà, se c'è un solo idoneo per posto ? Lo so che, dal mondo della Università, contro la lista aperta, si era levato lo stracciamento delle vesti. (Erano quelli che più avevano beneficiato del meccanismo dei voti, a senso unico; o che erano preoccupati che un eventuale aumento dei docenti di ruolo avrebbe ostacolato l'aumento delle retribuzioni).
   3) Al fatto che i docenti devono essere stabili, perchè la scuola è come la famiglia (altra cosa è una impresa, sul mercato) e che i turnover debbano procedere in una gradualità, senza interruzione.

  Dunque la stabilità è essenziale per un rapporto educativo e di fiducia tra docente e studente, e perchè abbia fondamento la valutazione dei giovani in base al merito.
   4) Al fatto che le Università debbano essere responsabilizzate in base al principio dell'autonomia (e non solo per la spesa). Ma, attenzione, una Ministra non può, prima, respingere "l’impostazione statalista e dirigista dell'ordinamento"; e, dopo, proporre " la distribuzione dei finanziamenti alle Università in misura direttamente proporzionale ai risultati formativi qualitativi certificati da organismi terzi". Il motivo è che questo è un principio dirigista, anche se ottimo in astratto, ma pericolosissimo in pratica, perchè espone la scuola al mero controllo della burocrazia. Ce lo insegna l'esperienza dell'Unione Sovietica, dove, anzi, il meccanismo dei parametri standard era applicato a tutti i settori del sistema, ma portò alla rovina l'intero sistema.
  Ho idee ben diverse per incentivare l'efficienza della scuola. Non ho spazio in questa nota. Dico solo che è essenziale partire dall'assunto che, in generale, chi sceglie di fare scuola e ricerca lo fa, in primo luogo, per vocazione e, dunque, l'attenzione primaria va centrata sui requisiti qualitativi della persona. Nel merito rinvio a "Per un nuovo sistema di governance delle università" e a "Nasce AQUIS". NL

1) cancellazione del sistema dei debiti formativi e aumento del-la selettività dei meccanismi di avanzamento scolastico, anche attraverso la reintroduzione degli esami di riparazione;
2) previsione all’interno del POF (Piano dell’Offerta Formativa) delle singole autonomie scolastiche, anche consorziate tra loro, di appositi moduli integrativi obbligatori che diano l’opportunità, senza spesa a carico dello studente, di recuperare nel corso dell’anno eventuali insufficienze nelle singole materie;
3) rafforzamento del meccanismo di borse di studio legate al merito, fermo restando la necessità di garantire un sistemaadeguato di sovvenzioni a studenti meritevoli in stato di necessità, in applicazione dell’articolo 34 della Costituzione della Repubblica Italiana.
    c. valorizzazione del merito dei docenti mediante l’adozione delle seguenti misure:
1) eliminazione di ogni automatismo nelle progressioni retributive e di carriera degli insegnanti;
2) progressiva liberalizzazione della professione, da attuare attraverso la chiamata nominativa da parte delle autonomie scolastiche su liste di idonei, con un periodo di prova di due anni scolastici propedeutico all’assunzione a tempo indeterminato, garantendo comunque la mobilità dei docenti;
3) possibilità, per le singole autonomie scolastiche, senza oneri aggiuntivi a carico della Stato, di stipulare con i singoli docenti contratti integrativi di tipo privatistico.


    d. valorizzazione del merito degli studenti nel sistema dell’istruzione universitaria, mediante l’adozione delle seguenti misure:
1) previsione di esami preliminari obbligatori, anche ove non sia previsto il numero chiuso delle iscrizioni ai corsi di laurea, per l’accesso alle Università pubbliche e private, al fine di valutare la preparazione di base degli studenti e i successivi progressi;
2) rimodulazione delle tasse universitarie, con rafforzamento delle borse di studio destinate agli studenti meritevoli e aumenti delle tasse a carico degli studenti fuori corso;
3) estensione dell’istituto del Prestito d’onore.


     e. valorizzazione del merito del corpo docente e dei ricercatori nel sistema dell’istruzione universitaria e degli istituti di ricerca, mediante l’adozione delle seguenti misure:
1) progressiva abolizione degli incarichi a tempo indeterminato dei docenti;
2) revisione dei meccanismi di reclutamento, mediante l’istituzione progressiva della chiamata nominale da parte delle Facoltà e di correlativi contratti integrativi di tipo privatistico;
3) introduzione di sistemi di verifica triennali dei risultati della ricerca, ai fini del mantenimento dell’incarico e delle progressioni di carriera;


    f. valorizzazione del merito delle Università e degli Istituti di ricerca, mediante l’adozione delle seguenti misure:
1) distribuzione dei finanziamenti alle Università in misura direttamente proporzionale ai risultati formativi qualitativi certificati da organismi terzi;
2) privatizzazione di tutti gli istituti pubblici di ricerca, chiusura degli enti pubblici che risultano inadeguati rispetto agli standard internazionali e distribuzione delle risorse in base ai risultati certificati;
3) detraibilità delle donazioni da parte di persone fisiche o imprese alle Università e agli Istituti di Ricerca.


Art. 3
Delega al governo per la valorizzazione del merito nella pubblica amministrazione
1. II Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a promuovere ad attuare il principio del merito nella pubblica amministrazione, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

    a. abolizione, ad ogni livello di inquadramento di qualsiasi meccanismo che possa determinare automatismi nelle progressioni di carriera e introduzione di meccanismi effettivamente selettivi volti alla verifica preliminare delle capacità personali in relazione anche a comprovati riscontri oggettivi di produttività, efficienza, redditività, responsabilità e trasparenza;
    b. progressiva estensione, per i dirigenti con ruoli apicali, dell’istituto della chiamata nominale su base fiduciaria e di relativi contratti di tipo privatistico a tempo determinato;
    c. rafforzamento di effettive condizioni di gestione manageriale nelle pubbliche amministrazioni, attraverso il potenziamento delle responsabilità e del potere organizzativo e disciplinare dei dirigenti e dei funzionari preposti alle strutture;
    d. introduzione di sistemi di valutazione dei risultati e delle prestazioni dei dirigenti e del personale dipendente, gestiti anche da soggetti terzi, fondati sul principio di responsabilità in ordine alla produttività, all’efficienza, alla redditività, alla trasparenza;
    e. Revisione, anche attraverso princìpi da attuare anche in sede contrattuale, delle discipline in tema di:
1) attribuzione di incentivi e riconoscimenti economici connessi al miglioramento delle produttività;
2) provvedimenti e sanzioni disciplinari, compresi i licenziamenti dei dirigenti e degli altri dipendenti, a seguito di gravi comportamenti illeciti sul piano penale, civile ed amministrativo, nonché per grave carenza di risultati o di rendimento;
3) responsabilità contabile e patrimoniale dei funzionari pubblici nei casi di dolo e colpa grave rendendo effettiva l’azione di danno in caso di illegittimità di atti.
f. definizione dei massimali consentiti in ordine al rapporto tra numero dei dipendenti pubblici e popolazione ai vari livelli territoriali: comunale provinciale e regionale;
g. individuazione di "parametri di virtuosità" in materia di efficienza ed efficacia nella erogazione dei servizi per tutte le amministrazioni pubbliche e corrispettiva istituzione di un sistema premiale nell’assegnazione di fondi pubblici;

Art. 4
Delega al governo per la valorizzazione del merito nel mercato del lavoro
1. II Governo è delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a promuovere ad attuare il principio del merito nel mercato del lavoro, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

    a. detassazione e decontribuzione di premi produttività aziendali e dei superminimi individuali, da finanziare con l’abolizione di tutti gli incentivi destinati alle imprese e riconosciuti mediante processi di valutazione o selezione pubblica;
    b. detassazione e decontribuzione dei compensi per le invenzioni e le opere dell’ingegno;
    c. introduzione, tra le causali di recesso dal rapporto di lavoro, dello scarso rendimento, e previsione di un meccanismo sanzionatorio di natura esclusivamente risarcitoria in caso di illegittimità del licenziamento intimato sulla base di tale causale;
   d. nullità di tutte le clausole legali e contrattuali che prevedono aumenti retributivi e di carriera legati all’anzianità di servizio ed alla sola presenza sul lavoro;
   e. eliminazione del divieto di sotto-inqudramento in presenza di prolungato scarso rendimento;
   f. possibilità di derogare al principio di irriducibilità della retribuzione in presenza di prolungato scarso rendimento;
   g. ampliamento della nozione di mansioni equivalenti;
   h. istituzione di un credito di imposta per le assunzioni realizzate mediante procedure selettive trasparenti, realizzate avvalendosi mediatori professionali, pubblici o privati;
   i. obbligo di trasparenza per tutte le nomine di amministratori e dirigenti di società di diritto privato con capitale pubblico, da attuarsi anche mediante procedure di selezione trasparenti, e pubblicità dei compensi;

Art. 5 . Istituzione della "Direzione di valutazione e monitoraggio del merito" presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
1. E’ istituita presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato una Direzione denominata "Direzione di valutazione e monitoraggio del merito" avente il compito di svolgere le seguenti attività:

    a. monitorare l’attuazione dei principi e delle norme contenute nella presente legge e dei successivi decreti delegati;
    b. valutare i risultati prodotti dai principi e dalle norme contenute nella presente legge;
    c. coordinare le strutture già esistenti di monitoraggio e controllo e scegliere gli organismi terzi di valutazione di cui alla presente legge;
    d. elaborare un "Rapporto annuale sul merito", avente ad oggetto lo stato di attuazione dei principi del merito nei settori oggetto della presente legge e dei successivi decreti delegati, e la segnalazione delle eventuali misure necessarie per l’ulteriore valorizzazione dei predetti principi. Tale rapporto è parte integrante della Relazione annuale di cui all’art. 23 della legge 10 ottobre 1990 n. 287.

Art. 6 . Procedura di adozione dei decreti
1. I Decreti di cui agli articoli precedenti sono adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri competenti per materia, acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui al Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e degli enti e società gestori di servizi di pubblica utilità.
2. In deroga a quanto previsto dal comma 4 dell’art 14 L. 400/1988, gli schemi dei Decreti legislativi, approvati in seguito alla deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, sono trasmessi dal Governo alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica ed assegnati alle Commissioni permanenti competenti per materia per l’espressione di parere vincolante. Il parere è espresso entro il termine di quaranta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i Decreti possono essere emanati anche in mancanza dei pareri. Il Governo, nei trenta giorni successivi la ricezione del parere da parte delle Camere, esamina il parere e ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro ulteriori trenta giorni.
3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei Decreti, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, attraverso la procedura di cui al presente articolo, disposizioni integrative e correttive dei Decreti medesimi.

Art. 7 . Oneri
1. Dall'attuazione della presente delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Per gli adempimenti necessari all’attuazione dei Decreti di cui alla presente delega, le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, in dotazione alle medesime amministrazioni.

 

Nasce AQUIS - "Associazione per la Qualità delle Università Italiane Statali" eccellenti"
in alternativa alla CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane
e con la benedizione di Confindustria


Il fatto ha origine dalla volontà di  alcune università, di smarcarsi dalle altre,
in considerazione della presunta difficoltà del nuovo governo di finanziare l'intero sistema

DANTE

Ma, poi, si trova che queste "eccellenze" sono fondate su prove di comodo.
Per il nuovo Governo ... il problema
è di scelta politica se l'università:

a) debba restare pubblica e con quale grado di estensione;
b) e solo conseguentemente è di definire la "eccellenza"

E' INADEGUATO riferirsi solo alla SOGLIA MINIMA STUDENTESCA (20.000),
e non anche alla  SOGLIA MASSIMA (40.000 ?) - vedi legge sui MEGA-ATENEI.
Vanno considerate anche le variazioni delle iscrizioni studentesche

  Nota. AQUIS associa la Politecnica delle Marche, Bologna, Calabria, Ferrara, Milano-Bicocca, Politecnico di Milano, Modena e Reggio Emilia, Padova, Roma Tor Vergata, Politecnico di Torino, Trento e Verona. Alla conferenza, svolta il 15 marzo 2008, ha partecipato il Vice-Presidente di Confindustria, quale "partner delle università migliori". Cosa vogliono si desume da un Documento riassuntivo (vedi sotto, colonna a destra), ma anche da una mappa (vedi più sotto) in cui lo stivale è disegnato con diversi colori, a seconda che le varie università siano ritenute sottofinanziate (quelle virtuose) o sovrafinanziate (quelle scadenti).
  Chi vuole approfondire può trovare le 5 relazioni pubblicate (Calzolari, Ballio, Bassi, Milanesi, Latorre),cliccando su http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2008/03/15/Aquis.htm .

 

  Nino LUCIANI, Per una riconsiderazione critica della "eccellenza".
  Nella tradizione italiana della scienza delle finanze (e che vale ovunque nel mondo), per le scelte economiche la distinzione di base è tra la produzione di beni privati e quella di beni pubblici. Solo nel primo campo, l'eccellenza è indicata dal profitto, misurabile in moneta; invece, nel secondo campo l'eccellenza è indicata dalla utilità pubblica, ma che non è misurabile in moneta.
  Data questa caratteristica, il settore pubblico cerca misurazioni oggettive sostitutive: sono i cosiddetti parametri standard. Ma non si creda di potere andare in là, più di tanto. I cosiddetti "parametri" sono costruiti su dati statistici, e la scienza statistica non si stanca mai di avvisare che il lato debole dei dati statistici è la difficoltà di interpretarli. Nè si meravigli qualcuno, se ricordo il fallimento economico del sistema sovietico. Anche là avevano bisogno di parametri, anzi là c'è stato il massimo di esperienza nell'uso di parametri per misurare l'andamento del sistema, ma ahimè questo non è bastato a orientarlo virtuosamente.
    Vengo alla mia tesi. Prima di sfoggiare parametri, è necessario definire il quadro logico in cui si vogliono usare. Chi valuta l'utilità pubblica ? Le vie sono due: a) o ti affidi al consenso elettorale, come interpretato dai politici; e/o ti affidi al buon senso comune come interpretato da burocrati selezionati per competenza tecnica (extra-economica). Non per niente i padri costituenti hanno richiesto (art.97 cost.) i concorsi per l'assunzione del personale della Pubblica Amministrazione.
  Se stiamo a questo quadro logico, alcuni parametri indicati da Aquis si svuotano, come definizioni  dell'eccellenza. Vediamo.
1) la dimensione minima di 20.000 studenti per università ? Nel caso dell'Italia, una decina di anni fa, fu deciso (legge dei mega-Atenei) di frazionare e decentrare i grandi atenei, in modo da renderli governabili, e avvicinare l'università al territorio. Fu quantificata la soglia massima (40.000 studenti per università), ma non quella minima da conseguire entro un dato tempo. E', però, nella logica delle cose che si sia aperta una fase transitoria. A consuntivo abbiamo ancora i mega Atenei, e tanti piccoli Atenei. Date le difficoltà del bilancio, il governo dovrebbe ridefinire le soglie massima e minima. Nel caso di Bologna, non siamo apposto, nè a Bologna-città (permane un mega Ateneo di 67.000 studenti), nè in Romagna, (ci sono 4 sedi, per un totale di 20.000 studenti, ma molto distanti tra loro, così da rendere impossibili delle sinergie, quali la mensa, il college, ...).

  La CRUI è la sede naturale per una valutazione ponderata dell'insieme, compresa la difesa del sapere nelle aree svantaggiate (meridione) e quindi non va scavalcata con modi improvvisati e controproducenti.
2) Selettività in base al merito e trasparenza dei concorsi universitari ? Si invoca la concorrenzialità tra i docenti, ma da anni i concorsi sono molto rallentati e da sempre sono corporativi. Ma non si dice il come (es., col sorteggio dei Commissari di concorso ).  Aquis vuole, invece, che il merito sia vagliato in base a parametri oggettivi, come il numero delle pubblicazioni collocate in riviste di "pregio" e il numero delle citazioni bibliografiche. Questa alternativa è completamente fuori dalla logica del concorso per merito, perchè apprezza la ricerca in base al contenitore. Quando, mai e poi mai, un contadino riconoscerebbe il buon vino dalla bottiglia, senza assaggiarlo? C'è, poi, che sono spiazzati completamente i giovani, a inizio di carriera.
   La via corretta è, invece, invocare commissioni imparziali (ad es. scelte per sorteggio tra personalità aventi dati requisiti oggettivi), che guardano dentro le pubblicazioni e, solo dopo, al contenitore.
3) Abbattimento dei costi monetari ? Ciò ha significato economico se, a parità di prestazioni, si cerca il minor costo tra gli impieghi alternativi di risorse. Un Ateneo che premia il dirigente che spende meno, ma tagliando le prestazioni, non mi interessa. Dunque la via è il controllo delle prestazioni, in associazione alle spese.
   Nel caso delle Università, una misura indiretta delle prestazionu (vicina alla economia di mercato) è la variazione del fatturato, legato alle iscrizioni studentesche: infatti lo studente paga le tasse scolastiche e, se è scontento delle prestazioni di un Ateneo, lo abbandona. Ma Aquis non prende in considerazione come metro di valutazione la variazione delle iscrizioni.
   Direi, anzi che, sotto questo aspetto, Bologna stia vivendo un momento tragico. Si vegga il grafico, qui sotto, con le iscrizioni a precipizio dal 2001.
4) Governance. La crucialità di questo aspetto è evidenziato da una delle relazioni, quella del Rettore Milanesi di Padova, tra l'altro molto apprezzata dai presenti. Esso rientra pienamente nel nostro quadro logico di base perchè, a livello locale, è lo strumento che dovrebbe valutare l'utilità pubblica della Università. Una applicazione è prevedere la sostituzione del Direttore Amm.vo che non sa collegare il bilancio alle prestazioni.NL
 

Documento A.Q.UI.S.

10 punti per il rilancio
del Sistema Universitario italiano

1.. Un recupero, necessariamente graduale ma programmato della forte distanza che separa il sistema nazionale della ricerca italiano da quello europeo.
2. Una rigorosa valutazione della ricerca scientifica, della qualità della didattica, dei servizi e dell'impegno sul piano dell'internazionalizzazione, ma innanzitutto della qualità dei bilancio.
3. Il forte impulso alla ricerca per permettere di raggiungere risultati di grande significato internazionale. All'interno di questo obiettivo è indispensabile sollecitare e coordinare interventi regionali rivolti al trasferimento della conoscenza e alla valorizzazione dei sistema universitario e in generale della ricerca nazionale.
4. Il forte sostegno alla competizione con gli altri atenei dei mondo e in particolare quelli europei, cominciando dagli atenei italiani che hanno già virtuosamente investito per raggiungere una posizione internazionalmente riconosciuta, nonché l’impegno alla eliminazione dei numerosi ostacoli, anche di tipo burocratico, che rendono difficile il lavoro di queste università.
5. Incentivi fiscali a favore della ricerca scientifica per migliorare il trasferimento tecnologico e la condivisione della proprietà intellettuale fra università e aziende, per aiutare la imprenditorialità giovanile.
6. Un conseguente sostegno non simbolico agli atenei che corrispondono ai precedenti fondamentali requisiti.
7. La razionalizzazione delle sedi universitarie e il potenziamento esperienze di decentramento, con certificazione di qualità.
8. La ricostruzione con interventi radicali di un effettivo sistema di diritto allo studio che punti finalmente a servizi con standard europei, con una particolare riferimento alla questione degli alloggi, secondo il principio che chi e in grado di contribuire lo dovrà fare nella solidarietà con i giovani capaci e meritevoli non in grado di farlo.
9. La revisione, anche profonda. delle forme di governo, per conferire maggiore agilità ed efficacia all’azione degli atenei. La governance è una questione fondamentale, soprattutto per gli atenei più intraprendenti. In questo ambito si inserisce anche la questione dei concorsi universitari e in particolare delle modalità di reclutamento e delle procedure di avanzamento di carriera, che devono essere trasparenti e capaci di assicurare la qualità della selezione dei capitale umano.
10. L'adozione di provvedimenti per favorire l’accesso del giovani ricercatori a fondi e a progetti, anche finanziando sistemi di premialità dedicati a un loro inserimento nei circuiti internazionali.

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Dall'Università, una voce  per la crisi di governo

Scioglimento del SENATO o REFERENDUM


Dama con ermellino di L. da Vinci

"Chi di spada ferisce, di spada perisce"
(intendi: chi fatto questa legge elettorale ne porti le conseguenze)

Dunque, si sciolga solo  il Senato
votando con la legge vigente
perchè la cura del "male" sia circoscritta al   "male":

Costituzione, art. 88:  "Il Presidente della Repubblica
può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere
o ANCHE UNA SOLA DI ESSE".

DANTE

Ma altrettanta correttezza costituzionale sarebbe che, da destra e da sinistra, si accettasse
  un "governo ponte" per fare i Referendum elettorali, perchè poi si voti con la legge che il popolo sceglierà


I REFERENDUM SULLA LEGGE ELETTORALE
di Giovanni Guzzetta
Il testo, che segue, è ripreso da: http://www.referendumelettorale.org/


1° Quesito

Module colore Verde

-

Premio di maggioranza alla lista più votata - Camera


2° Quesito

Modulo colore Bianco

-

Premio di maggioranza alla lista più votata – Senato


3° Quesito

Modulo colore Rosso

-

Abrogazione candidature multiple

Il 1° e il 2° quesito : premio di maggioranza alla lista più votata e innalzamento della soglia di sbarramento

Le attuali leggi elettorali di Camera e Senato prevedono un sistema proporzionale con premio di maggioranza. Tale premio è attribuito su base nazionale alla Camera dei Deputati e su base regionale al Senato. Esso è attribuito alla “singola lista” o alla “coalizione di liste” che ottiene il maggior numero di voti.

Il fatto che sia consentito alle liste di coalizzarsi per ottenere il premio ha fatto sì che, alle ultime elezioni, si siano formate due grandi coalizioni composte di numerosi partiti al proprio interno. E la frammentazione è notevolmente aumentata.

Il 1° ed il 2° quesito (valevoli rispettivamente per la Camera dei Deputati e per il Senato) si propongono l’abrogazione del collegamento tra liste e della possibilità di attribuire il premio di maggioranza alle coalizioni di liste.

In caso di esito positivo del referendum, la conseguenza è che il premio di maggioranza viene attribuito alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi.

Un secondo effetto del referendum è il seguente: abrogando la norma sulle coalizioni verrebbero anche innalzate le soglie di sbarramento. Per ottenere rappresentanza parlamentare, cioè, le liste debbono comunque raggiungere un consenso del 4 % alla Camera e 8 % al Senato.

In sintesi: la lista più votata ottiene il premio che le assicura la maggioranza dei seggi in palio, le liste minori ottengono comunque una rappresentanza adeguata, purché superino lo sbarramento.

All’esito dell’abrogazione, resteranno comunque in vigore le norme vigenti relative all’indicazione del “capo della forza politica” (il candidato premier) ed al programma elettorale.

Gli effetti politico-istituzionali del 1° e del 2° quesito

Il sistema elettorale risultante dal referendum spingerà gli attuali soggetti politici a perseguire, sin dalla fase pre-elettorale, la costruzione di un unico raggruppamento, rendendo impraticabili soluzioni equivoche e incentivando la riaggregazione nel sistema partitico. Si potrà aprire, per l’Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica. La frammentazione si ridurrà drasticamente. Non essendoci più le coalizioni scomparirà l’attuale schizofrenia tra identità collettiva della coalizione e identità dei singoli partiti nella coalizione. Con l’effetto che i partiti sono insieme il giorno delle elezioni e, dal giorno successivo, si combattono dentro la coalizione.

Sulla scheda apparirà un solo simbolo, un solo nome ed una sola lista per ciascuna aggregazione che si candidi ad ottenere il premio di maggioranza.

Le componenti politiche di ciascuna lista non potranno rivendicare un proprio diritto all’autonomia perché, di fronte agli elettori, si sono presentate come schieramento unico, una cosa sola. Nessuno potrà rivendicare la propria “quota” di consensi. E sarà molto difficile spiegare ai cittadini eventuali lacerazioni della maggioranza. Lo scioglimento del Parlamento una volta che è entrata in crisi una maggioranza votata compattamente dagli elettori potrebbe essere politicamente molto probabile.

L’eliminazione di composite e rissose coalizioni imporrà al sistema politico una sterzata esattamente opposta all’attuale. Piuttosto che l’inarrestabile frammentazione in liste e listine, minacce di scissioni e continue trattative tra i partiti, il nuovo sistema imporrà una notevole semplificazione, lasciando comunque un diritto di rappresentanza anche alle forze che non intendano correre per ottenere una maggioranza di Governo, purché abbiano un consenso significativo e superino la soglia di sbarramento.

Il 3° quesito: abrogazione delle candidature multiple e la cooptazione oligarchica della classe politica

Un terzo quesito referendario colpisce un altro aspetto di scandalo. Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati “non eletti” della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta. Se sceglie per sé il seggio “A” favorisce l’elezione del primo dei non eletti nella circoscrizione “B”; se sceglie il seggio “B” favorisce il primo dei non eletti nella circoscrizione “A”. Nell’attuale legislatura, questo fenomeno, di dimensioni veramente patologiche, coinvolge circa 1/3 dei parlamentari. In altri termini: 1/3 dei parlamentari sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto e diventano parlamentari per grazia ricevuta. Un esempio macroscopico di cooptazione!

E’ inevitabile che una tale disciplina induca inevitabilmente ad atteggiamenti di sudditanza e di disponibilità alla subordinazione dei cooptandi, atteggiamenti che danneggiano fortemente la dignità e la natura della funzione parlamentare. Inoltre i parlamentari subentranti (1/3, come si è detto) debbono la propria elezione non alle proprie capacità, ma alla fedeltà ad un notabile, che li premia scegliendoli per sostituirlo.

Con l’approvazione del 3° quesito la facoltà di candidature multiple verrà abrogata sia alla Camera che al Senato.

 

I Quesito - modulo colore verde:
Premio di maggioranza alla lista più votata - Camera

 

Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati”, limitatamente alle seguenti parti:

art. 14-bis, comma 1: “I partiti o i gruppi politici organizzati possono effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente presentate. Le dichiarazioni di collegamento debbono essere reciproche.”;
art. 14-bis, comma 2: “La dichiarazione di collegamento è effettuata contestualmente al deposito del contrassegno di cui all’articolo 14. Le dichiarazioni di collegamento hanno effetto per tutte le liste aventi lo stesso contrassegno.”;
art. 14-bis, comma 3, limitatamente alle parole: “I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione.”;
art. 14-bis, comma 4, limitatamente alle parole “1, 2 e”;
art. 14-bis, comma 5, limitatamente alle parole: “dei collegamenti ammessi”;
art. 18-bis, comma 2, limitatamente alle parole: “Nessuna sottoscrizione è altresì richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell’art. 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell’art. 14.”;
art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: “alle coalizioni e”;
art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: “non collegate”;
art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: “, nonché per ciascuna coalizione, l’ordine dei contrassegni delle liste della coalizione”;
art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: “delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione”;
art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: “di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all’altro, su un’unica riga”;
art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: “delle coalizioni e”;
art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: “non collegate”;
art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: “di ciascuna coalizione”;
art. 83, comma 1, numero 2): “2) determina poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste collegate, data dalla somma delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste che compongono la coalizione stessa, nonché la cifra elettorale nazionale delle liste non collegate ed individua quindi la coalizione di liste o la lista non collegata che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi;”;
art. 83, comma 1, numero 3), lettera a): “a) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi ovvero una lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione;”;
art. 83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: “non collegate”;
art. 83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole: “, nonché le liste delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione”;
art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: “le coalizioni di liste di cui al numero 3), lettera a), e”;
art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: “coalizione di liste o”;
art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: “coalizioni di liste o”;
art. 83, comma 1, numero 5), limitatamente alle parole: “la coalizione di liste o”;
art. 83, comma l, numero 6): “6) individua quindi, nell’àmbito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui al numero 3), lettera a), le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi e le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonché la lista che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale tra quelle che non hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi;”;
art. 83, comma 1, numero 7): “7) qualora la verifica di cui al numero 5) abbia dato esito positivo, procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista di cui al numero 6). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto di cui al numero 6) per il numero di seggi già individuato ai sensi del numero 4). Nell’effettuare tale divisione non tiene conto dell’eventuale parte frazionaria del quoziente così ottenuto. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista ammessa al riparto per tale quoziente. La parte intera del quoziente così ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parità di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di quest’ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), sono attribuiti i seggi già determinati ai sensi del numero 4);”;
art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: “varie coalizioni di liste o”;
art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: “per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo così l’indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alle liste della coalizione medesima. Analogamente,”;
art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: “coalizione di liste o”;
art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: “coalizioni di liste o”;
art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: “coalizioni o”;
art. 83, comma 1, numero 9): “9) salvo quanto disposto dal comma 2, l’Ufficio procede quindi all’attribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi spettanti alle liste di ciascuna coalizione. A tale fine, determina il quoziente circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste dividendo il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste di cui al numero 6) per il numero di seggi assegnati alla coalizione nella circoscrizione ai sensi del numero 8). Nell’effettuare tale divisione non tiene conto dell’eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista della coalizione per tale quoziente circoscrizionale. La parte intera del quoziente così ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti così ottenuti; in caso di parità, sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parità di quest’ultima, si procede a sorteggio. Successivamente l’Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna lista corrisponda al numero dei seggi ad essa attribuito ai sensi del numero 7). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e, in caso di parità di seggi eccedenti da parte di più liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre liste, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi eccedenti alla lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o più liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio è attribuito alla lista con la più alta parte decimale del quoziente non utilizzata. Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla lista eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alle liste deficitarie sono conseguentemente attribuiti seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate.”;
art. 83, comma 2, limitatamente alle parole: “la coalizione di liste o”;
art. 83, comma 2, limitatamente alle parole: “coalizione di liste o”;
art. 83, comma 2, limitatamente alle parole: “di tutte le liste della coalizione o”;
art. 83, comma 3, limitatamente alle parole: “coalizioni di liste e”;
art. 83, comma 3, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: “coalizione di liste o”;
art. 83, comma 3, limitatamente alle parole: “coalizioni di liste o”;
art. 83, comma 4: “L’Ufficio procede poi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi ad essa spettanti tra le relative liste ammesse al riparto. A tale fine procede ai sensi del comma 1, numero 7), periodi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.”;
art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: “numero 6),”;
art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: “e 9)”;
art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: “coalizione di liste o”;
art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: “coalizioni di liste o”;
art. 84, comma 3: “Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 2, residuino ancora seggi da assegnare alla lista in una circoscrizione, questi sono attribuiti, nell’àmbito della circoscrizione originaria, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi sono attribuiti, nelle altre circoscrizioni, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente già utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.”;
art. 84, comma 4, limitatamente alle parole: “e 3”;
art. 86, comma 2, limitatamente alle parole: “, 3”?».

 

II Quesito - modulo colore bianco:
Premio di maggioranza alla lista più votata - Senato

 

Volete voi che sia abrogato il Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica”, limitatamente alle seguenti parti: art. 1, comma 2, limitatamente alle parole: "di coalizione";
art. 9, comma 3, limitatamente alle parole: "Nessuna sottoscrizione è altresì richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell'art. 14-bis, comma 1, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo del presente comma e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell'art. 14 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957.";
art. 11, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: "alle coalizioni e";
art. 11, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: "non collegate";
art. 11, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: ", nonché, per ciascuna coalizione, l'ordine dei contrassegni delle liste della coalizione";
art. 11, comma 3, limitatamente alle parole: "delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione";
art. 11, comma 3, limitatamente alle parole: "di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all'altro, su un'unica riga";
art. 11, comma 3, limitatamente alle parole: "delle coalizioni e";
art. 11, comma 3, limitatamente alle parole: "non collegate";
art. 11, comma 3, limitatamente alle parole: "di ciascuna coalizione";
art. 16, comma 1, lettera a), limitatamente alle parole: ". Determina inoltre la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste, data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono";
art. 16, comma 1, lettera b), numero 1): “1) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano regionale almeno il 20 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano regionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi;”;
art. 16, comma 1, lettera b), numero 2), limitatamente alle parole: "non collegate";
art. 16, comma 1, lettera b), numero 2), limitatamente alle parole: "nonché le liste che, pur appartenendo a coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui al numero 1), abbiano conseguito sul piano regionale almeno l'8 per cento dei voti validi espressi";
art. 17, comma 1, limitatamente alle parole: "le coalizioni di liste e";
art. 17, comma 1, limitatamente alle parole: "coalizioni di liste o";
art. 17, comma 1, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: "coalizione di liste o";
art. 17, comma 2, limitatamente alle parole: "la coalizione di liste o";
art. 17, comma 3: “Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito positivo, l'ufficio elettorale regionale individua, nell'àmbito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), le liste che abbiano conseguito sul piano circoscrizionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi. Procede quindi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto, tra le liste ammesse, dei seggi determinati ai sensi del comma 1. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste ammesse al riparto per il numero di seggi già individuato ai sensi del comma 1, ottenendo così il relativo quoziente elettorale di coalizione. Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista ammessa al riparto per il quoziente elettorale di coalizione. La parte intera del quoziente così ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parità di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parità di quest'ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b), numero 2), sono attribuiti i seggi già determinati ai sensi del comma 1.”;
art. 17, comma 4, limitatamente alle parole: "alla coalizione di liste o";
art. 17, comma 5, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: "coalizioni di liste o";
art. 17, comma 5, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: "coalizione di liste o";
art. 17, comma 5, limitatamente alle parole: "alle coalizioni di liste e";
art. 17, comma 6: “Per ciascuna coalizione l'ufficio procede al riparto dei seggi ad essa spettanti ai sensi dei commi 4 e 5. A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste ammesse al riparto ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera b), numero 1), per il numero dei seggi ad essa spettanti. Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente così ottenuto. Divide poi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista per quest'ultimo quoziente. La parte intera del risultato così ottenuto rappresenta il numero dei seggi da attribuire a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alla lista per la quale queste ultime divisioni abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale circoscrizionale.”;
art. 17, comma 8: “Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati nella circoscrizione regionale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti, l'ufficio elettorale regionale assegna i seggi alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora due o più liste abbiano una uguale parte decimale del quoziente, si procede mediante sorteggio.”;
art. 17-bis, limitatamente alle parole: “e 6”;
art. 19, comma 2: “Qualora la lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuirle il seggio rimasto vacante, questo è attribuito, nell'àmbito della stessa circoscrizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 8.”?».

 

III Quesito - modulo colore rosso:
Abrogazione candidature multiple

 

Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato “Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati”, limitatamente alle seguenti parti:

art. 19, limitatamente alle parole: “nella stessa”,

art. 85?

 

UNIVERSITA' IN AGITAZIONE CONTRO IL MINISTRO MUSSI


Sergio Sergi, Coordinatore

 

L'Università di nuovo  contro il proprio Ministro,
dopo la pausa di attesa ..., seguìta alla cessazione
del precedente Ministro del Governo Berlusconi



Fabio Mussi

MOTIVI ? Involuzioni sulle regole concorsuali, inazione sullo stato giuridico, stipendi
di fame ai Ricercatori a inizio carriera, FFO ridotto. Atteggiamento punitivo contro i professori
( vedi abolizione del fuori ruolo), mentre nessuna difesa appare dalla CRUI

OO.UU.DD. - Organizzazioni Unitarie della Docenza*
ADU, ANDU, APU, AURI, CISAL-Università, CISL-Università, CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL, SNALS-Università, SUN, UILPA-UR

COMUNICATO
Roma, 8 gennaio 2008

Denunciato che, alle dichiarazioni del Governo
sul valore strategico dell'alta formazione e della ricerca,
non c'è  riscontro nelle scelte concrete del Governo.

Dal 28 gennaio all’8 febbraio 2008 Assemblee negli Atenei per discutere sui problemi sotto evidenziati
e sulle necessarie iniziative nazionali.

   Le Organizzazioni sindacali e le Associazioni rappresentative della docenza universitaria debbono ancora una volta denunciare che alle dichiarazioni sul valore strategico per il Paese dell’alta formazione e della ricerca non c’è riscontro nelle scelte concrete operate dal Governo e dal Parlamento con la Legge Finanziaria 2008. Infatti, non solo erano stati previsti finanziamenti assolutamente insufficienti per la sopravvivenza stessa dell’Università, ma addirittura si è proceduto ad un ulteriore taglio di oltre 90 milioni di euro del FFO.

   Il finanziamento dell’Università italiana permane così notevolmente al di sotto della media dei Paesi industrializzati, non rendendo possibile il rilancio dell’attività scientifica e didattica degli Atenei e nemmeno l’avvio dell’improcrastinabile ricambio generazionale.

   Le Organizzazioni e Associazioni confermano la loro grande preoccupazione per l’attuale situazione di stallo dell’Università dovuta all’eccessivo ritardo nella definizione di provvedimenti ritenuti unanimemente urgenti come quelli relativi alle riforme dello stato giuridico della docenza, del dottorato di ricerca, del governo e dell’organizzazione degli Atenei e del Sistema universitario nel suo complesso, nonché all’avvio di un grande processo nazionale di ascolto e monitoraggio dei risultati della riforma della didattica.

   Nella previsione dell’uscita – per pensionamento – di circa la metà dei docenti in atto impegnati nelle università, le Organizzazioni e le Associazioni, ritengono che il Governo ed il MIUR debbano impegnare risorse aggiuntive finalizzate al bando di concorsi a ricercatore per consentire finalmente il superamento dell’attuale patologico fenomeno del precariato che è insostenibile per i diretti interessati ed è  dannoso per la qualità dell’attivita’ di ricerca.

   Prevedere un’unica figura pre-ruolo che duri al massimo di tre anni, adeguatamente retribuita, con i diritti lavorativi e  con una autonomia di ricerca, deve essere per il Governo e per il MIUR un obiettivo da realizzare.
  
   Il Consiglio dei Ministri, il 28 dicembre, ha dato il via allo sblocco dei concorsi per il 2008 con le vecchie norme. Tale intervento, reso necessario solo da  due anni ingiustificati di stallo, non è altro che una misura tampone assunta con grave ritardo e senza neanche introdurre in via transitoria opportuni aggiustamenti della normativa.
    Ogni intervento sui meccanismi di progressione, deve essere accompagnato da una
riforma complessiva ed organica dello stato giuridico che consenta, a regime e senza ulteriori blocchi, la legittimazione delle aspettative di carriera di coloro che operano per e nella università, e il reclutamento di giovani per un efficace ed efficiente andamento delle attività di didattica e di ricerca.

A fronte della grave situazione che attraversa l’Università, le suddette Organizzazioni e Associazioni promuovono una fase straordinaria di confronto tra i docenti.

A tal fine, nel periodo dal 28 gennaio all’8 febbraio 2008, negli Atenei saranno unitariamente indette Assemblee per discutere sui problemi sopra evidenziati e sulle necessarie iniziative nazionali.

Le Organizzazioni e le Associazioni chiedono al ministro Fabio Mussi un incontro urgente per potergli illustrare direttamente le proprie posizioni sulle questioni più critiche e non più procrastinabili che riguardano l’Università.

 

* Nota della Redazione
- COORDINATORE GENERALE: Sergio Sergi
- ADU, Associazione Docenti Universitari - Presidente: Leo Peppe.
- ANDU, Associazione Nazionale Docenti Universitari - Presidente: Nunzio Miraglia
- APU, Associazione Professionale Universitaria - Presidente: Gina Melillo
- AURI, Associazione  Universitaria Ricercatori Italiani  - Presidente: Carmelo Saccà
- CISAL- Università, Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori - Università - Presidente: Bartolomeo MEROLA
- CISL-Università, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori - Università - Presidente: Nino Dammacco
- CNRU, Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari - Presidente: Marco Merafina
- CNU, Comitato Nazionale Universitario - Presidente: Giovanni Coordini
- FIRU, Federazione Italiana Ricercatori Universitari - Presidente: Nicola Belnome
- FLC Cgil, Federazione Lavoratori della Conoscenza -
  Confederaziobe generale italiana del lavoro - Presidente: Marco
Broccati
- SNALS-Università, Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Scuola - Università - Presidente: Cesare Piacentino
- SUN - UNIVERSITAS News, Sindacato Universitario Nazionale, Presidente: Nino Luciani
- UDU, Unione degli Universitari, Presidente: Valerio Angelini
- UILPA-UR, Unione Italiana del Lavoro Pubblica Amm.ne -
  Università e Ricerca - Presidente: Alberto CIivica.


   Mentre ci sono iniziative di allarme da parte di docenti e associazioni (USPUR),
per la recente "sorpresa" del Ministro MUSSI,
auspicata l'organizzazione di una class action

Legge Finanziaria 2008
Abolizione del Fuori Ruolo
(
Si fa riferimento ai docenti già in ruolo all'entrata
in vigore della legge
4 novembre 2005, n. 230)

   Si ritiene da più parti che la modifica del Fuori Ruolo sia incostituzionale sotto il profilo del rispetto del diritto acquisito e dell'eguaglianza, a parità di stato giuridico al momento dell'assunzione. Invece, essa è applicabile ai futuri assunti in ruolo.
    L'atteggiamento del Ministro appare, comunque, censurabile politicamente, perchè non tiene conto che il Fuori Ruolo ha il compito di conservare nella ricerca i professori, esonerandoli dalla didattica, a conclusione di una carriera lenta e difficile, compreso per mettere nero su bianco su studi, spesso rimasti non conclusi per eccesso di didattica.

   C'è, poi, la fondamentale opportunità che, prima dell'uscita dall'Università il professore abbia la possibilità di trasmettere al "successore le sue conoscenze, sicchè la sua eredità istituzionale e intellettuale non sia perduta".(Si vegga: Phyllis Korkki, "When retirement collides with reality ? New York Times, 20 gen. 2008).
    La Moratti fu, a suo tempo, accusata di gaffe, per aver affermato che l'attività didattica è il compito principale dei professori universitari, essendo invece notorio che l'attività principale è la ricerca.

   Ma, abolendo il F.R., il Ministro MUSSI mostra di avere la stessa pelle di quel Ministro reazionario.

La nuova Disposizione di Legge

Art. 1, c. 434:
   " A decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico.

    A decorrere dal 1° gennaio 2009, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico.
   A decorrere dal 1° gennaio 2010, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è definitivamente abolito e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico".

Per memoria: la legge precedente
  Art. 1 della legge 239/1990: 
" Il collocamento fuori ruolo dei professori universitari ordinari di cui all’articolo 19 del decreto del Presidente della repubblica 11 luglio 1980, n. 382, è opzionale, fermo restando il collocamento a riposo dall’inizio dell’anno accademico successivo al compimento del settantesimo anno di età. Sono fatte salve le disposizioni più favorevoli previste per coloro che siano in possesso di specifici requisiti.
  L’opzione può essere esercitata con domanda da presentare a partire dal sessantacinquesimo anno di età e non oltre il compimento del sessantanovesimo anno di età; ha effetto dall’anno accademico successivo e, dopo il collocamento fuori ruolo, non può essere revocata.
   La disposizione del comma 1 si applica, a domanda da presentare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai professori universitari ordinari collocati fuori ruolo a norma dell’articolo 19 del decreto del Presidente della repubblica n. 382 del 1980, sempre che essi non abbiano già raggiunto il sessantanovesimo anno di età. Qualora si sia già provveduto alla copertura dei posti resisi vacanti a seguito del collocamento fuori ruolo disposto in applicazione del medesimo articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, e non sia possibile al professore riammesso in ruolo di riassumere il suo insegnamento, il consiglio di facoltà provvede a norma dell’articolo 9 dello stesso decreto del presidente della Repubblica n. 382 del 1980.

Nota esplicativa della Dr.ssa Carlotta Bernardini (Ufficio Ruoli dell'Ateneo di Bologna), relativa alla legge 239/90, art. 1.

   In generale, ai fini dell'inquadramento in I^ fascia, il limite di età è costituito dai 70 anni
   Ai fini dell'inquadramento in II^ fascia, il limite di età è costituito dai 65 anni d'età. Ciò in quanto per questa seconda categoria è previsto il collocamento in fuori ruolo d'ufficio a 65 anni ed il biennio di proroga in ruolo può essere richiesto solo prima del collocamento in fuori ruolo.
   Infine, il Professore Ordinario (nominato dopo il 1980) dal 65° anno può chiedere di essere collocato in fuori ruolo, per un massimo di 3 anni e comunque non oltre il 70° anno. Dopo il collocamento fuori ruolo, non è più possibile chiedere il biennio di proroga.
    Con riferimento al tema dell'inquadramento in ruolo ed ai limiti d'età, vanno inoltre fatte alcune avvertenze:
  - la cessazione del personale docente per raggiunti limiti d'età decorre dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento dell'anno d'età previsto come limite per la fascia. Ciò significa che si potrebbero anche verificare alcune "situazioni limite", da esaminare attentamente tenendo conto di due variabili: a) l'esatta data di nascita; b) la data della nomina in ruolo;

   - è sempre rilevante la data della nomina in ruolo, ossia la data di effettiva presa di servizio, non la data della chiamata da parte della facoltà;
   - la data di nomina può avere rilevanza ai fini della possibilità di conseguire la conferma in ruolo. In alcuni casi, infatti, potrebbe anche essere possibile conseguire la nomina in ruolo ma non la conferma.

 

Tribunale di Perugia
Sentenza n. 109/11, in data 27/1/11, depositata il 28/1/11

Nella causa del Prof. Nino Luciani contro il CIPUR

IL PROF. NINO LUCIANI REINTEGRATO NEL CIPUR
Tribunale: "Illegittimo il provvedimento del Presidente CIPUR 3/6/2005"

  1.-  La premessa è che, nel 2005, il Prof. Luciani era Vice Presidente nazionale del Cipur, con Delega per i rapporti politici (escluso per la CRUI), ed   era Presidente del Cipur della sede di Bologna.
   Allora, il Cipur nazionale lo espulse, senza una motivazione, pubblicamente dichiarata.
   Sullo sfondo c'era la battaglia dei sindacati universitari contro la "riforma Moratti".  Il prof. Luciani aveva organizzato un "referendum contro la Moratti", ma una parte della "cupola" del Cipur era "trattativista" con la Moratti.
   Per memoria  Luciani era direttore, già allora, di un giornale on   line molto letto (questo stesso, che dà la notizia della sentenza), che finiva per mettere in ombra la componente "trattativista".
   Ancora per memoria, successivamente, il Presidente di allora, in seguito al fallimento delle dette  "trattative" con la ministro Moratti, dichiarerà di "essere stato raggirato" . Ma per Luciani, in generale, tutti gli avamposti, senza le spalle coperte dai compagni di viaggio (vale dire dagli altri sindacati), sono soggetti a rischio, pur se forse da ammirare per il coraggio (se proprio non è velleità).
   Per ulteriore memoria, successivamente, il prof. Luciani fonderà il SUN - Sindacato Universitario Nazionale  On Line ( con gli stessi obiettivi sindacali che, 20 anni prima, avevano determinato la fondazione de Cipur). Il SUN sarà, poi, accolto nella Intersindacale nazionale universitaria.
 
  2.- Lo Statuto del Cipur prevede che, in caso di contenzioso interno, sia ammesso il ricorso al Collegio dei Probiviri, eletto dal Consiglio Centrale del Cipur, in base allo Statuto medesimo.
    Il Collegio accolse il ricorso, per mancanza di motivazione ed il prof. Luciani fu reintegrato.  Ma poco dopo, pur non essendo avvenuto alcun fatto nuovo, il Cipur modificò lo Statuto, ed espulse nuovamente il prof. Luciani.
    Di nuovo ci fu un ricorso al Collegio dei Probi Viri, che di nuovo annullo' la decisione e reintegrò il prof. Luciani.
    A quel punto, però, il Cipur non riconobbe la nuova decisione, anzi la dichiarò nulla (in data 3/6/2005).
    Nella nuova situazione, il prof. Luciani ricorse alla Magistratura ordinaria, chiedendo di dichiarare la illegittimità della decisione di non riconoscere quanto stabilito dal Collegio dei Probiviri. Infatti, poichè, per Statuto, il Collegio ha il compito di decidere sulle controversie, il Cipur non poteva non riconoscerne le decisioni.
    In linea di diritto, gli effetti della sentenza  sono che il prof. Luciani si trova reintegrato nelle funzioni, con validità ex-ante, ossia fin dall'origine.
   Però, cosa succederà davvero è tutto da vedere.

 

 

 

                                            Edizione di novembre 2010          VISITATORI 15 sett/15 ott :  n. 2.840

Riforma universitaria - Le ragioni della Gelmini contro la autonomia all'università, mentre Roma "La Sapienza" ricorda A. Ruberti, il Ministro che diede l'autonomia. OSSERVAZIONI. Il "contratto con gli Italiani" di Berlusconi 2002. Clicca: HOME Testo  PDL C 3687 (riforma universitaria)- approvato da Commissione della Camera (con specificate le variazioni). Esame Aula dopo legge di bilancio (dic.?), Stato giuridico
Ricercatori: Prof.M. Marini, chiede al Rettore di Bologna come intende sopperire alla mancanza di docenti, data l'astensione dei Ricercatori da insegnamenti, per mancato riconoscimento della funzione docente. Clicca  News e ARTICOLI Crisi di governo: per "grande coalizione" PDL-PD, per riforma Governance dello Stato con governi di legislatura !  (Testo come in precedente edizione), FORUM1
a) Università di Rimini, Convegno: "La Ricerca Universitaria per Rimini". b) G.Cantelli Forti nominato Presidente della Giunta del Collegio dei Farmacologi universitari, RUBRICA Dalla CEI, Cardinale A. Bagnasco, "L'Italia sembra, su alcuni fronti, sempre al punto di partenza". Commento, FORUM2

G.Porzi, Centro Studi dell'Ateneo di Bologna a Buenos Aires, e Azienda Agraria: un paio di esempi significativi e documentati della "gestione Calzolari/Fabbro", FORUM3

Edizione di giugno  2010

1 .- Da Mauro Degli Esposti e Marco Geraci (Universita' di Manchester), su Bulletin of Italian Politics, una storia di "corsi e ricorsi" alla G.Vico, le riforme universitarie italiane dal 1980. La riforma Gelmini all'insegna del Gattopardo? CLICCA su: HOME
2.- Le "s-considerazioni" del Governatore a favore della Manovra del Governo. Sì al taglio della spesa pubblica, ma dopo dismissioni dei servizi agli enti locali e al settore privato. No a macelleria sociale. CLICCA su: FORUM1
3 .- Lettera al Presidente Berlusconi sulla riforma "Gelmini", a cui il Presidente non ha dato risposta. CLICCA su: RUBRICA
4.- In "Aula" al Senato a luglio, la riforma Gelmini. Il "testo finito" della Commissione Istruzione. Relatore Valditara rivendica di aver "fatto giustizia" per i Ricercatori a tempo indeterminato, dando la "chiamata diretta". CLICCA su: STATO GIURIDICO
5.- Il Disegno di Legge sulle intercettazioni telefoniche, approvato dal Senato. No comment. CLICCA su: FORUM2
6.- Vito D'Andrea, Per la messa ad esaurimento degli "Associati", non del ruolo dei Ricercatori. CLICCA su: FORUM3
7.- Bologna: nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia "giornalistica" di rinvio a giudizio. Da verifica risulta che la riammissione è avvenuta con procedimento improprio e in condizioni di conflitto di interessi ideologici. CLICCA  su: NEWS

 

In questa edizione di maggio  2010

  1.- Dai sindacati e dal CNRU, proclamata una settimana di mobilitazione dal 17 al 22 maggio in tutti gli atenei. In forse la
        programmazione didattica degli Atenei per il 2010/11. Clicca su: Sindacati
  2.- Bologna, Riforma dello Statuto di Ateneo. Rettore nomina una Commissione per anticipare l'attuazione della riforma Gelmini.
       Dubbi sul fatto se si tratti di riforma o controriforma.  Clicca su Rubrica;
  3.-  Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare una spiegazione. 
        CLICCA su News;
  4.- Riforma Gelmini (DDD 1905, Senato). Gli emendamenti approvati dalla Commissione in sede referente.
       CLICCA su Stato giuridico;
  5.- Dalla CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Messaggio del Card. Bagnasco in favore dell'unità d'Italia. IN MARGINE: "Distinzione
          tra federalismo  che unisce e federalismo che unisce l'Italia". CLICCA su Forum 2;
  6.- Ateneo di Bologna: Rendiconto finanziario 2009. Relazione del prof. Gianni Porzi. CLICCA su: Forum 3;
  7.-  Emma Marcegaglia a favore della riforma universitaria Gelmini e contro i "baroni universitar"i, in un convegno economico a Parma,
        alla presenza del Presidente del Consiglio. Commento negativo. Clicca su: Forum 1

In questa edizione di marzo  2010

  1.- Approvato il bilancio dello Stato e il FFO - Fondo di Finanziamento delle Università per il 2010. Clicca su: bilancio, Home
  2.- I RISULTATI  della Conferenza nazionale di Bologna, 12 feb 2010 "Università verso la riforma", con la partecipazione
       dei Sindacati nazionali, dei due Presidenti delle Commissioni Parlamentari per l'università, e del Sen. G. Quagliariello.
       Riportati alcuni interventi. Clicca su Rubrica;
  3.- Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato..., per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare una
       spiegazione. CLICCA su News;
  4.- DDL Gelmini (Senato n. 1905) su Reclutamento e Governance. Chiuse la discussione generale (3 marzo) e la 
      presentazione degli emendamenti (9 mar). Proclamato stato di agitazione dai Ricercatori. CLICCA su Stato giuridico;
  5.- Da CEI-Conferenza Episcopale Italiana, Documento sull'Italia e il meridione. Commento. CLICCA su Forum 2;
  6.- Resoconto della Conferenza di Comacchio di presentazone di due libri: V. FERRONI, Per non dimenticare ...
       e  A. GALVANI, I Lidi sulla costa del Delta del Po. Relazioni di G. Tomasi e di P.G. Zaghi. CLICCA su: Forum 3;
  7.-  Ripubblicato il servizio della precedente edizione, sulla scuola nel Delta del Po e a Comacchio. Clicca su: Forum 1

numero di novembre 2009

Bologna:
NUOVO
ASSETTO
del Governo dell'Ateneo.
Anche nuovo
direttore amm.vo
HOME
Bologna:
Andamento immatricolazioni
studenti:
+3%

News e
ARTICOLI

Ateneo di Bologna.
Lettera e commento
a passaggio da vecchio a nuovo Direttore Amm.vo.
Ringraziamento
a Doctor Fabbro
RUBRICA
Reclutamento e Governance
DDL definitivo.
Commenti Pres.
CRUI De Cleva
e Presidente ISRAEL
Commissione Ministeriale
STATO GIURIDICO
Due Sentenze:
1) NO ad aggancio prof. a dirigenza.
2) Diritto di pensione
per incarichi di
insegnamento
FORUM 2
Bologna:
scoppiato caso "CHIODO".
Diritto ereditario
di successione
e problema di salvaguardia
delle "scuole"
FORUM 3
Togliere l'IRAP
subito,
bilanciata
da economie
sanità.
Urge  sostegno
domanda estera e domanda interna
FORUM esterno

 

numero di settembre 2009

DPEF:Consiglio Ministri vara DPEF per 2010.
Ipotizzato finanziamento aggiuntivo di € 1.114 milioni per riforme universitarie
HOME
Fondi statali
agli Atenei per
€ 63,5 milioni
per 2009,
in  base agli indicatori
di merito "MUSSI"
News e ARTICOLI
Ateneo di Bologna.
Sospesa la
nomina nuovo
Direttore Amm.vo .
Rettore entrante
deciderà dopo la
presa di servizio.
Frattanto, interim a Dr.ssa G.F. Falsetti
RUBRICA
Concorsi.
Miur indice votazioni per commissioni, I sessione 2008.
Lettera del prof. LIBERATORE.
Anche statistiche docenti, per età
STATO GIURIDICO
FUORI RUOLO.
Sentenza Corte Costituzionale.
Anche decisione
Consiglio di Stato
su diritto ai
2 anni di servizio,
dopo età
pensionabile
FORUM 2
Bologna.
Regolamento volontariato
per chi vuole restare presso i Dipartimenti, dopo pensionamento
FORUM 3
Democrazia in
pericolo in Italia ?
No, democrazia
anomala, causa parlamento
esautorato.
Su ruolo "sinistra"
per il ritorno
alla normalità
FORUM esterno

numero di  LUGLIO 2009

SENATO,
importante
tavola rotonda
"universitá,
per le risorse.
Con Ministro TREMONTI

HOME
DDL del Miur
per Governance Atenei.
Proposte di
EMENDAMENTI
News e ARTICOLI
Ateneo di Bologna.
Di nuovo sforato
tetto 20% del FFO
per contributi
studenteschi.
URGE nuova
legge su diritto
allo studio
RUBRICA
DDL del Miur
per Reclutamento Docenti.
Proposte di
EMENDAMENTI

STATO GIURIDICO

CIRCOLARE
Ministero
su diritto ai
2 anni
di servizio,
dopo età

pensionabile
FORUM 2
DDL Miur su Governance:

LUNELLI
integra GIAVAZZI
FORUM 3

La lettera
Orginale
del Papa
al G8
FORUM esterno
numero di maggio 2009
ELEZIONI RETTORE
Risultati del
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
HOME
ELEZIONI
RETTORE.
Programmi
candidati 
CANTELLI
FORTI
e  DIONIGI
News e ARTICOLI
CONFERENZA Regionale su UNIVERSITA' Romagne.
RELATORI
Presidenti Enti Finanziatorii
ELEZIONI RETTORE
ORDINAMENTO DIDATTICO,
Bologna
Ingegneria.
LETTERA
PRESIDE, con
riflessi su
elezoni Rettore
RUBRICA
ASSEGNO
AD PERSONAM,
in seguito a concorso.
Come è calcolato a Bologna
STATO GIURIDICO
Virginio Pilò,
Chi andrà al
ballottagio con
CANTELLI FORTI ?

DIONIGI o SEGRE' ?
FORUM locale
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit  spending
FORUM esterno
numero di aprile 2009

Visite 30.015 nel 2008 Gelmini

I SERVIZI di QUESTA  EDIZIONE di  APRILE 2009

Visite 7.428 in gennaio 2009

ELEZIONI RETTORE
Al via
SONDAGGIO
su intenzioni
di voto per
i candidati
a Rettore
HOME
Virginio Pilò,
Profilo dei
candidati  rettore:
quelli del
partito di Calzolari
e quelli del partito
di opposizione
a Calzolari
FORUM locale
Notizie sui candidati.  SASSATELLI
super partes,
il delfino vero
di Lettere e Filosofia ?
News e ARTICOLI
Il 22 aprile 
incontro
degli
STUDENTI
con i  7 candidati
a Rettore.
Aperto a tutti
ELEZIONI RETTORE
Senato, AUDIZIONE Organizzazioni Unitarie Docenza.
Consegnato
Pro-memoria finanziamento università
AUDIZIONE
ROMAGNE.
G. Farneti,
Prospettive insediamento universitario di Forlì-Cesena.  Considerazioni
su testamento
Sen. Melandri
RUBRICA
Ricercatori
di Salerno
annunciano rinuncia carichi didattici
da 1.XI.09.
SEMINARIO Gelmini
su  reclutamento
dei docenti con
criteri nuovi.
STATO GIURIDICO
N.Luciani, CRISI.
La via dei "soldi veri":Separa-
zione tra mercato monetario e finanziario;
2) leva fiscale redistributiva;3) deficit  spending

 

3gen-09D.L. 180:
in
pericolo gli effetti buoni della riforma delle commissioni di concorso
3gen-09BOLOGNA, Senato Accademico:
"La negazione
del biennio sia
regola,
e l'accoglimento
sia la eccezione
3gen-09Bologna, bilancio di previsione 2009. Ancora in calo le entrate dalla
ricerca per conto terzi, art. 66 DPR 382/80.
Speranza dagli Spin Off ?
3gen-09D.L. 180:
Emendamento
del Senato da facoltà
agli Atenei di non
riaprire i termini
per le domande
3gen-09Bologna: iscrizioni
studentesche rettificate
in calo, in conferenza
stampa di grave
sconforto per la
Comunità scientifica,
incredula. Neppure
la dignità di scuse ...
3gen-09N. Luciani,

"Le conseguenze economiche della pace" e la via per contrastare il ciclo
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24nov-08Organizzzazioni Unitarie Docenza Universitaria:
UN PROGRAMMA
PER L'UNIVERSITÀ.


In soccorso della
Ministra, se lo accetta.
24 nov-08Per ripescaggio
del CONTRATTO
CON GLI ITALIANI
di Berlusconi,  suo passato Governo
24 nov-08BOLOGNA: Elezioni CdA e Senato. Consiglio di Stato conferma torto
al
Rettore.
Voto con nuove regole, ma no seggi a Rimini e Forlì.

24 nov-08Ateneo di Bologna:
Prof.CRISAFULLI
invia ai Colleghi
Linee Guida del Bilancio
previsione 2009.
Confermate ipotesi
di calo  contributi studenteschi

24 nov-08D.L. 180: nuove commissioni di concorso, aiuti a diritto allo studio, ma punizioni Atenei che non  hanno sforato, per tasse universitarie,
il 20% del FFO

24 nov-08DIDATTICA.
A Ministra,
nuovo Preside di Ingegneria,
risponde: SI'
a rivoluzione didattica: 4 lauree, non 12
24 nov-08N.Luciani, "Le conseguenze economiche
della pace"
e la via per contrastare
il ciclo
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5 apr-08 Nasce AQUIS   in alternativa alla CRUI. Ma sarà una buona mossa
o insofferenza verso la meridionalità ?

Vedi:   HOME
5 apr-08 Bologna:  CORTE dei CONTI condanna Direttore Amm.vo, Rettore e CdA.  
On. Garagnani di nuovo all'attacco

Vedi:
ARTICOLI
5 apr-08 Bologna: Ghetti mette  a punto PROGETTO  tecnico-giuridico
di riforma della  GOVERNANCE  dell'Ateneo

Vedi: RUBRICA
5 apr-08 Il punto della situazione sullo stato giuridico e  sui concorsi per tutti i docenti. No a "Il Sole-24 ORE"
Vedi: STATO GIURIDICO

5 apr-08 Convegno di AGORA' con vari presunti candidati Rettori.
L'intervento di DARIO BRAGA
Vedi: FORUM 2 -loc

5 apr-08 Prof.ssa Marini interviene sui verbali degli
esami
di profitto

Vedi:
FORUM 2 -loc
5 apr-08 ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE:
N. LUCIANI, Due parole, in libertà...
e perchè Casini sarà rivalutato
Vedi: FORUM 2-est
17 mag-08 Berlusconi
alla Camera: "dare una frustata vitale alla ricerca  e alla scuola"
Vedi:   HOME
17 mag-08Bologna, Cantelli Forti: Per una governance che riporti i professori e gli studenti al centro del sistema universitario
Vedi: RUBRICA

17 mag-08Bologna, Premiati i 17 Dirigenti dell'Ateneo in base ai risultati, peraltro non resi noti
Vedi:
FORUM 2 -loc

17 mag-08ELEZIONI POLITICHE:
larga maggioranza a Berlusconi, ma con Bossi
determinante per i numeri

Vedi: FORUM 2-est
17 giu-08 Ministro GELMINI:
Comunicazioni al Senato sugli
indirizzi generali
del  suo Dicastero
Vedi:   HOME
17 giu-08  Bologna: avviato dibattito per elezione del Rettore: intervene  Gianni Porzi
Vedi: ARTICOLI

17 giu-0 POLITECNICO DI MILANO NELLA BUFERA.
Corte dei Conti condanna Direttore Amministrativo.
Troppi dirigenti a tempo determinato
Vedi: RUBRICA

17 giu-0  "FUORI RUOLO"
per i professori : TAR Catania accoglie questione
di costituzionalità

Bologna: Come è calcolato
"assegno ad personam"
al personale docente e ricercatore
Vedi: STATO GIURIDICO

17 giu-0  Riforma statuto di Ateneo.
Progetto della
Commissione "Canestrari"

Vedi: FORUM 2 -loc

17 giu-0  Ateneo di Bologna: PROFESSORI SOLLEVATI contro
"Il Sole 24 ORE",
Vedi: FORUM 2-est

 

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 21gen-08   ATENEO DI BOLOGNA: Ricompare lo spettro di una seconda crisi del bilancio.

12sett-07   Ministro MUSSI: Per nuove lauree, anche un D.M. con LINEE GUIDA.
Ma, fatta la legge, trovato l'innganno.

25giu-07   Usciti i DECRETI
per Classi di laurea.
RICOSTRUIRE i vecchi insegnamenti

26feb-07  CLASSI DI LAUREA. Nessuna novità dopoI DUE pareri delle CAMERE al GOVERNO

7-gen-07     CLASSI DI LAUREA: Relazioni dell'On. Prof. Fulvio TESSITORE

07-nov-06     CRUI - Verso la RELAZIONE   ANNUALE  a  Roma  ( 9  nov. 2006)

06 ott-06     NUOVE CLASSI DI LAUREA:   Schema di Decreto Ministeriale

25set-06  N. Luciani, "LEGGE FINANZIARIA 2007.
Posta vuota nel bilancio statale per l'Università ?

25set-06  N. Luciani, "MINISTRO  MUSSI: Quanto "pesa" questo Ministro, nel Governo ?";
COMUNICATO OO.UU.DD.

4lug-06  MINISTRO Fabio MUSSI all'Ateneo di Bologna, con Professori, Studenti,   Sindaco COFFERATI, Provincia, Regione

12 giu-06  Bologna, 7 Consiglieri di Amministrazione   interrogano Rettore su volontà  di  riforma  della Governance dell'Ateneo

4 mag-06  Romano PRODI, L'università che vogliamo - Dal Programma dell'UNIONE

3 apr-06  Marco MERAFINA,  E adesso un Esponente della Sinistra  propone temi dello schieramento politico avverso ....

21gen-08   Bologna: Amministrazione.
Direttore Amministrativo
chiede la corona di DIRETTORE GENERAL
E

5 apr-08 Bologna: Ghetti mette  a punto PROGETTO  tecnico-giuridico
di riforma della  GOVERNANCE  dell'Ateneo

12sett-07   Concorsopoli
di Bologna:"risoluzione
della Camera" e replica del Rettore a Garagnani.
Ipocrisia generale nel risalire alle cause

25-giu-07   Bologna: completiamo l'analisi del bilancio. DIOTALLEVI, nuovo Preside di Ingegneria

16apr-07    Bologna, Rettore torna a soffiare sulla crisi di bilancio. Ma le cifre in entrata lo contraddicono

26feb-07  Bologna, Rettore rende pubblica "la criticità della situazione finanziaria"

07-gen-07    Governance delle università.: proposto dalla CRUI il CONTROLLO  DEI  RISULTATI in luogo di CONTROLLO DEL PROCESSO

07-nov-06    CAMERA - Votata ANVUR - Agenzia nazionale di valutazione sistema universitario

06 ott-06   Sui risultati   sperimentazione lauree.
F. Frabboni, L'Università si dà la pagella

25set-06  Bologna, Codice Etico.
Con Nota di  Gianni Porzi, Senatore

4 lug-06  Bologna, Conferenza  di Ateneo su "3+2". Intervento di Gianni Porzi del Senato Accademico

12 giu-06  Ministro Fabio MUSSI blocca Decreti attuativi di art. 10 del DM 27o. Bologna: il 30 giugno CONFERENZA su  nuove LAUREE

4 mag-06
 MIUR - Decreto Ministeriale  n. 270 del 2004, Nuovo ordinamento didattico

3 apr-06   Alessandro Dal Lago  su  Roberto Moscati: FALLIMENTO del  "3 + 2" ?
Imposto e sùbito (da Luigi Berlinguer) !"

6 mar-06   Costituente per la Nuova Università: "Seconda giornata" il 23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"

6 mar-06   TURBAMENTO NELLA COMUNITA' SCIENTIFICA PER UNA QUESTIONE GIUDIZIARIA CHE HA INVESTITO IL PRESIDENTE DELLA CRUI

6 mar-06  Costituente per la Nuova Università: "Seconda giornata" il 23 marzo 2006.
E le 4 Relazioni della "Prima giornata"

30 gen-06   CRUI - Il Presidente TOSI: " Che il 20 feb. parta la Costituente per la Nuova Università ! "

21gen-08  Ricercatori: nuovo regolamento dei concorsi. Pari opportunità ai giovani all'estero.

12sett-07   Posti di ricercatore: Decreto Legge del Governo per bando  con vecchie regole.  Prime critiche e possibile rimedio in sede di legge di conversione

25giu-07    Commmisioni di  concorso  ricercatori. Sollecitato
Ministro a varare il decreto. Nuove indicazioni da CNRU

16apr-07    Concorsi   ricercatori: bozza di regolamento delle commissioni giudicatrici

26feb-07    Ministro MUSSI: Linee-guida del Regolamento ANVUR - ’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca

07-gen-07     RICERCATORI:
Ministro MUSSI ottiene delega per loro stato giuridico. Speranze per Ricercatori all'estero

07-nov-06    Il Governo  ritira  dimezzamento scatti biennali dei professori. Ma Confederali confermano sciopero scuola-univ. 17 nov

06 ott-06   Legge Finanziaria: riportate all'indietro retribuzioni dei  professori.
COMUNICATO OO.UU.DD.

4 lug-06   ATENEO DI BOLOGNA - "Nuovi limiti di età  dei Professori ordinari ed associati" ex-lege 230/2005. Circolare di interesse per tutti i Colleghi in Italia.

12 giu-06  Lettera al Ministro
     FABIO MUSSI di:
ADI, ADU, ANDU, APU, AURI, CISAL-Università, CISL-Università, CNRU, CNU, FIRU, FLC-CGIL, SNALS-Università, SUN, UILPA-UR

4 mag-06  Alberto Pagliarini, Tabella delle retribuzioni (aggiornamento)

4 mag-06  Pubblicato sulla G.U., Serie generale, n. 101 del 3-5-2006, il Decreto Legislativo sui concorsi

4 mag-06  Legge n.230/2005
Nuove disposizioni concernenti lo stato giuridico dei professori

3 apr-06   In arrivo il D.P.R. sul Reclutamento dei Professori Universitari (testo completo)

6 mar-06  Il parere della Camera sullo schema di Decreto Legislativo del Governo sul reclutamento dei professori universitari

30 gen-06   Schema di DECRETO LEGISLATIVO sul reclutamento  dei professori universitari

21gen-08   Bologna: FORUM
di G. Barbiroli:
Richiesta programmazione
dei budget per
didattica e ricerca

21gen-08   Bologna: G.Ghetti
A proposito di verbalizzazione
degli esami

12sett-07   Governance Ateneo di BOLOGNA. Dopo invito del Rettore a fare proposte di riforma, al via due REFERENDUM

25giu-07   Da Comitato per nuova legge elettorale.
Riportare "ceto medio unito"
al governo

25giu-07   Ateneo di BOLOGNA: Convegno di AGORA'  su riforma Governance. Con SASSATELLI, SEGRE', CANTELLI FORTI, LORENZI, MARCATO

16apr-07  Ateneo di BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca universitaria penalizzato dall'Amministrazione.
     Regolamento dei contratti di ricerca per conto terzi.

26feb-07  A Governo PRODI:
Napolitano: "Metti in conto, la prossima crisi, un Governo istituzionale" per legge elettorale

07-gen-07   Cardinale di Bologna scende nell'AGORA'  universitaria
e parla ai professori di "FEDE e RAGIONE"

07-gen-07  CUN: Risulltati delle votazioni dicembre 2006

07-nov-06    Il Governo dice: produrre soia, mais e  quant'altro per fare bio-carburanti ...
Seguire la CALIFORNIA ?

06 ott-06     Consiglio di Amministrazione:
Lettera del 4 ottobre
del prof. E. Lorenzini

25set-06  Consiglio di Amministrazione: 6 CONSIGLIERI invocano argomenti caldi per l'o.d.g. . Lettera del prof. E. Lorenzini

4 lug-06  Dopo il NO alla riforma costituzionale, aperta fase di riassetto del "grande centro", negli schieramenti politici in Italia

12 giu-06  ELEZIONI POLITICHE:
- restituita al Parlamento la sua funzione, con un sufficiente ruolo guida  del Governo;
- resta nodo del Referendum 9 giugno

12 giu-06  Nino LUCIANI,  Il prof. Quirino PARIS,   colpevole di aver invocato il buon funzionamento del CUN

3 apr-06   ELEZIONI POLITICHE 2006 - N. LUCIANI, Difendere la democrazia in Italia... 
Ma il primo passo è superare presto il  "POST-BERLUSCONISMO

3 apr-06  Lettera di un giovane Architetto che vuole diventare professore, ma frattanto deve lavorare all'esterno dell'Università

6 mar-06    Pendenze delle elezioni Rettore: LETTERA della prof.ssa Elena FERRACINI per difesa della A.d.D.U. (Associazione docenti donne)

30 gen-06 RICORSO CONTRO ERRATO INQUADRAMENTO
dei PROFESSORI ASSOCIATI e dei RICERCATORI - Sentenza del TAR Emilia Romagna

 

Home Page di Nino Luciani

Nino Luciani
Professore Ordinario
Full professor

Università di Bologna - Dipartimento di Scienze Economiche
University of Bologna - Department of Economic Sciences

E-mail
Contacts:

nino.luciani@unibo.it
; nino.luciani@libero.it
Telefono
Phone
+39 051 2093938 - 347 9470152
+39 051 2093938 - 347 9470152
Orario di ricevimento
Student reception
Mar : dalle 9:00  alle 11:00. Sede di V. Saragozza 8, Bologna
Tue from 9:00 to 11:00 at via Saragozza 8, Bologna
Settore Scientifico
Scientific Sector
Scienza delle Finanze (Economia della Finanza Pubblica)
Science of Public Finance (Economy of Public Finance)

Insegnamenti
Teachings

pallino-gif.gif (1014 byte) Economia Pubblica dell'Energia
     Public Economics of Energy

pallino-gif.gif (1014 byte)   Economia Applicata all'Ingegneria
     Economics Applied to Engineering

Ultime pubblicazioni
Most recent publications

pallino-gif.gif (1014 byte)   Libro: ECONOMIA GENERALE, Franco Angeli, Milano 2005
Textbook: General Economy ( in Italian), Franco Angeli, Milano 2005

pallino-gif.gif (1014 byte)  "Il "2° criterio Paretiano", d'Albergo e la Scienza delle finanze" (The "2d Pareto's criterion", d'Albergo and the Science of public finance), 2009,
Saggio annesso al Libro di Ernesto d'Albergo, Economia della finanza pubblica, 2009. Edizione digitalizzata a cura di Nino Luciani: Clicca su http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/


Prof
. NINOLUCIANI            Curriculum Vitae

POSIZIONE: Professore ordinario di Scienza delle Finanze, nell'Università di
Bologna.
Present Status: Full professor of Science of Public Finance at the University of Bologna.

DATA DI NASCITA: 30 aprile 1937 a Comacchio (Italy)
Birth Date: April 30, 1937, Comacchio (Ferrara, Italy)

RESIDENZA: via Titta Ruffo 7, 40141 Bologna
Home: via Titta Ruffo 7, 40141 Bologna

EDUCAZIONE: Laurea in Scienze politiche, 1960; Diploma di Specializzazione sullo Sviluppo Economico, 1961.
EDUCATION: Degree of Political Sciences, 1960, Rome, University “La Sapienza”; Master of Economic Development, 1961, Roma, Italian Union of Trade Chambers.

CARRIERA ACCADEMICA: 1967 Assistente Ordinario (1967 e Professore Associato (1983) presso l'Università di Roma "La Sapienza"; Professore Incaricato nelle Università di Venezia, Parma, nell’Accademia Militare di Modena. Professore ordinario nell'Università di Bologna.
ACADEMIC CAREER: Assistant Professor (1967 at the University "La Sapienza"of Rome); Associate Professor (1983 at the University "La Sapienza"of Rome); Professor at the Universities of Venise and Parma, and at the  Military Academy of Modena. Full Professor at the University of Bologna.

DOCENZE: Scienza delle Finanze, Finanza degli Enti Locali, Economia Politica, Economia dell’Ingegneria, Economia pubblica dell’Energia.
COURSES GIVEN:  Science of Public Finance, Local Public Finance, Political Economy, Engineering Economy, Public Economy of Energy.


ATTIVITA' SCIENTIFICA. Allievo di Ernesto d’Albergo, uno degli studiosi italiani più rappresentativi della scienza delle finanze degli ultimi 50 anni, l'attività scientifica svolta ha consentito al Prof. Nino Luciani la produzione di un centinaio di pubblicazioni e di 5 libri.
I principali temi di ricerca sviluppati riguardano il concetto di reddito, la pressione fiscale internazionale, l'efficacia della manovra dei prezzi pubblici nel controllo dell'inflazione da costi, l’economia delle scelte pubbliche di beni e servizi, l’uso del "rate of return" nella valutazione degli investimenti", l’ottimizzazione della finanza pubblica per ‘welfare state’, l’importanza della comunicazione interattiva per la public choice e la democrazia diretta, la misurazione economica dell’efficienza della Pubblica Amministrazione, la misurazione del progresso tecnologico, l’impostazione delle "due" equazioni del cambio.
RESEARCH: , A pupil of Ernesto d’Albergo, one of the most relevant Italian scholars of Science of Finance over the last 50 years, , a fallout of the research carried out by this author is over one hundred publications and five textbooks.
Main research topics were the concept of income, the international fiscal burden, the efficiency of the adjustment of public prices aimed to control “cost inflation”, the economy of the public choices of goods and services, the correct use of the "rate of return" to evaluate the investments, the optimization of the public finance aimed to the ‘welfare state’, the relevance of the interactive communication in the public choice and in direct democracy, the economic measurement of the efficiency of the Public Administration, the quantification of the technological progress, the formulation of the "two" international exchange equations.


ATTIVITA' EXTRA-SCIENTIFICA.
- "Esperto" per la finanza pubblica presso il Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, e presso di Uffici per la programmazione economica del Ministero del Bilancio e della Programmazione economica, dal 1961 al 1965.
- Membro del Gruppo di lavoro per lo studio comparato della contabilità nazionale dei Paesi della Comunità Europea, a Bruxelles dal 1961 al 1963.
- Membro della Commissione per la sperimentazione didattica e organizzativa dell'Università "La Sapienza" di Roma dal 1985 al 1987.
- Membro elettivo del Senato Accademico Integrato dell'Università di Bologna dal 1990 al 1993.
- Consigliere di Amministrazione dell’Università di Bologna dal 1996 al 1999.
- Magistrato tributario della Commissione Tributaria Regionale dello Stato per l'Emilia Romagna.
COMMITTEE AND WORKING MEMBERSHIP
- Expert for the Public Finance at the Inter-ministerial Committee for Italian Recovery) and at the Office for the Economic Programming of the Ministry of the Budget and of Economic Programming from 1961 to 1965.
- Member of the Workgroup for the comparative study of the national accoubts of EEC countrie), Bruxelles, from 1961 to 1963.
- Member of the Commission for the didactic and organizational experimentation of the University "La Sapienza" of Rome from 1985 to 1987.
- Elected member of the Integrated Academic Senate of the University of Bologna from 1990 to 1993 .
- Member of the Administration Council of the University of Bologna from 1996 to 1999.
- Magistrate of the Fiscal Commission of Central Government for Emilia Romagna region.


ATTIVITA’ EXTRA-UNIVERSITARIE
- "Consigliere Comunale" del Comune di Comacchio nel 1975-80.
- Già Vice Presidente Nazionale del CIPUR (Coordinamento InterSedi Professori Universitari di Ruolo).
- Direttore del Foglio elettronico "UNIVERSITAS - Notizie", in: http://www.universitas.bo.it

EXTRA-ACADEMIC ACTIVITIES
- Councillor of the Comacchio Municipality in 1975-80.
- Formerly National Vice President of the trade union CIPUR (Coordinamento InterSedi Professori Universitari di Ruolo).
- Director of the Electronic Newspaper "UNIVERSITAS - News",  http://www.universitas.bo.it.

PUBBLICAZIONI PRINCIPALI

MOST RELEVANT PUBLICATIONS
1 - Intorno alle proposizioni Fisheriane sul concetto di reddito (About
I. Fisher's propositions on the concept of income),  Giuffrè, Milano 1971, pp. 122 (textbook)
2 - "Incrementi di valore e loro posizione in un sistema di imposta sul reddito" (Capital gains and their position in a system of income tax), Rome, Tributi 1970, pp. 60
3.- "Reddito, introito lordo, valore aggiunto e tassazione secondo il criterio del beneficio" (Income, gross income, added value and taxation by application of the criterion of benefit), Rome, Rivista della Guardia di Finanza 1970, pp. 37
4 - "Pressione fiscale internazionale e sua interpretazione" (International fiscal burden and its interpretation), Rome, Tributi 1973, pp. 36
5 - "Le condizioni per l'impiego 'specializzato' delle leve monetaria e fiscale per gli equilibri interno ed esterno" (The conditions for the ‘detaileduse of the monetary and fiscal levers for the internal and external equilibria), Rome, Rivista Bancaria - Minerva Bancaria 1974, pp. 71
6 - "Scelta dell'investimento in rapporto al rischio e imposte sul reddito e sul patrimonio" (Selection of the investment with relation to risk, and taxation of income and property), Rome, Rivista di Politica Economica 1978, pp. 57
7.- "Effetti dell'imposta sull'offerta individuale di lavoro" (effects of taxation on individual workforce supply), Rome, Tributi 1975, pp. 21
8 - "Problemi di efficienza della spesa pubblica locale" ( Problems of efficiency of local public expenditure), Rome, Rivista della Guardia di Finanza 1984, pp. 39
9 - "Condizioni per la parità del gettito delle imposte diretta e indiretta e applicabilità di un noto teorema alla politica finanziaria" (Conditions for the balance of direct and indirect taxation and applicability of a “well-knowntheorem to financial policy), Rome, Tributi 1985, pp. 11
10 - Teoria economica della finanza locale (Economic theory of local public finance). Lectures on the finance of local authorities, at the University of Rome, Rome 1984, pp. 209
11 - "Efficacia della regolazione dei prezzi pubblici nel controllo dell’inflazione da costi” (The efficiency of the adjustment of public prices aimed to control of “inflation from cost), Rome, Rivista di Politica Economica 1987, pp. 42
12 - " Scelta degli investimenti di diversa durata e imposta sui profitti" (Choice of investments of different times, and income taxation), Rome, Tributi 1988, pp. 8
13 - "Influenza dell'imposta sulla scelta della fonte di finanziamento dell'investimento" (Effects of taxation on the selection of financing of the investment), Roma, Rivista di Politica Economica 1988, pp. 12
14 - "Ritiro e innovazione degli impianti industriali: calcolo di convenienza considerando l'imposta sui profitti" (Retirement and innovation of industrial installations: evaluation of convenience in relation to income tax), Rome, Rivista di Impiantistica Italiana, 1990, pp. 8
15 - Economia delle scelte pubbliche di beni e servizi (Economy of the public choice of goods and services), Franco Angeli, Milano 1992, pp. 142 (textbook)
16 - "Il "rate of return" nella valutazione degli in vestimenti" (The rate of return in the evaluation of investments), Rome, revew “Economia, società istituzioni", LUISS, Rome, 1992, pp. 21
17 - "L'activity based costing e il principio di non distorsione dei costi comparati" (Activity based costing and the principle of non-distortion of comparative costs), revew “Economia, società istituzioni", LUISS, Roma 1995, pp. 27
18. "Finanza pubblica e ‘welfare state’ nel modello Pareto-d'Albergo e sviluppi dinamici del modello” (Public finance and welfare state in the Pareto-d'Albergo model, and dynamic developments of the model), in the book “Verso un nuovo stato sociale” (Towards a new social state), D. da Empoli and G. Muraro, Eds., Franco Angeli, Milano 1997, pp. 27
19. "Federalismo fiscale concorrenziale: Regioni o Comuni? " (Competition in fiscal federalism: Regions or Municipalities?), in revew TRIBUTI, n. 7, 1997, Ministero delle Finanze, pp. 13. Discussed at the SIEP meeting of 1997
20. "Comunicazione interattiva, scelte pubbliche e democrazia diretta” (Interactive Communication, public choice and direct democracy"), Scientific Communication at Session 5.B: “Constitutional Rules of Direct Democracy” of the international meeting “Constitutional Issues in Modern Democracies”, University of Messina, Sept. 25-27, 1997. Published in revew “Economia, Società Istituzioni", LUISS, Rome 1998, pp. 42
21.- Economia generale e applicata (Economy, general and applie
d), Progetto Leonardo, Bologna 1999. (textbook, 3rd edition)
22.- "Proposte per un riordino territoriale dei Comuni prima del decentramento dei poteri" (Proposals for a territorial rearrangement of Municipalities prior to decentering of powers), TRIBUTI, n. 5, 1999, Rome, Ministero delle Finanze, pp. 35.
23.- "La figura e l’opera scientifica di Ernesto d’Albergo" (Character and scientific work of Ernesto d’Albergo), Communication at the Meeting "Ernesto d’Albergo e l’evoluzione della scienza delle finanze italiana" (Ernesto d’Albergo and the evolution of the Italian Science of Finance), University of Rome "La Sapienza", 25 giugno 1998, Minutes of the Meeting, Gangemi, Roma 2003, pp. 39.
24 - "L’efficienza della Pubblica Amministrazione misurata dal saldo di bilancio? Idee a partire da una recente riforma del bilancio dello Stato in Italia (The balance of accounts as a measure of the efficiency of the Public Bodies New ideas starting from a recent reform of the State Budget in Italy), revew “Economia, Società Istituzioni", LUISS, Rome 2002, pp. 27.
25 - "Progresso tecnologico: nuovo metodo di misurazione e applicazioni per l’Italia. Su un possibile ruolo dell’I.V.A. nell’incentivare il progresso "labour using." (Technological progress: a new methodology for its evaluation and applications to the case of Italy. On a possible role of IVA [Added value taxation] to favor the progress “labour using”), rev. “Economia, società istituzioni", ed. LUISS, Roma 2002, pp. 28.
26 - "Un'assicurazione pubblica contro il rischio di disoccupazione, come contropartita "uniforme" in Europa alla flessibilità del mercato del lavoro" (Public insurance against the risk of unemployment as a “uniformcompensation to the flexibility of workforce market in Europe), ATTI Convegno SIEP su "Il futuro dei sistemi di welfare nazionali tra integrazione europea e decentramento regionale" (Minutes of the SIEP Meeting on “The future of the welfare systems between European integration and regional decentering”) , 2002 (Pavia, 4 - 5 ottobre 2003), pp. 20.
27 - "Pionieri della Scienza delle Finanze italiana negli anni ‘30 (Pioneers of Italian Science of Finance in the Thirties): Attilio da Empoli ed Ernesto d’Albergo sugli"sgravi fiscali” (fiscal deductions), Minutes of the XVI Scientific Meeting of SIEP, Public policies, development and growth", Pavia 2004.

28 - Ernesto d'Albergo, la Scienza delle Finanze e il problema di una regola sicura di decisione collettiva, a supporto del "II teorema dell'economia del benessere" (Ernesto d'Albergo, the Science of Public Finances and the problem of finding a sure rule of public choice, to help the "The second theorem of economic welfare"), rev. "Economia, società istituzioni", ed. LUISS, Roma 2003, pp. 22.
29 - ECONOMIA GENERALE (General Economy -  in Italian), Franco Angeli, Milano 2005. pp. 520.
30.
Ernesto d'Albergo, Economia della finanza pubblica. Edizione digitalizzata a cura di Nino Luciani. Libro. Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Bologna, 2009. Clicca su http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/,   Documento PDF , pp. 446
31.
"Il "2° criterio Paretiano", d'Albergo e la Scienza delle finanze" (The "2d Pareto's criterion", d'Albergo and the Science of public finance), 2009, Saggio annesso al Libro di Ernesto d'Albergo, Economia della finanza pubblica, 2009. Edizione digitalizzata a cura di Nino Luciani: Clicca su http://amsacta.cib.unibo.it/archive/00002571/,   Documento PDF , pp. 408-446.

SUN - SINDACATO  UNIVERSITARIO NAZIONALE


Fondato a Bologna l'8 novembre 2004 il nuovo Sindacato on Line, fondato sulla assemblea
  permanente dei visitatori del Foglio "Universitas News" - www.universitas.bo.it

Eletto Presidente: NINO LUCIANI

SOCI FONDATORI: Francesco Bonsignori, Alfredo De Paz, Elena Ferracini, Adriano Guarnieri,
Enrico Lorenzini, Nino Luciani, Bruno Lunelli, Gianni Porzi, Franco Sandrolini, Vittorio Tomasi

GLI OBIETTIVI DEL NUOVO SINDACATO

   Aperto alle istanze sociali, in spirito di servizio dell’Università alla società civile, il nuovo sindacato   ha come obiettivi:

a) La promozione dell’efficienza universitaria, della libertà di ricerca e di didattica;

b) La strutturazione della docenza in un ruolo unico, articolato su livelli;

c) La tutela del diritto-dovere dei docenti alla valutazione e alla carriera, unicamente in base al merito;

d) La garanzia della dignità della docenza, anche attraverso una adeguata retribuzione.

Aperte le adesioni: gli interessati possono scrivere all'indirizzo sottostante,
indicando la parola "adesione" nel subject della lettera.

                      

 

ITALIA.JPG (9745 byte)

Motivi di orgoglio dell'"antico (e nuovo) valor degli italici cor"

INVENZIONI DEL "GENIO  DEGLI   ITALICI"
nella storia.

Elenco incompleto di elementi presi dal libro di: Rino Camilleri, Doveroso elogio degli Italiani, Ed. BUR, 2001) e da noi organizzati per ordine alfabetico

- Acido salicilico, inventato d al Raffaele Piria, e che con aggiunta di acido acetico (nel 1897, da parte di Felix Hoffman) diverrà l'aspirina, nel XIX secolo;

- Acqua di colonia, inventata da Giovanni Maria Farina nel XVIII secolo;

- Aereo a reazione inventato da Giovanni Caproni e Secondo Campini nel XX secolo;

- Albero a camme, compare in Toscana nel X secolo;

- Albero di bompresso (che permette di navigare col vento di fianco) , inventata dai Romani nel I secolo d.C..;

- Aliscafo inventato da Enrico Forlanini nel XX secolo.;

- Ammoniaca (prima, solo gassosa) Š liquefatta da Liberato Giovanni Baccelli, nel XIX secolo;

- Anatomia patologica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1761);

- Anello di fidanzamento con diamante, compare a Venezia nel XV secolo;

- Anticiclone delle Azzorre, scoperto da Luigi De Marchi, nel XIX secolo;

- Armi da fuoco portatili compaiono in Italia nel XIII secolo;

- Assicurazioni sulla vita, inventate da Lorenzo Tonti nel XVII secolo ;

- Asteroide, Cerere, il primo è scoperto da Giuseppe Piazzi, nel XIX secolo.;

- Autostrada del mondo, la prima nel mondo è la Milano-Laghi nel XX secolo;

- Bagni termali nel II secolo a.C., a Roma;

- Balestra, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Banca moderna, la prima nasce a Genova nel XV secolo;

- Barile, inventato dai Romani nel I secolo d.C.;

- Barometro inventato da Evangelista Torricelli nel XVII secolo;

- Bicicletta, ideata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;

- Bilancia idrostatica, ottenuta da Archimede, in base al principio di Archimede, nel III secolo a.C.;

- Bodoni, caratteri tipografici, ideati da Giambattista Bodoni nel XVIII secolo ;

- Bombarda compare in Italia nel XIII secolo;

- Caffettiera moka express, inventata da Alfonso Dialetti) nel XX secolo;

- Calcestruzzo, entra in uso a Napoli, fatto con pietra vulcanica (pozzolana, da Pozzuoli), calce e acqua, nel II secolo a.C.;

- Calcio fiorentino, primo gioco di palla a squadre nasce a Firenze nel XIII secolo ;

- Calendario ""giuliano", introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.";

- Calendario "gregoriano" (ancora valido) nel 1582 dal papa Gregorio XIII.";

- Calzini (udones) compaiono a Roma nel IV secolo a. C. ;

- Campo magnetico rotante, inventato da Galileo Ferraris, nel XIX secolo;

- Canale di Suez, progettato da Luigi Negrelli, nel XIX secolo ;

- Cannocchiale astronomico, inventato da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Carrello cinematografico inventato da Giovanni Pastrone nel XX secolo;

- Carrucola, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante;

- Carta stagnola, compare in Italia nel XV secolo;

- Cellule cancerogene, individuate da Renato Dulbecco (Nobel per la medicina) nel XX secolo ;

- Champagne, inventato dal benedettino Francesco Scacchi (1335), tre secoli prima di Perignon;

- Compasso, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Concerto musicale , creato dal bolognese Adriano Banchieri nel XVI secolo;

- Corsivo, inventato da Aldo Manuzio nel XV secolo;

- Crema emolliente inventata da Galeno nel II secolo d.C.;

- Cruciverba inventato da Giuseppe Airoldi nel XIX secolo ;

- Cupola (la prima è quella del Pantheon), inventata dai Romani nel I secolo d.C. ;

- Declinazione magnetica, intuita da Cristoforo Colombo nel XV secolo;

- Dentiera inventata nel VIII secolo a.C dagli etruschi (che trapiantano anche denti d'oro, d'avorio e d'osso).;

- Dizionario alfabetico, il primo è compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel XVI secolo. ;

- Docente universitaria donna, Laura Bassi, la prima nella storia ;

- Elettroshock, inventato da Ugo Cerletti nel XX secolo. ;

- Elicottero moderno inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo.;

- Enciclopedia delle scienze, la prima ("Naturalis Historia") è di Plinio il Vecchio nel 77 d.C.;

- Energia elettrica per via geotermica, ottenuta da Piero Ginori Conti nel XX secolo (1904);

- Fattore di crescita neurale, scoperto da Rita Levi Montalcini (Nobel per la medicina) nel XX secolo;

- Fecondazione artificiale, ideata da Lazzaro Spallanzani, nel XIX secolo. ;

- Ferro da stiro, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Fisarmonica, inventata da Paolo Soprani, nel XIX secolo.;

- Forchetta, compare in Toscana nell'XI secolo;

- Fotografia della corona solare, la prima - 1842 - è fatta di Maiocchi, nel XIX secolo;

- Funicolare, la prima a Napoli, nel XIX secolo ;

- Futurismo inventato da Filippo Tommaso Marinetti nel XX secolo.;

- Gelato, inventato dal toscano Bernardo Buontalenti nel XIV secolo;

- Generatore di corrente (dinamo), inventato da Antonio Pacinotti , nel XIX secolo;

- Gioco del lotto, il primo, nasce a Genova nel XVI secolo;

- Lampadina di Edison, migliorata da Arturo Malignani (portandone la durata da 100 ore a 800 ore, e da luce rossastra a luce bianca e intensa), nel XIX secolo;

- Legge di Avogadro (volumi uguali di gas, alla stessa temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole), scoperta da Amedeo Avogadro, nel XIX secolo. ;

- Libri tascabili, inventati da Aldo Manuzio nel XV secolo ;

- Macchia rossa di Giove, scoperta da Giandomenico Cassini nel XVII secolo ;

- Macchina da scrivere, inventata da Giuseppe Ravizza, nel XIX secolo.;

- Macchina seminatrice, inventata dal bolognese Taddeo Cavallini nel XVI secolo;

- Malattie infettive, individuate, per primo, da Gerolamo Fracastoro nel XVI secolo;

- Mappa di Marte, la prima è disegnata da Francesco Fontana nel XVII secolo;

- Martello pneumatico, inventato da Ernesto Curri nel XX secolo;

- Melodramma, ideato da Jacopo Peri XVI secolo;

- Metodo scientifico moderno: i suoi caratteri sono dettati per primo da G. Galilei nel XVII secolo;

- Microchip, inventato da Federico Faggin ) nel XX secolo;

- Moderna elica navale, ideata da Giuseppe Ludovico Ressel, triestino, nel XIX secolo;

- Moto alternato in rotatorio e altro: la macchina per la trasformazione dell'uno nell'altra è inventata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;

- Motore a scoppio, creato da Felice Matteucci ed Eugenio Barsanti nel XIX secolo;

- Motore a stella per aerei inventato da Alessando Anziani nel XX secolo.;

- Motore elettrico, ideato da Galileo Ferraris nel XIX secolo (1883);

- Musica "Jazz" , inventata dall'italo-americano Nick La Rocca (1917, primo disco) ) nel XX secolo;

- Neuroni, scoperti da Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina) , nel XIX secolo ;

- Nitroglicerina (su cui lavor•, poi, Alfredo Nobel per ottenere la dinamite - 1867), inventata da Ascanio Sobrero nel XIX secolo;

- Notazione musicale è ideata da . Guido d'Arezzo nell'XI secolo;

- Novella, genere letterario creato da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo;

- Nutella, inventata da Michele Ferrero) nel XX secolo;

- Ocarina, costruita da Giovanni Donati, nel XIX secolo.;

- Occhiali compaiono a Pisa nel XIII secolo ;

- Orologio meccanico, detto ""svegliatore monastico"" perchè in uso nei monasteri, compare nell'XI secolo";

- Orologio pubblico: i primi comparvero su campanili, in Italia, nell'anno 1000;

- Oscillazioni isocrone del pendolo: le relative leggi sono intuite da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Pantaloni, i primi sono fatti a Venezia nel XVI secolo nel XVI secolo;

- Pantelegrafo (antenato del fax) creato da Giovanni Caselli nel XIX secolo.;

- Particelle Zeta, individuate da Carlo Rubbia (Nobel per la fsica) nel XX secolo.;

- Partita doppia della contabilità è creata da Luca Pacioli nel XV secolo;

- Periodo di rotazione di Venere, scoperto da Giovanni Schiaparelli, nel XIX secolo;

- Pianoforte, costruito da Bartolomeo Cristofari nel XVIII secolo;

- Pila elettrica, inventata da Alessandro Volta, nel XIX secolo;

- "Pinocchio", il libro più tradotto dopo la Bibbia, scritto da Carlo Lorenzini (""Collodi""), nel XIX secolo;

- Pistola a tamburo (nel 1833, due anni prima di Colt), inventata da Francesco Antonio Broccu, nel XIX secolo.;

- Pizza, compare a Napoli nel X secolo ;

- Pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi, inventato da Carlo Forlanini, nel XIX secolo.;

- Polipropilene (cioè, la plastica) inventato da Giulio Natta nel XX secolo.;

- Polo nord, sorvolato la prima volta Da Umberto Nobile, con un dirigibile, nel XX secolo;

- Portolano, il primo compare a Pisa nel XIII secolo;

- Preservativo moderno, ideato da Gabriele Falloppio nel XVI secolo;

- Prospettiva, le sue regole sono elaborate e codificate, rispettivamente, da Filippo Brunelleschi e da Leon Battista Alberti nel XIV secolo;

- Protuberanze solari scoperte da Angelo Secchi , nel XIX secolo;

- Quotidiano, introdotto nel I secolo a. C. da Giulio Cesare con gli Acta Diurna che informano delle decisioni del Senato;

- Radio, inventata da Guglielmo Marconi nel XX secolo;

- Radiogoniometro (determina la provenienza dei campi magnetici e il trasmettitore che li emette), inventato da Alessandro Artom nel XX secolo;

- Raggi cosmici , scoperti da Bruno Rossi nel XX secolo.;

- Reazione nucleare a catena, provocata da Enrico Fermi nel XX secolo;

- Riscaldamento centralizzato, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Rubinetto creato dai romani nel I secolo a.C.;

- Ruota da bicicletta lenticolare, inventata da Antonio Dal Monte ) nel XX secolo;

- Salsa piccante compare a Roma nel III secolo a.C.;

- Satelliti di Giove, scoperti da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Sciopero (il primo della storia - 1378 - a Firenze, da parte dei "ciompi" fiorentini, lavoratori della lana; il secondo a Londra - 1396 - da parte dei marinai veneziani)";

- Scooter inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo;

- Sfigmomanometro, inventato da Scipione Riva Rocci, nel XIX secolo. ;

- Siluro, inventato da Giovanni Battista Luppis, nel XIX secolo.;

- Sismografo, inventato da Luigi Palmieri , nel XIX secolo;

- Sonetto è inventato dal siciliano Jacopo da Lentini nel XIII secolo;

- Spaccio pubblico di acquavite, il primo compare a Modena nel XV secolo;

- Stenografia inventata nel 63 a.C. Marco Tullio Tirono.;

- Suole per scarpe in gomma, create da Vitale Bramani nel XX secolo. ;

- Telefono, inventato da Antonio Meucci, nel XIX secolo;

- Telescrivente inventata da Luigi Cerebotani nel XX secolo.;

- Teorema di Pitagora, inventato da Pitagora, nel VI secolo a.C , a Crotone.;

- Termocoppia (che misura piccole differenze di temperatura) ideata da Leopoldo Nobili, nel XIX secolo.;

- Termodinamica, le relative leggi sono scoperte da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Termometro inventato da Santorio Santorio nel XVII secolo;

- Torta nuziale (che viene buttata addosso alla sposa) introdotta da Romani nel I secolo a.C..;

- Trapianto di pelle, il primo è eseguito da Gaspare Tagliacozzo nel XVI secolo;

- Trasporto pubblico a trazione elettrica, il primo a Firenze, nel XIX secolo (1890);

- Trattato di architettura, il primo è di Vitruvio nel I secolo d.C. ;

- Università, la prima nasce a Bologna nel XI secolo (988 ?);

- Vaccino contro la pertosse (tramite ingegneria genetica), scoperto da Rino Rappuoli) nel XX secolo;

- Vento solare, scoperto da Bruno Rossi nel XX secolo.;

- Violino, costruito da Gasparo Bardotti nel XVI secolo;

- Vite, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante. ;

- Vite senza fine, ottenuta da Archimede, nel III secolo a.C.;

-Volta a crociera, compare a Roma nel II secolo d.C.

 

 

ARCHIVIO News e ARTICOLI


Università di Bologna: caso  DELBONO tornato di attualità,
dopo il patteggiamento e una lettera ai cittadini

***

dionigi-1cappello.JPG (3480 byte)Ivano Dionigi



In margine alla Lettera ai cittadini di Bologna

UNA  DOMANDA  AL  RETTORE

 

 1.-  Sulla vicenda del prof. Flavio Delbono, il Rettore Dionigi  risulta aver sempre taciuto nel senso che ha evitato di prendere ogni posizione, anche a fronte di eminenti giuristi (ci riferiamo al prof. Franco Carinci) che lo richiamavano al dovere di iniziare un procedimento disciplinare. Di tutto questo in passato ci siamo interessati.

   La vicenda ritorna ora di attualità a seguito del patteggiamento con il quale il prof. Delbono ha chiuso una prima tranche dell’inchiesta in cui è coinvolto. La stampa locale ne ha dato ampia notizia, riportando anche la lunga lettera del prof. DELBONO ai Bolognesi. Nella cronaca di Bologna de Il Resto del Carlino di sabato 4 dicembre il giornalista Gilberto Dondi, dando notizia del patteggiamento, scrive: “salvo complicazioni da parte dell’Alma Mater, salverà la cattedra dell’ex sindaco ora tornato all’università”. Sottolinea, poi, che rimangono aperti altri due filoni di indagine, e cioè la richiesta di rinvio a giudizio per il bonus “e il terzo filone d’inchiesta, il più delicato e temuto, quello sulla corruzione”. Nell’articolo si dà anche notizia che il Commissario al Comune dr.ssa Cancellieri ha giustificato il fatto che il Comune non si è costituito parte civile perché “quelle sono scelte politiche”.

  2.- A proposito della lunga "lettera" del prof. Delbono ai Bolognesi (pubblicata da la Repubblica il 3 nov. u.s.), forse sarebbe stato utile che, in luogo di una nuova autodifesa, essa fosse la dichiarazione pubblica di un pentimento per aver recato danno al Comune, alla Regione, e anche all'Università di Bologna, e inoltre l'esplicito desiderio di voler pagare quanto possibile "pagare" in termini di sacrificio personale. Caso mai, si poteva aggiungere la preghiera, ai cittadini e alla universita', di tenere conto delle eventuali cose buone e del sacrificio personale, per anni, al loro servizio.
   Fatto questo, forse per i cittadini il caso era chiuso, anche perche' e' notorio che, in complesso, il servizio al grande pubblico da' un saldo negativo alle persone che l'hanno prestato. Sia chiaro che l'averlo ricordato non significa che uno possa o debba farsi giustizia da se'.
   Non commento, nello specifico, le parole dell'ex Sindaco.
   Per altro verso, rimane per noi una perplessita' il silenzio a oltranza del Rettore dell'Universita e di piu', da questo momento, perche' il patteggiamento del reato e della pena sembra dover giuridicamente salvare Delbono dalla interdizione dai pubblici uffici.
  Nel patteggiamento rientra anche il risarcimento del danno anche all’immagine, che il prof. Delbono ha effettuato a favore della Regione.
  L’Università non era costituita parte civile (anche questa è stata una scelta politica, come quella del Comune ?), e dunque se ne deve dedurre che, secondo il Rettore, essa non ha ravvisato di aver subito alcun danno etico e morale, insomma un danno alla propria immagine.

3.- Preservare l'università da ulteriore danno, come conseguenza della conservazione di Delbono nell'insegnamento, si direbbe che, da parte del Rettore, è essenziale .
   E se i due filoni dell’inchiesta ancora aperti si chiudessero negativamente per il prof. Delbono, che farà il Rettore ? e che figura avrà fatto ?
   Sia chiaro che con questa considerazione non si richiede l'esclusione di Belbono dallo insegnamento, ma che sia vagliata la sua posizione alla luce del "Codice etico".
  Non si puo' accettare, al tempo stesso, che il codice etico rimanga sotto una coltre di polvere, oppure si rimanga in attesa di non so cosa.
   Il Codice etico è stato adottato dal nostro Ateneo qualche anno fa e l'allora Rettore Calzolari si fece gran vanto. Non solo, esso è previsto anche dal DdL Gelmini .
   Restiamo in attesa della decisione del Magnifico Rettore o anche di quanti occupano posti negli organi collegiali di Ateneo.  Nino Luciani

 


Mentre l'Ateneo di Bologna annaspa nel sostituire i Ricercatori, in astensione dagli insegnamenti a causa del mancato riconoscimento giuridico della funzione docente,
i professori chiedono lumi al Rettore sul modo come intende risolvere il problema

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Marina Marini



M. MARINI, A PROPOSITO DELL'IPOTESI DI AFFIDARE A PROFESSORI A CONTRATTO
I CORSI CHE I RICERCATORI SI RIFIUTANO DI TENERE PER PROTESTA
NEI CONFRONTI DEL TRATTAMENTO LORO RISERVATO NELLA "LEGGE GELMINI"

   Si è ventilata da parte di molti Presidi (e, se non sbaglio, anche del Rettore) la possibilità di ricorrere a personale a contratto per "far partire comunque" i corsi che i ricercatori in protesta hanno lasciato vacanti.
  Sono doverose a questo proposito alcune considerazioni.
  1.- . In primo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori sarebbe stata prevedibile. È stato quanto meno incauto affidare al volontariato (perché di vero volontariato si tratta) una percentuale altissima di corsi (in alcune lauree triennali fino ai due terzi del totale).
   Ai ricercatori è stato fatto credere che gli incarichi, soprattutto se "stabilizzati", avrebbero costituito un titolo preferenziale per l'avanzamento di carriera.
  Erano promesse fatte in cattiva fede, perché l'auspicata sanatoria non sarebbe stata comunque nelle facoltà di Presidenti di Corso di Laurea e Presidi. Erano promesse che distoglievano i ricercatori dalla ricerca e fornivano una manovalanza sottocosto alla didattica pletorica di corsi e corsettini sorti spesso per consentire a qualche docente di crearsi dei piccoli potentati e a qualche settore disciplinare sovrabbondante di giustificare la sua sovrabbondanza.
   Naturalmente alcuni ricercatori non cercavano che una buona scusa per giustificare la loro scarsa produttività scientifica, ma i più, pur sapendo che le promesse erano aleatorie, non ha osato rischiare di perdere una possibile occasione: troppe volte all'università si erano viste "sanatorie" e leggine "ad hoc".
   E allora, anno dopo anno, uno, due, tre corsi, gratuiti sì, ma tenuti con passione e professionalità, e per questo gratificanti. E ora una legge che è una doccia fredda su tali aleatorie prospettive e, anzi, li bacchetta se la produttività scientifica non è stata "eccellente".
2.- In secondo luogo, la situazione creata dalla protesta dei ricercatori, almeno in alcune facoltà, non è giunta inattesa.
   I ricercatori avevano fatto, in tempo utile, una domanda di incarico "sub condicione". Ma Presidi e Presidenti di Corso di Laurea hanno preferito credere che avrebbe prevalso l'abituale docilità dei ricercatori, il loro desiderio di non creare problemi ai colleghi e agli studenti, la passione e l'orgoglio di insegnare. Hanno sottovaluatato la portata devastante che il "decreto Gelmini" avrebbe avuto su di loro.
   Presidi e Presidenti di Corso di Laurea non avrebbero dovuto favorire la moltiplicazione di corsi privi di titolare e comunque, in vista della protesta annunciata, avrebbero dovuto e potuto riorganizzare per tempo la didattica (accorpamenti di alcuni corsi, chiusura di altri).
   Del resto, il decreto Gelmini si pone proprio l'obiettivo della riorganizzazione degli Atenei per favorirne una gestione meno dispendiosa.
   Allora, perché non cominciare proprio dai corsi non coperti da titolari? Ma la proposta di ricorrere a personale a contratto è ancora peggio, per l'Università, del blocco della didattica.  Affidare incarichi di insegnamento a persone non qualificate significa, da parte delle stesse istituzioni universitarie, svalutare la figura del docente universitario.
   Se passa l'idea che chiunque possa insegnare all'università, non ci saranno più argini di decenza e si potrebbe anche configurare un'inadempienza nei confronti degli studenti, che pagano le tasse per avere un insegnamento da parte di docenti universitari e hanno il diritto di non ritrovarsi in cattedra, seppure in via provvisoria, insegnanti di scuola precari, medici ospedalieri, figure emergenti da un indefinito sottobosco di disoccupati...
   Chi avrà conferito tali incarichi sarà privato automaticamente di ogni autorevolezza nel momento in cui dovrà scegliere il vincitore di un concorso o chiamarlo in facoltà. Purtroppo non mancano alcuni precedenti.
   Alcuni Corsi di Laurea in Romagna sono stati aperti senza valutare se ci fosse la possibilità di coprire alcuni importanti corsi di base, cedendo alla spinta degli Enti Patrocinatori e al desiderio di alcuni docenti di scalare un dubbio cursus honorum.
   Non dovrebbe insospettire il fatto che massaie e saltimbanchi si offrano come docenti gratuiti? Potrebbero in qualche caso esservi soluzioni alternative alla chiusura dei corsi da una parte e alla stipula di contratti con personale esterno dall'altra.
   Soluzioni che non ledono i diritti dei ricercatori:
   -  innanzitutto verificare che i docenti di prima e di seconda fascia dei settori interessati, che hanno il dovere di fare didattica, siano impegnati appieno (e avrebbero dovuto già esserlo, invece di cedere i loro compiti ai ricercatori);
  -  in secondo luogo, impiegare, su base volontaria e gratuita, i docenti mandati incautamente in pensione anzitempo senza che si verificasse che i loro corsi fossero coperti.
   E poi una considerazione economica. Abbiamo subito sanguinosi tagli alle risorse dei dipartimenti, alle borse di dottorato, ai fondi per la ricerca...
   Da dove si prenderebbero i soldi per i contratti? Perché, se tali risorse erano disponibili, non sono state date ai ricercatori per pagare il loro impegno didattico "extra"? Possiamo garantire una levata di scudi da parte di tutti, in primis i Direttori di Dipartimento, se per pagare i professori a contratto si dovessero coartrare ulteriormente i fondi già tagliati o se si "trovassero" delle risorse finanziarie precedentemente occultate o, infine, si realizzassero dei risparmi inopinati, i cui ricavi si dovrebbero devolvere ad altri scopi. Infine, non è passato per la mente a nessuno che, conferendo incarichi a personale esterno, si alimenta ulteriormente il precariato e si creano ulteriori illusioni e aspettative?
   Vogliano proseguire e, anzi, peggiorare, nella strada del comportamento incauto?  Marina Marini

 


Ateneo di Bologna: "Fondazione  ALMA MATER" e  "ALMA MATER Srl"

dionigi-1cappello.JPG (3480 byte)Ivano Dionigi

 Le conclusioni di una inchiesta del Rettore sulla Fondazione:
"NULLA DI IRREGOLARE"

MA, PRIMA, IL RETTORE AVEVA RINNOVATO TOTALMENTE I VERTICI DEI DUE ENTI.
E AFFIORA UN CONFLITTO D'INTERESSI DELL'AUDITOR

LUCIANI: Insoddisfazione per poca trasparenza  delle linee di azione di questo Rettore
circa la Fondazione, nonostante gli impegni presi in campagna elettorale.
Anche perplessità sul suo silenzio sulla Società di diritto privato a "socio unico".

N. Luciani, Sulla Fondazione e l'Alma Mater Srl: finanziarie dell'Ateneo o enti inutili ?

1.- Anteprima.  Nel secondo incontro preelettorale dei candidati a rettore (aprile 2009), organizzato dal "Gruppo dei trenta", in considerazione della restrizione del finanziamento statale alle università,  si era discussa la opportunità di diversificare le fonti di finanziamento della nostra università, attraverso una rinnovata ricerca del dialogo con gli enti pubblici e privati della regione.
Con questa mira, si era discusso della Fondazione Alma Mater, per farne lo strumento di reperimento di finanziamenti in un rinnovato rapporto con gli enti pubblici e il mondo delle imprese.  Dionigi aveva detto parole favorevoli. Inoltre, era stato   proposto (Giulio Ghetti, durante il dibattito e riprendendo una sua precedente proposta di quando era membro della Giunta d'Ateneo) di trasformare la Fondazione attuale in una Fondazione di diritto pubblico universitario.
   Già da allora, poi, circolava la notizia di accuse di presunte irregolarità amministrative alla Fondazione, da parte di alcuni Consiglieri di Amministrazione. Ed era emersa una novità (veramente vecchia di qualche anno, ma trascurata) : la esistenza di  Alma Mater S.r.l., una società di diritto privato, in affiancamento alla Fondazione "socio unico".

   In particolare, a proposito della Srl veniva lamentato che l'uso di "scatole cinesi" avesse condotto alla "assoluta mancanza di controllo delle risorse o ancora di più alla mancata valutazione costi/benefici", mentre "quando si parla di denaro pubblico tutto deve'essere trasparente" (A. Zago).
  Si perverrà, poi, alla elezione del candidato Ivano Dionigi, a Rettore, ed al rinnovato esplodere di nuove accuse alla Fondazione, in CdA, per cui il nuovo Rettore aveva ravvisato gli estremi per ordinare una inchiesta sulla stessa. Arriviamo al luglio u.s. in cui il Rettore ha comunicato i risultati dell'inchiesta.

  Non è finita.
 
2.-  Risultati dell'inchiesta. Il Rettore ha detto: "da parte degli Enti finanziatori è stato effettuato un controllo amministrativo/contabile di I° livello di tipo analitico che ha coinvolto tutti i costi oggetto di rendiconto. E' stato effettuato un controllo documentale di tutti i giustificativi di spesa e un riscontro degli stessi con la contabilità generale ed analitica della Fondazione. Al controllo di I° livello è poi seguita una verifica di II° livello condotta da soggetti indipendenti dagli Enti finanziatori sia per verificare l'operato del controllo di I° livello per quanto concerne la correttezza dei documenti amministrativi/contabili, sia le procedure di gestione utilizzate. Inoltre, per quanto concerne gli incarichi affidati da FAM, nella relazione dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo di illegittimità."
Sempre a detta del Rettore, eventuali dubbi circa l'esistenza di irregolarità, riguardano dei Docenti dell’Ateneo che hanno percepito compensi per attività extra-istituzionali senza chiederne la preventiva autorizzazione all'Ateneo. Infatti, in base al Regolamento sull’autorizzazione degli incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore a tempo pieno (D.R. 379 del 5.10.98), tale Personale prima di assumere incarichi extraistituzionali deve richiedere l’autorizzazione alla Facoltà di appartenenza.

  Infine, per quanto concerne gli incarichi affidati da FAM, nella relazione dell'Auditor Dr. Umberto Melloni non è stato ravvisato alcun profilo di illegittimità."
   Tutto bene ? Possiamo solo constatare che Dionigi, già a febbraio, aveva rinnovato totalmente il CdA della Fondazione, e lo stesso ha fatto successivamente per la Alma Mater Srl, alla scadenza dei mandati rispettivi.

  E possiamo anche constatare che l'Auditor  Dr. Umberto Melloni era e lo e' tuttora, ad un tempo, revisore della Fondazione e membro del collegio sindacale della Alma Srl, e dunque in conflitto di interessi, perchè controllore e controllato.

3.- Sull posizione finanziaria della Fondazione e della Società "Alma Mater".
a) Fondazione. Il bilancio consuntivo, 2008 ( presentato nel 2009) dà una perdita di esercizio di € 267.322, per differenza tra Ricavi € 7.024.378,  e Costi € 7.198.789 e imposte di 92.911.
  La Fondazione ha un patrimonio netto di € 4.185.052,  e debiti di € 4.418.085.

  Dal bilancio, si trae che fa attività di: "alta formazione", proventi € 2.436.548 , di cui € 1.349.317 per la gestione dei master; progetti del fondo sociale europeo, proventi € 3.116.576; consulenze e ricerche, proventi € 1.166.561; attività di Fundraising e Merchandising, proventi (€ 269.716).
  Tra le voci, il maggior ricavo viene dai master. Ma la relativa attività di incasso non è un vero e proprio un servizio meritevole di essere pagato, e quindi la trattenuta sugli incassi si  configura più come una "tangente" (diciamo una tassa) a carico dei corsi di master, che un corrispettivo dovuto ( tutti master hanno propri segretari che provvedono agli adempimenti amministrativi).
   Risulta dalle dichiarazioni del rettore Calzolari (Verbale del CdA dell'Ateneo, 24.7.09) che  "il CdA, al momento di affidare alla Fondazione la gestione dei master, stabilì che, dei proventi delle iscrizioni, venisse attribuita all'Ateneo il 10%, di cui il 7,5% trattenuto dalla Fondazione". La cifra in bilancio per la gestione dei master è (€ 1.349.317).
  Tuttavia, nel bilancio consuntivo 2008 dell'Ateneo l'entrata per "quota di iscrizione master" è €  4.383.499,30, e l'uscita (non è indicato a favore di chi) è € 4.060.998,96. Il 7,5% di €  4.383.499,30 è € 328.762,45, che è ben diversa da quella segnata nel bilancio della Fondazione (ossia € 1.349.317). Constato solo queste "presunte" diversità, ma non sono in condizioni di affermare che ci sono delle effettive difformità, rispetto alle decisioni del CdA dell'Ateneo.

Fondazione Alma Mater , Perdita di esercizio  (Dal conto economico, p. 33)
2005 2006 2007 2008

€ -367.848

€ -141.023 € - 58.728 € -267.322

b) Società Alma Mater Srl. Il bilancio consuntivo 2008 ( presentato nel 2009) dà un utile di € 70, per differenza tra Ricavi € 1.146.934,  e Costi € 1.152.425 e imposte di 3.575.
   La voce di spesa più grossa (€ 1.020.695) è per  per servizi commissionati in esterno (Costi per progetti, costi ricerca commerciale, costi per servizi commerciali), tra cui si evidenziano  "viaggi alberghi", "prestazioni professionali servizi commerciali", consulenze legali e tributarie", "servizi amministrativi", "buoni pasto", "consulenze lavoro", "compenso collaboratori".
   Da segnalare che, tra i proventi, ci sono quelli (determinanti ai fini del pareggio, €  343.717) derivanti dalla gestione di Villa Pallavicini (che è di proprietà dell'università). Dunque, è come se il pareggio sia avvenuto a carico della Università.
  Il patrimonio netto dalla SrL è di €  55.559. I debiti sono di € 573.760.

Società Alma Mater  S.r.l, Utile di esercizio (Dal conto economico , p. 4)

    2007 2008
    € - 2.651,00 €  70,00

Questi dati pongono alcune domande: "chi ripiana i debiti accumulati ? Si giustificano spese di 1.020.695 Euro a fronte di ricavi di 1.146.934 ? Si giustifica un debito della Srl più di 10 volte il valore del patrimonio? Che senso ha tenere in piedi la FAM e la Srl, se con debiti notevoli ? Sono la conseguenza di fatti strutturali o di una cattiva gestione ?

4.- Storia della Fondazione e della Società Alma mater S.r.l. 
a) Fondazione. Essa è stata costituita il 21.12.1996 per operare, senza scopo di lucro, quale di struttura di collegamento tra l'Ateneo e l'intera società (si vegga la sintesi delle attività, più sopra). La fondazione è una normale fondazione di diritto civile, e cioè tra quelle regolate dal codice civile.
  I soci fondatori furono la Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna e l'Università di Bologna. Attualmente l'Assemblea dei soci risulterebbe costituita da "18 organizzazioni", ma i cui nomi non è stato possibile reperire nè dal sito internet della Fondazione, nè dalla Camera di Commercio di Bologna
.
. Il primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega, Francesco Vella (attualmente in carica).
  Il Consiglio di Amministrazione è composto da 15-16 membri ed è presieduto dal Rettore.
  Per Statuto (art.14, Statuto) gli eventuali avanzi sono reimpiegati per attività della Fondazione, o per incremento del patrimonio.

b) Società "Alma Mater S.r.l" . Questa società di diritto privato viene costituita dalla Fondazione il 24.07.2002 (mentre è Rettore P.U. Calzolari). Ne è "socio unico" la Fondazione. Essa, per delibera del detto Consiglio ( 24.6.2002) "è finalizzata alla gestione delle attività a carattere commerciale della Fondazione". Questa finalità è inserita nello Statuto della Srl con interpretazione estensiva: "compiere qualsiasi operazioni commerciale, industriale, mobiliare ed immobiliare necessaria o utile per il conseguimento dell'oggetto sociale, nonchè l'attività finanziaria strettamente collegata o strumentale rispetto al conseguimento dell'oggetto sociale" e "ricorrere a qualsiasi forma di finanziamento con istituti di credito". Per Statuto (art. 24) gli utili sono destinati secondo la delibera dell'Assemblea.
  Essendo la Fondazione lo  "unico socio", il Presidente della Fondazione è anche il Presidente di Alma Mater (W. Tega, nel 2008). Il primo presidente è stato Filippi Piera. Seguono Walter Tega e Francesco Vella (attuale).
   Il Consiglio di Amministrazione, nominato dal Presidente della Fondazione, è composto da 3 a 7 membri.
  NOTA. Da atti della Srl del 1998, risulta che i membri del Consiglio di Amministrazione erano: P.U. Calzolari (Presidente) , W.TEga,  G. Cappiello, A. Grandi, G. Masetti. Tra essi, P.U. Calzolari, W. Tega, G. Cappiello erano anche membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

   Questa società ha assunto tutta una serie di partecipazioni in numerose società ed organismi ( Associazione Collegio di Cina, CNA Innovazione, Consorzio Alma Cube, Consorzio I Tech Off , Consorzio Isfod, Consorzio Noi Con,  Consorzio Profingest, Consorzio Scholè, Consorzio Sinapsi, Consorzio Spinner, Consorzio So.Lig Ergo S.r.l., Idea S.r.l. , Unimatica S.p.a. ), in ognuno di essi facendosi rappresentare da propri designati (per lo più membri dei consiglio della Fondazione e/o della s.r.l., con relativi compensi), così creando una serie di partecipazioni "a grappolo", le quali presentano notevoli problemi di controllo da parte di chi le ha costituite o vi partecipa , in mancanza di un bilancio consolidato di tutte le società nel loro insieme. E’ notorio infatti che quasi sempre le “società a grappolo” finiscono per accumulare perdite che poi verranno “scaricate” sui soci inconsapevoli.

5.- Conclusioni. Per la Fondazione, la situazione sopra descritta depone molto negativamente sulle possibilità di reperire finanziamenti esterni per l'Ateneo, e quindi per l'urgenza di una sua riforma, nel senso di farla divenire non soltanto una fondazione universitaria vera e propria, ma una "casa di vetro" per trasparenza, e una fonte di entrate (e non un costo) per l'Ateneo.
La voce più interessante, è l'attività di "Fund raising"
(raccolta fondi). Essa, prevista già in origine dallo Statuto, ha dato introiti minimali. In effetti, perchè essa funzioni, dovrebbe essere collegata alla detraibilità fiscale degli eventuali finanziamenti privati.
  Questa possibilità, oggi sopravvenuta nella legge, sia pur con limiti, protrebbe essere una via nuova per farvi affidamento, ma occorre anche rassicurare i donatori, circa la destinazione dei loro fondi.
  Ciò ripropone quanto detto in campagna elettorale: essere necessario modificare la Fondazione da ente di diritto civile in ente di diritto speciale, in modo da far subentrare gli opportuni controlli di legge sulla gestione e sulla  destinazione dei fondi.
  I controlli non fanno paura a chi non ha nulla da nascondere.
  C'è, poi, la questione della Alma Mater Srl. La costituzione di una società di diritto privato, per sostituire la Fondazione in alcune delle sue attività, si può solo capire come modo di sottrarre i dirigenti della Fondazione alle regole degli "enti morali", nel prendere decisioni. Questo fatto, per cui la Fondazione abdica alle sue funzioni, e le affida a pochi (3-4 membri), parrebbe non meritevole di apprezzamento.
   Un secondo profilo, che potrebbe in qualche modo giustificarne la costituzione, riguarda i limiti alla responsabilità patrimoniale. Infatti, una normale Srl risponde nei limiti del capitale sociale.

    Invece in una Srl a "unico socio", se esso è una persona giuridica, il socio risponde illimitatamente (art. 2497 c.c.) . Dunque il comportamento della Srl , sottoposta a poco controllo, potrebbe creare anche problemi finanziari alla Fondazione (che risponde nei limiti del proprio capitale). Nino Luciani

 


Ateneo di Bologna: nuove inquietudini dal caso Delbono, dopo la notizia
"giornalistica" di rinvio a giudizio, accompagnata da intervista sul Corriere

Dopo la riammissione del prof. Delbono all'insegnamento, più che il "pieno rispetto delle prescrizioni normative vigenti"

da una verifica sul procedimento risulta
che è valso un procedimento "improprio", e
in condizioni di conflitto di interessi ideologici

fiorentini-gianluca.jpg (1974 byte)
Gianluca Fiorentini

N. Luciani,  Verifica sul procedimento, dopo che Delbono è stato riammesso all'insegnamento...

 1.-  Tuttora il Rettore non ha motivato alla Comunità scientifica le ragioni per cui non ha applicato il Codice Etico e il Codice di comportamento dell'Ateneo, nei confronti del prof. Delbono.
   L'occasione sarebbe stata quella di pubblicare i "puntuali chiarimenti" forniti al Senato ill 23 marzo 2010, ma non scritti sul verbale, per dimostrare la osservanza, di lui,  della normativa vigente.
   Il problema, adesso, (al di là della presunta "colpevolezza" di Delbono) è il fatto che il Rettore abbia riassunto su di sè ogni valutazione, dopo aver sentiti i pareri di "autorevoli giuslavorisiti ed amministrativisti".
   Il Rettore non è un "ras". Anche lui è soggetto alle regole.  Egli può e deve sentire chi vuole, ma non esautorare gli organi collegiali, previsti dall'ordinamento universitario. E se essi sentenzieranno che non v'è colpa, tanto meglio.  E' solo rispettando le regole che il rettore colloquia correttamente e democraticamente con la "propria" Comunità scientifica.
   Va pur dato atto che Egli, come noi, conosce le cose in questione solo dai giornali, vale dire non da atti di notifica della autorità giudiziaria. Ma, come una indagine di polizia può muovere anche da una semplice telefonata anonima, davvero egli può continuare a non vedere e a non sentire il turbamento della opinione pubblica, senza fare dubitare della sua neutralità verso la parte politica di sua comune provenienza ?

2.-  Vi sono, poi, dei fatti che dimostrano essere stato applicato un procedimento "improprio", per cui la Comunità scientifica  è venuta a trovarsi nella impossibilità di dare indicazioni dirette sul caso.  
   Come regola, la procedura per l'ammissione all'insegnamento e per il conferimento di incarichi di insegnamenti spetta al Consiglio di Facoltà che decide, sulla proposta del Preside. Nel caso nostro il Preside è il prof. Gianluca Fiorentini (già membro del Comitato Elettorale di Delbono, per le elezioni a Sindaco di Bologna), ed attualmente anche ProRettore alla Didattica.
    Per pratica invalsa, in questi anni, alcuni Consigli di Facoltà hanno delegato il Consiglio di Presidenza (un organo ristretto) per le decisioni su varie materie, in quanto divenuti troppo pletorici, e quindi poco efficienti.
   E', inoltre, previsto dall'ordinamento che il Preside possa agire d'urgenza, salvo ratifica del Consiglio di Facoltà o del Consiglio di Presidenza.   Nel caso de quo la procedura è stata:
   a) In data 22 febbraio 2010 il Preside ha fatto, d'urgenza, un decreto di conferimento di insegnamento a Delbono;
   b) In data 23 febbraio, il Preside ha portato il decreto per la ratifica, al Consiglio di Presidenza, (composto da G. Fiorentini, R. Orsi, G. Tassinari, A. Stefanelli, E. Bajo, D. Spelta, M. Chiuselli, D. Foschi, J. Lattari), che ha approvato alla unanimità dei presenti (8/9, in quanto uno, non il Preside, era assente).
  c) In data 24 febbraio, il Preside ha dato comunicazione delle decisioni al Consiglio di Facoltà.
  d) In data 23 marzo la decisione è stata sottoposta al Senato.
 
1) Sull'urgenza. Il Preside ha motivato l'urgenza col fatto che, poichè il prof. Massimo Motta non è rientrato in servizio entro il 1 febbraio 2010, egli ha dovuto coprire l'insegnamento urgentemente (dati i tempi stretti di programmazione didattica) col solo professore nella Facoltà, nel settore, a meno che si volesse provvedere con supplenza retribuita ad un esterno.
   Il presupposto dell'urgenza è contraddetto da circostanze oggettive. Infatti, il Consiglio di Presidenza era convocato per il giorno successivo, a quello dell'avvenuto Decreto del Preside. Dunque è verosimile che il ritardo di un giorno non avrebbe pregiudicato nulla.
   E siccome, a sua volta, il Consiglio di Facoltà era convocato per l'indomani della seduta del Consiglio di Presidenza, e poichè si trattava di un caso veramente difficile e speciale, il senso delle istituzioni avrebbe suggerito di portar la discussione e approvazione in Consiglio di Facoltà, titolare primario della decisione.


2) Una procedura da "centralismo democratico". La modalità della decisione ricorda, paro paro, il centralismo democratico di sovietica memoria. Ivi si partiva dall'assioma che il popolo prendesse direttamente le decisioni, e infatti "tutto" era sottoposto alla ratifica popolare, ma:
-  prima, la decisione veniva presa dal Segretario generale del PCUS (uno che faceva maggioranza da solo), poi portata in un Esecutivo di "4 gatti";
 -  poi al Comitato Centrale, dove i "4 gatti" erano maggioritari;
-  poi al parlamento, dove i membri del Comitato centrale erano maggioritari (per definizione), e così di seguito, fino al popolo (e guai se qualcuno si fosse permesso...di chiedere qualche chiarimento).

 3)   Anche un conflitto d'interessi. Poichè le delibere del Consiglio sono sottoposte, di routine, al controllo degli uffici dell'Ateneo, e poichè a capo degli uffici didattici c'è Fiorentini, in questo caso nella veste dil Pro-Rettore, ecco anche profilarsi il fatto che Fiorentini (Preside, e già membro del Comitato Elettorale di Delbono) è controllato da Fiorentini, ProRettore alla didattica, in una evidente posizione di conflitto di interessi ideologici. Questo conflitto si rileva dal verbale del Senato (vedi sotto).

4) Anche esautorazione del Senato. Dal verbale si deduce che il Rettore, Presidente del Senato, non ha chiesto al Senato di "approvare", ma di  "prendere atto", e il Senato ha preso atto "in forma unanime".   La marcatura della unanimità di questa "presa d'atto" è inutile, salvo per l'essere un autogoal, perchè rivela che Fiorentini (presente) ha votato a favore di se stesso.  Invece, per evitare conflitto d'interessi ideologici, egli doveva uscire dall'aula durante la votazione, e farlo verbalizzare.
  Riprendiamo il filo iniziale: Massimo Motta che fine ha fatto? Risulta dagli atti che egli, professore straordinario dell'Ateneo di Bologna (tra l'altro, giovane e super-titolato) sia cessato dal servizio, a gennaio, nell'Unversità di Bologna, per dimissioni e successivo trasferimento in altra università. E' stata una perdita veramente notevole per l''Alma Mater, ma a cui è seguito nulla più che il silenzio. No comment.  N. Luciani

Verbale della delibera del Consiglio di Presidenza della Facoltà

Consiglio di Presidenza - 23 febbraio 2010

2.1 Ratifica Decreto attribuzione insegnamento di Economia dei mercati.

   II preside propone la ratifica del consiglio per il proprio decreto prot. 193, III.8, emanato il 22 febbraio 2010 con il quale, stante l'urgenza, ha provveduto a conferire a Flavio Delbono l'insegnamento di Economia dei mercati - risultato scoperto a seguito della cessazione in servizio per volontarie dimissioni di Massimo Motta - per il corso di laurea in Economia e diritto, a.a. 2009/2010, per 9 cfu e complessive 60 ore.
   II preside illustra le motivazioni che hanno portato al provvedimento di attribuzione dell'incarico a Flavio Delbono che, sottolinea, rappresenta un atto dovuto conseguente al verificarsi di una serie di presupposti di fatto e di diritto che passa rapidamente ad illustrare.
    Innanzitutto chiarisce che con le dimissioni rese da Massimo Motta - che avrebbe dovuto rientrare in servizio il 1 febbraio al termine del congedo per motivo di studio - si doveva ovviare in tempi rapidi, a causa dell'approssimarsi dell'inizio delle lezioni, al problema della mancata copertura nel settore SECS-P/01dell'insegnamento di Economia dei mercati, di cui Massimo Motta era il responsabile.
    Riferisce quindi che in casi come questi le linee di indirizzo della programmazione didattica (deliberate dal Senato Accademico) richiedono di verificare se all'interno del settore dell'insegnamento scoperto o eventualmente in settori affini non vi sia una disponibilità di docenza non utilizzata, consentendo, solo in caso negativo, alla facoltà, che assegna l'incarico, di nc supplenze retribuite.
    Ricorda che proprio nel mese di febbraio si dimetteva dalla carica di sindaco Flavio Delbono che si trovava in aspettativa obbligatoria proprio in virtù della carica rivestita di sindaco e che venendo meno questa condizione era un atto dovuto per la facoltà reintegrarlo nel ruolo di professore ordinario, previo naturalmente suo assenso, come in effetti è avvenuto con la sua presa di servizio del 18 febbraio 2010. A quel punto era d'obbligo, tenuto conto delle linee di indirizzo della programmazione didattica summenzionate, prendere in considerazione la disponibilità di docenza di Flavio Delbono per coprire l'insegnamento di Economia dei mercati, considerato che oltre ad essere professore di ruolo nel settore di tale insegnamento scoperto, era anche in debito di docenza, avendo zero ore di insegnamento in attivo, rientrando pertanto all'interno del suo debito istituzionale.
   Diversamente, ricorrere ad una supplenza retribuita avrebbe rappresentato un costo immotivato da far sostenere alla facoltà. Stante pertanto l'urgenza il preside riferisce che ha provveduto ad emanare il decreto per l'attribuzione dell'incarico, decreto che ora viene sottoposto alla ratifica del consiglio.
  II consiglio di presidenza all'unanimità approva.

Verbale del Consiglio di Facolta' di Economia,  24 febbraio 2010

1.1. Cessazione dall'ufficio di professore straordinario i Massimo Motta
Il preside comunica che dal 1/2/2010 Massimo Motta è cessato dal servizio per volontarie dimissioni.
Il consiglio di facoltà prende atto.

1.2. Presa di servizio di Flavio Delbono
Il preside comunica che il 18/02/2010 è rientrato in servìzio dall'aspettativa Flavio Delbono, ordinario nel ssd SECS-/P01, "Economia politica".
Il consiglio di facoltà prende atto.

Verbale della delibera del Senato

Riunione S.A del 23/3/2010

COMUNICAZIONE DEL MAGNIFICO RETTORE IN MERITO ALLA RIPRESA DELL'ATTIVITA' ACCADEMICA DA PARTE DEL PROF. FLAVIO  DELBONO.

  Il Magnifico Rettore, anche a seguito di notizie divulgate a mezzo stampa, ravvisa l'esigenza di fornire a questo Senato puntuali chiarimenti in merito alle circostanze e motivazioni che hanno indotto, di recente, l'Amministrazione a reintegrare il Prof. Flavio Delbono nei ruoli della docenza universitaria.  La vicenda, per la sua delicatezza e rilevanza, è stata gestita  - assicura - nel pieno rispetto delle prescrizioni normative vigenti, avvalendosi anche del parere di autorevoli giuslavorisiti ed amministrativisti.

  Il Prof. Fiorentini interviene, nella propria qualità di Preside della Facoltà di Economia, al fine di precisare che, nei fatti, si è trattato di un reintegro in ruolo, presso la Facoltà di appartenenza, di per sé conseguente, come atto dovuto, alla cessazione del periodo di aspettativa per motivi politici, a suo tempo riconosciuto al Prof. Delbono; in tal senso le dimissioni dalla carica di Sindaco intervenute in data 17 febbraio scorso hanno implicato l'effetto di porre termine al citato periodo di aspettativa, con reintegro nei ruoli universitari dal giorno successivo.  

   Aggiunge che, a seguito della cessazione dai ruoli (dal 31 gennaio scorso) del Prof. Massimo Motta, al quale era stato in precedenza affidato l'insegnamento di Economia dei Mercati del Corso di Laurea in Economia e Diritto, la Facoltà, verificato che il Prof. Delbono era l'unico docente privo di ore di didattica e che non vi erano ulteriori disponibilità di docenza, gli ha conferito detto insegnamento in quanto coerente con il Settore disciplinare di inquadramento. Tale atto di conferimento si pone pertanto in piena coerenza e sintonia con le linee di indirizzo di programmazione didattica deliberate da questo Ateneo.

Il Senato Accademico, in forma unanime, prende atto.

 

Ancora  in evidenza, dall'edizione precedente

Ateneo di Bologna: una questione di separazione tra "politica"
e  "università",  che la "giustizia universitaria" deve risolvere

dionigi-cappello.jpg (3480 byte)Ivano Dionigi



Il caso DELBONO finisce per lambire il Rettorato... ,
per cui quasi quasi il Rettore sarebbe tenuto a dare
una spiegazione alla Comunità scientifica, visto che
non l'ha data a CdA e Senato


fiorentini-gianluca.jpg (1974 byte)
Gianluca Fiorentini

  Il motivo è che le omissioni finiscono per essere associate, pur se con fantasia, a eccessivi  precedenti legami con Delbono, di persone apicali del Rettorato. Il caso più "in" è quello di Gianluca Fiorentini, che fu membro del Comitato Elettorale di Delbono, pur essendo Preside già allora, ed attualmente è ProRettore.  


            Nino Luciani, Mi spiego meglio ...


  I fatti oggettivi rilevanti, a carico del Rettore, sono:

  1) Per un verso il Rettore ha applicato il Regolamento dell'Ateneo, che ne colloca l'insegnamento al II ciclo, e questo (di fatto) ha sottratto Delbono all'ira degli studenti;

  2) Per un altro verso, egli non ha applicato il Codice Etico e il Codice di comportamento che l'Ateneo si è dati nella propria autonomia e che sanzionano ogni comportamento di, anche possibile, mobbing, sia all'interno che all'esterno dell'Ateneo, compiuti da personale dell'Alma Mater, e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia universitaria";

  3) Per un terzo verso egli non ha applicato la legge Brunetta che impone l'obbligatorietà del procedimento disciplinare anche indipendentemente dal processo penale (e questo ha sottratto Delbono alla "giustizia amministrativa statale").
   Riprendo, in proposito, dalla cronaca di Bologna di un quotidiano nazionale, l'opinione di un illustre Docente dell'Ateneo (si vegga a fianco).
   
   Potrei quasi dire che, personalmente, se l'ex-Sindaco di Bologna, e nostro Professore, chiedesse perdono alla Comunità scientifica per i fatti da lui stesso ammessi, e riportati dalla stampa, e si dichiarasse pentito, per me il caso sarebbe chiuso.
   E' , però, un fatto, che le sue dimissioni da Sindaco hanno sconvolto la vita locale, per cui l'etica della società civile richiede anche una "riparazione" nei modi di legge.
  Queste dimissioni hanno anche, in qualche modo, sconvolto l'Università, in quanto non si è persa la memoria del fatto che egli era stato invitato dal Rettore, a Santa Lucia, in occasione della inaugurazione dell'Anno Accademico, e con tanto ardore da fargli pronunciare un discorso pubblico e finanche la proclamazione di un matrimonio tra Comune di Bologna e Università.
  Non solo, ma al momento delle elezioni del nuovo Rettore, Delbono aveva votato e dichiarato pubblicamente di avere votato per Dionigi.
  Non solo questo: ben due Presidi, di allora e tuttora, fecero parte del suo Comitato elettorale.
  Beninteso, anche i professori hanno le loro idee politiche ed hanno diritto di manifestarle. Ma non è ammesso dall'etica universitaria mescolare l'Istituzione con i partiti politici.
  Di grazia, come faremo a difendere la libertà di insegnamento e di ricerca, se portiamo in testa il "cappellino del partito", insieme al "tocco accademico" ?
  E se, poi, capita che uno di quei Presidi diventa anche ProRettore alla Didattica, proprio quello che decide personalmente, circa la riammissione di Delbono all'insegnamento, allora non ci sto più.
  Ho già detto, più sopra, che sarei personalmente disposto metterci una pietra sopra, se Delbono avesse dichiarato un pubblico pentimento. Ma voglio anche precisare che non mi sento vicino nè a quelli che, sui giornali, hanno invocato una "riflessione" prima di ammetterlo in servizio, nè a quelli che invocano la "canea", parola usata dal Rettore, in quanto solo dopo una "condanna della magistratura", sarebbe giustificata l'esclusione, e fino ad allora sarebbe da presumersi l'innocenza.
  Trovo ipocrita quest'ultima tesi, se è vero (e ciò risulterebbe) che Delbono ha già fatto delle pubbliche ammissioni.
  Per me, le cose sono molto più semplici. Come c'è una "giustizia sportiva", che tutela lo sport in tempi brevi, in attesa dei tempi lunghi della giustizia statale, così esiste una "giustizia universitaria" per tutelare, altrettanto in tempi brevi, l'università. Difatti ci sono un Codice etico ed un Codice di comportamento che l'AlmaMater si è dati nella propria autonomia.
  Il Rettore non vuole dare inizio ai relativi procedimenti disciplinari, quasi che ciò rientrasse in una sua autonoma valutazione e conseguente discrezionalità ? Sappia che se ne assume la responsabilità sotto ogni diverso profilo, giudiziale e non, e che la cosa non rimane dentro il Rettorato, come è stato dimostrato da tante lettere di cittadini bolognesi ai giornali locali e alla cronaca di Bologna di quotidiani nazionali.
   Il Rettore Dionigi dovrebbe spiegarne i motivi alla Comunità scientifica che ha l'ha eletto, e che dunque se, a sua volta, non procedesse come per legge e secondo quanto impongono i Due codici, mantenendo un silenzio inspiegabile, incorrerebbe, a sua volta, in una rispettiva responsabilità. Nino Luciani 

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Comitato
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EDIZIONI PRECEDENTI

 

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In margine al Discorso del Rettore, in Inaugurazione dell'anno accademico

Gianni Porzi*, L'ATENEO NEL  2010

Anche notizie dal CdA: Rapporto di A. Zago e F. Lopriore

* Rappresentante del Governo nel CdA dell'Università di Bologna

CdA, Rapporto di Antonella ZAGO e F. LOPRIORE
Notizie 1.- Sul Dr. G. Colpani, neo Direttore Amm.vo, sul Delegato al Personale e sul discusso bando...
2.- Sulla Azienda Agraria

1. - Dr. Giuseppe Colpani, Cda del 19 gennaio

a) Il dott. Colpani, nuovo direttore amministrativo dell'ateneo, ha presentato il suo programma di lavoro definendo come prioritaria la riorganizzazione dell'amministrazione nel senso di un forte snellimento con riduzione anche del numero di dirigenti. Si è soffermato inoltre sulla valutazione degli stessi sostenendo che, se molto è stato fatto nel passato, oggi comunque si deve intervenire per semplificare gli indicatori della valutazione e definire in modo più chiaro e semplice la filiera delle responsabilità. Anche i comportamenti del dirigente, e non solo quindi il risultato raggiunto, risulta per il direttore amministrativo un elemento importante. Sul fronte risorse è necessario, secondo Colpani, un controllo di gestione che porti ad una migliore verifica dei flussi.

Il rapporto con il personale tecnico amministrativo invece dovrebbe essere improntato alla fine della contrapposizione tra personale docente e personale tecnico amministrativo in quanto quest'ultimo, pur non essendo sempre impegnato direttamente nella didattica e nella ricerca, svolge comunque un ruolo determinante nell'attività generale e per questo deve essere considerato una risorsa importante.

Crediamo che con la sua essenzialità, chiarezza e soprattutto precisione, il dottor Colpani si sia soffermato su punti sui quali anche noi da tempo abbiamo chiesto di intervenire. Ad oggi ovviamente non possiamo esprimere una fiducia incondizionata in quanto purtroppo l'esperienza passata ci ha dimostrato ancora una volta che sono i fatti a fare la differenza e non le parole. Ci sentiamo comunque di esprimere il nostro apprezzamento auspicando di poter presto verificare che finalmente nel nostro ateneo alle “belle parole” e alle “buone intenzione” possano seguire anche delle “buone azioni”.

b) La delega al Personale  e il discusso bando ... .Un momento importante che segnerà davvero una svolta oppure una piena continuità con il passato - e la nostra piena delusione -, sarà la nomina del delegato al personale che ancora non c'è. Abbiamo già chiesto formalmente, e più volte, al Rettore di non riconfermare il professor Gatta. Non abbiamo bisogno di una così forte continuità con quella politica ingiustamente persecutoria per il personale tecnico amministrativo che ha portato ad umiliazioni gratuite per il personale e diseconomie on indifferenti per l'ateneo. Solo un nuovo delegato al personale potrebbe ad oggi convincerci che davvero questo Rettore e il direttore amministrativo hanno intenzione di cambiare davvero rotta!

Il tanto discusso bando per l'assunzione di un esterno al DSAW (Direzione e Sviluppo delle Attività Web) è stata ancora una volta affrontata in consiglio di amministrazione. Dopo le interrogazioni del professor Porzi e l'integrazione di Zago nel merito di tale selezione, il Rettore ha deciso di sospendere la procedura di selezione. Tale scelta si fonda però non sul fatto che il rettore abbia scelto di non coprire più il posto, come qualcuno ultimamente ha comunicato al personale tecnico amministrativo, ma da un problema di interpretazione normativa sulla quale non c'è stata chiarezza fino a qualche giorno fa. Le tante interrogazioni che a partire dal 29 settembre 2009 sono state presentate da Zago, Lopriore e Porzi, dove i tre consiglieri sostenevano che l'Università è sottoposta al controllo preventivo della Corte dei Conti hanno visto le risposte, reiterate fino al 15 Gennaio 2010, della dottoressa Fabbro prima e del dottor

Gianni Porzi, L'Ateneo nel 2010

   1.-
Negli ultimi tempi ho sentito spesso dichiarazioni di grande preoccupazione per il destino dell'Istruzione in Italia, e dell'Università in particolare, a causa dei tagli annunciati nella Finanziaria 2009 che dovevano ammontare a 678 Ml, cioè il 10% dei 6.826 Ml stanziati nel 2009.
   Grida d'allarme da più parti (alcuni strumentali) perché con i tagli all'Istruzione veniva minacciata la Cultura del nostro Paese il cui futuro veniva frequentemente dipinto a tinte fosche. Nessuno però che abbia ricordato che fino al 2009, incluso, i finanziamenti statali erogati alle Università italiane sono stati in costante crescita.
  Il Rettore, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico 2009-10, ha espresso forti preoccupazioni per i pesanti tagli del fondo finanziamento ordinario che potrebbero arrivare nel 2011. Era infatti già a conoscenza che, grazie al grande impegno profuso dal Ministro Gelmini nel reperire maggiori risorse finanziarie per l'Università e anche alle entrate derivanti dallo scudo fiscale, la Finanziaria 2010 ci aveva riservato la gradita sorpresa di un taglio nettamente inferiore ai 678 Ml previsti, e cioè di 278 Ml (pari al 4% del finanziamento erogato nel 2009).
  Tenendo poi presente che verranno stanziati anche 40 Ml per nuovi posti di Ricercatore (circa 800), il taglio risulta ulteriormente ridimensionato.
  Il nostro Ateneo, presumibilmente subirà una diminuzione del finanziamento ordinario di 15-16 Ml (cioè, 385 Ml contro i 400 Ml ricevuti nel 2009), calo che non creerà particolari problemi per il bilancio del 2010.
  E' ovvio che i tagli non sono graditi da parte di chi deve subirli, ma è cosa poco piacevole anche per chi è costretto a farli. Dico costretto perché è a tutti nota la crisi economica che ha colpito il nostro Paese, e non solo; inoltre, il 2009 è stato, purtroppo, anche un anno funestato da calamità naturali molto gravi sotto tutti gli aspetti.
  Non può essere tuttavia ignorato che nel nostro Ateneo vi sono spese non tutte essenziali che vanno quindi eliminate senza esitazioni e ritengo sia questa l'occasione per gestire con rigore le risorse disponibili e per mettere ordine nei conti operando una riqualificazione e una razionalizzazione della spesa.
  Non vorrei essere pessimista, ma probabilmente il periodo della costante crescita dei finanziamenti statali é finito e quindi chi ha responsabilità nel governo dell'Ateneo dovrà utilizzare tutte le risorse (umane e finanziarie) in modo più oculato attenendosi al "principio di economicità" al quale l'Ateneo non ritengo si sia sempre ispirato (anche in tempi recenti, nonostante la crisi economica fosse già alle porte. Testimonianza ne è il numero eccessivo di Corsi, di Docenti esterni, di Dirigenti e di contratti con personale esterno non sempre essenziali (finiti anche recentemente sulla stampa locale).
Mi auguro che i nuovi Vertici dell'Ateneo, coadiuvati da Organi Accademici consapevoli della grande responsabilità morale e giuridica della quale sono investiti, riescano in questo compito impegnativo. Occorrerà, da parte di tutti coloro che hanno responsabilità di governo e in particolare del Rettore, molta determinazione e polso ben saldo per tenere la barra dritta verso l'obiettivo di interesse comune, anche per la Città di Bologna, e cioè quello di riportare l'Alma Mater ad occupare livelli più consoni al suo prestigioso passato. Anche perché ciò consentirà all'Ateneo di ricevere "risorse aggiuntive" grazie ai criteri di valutazione del Ministero in base ai quali agli Atenei migliori andrà quella "quota premiale" pari al 7% del finanziamento ordinario totale. Gianni Porzi

Menna poi, che sostenevano il contrario! Finalmente, seppur con ritardo, è stata fatta un po' di chiarezza e come avete visto è arrivata una nuova circolare, la terza in 5 mesi, che sostiene appunto che tali contratti debbano essere inviati alla Corte dei Conti.
  Nel frattempo, la selezione è già avvenuta, ma la stipula del contratto di cui tanto si è discusso è stata sospesa in attesa dell'esito del controllo della Corte dei Conti e non ritirata definitivamente".
  A proposito di bandi di selezioni di professionalità di questo tipo come anche di quella che verrà bandita per l'ufficio stampa (vedi interventi completi sul sito) Lopriore ha evidenzito che molto spesso il personale interno, seppur in possesso dei requisiti professionali del caso e pur avanzando la propria disponibilità non riescono ad accedere a tali posizioni semplicemente perchè il direttore o responsabile di struttura non concede il nulla osta. Ha chiesto che tale problema venga immediatamente risolto concedendo così al personale interno la possibilità di esprimere la propria professionalità con un conseguente risparmio anche per l'amministrazione.
  In questa vicenda un plauso di merito va dato anche a coloro che ci segnalarono l'erronea interpretazione della direzione amministrativa e che convintamente condividemmo. Ci riferiamo ai diversi colleghi che, a dispetto delle loro capacità e delle loro responsabilità, non "superano" mai le progressioni da EP"!! Chissà com'è?        AZ, FL


2. - Sul personale tecnico-amministrativo e l'Azienda Agraria (CdA del 15 Dicembre 2009)

2.1.- Personale. Due sono state le richieste rivolte al Rettore da Antonella Zago e Francesco Lopriore, rappresentanti del personale tecnico amministrativo in Consiglio di Amministrazione:
a) un semplice impegno scritto a trovare risorse per il personale tecnico amministrativo che ha visto ridursi il fondo integrativo di 1 milione di euro nel solo 2009;
b)  e una garanzia di lavoro per i dipendenti dell'azienda agraria che da molti anni vivono una situazione di drammatica precarietà: se si ammalano sono letteralmente espulsi e se piove non sono pagati.

Ci aspettavamo un segnale di apertura nei confronti del personale ma questo non solo non è avvenuto ma le motivazioni addotte dal rettore sono davvero preoccupanti. “Non sono certo di poter fare quanto mi chiedete”. Se il rettore uscente decideva da solo e snobbava spesso il Consiglio di Amministrazione, il nuovo rettore sembra non aver chiaro il suo ruolo: proporre al Consiglio la sua politica del personale e intervenire prendendosi le responsabilità in caso di carenza dei dirigenti!
Se sulle risorse la questione verrà da noi riproposta con la speranza che la decisione finale vada nel senso di un riconoscimento dello sforzo notevole che al personale amministrativo verrà chiesto nel 2010 data la riorganizzazione dell'intero ateneo sulla base della riforma Gelmini, più grave è la posizione di incertezza del Rettore sulla questione degli operai agricoli.

2.2. Azienda Agraria. La nostra richiesta infatti era semplice: in attesa di entrare nel merito della riorganizzazione della Azienda Agraria, garantire i contratti a tutti gli operai agricoli che da anni ci lavorano in attesa di definire le mosse future facendogli così passare un Natale sereno. Il rettore ha garantito il rinnovo del direttore gestionale – un esterno pagato più di 5 mila euro al mese per tre giornate lavorative a settimana - ma non si è impegnato invece sugli operai. Il direttore gestionale ha un contratto di prestatore d'opera e secondo il rettore è l'unico che può intervenire e decidere in autonomia sui contratti da rinnovare.
  Ecco cosa ci sconvolge! Come può essere che un esterno che gestisce una struttura dell'ateneo di Bologna possa decidere in autonomia il fabbisogno?
Sembra che il rettore non abbia chiaro il suo ruolo: la definizione della politica del personale compete al Consiglio di Amministrazione e nemmeno un direttore di dipartimento può autonomamente decidere chi e come assumere se non in pochissimi casi in cui le attività sono legate a dei progetti. All'Azienda Agraria invece il personale lavora con contratti che scadono ogni anno e svolge mansioni di ordinaria amministrazione. Un esempio è la manutenzione dei parchi e dei giardini dell'ateneo, funzione svolta appunto dalla sezione parchi e giardini della stessa azienda. I giardini non sono diminuiti ma sembra che ci siano dei dubbi sull'apertura di alcuni contratti di lavoro per gennaio 2010. Qualcuno perderà il posto? Chiedevamo una rassicurazione in tal senso: perchè far passare un Natale sulla graticola ad alcuni lavoratori?
   Avevamo posto la questione al rettore al momento del suo insediamento e il fatto che ancora oggi non ci sia stata risposta è grave. Comprendiamo che il timore del Rettore può essere dato anche dalle mancanze che i dirigenti del personale hanno dimostrato in questi ultimi anni nello svolgere il loro lavoro. Questi ultimi, e soprattutto l'attuale, infatti, avrebbero dovuto intervenire molto prima con una definizione giuridica della situazione e con un aggiustamento definitivo della questione. Invece se ne sono disinteressati e hanno lasciato fare al direttore esterno.
  D'altronde non ci sono sanzioni! O meglio dei lavoratori sembra che a nessuno gliene importi! Dal nuovo rettore però ci aspettavamo idee chiare e scelte radicali.
   Soprattutto quando si tratta di garantire semplicemente un Natale sereno a lavoratori che da tempo hanno garantito i servizi all'ateneo! Costa veramente poco! Le condizioni per intervenire ci sono tutte: l'azienda è una articolazione dell'università e non una azienda privata, esiste una latitanza nel dare risposte certe e risolutive da parte dell'attuale dirigente del personale e non esiste un progetto di riorganizzazione o di tagli del personale definiti dal Consiglio di Amministrazione! Il rettore secondo noi ha quindi il potere di intervenire!
Ad oggi i rapporti con i lavoratori non possono che peggiorare!                                                             AZ, FL

 


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Diffuso da AFORUM  l'andamento delle immatricolazioni
degli studenti per il 2009-10

Risultato confortante nel complesso: + 3%

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA

Nota. Unicamente per chiarezza, si fa notare che le variazioni percentuali riguardano i dati di ottobre 2009
rispetto ai dati di ottobre 2008. Il fatto di aver riportato i dati di dicembre 2008 indica solo che, probabilmente,
i dati di ottobre 2009 saranno rivisti al rialzo, a fine anno.

Immatricolazioni degli studenti

27ott.2008
(a)

31dic. 2008
(b)

27ott.2009
(c)

Variazione % (c/a)

TOTALE ATENEO "Alma Mater"

16493

17002

+3,09%

Sede Di Bologna

11815

14100

12113

+2,52%

Facolta' Di Agraria

215

251

302

+40,47%

Facolta' Di Chimica Industriale

105

111

79

-24,76%

Facolta' Di Economia

946

1130

980

+3,59%

Facolta' Di Farmacia

585

632

811

+38,63%

Facolta' Di Giurisprudenza

934

1019

1162

+24,41%

Facolta' Di Ingegneria

1775

2072

1715

-3,38%

Facolta' Di Lettere E Filosofia

2364

3049

2175

-7,99%

Facolta' Di Lingue E Letterature Straniere

825

912

842

+2,06%

Facolta' Di Medicina E Chirurgia

717

760

694

-3,21%

Facolta' Di Medicina Veterinaria

135

170

116

-14,07%

Facolta' Di Psicologia

15

51

13

-13,33%

Facolta' Di Scienze Della Formazione

909

1063

807

-11,22%

Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali

1187

1472

1129

-4,89%

Facolta' Di Scienze Motorie

217

286

189

-12,90%

Facolta' Di Scienze Politiche 966

893

749

-16,13%

Facolta' Di Scienze Statistiche

137

229

133

-2,92%

Sede Di Cesena

899

1187

924

+2,78%

Facolta' Di Agraria

109

123

105

-3,67%

Facolta' Di Architettura

136

138

117

-13,97%

Facolta' Di Medicina Veterinaria

33

37

46

+39,39%

Facolta' Di Psicologia

349

548

340

-2,58%

Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali

86

110

69

-19,77%

Seconda Facolta Di Ingegneria

186

231

247

+32,80%

Sede Di Forli’

1648

1965

1598

-3,03%

Facolta' Di Economia - Sede Di Forli'

608

741

529

-12,99%

Facolta' Di Scienze Politiche "Roberto Ruffilli" (Con Sede A Forli')

673

764

675

+0,30%

Scuola Superiore Di Lingue Moderne P.I.ET.

210

272

199

-5,24%

Seconda Fac. Di Ingegneria -Sede A Cesena

157

188

195

+24,20%

Sede Di Ravenna

753

919

839

+11,42%

Facolta' Di Chimica Industriale

14

15

29

+107,14%

Facolta' Di Conservazione Dei Beni Culturali

201

313

187

-6,97%

Facolta' Di Giurisprudenza

210

231

241

+14,76%

Facolta' Di Ingegneria

94

113

181

+92,55%

Facolta' Di Medicina E Chirurgia

142

143

141

-0,70%

Facolta' Di Scienze Mat. Fisiche E Naturali

92

104

60

-34,78%

Sede Di Rimini

1378

1572

1528

+10,89%

Facolta' Di Chimica Industriale

33

35

30

-9,09%

Facolta' Di Economia - Sede Di Rimini

460

546

501

+8,91%

Facolta' Di Farmacia

190

201

242

+27,37%

Facolta' Di Lettere E Filosofia

205

257

235

+14,63%

Facolta' Di Medicina E Chirurgia

212

212

193

-8,96%

Facolta' Di Scienze Della Formazione

128

157

180

+40,63%

Facolta' Di Scienze Motorie

101

102

90

-10,89%

Facolta' Di Scienze Statistiche

49

62

57

+16,33%

Totale Ateneo

16493

19743

17002

+3,09%

Fonte. Elaborazioni su dati AFORM dell'Ateneo di Bologna

 



EDIZIONI PRECEDENTI

 

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Il Decreto Direttoriale
del Dr. Antonello Masia

8 luglio 2009 prot. n. 82/2009

   FONDI ALLE UNIVERSITA' per totali € 63.578.634,00
(di cui € 3.707.923,00 per Bologna.   Fonte: http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7895Progra_cf2.htm)
per la programmazione delle stesse in base a indicatori di merito (D.M. Mussi n.506/ 2007)
(Fonte:http://programmazione-triennale.cineca.it/report/home_indicatori.php)

   Nell'estate il Governo ha distribuito alle università statali e non statali, ed istituti ad ordinamento speciale una quota del FFO per il 2009 (legge finanziaria 2009, tabella C e modifiche) per la programmazione e valutazione delle università in base a indicatori di merito. Questi erano stati inventati dal Ministro Fabio MUSSI nel 2007. Sono riportati qui sotto, perchè chiunque constati che si tratta di meri dati statistici, che non hanno nulla a che fare con la promozione della "meritocrazia", quella "cosa" inventata dai Cinesi per salvare il sistema comunista, dopo la rivolta di piazza Tien An Men, 1989.
   Quella "cosa", inventata da chi "crede" (come Mussi) in quel sistema, si può capire. Ma oggi c'è un Ministro "liberale"...
   E' anche colpevole presunzione credere che, da Roma, si possa regolare le Università locali, anche nelle piccole cose.  

Indicatori (o parametri) di merito del Decreto Ministeriale 18 ottobre 2007 prot. n. 506/2007, usati dal D.D. (vedi sopra) per la valutazione (ex post) dei risultati dell'attuazione dei programmi delle Università.

NOTA. Gli Indicatori sono costruiti attingendo a dati statistici degli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008. La loro esposizione, qui sotto, è in parte riscritta da noi per una facile lettura e comprensione.

A) Indicatori dell' OFFERTA FORMATIVA



 A.1*. - Rapporto tra Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale in possesso dei requisiti qualificanti attivati
)
e Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale complessivamente attivati)

- A.2* .- Rapporto tra Numero (di immatricolati ai corsi di laurea magistrale, che hanno conseguito la laurea in un altro Ateneo in un numero di anni non superiore alla durata normale delle stessa, aumentata di un anno) e Numero (di immatricolati totali ai corsi di laurea magistrale)

- A.3 - Rapporto tra Numero (di docenti di ruolo appartenenti a SSD di base e caratterizzanti i corsi di laurea e di laurea magistrale attivati) e Numero (di corsi di laurea e di laurea magistrale attivati)

B) RICERCA SCIENTIFICA
- B.1*.- Rapporto tra Numero (di professori di ruolo e di ricercatori di ruolo che hanno avuto giudizio positivo su PRIN, FAR e FIRB) e Numero (di professori di ruolo e di ricercatori di ruolo appartenenti all’Ateneo)

- B.2.- Rapporto tra Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca) e Numero (di corsi di dottorato di ricerca attivati)

- B.3 .- Rapporto tra Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca finanziate dall’esterno) e Numero (di borse di studio a concorso per il dottorato di ricerca)

- B.4  - Rapporto tra Uscite (di bilancio per la ricerca scientifica) e Numero (di professori di ruolo e di ricercatori - di ruolo, ovvero di cui all’art. 1, comma 14, della legge n. 230/2005- ).

- B.5. - Rapporto tra Entrate (di bilancio per la ricerca scientifica provenienti da entità esterne all’Ateneo) ed Entrate (di bilancio complessive per la ricerca scientifica).

C) SERVIZI A FAVORE DEGLI STUDENTI


- C.1.- Rapporto tra Numero (di studenti che abbiano acquisito almeno 50 CFU nell’a.a. t-1, iscritti al secondo anno dello stesso corso di studio nell’anno t) e Numero (di studenti immatricolati nell’anno t-1)

- C.2 .-  Rapporto tra Numero (di studenti iscritti che hanno avviato uno stage) e Numero (di studenti iscritti nell’Ateneo)

- C.3* .- Rapporto tra Numero (di laureati, che hanno svolto uno stage post-laurea (in Italia o all’estero) entro un anno dal conseguimento del titolo e Numero (di laureati)

- C.4* .- Rapporto tra Numero (di laureati dellanno t che hanno trovato lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo) e Numero (di laureati dello stesso anno)

- C.5* .- Rapporto tra Numero (di CFU acquisiti in apprendimento permanente) e Numero (di CFU acquisiti nei corsi di studio nello stesso anno)


D) PROGRAMMI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
- D.1 .- Rapporto tra Numero (di studenti iscritti, che hanno partecipato a programmi di mobilità internazionale) e Numero (di studenti iscritti nello stesso anno)

- D.2 .- Rapporto tra Numero (di studenti stranieri iscritti ai corsi di laurea magistrale) e Numero (di studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale)

- B.3 .- Rapporto tra Numero (di studenti stranieri iscritti ai corsi di dottorato) e Numero (di studenti iscritti ai corsi di dottorato)

- B.4 .- Rapporto tra Entrate (di bilancio acquisite mediante contratti/convenzioni con agenzie e enti, esteri e internazionali) ed Entrate di bilancio (complessive, al netto di quelle in conto capitale e per partite di giro)

E) DATI RELATIVI AL PERSONALE, IVI COMPRESO IL RICORSO ALLA  MOBILITA'

- E.1 .- Rapporto tra Costo (del personale di ruolo e non) ed Entrate (di bilancio complessive, al netto di quelle in conto capitale e per partite di giro)

- E.2 .- Rapporto tra Punti organico (utilizzati per l’assunzione di professori ordinari e associati dall’Ateneo, precedentemente non appartenenti allo stesso Ateneo) e Punti organico (complessivamente utilizzati dall’Ateneo)

- E.3.- Rapporto tra Punti organico (destinati a Facoltà con rapporto studenti/docenti di ruolo superiore alla mediana nazionale) e Punti organico (complessivamente destinati per il personale dell’Ateneo

- E.4 - Rapporto tra Punti organico (utilizzati per l’assunzione di ricercatori) e Punti organico (utilizzati complessivamente.)

* Indicatore non calcolato, perché i dati sono parzialmente disponibili o totalmente indisponibili.
Nino Luciani, Indicatori di risultato ?
E se, invece, si ripartisse dalla legge Ruberti del 1989, pur se da adeguare ai tempi ?

1.- Dubbi sull'efficacia degli indicatori. Pur ipotizzando a-priori, come adeguati, questi indicatori, viene istintivo domandarsi se essi sono idonei a promuovere il "buongoverno".
  a1) Per l'indicatore A.1, la risposta può essere SI', ma va fatta una distinzione da caso a caso. In una università nascente, in un'area depressa, è necessaria una tolleranza per un determinato numero di anni, finchè essa prenda piede.
  Inoltre, dal punto di vista del bilancio pubblico, c'è anche il costo del trasporto (se le sedi sono molte nel territorio, i costi di trasporto pubblico sono bassi; se le sedi sono poche, i costi di trasporto sono alti).
  a2) Questo indicatore non è modificabile dai comportamenti di un Ateneo;
.....
.....
c1) Questo indicatore può valere per promuovere comportamenti virtuosi, ma anche il contrario (es.: promuovere tutti gli studenti, anche i non meritevoli, per ottenere maggiori finanziamenti).
....
....
2.- Altro tipo di osservazioni. I dati statistici utilizzati per costruire gli indicatori, a volte sono relativi a vari anni addietro, a volte sono incompleti, altre volte non esistono. Purtroppo questo è il destino delle strutture pubbliche: serve incentivare il merito, ma i meccanismi premiali non possono funzionare.
  E' permesso ricordare che l'Unione Sovietica è crollata largamente per la difficoltà di guidare le strutture produttive in base a criteri economici ? E' permesso ricordare che la ritrovata "meritocrazia cinese" è fondata sul "socialismo di mercato, vale dire facendo regolare le imprese pubbliche con i prezzi di mercato ?
  Nelle strutture pubbliche gli indicatori statistici vanno utilizzati come  "ultima spiaggia", quando non c’è nessun indicatore di merito, a cui attaccarsi per incentivare risultati virtuosi. E questo è il caso (più frequente) della Pubblica Amministrazione, i cui servizi sono ad utilità "totalmente indivisibile".
   Invece, nel caso dell'università, è possibile applicare il criterio del beneficio (tipico del mercato), perché l’insegnamento universitario ha una utilità "parzialmente divisibile". In questo senso è possibile applicare il criterio del beneficio: vale dire un prezzo (pro quota "parte divisibile") ai richiedenti il servizio e, invece, il finanziamento statale, per la restante parte "indivisibile" ( ossia a "utilità pubblica").

  Ma, occorre farlo cum grano salis, perchè c'è di mezzo il diritto allo studio. Vediamo poi.

   4.- Legge Ruberti n. 168/1987, art. 7. Direi che questa legge abbia dato l'autonomia finanziaria, salvaguardando (sia pur in parte) il criterio del beneficio. Più tardi, non sarà più così. Vediamo:
 a)  L'art. 7 disponeva che le entrate delle università siano "trasferimenti dello Stato" e "contributi obbligatori nei limiti della normativa vigente".
   Per trovare questi limiti occorre risalire alla legge 1551/1951 (una curiosità: fu firmata da A. De Gasperi).
b)  La Legge 1551/1951 dispone:
 1. - il contributo statale alle università (art. 1), da ripartire (si noti bene) "tenendo presenti principalmente il numero delle facoltà e degli studenti, il tipo delle facoltà, lo stato delle attrezzature scientifiche, le necessità dell'assistenza agli studenti."
 2. - le tasse, sopratasse, contributi, diritti di segreteria degli studenti, fissate dalla legge;
 3. - che il CdA delle Università possa istituire:
  - un contributo integrativo unico studentesco per 3 anni (art. 8);

  - speciali contributi studenteschi per biblioteche e per ogni istituto scientifico, destinati a spese di laboratorio, di esercitazioni e di riscaldamento (art. 11);
  - contributi fino alla misura di lire 1000 per ciascuno studente in corso e fuori corso, per le attività assistenziali e sportive delle organizzazioni rappresentative studentesche;
  - un contributo suppletivo (pari al 30% della tassa annuale di iscrizione) per gli gli studenti appartenenti a famiglie che dispongano di un reddito complessivo annuo superiore a tre milioni di lire. 

 5.- Legge 537/1993.  Dopo Ruberti, come novità viene istituito il FFO, "nel quale sono comprese una quota base (da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993), e una quota di riequilibrio, da ripartirsi sulla base di criteri relativi a standard dei costi di produzione per studente e agli obiettivi di qualificazione della ricerca, tenuto conto delle dimensioni e condizioni ambientali e strutturali".
  La genericità della legge fu eccessiva. Inizierà da qui l'arbitrio dei vari governi, e la graduale deresponsabilizzazione sia del Governo sia delle Università e di conseguenza saranno necessari nuovi correttivi con legge 306.

6.- La successiva Legge 306/1997 dispone:
- art. 2.  "I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonchè sulla base della specificità del percorso formativo";
 - purchè (art.3) "secondo criteri di equità e solidarietà" e comunque (art. 5) "la contribuzione studentesca non può eccedere il 20% del finanziamento ordinario annuale dello Stato".
  Segue la legge 449/1997, con limite anche dal lato spesa: (art. 5) "Le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle università statali non possono eccedere il 90 per cento del fondo per il finanziamento ordinario";
  e seguirà tutto il resto ...., più tardi, finchè si arriverà alla meritocrazia cinese attuale, da cui abbiamo preso le mosse in questo commento.

 5.- Conclusione: la retta via finanziaria. Direi che sia da reintrodurre la legge Ruberti, salvo adeguamenti al tempo.
  Precisamente andrebbe separata l’amministrazione locale (da far regolare con criteri aziendali), dal diritto allo studio (da caricare sullo Stato, che lo gestisce in modo diretto). Di conseguenza:
 1) le università delibererebbero liberamente i contributi studenteschi, fermo rigorosamente il pareggio del bilancio;
 2) il FFO andrebbe ripartito tra le università in base al numero degli studenti, moltiplicato il costo standard per studente.
   Metterei il solo vincolo che il numero degli studenti per insegnamento non possa superare un determinato numero (es. 60 studenti per le materie umanistiche; 30 per le materie associate a prove di laboratorio);
  4) lo Stato dovrebbe erogare direttamente borse di studio o bonus università, differenziatamente per studente in base al merito e al bisogno. Nino Luciani

P.S.- Quanto sopra riguarda solo la parte finanziaria. Le grandi regole per il controllo di qualità del processo e del prodotto (didattica, concorsi, …) dovrebbero restare prerogative centralizzate

 

Disegno di legge quadro (informale del Miur) in materia di organi di governo, organizzazione e qualità del sistema universitario, riordino del reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari e delega sul diritto allo studio
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TESTO ORIGINALE


EMENDAMENTI proposti dal prof. Nino Luciani, ord. di Scienza delle Finanze nell’Università di Bologna, già membro del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico Integrato dell'Univ. di Bologna.
TITOLO I Nuovo testo, risultante, dopo gli emendamenti
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO  
Articolo 1  
   
Autonomia e responsabilità delle università  
1. Le università sono sede della libera formazione e della trasmissione critica dei saperi, coniugano in modo organico ricerca e didattica avanzata e continuata e operano per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica. 1. Le università sono sede della libera formazione e della trasmissione critica dei saperi, coniugano in modo organico ricerca e didattica avanzata e continuata e operano per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.
2. In attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità. 2. In attuazione dell'articolo 33 della Costituzione ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità.
  Lo Stato finanzia la gestione corrente delle Università in base a piani decennali, nei quali sono concordate le prestazioni, richieste, di ricerca e di didattica a favore dello Stato e, per esso, agli studenti.
  L’applicazione dei criteri, di cui ai commi precedenti, è subordinata all’accreditamento delle Università medesime presso lo Stato.
  L’accreditamento avviene sulla base della verifica dei requisiti tecnici standard delle Università circa la dimensione, in termini di numero di studenti, e di organico del personale docente, tecnico e amministrativo.
  Fermo quanto previsto dall'art. 3 e, tenuto conto della legge vigente  (sui Megatanei …), le università con un numero di studenti superiore a 40.000 dovranno essere frazionate.
  Le Facoltà con un numero di studenti superiore a 7.000 devono essere frazionate.
  Sono ammesse temporaneamente università con un numero di studenti inferiore ad un determinato standard,  se esse sono riconosciuto dallo Stati come università regionali, e comunque per una durata non superiore ad un determinato tempo (20 anni ?)
  Il finanziamento statale in conto corrente delle Università avviene in rapporto al numero degli studenti differenziamente tra università umanistiche e università scientifiche, e tuttavia previa verifica dei requisiti tecnici dei corsi di studio, i cui insegnamenti non potranno avere, singolarmente, un numero di studenti superiore ad un determinato minimo e massimo, e differenziatamente tra insegnamenti tecnici ed insegnamenti umanistici, e con ulteriori eccezioni relative agli insegnamenti di importanza strategica nazionale.
Sono abrogate le norme vigenti sul riparto del FFO in base a parametri multipli differenziati.
  Le Università operano sulla base di programmi annuali e decennali.
  Esse sono tenute al pareggio del bilancio. Sono abrogate le norme che pongono limiti alla discrezionalità di spesa delle università, ad eccezione di quelle relative ai finanziamenti statali e destinazione vincolata.
  Le Università sono dotate di finanziamenti costituiti:
  - dal finanziamento statale in conto corrente, proporzionato al numero degli studenti;
  - da prestiti statali di medio-lungo termine, in relazione a investimenti. In ogni caso l’ammontare dei prestiti non può superare una somma tale per cui la somma degli interessi superi il 25% del finanziamento statale della gestione corrente;
  - dai contributi studenteschi, determinati liberamente, e comunque col vincolo che essi non superino il 30% della spesa corrente, tenuto conto delle norme sul diritto allo studio, di cui al comma 3;
  - da altre entrate provenienti da privati e da enti pubblici a titolo di liberalità o controprestazioni di servizi (insegnamenti, ricerca scientifica, altri servizi).
3. Al fine di rimuovere le barriere di accesso all’istruzione universitaria degli studenti meritevoli e privi di mezzi il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministero", attua e monitora specifici programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio. 3. Al fine di rimuovere le barriere di accesso all’istruzione universitaria degli studenti meritevoli e privi di mezzi il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministero", attua e monitora specifici programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio.
Lo Stato finanzia il diritto allo studio con rapporto diretto con gli studenti, tenuto conto del bisogno e del merito.
Il finanziamento avviene sotto forma di borse di studio e di “buoni università” spendibili per le iscrizioni ai corsi di laurea triennale e magistrale, presso le università da loro scelte liberamente.
Sono abrogate le norme sul diritto allo studio di competenza delle università.
   
4. Il Ministero fissa obiettivi e indirizzi strategici per il sistema universitario e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche in riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai risultati. 4. Il Ministero, una volta fissa fissati, ai sensi del comma 2,  gli obiettivi e indirizzi strategici per il sistema universitario e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche in riferimento alle migliori pratiche diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli indirizzi e ai risultati.
   
Articolo 2 Articolo 2
   
Organi di governo delle università  
   
1. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge a modificare i propri statuti ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi: 1. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge a modificare i propri statuti ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
   
a) adozione di un codice etico anche al fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle; a) adozione di un codice etico anche al fine di individuare le situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle;
   
b) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa, di coordinamento; della responsabilità primaria nell’attuazione di tutte le attività istituzionali dell’ateneo e delle delibere del consiglio di amministrazione secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare attuazione al documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e successive modificazioni e del bilancio di previsione annuale; di tutte le funzioni non espressamente attribuite ad altri organi; b1) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa, di coordinamento; della responsabilità primaria nell’attuazione di tutte le attività istituzionali dell’ateneo e delle delibere del consiglio di amministrazione secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; del compito di proporre e dare attuazione al documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto legge del 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni nella legge n. 43 del 2005 e successive modificazioni e del bilancio di previsione annuale; di tutte le funzioni non espressamente attribuite ad altri organi;
  b2) E’ ammesso il voto di sfiducia al Rettore, da parte del Senato o del Consiglio di Amministrazione, in caso di inadempienza esecutiva delle delibere per oltre 3 mesi dalla delibera, o di inottemperanze gravi allo statuto, o di indignità morale.
  Il voto avviene in base a mozione sottoscritta da almeno un terzo dei componenti.
   
  b2) Nelle università con più di 10.000 studenti, è istituita obbligatoriamente una Giunta di Pro-Rettori, scelti dal Rettore tra persone competenti, anche esterne all’università, con delega per determinati settori amministrativi, in rapporto a corrispondenti dirigenti dell’Amministrazione.
   
c) determinazione delle modalità di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in servizio presso qualunque università italiana, o di livello equipollente in una università straniera, in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; c1) determinazione delle modalità di elezione con voto ponderato del rettore tra i professori ordinari in servizio presso qualunque università italiana, o di livello equipollente in una università straniera, in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali;
  sono candidabili a Rettore i professori ordinari, anche di altro ateneo, che ottengono la designazione, con voto a maggioranza, di almeno tre facoltà locali;
  c2) le elezioni avvengono in tre turni:
  - è eletto al primo turno chi consegue la maggioranza assoluta degli aventi diritto
  - al secondo turno si vota tra i primi tre più votati;
  - al terzo turno avviene il ballottaggio tra i primi due;
  c3) l’elettorato attivo è attribuito ai Ricercatori a tempo indeterminato, ai professori di ruolo, agli studenti eletti come rappresentanti degli studenti nei consigli di facoltà, al personale tecnico e amministrativo per una quota del 10% del numero totale dei professori e ricercatori a tempo indeterminato.
   
d) durata della carica di rettore per non più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile; d) durata della carica di rettore per non più di due mandati ed un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile;
   
e) attribuzione al senato accademico, costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo non superiore a 35 unità, compresi il rettore e una rappresentanza degli studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n); e) attribuzione al senato accademico, costituito per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università, e comunque da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo non superiore a 35 unità, più compresi il rettore e il Presidente del Consiglio Studentesco, di cui al comma h2 una rappresentanza del gli studenti, della competenza a formulare indirizzi e pareri in materia di didattica e di ricerca, ad approvare i regolamenti ad esse relativi previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le scuole di cui alla lettera n);
  i professori di ruolo sono eletti dal corpo docente, metà tra i presidi e metà tra i direttori di dipartimento in carica o già in carica, sulla base di liste concorrenti. In ogni lista dovrà esserci almeno un candidato afferente ad una delle aree scientifiche dell’Ateneo, come indicate nello Statuto.
  Sono eletti i candidati delle prime due liste, per ordine di voti riportati.
  E’ ammesso un solo voto di preferenza.
  Il Senato è presieduto dal rettore.
  I membri del Senato hanno accesso agli atti amministrativi, in relazione all’oggetto delle delibere.
  Gli ordini del giorno sono inviati almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e il giorno della riunione.
  Di norma gli atti sono istruiti da Commissioni, composte pariteticamente da membri del Senato e del Consiglio di Amministrazione, prima di essere proposti per la delibera del Senato e del Consiglio di Amministrazione..
  Allo scopo di impedire il voto di scambio, la delibera relativa ai corsi di studio o alla istituzione di Facoltà e Dipartimenti, deve aver luogo separatamente per corso di studio, pena la loro nullità.
   
f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria e contabile, di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della competenza a nominare, su proposta del rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e sedi, ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a deliberare il conto consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera b); f) attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione economica, finanziaria e contabile, di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività istituzionali e di controllo; della competenza a nominare, su proposta del rettore, il personale docente e tecnico-amministrativo, ad attivare corsi e sedi, ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, a deliberare il conto consuntivo e, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera b);
   
g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, compresi il rettore membro di diritto ed una rappresentanza degli studenti; previsione che i restanti componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto, anche a seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovate competenze in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello; previsione della non appartenenza di almeno il 40 per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la durata dell’incarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del consiglio di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due terzi degli aventi diritto; g) composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici 32 componenti, più compresi il rettore membro di diritto ed una rappresentanza degli studenti;

previsione che il Presidente del Consiglio di Amministrazione, sia eletto dal Consiglio, tra i propri membri, persone diverse dal Rettore

 

 

 

  previsione che una parte dei restanti componenti siano designati o prescelti secondo modalità previste dallo statuto, anche a seguito di avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovate competenze in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello;
  previsione che detti restanti componenti siano designati dagli enti finanziatori dell’Università, con elezioni in collegio unico;
  previsione della non appartenenza di non più del 70% almeno il 40 per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione, per tutta la durata dell’incarico e nei tre anni successivi; previsione che il presidente del consiglio di amministrazione sia eletto dal consiglio a maggioranza qualificata di due terzi degli aventi diritto;
  I membri interni, sono eletti per liste concorrenti, separatamente per aree di competenza tecnica. Sono eletti i candidati, con più preferenze, della prima lista, per ordine di voti riportati.
  E’ ammesso un solo voto di preferenza.
  I membri del Consiglio hanno accesso agli atti amministrativi, in relazione all’oggetto delle delibere.
  Gli ordini del giorno sono inviati almeno 7 giorni prima delle riunioni, escluso il giorno di invio e il giorno della riunione.
  Di norma gli atti sono istruiti da Commissioni, prima di essere proposti per la delibera del Consiglio.
   
h) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola volta; h1) durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni e rinnovabilità del mandato per una sola volta;
  h2) E' istituito il Consiglio studentesco, composta da due studenti per ognuna delle Facoltà.
L'elezione avviene, con unica lista di candidati proposti da almeno 5 presentatori, in ogni Facoltà. E' ammesso un solo voto di preferenza. Sono eletti i primi due più votati.
Il CS esprime parere obbligatorio, ma non vincolante, sugli argomenti di rilevanza didattica di maggior rilevanza, prederminato dal Senato, e sui contributi studenteschi;
i) divieto per i componenti del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e limitatamente al senato accademico, di ricoprire altre cariche accademiche; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali o non statali; previsione di una clausola di decadenza per i consiglieri che non partecipano con la dovuta continuità alle sedute del consiglio; i) divieto per i componenti del consiglio di amministrazione, fatta eccezione per il rettore e limitatamente al senato accademico, di ricoprire altre cariche accademiche; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali o non statali; previsione di una clausola di decadenza per i consiglieri che non partecipano con la dovuta continuità alle sedute del consiglio;
   
j) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale, titolare di incarico conferito dal consiglio d’amministrazione su proposta del rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità ai parametri fissati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione, in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico non appartenente al ruolo dell’ateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al direttore generale della gestione e dell’organizzazione complessiva dei servizi e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; prevision j1) sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale, titolare di incarico conferito dal consiglio d’amministrazione su proposta del rettore e regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità ai parametri fissati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato "Ministro", di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione, in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico non appartenente al ruolo dell’ateneo, del collocamento in aspettativa del medesimo senza assegni per tutta la durata del contratto; attribuzione al direttore generale della gestione e dell’organizzazione complessiva dei servizi e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; previsio
  j2) Gli atti sottoposti, per la firma, al Rettore e ai Pro-Rettori, se istituiti, portano la firma preventiva del dirigente di competenza dell’Amministrazione, che ne assume la responsabilità personale circa la loro conformità alle leggi, allo statuto e alle norme amministrative dell’Ateneo.
  Analoga disposizione si applica nelle altre strutture di inferiore livello.
  J3) In seguito alla elezione del Rettore i dirigenti amministrativi decadono. Il nuovo Rettore decide entro 3 mesi dalla elezione, circa la loro conferma
   
k) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto dall’università tra dirigenti e funzionari Ministro dell’economia e delle finanze ed uno effettivo e uno supplente tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del loro mandato per una sola volta; previsione che l’incarico di revisore non può essere ricoperto da personale dipendente della medesima università; k) composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di cinque membri di cui tre effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto dall’università tra dirigenti e funzionari Ministro dell’economia e delle finanze ed uno effettivo e uno supplente tra i dirigenti del Ministero; rinnovabilità del loro mandato per una sola volta; previsione che l’incarico di revisore non può essere ricoperto da personale dipendente della medesima università;
   
l) composizione del nucleo di valutazione con numero di componenti in prevalenza esterni all’ateneo; attribuzione al nucleo di valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia dell’offerta didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento di cui all’articolo 7; l) composizione del nucleo di valutazione con numero di componenti in prevalenza esterni all’ateneo; attribuzione al nucleo di valutazione del compito di verificare la qualità e l'efficacia dell’offerta didattica tenuto anche conto degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, anche ai fini delle procedure di accreditamento di cui all’articolo 7;
   
m) riorganizzazione e semplificazione della articolazione interna degli atenei, con contestuale attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie; m) riorganizzazione e semplificazione della articolazione interna degli atenei, con contestuale attribuzione al dipartimento delle responsabilità e delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie;
   
n) facoltà di istituire tra un congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità o complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione denominate "scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione delle attività e dei servizi comuni, promuovono l’attivazione dei corsi di studio e ne coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato; n) facoltà di istituire tra un congruo numero di dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità o complementarietà disciplinare, ampie strutture di raccordo e supervisione denominate "scuole" che svolgono compiti di supervisione e razionalizzazione delle attività e dei servizi comuni, promuovono l’attivazione dei corsi di studio e ne coordinano il funzionamento e coordinano le proposte in materia di personale docente formulate dai dipartimenti in coerenza con la programmazione strategica di cui alla lettera b); il numero complessivo di tali strutture è proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e in ogni caso non superiore a otto ovvero dodici nel caso di università con oltre tremila professori e ricercatori di ruolo a tempo indeterminato;
   
o) afferenza dei corsi di laurea e laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e contabile, al dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di base e caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al corso di prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei corsi a prevalente carattere interdisciplinare; o) afferenza dei corsi di laurea e laurea magistrale, anche ai fini della gestione amministrativa e contabile, al dipartimento i cui docenti svolgono la maggior parte degli insegnamenti di base e caratterizzanti del corso, garantendo in ogni caso a tutti i docenti afferenti al corso di prendere parte alle deliberazioni ad esso relative; afferenza alle scuole dei corsi a prevalente carattere interdisciplinare;
   
p) individuazione dell’organo deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei coordinatori dei corsi di studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico di presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio o di dottorato; p) individuazione dell’organo deliberante delle scuole, ove istituite, in un collegio composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da una rappresentanza dei coordinatori dei corsi di studio e di dottorato che vi afferiscono e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente del collegio ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dal collegio stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; previsione della durata triennale della carica, della rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico di presidente di scuola con le funzioni di presidente di scuola, direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio o di dottorato;
   
q) facoltà, per le università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato inferiore a cinquecento unità, di individuare una articolazione organizzativa interna semplificata cui attribuire unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p); q) facoltà, per le università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato inferiore a cinquecento unità, di individuare una articolazione organizzativa interna semplificata cui attribuire unitariamente le funzioni di cui alle lettere n), o) e p);
   
r) previsione dell'istituzione in ciascun dipartimento di una commissione paritetica docentistudenti per l’assicurazione della qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il proprio parere sull’attivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati della stessa; r) previsione dell'istituzione in ciascuna Facoltà dipartimento di una commissione paritetica docenti studenti per l’assicurazione della qualità della didattica, con la competenza ad esprimere il proprio parere sull’attivazione di nuovi corsi di studio, svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa e contribuire alla valutazione dei risultati della stessa;
   
s) previsione di principi a tutela della rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di coordinamento delle rappresentanze studentesche; s) previsione di principi a tutela della rappresentanza studentesca, ivi inclusa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti; previsione della facoltà di attivare organi di coordinamento delle rappresentanze studentesche;
   
t) previsione che le ulteriori modifiche dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma 3. t) previsione che le ulteriori modifiche dello statuto siano adottate con le procedure di cui al comma 3.
   
2. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i), j), k), l), e s). 2. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), d), f), g), h), i), j), k), l), e s).
   
3. Il testo contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo composto da non più di 15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente, designati pariteticamente dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione, inclusa una rappresentanza degli studenti, e adottato con delibera del senato accademico e del consiglio di amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. 3. Il testo contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 1 e 2 è predisposto da apposito organo composto da non più di 15 membri, incluso il rettore con funzioni di presidente, designati pariteticamente dal senato accademico e dal consiglio di amministrazione, inclusa una rappresentanza degli studenti, e adottato con delibera del senato accademico e del consiglio di amministrazione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
   
4. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 1 il Ministero assegna all’università interessata un congruo termine per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da presidente e due membri in possesso di adeguate competenze professionali, con il compito di predisporre le opportune modifiche statutarie da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione spetta esclusivamente il rimborso delle spese di missione con onere a carico dell’apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero. 4. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 1 il Ministero assegna all’università interessata un congruo termine per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce una commissione composta da presidente e due membri in possesso di adeguate competenze professionali, con il compito di predisporre le opportune modifiche statutarie da sottoporre alla successiva approvazione ministeriale ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989. Ai componenti della commissione spetta esclusivamente il rimborso delle spese di missione con onere a carico dell’apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero.
   
5. Al fine di sviluppare un organico ed efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati alla valorizzazione della qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo delle risorse e dell’adesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i principi ed i criteri per l’istituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e delle relative scuole. 5. Al fine di sviluppare un organico ed efficiente sistema nazionale di dottorati di ricerca improntati alla valorizzazione della qualità e del merito secondo criteri di un ottimale utilizzo delle risorse e dell’adesione alle migliori pratiche internazionali, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 sono definiti, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, i principi ed i criteri per l’istituzione e la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e delle relative scuole.
   
6. Entro 120 giorni dall’entrata un vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto previsto alla lettera q) del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti assicurando che a ciascun dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a tempo indeterminato non inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori di cui all’articolo 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei. 6. Entro 120 giorni dall’entrata un vigore della presente legge le università, fatto salvo quanto previsto alla lettera q) del comma 1, provvedono a riorganizzare i dipartimenti assicurando che a ciascun dipartimento afferisca un numero di professori e ricercatori a tempo indeterminato non inferiore a 30, ovvero 40 nelle università con un organico di professori e ricercatori a tempo indeterminato superiore a mille unità, e di ricercatori di cui all’articolo 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei.
   
7. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse statali. 7. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al comma 1 rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse statali.
  Allo scopo di impedire il voto di scambio, le delibere degli organi collegiali di ogni livello, relative alla istituzione di insegnamenti e corsi di studio devono aver luogo con votazione separata per ognuno di essi, pena la loro nullità.
   
Articolo 3 Articolo 3
   
Fusione e aggregazione federativa degli atenei Fusione e aggregazione federativa degli atenei
   
1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse due o più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività, in strutture federative sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e l’indicazione della procedura da seguire per l’adozione dello statuto della struttura federativa e le modifiche da apportare ai rispettivi statuti in conformità a principi di semplificazione, trasparenza ed efficienza. Il progetto dà conto altresì della compatibilità finanziaria della fusione ovvero dell’aggregazione. 1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse due o più università possono fondersi, ovvero aggregarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività, in strutture federative sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi e l’indicazione della procedura da seguire per l’adozione dello statuto della struttura federativa e le modifiche da apportare ai rispettivi statuti in conformità a principi di semplificazione, trasparenza ed efficienza. Il progetto dà conto altresì della compatibilità finanziaria della fusione ovvero dell’aggregazione.
  La forma federativa si intende relativa alla amministrazione, non alla struttura didattica dell’Ateneo che, invece, va impostata unitariamente.
   
2. Il progetto di cui al comma 1, approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di ognuno degli atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto all’esame del Ministero, il quale, acquisito il parere dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di fusione ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti finanziari e di personale. 2. Il progetto di cui al comma 1, approvato, su proposta del rettore, dal consiglio di amministrazione di ognuno degli atenei interessati, sentito il rispettivo senato accademico, è sottoposto all’esame del Ministero, il quale, acquisito il parere dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), emana il decreto di fusione ovvero di aggregazione federativa, che dispone altresì in merito ai trasferimenti finanziari e di personale.
   

 


ELEZIONI DEL RETTORE

Sempre più insistenti le voci che "parti politiche" premerebbero su Calzolari in favore di Ivano DIONIGI
rettore. Come è tradizione di questo sito, da sempre riteniamo che i partiti politici e le varie "chiese"
devono rimanere fuori dall'università. L'art. 33 della Costituzione lo obbliga. Gli elettori hanno questo diritto
e si ricordino che, in termini di forza elettorale, il favore di un rettore in scadenza vale "meno di zero".

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Giorgio Cantelli Forti

Proseguiamo la rassegna dei programmi dei Candidati

Giorgio CANTELLI FORTI

versus

   Ivano DIONIGI

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Ivano Dionigi


Nino Luciani, Un breve identikit dei due

Giorgio Cantelli Forti ( 65 anni) è discontinuo rispetto all'attuale gestione dell'ateneo (l'abbiamo visto nelle battaglie in Consiglio di Amministrazione). Farmacologo e tossicologo. Ha esperienza di preside (Farmacia), è presidente del Polo di Rimini, e ha anche navigato in ambienti europei. E' uomo dal piglio manageriale e con le spalle grosse per affrontare problemi importanti e difficili.
  Punta al ripristino della legalità nel governo dell'ateneo.
  In primo luogo, perchè sia dei professori la guida della politica universitaria, e dei Dirigenti amministrativi la sua attuazione. In questo senso è per lui prioritara la riforma dello Statuto, in senso democratico: con un rettore "primus inter pares" e una squadra omogenea e con competenze ben definite e ci sia, sull'Esecutivo, il controllo democratico del Consiglio di Amm.ne e del Senato, mancato finora.
  In secondo luogo, perchè siano applicate fedelmente le leggi, in quanto il rispetto delle leggi è l'imprinting educativo, con cui i giovani devono uscire dall'università.
  In punti qualificanti del suo programma (da lui proposto in ordine di priorità) sono: 1. - La governance di un Ateneo policentrico .2.- Personale Docente e Ricercatore 3.- Gli Studenti e la didattica .4.- La ricerca .5.-Personale Tecnico e Amministrativo .6.- Internazionalizzazione .7.- Risorse e bilancio. 8. - Edilizia. 9. - Proposta di una nuova organizzazione dei servizi dell'ateneo. 10.- Università e città: rinnovare un rapporto.
   Ha manifestato prudenza nell'abolire di colpo il biennio (dopo i 70 anni), senza prima aver verificato la possibilità della sostituzione con nuove assunzioni.
  La priorità data alla riforma dello statuto rivela la sua consapevolezza che l'Ateneo è maturo per una governance democratica, che metta fine all'epoca dei Rettori con i "pieni poteri". Del resto la rivolta contro Fabio Roversi Monaco, sul finire del suo mandato, (ben lungi dall'oscurarne l'immensa opera) fu semplicemente la domanda della Comunità scientifica di partecipare alla sua gestione e di controllarlo.  Per questo (all'ultimo) sono stato fra quelli che, pur avendolo avversato lungamente per i metodi, gli avevano votato la proroga, pensandolo deciso a modificare lo Statuto. Ma non andò così, perchè il successivo CdA era risultato controllato dai rivoltosi. Alla fine del mandato, lo statuto di Roversi  risulterà in qualche modo sfasato rispetto ai tempi, e c'era l'aggravante che egli stava per consegnare al successore una macchina (lo statuto) di forza superiore alla "patente" in suo possesso (e che, anzi, si era impegnato a modificare, ma poi ... senza mantenere l'impegno, finendo per mandare in bestia Paolo Pombeni..., il cui progetto chiuse in un cassetto).
   Ivano Dionigi ( 62 anni) è continuo all'attuale rettore. Non ha esperienza di preside. Latinista. Inizia la sua carriera  politica in modo organico nel PCI e poi nel PDS (ma questo non va letto per forza come una cosa negativa), ed è membro del Comitato scientifico dell'Istituto Gramsci.
  Nonostante la lunga presenza negli Organi (Consiglio di Amm.ne e Senato, Direttore del Collegio dei Direttori di Dipartimento), appare più uomo di interessi culturali e filosofici, che uomo con capacità operativa di amministratore della cosa pubblica.
  Ha partecipato alla casta che portò al potere Calzolari, in opposizione a Fabio Roversi Monaco, ma con un affondo eccessivo (da cui mi distaccai alla fine del suo mandato), volto ad oscurare d'emblé la figura storica del grande Rettore.
  I punti qualificanti del programma (da lui proposto in ordine alfabetivo) sono: 1.- Amministrazione ". 2.- Didattica e Formazione " .3.- Dottorato di Ricerca ". 4.- Edilizia ". 5.- Facoltà Medica " .6.- Internazionalizzazione ". 7.- Multicampus " .8.- Programmazione ruoli " .9.- Questione studentesca ". 10.- Ricerca e Trasferimento tecnologico .11.- Risorse ". 12.- Statuto ".

  Nel suo programma, la priorità è l'Amministrazione, mentre la riforma dello Statuto è "davvero" al dodicesimo posto (l'ultimo), pur se sotto il velo dell'alfabeto.
  Il fatto che l'Amministrazione sia al primo posto non è, per se stesso, un punto di demerito, se non fosse che in questi anni abbiamo troppo sofferto di dittatura della burocrazia.
  E' coerente, con questa priorità, il fatto che la riforma dello Statuto sia il dodicesimo dei suoi pensieri. E siccome un uomo normale non può reggere da solo il peso di un ateneo grande come quello di Bologna, ecco spiegato perchè la Amministrazione occupa il primo posto nel suo programma.
Se ne trae l'immagine di un promesso rettore, all'insegna gattopardesca che "tutto cambi perchè nulla cambi". 
  Ma, fino al ''700, non facendo nulla, tutto sarebbe rimasto come prima. Non così nel 2000, e lo vediamo da Calzolari che, non avendo fatto nulla, ci lascia un ateneo con 20.000 studenti in meno.
  E adesso, dandosi egli da fare per garantire continuità alla sua linea e al suo gruppo, finirà per non farsi neppure ringraziare, un atto che formalmente sarebbe dovuto a chiunque ha lavorato dando quello che ha potuto.

I  PROGRAMMI  DEI   DUE  CANDIDATI

Per una visione dei programmi in originale, si vegga:


Giorgio CANTELLI FORTI

Programma ripreso da:
http://www.cantelliforti.it/

 


Ivano DIONIGI
Programma ripreso da:
http://www.ivanodionigi.it/

 


Elezioni del Rettore -  Notizie sui candidati

Il prof. Giuseppe Sassatelli, archeologo, già Preside:
apertamente "discontinuo", analitico, metodico, testardo quanto serve

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Dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, abbiamo ripescato
una vecchia Delega al Preside SASSATELLI perchè
ne rappresentasse i problemi al candidato rettore di allora

Si direbbe che, adesso, la Delega impegni Lui oggettivamente
, quale candidato a rettore

Qui sotto: il DOCUMENTO di delega approvato
all'unanimità dal Consiglio di Facoltà - 15 feb 2005

Sotto, anche la lettera di Lui al corpo accademico
dell'
Ateneo per comunicare la propria candidatura a Rettore

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Giuseppe Sassatelli

I punti del Documento della Facoltà di LF
1. La ricerca
2. La didattica
3. Gli spazi
4. Gli Organici.
5. Il governo dell'Ateneo
6. Ulteriori Riflessioni:
   a) I Dipartimenti
   b) L'Ateneo e la sua organizzazione
   c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo
   d) I rapporti con le sedi decentrate
       della Romagna

1. La ricerca.  Molti segnali, specie in questi ultimi tempi anche sull'onda di una discutibile politica nazionale, vanno nella direzione di un progressivo ridimensionamento del ruolo e dell'importanza della ricerca che si svolge all'interno della nostra Facoltà e della nostra area. Alla ricerca di ambito umanistico non viene di fatto riconosciuta pari dignità rispetto a quella delle altre aree dell'Ateneo e di conseguenza essa non viene adeguatamente sostenuta sul piano finanziario e delle attrezzature, con la conseguente difficoltà di mantenere i livelli di eccellenza che essa ha raggiunto in molti settori e che le sono ampiamente riconosciuti, anche sul piano internazionale. Occorre trovare meccanismi attraverso i quali la nostra ricerca, le sue strutture organizzative (Dipartimenti, Dottorati, Assegni ecc.), i suoi laboratori (Biblioteche in primo luogo, ma anche altre strutture laboratoriali di alta qualità), i suoi canali di finanziamento (progetti pluriennali, medie attrezzature, 60% e 40%, ed altro) non vengano continuamente messi in discussione e di fatto penalizzati. Fatte salve le peculiarità e le diversità delle singole aree e dei relativi costi, è necessario che si riconosca alla nostra ricerca il ruolo e il peso che essa effettivamente ha e un adeguato sostegno economico attraverso parametri certi e trasparenti che si basino, per tutti, solo ed esclusivamente sulla qualità dei risultati conseguiti e sul numero dei ricercatori impegnati, rivedendo gli attuali criteri di distribuzione delle risorse.

2. La didattica. Il numero molto alto degli studenti (sia nelle Lauree Triennali che nelle nuove Lauree Specialistiche le quali, attivate solo quest'anno, hanno già superato 700 iscritti), i numerosi Corsi di Studio e la loro complessa articolazione interna richiedono investimenti sempre maggiori. Occorre garantire da un lato condizioni quanto meno decorose e, ancora una volta, di pari dignità a tutti i nostri studenti (Aule, Biblioteche, Laboratori ecc.) e dall'altro una formazione di alto profilo. E per farlo servono impegni precisi sul piano delle risorse, degli spazi e della docenza. Il sostegno diretto alla didattica (contratti, tutorati, e altri necessari strumenti di supporto) deve essere rapportato al numero degli studenti, evitando disparità che non hanno ragione di essere visto che almeno per i servizi di base della didattica non dovrebbe esistere lo studente "pesato", così come lo intende oggi il Ministero, e il numero alto degli studenti deve essere preso nella giusta considerazione, senza contare il fatto che a termini di legge già ora diversi Corsi di Studio della nostra Facoltà dovrebbero essere sdoppiati. Bisogna evitare che la pluralità dei Corsi a cui i Docenti sono chiamati, il numero molto alto dei frequentanti e quindi degli esami e delle tesi provochino un pericoloso snaturamento della funzione docente sbilanciandola eccessivamente sulla didattica con grave danno per la ricerca.

3. Gli spazi. La esigenze delle didattica (e anche quelle della ricerca, ad essa strettamente collegata, specie per quanto riguarda le Lauree Specialistiche) richiedono un consistente aumento degli spazi con particolare riguardo alle aule, anche di piccole dimensioni, e ai laboratori in funzione soprattutto delle Specialistiche. Occorre predisporre un piano immediato per l'emergenza che è alle porte e un piano di più larga previsionalità che predefinisca la disponibilità di spazi che, nell'ambito dell'attuale centro storico e del plesso di via Zamboni, si rendano via via disponibili in modo da costituire un vero "Polo Didattico" della Facoltà che consenta tra l'altro un maggiore coordinamento delle diverse attività.

4. Gli Organici. Nelle ultime tornate la distribuzione di nuove risorse di personale docente e ricercatore si è basata soprattutto sulla necessità di dotare tutte le Facoltà, specie quelle della Romagna, dei numeri minimi di docenza previsti dalla legge per ogni Corso di Studio senza mai prendere in considerazione il fatto che il problema si potrebbe risolvere anche razionalizzando e diminuendo il numero dei Corsi di Studio attivati. Questo parametro non può più essere mantenuto e in questa operazione si deve invece tenere conto sempre di più dei numeri e in particolare del rapporto docenti-studenti che all'interno della nostra Facoltà è di quasi 1:60 se si considerano anche i ricercatori, e di oltre 1:80 se si considerano solo le due fasce docenti (associati e ordinari), un rapporto altissimo che, assieme ad Economia e a Giurisprudenza, ci pone ai livelli più sfavorevoli di tutto l'Ateneo e che non ci consente di erogare una didattica di alta qualità. In considerazione del fatto che ci sono Facoltà a numero chiuso e ci sono settori disciplinari che vanno comunque salvaguardati anche prescindendo dal numero degli studenti, tale parametro non potrà essere generalizzato. Si ritiene legittimo tuttavia ribadire che almeno il 70% dei posti nuovi e di quelli riequilibrio deve essere distribuito sulla base di questo criterio rapportato ai singoli Corsi di Laurea. E inoltre per garantire il livello raggiunto con alcuni docenti di grande prestigio nazionale e internazionale, andati fuori ruolo o in pensione di recente, la Facoltà ritiene indispensabile un provvedimento mirato dell'Ateneo che consenta di predisporre alcune chiamate esterne e di alto profilo.

5. Il governo dell'Ateneo e la "rappresentanza" della Facoltà. La Facoltà ritiene infine che all'interno degli Organi e delle cariche di governo dell'Ateneo debba esserci una sua significativa rappresentanza, qualificata sia per capacità che per competenza, e soprattutto proporzionata al peso quantitativo e qualitativo che la Facoltà oggettivamente detiene (quasi un quinto degli studenti dell'Ateneo e circa un settimo del personale docente e ricercatore) in modo da potere dare il suo contributo al governo dell'ateneo, con particolare riguardo ai punti sopra esposti, offrendo competenze e disponibilità che, proprio in quanto largamente rappresentative della Facoltà e condivise, siano ad essa sempre e comunque strettamente correlate.

6. Ulteriori Riflessioni
a)  I Dipartimenti. Per una Università che deve fondarsi su un intreccio profondo tra ricerca e didattica, intreccio particolarmente importante nell'organizzazione nel funzionamento delle Lauree Specialistiche, è essenziale riconoscere ai Dipartimenti un peso che corrisponda all'importanza del loro ruolo e delle loro funzioni nella vita e nella gestione della Facoltà (cosa che del resto già avviene) oltre che dell'Ateneo riconoscendo al Collegio dei Direttori meccanismi di partecipazione maggiore e più diretta al governo dell'Ateneo e dotando i Dipartimenti di risorse adeguate quanto meno alle molte funzioni che esplicano.

b) L'Ateneo e la sua organizzazione. La complessità sempre maggiore della struttura dell'Ateneo si è tradotta in un progressivo appesantimento del suo apparato organizzativo con ricadute pesanti anche sulla Facoltà e sui Dipartimenti i quali devono attenersi a procedure lunghe e complesse per l' esercizio delle loro funzioni. Occorre introdurre criteri e meccanismi di funzionamento che semplifichino radicalmente le procedure attuali allo scopo di ottenere in tempi rapidi una maggiore flessibilità ed una maggiore efficienza di tutto l'assetto organizzativo anche per evitare che docenti, personale tecnico-amministrativo e studenti, sempre più oberati da incombenze e da complicazioni gestionali, allentino il loro impegno e la loro disponibilità a collaborare.

c) Il rapporto tra gli Organi di Ateneo. Uno degli aspetti più evidenti delle complicazioni gestionali indicati al punto precedente è la scarsa chiarezza sulle prerogative e sulle funzioni dei diversi Organi di Ateneo (Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione e Commissioni di Ateneo) e in particolare della Giunta di Ateneo della quale spesso non sono ben chiari i compiti e i ruoli. Ciò comporta inevitabilmente non solo inutili sovrapposizioni, ma anche contraddizioni o addirittura contrapposizioni nelle decisioni da prendere con un inevitabile appesantimento delle procedure che rischia in taluni casi di paralizzare o di rallentare fortemente la macchina organizzativa. Occorre una riflessione approfondita sulla composizione e sulle funzioni di questi Organi con particolare riguardo da un lato al ruolo delle Commissioni e dall'altro alla composizione e ai poteri della Giunta. d) I rapporti con le sedi decentrate della Romagna. Il decentramento in Romagna riguarda la Facoltà sia direttamente (due Corsi di Laurea ha sede a Rimini) che indirettamente cioè sul piano più generale dei rapporti tra Bologna e la Romagna che hanno comunque ricadute sulle strutture didattiche e scientifiche radicate a Bologna come le nostre. Va superata la sterile contrapposizione tra Bologna e la Romagna affrontando da un lato il problema di una seria programmazione di tipo culturale che individui i settori e le aree da potenziare in Romagna evitando duplicazioni inutili e concorrenziali; e cercando dall'altro risorse specifiche per il decentramento in Romagna in modo da alleggerire la pressione sulle risorse generali di Ateno. Il rapporto tra Bologna e la Romagna richiede una riflessione anche sul piano statutario per meglio calibrare il ruolo e lo spazio operativo dei Poli e delle loro articolazioni al fine di garantire una migliore programmazione di Ateneo e un più corretto rapporto con gli Enti locali.

LA LETTERA del giugno 2008

- Alle colleghe e ai colleghi dell'Università di Bologna

   Carissime colleghe e carissimi colleghi,

  desidero comunicarvi che ho deciso di porre la mia candidatura alla elezione del Rettore per il quadriennio 2009-2013.
1.-  La elezione del Rettore non è più una questione di Facoltà o di aree, ma è un problema di persone, di esperienza, di consapevolezza dei problemi e di formulazione di idee, in modo del tutto trasversale rispetto alla collocazione accademica e disciplinare di ciascuno di noi.
   E allora:
  - sulla base della mia esperienza personale, prima come Direttore di Dipartimento e poi come Preside di Facoltà, con 12 anni di presenza in Senato Accademico (6 anni come rappresentante d'area-Direttore di Dipartimento e 6 anni come Preside);
   - considerando le sollecitazioni che mi sono giunte da più parti, particolarmente significative perchè trasversali e variegate,
  - ho preso la decisione di candidarmi.
    Non sono in grado ora come ora di proporvi un programma definito e articolato perché questo dovrà scaturire da più stretti colloqui che nei prossimi mesi spero di avere con molti di voi e dai quali trarrò gli elementi per costruire un progetto di governo.
   Mi pare tuttavia indispensabile rendervi partecipi di alcune considerazioni preliminari sulla nostra Università, su quanto ci attende nei prossimi anni e soprattutto sui problemi che il nuovo Rettore dovrà affrontare.

  2.- Questo è un momento che pare drammatico per l'Università italiana.
   Capisco che questa asserzione non giovi a chi cerca consenso (e forse anche per questo se ne è parlato poco); ma non credo sia saggio ignorare i problemi che vanno invece conosciuti e analizzati per individuarne le soluzioni più adeguate.
   Dai recenti provvedimenti del Governo, come le pesanti e progressive decurtazioni del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), le gravi limitazioni al turn-over dei prossimi anni, la possibilità di trasformare le Università in Fondazioni, o anche l'allungamento su base triennale degli scatti stipendiali, disgiunto da qualsiasi proposta di introdurre virtuosi meccanismi di controllo e di premiazione selettiva,
   si deduce chiaramente che si è ormai radicata a livello governativo una linea, purtroppo comune a tutte le forze politiche, di scarsissima considerazione dell'Università pubblica la quale dovrà 'rassegnarsi' nei prossimi anni ad avere sempre minori finanziamenti governativi e a cercare inevitabilmente nuove forme di sostegno economico, tutte da inventare e da costruire.

   3.- A questi si devono aggiungere i problemi interni del nostro bilancio, forse enfatizzati in questi ultimi anni, ma di certo non trascurabili se si tiene conto del fatto che i semplici aumenti stipendiali vanno ad erodere le capacità di investimento su strutture e personale.
   Se saremo costretti a sacrifici dovremo farlo però all'interno di progetti complessivi e di lunga durata, evitando quei repentini cambiamenti di rotta che in questi ultimi anni ci hanno impedito una programmazione consapevole.
   Noi docenti dobbiamo essere rassicurati sul recupero pieno della nostra funzione e del nostro ruolo alleggerendoci dalle molte incombenze istituzionali e organizzative e consentendoci di guadagnare tempo per la ricerca e per lo studio, nella convinzione che ciò consentirà alla nostra Università di mantenere o di guadagnare posizioni nelle classifiche internazionali all'interno delle quali già ora gode di importanti riconoscimenti.
 
  4.- Il futuro Rettore dovrà conoscere bene sia i meccanismi della ricerca (Dipartimenti) che quelli della didattica (Facoltà) perché nessuno, in una Università di grande tradizione come la nostra, potrà mai pensare seriamente di separare questi due fondamentali aspetti della struttura universitaria che si alimentano e si arricchiscono reciprocamente.
   La nostra Università è molto invecchiata e la necessità di aprire ai giovani non deve limitarsi solo al reclutamento dei ricercatori, che pure va sostenuto, ma deve riguardare anche l'immissione dei più bravi tra questi nella docenza con la possibilità quindi di assumere funzioni direttive e di responsabilità.

  5.- L'Università è diventata una machina molto grande e complessa, tale da richiedere, per un governo efficace, strumenti e meccanismi assolutamente innovativi per evitare che la 'complessità', di fatto una ricchezza, si trasformi in complicazione. E in questa necessaria rivisitazione dell'apparato amministrativo sarà necessaria una distinzione tra chi ha la responsabilità politica di prendere le decisioni e chi ha il compito di definire meccanismi e procedure per metterle in pratica con rapidità ed efficacia.
   Le procedure troppo complesse vanno eliminate quando dipendono da noi; vanno combattute nelle sedi opportune quando dipendono dal governo centrale.
   L'apparato amministrativo deve tornare al servizio delle decisioni 'politiche', deve essere semplificato e deve essere in piena sintonia con gli organi dell'Ateneo.

    6.- L'Università deve intrecciare un corretto rapporto con la città (Bologna) non solo per la necessità di trovare soluzioni rapide e condivise ai problemi degli studenti e della loro accoglienza, superando le attuali forme speculative su questa presenza, ma anche perché l'Università deve trovare nuove capacità e nuovi modi per mettere in campo, nelle città e nei loro territori (Bologna e Romagna), le sue eccellenze nella innovazione e nella ricerca e le sue capacità di entrare nel mercato delle cultura e dei servizi.
   Va superata per Bologna l'attuale contrapposizione tra due corpi separati i cui unici punto di contatto sembrano essere la speculazione sugli alloggi e il degrado ambientale di certe aree delle città e della zona universitaria.
   Nei suoi rapporti con le città e con il mondo esterno l'Università deve riaffermare e difendere i valori della sua autonomia, anche e soprattutto dalla "politica", centrale e locale, nella consapevolezza che qualsiasi tangenza, attuale o passata, possa in qualche modo offuscare questo importante valore.
   Ciò è particolarmente evidente per la Facoltà di Medicina e Chirurgia i cui rapporti con la Regione e con il Servizio Sanitario Nazionale devono riguadagnare posizioni sul piano dell'autonomia e del reciproco riconoscimento di ruoli e funzioni, al di sopra e al di fuori di qualsiasi pressione e sconfinamento.
    La Facoltà di Medicina è una Facoltà 'speciale' proprio per queste sue caratteristiche; ma è comunque una Facoltà dell'Ateneo e come tale le deve essere garantito il diritto a programmare e decidere la sua ricerca e la sua didattica, senza isolamenti e autarchie, ma anche senza pressioni troppo pesanti e ingiustificate.

   7.- Alla Romagna, realtà consolidata del nostro decentramento con soluzioni che potrebbero essere utilmente adottate anche nella sede bolognese, va dedicato uno sforzo definitivo per conseguire l'obiettivo di un vero 'campus', dove le singole sedi siano in grado di interagire pariteticamente tra loro e con la sede storica.
   Tale sforzo dovrebbe concretizzarsi prevalentemente:
   - nella trasformazione o nell'accorpamento in Facoltà di quei Corsi di Laurea che hanno la 'Facoltà madre' a Bologna;
   -  oltre che nel radicamento della ricerca attraverso l'istituzione di nuovi Dipartimenti per i settori di ricerca nuovi o la costituzione di sedi o sezioni di Dipartimento (o anche forme meno strutturate e più flessibili di ricerca come ad esempio 'Dipartimenti tematici') per evitare sia inutili duplicazioni di strutture che 'insiemi' scientificamente eterogenei che finirebbero con il sovrapporsi alle Facoltà.
   Ciò consentirà una effettiva pariteticità tra sede bolognese e sedi romagnole il cui attuale assetto organizzativo va comunque sostenuto anche per favorire quest'ultimo passaggio.

   8.- Il recentissimo documento della Commissione per la revisione dello Statuto può costituire un importante passo verso quelle riforme che sono sempre più urgenti.
   Il mutamento degli assetti di governo dove la semplificazione e l'efficacia dei processi decisionali non devono essere disgiunti dalla trasparenza e da una buona rappresentatività;
   e il cambiamento del meccanismo per l'elezione del Rettore con un turno unico che senza sminuire il peso del voto eviterebbe 'contrattazioni' non sempre virtuose tra candidati,
    sono due ottimi punti di partenza per quel cambiamento che non possiamo più rinviare.
   Se la volontà politica espressa da molti è sincera e convinta non ci dovrebbero essere ostacoli per procedere rapidamente e in tempo utile con quella revisione della Statuto che tra l'altro sarebbe opportuno venisse fatta da chi, Organi e Rettore, avendo governato in questi anni, conoscono bene difetti e carenze del nostro Ateneo.

   9.- La complessità delle situazioni e la gravità dei problemi, locali e nazionali, impongono una svolta radicale e fortemente innovativa, un giro di boa che reimposti struttura e organizzazione della nostra Università.
   Ed è su questo che vorrei si concentrasse il dibattito della prossima campagna elettorale partendo dalla conoscenza reale dei molti problemi da risolvere, dalla proposta di metodi appropriati per risolverli e di cose da fare, dalla individuazione di persone capaci e dalla elaborazione di un progetto che non può derivare da una meccanica giustapposizione di ogni singola aspettativa, ma deve ispirarsi ad un disegno complessivo e di condivisa utilità generale.
   Ed è proprio sulle idee e sulle cose, non sulle promesse, sia di cariche sia di soluzioni demagogiche, che va cercato e ottenuto il consenso.
    E' una sfida difficile e complessa alla quale dedicherò il mio tempo nei prossimi mesi nella convinzione di potere dare un contributo a questo nostro Ateneo che merita un futuro degno del suo passato.
   Lavorerò insieme con voi alla stesura di una programma dettagliato che naturalmente vi invierò appena terminato. Già da ora sono a disposizione per incontri, contatti e scambi di idee, naturalmente anche via e-mail dove mi potrete raggiungere con facilità. Molti cari saluti.  GS


  Il Consiglio delega il Preside a illustrare e discutere questi punti con i Presidi delle altre Facoltà dell'area umanistica e di altre aree vicine, con l'obiettivo di coinvolgerle nell'analisi e nelle proposte in modo tale che esse possano essere fatte proprie auspicabilmente da tutta l'area umanistica (e anche da un'area più vasta) e come tali essere presentate al Rettore in carica, oltre che ad altri eventuali candidati.

Il Consiglio delega infine il Preside a sottoporre prima di tutto al Rettore in carica, che ha reso noto la sua intenzione di ricandidarsi, e anche agli altri eventuali candidati tutti i punti sopra esposti, richiedendo per ciascuno di essi una chiara ed esplicita presa di posizione sulla base della quale i colleghi della Facoltà discuteranno e valuteranno il comportamento da tenere nelle prossime elezioni.   Bologna 15 feb 2005

 

 

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Piero Tosi

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Sullo STATO DEI RAPPORTI TRA GOVERNO e UNIVERSITA'
e domande sulla CRUI, a partire da quella di Piero TOSI


Riferimenti :


- Audizione del Presidente della CRUI De Cleva al Senato
- Lettera di AQUIS al MINISTRO GELMINI  MariaStella
- Lettera del Senato Acc. Univ. di Bologna al MIN. GELMINI  MariaStella
- Notizie  del Prof. Piero TOSI
 
1.-  La CRUI e lo strappo tra governi e università. La difficoltà in cui si trovano le università italiane, nasce:

   a) dalla loro impossibilità ad auto-riformarsi per mancanza di una "guida comune" (si pensi al "sistema dei prezzi", come "guida comune" della economia di mercato);
    b) dalla carenza di progettualità dei governi, via via succedutisi (quelli a cui spetterebbe di fornire i punti di comune riferimento, come "guida comune"), più che dal calante supporto finanziario statale. Questo ha generato, ormai da anni, uno strappo tra le due istituzioni.
   Alla carenza di progettualità dei governi, la CRUI di alcuni anni fa aveva cercato rimedi con importanti iniziative, volti a aiutare la parte politica, ma non disgiunta dal "muso duro" quando la parte politica si rivelava "un sordo che non vuol sentire". Il ricordo delle minacciate "dimissioni dei Rettori", dall'allora Presidente della CRUI Piero Tosi, è ancora vivo in noi. E che dire dei congressi oceanici all'Auditorium di Roma, al Foro Italico ?
   Già..., ma dov'è finito Piero Tosi ? Su questo riprenderemo il filo, più sotto.
   Non è che la CRUI sia sparita del tutto. Se allunghiamo l'occhio al Senato, vi troviamo una Audizione di tutto rispetto, alla Commissione Istruzione, nelle scorse settimane. Ma questa Audizione, se fatta da noi, finirebbe lì. Non è, invece, così, se fatta dalla CRUI, che ha anche il dovere dell'azione. Da anni, ormai, c'è la totale assenza di una strategia che unisca le forze e le idee, in collegamento con gli studenti e con l'opinione pubblica italiana, per aver udienza dal Governo.
  Come si spiega il vuoto della CRUI ? E quale la via per il suo risveglio ?
2.- Come si spiega il vuoto attuale della CRUI. L'indizio più ovvio ci viene dalla sua situazione interna. Oggi la CRUI ha un socio di maggioranza (AQUIS) , che scrive direttamente delle lettere al Ministro, e dentro AQUIS c'è, a sua volta, un socio privilegiato (l'Università di Bologna) che, a sua volta scrive direttamente al Ministro.

  La caratteristica politica di queste lettere non è la descrizione della situazione generale dell'università, nel bene e nel male, ma la invocazione della valutazione delle università afferenti, da parte del Ministro, quasi una lettera "pietosa" per commuovere il Ministro, così da permettere a loro di dimostrare di aver meriti e dunque il ri-finanziamento. Non vogliamo discutere del fondamento di questi meriti, perchè l'indagine conoscitiva del Senato, voluta del Sen. Prof. Valditara, basta e avanza per un giudizio.
    3.- E quale la via per il risveglio della CRUI ? Mettiamoci in testa che, da sempre, i politici gradiscono le proposte dirette del settore di competenza (meno grane ...), purchè portate concordemente. Si intende, poi, che, poichè ci sarà qualche settore concorrente (perchè anch'esso finanziato dallo Stato), dovrà essere compito del governo indicare il quadro di riferimento, all'interno del quale l'università possa muoversi (es., i requisiti di accreditamento delle università, il numero minimo delle sedi nel territorio,  l'organico dei docenti...). Ma se il Governo è incapace di fare la sua parte (cosa che è, oggi), si può procedere basandosi su più ipotesi ed, eventualmente, il Governo si pronuncerà in un secondo momento.
   Per parte CRUI, nel 2005 essa già svolgeva un ruolo di interlocuzione propositiva: da un lato, con il Governo e con il Parlamento; e, da altro lato, con le Comunità accademiche in tutte le loro articolazioni ed espressioni.

   Era stata lanciata l'idea di una Costituente per l’università, per affrontare problemi irrisolti, sciogliere nodi antichi e difficili, proporre una nuova governance, adeguata ai tempi, rivedere la composizione e le funzioni degli Organi, ristrutturare lo stato giuridico dei docenti, i concorsi e gli avanzamenti di carriera, ispirandosi all’Europa.
   Tutto questo è sparito. Anzi, come sopra accennato, la CRUI appare, oggi, divisa di fatto in tronconi che addirittura si combattono. Questo, di sicuro, darà solo delusioni agli studenti e alla società civile. L''abbiamo visto, al tempo della Moratti, quando abbiamo letto di "raggiri", denunciati troppo tardi da un sindacato universitario, che aveva creduto che la trattativa privata (con la Moratti)  premiasse i "solisti".
   Ma rimane il dovere dell'azione. E allora la via è il rilancio dell'idea della Costituente per l'università, e dell'unità.
4.- Notizie del Prof. Piero Tosi. Il ricordo della "forza" della Crui, in quegli anni, mi ha fatto ripensare a lui. Perchè è caduto dall'altare alla polvere ? Sapevo che era incorso in guai giudiziari, poi superati, e sapevo, dalla stampa, che qualcos'altro era riemerso recentemente. Forse altri, oltre a me, si è fatto la stessa domanda su Piero Tosi e sulla CRUI.
   Davvero, quella vicenda mi ha sconcertato. Da un lato avevo piena fiducia nella Magistratura ( e l'ho tuttora); da altro lato avevo constatato personalmente, nelle varie riunioni alla CRUI, la "montagna", quale lui era per correttezza, sensibilità, intelligenza, capacità politica e organizzativa. Dunque, veniva ad evidenziarsi un grande contrasto tra le due situazioni (quella della sospensione dalle funzioni, da parte della magistratura, e quella derivante dalla stima accumulata in lui).
  Ricordo che, nel 2005 si cominciò a leggere di un suo potenziale “utilizzo” in ruoli di Governo. Che sia stata questa l'origine delle denunce "private", che poi hanno fatto muovere la magistratura ? Non si può non considerare che egli riassumeva in se, molto visibilmente, la forza politica di rappresentante della CRUI, un organismo stimato e temuto. Ho accennato sopra ai congressi oceanici all'Auditorium di Roma, che sicuramente erano una "promessa" importante per l'avvenire della libertà scientifica in Italia.
  Risulta che, all’inizio del 2006, Piero Tosi fu raggiunto da "avvisi di garanzia", sulla base di indagini  condotte dal capo della Procura di Siena fin dal 2002, ma tenute silenti fino ad allora. Tutto si basava su una costruzione a castello, che vedeva alla base presunte facilitazioni in un concorso di ricercatore in Oculistica avute dal di lui figlio, per vincerlo. Si diceva che avrebbe favorito il suo direttore, e premiato il direttore  amministrativo dell'università di Siena, per aver sconsigliato a presentarsi al concorso un altro candidato e così via.
  Risulta che il castello franò, perché il concorso è stato riconosciuto assolutamente regolare, che la Commissione è stata riconosciuta di aver giudicato al meglio, e che il direttore della Clinica era esente da qualsiasi addebito.
  Risulta anche, dai giornali di questi ultimi mesi, che l’università di Siena sia nell’occhio del ciclone per un dissesto finanziario; e risulta che
, dalla fine di aprile, debba rispondere di problemi di natura prevalentemente amministrativa inerenti non ai problemi dell'università, ma ancora alle questioni sollevate all'inizio del 2006.
  Per memoria, in quegli anni l’università di Siena fu valutata più volte la prima in Italia e in più indagini (Censis, Comitato nazionale di valutazione, Campus, ecc.).

Audizione del prof. DE CLEVA
Senato, Commissione istruzione
29.1.2009

 
"Egli pone in luce la svolta determinatasi nel 1994 nel momento in cui si è avviato il superamento della preesistente fase di disordine attraverso la distribuzione di risorse sulla base di parametri di carattere più generale. Evidenzia infatti che, nel periodo precedente, si erano creati squilibri nell'assegnazione dei fondi, per eliminare i quali occorreva elaborare criteri certi, anche al fine di incentivare un meccanismo virtuoso.
  Nel ritenere positiva l'evoluzione dell'ultimo quindicennio, fa presente altresì che in tale periodo l'idea di fondo era di aumentare le risorse per il comparto universitario, giudicato sottofinanziato rispetto alla media europea. Rileva tuttavia criticamente come tale percorso si sia interrotto con il decreto-legge n. 112. Dà indi conto delle innovazioni introdotte a partire dal 2004, anno in cui il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) ha predisposto un modello - perfezionato anche con l'apporto della CRUI - per la distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) ancorato alla domanda in termini di iscritti, ai risultati dei processi formativi, nonché agli esiti dell'attività di ricerca. Si è tuttavia registrata una crescita delle dotazioni delle università inferiore all'aumento della spesa, anche in ragione dell'elevato costo del personale. Nel periodo 2001-2007 hanno inciso sul comparto le nuove disposizioni sul reclutamento nonché la riforma degli ordinamenti didattici: il cosiddetto "3+2" è stato infatti introdotto in maniera accelerata senza vincoli per l'aumento di corsi. Ciò ha provocato, prosegue, la polverizzazione degli insegnamenti, non arginata dagli atenei, cui si è aggiunta la contrazione oggettiva del FFO nonché la proliferazione delle sedi, registratasi a risorse invariate. Sottolinea quindi come tale circostanza abbia aumentato le difficoltà per gli atenei che sono in gran parte oltre il limite del 90 per cento delle spese. Nel lamentare che nel 2010 il costo del personale sarà ben superiore al totale del FFO, tiene a precisare che, se da un lato, sono state ridotte altre risorse quali ad esempio gli stanziamenti per l'edilizia universitaria e quelli per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN), dall'altro sono lievemente aumentate le entrate provenienti da altri soggetti, tra cui le attività in conto terzi e i contributi degli studenti e di istituzioni europee. Con particolare riferimento alla proliferazione dei corsi, reputa indispensabile rafforzare i vincoli, analogamente a quanto fece il governo Prodi in termini ad esempio di requisiti minimi di docenza. Puntualizza in proposito che l'eccesso di corsi spesso è stato incentivato dagli enti locali. Registra altresì con rammarico gli scarsi investimenti con riferimento al diritto allo studio, di cui beneficia solo il 2 per cento degli studenti, ed esprime forte preoccupazione rispetto ai pesanti tagli che colpiranno l'università a partire dal 2010. Dal prossimo anno, infatti, gli atenei potranno esclusivamente pagare gli stipendi, azzerando ogni altro tipo di attività. Fa presente poi che le università stanno applicando la possibilità di non concedere i due anni di permanenza in servizio per i docenti e il pensionamento forzato dei dipendenti. Pur riconoscendo la necessità di migliorare l'utilizzo delle risorse, ritiene che sia opportuno un intervento organico in particolare sul sistema di governo e sul reclutamento, accompagnato da un aggiornamento del modello di finanziamento. In proposito, giudica essenziale introdurre criteri che, nel rispetto dell'autonomia, impongano precise responsabilità agli atenei, anche attraverso ad esempio la previsione di organici standard. Invita poi a considerare l'ipotesi di promuovere reti e consorzi, onde elevare il livello qualitativo, favorendo al contempo la specializzazione, altrimenti lo scenario futuro sarà assolutamente insopportabile per il comparto

La lettera di AQUIS al Min. Gelmini
,  26.2.09

   Gentile Ministro,
abbiamo già avuto modo di illustrarLe, incontrandoLa il 28 novembre scorso, la posizione dei rettori aderenti ad AQUIS sulla problematica dei finanziamenti degli Atenei italiani.
   Abbiamo visto con soddisfazione un primo riconoscimento delle richieste da noi avanzate nell'art. 2 della Legge 1/2009, ove si prevede che il 7% del FF0 venga ripartito tra gli Atenei considerando "a) la qualità dell'offerta formativa e i risultati dei processi formativi; b) la qualità della ricerca scientifica".
    Riteniamo tuttavia che non sia possibile prescindere da un riconoscimento effettivo e concreto della situazione di sottofinanziamento nella quale si trovano alcuni Atenei italiani, per la mancata applicazione negli anni scorsi della necessaria dinamica per il raggiungimento del riequilibrio secondo quanto previsto dal modello CNVSU per l’assegnazione del finanziamento statale agli Atenei.
   Anche altre questioni abbiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione. Ed abbiamo pertanto deciso di affidare le nostre proposte alla lettera aperta che oggi diffondiamo: la prima di tali questioni riguarda l'attivazione di procedure efficaci di valutazione e l’utilizzazione dei dati già disponibili, cosi da poter introdurre elementi di tipo qualitativo, specialmente con riferimento alle attività di ricerca, nelle procedure di allocazione dei fondi pubblici alle Università. E' necessario, altresì, affrontare questioni sinora trascurate relative alla presenza dell'area medica nei nostri Atenei.
    Ma è fondamentale riprendere il tema cruciale dei fondi alle Università alla luce delle norme di finanza pubblica approvate per i prossimi anni, proponendo un metodo nuovo di ragionamento al Governo del Paese. L'approvazione della Legge 1/2009 costituisce dunque solo un primo passo, pur importante, nella direzione giusta, quella che AQUIS ha proposto fin dall'avvio della sua costituzione. Ora è necessario dare attuazione a questa norma con ulteriori provvedimenti coerenti allo spirito ed alla lettera della norma stessa.   (continua qui sotto)

La lettera del S.A. Università
di Bologna , al Ministro,
16 febb. 2009
 
Illustre Signor Ministro,
il Senato Accademico dell’Università di Bologna Le invia questo appello urgente a volere riconsiderare il finanziamento ordinario delle università per gli anni 2010 e successivi. Tutti i tentativi di bilancio di previsione che abbiamo effettuato portano invariabilmente alla stessa conclusione che già da tempo avevamo anticipato: la situazione finanziaria sarà semplicemente ingestibile.
   Le citiamo un solo risultato. Fa riferimento alla nostra Università e deriva da calcoli analitici accurati: nel 2010, pur immaginando un turn-over nullo e dunque assumendo a vantaggio del bilancio tutte le risorse conseguenti, l’equilibrio del bilancio richiederà che la spesa per la gestione (spesa totale meno la spesa non contraibile) debba essere ridotta del 40%! Ricerca, didattica, servizi agli studenti, sistemi informativi e bibliotecari, internazionalizzazione, edilizia e manutenzione, ecc. subiranno un danno irreversibile. Verranno di colpo vanificati tutti gli sforzi che le buone università italiane hanno affrontato in questi duri anni per mantenere il contatto con l’università europea.     Questo nostro è l’unico ateneo italiano entro i primi 200 mondiali nella valutazione del Times ed è ancora il primo nella classifica Webometrics, ma è certo che da queste classifiche scomparirà rapidamente poiché questi risultati non dipendono soltanto dalla qualità dell’investimento ma anche, e in modo determinante, dall’entità delle risorse investite.
   Le proponiamo di riflettere sull’avvenire dei giovani ricercatori che si vedranno precluso, questa volta in modo pressoché totale, l’unico accesso agli ambienti della ricerca ancora attivi in questo nostro paese e cioè quelli universitari. Il brain drain, che noi attualmente lamentiamo, diventerà rapidamente un brain waste: sarà la dissipazione della risorsa più preziosa per un paese già in grave difficoltà di competitività ancor prima dell’arrivo della crisi mondiale.
   Non creda, signor Ministro, che questi argomenti contengano amplificazioni della realtà delle cose. Consideri, per esempio, che un taglio interno del 40 % sulle spese per la ricerca imporrà una seria limitazione nei dottorati e nei contratti di di ricerca. Noi siamo convinti che le conseguenze dei tagli previsti dalla finanziaria approvata nel luglio 2008 non siano state sufficientemente valutate. E’ certamente sfuggito il fatto, per esempio, che, aggirandosi la spesa fissa per il personale nell’intorno del 90% del FFO, una riduzione dell’ordine del 10% per il 2010 avrebbe lasciato a mala pena i fondi per gli stipendi.
   Probabilmente si immaginava che la contrazione del turn-over avrebbe compensato il taglio del FFO e invece non è così: in molti atenei, soprattutto nei maggiori, la riduzione del turn-over non bilancia nemmeno l’incremento automatico della spesa fissa per il personale.
   E’ stato valutato che, riducendo il denominatore del rapporto "spesa per il personale/FFO" nella misura prevista nel solo 2010 (senza contare gli anni successivi) quasi tutte le università si troveranno con valori di quel rapporto superiori al 90%? Con la conseguenza che esse non potranno più bandire concorsi a norma dell’art. 1 della L. 1/2009? E che cosa dovremo fare in relazione alla contribuzione studentesca, che dovrebbe essere ridotta?
   Qualcuno ha sostenuto la tesi che gli atenei devono cercare al di fuori le risorse mancanti, ma si tratta di ipotesi frutto di scarsa conoscenza della realtà. Il taglio 2010 per Unibo corrisponde a circa 40 M€: sfidiamo chiunque ad immaginare sorgenti esterne disponibili a fornire ogni anno una somma di queste dimensioni. Basterebbe questo argomento per riconoscere che l’ipotesi delle fondazioni universitarie non sarà praticabile se non in poche sedi favorite dalle condizioni al contorno.
   Noi La invitiamo ad adoprarsi affinché venga eliminata o sostanzialmente ridotta quella che appare una vera amputazione delle risorse per le università e che ci pone in controtendenza in Europa. Ella si sta lodevolmente cimentando con la riforma generale dell’Università, ma a poco varrebbe costruire una governance più efficiente, per esempio, se poi dovesse essere applicata ad istituzioni esangui o non più reattive.
   Noi La invitiamo, altresì, signor Ministro, a volere considerare con attenzione la necessità di non ignorare l’ingiustizia di modi di ripartizione  delle risorse che hanno generato negli ultimi dieci anni squilibri pesantissimi rispetto ai criteri standard che lo stesso MIUR si era dato: alcuni sistemi universitari hanno ottenuto 1000 M€ in più ed altri 1000 M€ in meno. Noi riteniamo indispensabile che parte del 7% premiale venga destinato agli atenei che bene hanno meritato e che sono rimasti sottofinanziati.
   Un’ultima questione Le sottoponiamo, che si collega alla considerazione precedente. E’ ormai impraticabile il ricorso a norme uniformi per un sistema, come quello universitario, che presenta un panorama caratterizzato dalla disomogeneità. Ci sono compiti speciali che alcuni atenei hanno assunto per effetto di dispositivi di legge: è il caso di Unibo, per esempio, che ha operato un decentramento in Romagna sulla base del Piano Triennale, mantenendo l’unità dell’ateneo, ricevendo gli elogi recenti del CNVSU per la qualità della didattica e della ricerca, facendo risparmiare 1000 M€ in dieci anni al Governo e non avendo ricevuto alcun sostegno specifico da dieci anni a questa parte. Pertanto, Le sottoponiamo ancora la proposta di dar vita a veri e propri accordi di programma, almeno per i maggiori atenei, che prevedano impegni, verifiche e corrispondenti risorse.
  Le inviamo i nostri omaggi.
F-to Il Senato Accademico dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna
(Continua AQUIS) 1. La premessa necessaria per questo è la riaffermazione della  necessità di ricorrere senza indugio all'utilizzo di adeguati strumenti di valutazione dei risultati del lavoro degli atenei nel nostro Paese. C'è un'anomalia tutta italiana nella situazione attuale: in nessun Paese al mondo esiste un sistema universitario fondato sul principio dell'autonomia degli atenei senza che l'applicazione di tale principio sia accompagnata da processi rigorosi di valutazione di come quegli atenei hanno esercitato i poteri di autogoverno che l'autonomia attribuisce loro.
    Per questo chiediamo che il CIVR (Comitato di indirizzo e valutazione della ricerca) riprenda subito il suo lavoro, purtroppo interrotto ormai da più di due anni, e che il CNVSU (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario) sia messo in condizione di continuare a svolgere le attività svolte negli anni scorsi, potenziandone anzi le funzioni. Ciò nell'attesa del varo in tempi i più rapidi possibili di un'Agenzia nazionale di valutazione che accorpi le funzioni di entrambi questi organismi per dare ancora maggiore organicità ed efficienza ad un serio processo di valutazione, ormai non più rinviabile, degli atenei italiani.  

  2. Chiediamo che la ripartizione della quota del 7% del Fondo di Finanziamento Ordinario - inclusi i 550 mil euro della Legge n. 244 - sia effettuata sulla base del modello elaborato dal CNVSU che già contiene al proprio interno elementi di valutazione della qualità delle performance degli Atenei, modificato, tuttavia, cosi da far pesare in modo assai più significativo (almeno il 50%) i risultati delle attività di ricerca degli atenei, così come sono già da oggi valutabili. La mancata applicazione negli anni scorsi del modello CNVSU ha portato ad accentuare lo squilibrio tra gli atenei quanto a ripartizione delle risorse pubbliche, penalizzando quindi atenei che avrebbero avuto diritto a quote di finanziamento più consistenti proprio sulla base della qualità delle loro performance nella didattica e nella ricerca. oltre che nella gestione del loro bilancio.
   Chiediamo quindi che una quota pari alla metà di quella cui ammonta il fondo del 7% assuma un effettivo significato di fondo di premialità ? sulla base dei criteri indicati nella Legge 1/2009 che integrano e rafforzano quelli alla base del modello CNVSU ? e sia destinata ad accelerare il processo di riequilibrio tra gli atenei, rinviato da troppi anni, o comunque sia ripartita in base a qualsiasi altro criterio che riconosca crediti passati di Atenei sottofinanziati.
   Senza questa accelerazione del riequilibrio il sistema universitario nazionale continuerà a perpetuare una situazione di intollerabile ingiustizia. Il modello CNVSU potrà, in un futuro che ci auguriamo molto prossimo, essere migliorato anche grazie ai risultati del lavoro dell'agenzia nazionale di valutazione che dovrà essere istituita. Sarà così possibile introdurre ulteriori elementi di individuazione della qualità delle performance degli Atenei, insieme ad altri parametri, come, ad esempio, taluni opportuni indicatori di contesto. Ma non sarebbe in alcun modo accettabile un "colpo di spugna" che azzerasse la situazione ignorando anni e anni di sottofinanziamento di numerosi Atenei in aree diverse del Paese. Il sottofinanziamento accumulato da alcuni sistemi universitari regionali è diventato ormai tale da creare una situazione iniqua e insostenibile. Va altresì precisato che all'interno di ciascuna Regione vi sono situazioni tra loro differenziate con Atenei sottofinanziati ed Atenei sovrafinanziati all'interno della medesima Regione.  

   3. Il sistema universitario nazionale presenta anche una situazione di grave sofferenza da parte di quegli atenei che hanno al loro interno una Facoltà di medicina, che interagisce con il Sistema Sanitario Nazionale sia attraverso policlinici a gestione diretta, sia con aziende ospedaliere-universitarie miste o integrate. Questi atenei forniscono prestazioni di carattere sanitario ai cittadini attraverso il lavoro dei clinici universitari, i cui compiti istituzionali prevedono un'inscindibile integrazione di funzioni didattiche, scientifiche ed, appunto, assistenziali, oltre che attraverso il lavoro del personale paramedico universitario.
   Per questo motivo, dunque, il costo complessivo del personale che svolge anche compiti assistenziali inquadrato nei ruoli degli atenei ricomprende al proprio interno una quota di fondi per stipendi destinata a pagare prestazioni di tipo assistenziale che può essere quantificata come pari ad un terzo dell'ammontare complessivo degli stipendi del personale universitario in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (un terzo didattica, un terzo ricerca, un terzo assistenza).
    In altri termini, un terzo del lavoro, inteso come attività lavorativa complessiva, prestato da tale personale, si configura come prestazioni professionali che riducono, in termini di costi, la spesa a carico del Ministero della salute, per gravare invece sul bilancio del Ministero dell'università, e quindi sui bilanci degli atenei che hanno una Facoltà di medicina al loro interno. Da calcoli effettuati si può desumere che la cifra cui complessivamente ammonta per tutte le università la spesa destinata sui rispettivi bilanci per l'erogazione di prestazioni assistenziali è di circa 350 milioni di euro.
  Chiediamo quindi che una somma di pari ammontare sia trasferita dal bilancio del Ministero della salute a quello del Ministero dell'università, così che sia poi ripartita pro quota per ristorare i bilanci degli atenei che hanno al loro interno una Facoltà di medicina.  

4. La manovra finanziaria dell'estate scorsa, con i provvedimenti normativi collegati, ridurrà di circa il 10% i finanziamenti pubblici alle università. Il nostro Paese già oggi investe sensibilmente meno sul PIL per formazione superiore e ricerca-innovazione di quanto non facciano i Paesi europei nostri partner ma anche nostri concorrenti sullo scenario mondiale. Alcuni di questi Paesi, come Francia, Germania, ora la stessa Spagna, hanno deciso di aumentare i loro investimenti per queste voci del bilancio pubblico dei loro Stati, proprio per far fronte con lungimiranza alla crisi economica globale potenziando e migliorando il "capitale umano".
   E' estremamente preoccupante che nell'insieme delle manovre economico-finanziarie del Governo per fronteggiare la difficilissima situazione attuale non sia inserito alcun provvedimento in grado di stimolare ricerca e innovazione all'interno del sistema-Paese attraverso una migliore e più efficace utilizzazione ed una valorizzazione delle potenzialità delle università italiane, o almeno di una parte di esse.
   L'opinione pubblica italiana deve sapere che le scelte effettuate dal Governo provocheranno, se non riviste e corrette, la morte del sistema della formazione superiore e della ricerca pubblica nel nostro Paese, e renderanno impossibile competere a livello internazionale anche a quegli Atenei che sono oggi ancora in condizione di farlo. Chiediamo con forza che i "tagli" ai fondi per università e ricerca previsti per il 2010 non siano effettuati nella forma e nell'entità prevista dalla manovra finanziaria approvata lo scorso anno. Ma chiediamo anche che le somme cui ammonterebbero i "tagli" indiscriminatamente previsti per il sistema universitario siano ridistribuite tra gli atenei non "a pioggia", sulla base della cosiddetta "spesa storica", bensì attraverso Io strumento degli "accordi di programma", che stabiliscano un "patto di stabilità finanziaria" ateneo per ateneo, in cui siano previsti obbiettivi precisi e puntuali di miglioramento della qualità delle rispettive performance, da raggiungersi da parte di ciascun ateneo stesso entro il prossimo triennio o quinquennio. Roma, 26 febbraio 2009  

NOTA. Fanno parte di AQUIS i seguenti Atenei: Università degli Studi di Bologna Università della Calabria Università degli Studi di Milano-Bicocca Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Università degli Studi di Padova Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" Università degli Studi di Trento Università degli Studi di Verona Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara Università del Salento di Lecce Università Politecnica della Marche Politecnico di Milano Politecnico di Torino

 

 


Bologna: SENATO ACCADEMICO. In atto il proseguimento dell'approvazione delle nuove lauree, DM 270/04


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Il Senato Accademico cambia rotta, rispetto al passato ?

"Prima dell'eventuale attivazione dei corsi di cui è stata proposta
l'istituzione
ci dovrà essere un quadro generale dei corsi in essere,
facoltà per facoltà, e
degli oneri che tali attivazioni comporterebbero. "

  Nota. Sono in atto presso le Facoltà le approvazioni delle proposte dei nuovi corsi di laurea magistrale (più qualche triennale), sia per trasformazione delle specialistiche sia per aggiunta di nuovi corsi. Anche queste andranno in Senato.
   Risulta che, a conclusione dell'iter, i corsi di studio, le proposte delle Facoltà nell'intero Ateneo, saranno 236, di cui 31 di nuovo istituzione (dei passati corsi, 11 sono stati accorpati o aboliti).
   Si direbbe. a questo punto (pochè nel 2008/09 i corsi erano 226) che l'Ateneo prosegua imperterrito la sua strada, del tutto alla faccia della nostra Ministra, che per televisione si dichiara scandalizzata dei 5.500 corsi di laurea in Italia.
Mi risulta che nelle Facoltà il dibattito sia acceso e anche con una certa fronda che si oppone almeno alla istituzione di nuovi corsi. Evidentemente qualcosa arriva alla periferia, degli inviti della Ministra. Ma credo si debba anche capire che, senza una precisa direttiva da Roma, le Facoltà non hanno nessun modo di orientarsi per applicare gli indirizzi della Ministra.
   C'è, poi anche il fatto che, di fronte alla societrà civile che si muove e ai nuovi risultati della ricerca, le Facoltà sentono imperativo il diritto dovere di innovare. Ma, poi, ovviamente rimane il punto interrogativo circa la concreta possibilità di farlo, se poi la Ministra  taglia i "soldini" e blocca le "assunzioni".
   Va rifiutata la demagogia vuota (compresa quella dei Ministri). Si deve distinguere tra numero delle lauree e numero degli insegnamenti.
   A riguardo del numero delle lauree, le Facoltà devono istituirne quante ritengono opportuno, purchè non siano doppioni-equivalenti e abbiano denominazioni chiare per le imprese e le famiglie. Un contributo chiarificatore vero lo può fare, però, solo un organo centrale, in possesso di tutti gli elementi.
   A riguardo del numero degli insegnamenti, la musica cambia completamente. Il vero dramma sta qui, tenuto conto dei "tagli romani (a meno che non ci sia il by-pass tramite assunzioni di docenti a contratto). E' qui che l'Ateneo deve impegnarsi ad una vera strage, per accorpamento di molti insegnamenti.
   Attualmente l'Ateneo conta 13.529 insegnamenti, in media 77 insegnamenti per corso di laurea (per la laurea servono 20 esami, di norma), e 45 per corso laurea specialistica/magistrale (per la laurea servono 12 esami, di norma). Nino Luciani


ISTITUZIONE CORSI DI STUDIO E MODIFICA ORDINAMENTI DIDATTICI A.A. 2009/10 (MAGGIORANZA ASSOLUTA)
Senato 27 gennaio 2009-02-07 (Stralcio di delibera divulgata da membri del Senato)

Finalità: La finalità del presente riferimento è quello di sottoporre all’approvazione del Senato Accademico il piano delle proposte di istituzione dei corsi di studio e le modifiche di ordinamento didattico ai sensi del DM 270/04, per l’a.a. 2009/10, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione
di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07;
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono modifiche di ordinamento didattico.

Premessa: Il Decreto Ministeriale 31/10/2007 ha stabilito il termine del 31/01/2009 per l’inserimento nella Banca dati ministeriale delle proposte di modifica del Regolamento Didattico di Ateneo in adeguamento al DM 270/04, intese:
a) alla trasformazione dei corsi già attivi con il DM 509/99;
b)  alla istituzione di nuovi corsi di studio;
c)  alla modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di studio già riordinati con il DM 270/04.

Presupposti normativi:
- D.M. 3/7/07 n. 362
, con il quale sono state definite le linee generali di indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007-2009;
- DM 26/7/07 n. 386, con il quale sono state individuate le linee guida per l’istituzione e l’attivazione dei corsi di studio in attuazione dei DDMM 16/03/07;
- DM 18/10/2007 n. 506, con il quale sono stati definiti gli Indicatori per la valutazione dei risultati dell’attuazione dei programmi delle Università;
- DM 31/10/2007 n.544, con il quale sono stati definiti i requisiti necessari per l’attivazione dei corsi di studio ai sensi dell’art. 9 co. 2 del DM 270/04.

Requisiti necessari:
a)  requisiti di trasparenza;
b) requisiti per l’assicurazione della qualità dei processi formativi;
c)  requisiti di strutture e docenza di ruolo che devono essere disponibili per sostenere i corsi e il grado di copertura necessario relativamente ai SSD che li caratterizzano;
d)  regole dimensionali relative agli studenti sostenibili per ciascun corso di studio.

Nota. Ll’a.a. 2010/2011 è il termine per il completo adeguamento alla riforma di cui al DM 270/04. Le proposte di trasformazione dei corsi attivi con il DM 509/99 devono riguardare contestualmente tutti i corsi dell’Ateneo afferenti alla medesima classe. 

......
......

Proposte:
Alla data del 21/11/2008, scadenza del termine per la presentazione da parte delle Facoltà delle proposte di istituzione/modifica di ordinamento ex DM 270/04, sono pervenute le proposte contenute negli allegati 1 e 2 parti integranti del presente riferimento, precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione (all. 1)
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07 (all. 1);
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono modifiche di ordinamento didattico (all. 2). 

Nell’allegato 1 sono riportate, per ciascun gruppo di appartenenza della classe cui afferisce il corso di studio, le numerosità minime richieste per l’attivazione del MIUR e dell’Ateneo, nonché il numero di immatricolati per l’a.a. 20008/2009 rilevato al 31/12/08.

 Osservazioni degli Uffici: Dopo la riunione della Commissione Didattica di Ateneo del 25/11/2008, gli Uffici hanno proceduto alla verifica di congruità degli ordinamenti didattici proposti con tutte le disposizioni vigenti. La verifica è risultata positiva per la quasi totalità dei corsi di studio proposti. Nel caso di osservazioni, le Facoltà si sono adeguate. Inoltre:

1)Il Preside della Facoltà di Ingegneria, con decreto d’urgenza n. 490 del 5/12/2008 da sottoporre a ratifica del Consiglio di Facoltà, ha recepito le osservazioni degli Uffici. Per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica (LM-29), Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle Telecomunicazioni (LM-27) la Facoltà ha previsto nell’ordinamento didattico un range di CFU per la prova finale pari a 9-24, mentre il numero minimo  di CFU stabilito dalle linee guida di Ateneo  è pari a 15. La Facoltà si è tuttavia impegnata a prevedere nei piani didattici dei suddetti corsi di studio un numero minimo di CFU per la prova finale pari a 15.

2)Il Consiglio della  Facoltà di Giurisprudenza, nella seduta del 26/11/08, ha approvato la proposta di istituzione del corso di laurea in classe LM-14  per Operatore giuridico Italo-Francese, non essendo ammessa la trasformazione dal corrispondente corso di studio attivato con il DM 509/99 in classe 31. Tale classe non rientra nella tabella delle corrispondenze dei corsi 509/99-270/04 (allegato al DM 386/07), poiché con DM 25/11/2005 le classi di laurea e laurea magistrale in Giurisprudenza sono state trasformate in laurea magistrale a ciclo unico. Gli Uffici fanno presente che il corrispondente corso di studio attivato in classe 31 per l’a.a. 2008/09 ha registrato un numero di immatricolati pari a 19.

3)Il Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia, nella seduta del 13/11/2008, ha segnalato che la Conferenza dei Presidenti di corso di laurea in  Odontoiatria e Protesi Dentaria ha licenziato un ordinamento nazionale al quale anche il corso del nostro Ateneo si è adeguato. La Facoltà precisa che la modifica sostanziale rispetto a quanto deliberato in prima istanza il 23/7/2008  riguarda la tipologia dei 90 CFU di attività professionalizzante che, nella versione attuale, passa dalle attività Caratterizzanti alle attività di tirocinio di tipologia “Altre”. Questa assegnazione, insieme al rispetto dei valori minimi della classe, ha comportato l’attribuzione di soli 10 CFU alla prova finale, anziché 15 come auspicato dalle direttive di ateneo per le lauree magistrali.
Gli uffici fanno presente che la proposta formulata dalla Facoltà risulta coerente con le linee guida di Ateneo che escludono le lauree magistrali a ciclo unico dall’obbligo dell’indicazione di 15 CFU minimi per la prova finale.

4)Per i seguenti corsi di studio:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza – Facoltà di Scienze Politiche “Roberto Ruffilli”
;
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze Statistiche nell’ordinamento didattico è stato indicato un numero massimo di crediti riconoscibili per attività extrauniversitarie coerente con l’art. 4 dei DDMM 16/3/2007 (60 CFU per le lauree e 40 CFU per le lauree magistrali). Si ricorda, tuttavia, che il Senato Accademico del 18/12/2007 ha fissato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili per le attività extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.

5) Facoltà di Medicina Veterinaria:
Il Preside della Facoltà, a seguito delle osservazioni degli Uffici, con decreto d’urgenza del 16 gennaio ’09, ha proposto la rettifica di errori materiali presenti nell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9 relativamente alle conoscenze richieste per l’accesso, così come inserito nella Banca Dati RAD.

6)Facoltà di Ingegneria:
Corso di Laurea interateneo in Design del Prodotto Industriale (cl. L-4):
La Facoltà di Ingegneria di Bologna ha proposto fra le istituzioni dei corsi di studio per l’a.a. 2009/2010, ai sensi del DM 270/04, il corso di laurea interfacoltà con Lettere e Filosofia, Psicologia e Architettura in Design del Prodotto Industriale cl. L-4.
Nella riunione del 5 dicembre 08 del Comitato di Coordinamento regionale dei Rettori dell’Emilia Romagna è emerso che, oltre al corso di Laurea in Design del prodotto Industriale cl.L-4 proposto dal nostro Ateneo come corso interfacoltà,  è stato presentato un progetto simile (interateneo) da parte degli Atenei di Ferrara e di Modena-Reggio Emilia.

Vista la forte similarità tra i due progetti e gli ottimi rapporti tra le Università coinvolte, nonché le numerose collaborazioni già esistenti tra i docenti delle Facoltà di Ingegneria e di Architettura dei nostri Atenei, si è realizzato un unico progetto congiunto perseguendo i seguenti obiettivi principali:
a)      istituire un corso di studi interateneo  fra le Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia;
b)      attivare il corso in rotazione tra gli Atenei (quindi, ogni anno, solo uno degli Atenei sarà sede amministrativa del corso, per la coorte che parte quell’anno);
c)      far concorrere docenti dei tre atenei all’attività didattica di ciascuna coorte di studenti, indipendentemente dalla sede amministrativa che ha istituito la coorte.
Il lavoro, che ha coinvolto Prorettori alla formazione, Presidi e referenti d’Area delle tre Università è stato molto positivo.
Il progetto risultante è un corso di studi aventi denominazione, obiettivi formativi, sbocchi occupazionali e quindi un ordinamento didattico coincidente con il corso di laurea in Design del Prodotto Industriale, proposto dalla Facoltà di Ingegneria di Bologna.
Successivamente, in data 20 gennaio ’09, con decreto d’urgenza il Preside della Facoltà di Ingegneria, da sottoporre a ratifica del prossimo Consiglio di Facoltà, ha apportato una rettifica  all’ordinamento didattico di cui sopra, nel range di CFU dell’ambito “Scienze economiche e sociali” delle attività formative caratterizzanti e, precisamente, l’intervallo di CFU da  “10-16” deve essere sostituito con  “8-16.
Si precisa che, condizione imprescindibile per l’istituzione del corso di studi interateneo è che venga accettato dagli altri Atenei, l’ordinamento didattico con la rettifica proposta del Preside di Ingegneria di Bologna.  

Ciò premesso, si propone per l’approvazione del Senato Accademico il corso di laurea inter-ateneo  fra le Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia in Design del Prodotto Industriale che sarà attivato dalla Facoltà di Ingegneria di Bologna, in sostituzione del corso precedentemente proposto, con l’integrazione di cui sopra.

......
......

7) Gli Uffici informano che, nella seduta della Commissione didattica di Ateneo del 20/1/2009, il Preside della II facoltà di Ingegneria ha comunicato la modifica di denominazione del corso di laurea Magistrale in Ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni per l’energia e l’ambiente (cl. LM -29)  in Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile”. La predetta modifica sarà approvata dal Consiglio di Facoltà già programmato per il giorno 22/1/2009.

 Pareri:

- La Commissione Didattica di Ateneo, nella seduta del 25/11/2008, ha espresso il seguente parere:
“1) parere favorevole alle proposte di istituzione/modifica di ordinamento per i seguenti corsi di studio indicati negli allegati 1 e 2 al riferimento degli uffici:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07; con specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e protesi dentaria, esprime parere favorevole alla richiesta di deroga in merito al numero minimo di CFU da assegnare alla prova finale, che passano da 15 a 10 tenuto conto sia di quanto disposto dallo specifico Decreto sulla classe, sia dell’esigenza di adeguarsi all’ordinamento nazionale approvato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria.
n. 19 corsi di studio già riordinati ai sensi del DM 270/04 che propongono modifiche di ordinamento didattico.
2) Il suddetto parere resta condizionato a:
- positiva verifica degli ordinamenti didattici proposti da parte degli uffici;
- acquisizione e verifica delle delibere del Consiglio di Facoltà di Giurisprudenza con cui si approva l’istituzione del corso di  studio proposto;
- acquisizione del parere del Comitato di Coordinamento dei Poli Scientifici-Didattici della Romagna per i corsi di studio da attivare nei Poli romagnoli.
3) Accoglie e fa proprie le osservazioni degli Uffici relative all’indicazione del numero massimo di CFU riconoscibili per le attività extrauniversitarie, per le quali il Senato Accademico ha indicato il numero di  30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalla legge 448/2001 e 286/2006.”

La Commissione Didattica nella seduta del 20/01/2009, ha espresso i seguenti pareri:
1) parere favorevole alla proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria con decreto d’urgenza del Preside del 16 gennaio ’09, concernente la rettifica di errori materiali nell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9,  relativamente alle conoscenze richieste per l’accesso così come inserito nella Banca Dati RAD;
2) parere favorevole:
a. alla proposta di istituzione del corso di laurea in Design del Prodotto Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia);
b. all’integrazione dell’ordinamento didattico con la rettifica proposta dal Preside della Facoltà di Ingegneria,  con decreto d’urgenza del 20.01.09;
c. all’estensione della partecipazione all’interateneo anche della II Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze, ecc.);
d. al testo della convenzione allegata al riferimento degli Uffici.
La Commissione prende, infine, atto che eventuali modifiche al testo dell’ordinamento didattico del Corso di Laurea in Design del prodotto industriale (CL L-4) o alla convenzione con gli altri Atenei dovranno essere apportate con Decreto d’urgenza del Magnifico Rettore.
3) parere favorevole alla proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla  modifica  della denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica e Telecomunicazioni per l’energia e l’ambiente cl. LM-29 in “Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile”, subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009.

- Il Comitato di Coordinamento dei Poli della Romagna, nella seduta del 1/12/2008, ha espresso il seguente parere:
“Il Comitato di Coordinamento dei Poli Romagnoli riunitosi in data 1 dicembre u.s., ha espresso parere favorevole in merito alla proposta di istituzione dei Corsi di studio, sotto riportati, condizionatamente all’acquisizione del parere di competenza dei rispettivi Consigli di Polo:
Facoltà di Ingegneria – LM 24 – Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani – sede di Ravenna
Facoltà di Scienze Motorie – LM 47 – Management delle attività motorie e sportive – sede di Rimini.
     Il Comitato ha altresì espresso parere favorevole ai Corsi di studio in trasformazione, come da allegato elenco.”

- Il Consiglio di Polo di Ravenna, nella seduta del 15/12/2008, ha espresso parere favorevole alla proposta di istituzione della Laurea Magistrale in Ingegneria dei sistemi edilizi e Urbani (cl. LM-24).

- Il Consiglio di Polo di Rimini, nella seduta del 17/12/2008, ha espresso parere favorevole alla proposta di istituzione della  Laurea Magistrale in Management delle attività motorie e sportive (cl. LM-47).

- Comitato Regionale di Coordinamento dell’Emilia Romagna: lo Staff del Rettore dell’Università di Parma, con comunicazione per posta elettronica in data 23/12/2008, nelle more dell’invio del verbale, ha comunicato che il Comitato Regionale di Coordinamento dell’Emilia Romagna, nella seduta del 5/12/2008, ha espresso parere favorevole alle proposte di istituzione dei nuovi corsi di studio ex DM 270/04 per l’a.a. 2009/10 presentate dall’Università di Bologna.

   La proposta di istituzione del Corso di Laurea inter-ateneo in Design del prodotto industriale verrà sottoposto alla riunione del Comitato prevista per il giorno del 26/1 p.v.

- Il Nucleo di Valutazione di Ateneo nella seduta del 23/12/2008, ha espresso il seguente parere:
Relazione del Nucleo di Valutazione di Ateneo sulle proposte di istituzione di corsi di studio formulate dall’Alma Mater Studiorum -  Università di Bologna per l’A.A. 2009/10.
Il Nucleo di Valutazione di Ateneo, nella seduta del 23 dicembre 2008, ha completato l’esame delle proposte di istituzione di corsi di studio formulate ai sensi del DM 270/04 dalle Facoltà dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, per l’anno accademico 2009/10 e precisamente:
n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07.

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PROPOSTA DI DELIBERA
Il Senato Accademico, acquisiti i pareri favorevoli della Commissione Didattica di Ateneo, del Comitato di  Coordinamento dei Poli della Romagna, dei Consigli di Polo di Ravenna e Rimini, del Comitato Regionale di Coordinamento, del Nucleo di Valutazione di Ateneo,
approva:
1)
le proposte di istituzione per l’a.a. 2009/10 dei seguenti corsi di studio, indicati nell’all. 1 parte integrante della presente delibera, e i relativi ordinamenti didattici inseriti nella banca dati ministeriale “RAD”:
- n. 8 corsi di studio di nuova istituzione;
- n. 22 corsi di studio derivanti da trasformazione di corsi istituiti nelle corrispondenti classi del DM 509/99, come indicate nell’allegato al DM 386/07. Con specifico riferimento al Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e protesi dentaria,

approva la proposta di adeguamento all’ordinamento nazionale licenziato dalla Conferenza dei Presidenti di corso di laurea che prevede l’assegnazione dei 90 CFU di attività professionalizzante alle attività di tirocinio di tipologia “Altre” con conseguente attribuzione di 10 CFU alla prova finale;
2) le proposte di modifica di ordinamento didattico, inserite nella banca dati ministeriale “RAD” per l’a.a. 2009/10, per n. 19 corsi di studio, già riordinati ai sensi del DM 270/04, indicati nell’all.2 parte integrante della presente delibera;
3) la proposta della Facoltà di ingegneria di attribuire  un range di CFU per la prova finale pari a 9-24 per le lauree magistrali in Ingegneria elettronica (LM-29), Information and Comunication Technology (LM-29) e Ingegneria delle Telecomunicazioni (LM-27), subordinatamente alla previsione nei rispettivi piani didattici di un numero minimo di CFU per la prova finale pari a 15, in coerenza con le linee guida approvate dal Senato Accademico;
4) l’inserimento  negli ordinamenti didattici dei corsi di:
- L-40 Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza – Facoltà di Scienze Politiche “Roberto Ruffilli”
- LM-81 Cooperazione internazionale, sviluppo e diritti umani Facoltà di Scienze Statistiche di un numero massimo di crediti riconoscibili per attività extrauniversitarie rispettivamente  pari a 60 e 40, in coerenza con l’art. 4 dei DDMM 16/3/2007. Tuttavia ribadisce la propria precedente delibera del  18/12/2007 che ha fissato il numero di 30 CFU quale limite massimo di crediti riconoscibili per le attività extrauniversitarie, ad eccezione dei riconoscimenti che rientrino nei casi previsti dalle leggi 448/2001 e 286/2006.
5) la proposta della Facoltà di Medicina Veterinaria trasmessa con decreto d’urgenza del Preside del 16 gennaio ’09, concernente la rettifica di errori materiali nell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Biotecnologie Animali cl. LM-9,  relativamente alle conoscenze richieste per l’accesso, così come inserito nella Banca Dati RAD.
6)la proposta di istituzione del corso di laurea in Design del Prodotto Industriale (interateneo con le Università di Ferrara e Modena-Reggio Emilia); l’integrazione dell’ordinamento didattico con la rettifica proposta dal Preside della Facoltà di Ingegneria,  con decreto d’urgenza del 20.01.09;l’estensione della partecipazione all’interateneo anche della II Facoltà di Ingegneria, con sede a Cesena (a condizione di non dover contribuire con docenti per assolvimento requisiti, ma con altre risorse, es. laboratori, supplenze, ecc.); il testo della convenzione (allegato 3 parte integrante della presente delibera).
7) la proposta della II Facoltà di Ingegneria relativa alla  modifica  della denominazione del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica e Telecomunicazioni per l’energia e l’ambiente cl. LM-29 in “Ingegneria elettronica e telecomunicazioni per lo sviluppo sostenibile”, subordinatamente alla approvazione del Consiglio di Facoltà programmato per il 22/1/2009.
 

 

Sul BIENNIO (art. 16, D.Lgs 503/92),  in aggiunta all' ETA'  PER IL COLLOCAMENTO A RIPOSO
Il 19 dic. 2008, il CdA è stato chiamato ad esprimersi sull'accogliere o respingere le domande di biennio, in aggiunta
all'età per il collocamento a riposo, ma sulla base di una proposta della Burocrazia contro i professori, che non era
accompagnata da sufficiente dimostrazione dell'interesse della Pubblica Amministrazione a quella proposta


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Il Senato Accademico approva una direttiva,  proposta dall'Amministrazione,
per cui la "negazione del biennio sia regola", e l'accoglimento sia "eccezione"

Ma, poi, il nuovo CdA  reagisce e, prima di decidere, vuole
UNA  COMMISSIONE  DI  STUDIO  di   CdA  e  SENATO

Dalla direttiva, possibili pericoli per  la stabilità e qualità degli insegnamenti.
Va bene puntare sui professori a contratto, già tantissimi  nel nostro Ateneo ?

                  
                    I dati del problema
:
  
-  In base all'art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, il dipendente può chiedere (ed ottenere è un suo diritto) il trattenimento in servizio per un periodo massimo di 2 anni, oltre i limiti di età per il collocamento a riposo;
-  Ma, poi, i commi da 7 a 10 dell'art. 72 della L 133/2008 hanno stabilito che, in futuro, il trattenimento in servizio è soggetto a valutazione discrezionale dell'Amministrazione, e quindi può non essere accolta dal datore di lavoro.
  Tuttavia, poichè la legge stessa obbliga l'Amministrazione ad adottare preventivamente (ossia prima di rispondere alle domande) i criteri per il trattenimento in servizio oltre tale limite di età gli Organi sono chiamati ad un atto di indirizzo generale che definisca i criteri delle risposte, onde evitare personalismi e abusi.
La delibera del Senato, su proposta della Dr. Ines Fabbro:

" Il Senato Accademico, visto l'art. 16 comma 1 del d.lgs 503/1992 così come modificato dal comma 7 della Legge 133;2008; considerato che l'istituto del trattenimento in servizio è stato innovato rispetto alla disciplina precedente nel senso di rendere soggetta a valutazione discrezionale l'istanza di trattenimento presentata dal dipendente; preso atto, a conferma di quanto previsto nella predisposizione del documento di previsione di spesa per il personale 2009 e anni successivi, che la regola generale introdotta è il collocamento a riposo al compimento dei limiti di età e che deroghe a tale principio devono essere nominativamente e singolarmente valutate e motivate alla luce dei criteri contenuti nel co.5 dell'art. 72 della Legge 133/2008; preso atto che per procedere alla valutazione individuale delle domande occorre prevedere sia la modalità del procedimento istruttorio sia i criteri di valutazione, rinvia a una delibera da assumere all'inizio del mese di gennaio la definizione dei criteri e dell'iter procedurale per la valutazione delle domande di trattenimento in servizio del personale docente e ricercatore."

NOTA. Per quanto noto in base alle comunicazioni "personali", ma ben documentate, di alcuni Membri degli Organi, l'Amministrazione ha consegnato agli stessi un conto dal quale risulta la minore spesa, in caso di collocazione a riposo di tutte le domande di trattenimento in servizio. Le domande di biennio erano 55. E pochè questo conto era la solo motivazione della proposta di delibera, poi, approvata dal Senato, sembra evidente che il conto stesso fosse (per l'Amministrazione) la prova ovvia del vantaggio economico della delibera.
   Per un vago lettore, come me, un conto siffatto è l'ennesima prova che, sotto l'aspetto amministrativo, siamo ancora  messi malissimo, per cui non rimane che sperare nel nuovo Rettore. Il motivo è che la collocazione a riposo non non può prescindere totalmente dall'interesse della Pubblica Amministrazione alla continuità degli insegnamenti, in coerenza con l'ordinamento didattico (DM 270) approvato dagli Organi di Ateneo.
   Sotto questo profilo, vanno accostati almeno tre ordini di normativa:
 a) quella che riguarda il pensionamento anticipato (vedi sopra);
  b) quella che impone limitazioni alle riassunzioni, anche per le università "virtuose" come Bologna, via via che avvengno i pensionamenti. Secondo questa seconda normativa, ad ognuna delle uscite non può corrispondere "una" uguale nuova assunzione, ma molto meno di "una". E allora, perchè l'Ateneo dovrebbe auto-castrarsi, sapendo di non potere dare continuità a tutti gli insegnamenti che verranno a cessare ?
  c) come, eventualmente, l'Ateneo potrebbe  coprire i buchi con personale a contratto. Se l'Amministrazione vuole questo, lo dica fiduciosamente al suo CdA.
   Ma, attenzione: una ulteriore, altra normativa vuole che non possano essere istituiti corsi di laurea con soli professori a contratto. Ci dev'essere almeno un determinato numero di professori di ruolo.
  Unicamente per servizio ai Colleghi del CdA e del Senato (ma fors'anche al Rettore ?), pubblico qui di seguito il numero dei docenti di tutte le categorie, distintamente per Facoltà, già in servizio presso il nostro Ateneo.
   In questa tabella, è evidenziato l'impiego abnorme, già in atto, di professori a contratto. Benchè la caduta delle iscrizioni studentesche (nell'intorno dei 20.000 dal 2001 al 2008) non sia mai stata spiegata, tuttavia, è un fatto che essa è coincisa con l'esplosione numerica dei prof. a contratto, in questo stesso periodo, vale dire con una "presunta" caduta della qualità della docenza nell'Ateneo. Dunque, v'è almeno un buon motivo mettere di nuovo in dubbio l'efficienza dell'Amministrazione che taglia i costi, ma con la testa nel sacco, per quanto attiene alla qualità degli insegnamenti dell'Ateneo.
 
AVVERTENZA. Questi dati, recentissimi, sono stati ripresi dal web dell'Ateneo. Segnalo l'anomalia della indicazione di quasi 3.000 docenti presso la sede centrale dell'Ateneo, anzichè presso le Facoltà, ma così è scritto sul web.
  Avverto, inoltre, che ho il dubbio che i dati relativi ai docenti non di ruolo non siano stati depurati dalle cessazioni di servizio. Tuttavia, i Colleghi possono   rivolgersi direttamente all'Amministrazione, per maggiori lumi. In ogni caso io sono a disposizione per mostrare a loro la mia fonte di informazione.  N. Luciani


Strutture in cui sono incardinati i docenti


Professori
a contratto

Ordinari Associati
Ricercatori


Docenti
esterni


Docenti di 1a
e 2a fascia

Alma Mater Studiorum Università di Bologna, via Zamboni 33

2.001

-

989

51

Facoltà di Agraria

42

188

0 0
Facoltà di Architettura

213

33

0 0
Facoltà di Chimica Industriale

8

101

0 0
Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali

74

63

0 0
Facoltà di Economia

200

117

0 0
Facoltà di Economia a Forlì

77

49

0 0
Facoltà di Economia a Rimini

37

49

0 0
Facoltà di Farmacia

113

120

0 0
Facoltà di Giurisprudenza

311

150

0 0
Facoltà di Ingegneria

407

354

0 0
II Facoltà di Ingegneria a Sede di Cesena

42

71

0 0
Facoltà di Lettere e Filosofia

266

320

0 0
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere

79

90

0 0
Facoltà di Medicina e Chirurgia

391

509

0 0
Facoltà di Medicina Veterinaria

53

105

0 0
Facoltà di Psicologia

58

52

0 0
Facoltà di Scienze della Formazione

436

98

0 0
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

224

416

0 0
Facoltà di Scienze Motorie

80

34

0 0
Facoltà di Scienze Politiche

122

106

0 0
Facoltà di Scienze Politiche "Roberto Ruffilli"

107

64

0 0
Facoltà di Scienze Statistiche

27

68

0 0
Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori

75

48

0 0
Scuola di Specializzazione in Insegnamento Secondario

42

0 0 0
Scuola di Specializzazione in Professioni Legali

40

0 0 0
TOTALE

5.525

3.205 989 51

 

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ELEZIONI del Consiglio di Amministrazione e del SENATO

RISULTATI

Nettamente vincenti i "calzolariani",
tra cui si evidenzia Guido Masetti per la continuità didattica

Questo pone anche in "pole position" un candidato rettore di continuità:
Andrea Segrè , Preside di Agraria, anche perchè l'unico giovane !

Invece, non tracce significative del candidato di alternativa, Giorgio Cantelli Forti

Ma c'è in giro il convincimento che sono state votazioni nulle perchè, come nelle dittature:
- si poteva votare solo a favore o astenersi (ma non votare contro o proporre
   candidati propri, perchè il programma elettronico non lo permetteva)
.
-  Inoltre nelle Sedi di Rimini e Forlì non c'erano seggi.
Auspicabile una ispezione ministeriale, senza aspettare nuovi e costosi ricorsi. NL

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Lilla Crisafulli



Bene in vista, come due cariatidi per il portone
del nostro Ateneo: Antonella Zago e Lilla Crisafulli,
sicuramente personalità non del potere
e di grande potenzialità di servizio per tutti

Ovviamente, sono di servizio anche gli altri, pur se nati corporativi

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Antonella Zago

 

Consiglio di Amministrazione

 

Senato Accademico

 
Gianni Porzi

Commento
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Personale docente prima fascia
Guido Masetti (preferenze 159)
Maria Lilla Crisafulli (preferenze 133)
Bruno Barbiroli (preferenze 123)
Sandro Sandri (preferenze 116)

Personale docente seconda fascia Ornella Montanari (preferenze 150)
Sandro Torroni (preferenze 120)
Anna Minarini (preferenze 106)

Personale tecnico amministrativo e collaboratori linguistici Antonella Zago (preferenze 365) Alessandra Maltoni (preferenze 222) Mario Pontieri (preferenze 140)Francesco Lopriore (preferenze 116)

Ricercatori universitari e assistenti
Loris Giorgini (preferenze 286)
Alessandra Locatelli (preferenze 151)
Daniele Bigi (preferenze 95)

Area Scienze Matematiche, fisiche, chimiche
Andrea Bottoni (preferenze 306) Maurizio Spurio (preferenze 207)

Area Scienze Biologiche, geologiche, agrarie Carlo Emanuele Gessa (preferenze 168)
Annamaria Pisi (preferenze 147)

Area Scienze Ingegneristiche
Emilio Ferrari (preferenze 172)
Maurelio Boari (preferenze 234)

Area Scienze Mediche e medico-veterinarie
Carlo Prati (preferenze 345)
Paola Strocchi (preferenze 190)

Area Scienze umanistiche
Giuseppina La Face (preferenze 356)
Bruna Zani (preferenze 357)

Area Scienze giuridiche, politologiche, economiche, statistiche
Maurizio Sobrero (preferenze 263)
Carla Faralli (preferenze 216

    Ritengo il risultato elettorale nel complesso deludente per quanto riguarda quel segnale di discontinuità da più parti auspicato. Sia ben chiaro, le conferme non necessariamente sono sinonimo di continuità, né i nuovi entrati negli Organi sono automaticamente indice di discontinuità. Mi astengo dall'esprimere pareri sugli eletti e quindi dal fare valutazioni su quale "partito" (inteso ovviamente come aggregazione di Colleghi che si occupano da più vicino di politica universitaria) ha prevalso, ammesso poi che ciò si sia verificato. Ritengo invece interessante valutare alcuni risultati significativi e in una certa misura sorprendenti.
   Quello più rilevante è non tanto l'elezione di Loris Giorgini in CdA quanto l'elevato consenso ricevuto da parte dei Ricercatori. Penso che lui stesso non si aspettasse un così ampio successo in considerazione anche del fatto che afferisce ad una Facoltà piccola. Quindi, nel complimentarmi con Giorgini, che peraltro appartiene alla mia stessa Area, mi auguro che rappresenti discontinuità rispetto al suo Collega che non è stato invece confermato.
   Non meno significativa è la conferma di Annamaria Pisi che, da sola, e vorrei sottolinearlo, è riuscita a far fronte con
successo all'accordo tra la Facoltà di
Agraria e quelle di Scienze, asse dimostratosi alquanto fragile. Un successo così netto e di proporzioni non prevedibili ritengo sia in buona parte attribuibile alla posizione di contrarietà assunta dalla Pisi sulle modifiche di Statuto. La sua elezione ha inoltre messo in chiara evidenza che oggi non è più possibile "pilotare" i voti e ho motivo di ritenere che il suo successo è del tutto personale e non della Facoltà di Agraria, come qualcuno invece erroneamente potrebbe pensare. Quindi, anche alla Pisi faccio i rallegramenti nella certezza che un risultato così ampio la aiuterà a mantenere la capacità di assumere decisioni in autonomia senza timori di sorta, come ha sempre fatto.
   La conferma delle Colleghe Alessandra Locatelli e Anna Minarini, alle quali vanno ovviamente i miei complimenti, rappresentano un notevole successo della Facoltà di Farmacia che riesce ancora una volta ed avere ben due membri in CdA.
   Che dire dell'elezione in S.A. della Collega Paola Strocchi (afferente al Dip. di Farmacologia) per l'Area Medico-Veterinaria? Che, evidentemente, la Facoltà di Medicina non ha ascoltato certe "sirene" e ha deciso probabilmente anche alla luce di certi comportamenti che hanno determinato situazioni molto difficili a Colleghi che chiedevano una gestione trasparente e rispettosa dei Regolamenti e dello Statuto. Pertanto, il mio auspicio è che la Collega Strocchi rappresenti un deciso segnale di discontinuità, quanto meno rispetto al Collega al quale era contrapposta.
   Non si può non sottolineare infine la conferma in CdA con ampio successo di Antonella Zago, successo che rappresenta la cartina al tornasole dello stato d'animo del Personale Tecnico-amministrativo nei confronti dei vertici dell'Ateneo. Una breve osservazione sull'affluenza alle urne che nel complesso è risultata modesta.
   La mancanza dei seggi a Rimini e a Forlì, a mio parere, ha inciso pesantemente sulla scarsa affluenza alle urne, che non ha infatti raggiunto il 38%, per il Personale Tecnico e amministrativo.
    Ritengo infine significativo il fatto che la percentuale di votanti per l'elezione dei Rappresentanti d'area sia stata superiore di circa 4 punti percentuali rispetto a quella dei votanti per i Rappresentanti dei Direttori. A conferma è il numero di schede bianche che ammontano al 5% (101 su 2051 votanti) nel caso dei Rappresentanti d'area, contro il 13,5% (261 su 1944 votanti) nel caso dei votanti per i Rappresentanti dei Direttori. A mio avviso questo è un segnale da non sottovalutare e cioè le candidature uniche non sono molto apprezzate, forse perché ricordano certi regimi in cui non vi era possibilità di scelta. GP

 

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ELEZIONI del CdA e del SENATO

Consiglio di Stato conferma ordinanza del TAR
di annullamento del D.R. per elezioni CdA e Senato
(Sotto, il commento di Gianni PORZI, Membro del Senato)

    Pertanto si andrà a votare il 26/11/2008 e 27/11/2008, con nuova procedura, nelle sedi di:
  - Bologna, via Belmeloro n.14, palazzina B; e viale Filopanti n.3, piano terra;
  - Ravenna, via degli Ariani n.1, Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei

   Beni Culturali ":
  - Cesena, via Gaspare Finali n. 56, I piano.
   Il Rettorato chiarisce che, per l'esercizio del diritto di voto, ciascun elettore può

   recarsi presso una qualunque delle sedi sopra indicate.


   Nota: rimane la perplessità (censurabile con nuovi ricorsi al TAR) dell'esclusione della
  possibilità di votare nelle sedi di Rimini e Forlì, nonostante la dicitura del TAR "presso le sedi"
  (ossia nessuna esclusa), e ciò al fine ovvio di facilitare il voto anche a chi risiede colà.

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Antonella Zago


Votiamo per  la  DISCONTINUITA' 
rispetto alla  GESTIONE  di  Calzolari  !

Perduti  20.000  studenti   (il 20%)  durante  la  gestione  Calzolari.
Calati  i proventi  dai  contratti  di  ricerca  per   conto  terzi.
Dequalificate  le  lauree  (troppe,  e  troppi   mini-insegnamenti)
Aumentato  il numero  delle  sedi  in  Romagna,

  con oneri  insostenibili per  Bologna, e che andavano girati allo Stato.
Rischiato di  votare senza le garanzie costituzionali,
come nelle dittature.

Gianni Porzi, Commento alle dichiarazioni del Rettore, al Carlino, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato

  La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo ...    (per il seguito clicca su Porzi)

Candidato
a Ingegneria per
la continuità
masetti2-foto.jpg (6551 byte)
Guido Masetti
ProRettore alla Didattica

                        
                    Lo schiaffo della ZAGO  a CALZOLARI


 
La  doppia vittoria di Antonella, sia al TAR che al Consiglio di Stato, viene a darle piena ragione e si aggiunge allo schiaffo di lei a Calzolari quando, redarguita con voce gridata in CdA, uscì (in questo consiste lo schiaffo) dall'Aula del Consiglio.
  Inoltre, dovremo votare col vecchio Statuto, pur dopo tutti gli impegni,
da 7 anni, di riformarlo in tempo, per dare autonomia agli Organi collegiali.

Candidato a Ingegneria e Dip. Matematica per
la discontinuità
Fabrizio.jpg (12314 byte)
Mauro Fabrizio
Già Vice Preside di Ing.

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Gianni PORZI, Commento alle dichiarazioni del Rettore,
al Carlino, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato


 
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto l'appello presentato dall'Università, confermando l'Ordinanza del TAR del 9 ottobre, mette in chiara evidenza il grave errore commesso dai Vertici dell'Ateneo che, con ostinazione ed anche una certa arroganza, non ottemperarono subito all'Ordinanza e si appellarono invece al Consiglio di Stato.

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   Le dichiarazioni del Magnifico Rettore, poi, apparse sul quotidiano Il Resto del Carlino del 21 c.m. mi sembrano quantomeno sorprendenti. L'affermazione "quello che oggi non siamo riusciti a fare sarà lo standard, domani, per tutti" lascia pensare che non si vuol riconoscere l'Ordinanza del TAR, confermata peraltro dal Consiglio di Stato, secondo la quale non si può votare da qualsiasi P.C., come l'Ateneo aveva invece stabilito, ma solo da cabine appositamente predisposte e protette. Infatti, un voto espresso via internet in luoghi non deputati può subire controllo da parte di "terzi".     La cabina elettorale prevista dal TAR e dal Consiglio di Stato, risolve il grande problema dell'identificazione del votante, assicura la corrispondenza tra numero dei votanti e totale dei voti espressi e garantisce la libertà di espressione del voto (cioè la non coercibilità).
  Restano tuttavia dubbi sulla segretezza del voto e sulla possibilità che terzi possano modificare il risultato elettorale, ma sarà compito del TAR tra qualche mese entrare nel merito di tali aspetti non poco rilevanti.
  Non ritengo assolutamente che "ci sono forze interne che lavorano per la conservazione", ma semplicemente vi sono persone che chiedono giustamente il rispetto delle garanzie costituzionali a tutela dell'elettore.
  Inoltre, tentare di far ricadere la colpa della mancanza di seggi nei Poli di Forlì e Rimini (peraltro previsti nei Decreti di luglio) su coloro che hanno fatto ricorso è davvero inquietante perché sia il TAR che il Consiglio di Stato hanno riconosciuto la fondatezza del ricorso e perchè in democrazia chiunque ha diritto di rivolgersi al Giudice se ritiene che non siano rispettate le Leggi.
   Piuttosto se l'Ateneo avesse ottemperato subito all'Ordinanza del TAR non saremmo incappati in questo inutile ritardo con conseguenti disagi e forse anche danni economici.
  Inoltre, l'Ateneo non ha ancora informato tutto il Personale su come si voterà il 26 e 27 p.v., se via intranet, se verrà utilizzato un software blindato e certificato e un server all'interno dell'Ateneo, elementi importanti a garanzia di un risultato elettorale quanto meno affidabile.
   Non è ancora noto neppure perchè l'Ateneo, invece di utilizzare il CINECA (come ha fatto in settembre l'Università "La Sapienza" di Roma per l'elezione del Rettore) oppure il Centro Servizi Informatici d'Ateneo (CeSIA), si è servito di una Ditta esterna di Milano.
  Pertanto, prima ancora di fare certe affermazioni, sarebbe forse opportuno che venissero date risposte convincenti a tutti questi quesiti. GP

 

EDIZIONE STRAORDINARIA

ATENEO DI BOLOGNA: TAR Emilia Romagna "ordina" la sospensione del Decreto
Rettorale di indizione delle Elezioni del Consiglio di Amministraziobe e del Senato

In seguito a ricorso di: Bonduà Stefano, Arcelli Antonio, Benaglia Stefano, Cipolli Carlo, Fabrizio Mauro,Ghedini Nadia
Lopriore Francesco, Mandroli Roberto, Pilò Virginio, Raggi Maria Augusta, Zago Antonella


Motivazione dell'Ordinanza:

"appare ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto
dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie"


  Luciani: "Anche ragionevole per il Rettore il dimettersi, perchè il fatto è solo l'ultimo di una sequenza di cose poco trasparenti, per l'elettorato. Ma ci sarebbe un'altra via:
o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni  tra un anno. Sarebbe meno solo.

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Antonella Zago

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente ORDINANZA (N. 654 del 10 ott. 2008), sul ricorso numero di registro generale 879 de! 2008, proposto da ... contro Alma Mater Studiorun - Univérsità di Bologna ... nei confronti di Calzolari Pier Ugo

Per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

del decreta rettorale 11 Iuglio, 2008, n. 972/33905, di indizione delle elezioni recante altresì la previsione di una procedura telematica per le operazioni elettorali dei rappresentanti delle aggregazioni scientifico-disciplinari nel senato accademico dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, relative al triennio 2008/2009.
.......
......
   Ritenuto che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi (massima partecipazione da parte del corpo espressione ed esigenza delle garanzie tradizionali in materia di espressione del voto), appare ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie;

P.Q.M.

Accoglie l'istanza nei sensi
di cui in motivazione.

   La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
   Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 09/10/2008 con 1'intervento dei Magistrati:
        Calogero Piscitello Presidente, Grazia Brini Consigliere Estensore, Sergio Fina, Consigliere

N. LUCIANI, Cose poco trasparenti, per l'elettore..., regolatore della transizione

L’ordinanza di sospensiva valuta due elementi: il fumus boni iuris (il ricorso può essere fondato e perciò l’atto è illegittimo) e il danno grave ed irreparabile che dall’esecuzione dell’atto deriverebbe in primis alla Amministrazione e, dopo, al ricorrente.
  Esempio classico: ordinanza di demolizione di un palazzo, bene culturale. Sospensione perché sarebbe irreparabilmente danneggiato il patrocino culturale italiano.
  La specifica ordinanza, tradotta in italiano corrente, significa: c’è la possibilità che qualcuno possa truccare le elezioni, avendo il controllo dei seggi.
  C'è, poi, che Calzolari ha preannunciato l’appello al Consiglio di Stato.
  Perché questa fretta, mentre sarebbe meglio per l'Ateneo rinviare di un anno la durata degli Organi, in modo da eleggerli col nuovo Statuto (fatto in questi giorni) ?
  Sommiamo questa vicenda alle altre:
1) è in atto il rinnovo degli Organi Accademici, prima delle modifiche di statuto, a campagna elettorale in pieno svolgimento ;
  2) è iniziato il procedimento per la sostituzione del Direttore Amministrativo e il Rettore deciderà la composizione della commissione giudicatrice, anzi ne farà parte come membro interno, e avrà il potere di nomina, nel 2009, mentre sono già in atto le elezioni del nuovo rettore;
  3) in questo mese ha luogo l'assestamento del bilancio. Nulla si sa circa il saldo, ma forse il Rettore già sa ... L'interrogativo è da collegare col calo consistente del numero degli studenti (nello scorso anno), a cui è ancorato il FFO-Fondo di Finanziamento Ordinario dello Stato del 2008, a cui consegue anche il calo dei contributi studenteschi. Anche, per l'anno in corso, risulta un ulteriore calo degli studenti...
  Questo insieme di cose fa pensare ad una situazione tesa in ateneo.
   Ma la regolazione della transizione al nuovo Rettore è un compito dello elettorato.
    Sotto il profilo della opportunità, la cosa è anomala, nei confronti del successore. La spiegazione più ovvia è che Calzolari (anche per problemi di salute) non controlli più la situazione, e qualcun altro, dietro le quinte, operi per "difendere" o "conquistare" in tempo una posizione di potere.
  Torniamo all'inizio.
Sarebbe ragionevole per il Rettore il dimettersi. Ma ci sarebbe un'altra via: o tutti alle elezioni subito, o tutti alle elezioni  tra un anno. Sarebbe meno solo. NL 

A. Zago, Vittoria della democrazia

   Definire questo successo come "vittoria della democrazia", che in questo Ateneo viene non di rado calpestata, non è improprio. Non va dimenticato che non è la prima volta che l’Ateneo assume delibere non rispettose della Legge : nel 2007 il CdA fu condannato dalla Corte dei Conti di Bologna per danno erariale e i membri del CdA dovettero risarcire l’importo di un contratto di consulenza che evidentemente non poteva essere fatto. Oggi, il TAR condanna l’Ateneo accogliendo l’istanza dei ricorrenti in quanto ritiene "ragionevole limitare la possibilità di esprimere il voto dai seggi elettorali predisposti e controllati presso le sedi universitarie" (Ordinanza del TAR Emilia Romagna n. 654/08 del 10/10/2008). Pertanto la nuova procedura di votazione telematica, come prevista dai Decreti Rettorali del 2 e dell’11/7/08, viene ritenuta illegittima.

   Alla luce di questi fatti una domanda sorge spontanea: i membri del CdA come possono fidarsi delle delibere che vengono proposte dall’Amministrazione? L’unico modo per mettersi al riparo da possibili condanne, con conseguenti pesanti ripercussioni economiche per gli stessi componenti è probabilmente quello di votare contro. Infatti, l’Amministrazione dell’Ateneo ha dimostrato ampiamente di non essere in grado di dare certezze e garanzie sulla regolarità delle delibere proposte. Tutto ciò è estremamente grave e getta una fondata e diffusa sfiducia sui vertici dell’apparato amministrativo che dovrebbe invece dimostrare un’adeguata competenza anche al fine di dare quella necessaria tranquillità, in particolare ai membri del CdA quando devono prendere decisioni importanti. A coloro che occupano i vertici dell’Ateneo dovrebbe essere richiesta la necessaria competenza che purtroppo risulta spesso carente, dimostrando così una certa dose di superficialità nonché arroganza che non si addice proprio ad una Istituzione quale l’Alma Mater Studiorum. AZ

 

sedi di romagna.jpg (11408 byte)


Università di Romagna, fatta di 5 sedi lontane
in 5 città diverse, fondate 19 anni fa,
ma ancora in difficoltà finanziarie

La questione della sua sostenibilità posta in un

recente convegno sulla elezione del Rettore

Come è impostata dal Presidente di "uno" degli enti finanziatori locali
la questione: "Romagna: risorsa o problema per Bologna"

        Piero Gallina: "L’Ateneo di Bologna è stato la madre, e gli Enti Locali e le Società di Sostegno (Ser.In.Ar.
                                 Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di questa figlia diciannovenne."
                                 "Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si chieda ancora se
                                 la maternità è stata voluta o casuale se la figlia sia legittima o illegittima."

Prof. Piero Gallina, Presidente di Ser.In.Ar., Sede a FORLI'

"Romagna:  risorsa o problema per Bologna ?"

Le nostre idee, valutazioni e giudizi sull’Università sono certamente originali rispetto all’immagine ed ai rapporti di altre istituzioni nei cui territori siano presenti insediamenti universitari.
Noi  l’insediamento universitario l’abbiamo voluto fortemente fin dall’inizio. Una decisa volontà politica sostenuta da impegni economici pluriennali assai rilevanti, sia finanziari sia immobiliari, e dalla costituzione di apposite “società” per il sostegno continuo, oseremmo dire quotidiano, della “nostra università”.

Il decentramento universitario nelle nostre città e nel territorio; la costituzione dei Poli Scientifico/Didattici; il progressivo consolidamento di questa “intrapresa di successo”  viene considerata l’accadimento più rilevante degli ultimi 15 anni.
Non abbiamo mai pensato a una presenza universitaria territoriale, “casalinga”, bensì appartenente all’Alma Mater e finalizzata all’eccellenza della didattica, della ricerca ed alla massima internazionalizzazione.

Una visione alta del ruolo e della funzione dell’università che nella società odierna non ha più solo il perseguimento dell’eccellenza nell’avanzamento delle conoscenze, ma deve aumentare il livello medio culturale dei cittadini (numero di laureati); sostenere la formazione permanente; produrre servizi ed imprese attraverso l’applicazione delle innovazioni tecnologiche.
Questa è l’immagine della nostra università sulla quale si innestano le problematiche specifiche e le criticità di un modello multicampus (o di università a rete di sedi) ancora incompiuto o a metà del guado nella sua applicazione all’insediamento romagnolo.

NINO LUCIANI.  Personalmente sono sconvolto dalla impostazione sopra riportata.
   Per quanto ne so, le parti finanziatrici dovrebbero dichiarare pubblicamente a bilancio, nero su bianco, le entrate e le uscite della "figlia", e le entrate e uscite della "madre" e dei "padri" per la "figlia" diciannovenne. Questo, se si vuole avere un consenso sociale, in una qualche direzione.

   Ciò che emerge, in questa fase, è però la innaturalezza di questa poliandria, in cui i "padri" vogliono che sia la "madre" a soccorrere la "figlia", e non i "padri".
   Ma torniamo alla tesi iniziale. In realtà il problema è male impostato dal presidente di SERINAR perchè l'Università di Romagna (in realtà 5 mini-atenei) è un problema di interesse nazionale, oltre che locale. E allora manca un attore nella questione: lo Stato. Dunque, si chiami in campo lo Stato (non la "madre") per far fronte ad un problema di interesse nazionale.
   Molta impressione e comprensione, invece, hanno suscitato nel convegno i professori, che hanno assunto da anni la direzione didattica in Romagna (lasciando Bologna). Hanno ben ragione di essere stanchi di fare gli eroi (e così dicasi dei molti "pendolari" da Bologna). Pertanto il dialogo triangolare (Romagna, Bologna, Roma) va assolutamente impostato, a costo di chiudere "qualcosa", e fors'anche di riorganizzare "qualcosa". Ma qui, credo, che conterebbe molto la voce dei Comuni locali, più che quella della sede di Bologba. NL
Ciò premesso quale la fotografia dell’insediamento universitario in Romagna oggi:
¼ degli iscritti totali UniBo;
650 docenti e ricercatori 1/5 del totale di UniBo;
1/9 dei T.A.;
44 atenei italiani sono per numero di studenti inferiori alla Romagna;
La qualità della didattica è alta e certificata sia dal C.N.V.U. (relazione del Giugno 2007) sia dal CENSIS;
Ottima qualità delle sedi e delle attrezzature;
La qualità della ricerca è buona o eccellente pur in assenza di dipartimenti;
I costi per gli studenti sono assai inferiori a Bologna con un’alta qualità della vita (Ser.In.Ar. gestisce 500 posti letto con un costo massimo in camera singola di € 200,00 ed in doppia da € 150,00/170,00 con collegamenti internet, ecc.);
Le immatricolazioni di Bologna diminuiscono mentre in Romagna sono stabili;
Le provenienze sono per il 15,21% da fuori regione con punte del 33% a Forlì e Rimini e per il 5% dall’estero.

L’Ateneo di Bologna è stato la madre e gli Enti Locali e le Società di Sostegno (Ser.In.Ar. Forlì-Cesena, Flaminia Ravenna e UniRimini) i padri di questi figlio/a ormai diciannovenne.
Chiedersi oggi se sia una risorsa o un problema è come se la madre (Ateneo) si chieda ancora se la maternità è stata voluta o casuale se il figlio/a sia legittimo o illegittimo.
Mi sembra che la depressione post-partum si trascini troppo a lungo.
I padri di Romagna hanno fatto sacrifici enormi per far crescere questo figlio/a non limitandosi agli assegni famigliari ma provvedendo alla residenza ed anche ad un certo benessere. Solo Ser.In.Ar. dal 1989 ad oggi ha speso € 25.000.000,00 ai quali si aggiungono Flaminia ed UniRimini. Oltre naturalmente ad edifici e sedi.

Si è rimasti troppo a lungo in mezzo al guado occorre procedere alla istituzionalizzazione del multi campus; procedere a facoltà interdisciplinari ed a centri dipartimentali interdisciplinari.
Completare la costruzione di una vera università a reti di sedi con un assetto statutario adeguato e riunire i poli della Romagna in un assetto amministrativo unico.
Debbono essere date soluzioni originali non classiche e ripetitive ma chi può farlo se non l’Università.
Il luogo dell’innovazione, della scienza e della creatività.
Se l’Università ha la funzione o l’ambizione di delineare il futuro è sicuramente in grado di immaginare e realizzare assetti innovativi. Se non riesce o non vuole viene meno alla sua mission fondamentale. PG

 

 

ARCHIVIO   RUBRICA Speciale - 2010




Notizie da Rimini sullo Studentato e i nuovi Laboratori di Farmacia

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Giorgio Cantelli Forti


Studentato

   Questo studentato è stato inaugurato mese scorso dal Magnifico Rettore di Bologna, essendone Rimini una sede decentrata,
il cui Presidente è il prof. Giorgio Cantelli Forti che ha realizzato l'opera.
   L'immobile, sito in Rimini via Roma n. 47 angolo via Dante, denominato ex "Palace Hotel", è ubicato in posizione strategica essendo in centro città e cioè a 150 mt dall'Università e ad ugual distanza dalla stazione ferroviaria. E' costituito da una superficie utile totale di circa mq 5.000 lorda, distribuita su 7 livelli. Sono state eseguite opere di risanamento conservativo dell'edificio con ristrutturazione interna ad uso alloggi per studenti universitari : 76 camere tutte con servizi e collegamenti di trasmissione dati, distribuite su 4 piani, per complessivi 90 posti letto. I piani seminterrato, rialzato e intermedio sono adibiti a servizi culturali, didattici, ricreativi, di supporto, gestionali, amministrativi e tecnologici. Il piano rialzato ospita una cucina con zona pranzo, capace di ospitare 30 persone circa contemporaneamente mentre ai piani superiori vi sono aree adibite a zone pranzo collettive.

   Dei 90 posti alloggio, 63 sono riservati a studenti capaci e meritevoli privi di mezzi e 27 non riservati. Sono stati previsti 5 posti alloggio per studenti disabili 62 sono le camere singole e 14 le doppie 23 sono i posti alloggio con zona preparazione e consumazione pasti in camera 5 sono le cucine pranzo collettive

   Il Comune di Rimini e la Provincia di Rimini, proprietari dell'immobile, hanno ceduto in uso gratuito trentennale l'immobile all'Università di Bologna.

  FINANZIAMENTI
Le somme complessive di quadro economico per l'intervento corrispondono ad un totale di € 6.920.131,42, costituite da:
- Fondi ministeriali per € 5.002.691,50 di cui 4.344.191,50 per lavori di ristrutturazione e 658.500,00 per attrezzature didattico scientifiche
-  Fondi di € 1.335.239,92 dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna
- Fondi di € 582.200 di Uni.Rimini spa, per finanziamento affidamenti professionali per le fasi di progettazione.

  ALLESTIMENTO INTERNI E GESTIONE
L' ER.GO - Azienda Regionale per il Diritto allo Studio ha finanziato tutto l'arredo interno per una somma complessiva a base d'asta pari a € 358.333,34.

Laboratori di ricerca
della Facoltà di Farmacia

  I laboratori si trovano a Palazzap Ruffi, Corso D'Augusto 37, Rimini.
  La nuova sede accoglie laboratori di ricerca per un totale complessivo al lordo dei servizi di 980 mq.
  Trovano collocazione gli studi dei ricercatori della facoltà di Farmacia per un totale lordo complessivo di mq 525,67.
  Gli arredi e le attrezzature da laboratorio destinati alla sede dei nuovi laboratori di ricerca della Facoltà di Farmacia presso
il Polo Scientifico Didattico di Rimini, sono stati donati dal B.A.T. British American Tobacco Italia S.p.a., grazie al
Presidente del Polo Prof. Cantelli Forti.
  I beni oggetto della donazione consistono in singole strutture per banchi di laboratorio, piani di laboratorio, cappe aspirate,
  pareti attrezzate, armadietti sottobanco e mensole, per un valore complessivo stimabile in oltre € 600.000.

 

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Mercoledì 27 ottobre a Rimini, Palazzo Ruffi, ore 10.00 - 13.30

Organizzato dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo

Convegno : "La Ricerca Universitaria per Rimini"

 

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Giorgio Cantelli Forti

       Il Convegno vuole fare un rapporto sull’attività di ricerca del Polo Didattico e Scientifico di Rimini dal 2007 al 2009.
      Esso  nasce in un momento di grande trasformazione dell’Università italiana, momento che è¨ accompagnato da forti tensioni interne al sistema universitario e da un’immagine esterna non sempre positiva.
      In questo contesto è in generale importante che un Ateneo prestigioso come l’Alma Mater comunichi con chiarezza al mondo esterno il proprio impegno nella ricerca scientifica.
      Da questa esigenza è nata l’idea di illustrare l’attività scientifica dei docenti incardinati presso il Polo di Rimini in una mappa completa, di semplice lettura anche per i non-addetti ai lavori.Il   Direttivo Nazionale.

Giorgio Cantelli Forti

- nominato Presidente della Giunta del Collegio dei Farmacologi Universitari

  - nominato, con Decreto del Miur, Garante PRIN - Progetti di Ricerca Nazionale, Area 05, Scienze Biologiche


Al Convegno sono attesi:

- Luciano Chicchi - Presidente Uni.Rimini
- Maurizio Sobrero - Presidente Commissione Ricerca
- Dario Braga - Pro-rettore alla ricerca

   Le relazioni saranno tenute da:
- Salvatore Torrisi - Referente macro area Scienze Sociali
- Mirella Falconi - Referente macro area Scienze Naturali
- Antonella Mascio - Referente macro area Scienze Umanistiche
- Giampaolo Proni - Referente macro area Multidisciplinare
.

I lavori saranno conclusi dagli interventi di:
- Stefano  Vitali - Presidente Provincia di Rimini
- Alberto Ravaioli - Sindaco di Rimini
- Ivano Dionigi - Magnifico Rettore

e dalla Benedizione di Mons. Francesco Lambiasi,  Vescovo di Rimini

Infine avrà luogo la cerimonia* del taglio dei nastri dei Laboratori di Ricerca, Palazzo Ruffi
e Laboratori di Ricerca, Piazza Malatesta.

La scorsa settimana ha avuto luogo anche l'inaugurazione dello Studentato (mensa, sala convegni, 90 posti letto, di cui
     alcuni con angolo cottura) nell'ex-Palace Hotel, completamente ristrutturato..

 


Dal CNRU - Comitato Nazionale Ricercatori Universitari


Assemblea nazionale a Roma per fare il punto della situazione sulla decisioni di
maggio di non assumere incarichi di insegnamento per l'anno accademico 2010-11.
VENERDI’  24  S ETTEMBRE  2010,  ORE  13,
presso l’aula La Ginestra a Chimica, dentro la citta’ universitaria.

Anche appello al Capo dello Stato contro la discriminazione,
a danno del Ricercatori, relativa al prepensionamento
Clicca su: http://appelloalpresidente.blogspot.com

Appello del Foglio UNIVERSITAS News a sostenere
i Ricercatori, quale passaggio obbligato per sostenere l'università italiana

Anche appello del CNU di Bologna e  della FLC CGIL di Bologna a sostegno dei Ricercatori.

Il  Direttivo Nazionale
a tutti i Ricercatori in Italia

(stralcio dai comunicati del 31 agosto e del 15 settembre 2010)

  Il momento è quello decisivo e non possiamo mollare proprio ora.
......
  La protesta dei ricercatori non nasce contro il DDL Gelmini. Il DDL al massimo la catalizza. La protesta nasce prima e non si fonda sull’opposizione all’attuale governo e Ministro, ma sulla richiesta di uno stato giuridico che superi la attuali e passate contraddizioni riguardanti le attività svolte e da svolgere. In questo quadro si inscrive anche la cosiddetta “valutazione” e la non disponibilità di sufficienti sbocchi concorsuali.
   Agganciare la protesta dei ricercatori unicamente all’attuale DDL non permette di comprendere appieno il disagio profondo della categoria dei ricercatori, ma soprattutto la mette in balia dell’umore della contingenza. È innegabile che parte dei ricercatori abbia trovato nella “lotta” contro il DDL una sua forte legittimazione, o meglio, un forte spirito di antagonismo, ma non era da parte di molti di noi la motivazione principale. Soprattutto non lo è mai stata per il CNRU.
......
   Moltissimi di noi si sono apertamente schierati in quella direzione a seguito di un’assemblea a L’Aquila in cui era presente anche il Rettore e in cui si formulò tale idea, prima che cominciasse la lotta al DDL.
   Ma, d’altra parte, il sistema universitario ha qualcosa che deve essere modificato e, allo stato attuale delle cose, tale sistema ha messo nell’angolo i ricercatori. Anche in questo senso si è scritto più volte e preso ampiamente posizione.      Spesso in tali scritti non si riscontra affatto il nome del Ministro o il DDL in questione, proprio perché non è una questione contingente quella che deve essere affrontata e non dipende semplicemente dai favori o dagli umori di questo o quello schieramento politico.
   Ripetiamo, i ricercatori possono anche aver aderito alla “lotta” contro il DDL, ma il loro problema è “a prescindere”.
....
  La motivazione era ed è il disagio dei ricercatori all’interno di un sistema che non funziona, che non li appaga e che viene ulteriormente messo a dura prova con il DDL. Se così non fosse, la protesta rischierebbe di rimanere impantanata sulle incertezze del quadro politico attuale, sulla speranza di un’eventuale termine anticipato della legislatura che di conseguenza bloccherebbe definitivamente l’iter parlamentare del DDL.

  ....
E perciò l’attenzione dovrà rimanere alta “a prescindere” perché il DDL deve essere il mezzo e non il fine per risolvere il problema. Se infatti l’università fosse finanziata, il DDL fosse


Ivano Dionigi


Segnale di sfondamento
dei Ricercatori a Bologna ?

Evidenti difficoltà di far partire l'attività didattica inducono il Rettore, il Senato Accademico e i Presidi a invitare i Ricercatori a tornare sulle loro posizioni
(Per notizia: L'Ateneo è stato tra i duri nel
pre-pensionare proff. Associati e Ordinari,
troppo costosi rispetto ai Ricercatori)

La Lettera ai Ricercatori

                               "Cari colleghi,
pur nella consapevolezza del grave disagio e delle difficoltà che i ricercatori stanno attraversando, sono a chiedervi - in conformità alla deliberazione unanime del Senato Accademico di quest'oggi - di confermare o meno la vostra disponibilità a garantire l'avvio delle attività didattiche che rappresentano un dovere dell'Ateneo nei confronti degli studenti e delle famiglie le quali, al pari nostro, stanno fronteggiando momenti di profonda crisi economica e sociale.

Vi chiedo pertanto di restituirmi, debitamente compilata e sottoscritta, la dichiarazione allegata alla presente, entro le ore 13:00 di venerdì 17 settembre. In caso di impossibilità da parte vostra a far pervenire la suddetta dichiarazione entro la data sopra definita, una vostra comunicazione via mail potrà comunque far fede, in attesa dell'invio del documento ufficiale.

In assenza della dichiarazione allegata entro il termine indicato, ovvero in caso di dichiarazioni di indisponibilità a svolgere l'attività didattica, la Facoltà dovrà individuare modalità alternative di copertura degli insegnamenti, al fine di assicurare l'avvio delle lezioni.

Il Senato Accademico ha peraltro confermato in data odierna gli impegni già assunti nella riunione del 20 luglio, e in particolare: l'organizzazione di una giornata di riflessione e discussione pubblica, nei primi giorni dell'Anno Accademico, nelle diverse Facoltà e sedi, sui temi della ricerca e dello status dei ricercatori universitari; l'impegno ad attribuire la massima priorità alla programmazione di posti da Associato, compatibilmente con i vincoli del bilancio 2011.

   Vi ringrazio fin d'ora per la comprensione e per la collaborazione che vorrete accordarmi e Vi saluto molto cordialmente."                                 Segue FIRMA

corretto come molti di noi auspicano ma continuasse a mancare una soluzione allo stato giuridico dei ricercatori, saremmo comunque soddisfatti? Difficilmente. Ed è per questo che il CNRU mantiene alta l’attenzione soprattutto su questo problema e non perché non ritenga tutto il resto altrettanto importante. Alimentare questo equivoco significherebbe volere il male dei ricercatori.
    Una protesta per definizione tende a stressare il sistema cercando di metterne in risalto le contraddizioni. La contraddizione che mette in risalto la protesta dei ricercatori sembra evidente e spiega la mancanza di una vera partecipazione delle altre componenti universitarie. È lampante il fatto che senza applicare una sorta di “ingiustizia” il sistema non è in grado di funzionare, nemmeno ai minimi accettabili.
   Questo significa che la protesta è giusta proprio perché mostra “quel” limite del sistema, appalesando proprio come in modo assurdo e nel silenzio dei più esso si sia andato a configurare negli ultimi decenni, indipendentemente dal colore del governo e dal nome del ministro.
....
    Una volta che i ricercatori avessero deciso di riaccettare i carichi didattici cosa succederebbe? Che una simile decisione diventerebbe vincolante, dal punto di vista legale, per il prossimo anno accademico e per un anno si continuerà a discutere di “nulla” esattamente come finora successo. Si chiede un impegno “legale” a fronte di un “nulla” da offrire, se non un generico istinto materno da stimolare. Non è mai facile la strada a cui si chiede di accedere gratis.       È altresì evidente che l’ideale sarebbe stato, e continua ad esserlo, che le altre categorie universitarie si rendessero finalmente disponibili a utilizzare l’unità dei ricercatori (ancora presente) e spingessero anch’essi nella direzione che mostri a tutti come il sistema non funziona, come basta stressarlo un poco per farlo crollare: non certo quella di scegliere la strada di affannarsi a mettere l’ennesima toppa al sistema traballante, come stanno facendo alcuni presidi. Qualunque sia il risultato della toppa, i problemi non cambieranno e non si risolveranno da soli. Saranno solo procrastinati per l’ennesima volta, a tutto danno dei ricercatori.

.....                                                                                                                                          CNRU

 

LETTERA  di "Universitas News" AL PRESIDENTE  BERLUSCONI
all'indirizzo: Centromessaggi@Governo.It
A  CUI  IL  PRESIDENTE  NON  HA DATO RISPOSTA

SUN - Universitas News
www.universitas.bo.it
Prof. Nino Luciani
Ordinario di Scienza delle Finanze, Universita' di Bologna
347 9470152


Al Presidente del Consiglio On. Dr. Silvio Berlusconi
p.c. : Al Presidente della Commissione Istruzione del Senato Sen. Ing. Dott. Guido Possa

Oggetto: Riforma Gelmini - Disegno di Legge "Senato 1905"

   Sig. Presidente,
   il DDL in oggetto ha terminato l'iter, in sede referente, presso la Commissione Istruzione del Senato.
La Commissione ha fatto, credo, tutto cio' che poteva fare ..., compatibilmente con la volonta' del Governo.
  Nelle precedenti settimane, i sindacati universitari avevano fornito le loro proposte emendative. Io stesso avevo organizzato, all'universita' di Bologna (12 febbraio 2010) una conferenza nazionale, a cui avevano partecipato i due Presidenti delle Commissioni Istruzione e Cultura del Senato e della Camera (G. Possa e V. Aprea) , e del Sen. G. Quagliariello, alcuni parlamentari delle commissioni medesime, il Presidente della CRUI (Decleva). Ne trova un resoconto in: http://www.universitas.bo.it/Conferenza.htm#RISULTATI .

   Sta di fatto, che il testo approvato in sede referente (e che andra' presto in aula) conserva alcuni difetti gravissimi, per cui non ne uscira' una riforma migliorativa dell'esistente. E questo mi dispiace, mentre rimangono vive le attese fiduciose del mondo universitario, anche emerse nel corso della recente settimana di mobilitazione nazionale sul DDL (17-22 maggio 2010).

   Andiamo per punti, in essenziale:
   1) Governance. Le soluzioni, adottate nel DDL, sono strumentali al vincolo del "costo zero". In questo senso, riterrei di soprassedere a proposte emendative della Governance. Il punto, su cui vorrei richiamare la sua attenzione e' il "costo zero", a cui la Governance e' funzionale..
   A mio modo di vedere, nulla questio sul "costo zero" per lo Stato, se questa e' la direttiva politica del suo Governo. Mi appare, invece, incomprensibile che il suo Governo impedisca anche alle universita' di fissare liberamente le tasse studentesche per pareggiare il bilancio.
   Va, tuttavia, ricordato che questo impedimento e' legato al fatto che le universita' devono fare agevolazioni per studenti bisognosi e meritevoli (art. 34 costituzione). Riguardo a questo, io le proporrei di sollevare le universita' da questo compito, e di affidarlo, invece, direttamente al MIUR, su un fondo, salvo dare delega di gestione alle Regioni.
   In questo senso, vale dire sgravando le universita' dal vincolo di fare "socialita' ", si potrebbe permettere a loro di rifinanziarsi direttamente sul mercato.

   2) La meritocrazia e la valutazione, di cui viene detto essere vanto del DDL, e' largamente una "invenzione" senza fondamento. I motivi sono due:
  a) Per l'art. 97 della Costituzione, la valutazione e la meritocrazia, anche durante la carriera, vanno attuate con concorso pubblico (l'opposto del precariato). Invece, il DDL si fonda sullo "impact factor", vale dire sul numero delle pubblicazioni, classificate per collocazione editoriale. Sarebbe come scegliere un vino guardando alla bottiglia, senza assaggiarlo. Un contadino ("scarpe grosse, cervello fino",) non farebbe mai in questo modo. Lo "impact factor" va bene, ma solo come indizio;
  b) Il DDL vuole la abilitazione nazionale (con commissioni sorteggiate) e, poi, i concorsi locali (e questa e' cosa buona, per la celerita' delle procedure). Ma per il concorso locale vuole le commissioni scelte dal Rettore tra i professori del dipartimento. Questo peggiorerebbe molto il difetto del localismo di cui alla legge 210/1998, in quanto i dipartimenti sono molto corporativi. Il sorteggio (nel settore scientifico nazionale) anche per il concorso locale e' la soluzione imprescindibile.

   3) La riforma GELMINI non prevede "norme transitorie" per i Ricercatori a tempo indeterminato, pur abolendone il ruolo in anticipo rispetto a quanto previsto (2013). Questo non e' giusto, tenuto conto del peso che essi (il 41% dei docenti di ruolo) portano da anni per la didattica e la ricerca, senza possibilita' di carriera, per i vari blocchi dei concorsi, in passato. Penso sia nell'interesse dell'universita' introdurre "norme transitorie" per il passaggio dei Ricercatori alla II Fascia, sia pur col rispetto di determinate condizioni di merito, come gia' fu fatto per gli assistenti ordinari nel 1980.

   Signor Presidente, ho fiducia in Lei.
   Mi metto a Sua disposizione per ogni utile chiarimento e contributo, che volesse richiedermi.
                                                                                                                      Il Direttore: Nino Luciani
   Bologna, 26 maggio 2010

 

 

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Ivano Dionigi


RIFORMA DELLO STATUTO

L'assemblea congiunta di CdA e Senato
nomina una Commissione, 30 marzo 2010

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I componenti della Commissione

  Giuseppe Caia, Paolo Pombeni, Giliberto Capano, Giovanni Dore, Aldo Bertazzoli,
Guido Avanzolini, Marco Zoli, Angelo Varni, Rosella Rettaroli, Davide Pianori (studente),
Alberto Aitini (studente), Giovanni Longo, Donatella Alvisi, Cristina Balboni.

Obiettivi affidati alla Commissione

  La nomina è stata accompagnata dai seguenti obiettivi, da raggiungere con la riforma statutaria:

1. ribadire e rafforzare l’autonomia per quanto attiene la scelta degli obiettivi strategici e delle modalità di autogoverno;

2. assumere una più esplicita responsabilità sociale rispetto ai processi di ricerca ed elaborazione di nuove conoscenze, di formazione delle nuove generazioni, nonché di trasferimento di saperi e competenze anche a beneficio del tessuto sociale ed economico;

3. individuare con chiarezza il ruolo degli Organi di Governo dell’Ateneo rispondendo all’esigenza condivisa di ridefinirne le funzioni, semplificare e migliorare la loro capacità di programmazione e di decisione rispetto agli obiettivi strategici;

4. definire nuovi modelli organizzativi che, in un contesto di scarsità di risorse, consentano di affrontare con successo la crescente competizione tra atenei a livello nazionale e internazionale;

5. superare la tradizionale separazione organizzativa tra didattica e ricerca che limita le potenzialità dei singoli e delle strutture in entrambi gli ambiti, impedendo di raggiungere i livelli qualitativi perseguibili;

6. rivedere il sistema delle relazioni istituzionali tra organi centrali e strutture decentrate definendo nuovi equilibri tra l’esigenza di verticalizzare i processi decisionali per recuperare efficienza e di coinvolgere adeguatamente le strutture decentrate che devono esercitare la propria autonomia in modo responsabile;

7. affinare il sistema multicampus attraverso un assetto istituzionale che renda possibile una programmazione unitaria a livello di Ateneo delle attività di didattica e soprattutto di ricerca;

8. incentivare il senso di partecipazione al perseguimento dei fini comuni anche mediante una maggiore collegialità degli Organi delle strutture decentrate.

  Nino Luciani, Riforma o controriforma ? Per chi, come me e come i Colleghi del "Gruppo dei 30" (in risposta a precisa sollecitazione pubblica del Rettore Calzolari), avevamo predisposto una bozza di riforma, a supporto della (allora) Commissione nominata dal precedente Rettore, può parere una vera contraddizione la domanda: "Riforma o controriforma ?"
  I motivi mi sembrano perfino ovvii:
1) Un Rettore che vuole andare avanti costruttivamente deve essere trasparente, in modo da essere coadiuvato dalla Comunità scientifica, per quello che può fare.
  Reclamerei, dunque, che il Rettore coinvolga la Comunità per questa riforma necessaria e tanto attesa.
  Confido che il prof. P. Pombeni, col quale il Gruppo dei 30 ha condiviso ripetuti incontri di Ateneo sulla riforma; anzi, Lui (che subì la beffa, ... che sappiamo) sicuramente sarà solidale con questa invocazione di partecipazione allargata alla costruzione del progetto.

2) Ma c'è dell'altro ..., e tenendone conto, subentrano perplessità di altro tipo.
a) E' in piena azione l'iter parlamentare per la riforma della Governance;
b) Le dichiarazioni, rese negli Organi, dal Rettore andrebbero nel senso che Egli si propone di anticipare la sostanza del progetto governativo, senza attenderne i possibili tempi lunghi.
c) il progetto Governativo è sostenuto solo da Confindustria ed avversato radicalmente da tutti i Sindacati Universitari, fino ad avere già proclamato una settimana di agitazione dal 17 al 22 maggio 2010.
  I motivi della avversione sono che il DDL del Governo è ritenuto:
- contro l'autonomia universitaria;
- contro il diritto allo studio;
- contro il premio del merito dei docenti, anzi un moltiplicatore del precariato.
d) Il Rettore ha presenziato alla conferenza nazionale di Bologna del 12 febbraio, in cui c'è stato il confronto tra Sindacati e Presidenti delle Commissioni Istruzione e Cultura di Camera e Senato.
   Dunque il Rettore è bene al correne della stato del contrasto.
   Torno all'inizio: questo Rettore è per una riforma o per  una controriforma ? NL

 

****

Quali strategie per il futuro dell'Ateneo

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P.Paolo Diotallevi


Idee dalla Facoltà di Ingegneria
per la riforma didattica

Due lettere del Preside (2008 e 2009),
da noi ripescate dal cassetto

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Ivano Dionigi

Nello scorso anno il nuovo Preside, alle prese con difficoltà a coprire gli insegnamenti, ha lanciato nuove idee, con due rispettive lettere, alla Facoltà. Esse, tuttavia, sono rimaste soffocate perchè in rotta di collisione con l'indirizzo del rettore CALZOLARI, allora in carica, e del suo braccio destro ProRettore MASETTI, già Preside a Ingegneria.
  Considerato che il nuovo Rettore DIONIGI ha annunciato che, in Ateneo, i suoi ProRettori stanno lavorando alla riforma, ci è sembrato utile ripescare dal cassetto le due lettere.
  Facciamo precedere alcuni dati dell'Ateneo, da cui partire per nuove idee. Si nota un numero abnorme di insegnamenti, in rapporto al numero delle lauree, a loro volta già eccessivo.
  Anche il numero dei professori a contratto e di professori esterni appare abnorme rispetto al numero dei professori di ruolo (ordinari, associati, ricercatori), con evidenti dubbi sulla garanzia della qualità degli insegnamenti.

Università di Bologna - Dati statistici complessivi

anno 2000 2001 2002 2006 2008 2009
Numero
Insegnamenti

14.124

23.651

30.875

25.946

23.970

17.867
Corsi di laurea

-

- - - 79 78
Corsi di laurea - - - - 75 85
Professori di ruolo (Ord. - Ass. - Ric.) - - -
3.278
-
3.102
Professori a contratto - - -
2.525
-
6.055
Docenti esterni - - - 933 - 893

                            La prima lettera
                                     (ottobre 2008)

  Nota. Nella prima lettera, l'idea portante è "ridurre il numero delle lauree al numero delle classi di laurea" previste per l'ingegneria" e "al loro interno, fare spazio adeguato singoli indirizzi" .

"1.- 
Il nostro compito. L''Università italiana, unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un momento di grave incertezza derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le difficoltà economiche, sia dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro compito deve essere quello di osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi aspetti che hanno condotto l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non dovendo noi, operando dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano esclusivamente su altri lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una realtà non da noi voluta e realizzata.
   Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti, quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti, della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla diffusione della conoscenza.
  A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di preparare ed offrire loro.

2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti, non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni, piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
   La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
  La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati, quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente, garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato, anche recentemente, trascurato.
  Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.

3.-  I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
  Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo, peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
   Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
  Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri pensionamenti.

4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree. Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta formativa nelle lauree magistrali.
  L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi.
  Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
  Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale - certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e dei servizi della Facoltà.
    L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe.

                         La seconda lettera
                                      (aprile 2009)

 Nota. Nella seconda lettera l'idea portante è che più che la vera riforma, più che alla riduzione del numero delle lauree, deve puntare alla riduzione del numero degli insegnamenti, mediante: a) l'accorpamento degli insegnamenti; b) discipline comuni, al primo anno.

 " 1.- L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M. 270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e degli insegnamenti.
   L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti di età previsti.
  Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare per la copertura degli insegnamenti.
  D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la didattica sono in via di riduzione.
   L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli insegnamenti.
   Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del contatto con uomini e docenti eccellenti.

   2.- Oltre a queste considerazioni che fanno prevalentemente riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta didattica, ritengo doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove iniziative di cui si dirà in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11 corsi di Laurea e n. 13 corsi di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a ciclo unico di cinque anni.
   Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti (ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
   Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico,  otteniamo che il numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
  Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2 volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
   Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è proposta dalla Facoltà.
    Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa di razionalizzazione.

3.- D'altra parte
, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino dei corsi di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta più ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in linea con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di formare studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella quale, al termine dei loro studi, andranno ad operare.
  La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.

  4.- A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse sia umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di insegnamenti e del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo che la Facoltà, ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera organizzazione della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.
  Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti l'insieme di queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal novembre 2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento "virtuoso" ed anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno meditati, inevitabilmente l'Ateneo ci costringerà ad attuare.

   5.- Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei Consigli di Corso di studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per sollecitarvi a questa riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi obiettivi, prima che altri ce lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in modo drastico. La valutazione che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con riferimento ad esempio all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti presenti in Facoltà; non è solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande), ma la qualità e l'efficienza della didattica.
   Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non confluiscono in un unico fiume di sapere.
   Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
   Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.    Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

(Continua: prima lettera) La differenziazione nella formazione può avvenire comunque secondo gli indirizzi aventi specifiche e caratterizzanti denominazioni atte ad individuare l'ambito di competenza cui il corso prevalentemente si rivolge.
5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti disciplinari preferiti.
   L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di studio così fortemente frammentati.
   La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali, ovvero sulla totalità degli studenti.

6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una via diversa.
  Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri, sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.

7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà una discussione su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di studio, la Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i tempi di attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già un buon successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi del DM 270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva dell'assetto egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della Facoltà e della formazione.                                                                                                                            Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

 


Dal "vecchio" (ma ancora giovane)  al "nuovo" Direttore amministrativo

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Fabro Ines
già Direttore Amm.vo



Ringraziamento  alla Dr.ssa Ines FABBRO

Anche Lettera aperta del prof. G. Barbiroli alla Dr.ssa Ines Fabbro
e
Considerazioni del prof. G. Porzi sul passaggio al nuovo Direttore

    Per parte del nostro Foglio desideriamo ringraziare la Dr.ssa Ines Fabbro per il servizio (tutta un vita) reso, in piena dedizione, all'Alma Mater e a tutti noi: docenti, tecnici, amministrativi.
    Pur avendo criticato la gestione della Dr.ssa Fabbro, questo ringraziamento non è solo un atto dovuto. Siamo stati sempre consapevoli che la Dottoressa ha dovuto affrontare (non avendo più a monte un Governo centrale che paga a pié di lista) problemi difficili, anche impari perchè non sorretta da chi, invece, di parte docente, ha svolto in modo inadeguato il suo compito, forse perchè non all'altezza del proprio ruolo, o forse perchè non sorretto da buona salute (anzi in pessima salute, e a lungo).
   Ben altra gratificazione la Dottoressa aveva avuto nel periodo in cui aveva svolto quel compito, sotto la guida di un "fuori classe", nome con cui Lei stessa chiamò Fabio Roversi Monaco, in chiusura del mandato rettorale a Santa Lucia il 31 ottobre 2001, e di cui aveva dichiarato voler "requisire" la toga, per conservarla nelle mura del Rettorato.
    Ma ormai il tempo è passato, ed è stato opportuno dare un taglio a tutto, e ricominciare da capo con persone nuove.
   Poi la storia renderà giustizia a tutti, nel bene e nel male.
   E, c'è, poi, che "chi lascia eredità di affetti, avrà gioia successivamente" (parole di U. Foscolo, qui tradotte in positivo).       Se questo avverrà, lo potrà verificare Lei, per prima.    Nino Luciani
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Giancarlo Barbiroli*, Lettera alla Dr..ssa Ines Fabbro
Lettera aperta, inviata anche a tutti i Docenti

* Ordinario di merceologia, Già Preside della Facoltà di Economia, Univ. di Bologna

   Pregiatissima e Gentilissima Dottoressa Fabbro,
   il suo messaggio di saluto del 30 Settembre mi dà lo spunto per alcune considerazioni sull'azione che ciascuno svolge in una Università importante (o che dovrebbe esserlo) come la nostra, e quindi sui criteri di gestione.
   Sono sempre più convinto che, operando in un contesto così complesso e articolato (ma pubblico, non dobbiamo dimenticarlo), se le decisioni e le scelte non sono prese su basi razionali e oggettive, i risultati ottenuti non potranno che essere, o non, corrispondenti agli sforzi (e alle spese), oppure addirittura opposti a quelli che si dovrebbero ottenere per conseguire gli obiettivi propri (qualificazione e potenziamento della ricerca e della didattica).
   Non sto affermando niente di diverso da quanto ho proposto alla fine di marzo: è indispensabile "rifondare "l'Università su criteri razionali, verificabili e verificati, come quelli che conducono l'azione degli Atenei Europei ed extra Europei.
   Purtroppo il confronto mi dà e mi darà sempre più ragione, perchè noi siamo lontani anni luce da questa loro condizione rigorosa. Nei numerosi incontri avuti in Aprile e Maggio (durante il dibattito per le elezioni del nuovo rettore - N.D.R.) ho purtroppo riscontrato che tante realtà sono " a metà del guado", creando forti tensioni e preoccupazioni.
  Chi opera al loro interno considera che ciò dipenda dal fatto che le scelte non siano state effettuate con razionalità, quasi con una "navigazione a vista". E da queste condizioni difficili non si sa come uscire, creando ulteriori tensioni e preoccupazioni. Anche gli squilibri di risorse tra aree diverse, e tra aree scientifiche e attività di supporto creano irritazione e preoccupazione.
   Questa nostra realtà è ben nota negli Atenei internazionali rinomati che contano, e viene considerata "un grande gap istituzionale", tanto che, anzichè noi essere "fuori classifica" come Ateneo più vecchio del mondo e per le tante eccellenze scientifiche (c'è stato anche, il 9° Centenario di mezzo, e non è stato poco!!), veniamo collocati verso il 180° posto.
   Altre spiegazioni diverse ? Verrò considerato pessimista, ma, al di là degli opportunismi o delle ipocrisie, da anni a Bologna e dintorni è diffusa questa convinzione.
   Lei potrà obiettare: ma questa esigenza di rifondare l'Università su basi razionali non ha avuto successo numerico nelle elezioni rettorali, in maggio scorso.
   Lei sa la ragione: "le culture prevalenti" conducono in altre direzioni, però con un chiaro trend in discesa.
   Pazienza, così è se vi pare !
   Chissà che in un "rigurgito tardivo di autocoscienza e responsabilità" non mi si darà ragione, anche se per manifestarlo occorre un totale e diffuso "anticonformismo", che non vedo da tempo, nè all'orizzonte.
Con tanti auguri per le sue attività future.G. Barbiroli



Gianno Porzi*, Il Dottor Colpani, nuovo Direttore Amministrativo


*
Membro del CdA

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Gianni Porzi

   Forse è opportuno spendere qualche parola sulla complicata vicenda della nomina del nuovo Direttore Amministrativo del nostro Ateneo.
   Nella seduta del CdA del 10 novembre 2009 il Dr. Colpani, proposto dal MR, è stato nominato D.A.

   La delibera è stata assunta all’unanimità non solo sulla base del curriculum del Dr. Colpani, ma anche come atto di fiducia nei confronti del MR che in questo ultimo periodo si è fortemente impegnato nella ricerca di una persona competente e dinamica all’altezza dell’incarico importante, quanto gravoso, che dovrà ricoprire a partire dall’1/1/20010.
   Al Dr. Colpani, che mi auguro farà il massimo per ridare al nostro Ateneo quel prestigio che merita, vanno i più sinceri auguri di buon lavoro
   Si conclude così un lungo e travagliato iter iniziato più di un anno fa quando cioè il CdA decise, su proposta del Rettore (nonché del Direttore Amministrativo), una procedura di selezione, per individuare il nuovo D.A., assurda quanto inutile, tant’è che si concluse con un nulla di fatto.
   Ritengo valga la pena ricordare alcuni passaggi importanti di tale vicenda. Più di un anno fa il CdA autorizzò il Rettore ad emanare il bando per l’incarico di D.A., precisandone il profilo.

    Nella seduta del CdA del 17/3/2009 il Rettore, senza peraltro aver preventivamente informato i Consiglieri affinché potessero prendere una decisione consapevole e in piena coscienza (motivo per il quale il sottoscritto rifiutò di partecipare alla deliberazione abbandonando la seduta), propose, e il CdA approvò a maggioranza, la composizione della Commissione di esperti (da lui stesso presieduta) che avrebbe dovuto valutare i candidati.
    Inoltre veniva precisato che, al termine dell’iter istruttorio della Commissione, il nominativo da sottoporre all’approvazione del CdA sarebbe stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore neo eletto.
   Poiché il significato di "consultare" è quello di "sollecitare un consiglio, un parere", che non è quindi vincolante, il Rettore in carica aveva solo l’obbligo di sentire il "parere del Rettore neo eletto"; un parere non ritengo costituisca un vincolo, come invece si è tentato di farlo apparire.
   Al bando risposero ben 47 candidati che la Commissione valutò attraverso colloqui riservati solo a coloro che avevano superato una prima selezione basata sull’esame dei curricula.

   A conclusione della selezione operata dalla Commissione, il CdA era, ovviamente, in attesa di conoscere sia la rosa di candidati (quattro) ritenuti dalla Commissione idonei a ricoprire l’incarico di D.A., sia il nominativo del candidato proposto dal Rettore in carica, "sentito il parere" del Rettore neo eletto.
   In modo del tutto inaspettato, quanto incomprensibile, nella seduta del CdA del 24/7/09 il Rettore comunicò che il prof. Dionigi (Rettore neo eletto) aveva dichiarato di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro autorevoli candidati selezionati dalla Commissione" e quindi il Rettore in carica dichiarò di non

essere in grado di proporre un candidato per l’approvazione da parte del CdA.
   In modo altrettanto sorprendente, il Rettore propose al CdA di prendere atto della dichiarazione del prof. Dionigi e di rinviare quindi la nomina del Direttore Amministrativo a dopo l’insediamento del nuovo Rettore affidando dal 1 ottobre, e fino al momento del conferimento dell’incarico, la funzione ad un Dirigente dell’Ateneo.
   Nonostante la posizione contraria assunta dal sottoscritto (e non solo), in quanto ritenevo che la procedura doveva essere correttamente conclusa con una proposta del Rettore, il CdA deliberò a maggioranza di rinviare la designazione del nuovo Direttore Amministrativo ad un momento successivo all’insediamento del nuovo Rettore.
    Ritengo che l’interruzione della procedura di nomina del nuovo D.A. non sia stata una decisione corretta perché :
- all’odg della seduta del 24/7 era prevista la "nomina del D.A." e quindi il Rettore in carica doveva proporre al CdA uno o più candidati della rosa selezionati dalla Commissione procedendo poi alla votazione;
- l’azione del CdA non può essere subordinata al parere di chi, pur essendo stato eletto, non è ancora in carica.
  In tal modo nella seduta del 24/7 il CdA, che è l’organo deputato a deliberare il conferimento dell’incarico di D.A., non è stato messo in condizione di poter prendere una decisione su un argomento previsto dall’odg.
    Infine ritengo non sia da escludere che nel non aver concluso l’iter di nomina del D.A. possa configurarsi un danno erariale dal momento che la procedura di selezione dei candidati, che non ha portato ad alcun risultato, ha comportato tuttavia un impegno economico per l’Ateneo (non va dimenticato infatti che tre Membri della Commissione venivano da fuori Bologna). Gianni Porzi  (Rappresentante del Governo nel CdA)

 

BOLOGNA. Il problema della nomina del nuovo direttore amministrativo.
Falla nel sistema di potere del rettore Calzolari, che  in questi anni
ha fatto le pentole , ma (questa volta) senza il coperchio.

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Fabro Ines
Direttore Amm.vo

in uscita

Il Rettore-entrante aveva opposto (a Calzolari) di   "NON  AVERE    ELEMENTI SUFFICIENTI  PER  DISCUTERE  DELLA  ROSA   DI  4  AUTOREVOLI CANDIDATI,   PRESELEZIONATI   DALLA COMMISSIONE"

Ma è evidente che si tratta di una "risposta-non risposta",
che sta per : "Non è affar mio fare atti prima della presa di servizio"

Interim, al momento, alla Dr.ssa Giovanna F. Falsetti

VERSO UN "UOMO NUOVO" (come Direttore Amm.vo),
sulla testa del Consiglio di Amministrazione ?

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Ivano Dionigi
Rettore in entrata

Nino Luciani, "Attesa di vedere se il RETTORE ENTRANTE è "continuo" o "discontinuo",
rispetto a Calzolari "
 

1.- Traditore o novello Becket ? Risulta che, nella riunione del  24 luglio 2009, il CdA aveva bloccato il procedimento per la nomina del nuovo Direttore Ammiistrativo. Il motivo è che il Rettore-entrante (che "vox Populi, vox Dei" aveva indicato come particolarmente desiderato da Calzolari perchè presunto "continuo" alla sua politica), avrebbe opposto di  "non  avere   elementi  sufficienti  per  discutere  della  rosa  di  4  autorevoli candidati, preselezionati  dalla  commissione". Dunque:
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sul dr. Bruno Quarta, pur se apprezzato da Calzolari su "Il Sole-24 ORE mentre era in corso la selezione e pur se Dirigente che Dionigi, da Membro della Commissione Ricerca scientifica, ha incontrato ripetutamente;
- " ELEMENTI INSUFFICIENTI" sulla Dr.ssa Francesca Bitetti, pur se con tre titoli a prova di bomba: Direttore Amministrativo di "Cà Foscari" e, prima, di Urbino; e, prima ancora, Dirigente dell'ufficio Controllo di gestione dell'Ateneo di Bologna, dove si era distinta per la ferrea mano e il senso delle istituzioni. In quel periodo Dionigi era stato Consigliere di Amministrazione per 6 anni.
  Siamo stati di fronte al classico "tradimento" dell'elettorato, a cui siamo usi in Italia, subito dopo le elezioni?
  O siamo stati di fronte al rinsavimento di Becket che, nominato Arcivescovo di Canterbury perchè "amico del Re", poi la sua coscienza gli ricorda che ... un "Vescovo è servo di Dio, prima che del Re" ?  

  E c'è una terza possibilità: che il Rettore-entrante abbia così ragionato con i suoi consiglieri: "Io non sono ancora in carica. Non è affare mio, giuridicamente, compiere atti prima della presa di servizio". (E' vox populi che in questo periodo egli abbia quasi completato la formazione della propria squadra). Dunque quella risposta va presa come una "risposta-non risposta", un modo per dare tempo al tempo.
  Questa terza interpretazione delle sue parole mi sembra quella corretta e, se così è, è stata anche una decisione di buon valore politico, pur se il problema di fare il coperchio alla pentola di Calzolari&Co. sarà solo rinviato al primo giorno della presa servizio.

2.- E Calzolari ?
La Commissione era stata costituita, in evidente conflitto di interesse tra Rettore e Ateneo. Infatti, pur essendo attese le elezioni di un nuovo rettore, quello in scadenza si era autoprosto per la presidenza della Commissione (e, proposto gli altri 4 membri), e ciò era divenuto definitivo perchè non contestato presso il TAR.
   Però non c'era una assoluta necessità di nominare un nuovo Direttore Amministrativo alla scadenza. Anzi spesso, nella Pubblica Amministrazione (e specie quando c'è un avvicendamento nelle cariche elettive), i nuovi contratti sono fatti dopo la scadenza, con proroga di quelli in essere.
   Pensare male è peccato, ma ci si prende quasi di sicuro se si pensa che il "potere in essere" (quelli eletti negli Organi lo scorso anno, e che rimarranno ancora a lungo) abbia tentato di rimanere in sella. Già ... perchè il Direttore amministrativo è la pedina fondamentale a cui attaccarsi per esautorare un rettore..., condizioni permettendo.
  Penso che il Rettore ne fosse cosciente, e non volendo eccedere (perchè, come Bruto, egli è un uomo onesto) aveva subordinato la quadratura del cerchio alla scelta finale, da parte del successore-eletto. Ma è evidente (soprattutto col senno di poi) l'estrema debolezza politica di questa decisione: quella di subordinare la sua applicazione ad "uno", estraneo alla decisione stessa, anche se la sua mancata adesione sarebbe irrilevante, se fosse davvero necessario e urgente provvedere per la Pubblica Amministrazione. Ma questa urgenza non c'è.
  Non se ne penta Calzolari: la logicità e la coerenza in politica sono rare in questo Paese, e nulla di buono si può costruire, se non si parte da esse.

3.- Le possibilità per il Rettore-entrante
. Quanto ipotizzato vale per adesso, ma non più dal 1 nov. 2009 , quando il nuovo Rettore prenderà servizio, e si ritroverà comunque sul tavolo le conclusioni della Commissione, anche perchè 4 candidati, (per di più "non classificati", tra  cui scegliere), sono tanti, e solo l'eccesso di personalismo può spiegare il rifiuto di tutti

CdA del 15 sett. 2009

G. Porzi*, Per la mancata nomina
del Direttore Amministrativo, è
ipotizzabile il reato di danno
erariale, a carico del CdA


* Rappresentante del Governo in CdA

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Gianni Porzi

  All'Università di Bologna si è venuta a creare una situazione grave per quanto concerne la procedura di nomina del nuovo Direttore Amministrativo, la cui attività è fondamentale per il governo dell'Ateneo.
   Dopo la decisione assunta dal CdA il 24 luglio u.s., su proposta dal Rettore Calzolari, di sospendere la procedura di nomina del Direttore Amministrativo (che dovrebbe prendere servizio dall'1/10/09) ritengo che si sia configurata una irregolarità dal punto di vista procedurale e un danno dal punto di vista sia organizzativo-gestionale dell'Ateneo che economico. Infatti, il 30/9/2008, il CdA autorizzò il Rettore ad emanare il bando per l'incarico di Direttore Amministrativo e il 17/3/2009, il CdA deliberò a maggioranza la composizione della Commissione, proposta dal Rettore e da lui stesso presieduta, che avrebbe dovuto valutare i candidati.

   Inoltre, veniva stabilito che al termine dell'iter istruttorio ad opera della Commissione, il nominativo da sottoporre all'approvazione del CdA sarebbe stato proposto dal Rettore in carica dopo aver "consultato" il Rettore neo eletto al fine di garantire quel necessario rapporto fiduciario tra Rettore e Direttore Amministrativo.
   Al bando risposero 47 candidati e la Commissione concluse i lavori ai primi di luglio individuando quattro candidati idonei a ricoprire l'incarico di Direttore Amministrativo. Ciò nonostante il Rettore nella seduta del CdA del 24 luglio, in cui riferì al CdA quanto dichiarato dal Rettore neo eletto, prof. Ivano Dionigi, (cioè di "non avere elementi sufficienti per discutere della rosa dei quattro candidati selezionati dalla Commissione"), comunicò di non essere in grado di proporre un candidato da sottoporre all'approvazione del CdA interrompendo così la procedura di nomina iniziata lo scorso anno con l'emanazione del bando di selezione.
    Pertanto, la nomina del nuovo Direttore Amministrativo è stata rinviata a dopo l'insediamento del nuovo Rettore (che avrà luogo l'1 novembre p.v.), il quale potrebbe non condividere la procedura messa in atto per la selezione e quindi le conclusioni della Commissione.
    In tal caso, ritengo si possa configurare un danno erariale poiché la procedura di selezione ha comportato un impegno economico per l'Ateneo.
    A tutto ciò si aggiunge un fatto grave, cioè la delegittimazione del CdA che in tutta la procedura ha avuto un ruolo marginale quando invece è il solo organo competente a deliberare l'attribuzione di incarichi dirigenziali.
    Sostanzialmente, il Rettore in carica ha subordinato l'azione del CdA alla non decisione del Rettore neo eletto (non ancora peraltro subentrato nella carica) bloccando così la procedura di nomina del nuovo Direttore Amministrativo, carica che dovrà pertanto essere affidata pro tempore ad un Dirigente dell'Ateneo poiché l'attuale Direttore cesserà dall'incarico il 30 set p.v. .
   A mio avviso il Rettore, sentito quanto dichiarato dal prof. Dionigi (come previsto dalla delibera del CdA del 30/9/2008), avrebbe dovuto proporre Lui stesso al CdA il nome di un candidato per l'incarico di Direttore Amministrativo, essendo l'organo deputato a deliberare la nomina.
   Quindi, non avendolo fatto, ritengo che il Rettore sia venuto meno ad un suo dovere.
    Nella seduta del CdA del 15 settembre, su proposta del Rettore che ha consultato il neo eletto Rettore, è stato affidato l'incarico di Direttore amministrativo per il bimestre ottobre-novembre alla Dott.ssa Falsetti che già ricopriva il ruolo di vice Direttore. Resta inspiegabile perché il nuovo Rettore non abbia ritenuto opportuno estendere l'incarico fino al 31 dicembre, cioè a bilancio preventivo approvato.
   Comunque, questa è stata la sua indicazione che il CdA ha rispettato.
   Alla Dott.ssa Falsetti vanno i più sentiti rallegramenti ed i migliori auguri di buon lavoro. Gianni Porzi

loro sulla base dell'affermazione: "non ho elementi sufficienti ...".
  Non vale nulla il giudizio di una regolare Commissione ? Qualche autorità di controllo potrebbe chiedere spiegazioni sulla delibera (di luglio), del CdA, di non procedere; e "qualcuno dei 4" potrebbe fare ricorso al TAR. In questi casi, la partita si ingarbuglierebbe enormemente.
  Nelle more di queste due eventualità, Dionigi potrebbe provare a chiudere gli occhi e nominare d'urgenza un direttore amministrativo di suo pieno gradimento, salvo ratifica del CdA. Questo è l'unico blitz possibile e, pur se con qualche rischio, è una soluzione ragionevole, in quanto si potrebbe sostenere che giuridicamente solo a lui spetta la scelta del suo primo collaboratore, a parte che la cosa è, forse, anche vitale per il successo del suo mandato.
   Soprattutto serve un Direttore consapevole che i problemi del bilancio e quelli didattici (e conseguentemente quelli amministrativi) vanno fatti marciare insieme, non in modo sfasato come ha fatto la (psicologa e politica) Fabbro. Fu la strada che portò  il Rettore  in piazza, a gridare la crisi del bilancio, magari facendo credere che il colpevole fosse il Governo ! (Ahimè, potremo perdonare questa cosa ?)
   Vediamo perchè Dionigi potrebbe nominarsi il direttore.
a) Il Rettore può compiere atti, propri del CdA, in caso di "necessità e indifferibile urgenza", salvo ratifica nella seduta successiva (art. 34, lettera i, dello Statuto).
  L'urgenza c'è, se è vero che il 1 nov. 2009 sarà senza il Direttore (a parte l'essere una urgenza creata dallo stesso Dionigi, mediante una "non decisione", che gli apre la via a giovarsene per esercitare "in spolitario" una scelta determinante e costosa). Ma c'è un'altra via di uscita, se si prescinde da ripensamenti di Calzolari e del CdA ?
  b) Nell'attuale Statuto, la nomina del Direttore Amm.vo NON SEMBRA più materia esclusiva del CdA. Infatti, l'art. 44 dello Statuto, dispone che "Le funzioni di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione, su proposta del Direttore Amministrativo". Il possibile scorporo  del Direttore Amministrativo, dai "dirigenti nominati dal CdA", è avvenuto con la modifica del precedente art. 44 (in vigore fino al 24/5/99), che disponeva: " Le funzioni di dirigente sono attribuite dal Consiglio di Amministrazione".
  Abbiamo parlato di "possibile scorporo", perchè l'interpretazione potrebbe anche essere un'altra: prima il cda nomina il direttore, poi su proposta di esso nomina gli altri dirigenti (la "squadra" del direttore amministrativo", che per legge ha il diritto/dovere di amministrare senza subire ingerenze dagli organi elettivi, cui spetta il "governo")
    Naturalmente si può anche sostenere che, attualmente, la scelta può essere fatta in autonomia dal  Rettore, salvo ratifica di routine del CdA.    Altri Atenei procedono in questo modo.

4.- Conclusioni. Da quanto avverrà avremo la prova del 9, circa la effettiva volontà di Ivano Dionigi di essere "continuo" o "discontinuo", e fors'anche circa la volontà di trovarsi (ex-post) votato alla unanimità, sia pure fuori sacco. NL

 

 


Carla Faralli

Ateneo di Bologna - Tasse studentesche 2009-10

L'Ateneo di nuovo in tensione per forzare, contra legem,
i contributi studenteschi, per stare all'altra legge che vieta
di sforare il 90% del FFO per le spese di personale


Gianni Porzi

Questo fatto (comune alla metà degli Atenei, ma zitto zitto il Ministro Tremonti)
mostra che sono maturi i tempi per la liberalizzazione  dei contributi studenteschi,
e per una legge sul diritto allo studio, che carichi sullo Stato il relativo finanziamento

             Leggiamo nel mini-rapporto di Carla Faralli ai Colleghi della sua Mailing List:
            "A parte l'incremento dell'1,5% pari al tasso di inflazione programmata ai sensi del D.M. 27/2/09,
             le principali novità riguardano:
- la riformulazione delle fasce sulla base non soltanto dei requisiti di reddito ma anche di merito;
- l'attribuzione agli studenti particolarmente meritevoli (media del 28), indipendentemente dal reddito, di uno sgravio del contributo pari al 10%;
- eliminazione della riduzione del contributo del 15% per tutti i fuori corso;
- diminuzione dall'80 al 60% del contributo previsto per il percorso lungo." CF

                  Proviamo a guardare più a fondo ... il mini-rapporto   

a)  l'aumento non è recupero di inflazione di cui al DM 27.2.09 (vedi sotto), invece relativo solo alla "tassa minima";
b)  l'Amministrazione non ha segnalato lo sforamento della quota del FFO (vedi CONSUNTIVI e  D.P.R. 25.7.97, n. 306)
c)  altra anomalia ci fu qualche mese fa, con il divenuto famoso "tesoretto" (vedi sotto l'articolo di G. Porzi);
c)  non emergono elementi di confronto con gli Atenei, qui intorno, ai quali Bologna cede non pochi studenti, da anni.
CONSUNTIVI (a prezzi correnti) - I contributi studenteschi collegati col FFO - Fondo di Finanziamento statale Ordinario
CHIAVE

2006

2007

2008

2009
previsioni

F.E.1.01+ F.E.1.02 Contributi studenteschi (escluso post laurea)

97.701.476,47

97.635.669,97

102.538.885,83*

106.310.893,64


F.E.1.05.01
FFO-Fondo statale per funzionamento ordinario


389.335.072,00


389.071.741,00


402.427.423,00


388.076.069,70


Rapporto Contributi studenteschi/FFO


25,09%


25,09%


25,50%*


27,4%

* Al netto del  presunto "tesoretto" (€ 24.341.368,60 ), incassato, a dicembre 2008, di rate del 2009.

Nino Luciani, A parte le "curiosità" locali, nel by-passare le spinosità della legge, penso che il finanziamento del diritto allo studio dovrebbe diventare un compito dello Stato, con borse di studio e bonus-università, direttamente elargite agli studenti.

1.-  Lo Stato, con le leggi dello scorso anno, ha punito le università che sforavano, per spese di personale, il 90% del FFO. Ma poi ... tuttora fingeva di non vedere le università che, per "non sforare" detto 90%, sforavano il 20% del FFO, per i contributi studenteschi. Più sotto è riportata la legge relativa.
  C'è una aggravante: lo Stato vuole che le università, in applicazione del diritto allo studio, applichino favoriscano gli studenti "bisognosi e meritevoli", ma gravando il minor gettito su tutti gli altri studenti.

  Lo Stato si decida: se le università sono aziende (come di fatto le tratta), il finanziamento del diritto allo studio è un poblema statale.
   Non è buona regola che le università, alle prese col pareggio dei bilanci, debbano applicare regole "sociali". La più odiosa, nel nostro caso, è che le università siano obbligate ad abbassare il monte contributi studenteschi, se lo Stato abbassa il FFO, vero essendo che il primo deve stare al secondo, non superando il tetto del 20%.
   E', invece, buona regola che gli interventi "sociali", a favore di date categorie di cittadini siano finanziati dallo Stato col gettito fiscale sulla collettività intera, in base a capacità contributiva, non su specifici gruppi di cittadini (gli "altri" studenti, nel nostro caso).
  
2.-  A mio parere, lo Stato dovrebbe liberalizzare i contributi studenteschi (sia pur con un tetto, che secondo la tradizione della scienza delle finanze dovrebbe essere il 30% della spesa corrente).
  Al tempo stesso dovrebbe assumere su se stesso, direttamente, l'applicazione del diritto allo studio, e che potrebbe essere:
1) borse di studio ai bisognosi e meritevoli;
b) bonus-università, ai singoli studenti, liberi di spenderli, per la laurea triennale, nelle università, al loro scelta;
c) quote aggiuntive del FFO, a tempo determinato (10 anni ?) per le università regionali delle aree depresse.In questo modo si eviterebbe di congestionare le università già mature, a danno dei residenti, e si limiterebbero i costi  di trasporto e residenza degli studenti delle aree depresse per recarsi in quelle mature. NL
Gianni Porzi*, Ancora sul "tesoretto" relativo al consuntivo 2008, perchè questione di metodo ....

* Rappresentante del Governo in Consiglio di Amministrazione

  A proposito delle osservazioni del Collega Luciani, su Universitas", relative al Bilancio consuntivo 2008, ho colto tra le righe una sorta di "appunto" ai membri del CdA che non avrebbero individuato alcune criticità nel conto consuntivo. Ed è su questo che vorrei fare alcune precisazioni, dal momento che il tanto sbandierato "tesoretto" è ormai chiaro a tutti che è quasi interamente dovuto ad un anticipo di cassa, cioè al fatto che un consistente numero di studenti ha optato per il versamento della quota annuale di contribuzione in un'unica rata, entro la scadenza prevista per la prima rata, potendo così usufruire dello sconto di 31 Euro sul contributo totale.
    Ciò che invece vorrei mettere in evidenza è la difficoltà da parte dei membri del CdA a valutare attentamente il bilancio consuntivo (faccio notare che si tratta di oltre 240 pagine, tabelle incluse) per il poco tempo a disposizione. Infatti, gli Uffici, a fronte delle richieste ricevute da alcuni Consiglieri di poter disporre del conto consuntivo con un congruo anticipo, solo mercoledì 29 aprile alle ore 8,43 hanno comunicato via e-mail che il materiale era disponibile on line.
   Se si tiene presente che venerdì 1 maggio era festivo e che il CdA ha avuto luogo martedì 5 maggio, è evidente che il tempo a disposizione per un'attenta lettura e valutazione è stato alquanto limitato, considerando anche il fatto che ben pochi Consiglieri sono esperti in materia e quindi devono ricorrere a Colleghi competenti se vogliono espletare al meglio il proprio compito.
   Vorrei inoltre sottolineare che :
   a) il Collegio dei Revisori dei Conti (la cui relazione ci è stata consegnata la mattina stessa del 5 maggio) si era riunito il 24 aprile per l'esame del bilancio consuntivo;
   b) il bilancio inviato ai Revisori dei conti è definitivo e non può quindi essere modificato;
   c) il Senato Accademico aveva esaminato tale pratica il 28 aprile. Pertanto, non si capisce perché all'Organo che deve approvare (e non esprimere un semplice parere come la Giunta e il Senato) il conto consuntivo non sia stata data la possibilità di prendere visione del materiale con un congruo anticipo, ad esempio almeno il giorno stesso in cui fu trasmesso al Collegio revisori dei conti, cioè il 24 aprile.
   Ritengo un tale comportamento inaccettabile e infatti sia io che il prof. Bruno Barbiroli lo abbiamo stigmatizzato ed abbiamo invitato con fermezza gli Uffici e i Vertici dell'Ateneo a che ciò non abbia più a ripetersi. Gianni Porzi

Decreto Ministeriale 27 febbraio 2009

Aggiornamento dell'importo della Tassa minima di iscrizione universitaria per l'a.a. 2009/10

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DECRETA:

Art. 1

L'importo della tassa minima di iscrizione alle Università, determinato per l'anno accademico 2008/2009 in € 181,44 (centottantuno/44), è aumentato dell'1,5 per cento in relazione al Tasso di inflazione programmato per il 2009, ed è pertanto determinato per l'anno accademico 2009/2010 in € 184,16 ( centottantaquattro/16).

Roma, 27 febbraio 2009 IL MINISTRO

Decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306 - Regolamento recante disciplina in materia di Contributi Universitari

Articolo 1 (Definizioni)

1. Ai sensi del presente regolamento si intendono:
a) per studenti, gli iscritti ai corsi universitari attivati per il rilascio dei titoli di cui alla legge 19 novembre 1990, n. 341, articoli 1, lettere a) b) c) e 7;
b) per università o ateneo, le università e gli istituti di istruzione universitaria o di grado universitario statali;
c) per Ministero, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
d) per contribuzione per studente, la somma dell'importo della tassa di iscrizione e dei contributi universitari di cui all'articolo 2 per singolo studente;
e) per contribuzione studentesca, l'ammontare complessivo della contribuzione a carico degli studenti di ogni università comprensiva, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 20, comma 8, lettera c), legge 15 marzo 1997, n. 59, del gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, calcolato per il complesso degli studenti dell'ateneo, come accertato nel bilancio consuntivo del medesimo.

Articolo 2 (Contribuzione studentesca)

1. Gli studenti contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento, a favore delle medesime, dei contributi universitari e della tassa di iscrizione di Lire 300.000, di cui all'articolo 5, comma 14, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, importo rideterminato e soggetto, a partire dall'anno accademico 1995-96, a rivalutazione annuale per effetto, rispettivamente, dell'articolo 3, comma 19 , lettera b), ultimo periodo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e dell'articolo 5, comma 19, della predetta legge n. 537.
2. I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonchè sulla base della specificità del percorso formativo

Articolo 3 (Criteri per la determinazione dei contributi universitari per i corsi di diploma e di laurea)
1. Le università graduano l'importo dei contributi universitari per i corsi di diploma e di laurea secondo criteri di equità e solidarietà, in relazione alle condizioni economiche dell'iscritto, utilizzando metodologie adeguate a garantire un'effettiva progressività, anche allo scopo di tutelare gli studenti di più disagiata condizione economica, valutata secondo quanto previsto dai commi 2 e 3.

2. La valutazione della condizione economica degli iscritti ai corsi di cui al comma 1 è effettuata sulla base della natura e dell'ammontare del reddito e del patrimonio, nonché dell'ampiezza del nucleo familiare.

3. Ai fini della graduazione di cui al comma 1 e della relativa valutazione delle condizioni economiche degli iscritti, le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato ai sensi dell'articolo 4, legge 2 dicembre 1991, n. 390, in ordine alla determinazione di un nucleo familiare convenzionale e di appositi indicatori delle condizioni economiche e patrimoniali, sono vincolanti per le Università dall'anno accademico 1998-1999.

4. Gli esoneri totali e parziali dalle tasse e dai contributi di cui al presente articolo, disposti dalle università, sono disciplinati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3.

Articolo 4 (Contributi universitari per le scuole di specializzazione)
1. Le università determinano autonomamente i contributi universitari per le scuole di specializzazione.
2. Le università determinano autonomamente la disciplina degli esoneri totali e parziali dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari di cui al presente articolo, con particolare attenzione per i capaci e meritevoli privi di mezzi, in possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio concesse dalle regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 4, legge 2 dicembre 1991, n. 390. 3. Il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per i corsi di studio di cui al comma 1, attivati dalle università, non è preso in considerazione ai fini della determinazione della contribuzione studentesca in ordine alle disposizioni di cui all'articolo 5.

Articolo 5 (Limiti della contribuzione studentesca)
1. ... La contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la contribuzione studentesca abbia ecceduto il valore percentuale determinato ai sensi del comma 1, il predetto valore non può superare negli anni 1997 e 1998 quello determinatosi nel medesimo esercizio 1996.

3. Per le università per le quali nell'esercizio finanziario 1996 la contribuzione studentesca risulti inferiore al valore percentuale determinato ai sensi del comma 1, il predetto valore può essere incrementato esclusivamente con gradualità.

4. Le università comunicano annualmente al Ministero, entro il 31 maggio, il gettito della contribuzione studentesca accertato nel bilancio consuntivo dell'anno precedente, il numero di studenti esonerati totalmente o parzialmente dalla tassa di iscrizione e dai contributi universitari nell'anno accademico in corso, la distribuzione degli studenti per classi d'importo nel predetto anno, gli eventuali scostamenti verificatisi con riferimento ai valori percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonchè le misure conseguentemente adottate per il rispetto dei limiti di cui ai predetti commi.

 


Ateneo di Bologna - Bilancio consuntivo 2008

Tab. 1
CONSUNTIVO 2008
a prezzi correnti

2006

2007
Previsioni assestate
al 15 nov. 2007

2007
Consuntivo

2008

Entrate totali 779.623.560,47 895.856.892,53 757.980.938,99 874.547.310,36
Spese totali 799.389.905,07 980.627.831,70 759.561.547,03 850.205.941,76
Saldo -19.766.344,60 -84.770.939,17 -1.580.608,04 +24.341.368,60

BREVE NOTA

Il "tesoretto" e la contropartita in termini di perdita di studenti
Da notare che, al 31 dic.2'008, i residui attivi (soldi attesi, ma non entrati) erano più di quelli passivi
(soldi impegnati, ma non spesi) e, dunque, in termini di cassa (ossia di certezza), il tesoretto non c'era

Per uscire da queste sabbie mobili, serve la "discontinuità" senza compromessi

Rientra, poi, nelle questioni sul bilancio il problema dell'unità delle Università italiane (ossia
della CRUI) nel rapporto col Governo, unità che Calzolari ha frantumato con la creazione di AQUIS

   Il Consiglio di Amministrazione ha approvato (5 maggio 2009), senza modifiche, il testo sottoposto dalla  Amministrazione. Come è noto, si tratta di un bilancio di competenza
  Il bilancio ha un saldo attivo di € 24.341.368,60. In una nota dell'Ateneo, secondo il Rettore Calzolari questo saldo è il "effetto di qualità del lavoro, prudenza nella gestione e contribuzione studentesca".
  Tuttavia, inserendo le cifre del 2008 in un arco triennale (si vegga la tab. 1, che va dal 2006 al 2008 incluso),  prevale l'attrazione sulla crisi drammatica del 2007, in cui il rettore andò in piazza a denunciare il pericolo di bancarotta e portato i libri in tribunale. Si pensa che il "tesoretto" valga a cancellare il ricordo di tanto sbando ? Nella tab. 1 è anche riportata la situazione relativa al primo assestamento, a metà novembre, e il successivo consuntivo, che attesta la virata.
   Contesto a questo bilancio due fatti:
   a) che il "tesoretto" sia stato pagato con un arretramento rispetto ad obiettivi essenziali dell'Ateneo, e comunque non necessario (tale pagamento), perchè ciò che si chiede ad una buona amministrazione pubblica è semplicemente il pareggio;
  b) che la nuova situazione contabile sia un mero maquillage di cifre, senza alcun collegamento con le riforme strutturali della didattica, che sole possono far migliorare durevolmente la situazione contabile.
    Dunque, pur se il 2008 ci vede in qualche modo fuori da pericoli imminenti, di insolvenza (a parte, che ci sarebbe da guardare ai RESIDUI del bilancio, su cui torno alla fine), resto anche convinto che solo la discontinuità del prossimo rettore (direttore amministrativo, incluso) possa fare sperare in qualcosa che  rilanci l'Ateneo durevolmente. Ma al contrario, la preoccupazione della nota rettorale, fatta rimbalzare ad arte su "la Repubblica" è quella di smentire il candidato più critico e discontinuo (Cantelli Forti), che ha invece ragioni da vendere nella sua critica radicale alla amministrazione Calzolari - Fabbro. 
   S'intende, poi, che per le difficoltà del bilancio, occorrerà anche che Bologna concorra alla riunificazione delle Università italiane, nel rapporto col Governo, ma che Calzolari ha frantumato creando AQUIS. Ma andiamo per gradi, e guardiamo dentro al bilancio.
1. - Le tasse universitarie (o contribuzioni studentesche) sono aumentate di € 29 milioni circa, e questo significa che il tesoretto viene tutto da questo aumento. Se, poi, dividiamo la cifra per il numero degli studenti (vedi tab. 2), troviamo che in media ogni studente ha speso € 1.014 nel 2006, € 1.062 nel 2007 e € 1.475 nel 2008. E se ci ricordiamo che durante la gestione Calzolari-Fabbro (2001-2009) gli studenti sono calati di 18.000 unità, allora capiamo l'apporto (pro-quota) di questo "tesoretto" a distruggere l'Ateneo: sì, perchè se continuiamo a perdere studenti, rimarranno solo le mura. Quanto meno, nel fissare le tasse degli studenti, occorrerebbe tener conto di cosa fanno gli Atenei attorno a Bologna.
2.- FFO - Fondo di Finanziamento Ordinario. Esso è aumentato di € 13 milioni. Dunque esso era sufficiente per il pareggio sostanziale.
3.- Ricerca. Dalla tab. 2, si vede un crollo ben grande del finanziamento della ricerca. Il Miur ha avuto la sua parte principale di responsabilità e ce ne lamentiamo. Ma c'è anche un calo di quello dell'Ateneo. E allora, perchè mai un avanzo di amministrazione ? E come mai, giornalmente il vertice dell'Ateneo si riempie la bocca esaltando la sua azione a favore della ricerca ?
  Si noti anche la cifra risibile del finanziamento privato. Si parli col mondo delle imprese, e si sentirà solo dire della estrema difficoltà di colloquiare con il Rettorato, considerato un ambiente fuori orbita, per i tempi tecnici troppo lunghi di approvazione di un potenziale accordo, e per l'incapacità di capire l'importanza dei progetti. E questo giudizio è stato espresso anche dai presidenti degli enti finanziatori della università della Romagna.
   Sempre la tab. 1 evidenza cose che andavano giustificate nella nota del rettorato: troppi interessi attivi ! Questi evidenziano ritardi nei pagamenti ai fornitori di beni e servizi, e dunque oneri ricaricati indirettamente sull'Ateneo, in quanto un fornitori fanno fatture caricate, che scontano i ritardi.
  4. Dubbi sulla cifra dei titoli pubblici venduti per  € 50 milioni . Questa cifra è controbilanciata da identica cifra in uscita, e questo vuol dire che sono titoli acquistati nel 2008. Tuttavia alla voce "rendite di titoli pubblici" l'entrata è 0,00 (si vegga la voce F.E.1.17.03). Mi sembrerebbe evidente la mancanza dei relativi interessi. Ad es. se compro una obbligazione 100 è perchè mi aspetto di avere indietro 105, alla scadenza. Servirebbe una spiegazione del dove sono finiti.
   4.- Romagna. La cifra a carico di Bologna è ripresa ad aumentare nel 2008. Questa è cosa buona. Ma della Romagna dirà meglio un servizio a parte. Clicca su
RESOCONTO.
   5.- Personale docente. Si vede dalla tabella 5 che la situazione retributiva è stagnante, come da anni, pur se il potere d'acquisto della moneta è molto calato.
   Potrebbe avere senso ridurre il numero dei docenti, per aumentare la retribuzione variabile dei docenti ?  Questa questione andrebbe esaminata alla luce della ristrutturazione della didattica, cosa di cui neppure lontanamente ci si preoccupa in ateneo.
    Altrettanto: ha senso negare il biennio, dopo i 70 anni, se poi (per legge) non si può assumere "tanto, quanto uscito" per fare fronte alla necessità di docenti ?
   Professori a contratto. La cifra per assunzioni pro-tempore, di docenti esterni, ammonta € 3.967.190,61. Ha senso questa spesa, per un ateneo che ha 3.300 docenti di ruolo ?.
  6.- Personale tecnico e amministrativo. Anche queste sono stagnanti le relative retribuzioni andrebbero esaminate alla luce dell'effettivo fabbisogno di personale. Ma anche queste cose sembrano lontane anni luce dal bilancio: eppure sono la stessa cosa, perchè il bilancio è la conseguenza di una corretta impostazione delle problematiche del primo tipo.
7.- Ultimo, ma non ultimo: le spese per collaborazioni esterne sono diminuite di quasi il 50%: Questa è cosa buona.

RESIDUI.  Come detto all'inizio, il bilancio de quo è di "competenza", ossia spese impegnate (ma non effettuate interamente) o entrate attese (ma non entrate realmente).  Per questo motivo, il bilancio di competenza è accompagnato dal bilancio dei residui. Ebbene i residui attivi sono stati € 185.832.231, 89) e i residui passivi sono stati
€ 120.019.703,93. Pertanto, in termini di cassa (ossia di soldi "veri", direbbe la Marcegaglia), l'Ateneo, al 31 dic. 2008, aveva pendenti crediti netti di esercizio per  €  65.812.527,96. Dunque, in termini di cassa, il tesoretto non c'era. N.L.

TABELLA 2 - ALCUNI PARTICOLARI SULLE ENTRATE
CHIAVE

 

2006

2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007

2007
Consuntivo

2008

           
F.E.1.01+ F.E.1.02 Contributi studenteschi (escluso post laurea)

97.701.476,47
(pro-capite:
€ 1.014,31;
studenti 96.323)

104.774.816,59

97.635.669,97
(pro-capite:
€ 1.062;
studenti 91.888

126.880.254,43
(pro-capite:
€  1.475,27;
studenti 86.005)


F.E.1.05.01
FFO-Fondo statale per funzionamento ordinario


389.335.072,00


380.917.567,00

389.071.741,00


402.427.423,00


F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
Finanziamento privato della ricerca (ex- art. 66 DPR 382/80)


906.660,84


850.000,00


1.365.959,51


1.548.544,29


F.E.1.17.02

Interessi attivi su depositi


756.844,47


1.501.224,00


2.194.357,04


3.955.687,08

F.E.1.17.03 Rendite titoli pubblici 0,00 0,00 0,00 0,00
F.E.3.26.01 vendita di titoli pubblici

0,00

0,00

9.999.871,58

49.998.767,39**

Questa entrata, dovuta alla vendita di titoli pubblici (Buoni del Tesoro ?) è controbilanciata da uguale cifra, in uscita, dovuta all'acquisto di titoli del debito pubblico.
Tabella 3 - Finanziamento della ricerca
ANNI 2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.2.22

Finanziata da MIUR

15.793.235,91

28.989.283,74 17.049.227,03 19.124.857,55
F.S.2.23

Ricerca finanziata da Ateneo

4.096.222,22

11.245.784,06 4.537.306,32 3.414.671,00
F.S.2.26

Finanziata da altri enti pubblici

234.844,78

158.686,95 162.538,49 117.473,26
F.S.2.27

Finanziata da privati

109.819,86

158.686,95 141.582,49 69.000,00

TOTALE RICERCA

20.234.122,77

40.552.441,70 21.890.654,33 22.726.001,81
Tabella 4 - Romagna - Finanziamenti per la didattica

ANNI

2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov.07
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.19.16

Polo di Cesena           

6.192.690,22

3.494.390,11 3.508.560,83 4.683.711,88
F.S.1.19.17

Polo di Forlì

6.007.017,14

3.817.184,12 3.847.068,39 5.543.369,23
F.S.1.19.18

Polo di Ravenna

3.046.504,86

2.022.345,09 2.033.954,99 2.596.799,66
F.S.1.19.19

Polo di Rimini

3.790.863,43

2.512.446,20 2.512.446,20 3.187.556,06

Totale

19.037.075,65

11.846.365,52

11.902.030,41

16.011.436,83

Tabella 5 - Personale docente

ANNI

2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.03.01

Retribuzione professori

181.255.788,97

186.936.986,71 186.517.392,38 189.339.709,67
F.S.1.03.02

Retribuzione ricercatorI

57.414.697,90

61.267.985,48 60.970.031,63 63.501.676,04
F.S.1.03.03

Supplenze

3.772.431,92

3.520.925,48 3.197.825,37 2.885.282,83
F.S.1.03.05

Compensi accessori e indennità di carica Professori e Ricercatori

1.813.628,17

   1.103.931,81 1.100.427,44 1.256.889,11
F.S.1.06.01

Professori a contratto finanziati da Ateneo

3.983.869,73

3.800.522,33 3.857.872,29 3.967.190,61
F.S.1.06.02

Professori a contratto finanziati da altri

905.884,17

658.162,11 557.541,35 860.744,53
Totale

249.146.300,86

257.288.513,92 256.201.090,46 261.811.492,79
* Il tasso di inflazione ISTAT, dal 2001 al 2006, è stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario

Tabella 6 - Personale tecnico e amministrativo  - retribuzioni
ANNI 2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.04, F.S.1.05
F.S.1.07
TOTALE

108.842.495,14

115.734.278,9

107.514.955,68

113.505.231,14

Tabella 7
ANNI 2006 2007
Previsioni assestate al 15 nov. 2007
2007
Consuntivo
2008
F.S.1.02.13 Spese per collaborazioni esterne

2.618.278,20

2.360.396,59

2.062.155,69

1.302.696,02

 

Mentre il Senato Accademico approva il 29 apr. le nuove lauree, con interpretazione minimale del DM 270


Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna

INGEGNERIA: Dall'Ordinamento didattico alle Elezioni del Rettore

Lettera del Preside di Ingegneria per vere modifiche dei corsi di laurea, pena l'impossibilità di reggere l'attuale offerta formativa, per il calo della forza docente.

 
  Questo orientamento finisce per lambire il Rettorato (in periodo di elezioni per
nuovo rettore), perchè è in aperta collisione con le linee del Predecessore Masetti, oggi ProRettore alla Didattica e Formazione,  e Consigliere di Amministrazione, e dunque destinato a conservare la stessa posizione di ProRettore, se sarà eletto Rettore un Candidato in continuità con la  linea dello attuale rettore.
  Se Ingegneria piange, le altre Facoltà non ridono.


Guido Masetti

**
    Secondo il Preside, le cose da fare subito sarebbero:
a) l'accorpamento degli insegnamenti;
b) fare discipline comuni, al primo anno, rispettivamente per le tre aree tradizionali   (industriale, civile,  informatica) e per quella edile di Ravenna.
   La cosa non può destare meraviglia, d'altra parte. E', infatti, solo del 18 feb. 2009 l'audizione, in Senato, del Direttore Gen. del Miur, Dr. A. Masia, secondo cui il Governo punta:
1) "alla perdita di docenza del 20% nei prossimi tre anni";
2) "alla conseguente riduzione del 30% degli insegnamenti, e quella dei  corsi di studio" (e ciò non esclude lauree "nuove", purchè siano tolte delle lauree "vecchie" - n.d.r.)

LA LETTERA DEL PRESIDE
9 aprile 2009

             - Ai Presidenti dei Consigli di Corso di Studio
             - Al Presidente della Commissione per la Didattica
e p. c.   - Ai Docenti e Ricercatori della Facoltà di Ingegneria

Oggetto: Riflessioni e iniziative per la didattica nella Facoltà di Ingegneria

   a) L'attuazione della riforma universitaria secondo il D.M. 270 costituisce un momento ed una occasione di rilevante importanza al fine di programmare un riordino dell'intera offerta didattica, dei corsi di studio, dei piani didattici e degli insegnamenti.
   L'attuale prospettiva della didattica non è certamente favorevole per la Facoltà di Ingegneria in ragione della rilevante riduzione del corpo docente che si andrà a verificare nei prossimi anni, sia per la naturale riduzione della disponibilità di docenti a seguito del loro pensionamento, sia per la eliminazione, da parte del Senato Accademico, dei due anni di fuori ruolo per coloro che, dal 2009, raggiungeranno i limiti di età previsti.
  Il quadro della numerosità del corpo docente nei prossimi tre anni vedrà una riduzione di più di quaranta unità, mentre nulla di certo è possibile dire sulla effettiva presa di servizio per i vincitori di concorso che attualmente sono banditi. In questa prospettiva di medio termine la Facoltà di Ingegneria non può rimanere indifferente alla possibile situazione di difficoltà che a breve si andrà ad evidenziare per la copertura degli insegnamenti.
  D'altra parte non è possibile pensare di supplire a questa prospettiva di riduzione del numero di docenti incardinati nella Facoltà con contratti a persone provenienti dal mondo esterno, sia esso professionale o industriale: anche i fondi per la didattica sono in via di riduzione.
   L'uscita dal circuito della docenza produce inoltre anche un grave pregiudizio sulla qualità della didattica. Sono infatti i professori che da lungo tempo si sono occupati di didattica, oltre che di ricerca, a dover lasciare scoperti gli insegnamenti.
   Si andrà a perdere il contributo importante di persone di riferimento per la didattica e per la valenza scientifica e umana, privando così gli studenti del contatto con uomini e docenti eccellenti.

   b) Oltre a queste considerazioni che fanno prevalentemente riferimento a dati qualitativi e ad una sostenibilità dell'offerta didattica, ritengo doveroso rimarcare che attualmente, senza considerare le nuove iniziative di cui si dirà in seguito, la Facoltà di Ingegneria vede oggi attivi n. 11 corsi di Laurea e n. 13 corsi di Laurea Magistrale (o Laurea Specialistica) di cui uno a ciclo unico di cinque anni.
   Contemporaneamente sono previsti in Facoltà circa 850 insegnamenti (ottocentocinquanta). Sono dunque attivi 62 anni di corso ed, ipotizzando anche che siano tutti diversi fra loro, la Facoltà raggiunge l'offerta di un numero medio di insegnamenti pari a circa 14 insegnamenti per anno di corso.
   Se valutiamo il numero degli esami previsti (e consideriamo questi come insegnamenti) e conteggiamo 20 esami per le lauree triennali, 12 esami per le lauree specialistiche o magistrali e 29 esami per la laurea a ciclo unico,  otteniamo che il numero medio di esami per anno è pari a 6,34.
  Dunque in Facoltà, anche ammettendo che per ogni corso di studio gli esami siano indipendenti l'uno dall'altro, abbiamo una offerta didattica che vale circa 2,2 volte quella strettamente necessaria; questo rapporto tende poi ad aumentare notevolmente se si considera che molti esami riguardano insegnamenti comuni a più corsi di studio.
   Questi numeri ovviamente non vogliono essere esaustivi del problema e non lo descrivono neanche completamente, tuttavia rappresentano un primo quadro, seppure approssimato e grezzo, in grado di darci gli ordini di grandezza, così importanti per noi ingegneri, utili per renderci conto della offerta didattica estremamente ampia che è proposta dalla Facoltà.
    Sorge anche il dubbio che gli studenti possano riuscire ad orientarsi facilmente in questo quadro di così ampia numerosità di insegnamenti: questa maggiore offerta conoscitiva forse può essere interpretata anche come fonte di confusione e di difficoltà nell'orientamento; una "Babele didattica" (espressione forse esagerata) sulla quale credo dobbiamo prontamente riflettere e prendere qualche iniziativa di razionalizzazione.

c) D'altra parte, come ben noto, la Facoltà ha deliberato un riordino dei corsi di studio sia per le lauree, sia per le lauree magistrali proponendo una offerta più ampia, dettata da esigenze di migliore caratterizzazione della offerta formativa, in linea con le nuove tendenze della società e del mercato del lavoro, e nell'intento di formare studenti sempre più preparati, competenti e competitivi per la società nella quale, al termine dei loro studi, andranno ad operare.
  La nuova offerta è stata ragionata e dettata dal desiderio di essere in linea con le necessità del mercato del lavoro, intendendo formare ingegneri dei quali la richiesta del mercato è assodata. I numeri precedentemente esposti sono dunque destinati ad accrescersi esaltandosi anche gli aspetti negativi.

  d) A fronte dunque dell'attuale costante riduzione delle risorse sia umane, sia di mezzi strumentali, a fronte della forse pletorica offerta di insegnamenti e del desiderio di sostenere nuove iniziative culturalmente valide ritengo che la Facoltà, ed i corsi di studio che ad essa afferiscono, debbano rivedere l'intera organizzazione della didattica ed i piani didattici dei singoli corsi con questi obiettivi principali:
- rivisitazione degli insegnamenti previsti nel piano didattico con la riduzione del numero degli insegnamenti a scelta degli studenti;
- rivisitazione del numero dei curricula inseriti all'interno dei corsi di studio delle lauree e delle lauree magistrali al fine di ridurre il numero degli insegnamenti;
- valutazione dell'ipotesi di accorpamento di corsi di studio appartenenti alla stessa classe;
- riorganizzazione dei corsi di base comuni a tutti i corsi di studio al fine di rendere l'offerta formativa più organica, trasversale a più corsi e comunque omogenea nell'ambito della stessa classe (con questa azione si aiutano anche gli studenti a meglio orientarsi nel primo anno di studio senza il rischio di perdere tempo in corsi ed esami che potrebbero rimanere a loro debito nel caso di cambio di corso di studio);
- considerazione della mutuazione di insegnamenti da altri corsi di studio al fine di ridurre, come necessario, il numero degli insegnamenti.

   Ritengo sia estremamente importante che la Facoltà prospetti l'insieme di queste modifiche in tempi brevi sia per la necessità che ci investe già dal novembre 2009, sia per poter dare evidenza in Ateneo di un atteggiamento "virtuoso" ed anticipatore di ciò che, con altri mezzi meno gradevoli e meno meditati, inevitabilmente l'Ateneo ci costringerà ad attuare

   e) Mi rivolgo pertanto a Voi, Presidenti dei Consigli di Corso di studio ed alla Commissione per la Didattica della Facoltà, per sollecitarvi a questa riflessione e chiedervi proposte per l'attuazione di questi obiettivi, prima che altri ce lo impongano o le necessità della Facoltà lo richieda in modo drastico. La valutazione che si può e si deve fare non è solo di tipo numerico, con riferimento ad esempio all'evidenziare i circa 850 (ottocentocinquanta) insegnamenti presenti in Facoltà; non è solo il numero che conta (che peraltro sembra già grande), ma la qualità e l'efficienza della didattica.
   Con particolare riferimento alle lauree ritengo che la formazione non possa essere scomposta in un numero elevato di "mille rivoli" che forse non confluiscono in un unico fiume di sapere.
   Attendo entro breve tempo proposte dirette secondo quanto sopra esposto; preannuncio che comunque dopo il periodo di sospensione della didattica per il periodo della Pasqua, sarà mia cura convocare riunioni nelle quali dovrà essere data risposta a questi importanti temi. L'obiettivo è quello di rendere più forte, efficace ed efficiente l'offerta didattica che sempre è stata qualitativamente sostenuta e qualificata: da quei modelli non vorremmo allontanarci per le attuali contingenze.
   Certo della Vostra piena collaborazione porgo un cordiale saluto.    Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

Senato, seduta del 29 aprile 2009. Nota del prof. Maurizio Spurio

Attivazione corsi di Laurea. Le complesse procedure previste dal Ministero per l'attivazione annuale dell'offerta formativa impongono l'adozione di delibere in tempo utile per verificare il possesso dei requisiti necessari.
La delibera verte su: n.201 corsi di studio DM270/04 (di cui 85 lauree, 110 LM e 6 LM a ciclo unico).
Si specifica inoltre che dei suddetti corsi:
- 172 corsi risultano già attivati nell'a.a. 2008/09 ex DM 270/04;
- 22 derivano da trasformazione (ex corsi di studio già attivati come 509/99);
- 5 sono di nuova attivazione.
- 2 LM ciclo unico in Giurisprudenza, già attivate per tutti gli anni di corso.
Si ricorda che il SA il 25/03/09 ha già approvato l'attivazione per l'a.a. 2009/10 di 23 corsi di studio ex DM 509/99 (ultimo anno possibile) e di 1 laurea quadriennale ex L. 341/90.
Il totale delle richieste di attivazione è dunque 225, contro i 223 dello scorso anno accademico.
Il SA era a conoscenza del parere della commissione didattica (CD) e di quello (vincolante) del nucleo di valutazione. In particolare, era necessario che fossero rispettati dei requisiti minimi di numerosità di studenti (fissati dal MIUR, e di vincoli più restrittivi fissati dall'ateneo) e di requisiti minimi di docenza per ogni corso di studio.
In conclusione dopo una estesa discussione:
- sono stati attivati tutti i corsi che non presentavano criticità di alcun tipo, e che avevano ricevuto parere favorevole della CD e del Nucleo di valutazione.
- dei nuovi corsi proposti, sono stati approvato i 4 che hanno ricevuto parere favorevole da CD e Nucleo, mentre non è stato approvato un corso della classe LM26, che aveva ricevuto parere negativo da entrambi.
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dal MIUR, non sono stati attivati i 2 che avevano ricevuto parere negativo dal nucleo, mentre per il corso di Tecnologie per la Conservazione e Restauro è stato dato parere positivo, anche in previsione di una ristrutturazione della classe di laurea previsto per il prossimo anno (e che prevede una laurea a ciclo unico).
- su 3 corsi che non avevano i requisiti minimi di numerosità previsti dall'Ateneo, 2 avevano avuto parere negativo da CD e Nucleo.
Tuttavia, poiché si tratta di due LM di Ravenna coinvolte nella classe che dovrà essere "ristrutturata" (coinvolte quindi nella nuova classe a ciclo unico), il SA chiede al nucleo, limitatamente al prossimo a.a., di rivedere il parere e di poterli attivare.
Il SA fornisce parere positivo alla LM di Scienze per l'Ambiente, in accordo con le indicazioni del Nucleo.
- Su 6 corsi di laurea (1 di Agraria, 1 di Conservazione, 2 di Lettere, e di Scienze) su cui il Nucleo lamenta difetti sui requisiti di docenza, il SA esprime parere favorevole, vincolandolo al fatto che siano soddisfatte le richieste del Nucleo. Altre pratiche trattate:
- Il Sa approva le modifiche dei regolamenti dei corsi di studio e le proposte di regolamento per i corsi di nuova attivazione per a.a. 2009/10 delle seguenti Facoltà: Agraria, Ingegneria, Psicologia, Scienze Matematiche Naturali e Fisiche, Scienze Motorie e Giurisprudenza;
- Il SA approva la stipula della convenzione per il sostegno della Laurea Magistrale in Giurisprudenza e alla laurea di primo livello in Giurista d'Impresa e delle pubbliche amministrazioni;
- Il SA esprime parere favorevole al rinnovo della carica del Prof G.P.Brizzi quale Direttore del Centro denominato "Archivio storico";
- Il SA delega il MR per la nomina dei componenti del Centro denominato "Archivio storico";
- Il SA approva il testo dell'accorso attuativo locale tra Alma Mater e l'Azienda AUSL di Bologna in attuazione del protocollo d'intesa sulla formazione specialistica dei laureati in medicina e chirurgia sottoscritto tra regione e le Università dell'Emilia-Romagna;
- Il SA approva il protocollo d'intesa sulla cooperazione scientifica, tecnologica e didattica tra UniBO ed Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori (IRST);
- Il SA nomina il Prof C. Zannoni quale rappresentante dell'UniBO nel consiglio direttivo del consorzio Interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (INSTM), che dovrà relazionare annualmente sull'attività del consorzio. - Il SA approva la nomina dello studente Sig. Alessandro Navacchia come rappresentante degli studenti nel comitato direttivo del sistema Bibliotecario di Ateneo-SBA. Maurizio Spurio

 

Lauree: a  MINISTRA  il  Preside DIOTALLEVI , di  Ingegneria, risponde: SI'

Sì alla rivoluzione didattica a Ingegneria: 4 lauree, in luogo di 12
"Riduciamo il numero delle lauree al numero delle classi previste per l'ingegneria".
"A loro interno, potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi."


Pier Paolo Diotallevi,
Preside Ing. Bologna

Il documento inviato dal nuovo Preside alla Facoltà    
  
    "ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'ATTUAZIONE,
NELLA FACOLTA' DI INGEGNERIA, DEL DM 270"

    "Preso atto ...della proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti,
   della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non supportata
   né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra responsabilità
   proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro." PPD

 1.-  Il nostro compito. L''Università italiana, unitamente a tante altre istituzioni nazionali, sta vivendo un momento di grave incertezza derivante sia da situazioni contingenti, quale ad esempio le difficoltà economiche, sia dall'emergere di carenze strutturali e funzionali. Il nostro compito deve essere quello di osservare e valutare in maniera critica ed attenta i diversi aspetti che hanno condotto l'Università a questo livello di criticità, non potendo e non dovendo noi, operando dall'interno, ritenere che tutte le responsabilità ricadano esclusivamente su altri lasciandoci come puri osservatori e soggetti passivi di una realtà non da noi voluta e realizzata.
   Preso atto di oggettive inefficienze e di reali mal funzionamenti, quali ad esempio la proliferazione dei corsi di studio, del numero degli insegnamenti, della molteplicità delle sedi e della loro diffusione territoriale - spesso non supportata né da caratteri storici, né da adeguate attrezzature didattiche - è nostra responsabilità proporre e sostenere vie alternative di più largo e incisivo respiro. Si aggiungano i ventilati tagli alle risorse sia in termini finanziari, sia in termini di risorse umane dei quali anche a breve termine si risentiranno i nefasti effetti sul sistema formativo universitario, sulla conseguente qualità della ricerca e quindi sulla diffusione della conoscenza.
  A fronte di queste prospettive dobbiamo agire, per quanto ci compete come docenti universitari, e, nel nostro ambito, all'interno della Facoltà per assicurare ai giovani e a coloro che si affacceranno in un prossimo futuro agli studi universitari un percorso formativo effettivamente calibrato sulle loro esigenze e sulle reali necessità della società che vedrà fra qualche anno questi studenti inseriti nel mondo lavorativo e professionale sulla base della formazione che noi abbiamo il compito e il dovere di preparare ed offrire loro.

2.- Dal DM 270, uno stimolo a sperimentare nuovi percorsi. Le recenti modificazioni del percorso degli studi universitari hanno rappresentato un momento di riorganizzazione del quadro formativo del quale forse non siamo stati buoni interpreti, non cogliendo tutte le implicite modifiche e gli espliciti suggerimenti che venivano formulati, rinchiudendoci in un più semplice attaccamento alle preesistenti situazioni, piuttosto che provare a sperimentare nuovi e più efficienti percorsi.
   La prima trasformazione attuata con il DM 509/99 ha portato all'interno dell'Università il percorso denominato "3+2" spezzando, in due successivi momenti, una formazione che sempre più si è rivelata, in tanti ambiti, non completa ed insufficiente se arrestata al primo passo. Non a caso si è potuto riscontrare che la maggior parte degli studenti che hanno intrapreso il percorso universitario dell'ingegneria non si sono arrestati al primo livello di laurea (laurea triennale secondo il DM 509/99), ma hanno proseguito nel potenziamento e nel completamento della loro formazione nel successivo passo della laurea specialistica.
  La successiva normativa varata con il DM 270/2004 ha avuto fra i suoi obiettivi, ricompattando fra loro insegnamenti che erano stati eccessivamente frammentati, quello di ridurre il numero degli insegnamenti stessi e degli esami per ogni studente, garantendo così una maggiore unitarietà nella trasmissione del sapere. Nella stessa norma si legge un altro obiettivo: quello di dare alla formazione universitaria una struttura tale che, partendo da una ampia base comune, viene orientata, nei livelli superiori della formazione, verso attività e competenze sempre più specifiche e finalizzate, come peraltro appare naturale se per un momento riflettiamo sulle modalità di apprendimento nell'approfondire le conoscenze. Forse questo aspetto è stato, anche recentemente, trascurato.
  Si aggiunga inoltre la prospettiva reale di una riduzione, non compensata in termini di docenti, delle risorse umane verso la quale ci si sta inevitabilmente muovendo e l'opportuna individuazione di requisiti formali e sostanziali per poter svolgere con qualità e competenza l'esercizio dell'insegnamento.

3.-  I "requisiti minimi" non vanno osservati solo sotto l'aspetto numerico. I requisiti minimi richiesti dal DM 270/2004, esaminati sotto il puro aspetto numerico, richiedono per ogni corso di studio la disponibilità media di circa l'80% degli insegnamenti coperti da docenti di ruolo, ovvero studiosi cha abbiano di fatto dimostrato, mediante i concorsi tramite i quali sono stati vagliati, di essere non solo capaci ma anche più che capaci nella ricerca, premessa indispensabile per una buona scuola di formazione culturale e professionale. Dunque occorre sfruttare al massimo queste capacità per dare agli studenti il meglio nella formazione.
  Ad oggi la Facoltà di Ingegneria ha formulato un proprio piano formativo, peraltro ancora in fase di completa definizione secondo le direttive vigenti contenute nel DM 270/2004, che comprende undici lauree (di primo livello) appartenenti a quattro diverse classi, 11 lauree specialistiche (in corso di definitiva trasformazione in lauree magistrali per le quali già sono stati approvati dalla Facoltà gli ordinamenti), due lauree magistrali (di cui una a titolo congiunto con altre sedi europee) ed altre sei iniziative (di cui una di primo livello) delle quali alcune hanno il principale obiettivo della internazionalizzazione. Completano il quadro una laurea a ciclo unico (di cinque anni) per la quale è dato il riconoscimento della comunità europea.
   Il quadro è ampio, molto articolato perché articolate e plurime sono le competenze che afferiscono all'area ingegneristica, e comunque l'insieme rientra ampiamente oggi negli steccati posti dai requisiti minimi formali.
  Con questo assetto si rischia tuttavia di fornire agli studenti un quadro disarticolato della proposta formativa, non completamente chiaro e comunque tale da congelare ogni ulteriore ipotesi di progettazione futura nei percorsi finalizzati, andando verso la saturazione dei requisiti minimi sia per eccedenza nella frammentazione dell'offerta, sia per le sofferenze future in termini di docenti in previsione dei futuri pensionamenti.

4.- Per il riordino basato su un limitato numero di lauree. Ribadendo la necessità di un riordino, la cui definizione è fortemente stimolata e suggerita dalle future riduzioni delle risorse, in ottemperanza al criterio formativo di partire da basi comuni sempre più allargate per dirigersi, nei livelli superiori di laurea, verso indirizzate finalizzazioni della formazione, seguendo altresì l'implicito suggerimento delle vigenti disposizioni in termini di classe, si ritiene necessario sottoporre all'attenzione della Facoltà un assetto formativo basato su un limitato numero di lauree alle quali potrà essere collegata, in cascata, una più puntuale offerta formativa nelle lauree magistrali.
  L'ipotesi sulla quale si invita la Facoltà a discutere e riflettere è quella di ridurre il numero delle lauree ad esempio al numero delle classi previste per l'ingegneria (L7, L8, L9 e L23) all'interno delle quali potranno poi trovare spazio adeguato singoli indirizzi.
  Con questo criterio si dovrebbero raggruppare fra loro i corsi di studio afferenti alla classe dell'ingegneria industriale (L9), alla classe dell'ingegneria civile e ambientale (L7), alla classe dell'ingegneria dell'informazione (L8) e alla classe delle scienze e tecniche dell'edilizia (L23).
  Si possono così ottenere numerosi vantaggi sia dal punto di vista culturale - certamente l'aspetto primario - sia dal punto di vista dell'organizzazione degli studi e dei servizi della Facoltà.
    L'unitarietà culturale, sancita dal raggruppamento dei corsi di studi in classi, può trovare la sua migliore manifestazione nell'individuazione di materie di base comuni alla classe con qualità e quantità formative identiche per i diversi indirizzi appartenenti al corso afferenti a quella classe. La differenziazione nella formazione può avvenire comunque secondo gli indirizzi aventi specifiche e caratterizzanti denominazioni atte ad individuare l'ambito di competenza cui il corso prevalentemente si rivolge.

5.- Per una formazione di base solida e comune a tutti i laureati di Ingegneria. E' altresì da considerare il fatto che chi si fregerà in futuro del titolo di "Ingegnere" avrà una formazione di base solida e in gran parte comune a tutti i laureati dello stesso ambito, contribuendo a creare un'identità comune nei laureati. Gli studenti potranno avere di fronte gli stessi percorsi, oggi frazionati in tanti corsi di studio, consapevoli cha la loro laurea sarà in grado di conferire loro tutte quelle competenze e conoscenze necessarie e fondamentali per entrare nel mondo del lavoro (senza particolari specificità non previste a questo livello di laurea e non sufficientemente credibili per questo livello di laurea) o proseguire, sicuri della propria formazione, in una laurea magistrale che li orienterà maggiormente negli ambiti disciplinari preferiti.
   L'accorpamento dei corsi diverrebbe così stabile e non soggetto alle fluttuazioni annuali conseguenti alla numerosità degli iscritti agli attuali corsi di studio così fortemente frammentati.
   La Facoltà potrà meglio organizzare le proprie risorse sia in termini di docenti e ricercatori, sia in termini di spazi e risorse economiche per rendere più agevole il percorso agli studenti. Questi accorpamenti, per i quali si sta avviando una simulazione, potranno forse comportare la necessità di sdoppiamento e anche di triplicazione di alcuni insegnamenti, ma hanno comunque l'innegabile vantaggio di liberare risorse che potranno essere utilmente e proficuamente riversate sulle lauree magistrali, ovvero sulla totalità degli studenti.

6.- In ritardo riorganizzativo, ma possiamo recuperare. L'ipotesi di riorganizzazione degli studi qui proposta doveva forse essere presa in considerazione fin da quando si è messo mano al riordino della formazione secondo il DM 270; non possiamo però rinunciare a priori a valutare questa possibilità e a questa opzione che ora ci viene offerta solo perché, non colta in precedenza, la Facoltà ha intrapreso una via diversa.
  Dobbiamo imporci una riflessione adeguata in questo senso. Qualora si intendesse conservare lo stato attuale della formazione dovremmo dimostrare che l'ipotesi qui suggerita e proposta è peggiorativa della situazione attuale. Dovremmo dimostrare che il contenuto formativo di questa proposta - proposta che la Facoltà ritengo abbia il dovere di formulare, elaborare, discutere ed eventualmente fare propria - non può essere attuato o risulta peggiorativo rispetto all'attuale situazione. Dovremmo dimostrare che i percorsi formativi sarebbero migliori se si continuasse a procedere "in linea retta" fra lauree e lauree magistrali. Dovremmo dimostrare che è meglio limitare la formazione data dalle lauree magistrali a favore delle lauree di primo livello. Dovremmo dimostrare che la nostra visione della formazione che siamo in grado presentare ai nostri studenti, rimanendo limitata agli attuali assetti e priva di possibili sviluppi futuri, sia formulata nell'interesse degli studi e degli studenti e non di singoli docenti o di gruppi desiderosi soltanto di affermare il proprio ambito.

7.- Conclusioni. Pertanto propongo alla Facoltà una discussione su questi argomenti nelle opportune sedi quali i Consigli di Corso di studio, la Commissione per la didattica e il Consiglio di Facoltà, ben consapevole che i tempi di attuazione di un tale cambiamento non potranno essere immediati; ma sarebbe già un buon successo iniziare una attenta e approfondita discussione considerando che ai sensi del DM 270 abbiamo ancora qualche anno per raggiungere una formulazione definitiva dell'assetto egli studi.
Sono certo della Vostra piena collaborazione nell'interesse degli studenti, della Facoltà e della formazione.
Bologna ottobre 2008.                       Il Preside prof. ing. Pier Paolo Diotallevi

 

Romagne: secessione, federazione, o integrazione "multicampus" con Bologna ?


Giuseppe Farneti


G. Farneti, Prospettive dell'insediamento universitario di Forlì-Cesena
Considerazioni sul testamento del Sen. Melandri
*
(Stralcio dalla Relazione, alla fine del mandato per la Facoltà di Economia di Forlì, nel 2006)

Oggi
solo Forlì-Cesena parrebbe avere i requisiti di didattica e di ricerca,
propri di una università che possa  sopravvivere alle attese forbici del Governo
.

*
Rapporto dei Poli di Cesena e Forlì, Commissione Consiliare di Forlì, 24 gennaio 2006

Nota. Nel 2008 abbiamo pubblicato un articolo del prof. Piero Gallina, Presidente di Se.ri.nar, un vero allarme circa la situazione finanziaria della sede di Forlì e Cesena (clicca su   Università di Romagna ). Quel testo lasciava, tuttavia, scoperto un interrogativo fondamentale: i Romagnoli come pensano il loro futuro, sotto il profilo organizzativo e strutturale ? Precisamente: vogliono la "secessione, la federazione con Bologna, l'integrazione con Bologna ?"
  Senza una risposta chiara, ogni rapporto tra la Romagna e Bologna non può che fondarsi sulla ambiguità, e nessun problema finanziario potrà essere risolto bene, fino in fondo.
  In attesa di una chiarificazione, e che sarebbe opportuna nel corso del dibattito per la elezione del Rettore, la ri-proposizione del testamento del Sen. Melandri vuole essere una prima indicazione, eventualmente da aggiornare.
  Al termine di questo stralcio, viene riprodotto il sommario completo degli argomenti della Relazione Farneti. NdR

  Giuseppe Farneti, Riflessioni sul periodo di presidenza  2000-2006, § 12
  Alcune considerazioni riconducibili all’ultima intervista del Sen. Melandri.

   a)  Il Sen. Leonardo Melandri, qualche mese prima di scomparire volle redigere un documento di racconto dell’avvio e delle prospettive future dell’insediamento universitario romagnolo.
   Si tratta di una sorta di testamento professionale, che lui scrisse “a futura memoria, perché chi vorrà, potrà sapere come è andata…”, così mi disse in uno degli ultimi incontri. Tra le Sue ampie riflessioni mi limito a riprenderne alcune. Ma tutti dovrebbero leggerle.
   Viene inizialmente osservato che lo sviluppo dell’insediamento romagnolo è stato abbastanza casuale, il prodotto di forze e volontà diverse. Il risultato è stato soddisfacente, ma non privo di decisioni fortemente irrazionali, di volta in volta attribuite ai diversi protagonisti. In quest’ambito la Facoltà di Economia, superando diverse difficoltà, ha delineato la sua missione e la sua strategia, ma soffre di un quadro ancora opaco di strategia globale dell’Ateneo per quanto concerne la Romagna e la governance complessiva.
   L'’Ateneo persegue l’idea del multicampus. Il sen. Leonardo Melandri, per contro, parla di fallimento del multicampus. “Noi pensavamo, in quella che poi si è rivelata come una ingenuità, che l’Alma Mater fosse interessata, se non propensa, per il suo altissimo prestigio e la sua forza, a tentare un esperimento di riconsiderazione di se stessa, nel quadro della nuova realtà che si era determinata con il decentramento. … avevamo sottovalutato la forza e i condizionamenti della struttura e della mentalità tradizionali, che non rinunciano mai volentieri a competenze, attribuzioni, funzioni proprie per trasferirle ad altri” (pp. 50-51). Il Sen. Leonardo Melandri era anche consapevole del fatto “che non tutte le risorse date da Roma a Bologna per il decentramento finivano in Romagna” (p. 53), individuando un problema che presenta poi la sua continuazione per quanto concerne il finanziamento delle strutture in Romagna.
  La realtà vede dunque il modello multicampus come obiettivo, ma i comportamenti non realizzarlo. Serve un adeguamento, forse, dello Statuto di Ateneo, ma sicuramente s’impone una pratica di autonomia, particolarmente nella ricerca, che è ancora poco realizzata.
In questo quadro, si può ritenere, il decentramento va concretamente perseguito, risolvendo la pratica del “divide et impera” (p.53). Le risorse vanno ripensate, l’organizzazione dovrebbe vedere un crescente impegno dei poli (guardando all’esperienza positiva del polo di Forlì).

    b)   Soprattutto, la ricerca va resa autonoma. Questo è il nodo cruciale. Il sen. Leonardo Melandri vi insiste. Ritengo che costituisca la cartina di tornasole di qualsiasi buon proposito. O saremo in grado di percorrere questa strada, o dovremo limitarci a un decentramento della sola didattica e veramente dovremo parlare di rifiuto del multicampus: ma non avremo risolto i nostri problemi, né come Università di Bologna, né come Romagna.
   Al riguardo vi é il nodo cruciale relativo al modo di essere dei Dipartimenti. Ebbene, come si dirà, il problema si può risolvere, valorizzando il Polo, nella sua natura di struttura scientifico-didattica e nelle sue esperienze e capacità organizzative e rispettando la Romagna e l’obiettivo di rafforzare la ricerca dell’intero Ateneo, nell’ambito di regole trasparenti.
   Il Sen. Leonardo Melandri osserva come la Fondazione sopperisca alle carenze strutturali. E’ vero. Ma è giusto che ricercatori e assegni di ricerca siano finanziati in sostituzione dell’Alma Mater e non per favorire insediamenti che, in quanto giovani, hanno bisogno di maggiori attenzioni?
   Alla Fondazione siamo tutti grati, così come a Serinar, ma dobbiamo promuovere un processo che veda valorizzata la ricerca in tutti i suoi aspetti e che consenta di superare l’impressione di luogo dove, con criteri talora soggettivi, si distribuiscono risorse.

   c)   Servono nuove regole e nuove pratiche decisionali. Va considerato che i poli hanno contemporaneamente un ruolo didattico, pienamente sviluppato e uno scientifico, ancora da esprimere. Si deve richiamare l’attenzione sul fatto che le differenze per quanto concerne la ricerca e la vita dei Dipartimenti fra Bologna e la Romagna, sono notevoli.
   Ad esempio:
1. Gli studi dei docenti in Romagna sono collocati nelle Facoltà e non nei Dipartimenti co-me a Bologna;
2. I contributi studenteschi che a Bologna finanziano le Facoltà e tramite queste i Dipartimenti, in Romagna servono per finanziare i Poli, che in buona misura li destinano poi al-le Facoltà per le loro spese di funzionamento, ma mantenendone la gestione contabile;
3. Il budget della Facoltà riconosciuto dall’Ateneo costituisce per la Romagna l’unica fonte di finanziamento per l’attività didattica (contratti);
4. Tutta l’attività didattica in Romagna è svolta dalle Facoltà, che devono pertanto gestire tutti gli spazi necessari, senza alcun contributo da parte dei Dipartimenti, come si verifica invece a Bologna.

   d) Partendo dalla considerazione di queste differenze s’impone una specifica disciplina della ricerca in Romagna, che assecondi il modello multicampus, dando inoltre un contributo all’esigenza di affermare nell’Alma Mater una più qualificata attività di ricerca, oggi in parte resa opaca da processi decisionali non sempre pienamente trasparenti e da una complessiva organizzazione che è in parte da ripensare, come infatti si sta verificando.
  Va considerato inoltre che il ruolo principale dei Dipartimenti, laddove non siano presenti consistenti strutture di ricerca, è quello di allocare le risorse, sia di persone sia finanziarie e poi di amministrarle. La ricerca pertanto non richiede, per noi, la vici-nanza fisica e l’utilizzazione di laboratori, conseguendone che la funzione amministrativa nei Dipar-timenti è assorbente di ogni altro aspetto.
   E’ possibile al riguardo, come si è iniziato a fare in una riunione che nell’autunno dell’anno scorso ha visto insieme il Rettore, con i Presidenti dei Poli, il Pro-rettore e i presidi della Romagna, pensare che:
   -  I Poli, come realtà scientifiche, dovrebbero essere realizzati, almeno a livello sperimentale;
   - Il loro ottimo risultato sotto il profilo della gestione delle risorse che fanno capo alle Facoltà (che decidono, ma non hanno autonomia contabile), può fare pensare a un loro coinvolgi-mento nella gestione contabile delle attività di ricerca in Romagna;
   - I docenti incardinati in Romagna potrebbero dunque (forse anche senza modifiche dello Statuto dell’Ateneo), secondo regole e comportamenti da definirsi, organizzarsi in aggregazioni sostitutive degli attuali Dipartimenti, opzionalmente rispetto ai Dipartimenti di Bologna, ge-stendo pertanto in Romagna le risorse della ricerca ad essi attribuite, ma avendo sempre i Poli come centri di contabilità.
    E’ una possibilità, intorno alla quale lavorare. Il punto, per me chiaro, come lo era per il Sen. Leonardo Melandri, come lo è per coloro che vogliono una Alma Mater sempre più grande e insediamenti universitari in Romagna sempre più efficaci, è tutto nella necessità di affiancare la ricerca con la didattica: entrambe definiscono un inse-diamento universitario. Entrambe si influenzano a vicenda.
   I docenti, in Italia, svolgono entrambi i ruoli. Secondo la mia opinione, ne consegue che un docente non è interessato allo sviluppo della propria Facoltà, non cerca riscontri sul territorio, se la sua carriera è di fatto collegata ad altri riferi-menti accademici. I docenti sono sempre legati a scuole, correnti di pensiero che, se si pongono fuori della Facoltà, ne riducono il ruolo a luogo funzionale al proprio percorso accademico, richiamati (soprattutto se di particolare valore), o diversamente indirizzati, appena necessario.
   Il Sen. Leonardo Melandri circa questi aspetti, connessi all’attività di ricerca, a p.57, osserva: “Queste sono largamente penalizzate con la mancata istituzione di almeno alcuni importanti Dipartimenti, senza i quali anche ciò che di valido si svolge in Romagna rimane attestato su Bologna, mantenendosi alla sede centrale il punto di riferimento, anche finanziario e di svolgimento del lavoro, per tutte le attività impostate e da impostare.
   Ciò porta anche alla conseguenza che i Docenti e Ricercatori continuano inevitabilmente a considerare Bologna come la loro sede di lavoro, accrescendo quel senso di precarietà che sembra talora assumere la presenza del personale docente nelle nostre sedi didattiche.”
 
    e)  Un altro aspetto che al Sen. Leonardo Melandri era assolutamente chiaro era quello relativo al rapporto fra Facoltà e territorio. Ho già fatto riferimento ai significativi risultati del Cresem (Centro di ricerche economico manageriali), anch’essi da assumere a “modello”, se si pensa di riflettere su come impostare le iniziative di un in-sediamento universitario che voglia essere propositivo e comunque interagire, verso e con il territo-rio. In effetti quest’ultimo fondamentale aspetto dell’attività di una Facoltà e specialmente di una Facoltà di Economia (soprattutto quando i suoi percorsi si rivolgono ai soggetti-aziende, di ogni tipologia, per aiutarli nel governo delle loro attività), è sempre stato per me, insieme alla qualità della didattica e della ricerca, un punto di costante riferimento.
   Per realizzarlo al meglio serviva una cabina di regia con il territorio, che era stata individuata nel Cresem, come era emerso anche da alcune riunioni che precedettero la costituzione del Cresem in Spa.
   D’altra parte va menzionato che subito dopo la mia elezione a Preside, sei anni addietro, elezione avvenuta di fatto all’unanimità e su richiesta dei Colleghi, inviai una lettera ai rappresentanti dell’Istituzioni proprio per esprimere questa mia naturale propensione alla collaborazione.
    Il progetto però non è riuscito, nonostante le mie attenzioni, poiché la collaborazione del territorio, sempre fattiva sugli aspetti materiali, non ha saputo spingersi sino a delineare una richiesta di didattica e di ricerca che fosse congeniale alle proprie esigenze di sviluppo, che comportasse un confronto continuo e di tipo strutturale con le diverse realtà, anche associative, specialmente quelle relative alla ricerca e alla formazione.
   Vi sono state comunque eccezioni in positivo. Ad esempio da parte della professione contabile e da parte della provincia di Forlì-Cesena.
   Va poi considerato il grande contributo della Fondazione, già menzionato, quantitativamente di enorme importanza, ma non ancora incardinato in una logica espressa e negoziata di in-terazione con il territorio, così come la collaborazione assicurata dal Direttore di Confindustria Forlì-Cesena.
   Circa il Cresem è stato dunque osservato che “Certamente, la Fondazione della Cassa di Risparmio di Forlì, rendendosi conto della importanza di favorire l’alta formazione e la ricerca nelle nostre sedi, ha erogato rilevanti risorse ai nostri Corsi universitari, per progetti di alta formazione e di ricerca.
   Ma si può essere soddisfatti di questo? C’è la necessità della continuità e dell’interconnessione, oltre che della continuativa verifica, tra territorio e programmi universitari; e a questo scopo non può certo dare una risposta sufficiente il Comitato tecnico-scientifico, costituito dalla Fondazione stessa.
   Poteva esercitare una funzione importante, in questo quadro, il Cresem costituito in Società autonoma presso la Facoltà di E-conomia, con la partecipazione maggioritaria della stessa Fondazione e della Associazione degli Industriali, oltre che di Ser.in.ar., del Comune e dell’Università. Ma non mi pare che siamo su questa lunghezza d’onda.” (pp. 58-59). Il Sen. Leonardo Melandri osserva poi “da una parte, la ancora fragile e precaria situazione dei nostri insediamenti universitari … , dall’altra, la scarsa chiarezza propositiva del mondo delle imprese”.
Credo che al riguardo la riflessione di tutti debba proseguire.

  Conclusioni. ....
La speranza è che, grazie all’impegno dei docenti e delle istituzioni, e nonostante l’autonomia non si sia ancora pienamente affermata, tale indirizzo possa proseguire. Al centro di questo “quadro di riferimento”, vi è il “modello” che ho cercato di delineare, la cui validità va ben oltre i confini della nostra Facoltà.
Forlì, ottobre 2006

Sommario Premessa 2 La Facoltà sino all'a.a. 1999/2000 2 Lo sviluppo della Facoltà: l'aspetto quantitativo 4 Lo sviluppo della Facoltà: l'aspetto qualitativo 8 Considerazioni preliminari 8 Il modello: la sua struttura 9 Il modello: gli altri valori 10 Specificità della nostra eccellenza, in quanto riconducibili ai contenuti del piano triennale dell'Ateneo 2007/2009 10 L'internazionalizzazione 11 Il rapporto con il territorio 11 Alcune considerazioni (e opportunità) riconducibili all'ultima intervista del Sen. Melandri 12 Cosa fare nel prossimo futuro? 15 Conclusioni 17
Tavole allegate
1.         Docenti incardinati nel tempo, per area e per SSD, con la specificazione dell’indicatore di fab-bisogno
2.         Studenti immatricolati e iscritti nel tempo
3.         Personale amministrativo nel tempo
4.         Requisiti minimi di docenza per l’anno accademico 2006/2007
5.         Andamento delle immatricolazioni del CLEGA, distinto per curriculum

ATENEO DI BOLOGNA: Il Prof. SEGRE', candidato Rettore si lancia sul web.
Ma non è il solo programma sul web. Si veggano anche:

http://www.robertograndi2009.it/
,   http://www.dariobraga.it/web/index.php , ....


Andre Segrè


Il PROGRAMMA DI SEGRE', Recensione di N. Luciani
Perchè  non enunciare la propria squadra, già in aprile, vale dire prima delle elezioni ?

Frattanto il Rettore uscente ha incassato (26 gen) un brutto colpo: convocata la riunione
CONGIUNTA di CdA e SENATO per allargare il corpo elettorale, si è visto respinto:
"Avevi tutto il tempo ...., ma le regole non si cambiano sotto elezioni ! "

Anche scaduti il 30 gennaio il termine delle  domande
per la selezione del nuovo Direttore Amministrativo

Andrea Segrè, PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA MATER , feb. 2009

   In questa settimana il Preside di Agraria ha distribuito capillarmente in Ateneo un libretto cartaceo, in cui illustra il suo programma di rilancio della nostra università, contando sul placet degli elettori. Lo stesso testo è, poi, visibile in Internet, sul sito di lui: http://www.andreasegre.it/ (Scarica programma pdf ).
  L'iniziativa di Segrè si distingue per l'eccezionale dote comunicativa, chiarezza dei propositi e grafica, così da catturare facilmente anche un occhio distratto. E' evidente anche il notevole impegno finanziario, per la stampa.
   Nel merito, il testo è ripartito in argomenti, facilmente rintracciabili con un link. Per nulla togliergli, dal lato del contenuto e del metodo espositivo, riporto qui il copia-incolla del frontespizio. Per chi si aspettasse da me un qualche giudizio critico sul programma, sono un può restio. Ma, poi, perchè dovrei lanciare il sasso e tirare indietro la mano ?

A. Segrè, PROGRAMMA DI MANDATO RETTORALE: L'URGENZA DEL FUTURO UN NUOVO PROGETTO PER UNA NUOVA ALMA MATER

Fare comunità. L’Alma Mater è il nostro posto
Guardare avanti. Con consapevolezza e responsabilità per costruire il futuro
Lo statuto del rinnovamento. La nuova governance: partecipazione, trasparenza e sussidiarietà
Didattica e ricerca. Rinnovare la missione, qualificare l'azione
Il motore della ricerca. Aumentare la potenza, migliorare l'affidabilità
Internazionalizzazione e accoglienza. La giusta dimensione dell'Alma Mater
Il motore della didattica. Diminuire i giri, migliorare il rendimento
La strategia di sviluppo. Collegare gli obiettivi alle risorse
Studenti al centro. Diritti e doveri, strutture e servizi
La ricerca dei talenti. Il futuro della nostra comunità
La Medicina dell'Alma Mater. Un patrimonio per l'Università, una risorsa per la società
Un multicampus tra Bologna e la Romagna. Federalismo e reciprocità
L'Alma Mater è la nostra casa. Riorganizzare gli spazi per lavorare meglio e in sicurezza
Sosteniamo il futuro. Spegniamo la luce, accendiamo la ricerca
Diventare UniversitAttiva. Un comunità che vive nella comunità
Un'altra Alma Mater è possibile. La sostenibilità economico-finanziaria del progetto
L'Alma Mater del nostro futuro. L'Università che vogliamo, insieme la faremo
    Ci sono aspetti che mi sembrano innovativi per la presa di coscienza dell'importanza strategica di alcuni obiettivi e del modo di raggiungerli. Notevole, a questo proposito, è il suo schema di governance, in cui compare in primo piano la "squadra", più che il Rettore.
   Mi piace anche la chiarezza con cui proclama la natura pubblica dell'Università, in Italia (e questo non va contro le libertà di fare altro, se c'è chi lo vuole).
  Altri aspetti bene impostati sono quelli del riordino delle lauree, e della riorganizzaziobe della ricerca. Mi pare, invece, eccessiva l'importanza attribuita al sapere impostare le domande.  Qui occorrerebbe una vera e propria svolta, in modo da interessare il settore privato al finanziamento dell'Ateneo. Ad es., i tempi tecnici dell'Ateneo sono troppo lenti, per le imprese.

   L'idea  del multicampus in Romagna, secondo me, non è il meglio nè per Bologna nè per la Romagna, e sarebbe utile dichiarare che non si considererebbe scandalo se, prima o poi, la Romagna chiedesse la secessione.
   Altri aspetti da riprendere e meglio precisare sono quelli relativi allo stato giuridico e al reclutamento dei giovani. Qui il programma mi pare un pò troppo sguarnito. I problemi del precariato non si risolvono con cioccolatini. Servono risorse finanziarie vere, e serve vincere un corporativmo strutturato, capillare, che è ancora nel sangue della ex-medievale Alma Mater.

  Ritorno sulla "governance". Spero tantissimo che il "giovane" e "valoroso" Segrè sia consapevole che toccare sul serio la questione della Governance  è toccare fili elettrici. La Burocrazia è molto potente e non mollerà facilmente.
  Egli vuole riportare i professori a condurre la politica universitaria (compito, dalla prina ora di Calzolari, avocato a sè dalla Burocrazia). Così vuole la legge esistente, vale dire spetta:a) ai professori a decidere  la politica universitaria; b) alla Burocrazia la sua attuazione. 
  Ma come dicevo, riformare la governance in quel senso, vuole dire toccare fili elettrici e, dunque, per divenire credibile, occorrerà rassicurare l'elettore che dispone di un équipe con le spalle quadrate.
  Perchè no ? Perchè non enunciare la propria squadra, già in aprile, prima delle elezioni ? N. Luciani

 

ATENEO DI BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca


Pier Ugo Calzolari

Bilancio di previsione 2009: le entrate ancora calanti, da Contratti
e convenzioni per la ricerca in conto terzi, ex-art. 66 DPR 382/80

Considerazioni su una possibile compensazione dagli Spin Off dell'Ateneo ex- D.Lgs 297/1999, purchè non sopravvengano conflitti di interesse tra Spin Off e Ateneo (si vegga lo art. 6, circa la responsabilità della vigilanza del Preside e del Direttore del Dipartimento).
Sul Decreto Rettorale in materia di Contratti ex-art. 66, clicca su Regolamento
Sul Decreto Rettorale, relativo agli Spin Off, clicca su:  Alma Mater

Il Dirigente della "Area della Dicerca" Bruno QUARTA potrebbe raccontarci
circa le sue azioni per scoperchiare questa pentola, in tanti anni ?


TABELLA - Previsioni  in €, a prezzi correnti - FONTE: Bilanci ripresi da www.unibo.it
Chiave Bilancio 2006* Previsione assestata a ottobre 2007* Previsione assestata a ottobre 2008* Previsione assestata a dic. 2009 Previsione
F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
(F.E.1.3.1.02+
F.E.2.2.1.16,
dal 2008, 2009)

Fondo 20% (ex- art. 66 DPR 382/80), del Finanziamento privato
della ricerca *
 


906.660,84




850.000




820.000




830.000

* Questo significa che il finanziamento atteso dai Dipartimenti è previsto nell'ordine di € 4.150.000, per il 2009

 
   Il finanziamento privato della ricerca universitaria assume un interesse strategico, quale entrata sostitutiva del finanziamento statale, via via sempre più calante in questi anni. E questo anche se non sono mancate leggi statali, miranti ad incentivare il finanziamento privato medesimo (per le erogazioni liberali, si veda:TUIR, art. 10, comma 1, lettera 1-quater; art. 100, comma 2, lettera c). Ma gli effetti non sono, tuttora, risultati significativi.
   Invece, un campo potenzialmente di interesse è il finanziamento privato in cambio di una contropartita, domandata dalle imprese. Per quanto ricordo ci sono state due leggi, che hanno smosso qualcosa, ma molto meno di quanto di sarebbe potuto ottenere, se applicate in modo intelligente: uno è il DPR 382/80, art. 66, l'altro è il Decreto Legislativo 297/1999, da cui nell'Ateneo di Bologna sono venuti gli Spin Off (imprese commerciali, in forma di società di capitali, a partecipazione dell'Ateneo, dei Professori e Ricercatori, personale tecnico-amministrativo, borsisti, studenti, ...). Ma andiamo per gradi.
  1.- Contratti ex-art. 66. Il bilancio di previsione 2009 conferma la modestia di questa entrata in bilancio, o per meglio dire il suo declino da anni, ma a partire da somme non trascurabili in passato.
   Il motivo di questo declino sta nel fatto che i ricercatori hanno dovuto abbandonare la ricerca di contratti con le imprese, a causa del fatto che l'Amministrazione Centrale applicava (ed applica) una dura tangente sui proventi (che può avvicinarsi al 30%, e questo per un complicato meccanismo che colpisce sia l'utile che il costo dei progetti). Questa tassa, aggiunta all'imposta sul reddito e agli oneri previdenziali, lascia poco più del 10% al ricercatore).
   Questo effetto perverso è stato più volte segnalato al Rettore, che però ha trovato un muro nel direttore amm.vo. Nè abbiamo mai potuto capire se il Dirigente della Area della Ricerca se ne sia occupato. Fatto sta che un primo rimedio è stato trovato direttamente dai professori con contratti diretti con le imprese, sia pur sotto di studi professionali, e quant'altro. Questo, finchè
la legge n. 370/1999, art. 4, c. 5, delegificò la materia, ossia la "rimise alla autonoma determinazione degli Atenei". Nel caso di Bologna ci fu il ripristino della tangente con Decreto Rettorale del 2001.
   2.- Spin Off. Essi sono stati istituiti a Bologna con Decreto Rettorale (2002), in applicazione del D.Lgs 297/1999: "Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori".
   Lo Spin Off è una società di capitali, che ha come possibili soci i professori e lo stesso Ateneo, con lo scopo di fare ricerca ed attività professionali connesse, in forma imprenditoriale autonoma, dentro e fuori l'università. La legge (art.4) sostiene gli Spin Off con:

a) i contributi a fondo perduto;
b) il credito agevolato;
c) i contributi in conto interessi;
d) i crediti di imposta ai sensi dell'articolo 5 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con le integrazioni di cui al comma 2;
e) la prestazione di garanzie;
f) gli atti di cui all'articolo 2, commi da 203 a 207, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in conformita' alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE);
g) il bonus fiscale, ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123.

   Sappiamo dell'esistenza di Spin Off a Bologna(clicca su SPIN OFF per trovare l'elenco). Ma null'altro sappiamo oltre alla ragione sociale e agli scopi, pur se l'Ateneo ne è socio (10% del capitale). Qualche loro traccia dovrebbe esserci nel bilancio dell'Ateneo sotto forma di "utili" o "perdite" pro-quota capitale partecipato.
   Il Decreto Rettorale contiene varie limitazioni ai soci-professori, affinchè non nasca conflitto di interesse tra le due posizioni da loro occupate (quello di professore che deve svolgere i compiti istituzionali, e quella di socio-imprenditore che svolgi i compiti dello Spin Off). In particolare è fatto divieto di fare ricerca ai sensi dell'art. 66 del DPR 382/80.
   E' tuttavia evidente che questa limitazione è contra legem, anzi è un vero e proprio abuso di potere dell'Amministrazione centrale che non può con un atto amministrativo (tale è un Decreto rettorale)  proteggere il percepimento della tangente di cui sopra, trattandosi di utili con apporto dello Stati (mi riferisco ai contributi statali, ... ecc. - di cui al D.Lgs 297/1999). D'altra parte, la distinzione tra ricerca dello Spin Off e ricerca ex-art. 66 non nasce etichettata con qualche marchio, per cui esse sono indistinguibili.
   3.-  Tuttavia, mi pare anche evidente che il passaggio dai contratti ex-art. 66 (per attività istituzionali)  agli Spin Off (per attività imprenditoriali), sia stato un passo eccessivo, sotto il profilo dei casi di conflitto di interesse, e che può configurare una responsabilità per gli Organi responsabizzati per il controllo (Presidi e i Direttori di Dipartimento). Vediamo alcune evidenze.

    1) Posizione del socio “Amministratore Delegato” o “Presidente”. Mi sembra evidente che, qualora il bilancio dello Spin Off divenga di ammontare rilevante, il professore o ricercatore “a tempo pieno” entra inevitabilmente in conflitto di interesse con l’Ateneo, e questo a causa del tempo da dedicare all’Amministrazione.
   2) Questo avviene  se anche  il numero dei soggetti del Dipartimento coinvolti nell’attività dello Spin Off sia rilevante: nel senso che l’attività istituzionale del Dipartimento viene ad essere compressa da quella concorrente dello Spin Off.
   3) Se il numero è rilevante, viene anche crearsi una posizione di dominanza dello Spin Off nel Dipartimento: nel senso che lo Spin Off potrebbe indirizzare il voto (dei propri nembri) all'interno del Consiglio del Dipartimento, fino a a ledere il principio di democrazia negli Organi Collegiali del Dipartimento;
    4) il tempo dedicato dai soci dello Spin Off all'attività dello Spin Off, che non dev’essere di quantità tale da far venir meno i doveri istituzionali per l’insegnamento e la ricerca. Pur se le cose vanno verificate da caso a caso, tuttavia, il caso di bilanci importanti degli Spin Off è per se stesso un indizio da non  sottovalutare;
    5) E' Illegale conservare la sede operativa presso il Dipartimento, dopo i 6 anni dalla costituzione dello Spin Off. 
    6) Lo Spin Off , che non versi le imposte sul reddito, è in posizione illegale. N. Luciani


SPIN OFF (Imprese commerciali in forma di SpA o di Srl) dell'Università di Bologna

ALMA AUTOMOTIVE S.r.l.
Dipartimento Ingegneria costruzioni meccaniche, nucleari., aeronautiche e di metall. (DIEM).
Attività principali: sviluppo e la commercializzazione di procedure software e di strumentazione orientate al controllo, alla progettazione, alla sperimentazione, allo sviluppo ed alla messa a punto di sistemi energetici, motopropulsori a combustione interna, macchine a fluido e relativi componenti.
Sede: c/o DIEM - Sezione Macchine Viale del Risorgimento 2 40136 Bologna

ARCA Tecnologie S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione e ingegnerizzazione di sistemi di automazione industriale e di controllo Automotive. Sviluppo di sistemi di simulazione e prototipazione rapida, progettazione e ingegnerizzazione di schede elettroniche, di software di interfaccia, di software applicativo. Svolgimento di campagne di prove sperimentali. Trasferimento tecnologico alle aziende e relativa formazione specialistica. Sviluppo e commercializzazione di strumenti software di supporto alla progettazione.
Sede: c/o Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS Viale Pepoli, 3/2 Bologna

ARS Analytical Research System S.r.l.
Dipartimento: Chimica "G. Ciamician"
Attività principali: sviluppo, produzione e commercializzazione di strumenti e servizi per l'analisi chimica
Sede: Via Ercolani 3 Bologna

ECONAG s.r.l.
Dipartimento Scienze Statistiche Dipartimento di Scienze Aziendali
Attività principali: Servizi statistici, informatici e di valutazione alle imprese e agli enti locali
Sede: Via Zamboni, 18 - Bologna

ELCOS S.r.l.
Dipartimento Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Dipartimento. Ingegneria Chimica, Mineraria e delle Tecnologie Ambientali
Attività principali: realizzazione di un nuovo sistema di certificazione internazionale delle rocce ornamentali attraverso l'analisi di immagini Sede: DICMA Viale Risorgimento 2 Bologna

ERGO S.r.l.
Dipartimento Economia e Ingegneria Agrarie
Attività principali: analisi e valutazioni socio economiche inerenti il territorio rurale.
Sede: Alma Cube via Fanin 48 Bologna

HEALTH Ricerca e Sviluppo S.r.l.
Dipartimento: Medicina Clinica e Biotecnologia applicata "D. Campanacci"
Attività principali: sviluppo di programmi di ricerca in ambito nazionale ed internazionale, sviluppo di progetti di ricerca cooperativi tra pubblico e privato
Sede: Via Galliera 22 Bologna

IDEA S.r.l.
Dipartimento Elettronica, Informatica e Sistemistica (DEIS)
Attività principali: dispositivi elettronici
Sede Operativa: Viale Pepoli 3/2 Bologna

MEC S.r.l.
Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica - DEIS
Attività principali: Progettazione di microcircuiti e microsistemi elettronici a microonde da realizzare su chip per radiocollegamenti terrestri e spaziali. Caratterizzazione e modellizzazione di componenti attivi e passivi per circuiti integrati monolitici a microonde. Realizzazione e commercializzazione di micromoduli a microonde.
Sede: C/o DEIS Viale Pepoli, 3/2 Bologna

PROGEA s.r.l.
Dipartimento Scienze della terra e geologico-ambientali
Attività principali: Produzione di sistemi di supporto decisionale, hardware, software, servizi di formazione ed attività di diffusione nei settori della Meteorologia, Idrologia, Climatologia, Gestione sostenibile delle risorse ambientali, Protezione dell'ambiente e del territorio, Protezione Civile, Previsione di piena in tempo reale
Sede Operativa: Via Don Bedetti, 20 - 40129 Bologna

TECHIMP s.r.l.
Dipartimento Ingegneria Elettrica
Attività principali: Realizzazione (progetto, ingegnerizzazione) di apparecchiature per misure di grandezze elettriche; ottimizzazione di processi tecnologici, controllo di qualità e diagnostica del processo; automazione industriale.
Sede Operativa: LIMAT (laboratorio presso il DIE) Viale Risorgimento 2 Bologna

T.IN.V.AL. S.r.l
Dipartimento Protezione e Valorizzazione agroalimentare (DIPROVAL)
Attività principale: fornire strumenti e professionalità per un razionale utilizzo di tecnologie e innovazione, di certificazione e tracciabilità, nonché per la realizzazione dei servizi di marketing necessari alla valorizzazione delle produzioni agroalimentari
Sede: Villa Levi Via F.lli Rosselli, 107 42100 Reggio Emilia

VET SPIN S.r.l.
Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale
Attività principali: Ricerca e formazione rivolta all'industria farmaceutica veterinaria ed enti pubblici e privati.
Sede: c/o Dipartimento Sanità pubblica veterinaria e Patologia animale Via Tolara di Sopra, 50 Ozzano dell'Emilia (Bo)

 



ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA
D.R. n° 180 del 06 /06/02

IL RETTORE

VISTO il d.lgs 297/99 ( "Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilita' dei ricercatori") che disciplina l’attività di ricerca scientifica e tecnologica estendendo il campo d’azione delle Università ad interventi volti alla creazione di "spin off", con l’intento di favorire l’occupazione giovanile ed incentivare il trasferimento tecnologico;
VISTI l'art. 2, comma 1 lett. e), n°1, del d.lgs 297/99 e l'art. 11, comma 5, del relativo decreto attuativo D.M. 593/00, che demandano alle Università l'adozione di regolamenti disciplinanti il collocamento in aspettativa, ovvero il mantenimento in servizio o nel corso di studio, la tutela della proprietà intellettuale e che definiscono le limitazioni volte a prevenire i conflitti di interesse con le società costituite o da costituire, in cui siano impegnati professori e ricercatori universitari;
VISTO lo Statuto di autonomia dell'Università di Bologna, Parte IV, Capo II, in particolare gli artt. 50 e seguenti;
TENUTO CONTO dell'art. 53 del d.lgs 165/2001, che disciplina il conferimento e le autorizzazioni allo svolgimento di incarichi retribuiti da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
TENUTO CONTO che, per la migliore riuscita dell’iniziativa imprenditoriale, del trasferimento tecnologico, e per il conseguimento degli obiettivi programmatici, è interesse dell’Università che il personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo possa prestare la propria attività a favore dello spin off, purché nel pieno rispetto dei loro compiti primari nei confronti dell’Università;
VISTE le delibere del Senato Accademico del 6 maggio 2002 e del Consiglio di Amministrazione del 21 maggio 2002;
VISTO
l'art. 12 dello Statuto Generale di Ateneo che disciplina la procedura di approvazione dei Regolamenti di Ateneo;

QUANT'ALTRO VISTO E CONSIDERATO

DECRETA:


è emanato con efficacia immediata il seguente
REGOLAMENTO PER LA COSTITUZIONE DI SPIN OFF DELL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA E LA PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE UNIVERSITARIO ALLE ATTIVITA' DELLO STESSO

ARTICOLO 1
PRINCIPI GENERALI
I)
L' Alma Mater Studiorum Università di Bologna, di seguito indicata come "Università", in conformità ai principi generali di cui alla Parte IV, Capo II, del proprio Statuto di autonomia, favorisce la costituzione di società per azioni o società a responsabilità limitata aventi come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.
II)
Vengono definiti spin-off dell' "Università" esclusivamente quelle società per azioni o a responsabilità limitata alle quali l’"Università" partecipa in qualità di socio.
III)
Le modalità di costituzione, la disciplina dei rapporti con l’"Università" e il regime delle autorizzazioni del relativo personale sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 2 e seguenti.

ARTICOLO 2
SOCI PROPONENTI E ALTRI PARTECIPANTI


I) La costituzione di uno spin off dell’"Università" può essere proposta esclusivamente dall'"Università", ovvero da uno o più docenti e/o ricercatori, ovvero da dipendenti dell'"Università" appartenenti al ruolo del personale tecnico amministrativo.
II) Oltre ai soci proponenti, possono partecipare al capitale sociale dello spin off i titolari di assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato, di borse di studio universitarie o di altre borse di studio destinate alla permanenza di giovani ricercatori presso le strutture di ricerca; gli studenti dei corsi di studio, i laureandi, gli allievi dei corsi di specializzazione e di dottorato; i laureati, gli specializzati e i dottori di ricerca nonché ogni altra persona fisica e/o giuridica, società, ente e/o soggetto, italiano o straniero, diverso da quelli qui espressamente indicati.

ARTICOLO 3
PARTECIPAZIONE DELL’UNIVERSITA’

I) La partecipazione dell’"Università" nello spin off, che potrà derivare anche esclusivamente da conferimenti di beni in natura, non potrà superare il 10% del capitale sociale, salvo che il Consiglio di Amministrazione dell’Università non disponga diversamente, sentito il Comitato per la valorizzazione dei risultati della ricerca e del trasferimento tecnologico (di seguito indicato come "Comitato Smart"), ricorrendo particolari motivi di convenienza o opportunità.
II) Tale partecipazione non potrà essere ridotta se non per volontà dell’"Università" e dovrà assicurare alla stessa adeguate garanzie in caso di trasferimento delle azioni o quote, nonché la presenza di propri delegati negli organi dello spin off. A tal fine lo statuto dello spin off dovrà prevedere, tra l’altro, che:
a) in caso di trasferimento a qualunque titolo delle azioni o quote, spetti ai soci dello spin off, tra cui l’"Università", un diritto di prelazione da esercitarsi in proporzione alla partecipazione detenuta;
b) la partecipazione dell’"Università" nello spin off, pur attribuendo il diritto di voto in assemblea ordinaria e straordinaria, sia postergata nella partecipazione alle perdite rispetto a tutte le altre partecipazioni sociali;
c)
la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione di almeno tre membri e la nomina alle cariche sociali avvenga in modo da assicurare all’"Università" la possibilità di nomina di almeno un componente del consiglio di amministrazione e di un sindaco, se sia nominato il collegio sindacale.
III) I soci dello spin off dovranno inoltre sottoscrivere con l’"Università" adeguati patti parasociali, di durata non inferiore a 10 anni o comunque della durata massima consentita dalla legge, se inferiore, i quali prevedano che:
a) per il caso di operazioni sul capitale a seguito di perdite, i soci diversi dall’"Università" debbano fare fronte, nelle dovute proporzioni, ai ripianamenti delle perdite e agli eventuali aumenti di capitale anche per la parte necessaria a mantenere invariata la percentuale di partecipazione dell’"Università";
b) la remunerazione per l’attività a qualunque titolo prestata dal socio a favore della società non possa in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul mercato in situazioni analoghe, né possa costituire strumento per l’attribuzione al socio di vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o comunque strumento di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci;
c) i soci non possano deliberare aumenti di capitale dello spin off o la modifica di previsioni statutarie a salvaguardia della partecipazione dell'"Università" senza il preventivo consenso della stessa.
IV) Detti patti parasociali prevederanno, altresì, una opzione di vendita della partecipazione dell’"Università" nello spin off, esercitabile dalla stessa allo scadere dei patti parasociali o, in caso di mutamento della compagine sociale, nei confronti degli altri soci, ad un prezzo comunque non inferiore al valore nominale della partecipazione. L'importo sarà determinato da un esperto indipendente al momento dell’esercizio dell’opzione, tenendo conto del valore di mercato a tale data dello spin off.

ARTICOLO 4
AUTORIZZAZIONE ALL’UTILIZZO DEL LOGO

I) Agli spin-off dell’"Università" è concesso l’utilizzo gratuito del logo dell’Università di Bologna sulla base di un apposito contratto di licenza che dovrà essere sottoscritto con l’"Università" contestualmente alla stipula dell’atto costitutivo della società.
II) Il contratto di licenza prevederà, tra l’altro, che lo spin off garantisca e tenga manlevata e indenne l’"Università" da qualsivoglia responsabilità derivante dall’utilizzo del logo, nonché le condizioni di anticipata risoluzione o revoca della autorizzazione all’utilizzo dello stesso.
III) Qualora l'"Università" cessi di essere socia dello spin off, quest’ultimo dovrà interrompere con effetto immediato qualsivoglia utilizzo del logo.

ARTICOLO 5
PERMANENZA ALL'INTERNO DELLE STRUTTURE DELL'UNIVERSITA'


I) La permanenza degli spin off all’interno delle strutture dipartimentali dell’"Università" non potrà eccedere i 3 anni. Detto periodo potrà essere prorogato una sola volta, a condizioni da definirsi, dal Consiglio di Amministrazione dell’"Università" su proposta del Comitato Smart e sentito il Consiglio di Dipartimento, ricorrendo particolari ragioni di convenienza o opportunità.
II) I rapporti tra l'"Università" e lo spin off saranno regolati da apposita convenzione che disciplinerà l'utilizzo di spazi, attrezzature e personale, nonché gli impegni di trasferimento tecnologico.

ARTICOLO 6
PARTECIPAZIONE DEL PERSONALE ALLE ATTIVITA' DELLO SPIN OFF

I) La partecipazione dei soci proponenti all’attività dello spin-off costituisce per l’"Università" garanzia per la buona riuscita dell’iniziativa, per il raggiungimento degli obiettivi prefissati e per la salvaguardia della partecipazione stessa dell’"Università". Pertanto, il personale docente e/o ricercatore che proponga l’attivazione di uno spin-off, deve partecipare al capitale dello spin off e deve impegnarsi a non cedere per un periodo minimo di tre anni dalla costituzione dello spin off la propria partecipazione in esso.
II) Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno proponente l’attivazione di uno spin-off ottiene l’autorizzazione, con diritto al mantenimento in servizio, allo svolgimento di attività retribuita a favore dello spin off automaticamente per ciascun anno per effetto del rilascio dell’autorizzazione di cui al successivo articolo 8 .
III)
Il docente e/o ricercatore socio a tempo pieno che abbia conseguito l’autorizzazione di cui al precedente comma e quello a tempo definito, possono essere nominati componenti del consiglio di amministrazione dello spin off e possono prestare a favore dello stesso la propria attività retribuita, purché non di lavoro subordinato, a condizione che lo svolgimento di detta attività non si ponga in contrasto con il regolare e diligente svolgimento delle proprie funzioni didattiche e di ricerca. Il Preside della Facoltà di appartenenza del docente e/o ricercatore socio e il Direttore del Dipartimento di afferenza vigilano sul rispetto di quanto qui previsto. Qualora venga meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di detta attività a favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice richiesta dell’"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che non chieda di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare lo svolgimento dell’attività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto di conservare la propria partecipazione sociale.
IV)
Per il periodo di permanenza degli spin off all’interno delle strutture dipartimentali dell’"Università", il docente e/o ricercatore socio può assumere la carica di amministratore delegato o presidente della società previa delibera del Senato accademico, tenuto conto della compatibilità, nel caso specifico, della funzione di amministratore delegato o presidente con il regolare e diligente svolgimento delle funzioni didattiche e di ricerca.
V) E’ fatto espresso divieto allo spin off, e al personale docente e/o ricercatore che partecipa allo stesso, di svolgere attività in concorrenza con quella di consulenza e ricerca per conto terzi di cui all’art. 66 del D.P.R. 11.7.1980 n. 382 svolta dal dipartimento in favore di enti pubblici o privati.
VI)
Il personale docente e/o ricercatore a tempo pieno che, successivamente alla costituzione di uno spin off, intenda partecipare alla compagine sociale svolgendo attività retribuita a favore dello stesso, deve chiedere agli organi competenti l'autorizzazione secondo le procedure di cui al successivo art. 8. Il rilascio di tale autorizzazione consente di estendere al nuovo socio le disposizioni di cui ai commi precedenti del presente articolo.
VII) Il personale tecnico-amministrativo può svolgere a favore dello spin off attività non retribuita o attività retribuita purché meramente occasionale, al di fuori dell’orario di lavoro e previa autorizzazione del dirigente del personale, sentito il Direttore della Struttura relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività in favore dello spin off con quelle proprie della funzione istituzionale.
Il personale tecnico amministrativo può essere, altresì, nominato componente del consiglio di amministrazione dello spin off su designazione dell’"Università" ovvero a seguito di nomina assembleare, purché ciò risulti compatibile con l’esatto e puntuale svolgimento delle sue mansioni a favore dell’"Università", secondo quanto verificato, di anno in anno, dal responsabile della struttura di appartenenza.
VIII) I titolari di assegni di ricerca ed i dottorandi di ricerca possono svolgere a favore dello spin off attività retribuita o non, previo parere del tutor, su autorizzazione rispettivamente del Consiglio di Dipartimento e del Collegio dei Docenti del Dottorato.
Gli allievi dei corsi di specializzazione medica possono svolgere a favore dello spin off attività retribuita o non, purché l'attività prestata non sia in qualunque modo riconducibile all'ambito sanitario ed al di fuori dell’orario di lavoro.
IX) Il personale docente e ricercatore a tempo pieno, il personale tecnico amministrativo che partecipi a qualunque titolo allo spin off deve comunicare all’"Università", al termine di ciascun esercizio sociale, i dividendi, i compensi e le remunerazioni a qualunque titolo percepiti dallo spin off. La remunerazione per l’attività a qualunque titolo prestata dal socio a favore della società non può in nessun caso eccedere quanto praticato usualmente sul mercato in situazioni analoghe, né deve costituire strumento per l’attribuzione al socio di vantaggi, diretti o indiretti, derivanti dal controllo della società o comunque strumento di discriminazione o di pregiudizio nei confronti degli altri soci.
X) L’"Università" provvede alla verifica del rispetto di quanto previsto nel presente articolo, anche mediante richiesta di informazioni scritte allo spin off. Lo spin off è tenuto a fornire le informazioni richieste entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta.

ARTICOLO 7
PROPRIETA’ INTELLETTUALE

I) La proprietà intellettuale dei risultati della ricerca svolta dallo spin off è della nuova società. Spetta, tuttavia a favore dell’"Università" licenza gratuita e perpetua, senza diritto di sublicenza.

ARTICOLO 8
PROCEDURA DI COSTITUZIONE DELLO SPIN OFF


I) Il progetto per l'attivazione dello spin off è sottoposto al Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e al Senato Accademico che, su parere del Comitato Smart, sentito il Consiglio di Dipartimento che ospiterà la nuova iniziativa e del Dipartimento di afferenza dei proponenti, dovranno autorizzare, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, la costituzione dello stesso indicando la quota di capitale che risulterà sottoscritta dall’"Università".
II) Prima dell’inizio dell’attività la nuova società è iscritta all’Albo degli spin-off tenuto dall’"Università".
III) Il Consiglio di Amministrazione dell’"Università" designa, altresì, il componente del consiglio di amministrazione dello spin off riservato alla nomina dell’"Università". Tale rappresentante deve riferire al Comitato Smart almeno una volta all’anno sull’attività dello spin-off.

ARTICOLO 9
SPIN OFF ACCADEMICI

I) Le società, al capitale delle quali l’"Università" non partecipa, costituite o comunque partecipate dal personale docente o ricercatore, pur non essendo disciplinate dal presente regolamento, dovranno rispettare le seguenti disposizioni:
a) obbligo per il personale docente o ricercatore a tempo pieno che intenda prestare la sua opera a favore di tale società di richiedere, per ciascun anno, all'"Università" l’autorizzazione al mantenimento in servizio o nel corso di studio, sotto il vincolo del diligente svolgimento dell'attività didattica e di ricerca;
b)
obbligo per il personale docente o ricercatore di richiedere di volta in volta l'autorizzazione a percepire compensi dallo spin off accademico, per l'attività svolta, secondo quanto previsto dal regolamento di Ateneo sul conferimento di incarichi a docenti e ricercatori a tempo pieno;
c) obbligo per il personale tecnico amministrativo di richiedere di volta in volta l’autorizzazione al dirigente del personale, sentito il Direttore della struttura relativamente alla compatibilità dello svolgimento di attività a favore dello spin off con quelle proprie della funzione istituzionale, a svolgere attività ed a percepire compensi dallo spin off accademico secondo la disciplina di cui all'art. 6 comma 7.
d) obbligo per il docente / ricercatore a tempo definito del rispetto del regolare e diligente svolgimento delle attività didattiche e di ricerca.
II) E’ fatto in ogni caso divieto al personale docente o ricercatore di partecipare o prestare la propria attività a favore di società che svolgano attività in concorrenza con quella di consulenza e ricerca per conto terzi di cui all’art. 66 della legge 11.7.1980 n. 382 che il dipartimento di appartenenza svolga con enti pubblici o privati.
Qualora venga meno, per qualsivoglia motivo, la compatibilità tra lo svolgimento di detta attività a favore dello spin off e le funzioni didattiche e di ricerca, su semplice richiesta dell’"Università", il docente e/o ricercatore socio, a meno che non chieda di essere collocato in aspettativa senza assegni, deve immediatamente cessare lo svolgimento dell’attività a favore dello spin off, salvo in ogni caso il diritto di conservare la propria partecipazione sociale.

ARTICOLO 10
ENTRATA IN VIGORE E REGIME TRANSITORIO
Agli spin off già costituiti all'atto dell'entrata in vigore del presente regolamento e ai quali partecipi l'Università, è riconosciuta la qualifica di spin off dell'"Università" e ad essi si applicano le disposizioni del presente regolamento dal momento della sua entrata in vigore. Essi devono adeguare i propri statuti e patti parasociali a quanto qui previsto nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Ove ciò non sia possibile , il Comitato Smart potrà proporre, d'intesa con gli interessati, soluzioni ad hoc.

 

Riceviamo dalla Prof.ssa Lilla CRISAFULLI, membro uscente del CdA, ricanditata


Ateneo di Bologna: presentate al Consiglio

"Linee guida del Bilancio di previsione 2009"


Lilla Crisafulli

  LUCIANI: il documento, che pubblichiamo integralmente, ci prepara a capire cosa ci aspetta nel 2009, in seguito alle decisioni finanziarie definitive del Governo, che ci auguriamo siano ricondotte ad una sana ragionevolezza, per garantire agli studenti il diritto allo studio, e alla scienza la continuità della ricerca.
  Non ricordo di aver mai visto un documento così ragionato.
  Mi duole, invece, rilevare che il documento taccia su DATI essenziali per capire da dove si parte: quale è il saldo del bilancio assestato (che di regola va fatto in ottobre), e quale la situazione di CASSA. E mi duole che la previsione di calo degli studenti sia considerata come ipotesi realistica, perchè nulla è in cantiere in Ateneo per contrastarla (eppure durante il mandato di questo Rettore, il calo totale è stato vicino ai 20.000, quanto basta (in qualunque azienda normale) per presentare le dimissioni subito (Lui, il suo Direttore amministrativo, e anche il Pro-rettore alla didattica).
  Sarebbe anche potenzialmente importante conoscere:
  1) Se si intravede qualche possibilità di ripresa del finanziamento privato della ricerca, all'Ateneo, anche di seguito alle recenti disposizioni legislative di sgravi fiscali.
  Ma questo rilievo non è fatto alla Ragioneria, bensì al Responsabile della ricerca, a parte che da tempo già avrebbe dovuto procurare entrate per la ricerca, eliminando "privilegi" nell'Ateneo, che ostacolano questa forma di finanziamento.
  Esempi: a) l'ateneo trattiene una trattenuta (meglio dire tangente) esosa sui proventi della ricerca, per conto terzi;
  b) i cosiddetti "spin-off", imprese "agevolate" dall'Ateneo al proprio interno, ci risulta siano divenuti (almeno alcuni) il bypass dei contratti di ricerca per conto terzi, vale dire il modo (dei ricercatori) per ricevere finanziamenti privati allo scopo di scansare la tangente (per, magari, pagarne un'altra, meno pesante, di cui al punto a).
  2) Se sono prevedibili ricadute sul bilancio di medio-termine, come conseguenza del fatto che l'Ateneo (in relazione ai rilievi dello Stato sulla proliferazione delle sedi) vuole affrontare il problema del finanziamento della Romagna (responsabilizzando lo Stato, non fuggendo), della cui drammatica situazione abbiamo saputo, dai suoi dirigenti amministrativi;
  3) Altra domanda che gira: è vero che le donazioni finanziarie all'Ateneo vanno a destinazione, solo dopo aver subito una trattenuta, a favore del personale dell'Amministrazione centrale ? NL 

                                Fonte: Ateneo. LINEE GUIDA PER IL BILANCIO DI PREVISIONE per il  2009

   

Finalità: Definire, secondo le previsioni regolamentari, le linee programmatiche per la gestione finanziaria dell’Università, in attuazione degli obiettivi strategici 2007 – 2009, degli interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili, tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica.

Premessa
I principali elementi conoscitivi e finanziari per l’elaborazione delle linee guida al bilancio di previsione 2009 sono stati esaminati dalla Giunta d’Ateneo (21 luglio 2008) “Primi elementi conoscitivi e finanziari per l’elaborazione delle linee guida al bilancio 2009”.
Il Magnifico Rettore ha presentato le principali scelte della manovra di finanza pubblica di giugno ai responsabili didattici, scientifici e di servizio dell’Ateneo (23 luglio 2008).

Riferimenti normativi di Ateneo
Revisione annuale Piano Strategico di Ateneo 2007-2009
La Giunta di Ateneo (16 giugno 2008), il Consiglio d’Amministrazione (8 luglio 2008) e il Senato Accademico (15 luglio 2008) hanno approvato la revisione annuale del Piano Strategico 2008 e i giudizi di priorità formulati per le linee d’azione.
Tutte le linee di azione, in quanto inserite nel Piano Strategico, sono prioritarie per la realizzazione degli obiettivi strategici di Ateneo; tuttavia sono state individuate le priorità giudicate essenziali per la realizzazione di tali obiettivi, identificandole come “priorità 1” per differenziarle da tutte le altre (contraddistinte come “priorità 2”).
Per le linee di azione a priorità 1 gli Organi Accademici hanno confermato l’opportunità di presidiarne la realizzazione, assumendo l’impegno di:
-        mantenere almeno immutate le assegnazioni di risorse finanziarie e umane per le linee di azione avviate nei tempi programmati per le quali non si ravvisano situazioni di criticità (valutazione verde);
-        convogliare eventuali risorse umane e/o finanziarie disponibili per la Programmazione Strategica sulle linee di azione che presentano ritardi rispetto ai tempi originariamente programmati o altre criticità (valutazione gialla o rossa), per renderne possibile la realizzazione o il completamento.
Il Senato Accademico ha raccomandato che l'argomento fosse riportato all'attenzione del Consiglio di Amministrazione con proposte finalizzate all’individuazione di possibili soluzioni per legare il piano strategico a elementi di valutazione finanziaria.
In allegato è disponibile il documento di revisione annuale del Piano Strategico di Ateneo 2007-2009 (Allegato 1).

Documento del gruppo di lavoro sugli interventi di riequilibrio finanziario – Consiglio di Amministrazione del 20 giugno 2007
Il documento ha approfondito il quadro informativo sull’evoluzione pluriennale delle principali componenti del bilancio ed ha indicato diverse misure per riequilibrare i saldi di bilancio nel triennio 2007-2009 e nel  medio - lungo periodo (2007-2016).
Si ricorda che le principali misure per il riequilibrio finanziario si articolano in:
-        gestione integrata della liquidità
-        finanziamento in conto capitale della manutenzione straordinaria
-        revisione del piano edilizio
-        cessioni immobiliari
-        prelievo straordinario
-        incentivi al prepensionamento.
Le misure elaborate per il recupero di efficienza e l’incremento delle entrate prevedono:
-        recupero di efficienza nella gestione dei programmi edilizi
-        recuperi di efficienza nelle partecipazioni
-        integrazione organizzativo-gestionale nelle strutture didattico-scientifiche
-        recuperi di efficienza nei sistemi informativi
-        recuperi di efficienza nelle strutture di servizio
-        recuperi di efficienza nella didattica
-        incentivazione delle attività su commissione.
Il Direttore Amministrativo segnala che il documento è stato stilato nel 2007 e quindi potrebbe essere aggiornato alla luce delle misure già attuate, riformulato o integrato con eventuali ulteriori misure aggiuntive.

Stima delle entrate
I criteri generali utilizzati per la stima delle entrate sono stati i seguenti:
-        Fondo di Finanziamento Ordinario: la previsione complessiva di 381,49 milioni di euro, risulta composta dalla quota consolidabile 2008 pari a 365,9 milioni di euro e da 15,52 milioni di euro relativi alla copertura dei maggiori oneri per il personale e per i rinnovi contrattuali (Ministeriale 977 del 1° luglio 2008).
          La stima è stata fatta considerando i seguenti elementi:
*        la quota prevista nel bilancio dello Stato per il 2009 per il Fondo sarà ridotta rispetto allo stanziamento del 2008 (63,5 milioni secondo il D.L. 112 del 25 giugno 2008 convertito con la Legge 133 del 6 agosto; nel disegno di legge della finanziaria 2009 tabella C – cap. 1694 - il confronto tra lo stanziamento 2008 e la previsione 2009 evidenzia una riduzione di 134,12 milioni di euro);
*        l’assegnazione provvisoria 2008 dell’Ateneo di Bologna è ad oggi pari a 396,8 milioni di euro;
-        Fondo per la programmazione triennale: la quota prevista di 2,99 milioni di euro, ridotta rispetto ai 4,3 milioni di euro ricevuti nel 2008, considera la riduzione dello stanziamento globale previsto nel bilancio dello Stato (comprensivo delle quote destinate alle Università non statali) e ipotizza una percentuale di assegnazione sul totale uguale a quella del 2008 (4,7%);
-        Contribuzioni studentesche: la stima di massima di circa 100 milioni di euro complessivi ha tenuto conto dell’applicazione dei nuovi importi delle singole contribuzioni per l’a.a. 2008/2009 (delibera del Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008) e della prevista diminuzione del numero degli iscritti (stimata al -8% complessivo), distribuita in modo non uniforme tra le diverse Facoltà, i diversi corsi di studio e le diverse sedi territoriali.
          Indicativamente, come per gli esercizi precedenti, si prevede di destinare una quota pari a 2,34 milioni di euro alla copertura dei contratti a tempo determinato (2,12 ml di euro) e alle collaborazioni coordinate e continuative (0,22 ml di euro).
          Un’ulteriore quota di massima di circa 1,5 milioni di euro dovrà essere destinata a progetti riguardanti servizi per gli studenti, che dovranno essere elaborati dalle Commissioni Didattiche di Facoltà previo parere del Consiglio Studentesco, come deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 10 giugno 2008, in sede di definizione dell’importo delle contribuzioni studentesche per l’a.a. 2008/2009.
           La delibera prevede:
          “Il Consiglio di Amministrazione delibera: (omissis) .... la destinazione dell’intero importo derivante dalla differenza tra il 6% ed il 3,3% (pari al 2,7%) a progetti, da elaborarsi a cura delle Commissioni Didattiche di Facoltà, volti a dare impulso ai servizi offerti agli studenti, con indicazione di priorità per quelli rispondenti all’esigenza di garanzia di servizi didattici primari ed essenziali. Su tali progetti verrà acquisito il parere del Consiglio Studentesco”.
                                      Infine una quota stimata in circa 0,4 milioni di euro dovrà essere destinata alle Facoltà che hanno attivato corsi di laurea internazionali che rilasciano titoli doppi o congiunti, corsi di laurea Erasmus Mundus (delibera del Consiglio di Amministrazione del 8 luglio 2008);
-        Alienazione di beni patrimoniali: sono in corso le procedure per l’alienazione di Villa Guidalotti, in attesa dell’autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali per un valore di 1,84 milioni di euro e del Podere Casino a Granarolo, per il quale oltre all’autorizzazione si attende anche la variante PRG dal Comune per un valore previsto di 1,05 milioni di euro. Il Direttore Amministrativo segnala che gli Organi Accademici dovranno probabilmente valutare in corso di esercizio la possibilità di alienazione di “Villa Levi” situata a Coviolo (Reggio Emilia), per un valore stimato di 7,7 milioni di euro (stima dell’Agenzia del Territorio del dicembre 2007).
-        Mutui: l’importo iniziale previsto per il 2008 è stato incrementato di 4,5 milioni di euro per un contributo all’ASL per la costruzione del Padiglione G dell’Ospedale Bellaria;
-        Interessi attivi: la quota stimata di 1 milione di euro in netta diminuzione rispetto ai 2,83 accertati nel 2008 deriva dal previsto rientro in tesoreria unica delle disponibilità statali assegnate all’Ateneo (art. 77-quater, decreto legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008) che opera a partire dal 1 gennaio 2009 e farà confluire i trasferimenti ministeriali in un conto infruttifero presso la Banca d’Italia. Gli interessi maturati nel consuntivo 2005, ultimo anno prima dell'uscita dalla Tesoreria Unica, ammontavano a circa 285 mila euro; è tuttavia prevedibile un periodo di transizione che consentirà la maturazione di ulteriori interessi;
-        Altre entrate: per tutte le altre voci di entrata è stato considerato come riferimento l’importo accertato nel 2007 oppure al 13 ottobre 2008 se di importo superiore.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.

Stima delle spese
I criteri generali utilizzati per la stima delle spese sono stati i seguenti:
-        dotazione per la didattica: importo deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 27 maggio 2008, che costituisce un impegno verso le Facoltà;
-        borse di dottorato di ricerca: è stato previsto un incremento complessivo di spesa in relazione all’aumento dell’importo lordo annuo di ogni borsa, disposto dal D.M. 18 giugno 2008 e di quanto deliberato dal Consiglio di Amministrazione del 22 luglio 2008 in merito al XXIV ciclo a.a. 2008/2009. La delibera prevede:
          “Il Consiglio di Amministrazione dispone che (omissis) ... siano individuate (in sede di previsione di bilancio per il prossimo esercizio) idonee modalità per assicurare, sotto il profilo finanziario, che anche per l’anno 2009 si possa confermare il numero di 289 borse da ripartire alle Scuole di Dottorato”;
-        indennità di funzione e gettoni di presenza: l’importo previsto rappresenta la spesa del 2007 ridotta del 30% come disposto dall’art. 61 comma 1 del D.L. 112/08;
-        personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo: la stima è approssimativa in quanto gli uffici non dispongono ancora dei dati relativi al turnover e non ci sono certezze normative sull’abolizione del periodo fuori ruolo.
La stima per docenti e ricercatori tiene conto:
-        dell’aumento stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all’1,5%;
-        delle probabili assunzioni 2008 derivanti dalle prime 3 tornate 2008 e precedenti (sono invece esclusi i punti di budget resi disponibili e non utilizzati dalle Facoltà nonché quelli derivanti dal 25% delle cessazioni 2006/07 e non sono state imputate assunzioni sul 2009);
-        delle cessazioni per raggiunti limiti di età sia per il 2008 che per il 2009 considerando vigente l’abolizione del periodo fuori ruolo;
-        delle cessazioni per motivi diversi dai limiti d’età stimate in 67 unità per il 2009.
La stima per il personale tecnico amministrativo, in cui non sono compresi i dirigenti di ruolo, tiene conto:
-        dell’aumento stipendiale 2009 nella misura del tasso di inflazione programmato pari all’1,5%;
-        del personale in servizio a settembre 2008 integrato con le 60 assunzioni derivanti dal nuovo protocollo di stabilizzazione (non considera ulteriori possibili assunzioni relative all’ultimo trimestre 2008 e all’anno 2009);
-        delle cessazioni per raggiunti limiti di età.
Inoltre è stata prevista per la decentrata una quota di 8,29 milioni di euro pari all’importo certificato dai Revisori per il 2004 incrementato di 0,44 mila euro per gli incrementi fissi previsti dal CCNL quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007, sottoscritto il 16 ottobre 2008, ridotto del 10% per effetto di quanto disposto dall’art. 67 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133.
In forza della manovra di giugno, sono stimabili restituzioni al bilancio dello Stato in 2,19 milioni di euro, di cui 0,92 milioni di euro relativi alla decurtazione del 10% dell’importo 2004 per la decentrata (art. 67, comma 6), 0,78 milioni di euro a titolo di differimento della progressione triennale (art. 69, comma 5) e 0,49 milioni di euro relativi alla riduzione di spesa per organi collegiali e altri organismi (art. 61, commi 1 e 17).
Non sono stati ancora stimati i versamenti relativi all’art. 61, commi 5-6 (riduzioni di spesa per relazioni pubbliche, mostre, di rappresentanza e sponsorizzazioni), comma 8 (quota di retribuzione accessoria per progettazione di opere pubbliche) e all’art. 46 bis (revisione dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali).
Infine, per quanto riguarda le spese di funzionamento, si segnala che per gli affitti e le imposte e tasse si è considerato un incremento del 3,3% sullo stanziamento iniziale 2008, pari al tasso di inflazione stimato per il 2009 (si tratta di una stima di massima, che dovrà essere verificata in corso d’anno).
Per le utenze la stima di massima di 20,69 milioni di euro considera l’aumento dei costi della materia prima e l’incremento di circa 22 mila metri quadrati degli spazi occupati dall’Ateneo.
Per tutte le altre voci si è assunto come vincolo di riferimento lo stanziamento iniziale assegnato nel 2008 o quanto già disposto relativamente al 2009 dal Consiglio di Amministrazione.
Gli elementi di politica finanziaria sono descritti nella relazione tecnica allegata.
I risultati delle stime sono rappresentati in modo analitico nei prospetti allegati.
La presentazione allegata prefigura la compatibilità finanziaria per il prossimo esercizio finanziario attraverso linee guida per le entrate, le spese, il sostegno degli investimenti e il pareggio di bilancio.

Proposta
Per recuperare la differenza tra entrate e spese stimata pari a 34,42 milioni di euro e raggiungere quindi il pareggio nel bilancio di previsione, si propongono i seguenti interventi:
-        riconduzione delle previsioni di spesa alle assegnazioni 2008, ridotte in via tendenziale del 10% (ad eccezione delle spese per il personale, per le utenze, per le borse di dottorato di ricerca e degli stanziamenti già deliberati per il 2009 dal Consiglio di Amministrazione come ad esempio la dotazione di Facoltà per la didattica);
-        riduzione della previsione di spesa di 2,3 ml di euro per le borse di dottorato di ricerca, garantendone la copertura con il riporto nel 2009 della prenotazione 2008 relativa ai progetti PRIN 2008, a fronte della mancata emissione del bando 2008;
-        riduzione di 0,5 ml di euro della previsione del fondo di riserva;
-        utilizzo dell’avanzo libero presunto 21,02 ml di euro, stimabile dal consuntivo 2008.
Si propone di prevedere un collegamento tra Piano Strategico e bilancio di previsione 2009 utilizzando la programmazione delle strutture (ad esempio per l’Amministrazione Centrale e i Poli gli obiettivi dirigenziali): molti degli obiettivi delle strutture sono riconducibili alle linee di azione del Piano Strategico ed è quindi possibile pervenire ad una quantificazione delle risorse finanziarie necessarie alla loro realizzazione.
Il nuovo applicativo “Alma budget” per la predisposizione del Bilancio di Previsione 2009 contempla la possibilità di associare le richieste di spesa al Piano Strategico e di indicare l’obiettivo della struttura.
Le risorse finanziarie potranno essere correlate a obiettivi riconducibili alle linee di azione del Piano Strategico, costituendo un elemento a supporto della formulazione del Bilancio di Previsione 2009.
A completamento di tale informativa e nel caso di obiettivi non collegati al Piano Strategico relativi ad attività istituzionali e gestionali di tipo continuativo la valutazione di priorità della programmazione potrebbe avvenire in base alla coerenza degli stessi rispetto al Documento sugli interventi di riequilibrio finanziario (Consiglio di Amministrazione del 20 giugno 2007)  e più in generale in funzione del loro contributo al contenimento della spesa/aumento dei finanziamenti, al miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse, alla razionalizzazione, semplificazione e aggregazione delle attività e delle strutture. Anche in questo caso l’applicativo “Alma budget” dispone di apposito campo descrittivo in cui il responsabile della struttura potrà evidenziare la concorrenza dell’obiettivo di Ateneo al raggiungimento di tali finalità.
Si propone pertanto di procedere alle eventuali rimodulazioni rese necessarie dalla riduzione del 10% dell’assegnazione rispetto alla previsione iniziale 2008 in funzione delle priorità sopra descritte.

La Giunta di Ateneo nella seduta del 20 ottobre 2008:
        preso atto della relazione dell’Ufficio in merito alle linee programmatiche per la gestione finanziaria dell’Università, in attuazione degli obiettivi strategici 2007-2009, degli interventi per il riequilibrio finanziario e delle risorse stimabili;
-        preso atto della documentazione allegata di cui ai punti 1, 2, 3, 4;
-        preso atto che il tema in esame sarà nuovamente sottoposto alla Giunta di Ateneo, anche a seguito dell’espressione di parere da parte della Commissione Bilancio e Programmazione;
ha apportato alcune modifiche alla rappresentazione dei dati, che sono già state recepite nei documenti allegati.

La Commissione Bilancio e Programmazione nella seduta del 21 ottobre 2008 ha espresso apprezzamento per la chiarezza del documento, organizzato in macroaree  – Ricerca, Didattica e Servizi agli studenti, Multicampus e Organizzazione - che permettono agli Organi Accademici, fermo restando l’equilibrio di bilancio, di effettuare scelte politiche alternative e di differenziare, all’interno di ciascuna macroarea, la riduzione del 10% delle spese.
La Commissione ha confermato di assumere le misure previste dal documento sul riequilibrio finanziario e gli obiettivi strategici come principali parametri di riferimento per programmare una significativa riduzione della spesa anche in chiave di efficienza, efficacia e promozione della qualità al fine di garantire, in presenza di nuovi bisogni, il contenimento complessivo per macroarea.
La Commissione ha suggerito di esplicitare la connessione tra gli effetti dell’attuazione delle misure di riequilibrio e le poste di bilancio, in termini di minori spese e di maggiori entrate, in particolare di quelle dirette a promuovere la valorizzazione delle attività e dei risultati rispetto all’assegnazione di risorse incrementali.
La Commissione ha proposto di procedere, attraverso percorsi e tempi definiti, alle aggregazioni delle strutture di servizio, nelle diverse sedi territoriali, di verificare e rinegoziare i rapporti con le strutture partecipate dall’Ateneo, di valutare le proposte di bilancio rispetto ai benefici finanziari attesi secondo le stime pluriennali del documento per gli interventi di riequilibrio finanziario.

Il Collegio dei Direttori di Dipartimento nella seduta del 30 ottobre 2008 a conclusione del dibattito:
-        ha lamentato la ristrettezza dei tempi - come per altro e purtroppo è già avvenuto anche in passato - coi quali si è dovuto procedere all'esame del documento proposto; ed ha lamentato altresì la mancanza di un piano triennale di "Linee Guida" che avrebbe consentito una visione più completa e più realistica dei problemi di bilancio e una conseguente programmazione più responsabile;
-        ha chiesto un chiarimento rispetto alla dizione "non sono state previste assunzioni nel 2009" (slide n. 10; a questo proposito si chiede altresì un chiarimento circa la validità della durata delle idoneità);
-        ha proposto infine:
1.       che il taglio alla voce Ricerca venga contenuto nella misura del 5% (e non del 10%), come segnale di attenzione nei confronti di un settore particolarmente qualificante, nei confronti del quale l'Ateneo ha indirizzato diverse scelte strategiche (si pensi solo alle Peer Review);
2.       che - in considerazione  del blocco dei concorsi - all'interno dei fondi per la Ricerca siano previste borse di studio e/o posti di Ricercatore a tempo determinato;
3.       che il capitolo relativo all'acquisizione delle risorse  bibliotecarie elettroniche di interesse interdisciplinare venga potenziato affinché le relative spese non gravino prevalentemente sui Dipartimenti."
Il materiale è stato inviato al Comitato di Coordinamento dei Poli della Romagna (28 ottobre 2008) e alle Rappresentanze Sindacali Unitarie (30 ottobre 2008).

 


Ateneo di Bologna: avviato il procedimento per la
  nomina  di  un  nuovo  Direttore   Amministrativo.
Il Rettore, che scade l'anno prossimo, oltre a selezionare la Commissione, ne farà parte come membro interno. Inoltre potrà concorrervi anche il personale interno.

  LUCIANI: un pastrocchio  ..., ma approvato dal Consiglio di Amministrazione. Nella chiesa cattolica il Vescovo viene  sempre da fuori Diocesi, e questo è il solo  modo di garantire discontinuità.
  La cosa è vitale per Bologna,  dopo la crisi del bilancio dello scorso anno a cui il Rettore non è estraneo, per le passate scelte in campo didattico e per   il crollo degli studenti.
  Per questo non va bene, doppiamente, che il Rettore uscente stia in Commissione per la  selezione.

   

    L'attuale Direttore scade a dicembre del 2009. Il nuovo Direttore verrebbe nominato il 1 ottobre per la durata di 5 anni, con l'intesa che il "Fuori Ruolo" di 2 mesi (per così dire) al Direttore attuale dovrebbe permettere una adeguata trasmissione delle competenze e conoscenze a quello nuovo. Questo mi sembra criterio saggio.
   La Commissione di selezione sarà "di pertinenza del Rettore, il quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso, internazionali. E' inoltre importante prevedere, dice la delibera, la partecipazione del Rettore stesso, nella funzione di membro interno."
   Al riguardo, il Consiglio di Amministrazione è stato investito più volte sulla questione del rinnovo, e mai si è capito il perchè di tanta tribolazione. Un aspetto che rileva è l'idea di permettere anche al personale interno di concorrere per la nomina.  
   Se è consentita una opinione personale, la chiesa cattolica è emblematica per l'efficienza delle nomine: e qui il Vescovo viene sempre da fuori Diocesi. E' quanto serve per un salto di discontinuità anche nel nostro Ateneo, anzi è assolutamente necessario. E qui la mente corre alla "crisi del bilancio" dello scorso anno, legato ad una straordinaria mala amministrazione, consistente nel fatto che, a suo tempo, non sono stati opposti tempestivamente i limiti di bilancio all'eccesso di lauree, di insegnamenti e di personale esterno a contratto. Il bilancio tocca l'amministrazione, la didattica tocca il Rettore. 
    Per questo, che il Rettore uscente stia in Commissione non va bene. Per me, può anche essere lui a scegliere il Direttore (diciamo pure, senza attendere il successore), purchè tra una terna proposta da una Commissione "terza". Di "membri interni" ne abbiamo già avuti abbastanza nelle commissioni di concorso per  professore universitario. NL
 

Delibera del CdA del 30 09 2008 (verbale non ancora approvato).

AVVICENDAMENTO DEL DIRETTORE AMMINISTRATIVO. PROPOSTA DEFINITIVA DEL JOB PROFILE

    Il Presidente-Rettore ricorda a tutti i consiglieri la configurazione del profilo da ricercare per il nuovo Direttore Amministrativo emersa dal dibattito avvenuto nella seduta del 16 settembre scorso. Per precisione richiama il riepilogo formulato al termine della discussione, opportunamente elaborato per l'inserimento nel bando.
    Innanzitutto nel bando dovrà essere richiamato il fatto che il Direttore Amministrativo è una figura i cui compiti sono definiti sia dallo Statuto, sia da norme di legge o di contratto, sia dal Piano Strategico di Ateneo.
   Al fine di illustrare ai possibili candidati, sia pure in via generale, le principali responsabilità e prerogative della posizione, si fa riferimento alla seguente sintesi:
  - generale attività di indirizzo, direzione e controllo per il personale T.A. ;
  - attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dagli OO.AA., con particolare riferimento al Piano Strategico di Ateneo, al quale dovranno conformarsi, per le parti di competenza, gli obiettivi annuali dirigenziali opportunamente integrati;
   - collaborazione per l.individuazione delle risorse umane, finanziarie e materiali da assegnare agli uffici e ai servizi di Ateneo;
   - consulenza di tipo tecnico-amministrativo alle strutture didattiche, scientifiche e di servizio ed espressione di pareri agli Organi Accademici circa l'assegnazione di risorse alle stesse strutture;
   - formulazione di proposte ed espressione di pareri al Consiglio di Amministrazione circa l'attribuzione e la revoca di funzioni dirigenziali o assimilate nonché circa le strategie gestionali coerenti con il rispetto delle norme e con i piani di sviluppo dell.Ente;
   - indirizzo, coordinamento e controllo dell'attività dei dirigenti degli uffici e dei servizi centrali anche con potere sostitutivo in caso di inerzia di questi;
   - adozione degli atti relativi all'organizzazione degli uffici e dei servizi centrali nel rispetto delle strategie gestionali e degli obiettivi fissati dagli OOAA;
   - collaborazione con i dirigenti delle strutture didattiche (Presidi e Presidenti di Scuole) scientifiche (Direttori di Dipartimento e di Centri di Ricerca) e di servizio (Direttori accademici e non) per una gestione ottimale delle risorse umane, promuovendo una costante azione di coordinamento;
   - esercizio della potestà disciplinare sul personale tecnico-amministrativo;
   - adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi di competenza.
   L'assunzione delle responsabilità derivanti dall'insieme delle norme e dei Contratti Collettivi di Lavoro comporta che la persona da ricercare abbia competenze e capacità riassumibili come segue:

    COMPETENZE
   - esperienza nella gestione di organizzazioni complesse e nella gestione e soluzione dei conflitti, con particolare riferimento alla capacità di cogliere a tale proposito le peculiarità di un'organizzazione che produce conoscenza;
   - conoscenza approfondita del contesto europeo dell'Higher Education con particolare riferimento all'ambito del knowledge transfer (cosìddetta terza missione.);
   - conoscenza dei sistemi informativi;
   - competenze relative alla gestione dei contratti;
   - competenze relative alla gestione della contabilità;
   - competenze relative alla gestione degli appalti;
   - ottima conoscenza dei sistemi di finanziamento delle università ivi comprese le forme di fund-raising;
   - competenza in materia di contratti di lavoro e di relazioni sindacali;
   - piena expertise sulla legislazione del settore.

    CAPACITA
    - visione d'insieme:
    - autorevolezza e leadership;
    - negoziazione e partnership;
    - propensione all'innovazione;
    - capacità di promuovere processi di gestione del cambiamento;
    - capacità di gestione delle risorse umane e sviluppo del personale;
    - capacità di lavoro di gruppo;
    - capacità di problem solving;
    - gestione dello stress.
    E' indispensabile altresì una buona conoscenza della lingua inglese e un'anzianità in ruoli apicali di almeno 10 anni.
   
   Per quanto concerne la tempistica del bando, è emerso nella seduta scorsa che, per tener conto delle precedenti decisioni in ordine alla concertazione tra il Rettore in carica e il Rettore eletto, è opportuno adottare il seguente calendario:
   - emanazione dell'avviso di selezione entro il mese di novembre 2008. Propone che la pubblicazione avvenga integralmente sul Portale dell'Ateneo con inserzione di trafiletto su Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera, La Repubblica, The Economist, per informare i Dirigenti che lavorano nelle istituzioni internazionali;
   - selezione entro il mese di aprile/maggio 2009 con individuazione di una rosa di candidati;
   - consultazione con il Rettore che entrerà in carica dal 1 novembre 2009, non appena possibile;
   - presentazione della proposta in Consiglio di Amministrazione entro il mese di luglio 2009;
   - data di decorrenza dell'incarico dal 1 ottobre 2009.
   Per quanto concerne la nomina della Commissione di selezione, essa è di pertinenza del Rettore il quale si avvarrà di esperti nazionali e, se del caso, internazionali. E'  inoltre importante prevedere la partecipazione del Rettore stesso, nella funzione di membro interno.

*****

Ateneo di Bologna: SENATO ACCADEMICO

Dato il "via" a  numerosi corsi di laurea in base al D.M.  270.

Il Convegno di Andrea Cammelli

                   DUBBI SULLA EFFICACIA ECONOMICA DELLA SUA APPLICAZIONE
                         perchè non c'è nessun collegamento col  "PIANO STRATEGICO"
                       (e che finisce per essere qualcosa che continua a girare a vanvera).

  

    A mio avviso,   sotto il profilo dei costi che andranno a bilancio, l'Amministrazione avrebbe dovuto fornire al Senato, ai fini dell'approvazione degli insegnamenti:
    1)  l'indicazione del numero prevedibile di esami per materia (così da ammettere quelli rientranti in un determinato intervallo, da un minimo a un massimo;
    2) l'indicazione se l'insegnamento sarà coperto con docenti di ruolo o per contratto;
    3) la giustificazione delle materie frammentate, ossia con numero di ore inferiore alla norma (60 ore).

Il caso di Ingegneria di Bologna

    In attuazione della riforma delle lauree, di cui al DM 270, il Senato ha approvato,  per il 2008/09, i corsi di laurea delle seguenti Facoltà : Agraria, Architettura, Economia di Forlì, Economia di Rimini, Farmacia, Ingegneria, Seconda Facoltà di Ingegneria, Medicina Veterinaria, Psicologia, Scienze MM.FF.NN., Scienze Politiche, Scienze Politiche "R. Ruffilli", Scienze Statistiche, Scuola Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori.
   E' diffusa l'opinione che l'attuazione della riforma sia stata approvata senza la necessaria riflessione, sotto il profilo economico e finanziario. Questo rilievo si collega alla crisi del bilancio dello scorso anno, e dunque alla impreparazione dell'Amministrazione dell'Ateneo, nel fare un vero piano strategico, che indichi i parametri (non indicazioni morali di comportamento) di riferimento comune, perchè le nuove scelte didattiche siano coerenti col quadro globale degli obiettivi e vincoli di bilancio, nel rispetto dell'autonomia delle Facoltà.
   Già si è rilevato in precedente nota che, in attuazione della precedente riforma, gli insegnamenti erano passati, nell'Ateneo di Bologna nel complesso, da n. 14.124 nel 2000 (vecchio ordinamento) a n. 25.946 nel 2006 (nuovo ordinamento DM 509/1999). Questo aveva determinato il raddoppio dell'assunzione di docenti (professori a contratto 3500 circa, oltre a quelli di ruolo, di numero grosso modo uguale), e del fabbisogno di aule, ma anche la dequalificazione delle lauree (insegnamenti con conoscenze un pò di tutto, ma poco in profondità, ed aggravio inutile di esami per gli studenti).
   Per quanto riguarda la nuova riforma, il DM 270 vuole 20 esami in totale per corso di laurea. Ma ahimè, non dice "esami" tout court, ma "esami o verifiche", e questo ha aperto uno spazio a nuove smagliature (es. a verifiche composte di più "esami").
   Al momento non disponiamo di un quadro globale dell'Ateneo, ma solo della Facoltà di Ingegneria. Qui il numero delle lauree rimarrà, grosso modo, come prima.
   Invece, per quanto riguarda il numero degli insegnamenti (al netto dei Laboratori), si passerà da 1054 (del DM 509) a 795 del DM 270. Ma rimangono troppi. In un recente Consiglio di Facoltà c'è stata una severa denuncia
   Questo è una modifica economica importante, sotto il profilo dei prevedibili costi (ossia per la necessità di docenti e di aule). Mancano, invece, elementi importanti per capire a fondo come andrà a finire sul bilancio. Qualche elemento ?
    a) un insegnamento andrebbe attuato in base al numero degli studenti iscritti: non meno di x (ad eccezione delle lauree di rilevanza strategica nazionale, come la laurea di ingegneria elettrica), ma non superiore a y. In questo secondo caso sarebbe necessario lo sdoppiamento;
    b) l'insegnamento andrebbe coperto, in linea di principio, con un professore di ruolo. Se non è possibile, la cosa va segnalata;
    c) il vincolo dei 20 esami per laurea triennale (e dei 12 per laurea magistrale) è un invito giuridico e morale all'accorpamento degli insegnamenti. Nella Facoltà di Ingegneria rimarranno 176 insegnamenti con 30 ore (e anche meno), in luogo delle ore 60 o più (che è la norma). Penso che la cosa dovrebbe essere motivata al Senato. NL

IL CONVEGNO DI ANDREA CAMMELLI
(29 maggio 2008 all'Università di Modena)

"La riforma permanente fra realtà e percezioni"
(stralcio delle conclusioni
*)

La stampa nazionale ha dato rilievo a questo convegno che è un consuntivo relativo al passato ordinamento ex-DM 509, ma l'ha fatto in modo da fare intendere che il nuovo DM 270 sarà la stessa cosa, e dunque motivo per invocare il ritorno alle lauree di 4 e 5 anni. Ad es.:
-  il Corriere della Sera, 9 giugno 2008, titolava sul convegno di A. Cammelli del 29 maggio: "Laurea breve bocciata: ora serve la riforma", "appello al ministro: è un liceo".
- A. Monti su "Il Sole-24ORE" del 9.6.08 titolava "Una riforma ambigua" (il 270) che ignora gli studenti", e dentro l'articolo: "così gli studenti saranno costretti  a seguire gli stessi insegnamenti (del 509), anche se formalmente non conteggiati o nascosti in esami plurimi". NL

Andrea Cammelli, Caratteristiche e performance dei laureati 2007

   "Revisioni, modifiche in corso d’opera, riforme delle riforme, aggiornamenti e correzioni di rotta proseguono alacremente nel cantiere sempre aperto delle riforme universitarie. Questa attività impegna la parte più sensibile e interessata del mondo universitario, delle imprese e della società civile, mentre nel Paese prevale l’indifferenza o il disorientamento dei cittadini che, spesso, ne hanno sentore solo per sentito dire. Dopo gli squilibri dovuti, fra l’altro, all’accelerazione impressa al processo riformatore fin dal suo avvio, quando nel 1999 la Dichiarazione di Bologna aveva ipotizzato un arco di tempo decennale per l’affermarsi dello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore , aggiustamenti e migliorie non sono mancati, assieme a qualche ripensamento e ad alcuni ritorni al passato. In questo contesto è comprensibile come ogni tentativo di seria verifica "misurando il misurabile e rendendo misurabile ciò che non lo è", come sosteneva Galileo Galilei, diventi arduo, spesso frustrante, e finisca per confermare in chi ne diffida che "ciò che veramente conta non può essere contato" , rafforzando così – in tanti – la convinzione del primato assoluto della discrezionalità.
…..
…..
   Alcune considerazioni conclusive
   E’ stata analizzata, inizialmente, la qualità del capitale umano complessivamente formatosi nelle università nel 2007, indipendentemente dalle sue diverse componenti (laureati del vecchio ordinamento, di primo livello, specialistici, specialistici a ciclo unico). Il quadro d’insieme mostra consistenti miglioramenti (in parte attesi, come la riduzione dell’età alla laurea, per esempio) nell’intervallo 2001-2007 ed anche fra i due anni più recenti.
   Successivamente l’attenzione è stata concentrata sulla popolazione in via di stabilizzazione (quella dei laureati di primo livello che abbiamo definito "puri"), la sola che consente valutazioni in grado di accertare lo stato d’avanzamento reale della Riforma. La presentazione dei risultati ha tenuto conto di un duplice punto di riferimento: quello delle caratteristiche e delle performance dei laureati all’avvio della riforma ed il confronto con quelle analoghe dell’anno passato. Il raffronto fra 2001 e 2007 mostra risultati di gran lunga migliorativi di quelli del bilancio complessivo esaminati poco sopra. Il raffronto con l’anno precedente – com’era previsto, dato il processo di stabilizzazione della

popolazione osservata – è contrassegnato, invece, dal ridimensionamento di quei valori che pure rimangono attestati su livelli complessivamente confortanti.
Il Rapporto contiene ulteriori approfondimenti sui laureati specialistici e su quelli a ciclo unico, così come su altri aspetti importanti degli studi universitari, ai quali si rinvia.
   In merito ai laureati di primo livello "puri" sembrano opportune alcune sottolineature. La tendenziale crescita dell’età alla laurea era, nel contesto di stabilizzazione di cui si è detto, prevedibile. In ogni caso il suo incremento fra il 2006 e il 2007 è stato piuttosto contenuto (da 24,2 a 24,5 anni), e l’età alla laurea si mantiene ben lontana dai 28 anni che hanno caratterizzato a lungo i laureati italiani fino alla vigilia della riforma. A questo si aggiunga la tendenza a crescere dell’età all’immatricolazione.
La regolarità negli studi, la capacità cioè di completare il percorso formativo nei tempi previsti dagli ordinamenti, seppure ridottasi rispetto a quella registrata l’anno precedente (erano risultati regolari 49,2 laureati su cento), continua a riguardare quasi il 45 per cento dei neo-laureati: un valore ben superiore al 9-10 per cento che caratterizzava il complesso dei laureati negli anni immediatamente precedenti l’avvio della riforma.
La frequenza alle lezioni rimane su valori elevati (molto più elevati di quanto registrato fra i laureati pre-riforma): 70 laureati "puri" su cento hanno dichiarato di avere frequentato regolarmente più del 75 per cento degli insegnamenti previsti.
È evidente che il positivo affacciarsi all’università di giovani e di adulti provenienti da fasce di popolazione meno favorite, associato ad un’assidua frequenza alle lezioni, sottolineano l’urgenza di provvedere con il potenziamento di servizi di Diritto allo Studio adeguati alla nuova domanda di formazione, a cominciare da una politica per gli alloggi. L’approfondimento effettuato sulle condizioni di vita e di studio dei giovani laureati è al riguardo eloquente.
Lo studio all’estero mostra per il secondo anno consecutivo timidi segni di ripresa (anche se risulta assai più praticato fra i laureati specialistici), ma la flessione avvenuta con l’avvio della riforma rischia di escludere da questa importante esperienza fasce consistenti di giovani, particolarmente fra quelli che provengono da ambienti familiari meno favoriti.
Tirocini e stage riconosciuti dal corso di studi, moltiplicatisi nel passaggio fra il vecchio e il nuovo ordinamento, lievitano ulteriormente ed entrano nell’esperienza formativa di 61 laureati su cento (tre punti percentuali più dell’anno passato). Questo testimonia l’impegno delle università e la collaborazione con il mondo del lavoro. Stage e tirocini sono stati oggetto di una approfondita verifica di qualità che ha condotto a risultati complessivamente confortanti. Non va dimenticato che all’esperienza di tirocinio/stage si associa già un più elevato tasso di occupazione (7 punti percentuali in più fra chi ha svolto uno stage durante gli studi rispetto a chi non vanta un’esperienza analoga, secondo l’ultima indagine AlmaLaurea).
La valutazione ampiamente positiva dell’esperienza universitaria portata a termine permane su valori elevati nell’opinione dei laureati. Si dichiarano decisamente soddisfatti del corso di studio concluso 35 laureati su cento (ed altri 52 esprimono una soddisfazione più moderata). L’apprezzamento per i docenti, seppure in aumento, registra valutazioni più critiche. Un quinto dei laureati è rimasto decisamente soddisfatto ed altri 65 su cento lo sono in misura più contenuta. La piena sostenibilità del carico di studio degli insegnamenti è confermata dal 30 per cento dei laureati; per altri 57 la sostenibilità è comunque riconosciuta, seppure non pienamente.
In questo quadro complessivamente incoraggiante resta l’interrogativo sulla compiutezza dell’impianto riformatore e sulla capacità di piena valorizzazione del capitale umano fornito dalle università da parte del sistema paese. L’interrogativo nasce dall’ampiezza della domanda di ulteriore formazione manifestata non solo dall’80 per cento dei laureati "puri" di primo livello (65 per cento, cinque punti meno dell’anno precedente, verso la laurea specialistica) e dal 74 per cento dei laureati specialistici a ciclo unico, ma anche dal 43 per cento dei laureati magistrali. Si tratta di un dato sul quale riflettere anche per scongiurare il rischio che si affermi un sistema caratterizzato da un’ulteriore dilatazione dei tempi di formazione per raggiungere le mète e gli obiettivi formativi più ambìti e più competitivi che resterebbero così, in assenza di una diversa politica del diritto allo studio, alla portata dei soli che possono permetterselo.
Alcuni osservatori hanno sostenuto che la riforma non viene apprezzata dal mercato e che si assiste al drastico peggioramento non solo delle prospettive di occupazione dei laureati di primo livello rispetto a quelli del vecchio ordinamento, ma che per i primi peggiorano perfino la stabilità, la retribuzione e la qualità del lavoro. Il precedente Rapporto AlmaLaurea ha dimostrato chiaramente l’infondatezza di queste tesi, evidenziando che quei risultati sono dovuti alla prosecuzione degli studi, verso la laurea specialistica, di una quota rilevante di laureati di primo livello. Una parte dei quali tenta di raggiungere l’obiettivo, magari per la necessità di mantenersi agli studi, coniugando studio e lavoro; un’attività lavorativa che così specificata è ovviamente meno stabile, meno retribuita, di minore qualità. Anzi a parità di condizioni, come s’è visto, i laureati triennali guadagnano di più."

Fonte: http://www.almalaurea.it/info/convegni/modena2008/, Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea

 

Il POLITECNICO DI MILANO NELLA BUFERA

Corte dei Conti condanna il Direttore Amministrativo e il Predecessore
(indicati in sentenza con le sole iniziali del nome e cognome)

I motivi attengono ad un numero esorbitante
di nomine di alti dirigenti a tempo determinato

Questa condanna ci porta a temere per Bologna (la cosa è spiegata da una nota di Gianni Porzi)
e ci riporta alla urgenza della riforma dello Statuto di Bologna, nel senso proposto da G. Cantelli Forti
(il Direttore Amministrativo non deve valere più del Rettore e dei Professori).
Ma a questo punto occorre guardare al nuovo rettore, in una logica di alternanza del Gruppo dirigente.
No a candidati-rettori che si richiamano ai partiti e giù le mani della politica locale, dall'Università.

Sentenza 169/2008  - Responsabilità - 13/03/2008

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
composta dai Magistrati:
Giuseppe NICOLETTI Presidente
Antonio CARUSO Magistrato
Maurizio MASSA Magistrato relatore
ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 169/08

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 24122, del registro di segreteria, ad istanza della Procura regionale per la Lombardia contro: A. D. M. e M. C. T., rappresentati e difesi, giusta procure a margine delle distinte comparse di costituzione e risposta depositate in data 8-11-2007, dall'avv. Mario Viviani ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Milano, galleria S. Babila, 4/A; G. B., rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in data 6-11-2007, dall'avv. Carlo Cerami ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, galleria S. Babila, 4/A; L. M. V. Collina, Al. C. e M. Ga. M rappresentati e difesi, giusta procure a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in data 8-11-2007, dagli avv.ti Riccardo Villata e Mauro Pisapia ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Milano, via S. Barbaba, 30; A. B., F. P., R. P., A. Z. R., M. F., V. L., P. P., M. P. P. in T., M. P., D. M., R. M., B. B. e D. M. rappresentati e difesi, giusta procura a margine di due distinte comparse di costituzione e risposta entrambe depositate in data 8-11-2007, dall'avv. Luigi Decio e tutti elettivamente domiciliati presso il suo studio in Milano, p.zza Meda, 3; P. Z., rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in data 7-11-2007, dagli avv.ti Gianfranco Di Garbo e Francesco Goisis e elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, p.zza Meda, 3; G. M., rappresentato e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in data 8-11-2007, dall’avv.to l’avv. Giovanni Monti e elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, Galleria San Babila, n.4/A; G., A., contumace.


SENTENZA PESANTE !

E IL NOSTRO ATENEO CHE ANNOVERA
BEN 16 DIRIGENTI A CONTRATTO
CONTRO 7 DI RUOLO ?

Nota di Gianni Porzi, Membro del Senato Accademico

  In data 13 marzo 2008, la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, ha condannato i due Direttori Amministrativi P. Z. e G. M. al pagamento in favore del Politecnico di Milano rispettivamente di Euro 850.567,35 e 370.739,60, oltre la rivalutazione monetaria e interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo, per retribuzioni indebite pagate a 10 Dirigenti a tempo determinato.
   La Corte ha condannato i due Direttori Amministrativi, come unici responsabili, per aver conferito illegittimamente 10 incarichi dirigenziali a tempo determinato poichè non è stato rispettato l’art. 1 del DL 29 del 1993 e l’art. 19, comma 5 bis, del DL 165 del 2001. Secondo la Corte dei Conti, la condotta illecita, in quanto è stato violato il principio di prevalenza dei Dirigenti di ruolo sancito dalle Leggi vigenti, è stata fonte di danno erariale. GP

Visto l’atto introduttivo e letti gli altri documenti di causa.
Richiamata la determinazione presidenziale del 26-1-2007 con la quale è stata fissata l’udienza per la trattazione del giudizio.
Uditi, nella pubblica udienza del 29-11-2007, il Primo Referendario relatore Dott. Maurizio Massa, l'avv. Mario Viviani per i convenuti D.M e T., gli avv.ti Riccardo Villata e Mauro Pisapia per C., C. e M., l'avv. Carlo Cerami per il convenuto B., l’avv. Giovanni Monti per M., l'avv. Luigi Decio per i convenuti B., P., P,. Z. R., F., L., P., P. T., P.,  M., M., B. e M.; l'avv. Gianfranco Di Garbo e Francesco Goisis per il convenuto Z. ed il Pubblico Ministero in persona del Procuratore Regionale Dott. Domenico Spadaro.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione depositato in data 18-1-2007 e notificato:
-1) il 22-2-2007 a A. .D.M., nato a omissis; -2) il 6-2-2007 a M. C. T., nata a omissis;; -3) l’8-2-2007 a .P. Z. , nato a omissis;; -4) il 6-2-2007 a A. B., nata a omissis;; -5) il 26-2-2007 a G. B., nato a omissis;; 6) a G. B., nato a omissis;, DECEDUTO; -7) il 19-2-2007 a  F. P., nato a omissis;; -8) il 9-2-2007 a V.  L., nato a omissis;; -9) il 20-2-2007 a M. P. P. in T., nata a omissis;; -10) il 10-2-2007 a P.P. nato a omissis;  -11) l’8-2-2007 a M. P., nato a omissis; -12) il 12-2-2007 a B. B., nato a omissis; -13) il 6-2-2007 a D.M., nato a omissis; -14) il 7-2-2007 a R. M., nato a omissis;; -15) il 14-2-2007 a A. Z. R.I, nato ad omissis; - 16) il 20-2-2007 a M. F., nato a omissis; -17) il 12-2-2007 a D. M., nato a omissis; 18) il 17-2-2007 a G. A.,  nato a omissis, contumace; -19) il 12-2-2007 a G. M., nato a omissis;; -20) l’8-2-2007 a R. P., nato a omissis; -21)il 15-2-2007 a A. C., nato a omissis;  -22) il 6-2-2007 a L. M. V.  C., nata a omissis;  -23) il 16-2-2007 a M. G. M., nata a omissis;;
la Procura regionale ha convenuto in giudizio i signori sopra indicati, per sentirli condannare al pagamento in favore del Politecnico di omissis, della somma di Euro €.1.288.017,59#, oltre a rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, per il danno cagionato all’Ente nella nomina di dirigenti a tempo indeterminato.
Nell’atto di citazione si deduce quanto segue.
Con esposto, pervenuto nel mese di marzo 2004, veniva denunciata l’avvenuta effettuazione, da parte del Politecnico di omissis (e di altre sedi), di nomine di dirigenti a tempo determinato in violazione di norme nazionali e regolamentari.
Il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo, dopo avere approvato, in data 29 febbraio 2000, l’istituzione di 21 aree dirigenziali - che venivano portate a 24 in data 29 ottobre 2002 - poco meno di un mese dopo, nella seduta del 21 marzo 2000, ebbe a precisare che le 21 aree individuate non avrebbero potuto essere attivate contemporaneamente, in quanto alcune di esse non presentavano ancora organizzazione e complessità tali da potersi definire, allo stato, aree dirigenziali.
Nella seduta del 21 marzo 2000 venne approvato il Regolamento "per l’accesso alla qualifica di Dirigente e per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato" contestualmente all’affidamento, a far tempo dal 1.3.2000, di una serie di incarichi dirigenziali a termine e, precisamente:
1 al Sig. D.  C. Programmazione economica e gestione finanziaria;
2 al Sig. L. M. O. Risorse umane;
3 al Sig. C. L. Servizi Informatici;
4 alla Sig.ra L. C. G. Organi collegiali e collegamenti interni;
all’Avv.to R. M. Ufficio legale;
5 all’Ing. G. S. Programmazione Sviluppo Gestione Edilizia.
L’Avvocato M., a seguito di regolare concorso passerà, a far tempo dal 21 dicembre 2001, nei ruoli dirigenziali dell’Ateneo.
Nella seduta del 31.10.2000 fu deliberato l’incarico dirigenziale
6 alla dott.ssa M. L. S., - diretta collaborazione con gli organi di vertice dell’Ateneo - il cui incarico non venne, peraltro, rinnovato alla scadenza.
Nella seduta del 19 giugno 2001 fu deliberato l’affidamento dell’incarico
7 alla dott.ssa L. S. - area Applicazioni Informatiche amministrative e contabili -.
Nella seduta del 29 ottobre 2002 fu deliberato l’incarico
8 al dott. M. R., area Contrattazione - Appalti,
9 al dott. .D. G., area Convenzioni e Società, così intestata dopo la ridefinizione e l’ampliamento dell’attuale divisione di Contrattazione Attiva,
10 all’architetto R. L.- area pianificazione e gestione edilizia -,
11 al ragionier G. L. P. - area Pianificazione Fabbisogni e Approvvigionamenti -,
12 al Geom. V. L., area Logistica.
Nella stessa adunanza del C. di A. (29 ottobre 2002) ove le aree dirigenziali venivano individuate nel numero di 24 veniva rinnovato l’incarico dirigenziale a tempo determinato all’Ing. F. P. (già affidatario di incarico dal 1.4.2001 al 31.3.2003) con apposita lettera del Rettore in data 3 dicembre 2002 che testualmente stabilisce: "l’incarico (dirigente dell’Area Applicazioni Informatiche di Ateneo e per la Didattica) è rinnovato a decorrere dal 1 gennaio 2003 e con scadenza fissata al 31 dicembre 2006, previa risoluzione consensuale al 31 dicembre 2002 del precedente contratto di lavoro in scadenza al 31 marzo 2003".
Nella seduta del 30 settembre 2003 venne deliberato l’incarico del dott. A. M. - area Programmazione, Organizzazione, Innovazione.
In data 6 giugno 2006, la Procura erariale emetteva invito a fornire deduzioni nei confronti dei soggetti che in qualità di Direttori amministrativi, di componenti del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo ovvero di membri del Collegio dei Revisori dei conti del medesimo, deliberarono, nelle sedute, rispettivamente, del 21 marzo 2000, 29 ottobre 2002 e 30 marzo 2003, il conferimento delle funzioni dirigenziali contestate o, quantomeno, nulla eccepirono circa tale conferimento, nell’assenza dei presupposti di legge e, per quattro incarichi, in violazione della normativa regolamentare interna.
Tali soggetti venivano identificati nei seguenti nominativi:
1) A.D. M.; 2) M. C. T.; 3) P. Z.; 4) A. B.; 5) G. B.; 6) G. B.; 7) F. P.; 8) V. L.; 9) M. P. P. in T.; 10)  P. P; 11) M. P.; 12) B. B.; 13) D. M.; 14) R. M.; 15) A. Z. R.; 16) M. F.; 17) D. M.; 18) G. A.; 19) G. M.; 20) R. P..
Non veniva, peraltro, coinvolta nella presente vicenda la componente studentesca dell’Organo collegiale di governo dell’ente, presente, anch’essa, alle sedute del Consiglio di Amministrazione approvative degli incarichi dirigenziali, perchè non venivano ravvisati, in capo a costoro, profili di colpa oltrepassanti la soglia oltre la quale si configura gravità della medesima, attesa la peculiarità e specificità delle questioni all’esame.
L’invito veniva notificato ai destinatari, i quali, eccezion fatta per P. Z. e M. F., producevano deduzioni scritte a difesa.
Con le deduzioni scritte, in data 24 luglio 2006, il Prof. Arch. R. P.E, afferma che, nella seduta del 30 settembre 2003, il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo avrebbe individuato, a suo dire "27 posizioni della Struttura dirigenziale delle Macroaree e delle Aree":
In data 4 settembre 2006 l’Amministrazione universitaria, trasmetteva, alla Procura, la delibera del 30 settembre 2003 avente come oggetto una proposta di ristrutturazione, intestata "Politiche del Personale tecnico amministrativo e progetto di riorganizzazione struttura amministrativa", della quale il Consiglio di Amministrazione si limitava a prendere atto.
Si affermava, tra l’altro, che, "l’organigramma effettivo rappresenta le Macroaree e le Aree che richiedono un immediato presidio dirigenziale" e che, una volta reso operativo l’organigramma sarà necessario proseguire con azioni indispensabili per rendere efficace il progetto, in particolare:
1) la definizione dei profili dei Dirigenti: definizione della posizione; valutazione della posizione; definizione del profilo atteso e ricoperto (competenze professionali e manageriali);
2) definizione del profilo dei Responsabili operativi: dei Centri, dei Poli ecc.;
3) definizione delle microstrutture: Servizi e relativi Responsabili;
4) definizione del profilo di ruolo per i Capi Servizi: definizione della posizione, valutazione della posizione; definizione del profilo atteso e ricoperto (competenze professionali e manageriali);
5) analisi delle competenze, delle procedure e dei processi.
Tutto ciò porterà a un sistema che consentirà di definire gli obiettivi, un sistema di valutazione delle posizioni e dei profili e infine un sistema di valutazione dei risultati, in modo rigoroso e con criteri rispondenti alle regole organizzative".
Il Consiglio di Amministrazione non ha dato seguito a tale proposta e nessun ulteriore incremento delle aree risulta essere stato approvato.
Il C. di A., nella seduta del 27 maggio 2003 attribuiva, al dottor L. B., già dirigente presso l’Università di omissis un incarico dirigenziale per l’Area delle Biblioteche d’Ateneo, con contratto a tempo determinato per il periodo 1 ottobre 2003 - 31 dicembre 2006, nonché di funzioni di coordinamento e la gestione dell’Archivio e protocollo dell’Ateneo.
E, successivamente, nella seduta del 28 settembre 2004 veniva proposta ed approvata la nomina a dirigente, per l’Area Comunicazione e Relazioni Esterne, della dottoressa C. P., già dipendente dell’Ateneo quale capo del servizio comunicazione della ridetta Area.
In data 4 ottobre 2006, la Procura ha formulato istanza di proroga del termine per il deposito della citazione accolta con ordinanza n. 5/06 in data 8 novembre 2006.
In data 13 ottobre 2006 la Procura emetteva ulteriore invito a fornire deduzioni, integrativo del precedente, al fine di meglio definire ed approfondire i fatti di cui è causa, in particolare le nomine effettuate dal C. di A. nelle sedute del 27 maggio 2003 e del 28 settembre 2004, di altri dirigenti a tempo determinato, individuati nelle persone dei dottori L. B. e C. P..
L’atto veniva notificato ai soggetti che approvarono il conferimento degli incarichi dirigenziali nonché ai Revisori dei conti presenti alle riunioni approvative, individuati nelle persone di: 1) G. B.; 2) G. A.; 3) G. M.; 4) R. P.; 5) G. B.; 6) M. F.; 7) A. C; 8) L. M.V.C.,  M. G. M. ; 9)  10)  b.; 11) D. M.; 12) R. M.; 13) M.  P.; 14) P. P.; 15) M. P. P in T..
I sunnominati producevano deduzioni scritte a difesa, eccezion fatta per B., A., M., B. e F..
In diritto l’Accusa rileva che l’Ateneo ha provveduto alle nomine utilizzando il Regolamento interno "per l’accesso alla qualifica di dirigente e per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato".
Ai sensi dell’articolo 10 del Regolamento, detti incarichi potevano essere conferiti entro il limite del 50% dei posti di dirigente in organico dell’Ateneo, per cui con l’affidamento dell’incarico al geom. L. sarebbe stato esaurito interamente il contingente consentito, pari a 12 unità, essendo le aree dirigenziali all’epoca istituite 24.
Quello al geom. L. era l’undicesimo incarico dirigenziale conferito che, unitamente a quello di direttore amministrativo attribuito al dott. M., integrava il quoziente massimo utilizzabile di 12 unità.
I 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati, nelle sedute, rispettivamente, del 29 ottobre 2002 all’Ing. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. .B del 30 settembre 2003 al dott. A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C. P., in violazione del limite numerico posto dal Regolamento, non potendo i conferimenti a termine superare il contingente stabilito dal medesimo, sarebbero stati illegittimamente deliberati e, quindi, i relativi emolumenti per il complessivo importo di €.715.197,41 in quanto illegittimamente corrisposti, avrebbero arrecato danno al patrimonio dell’Università.
La Procura individua una prima voce di danno arrecato al patrimonio dell’Ateneo negli incarichi dirigenziali conferiti ai Signori P., M., B. e P., quantificato come segue:
P.: nell’intero trattamento economico da questi percepito, rilevabile dal contratto di conferimento delle funzioni dirigenziali (€. 78.667,29 + €. 36.151,98 = €. 114.819,27 annue) negli anni 2003 - 2004 - 2005, per il complessivo importo di €.344.457,81;
M.: nell’intero trattamento economico da questi percepito nel 2004 e nel 2005, pari ad €.216.434,70;
B.: nell’intero trattamento economico da questi percepito negli anni 2003 - 2004 - 2005, pari ad €.132.696,55;
P.: nella differenza tra quanto effettivamente da lei percepito nell’anno 2005 per effetto della nomina, e quanto avrebbe percepito ove fosse rimasta nella qualifica inferiore di appartenenza quantificato, dall’amministrazione universitaria, nell’importo di €.21.608,35, per il complessivo importo di €.715.197,41.
La seconda voce di danno deriva, ad avviso dell’Organo requirente dagli incarichi conferiti ai signori 1- O.I, 2- C., 3- L., 4- C. G. 5- P. e 6- L. in violazione dei principi sull’assunzione dei dirigenti a tempo determinato e quantificabile nella differenza tra quanto percepito dai summenzionati negli anni 2000 - 2001 - 2002 - 2003 - 2004 - 2005 - per effetto della nomina, e quanto avrebbero percepito ove fossero rimasti nella qualifica inferiore di appartenenza, per il complessivo importo di €.572.820,18.
Il danno complessivo di €.1.288.017,59 sarebbe addebitabile ai comportamenti gravemente colposi dei componenti il Consiglio di amministrazione integrato con la presenza dei Revisori dei conti che, nelle sedute del 21 marzo 2000, del 29 ottobre 2002 e del 30 settembre 2003 e nelle sedute ove furono conferite le funzioni dirigenziali a B. (del 27 maggio 2003) ed alla P. (28 settembre 2004), approvarono il conferimento degli incarichi di che trattasi.
Particolare incidenza nei comportamenti causativi del danno è ravvisata dalla Procura nelle condotte poste in essere dai Direttori amministrativi dott. P.  Z. e dott. G. M., i quali dovrebbero quindi rispondere, ad avviso del Requirente, del 50% del complessivo danno causato al Politecnico dalle illegittime nomine, ciascuno per la parte che vi ha preso.
Per il restante, il 40% andrebbe addebitato, ciascuno per la parte che vi ha preso, agli altri componenti il consiglio di Amministrazione, individuati nei seguenti nominativi:
1) A. D. M.; 2) M. C. T.; 3) A. B.; 4) G. B.; 5) G. e L; 6) F. P.; 7) V. L.; 8) G. A.E; 9) A. Z. R.; 10) M. F.; 11) R. P.; 12) A.C.; 13) L. M. V. C.; 14) M. G. M.. Il residuo 10% andrebbe ripartito, limitatamente alla presenza alle riunioni approvative dei conferimenti delle funzioni apicali, ai componenti il Collegio dei Revisori dei conti dell’Ateneo (M. P.  P. in T., P. P., M. P., B. B., D. M., R. M., D. M.).
Per ciò che attiene alle responsabilità dei componenti di detto Organo, costoro, secondo la Procura, avrebbero potuto rilevare, e non lo hanno fatto, l’illegittimità ovvero l’irregolarità delle nomine che qui si contestano, in particolar modo - quelle effettuate in violazione del quoziente posto dalla norma regolamentare - con riferimento alla correttezza della gestione, posto che il controllo al quale erano tenuti non sarebbe esaurito dalle verifiche di natura strettamente contabile, ma investirebbe la legittimità e la correttezza dell’intera gestione e di quegli atti che, per la loro rilevanza e connotazione di generalità, sulla gestione direttamente incidono.
In conseguenza dei fatti sopra descritti la Procura chiede che la Sezione voglia pronunciare la condanna dei convenuti al pagamento, in favore dell’Amministrazione universitaria, della complessiva somma, come sopra ripartita, di €.1.288.017,59 oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, ciascuno per la parte che vi ha preso.
Con memoria depositata il 7 novembre 2007, si è costituita la difesa del Dr. Z. eccependo preliminarmente la prescrizione dell’azione di danno erariale.
Sul punto la difesa ricorda che il dr. Z. ha cessato dall’ufficio di direttore amministrativo del Politecnico il 31 dicembre 2002, e dunque non ha concorso alla formazione delle delibere e degli atti successivi a tale data.
Inoltre la delibera di affidamento dell’incarico ai sig.ri C., C. G., O. e  L.i risale al marzo 2000, quindi ogni pretesa di risarcimento del danno erariale rispetto a questi rapporti dirigenziali sarebbe prescritta nel marzo 2005, mentre l’atto di citazione è stato notificato solo il giorno 8 febbraio 2007, e lo stesso invito a dedurre è stato notificato il giorno 13 giugno 2006, e quindi a più di un anno dall’avvenuta prescrizione.
Ad avviso della difesa, il dies a quo della prescrizione va individuato in quello di approvazione della delibera che prevede l’assegnazione dell’incarico, o, al più, in quello (peraltro immediatamente successivo), di stipulazione e venuta ad efficacia del contratto di lavoro dirigenziale, e non in quello di concreto pagamento, nel tempo, delle spettanze retributive.
Dunque la difesa ritiene che il danno conseguente alla delibera del 21 marzo 2000 (incarichi C., C. G., O. e L.) si è interamente prescritto nel marzo 2005.
La difesa nega che l’invito a dedurre notificato nel giugno 2006 poteva costituire "formale costituzione in mora ai sensi e per gli effetti degli artt. 1219 e 2943 del Codice civile, nei confronti degli autori del danno".
Anche a non voler considerare la completa prescrizione dei danni conseguenti alle delibere del marzo 2000, ossia a voler, ritenere che il dies a quo della prescrizione del danno decorra da ogni singolo pagamento delle spettanze retributive, la pretesa erariale si sarebbe interamente prescritta per i danni maturati fino al giorno 8 febbraio 2002 (rispetto alla notifica della citazione).
Ma anche a voler ritenere l’invito a controdedurre capace di interrompere la prescrizione, interamente prescritti sarebbero comunque i danni conseguenti alle retribuzioni pagate ai dirigenti fino al giorno 13 giugno 2001.
Nel merito sul requisito della laurea per accedere all’incarico di dirigente pubblico, la difesa ricorda che l’art. 19, d.lgs. 165/2001, prevede con chiarezza come la formazione universitaria sia (solo) uno dei requisiti che possono essere tenuti presenti nella selezione dei dirigenti. Non si tratta, cioè, di un titolo necessario. L’incarico, difatti, può ben essere affidato anche a soggetti che abbiano maturato le proprie specifiche competenze professionali altrimenti, ossia, per quel che qui più interessa, sul campo, grazie alle pregresse esperienze professionali.
La difesa sostiene anche la riconducibilità al merito amministrativo delle decisioni del Consiglio di Amministrazione e conseguente loro insindacabilità in sede giudiziale, nonché l’insussistenza e comunque mancata dimostrazione del presupposto soggettivo della responsabilità amministrativa ed anzi la buona fede degli organi del Politecnico.
La difesa contesta la imputazione al convenuto, in quanto Direttore Amministrativo fino al 2002, del cinquanta per cento del danno erariale relativo agli anni 2000-2002, mentre agli altri componenti del Consiglio di Amministrazione, che pure hanno egualmente deliberato, in modo unanime, con identità di poteri e responsabilità, l’affidamento degli incarichi, solo il restante quaranta per cento, rimanendo il residuo dieci per cento a carico dei revisori. Ciò sarebbe in contrasto con il disposto dell’art. 24, del tu. imp. civ. Stato, approvato con d.p.r. n. 3/1957.
La difesa inoltre deduce la non dannosità degli incarichi dirigenziali contestati, la compensatio lucri cum damno e insta per l’esercizio del potere di riduzione.
I danni che non ci sarebbero visto che è in realtà sarebbe pacifico che (anche) i dirigenti non laureati abbiano bene ed efficacemente operato, specie in un momento di poderosa crescita quantitativa e qualitativa dell’Ateneo è
Tale evoluzione dell‘Ateneo (oggi ai vertici di tutte le classifiche relative alle università italiane, e, per quanto riguarda le università tecniche, al quindicesimo posto tra le europee e cinquantaseiesimo al mondo e all’ottavo con riguardo all’ingegneria informatica rispetto a tutte le altre università del mondo) sarebbe stata portata a termine con successo, anche grazie alla preziosa opera dei dirigenti non laureati.
Anche nella ipotesi che gli incarichi dirigenziali in questione siano illeciti e dannosi, secondo la difesa, non si potrebbe prescindere dal considerarne l’utilità.
La difesa invoca l’esercizio del potere riduttivo in ragione sia dell’obiettiva difficoltà di valutazione dei requisiti di liceità dell’affidamento di incarichi dirigenziali, sia dell’encomiabile servizio reso per tanti anni all‘Amministrazione Universitaria dal dott. Z..
Con memoria depositata l’8 novembre 2007, si è costituita la difesa di M., facendo presente innanzi tutto che il convenuto ha preso parte esclusivamente alle sedute del C.d.A. del Politecnico del 27.5.2003, del 30.9.2003 e del 28.9.2004, nelle quali sono stati conferiti gli incarichi dirigenziali ai signori B., M. e P., e non anche alle altre sedute del C.d.A. indicate dal Procuratore e, cioè, a quelle del 21.3.2000 e del 29.10.2002, nelle quali sono stati conferiti gli altri incarichi dirigenziali contestati dal Procuratore.
Preliminarmente la difesa eccepisce la nullità dell’atto di citazione per genericità della domanda, in quanto non individua gli specifici incarichi -tra i numerosi in contestazione- al cui conferimento avrebbe concorso il convenuto né specifica a quanto ammonta il danno che viene ascritto al convenuto medesimo.
Nel merito la difesa deduce l’infondatezza e la inammissibilità delle domande attrici, per difetto di legittimazione passiva del convenuto con riferimento agli incarichi dirigenziali conferiti con la deliberazione C.d.A. del 29.10.2002; la legittimità degli incarichi dirigenziali conferiti con le deliberazioni C.d.A. del 27.5.2003. 30.9.2003 e 28.9.2004.
Tra gli incarichi dirigenziali conferiti, l’Accusa ha computato anche quello del direttore amministrativo che, secondo la difesa, non può essere computato, stante che il ruolo e i compiti del direttore amministrativo sono peculiari e non assimilabili a quelli dei dirigenti, tanto che trovano la propria disciplina in disposizioni normative diverse da quelle che regolano gli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
La difesa contesta l’assunto della Procura secondo cui "la dirigenza nelle amministrazioni pubbliche deve essere costituita, in maniera prevalente, da dirigenti di ruolo", nega che con gli incarichi contestati sia stato superato il quoziente massimo utilizzabile di 12 unità.
Quanto al "secondo ordine di danno" la difesa deduce la inammissibilità delle domande attrici per difetto di legittimazione passiva del convenuto con riferimento agli incarichi dirigenziali conferiti con le deliberazioni C.d.A. del 21.3.2000 e del 29.10.2002, e che comunque gli incarichi dirigenziali conferiti con le deliberazioni C.d.A. del 21.3.2000 e 29.10.2002 sarebbero legittimi, perché nessuna delle disposizioni primarie o secondarie richiede espressamente il possesso della laurea come requisito per il conferimento dell’incarico dirigenziale a tempo determinato, mentre nella specie i dirigenti nominati possedevano i requisiti professionali previsti dal ricordato art. 19, sesto comma, D.Lgs. n.29/l993 e dall’art. 10 del Regolamento dell’Ateneo, in quanto dai curricula prodotti, risulterebbe che gli stessi hanno raggiunto un’elevata professionalità nei rispettivi ambiti di competenza, ricoprendo ruoli e svolgendo mansioni riconducibili a quelli propri dei dirigenti.
La difesa deduce anche il difetto di specifica prova dell’esistenza di un effettivo pregiudizio economico del Politecnico: l’eventuale illegittimità del conferimento degli incarichi non sarebbe, infatti, di per sé causa di danno erariale.
La difesa ritiene che si deve tener conto dell’utilità dell’attività positivamente svolta dai dirigenti incaricati e della spesa che il Politecnico avrebbe comunque dovuto sostenere per far fronte alle esigenze soddisfatte con il conferimento degli incarichi dirigenziali di cui si tratta.
La complessità della materia e la non univocità degli orientamenti interpretativi in ordine al conferimento degli incarichi escluderebbe - infine - la sussistenza della colpa grave nel comportamento tenuto dal convenuto.
Pertanto la difesa di M. conclude per dichiarare inammissibili tutte le domande attrici per nullità dell’atto di citazione e, comunque, dichiarare l’inammissibilità delle suddette domande, per difetto di legittimazione passiva del convenuto, nella parte in cui si riferiscono agli incarichi dirigenziali conferiti nelle sedute del C.d.A. del 21.3.2000 e del 29.10.2002; in subordine: assolvere il convenuto da tutte le domande attrici per insussistenza di danno per il Politecnico di omissis e, comunque, per insussistenza di colpa grave; in ulteriore subordine valutare l’utilità che il Politecnico di omissis ha tratto dalle prestazioni fornite dai dirigenti cui il C.d.A. del Politecnico ha conferito gli incarichi di cui si tratta nelle sedute alle quali ha preso parte il convenuto e compensare tale utilità con il preteso danno nonché avvalersi del potere di riduzione diminuendo comunque l’importo ascrivibile al convenuto.
Con distinte memorie depositate l’8 novembre 2007, si è costituita la difesa del Dr. D. M. e della Dr.ssa T. evidenziando preliminarmente alcuni fatti della vicenda.
All’inizio degli anni 2000, il Politecnico sì trovò ad affrontare l’esigenza di riformare l’organizzazione - immutata da decine di anni - delle attività amministrative dell’Ateneo, dando ad essa nuova e più adeguata impostazione nella fase di sviluppo e riassetto organizzativo e didattico che, a partire dalla fine degli anni ‘90, aveva coinvolto tutte le strutture del Politecnico.
In quel periodo, il Politecnico di omissis ha aumentato il numero delle facoltà (passando da due sole facoltà originarie a sei facoltà di Ingegneria, due di Architettura ed una di Disegno Industriale); ha introdotto nuovi percorsi formativi secondo modelli europei (quali i master annuali, istituiti nel 2001, i corsi di aggiornamento, iniziati nel 2000, la scuola di dottorato, attivata nel 2000 ed i corsi di formazione tecnica integrativa, introdotti nel 1999). Inoltre, sono stati creati i poli territoriali di formazione e ricerca nelle sedi decentrate di omissis e di omissis (già nel 1998, di omissis e di omissis (attivate nel 2002) e di omissis (attivata nel 2004) e sono state incrementate le "attività commerciali" (come, per esempio, i corsi di formazione e di aggiornamento per il personale di enti o aziende), accanto alle attivita didattica tradizionale ed istituzionale in precedenza svolta in via esclusiva. Nello stesso periodo il Politecnico ha sviluppato maggiormente le relazioni con le Università straniere e con altri soggetti esterni, attraverso la stipulazione di contratti e di convenzioni di ricerca con enti pubblici e privati sia italiani che stranieri nonché attraverso l’istituzione di cattedre convenzionate.
La difficoltà dell’operazione consisteva anche nell’esigenza di cambiare impianto organico in corsa, mentre cioè tutto doveva continuare a funzionare al meglio introducendo e sostenendo le molteplici innovazioni. Rispetto al personale in servizio si proponeva la duplice esigenza: di non mortificare le risorse disponibili (quelle di dipendenti che avevano retto il peso di una struttura sempre più inadeguata riuscendo a gestire al meglio l’attività istituzionale) e di evitare che l’introduzione di nuove risorse determinasse fenomeni di rigetto o di resistenza comprensibili in un momento di evoluzione accelerata ma capaci di far fallire l’intera operazione di rivitalizzazione dell’Ateneo.
La difesa di D. M. e T. precisa le contestazioni considerando che i convenuti hanno preso parte alla sola seduta del Consiglio di Amministrazione dell’Ateno omissis del 21.3.2000.
In primis deduce la nullità dell’atto di citazione per assoluta genericità della domanda nei confronti dei convenuti.
Il convenuto, avendo partecipato alla sola riunione del 21.3.2000, risponderebbe soltanto di parte del suddetto preteso danno complessivo e di parte della seconda posta dello stesso, per quanto cioè riguarda i soli incarichi temporanei conferiti con la deliberazione del 21.3.2000 (a O., C., L. e C. G.).
Ma per quanto percepito dai dirigenti in questione dopo la scadenza (31.10.2002) degli incarichi conferiti il 21.3.2000 il convenuto non risponde, ossia non risponde del rinnovo degli incarichi.
L’atto di citazione sarebbe pertanto nullo per genericità del petituni e dalla causa petendi.
Nella specie, mancherebbe la spiegazione delle ragioni con cui sono state determinate le diverse percentuali poste a carico dei convenuti e se il meccanismo della definizione del danno per differenza tra retribuzione percepita e retribuzione nella qualifica precedente valga parimenti per tutti gli incaricati (aventi tra di loro posizioni diverse) e se per ciascuno degli incaricati si debba considerare la sommatoria di dette differenze negli anni dal 2000 al 2005, nonostante che l’incarico conferito con la partecipazione del convenuto avesse durata temporale limitata.
La difesa eccepisce la prescrizione, totale o quanto meno parziale, dell’azione di responsabilità.-
Secondo la tesi difensiva l’invito a dedurre non è stato idoneo ad interrompere il decorso del termine di prescrizione, perché non possedeva, in concreto, gli elementi richiesti dall’art. 1219 c.c. mancando, in particolare, la espressa "intimazione o richiesta di adempimento"
La difesa afferma la legittimità degli incarichi dirigenziali a termine conferiti con i contratti di diritto privato approvati con la deliberazione del C.d.A. del 21.3.2000, evidenziando che il Dipartimento della Funzione Pubblica ebbe a precisare, con nota del 14.5.1998, che "per il possesso" del requisito della "particolare specializzazione professionale ... desumibile,.. da concrete esperienze di lavoro deve intendersi l’aver svolto funzioni di elevata responsabilità in un ambito specifico, assimilabile a quello che dovrà formare oggetto dell’incarico connesso all’assunzione a termine".
La difesa pone in rilievo che si tratta di incarichi - ammessi dalla legge in via derogatoria rispetto al sistema ordinario di reclutamento dei dirigenti - di natura fiduciaria ed a tempo determinato nonché connotati dal contratto di diritto privato, con la conseguenza che presupposti per il relativo conferimento non devono necessariamente coincidere con quelli stabiliti in via generale per l’assunzione a tempo indeterminato con contratto di diritto pubblico.
I presupposti per l’accesso ai posti di qualifica dirigenziale stabiliti dall’art. 28 D.Lgs. n.29/1993 (oggi dall’art. 28 del D.Lgs. n.165/2001) - tra cui il possesso della laurea- si riferiscono espressamente alla "qualifica dì dirigente di ruolo" ed a tempo indeterminato; nel caso in esame invece il conferimento dell’incarico avviene con assunzione a tempo determinato e con contratto di diritto privato.
La difesa deduce che molte Università, nel regolare le modalità per il conferimento di incarichi dirigenziali a termine con contratto di diritto privato, non prevedono affatto il requisito del titolo di studio, riconoscendo l’idoneità anche del possesso di adeguata e specifica qualificazione e preparazione professionale desumibile, in via alternativa, dal curriculum formativo (e quindi dai titoli di studio conseguiti) o da esperienze lavorative.
La difesa fa presente che il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, con nota del 20.9.2005, in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dal Politecnico di omissis "in ordine alle modalità attuative dell’art. 19, comma 6, del D. Lgs. n. 165/2001" (che sostituisce, con analoga formulazione, l’art. 19 del D.Lgs. n.29/2003), ha precisato che la scelta dell’amministrazione "è sostanzialmente libera, come si può dedurre dalla lettura della norma, nè in essa vi è alcun riferimento alla necessità di operare una valutazione comparativa tra più soggetti" … "il conferimento dell’incarico ad esterni non è subordinato all’espletamento di procedure concorsuali di cui all’art. 28 del d.lgs. n.165/2001, o comunque selettive, ovvero di valutazioni comparative tra più soggetti ugualmente idonei a ricoprire l’incarico, in quanto il legislatore ha inteso riservare un potere discrezionale nell’operare la scelta nei termini sopra descritti, ritenendo fondamentale il criterio dell’ "intuitus personae".
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, nel parere, precisa anche che "la fonte regolamentare può specificare e modulare altrimenti il contenuto dei requisiti" necessari per il conferimento degli incarichi di cui si tratta, anche "prevedendo, ove ritenuto utile, forme di selezione o comparazione comunque di natura privatistica". ., quella di subordinare il conferimento degli incarichi dirigenziali a tempo determinato allo svolgimento di procedure selettive o comparative è una scelta discrezionale dell’università ma non costituisce certamente un obbligo.
Sulla base di queste argomentazioni la difesa sostiene che legittimamente il C.d.A. ha previsto, all’art. 10 del Regolamento citato, la possibilità di conferire incarichi dirigenziali senza lo svolgimento di procedure selettive o comparative.
Nella specie i dirigenti nominati possedevano, ad avviso della difesa, i requisiti previsti dall’art. 19, sesto comma, D.Lgs. n. 29/1993 e dall’art. 10 del Regolamento dell’Ateneo.
Infatti, dai curricula prodotti, risulta che gli stessi avevano raggiunto un’elevata professionalità nei rispettivi ambiti di competenza, svolgendo attività obiettivamente riconducibili a quelle proprie dei dirigenti.
La difesa ricorda che il Ministero del Tesoro ha, nella circolare del 14.4.2000, precisato che la facoltà di ricorrere agli incarichi ex art. 19, sesto comma, D.Lgs. n.29/2003, "può essere utilizzata", oltre che per introdurre nella p.a. "professionalità nuove", anche "allo scopo di dare adeguato riconoscimento a funzionari particolarmente preparati che, pur non avendo ancora conseguito il livello dirigenziale, siano dotati della professionalità richiesta dalla norma e considerati in grado di svolgere efficacemente un ruolo dirigenziale".
La difesa deduce quindi l’insussistenza del danno e il difetto della prova del danno, in quando si dovrebbe tener conto dell’utilità dell’attività positivamente svolta dagli incaricati e considerare quale sarebbe stata la spesa da sostenere, comunque, per far fronte alle esigenze soddisfatte con il conferimento degli incarichi dirigenziali in questione.
Anzi, se la dirigenza fosse stata affidata a soggetti diversi da quelli in effetti incaricati, la spesa complessiva sarebbe sicuramente cresciuta a fronte della retribuzione tanto dei soggetti incaricati (seppure in misura minore) quanto dei nuovi dirigenti; e non sarebbe affatto certo che le prestazioni sarebbero migliorate e/o aumentate.
La difesa ribadisce la peculiare esigenza del Politecnico di innovare sostanzialmente la propria struttura organizzativa senza interrompere la continuità del servizio amministrativo prestato, utilizzando le risorse presenti e al contempo integrandole e potenziandole.
Sulla colpa grave la difesa pone in evidenza che quella fornita dalla Procura erariale è solo un’interpretazione con riferimenti a pronunce (non giurisdizionali) successive al febbraio ed al marzo 2000, un’interpretazione non consolidata o prevalente.
Ma secondo la tesi difensiva, nemmeno nella ipotesi di fondatezza dell’interpretazione della Procura, potrebbe essere contestata la sussistenza della colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti in occasione del conferimento degli incarichi in questione, considerata la complessità della materia e la non univocità degli orientamenti interpretativi al riguardo esistenti nella prima metà del 2000.
Anche considerando che ai due convenuti (un ingegnere ed un architetto) non poteva essere richiesta una preparazione tecnica ed un’esperienza così specifiche.
In considerazione di quanto sopra la difesa conclude:
-In via preliminare: dichiarare la nullità dell’atto di citazione per genericità del petitum e della causa petendi; nel merito: assolvere i convenuti da tutte le domande attrici per insussistenza del danno a carico del Politecnico di omissis e, comunque, per insussistenza di colpa (e, ad ogni modo, di colpa grave) nel comportamento tenuto dai convenuti nella vicenda per cui è causa; in via subordinata: dichiarare l’intervenuta prescrizione dell’azione esercitata dalla Procura regionale; in ulteriore subordinata ipotesi: dichiarare l’intervenuta parziale prescrizione; valutare l’utilità che l’ente ha tratto dalle prestazioni fornite dai dirigenti e compensare tale utilità con il danno considerato con riferimento al solo primo incarico temporaneo; avvalersi infine del potere di riduzione diminuendo comunque l’eventuale importo residuo ascrivibile a carico del convenuto (dopo le deduzioni per le due precedenti ragioni) sussistendone i presupposti.
Con memoria depositata l’8-11-2007 si è costituita la difesa di G. B. deducendo in primis la nullità parziale dell’atto di citazione per genericità della causa petendi.
Per gli incarichi conferiti ai signori P. e L. con delibera C.d.A. del 29.10.2002 era stata prevista la scadenza al 31.12.2004 e, per l’anno 2005, mancherebbe la prova e la fonte dell’incarico a detti signori e dunque, della responsabilità del convenuto B.. Con riferimento all’anno 2005, pertanto, la citazione sarebbe indeterminata, mancando le ragioni poste a fondamento della relativa domanda con riferimento al preteso danno per differenze retributive che sarebbero state illegittimamente percepite dai signori P. e L..
La difesa sostiene la legittimità degli atti di conferimento, in particolare la legittimità del numero degli incarichi conferiti a tempo determinato, l’insussistenza del danno e l’utilità dell’attività svolta dai dirigenti e, comunque, la mancanza di prova, adducendo argomentazioni analoghe a quelle già esposte nell’esame delle altre tesi difensive.
Per cui la difesa chiede la riduzione dell’importo ascritto a carico del convenuto B., tenendo conto a tal fine anche del danno che avrebbe potuto essere ascritto al prof. M. nel frattempo scomparso e, in ipotesi di mancato accoglimento dell’eccezione di nullità della citazione, detraendo anche il preteso danno da differenze retributive riferibile agli incarichi dei signori P. e L. nell’anno 2005.
La difesa nega comunque l’elemento soggettivo della colpa grave.
In particolare, il convenuto - ingegnere aeronautico- non poteva avere una preparazione tecnica ed un’esperienza giuridica così specifiche.
La difesa eccepisce in fine la prescrizione dell’azione di responsabilità.
La deliberazione del C.d.A. di conferimento degli incarichi ai signori L. M. O., D. C., C. L. e L. C. G. risale al 21.3.2000, con la conseguenza che la relativa azione di responsabilità avrebbe dovuto essere esercitata entro il 21.3.2005. Nella specie, invece, l’atto di citazione è stato notificato al convenuto il 26.2.2007 e, quindi, tardivamente secondo la tesi difensiva, quando era ormai maturata la prescrizione dell’intera pretesa di cui si tratta.
La difesa, anche nella ipotesi nella quale la Corte volesse far decorrere il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità dal giorno dei singoli pagamenti, la prescrizione sarebbe comunque intervenuta per i pagamenti effettuati prima del 26.2.2002 ovvero prima del 20.6.2001.
Pertanto la difesa conclude, nell’interesse del convenuto, G. B., in via preliminare per accertare e dichiarare la nullità parziale della citazione per indeterminatezza e genericità delle ragioni poste a fondamento della domanda, nel merito, assolvere il convenuto da tutte le domande attrici per insussistenza dei necessari presupposti e comunque per insussistenza di colpa grave nel comportamento tenuto dal convenuto stesso nella vicenda per cui è causa, in subordine, valutare l’utilità che l’ente ha tratto dalle prestazioni fornite dai dirigenti e compensare tale utilità con il preteso danno nonché avvalersi del potere di riduzione diminuendo comunque l’importo ascrivibile a carico del convenuto.
Con distinte memorie depositate l’8 novembre 2007, si è costituita la difesa di A. B., F. P., R. P., A. Z.  R., M. F., V. L., P. P., M. P. P. in T., M. P., D. M., R. M., B. B. e D. M. a, deducendo in via preliminare l’inammissibilità dell’azione per intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno, quantomeno in riferimento ai primi conferimenti degli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
La difesa sostiene poi l’infondatezza nel merito della domanda per carenza dei presupposti oggettivi e soggettivi del comportamento dannoso sulla base di argomenti sostanzialmente già esposti con riferimento alle altre difese.
Inoltre non sarebbero sindacabili nel merito le decisioni del consiglio d’amministrazione, in quanto le istituzioni universitarie, hanno autonomia garantita anche a livello costituzionale (artt. 33 u.c. Cost.), il che renderebbe inammissibile un penetrante sindacato esterno sulle scelte organizzative discrezionali.
Nel caso di specie il C.d.A. dell’Ateneo, ritenendo necessaria la nomina dei dirigenti in rapporto al particolare periodo evolutivo che la struttura universitaria stava attraversando dal punto di vista organizzativo e gestionale, avrebbe assunto le contestate deliberazioni in osservanza dei parametri quantitativi e qualitativi stabiliti dal Regolamento interno.
Non sarebbe comprovata la sussistenza dell’elemento psicologico in capo ai membri del Consiglio d’Amministrazione dell’Ateneo e del Collegio dei Revisori.
Proprio con riferimento alla delibera di assunzione di personale dirigenziale la difesa nega la sussistenza dell’elemento soggettivo in presenza della proposta motivata del direttore amministrativo dell‘ente ed in un contesto di rilancio dell’ente e di ristrutturazione della sua dirigenza che faceva apparire, con valutazione ex ante ragionevole e proceduralmente corretta la scelta operata.
Nel caso di specie, la difesa sostiene che il comportamento tenuto dai convenuti risulta conforme alla normativa di riferimento ed all’interpretazione della stessa fornita dagli organi ministeriali.
Da un lato ricorda che lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica ha escluso la necessità sia di svolgere pubblici concorsi, sia di pretendere il possesso del diploma dì laurea in capo al funzionario, qualificando la scelta dell’amministrazione come "sostanzialmente libera".
L’affidamento di incarichi dirigenziali a soggetti che, benché privi del predetto titolo di studio, abbiano un’adeguata preparazione professionale sarebbe una prassi diffusa, adottata da tutti gli atenei nazionali e, talvolta, recepita a livello statutario da alcune Università.
Nella ipotesi in cui dovesse ritenersi che i suddetti presupposti siano insufficienti a fondare la buona fede dei convenuti, la difesa evidenzia che la colpa grave appare difficilmente configurabile in presenza di una disciplina normativa dai caratteri peculiari, quale quella in esame, e di un contesto interpretativo oscillante.
Con riferimento particolare alle deliberazioni assunte da organi collegiali, la difesa ritiene rilevante ponderare in maniera specifica e differenziata il grado di colpevolezza (e, sotto il profilo oggettivo, la diversa efficienza causale nella verificazione dell’illecito) di ciascuno dei componenti il collegio.
Per cui anche in ipotesi di responsabilità derivante da deliberazione collegiale sarebbero distinguibili ed autonomamente valutabili i singoli comportamenti dei componenti dell’organo collegiale, distinguendo il rispettivo grado di colpa dei singoli membri e l’effettiva partecipazione di ciascuno alla produzione del danno" oggetto di contestazione.
A maggior ragione dette considerazioni valgono in riferimento ai membri che risultarono addirittura assenti nelle sedute approvative degli incarichi.
La difesa si riferisce, in particolare, ai Dott. P., B. e M., assenti alla seduta del 30/09/03, in cui si deliberò l’incarico in favore del Dott. M.; nonché al Dott. M., assente tanto alla predetta seduta del 30/09/03, quanto alle successive riunioni del 27/05/03 e del 28/09/04.
La difesa nega la colpa grave, anche in relazione al ruolo rivestito dai convenuti.
In particolare, i compiti di controllo attribuiti ai componenti di detto organo non si estenderebbero alla verifica della correttezza dell’intera gestione e degli atti che incidono su di essa.
A tal fine evidenzia il ruolo del tutto particolare e differenziato ricoperto dai revisori dei conti all’interno dell’Ateneo milanese.
In particolare: • in base alle disposizioni del Regolamento d’Ateneo in vigore presso il Politecnico di omissis all’epoca dei fatti (art. 115, ora recepito nell’art. 78 del nuovo Regolamento approvato con decreto rettorale n°72/AQ del 12/10105), è stabilito espressamente che "i revisori dei conti assistono alle riunioni del Consiglio d’Amministrazione ed, a richiesta, a quelle degli altri organi collegiali digestione".
Pertanto, ai medesimi revisori non sarebbe attribuita alcuna funzione di partecipazione attiva in seno al Consiglio d’Amministrazione, dal momento che, durante le sedute, essi non sono chiamati ad esprimere pareri e/o valutazioni sulla legittimità degli atti, bensì a verificare soltanto la regolarità formale dei provvedimenti assunti.
Il ruolo istituzionalmente demandato al collegio dei revisori, sintetizzabile come verifica della gestione sui profili finanziari e contabili- è, infatti, svolto in via successiva, ossia in seguito all’adozione dei provvedimenti da parte dell’Amministrazione (ai sensi del comma 7 del citato art. 115 Regolamento: "il collegio provvede al riscontro della gestione, accerta la regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione nonché i bilanci ad esso allegati, le eventuali variazioni ad esso, ed il conto consuntivo e relativi allegati, redigendo apposite relazioni ed effettua verifiche di cassa"). In altri termini, la "presenza" dei convenuti alle sedute del Consiglio d’Amministrazione sarebbe direttamente strumentale ad agevolarne il ruolo di controllo ex post dell’azione amministrativa.
La partecipazione alle sedute da parte dei membri del collegio dei revisori dovrebbe ritenersi facoltativa e non obbligatoria, visto che la loro eventuale assenza non è in grado di condizionare la regolarità delle riunioni; i revisori medesimi non hanno diritto di voto, nè, parallelamente, alcun obbligo d’intervento.
L’accoglimento della tesi contraria, comporterebbe che, da un lato, al Collegio sarebbe attribuito un controllo di tipo preventivo od immediato, in contrasto con la funzione tipicamente rivestita. Oltretutto, sarebbe necessario fornire al Collegio medesimo, con congruo anticipo, una previa ed adeguata informativa in merito all’ordine del giorno delle sedute.
La difesa contesta anche la quantificazione e ripartizione del danno erariale.
Per la quantificazione del danno, la difesa rileva che da un lato sono disconosciuti i vantaggi che l’Ateneo ha in realtà tratto dall’attività del personale dirigenziale incaricato a tempo determinato, mentre la prospettata carenza di responsabilità in capo ai rappresentanti degli studenti, ove effettivamente comprovata e confermata, dovrebbe, in ogni caso, indurre il Giudicante a stralciarne la relativa "quota" di responsabilità in sede di ripartizione degli addebiti fra i vari convenuti.
In caso contrario, infatti, la parte di responsabilità da imputarsi in astratto agli studenti finirebbe col ricadere indebitamente sugli altri membri del C.d.A.
Anche sotto questo profilo, la difesa chiede, in via subordinata, di modificare il riparto proposto dall’organo requirente.
Infine, nella ipotesi in cui si dovesse ravvisare una limitata incidenza causale del comportamento tenuto dai revisori dei conti, essa dovrebbe ritenersi del tutto marginale e, comunque, inferiore alla quota del 10%.
Tutto ciò premesso, i Sig.ri B., P., P., Z. R., F., L., P., P. P. in T., P., M., M., B. e M., concludono per dichiarare l’intervenuta prescrizione dell’azione esercitata dalla Procura Regionale in riferimento alle somme elargite per gli dirigenziali incarichi affidati nelle sedute del consiglio d’amministrazione del 21/03/00, 31/10/00 e 19/06/01.
Nel merito: rigettare la domanda per insussistenza di danno a carico del Politecnico di omissis e/o, comunque, per insussistenza di colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti, mandando, per l’effetto, integralmente assolti i medesimi da ogni pretesa responsabilità; in via subordinata: nella ipotesi in cui si dovessero ravvisare residui profili di responsabilità in capo agli odierni convenuti: a) considerata la ridotta efficienza causale del comportamento tenuto dai revisori contabili, limitare il grado di responsabilità ascrivibile ai medesimi in una percentuale inferiore a quella indicata dal Procuratore Regionale; escludere, in ogni caso, qualsiasi responsabilità e/o limitare ulteriormente il grado di responsabilità in capo ai Dott. P., B., M. e M., in quanto non partecipanti a tutte e/o alcune delle sedute di conferimento degli incarichi dirigenziali a tempo determinato; valutare, infine, i vantaggi che il Politecnico di omissis ha tratto dall’attività dei dirigenti a tempo determinato e compensare tale utilità con il preteso danno, avvalendosi del potere di riduzione ex art. 1, c. 1-bis, L. 20/94.
Con memoria depositata in data 8-11-2007 si è costituita la difesa di L. M. V. C., A. C. e M. G. M. precisando innanzitutto che di tutte le determinazioni del C.d.A., riguardanti sia l’approvazione dello Statuto e delle norme regolamentari in tema di incarichi dirigenziali, sia la vera e propria nomina di dirigenti a tempo determinato, solo la delibera del C.d.A. 28 settembre 2004 è stata presa con la diretta partecipazione dei convenuti C., C. e M., i quali avevano assunto il ruolo di Consiglieri di amministrazione a far data dai 1 settembre 2004, come rappresentanti dei docenti.
Pertanto i convenuti C., C. e M. dovrebbero rispondere solo degli effetti della delibera 28 settembre 2004, con la quale è stata disposta la nomina a dirigente dell’Area "Comunicazione e relazioni esterne" della dott.ssa P..
Quindi il danno imputabile ai medesimi è limitato esclusivamente alla somma derivante dalla "differenza tra quanto effettivamente percepito (dalla dott.ssa P.) nell‘anno 2005 per effetto della nomina e quanto avrebbe percepito ove fosse rimasta, come avrebbe dovuto essere, nella qualifica inferiore di appartenenza, quantifìcato dall’amministrazione universitaria nell’importo di €.21.608,35.
Il concreto addebito dovrebbe poi essere ulteriormente contenuto nella sola quota parte del 40% da dividersi, "ciascuno per la parte che vi ha preso" con gli altri componenti del Consiglio di Amministrazione.
Per cui la difesa non accetta il contraddittorio in relazione ad eventuali ulteriori ipotesi di danno e/o di responsabilità non deducibili direttamente dall’invito a dedurre.
La difesa dei convenuti C., C. e M. deduce la infondatezza della tesi accusatoria sotto il profilo della legittimità dell’operato del C.d.A., perché la dott.ssa P. era in possesso del diploma di laurea e della esperienza professionale necessaria in quanto aveva già svolto come funzionario dell’Ateneo diversi incarichi di responsabilità.
Sul mancato rispetto del limite percentuale fissato dalla disciplina di cui al Regolamento n. 107/2000, la difesa osserva che le aree dirigenziali cui occorre fare riferimento per il computo degli incarichi conferibili a dirigenti a tempo determinato è pari a 27 e non già a 24.
Con delibera del 30 settembre 2003 il Politecnico aveva programmato una struttura organizzativa che comprendesse 27 aree dirigenziali, con un aumento di tre unità della pianta organica approvata con la precedente delibera del 29 ottobre 2002.
La difesa nega che la delibera del settembre 2003 sia una mera "presa d’atto" di un progetto di organizzazione al di là da venire, nell’ambito della quale non vi sarebbe stata una vera e propria approvazione della nuova pianta organica, perché la riorganizzazione e la copertura delle varie aree dirigenziali ha sempre avuto un andamento graduale, dove ad una preliminare fase di studio faceva seguito l’approvazione di un progetto che trovava poi concretizzazione attraverso una serie di provvedimenti attuativi.
Nel caso di specie, a seguito della delibera del C.d.A. del 30 settembre 2003, preceduta tra l’altro dalla delibera del Senato Accademico del 22 settembre 2003, nell’ambito della quale il programma relativo alla creazione delle 27 aree dirigenziali era stato particolarmente approfondito, il Direttore Amministrativo ha adottato la determinazione 27 ottobre 2003 n. 41, nella quale si dice espressamente che "Con effetto dalla data della presente determinazione viene data attuazione al progetto di riorganizzazione dell’Amministrazione Centrale dell’Ateneo di cui alle delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione citate in premessa".
Secondo la difesa, la riorganizzazione della struttura con l’introduzione di 27 aree dirigenziali complessive era a tutti gli effetti operativa ed efficace, tanto da imporre al Direttore Amministrativo di darvi immediata esecuzione.
I convenuti C., C. e M. non avendo preso parte al C.d.A. del 30 settembre 2003, non potevano che considerare a tutti gli effetti operative le determinazioni in quella sede prese.
In base al Regolamento n. 27/2000, il numero degli incarichi dirigenziali a tempo determinato non potrebbe superare il "50% dei posti di dirigente in organico presso l‘Ateneo".
Ma tale disciplina è stata modificata a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento del 13 aprile 2004 n. 116, il cui art. 2 ha aumentato detto limite, portandolo al "60% dei posti previsti in organico per la direzione di uffici dirigenziali".
La difesa contesta il numero complessivo degli incarichi dirigenziali affidati dall’Ateneo (16) in forza della disciplina regolamentare richiamata, perché nel suddetto computo è stato considerato pure un dirigente di ruolo vincitore di concorso - l’Avv M. -, che non doveva essere a tal fine conteggiato.
Inoltre, viene inserito tra gli incarichi oggetto di contestazione pure quello di Direttore Amministrativo, affidato al dott. G. M., ma la figura del Direttore Amministrativo esulerebbe dalla disciplina di cui all’art. 19, comma 6, D.Lgs. 165/01, essendo regolamentato da una normativa ad hoc che, per un verso, lo indica come soggetto istituzionale dell’Università, e, per altro verso, ne impone l’assunzione con contratto a tempo determinato.
Pertanto la difesa sostiene che: - le aree dirigenziali cui fare riferimento ai fini dell’assegnazione di incarichi dirigenziali a tempo determinato sono pari a 27; - in applicazione del limite percentuale fissato dalla norma regolamentare vigente (60%), il numero di dirigenti nominabili corrisponde a (27 x 60% =) 16,2; - con la nomina della dott.ssa P., il numero complessivo dei dirigenti a tempo determinato è pari a 14,5 (in considerazione del fatto che il dott. B. era part-time, quindi ampiamente nei limiti prefissati).
La difesa nega altresì la colpa grave in quanto non provata dall’Accusa e comunque non sussistente, sia perché lo stesso Dipartimento della Funzione Pubblica ha escluso la necessità di svolgere pubblici concorsi, qualificando la scelta dell’Amministrazione come "sostanzialmente libera"; sia perché, la colpa grave appare in ogni caso difficilmente configurabile in presenza di una disciplina normativa dai caratteri peculiari, quale quella in esame, e di un contesto interpretativo certamente non uniforme.
In ordine alla ripartizione della responsabilità fra tutti i soggetti che hanno partecipato alla delibera collegiale del 28 settembre 2004, la difesa evidenzia che nel corso della riunione consiliare non sono emersi dubbi sulla legittimità della decisione da adottare, per cui il voto positivo è stato espresso in buona fede facendo affidamento sulla bontà del percorso organizzativo già segnato da tutte le precedenti delibere.
Sulla quantificazione del danno la difesa deduce la inammissibilità della citazione per la quota di danno che eccede il minore importo indicato nei due inviti a dedurre.
La difesa chiede che la Corte tenga conto dei risultati positivi derivati all’Ente dalle prestazioni della Dr.ssa P. nel suo nuovo ruolo dirigenziale, provvedendo a compensare integralmente (o comunque a diminuire) il prospettato danno erariale in rapporto ai vantaggi goduti, valutando l’utilitas in base al generale parametro dell’id quod plerumque accidit.
La difesa nega il danno erariale contestato in relazione agli incarichi dirigenziali perché il Politecnico di omissis ha uno dei più bassi rapporti tra spesa per il personale e Fondo di Finanziamento Ordinario (FF0).
Detto rapporto costituisce una spia fondamentale per rilevare lo stato di salute economica-finanziaria di un Ateneo, rappresentando la quota parte dei finanziamenti ottenuti dallo Stato che l’Università utilizza per pagare gli stipendi ai propri dipendenti.
Per legge detto rapporto non deve superare il 90%, ed il Politecnico di omissis nel corso del 2006 ha raggiunto un indice pari a solo il 63,4% (superata solo da tre piccole Università: omissis, la Parthenope di omissis e L’istituto Universitario di Scienze Motorie di omissis, i cui FF0 sommati non raggiungono il 50% del valore assegnato al Politecnico; per contro, ben 19 università nazionali superano la percentuale del 90%, tra cui alcune che per prestigio possono paragonarsi al Politecnico di omissis, quali La omissis e la omissis).
Pertanto la difesa dei convenuti C., C. e M. nel ribadire che non accetta il contraddittorio con riferimento a pretese e contestazioni non direttamente evincibili dall’invito a dedurre a suo tempo ricevuto, conclude, in via principale, per il rigetto della domanda perché inammissibile e/o prescritta e/o infondata in fatto ed in diritto, e comunque per insussistenza di danno a carico del Politecnico di omissiso e/o, ancora, per insussistenza di colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti, mandando integralmente assolti i medesimi da ogni responsabilità; in via subordinata, per l’applicazione del potere riduttivo di cui all’art. 1, comma 1 bis, E. 20/94 e/o compensare in tutto in parte il danno con le utilità acquisite dal Politecnico a seguito dello svolgimento dell’attività da parte dei dirigenti nominati.
All’udienza, il P.M. ha confermato la tesi accusatoria insistendo per la condanna dei convenuti.
Sulla nullità della citazione la Procura ha precisato che la quota di responsabilità va attribuita a ciascuno in relazione alle sedute del Consiglio di Amministrazione cui ha partecipato; sul numero complessivo di dirigenti previsto in organico ha citato altre università dove è assai inferiore ed ha rilevato che al Politecnico di omissis le aree dirigenziali non sono mai diventate 27 in quanto le 24 aree sono state approvate nel 2002 mentre il successivo ampliamento era stato solo programmato mai approvato; ha contestato la illegittimità dell’incremento della quota al 60%, in quanto la soglia del 70% prevista dalla L. n. 350 del 2004 sarebbe una modifica del comma 4 dell’art. 19 della legge n. 165 del 2001 relativa ai dirigenti di ruolo, mentre il comma 6 sarebbe rimasto invariato fino al D. L. n. 115 del 2005 che ha allargato anche ai dipendenti interni la possibilità di essere assunti come dirigenti a tempo determinato ma indica delle quote percentuali piuttosto esigue (10% dei dirigenti di prima fascia e 8% di quelli di seconda).
Per cui la Procura ribadisce l’applicabilità alla fattispecie in giudizio del principio della prevalenza in organico dei dirigenti di ruolo rispetto a quelli a tempo determinato e fa riferimento alla giurisprudenza maggioritaria che ritiene non consentito il passaggio alla qualifica dirigenziale dei dipendenti interni con qualifica inferiore.
Per T. e D. M. la difesa ha precisato che la responsabilità è limitata cronologicamente fino a quando erano in carica (settembre 2002); ha sottolineato che nel 2000 il Politecnico aveva 854 dipendenti con un solo dirigente per cui era inevitabile una nuova organizzazione più rispondente al forte sviluppo dell’attività didattica e formativa in aggiunta a quella tradizionale (nuove sedi locali, nuovi corsi, dottorati e master rivolti anche alle imprese); ha poi evidenziato la natura giuridica di diritto privato dei nuovi contratti con i dirigenti che determina una cesura rispetto al precedente rapporto di impiego e la loro funzione fiduciaria a tempo determinato; la difesa ha rilevato che solo nel 2003 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha fatto chiarezza sui requisiti per l’assunzione di dirigenti a tempo determinato, mentre l’art. 10 del Regolamento di organizzazione ammetteva espressamente sia gli esterni che i dipendenti interni; secondo la difesa non si può evincere il danno erariale dalla solo difetto formale del titolo di laurea, atteso che nei fatti hanno fornito una prestazione dirigenziale; l’utilizzo al meglio dei dipendenti sarebbe stata fonte di risparmio per l’Ente che, nella scelta dei soggetti, ha usato il criterio della competenza ed esperienza professionale già nota e collaudata negli anni, piuttosto che quello del mero formalismo giuridico; tale scelta sarebbe ancora più apprezzabile in quanto i contratti erano temporanei; la difesa ha poi insistito sulla eccezione di nullità della citazione, in quanto la ripartizione della percentuale di responsabilità fra i diversi convenuti non è motivata, e sulla eccezione di prescrizione perché il fatto costitutivo del danno sarebbe l’adozione della delibera (21-3-2000) e non i successivi pagamenti delle retribuzioni, ha quindi chiuso il suo intervento chiedendo lo scorporo della quota di danno eventualmente imputabile a due componenti del C.d.A. deceduti (B. e M.).
Per Z. difesa ha confermato le eccezioni e deduzioni esposte in memoria rimarcando che la norma invocata dalla Procura non richiede espressamente la laurea per i dirigenti a tempo determinato, mentre sulla ripartizione della responsabilità ha richiamato il disposto dell’art. 24 del T.U. n. 3 del 1957 sulla parità dei membri di organi collegiali.
Per M. la difesa ha osservato che è stato nominato dal 1 gennaio 2003 quindi ha partecipato solo a 3 delle 5 delibere contestate, ha rilevato che la citazione non contesta l’utilità delle prestazioni svolte dai convenuti per cui la pretesa illegittimità non può essere di per se fonte di danno, ha ricordato che se il fatto costitutivo della ipotesi accusatoria è la partecipazione alle delibere la quota di responsabilità deve essere uguale per ciascun componente, ha ribadito la peculiarità della disciplina giuridica e funzionale del dirigente amministrativo, per cui era quanto meno dubbio se doveva essere incluso o meno nel computo per la determinazione del numero massimo di dirigenti da assumere.
Per B. la difesa ha ricordato i risultati della riorganizzazione dell’Istituto che oggi è ai vertici della classifica europea con numerosi corsi di laurea specialistica in lingua inglese, migliaia di studenti stranieri e di offerte di stage in azienda, ha osservato che il dibattito giuridico sulla interpretazione dell’art. 19, comma 6, della legge 165 del 2001 è prova evidente dell’assenza di colpa grave nella condotta del convenuto.
Per M., C. e C. la difesa ha precisato che l’incarico nel C.d.A. risale al 1-9-2004 e la prima seduta a cui hanno partecipato era quella del 28-9-2004 senza avere alcuna pregressa esperienza di amministrazione; ha sostenuto che nel caso di specie si applica la percentuale del 70% prevista dall’art. 19, comma 4, della legge 165 del 2001, in quanto il comma 4 richiama gli incarichi di cui al comma 6; ha negato la natura di semplice presa d’atto alla delibera del 30-9-2003 perché la successiva delibera del direttore amministrativo del 27-10-2003 da concreta attuazione al progetto organizzativo della delibera del 30-9-2003; ha escluso la colpa grave dei tre convenuti in quanto il Regolamento autorizzava tale delibera, perché il presidente del C.d.A. caldeggiava la nomina di P. in ragione del suo curriculum professionale e perché il Politecnico oggi rappresenta l’eccellenza degli istituti universitari italiani ed europei.
La difesa degli altri convenuti membri del C.d.A. e di quelli revisori dei conti ha contestato i limiti legali dedotti dalla Procura, rilevando che i revisori non sono notiziati preventivamente dell’ordine del giorno delle sedute, mentre sulla ripartizione del danno ha chiesto lo scomputo della quota di responsabilità teoricamente imputabile alla componente studentesca del C.d.A. e concludendo col richiamo alle eccezioni e deduzioni già formulate.
La Procura nella replica sui doveri dei revisori cita la ordinanza della Corte Costituzionale n. 285 del 2007, sull’art. 19, sostiene che i commi da 1 a 5 si applicano esclusivamente ai dirigenti di ruolo (così quindi anche la quota del 70%), mentre al caso di specie si applica il solo comma 6 che oggi prevede percentuali assai ridotte (10% e 8%). La Procura afferma che ai sensi dell’art. 27 del T.U. n. 165 del 2001 le Università sono obbligate al rispetto dei suoi principi tra i quali quello che i dirigenti esterni devono essere in misura inferiore a quelli di ruolo; richiama la giurisprudenza sulla necessità del requisito del diploma di laurea.
Nella ulteriore replica la difesa ha ribadito che il danno non è stato provato in quanto la Procura non ha dimostrato che i dirigenti, la cui nomina è contestata, abbiano svolto le funzioni dirigenziali in modo tale da non giustificare le rispettive retribuzioni ricevute.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio innanzitutto esamina e respinge la eccezione di nullità dell’atto di citazione per genericità della domanda, formulata da alcuni difensori, in quanto non individua gli specifici incarichi -tra i numerosi in contestazione- al cui conferimento avrebbe concorso ciascun convenuto né specifica a quanto ammonta il danno che viene ascritto a ciascun convenuto.
La domanda risarcitoria, è formulata in termini specifici e determinati, tanto che è stata precisata anche la quota di ripartizione del danno erariale fra i vari convenuti, ma la giurisprudenza pacifica della Corte dei conti riserva al Collegio la quantificazione definitiva del danno e la sua specifica ripartizione a carico dei responsabili.
Con riferimento alla ripartizione delle singole obbligazioni tra i diversi convenuti, la proposta del p.m. rappresenta esclusivamente una indicazione non vincolante per il collegio, libero di decidere diversamente.
Pertanto nessuna violazione del diritto di difesa sussiste nel caso di specie in quanto l’atto di citazione è completo e provvisto di tutti gli elementi necessari richiesti dall’art. 164 c.p.c., applicabile al giudizio contabile in virtù del richiamo dell’art. 26 r.d. 1038/33 c.p.c., sia sotto il profilo del petitum che della causa petendi.
Nel merito il Collegio procede alla verifica che nei fatti descritti sussistono tutti gli estremi della responsabilità amministrativa, sia sotto il profilo dell’antigiuridicità del comportamento tenuto dai convenuti che con riguardo all’ingiustizia del danno causato all’Erario.
Nel caso in esame si tratta di violazione di norme primarie e secondarie foriere di danno patrimoniale per la Pubblica Amministrazione, nella procedure per la nomina di dirigenti a tempo determinato.
Il comportamento illecito addebitato ai convenuti risulta provato dagli atti e documenti prodotti in giudizio relativi alle varie delibere del Consiglio di Amministrazione:
per i 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati in violazione del limite numerico del 50% posto dall’art. 10 del Regolamento di organizzazione dell’Università, nelle sedute rispettivamente, del 29 ottobre 2002 all’Ing. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. B., del 30 settembre 2003 al dott. A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C.P.;
per i 6 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati in violazione dei principi sull’assunzione dei dirigenti a tempo determinato, nella seduta del 21 marzo 2000 ai signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G., nella seduta del 29 ottobre 2002 ai signori 5- P.  e 6- L..
La sussistenza dei fatti non è contestata e risulta dai documenti prodotti, mentre la loro giuridica qualificazione in termini di violazione delle norme e dei principi che regolano le nomine dei dirigenti a tempo determinato è condivisa dal Collegio.
Il Regolamento di organizzazione del Politecnico di omissis, con gli articoli da 2 a 9 individua i criteri, i presupposti e le modalità per l’accesso alla qualifica di dirigente di ruolo, consentito esclusivamente a seguito di concorso per esami, espletabile da parte di:
1) dipendenti di ruolo della pubblica amministrazione muniti di laurea … omissis…..;
2) dirigenti di enti o strutture pubbliche non comprese tra i soggetti di cui all’articolo 1 del Dec. Leg.vo 29 del 1993, muniti del diploma di laurea;
3) dirigenti di strutture private, muniti del diploma di laurea.
L’articolo 10, invece, disciplina l’attribuzione di incarichi di funzioni dirigenziali, per la direzione di strutture individuate quali uffici di livello dirigenziale, da conferire con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, entro un limite non superiore al 50% dei posti di dirigente in organico presso l’Ateneo, a persone di particolare e comprovata competenza e qualificazione professionale, sia interne, che esterne al Politecnico.
Il comma 2 specifica la complessità, la delicatezza e l’ampiezza del compito che i sunnominati avrebbero dovuto svolgere.
Infine il comma 3 esplicita come, a fronte delle caratteristiche proprie dell’incarico da conferire, la particolare qualificazione professionale deve essere comprovata dallo svolgimento di funzioni dirigenziali in organismi ed enti pubblici o privati per almeno 5 anni, ovvero da particolari specializzazioni professionali, culturali, scientifiche, desumibili dalla formazione universitaria, dalla magistratura, dall’avvocatura dello stato ovvero da concrete esperienze di lavoro.
La disposizione regolamentare che fissa nel 50% dei posti dell’organico dei dirigenti il limite per l’attribuzione di incarichi dirigenziali a tempo determinato estende l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della fattispecie individuata dall’art. 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993.
Tale limite è già di gran lunga superiore a quello indicato dall’art. 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993, per cui non poteva essere portato con la delibera del 13.4.2004 addirittura al 60% in violazione della norma nazionale per la quale la dirigenza nelle amministrazioni pubbliche deve essere costituita, in maniera prevalente, da dirigenti di ruolo.
In proposito la difesa rileva che, dopo la novella operata dalla L. n. 350/2003 (art. 3 comma 147), in forza dell’art. 19, comma 4, D.Lgs. n. 165/2001 "gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale" possono essere conferiti "con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6" del medesimo articolo "in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione", laddove la precedente disciplina prevedeva la misura massima del 50%.
Per cui la difesa sostiene la legittimità della disposizione di cui all’art. 2 del nuovo Regolamento interno "per il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a tempo determinato" adottato con la deliberazione C.d.A. del 30 marzo 2004. Tale nuova disciplina, infatti, fissa "nel limite del 60% dei posti previsti in organico per la direzione di uffici dirigenziali", la misura massima degli incarichi dirigenziali a tempo determinato conferibili a soggetti in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal predetto art. 19.
Questa tesi è infondata perché l’art. 19 quarto comma, del Decreto legislativo 165/01, disciplina la quota degli incarichi di dirigente generale, che è figura diversa dagli incarichi di dirigenti a tempo determinato trattati in questo giudizio e disciplinata esclusivamente dal sesto comma dell’art. 19, del decreto legislativo 165/01.
Ai sensi dell’art. 27 del Decreto legislativo 165/01 le norme in esso contenute, compreso l’articolo 19, costituiscono norme di principio che gli Atenei devono osservare sia nell’esercizio del potere regolamentare che nella applicazione concreta delle norme regolamentari come l’art. 10.
Le Pubbliche Amministrazioni - comprese le Università ai sensi dell’articolo 1 del Decreto legislativo 29/93 - devono avere una dirigenza costituita, in parte prevalente, da dirigenti di ruolo.
Ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
"6. Gli incarichi (dirigenziali) di cui ai commi precedenti possono essere conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del 5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, o provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio".
L’articolo 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993, poi sostituito dall’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, deve essere applicato alla luce dei principi ermeneutici affermati dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e da quella della Corte dei conti.
La Sezione centrale di controllo della Corte dei conti, I Collegio, nell’adunanza del 18 gennaio 2001, con delibera n. 7/01/p si è pronunciata nel senso della estensibilità dell’incarico affidato ai sensi delI’art. 19, comma 6, del D.Lvo 29/93, in favore di personale che abbia acquisito particolare e comprovata qualificazione professionale nell’ambito dell’Amministrazione, oltre che al suo esterno, non sussistendo ragioni di limitazione in mancanza di una esplicita preclusione da parte della legge.
Ma con tale pronuncia è stato posto il principio che l’attribuzione di incarico dirigenziale, con la particolare procedura all’esame della chiamata diretta entro il 5% dei dirigenti di seconda fascia del ruolo unico - sia assentibile in favore dei funzionari interni, purché abbiano i requisiti di servizio per l’accesso alla dirigenza, come disciplinati dall’art. 28 del D.L.vo 29/93 e successive integrazioni.
La Sezione centrale del controllo di legittimità della Corte dei conti, in adunanza congiunta, del 3 maggio 2001, con delibera n. 22/01/P, osserva che il comma 6 dell’art. 19 del D.Lvo 29/93 "individua tre categorie di destinatari: la prima è costituita da "persone di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali"; la seconda "o che abbiano conseguito particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica, desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro"; la terza "o provenienti settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori di Stato".
Pertanto la Corte individua la ratio della norma nella finalità di realizzare un arricchimento delle professionalità operanti nell’ambito della pubblica amministrazione attraverso l’utilizzazione in funzioni dirigenziali - anche in aggiunta alle selezioni concorsuali - di personale dotato di spiccatissime doti di professionalità.
Ciò al fine di realizzare una proficua sinergia con l’area della dirigenza del settore pubblico o privato, del mondo universitario, scientifico, della ricerca, nonché delle magistrature e dell’Avvocatura
dello Stato.
Viene dunque in evidenza - quali che siano le fonti della provvista - il connotato che le accomuna consistente nella "eccellenza" culturale, dei soggetti destinatari della norma"
.
In un passaggio successivo della delibera si osserva "che la locuzione letterale dell’inciso normativo "concrete esperienze di lavoro" è da correlarsi, su una scala di valori, alla locuzione "pubblicazioni scientifiche", costituendo un "unicum" letterale; "unicum" a sua volta equiparato alla ipotesi della formazione universitaria e postuniversitaria. … la "ratio" del legislatore … privilegia la regola della particolare specializzazione professionale ( 1^ ipotesi), culturale e scientifica (2^ ipotesi) o della provenienza dai settori della ricerca, dell ‘Università, delle Magistrature e dell’Avvocatura dello Stato (3^ ipotesi).
Questo orientamento interpretativo è stato ribadito e confermato in successive delibere della Sezione controllo della Corte: n. 30 del 26 luglio 2001, n. 31 del 10 settembre 2001, n. 16 del 24 luglio 2002, n. 3 del 9 gennaio 2003; n. 7 del 16 aprile 2003, adottate in vigenza dell’art. 19, comma sesto, del decreto legislativo 165/2001, anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 3 della legge n. 145/2002.
Questa norma prevede uno speciale sistema di attribuzione delle qualifiche dirigenziali alternativo rispetto al sistema ordinario, che tuttavia deve rispettare rigorosamente in quanto eccezionale sia il contingente che i criteri discrezionali di valutazione sulla professionalità dei dipendenti, fatto salvo comunque il possesso del diploma di laurea, atteso anche il richiamo alla formazione universitaria e post-universitaria equivalente a quello fatto dall’art. 28 dello stesso decreto legislativo n. 165-2001 al diploma di laurea.
La Sezione controllo Stato, nella delibera n. 3 del 9 gennaio 2003, osserva che: "il criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare l’immissione nell’esercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali.
Per cui da "una lettura sistematica dell‘art. 19, c. 6, (consegue) che la facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica";
"Ne discende che, ferma rimanendo l‘esigenza dell’accertamento di un livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di quelle previste nel nuovo compito".
In sintesi un adeguato titolo di studio e la necessaria specializzazione professionale oltre che scientifica, richiesti dall’art. 19, comma 6, sono stati ritenuti, pacificamente e costantemente dal gennaio 2001, requisiti indefettibili per la nomina a dirigente a tempo determinato.
L’articolo 97 della Costituzione prevede, con riguardo all’organizzazione degli uffici pubblici, la riserva di legge.
"I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge
".
Salvo diversa previsione di legge, non c’è la possibilità di derogare ad una legge esercitando la potestà regolamentare.
Secondo la sentenza n. 407 del 3 novembre 2005 la selezione concorsuale non può essere sostituita con le valutazioni sulla professionalità dei dipendenti.
L’accesso alla dirigenza anche ai non laureati è ammesso solo con il vaglio del pubblico concorso.
Il Consiglio di Stato, con parere del 27 febbraio 2003 ha affermato che, mediante l’accesso di interni alla dirigenza, non deve essere eluso, mediante promozioni di fatto, il rispetto del princìpio generale che richiede il pubblico concorso per l’accesso alla qualifica di dirigente.
Le percentuali del dieci per cento e dell'otto per cento rispettivamente della dotazione organica dei dirigenti di prima e di seconda fascia, entro cui possono essere conferiti incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni all'amministrazione, non sono suscettibili di deroga o di arrotondamento all'unità da parte delle amministrazioni o degli enti il cui organico di dirigenti è così ridotto che l'applicazione delle menzionate percentuali del dieci per cento e dell'otto per cento non consente di raggiungere l'unità; nè è possibile un arrotondamento per eccesso all'unità, nel caso in cui l'applicazione delle predette percentuali dia come risultato un numero superiore a 0.50. Cons. Stato comm. spec. , 27 febbraio 2003, n. 514
Gli incarichi dirigenziali che, nelle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici, è consentito conferire ad esperti esterni muniti di "particolare e comprovata qualificazione professionale" ovvero di "particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica", desumibile anche da esperienze di lavoro maturate presso amministrazioni statali, non possono essere attribuiti a dipendenti della stessa amministrazione che conferisce l'incarico. Cons. Stato comm. spec. , 27 febbraio 2003, n. 514
Negli enti pubblici diversi dallo Stato, il conferimento a soggetti esterni di incarichi dirigenziali è subordinato all'approvazione, da parte di ciascun ente, di un apposito regolamento di organizzazione che adegui l'ordinamento dell'ente alle disposizioni in materia di dirigenza contenute nel capo II d.lg. 30 marzo 2001 n. 165. Cons. Stato comm. spec. , 27 febbraio 2003, n. 514
Il giudice contabile non può sostituire le proprie valutazioni alle scelte di merito fatte dagli organi della pubblica amministrazione, allo scopo di tutelarne l’autonomia, ma può verificare se l’esercizio del potere discrezionale sia avvenuto o meno nel rispetto dei limiti posti dall’ordinamento giuridico ai fini della valutazione dell’antigiuridicità dei comportamenti degli amministratori.
Al riguardo, non giova alla difesa invocare il principio della insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali di cui all’art. 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (come modificato dall’art. art. 2 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, conv. in legge 20 dicembre 1996, n. 639), in quanto il potere di scelta (o discrezionale, come dir si voglia), per sua natura, è esercitabile soltanto in presenza di una pluralità di soluzioni alternative tutte ugualmente consentite dalla legge e, quindi, lecite. Ciò vale a dire che il soggetto dotato di potestà pubbliche (ente centrale o locale) non è facoltizzato ad optare per una soluzione vietata dalla legge com’è, appunto, l’assunzione di un’unità di personale in difetto dei requisiti di professionalità richiesti dalle norme vigenti.
Pertanto il Collegio condivide i rilievi di illogicità ed irrazionalità delle scelte e violazione dei fini di economicità e di buona amministrazione, mossi dalla Procura ai comportamenti tenuti dal Consiglio di Amministrazione nell’assegnazione degli incarichi dirigenziali a tempo determinato, sia quelli attribuiti a personale dipendente con qualifica inferiore, in sei casi privo del diploma di laurea, sia l’affidamento dei quattro incarichi, in violazione del limite del 50% dell’articolo 10 del Regolamento sulla dirigenza.
Nello specifico caso si tratta, in relazione alla prima voce di danno contestata dalla Procura (€.715.197,41), dei 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati in violazione del limite numerico del 50% posto dall’art. 10 del Regolamento di organizzazione dell’Università, nelle sedute rispettivamente, del 29 ottobre 2002 all’Ing. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. B. del 30 settembre 2003 al dott. A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C. P.I; in relazione alla seconda voce di danno contestata dalla Procura (€.572.820,18), dei 6 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati a funzionari privi del diploma di laurea e provenienti dai ruoli interni con qualifiche inferiori, nella seduta del 21 marzo 2000 ai signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G., nella seduta del 29 ottobre 2002 ai signori 5- P. e 6- L..
Il Collegio ritiene che entrambi i comportamenti dei due direttori amministrativi siano qualificabili in termini di colpa grave ciascuno per la parte di sua competenza in considerazione dei periodi in cui ricoprivano tale incarico: Z. per gli incarichi dirigenziali conferiti nelle sedute del C.d.A. del 21.3.2000 e del 29.10.2002 per un totale di €.917.277,99 (€.572.820,18 seconda voce di danno + quota della prima €.344.457,81 per P.); M. per quelli conferiti nelle sedute del C.d.A. del 27 maggio 2003 (M. per €.216.434,70), del 30 settembre 2003 (per B. €.132.696,55) e del 28 settembre 2004 (€.21.608,35) per un totale di €.370.739,60 quota residua della prima voce di danno.
In ordine alla specifica eccezione di prescrizione formulata dalla difesa di Zanello, in linea con la giurisprudenza consolidata della Corte dei conti, si ritiene che l’invito a controdedurre è capace di interrompere la prescrizione, per cui sono interamente prescritti solo i danni conseguenti alle retribuzioni pagate ai dirigenti fino al giorno 13 giugno 2001.
Il termine quinquennale di prescrizione può essere interrotto - come nel caso di specie - attraverso la notifica alle parti convenute dell’invito a dedurre, formulato con tutti gli elementi richiesti dagli art. 1219 e 2943 c.c., con effetto interruttivo della prescrizione (Corte Conti , sez. riun., 27 gennaio 2004, n. 1/Q); a tal fine è sufficiente che esso contenga l'inequivocabile volontà di far valere nei confronti del convenuto il diritto al risarcimento del danno conseguente alle violazioni ipotizzate (Corte Conti , sez. II, 13 giugno 2005, n. 214; Corte Conti , sez. III, 12 luglio 2004, n. 388/A).
Pertanto il danno derivato dagli incarichi conferiti nella seduta del 21 marzo 2000 ai signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G. deve essere decurtato di quanto indebitamente corrisposto nel 2000 e metà nel 2001, e più precisamente, facendo riferimento ai dati forniti dal Politecnico nella nota del 25-5-2006 firmata dal Dirigente dell’Area Legale:
1- O., (€.60.683,70 - €.55.102,10) €.5.581,60 + (95.751,83 - 72.682,46 = 23.069,37 / 2 = 11.534,68) €.11.534,68 per un totale di €.17.116,28;
2- C., (€.64.557,08 - €.60.574,35) €.3.982,73 + (103.315,87 - 73.948,50 = 29.367,37 / 2 = 14.683,68) €.14.683,68 per un totale di €.18.666,41;
3- L., (€.60.683,70 - €.57.672,65) €.3.001,05 + (95.751,83 - 76.277,63 = 19.474,20 / 2 = 9.737,10) €.9.737,10 per un totale di €.12.738,15;
4- C. G., (€.64.557,08 - €.60.860,32) €.3.696,76 + (103.315,87 - 74.329,79 = 28.986,08 / 2 = 14.493,04) €.14.493,04 per un totale di €.18.189,80;
per un totale complessivo di €.66.710,64#, corrispondente alla quota prescritta di danno imputabile al Dr. Z..
Entrambi i direttori amministrativi avevano la competenza professionale e funzionale per approfondire la interpretazione giurisprudenziale, chiara ed in equivoca di cui si è già dato conto innanzi, delle norme applicabili al caso di specie, e metterla a disposizione del Consiglio di Amministrazione come dato istruttorio imprescindibile ai fini della eventuale adozione delle delibere di conferimento degli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
Gli altri membri, a vario titolo, dell’organo collegiale in questione avevano buoni motivi per fare un ragionevole affidamento sulla legittimità delle rispettive delibere che venivano proposte, atteso che il direttore amministrativo non ha segnalato alcun limite od ostacolo normativo al conferimento degli incarichi di cui trattasi.
Entrambi i direttori amministrativi avevano il dovere di agire secondo la migliore scienza ed esperienza, quindi alla luce della interpretazione giurisprudenziale sopra riportata dell’articolo 19, comma 6, del D. Leg.vo n. 29 del 1993, poi sostituito dall’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovevano esprimere parere e voto negativo al conferimento degli incarichi dirigenziali contestati con l’atto di citazione.
La semplicità della materia e l’univocità degli orientamenti interpretativi, costanti nel tempo, in ordine al conferimento degli incarichi è prova evidente della colpa grave nel comportamento tenuto dai convenuti direttori amministrativi del Politecnico di omissis.
I due dirigenti non si sono dovuti confrontare con un complesso di norme intricate e contraddittorie e mutanti nel tempo, al contrario dovevano applicare pedissequamente la stessa norma chiara ed inequivoca e costante nel tempo alla luce dei principi ermeneutici sopra evidenziati, facilmente reperibili in qualsiasi raccolta giurisprudenziale della materia, che dovevano conoscere ed utilizzare dandone specificamente conto e soprattutto spiegando le ragioni della loro adesione ad un orientamento interpretativo diametralmente opposto.
La importanza dell’oggetto delle delibere imponeva particolare cura e perizia nell’analisi della normativa di principio e di quella primaria e secondaria che regola gli incarichi dirigenziali a tempo determinato al fine di porre l’organo collegiale deputato alla adozione delle delibere in condizione di fare una scelta informata e consapevole della disciplina di riferimento.
Pertanto il comportamento gravemente colposo dei due direttori amministrativi ha tratto in errore anche gli altri membri del Consiglio di Amministrazione che non sono stati minimamente avvertiti con adeguata relazione dei limiti legali alle scelte organizzative che venivano proposte.
Ciò implica una diversa misura di responsabilità dei membri dell’organo collegiale in funzione dei particolari doveri istruttori incombenti al direttore amministrativo, chiaramente delineati nella disciplina di questa figura dirigenziale
Il direttore amministrativo è la massima carica dirigenziale nell’ambito dell’amministrazione universitaria, per cui ha la massima responsabilità nell’esercizio dei suoi poteri organizzativi e gestionali.
Il ruolo e i compiti del direttore amministrativo sono peculiari e trovano la loro disciplina in disposizioni normative diverse da quelle che regolano gli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
Il direttore amministrativo è figura istituzionale obbligatoria con compiti di particolare rilievo: fa parte del Senato accademico (art. 9 R.D. n.1592/1933 e art.3 parte II dello Statuto di Ateneo), del Consiglio di amministrazione 10 R.D. n.1592/1933, art. 4 parte II dello Statuto di Ateneo), all’interno dei quali svolge anche la funzione di segretario (artt.9 e 10 R.D. n.1592/1933 e artt.3 e 4 dello Statuto di Ateneo), presiede il Collegio dei dirigenti (art. 1 parte III dello Statuto di Ateneo).
Ai sensi dell’art. 139, co. 1. R.D. 31 agosto 1933, n. 1592 e art. 1 parte III dello Statuto di Ateneo: "Il direttore amministrativo sovraintende, in conformità alle disposizioni del rettore o direttore e delle autorità accademiche, a tutti i servizi amministrativi ed è responsabile dell'osservanza delle norme legislative e regolamentari."
La responsabilità sancita da questa norma impone una diversa valutazione della posizione dei due direttori amministrativi rispetto a quella di tutti gli altri membri del Consiglio di Amministrazione del Politecnico coinvolti in questo giudizio.
La condotta dei direttori amministrativi ha escluso la colpa grave dei membri del Consiglio di Amministrazione.
Per cui non si applica l’art. 24 del d.P.R. n. 3 del 1957 che prevede la solidarietà passiva sul presupposto che sussista la responsabilità dei membri del collegio deliberante.
Ai sensi dell’art. 24, del T.U. imp. civ. Stato, approvato con d.p.r. n. 3/1957: "(Responsabilità degli organi collegiali):
"Quando la violazione del diritto sia derivata da atti od operazioni di collegi amministrativi deliberanti, sono responsabili, in solido, il presidente ed i membri del collegio che hanno partecipato all'atto od all'operazione. La responsabilità è esclusa per coloro che abbiano fatto constatare nel verbale il proprio dissenso".
Nel caso di specie il comportamento dei direttori amministrativi, qualificato nei termini sopra esposti, ha impedito agli altri membri del Consiglio di Amministrazione una adeguata conoscenza della legalità degli incarichi che si proponeva di conferire in ragione dell’affidamento di legittimità ingenerato dai responsabili dell'osservanza delle norme legislative e regolamentari.
In ragione delle osservazioni che precedono il Collegio ritiene che la condotta degli altri convenuti, ad esclusione dei due direttori amministrativi, che hanno partecipato con espressione di voto favorevole alle delibere in contestazione, non è qualificabile in termini di colpa grave, per cui devono essere assolti.
Anche nella ipotesi che gli incarichi dirigenziali in questione siano illeciti e dannosi, secondo la difesa, non si potrebbe prescindere dal considerarne l’utilità.
La tesi della Procura e’ invece che la nomina dei dirigenti, oltre che illegittima, e’ pletorica, ridondante ed inutile, per cui non è dimostrato il vantaggio comunque conseguito.
L'onere probatorio circa la sussistenza di "vantaggi" comunque conseguiti dall'amministrazione a fronte di un patito danno erariale, grava sulla parte che intende far valere la prospettata "utilitas" (C.Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 03 luglio 2003, n. 819).
Nel giudizio amministrativo-contabile la possibilità di tener conto dei vantaggi conseguiti non attiene alla qualificazione della condotta, ma alla individuazione della causa dei dedotti vantaggi, che deve identificarsi - per poterne tenere conto - con la causa del danno (Corte Conti , sez. II, 12 febbraio 2003, n. 44).
Nel giudizio di responsabilità, perché si possa tener conto dei vantaggi comunque conseguiti in relazione alla vicenda posta a giudizio, deve essere data compiuta prova, da chi li allega a proprio favore, della sussistenza e dell'entità degli stessi (C.Conti reg. Emilia Romagna, sez. giurisd., 29 gennaio 2002, n. 284).
Ai sensi dell’art. 1, col-bis., della 1. 20/1994, "Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità".
Il Collegio ritiene che la diversità di qualifica con cui sono stati utilizzati gli stessi funzionari che prima svolgevano mansioni simili, ovvero l’eccessivo numero di aree dirigenziali affidate con gli incarichi dirigenziali contestati non abbia apportato alcun effettivo vantaggio alla organizzazione funzionale dell’Ente, aggravando solamente gli oneri retributivi delle prestazioni professionali che già erano fornite in precedenza con riguardo ai funzionari promossi dirigenti, ovvero che andavano oltre le necessità organizzative dell’Ente, per i dirigenti nominati oltre il limite numerico consentito.
La funzione dirigenziale richiede determinate competenze professionali, acquisite ed accertate a seguito di lunghi e complessi percorsi formativi universitari (disciplinati da un ordinamento apposito che ne garantisce rigore, efficienza ed imparzialità), per cui può essere svolta adeguatamente solo da persone che abbiano acquisito tali competenze.
Un funzionario che non conosce il diritto pubblico, il diritto amministrativo o il diritto privato, non può assicurare adeguati standard qualitativi nell’attività organizzativa e gestionale, di studio o consulenza, o in quella volta ad assicurare il rispetto della legalità nell’azione amministrativa.
Le competenze e le capacità professionali di un diplomato non sono ovviamente equivalenti a quelle di un laureato.
L’idoneità tecnica all’impiego garantita da un regolare processo formativo certificato, per legge, da un apposito titolo di studio: la laurea, non può essere sostituita da un particolare curriculum professionale di un funzionario diplomato.
Pertanto l’illecito conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti sprovvisti dei necessari requisiti professionali previsti per legge a garanzia della loro idoneità allo svolgimento della funzione costituisce danno erariale.
Nessuna utilità a favore dell’Ente danneggiato si può riconoscere alle prestazioni rese da soggetti privi della necessaria qualificazione professionale, ma retribuiti illecitamente come dirigenti.
Non si tratta di esercizio di funzioni dirigenziali, ma di idoneità al loro esercizio, e di livello di qualità preteso dalla legge attraverso i requisiti richiesti, e obliterato con il conferimento degli incarichi contestati.
Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale ribadito nella sentenza n. 363 del 2006 "Il concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito - costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Esso è posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa. Le eccezioni a tale regola consentite dall’art. 97 Cost., purché disposte con legge, debbono rispondere a "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico" (sentenza n. 81 del 2006). Altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie più o meno ampie di persone (sentenza n. 205 del 2006). Perché sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost., l’area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso".
L’osservanza di tale principio va garantita non solo nei casi di accesso dall’esterno al pubblico impiego, ma altresì nel caso di passaggio a funzioni superiori (v., ex multis, sentenza n. 465 del 2005; sentenza n. 218 e 194 del 2002)..
L’imprescindibilità del possesso del diploma di laurea è espressione diretta del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), mentre ammettere per l’esercizio delle funzioni apicali dell’ente soggetti con requisiti culturali (diploma di scuola secondaria) addirittura inferiori a quelli di regola richiesti (diploma di laurea) per lo svolgimento delle funzioni riferibili alla VII ed VIII qualifica funzionale, è prova evidente non solo della illiceità e irragionevolezza della scelta ma anche della sua dannosità.
Nelle ipotesi in cui la norma consente l’assunzione di dirigenti a tempo determinato senza pubblico concorso, il rispetto dei requisiti di capacità e competenza professionale deve essere estremamente rigoroso in quanto viene a mancare lo strumento principale di selezione obiettiva dei migliori (il concorso), per cui è assolutamente imprescindibile per l’accesso alla funzione dirigenziale il possesso del requisito minimo del diploma di laurea.
Pertanto l'attività svolta dalle persone incaricate, e prive dei requisiti di idoneità prescritti dalla legge, è un danno per l’amministrazione, non potendo essere oggetto di positiva valutazione in termini di utilitas.
Il principio generale del necessario possesso del diploma di laurea, quale requisito minimo imprescindibile per lo svolgimento di funzioni dirigenziali, è diretto a garantire che tali funzioni siano svolte da personale tecnicamente preparato e qualificato, in possesso del diploma di laurea che garantisce una soglia minima di formazione culturale e professionale adeguata al tipo di funzione da svolgere.
L’attività resa in mancanza del prescritto titolo di studio è fonte di danno erariale.
Con la sentenza, in data 26/10/2001 n. 279, la Sezione III/A della Corte dei conti afferma che: "la giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’applicare il principio secondo cui l’erogazione di compensi in favore di soggetti che abbiano svolto l’attività senza il possesso del prescritto titolo di studio costituisce danno a carico del bilancio dell’Ente interessato, a nulla rilevando in contrario la circostanza che gli emolumenti percepiti abbiano corrisposto, come si assume nella fattispecie in giudizio, a prestazioni effettivamente svolte in quanto le stesse, non essendo espressione di capacità collegate al titolo di studio, non possono aver recato alcun vantaggio all’ente".
Il danno dunque consiste nello squilibrio tra gli emolumenti erogati e la minore capacità tecnico-professionale messa a disposizione dell’ente, rispetto a quella inderogabilmente richiesta dalla legge (ed alla quale i maggiori emolumenti sono indubbiamente ricollegati).
Il possesso di requisiti culturali e professionali si pone come necessaria premessa per l'utile svolgimento delle relative attività.
Pertanto l'assenza di titoli culturali e professionali preclude la possibilità di valutazione dell'utilità delle prestazioni svolte.
La Sezione giurisdizionale per la Toscana, con sentenza n. 542 del 26/09/2006 ribadisce che "… l'erogazione dei compensi in favore di soggetti che abbiano svolto l'attività senza il possesso del prescritto titolo di studio, costituisce danno a carico dell'ente interessato, a nulla rilevando la circostanza che agli emolumenti percepiti abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte, in quanto le stesse, non essendo espressione di capacità collegate al titolo di studio, non possono aver arrecato alcun vantaggio", e precisa che "in tema di personale è rimesso alla legge la determinazione delle condizioni per la sussistenza dell'equilibrio sinallagmatico delle prestazioni e per lo svolgimento di determinate attività".
Alle stesse conclusioni si deve pervenire per quegli incarichi dirigenziali che sono stati conferiti oltre il limite del 50% previsto dal regolamento organizzativo dell’Ente.
Tra gli incarichi dirigenziali conferiti, l’Accusa ha computato anche quello dei direttore amministrativo che, secondo la difesa, non può essere computato, perchè il ruolo e i compiti del direttore amministrativo sarebbero peculiari e non assimilabili a quelli dei dirigenti, tanto che trovano la loro disciplina in disposizioni normative diverse da quelle che regolano gli incarichi dirigenziali a tempo determinato.
La tesi della difesa è infondata perché la base di calcolo del 50% è il numero complessivo delle figure dirigenziali previste in organico a prescindere dalle forme di reclutamento (concorso o meno, di ruolo o a tempo determinato), considerato che la ratio ispiratrice dell’art. 19, comma 6, sia nella formula del 1993 che in quella del 2001, è il principio di prevalenza dei dirigenti di ruolo, per i quali sono previste specifiche procedure di reclutamento, rispetto a quelli a tempo determinato che costituiscono eccezione a detta regola che garantisce il buon andamento della organizzazione della pubblica dirigenza.
La violazione del numero massimo di dirigenti assunti con contratto a tempo determinato è riferita al periodo successivo al 1.1.2003. A partire da tale data, secondo la difesa, si possono individuare tre diversi periodi nei quali è variato il numero massimo di incarichi dirigenziali conferibili a tempo determinato, numero che risultava pari, rispettivamente, a:
a.- n. 12 unità nel periodo compreso tra il 1°.1.2003 (vigente la deliberazione C.d.A. del 29 ottobre 2002, concernente l’istituzione di 24 aree dirigenziali a fronte delle 21 precedenti) ed il 30 settembre 2003 (data della deliberazione C.d.A. relativa alla riorganizzazione della struttura amministrativa e all’istituzione di 27 aree dirigenziali a fronte delle 24 precedenti);
b.- n. 13,5 unità nel periodo compreso tra la predetta deliberazione C.d.A. del 30 settembre 2003 e la deliberazione C.d.A. del 30 marzo 2004 (concernente l’abrogazione del precedente Regolamento "per l’accesso alla qualifica di dirigente e per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato" e l’approvazione del nuovo Regolamento "per il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a tempo determinato");
c.- n. 16,2 unità, nel periodo successivo alla predetta deliberazione C.d.A. del 30 marzo 2004 in forza della quale, con l’approvazione del nuovo Regolamento "per l’accesso alla qualifica di dirigente e per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato", il numero massimo degli incarichi dirigenziali a tempo determinato, conferibili a soggetti in possesso delle specifiche qualità professionali richieste, è stata elevata al "60% dei posti previsti in organico per la direzione di uffici dirigenziali".
Con riferimento al periodo indicato alla lettera a (1°.1.2003/30.9.2003), il limite di 12 dirigenti a contratto a tempo determinato non fu superato in quanto ricoprirono siffatti ruoli di livello dirigenziale, i signori: 1) D. C., 2) L. C. G., 3) L. M. O., 4) G. S., 5) C. L., 6) F. P., 7) L. S., 8) M. R., 9) G. D. G., 10) R. L., 11) G. L. P., 12) V. L..
Con riferimento al periodo 30.9.2003/30.3.2004, il limite massimo per i dirigenti a contratto a tempo determinato fu invece superato in quanto ricoprirono siffatti ruoli di livello dirigenziale, i signori: 1) D. C., 2) L. C. G., 3) L. M. O., 4) G. S., 5) C. L., 6) F. P., 7) L. S., 8) M. R., 9) G. D. G., 10) R. L., 11) G. L. P., 12) V. L., 13) dal gennaio 2004, A. M.
 A tali 13 incarichi, si aggiunge l’incarico conferito al dott. L. B. a tempo parziale.
Con la deliberazione C.d.A. del 30.9.2003, dopo l’esposizione della proposta relativa alla riorganizzazione della struttura amministrativa da parte del Direttore amministrativo il Consiglio si è limitato a prenderne atto.
Il fatto che il Consiglio di amministrazione abbia preso "atto" non è equivalente ad una approvazione.
La presa d’atto è una dichiarazione di scienza che non ha natura di manifestazione di volontà decisionale, per cui non può essergli attribuito alcun valore provvedimentale.
Con la delibera del 30.9.2003 il Consiglio di amministrazione non ha ampliato la pianta organica dei dirigenti, ma ha solo preso conoscenza di un progetto ancora in divenire rappresentato da una semplice proposta avanzata dal direttore amministrativo, ma non approvata.
Pertanto l’incarico al dott. A. M. era privo del presupposto essenziale ossia la preventiva approvazione dell’incremento delle aree dirigenziali.
Con riferimento al periodo successivo al 30.3.2004, la misura massima degli incarichi dirigenziali a tempo determinato fu superata perché la delibera del 30 marzo 2004, non poteva elevare la quota degli incarichi conferibili a dirigenti a tempo determinato, in quanto non si può violare un principio sancito dal sistema delle norme primarie con la modifica di una norma regolamentare.
L’esercizio dell’autonomia regolamentare è lecito quando rispetta i principi a cui è vincolata, nello specifico il dettato dell’art. 27, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165:
"…le altre pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell'articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità….".
Pertanto la modifica della quota prevista nell’art. 2 del nuovo Regolamento per il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a tempo determinato dell’Ente costituisce una condotta illecita fonte di danno erariale, perché implica uno stravolgimento abusivo ed arbitrario di un principio cardine dell’equilibrio organizzativo della dirigenza.
In sintesi il superamento della quota del 50% del numero complessivo dei dirigenti in organico, a prescindere dalle varie modalità tutte illecite in cui è avvenuto, ha determinato un esubero di figure dirigenziali che dal 2000 al 2003 è passato da un fabbisogno reale di una sola unità ante febbraio 2000 ad un fabbisogno teorico addirittura di 24 unità, basato su una irrazionale e ingiustificata moltiplicazione esponenziale delle figure apicali che attingeva prevalentemente dall’organico già esistente dei funzionari, violando le ragioni tecniche ed organizzative che ispirano il sistema di reclutamento delle figure dirigenziali.
Se è plausibile che un solo dirigente nel 2000 era inadeguato alle crescenti esigenze organizzative dell’Ateneo in relazione allo sviluppo diversificato dell’offerta formativa dislocata anche in nuove sedi territoriali, è del tutto sproporzionato ed evidentemente inutile moltiplicare in 3 anni l’organico fino a 24 unità, per consentire la nomina di figure dirigenziali del tutto ingiustificate in termini di progressivo sviluppo del fabbisogno adeguato alle reali esigenze organizzative dell’Ente.
Quindi l’Ateneo non ha conseguito nessun reale vantaggio dagli esuberi di figure dirigenziali contestati.
Il Collegio non ravvisa valide ragioni per l’esercizio dell’invocato potere riduttivo del danno erariale sia nei confronti del Dr. Z. che del Dr. M..
Considerazione a parte meritano i membri del collegio dei revisori dei conti sulla cui posizione il Collegio conferma l’orientamento già espresso da questa Sezione con la sentenza n. 109 del 12 febbraio 2007.
I componenti del relativo Collegio dei revisori dei conti partecipano (senza diritto di voto) alle riunioni del consiglio di amministrazione, ma non alle decisioni ivi adottate, per cui a tale titolo non sussiste responsabilità amministrativa-contabile, considerato che la loro partecipazione è strumentale all’espletamento della loro funzione nel collegio medesimo.
Ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.L.vo 30 luglio 1999, n. 286, i revisori dei conti controllano la regolarità amministrativa e contabile dell’ente, per garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa secondo i principi della revisione aziendale asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nel settore.
Il compito principale dell'organo di revisione è la vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell’ente relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità. A tale attività se ne aggiungono altre di tipo diverso (tra cui i pareri sulla proposta di bilancio di previsione, le verifiche di cassa, le relazioni sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione, il referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali in caso di ipotesi di responsabilità).
Il controllo sulla legittimità delle delibere consiliari non è funzione essenziale necessaria dei revisori, ma accidentale, che si rende obbligatoria quando, nell’esercizio del controllo contabile - anche attraverso indagini a campione - emergano irregolarità tali da tendere doveroso il controllo di legalità dei singoli provvedimenti.
Il grado di colpa connesso all’eventuale omissione di tale doverosa vigilanza deve essere adeguato al grado di difficoltà dell’accertamento (Corte conti , sez. I, 13 febbraio 2003, n. 64/A).
Nel caso di specie, il controllo di legittimità degli incarichi dirigenziali a tempo determinato spettava in prima istanza al direttore amministrativo che ha partecipato alle delibere contestate, l’inottemperenza a tale compito, per le modalità di cui si è già trattato, ha generato anche nei revisori un ragionevole affidamento sulla legittimità delle delibere adottate.
Dall’esame degli atti e dalle deduzioni delle difese non emergono circostanze particolari tali da giustificare l’esercizio suppletivo del dovere controllo sulla legittimità delle delibere adottate.
I profili di illegittimità delle delibere contestate non erano riscontrabili con il mero esercizio delle funzioni istituzionali dei revisori contabili, l’omissione di tale controllo, seppur colposa, non può ritenersi tale da raggiungere quel grado di gravità idoneo a far sorgere la responsabilità contabile.
Per cui il Collegio non ravvisa nella condotta dei revisori contabili il requisito della colpa grave.
Le altre eccezioni e deduzioni svolte dalle difese dei convenuti non esaminate ex professo sono da ritenersi assorbite dalla trama argomentativa della motivazione della presente decisione.
La Procura ha quantificato il danno arrecato alla Politecnico di omissis, nella somma di Euro €.1.288.017,59# quale risultante della somma di due voci di danno.
La prima voce di danno quantificata in €.715.197,41# è relativa ai 4 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati nelle sedute rispettivamente, del 29 ottobre 2002 all’Ing. F. P., del 27 maggio 2003 al dott. L. B., del 30 settembre 2003 al dott. A. M. e, successivamente, in quella del 28 settembre 2004 alla dottoressa C. P..
La seconda voce di danno quantificata in €.572.820,18 è relativa ai 6 incarichi dirigenziali a tempo determinato, affidati nella seduta del 21 marzo 2000 ai signori 1- O., 2- C., 3- L., 4- C. G., nella seduta del 29 ottobre 2002 ai signori 5- P. e 6- L..
Il Collegio alla luce delle responsabilità sopra individuate ha così ripartito il danno a carico dei due direttori amministrativi:
Z. per gli incarichi dirigenziali conferiti nelle sedute del C.d.A. del 21.3.2000 e del 29.10.2002 per un totale di €.917.277,99 (€.572.820,18 seconda voce di danno + quota della prima €.344.457,81 per P.);
M. per quelli conferiti nelle sedute del C.d.A. del 27 maggio 2003 (M. per €.216.434,70), del 30 settembre 2003 (per B. €.132.696,55) e del 28 settembre 2004 (€.21.608,35) per un totale di €.370.739,60 quota residua della prima voce di danno.
Pertanto il convenuto P. Z. deve essere condannato al pagamento della somma di Euro 850.567,35# (€.917.277,99 - €.66.710,64 quota danno prescritto), quale danno patrimoniale diretto, oltre rivalutazione monetaria da computarsi dalla data dei singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis per le retribuzioni indebite, fino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo.
Mentre il convenuto G. M. deve essere condannato al pagamento della somma di Euro €.370.739,60#, quale danno patrimoniale diretto, oltre rivalutazione monetaria da computarsi dalla data dei singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis per le retribuzioni indebite, fino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo.
Per questi due convenuti la condanna alle spese segue la soccombenza.
In ordine alla posizione del convenuto G. B. deve dichiararsi l’estinzione del giudizio per morte.
Atteso il principio della non trasmissibilità "mortis causa" della responsabilità amministrativa - salvo il caso di indebito arricchimento - l'erede non è legittimato a riassumere il giudizio interrotto per morte del suo dante causa e, pertanto, il giudizio va dichiarato estinto (Corte Conti , sez. riun., 21 ottobre 1997, n. 74/A)
Tutti gli altri convenuti devono essere assolti.
Per il regolamento delle spese, deve farsi applicazione del combinato disposto di cui all'art. 10 bis comma 10 del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito nella legge 2 dicembre 2005 n. 248: "le disposizioni dell'art. 3 comma 2 bis del D.L. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639 e dell'art. 18 comma 1 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67, convertito dalla legge 23 marzo 1997 n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all'art. 91 del c.p.c., liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto….", con l'art. 3 comma 2 bis del D.L. 543/1996, secondo il quale le spese legali sono a carico dell'amministrazione di appartenenza applicabile ai giudizi in corso, in quanto disposizione processuale. Peraltro questo giudice deve provvedere d'ufficio (Cass., 9 febbraio 2000 n. 1440) sulla base degli atti di causa, non essendo stata depositata l'apposita nota di cui all'art. 75 disp.att. c.p.c., a liquidare onorari e diritti come per legge spettanti alla difesa della convenuta prosciolta nel merito, in conformità norme ed alle tabelle A (tavola V^) e B della vigente tariffa approvata con D.M. 8 aprile 2004 n. 127, applicando per quanto riguarda il valore della causa, gli artt. 10 e 11 c.p.c..
Tenuto conto della natura, dell'oggetto, della difficoltà della causa e della difesa svolta da ciascun difensore per più di una parte, ritiene il Collegio che dette competenze possano essere liquidate al minimo tariffario previsto dalle tabelle, maggiorato in funzione del numero dei convenuti difeso da ciascun difensore ai sensi dell’art. 5, comma 4, della Tariffa vigente, non presentando la causa questioni di particolare complessità giuridica o problemi di particolare difficoltà processuale, mentre devono essere altresì liquidate le "spese generali" nella misura del 12,5% sull'importo degli onorari e dei diritti ripetibili di cui all'art. 14 del citato D.M..

 P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, definitivamente pronunciando:
condanna P. Z., al pagamento in favore del Politecnico di omissis  della somma Euro 850.567,35# (ottocentocinquantamila cinquecentosessantasette/35), oltre rivalutazione monetaria da computarsi dalla data dei singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis  per le retribuzioni indebite, fino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo;
condanna G.M., al pagamento in favore del Politecnico di omissis della somma Euro 370.739,60# (trecentosettamilasettecentotrentanove/35), oltre rivalutazione monetaria da computarsi dalla data dei singoli pagamenti, effettuati dal Politecnico di omissis   per le retribuzioni indebite, fino alla data di deposito della sentenza, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo effettivo;
assolve: A. D. M., M. C. T., A. B., G. B., F. P., V. L., M. P. P. in T., P. P., M. P., B. B., D. M., R. M., A. Z. R., M. F., D. M., G. A., R. P., A. C., L. M. V. C., M. G. M., dalla ipotesi di danno erariale contestata;
dichiara l’estinzione del giudizio nei confronti di G. B..
Le spese seguono la soccombenza relativamente Z. e M. e sono liquidate in euro_5.652,01#-
Liquida e pone a carico del Politecnico di omissis ai fini del rimborso previsto dall'art. 3 comma 2 bis del decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 543 convertito con legge 20 dicembre 1996 n. 639, la somma che detta amministrazione è tenuta a pagare per onorari e diritti di difesa:
al convenuto G. B., nella misura di euro 8.615,00 (di cui euro 7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14 del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
ai convenuti A. D. M. e M. C. T., nella misura di euro 8.615,00 + 20% (di cui euro 7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14 del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
ai convenuti L. M. V. C.,  C. e M. G. M., nella misura di euro 8.615,00 + 40% (di cui euro 7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14 del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
ai convenuti A. B., F. P., R. P., A. Z. R., M. F., V. L., P. P., M. P. P.  in T., M.  P., D. M., R. M., B. B. e D. M., nella misura di euro 8.615,00 + 240% (di cui euro 7.145,00 per onorari), oltre il 12,5% per le "spese generali" di cui all'art. 14 del D.M. 8 aprile 2004 n. 127;
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 29-11-2007.

IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Dott. Maurizio MASSA) (Dott. Giuseppe NICOLETTI)
 
Depositata in Segreteria 13 Mar. 2008
IL DIRIGENTE IN CASO DI DIFFUSIONE OMETTERE LE GENERALITA’
dott. Stefano Speranzoni E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI DELLE PARTI
IL PRESIDENTE
GIUSEPPE NICOLETTI

 

Università di Bologna: GOVERNANCE

Convegno di AGORA', CISL, CNU, SUN, UdB, USPUR
per la presentazione delle conclusioni dei lavori del  "Gruppo trasversale dei 30"
per la riforma della RIFORMA dello STATUTO GENERALE dell'Ateneo di Bologna,
a partire da una ipotesi iniziale di G. GHETTI e N. LUCIANI

 

  
PROGETTO  TECNICO-GIURIDICO   DI  RIFORMA
DELLA  GOVERNANCE  DELL'ATENEO  DI  BOLOGNA

Relatore prof. Giulio GHETTI
(Bologna, 25 feb. 2008)      

 
  


Giulio Ghetti

Avvertenza. I problemi di riforma dello Statuto dell’Università di Bologna sono molteplici e, per la loro diversità, richiedono un approccio largo, così da potere raccogliere le proposte di corrispondenti larghe e molteplici esperienze.
In questo documento si esamina solo il problema della riforma del sistema di governo, perchè è forse quello in maggior stato di sofferenza.
Alla base del progetto, di seguito illustrato, stanno alcuni presupposti, per la maggior parte di teoria generale, che è opportuno sintetizzare e da valere anche nel costruire ogni altra proposta di nuovo Statuto dell'Ateneo di Bologna.
Merita rimarcare che il progetto è stato sottoposto, sotto un profilo solo tecnico, alla critica di numerosi colleghi docenti e amministrativi già nel maggio-scorso u.s., subito dopo l’appello del Rettore, all’intero Ateneo, perché tutti dessero il loro contributo.
  Commissione nominata dal CdA e SENATO

  Nel frattempo, il Rettore ha messo, per il 10 marzo,   l'argomento della riforma all'ordine del giorno del Corpo costituente (CdA e Senato) il 10 marzo u.s., che ha nominato una Commissione,  composta da: Stefano Canestrari (Presidente), Giliberto Capano, Giuseppe Caia, Anna Minarini, Giovanni Longo, Piergiacomo Sibiano (studente), Davide Zannoni, Fabio Giusberti, Rafael Lozano.
   La Commissione dovrà riferire entro aprile, in modo che il Corpo costituente (tra l'altro, in scadenza il 31 ott.) possa decidere entro settembre.

A ragione, dunque, si può ben osservare che ciò è avvenuto largamente in anticipo rispetto alle scadenze elettorali di Ateneo, che sembrano, invece, influenzare le discussioni più recenti sulla riforma dello Statuto, basate su argomenti politici e perciò controvertibili.
Con particolare riferimento, poi, alle apprensioni avanzate da alcuni colleghi, relativamente all’allargamento dell’elettorato attivo (e specificamente del personale tecnico-amministrativo, per l’elezione del Rettore, in particolare per la possibilità di creare conflitti di interessi secondari pubblici e privati con l’interesse pubblico primario, ad es. ai fini della contrattazione salariale del personale medesimo), merita osservare che questa possibilità riguarda tutte le categorie rappresentate negli organi rappresentativi. Ma merita anche osservare che essa può trovare giusta armonizzazione se tutti gli interessi sono rappresentati e contemperati in modo adeguato, tranne in alcuni casi estremi, da regolare con specifica normativa. Ad es., si potrebbe vietare che le questioni di trattamento economico siano deliberate dagli Organi rappresentativi; o che una associazione, proprietaria di una cooperativa, che fornisca servizi all’Ateneo, possa presentare propri candidati al Consiglio di Amministrazione. Ciò viene ripreso nei presupposti al progetto.
Fatta questa avvertenza, sono qui di seguito illustrati i presupposti che, più nel dettaglio, reggono le progetto che viene subito di seguito. Segnaliamo l’ORGANIGRAMMA delle Istituzioni del governo dell’Ateneo, riassunto alla fine.

  SINTESI del progetto. L’ipotesi di base, per la seguente proposta, è partire da schemi collaudati dall’ordinamento giuridico per autonomie analoghe a quella dell’università italiana (come configurata dalla legge 168/1989 (legge Ruberti). Precisamente si fa riferimento ad un ordinamento centralizzato, che contenga elementi di flessibilità, così da ammettere al suo interno delle forme di autonomia decentrate. Per noi le unità decentrate sono quelle della Romagna.
Precisamente,, ferma la struttura centralizzata dell'Ateneo, si propone:
1- rimane l'elezione diretta del Rettore, ma per 5 anni e senza rieleggibilità:
2- è stabilizzato il Consiglio dei ProRettori, e tuttavia affidando a ognuno la responsabilità politica di un settore dell'amministrazione, sul modello degli assessori comunali. Si propone il riparto dell'amministrazione in 7 settori. E' abolita l'attuale Giunta;
3- in Senato il potere decisionale è ripartito per metà alle facoltà e per metà ai dipartimenti, ferma la presenza attuale degli studenti.;
4-  I membri del Consiglio di Amministrazione e del Senato sono eletti per liste concorrenti e sistema proporzionale corretto (esclusi i Presidi, che restano di diritto). Sono ammesse negli Organi solo le prime due liste, per ordine di voti riportati.
5- La Romagna può avere forme di autonomia per materia, con budget;
6- Il personale amm.vo ha riconosciuto l’elettorato attivo, pur se con "voto limitato", all'elezione del Rettore (il 10% è grosso modo la cifra "media", tra quelle degli atenei italiani);
7- Gli studenti conservano l’attuale presenza negli organi di governo.

                                                                              
Relazione del prof. Giulio GHETTI

Progetto di riforma della Governance
nello Statuto dell’Ateneo di Bologna e Sedi Decentrate


I - Presupposti del Progetto.

1. E' tipico del sistema italiano dell'istruzione, di ogni ordine e grado, considerare questo settore "sotto la mano pubblica" e, quindi soggetto a regolazione penetrante e vigilanza occhiuta. Le ragioni di ciò sono storiche, hanno fondamenti politici, tecnicamente quanto in esso viene fatto per i destinatari - in primis, per gli studenti - viene classificato nella categoria delle cosiddette "prestazioni amministrative rese ai privati" e non in quella dell'erogazione di un servizio pubblico.
Da questo primo presupposto derivano due conseguenze:
l'autonomia (sia quella normativa che quella organizzativa) è fortemente limitata, spesso quasi residuale rispetto alla disciplina legislativa e regolamentare;
proprio perché si ragiona in termini di prestazione amministrativa e non di erogazione di un servizio, i principi di efficienza (quanto a regole di governance e di decision making) sono poco o nulla tenuti in considerazione.

2. Non vi è reale autonomia laddove non vi è indipendenza finanziaria, e cioè l'avere fonti proprie di sostentamento.
Nel sistema italiano vige il principio di "finanza derivata" per tutti gli enti pubblici, anche per quelli politico-rappresentativi come sono gli enti locali territoriali quali i Comuni, le Province, le Regioni
Infatti, è lo Stato ad erogare la massima parte dei mezzi di sostentamento e per lo sviluppo.
Conclusione: l'autonomia universitaria risente anche - e pesantemente - di questo ulteriore limite.

3.- Conclusa l'esperienza dei Comuni medioevali che, con i loro Statuti, esprimevano la propria indipendenza e la propria libertà rispetto al potere imperiale centrale, nel sistema italiano (anche in quello successivo alla Costituzione repubblicana del 1948) il potere di "darsi uno statuto" è stato un potere concesso dal centro alla periferia: dunque un potere non originario, non proprio, ma bensì derivato e per ciò stesso limitato in varia misura qualitativa e quantitativa.
Il fatto è che il termine "statuto" ha un forte valore semantico, evocativo, e così siamo indotti a pensare che nel poter darsi uno statuto si sia nella stessa condizione di quei Comuni Città - Stato (e, spesso, neppure essi furono del tutto liberi rispetto al potere imperiale): finisce così che gli statuti vengono caricati di affermazioni e dichiarazioni di principio ripetitive di quanto è già detto - con valenza generale - in altri e ben più importanti atti fondamentali, a partire dalla Carta Costituzionale.

4.- Come in ogni altra amministrazione pubblica, anche in quella universitaria sono presenti interessi pubblici secondari dei quali sono titolari varie categorie (in particolare i docenti, i non docenti, gli enti locali politico-rappresentativi), nonché interessi privati secondari (in primo luogo, gli studenti). Si pongono quindi problemi di contemperamento di questi vari interessi secondari (pubblici e privati) con l'interesse pubblico primario, nonché tra questi stessi interessi.
Il settore "Istruzione" è, come in precedenza accennato, ritenuto tra quelli oggetto di prestazioni amministrative, e non di erogazione di servizi da parte dello Stato; inoltre è "a finanza derivata": ne consegue che anche in esso per il contemperamento degli interessi in gioco il solo criterio stabilito dal legislatore è quello della prevalenza dell'interesse pubblico primario, al quale tutti gli altri interessi - proprio perché secondari - possono essere sacrificati in varia misura, solitamente assai ampia.

5.- La scarsa o nulla attenzione alla efficienza, da un lato; il fatto che si opera in un sistema "a finanza derivata" e nel quale perciò vi è "spendita" di denaro pubblico, da altro lato; la compresenza di interessi secondari, pubblici e privati, di varie categorie, da altro lato ancora; sono tutti elementi che comportano:
che le regole di governance riguardano soprattutto la presenza in organi precostituiti anche nella loro composizione: vi è dunque una scarsa attenzione ai procedimenti decisionali;
che nelle scelte di composizione degli organi si tende ad adottare modelli e moduli sperimentati per comporre gli organi degli enti politico-rappresentativi. Certo, non tutte le categorie portatrici di interessi secondari hanno il suffragio universale (si pensi agli studenti e al personale tecnico-amministrativo); certo, i componenti di alcuni organi hanno provenienze diverse, e cioè fanno parte di quell'organo a motivo della carica che rivestono (carica che talora non è elettiva in primo grado e, qualche volta, neppure di secondo grado): comunque prevale l'utilizzo dei metodi consolidatisi nei sistemi a democrazia rappresentativa, con i difetti che essi comportano, quali la prevalenza di gruppi organizzati, la scarsa o nulla attenzione ai diritti delle minoranze, la pletoricità degli organi con conseguenti difficoltà nel decidere.

6.- Nelle amministrazioni pubbliche italiane da qualche tempo è attuato un principio che in altri ordinamenti è consolidato e scontato, quello della netta separazione tra governare e l'amministrazione.
Principio che si collega al regime delle responsabilità rispettive e delle connesse sanzioni, nonché ai diversi presupposti che presiedono alla nomina: competenze politiche per chi è eletto/chiamato a governare, competenze tecniche per chi deve attuare le scelte di governo.
Nel sistema universitario italiano questa netta separazione non è del tutto e concretamente attuata: si tratta, perciò, di realizzarla a partire proprio dallo statuto.

Se si accettano questi presupposti, la modifica dello statuto - di ogni statuto di ogni Università - deve mirare a raggiungere questi principali obiettivi, che elenco non in ordine di importanza

II - Obiettivi del progetto.
1. - Massima rappresentatività degli organi di governo
Si tratta di una esigenza che deriva non da principi di tutela sindacal-corporativa di ogni singola categoria che nell'Università opera, ma bensì di raggiungere, attraverso una composizione mista degli organi, quel contemperamento degli interessi secondari pubblici e privati in merito al quale il legislatore non fornisce precisi criteri di equilibrio.
In linguaggio tecnico si rende necessario raggiungere un coordinamento per il tramite delle persone chiamate a comporre gli organi di governo. Sotto diverso aspetto si realizza così anche quella universitas che dà il nome all'ente.

2 - Efficienza e trasparenza dei processi decisionali di governo, pur nella consapevolezza che il decision making degli organi di governo è fortemente condizionato dalla loro appartenenza alla categoria degli organi collegiali amministrativi, in quanto tali tenuti al rispetto dei principi generali dil diritto amministrativo che reggono il funzionamento di questa categoria. Il risultato ottimale che si può ottenere a livello di statuto è quello di limitare le loro competenze (e le connesse responsabilità) alle decisioni di maggior rilievo, quelle per così dire strategiche in quanto di portata generale.
L'esecuzione di queste decisioni e le altre attività di amministrazione spettano e devono invece rimanere nella competenza della struttura amministrativa.
Nonostante questa autolimitazione delle competenze va da sé che la pletoricità degli organi è di ostacolo all'efficienza e alla trasparenza del finanziamento di essi.

3 – No ad eccessi di regolamentazione. E' pacifico che in ogni pubblica amministrazione l'eccesso di regolamentazione porta ad una rapida sclerosi. Occorre perciò che lo statuto sia "snello" e limiti all'indispensabile il rinvio a successivi atti regolamentari, nella consapevolezza che questi regolamenti non sono fonti normative secondarie e, dunque, hanno effetti limitati al disciplinare procedure di routine e sono con ciò stesso inadatti ad operare in un sistema che è soggetto a continui mutamenti normativi.


III - IL PROGETTO
I punti fondamentali esaminati sono:
a) la struttura del governo rettorale: rettore e giunta;
b) il funzionamento e struttura degli organi collegiali deliberanti o di rappresentanza politica della comunità scientifica e degli studenti, e del personale tecnico-amministrativo;
c) il peso delle Facoltà rispetto a quello dei Dipartimenti;
d) il rapporto tra poteri politici dei professori e poteri di gestione dell’Amministrazione (con questo termine si intende il gruppo dei "top manager" o alti dirigenti).

1 - ESECUTIVO o governo rettorale centrale: rettore e consiglio dei pro rettori

a) Rettore
. Nel nostro statuto è configurato un rettore che (oltre alla Giunta), sia assistito da un insieme di Pro Rettori con competenze in qualche modo "sotto-definite" e talvolta conflittuali tra loro, accentra di fatto, su di sé, tutti i poteri politici. Ma, al tempo stesso, gli elettori hanno difficoltà a capire quanta azione, in complesso, egli riesca ad esercitare validamente e realmente, soprattutto per la vastità dei compiti dell’Ateneo, ma anche per il probabile deficit di competenze in materia amministrativa, per cui nascono dei vuoti riempiti impropriamente dall’Amministrazione.
C’è, poi, la circostanza che l’attuale istituto dei Pro-rettori è ai limiti della legalità, in quanto furono istituti nel 2001 da una norma transitoria, per una durata "sino alla ridefinizione dell’assetto organizzativo dell’Ateneo", attesa (in base agli impegni elettorali del rettore) all’interno del primo mandato, ma tuttora disattesa. Urge, dunque, legittimare stabilmente questo istituto
La soluzione di questi problemi richiede che il rettore abbia, di norma, funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo del Consiglio dei Pro Rettori, che lo coadiuva, nell’esercizio dei suoi compiti.
Può partecipare alle riunioni del Consiglio studentesco e del Consiglio di Amministrazione.
Il Rettore dura in carica 5 anni, e non è immediatamente rieleggibile. In caso di modifica della durata, la modifica si applica ai successori.
E’ ammessa la proposta della mozione di sfiducia in caso di attentato allo statuto, violazione del codice etico, inadempienza delle delibere degli organi collegiali.
Modalità di elezione
. Eletto direttamente dal corpo docente e (in limiti che non stravolgano la posizione tradizionale di preminenza del corpo docente) dagli studenti, e dal personale amministrativo, sulla base di un programma, comprensivo dell’intenzione di composizione del Consiglio dei ProRettori (vedi qui sotto), fatto salva la futura approvazione della sua composizione da parte del Consiglio di Amministrazione e del Senato.

b) Consiglio dei ProRettori . L’attuale Giunta non ha funzionato secondo le aspettative. Nel 2001 una "disposizione transitoria" dello Statuto ha istituito una seconda Giunta, diciamo una Giunta di fatto, composta dal Gruppo dei 5 Pro-Rettori, oltre il Vicario e il Direttore amministrativo.
Nell’attuale Statuto, la Giunta prevista dallo Statuto dev’essere composta da membri tra una rosa precostituita (ossia attinta dall’interno del CdA e del Senato). Invece il gruppo dei Pro-Rettori è composto da personalità di fiducia e competenza, scelte liberamente dal Rettore.
Dal punto di vista dell’efficienza del governo, si ritiene che il Consiglio dei Pro-Rettori sia altamente preferibile e andrebbe acquisita stabilmente. Invece l’attuale Giunta andrebbe abolita, anche per evitare di accavallare delle competenze identiche di più organi, e anche con troppe persone, come espressione dell’Esecutivo. Come già accennato, l’attuale assetto dei Pro-Rettori è insufficiente non solo sotto il profilo (accennato) della definizione delle responsabilità politiche, ma anche sotto il profilo dei poteri di indirizzo e controllo dell’Amministrazione. Pertanto essa va riconfigurata. Qui di seguito è proposta una soluzione, ripresa dall’ordinamento comunale (qui ci sono degli assessori per settori, con delega piena del sindaco), salvo per alcuni adattamenti. Precisamente:
Composizione: 7 Pro-Rettori (oltre il Vicario senza diritto di voto), nominati dal Rettore al di fuori del C.d.A. e del Senato, con delega rettorale a reggere un macro-settore, con potere di firma per quanto riguarda la responsabilità politica, in attuazione degli indirizzi delle decisioni del Consiglio dei Pro Rettori (vedi più avanti: amministrazione). Precisamente i membri dell’esecutivo hanno la responsabilità politica di un settore dell’Amministrazione, interfacciato da un Dirigente amministrativo del settore. Il numero dei settori è indicato nello Statuto.
In caso di necessità e urgenza il Consiglio dei Pro rettori, dovrebbe poter esercitare i poteri deliberanti del Consiglio di Amministrazione o del Senato, che sono convocati entro 7 giorni per la ratifica.
Il Consiglio dei Pro Rettori è presieduto dal Rettore.
I suoi membri possono partecipare alle riunioni del CdA, del Senato e del Consiglio studentesco.

c) Governi a livello decentrato (Romagna)

Le Sedi di Facoltà e di Dipartimento decentrate nel territorio, separate o accorpate in rispettivi Consigli di Polo (come attualmente), potrebbero avere anche forme di autonomia finanziaria per determinati compiti, per un budget conferito dall’Ateneo centrale su fondi propri o conferiti all’Ateneo da enti locali a destinazione vincolata per la Romagna.
Le Sedi di Cesena e Forlì potrebbero essere rette da un Pro-Rettore, designato dal Rettore tra i Presidi della Sede.
Queste Sedi, dotate di un budget, dovrebbero relazionare annualmente agli organi centrali sul rispettivo bilancio e sulle problematiche amministrative connesse.

2 - ORGANI COLLEGIALI DELIBERANTI. I problemi della rappresentanza politica della comunità scientifica e degli studenti e del personale tecnico e amministrativo.
Premessa. La fonte dell’autonomia universitaria è la legge 168/1989, art. 16. Essa definisce la rappresentatività del Consiglio di Amministrazione e del Senato nei seguenti esatti termini:
Il CdA dev’essere composto in modo che assicuri la "rappresentanza delle diverse componenti previste dalla normativa vigente";
Il Senato dev’essere composto in modo da essere "rappresentativo delle facoltà istituite nell'ateneo" e dei dipartimenti, pariteticamente;
Lo Statuto di Bologna dà anche una rappresentanza agli studenti e al personale tecnico-amministrativo.
Nell’esperienza fatta, il CdA e il Senato hanno potuto svolgere in modo molto limitato i loro compiti. Le ragioni fondamentali attengono alle difficoltà degli organi di esprimere una volontà. Ci sono poi altre ragioni, di origine esterna.
Le ragioni fondamentali per cui gli organi non hanno manifestato adeguatamente la loro volontà sta nell’estrema polverizzazione della rappresentanza. In altri termini, qui la polverizzazione è molto maggiore di quella che troviamo in parlamento, a causa dell’eccessivo numero dei partiti.
In CdA ci sono, per così dire, tanti partiti quante le persone perché, per la modalità stessa dell’avvenuta elezione, ogni membro è portato ad esprimere la propria opinione separatamente e direttamente, senza l’obbligo del confronto con gli altri colleghi. Mancando il voto concordato di più persone, le proposte non possono avere "valore politico". Ciò determina un Consiglio troppo debole rispetto all’Esecutivo, fino a esserne sottomesso (e questo, peraltro, in modo simile a quanto avviene – da parte del Governo - nei parlamenti, nei quali la rappresentanza sia molto frazionata).
Le ragioni di origine esterna del limitato potere degli Organi collegiali attengono alla volontà dell’alta burocrazia di perpetuare il vecchio potere burocratico, secondo la tradizione precedente all’autonomia universitaria, ossia quando essa era un organo decentrato del Ministero della Pubblica istruzione. Questo potere è fatto di "atti amministrativi interni", ma anche del potere di fare contratti con l’esterno, per forniture di servizi, e commissionare consulenze.
Le forme di manifestazione di detta volontà di potere burocratico sono riconducili a vere e proprie forme di ostruzione, come l’ingolfamento del numero delle pratiche sottoposte agli organi, da approvare per stanchezza in poche ore (vedi 300-400 delibere da prendere in mezza giornata, per un ordine del giorno comunicato solo 3-4 giorni prima della riunione), col vantaggio (per l’Amministrazione) di spostare tutta la responsabilità amministrativa, contabile e civile della decisione, dal dirigente all'organo politico; come la negazione (motivata da riservatezza) dell’accesso agli atti e ai documenti amministrativi degli Uffici dove acquisire le necessarie conoscenze dei problemi in esame; la negazione di un ufficio in sede, per l’esame delle pratiche.
Nell’Ateneo esistono conflitti di interessi (ad es. gruppi che fanno servizi a pagamento all’Ateneo e che sono rappresentati in Consiglio di Amministrazione.
Possibili soluzioni. In linea generale (oltre alla riforma dell’amministrazione, di cui si dirà più avanti), per generare la vitalità degli Organi rappresentativi, occorrerebbe:
1) realizzare le condizioni per una dialettica, al loro interno, così che ci sia una "maggioranza" e una "minoranza". A questo fine, è necessaria la modifica del sistema elettivo, che dovrebbe divenire per liste concorrenti.
2) Gli organi dovrebbero organizzarsi secondo un principio di specializzazione. Precisamente, essi dovrebbero sotto-organizzarsi in Commissioni per materia, e riservare all’Aula le questioni di interesse generale, e invece alle Commissioni le questioni pratiche e minute;
3) Per soddisfare a questi criteri, gli organi dovrebbero avere un numero di membri ampio (ma non pletorico) di componenti, e questo sia per permettere la sotto-organizzazione per il lavoro corrente, sia per la necessaria autorevolezza come "massa critica";
4) In Senato le rappresentanze rispettive delle facoltà e dei dipartimenti (questi ultimi ancora raggruppati tra le 6 aree, di cui allo Statuto) dovrebbero essere paritetiche e permettere un confronto diretto e adeguato per il riparto delle risorse.
Per applicare questi criteri, sono avanzate le seguenti soluzioni.

a) Consiglio di Amministrazione. Esso dovrebbe conservare, come da statuto attuale, i poteri deliberanti in materia di economia, finanza e di gestione. Non dovrebbero, invece, essere ammesse deleghe al Consiglio dei Pro rettori, salvo casi eccezionali con criteri direttivi definiti e a termine.
Composizione: 30 membri elettivi, di cui 9 professori ordinari, 8 professori associati, 7 ricercatori, 6 tecnico-amministrativi, il Presidente del Consiglio studentesco e altri 5 studenti nominati dal Consiglio studentesco, e il Direttore amministrativo con diritto di voto in materia di organizzazione, e contabilità e bilancio.
Possibilità di cooptare rappresentanti di enti pubblici e privati finanziatori. L’assemblea costituita dagli enti medesimi elegge, in totale, due rappresentanti comuni, con diritto di voto.
Il Presidente è eletto dal Consiglio, tra i propri membri eletti.
Il Consiglio si sotto-organizza in Commissioni per materia, con potere deliberante. In caso di richiesta di 1/3 dei suoi membri gli argomenti in discussione sono rimessi al Consiglio.
A ciascuna Commissione partecipa un Pro-Rettore. Il Presidente della Commissione è designato dal Presidente del Consiglio di Amministrazione.
La nomina a membro del Consiglio è incompatibile con altre cariche elettive, ad eccezione del Presidente del Consiglio studentesco;
I consiglieri hanno diritto di accesso agli atti dell’Amministrazione e non può essere opposto il segreto di ufficio, previa sottoscrizione di assunzione di responsabilità del richiedente, con indicazione degli estremi dell’atto visionato.
Modalità di elezione
: I membri sono eletti per liste concorrenti. Sono istituiti tanti collegi quante le categorie: collegi: tre per i docenti; uno per i tecnico-amministrativi.
Le liste, con un proprio programma, indicano i propri candidati per un numero non superiore a 9 professori ordinari, 8 professori associati, 7 ricercatori, 6 tecnico-amministrativi. Non è ammessa la presentazione di liste che non contengano tutte le categorie, proporzionalmente ai seggi spettanti.
I seggi sono attribuiti ad ogni lista in proporzione ai voti riportati e ripartiti al suo interno secondo l’ordine delle preferenze, separatamente per ognuna delle categorie votate. Partecipano al riparto solo le prime due liste, per numero di voti riportati. In caso di parità tra la seconda e la terza, si procede per sorteggio di una delle due. In caso di percentuali di voti, alla specifica categoria, costituita da decimali, il seggio relativo va assegnato alla lista in cui la categoria ha decimali per eccesso (ossia superiore a 0,5)
E’ ammesso un voto di preferenza.
La nomina a membro del Consiglio è incompatibile con altre cariche elettive, ad eccezione del Presidente del Consiglio studentesco.

b) Senato. Esso conserverebbe, come da statuto attuale, i poteri di deliberanti in materia di indirizzo, organizzazione e programmazione della didattica e la ricerca. Non dovrebbero essere ammesse deleghe, salvo in via eccezionale, con criteri definiti e a termine.
Composizione: 46 membri, di cui 23 Presidi delle Facoltà, e 23 rappresentanti di area, il Presidente del Consiglio studentesco ed altri 5 membri del Consiglio studentesco.
E’ ammessa, per un numero fino a 5, la cooptazione di personalità che hanno dato lustro alla cultura, senza diritto di voto.
Il Senato è presieduto dal Rettore.
Il Senato si sotto-organizza in Commissioni per materia, con potere deliberante. In caso di richiesta di 1/3 dei suoi membri, gli argomenti in discussione sono rimessi al Consiglio.
A ciascuna Commissione partecipa un Pro-Rettore. Il Presidente della Commissione è designato dal Presidente del Senato.
Il Senato, nelle materie di competenza del Collegio dei Dipartimenti, delibera dopo aver sentito il parere obbligatorio, non vincolante, del Collegio medesimo.
Modalità di elezione. Per le aree, 12 membri sono eleggibili tra i Direttori di Dipartimento, come da Statuto vigente. Gli altri 13 sono eleggibili tra persone che già hanno ricoperto cariche elettive. Per la parte eletta tra i Direttori, in caso di venir meno della carica di Direttore, si procede a nuova elezione.
La nomina a membro del Senato è incompatibile con altre cariche elettive, ad eccezione dei Presidi dei Direttori di dipartimento e del Presidente del Consiglio studentesco. In mancanza di candidati con il requisito rispettivo di cui sopra, può essere votato chiunque;
I membri sono eletti per liste concorrenti. Ogni lista, con un proprio programma, indica 23 candidati per le aree.
I seggi sono attribuiti ad ogni lista in proporzione ai voti riportati e ripartiti al suo interno secondo l’ordine delle preferenze, separatamente per ognuna delle due categorie votate. Sono ammesse al riparto le prime due liste, per ordine di voti riportati, e in caso di pari voti della seconda e della terza, si procede a sorteggio di una delle due. Qualora per una medesima Facoltà o una medesima Area risultino eletti più candidati, resta quello con più voti di lista.
E’ ammesso un voto di preferenza.
c) La durata della carica dei membri del Senato e del Consiglio dovrebbe essere, per ragioni di ingegneria costituzionale, uguale a quella del rettore, ossia di cinque, e rinnovabile senza limiti.
c) Consiglio studentesco. Come nell’attuale statuto, con funzioni consultive per la didattica e il diritto allo studio e per i contributi studenteschi e potere di nomina dei propri rappresentanti in Consiglio di Amministrazione e Senato. I pareri su dette materie sono obbligatori ma non vincolanti.
Per la prevenzione di fenomeni di conflitto di interessi, si ritiene opportuno il divieto di eleggibilità, negli organi, di persone socie in associazioni o cooperative o imprese che prestino servizi a pagamento all’Ateneo, o che siano dipendenti delle associazioni o cooperative o imprese medesime.

3 –AMMINISTRAZIONE E GESTIONE CENTRALE DELL’ATENEO
L’Amministrazione e gestione dell’Ateneo è suddivisa in "sette" macro-settori, a cui è preposto un rispettivo Pro-Rettore, coadiuvato da un Dirigente tecnico o amministrativo. I macro-settori sono:
1.- Organizzazione e programmazione economica e finanziaria della didattica e della ricerca.
2.- Organizzazione e formazione del personale.
3.- Bilancio, Contabilità, Controllo dei costi e dei rendimenti.
4.- Servizio tecnico e progettuale, contratti, sovra-intendenza ai servizi economali, gestione del patrimonio edilizio dell'Amministrazione Centrale.
5.- Servizio statistico-informativo, Archivio storico, Biblioteche.
6 - Servizio informatico e di gestione delle Reti.
7.- Servizio legale, Sicurezza e Igiene del lavoro.
Il Consiglio di Amministrazione può adottare varianti a questa struttura, in relazione ad esigenze nuove, da approvare con la maggioranza dei 2/3 dei membri, e comunque con una frequenza non inferiore a 5 anni.

Norme per la regolazione della gestione. I dirigenti sono di numero uguale a quello dei macro-settori dell’Amministrazione centrale, più il direttore amministrativo, che li coordina e ne riferisce al Rettore.
I dirigenti (direttore amministrativo e dirigenti di macro-settore), nell'ambito dei compiti di gestione loro attribuiti o delegati, operano a norma della legge, del presente Statuto e del regolamento di organizzazione di Ateneo in condizioni di autonomia e responsabilità nell'organizzazione degli uffici e del lavoro del macro-settore a loro affidato.
Sono direttamente responsabili dell'attuazione, in termini di efficienza e di correttezza amministrativa, degli obiettivi individuati dagli organi di governo dell'Ateneo, alla cui formulazione partecipano con attività istruttoria e di analisi e con autonome proposte.
Il dirigente del macro-settore è tenuto a presentare al Consiglio di Amministrazione, nei modi stabiliti dal regolamento, un programma annuale di attività che deve tradurre in termini operativi, concreti, gli obiettivi stabiliti dal piano annuale per l'attività didattica e scientifica, per quanto di loro competenza, nonché dal piano di attività adottato dal Consiglio di Amministrazione. Questo dovrà contenere elementi di valutazione della fattibilità del programma e del suo impatto sull'amministrazione, e della tempistica di svolgimento.
Il programma di attività è approvato dal Consiglio di Amministrazione, sentito l'ufficio per il controllo di gestione e il dirigente interessato, e costituisce il riferimento per la valutazione della responsabilità dirigenziale, affidata ad un organo tecnico "terzo".
Durante il periodo di incarico, il Dirigente relaziona correntemente al Pro-Rettore sovra-ordinato circa i problemi in esame e gli atti rilevanti in procinto di emanazione.
Al termine del periodo di riferimento del programma, il Dirigente del macro-settore presenta una relazione scritta al Consiglio di Amministrazione, nella quale sono elencate le azioni svolte e i risultati, con relativa documentazione, e specificamente l’elenco degli atti amministrativi sottoscritti.
Tale relazione viene sottoposta dal Consiglio alla valutazione dell’organo tecnico abilitato, che ne riferisce infine al Consiglio per la decisione se rinnovare o meno l’incarico dirigenziale. La decisione non costituisce valutazione del merito del dirigente, ma valutazione circa la necessità o meno della prosecuzione dello svolgimento dell’incarico.


Quadro riassuntivo del nuovo sistema di governo

organigramma1-unibo.tif (1417716 byte)organigramma2-unibo.tif (1180606 byte)

 

Ateneo di Bologna:  il Rettore annuncia la riforma dello Statuto, il 29 febbraio 2008 (?)


Pier Ugo Calzolari,  La mia riforma dello Statuto

(Dal "Programma di lavoro per il quadriennio 2005-2009",
Maggio 2005,  stralcio del  Par. 17)

Il Rettore lascia che
"il Corpo Costituente decida come organizzare questa fase".
Frattanto le associazioni e sindacati AGORA', CISL, CNU, FLC-CGIL, SUN,
UdB, USPUR hanno deciso di organizzare un convegno preparatorio


Pier Ugo Calzolari

                                                          
  PREMESSA. Non sappiamo ancora nulla di ciò che Calzolari vuol fare in concreto. Sappiamo, invece, alcune cose sul metodo, perchè indicato nel "Programma di lavoro per il quadriennio 2005-2009" (vedi qui sotto), presentato agli elettori nel 2005, nel chiedere il rinnovo del mandato.
   Precisamente, per questa riforma, il Rettore  "crede che sia indispensabile una fase preliminare di "ascolto" delle istanze, dei suggerimenti e delle tesi dell’Ateneo, e dunque una fase di ampio coinvolgimento di tutte le strutture. Deciderà il Corpo Costituente come organizzare questa fase, per esempio attraverso la nomina di un’apposita Commissione, incaricata di raccogliere e ordinare i materiali e le proposte derivanti dal dibattito in Ateneo, essa potrebbe ordinarli in un elenco di questioni generali da sottoporre al Corpo Costituente".
  La riforma dello Statuto va collegata al decadimento della conduzione dell'Ateneo. C''è un indicatore che ne rivela più di ogni altro il grado di crisi: la caduta del numero degli studenti (- 20.000, dal 2001 al 2007),  periodo in cui Calzolari è stato rettore, e questo mentre in Italia il numero degli studenti aumentava, e più ancora nelle altre sedi della Regione.
   Il fatto, poi, che la ricerca, a costo (quasi) zero, sia continuata è solo merito dei professori e ricercatori, e lui non c'entra niente. Anzi lui ha danneggiato la ricerca (vedi caduta dei contratti per conto terzi, a causa di una certa "tangente" dell'Ateneo (oltre il 20%) sugli utili, che si aggiunge alle imposte sul reddito e ai contributi previdenziali, dei ricercatori, mai tolta, pur essendone stato sollecitato.
   La via per risalire è vista concordemente, da anni, la riforma dello Statuto generale, in senso democratico. Il problema è portare davvero i professori, ma in dovuto modo, al governo dell'Ateneo, oggi relegati ad un ruolo di consulenza o di mera ratifica dei burocrati (i veri comandanti dell'Ateneo). Ma questo non vuole far mancare il giusto riconoscimento ai burocrati. Vuol dire, invece, che una guida (in dovuto modo) dei professori farà migliorare anche il lavoro dei burocrati, e migliorerà tutta l'Università. Chi volesse potrebbe rileggersi un documento di riforma, pronto da luglio 2007.  NL

Programma di lavoro per il quadriennio 2005-2009
Pier Ugo Calzolari Maggio 2005

La riforma dello Statuto (Stralcio. Par. 17).
L’Ateneo ha bisogno di riscrivere la sua norma fondamentale. Lo Statuto Generale mostra tutti i segni del tempo ed ora deve essere riformato. Dobbiamo non solo adeguare le strutture dell’Ateneo ai compiti nuovi ed ardui che le università devono affrontare in un quadro di competizione europea che si sta delineando con tanta chiarezza ma anche chiarire i rapporti che dovranno intercorrere tra le varie strutture.
Tuttavia, ancor prima dei nuovi obiettivi cui il nuovo Statuto dovrà puntare è il percorso che si intende imprimere al processo di riforma che deve costituire oggetto di riflessione e di impegno. La responsabilità della riforma è tutta attribuita al Corpo Costituente formato da Senato e da Consiglio di Amministrazione e tuttavia io credo che non sarebbe opportuno chiudere le operazioni di riforma nell’ambito di quel Corpo,
Dal Senato Accademico:
Senatore Prof. Gianni Porzi


Resoconto della seduta del S.A. del 29.01.2008

Comunicazioni :

- Il Rettore informa il S.A. che
probabilmente il 29 febbraio sarà convocata una riunione congiunta S.A.-CdA per deliberare modifiche di Statuto.
- Il Rettore ha chiesto al S.A. un parere sull’opportunità di rendere pubblici i nomi dei ricercatori eccellenti, individuati dall’Osservatorio della ricerca. La larga maggioranza del SA ha manifestato una certa cautela nel rendere pubblici i nomi in quanto i criteri di valutazione utilizzati dall’Osservatorio non sono definitivi, non essendo largamente condivisi, ma dovranno essere rivisti e migliorati e anche perchè il tutto era finalizzato esclusivamente alla ripartizione dei posti di Ricercatore del pacchetto Mussi....
soprattutto nella fase iniziale.
Credo che sia indispensabile una fase preliminare di "ascolto" delle istanze, dei suggerimenti e delle tesi dell’Ateneo, e dunque una fase di ampio coinvolgimento di tutte le strutture.
Deciderà il Corpo Costituente come organizzare questa fase, per esempio attraverso la nomina di un’apposita Commissione, incaricata di raccogliere e ordinare i materiali e le proposte derivanti dal dibattito in Ateneo, essa potrebbe ordinarli in un elenco di questioni generali da sottoporre al Corpo Costituente.

Tra le questioni più urgenti poste al nuovo Statuto c’è un nuovo disegno degli ambiti di responsabilità degli Organi Centrali (Senato, Consiglio di Amministrazione e Giunta, quest’ultima sostanzialmente priva di poteri e tutt’al più luogo di preparazione delle delibere pressoché invariabilmente assunte dagli altri organi), poiché l’attuale percorso della formazione delle decisioni è eccessivamente lungo e confuso.
Anche le norme che regolano la gestione dei Poli decentrati in relazione a quelle generali d’Ateneo hanno un’urgente necessità di una nuova definizione.
Vorrei quindi ricordare altri temi come: il riequilibrio dei pesi tra Facoltà e Dipartimenti, la composizione dei Consigli di Facoltà, la partecipazione dei ricercatori e del personale tecnico-amministrativo all’elezione del rettore ed altri ancora.

Nel prossimo novembre (2005 – NdR) , e cioè a valle della ricostituzione degli Organi Centrali d’Ateneo, il processo di riforma potrebbe mettersi in moto secondo le procedure che ho sopra delineato. La revisione dello Statuto è importante e verrà fatta. Sarebbe un errore di prospettiva politica, tuttavia, anteporlo ai temi che oggi sono quelli autenticamente vitali per il futuro dell’Ateneo (ricerca, bilancio, edilizia).
Ci sono colleghi che sembrano immaginare che la riforma dello Statuto abbia una sua immanente e automatica capacità di palingenesi dei comportamenti, ma purtroppo questo non è vero. Nei prossimi mesi noi dovremo essere impegnati a riorganizzare il nostro sistema della ricerca (è una questione di consapevolezza e di atteggiamenti conseguenti), a mantenere ferme alcune scelte già fatte sul bilancio e quindi a dotare le strutture di ricerca e gli studenti di spazi adeguati; diversamente, il migliore sistema di norme non sarebbe in grado di contrastare il declino dell’Ateneo che diventerebbe allora, quello sì, automatico. PUC

 

Ateneo di Bologna:  riorganizzazione dell'Amministrazione in luogo di riforma dello Statuto ?

Il Direttore Amministrativo presenta al CdA
  un piano di riorganizzazione amministrativa

e chiede la corona di DIRETTORE GENERALE
(competenza spettante al Rettore, ex-art. 34 dello Statuto)

ma  poi,
il Prof. G. CANTELLI FORTI  ottiene il ritiro della proposta,

seguìto da una lettera di allarme di 7 NOTABILI dell'Ateneo (vedi sotto)


Pier Ugo Calzolari

                                                          La delibera del 27 nov. 2007

   "Il Consiglio di Amministrazione, preso atto della relazione elaborata dalla Direzione Amministrativa, approva, con voto di astensione della prof.ssa Crisafulli e del prof. Cantelli Forti, in linea generale, l’architettura illustrata negli allegati al documento elaborato dalla Direzione Amministrativa, in aderenza alle linee del Magnifico Rettore e del Pro-rettore alla Innovazione Gestionale. Tutte le parti attuative saranno oggetto, per gli ambiti di competenza, di confronto con le Organizzazioni Sindacali e le Rappresentanza Sindacali Unitarie e di specifiche delibere del Consiglio di Amministrazione".

 


Giorgio Cantelli Forti



CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
(dal verbale del 29.11.07)



    L'intervento
del prof. Giorgio CANTELLI FORTI

  "Il Prof. Cantelli Forti si dichiara contrario a questa proposta di organizzazione del sistema amministrativo, in quanto si presenta come un implemento elefantiaco della già ridondante amministrazione e non una sua semplificazione, come sarebbe invece necessario sia per renderla più funzionale alle attività connesse alla didattica e alla ricerca, sia per contenerne i costi. Rileva inoltre che il provvedimento proposto richiede un tempo adeguato sia per la doverosa fase di acquisizione di informazioni e valutazioni personali, sia per la discussione in Consiglio, per cui non può essere portato all’approvazione dopo meno di due giorni di disponibilità del riferimento scritto. Oltretutto, il provvedimento richiede numerose modifiche di Statuto, per cui qualsiasi decisione venisse presa oggi potrebbe costituire un condizionamento vincolante al momento dell’effettiva modifica di Statuto. In particolare, il Prof. Cantelli-Forti si sofferma ad analizzare e avanza richieste sui seguenti punti:
- pag. 12, punto f): eliminare la frase e sostituire con "l’avanzata fase di elaborazione di alcune regole fondamentali per completare il quadro organizzativo che sarà di prossima discussione";
- RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA, La struttura attuale dell’amministrazione, ultimo capoverso, pag. 14, eliminare: "è improntata al principio dell’integrazione e coesione tra la componente accademica e la componente gestionale" e sostituire con "è improntata al principio della funzionalità della componente gestionale rispetto alle esigenze didattiche e scientifiche".;
- RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA, La struttura attuale dell’amministrazione, pag. 15, eliminare frase:"- ridefinizione del ruolo della Direzione amministrativa, fino a ….. Statuto Generale d’Ateneo;" in quanto la gestione amministrativa non è un tertium genus dell’attività universitaria, ma è strumentale alle uniche due attività propriamente accademiche, che sono la didattica e la ricerca.
- MECCANISMI DI INTEGRAZIONE, pag. 17, eliminare la frase "Fra le funzioni del Direttore Generale fino a …… premi di risultato."; Inoltre, il prof. Cantelli-Forti esprime parere negativo alla costituzione di un Comitato di Direzione, in quanto diventerebbe una sorta di Giunta amministrativa, che esautorerebbe di fatto il Consiglio di Amministrazione e creerebbe i presupposti di una diarchia ai vertici dell’Ateneo, con una inevitabile sequela di conflitti di competenza .
- pag. 18, terza frase "Va incentivata …fino a Dipartimento." Questa presunta "innovazione" sarebbe estremamente pericolosa, in quanto si tenderebbe a "commissariare" l’attività dei Dipartimenti ed in particolare tutte le autonome competenze connesse alla ricerca.
- pag. 19, punto 3) Area Affari Legali……. Si esprime parere negativo in quanto il riferimento è poco chiaro e parrebbe creare un’authority amministrativa che scavalca la Facoltà di Medicina e Chirurgia nel rapporto con il Servizio Sanitario Nazionale".
GCF

    LUCIANI, La debolezza del Rettore... Ma, fino a dove può arrivare la separazione tra politica e gestione ?
Attesa per la riforma dello Statuto, ma solo se in
senso democratico, per valorizzare gli apporti di tutti.


   Quanto avvenuto rivela la debolezza in cui si trova il  Rettore, e spiega perchè la dura reazione del prof. CANTELLI FORTI, unico contrario, sia stata colta dal Rettore per ritirare il "riferimento" (Lorenzini non era presente al momento della delibera).
   I fatti sarebbero andati così: di fronte all'opposizione motivata del Consigliere Cantelli, il Rettore avrebbe dichiarato di ritirare il "riferimento" e chiesto di approvare solo gli allegati, che contengono gli organigramma, in cui però compare la voce "DIRETTORE GENERALE". Per questo egli avrebbe cambiato in astensione i voto contrario.
  La riforma rientra nelle continue iniziative della Dott.ssa Fabbro, rivolte a "migliorare" l'amministrazione, ma senza alcun legame con gli obiettivi dell'Ateneo (di prestazioni didattiche, di ricerca, ecc.), come quei tali eserciti che ti rompono l'anima in tempi di pace per acquistare nuovi armamenti e per esercitazioni ma che, per non esserci una guerra, ti costano soltanto, anzi ti costano di più (vedi lo ulteriore aumento del numero dei dirigenti di I e II fascia, che con la riforma passano da 19 a 22).
  Il problema della forza del Direttore Amministratvo va inquadrato nella legge vigente sulla dirigenza, che vuole la separazione tra politica (che è di tipo decisionale primario) e gestione (che è di tipo decisionale secondario, ossia applicativo, con relativa autonomia).
  Tuttavia, è evidente che, soprattutto dopo l'uscita di scena dell'ex-rettore Fabio Roversi Monaco, l'Amministrazione ha recuperato tutti gli antichi poteri (precedenti l'Autonomia Universitaria), in cui chi comandava era l'Amministrazione e i Professori erano dei consulenti e professionisti di didattica.

   Detto questo, si ricorda che in Ateneo è richiesta da tempo la riforma dello Statuto (che include anche il problema dei rapporti tra professori e gestori),  e anzi il Rettore si era impegnato a farla. Di fronte a quanto avvenuto, si direbbe anzi che qualcuno (anche il Rettore ?) veda la riforma come legittimazione di una situazione di fatto.
   Lo strapotere dei Burocrati spiega la caduta di alta capacità decisionale dell'Ateneo, e questo non perchè gli Alti Burocrati non sappiano fare il loro mestiere, ma perchè non conoscono la vita delle Facoltà e dei Dipartimenti, se non per l'esperienza fatta come studenti ai tempi della laurea.
   Di questa situazione molti si sono resi conto in Ateneo, per cui si vuole che i Professori tornino al comando. In proposito, alcuni anni fa, in una lettera a Fabio ROVERSI MONACO, lamentavo che non avesse concluso la sua "didattura" con una riforma dello Statuto in senso democratico, in modo che chiunque fosse divenuto rettore (anche un uomo nomale), il "buon governo" risultasse comunque assicurato grazie all'utilizzo di tutte le energie dell'Ateneo.
   Un tipo di riforma con queste caratteristiche è stato abbozzato da un Gruppo di studio auto-costituito (per trovarlo clicca su Gruppo di studio).
    Oggi le debolezze maggiori sono sia nell'Esecutivo (troppo peso concentrato su una sola persona), sia negli Organi deliberanti, "incapaci di decidere" per eccesso di polverizzazione della rappresentanza. Qui vale quanto si dice del Parlamento (troppi partiti sono ritenuti di impedimento alla capacità decisionale). Da noi la polverizzazione è estrema, tant'è che ad ogni membro corrisponde un rispettivo gruppo rappresentato.
   Se, però, il Rettore non ha capito queste cose, è meglio che rinvii la riforma al suo successore. E che non l'abbia capito è (quasi) vero, se la Fabbro riesce ad arrivare in CdA, a chiedere la corona di Direttore Generale, una prerogativa che nello Statuto è del Rettore, mentre il Direttore Amministrativo è solo un suo aiuto (e non è poco), quale gestore (organizzatore e coordinatore). NL
 

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO: ASSETTO A TENDERE E MISURE IMMEDIATE 
(Seduta del 27 nov. 2007)

Il Presidente dà lettura della relazione predisposta dal Direttore Amministrativo:

I.- PREMESSA. Coerenza delle strategie
"Il contesto in cui noi oggi immaginiamo il nuovo sistema amministrativo-gestionale si inscrive in una serie di principi, indicazioni, linee di azione. Riassumendo, esse sono:
a)      linee guida della Commissione Europea sulla modernizzazione delle Università (“Delivering on the modernisation agenda for universities, education, research and innovation” 10/5/2006), i cui pilastri fondamentali sono riassumibili in tre principali aree di riforma;
- la riforma dei curricula: sistemi in tre cicli, apprendimento basato sulle competenze, percorsi di apprendimento flessibile, riconoscimento delle qualifiche e delle competenze, mobilità in coerenza con il processo di Bologna;- la riforma della Governance: autonomia e accountability delle istituzioni di istruzione superiore, parternariati strategici, quality assurance;
- la riforma dei sistemi di finanziamento: diversificazione delle entrate, politiche di tassazione, borse di studio e prestiti, equità nell’accesso, strategie di fund raising comunitario.
.......(omesso)
.......(
omesso)

II.- RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATIVA
1.- La struttura attuale dell’Amministrazione

Nella struttura attuale dell’Amministrazione Generale si possono distinguere diversi tipi di unità organizzative:
- aree preposte al perseguimento della mission universitaria:?formazione, ricerca, servizi agli studenti;
- aree preposte alla gestione delle risorse in senso lato: umane, finanziarie, normative, logistiche, tecnologiche;
- funzioni di staff e progetti strategici volti a promuovere l’innovazione e l’integrazione della struttura amministrativa.
A queste si aggiungono le strutture amministrative autonome (Poli, Dipartimenti, Centri di Servizio, Uffici di Presidenza di Facoltà), che dipendono dai rispettivi organi di governo e in nuce replicano le funzioni dell’Amministrazione Generale. (Si vedano in proposito gli allegati n° 4 e n° 5).

Punti di forza e punti di debolezza del sistema attuale.
I punti di forza dell’attuale struttura sono:
- buon livello di servizio agli studenti, con un forte incremento dei servizi web;
- progetti di innovazione gestionale di rilevanza strategica (es. e-procurement, knowledge management, internal audit, ecc.);
- un quadro dirigente qualificato, con una componente professionale di provenienza esterna che ha saputo integrarsi con i dirigenti di provenienza interna;
- un’oculata e responsabile gestione delle risorse umane e finanziarie. Si rilevano però anche aspetti di debolezza:
- una certa commistione di responsabilità fra ruoli elettivi e ruoli dirigenziali. La linea della Direzione Amministrativa è improntata al principio dell’integrazione e coesione tra la componente accademica e la componente gestionale. Tuttavia, affinché si radichi questa cultura, è necessario da un lato definire in modo più puntuale il contenuto dei rispettivi ruoli e dall’altro continuare a cercare occasioni – la più significativa è stata quella della preparazione del piano strategico di Ateneo – per lavorare insieme, nel rispetto delle prerogative di ciascuna funzione;
- una certa frammentazione delle responsabilità dirigenziali, che accentua le difficoltà di integrazione fra alcune Aree funzionalmente interdipendenti;
- una difficoltà a darsi una politica del personale che valorizzi i quadri più giovani e promettenti;
- una certa ridondanza, nelle strutture, di funzioni a scarso valore, rispetto al principio di autonomia e difficoltà di coordinamento con l’Amministrazione Generale.

2.- Linee di sviluppo organizzativo

Nel corso del prossimo triennio si intende procedere secondo le seguenti linee:
- spostamento progressivo di funzioni amministrativo-gestionali non strettamente connesse con le funzioni di didattica e ricerca dai docenti

 
La lettera al CdA
, dei 7 NOTABILI:
Proff.
Giliberto Capano, Ivano Dionigi, Lorenzo Donatiello, Bruno Marano, Santino Prosperi, Sandro Sandri, Giuseppe Sassatelli, Davide Zannoni, Francesca Zannotti
                                                   Bologna, 10 Dic. 2007

   Oggetto: delibera del Cda del 27.11.2007 su "Organizzazione del sistema amministrativo: assetto a tendere e misure immediate"

  Cari Consiglieri di Amministrazione,
   ......(omesso)
   Lo schema di riorganizzazione (presentato -N.d.R) richiede per la sua attuazione non solo, come dice la stessa delibera nel dispositivo finale riportato nel verbale che dovrete approvare nella seduta dell’11 Dicembre, un "confronto con le Organizzazioni Sindacali e le Rappresentanza Sindacali Unitarie e specifiche delibere del Consiglio di Amministrazione", ma anche significative modifiche statutarie del contenuto di diversi articoli tra i quali quanto meno l’art. 26 (Poli scientifico-didattici in sedi decentrate), l’art. 37 (Consiglio di amministrazione), l’art.43 (Direttore amministrativo), l’art.44 (Funzioni dirigenziali), e l’art.45 (Responsabilità dirigenziale).
   Il piano di riorganizzazione, infatti, prevedendo una verticalizzazione della responsabilità di tutti i processi amministrativi in capo al "Direttore generale" ed ipotizzando la costituzione di un "Ufficio dirigenziale preposto ai Rapporti con i Dipartimenti, i Centri di Servizio, i Poli, i Campus e al Progetto Qualità di Ateneo…" modifica radicalmente gli assetti politico-amministrativi dell’Ateneo in relazione al suo decentramento in Romagna (per come attualmente stabiliti dall’art.26 dello Statuto), caratterizzandosi quindi come riforma "organizzativa", fra l’altro qualificata come intervento a "breve termine", che ha in realtà un forte impatto "istituzionale" e, quindi, "politico" e che sarebbe pertanto da realizzare sul "medio termine" e solo a seguito dei necessari interventi statutari.
    Inoltre, il disegno della macrostruttura organizzativa e del ruolo del DG, per come sono delineati dal piano di riorganizzazione, modificano radicalmente quanto previsto dai succitati artt. 26, 37, 43, 44, 45 dello Statuto relativi alle competenze del CdA sull’organizzazione, al ruolo del Direttore amministrativo, ai meccanismi di nomina e di responsabilizzazione dei dirigenti.
   Il contenuto dello schema generale da voi approvato il 27.11.2007 va oltre un semplice processo di riorganizzazione e presuppone una modifica di statuto da affidare al lavoro dell’organo ciò preposto (Senato e Consiglio d’amministrazione in seduta congiunta).
   D’altra parte, non è un caso che lo stesso Direttore Amministrativo, a seguito di una richiesta di chiarimenti abbia precisato, in una e-mail inviatavi nel pomeriggio di venerdì 23 Novembre, che "l’ipotesi di trasformazione della Direzione Amministrativa in Direzione Generale (con le connesse funzioni) è da attuarsi eventualmente, al momento opportuno, tramite modifica di Statuto. Non a caso la proposta è contenuta nella parte relativa alle decisioni da assumere per il medio termine", cioè a dire, verosimilmente, solo dopo le necessarie modifiche statutarie.
   E anche nel riferimento visibile in rete predisposto per la seduta del 27, dopo avere presentato le linee generali del progetto, si chiedeva correttamente di approvare solo alcune misure a breve termine (suddivisione dell’area del personale, passaggio ad Arag del settore retribuzioni, costituzione area della Sanità), proponendo in tal modo una delibera assolutamente legittima, in quanto rispettosa delle competenze del CdA in fatto di organizzazione.
   Sulla base di quanto sopra esposto, ci permettiamo pertanto di invitarvi a valutare l’opportunità di modificare il contenuto di quanto deliberato dal Cda il 27.11.2007, in modo tale da eliminare tutti quegli elementi che possono viziare la legittimità della libera (e che, se mantenuti, creerebbero non pochi problemi all’organizzazione e al funzionamento dell’Ateneo) o quanto meno in modo tale da distinguere molto chiaramente i due livelli di intervento, a "medio termine" e a "breve termine", precisando quanto vada riferito a ciascuno di essi e con quali meccanismi.
   Teniamo, inoltre, a sottolineare come la discussione da parte del Cda di un documento di tale rilevanza per l’ateneo sia avvenuta senza che esso sia stato esaminato da nessuna delle commissioni istruttorie paritetiche, mentre sarebbero stati quanto meno auspicabili un dibattito più ampio ed un’analisi più dettagliata della proposta prima di intraprendere processi di riforma così forti come quelli indicati nel documento in oggetto.
   Confidando nella vostra attenzione,
    Vi salutiamo caramente. FIRME (vedi sopra)

responsabili di strutture ai responsabili gestionali delle medesime strutture;- articolazione del sistema delle responsabilità dirigenziali su due livelli:
- il livello della gestione strategica dei servizi e l’integrazione? delle aree funzionali;
- il livello della gestione dei processi operativi, dei progetti e? delle funzioni di staff;
- individuazione di meccanismi strutturali di integrazione strategica e di coordinamento funzionale del Sistema Amministrativo di Ateneo, pensato unitariamente (particolarmente importante la nuova filosofia dei Sistemi Informativi e dei servizi WEB);
- ridefinizione del ruolo della Direzione Amministrativa come Direzione Generale del Sistema Amministrativo di Ateneo. Ciò allineerà l’Università di Bologna con altri Atenei italiani e contribuirà a rendere più comprensibile il ruolo delineato dall’articolo 43 dello Statuto Generale d’Ateneo;
- valorizzazione delle persone, mediante politiche di pianificazione, selezione, gestione e sviluppo delle RU.

3.- Criteri di articolazione strutturale

La struttura amministrativo-gestionale sarà articolata secondo i seguenti criteri:
- i destinatari dei servizi: studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo;
- il tipo di risorse: finanziarie, normative, logistiche, tecnologiche;
- i progetti strategici e le funzioni di staff direzionale;
- le strutture amministrative autonome: Poli territoriali, Campus disciplinari, Dipartimenti, Centri di servizi, Sistema Bibliotecario di Ateneo.
I criteri sono orientati ad una maggiore aderenza dell’organizzazione ai suoi interlocutori interni ed esterni e a una distinzione tra funzioni di line, di staff e di progetto.
Sulla base di questi criteri è stata delineata la configurazione che dovrebbe assumere il Sistema Amministrativo di Ateneo a medio termine: si prevede la costituzione nell’Amministrazione Generale di macro-aree, che ricomprendono le attuali Aree funzionali, si vedano gli allegati n° 6 e n° 7, e l’allargamento delle responsabilità gestionali di dirigenti e responsabili di strutture amministrative autonome.
Pensando a un futuro in cui sia possibile raggruppare le varie aree in macrofunzioni ("filiere"), ciascuna presidiata da un dirigente preposto all’attuazione dell’indirizzo strategico della "filiera", si avrà dunque la seguente organizzazione:
- Servizi alla Formazione e Servizi agli Studenti
- Servizi alla Ricerca e Servizi ai Docenti
- Servizi logistici e Servizi ICT
- Organizzazione e Personale TA
- Risorse Finanziarie, Programmazione e Controllo
- Affari Generali, Istituzionali e Legali
- Progetti strategici e funzioni staff
(allegato n° 8)
Nelle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dotate di autonomia i ruoli di responsabilità saranno (in parte già ora sono):
- dirigenti gestionali dei Poli e dei Campus?(ove costituiti);
- dirigenti di Centri di Servizio (es. SBA, CeSIA, ecc);
- responsabili amministrativo-gestionali di Dipartimento e di Servizi integrati comuni a più strutture;
- coordinatori dei Servizi di Facoltà (struttura attualmente non dotata di autonomia di bilancio).
Le macro-aree dell’Amministrazione Generale si relazioneranno con le strutture amministrative autonome secondo uno schema a matrice (allegato n° 9).

4.-  Meccanismi di integrazione.
  Direzione Amministrativa
Considerata la complessità gestionale del Sistema Amministrativo dell’Università di Bologna, è opportuno prevedere un ruolo di Direzione che vada oltre la funzione di mero presidio amministrativo e si configuri come un vero e proprio ruolo di Direzione Generale, ovvero di impulso e di integrazione del Sistema Gestionale nel suo complesso.
Fra le funzioni del Direttore Generale rientra la nomina dei dirigenti, l’assegnazione di obiettivi agli stessi e la valutazione dei risultati, con la conseguente attribuzione dei premi di risultato.
   Comitato di Direzione
Si prevede la costituzione di un Comitato di Direzione, composto dai Direttori delle macro-aree dell’Amministrazione Generale e dal Dirigente preposto ai rapporti con le strutture autonome, oltre che dal Direttore Generale, che lo presiede.
Il Comitato di Direzione ha funzioni di:
- analisi e proposta programmatoria agli Organi Accademici;
- coordinamento dell’attuazione delle politiche del Piano Triennale Strategico;
- controllo dei risultati gestionali dell’Amministrazione.

5.-  Strutture amministrative autonome e loro forme di coordinamento
Il Sistema Amministrativo va organizzato unitariamente per omogeneizzare le procedure, realizzare economie e adattare le soluzioni alle esigenze locali, nel rispetto delle autonomie decisionali.
L’Amministrazione Generale deve migliorare la capacità di ascolto nei confronti delle strutture autonome, individuando soluzioni condivise che tengano conto delle specificità locali.
Le strutture autonome devono essere consapevoli di essere parte di un sistema dotato di regole, in cui devono assumersi le proprie responsabilità gestionali.
Va incentivata la condivisione e l’integrazione funzionale dei servizi da parte di più Dipartimenti o Centri di servizio, individuando un ruolo di responsabilità amm.vo-gestionale più ampio di quello del Segretario di Dipartimento.
   I Poli della Romagna vanno considerati singolarmente, per le loro caratteristiche e dimensioni specifiche, che li vede significativamente diversi fra loro.
Per favorire l’integrazione del sistema amministratvio si prevedono le seguenti forme di coordinamento funzionale:
- a cura della Direzione Generale, coordinamento dei Dirigenti di Polo e di Campus;
- coordinamento dei Responsabili Amministrativo-Gestionali dei Dipartimenti e dei Centri di Servizio a due livelli:
        -  ristretto ai Responsabili gestionali dei Dipartimenti, dei Centri complessi e dei Plessi integrati;
        -  allargato a tutti i Responsabili dei Dipartimenti, dei Centri di servizio;
- a cura dell’Area della Formazione e dei Servizi agli Studenti, coordinamento funzionale dei Coordinatori dei Servizi di Facoltà;
- a cura dell’Area della Ricerca, coordinamento funzionale dei Coordinatori dei Servizi Integrati per la Ricerca.
I coordinamenti hanno funzioni di ascolto delle esigenze e di indirizzo procedurale delle strutture amministrative dotate di autonomia.

6.-  Cambiamenti a breve termine
1) Area del Personale
- costituzione di un’Area di Servizi al Personale Docente, scorporando le relative funzioni dall’attuale Area del Personale;
- costituzione di un’Area Organizzazione e Personale TA, riassorbendo in essa sia le funzioni amministrative di gestione delle carriere e aspetti previdenziali, reclutamento, selezione, contratti, sia le funzioni di organizzazione, formazione e valutazione delle risorse umane, gestione della mobilità interna, relazioni sindacali (allegato n°10);
- trasferimento del Settore Trattamenti Economici di tutto il personale dall’Area del Personale all’area delle Risorse Finanziarie (ARAG);
- superamento dell’Area del Personale nella sua attuale configurazione.
2) Area Risorse Finanziarie – ARAG

- Rafforzamento del legame funzionale con l’Area Pianificazione e Controllo;
- acquisizione del Settore Trattamenti economici dall’Area del Personale.
3) Area Affari Legali e rapporti con SSN: suddivisione in due aree
Costituzione di un’Area Sanità, che presidi tutti gli aspetti, sia di contenuto (es. convenzioni e protocolli) che di relazione, con la Facoltà di Medicina e con tutti i soggetti del SSN; di particolare urgenza è il presidio del progetto di costituzione dei Dipartimenti ad attività integrata (DAI), l’armonizzazione dei trattamenti retributivi, la gestione dei programmi edilizi.
Il mantenimento dell’Area Affari Legali per la gestione del contenzioso e del consultivo.
4) Progetto logistica integrata
Costituzione di un Ufficio dirigenziale preposto all’integrazione delle funzioni delle Aree Ufficio Tecnico, Patrimonio ed Economato, Contratti ed Appalti, CeSIA e allo sviluppo dell’e-procurement.
5) Centro Sistemi Informativi di Ateneo - CeSIA
Acquisizione della funzione di Progettazione dei Sistemi Informativi e contestuale superamento dell’Ufficio Dirigenziale ad essa preposto.
6) Progetto qualità e rapporti con le strutture amministrative autonome
Costituzione di un Ufficio Dirigenziale preposto ai Rapporti con i Dipartimenti, i Centri di Servizio, i Poli, i Campus e al Progetto Qualità di Ateneo.
Contestuale superamento dell’attuale ruolo di coordinamento dei dirigenti dei Poli.
Dei sei punti di riorganizzazione sopra descritti, è urgente venga presa una decisione sui primi tre.

7.- Politiche del quadro dirigente
Le ipotesi di revisione organizzativa qui avanzate comportano una politica di sviluppo del quadro dirigente del Sistema Amministrativo di Ateneo.
L’ipotesi a medio termine presuppone l’articolazione del sistema delle responsabilità dirigenziali su due livelli:
- 1° livello:
dirigenti di area funzionale, di progetto o di ufficio dirigenziale, preposti alla gestione dei processi operativi, dei progetti, delle funzioni di staff;
- 2° livello: dirigenti di macro-area, preposti alla gestione strategica dei servizi e alla integrazione delle aree funzionali, con compiti di coordinamento dei dirigenti di 1° livello.
Fra i dirigenti di 1° livello, inoltre, è opportuno distinguere fra un profilo "gestionale" e un profilo "professional" (es. legale). Questo consente, da un lato, di delineare percorsi di carriera anche per coloro che ricoprono ruolo apicali sia tecnici che amministrativi nelle strutture autonome; dall’altro, di remunerare adeguatamente professionalità che sul mercato hanno un valore riconosciuto, pur non implicando ruoli di responsabilità gestionale.
Questa differenziazione di responsabilità è motivata da esigenze di:
- definire il top management, semplificando l’interfaccia con il Direttore Amministrativo;
- differenziare maggiormente i livelli retributivi fra i dirigenti in relazione all’effettivo carico di responsabilità;
- aprire prospettive di sviluppo ai dirigenti di 1° livello e alle EP
più capaci e promettenti, previa esperienza maturata sul campo, con la necessaria gradualità.
La revisione organizzativa richiede di ripesare le posizioni dirigenziali e di adeguare le retribuzioni al carico di responsabilità e alla competenza professionale richiesta.

8.- Politica dei quadri intermedi
Una politica dei quadri dirigenti si alimenta, in prospettiva, anche della capacità di coltivare il vivaio interno dei talenti professionali, fra le EP e i funzionari.
L’accesso alla dirigenza, infatti, va visto come il punto di arrivo di un percorso di sviluppo delle competenze, non solo in senso cognitivo, ma anche a seguito di esperienze gestionali sul campo, tramite la graduale assunzione di responsabilità e la sperimentazione di diversi ruoli nell’ambito dell’organizzazione.
Questo percorso di crescita professionale deve essere accompagnato da un servizio di consulenza personalizzata (coaching e counseling), con valore di "terzietà" e riservatezza, volto a creare nell’aspirante dirigente consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza.
Infine, vanno previste forme di valorizzazione retributiva (massimali di contratto) correlate all’impegno, al livello di responsabilità e/o di specializzazione, quale giusto riconoscimento anche per coloro che non accedono alla dirigenza.
Nell’allegato n° 11 sono riportate le differenze di costo stimate.

 

Ateneo di Bologna: un "piano strategico"
per recuperare l'efficienza di Fabio Roversi Monaco


Pier Ugo Calzolaru

 

DIETRO IL BILANCIO: i dati su insegnamenti e docenti

VERSO IL FUTURO:  Il piano strategico di Depolo

P. Fabio Roversi Monaco

  
LUCIANI: Servono risposte circa i servizi effettivi necessari a Bologna
e in Romagna, e serve sapere chi paga a Bologna e in Romagna.

Frattanto i risultati confermano l'urgenza della riforma dello statuto generale dell'Ateneo
mediante un nuovo sistema, che dia ai professori la guida dell'Ateneo, e non la mera consulenza
agli "alti burocrati", i conduttori veri dell'Ateneo come  avveniva prima dell'autonomia

DIETRO IL BILANCIO.  In precedente analisi, si è trovato che l'Ateneo di Bologna non è stato troppo povero di entrate nel 2001- 2006. I dati riportati erano, tuttavia, solo finanziari ad eccezione di alcuni dati sulle iscrizioni degli studenti, sempre nel 2001- 06, che mostravano un inarrestabile declino del gradimento dell'Ateneo presso l'utenza. I dati per l'anno 2007-08 si avranno solo il 1 genn. 2008.
Risulta anche che il Rettore abbia rivendicato in pubblico l'alta efficienza dello Ateneo di Bologna in confronto agli altri Atenei. Se il proverbio può consolare, diciamo che la inefficienza altrui (ma è un'idea sua) vale merito per noi. In verità ho altre idee e precisamente che, politicamente, il Rettore ne ha la responsabilità, ma sotto il profilo gestionale le cose sono di competenza del direttore amministrativo. E allora perchè non le chiede spiegazioni pubbliche ?
   Nel periodo interessato il numero degli insegnamenti è salito da 14.124 a 25.946, e questo è troppo, pur tenuto conto che alcune lauree sono passate dalla durata di 4 anni alla durata di 5 anni (3+2).
   C'è dell'altro. A parte la dequalificazione delle materie qualificanti, derivanti dallo spezzatino delle stesse (e dunque anche la dequalificazione delle lauree triennali), il corpo docente si è visto gravare di un peso numerico immenso, al punto che sono stati coperti i buchi con l'assunzione di personale a contratto. Chi vuole avere un'idea dell'entità del debordo, sappia che i professori  assunti a contratto sono stati 2.525 nel 2006 (una cifra vicina a quella dei docenti di ruolo (3218) e che salgono a 3462 aggiungendo i docenti presi annualmente da altri Atenei.
    Qui ci troviamo di fronte all'equivalente di una azienda che, per ridurre i costi, commissiona all'esterno metà della produzione. Ma l'Università è una scuola. Lo capisce il Direttore amministrativo ?
     A monte di queste anomalie, c'è un problema di errata attuazione dell'ordinamento didattico (e questa è una responsabilità dei docenti, che il rettore non ha arginato), ma c'è soprattutto un problema di responsabilità gestionale del direttore amministrativo, che è risultata totalmente inidonea a frenare la valanga (anche perchè è lei il vero detentore del potere nell'Ateneo). Troppi insegnamenti, troppe lauree.
    E poi c'è la questione della Romagna, il "multicampus" cosiddetto dal rettore, ma che multicampus non è, perchè tra le sedi delle quattro città-sedi non c'è alcun legame funzionale. Occorre dire chi paga (Bologna, enti locali, Stato ?) e ridefinire i compiti di Bologna, degli Enti locali e del Governo. I nuovi decreti ministeriali di MUSSI non permetteranno più inganni didattici e finanziari. NL
VERSO IL FUTURO ? Il piano strategico. Dal sito dell'Ateneo si può scaricare questo piano, cliccando su: Piano strategico triennale, si dice, del ProRettore Marco Depolo, Psicologo.
   Esso si direbbe, data la titolazione, la parola magica che proietta lo sviluppo dell'Ateneo sul futuro, con obiettivi e strumenti finanziari relativi. In realtà si tratta di una SUMMA di direttive di efficienza, che prendono sostanza solo come premessa ad un vero e proprio piano di sviluppo.
   E, invece, no. Esso sarà l'anticamera di un cosiddetto DOCUMENTO DI RIEQUILIBRIO FINANZIARIO, approvato incondizionatamente dal CdA il 20 giugno u.s., avente come fine delle economie mediante il raschiamento del barile, ma senza un collegamento diretto con servizi da salvaguardare o togliere.
   Si deve chiarire, in proposito, che di economie di spesa si può correttamente parlare, solo se si ragiona a parità di servizi (gli obiettivi). E basti ricordare quanto è avvenuto nelle Unità Sanitarie dove, a seguito del taglio delle spese, le fila di attesa sono divenute insopportabili. Troppo facile tagliare le spese mediante il taglio dei servizi.
   Il problema economico reale è, invece, quello di tagliare le spese in collegamento con azioni virtuose, vale dire ridefinendo gli obiettivi a Bologna e in Romagna.
   Ma torniamo al PIANO STRATEGICO. Leggendolo,
mi sono ricordato delle relazioni politiche di ben 6 ore dei Presidenti del Plenum del Comitato Centrale dell'Unione Sovietica, che però erano corredate da veri piani di sviluppo per il quinquennio successivo.
  Noi in Italia abbiamo fatto, nel 1961 (con l'avvento dei Governi di centro sinistra), qualcosa del genere di quanto si faceva nell'Unione Sovietica. Il caso vuole che il mio primo lavoro fu di partecipare al Gruppo di lavoro per il primo piano quinquennale di sviluppo dell'Italia. Ne conservo una copia.
   Per quanto ne so, un piano di sviluppo dovrebbe articolarsi sulle seguenti fasi:
1) rilevare la situazione numerica delle strutture, del personale, degli studenti dell'Ateneo (distintamente per i Dipartimenti, per le Facoltà, ecc. );
2) Definire gli standard desiderati (es. per un dipartimento, quanto dovrebbe essere la superficie ottimale. Così per le facoltà: quanta superficie per studente, per professore , e così via);
3) Quantificare gli scarti tra le strutture effettive e gli standard desiderati, anche tenuto conto dei trend in atto nella società civile;
4) Calcolare il fabbisogno finanziario per eliminare gli scarti;
5) Fare la previsione dei finanziamenti su cui si pensa di poter contare e calcolare, di conseguenza, in quanti anni si possono raggiungere gli standard;
6) Definire le priorità, e dunque decidere cosa fare il primo anno, il secondo anno e così via.
   Sotto il profilo statistico noi conosciamo ben poco del nostro Ateneo. Si sa del bilancio e delle iscrizioni degli studenti, del numero dei professori, ma per pura casualità, in seguito a precise domande. Ma non c'è una pubblicazione ufficiale.
    Se i gestori ci hanno presentato quel piano gonfiandosi il petto, non so proprio quale futuro possa esserci per Bologna.Questo ci rimanda all'urgenza della riforma dello Statuto, per dare finalmente la guida dell'Università ai Professori, mediante un nuovo sistema, che dia ai professori la guida dell'Ateneo, e non più la mera consulenza agli alti burocrati, oggi i conduttori veri dell'Ateneo. NL
Tabella 3 - PERSONALE  DOCENTE

ANNI

2000

2001

2006

Variazione
2006/2001

Retribuzioni totali a Professori e Ricercatori in ruolo

--

€ 209.926.802,10

€ 243.191.103,68

Numero prof e ric

--

2996

3218

Retribuzione media lorda per persona**

--

€ 70.069

€ 75.572

+7,8%

Professori a contratto e docenti esterni con incarico

--

--

4.860.534,45

Numero Prof. a contratto e doc. esterni

--

246

3462
di cui 2.525 a contratto

Retribuzione media per persona

--

1.403

NUMERO DEGLI INSEGNAMENTI

14.124

25.946

* Il tasso di inflazione ISTAT, dal 2001 al 2006, è stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario.
** Si chiarisce che alcune voci dipendono dal bilancio locale (quindi, non tutto dipende dal FFO). Es.

Tabella 4 - Personale tecnico e amministrativo (voci:1.04,1.05,1.07) - retribuzioni
ANNI 2001 2006 Variazione 2006/2001
TOTALE  RETRIBUZIONI

€ 89.341.668,39

€ 121.054.245,48

NUMERO PERSONALE

2882

2847

Retribuzione media per persona

€ 31.000

€ 42.520

+37%

 

Ateneo di Bologna: la Camera chiude, con un invito da tutti condivisibile,
la querelle su  "concorsopoli"  tra l'On. Garagnani e il Rettore


Fabio Garagnani

In un comunicato a fine luglio, il Rettore reagisce
alle dichiarazioni locali dell'On. F. Garagnani, dopo
la risoluzione della Camera sul concorso di medicina di Bologna,
ma poi dichiara di "concordare con lui"

LUCIANI, Ma allora ci prendiamo tutti in giro ?
E, se, poi, Garagnani vuole efficaci innovazioni di legge, chieda che le commissioni di concorso siano solo per sorteggio e che il mandato dei rettori sia, magari di 5-7 anni, ma non rinnovabile


P. Ugo Calzolari

    Per memoria si ricorda che il 18 luglio 2007 l'On. Garagnani aveva avanzato al Ministro dell'Università una interpellanza sui concorsi di medicina a Bologna (dopo quella del 17 maggio sulla gestione del bilancio), e proposto infine alla Camera uno schema di "risoluzione". Il Rettore veniva convocato dal Ministro (la foto lo ritrae all'uscita dal Ministero) e seguiva la presa di posizione della Camera, tra i duellanti, che approvava la risoluzione. Di essa, infine, l'On. Garagnani si era dichiarato soddisfatto alla stampa locale.
    A quel punto il Rettore non ha potuto sottrarsi ad una pubblica dichiarazione.
   E siccome la materia non è una questione personale dei due, la Comunità accademica non può restare indifferente alla presa di posizione della Camera: in questo senso partecipiamo alla storia, anche con l'idea di accogliere, in una successiva edizione di questo foglio, gli eventualui interventi individuali dei Colleghi.   
Per memoria: Interpellanza dell'On. Garagnani
Interpellanza 2-00672
presentata da
mercoledì 18 luglio 2007 nella seduta n.191

"Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto sta accadendo all'Università di Bologna alla luce delle inchieste giudiziarie che riguardano la vicenda chiamata "concorsopoli" in seguito alla quale sono state rinviate a giudizio 45 persone fra le quali alcuni docenti della facoltà di medicina e chirurgia e la Preside;

pur nel rispetto dell'autonomia universitaria, si rileva che: per quanto concerne i procedimenti disciplinari nei confronti dei professori universitari di ruolo, restano ferme le indicazioni contenute nell'articolo 87 del testo unico approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, il quale prevede le seguenti sanzioni disciplinari che possono essere inflitte secondo la gravità delle mancanze:
1) la censura;
2) la sospensione dall'ufficio e dallo stipendio fino ad un anno;
3) la revocazione;
4) la destituzione senza perdita del diritto a pensione o ad assegni;
5) la destituzione con perdita del diritto a pensione o ad assegni;
- quanto all'autorità competente ad adottare i relativi provvedimenti, occorre ricordare che nonostante gli articoli 88 e seguenti del testo unico facciano esplicito riferimento al Ministro, la norma deve essere coordinata con quanto successivamente previsto dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537, che, definendo ulteriormente i princìpi di autonomia delle università, ha limitato le attribuzioni del Ministro con il disporre all'articolo 5, comma 9, che le funzioni del Ministero relative allo stato giuridico ed economico dei professori universitari e dei ricercatori, fatte salve le competenze e le norme vigenti in materia di concorsi, sono attribuite alle università di appartenenza, che le esercitano nelle forme stabilite dallo statuto;
- ciò comporta che il potere di attivare procedimenti sanzionatori ed adottare i conseguenti provvedimenti spetta al rettore (non più al Ministro). Qualora per la gravità dei fatti, si proponga una sanzione superiore alla censura, l'atto è comunque adottato dal rettore, ma è necessario il parere conforme di una Corte di disciplina (cfr. articolo 89, comma 3, testo unico), che oggi è rappresentata dal Collegio di disciplina del Consiglio universitario nazionale (CUN) e che in caso di inadempienza del Rettore si pone il problema di chi edotta le sanzioni previste per legge non lasciando alla sola magistratura la facoltà d'intervenire;
- quale sia il parere del Governo ed eventualmente se intenda proporre una modifica della legislazione attualmente in vigore per definire in modo preciso a chi spettano i poteri sostitutivi in un caso come quello accaduto a Bologna di mancanza di intervento del Rettore che, per quanto risulta all'interrogante, non avrebbe assunto alcun provvedimento disciplinare nei confronti di docenti che risulterebbero aver ammesso la loro responsabilità nella manomissione dei concorsi universitari e che rimangono attualmente al loro posto con responsabilità dirigenziali significative."
Camera dei Deputati
Risoluzione della Commissione Cultura, il 27.07.07, pubblicata sul   Bollettino n.215

La VII Commissione,
- rilevato che l'Ufficio di Presidenza della Commissione ha da tempo ritenuto opportuno condurre un'analisi approfondita sull'esperienza del regime di autonomia universitaria ad oltre un decennio dalla sua attivazione, che prenderà avvio nel prossimo autunno e si concluderà con un documento concernente l'applicazione, l'attuazione, gli esiti, i pregi e i difetti del suddetto regime sul complesso degli Atenei italiani;
- premesso che:
gli organi di informazione locali e nazionali, nelle ultime settimane, hanno dato ampio risalto alle notizie circa le indagini condotte su presunte irregolarità, in particolare connesse a procedure concorsuali, verificatesi nelle Facoltà di Medicina e Chirurgia degli Atenei di Bologna e di Bari e, da ultimo, nella Facoltà di Veterinaria di Messina;
tali circostanze gettano discredito sull'intero sistema universitario italiano ed in particolare sugli Atenei coinvolti ed incidono negativamente sulla reputazione di quella gran parte dei docenti che assolvono al proprio dovere professionale con scrupolo e rettitudine;
- sulle suddette presunte irregolarità la Magistratura sta svolgendo le proprie indagini per verificare se ricorrano ipotesi di reato tali da giustificare rinvii a giudizio;
- l'esercizio dei poteri ispettivi ministeriali è stato utilizzato raramente a seguito del riconoscimento della autonomia universitaria; tuttavia è da segnalare che, in relazione alle recenti vicende, il Ministro ha disposto una ispezione presso l'Università di Messina ed ha richiesto parere al Consiglio di Stato per sapere quali siano i poteri che può esercitare e i provvedimenti che può adottare di fronte ad episodi gravi e diffusi verificatisi all'interno dell'Università,

impegna il Governo:
- a continuare ad esercitare, sulle presunte suddette irregolarità ed ogni qual volta si manifesteranno analoghe situazioni, tutte le funzioni ispettive che l'ordinamento vigente consente nel rispetto dell'autonomia universitaria;
- ad esaminare, anche alla luce del parere che sarà espresso dal Consiglio di Stato, quale possa essere la disciplina dei controlli ministeriali sull'attività amministrativa degli Atenei.

(8-00078) "Garagnani, Bono, Barbieri, Goisis, Folena, Raisi, Ghizzoni, Guadagno, Sasso, Volpini, Benzoni, De Biasi"
Rettore  di Bologna

Comunicato sulla risoluzione della Commissione VII della Camera. 29 luglio 2007

"La risoluzione, approvata all'unanimità in mattinata (ndr. 27/07/2007) dalla Commissione Cultura della Camera, ha recepito ampiamente quanto da me affermato, in ciò d'accordo con il collega On. Enzo Raisi, sulla necessità non solo di avviare un'indagine approfondita del sistema universitario italiano (Bologna compresa), ma ha riconosciuto la gravità dei fatti accaduti anche e soprattutto nell'Ateneo di Bologna" aveva affermato l'on.Fabio Garagnani in una nota dopo l'approvazione della risoluzione a Montecitorio.

Fatti, proseguiva Garagnani, "che non debbono ovviamente coinvolgere tutta l'università e di tanti pur validi docenti; mi pare significativo che la commissione abbia sollecitato, come richiesto esplicitamente dal sottoscritto, il governo ad esercitare i necessari controlli ministeriali ponendo in essere le funzioni ispettive sulla base anche di quanto avvenuto nella recente ispezione nell'università di Messina. Credo che l'odierna votazione – ha proseguito Garagnani - faccia giustizia di tutte le strumentalizzazioni contro il sottoscritto e l'onorevole Raisi e confermi che abbiamo svolto il nostro dovere di parlamentari, preoccupati unicamente del bene della nostra università e della collettività bolognese".

"Parrà strano – puntualizza Calzolari – ma il Rettore condividendo la sostanza della risoluzione approvata dalla Commissione VII della Camera, si trova d’accordo con l’On. Garagnani. La risoluzione ‘impegna il Governo a continuare ad esercitare, sulle presunte suddette irregolarità [si fa riferimento ai concorsi] ed ogni qual volta si manifesteranno analoghe situazioni, tutte le funzioni ispettive che l'ordinamento vigente consente nel rispetto dell'autonomia universitaria’. Basta riandare alla dichiarazione del Rettore di Bologna, rilasciata in seguito alla conferenza stampa degli On. Raisi e Garagnani tenutasi a Bologna il 21 aprile scorso, per prendere atto che l’Università di Bologna da sempre si è dichiarata favorevole ad interventi ispettivi del Ministero che avrebbero il vantaggio di mostrare a tutti, e rapidamente, la correttezza, in tema di concorsi, degli atti amministrativi di competenza dell’Amministrazione ma anche l’infondatezza delle accuse lanciate dagli On. Raisi e Garagnani su molti aspetti della gestione dell’Alma Mater.

L’On. Garagnani esulta. Buon per lui: ciascuno è libero di inventarsi i propri trionfi. In realtà l’equilibrata risoluzione della Commissione VII trasforma nella sostanza la proposta originaria dell’On. Garagnani. Egli aveva auspicato ‘una indagine parlamentare sul sistema universitario italiano’, ma la risoluzione non fa alcun cenno ad indagini parlamentari. Aveva additato, con riferimento a Bologna, ‘situazioni amministrative particolarmente pesanti’, ma la risoluzione ignora la questione.
  Aveva richiesto, nel corso del dibattito in Commissione, misure contro il Rettore di  (Cont.)
Luciani: nel merito, siamo tutti ipocriti, e ce n'è anche per il Ministro MUSSI, in questi giorni tornato a bandire concorsi per ricercatori con le vecchie regole.
  Quello che,al più, si può dire dell'Alma Mater è di avere ancora le mura medievali, per quanto riguarda le "chiamate". I rimedi   ?.

   In sintesi l'On. Garagnani, "presunta" (vocabolo mio) l'irregolarità del concorso in riferimento, vuole che il Rettore prenda provvedimenti nei confronti dei presunti colpevoli e conclude invocando "una modifica della legislazione attualmente in vigore per definire in modo preciso a chi spettano i poteri sostitutivi in un caso come quello accaduto a Bologna di mancanza di intervento del Rettore".
   Di fronte alla richiesta del deputato, ma anche perchè i fatti lamentati rientrano in un fenomeno pià generale dell'Università italiana, la Camera gli da ragione. Già, anche il Governatore spagnolo FERRER, nei Promessi Sposi di A. Manzoni, per la crisi del pane, ordinò di distribuire "pane buono". E Manzoni commentò: poteva un Governatore ordinare di distribuire pane cattivo ?
   E dunque, perchè Calzolari avrebbe dovuto non essere d'accordo con Garagnani ?
   La verità è che siamo tutti ipocriti: il Parlamento, Garagnani, tutti noi, e anche il Rettore.
  Io non conosco nulla di specifico del fatto lamentato. Ma ragiono per tutti i fatti simili allo stesso modo. Il rebus sta nella legge. e dunque nella forma non vi è nulla di illegittimo.
   La legge 210/98 l'ha fatta il Parlamento (su proposta di un Governo di sinistra), che volle le commissioni di concorso elette per votazione di tutti i docenti dei rispettivi gruppi, e in più volle "un membro" nominato dall'Università banditrice. Dunque, le votazioni avvengono in base al programma (ad es., di sostenere un dato indirizzo scientifico e dunque anche tale o tale candidato). Dunque, è naturale che avvenga lo scannamento tra il votante e il votato, se in commissione questo non adempirà allo impegno. Perchè dovrebbe essere diverso rispetto a quanto vale per i deputati inadempienti ?
  Altra cosa è osservare che la legge 210/98 è incostituzionale. Se (ex-art. 97) alla P.A. si accede per concorso, perchè nei concorsi universitari i vincitori sono designati prima del concorso ? Ma mi risulta che nessuno, dei legittimati, abbia mai sollevato la questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale.
   Anche Garagnani è un ipocrita, perchè all'epoca della Ministra Moratti, in Commissione cultura delal Camera, egli era capo gruppo della maggioranza, per la scuola e università, e se ne stette alla larga, pur sollecitato da me ad occuparsi della riforma dello stato giuridico dei docenti.
   Si deve unicamente all'On. M. Pepe e all'On.le E. Barbieri se la nuova legge Moratti ha abolito il membro di nomina diretta locale  e introdotto il sorteggio, e tuttavia dentro un cappello che contiene 15 membri votati.
   On. Garagnani, perchè ancora  "15 membri votati", nonostante i ripetuti "presunti" scandali ?
  Ce n'è anche per il Ministro. Lo scorso anno, aveva ottenuto delega dal Parlamento di emanare nuove regole entro il 31 marzo 2007 per l'assunzione di ricercatori.
   E, invece, (pur partito bene, con idee ottime) non solo egli non ha ancora adempiuto all'obbligo, ma ha bandito in questi giorni un concorso con le vecchie regole (con le quali i concorsi sono solo nominali). Dunque, perchè prenderci in giro?
     Torno a Bologna. Qui, c'è in più,
che ha ancora le mura medievali, per quanto riguarda le "chiamate". Non v'è barba di Rettore che possa neppure bloccare i bandi anomali, più appariscenti. E chi non fa parte della corporazione (se non figlio o nipote), dovrà ingoiare molto fiele, per avervi accesso.
   Ma, anche qui, il vero problema non è "bolognese", ma è che tutti i rettori sono elettivi e corporativi.
   Se Garagnani vuole innovare, proponga una di legge con cui i rettori sono elettivi, magari per 5-7 anni, ma senza rinnovabilità immediata del mandato. NL
(Cont. Rettore) Bologna, colpevole di non avere assunto provvedimenti disciplinari a carico dei professori di Medicina già ‘rinviati a giudizio’, ed è stato bacchettato dal SottoSegretario Modica e dal Presidente della Commissione Folena che gli hanno ricordato che, allo stato, non risulta che a Bologna qualcuno sia già stato rinviato a giudizio.

Su un particolare ha avuto successo: ha insistito affinché, in relazione alle indagini in corso sulle presunte irregolarità in alcuni concorsi, fosse mantenuto nel testo della risoluzione il riferimento alla Facoltà di Medicina dell’Università di Bologna. Era l’unica cosa che gli premeva per davvero, tanto da minacciare di non approvare il nuovo testo (naturalmente l’informazione è dedotta dal verbale della seduta della Commissione VII del 27/7) se quel riferimento fosse stato espunto, come viceversa era stato consigliato dal SottoSegretario Modica. In questa strategia di aggressione contro l’Alma Mater (sei interpellanze parlamentari in un anno, una risoluzione della Commissione, conferenze stampa, interventi a getto continuo sui quotidiani e nelle radio locali) quello che interessa è gettare discredito sull’Alma Mater e il suo Rettore, indipendentemente dalla fondatezza delle accuse.

Rimane inevasa una domanda: uno sforzo così massiccio e unico nel nostro Paese (in Europa la cosa sarebbe semplicemente impensabile) a che cosa punta realmente? Al ‘bene della nostra università e della collettività bolognese’, come viene scritto nell’odierno comunicato? Nec pueri credunt".

 

Ateneo di Bologna: completiamo l'analisi del bilancio (2001-2006)

Frattanto,   il Rettore, "dopo" la proclamata crisi del bilancio,
ha perduto la roccaforte di "INGEGNERIA",  passata ai "CIVILI
"
nonostante la sua partecipazione attiva al voto

Aria nuova anche a Medicina: il Prof. Segio STEFONI, nuovo Preside


P.Ugo Calzolari


Pier Paolo Diotallevi


Pier Paolo DIOTALLEVI*, nuovo Preside di Ingegneria.
Personalità silente, ma laboriosa e costruttiva


Attesa una fase di democratizzazione della Facoltà e la riqualificazione
delle sue lauree, dopo la triste fase dell'attuale ordinamento didattico

  * Vedi sotto alcuni elementi sulla figura professionale e scientifica

Cessa il prof. Guido MASETTI, pupillo del Rettore, ma non rieleggibile (per Statuto).
Preside di ferro, gli va il ringraziamento per aver dato molto dato a Ingegneria (soprattutto nei lunghi anni
come presidente della commissione didattica), pur se (a nostro avviso) non sempre illuminato ( vedi:
larghezzza con gli amici e rigore con i "presunti non amici"; vedi   polverizzazione degli insegnamenti
e duplicazione dei corsi di studio: due lauree energetiche; due lauree gestionali, quelle "facili" ...., fatte passare
(non da lui) per le lauree economiche di ingegneria, ma che non hanno il corso (di base) di economia politica ...)  


Frattanto torniamo all'analisi storica del bilancio, guardando al lato "SPESA"


COSA RISULTA DALLA SPESA* dal 2001 al 2006

   Quanto illustrato dimostra soprattutto dei dubbi sul livello qualitativo della gestione (il riferimento è più alla Direzione amministrativa, a parte il Rettore, come parte politica - n.d.r.). Infatti, in  netto contrasto con le filippiche della amministrazione sul costo dei professori  e del personale amministrativo, dalla analisi storica si trova (relativamente al 2001-2006) che l'eccesso di spesa ha avuto la maggiore spinta dal programma edilizio, e dall'errato "nuovo ordinamento didattico", con riflessi (in ordine decrescente) sulle spese per il personale amministrativo,  e poi docente. Ma distinguiamo il quadro complessivo da alcune anomalie più specifiche.

QUADRO COMPLESSIVO. La tabella 1 mostra che:
a) per il personale docente, dal 2001 al 2006, la spesa è aumentata del 16%, e dunque è stata appena in linea con l'inflazione. Infatti, tra il 2001 e il 2006 i prezzi sono saliti, mediamente, del 12% (dati ISTAT, pur se la comune esperienza post-euro mostra che il tasso è stato ben maggiore) ;
b) per il personale non docente la spesa è aumentata del 35%;
c) Per  l'edilizia, la cifra impegnata nel 2006 è stata  di € 24.395.325,79, (quasi 50 MILIARDI di vecchie lire), una cifra non trascurabile. Ma l'intenzione era ben maggiore, e lo si desume dal bilancio "assestato" a ottobre 2006, che indicava una volontà di spesa di €  178.208.740,35 (il 200%, rispetto alla cifra del 2001). Questa cifra è poi naufragata per la crisi del bilancio, ma anche per il fallimento di un'accensione di prestito di € 93.123.328,76.

NELLO SPECIFICO
, si trova:
a) che le maggiori spese amministrative sono derivate dal malgoverno della didattica (applicata da Calzolari), senza alcun contrasto da parte della Direzione amministrativa. Si ricorda che, secondo il nuovo ordinamento di Zecchino e Berlinguer, la vecchia laurea (di 4-5 anni) doveva essere sdoppiata in due lauree: una di 3 anni e una di 2 anni. Anzichè fare solo questo, sono stati frazionati anche gli insegnamenti (peraltro, come in tutta Italia), e dunque moltiplicati gli insegnamenti. A Bologna si è passati da 14.124 nel 2000 a 25.946 nel 2006. A parte che la qualità delle lauree è collassata, l'effetto sul bilancio è stato un maggior fabbisogno di aule e di personale (docente e amministrativo), anche con assunzioni in modo maldestro (troppi contratti a termine: vedi 2.500 professori a contratto, ....   ). Lo stesso è per il personale amministrativo (vedi dimissionamenti di persone a tempo indeterminato e riassunzioni a tempo determinato.
Si conclude che il risanamento del bilancio ha senso partendo da una diversa organizzazione della didattica. E', invece, un non senso puntare a economie reali mediante il raschiamento del barile attuale (che contiene un ordinamento didattico in via di sostituzione, e vero responsabile della crisi del bilancio). Ho letto il DOCUMENTO DI RIEQUILIBRIO FINANZIARIO, presentato in CdA il 20 giugno u.s.. Non ha senso tagliare fondi alle Facoltà, senza collegamento ad azioni locali virtuose, derivanti dall'attuazione fedele dell'attesa riforma dell'ordinamento didattico.
b1) alcune spese meriterebbero, poi, una spiegazione (di cui dovrebbero farsi carico i Consiglieri di Amministrazione):
1) le spese per incarichi dirigenziali sono aumentate del 100% (contro un aumento medio del 16,7%, delle spese correnti);
b2) ricordato che la voce "
Programmazione e sviluppo Sistema Universitario" è finanziata in modo vincolato dal Ministero, si trova che l'entrata accertata è stata di € 1.858.043, mentre l'impegno di spesa è stato di € 376.114,00 .
b3) Le "collaborazioni esterne" nel 2006 hanno impegnato ben € 2.618.278,20 ( e questo normalmente da anni). Ma il Regolamento di contabilità art. 117 le vieta di norma.
b4) Il finanziamento della ricerca, da parte dell'Ateneo, è calato del 16,8% dal 2001 al 2'006 (e questo fa il doppio con la disincentivazione dei finanziamenti privati alla ricerca universitaria, ex-art. 66 DPR 382/8o - vedi: Finanziamento privato). Invece quella del Ministero è aumentata del 64% (vedi tabella   ). Tornando alla riorganizzazione della didattica, ci sembra ovvio che essa libererebbe cifre anche per la ricerca.
b5) Si percepisce l'esistenza di gestioni fuori bilancio (vedi Alma Mater, ..., e non solo questa ) che urge riportare (sotto forma di allegati) dentro il bilancio generale.

ROMAGNA. Questa voce richiederebbe non uno, ma molti chiarimenti. Si tratta di sapere se, a saldo tra entrate e uscite, essa è a carico di Bologna, o a carico del MIUR (vedi legge sul frazionamento dei Mega-Atenei) o degli enti locali. Ma non c'è un bilancio separato della Romagna rispetto a Bologna, e questo conferma di nuovo le carenze della Direzione amministrativa.
   E' pur vero che, dal bilancio qualcosa si può ricavare. Si vede così che
Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini hanno avuto da Bologna €  11.263.245,56 nel 2001 e così via successivamente, in particolare 19.339.501,76  nel 2006, con un aumento del 71%. Ci sembra evidente che Bologna dia anche dell'altro alla Romagna, ad es. in termini di prestazioni semigratuite dei docenti. ...
   Ma questo non basta per capire se il saldo favorisca  Bologna o la Romagna. Ricorrendo a qualche congettura, si ricostruisce che se il FFO - Fondo statale di Finanziamento Ordinario di Bologna -  fosse ripartito tra la Bologna e la Romagna in proporzione al numero dei rispettivi studenti, si troverebbe che spetterebbe a Bologna per €
317.152.350,00 e alla Romagna per € 72.182.722,00. Ma non si riesce ad andare oltre questi elementi. NL

*Fonte: Università di Bologna, Area della Ragioneria, Settore Bilanci, CONTO CONSUNTIVO, 2001. *Idem 2002, 2003, 2004, 2005, 2006 (previsioni definitive ), 2007 (previsioni iniziali).

 

 

 

Tabella 1
SPESE Previsioni definitive 2001 Previsioni definitive 2002 Previsioni definitive 2003 Previsioni definitive 2004 Previsioni dopo assestamento in ottobre 2005 Previsioni dopo assestamento in ottobre 2006

Variazione
2006/2001

spese correnti

525.637.209,25

533.745.426,71

549.528.910,86

558.482.882,80

583.470.427,50

613.481.380,87

+ 16,7%

investimenti

103.420.758,14

82.723.171,41

104.488.265,99

89.676.274,27

150.996.278,12

227.332.313,07

+ 120,0%

totale*

629.057.967,39

616.468.598,12

654.017.176,85

648.159.157,07

734.466.705,62

840.813.693,94

* Escluse partite di giro e rimborso prestiti
SPESE IMPEGNATE ( qui stanno le spese effettive), risultate minori delle previsioni (di solo qualche mese prima ! )

Impegnato nel 2005

Impegnato nel 2006
spese correnti

541.175.579,83

568.619.019,59

spese di investimento

59.771.374,47

52.532.277,01

totale (escluse partite di giro e rimborso prestiti)

600.946.954,30

621.151.296,60

Tabella 2 - Romagna . Finanziamenti per la didattica

ANNI

2001

2002 2003 2004 2005 2006

Corsi sedi decentrate

2.279.358,00

164.257,48

76.300,00

34.725,74

231.000

429.574,46

Polo di Cesena

2.735.752,25

3.034.227,59

5.215.382,58

4.885.433,70

4.965.074,18

6.141.707,26

Polo di Forlì

3.357.840,10

5.933.984,58

5.407.644,92

5.423.554,73

5.378.857,53

5.964.457,75

Polo di Ravenna

1.351.168,18

2.734.951,54

2.686.135,01

2.916.855,29

2.785.343,57

3.046.504,86

Polo di Rimini

1.539.127,04

2.582.518,34

2.800.329,18

3.584.889,77

3.317.023,19

3.757.257,43

Totale

11.263.245,56

14.449.939,53

16.185.791,69

16.845.459,23

16.677.298,47

19.339.501,76

Tabella 3 - PERSONALE  DOCENTE

ANNI

2001

2002 2003 2004 2005 2006

Variazione
2006/2001

Retribuzione professori

151.637.002,24

160.432.886,09

168.414.964,26

169.539.856,71

173.767.274,20

181.780.000,00

Retribuzione ricercatorI

44.518.368,70

45.701.923,39

48.460.437,68

51.878.549,56

58.634.757,13

57.513.000,00

Supplenze

5.897.012,82

3.502.412,11

3.432.018,20

3.423.927,23

2.280.647,15

2.374.745,08

Compensi accessori e indennità di carica Professori e Ricercatori

7.874.418,34

7.976.421,45

2.997.400,03

55.132,40

2.320.000

1.523.358,60

Professori a contratto finanziati da Ateneo

3.644.883,28

5.403.788,57

7.403.273,95

3.041.914,92

3.074.421,24

3.945.360,45

Professori a contratto finanziati da altri

806.291,45

1.270.676,42

1.072.833,29

998.581,13

469.817,98

915.174,00

Totale

214.377.976,83

224.288.108,03

231.780.927,41

228.937.961,95

240.546.917,70

248.051.638,13

+ 15,8% *

* Il tasso di inflazione ISTAT, dal 2001 al 2006, è stato 12%. Si direbbe che c'è stato un mero adeguamento monetario

Tabella 4 - Personale tecnico e amministrativo (voci:1.04,1.05,1.07) - retribuzioni
ANNI 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Variazione 2006/2001
Collaboratori linguistici

2.861.171,22

2.989.821,50

3.593.614,98

3.469.709,53

3.346.700,05

3.478.250,00

Formazione e sviluppo personale

890.898,48

912.309,71

691.453,94

673.886,65

672.394,00

844.605,00

Personale tecnico e amministrativo

67.028.504,86

73.251.139,39

76.793.892,99

78.891.057,86

78.443.222,00

88.016.358,53

+ 31%

Trattamento accessorio da contrattazione dec.

9.011.159,46

5.023.951,59

3.565.410,50

14.049.345,94

12.828.065,43

12.710.997,50

Retribuzioni variabili dirigenti a tempo indeterminato

240.152,46

497.865,06

552.118,33

623.205,90

506.450,65

595.264,84

Retribuzioni variabili dirigenti a tempo determinato

1.120.711,47

1.367.674,43

1.300.567,62

1.466.462,50

2.130.000,00

2.265.500,00

+ 100%

Altri interventi per personale

3.343.203,93

3.222.356,10

3.006.283,71

3.230.537,64

4.148.226,00

6.228.566,36

Personale tecnico e amministrativo a contratto

4.845.866,52

4.755.668,75

6.303.567,17

6.709.586,61

8.590.366,16

6.914.703,25

TOTALE

89.341.668,39

92.020.786,53

95.806.909,24

109.113.792,63

110.665.424,29

121.054.245,48

+35,5%

Retribuzioni personale amm.ne centrale per prestazioni c/terzi

1.607.986,44

2.498.220,21

1.803.908,75

2.826.411,14

2.943.866,45

3.085.313,77

Retribuzioni personale presso enti ospedalieri prestazioni c/terzi

25.735.141,45

21.933.583,53

27.528.147,48

24.374.180,10

26.513.000,00

33.902.000,00

27.343.127,89 24.431.803,74 29.332.056,23 27.200.591,24 29.456.866,45 36.987.313,77

+35,3%

Tabella 5 - EDILIZIA E SPAZI
ANNI 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Variazioni 2006/2001

Acquisto di immobili

2.046.790,45

1.734.945,24

490.634,05

10.643.055,17

10.395.659,05

5.154.561,74

Ricostruzioni di immobili

25.222.682,40

13.720.925,63

21.513.517,85

20.814.842,99

27.092.169,22

22.462.090,66

Nuove costruzioni

-

0,00

0,00

0,00

0,00

-

Spese finanziate da mutui

649.492,40

437.011,71

388.448,92

374.075,40

374.075,40

93.497.404,16

Edilizia sportiva

1.876.566,64

2.114.566,65

2.114.566,65

1.572.445,38

1.501.297,32

1.373.105,93

Previsioni definitive

58.829.425,61

38.584.134,85

64.640.665,33

51.288.281,31

Previsioni assestate a ottobre

-

111.710.978,78

178.208.740,35

+ 200%

Impegnato

25.332021,09

24.395.325,79

 

Tabella 6
ANNI 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Programmaz.e sviluppo Sistema Universitario.

2.667.370,25

4.580.132,02

4.444.499,45

1.213.832,03

5.975.103,87

Previsione definitiva
4.638.952,00
impegnato
376.114,00

Quote associative a enti,consorzi,fondazioni, ecc

1.061.737,62

1.261.518,10

2.712.418,28

2.408.342,24

2.747.794,57

prevsione definitiva
2.776.300,57
impegnato
376.114,00

Spese per collaborazioni esterne

1.265.359,27

1.845.124,83

2.253.898,21

2.750.509,81

3.574.871,77

impegnato
2.66.543,28

Tabella 7 - Finanziamento della ricerca
ANNI 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Finanziata da MIUR

17.899.727,02

22.143.348,20

22.386.766,10

24.779.528,52

23.711.130,59

29.361.528,88

Finanziata da altri enti pubblici

1.077.785,31

2.477.842,36

4.469.236,03

379.050,94

217.671,03

197.960,16

Ricerca finanziata da Ateneo

13.812.411,36

10.908.527,97

6.791.073,52

5.994.946,07

5.806.203,96

11.487.647,00

TOTALE RICERCA

32.789.923,68

35.529.718,53

33.647.075,65

31.153.525,53

29.845.825,58

41.181.976,04

 

 

* ALCUNE INFORMAZIONI SULLA FIGURA DEL NUOVO PRESIDE
(TRATTI DEL WEB DELL'ATENEO)

- Professore Ord. di Tecnica delle costruzioni
- Membro del Senato Accademico dell'Ateneo
- Presidente della Commissione edlizia, Ateneo di Bologna
- Direttore del  Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti, Delle Acque, del Rilevamento, del Territorio - DISTART

- Principali pubblicazioni:
1          Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"About influence of axial force on the non linear seismic response of R/C frame", Proceedings of the Eleventh European Conference on Earthquake Enginnering (Paris, 18/9/98-24/9/98) a cura di P. Bisch, P. Labbe', A. Pecker, pp. 176/1-176/15, A. A. Balkema, Rotterdam, Netherlands, Parigi, 1999 [cod. 1017077/99]

2          Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi, Stefano Benni
"Adeguamento sismico di una struttura in c.a. esistente mediante isolamento alla base: progettazione, modellazione ed analisi", 14° Congresso C.T.E. (Mantova, 7/11/2002-9/11/2002) a cura di C.T.E.
pp. 525-534, C.T.E., Mantova, 2002 [cod. 1017002/02]

3          Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Analisi del danneggiamento di telai in c.a. progettati con gli Eurocodici e soggetti ad azioni sismiche con componente orizzontale e verticale"
10° Convegno Nazionale "L'Ingegneria sismica in Italia" (Potenza, 9/9/2001-13/9/2001) a cura di ANIDIS
pp. 116/1-116/12, Associazione Nazionale Italiana di Ingegneria Sismica, Potenza, 2001 [cod. 1017008/01]

4          Alessandro Capra, Pier Paolo Diotallevi, Stefano Gandolfi, Giuseppe Lombardini, Antonio Zanutta, "Analisi di deformazioni e sforzi sulla facciata nord del chiostro maggiore della chiesa di S. Stefano (Bologna) mediante rilievo fotogrammetrico e misure vibrometriche"
Atti della Terza Conferenza Nazionale ASITA (Napoli, 9-12 novembre 1999) a cura di ASITA,pp. 1243-1244, Arte Stampa, Daverio (VA), 1999 [cod. 1017020/99]

5          P. P. Diotallevi
"Approccio alla determinazione dello stato tensionale relativo alla Torre Garisenda", Rapporto DISTART nell'ambito della convenzione tra Comune di Bologna e Universita' di Bologna."
Distart, Bologna, 1997, pp. 1-30 [cod. 3017018/97]

6          Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Coefficiente di struttura e comportamento a collasso di telai in c.a.: influenza dello sforzo assiale e della componente verticale del sisma"
3a Conferenza Plenaria "La sicurezza delle strutture in calcestruzzo armato sotto azioni sismiche con riferimento ai criteri progettuali di resistenza al collasso e di limitazione del danno dell'Eurocodice 8 (Roma, 14/12/2001) a cura di G. Toniolo
pp. 17-26, Politecnico, Milano, 2002 [cod. 1017003/02]

7          Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Effect of the axial force and of the vertical ground motion component on the seismic response of R/C frames"
12* World Conference on Earthquake Engineering (Auckland - New Zealand, 30/1/2000-4/2/2000) a cura di 2000 New Zealand Society for Earthquake Engineering, pp. 1026/1-1026/8, 2000 New Zealand Society for Earthquake Engineering, New Zealand, 1999 [cod. 1017076/99]

8          Pier Paolo Diotallevi, Nerio Tullini, Antonio Tralli, Antonio Paladin
"Identificazione strutturale di un edificio di muratura sottoposto a prove di vibrazione forzata", 9* Convegno Nazionale "L'ingegneria Sismica in Italia" (Torino, 20/9/1999-23/9/1999) a cura di ANIDIS
pp. 54/1-54/12, ANIDIS, Torino, 1999 [cod. 1017079/99]

9          Maria Bignozzi, Franco Sandrolini, Pier Paolo Diotallevi, Diego Pagnini, "Il Calcestruzzo di Zolfo", INARCOS, 602, n. , pp. 763-770 (1999), [cod. 4096033/99]

10        Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Incidenza dello sforzo assiale normalizzato di progetto sulla risposta sismica di telai in c.a. progettati secondo l'EC8"
3a Conferenza Plenaria "La sicurezza delle strutture in calcestruzzo armato sotto azioni sismiche con riferimento ai criteri progettuali di resistenza al collasso e di limitazione del danno dell'Eurocodice 8 (Roma, 14/12/2001) a cura di G. Toniolo, pp. 27-36, Politecnico, Milano, 2002 [cod. 1017004/02]

11        P. P. Diotallevi , F. Campedelli
"Indice di danno ed energia isteretica quali criteri di progettazione di telai piani di c. a. in zona sismica.", Ingegneria sismica, a, n. , pp. a-a (1997), [cod. 4017027/97]

12        Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Interazione momento-sforzo normale nell'analisi sismica non lineare di telai in c. a.", 9* Convegno Nazionale "L'ingegneria sismica in Italia" (Torino, 20/9/1999-23/9/1999) a cura di ANIDIS, pp. 98/1-98/12, Associazione Nazionale Italiana di Ingegneria Sismica, Torino, 1999 [cod. 1017078/99]

13        Pier Paolo Diotallevi, Odine Manfroni, Nerio Tullini
"On site dynamic test of a long span timber footbridge"
Footbridge 2002 (Parigi, 20-22 novembre 2002) a cura di AFGC-OTUA
pp. 1-11, AFGC-OTUA, Parigi, 2002 [cod. 1017006/02]

14        Pier Paolo Diotallevi, Nerio Tullini, "Prove di vibrazione armonica forzata e identificazione strutturale di un ponte in c. a. ad arco di grande luce dopo circa cinquanta anni di esercizio", Giornate AICAP 2002 (Bologna, 6-8 giugno 2002) a cura di AICAP, pp. 483-492, AICAP - Associazione Italiana Cemento Armato e Precompresso, Bologna, 2002 [cod. 1017005/02]

15        Pier Paolo Diotallevi, Nerio Tullini
"Prove di vibrazione forzata eseguite sull'edifico a torre della società Mercatone Uno di Imola", Ingegneri Architetti Costruttori, 1, n. 616, pp. 21-27 (2001), [cod. 4017009/01]

16        Claudio Ceccoli, Pier Paolo Diotallevi, Marco Savoia, Claudio Mazzotti, Tomaso Trombetti
"Seismic isolation retrofitting of historic buildings, a case study: the ex caserma Zucchi in Reggio Emilia"
"Protezione sismica dell'edilizia esistente e di nuova edificazione attraverso sistemi innovativi" - pubblicazione on line - (Napoli, giugno 2000) a cura di -, pp. 1-10, Edizioni De Luca, -, 2000 [cod. 1017024/00]

17        P. P. Diotallevi, R. Poluzzi,et al., "Sperimentazione dinamica ed identificazione strutturale: risultati salienti e considerazioni critiche relative ad un programma di prove eseguite su viadotti autostradali"
Giornate AICAP in memoria di Cestelli Guidi (Roma, Ottobre 1997) a cura di vari, pp. 249-258, in proprio, a, 1997 [cod. 1017061/97]

18        Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Studio degli effetti dei carichi assiali e della componente verticale del sisma sul comportamento di telai in c.a. progettati con l'Eurocodice 8"
2a Conferenza Plenaria "La sicurezza delle strutture in calcestruzzo armato sotto azioni sismiche con riferimento ai criteri progettuali di resistenza al collasso e di limitazione del danno dell'Eurocodice 8" (Firenze, 15/12/2000) a cura di G. Toniolo, pp. 19-28, Politecnico, Milano, 2001 [cod. 1017010/01]

19        Pier Paolo Diotallevi, Claudio Ceccoli, Tomaso Trombetti, Claudio Mazzotti, Marco Savoia, Nerio Tullini, Nicola Cosentino, "Studio dell'isolamento di un edificio monumentale italiano: la ex Caserma Zucchi di Reggio Emilia", 9 Convegno Nazionele "L'ingegneria sismica in Italia" (Torino, 20-23/9/1999) a cura di ANIDIS
pp. 144/1-144/12, ANIDIS, Torino, 1999 [cod. 1017080/99]

20        P. Ferrari, P. P. Diotallevi, "Su di un criterio di rinforzo antisismico realizzato con nucleo di c. a. articolato al piede"
Giornate AICAP in memoria di Cestelli Guidi (Roma, Ottobre 1997) a cura di vari, pp. 73-82, in proprio, Roma, 1997 [cod. 1017060/97]

21        Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi, "Sul comportamento a collasso e sulla determinazione del coefficiente di struttura di telai in c.a. progettati con gli Eurocodici", 10° Convegno Nazionale "L'Ingegneria sismica in Italia" (Potenza, 9/9/2001-13/9/2001) a cura di ANIDIS
pp. 114/1-114/12, Associazione Nazionale Italiana di Ingegneria Sismica, Potenza, 2001 [cod. 1017009/01]

22        Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi, "Sull'influenza della componente verticale nella risposta sismica di elementi strutturali in c.a.: confronto tra modelli analitici", 13* Congresso C.T.E. (Pisa, 9/11/2000-11/11/2000) a cura di C.T.E., pp. 79-88, C.T.E., Pisa, 2000 [cod. 1017025/00]

23        Pier Paolo Diotallevi, Luca Landi
"Valutazione del grado di sicurezza sismica di strutture in c.a. progettate secondo la normativa italiana e gli Eurocodici", 14° Congresso C.T.E. (Mantova, 7/11/2002-9/11/2002) a cura di C.T.E.
pp. 515-524, C.T.E., Mantova, 2002 [cod. 1017001/02]

 

ATENEO DI BOLOGNA: il Rettore  torna a soffiare sulla crisi del bilancio

calzolari-nuovo.jpg (4812 byte)
Pier Ugo Calzolari


Rettore: "Senza misure, in qualche anno si chiude,
portiamo i libri in tribunale"…

(testo ripreso da: http://bologna.repubblica.it/ del 28 marzo 2007)


   LUCIANI
: "Ma poi, da una analisi storica dei bilanci dal 2001 al 2006, risulta che
le entrate non sono mancate
(credo per merito delle scelte "virtuose" preimpostate dal predecessore F. Roversi Monaco,  rilevate dal Ministro Zecchino in persona qui a

Numero studenti

Bologna). Ne deriva che la crisi attuale dipende dal fatto che, negli scorsi anni, il Rettore
Anno

Bologna

Italia

2001/02 102.311 1.707.121
2002/03 102.321 --
2003/04 101.951 --
2004/05 99.173 --
2005/06 96.323 --
2006/07 91.888 1.780.743
ha speso o impegnato più di quanto poteva. Cova, poi, sotto la cenere il dubbio che sulla crisi soffi un "qualcuno" per scaricarne le conseguenze sui professori, ancora bloccandone le assunzioni ( soprattutto di professori ordinari e associati), e ciò alimenta preoccupazioni sulla tenuta della qualità del sistema universitario bolognese.
   Le preoccupazioni sono coerenti col fatto che il numero degli studenti (escluso il post-laurea) è calato non poco dal 2001 al 2006 per cui, l'Ateneo sembra avere una guida che lo porta verso il declino. A fianco è riportata la relativa tabella sugli studenti.

 

COSA RISULTA DAI BILANCI*
dal 2001 al 2006

   I dati riportati sono copiati direttamente dai bilanci dell'Ateneo. A fianco di ogni riga è riportata la chiave del bilancio, per cui chiunque può verificarne la fonte, andando direttamente all'originale.
   La TABELLA 1 contiene i dati a prezzi correnti dal 2001 al 2006. In essa sono riportate le "Entrate totali" e alcune sue voci significative, quali i Contributi studenteschi, il Fondo statale di finanziamento ordinario (FFO), la quota (a bilancio) del Finanziamento privato della ricerca (ex-art. 66 del DPR 382/80), le entrate da vendite di immobili, i prestiti.

   Le entrate ordinarie risultano quasi tutte crescenti, al passare degli anni,. E qui emerge, in particolare, il forte sostegno del bilancio, da parte dei contributi studenteschi. L'eccezione è data dalla quota dei finanziamenti privati della ricerca, iscritta a bilancio (una entrata che dipende dalla intraprendenza dell'Ateneo). Su questo punto, che va ricondotto ad una responsabilità di Calzolari Rettore e del Direttore Amministrativo), rinvio ad un servizio a parte ( clicca su .NUOVA PAGINA).

    La TABELLA 2 fornisce i dati medesimi, ma in moneta a prezzi costanti (del 2006).
   Qui si  viene confermato, ma più fondatamente, che le cifre sono andate sempre crescendo, anche se di poco dal 2005 al 2006 (tranne il finanziamento privato della ricerca).

  I GRAFICI, che seguono, evidenziano la tabella stessa.
   In esso le curve a zig zag rappresentano l'andamento dei valori stessi, anno per anno, fatti uguale a 100 i dati del 2001.
   La linea in grassetto ne è, poi,  l'interpolazione per regressione lineare. Questa che va guardata per un giudizio di sintesi.
   Questa linea è sempre in crescendo, tranne che quella delle entrate, collegate Finanziamento privato della ricerca (ex-art. 66 DPR 382), sulle cui responsabilità del Direttore Amministrativo, oltre che del Rettore, dedichiamo un servizio a parte (clicca su NUOVA PAGINA). NL

 

*Fonte: Università di Bologna, Area della Ragioneria, Settore Bilanci, CONTO CONSUNTIVO, 2001. *Idem 2002, 2003, 2004, 2005, 2006 (previsioni definitive ), 2007 (previsioni iniziali).

Il nostro CONSIGLIO per uscire dalla crisi
è spiegare adeguatamente le spese ....
ma non solo ....

  Se i conti oggi non tornano (ma non per mancanza di soldi), le conseguenze non possono che ricadere sul Rettore, e sicuramente molto di più sul Direttore Amministrativo, responsabile diretto della gestione.
   Soprattutto non si comprende:
1) Per quanta parte la crisi finanziaria dipende dalle spese per attività istituzionali (lauree tri-, bi-ennali) e da spese per attività non strettamente istituzionali non obbligatorie (master, alta formazione ...., e quant'altro affidato alla gestione della Fondazione Alma Mater, che ha un bilancio autonomo);
2) Perchè, pur calando il numero degli studenti, sono tanto aumentate le spese. Al passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento (ossia al (3+2), il numero degli insegnamenti è aumentato in numero abnorme (risilterebbe da 14.124 nel 2000 a 25.946 nel 2006).Forse si è rascurato che, ad es., anche solo frazionando "un" vecchio insegnamento in due, tre insegnamenti, aumenta più che in proporzione il tempo delle prestazioni didattiche e la necessità di aule; e aumentano anche le operazioni amministrative per registrazione degli esami, ecc. .Non è vero che l'informatizzazione sia un grande soccorso per alleviare il personale amministrativo;
3) Perchè ha trascurato i finanziamenti privati alla ricerca (ex-art. 66 DPR) come è provato dal calo del trend);
4) Perchè il bilancio è solo "globale", ossia relativo all'intero Ateneo, senza distinzioni tra le sedi (di Bologna e di quelle della Romagna), per cui non è possibile  verificare dove sono i punti di sofferenza, presupposto essenziale per eventuali interventi correttivi;
5) Perchè non ha "ridotto" le spese del bilancio inquadrando tempestivamente in
I Fascia  i professori associati "anziani", dopo il conseguimento dell'idoneità alla I Fascia, come per anni i sindacati hanno dovuto contestargli. E perchè in questo ha subito il "niet" del Direttore amministrativo ?
6) Perchè l'Ateneo ha (16+1) top manager, mentre la Fiat ne ha 20. Per loro, in aggiunta alla
retribuzione (chiave F.S.1.04.05), il bilancio ha stanziato:
-  nel 2005 per "incarichi dirigenziali"
la somma di € 2.130.000,00  (chiave F.S. 1.04.06) e la somma di € 506.450,84 (chiave F.S. 1.04.05) per "retribuzioni accessorie dirigenti";
-
nel 2006 per "incarichi dirigenziali" la somma di € 2.265.000,00  (chiave F.S. 1.04.06) e la somma di € 595.264,06 (chiave F.S. 1.04.05) per "retribuzioni accessorie dirigenti";
7) Perchè l'Ateneo spende cifre imponenti per collaborazioni esterne : €  
3.574.871,77 nel 2005; € 2.636.543,28 nel 2006. Vedi la chiave di bilancio: F.S.1.02.13.
   A cosa servono i 17 alti dirigenti, se poi si deve valere di tante consulenze esterne ?

 

TABELLA 1 - Previsioni definitive*, dopo l’assestamento a settembre, in € a prezzi correnti
CHIAVE

BILANCI

2001

2002

2003

2004

2005

2006

  Entrate totali

643.398.384,49

751.784.130,93

790.991.003,87

794.868.285,08

855.000.500,13

898.785.483,70

  di cui:            

F.E.1.01+ F.E.1.02
Contributi studenteschi (escluso post laurea)


73.853.794,66


69.941.855,55


78.375.172,47


88.752.241,17


95.647.922,66


97.701.476,47


F.E.1.05.01
FFO-Fondo statale per funzionamento ordinario


322.824.456,30


332.525.877,14


339.515.951,29


358.385.181,00


381.197.215,00


389.335.072,00


F.E.1.13.02+
F.E.1.16.04
Finanziamento privato della ricerca (ex- art. 66 DPR 382/80)


945.856,85


1.001.106,52


1.025.273,46


1.185.455,11


1.134.341,69


906.660,84


F.E.3.25
ENTRATE STRAORD.:
Vendite di immobili


5.858.394,23


180.759,91


0,00


0,00


300.000,00


2.800.000,00


F.E.4
ENTRATE STRAORD.:
Prestiti accesi


20.658.275,96


774.685,34


0,00


0,00


0,00


0,00

* Abbiamo preso le "previsioni definitive" (dopo l’assestamento a settembre) come espressione del consuntivo effettivo, perché le abbiamo ritenute una versione più attendibile del "consuntivo" in senso formale.

TABELLA 2 - Previsioni definitive, dopo l’assestamento a settembre, in € a prezzi costanti 2006

BILANCI

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Entrate totali

714.365.226,30

814.933.997,93

836.789.382,99

824.516.872,11

872.100.510,13

898.785.483,70

di cui:            
Contributi studenteschi (escluso post laurea)


81.999.868,21


75.816.971,42


82.913.094,96


92.062.699,77


97.560.881,11


97.701.476,47

FFO-Fondo statale per funzionamento ordinario


358.431.993,83


360.458.050,82


359.173.924,87


371.752.948,25


388.821.159,30


389.335.072,00

Finanziamento privato per ricerca per conto terzi – art. 66 DPR 382/80


1.138.190,42


1.085.199,47


1.084.636,80


1.271.050,00


1.157.028,52


906.660,84


Vendite di immobili


6.504.575,11


195.943,74


0,00


0,00


306.000,00


2.800.000,00


Prestiti accesi


22.936.883,80


839.758,91


0,00


0,00


0,00


0,00


GRAFICI rappresentativi della TABELLA  2
(in moneta a prezzi costanti)

 

e1-entrate tot.jpg (28943 byte) e2-contr-stud.jpg (29482 byte)
e3-FFO.jpg (28097 byte) e4-art66.jpg (30960 byte)

 

ATENEO DI BOLOGNA: lettera del Rettore sulla situazione finanziaria


Pier Ugo Calzolari

Resa pubblica "la criticità della situazione finanziaria" (il testo è più sotto)

Ma non c'è una analisi delle cause profonde della crisi,
anzi colpa solo del Governo, prima di destra e adesso di sinistra ....
..... che non manda soldi .... (cosa che, pure, è vera) ...

DUBBI SULLA LEGITTIMITA' DEL FATTO CHE I DIRIGENTI SIANO STATI
SOTTRATTI AL CONTROLLO DEL CONSIGLIO DI  AMMINISTRAZIONE

Le ragioni profonde della crisi
(secondo noi)

1) Eccessivo quantità di discipline, per spezzettamento di quelle orginarie e conseguente eccessivo impiego di personale docente esterno, anche a contratto (si vegga la tabella sul bilancio e sul personale, sotto). Ciò ha determinato non poco la dequalificazione delle lauree del nostro Ateneo.
  Criticabile anche l'aver ecceduto nell'assumere Ricercatori, non bilanciati da professori di più alta qualità, perchè i Ricercatori non possono andare da nessuna parte, senza una guida scientifica, ...
e poi per il bene degli studenti ....;

2) Mai affrontato adeguatamente, con gli Enti Locali romagnoli, il

La lettera
del Prof. E. Lorenzini

  Cari Colleghi, dopo le usuali comunicazioni , si è posto in votazione l'approvazione del verbale della seduta
precedente
......
Argomenti fondamentali sono stati:
......
problema delle sedi in Romagna (troppe  e troppo costose, per essere sostenibili da Bologna);

3) Caduta dei Finanziamenti privati alla ricerca  (vedi tabella sul bilancio). Qui gioca un Regolamento locale (approvato da questo Rettore con D.R. n.378 del registro generale dell'Ateneo, in data 05/11/2001, artt. 4 e 5) che tassa col 21% gli utili spettanti al ricercatore. La tassa va aggiunta all'imposta sul reddito e agli oneri previdenziali, per cui i Ricercatori sono disincentivati a collaborare col Rettore (ammesso che se ne occupi) per cercare finanziamenti privati. Col gettito del 2001, ma nel 2006, non ci sarebbe disavanzo nel 2006 (anzi avanzo).

  - Delibera 5.1 "Obiettivi dirigenziali 2005- esito della valutazione".     
     Dopo oltre un anno, si conosce semplicemente la valutazione degli obiettivi più o meno raggiunti dai vari dirigenti, solo per gruppi e senza caratteristiche qualificanti.
     Comunque tale odg non è stato votato poichè lo stesso Rettore ha attribuito alla delibera solo una valenza informativa, cioè di presa d' atto;
.....
.....
   Con viva cordialità.
                                       Enrico Lorenzini

4) Una Dirigenza Amministrativa molto costosa (dirigenti 17, retribuzione mensile lorda, in media, di  € 17.000 circa, e che svolge (ahimè, per legge, senza responsabilità politica) compiti di grande rilevanza, in autonomia dal Rettore, sulla cui efficienza non vi è motivo di dubitare, ma che il Consiglio di Amministrazione vorrebbe verificare, come di dovere, per senso di responsabilità verso gli elettori. Ultimamente il Rettore ha imposto al C.d.A . la sola "presa d'atto" delle relazioni dei Dirigenti sullo stato di attuazione degli obiettivi commissionati a suo tempo dal Consiglio stesso (vedi a fianco la lettera del Prof. Enrico Lorenzini). Ciò contrasta con la legge (vedi sotto), che obbliga al non rinnovo dell'incarico da parte del Consiglio, in caso di inadempienza, ma da accertare (si vegga la nota sulla LEGGE SULLA DIRIGENZA, sotto).

LA LETTERA DEL RETTORE
 
Bologna, 31 gennaio 2007

Alcuni dati sul bilancio e sul personale,
che il Rettore dovrebbe impararsi

Care Colleghe e cari Colleghi, la criticità della situazione finanziaria delle università italiane - e dunque anche del nostro ateneo - va affrontata con grande senso di responsabilità, conoscenza reale del problema, coraggio e spirito di cooperazione. A nulla serve saettare sentenze senza aspettare di conoscere i termini del problema od avendo dimenticato le premesse alla discussione del bilancio di previsione 2007 e le valutazioni sintetiche fatte nella stessa apertura dell’Anno Accademico.
Entro nella questione informando tutti voi sulla disponibilità dei punti di budget delle Facoltà.

1. Budget di Facoltà. Come è già stato ripetutamente dichiarato in Senato rimane nella disponibilità delle Facoltà quanto fu già autorizzato dal Consiglio di Amministrazione. Più precisamente: le Facoltà che non abbiano ancora assunto decisioni circa i punti disponibili entro il 31 maggio 2006 e già autorizzati dal CdA possono procedere alla loro utilizzazione in base alle rispettive programmazioni. I punti residui in questo contingente non sono molti (12,82 punti), ma nemmeno trascurabili poiché equivalgono a 25 posti di ricercatore. Nel bilancio 2007 è stata prevista la copertura finanziaria a partire dal 1° ottobre 2007.
Le Facoltà potranno impegnare questi punti in tre modi:
1. richiesta di bando per concorso per ricercatore,
2. chiamate di professori idonei,
3. richieste di bando per valutazioni comparative riguardanti posizioni di professori di 1° o 2° fascia.
Ricordo che mentre per le operazioni 1. e 2. l’iter può procedere immediatamente, con una decisione definitiva del SA alla fine di febbraio, le operazioni di cui al punto 3. devono attendere il decreto ministeriale che riaprirà i bandi.

2. Gli antecedenti del bilancio 2007. Vengo ora alle questioni di prospettiva. Dovrò affliggervi con qualche numero, ma è indispensabile che i principali elementi della questione finanziaria dell’ateneo siano ben chiari a tutti.
Comincio dalla voce di spesa di maggior peso: quella del personale. Da quattro anni gli aumenti annuali del personale docente e ricercatore, che in precedenza il MUR ripianava con appositi trasferimenti, sono stati accollati pressoché interamente al bilancio dell’ateneo. Se accanto a questo si considerano gli incrementi di carriera, ancora del personale docente e ricercatore (globalmente le due voci corrispondono ad un incremento di 50,1 M€ nel periodo 2003-6), e l’incremento del costo fisso del personale tecnico e amministrativo (26,6 M€ nell’arco 2003-6), si arriva a concludere che nel quadriennio 2003-2006 l’aumento globale del costo del nostro personale è stato pari a 76,7 M€. Poiché a titolo di copertura parziale dei maggiori oneri di personale per quegli stessi anni l’assegnazione ministeriale è stata pari a 27,6 M€, si conclude che il bilancio dell’ateneo ha dovuto assorbire direttamente ben 49,1 M€: l’equivalente di circa 1000 posti di ricercatore!
Per brevità non ricorderò altri minori incrementi di spesa come quelli connessi alla L. 43/2005 e relativi all’adeguamentodegli stipendi dei

ricercatori  non confermati. E’ necessario viceversa ricordare che la spesa per il trattamento accessorio del nostro personale tecnico e amministrativo è passata da 6,7 M€ nel 2003 a 8,8 M€ nel 2006 e che le tre tornate di progressioni orizzontali effettuate (più di 4000 negli anni 2000-2006) hanno inciso per 3,4 M€ quanto a incremento della spesa fissa. Ancora in relazione al nostro personale tecnico-amministrativo, la spesa per buoni pasto è passata da 1,3 M€ nel 2003 a circa 3 M€ nel 2006.
L’aumento del costo delle utenze ha ulteriormente e significativamente appesantito il quadro finanziario: le utenze (compreso il riscaldamento) sono passate da 8 M€ nel 2003 a 14 nel 2005 e, nello stesso periodo, le manutenzioni ordinarie e le pulizie sono passate da 13 a 20 M€. Accanto all’aumento delle tariffe, pesa in questo dato l’espansione di spazi che fortunatamente siamo riusciti a garantire all’ateneo. Per dare un’idea del peso, in termini di costo di gestione e di servizi, di ogni nuova realizzazione edilizia, basti pensare che le sole utenze del nuovo edificio di via Belmeloro (15 aule, 1800 posti) incideranno nel 2007 per non meno di 250.000 €. Entro qualche mese entrerà in funzione il primo grande edificio dell’Ingegneria al Lazzaretto e sarà una nuova grande spesa da assorbire. Questa nostra Università di Bologna sarebbe stata capace di assimilare incrementi di spesa pur così imponenti se negli ultimi anni non fossero radicalmente cambiati – e poi inopinatamente consolidati -  gli orientamenti in tema di finanziamento delle università.

3. Gli ulteriori tagli alle risorse. Poco fa ho ricordato il mancato ripianamento, per quattro anni, dell’aumento annuale del personale docente e ricercatore; ma aggiungiamo:
-l’azzeramento, dell’operazione di riequilibrio, decisa dal Ministero, del FFO tra gli atenei (il finanziamento di UNIBO veniva stimato per 13,5 punti al di sotto di quello standard e il riequilibrio portava al bilancio 8-10 M€ ogni anno, pur non riuscendo a colmare la distanza);
-la riduzione della quota consolidata (si noti il gioco lessicale), che ha sottratto 3,4 M€ nel 2006 alla cifra su cui si era sicuri di poter far conto;
-la riduzione netta del FFO per l’università di Bologna pari a 5,7 M€ prevista come piede di partenza nel 2007;
-l’inconcepibile innovazione del prelievo del 20% dai capitoli della spesa per consumi intermedi (~ 10 M€ nel 2007 e 5 nel 2006);
-l’abolizione dei piani triennali di sviluppo dell’università (a UNIBO, nell’ultima versione 2004-6, 6,4 M€ consolidati e 1,1 M€ una tantum).
L’elenco è incompleto ma credo che sia già sufficiente per cogliere la drammatica divaricazione tra l’andamento naturale della spesa e delle risorse in ingresso.
Se poi si considerano alcune disposizioni della Legge Finanziaria 2007 si rimane dolorosamente colpiti: -20 M€ ai dottorati di ricerca, -12,5 % al Fondo Giovani, -15 M€ all’edilizia, ecc. Di fronte al Ministro Bersani, nel discorso inaugurale dell’Anno Accademico, dichiarai che UNIBO era sì consapevole di doversi adeguare alla due diligence del Ministro Padoa Schioppa, ma che gli interventi che si stavano preparando nella nuova Finanziaria, da una parte, e i tagli già introdotti nei nostri bilanci per far fronte alle riduzioni di risorse degli anni precedenti, dall’altra, stavano conducendo gli atenei sull’orlo dell’ingestibilità finanziaria.

4. Necessità di un confronto sui maggiori temi di prospettiva. Come sia poi andata è ben noto. Malgrado il sostegno del Min. Mussi, l’università è stato il comparto più colpito dalla Finanziaria: ricordiamo, per esempio, che dalla tassa dei consumi intermedi sono stati sollevati gli enti di ricerca ma non l’università, in coerenza con quell’affermazione disperante che abbiamo dovuto ascoltare in quegli stessi giorni: sì risorse alla ricerca ma non all’università. Pensate che nello stesso periodo di tempo giungeva la notizia del progetto di 100 nuove università in India.

Care Colleghe e cari Colleghi, su questa difficoltà storica che sta attraversando l’università in generale e sulla necessità, nonché sulla possibilità di un suo riscatto, vi manderò tra qualche giorno uno scritto con il quale desidero aprire un dibattito in ateneo. Vi invito a prendervi parte e a farlo usando le possibilità di dialogo, di confronto e di condivisione rese possibili dai nostri mezzi interni di comunicazione (il Magazine, innanzi tutto), per evitare di alimentare ulteriormente quest’immagine dell’università come un universo disgregato ed antropico, che dà luogo a una percezione sociale negativa generalizzata che non permette di distinguere tra ciò che funziona e ciò che non funziona, tra chi vuole innovare e chi vuole consolidare i privilegi.

5. Urgenza di misure strutturali per fronteggiare l’emergenza. Torno alla nostra situazione. E’ possibile mantenere in equilibrio il bilancio senza rinunciare ad immettere nuovi giovani nei nostri ruoli e senza sacrificare pesantemente la ricerca? Allo stato, senza cioè interventi dall’esterno (del governo, voglio dire) e coraggiose riforme interne, l’impresa è alquanto problematica. Basti pensare che le disponibilità create dal turn-over (cessazioni per raggiunti limiti d’età, cessazioni anticipate, trasferimenti ed altro), calcolati sia sulle cessazioni certe sia
su quelle statisticamente probabili, non sono nemmeno sufficienti a compensare l’incremento del costo complessivo del personale in servizio (aumenti annuali, biennali e ricostruzioni di carriera).

Bilancio ( a prezzi correnti)

anno 2001

anno 2006

Entrate (al netto partite di giro),
di cui:
643.271.476
(consuntivo)
680.873.081
(prev.  assestata)
- Prestiti 0 93.123.329
-  Fondi privati per la ricerca
(art. 66 DPR/380)

1.898.855

1.711.941
Spese (al netto partite di giro),
di cui:
643.271.476
(consuntivo)
680.873.081
(previsione
- incarichi dirigenziali 1.120.711 2.130.000
SALDO +121.099.044 - 54.456.445

 

Dati sul personale:

Anno 2006

Personale docente di ruolo dell’Univ. di Bologna 3.323
Personale docente non di ruolo (Esterni di altre università, con incarico; Esterni privati, a contratto)  
3.454
Personale amministrativo e tecnico 2.862
TOTALE 9.639

LEGGE SULLA DIRIGENZA. La disciplina attuale delle funzioni dei Dirigenti della Pubblica Amministrazione Italiana ha preso il via con il D.Lgs. 29/1993, ed è stata modificata da successive leggi, da ultimo dalla L. 15 luglio 2002, n. 145, il cui Art. 5 (La valutazione del personale con incarico dirigenziale), recita.
1. Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo di gestione, valutano, in coerenza a quanto stabilito al riguardo dai contratti collettivi nazionali di lavoro, le prestazioni dei propri dirigenti, nonché i comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative).
2. ….. Il procedimento per la valutazione è ispirato ai principi della diretta conoscenza dell'attività del valutato da parte dell'organo proponente o valutatore di prima istanza, della approvazione o verifica della valutazione da parte dell'organo competente o valutatore di seconda istanza, della partecipazione al procedimento del valutato.
3. Per le amministrazioni dello Stato, la valutazione è adottata dal responsabile dell'ufficio dirigenziale generale interessato, su proposta del dirigente, eventualmente diverso, preposto all'ufficio cui è assegnato il dirigente valutato . Per i dirigenti preposti ad uffici di livello dirigenziale generale, la valutazione è adottata dal capo del dipartimento o altro dirigente generale sovraordinato. Per i dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni ed ai quali si riferisce l'art. 14, comma 1, lettera b), del decreto n. 29 la valutazione è effettuata dal Ministro, sulla base degli elementi forniti dall'organo di valutazione e controllo strategico.

STATUTO GENERALE DELL'ATENEO - Art 44
5. I dirigenti sono tenuti a presentare al Consiglio di Amministrazione … un programma annuale di attività che deve tradurre in termini operativi gli obiettivi stabiliti dal piano annuale per l'attività didattica e scientifica di cui all'art. 36.3 lettera b), per quanto di loro competenza, nonché del piano di attività adottato dal Consiglio di Amministrazione ai sensi dell'art. 37.1 lettera b).
6. Il programma di attività di cui al comma precedente è approvato dal Consiglio di Amministrazione, sentito l'ufficio per il controllo di gestione e il dirigente interessato, e costituisce il riferimento per la valutazione della responsabilità dirigenziale.

NOTA. All'Università di Bologna l'organo di valutazione dei dirigenti è il direttore amministrativo. Ma, una cosa è la specifica competenza tecnica del Direttore sul valore delle prestazioni, una cosa è la competenza politica del CdA, che è il controllo sull'attuazione del programma.
Infatti, in  base all'art. 44 dello Statuto, è prerogativa del Consiglio approvare il programma di attività dei dirigenti. Così diviene compito del Consiglio il controllo sullo stato di attuazione del programma medesimo. Fatto questo, il Consiglio passerà all'organo di valutazione la relazione del Dirigente perchè sia valutata. Ma mai e poi mai il Direttore potrebbe opporsi ad esigenze del Consiglio di avere notizie, adeguate, prima di passare gli atti al valutatore.
  Aggiungo che negli enti locali, la valutazione è affidata ad un Nucleo di valutazione. Non sarebbe male che, in considerazione dell'autonomia delle università, si facesse altrettanto a Bologna, e l'occasione è l'attesa modifica dello Statuto dell'Ateneo.
   Sempre per notizia, al dirigente valutato spetta una indennità di risultato, diversificata per fascia. Non conosciamo i dati individuali di Bologna, ma dal bilancio abbiamo tratto che
(qui il Fondo per la indennità di risultato è di totali € 2.130.000 – vedi Bilancio di Previsione 2006, assestato al 30.09.2005, Tit. I, Cat. 4). Tenuto conto della retribuzione e di altre voci, in media un dirigente percepisce mensilmente (al lordo delle imposte), €  17.000.


E' interessante, infine, dare un'occhiata al CONTRATTO COLLETTIVO DECENTRATO INTEGRATIVO DIRIGENTI UNIVERSITA’ CA’FOSCARI - VENEZIA
(Ripreso da INTERNET, salvo buon fine)
.........  
………
Art. 4)- Retribuzione di risultato

1. Le parti concordano di assegnare i seguenti valori retributivi individuali massimi da collegare al raggiungimento dei  risultati dei singoli dirigenti:
a) complessivamente per gli anni 97-2000: fino ad un massimo di €  7.500
b) per ciascun anno 2001 e 2002: 20% del valore annuo della retribuzione di posizione definita con contratto individuale sulla base dell’articolazione delle posizioni organizzative oggetto di concertazione tra le parti. Il verbale di concertazione è allegato al presente contratto. (all. B)

2. La retribuzione di risultato di cui al punto a) verrà liquidata previa valutazione che il  Direttore Amministrativo produrrà  con relazione descrittiva dell’attività richiesta e dei risultati raggiunti. Il valore della retribuzione individuale sarà definito in coerenza con la valutazione effettuata.

3. La retribuzione di risultato di cui al punto b) verrà liquidata previa verifica da parte del Direttore Amministrativo del raggiungimento degli obiettivi assegnati e  della valutazione della prestazione di ciascun dirigente secondo il sistema di valutazione dell’attività oggetto di concertazione tra le parti. Il verbale di concertazione è allegato al presente contratto  (all. C).

ALLEGATO B) - ARTICOLAZIONE DELLE POSIZIONI ORGANIZZATIVE, DELLE FUNZIONI E DELLE RESPONSABILITA’ AI FINI DELLA RETRIBUZIONE DI POSIZIONE DEI DIRIGENTI.

Pur in difetto di un dettagliato metodo di  pesatura traducibile in punteggi delle posizioni organizzative dei dirigenti, che si ritiene debba comunque essere definito entro la fine dell’anno e in occasione del rinnovo o diversa attribuzione degli incarichi dirigenziali, le parti concordano sulla seguente articolazione delle fasce cui vanno correlate le posizioni organizzative secondo i parametri connessi al livello di collocazione nella struttura organizzativa, alla complessità organizzativa e alle responsabilità gestionali interne ed esterne

I^ fascia: €. 8.780,00 – €. 15.000,00 per le posizioni cui competono attività di gestione di specifici progetti o direzione di unità organizzative non complesse nonché funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca. In attesa della valutazione di dettaglio soprarichiamata le parti ritengono equa e compatibile con le disponibilità del bilancio l’erogazione della somma di € 11.500,00 (comprensiva della somma di €. 8.779,77 attribuita a titolo di retribuzione di posizione parte fissa) a compenso di detta attività

II^fascia: € 15.000,01 - €. 25.000,00 per le posizioni cui competono attività di direzione di unità organizzative complesse ma scarsamente articolate. In attesa della valutazione di dettaglio soprarichiamata le parti ritengono equa e compatibile con le disponibilità del bilancio l’erogazione della somma di €. 18.000,00 (comprensiva della somma di €. 8.779,77 attribuita a titolo di retribuzione di posizione parte fissa) a compenso di detta attività

III^fascia: €. 25.000,01 –  €. 42.350,00 per le posizioni cui competono attività di direzione di unità organizzative complesse notevolmente articolate o diversificate. In attesa della valutazione di dettaglio soprarichiamata le parti ritengono equa e compatibile con le disponibilità del bilancio l’erogazione della somma di €.28.500,00 (comprensiva della somma di €. 8.779,77 attribuita a titolo di retribuzione di posizione parte fissa) a compenso di detta attività.

ALLEGATO C) - SISTEMA DI VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DEI DIRIGENTI AI FINI DELLA  EROGAZIONE DELLA RETRIBUZIONE DI RISULTATO

La valutazione delle singole performance dei dirigenti compete al Direttore Amministrativo che valuterà il livello del risultato raggiunto considerando la correlazione tra strategie dell’Ateneo e obiettivi assegnati a ciascuno.
La valutazione dell’attività dei dirigenti, realizzabile anche mediante rivisitazione critica del proprio ruolo da parte dei singoli dirigenti, è finalizzata al miglioramento continuo delle prestazioni. Pertanto un ruolo fondamentale assume il coinvolgimento dei singoli dirigenti nell’attività di valutazione finalizzato ad approfondire le attività svolte, le motivazioni degli eventuali scostamenti e a fornire soluzioni per la conseguente attivazione dei necessari interventi di miglioramento.
L’oggetto della valutazione riguarda sia l’area del risultato sia l’area del comportamento organizzativo. Entrambe le aree  hanno lo stesso peso.

Area di risultato. Il modello prevede la definizione di obiettivi assegnati e concordati ad inizio anno tra la direzione amministrativa e il singolo dirigente. Tali obiettivi saranno declinati a cura del dirigente in dettagliati piani di azione che dovranno prevedere titolo e descrizione del progetto, ambito puntuale dell’azione, matrice delle responsabilità, fasi di attuazione, criticità,  livello di risultato atteso e definizione degli indicatori di risultato in coerenza con i mezzi e le risorse dispomibili.
Il singolo obiettivo/progetto sarà pesato a priori a cura della direzione in rapporto al valore complessivo dell’area di risultato assegnata al singolo dirigente.
Alla fine dell’anno avverrà la consuntivazione del risultato mediante compilazione di un’apposita scheda.
…….

.......

Riferiamoci, per esempio, al caso del 2006. Le cessazioni per limiti d’età corrispondono a 24 punti, quelle per motivi imprevisti fino al 31/5 a 16 punti, quelle successive al 31/5 per gli stessi motivi a 33,6 punti: in totale 73,6 punti. Orbene, il solo aumento annuale di stipendio del 2006 corrisponde a 51 punti mentre quelli biennali e per ricostruzioni di carriera corrispondono a circa 23 punti, che in totale fanno 74 punti di budget.
Né, purtroppo, si può pensare che la situazione possa alleggerirsi granché negli anni prossimi, poiché il turn-over prevedibile con certezza sarà pari a 30,3 punti nel 2007, 26,4 nel 2008 e 26,3 nel 2009.
Per non arrenderci alle conseguenze di questi dati  e raggiungere i nostri obiettivi di sviluppo, dobbiamo ricorrere a misure che incidano più in profondità sui i flussi finanziari dell’ateneo. Nelle linee guida immaginate in preparazione del bilancio di previsione 2007 le chiamammo misure strutturali. Attorno ad esse stiamo attualmente lavorando, distinguendo quegli interventi che potranno avere un effetto immediato già nel bilancio 2008 da quelli che potranno risultare efficaci soltanto in un secondo tempo. Ci muoviamo con l’obiettivo di garantire gli impegni già assunti (servizi fondamentali per gli studenti, pagamento di stipendi, conclusione di opere edilizie indispensabili), non arrestare l’investimento in ricerca, non bloccare l’immissione dei giovani ma, nello stesso tempo, salvaguardare la solidità del bilancio.
425 ricercatori immessi nei nostri ruoli in poco più di due anni, quasi 100 dei quali con risorse aggiuntive tratte dal bilancio, l’azione svolta in campo nazionale in difesa del ruolo, anzi la battaglia per la trasformazione del ruolo in terza fascia docente, tutto questo non consente di avere dubbi sul fatto che la questione dei giovani, in quanto posta nel cuore stesso del tema della ricerca, è stato assunto come orientamento principale dell’azione di UNIBO.Tuttavia, non c’è buon amministratore che, per ricondurre ad un andamento stazionario la voce più pesante del bilancio e cioè quella del personale docente e ricercatore, non cercherebbe di individuare risorse aggiuntive nello stesso bilancio per eventuali controllate espansioni della spesa nei settori ritenuti strategici. Mostrare di preoccuparsi per i giovani senza conoscere i fatti e ripetendo, in maniera generica, che le risorse necessarie sono recuperabili, non aiuta né la causa dei giovani né quella dell’ateneo.
Non è il caso che io anticipi oggi l’elenco delle ipotesi che si sta analizzando, in quanto esse verranno proposte e discusse tra breve al nostro interno: ciò che è certo, tuttavia, è che su di esse si misurerà la volontà autentica di assumere su di noi i problemi dell’ateneo, senza abbandonarsi ai feticci retorici più scontati o tentare di riempire il tino vendemmiando soltanto nella vigna del vicino.
Io confido nell’impegno del Min. Mussi, confermato anche di recente, sulla necessità di riportare nel 2008 l’università e la ricerca scientifica al centro dell’attenzione del Governo, ma soprattutto sono fiducioso nella nostra capacità affrontare questi difficili problemi con serenità e spirito cooperativo. Vi saluto con affetto. Pier Ugo Calzolari

 

Nuovo sistema di "governance delle università" - 7 gennaio 2007


Guido Trombetti

Proposto dalla CRUI*:
"Il CONTROLLO  DEI  RISULTATI"
in luogo del "CONTROLLO DEL PROCESSO"

   LUCIANI: il progetto può funzionare, purchè i Rettori acconsentano al
   controllo democratico locale degli Atenei, oggi in mano a "poteri occulti".
   La via  maestra è calare localmente l'Ordinamento dei Comuni, con aggiustamenti.

 
     G. TROMBETTI, "Governance e    valutazione"

  " L'Università è un bene pubblico e vive di risorse pubbliche. Come garantire che le risorse date dallo Stato all'Università italiana siano ben spese? È possibile formulare regole generali che vadano bene per tutti? È possibile farlo lasciando contemporaneamente agli Atenei la possibilità di valorizzare le proprie specificità?
................................... ......
   È necessaria una considerazione preliminare. Il sistema universitario italiano è una struttura complessa. Atenei specialistici ed Atenei generalisti. Atenei piccoli e giovani. Atenei antichi e mega. Atenei statali e non statali...
    La diversità di vocazioni presenti nel sistema è una ricchezza che va preservata. Specialmente in periodi di forti cambiamenti della società e dell'economia nel contesto internazionale. L'ingresso dei Paesi dell'Est nell'Unione Europea, la prossima area di libero scambio del Mediterraneo, l'intensificarsi dei rapporti con la Cina e l'estremo oriente. Tutto ciò in presenza di rivoluzioni scientifiche e tecnologiche profonde, che sollecitano la cooperazione tra ambiti disciplinari fino ad ieri lontanissimi. In questi cambiamenti si annidano mille nuove domande di formazione e di conoscenza. Mille nuove possibilità di ricerca. Perché tali opportunità possano essere esplorate ed opportunamente sfruttate, la diversità e l'autonomia dei singoli Atenei va preservata, un'autonomia - è bene sempre rammentarlo - costituzionalmente garantita ma non sempre normativamente preservata.
    Per questa ragione il rapporto tra controllo centrale ed autonomia va ridefinito, assumendo una nuova prospettiva culturale. Definendo un nuovo patto tra controllore e controllato.
    Vi sono due possibili modi per esercitare il controllo. Controllare i processi o controllare i risultati. Nel primo caso il controllore fissa le modalità con cui utilizzare le risorse: le tipologie di spesa, i tetti da rispettare, le risorse professionali e tecniche da acquisire. Nel secondo caso indica gli obiettivi da conseguire, le loro modalità di valutazione, lasciando libero il controllato di individuare i processi più idonei a conseguirli.

   Fino ad ieri l'orientamento era che bisognasse controllare i processi. Magari introducendo nuove regole, che correggessero leggine, decreti, emendamenti, regolamenti, circolari, note di indirizzo. Ancora oggi, nella Finanziaria, sono sparsi innumerevoli vincoli sui bilanci delle Università: vincoli di destinazione e vincoli di utilizzo come quelli sulle spese per i convegni scientifici, sui servizi e sulle stesse risorse per la contrattazione decentrata.
    Come si può facilmente intuire ogni regola riduce la libertà d'azione ed indirizza i comportamenti verso una determinata direzione. E ciò può essere un bene, perché aumenta l'efficienza dell'azione. Ma un numero di regole eccessive è un male. Si rischia l'asfissia per overdose di norme. Pensate all'internazionalizzazione. Gli Atenei che coraggiosamente si sono avventurati in programmi internazionali sanno quanto devono patire per sciogliere lacci amministrativi di ogni tipo. Un giorno proverò a raccontare la quotidiana epopea per realizzare una Facoltà di Medicina in Uganda. Operazione ad esclusivo fine socio-umanitario. Ogni piccola azione sembra proibita. Ci vuole una speciale ingegnosità amministrativa per superare con cavillose interpretazioni i divieti che sbarrano il passo.
   A mio avviso è venuto il momento di compiere una decisiva svolta culturale. Che richiede una buona dose di coraggio. Si tratta semplicemente di rinunciare a progettare il funzionamento del sistema universitario in tutti i suoi particolari. Limitandosi a predisporre per contro centralmente solo obiettivi e principi molto generali, lasciando liberi i soggetti di applicarli come meglio credono. E valutare infine con severità e precisione i risultati ottenuti. La sfida della nuova governance sta tutta in questa terna di concetti: progetto generale "di massima" (oserei dire "imperfetto", per rubare l'idea a Rita Levi di Montalcini); esplorazione delle possibilità ambientali da parte dei singoli soggetti, che completano le regole imperfette con proprie regole ad hoc; valutazione dei risultati raggiunti.
   Il cardine non sta nel progetto iniziale. Sta tutto nel sistema di valutazione. Per questa ragione abbiamo apprezzato la novità importante della creazione dell'Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario. La valutazione potrebbe trasferire il peso del controllo dal processo ai risultati. Potrebbe valorizzare la diversità tra gli Atenei. Potrebbe incentivare comportamenti virtuosi e aiutarci a correggere e modificare comportamenti non all'altezza o francamente da censurare. Potrebbe insomma veramente generare un nuovo sistema di governance negli Atenei. Una valutazione siffatta deve peraltro rispettare alcuni principi. Innanzitutto la valutazione deve svolgersi con un meccanismo a cascata.     L'Agenzia valuta le strutture. Queste a loro volta valutano i risultati individuali, del personale docente e del personale tecnico -amministrativo. Un sistema di valutazione che non arriva ad incidere sui comportamenti dei singoli è inefficace. Ma arrivare a definire cosa deve fare una singola persona dal centro che sta lontano è impossibile. Per un difetto di razionalità insita nella nostra natura umana. La stessa razionalità limitata che ha condannato i piani quinquennali di sovietica memoria al fallimento. È il singolo Ateneo che può e deve individuare un proprio sistema di valutazione interno, idoneo a valorizzare i propri punti di forza e a conseguire i propri obiettivi strategici. Anche nel caso della valutazione della ricerca è necessario evitare accuratamente inefficaci tentazioni dirigistiche. Tutti sanno che le diverse comunità scientifiche hanno sedimentato nel tempo pratiche di ricerca e criteri di valutazione dell'eccellenza molto diversi tra loro. L'Impact Factor e il Citation Index possono andare bene per la Fisica. Sono assolutamente inapplicabili, per il momento almeno, in molte aree umanistiche. Piuttosto che inventarsi regole generali per tutti, l'Agenzia potrebbe contribuire a esplicitare, migliorare e generalizzare i criteri che i gruppi accademici già si sono dati in ambito internazionale. Insomma, il principio fondamentale che deve essere alla base della valutazione è rispettare la diversità.
   Per essere efficace la valutazione dovrebbe adottare un ulteriore principio: quello della condivisione. Quando si valutano attività complesse, come quelle della ricerca e della formazione, è praticamente impossibile innescare comportamenti virtuosi senza un qualche coinvolgimento del soggetto valutato nella definizione dei criteri e degli obiettivi e senza concordare tra centro e periferia piani di miglioramento delle prestazioni, che possono essere diversi per ogni Ateneo.

   Voglio sottolineare che la valutazione non deve limitarsi a premiare i migliori e punire í peggiori, ma deve ricercare il miglioramento complessivo del sistema. E la qualità media del sistema universitario aumenta non se il primo rimane primo, ma se l'ultimo ha fatto un passo avanti. Quindi, utilizzare la valutazione non per fare classifiche, che servono a ben poco, ma per innescare percorsi di miglioramento. Valutare l'entità dello sforzo insieme al livello di qualità raggiunto. Infine, ed è questo il punto cruciale, la valutazione deve prevedere incentivi significativi per i comportamenti virtuosi. L'incentivo ha diverse valenze. Aiuta í soggetti a raggiungere gli obiettivi. Ma, soprattutto, rende credibile il processo di valutazione. Prova in modo tangibile che si sta facendo sul serio.
   Insomma, è dalla valutazione che può nascere un nuovo sistema di governance dell'Università italiana. Una valutazione che sia tollerante nella sperimentazione quanto inflessibile nei giudizi di merito e nei criteri relativi."

* Dalla Relazione Annuale 2006 sullo stato delle Università italiane

Come potrebbe impostarsi un
progetto siffatto di "Governance"
(nostra elaborazione)

Il progetto in sintesi:
1)  Separazione tra proprietà e gestione. La proprietà rimane allo Stato; la gestione va totalmente alle Università. Inoltre, lo Stato conserva la figura di utente, in rappresentanza delle famiglie, pagatrici delle imposte che finanziano la spesa statale per l'università;
2) lo Stato, in quanto utente
(rappresentante delle famiglie):
    a) finanzia le università per obiettivi commissionati dallo Stato stesso;
    b) fa il controllo dei risultati didattici e della ricerca;
    c) il controllo dei risultati didattici è fatto anche dagli studenti, in quanto pagatori diretti;
3) lo Stato, in quanto proprietario:
     a) controlla la redditività (saldo di bilancio);
     b) riceve un canone per l'uso dei fabbricati e attrezzature date in uso alle Università.
4) L'Università, in quanto gestore:
    a) attua gli obiettivi commissionati dallo Stato;
    b) controlla il processo interno;
    c) risponde allo Stato (proprietario), a consuntivo, dell'uso del finanziamento ricevuto.

LUCIANI,  Breve introduzione e commento ....
Affinchè il progetto funzioni .... occorrerà che risultati (pareggio del bilancio, didattica e ricerca) ci siano sul serio, che funzioni il controllo democratico locale sulla Amministrazione, e che le università abbiano i requisiti strutturali minimi per ottenere il finanziamento statale.
   Interessante, a Bologna, il controllo dei risultati didattici, fatto dagli studenti, e questo già nello Statuto di Ateneo del Rettore Fabio Roversi Monaco, in proseguimento della tradizione medievale locale, quando il Rettore era eletto dagli studenti.

1. Premessa. Il passaggio dal “controllo di processo” al “controllo dei risultati” è già disposto da una legge dello Stato (la riforma Bassanini), entrata in vigore il 1 gennaio 2000, tra l’altro, con esonero della Corte dei Conti dal controllo di legittimità degli atti amministrativi del Governo.
  Questa legge  prefigura per lo Stato una organizzazione per processi produttivi, la contabilità economica per centri di costo ed il budget per obiettivi, alla dirigenza.
  Come idea di base, la legge "cerca" di estendere al campo pubblico uno schema che già c'è nel mercato, quale la separazione tra proprietà e gestione (tra le altre forme di organizzazione: vedi imprese individuali, ...). Dunque, questo dovrebbe farsi anche tra Stato e Università, purchè siano trovare soluzioni ai punti critici, perchè lo schema non è esportabile tout court dal settore privato a quello pubblico.

2. Risultati di bilancio e risultati produttivi. Nel settore privato, i risultati di bilancio ( ricavi e costi, redditività definita come saldo tra i due) sono legati ai risultati reali (ossia alla produzione, venduta sul mercato).
  Invece nella Pubblica Amministrazione non c’è una prestazione di servizi simultaneamente ad una controprestazione (pagamento). Questa caratteristica ha determinato, come regola nella Pubblica Amministrazione, la netta preminenza del “controllo di processo” sul “controllo dei risultati”. Pertanto, volendo invece adottare oggi, come regola, il “controllo dei risultati”, occorre essere consapevoli della sua intrinseca debolezza e dunque il “controllo di processo” interno dovrà almeno avere una sua prefigurazione ex-lege, per garantire i risultati, in primis la “effettività” del controllo democratico sull’amministrazione universitaria e dati requisiti strutturali.
   Il nodo fondamentale da sciogliere è definire i “risultati” da controllare, e come collegare i “risultati di bilancio” con i “risultati reali” (produzione di didattica e ricerca).
a) Risultati di bilancio. In un sistema di separazione tra proprietà e gestione, non ci sono grandi difficoltà per definire i risultati di bilancio. Per l’Ateneo, i ricavi sono costituiti dal budget statale (finanziamento) alle Università, in cambio delle prestazioni di didattica e ricerca, a loro commissionate dallo Stato. I costi sono le spese annuali per l’acquisto di beni e servizi intermedi, di capitali (ammortamento, affitto), di personale.
   Nella tradizione della P.A. il budget è determinato dalle previsioni dei costi (si ipotizza che la P.A. non sia guidata dal profitto, e dunque si determini il ricavo, ossia il budget, ponendolo uguale al costo).
   Ma, per coerenza col criterio di valutare l’efficienza dell’università in base ai risultati, il calcolo dei costi è un problema interno delle Università. Si dovrà, invece, partire dalla valutazione delle prestazioni che lo Stato vuole commissionare e definire il budget ponendolo uguale al valore delle prestazioni. Ne deriva che il saldo di bilancio (a consuntivo) è la misura dell’efficienza finanziaria dell’Università (positivo, nullo, negativo). In caso di “saldo positivo”, esso potrebbe restare acquisito come premio, dall’Ateneo, (pur se spettante allo Stato-proprietario). Qualora negativo, si aprirà una discussione tra Stato e Università, per capire i motivi.
b) Come calcolare il budget. Esso va calcolato in base all’output e al suo valore unitario.
L’output degli Atenei è costituito dalle “ore”di didattica e ricerca. Il “numero totale delle ore” didattiche” è una questione di calcolo del tempo necessario per dare la laurea ad un dato numero degli studenti. E siccome, detto numero è diverso a seconda del numero degli studenti ed esso determina anche la qualità della laurea, il presupposto è definire il numero standard (rapporto tra studenti e professori), da prendere a riferimento. Questo aspetto viene ripreso più avanti, a proposito del controllo di processo.
 (Nella pratica attuale della valutazione delle Università, sulla cui base ripartire il FFO, sono usati parametri  come il numero degli studenti, o il numero delle lauree. In senso relativo sono poco omogenei. Ad es., il numero degli studenti di giurisprudenza non è omogeneo al numero degli studenti di ingegneria. Là, per le materie di base, ci sono 1000 studenti per un’ora di insegnamento. A Ingegneria ci sono al massimo 50-200 studenti nelle materie di base. E allora (a parità di tempo di lezione), finanziando le università in base al numero degli studenti, sarebbero premiate quelle che fanno lezioni-comizio, anziché lezioni vere in cui lo studente abbia modo di colloquiare col professore. Finanziando le università in base al numero delle lauree, sarebbero premiate le università con lauree numerose e scadenti, piuttosto che lauree meno numerose e di qualità).
Il valore delle ore di lezione è, invece, un problema di contrattazione tra le parti (Università/Stato), distintamente per qualità del personale.
  Le ore per la didattica non valgono come quelle per la ricerca. Nel caso della didattica potremmo, in qualche modo, fare riferimento al mercato, o ad università pubbliche di altri Paesi.
  Invece, per la ricerca, la valutazione deve seguire un suo specifico percorso. Essa è molto rischiosa e, di solito, essa dà risultati innovativi solo per il 5-10% dell'investimento. Se si dovesse pagare il ricercatore in base a risultati, sono pochi i casi da pagare e nessuno farebbe ricerca.
   Una via di uscita è fare riferimento alle ore, ossia pagarle “al costo del lavoro” in modo uguale per tutti, e riservarsi una ponderazione (diciamo un prezzo) da parte di Commissioni scientifiche, a cui fare seguire avanzamenti in carriera retributiva (tra i docenti non v’è gerarchia di funzioni, e dunque uno può rimanere nel posto già coperto). In più, chi ottiene un brevetto, dovrebbe poter avere anche il relativo compenso.
   Un argomento discusso è l'uso di speciali parametri, come il "citation index" e lo "impact factor". Molti si riempiono la bocca di queste cose. Sono certo che contengono molte ipocrisie (tra cose vere), e che sono disomogenei da settore a settore. Il fare riferimento alla “concorrenzialità”  delle ricerche è poi un caso estremo di stupidità, perché la concorrenza ha un senso se tra prodotti omogenei, a meno che si faccia un bando su un singolo argomento di ricerca e si dia un premio al risultato migliore. Infatti ogni ricerca, di solito, ha un suo diverso argomento, vale dire è una cosa “unica”, e per arrivare fondatamente ad un confronto occorre rimettersi ad un “terzo” che omogeneizza i prodotti con i parametri solo della sua testa, rispetto ad un qualcosa. Questo è l’unico modo serio (purchè le commissioni siano “terze”, e il modo meno peggio è il sorteggio dei componenti, tra quanti hanno titoli oggettivi validi).

3.- Collegamento tra risultati di bilancio e risultati produttivi
. L’esperienza di Bologna. Il risultato di bilancio “a pareggio” o positivo, merita apprezzamento solo se l’Ateneo ha anche realizzato la produzione commissionata dallo Stato. Ma, come detto all’inizio, nella P.A. non c’è prestazione e controprestazione, in modo simultaneo. Qui compare il tallone di Achille del sistema: nel senso che il dirigente, per essere "bello" (ossia per mostrare che aveva speso nei limiti del budget) è tentato di ridurre la produzione, o di fare produzione di bassa qualità).  Mi sia consentito di dire che questo fenomeno è divenuto piuttosto comune negli ospedali, anche perché la riforma, qui, è stata anticipata da alcuni anni (vedi liste di attesa ..., la sporcizia delle lenzuola, …).
   Mancando il collegamento diretto tra prestazione e controprestazione, bisogna trovare una soluzione sostitutiva: quella di inserire l’utenza nel controllo dei risultati. A questo proposito, va ricordato che già l’utenza ha inventato soluzioni: l’associazione dei diritti del malato, le unioni dei consumatori, i reclami della stampa. Tutto Ok, ma si deve fare di più: occorre istituzionalizzare queste presenze.
   Lo Stato, come utente-pagatore, ne ha ben diritto e dovere. Non basta, però, il controllo dei burocrati ministeriali, non basta il cartellino orario per i professori. Anzi da questo, per la varietà delle attività dei professori (consigli di facoltà, di dipartimento, lezioni in

tutte le ore, ricevimento studenti, convegno di studio, ….) deriverebbe un grave impaccio al loro lavoro. Sarebbe come applicare un pedaggio ad ogni incrocio nelle vie della città. I tempi di percorrenza sarebbero proibitivi della circolazione. In cambio i professori hanno, di solito, un grande attaccamento al lavoro, nonostante retribuzioni basse, perchè i professori sentono il loro lavoro come una vocazione.
   Voglio, invece, ricordare una innovazione molto importante dello Statuto dell'Università di Bologna, voluta dall'ex-rettore F. Roversi Monaco, padre dell'autonomia dell'Ateneo di Bologna, ripresa da altri Atenei, e che a Bologna funziona sul serio.  L'innovazione consiste nell'aver inserito gli studenti (ossia l'utenza) nella struttura organizzativa dell'Ateneo. Essi sono presenti nel Consiglio di Amministrazione, nel Senato, e nel Consiglio Studentesco (organo di livello costituzionale pari agli altri due, anche se con soli poteri consultivi). Inoltre, gli studenti sono presenti con "un osservatore" in Giunta di Ateneo. Essi sono, poi, presenti nel Consiglio di Facoltà, di corso di laurea, di dipartimento.
  Non è finita. Alla fine di ogni periodo di insegnamento, compare "uno studente"  che sottopone a tutti gli studenti dell'insegnamento un questionario con domande specifiche sulla serietà e bravura del docente, e dal quale scaturisce infine un punteggio sul docente, reso pubblico.

4. Sul controllo di processo. Se il Rettore o il Direttore Amministrativo fossero pagati in base alla effettività delle prestazioni dei servizi universitari, si potrebbe senz’altro affidare a loro totalmente il controllo interno di processo. Ma non è così. E pertanto, pur rinunciando al controllo di processo, lo Stato-utente non dovrà rinunciare a fissare i requisiti, che le università devono impegnarsi ad avere, per avere il finanziamento statale: in primis la effettività del controllo democratico sull’amministrazione e i requisiti minimi strutturali.
a) Controllo democratico sull’Amministrazione universitaria.  La premessa è che la burocrazia statale, ferme le proprie prerogative di vigilanza sulle università, non può svolgere il suo compito se non ha dei sostituti locali. Questi sostituti sono gli organi collegiali di rappresentanza del corpo docente (Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico).
   Nelle esperienze, fin qui fatte, questo controllo è totalmente mancato, diciamo che essi sono stati di fatto dei meri organi di ratifica, perfino in vecchie università come Bologna. Il motivo sta in una certa muro di gomma che l'Alta Dirigenza oppone ai membri eletti negli organi, e nel sistema elettivo, per cui chi è eletto è ricattabile nella carriera, se è poco ubbidiente. Le eccezioni si trovano tra i professori ordinari, perché non hanno nulla da perdere, e nei rappresentanti sindacali. Inoltre la presenza degli studenti nel Consiglio di Amministrazione ha rivelato “conflitti di interesse” (quando sono sorretti da cooperative di servizi, venduti all’Ateneo). C'è, poi, la circostanza che il Rettore può "cooptare" molti membri esterni, portati d'istinto ad approvare tutto, tranne cose dell'ente  "particulare" che rappresentano. Non discuterò ulteriormente questa cosa.
   Direi, poi, che un altro punto nero è la debolezza dei Rettori nei confronti dell'Amministrazione (o perchè l'Ateneo è troppo grande, per cui le forze umane non bastano, o perchè sono molto sprovveduti sulla normativa, o per motivi caratteriali, difficili da contro-bilanciare, data la mentalità poco democratìica dell'ambiente accademico).
   Direi, pertanto, che lo Stato non può, non deve rinunciare al controllo di processo senza avere, prima, stabilito alcune linee-guida ex-lege. In primo luogo il controllo democratico sull'Amministrazione, e una struttura organizzativa efficente dell'Ateneo, a livello centrale.
  Direi chi l’ordinamento comunale sia un’ottimo riferimento, per la esperienza democratica millenaria dei nostri Comuni. Il Consiglio Comunale è eletto dal popolo per liste contrapposte (nell’università si dovranno fare adattamenti, data la peculiarità del corpo elettorale universitario); il Sindaco è eletto direttamente dal popolo, la Giunta è scelta dal sindaco al di fuori del Consiglio, ed ogni Assessore è delegato dal sindaco ad un macro-settore con potere di firma.
b) Requisiti strutturali. Lo Stato non dovrà finanziare le università che non abbiano i requisiti minimi strutturali, prefissati dentro un range.
a) il rapporto tra superficie edilizia e numero degli studenti, o numero dei professori, deve stare a certi standard.
b) L’organico dei docenti deve stare in una determinato rapporto col numero degli studenti, e con le opportune distinzioni tra lauree tecniche e lauree umanistiche…. Si dice che il parametro ottimale medio sia di 20 studenti per ogni docente di ruolo (oggi esso è 30:1). Non dovrebbe essere finanziato un corso di insegnamento che avesse 1000 studenti ... nè un altro con meno di 5 studenti. Va, poi, da sé che l'indicazione va data per valori medi, distinguendo accuratamente tra le materie umanistiche, quelle tecniche, quelle strategiche per la nazione. Ad es., si dovrà chiudere un occhio sulla ingegneria elettrica, se vi fossero pochi studenti, perchè la nazione ha un bisogno vitale di ingegneri elettrici. Si dovrà anche fare delle eccezioni, temporaneamente, per le Università delle aree depresse, in attesa che possano camminare con le proprie gambe.
c) il rapporto tra i docenti dei differenti livelli deve seguire un dato standard. Molte Università assumono da tempo solo ricercatori, non perché amino i giovani, ma perché costano poco. Ma ovviamente, la qualità delle prestazioni cade, in confronto a quella dei docenti più maturi, e che comunque sono necessari per la formazione dei giovani …
d) il rapporto tra ore di didattica e ore di ricerca deve avere una sua regola. Oggi è in uso la presunzione del “fifty-fifty”. Ma poi, a causa di un organico è “troppo” basso, in confronto al numero delle lezioni, accade che il docente non può fare ricerca. Tenuto delle difficoltà di prefigurare, settore per settore, il “rapporto necessario”, una via ragionevole è stabilire che il numero degli insegnamenti annuali di un docente non possa superare una certa soglia.
  Non mi allargo sui requisiti, perché essi devono essere veramente minimi, per non soffocare l’autonomia e la fiducia. NL

 

 

 

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Keys: ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio, moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza

EDIZIONI PRECEDENTI

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Nino Luciani*, Dopo la svolta dell'UE, che vieta alla BCE,
il fare da "prestatore di ultima istanza", per gli Stati,
LA  VIA  ESTREMA  E'  PUNTARE  SU   DI  NOI
creando un "
ombrello fiscale"

                                  a)   Per un "ombrello fiscale" in Italia,  per i BTp non collocati;
                                   b) I  BTp - day siano coordinati con l'ombrello
                                   c) E se, poi, i due nuovi fondi europei potranno essere usati  in questo
                                       modo   mirato, sarebbe il modo giusto, per il bene di tutti
.
* Professore Ordinario di scienza dlele finanze

1.- Per un "ombrello fiscale". Nella nuova situazione che si è determinata nell'UE in queste settimane, in particolare il veto fermo della Germania a che la BCE possa fare da prestatore di ultima istanza, la via che rimane (per la crisi finanziaria dell'Italia) è creare qualcosa che ne svolga la stessa: tale è un "ombrello fiscale" per i BTP non collocati sul mercato.
    Ma, prima di chiarire di cosa si tratti, riassumo le proposte delle precedenti edizioni: le vie di uscita, per affrontare il debito pubblico e pareggiare il bilancio in tempi brevi, "dovrebbero" essere:
  a)
  la fiscalità (vero essendo che l'Italia ha un sistema fiscale rispettabile) :
      - per lo Stato, un'imposta straordinaria sul reddito delle persone fisiche (secondo un criterio di progressività, art. 53 della Costituzione);
      - per gli Enti locali, l'ICI (+IMU) in esclusiva, ma aliquota moderata (tale da essere pagata col reddito), e riduzione dei trasferimenti statali agli Enti locali;
      - l'abolizione dell'imposta sul reddito dei Buoni del Tesoro (gravosa partita di giro, che va a disturbare
         i tassi di interesse sul mercato);
      - no al taglio della spesa pubblica corrente (la domanda sul mercato non va depressa ... e lo Stato sociale di base va salvaguardato nei suoi caratteri portanti. Altro è il taglio strutturale della spesa pubblica nell'ordine del 10% del PIL, in una programmazione di 5-10 anni, che oggi sarebbe cosa fatta, se non avevamo al governo dei "furbi", assolutamente inadeguati);
 
b)    il pareggio del bilancio statale in Costituzione, per gli Stati che hanno un rapporto debito/PIL non in regola con Maastricht;
 
c)   l'ombrello della Banca Centrale Europea per i bond degli Stati, eventualemte non collocati: in pratica, la fabbricazione di carta moneta (magari fino a svalutare l'Euro del 20%, e arrivare ad un cambio €/$ di 1:1 ).

   A quanti invocano, rispetto al Governo Monti, una maggiore equità fiscale, direi a loro che è una richiesta fondata  se considerano anche i benerici della spesa pubblica (stato sociale ...). L'imposta non è grandine.  
  Le eccezioni del medio-lungo termine (da affrontare subito) dovrebbero essere:
  - la razionalizzazione del
sistema pensionistico. Il sistema contributivo è il migliore in teoria, il più difficile da applicare, per la difficoltà di garantire la coerenza tra la indicizzazione e la sostenibilità delle future pensioni, mediante il PIL futuro. Pertanto, sul numero degli anni necessari per andare in pensione, io non farei grandi questioni. Invece, non approverei mai un sistema contributivo senza un "minimo" di garanzie, circa la indicizzazione reale, eventualmente da controllare in determinate scadenze temporali);
  - l'avvio della privatizzazzione degli immobili pubblici e delle attività produttive pubbliche "non di rilevanza strategica" economica o sociale.

  
2.- Cos'è l'ombrello fiscale. L'idea dell'ombrello fiscale è fare uno strumento sostitutivo dell'ombrello monetario, negato dall'UE, in base al criterio fondamentale europeo (evidenziato in queste settimane) che ogni Stato "debba" fare da sè, senza contare sugli altri Stati. Circa i due fondi europei (EMS e ETFS) torno più avanti
   L'ombrello fiscale dovrebbe accompagnare le emissioni di BTp e CTZ ad un tasso di interesse prefissato (non i BOT in quanto questi dovrebbero autofinanziarsi normalmente nel corso dell'anno, trattandosi di titoli per la copertura di disavanzi di cassa).
   Precisamente, la legge dovrebbe autorizzare il Governo a coprire la quota di titoli, eventualmente non collocata, mediante un prelievo fiscale straordinbario, in tempo reale (diciamo mensile), con variazione proporzionale delle aliquote IRPEF, tanto quanto serve per finanziare lo "scoperto".
   Vediamo quanto potrebbe essere l'onere straordinario. Dai "COMUNICATI" del Ministero dell'Economia e delle Finanza risulta che le emissioni dei quattro trimestri del 2011 (salvo, dice il testo, "possibili ulteriori emissioni, sulla base delle condizioni dei mercati", e dunque non per fabbisogni assolutamente necessari) sono programmate in totali € 80 miliardi.
   Prendiamo in considerazione il gettito IRPEF. In un anno, esso è grosso modo € 165 miliardi, pari all'11% del PIL.
   Ipotizzando in 16 miliardi (vale dire, nel 20% di 80 miliardi), l'ammontare di bond non collocato presso il pubblico, il prelievo IRPEF totale dovrebbe essere 181 miliardi in un anno, pari al 12% del PIL. Dunque l'ombrello dovrebbe consistere in una addizionale IRPEF del 10%, eventualmente modulabile in modo differenziato per le classi di reddito (meno del 10% per i redditi medio-bassi, più del 10% per i redditi medio-alti).
   Sarebbe un prelievo straordinario eccessivo per impedire un disastro finanziario per l'intero Paese ?

3.- Sui due Fondi Europei EMS e  ETFS. Questi fondi, così come annunciati, appaiono avere poco più che la valenza generica della seconda firma, nella cambiale. Non è poco, ma può non essere sufficiente in caso di mancata collocazione di titoli per poi rimborsare dei titoli in scadenza.  Suggerirei che il meccanismo di impiego vada configurato specificamente come un "ombrello fiscale" a supporto di quello particolare degli Stati.
   Torno sul veto tedesco, a che la BCE faccia da prestatore di ultima istanza. A mio avviso l'autorizzazione formale sarebbe importante alla BCE, in termini di deterrenza, anche se accompagnata dalla raccomandazione di non farne uso, o di farne uso solo con autorizzazione dell'UE caso per caso.
  

4.- Importanza del BTP- Day.
 
a) In queste settimane l'ABC - Associazione Bancaria Italiana ha lanciato il BTP-Day per il 28 nov. 2011 e per il 12 dic. 2011, vale dire un appello al patriottismo degli italiani per comprare (il 28 nov.)   i titoli di Stato, sul mercato secondario, senza l'onere della spesa di commissione bancaria; e comprare il 12 dic. i titoli di nuova emissione (in prima emissione non c'è, per definizione, la commissione bancaria).
   Mi sembra una iniziativa importante e di grande senso di responsabilità, anche ai fini del successo dell'ombrello (vedi sopra) che venisse adottato dal Tesoro. N.Luciani  

 

EDIZIONI  PRECEDENTI

Dall' Unione  Europea all' Italia,  e dall' Italia all' Italia.
CONTRIBUTO AL DIBATTITO SULLA CRISI ECONOMICA


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Un commento agli ultimi provvedimenti dell'U.E.

Apprezzabile la solidarietà dell'UE ai Paesi a rischio insolvenza debito.
Criticabile, invece :
  - il divieto alla BCE di essere prestatore di ultima istanza (l'attribuzione di questa funzione, sia pur con raccomandazione di usarla solo in extremis, è essenziale per evitare il rischio di panico dei depositanti delle banche );
  - il non aver imposto agli Stati l'inserimento del vincolo del pareggio del bilancio, in Costituzione, qualora con debito pubblico maggiore del 60% del PIL (vedi Maastricht);
- il non avere aggiornato la definizione di "banca mista", o "banca universale".

Il criterio di decisione per l'Italia è ( prima di tutto)  puntare su se stessa, e precisamente :

a) usare il potere sovrano "fiscale" (sui redditi medio-alti) per il pareggio già nel bilancio 2011, in corso ;
b) autorizzare il Tesoro, all'occorrenza, a convertire obbligatoriamente i titoli in scadenza, in nuovi titoli
   a scadenza poliennale ( 5 anni ? ), al tasso medio delle ultime 5 aste. Questa conversione è pericolosa ?
c) mantenere (ma non aumentare) il livello attuale della spesa pubblica, ma dare libertà ai Comuni... ;
d) cominciare a smussare il debito pubblico avviando la liquidazione del patrimonio non strategico;
e) mettere in Costituzione l'obbligo del pareggio del bilancio, finchè il debito supererà il 60% del PIL ;

Quale Governo dovrebbe fare queste cose ?
Qualunque Governo sotto elezioni (2013) si espone all'insuccesso elettorale e, dunque, va in crisi già
di suo per questo tipo di decisioni (alzare le imposte; è improponibile il taglio della spesa pubblica).
Perchè dovrebbe farlo Berlusconi, invece impegnato, da anni, a ridurre la fiscalità, ma senza farlo ?
Per questo, all'estero nessuno crede più al "furbo" Berlusconi.

NO ALLE ELEZIONI ANTICIPATE. RESTEREBBERO COMUNQUE
I PROBLEMI.  PER  L'ITALIA  SERVE  UN GOVERNO PDL-PD.

C'è da fare anche la riforma della Governance dello Stato, prima delle elezioni.

1. Premessa. Il turbine monetario in corso è la conseguenza della guerra in IRAQ e in AFGHANISTAN.
   In termini economici, si tratta del fatto che la "domanda pubblica" ha, a suo tempo, sollecitato il sistema economico a produrre beni per la guerra, e adesso il sistema economico "deve convertirsi" per produrre beni per la pace. Questo richiede qualche tempo, soprattutto negli Stati Uniti, in rapporto al maggior sforzo bellico.
   In termini finanziari, si tratta del fatto che il debito pubblico, con cui è stata finanziata la guerra, pesa su noi come una montagna (in primis sugli Stati Uniti, dove il debito pubblico è oggi il 100% del PIL). La crisi dei mutui sub prime fu una conseguenza.
   In passato, subito dopo la guerra il "grande debito" veniva cancellato con l'inflazione, vale dire con potenti immissioni di liquidità nel sistema economico, per il rimborso dei titoli. Qualcosa del genere, sia pur molto meno, è stato già fatto in USA e difatti sono più avanti di noi nel passo al dopo crisi. Non così in Europa, dove prevale la memoria dei tedeschi della loro grande inflazione del 1924, che dissestò il sistema democratico e preparò l'avvento di Hitler.

2. Il primo passo, da cui ripartire. Il ritorno della pace permetterà sicuramente di rimettere le cose apposto. Ma se il primo passo, da cui ripartire, dovrà essere lo sviluppo (non la cancellazione, neppure in piccola parte, del debito), bisogna convincersi che la crisi economca e finanziaria ha la sua causa primaria nella caduta della domanda "effettiva", vale dire di una domanda che c'è potenzialmente, ma che non può esprimersi perchè non accompagnata da potere di acquisto. Ci sono, però, i presupposti per sostenera la domanda, perchè la capacità produttiva pre-crisi è rimasta intatta, anzi il settore automobilistico si è già convertito dentro e fuori l'Italia.
   La spiegazione lapalissiana è quella di Keynes: il danaro è finito nelle mani di chi ha una relativa alta propensione al risparmio-tesaurizzazione. Ma la soluzione non può essere, oggi, di tipo Keynesano in senso banale (vale dire con spesa pubblica in disavanzo), ma comunque sempre di logica Keynesiana, vale dire:
  a) Va sostenuta la domanda sotto forma di "non diminuire" l'attuale spesa pubblica, perchè questo aggraverebbe i problemi di caduta della domanda effettiva. E questo è esattamente l'opposto di quanto fatto dai tagli lineari su tutto il settore pubblico, nel luglio dello scorso 2010 (applicati da Tremonti, in applicazione delle raccomandazioni dell'U.E.);
  b) Va pareggiato il bilancio statale 2011 mediante un prelievo fiscale straordinario sui redditi medio-alti (perchè con alta propensione al risparmio). In questa fase, infatti, lo Stato ritarda a pagare i propri fornitori...
 c) Avviare la vendita il patrimonio immobiliare pubblico non strategico, sia pur con la necessaria gradualità.
  Non mi occupo delle questioni economiche strutturali (vedi: la riforma del mercato del lavoro), in quanto le ritengo fuori tema. Libera l'UE, di dire il proprio parere, ma non si mischi più di tanto sui temi di politica economica, di competenza degli elettori, purchè il debito sia fatto rientrare nei parametri di Maastricht.
 
3. La via scelta dall'U.E.  . Il grande debito è il principale ostacolo alla riattivazione del circuito del reddito, dal momento che si tratta di denaro che non torna a chi l'ha prestato, e che genera a sua volta resistenze a nuovi prestiti e quindi alimenta la tesaurizzazione.
  Nella situazione di crisi di fiducia dei mercati, la via maestra doveva essere un rimborso significativo del debito pubblico (diciamo, qualcosa nell'ordine del 20%) nell'unico modo possibile: vale dire con denaro tratto da sottoscrizione di titoli di Stato da parte della BCE (osia con fabbricazione di carta moneta). Considerato che la capacità produttiva pre-crisi è rimasta intatta, questa liquidità non si tradurrebbe in inflazione di entità tale e quale.
   Al contrario l'UE, nei confronti degli Stati, ha scelto di fare come farebbe l'avallante di una cambiale, dare la seconda firma, pensando di rassicurare i mercati circa la solvibilità del Paese debitore. Nei confronti delle banche, l'UE non ha scelto nulla.  Vediamo perchè.   
- Fondo salva-Stati. Questo Fondo, portato a 1000 miliardi di €, dovrebbe essere costituito con versamenti degli Stati ed emissione di obbligazioni (eurobond). Questo vuol dire che esso verrebbe alimentato dai gettiti fiscali o da emissioni di titoli, e dunque costituito con moneta già in circolazione. L'unico vantaggio di questa via è distogliere dal panico le famiglie detentrici di titoli del debito pubblico. Al momento, esso sarebbe cosa più che sufficiente, se dentro le banche non ci fossero voragini, a parte il problema insoluto, di fondo, che è l'ammortamento del debito pubblico.
- Ricapitalizzazione delle banche. Per immunizzarle, queste sarebbero obbligate ad avere un capitale proprio, grosso modo, pari al 9% dei prestiti fatti alla clientela, nel presupposto che, in caso di insolvenza della clientela stessa, le banche siano capaci di  provvedere comunque (attingendo a questo fondo) a restituire il denaro ai depositanti.
  Questo fondo verrebbe costituito con denaro delle banche, con sottoscrizioni del pubblico e degli Stati o, in ultima istanza, con sottoscrizoni del Fondo salva-Stati (con queste ultime due vie, si avvia oggettivamentesi una parziale statitizzazione delle banche). In soldoni, il patrimonio bancario verrebbe alimentato con moneta già in circolazione.


4. Commento sulla via "raccomandata" dall'UE all'Italia .
Mi pare evidente che la via trovata sia un potenzialmente boomerang. Oppure, si ritiene che l'UE sia troppo grande per fallire ?
  a) Stati. In se stesso il debito pubblico dello Stato italiano è ammortizzabile in 20 anni con una rata pari al 10% del PIL, al tasso del 5%. Si direbbe che non v'è motivo di allarme, a parte le banche.
  Data la sua entità (120% del PIL) non in regola con Maastricht, l'UE avrebbe dovuto imporre agli Stati di  mettere
in Costituzione il vincolo del pareggio del bilancio, se con debito maggiore del  del 60% del PIL. Questo vincolo assoluto non comporta il taglio della spesa pubblica, purchè sia bilanciato da corrospondenti entrate.
  b) Banche. Il coefficiente suddetto di capitalizzazione è "niente e nessuno" in caso di panico del pubblico (per timore di perdere i propri risparmi), e il rischio c'è in caso di fallimento di una grossa banca. ( Ci sarebbe anche da ridire sul fatto che non sia stata ridiscussa la riserva obbligatoria (oggi, per quanto ne so, si è nell'intorno del 10-12%, e che pemette alle banche di creare moneta bancaria, grosso modo pari 8-10 volte l'ammontare dei depositi bancari: veramente troppo).
  In caso di rischio fallimento di banche, lo Stato sarebbe obbligato a intervenire, soccorrendole, eventualmente attingendo al Fondo salva-Stati.
  E poichè la crisi delle banche è stata generata dall'aver sottoscritto, con denaro a breve, dei titoli a scadenza poliennale (anche titoli azionari),
sarebbe stato il caso che l'UE rivedesse la definizione di "banca mista" (o banca universale) .
   Mi ha sorpreso che il governo italiano, che dovrebbe saperne qualcosa di suo (dacchè per la analoga crisi degli anni '30, la legge bancaria del 1936, rimasta fino al 1993, fece la separazione tra banche a breve termine e banche a medio-lungo termine, e  tra banca e industria. Questa esperienza doveva essere portata sul tavolo dell'U.E. .
   c) Sul ruolo della BCE. In questa situazione, la BCE non svolge il ruolo di prestatore di ultima istanza, ma potrà operare solo sul mercato secondario. In passato, in Italia, nei tempi più bui (quelli dei vari dopo guerra) i debiti venivano pagati con moneta aggiuntiva (via emissione di titoli del Tesoro, sottoscritti dalla Banca d'Italia) a cui seguiva l'inflazione (che in pratica era come cancellare il debito).
   L'inflazione non piace a nessuno, ma è una necessità un minimo di respiro. A mio modo di vedere, c'è l'urgenza di abbattere il grande debito almeno per il 20%. Questo avrebbe anche riflessi sul cambio € / $, e dunque effetti positivi sullo sviluppo (... più esportazioni...).
   Curiosità.  Lo Stato  italiano potrebbe "riscontare" presso la BCE i titoli delle banche, acquistati per aiutarne la ricapitalizzazione ? Se sì, (ammesso e non concesso che la BCE li trattenga in portafoglio) si avrebbe l'equivalente di un intervento sul mercato primario, e (forse) una qualche svalutazione dell'euro ... .
   Ma tant'è che, ultimamente, il cambio € / $ è tornato a salire ..., il contrario di quanto riterrei auspicabile. NINO LUCIANI

 

Berlusconi incartato, in quanto per l'emergenza finanziaria serve il fisco,
ma aveva promesso il contrario dal 1994 ... , e nel  2013 ci sono le elezioni

L'ITALIA PUO'  E  DEVE SALVARSI DA SOLA,
ma con un governo PDL-PD (con o senza Berlusconi)
che salverebbe anche le unità (necessarie) del PDL e del PD
e salverebbe la legislatura. Poi ... si vedrà ...

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- Perchè la fiscalità è la via maestra  per affrontare le emergenze, legate al debito, e precisamente quelle create dalle insolvenze bancarie;
  
- Perchè, se si vuole lo sviluppo, la priorità è sbloccare il commercio estero, e anche qui serve usare la fiscalità, ma in forma di diversa struttura del sistema fiscale;
- Perchè la svalutazione dell'Euro, nell'ordine del 30%, è una necessità. Assurdo morire di asfissia monetaria, mentre è intatta la capacità produttiva del sistema economico.

I DATI STORICI SUL GRANDE DEBITO: 1861-1960  e  1961-2011

1.- LE BASI PER UNA IMPOSTAZIONE CORRETTA DEL PROBLEMA FINANZIARIO, ATTUALE. La tesi qui sostenuta è che i problemi della grande emergenza finanziaria, attuale, si possono affrontare correttamente solo con lo strumento fiscale. L'alternativa (quella di abbattimenti immediati, consistenti della spesa pubblica)  esporrebbe il paese alla rivoluzione sociale, perchè metterebbe le famiglie sulla strada, dalla sera alla mattina, e interromperebbe i servizi sociali essenziali.
   Il potere fiscale è l'espressione massima del potere sovrano dello Stato, e che lo distingue dai prezzi di mercato, che sono pagamenti volontari. Se lo Stato c'è deve dimostare di essere capace di esercitare questo potere.
   Mi parrebbe anche del tutto ovvio che la "fiscalità sopra le righe" vada spiegata agli italiani solo come intervento straordinario. In contemporanea deve partire il processo di abbattimento della spesa pubblica, e delle privatizzazioni del patrimonio pubblico (escluse le imprese strategiche), ma in una gradualità. Teniamo a mente che, dopo l'unificazione, la Germania dell'Ovest ha impiegato 20 anni per recepire nella propria economia di mercato la Germania dell'Est.

     Rispetto a questo percorso, il Governo Berlusconi si trova incartato. "Deve" usare la fiscalità", ma si era invece impegnato per la riduzione della fiscalità, fin dal 1994 e per la riforma dello Stato (il federalismo amministrativo e fiscale, sono solo nominali). Anzi, ha creato, anche ultimamente, dei disavanzi annuali (vedi tabella sotto), che si sono aggiunti al debito.
    Ma sia chiaro che la montagna del debito non è stata fatta da Berlusconi ma dal "Centro-sinistra" (collusivi il vecchio PC e DS nelle Regioni in cui governavano, e in parlamento ), ben inteso, per motivi importanti e nobili (ne parliamo nel successivo par. 2). Lo si vede dagli anni in cui il debito si è formato (vedi ancora la tabella del debito più sopra).  
milioni di euro 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Entrate 353.040 361.792 392.803 437.456 426.769 432.037 480.043 499.671 496.658 446.162 443.448 446.949
Spese -399.532 -414.287 -436.746 -451.628 -445.235 -462.487 -467.105 -490.346 -532.362 -517.796 -498.202 -486.602
Saldo -46.492 -52.495 -43.943 -14.172 -18.466 -30.450 12.938 9.325 -35.704 -71.634 -54.754 -39.653

  Dunque, poichè oggi per l'Italia non c'è alternativa alla fiscalità, la sola via onorevole per Berlusconi, per evitare di far morire SANSONE (cioè lui) e i FILISTEI (cioè tutti noi), è lasciare spazio ad una coalizione di emergenza "PDL+PD (con lui o senza di lui).

  a) Debito pubblico. Preso da solo, il debito attuale non è fuori le righe, più di tanto. Basti pensare che, se si ipotizza che lo Stato voglia ripianare tutto il debito, (in condizioni di bilancio in pareggio, e dunque il debito statale attuale non aumenti), un piano di ammortamento totale in 20 anni comporta una rata di ammortamento, grosso modo, pari al 10% del PIL attuale, al tasso di interesse del 5%.
 Però, per  il vincolo di Maastricht, si può conservare un debito fino al 60% del PIL, e quindi la rata annuale è minore, più gli interessi sul debito pendente.
   Tuttavia siamo in una stagione anormale, in quanto lo Stato deve far fronte anche al debito bancario.
b)  Debito bancario. Per lo Stato il problema del "suo" debito si ingrandisce se lo Stato debba affrontare casi di insolvenza bancaria, che manderebbe in rovina i risparmiatori o fors'anche (a causa del possibile panico generale) tutto il risparmio delle famiglie. Per questo lo Stato non può far fallire le banche: si scatenerebbe una rivoluzione sociale (si pensi all'Albania, una decina di anni fa ...).
   L''attuale situazione di esposizione delle banche è la conseguenza di una legge bancaria permissiva, quella che ha istituito la banca "mista" o banca universale, e invece da rivedere (qualcosa che ripristini la distinzione tra il credito a breve termine, dal credito a medio-lungo termine).
  Fino a poco tempo fa, la riserva obbligatoria bancaria era nell'intorno del 10% dei depositi in moneta legale (adesso ci sono alcune restrizioni, in relazione alla solvibilità specifica dei clienti). Questo vuol dire che le banche potevano creare moneta bancaria, grosso modo, 10 volte i depositi dei clienti. Dunque se, per qualche accidente, il pubblico impazzito, corresse in banca per prelevare i propri depositi in moneta legale, le banche non avrebbero avuto il denaro sufficiente.
  c) Commercio estero e sviluppo. Per il bilancio statale c'è anche il problema di sostenere lo sviluppo. Nel caso dell'Italia, fin da quando andavamo alla scuola media, abbiamo imparato che è povera di materie prime ma, che grazie alla propria intelligenza e al proprio progresso tecnologico, poteva importare materie e trasformarle aumentando il proprio PIL.     Ma dal 2001 (anno di arrivo dell'EURO) il commercio estero italiano si trova prigioniero in una gola profonda. I prezzi italiani in EURO si sono trovati, in pochi mesi, in caduta di competitivà nell'ordine del 25%. Questo vuol dire che, se non si rianima adeguatamente il commercio estero, ogni manovra per lo sviluppo avrà meri effetti monetari.
  Approfondiamo separatamente le tre tematiche.

2) LE ORIGINI DEL GRANDE DEBITO PUBBLICO. Storicamente, il grande "debito pubblico" è nato per finanziare le grandi guerre. Questo è anche il caso recentissimo degli Stati Uniti d'America per le guerre in IRAQ e in AFGHANISTAN, e di altri Paesi, pro-quota concorso in queste guerre C'è dentro anche  l'Italia (più per il Libano, la Libia).
   Negli ultimi 50 anni abbiamo conosciuto una nuova causa del "grande debito pubblico": quella di  finanziare il welfare (scuola, sanità) e le grandi infrastrutture (autostrade), uniformemente nel Paese. E' anche il caso di paesi a democrazia recente (Grecia, Spagna ...) che hanno conosciuto lo stadio dello sviluppo economico, ma accompagnato dal permanere di gravi disuguaglianze sociali e territoriali.
  Per l'Italia questa fase è iniziata nel 1961, con i Governi di centro-sinistra ('ingresso del PSI nella coalizione DC+PSDI+PRI), ed espulsione del PLI.  Per finanziare il grande welfare, i governi di centro-sinistra aveva due vie:
  1) l'imposta straordinaria sul reddito (meglio dire un aumento consistente delle aliquote, per un dieci, vent'anni);
  2) il "grande debito pubblico", da restituire con piccole rate fiscali per un dato tempo, come farebbe ogni famiglia che si fa la casa con un mutuo.
  La seconda via fu pensata come la più comoda e praticabile per grandi investimenti pubblici. Faceva contenti i capitalisti che potevano impiegare in modo sicuro il danaro liquido ad un tasso di interesse conveniente, faceva comodo ai diseredati, che potevano fruire gratis della scuola, della sanità e di tanti servizi sociali, e faeva comodo ai grandi partiti, che potevano lucrare tangenti sulla grande spesa pubblica.
   La tabella del debito, sopra riportata, dice tutto in estrema sintesi. Si passa da un debito del 30% del PIL nel 1961, al debito del 120% nel 1994 (quando entra Berlusconi sulla scena politica e i partiti del centro sinistra vanno in dissoluzione).      Nel seguito, il livello rimarrà alto, salvo poco poco più che palliativi. Perchè ? Nella storia d'Italia il problema del grande debito è stato risolto con la semplice cancellazione, vale dire con la grande inflazione. Chi fosse ancora al mondo, di quei tempi, saprebbe che nel dopo guerra i risparmi dell'ante guerra (titoli di Stato) erano diventati "pugni di mosche". Il meccanismo era semplice. La banca d'Italia comprava, senza limiti, con fabbricazione di carta moneta i titoli Stato. Passata la guerra, il debito veniva rimborsato con emissioni straordinare di Buoni del Tesoro, comprati dalla Banca d'Italia, meglio dire con fabbricazione di carta moneta aggiuntiva che andava a rimborsare debito rimasto uguale, nominalmente.
   Ma oggi, dopo l'adesione all'Euro, questo gioco non è più possibile. Dopo Maastricht, la fabbricazione di carta moneta è a Francoforte. Adesso i debiti vanno onorati, e non distrutti con l'inflazione. Questo ha costituito, per i Governi Italiani, un imprevisto incidente di percorso.
   Ma potrà essere sempre così ? Di fronte all'entità del monte debiti in Europa (Italia, Grecia, Spagna,...), e al contagio bancario (che estenderebbe l'infezione a Francia, Germania, ...) la "etica monetaria" non potrà essere salvaguardata in toto. Non si può e non di deve morire di moneta, mentre il sistema produttivo ha inalterata tutta la sua capacità di produzione. Ma neppure si può nè si deve distruggere il risparmio delle famiglie.
    Una svalutazione dell'euro, rispetto al dollaro, è gia nei fatti. E' accettabile portare il cambio euro/dollaro verso 1:1 .
   La via è che il "Fondo salva Stati" sia alimentato da fabbricazione di carta moneta. Precisamente gli Stati con eccesso di debito dovrebbero rimborsare al pubblico una parte del debito con nuova emissione di debito, sottoscritto dalla BCE, vale dire con fabbricazione di carta moneta. Ciò darebbe al sistema economico la necessaria liquidità, l'euro perderà un ulteriore x% nei confronti del dollaro.
   Last but not list. Finchè non ci sarà una Unità Politica in Europa, il vincolo del pareggio dei bilancio è in qualche modo un vincolo necessario, almeno per gli Stati con debito debito elevato.

  3 ) RUOLO DELLA LEVA FISCALE ANCHE PER AFFRONTARE I PROBLEMI DEL COMMERCIO ESTERO.
  
Per l'Italia, povera di materie prime, è vitale importare materie prime. Ogni stimolo monetario della domanda interna è soggetta a scaricarsi in aumento dei prezzi, se non ci sono adeguate materie prime e semilavorati da trasformare in beni finali di consumo e di investimento. Un tempo gli sbilanci dei conti con l'estero erano sanati con la manovra del cambio. Ma oggi, in seguito all'Euro, questo potere non c'è. C'è, però, lo strumento fiscale.
   Una strada fondamentale di base, è sgonfiare i prezzi interni, sostituendo le imposte indirette (che vanno ad aggiungersi ai prezzi) con le imposte dirette, a parità di prelievo. Qui la maggiore indiziata è l'IVA, che Berlusconi ha portato al 21%.
   Torniamo alle importazioni. Queste sono soggette all'IVA interna (mentre le esportazioni sono soggette all'IVA estera)
  Si conclude che gravando sulle importazioni, sono stati fatti guai non da poco.
  Ma un altro aiutino, fuori dall'area euro, potrà venire da un ulteriore sua svalutazione.
                                                                               NINO LUCIANI, Ordinario di scienza delle Finanze

        1861-1960                                                                            Debito 1961-2011

                         ITALIA - DEBITO PUBBLICO DAL 1961 AL 2011 IN % DEL PIL
              
  ( Vedi sotto, per i cento anni precedenti, 1861 -  1960 )

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DEBITO - debito 2

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Relazione della Presidente Dr.ssa Emma Marcegaglia
Roma 26 maggio 2011 (stralcio)

"Priorità a stabilita' dei conti pubblici ed a crescita economica"
"Ma l'opera deve essere di lunga lena e costante nel tempo, e non destabilizzare le aspettative delle famiglie e delle imprese con annunci estemporanei a cui spesso non sono seguiti passi concreti"

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Emma Marcegaglia

  N. Luciani: "E chi dovrebbe prendersi questo impegno ?
a)  Berlusconi, a metà della sua seconda legislatura, è ancora al punto di partenza;
b)  Un Governo Bersani, di alternativa, è ancora lontano dall'aver rassicurato l'elettorato, circa il ritorno di
     certe "infamità" del Governo Prodi ( il farsi percepire dall'elettoraro come un governo tassatore, un governo
      incapace di prendere decisioni, un governo precario in politica estera ). Ma potrebbe lavorarci sopra,
      magari col concorso di Casini, in vista di mettere in piedi il Terzo Polo nella successiva legislatura.

Dalla Confindustria - Assemblea Annuale
(Stralcio dalla Relazione. Per trovare l'originale,
integrale, clicca su: Marcegaglia


E. Marcegaglia
, L'Italia. La stabilità dei conti  pubblici.

"  La politica economica italiana deve essere guidata da due priorita' , due vere emergenze, da affrontare contemporaneamente. La stabilita' dei conti pubblici e la crescita economica.
   Senza la stabilita' rischiamo di diventare un Paese finanziariamente non affidabile nei confronti dei partner europei e dei mercati finanziari.
  Senza la crescita non daremo prospettive all'economia e alla societa' italiane. E gli stessi obiettivi di finanza pubblica diventeranno irraggiungibili.
  Intorno a queste due priorita' occorre estendere la consapevolezza dell'opinione pubblica. Sono indispensabili l'unita' e la determinazione da parte della politica, la capacita' di risposta delle istituzioni.
  Consapevolezza, unita' e capacita' di risposta sono le tre condizioni che oggi mancano. Serve un progetto condiviso. L'opera riformatrice deve essere di lunga lena e costante nel tempo, per essere credibile e non destabilizzare le aspettative delle famiglie e delle imprese con annunci estemporanei a cui spesso non sono seguiti passi concreti.
  La tenuta dei conti pubblici ci ha risparmiato di finire nell'occhio del ciclone dell'eurodebito. Un merito che riconosciamo al Ministro dell'Economia e al Governo.
   Ma nella vita pubblica e tra la gente non e' tramontata la convinzione che il bilancio pubblico sia una stanza di compensazione delle tensioni sociali, la fonte diretta della crescita dei posti di lavoro.
   La stagione della spesa facile deve essere considerata chiusa per sempre.
   Noi abbiamo sempre chiesto una riduzione della spesa pubblica. Secondo gli obiettivi del Governo tra il 2010 e il 2014 la spesa pubblica al netto degli interessi si deve ridurre in termini reali del 7% per raggiungere il pareggio di bilancio.
   Tagli di spesa di questa entita' impongono un ripensamento complessivo della funzione dello Stato e riforme profonde. Non si possono risolvere i problemi con i tagli lineari nelle spese correnti e la scure sugli investimenti pubblici.
   Occorre scegliere. Occorrono interventi che non siano solo di quantita' ma siano soprattutto di qualita' , per aiutare la crescita. Occorre coinvolgere tutte le forze politiche e sociali. Occorre la revisione di tutte le voci che compongono le uscite del bilancio, comprese quelle per il welfare e per il pubblico impiego, che rappresentano i tre quarti della spesa primaria.
  L'articolazione federalista dello Stato non e' in contrasto con l'Unita' e deve servire a migliorare l'efficienza della macchina pubblica e a effettuare i necessari risparmi.
   Per ora si conosce la dimensione dei tagli, ma non gli interventi per realizzarli. Senza un profondo cambiamento dei meccanismi che governano la spesa nei principali comparti, nessuno puo' escludere che al freno di oggi non segua puntualmente un grande rimbalzo della spesa domani, come piu' volte avvenuto in passato.
   Occorre ridurre cio' che lo Stato fa oggi, lasciando piu' spazio ai privati e al mercato. Uno Stato che smetta di fare male il troppo che fa e che invece faccia bene l'essenziale che deve.
   Ma cosi' non e' . Infatti, la presenza pubblica diretta nell'economia si e' estesa in questi anni in ambiti sempre piu' impropri, con vere derive patologiche. E' esemplare, a questo riguardo, la proliferazione delle societa' partecipate da amministrazioni locali, alle quali non e' stato ancora posto rimedio nonostante i ripetuti interventi normativi. Queste societa' fanno concorrenza sleale alle imprese private e hanno un livello di efficienza inaccettabile: quattro quinti di esse sono in perdita. Andrebbero vendute e i mercati di riferimento liberalizzati, con Autorita' di regolazione forti e indipendenti, a tutela dei consumatori.
   Tra poche settimane saremo chiamati a votare alcuni referendum che, se approvati, metterebbero uno stop al gia' bassissimo grado di affidamento ai privati della gestione dei servizi pubblici locali e impedirebbero gli investimenti nelle infrastrutture idriche.
   Va ricordato che gia' oggi la gestione degli acquedotti e' per oltre il 90% nelle mani pubbliche, con livelli di dispersione che raggiungono punte del 40%. I proponenti di questi referendum danno messaggi fuorvianti o addirittura falsi.
   L'acqua come bene pubblico che sarebbe in pericolo e andrebbe difeso da rapaci interessi privati. Al contrario, l'acqua e' e restera' un bene pubblico. Cio' che va privatizzata e' la sua distribuzione. Ci dicano i proponenti del referendum: come intendono poi gestire l'aumento del livello di inefficienza idrica e del debito pubblico? Chi pagherebbe i 60 miliardi di investimenti che saranno necessari nei prossimi anni?
   Legato alla spesa pubblica c'e' il tema dei costi della politica. Sappiamo bene che questa voce incide relativamente poco sul bilancio pubblico, ma e' una questione fondamentale.
   Diciamolo chiaro: la politica a tutti i livelli in Italia da' ancora troppa occupazione a troppa gente e in un momento cosi' grave in cui tutto il Paese e' chiamato a fare grandi sacrifici e' del tutto impensabile che non sia la politica per prima a ridurre drasticamente i suoi privilegi.
   La precedente finanziaria aveva cominciato timidamente un percorso di ridimensionamento. Quel che e' stato realizzato fino ad oggi e' insufficiente. Le resistenze sono estese, radicate, fortissime. " E. M.

Nino Luciani*, In margine alle priorità della Pres. Marcegaglia, e sui modi di realizzarle.

* Ordinario di Scienza delle Finanze, Univ. di Bologna
_________________________
  Sintesi. "Distinguere tra "manovra congiunturale" e "manovra strutturale". Per sanare i conti pubblici, la prima vuole, oggi, l'uso immediato dell'imposta. L'altra vuole il bisturi sulla spesa pubblica, ma in un orizzonte di 5-10 anni, perchè ben più problematica e dolorosa.
  Dopo, si abbasserà (finalmente) la pressione fiscale.
  
Ma, si è visto, questo non lo può fare TREMONTI.

1.- Le idee valide della Pres. Marcegaglia. Ritengo che le idee della Pres. Marcegaglia siano patrimonio del 90% dei partiti italiani, e dunque ci metto dentro anche il centro-sinistra, alla grande (altro è la estrema sinistra comunista). Ma da qui, a dire che mi sento tranquillo su una alta probabilità (a destra o a sinistra) che siano attuabili queste idee della Pres. Marcegaglia, ci passa molta acqua. Ma andiamo per gradi.
Perchè idee valide. Il fallimento dei sistemi comunisti (pur con tutti i mezzi che avevano per attuarli ! ) ha evidenziato che questi sistemi non possono funzionare democraticamente e che sono perdenti (in confronto all'economia di mercato), non tanto per le idealità di uguaglianza, ma perchè lo strumento attuativo di cui si valgono è l'eccesso di burocrazia. In queste condizioni è molto centrata l'opzione della Pres. Marcegaglia, per " uno Stato che smetta di fare male il troppo che fa, e che invece faccia bene l'essenziale che deve".
2.- Ma se è così, perchè non farlo subito ? Occorre distinguere tra manovre congiunturali e manovre strutturali.
Per i problemi di bilancio, non puoi tagliare all'improvviso le spese correnti, perchè non puoi mettere le famiglie (dei dipendenti pubblici) sulla strada, dalla sera alla mattina (i casi estremi di disagio sociale, li vediamo in Grecia, Spagna, Portogallo). Invece con un aumento dell'imposta dell'1% sul reddito di tutti, peschi molto, e gravi poco individualmente. Ma dovevi farlo lo scorso anno.
  La crisi dell'economia, poi, richiede il sostegno dei consumi. Se tagli i redditi dei dipendenti pubblici, colpisci categorie con alta propensione al consumo. Invece i redditi medio-alti hanno alta propensione al risparmio. A questi va chiesto di più (come imposta) che ai redditi medio bassi.
  Non vuoi gravare sui tuoi elettori (di centro destra) ? Ma allora è un problema "non economico".
Congiunturalmente parlando, avresti anche l’arma della modifica della struttura del sistema fiscale: lo sgravio da imposta indiretta, bilanciato da uguale aggravio di imposta diretta. In questo caso, il moltiplicatore del PIL è grosso modo pari alla "unità": vale dire, in un gradualità temporale, generi un aumento del PIL pari allo sgravio. (Invece la riforma fiscale di Berlusconi punta all'incontrario).
3.- Torniamo alla manovra strutturale. Per riprendere a crescere, l'Italia deve liberare risorse per gli investimenti, e questo pone un problema di alternativa tra Stato e mercato, a favore del mercato (portare la spesa pubblica del 55% del PIL attuale al 45%).
La Germania Federale, nell'incorporare la Germania dell'Est (1990), aveva il problema di farla transitare alla economia di mercato. Ha impiegato 20 anni. La Pres. Marcegaglia ne è consapevole :"L'opera riformatrice (in Italia) deve essere di lunga lena e costante nel tempo".
  Per ridurre il debito pubblico, dovresti anche liquidare, cum grano salis, una parte del patrimonio statale disponibile.
  Ma attenzione, economicamente, il taglio della spesa pubblica non vuol dire tagliare i servizi pubblici, bensì convertire le imprese pubbliche in imprese private (posto che sia possibile internalizzare le "esternalità"), in modo da garantire la continuità dei servizi. Non si è fatto così con l'Alitalia ? Non solo questo...
    Qui vale anche la lagnanza della Pres. Marcegaglia che lamenta "la proliferazione delle societa' partecipate da amministrazioni locali". E' noto che sono una fonte di disavanzi, che finanzia i partiti (non senpre).
  In tema di federalismo, direi, invece, che la Pres. sia stata troppo "sorvolante". Quì l'alternativa è tra Stato ed Enti locali.     Non è "federalismo" quello che aumenta le imposte locali, ma non taglia (per un uguale ammontare) le imposte statali.
   Ben altro che il federalismo che "unisce".
4.- E Chi dovrebbe applicare la ricetta della Pres. Marcegaglia ?
  a) Berlusconi
ha fallito sugli obiettivi fondamentali, perfino sul federalismo. Bossi ha poco da ridere.
  Ma egli torna a riproporci la riforma fiscale e Tremonti gli osserva che "non si può fare la riforma del fisco in deficit".
  La osservazione, anzichè suscitare la nostra lode, ci irrita. OK per la tenuta dei conti pubblici. Ma Egli non ha lavorato, nei quasi otto anni al MEF, per ridurre con gradualità la spesa pubblica, e realizzare oggi le condizioni per abbassare la pressione fiscale.
  Potrebbe Berlusconi usare i prossimi due anni per recuperare …? Se vuole tentare il miracolo, la prima cosa da fare è mettere al MEF un ministro che creda in queste cose, e licenziare TREMONTI.
  b) Bersani è una alternativa valida ? Egli è politicamente sulla strada giusta, quando mira a riunire la sinistra.
  Ma, solo tre anni fa, un governo di sinistra è stato mandato a casa, a causa di certe "infamità" ( a) farsi percepire come un governo tassatore; b) essere incapace di prendere decisioni;c) essere poco affidabile in politica estera).
  Veltroni era andato alle urne da solo, al più con IDV e con i RADICALI, per sottrarsi a quelle "infamità". Ma, poi, Veltroni non ha vinto le elezioni.
  Dunque Bersani dovrà fare sia una coalizione, sia rassicurare l'elettorato circa le preoccupazioni di Veltroni (in primis la coalizione deve concordare alla unanimità la regola di decisione, al suo interno).
  c) Casini e il terzo polo ? E' una prospettiva legata al possibile disfacimento del PDL e dovremo ancora attendere.
Al momento, sarebbe già tanto se Egli convergesse con Bersani per costruire l'alternativa di governo, e rimediare alle inadempienze di Berlusconi. NL

 

BERLUSCONI   VUOLE "CAMBIARE  LA  COSTITUZIONE E  L'ARCHITETTURA ISTITUZIONALE" COL VOTO  DETERMINANTE  DEI   "RESPONSABILI"

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Pier Luigi Bersani

Berlusconi: "Magistratura eversiva"

Sì ad un accordo PDL- PD per fare la riforma della Governance
e ripristinare l'equilibrio tra i poteri forti dello Stato.
Per l'incoraggiamento, da parte dei poteri economici forti.

Se questo passaggio non funzionasse, il via del popolo
al PARTITO della NAZIONE è solo una questione di tempo

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Silvio Berlusconi

SINTESI. La magistratura appare determinata a completare  la “operazione mani pulite”, di cui si direbbe veda in Berlusconi l’ultimo sfuggito. Ma per Berlusconi: "La Magistratura è eversiva". In realtà, è questione di sbilanciamento tra potere giudiziario e potere politico, per caduta del ruolo costituzionale dei partiti..
   Nei fatti, pur dopo ben due riforme della legge elettorale, la contraddizione (nel Paese), tra Costituzione materiale e costituzione formale, ostacola il normale funzionamento della Governance dello Stato.
  In questa questione, l’unica via di uscita del nostro “uomo del fare” è la riforma, scendendo a patti col PD, il maggior partito della sinistra laica (i “vituperati comunisti”), e che contiene anche la sinistra democristiana.
  Se questo passaggio non funzionasse, il via popolare al “
Partito della Nazione” è solo una questione di tempo. Sarebbe il ritorno ad una normale routine, di governance secondo l’attuale Costituzione, ma anche la cessazione (comunque auspicabile) dell'attuale conflitto tra Costituzione formale e Costituzione materiale.

1.- Sullo straripamento della magistratura. La questione dello straripamento della magistratura, in politica, è posta da più parti, dal 1992-94, quando l'operazione "mani pulite" spazzò via un'intera generazione politica. Il medesimo straripamento è lamentato, a suo danno, da Berlusconi, quasi appendice dell'operazione "mani pulite".
  Che lo straripamento persista, anche a prescindere da B, è un fatto. Lo abbiamo visto recentemente anche in Comuni medio-grandi, sotto elezioni amministrative, con lo scattare di manette a carico di assessori uscenti, quasi ad orientare l'elettorato verso l'alternanza (poi, magari, talvolta, qualcuno verrà assolto).
   Sia chiaro, che la magistratura non opera motu proprio, ma perchè ci sono denunce, che di solito vengono da avversari politici concorrenti. E sia anche chiaro che, se lo straripamento supera determinate dimensioni, è perchè l'opinione pubblica lo sostiene. I magistrati sono, in primo luogo, l'espressione dei comuni sentimenti. Questo sentimento lo vediamo, in questi giorni, anche dentro il PDL (cos'altro signfica la recente presa di distanza della MORATTI da TASSINI, a proposito di un appello di quest'ultimo contro ... la "magistratura" ?).
    Non è, poi, un gran discorso che "chi ha avuto il sostegno degli elettori" abbia comunque il diritto di governare. Vale sempre la presunzione che "egli" già in origine fosse in pace con la legge. Ma se, poi, la presunzione risulta infondata... .
   Nè si strumentalizzi troppo il fatto dei "numeri". Nel nostro caso non si tratta di "voti maggioritari" nel paese, ma solo nel parlamento grazie al premio di maggioranza dato alla "maggiore minoranza" (30% ? );
   Concluderei per l'opportunità (e perchè non c'è altra via di uscita), che B. rispetti la magistratura, nè tuoni troppo contro la "lentezza" dei processi, se è vero che questa "lentezza" è (in parte) creata dal suo governo, in quanto nega le risorse, necessarie al normale funzionamento. Si vegga la relazione, di quest'anno, del Primo Presidente della Cassazione.

2.- Perchè il sistema politico va in tilt. I politici sono dei comuni mortali. Essi fanno politica per i problemi di "interesse generale", ma sono motivati da un "interesse personale" (un reddito, l'ambizione di stare sul moggio, tanti altri motivi legittimi, così come fa un normale imprenditore). Vi sono anche le eccezioni: santi, poeti, navigatori che lo fanno in modo disinteressato, perchè hanno qualcosa "dentro". Ma, ahimè, se il "sistema" li blocca, poco riescono a fare.
   L'azione politica dà buon frutto se opera in un quadro virtuoso competitivo, per cui i migliori sono premiati, e dunque, incoraggiati ad andare avanti; i peggiori sono ritirati.  Non sempre il meccanismo della sostituzione funziona, in primo luogo perchè il grande pubblico non è in condizioni di capirci bene e ancor meno di risolvere in modo diretto.
  Nei sistemi democratici si è inventato il meccanismo dell'alternanza tra i grandi partiti, perchè si ritiene che in generale chi ha governato per 5-10 anni abbia già dato il meglio di se, e vada sostituito.
   Quando questo meccanismo auto-salvifico si inceppa, il politico tende anzi a catturare il consenso, strumentalizzando la Pubblica Amministrazione (es. fare assumere personale, che gli assicura il voto; arricchirsi vincolando le imprese aspiranti alla concessione dei lavori pubblici, al pagamento di tangenti al partito o a se stesso).
   Tale è la situazione d'Italia, diagnosticata nei primi anni ' 90. Se questa visione è corretta, lo straripamento della magistratura è stato qualcosa che attiene agli equilibri tra i poteri costituzionali dello Stato. Ergo, il rientro nei ranghi è soggetto solo alla legge della bilancia: il potere caricato su un piattello va sotto, se quello sull'altro piattello è vuoto; e i due piattelli tornano a stare in bilancia, se il potere mancante si ricostruisce su quello vuoto.

3. Come ripristinare l'equilibrio tra i grandi poteri dello Stato. Se è vero che lo straripamento è una questione di sbilanciamento tra i grandi poteri, la soluzione del rebus sta nel riposizionamento dei partiti al loro posto, sulla base di un meccanismo virtuoso.
   Torniamo, al concetto espresso: la via è la ricostituzione del meccanismo dell'alternanza, come antidoto alla corruzione dei partiti, e con tutti i relativi nuovi accorgimenti, suggeriti dalla esperienza ( le elezioni primarie "vere" per ognuno dei partiti ..., il certificato penale in regola, la preferenza "unica" tra le candidature, ...).
   Non solo questo: l'alternanza va prefigurata per governi di legislatura, per permettere ai cittadini un giudizio con buon fondamento, e perchè i problemi di lungo termine richiedono governi di legislatura.
  Per la veriità, questo lavoro è stato avviato, con due riforme della legge elettorale, ma esso ancora non funziona:
   - per un verso c'è una Costituzione materiale, fondata su una legge ordinaria che vuole il candidato "Premier" indicato al momento delle elezioni, e per l'intera legislatura, sia pur sostenuto da una maggioranza assoluta bulgara, creata artificialmente per la coalizione di maggioranza relativa, senza qualche soglia minima;
  - per un altro verso, c'è una Costituzione formale che vuole la conservazione del Premier, durante la legislatura, solo se ha la fiducia delle Camere.
  E' essenziale sanare questo dualismo, e la strada sarebbe di adeguare la Costituzione formale a quella materiale.
   I partiti di minoranza oggi ritengono, invece, prioritaria la riforma della legge elettorale. Ma Berlusconi, il 14 dic. 2010, ha detto alla Camera: "sono disposto a discutere su tutto, fuori che sul bipolarismo". Su questo punto, io concordo con Berlusconi: in assenza della riforma costituzionale della Governance, il bipolarismo è la soluzione meno peggio, ma richiederà troppo tempo, per essere metabolizzato dal sistema politico. Per questo serve un intervento anticipatore.

4.- Per un grande accordo PDL- PD, e per l'incoraggiamento da parte dei poteri economici forti. L'eccezionalità storica dei problemi richiede un accordo tra il PDL e il PD, in quanto sono le maggiori forze politiche in campo.
   Voglio anche concedere che la Magistratura voglia capitalizzare il potere accumulato, e dunque anch'essa (non operando i meccanismi automatici bilancianti, dentro il CSM - Consiglio Superiore della Magistratura) sia incorsa nello stesso difetto dei partiti di governo della prima repubblica: strumentalizzare la funzione pubblica per auto-conservarsi.
   Pertanto, ai fini di un ricacciamento all'indietro, serve doppiamente la solidità delle grandi forze politiche.
  Giunti a questo punto, ci ricordiamo che la rivoluzione francese ci aveva insegnato che il potere politico, se non è sorretto dal potere economico-industriale, non va da nessuna parte.
  Anzi, la mancanza di una co-interessenza tra le due forze, fa cadere la politica. Scopriamo qui che Berlusconi è debole non solo per mano di magistratura, ma anche perchè non è sorretto dai poteri economici forti.
   La Confindustria spesso si lamenta: "siamo stati lasciati soli". Dentro il grande potere finanziario, ci sono segnali di presa di distanza. Chi ha seguìto il ricambio del vertice della "Generali Assicurazioni" ha motivo di pensarlo.
   Si chiariscano le posizioni e, si incoraggi apertamente la riforma costituzionale.
   Se questo passaggio non funzionasse, il via popolare al PARTITO della NAZIONE (i vari centristi ... fino a destra, anche per dissolvimento del partito di B.) sarebbe solo una questione di tempo. Sarebbe un ritorno alla Costituzione della prima repubblica ... Non sarebbe forse un grande ritorno, pur se la cessazione del conflitto attuale tra Costituzione formale e Costituzione materiale sarebbe comunque auspicabile. NL

 

Ripreso dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana

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Recente "prolusione" del Card. Angelo Bagnasco
al Consiglio della Conferenza dei Vescovi

Ancona 24-27 gennaio 2011 (stralcio)

"Dare voce al Paese, che chiede di essere
accompagnato con lungimiranza ed efficacia,
senza avventurismi"

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Angelo Bagnasco

http://www.chiesacattolica.it/cci2009/index.html;
http://www.chiesacattolica.it/cci_new_v3/allegati/17596/Prolusione_24_01_2011.doc

Dalla CEI -  Conferenza Episcopale Italiana

CONSIGLIO PERMANENTE,
Ancona, 24 - 27 gennaio 2011

PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE
Stralcio dei parr. 5, 6, 7

                   Venerati e cari Confratelli,
                                   .........
  5. La crisi economica e finanziaria che, a partire dal 2009, ha investito in pratica il mondo intero non è finita. E che non sia esaurita lo dicono studiosi ed economisti, ma del fatto abbiamo conferma anche nella concreta vicinanza alla gente, nostra e dei nostri cari sacerdoti, ai quali indirizziamo il pensiero grato e fraterno. Non mancano germi di nuovo, segnali di ripresa e di innovazione, con esperimenti rilevanti nelle relazioni lavorative, ma persistono varie situazioni impaludate. E dentro ciascuna di esse ci sono persone e, di conseguenza, famiglie in grande allarme e in comprensibile sofferenza. Noi siamo anzitutto con loro.

   Contribuisce poi ad impensierirci ulteriormente il senso di spaesamento che perdura, non come un'atmosfera evidentemente artificiosa e momentanea, ma come stato d'animo concreto, affatto passeggero. Per questo resta sempre necessario ascoltare per meglio comprendere e opportunamente decidere. Ad esempio, la contestazione studentesca, sviluppatasi nelle settimane precedenti il Natale, è un fatto che merita una riflessione non scontata. Non si è trattato di un evento ripetitivo del passato; troppo diverse le situazioni e le condizioni.

   Certo, hanno inquietato gli innesti di violenza e di grave devastazione che si sono registrati. Si è parlato di infiltrazioni improprie, e non tutti né ovunque sono stati pronti a dissociarsi dalla violenza. Ma in ogni campo bisogna dare ascolto alle preoccupazioni reali e ai dubbi sinceri per meglio capirsi e per poter procedere con l'apporto più ampio e onesto possibile. Riconoscendo anche, come è accaduto non di rado, che l'esperienza diretta e concreta del nuovo ha riservato sorprese positive, magari non subito colte nella concitazione degli animi e degli eventi.

   Resta l'esigenza evidente, comunque, che ogni riforma richiede risorse indispensabili. La prospettiva infatti del ridimensionamento di quello che ai giovani appare come il più consistente cespite di spesa che lo Stato stanzia in loro favore, deve essere apparsa incomprensibile. Ma oltre a queste motivazioni psicologiche - di impellenza immediata - ci sono quelle lunghe, ossia la consapevolezza che essi hanno di arrivare alla ribalta in cui dovrebbe cominciare la vita adulta e autonoma, quando una serie di condizioni sono diventate sfavorevoli.
   Si dice che questa sia la prima generazione della decrescita, e la si chiama generazione inascoltata o non garantita.

   La disoccupazione giovanile è un dramma per l'intera società, e non solo per i giovani direttamente interessati.
   Stando alle statistiche, ci sono oltre due milioni di giovani tra i 15 e 34 anni che non studiano, non lavorano, né ormai cercano più un impiego. Dicono di saper già di non trovarne uno stabile e sono poco disponibili ad abbracciarne uno qualsiasi.
  La svalutazione del lavoro manuale, anche specializzato, è evidente. E questo non è un bene. Il mondo degli adulti, secondo le diverse responsabilità, è in debito nei confronti delle nuove generazioni, "in debito di futuro".
  I  giovani non vogliono certo essere accarezzati come degli eterni adolescenti, desiderano essere considerati responsabili e quindi trattati con serietà, ma chiedono di non sentirsi soli, gettati nella vita e privi di possibilità.

  6. In un documento del nostro Episcopato pubblicato trent'anni or sono e che ebbe a suo tempo una notevole accoglienza (La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, 1981), si diceva icasticamente: "Il consumismo ha fiaccato tutti" (n. 11). Ed eravamo appena agli inizi di quel processo di trasformazione che interesserà l'Italia e l'Occidente nei decenni a seguire, e troverà rappresentazione nella cosiddetta "modernità liquida" dominata da quella che alcuni hanno definito "ideologia del mercato".
   Colpisce l'efficacia di quella predizione, dove ad apparire centrato è in particolare il verbo usato: "fiaccare".

  La desertificazione valoriale ha prosciugato l'aria e rarefatto il respiro. La cultura della seduzione ha indubbiamente raffinato le aspettative ma ha soprattutto adulterato le proposte. Ha così potuto affermarsi un'idea balzana della vita, secondo cui tutto è a portata di mano, basta pretenderlo. Una sorta di ubriacatura, alle cui lusinghe ha - in realtà - ceduto una parte soltanto della società. Però il calco di quel pensiero è entrato sgomitando nella testa di molti, come un pensiero molesto che pretende ascolto. Un ascolto peraltro che diventava sempre più improbabile, considerato il nuovo clima sociale, determinato da un volano economico che senza tanti complimenti si era messo a girare all'incontrario. Noi siamo testimoni della dignità con cui la nostra gente sta normalmente reagendo alle difficoltà che si sono presentate, arrivando a configurare un andamento diverso nel passo del mondo. Sembrava che il trend della crescita dovesse tutto sommato aumentare sempre, in un movimento espansivo che avrebbe via via incluso sempre nuove fette di popolazione.

   Invece la crisi si è presentata come una sorta di drenaggio generale, obbligando un po' tutti a rivedere le proprie ambizioni. C'è una verità, forse non troppo detta, ma che la gente ha intuito abbastanza presto: si stava vivendo al di sopra delle proprie possibilità.
   Bisogna allora imprimere una moderazione complessiva dell'andamento di vita, senza dimenticare - anzi! - tutti coloro che già prima vivevano sul filo e oggi si trovano sotto.
    Con bilanci meno ambiziosi, occorre far fronte a tutte le necessità di una società moderna, per di più senza poter più contare sullo sfogo del debito pubblico che invece dovrà rientrare.
   Ma che fare se ognuno difende a spada tratta il livello di vita già acquisito? Questo è il punto in cui i problemi dei giovani vengono a coincidere con le questioni di ordine generale: bisogna infrangere l'involucro individualista e tornare a pensare con la categoria comunitaria del "noi", perché tutto va ricalibrato secondo un diverso soggetto.
  Anziché una somma di tanti "io", sicuramente legittimi e forse un po' pretenziosi, occorre insediare il plurale che abita in ogni famiglia, il plurale di cui si compone ogni società.

Nino Luciani, In margine a "avventurismi", vale dire sulla crisi costituzionale della Governance in Italia. Anche un mio consiglio personale a Berlusconi.
 
Premessa. Il Cardinale ha detto: " E' possibile che taluni sottili veleni si insinuino nelle psicologie come nelle relazioni, e in tal modo - Dio non voglia! - si affermino modelli mentali e di comportamento radicalmente faziosi.
  "Forse che questo non sarebbe un attentato grave alla coesione sociale?... È necessario fermarsi in tempo - tutti - ..., dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro"
.

1.- Secondo me, il punto focale è aggiornare la Costituzione.
La detta "possibilità", ventilata dal Cardinale ha forse un suo fondamento, e tuttavia per una governabilità "senza aventurismi", il punto focale è partire dalla consapevolezza che la Costituzione della Repubblica ha prefigurato il solco entro cui anche i veleni, nelle relazioni sociali, possono stare legittimamente. Infatti, se è rispettata la Costituzione, i veleni stanno in bottiglia, e non arrivano a uccidere il sistema politico.
    In questa fase storica, il governo eletto è quello di Berlusconi, ma tutti i giorni l'opposizione lo invita ad andare a casa.
  E altrettanto faceva Berlusconi, tre anni fa, nei confronti del governo Prodi, e anzi tramava, ai limiti dell'eversione, per attirare senatori a tradire la sua "maggioranza".
    Questo non depone bene per l'Opposizione.
   Soprattutto si nota un accanimento sulla persona, mentre servirebbero proposte sulle cose che il cardinale indica, per tutti, come prioritarie:
"etica, famiglia, solidarietà, lavoro".

2.- Dove aggiornare la Costituzione.
Il motivo, per cui i veleni non stanno in bottiglia, è dovuto al fatto che la classe politica è, oggi, molto eterogenea, in confronto ai tempi della DC e del PSI, del PCI.  Allora, si arrivava in parlamento solo venendo dai "partiti", nei quali (art.49 della Costituzione) "i cittadini si associavano ... per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale" e i partiti avevano delle vere e proprie scuole. Di conseguenza c'era anche un maggior senso delle istituzioni e dello Stato
  Oggi, invece, il parlamento è "anche" un porto di mare, dove arrivano "gabellieri" (nel senso del vangelo), imprese partito-familiari, anche delinquenti ..., per vendere il voto, in cambio di un buono stipendio e dell'immunità parlamentare.
  In questa mutata situazione, buon senso vorrebbe che il PDL e il PD (i due maggiori partiti antagonisti) si mettessero intorno a un tavolo per riformare il sistema della Governance, in modo che anche in Italia accada (come negli USA, in Francia, in Germania,...) che "chiunque sia eletto" (possibilmente col certificato penale in regola) possa attuare il programma con il tempo necessario (appunto 5 anni), e sia pienamente responsabilizzato a fine legislatura, sulle cose che ha fatto.
   Ritengo che non sia prova di senso delle istituzioni chiedere ogni giorno le dimissioni del Presidente del Consiglio, pur se:
  1) solo due mesi fa, le Camere hanno confermato la fiducia;
  2) non c'e' una sentenza della magistratura che lo dichiari decaduto dai pubblici uffici.
   Ritengo anche inqualificabile che la TV pubblica amplifichi la richiesta. E' come spargere calunnie, senza mai piu' ripescarle in toto.
   E ritengo non sia prova di senso delle istituzioni il fatto che Procuratori della Repubblica colloquino con la stampa circa lo stato delle loro indagini. Un "vero" funzionario dello Stato si esprime solo nelle forme e riti previsti dalla legge.
 
3.- Adesso parliamo di Berlusconi.
La Costituzione italiana è tra le più sagge tra le Costituzioni al mondo. Soprattutto i Padri Costituenti sapevano che, per il carattere latino, un italiano che abbia potere, cambia natura e vuole fare il dittatore.
  Lo vediamo adesso anche da piccole cose: uno, appena diventato ministro, si mette a fumare il sigaro cubano e fa sfoggio di superiorità. Potrei fare i nomi di miei comuni amici, e che ho perso per sempre, dopo che sono divenuti ministri.
  Lo vediamo dalle insofferenze (anzi dal discredito) di Berlusconi verso la Carta Costituzionale.
   Perchè lui dice che i giudici della Corte Costituzionale sono contro di lui perchè sono "comunisti" ? Questo è veramente troppo.
  Come possono, i cittadini pensanti, stare tranquilli se hanno un Presidente del Consiglio che disprezza la Costituzione e i giudici costituzionali ?

4.- Andiamo oltre: Berlusconi lasci il governo e si dedichi al suo partito.
Lui ha una certa età, e certi by pass al cuore ...
   L'opera storicamente più importante che è riuscito a fare, entrando in politica, è stata di dare continuità alla Democrazia Cristiana e al PSI, vale dire riempire (al centro) un vuoto di potere pericolissimo per l'Italia, e anche realizzare il "bipolarismo", che è la via più prossima (pur se insufficiente) per la governabilità (in assenza della elezione diretta del Premier).
   Di ciò tenuto conto, egli dovrebbe pensare seriamente a stabilizzare questa importante via che ha dato all'Italia.
  E' chiaro (almeno a me) che, in caso di caduta politica traumatica, tutto il suo impianto andrà in fumo, e Forza Italia si scioglierà e i suoi amici andranno in diaspora..
  Domando se Berlusconi ha mai pensato seriamente alla sua creatura.
  Per questo, se Berlusconi lasciasse il Governo e si dedicasse al Partito (aprendo fin da adesso ad un successore, se ce l'ha...), farebbe bene alla Italia perchè darebbe un futuro alla sua creatura (Forza Italia) e forse renderebbe possibile subito un governo di grande coalizione (PDL+PD) per le riforme costituzionali.         Nino Luciani

  
    Non sarà un'operazione facile, ma occorrerà convertire una parte di ciò che eravamo abituati a considerare nella nostra esclusiva disponibilità, e metterlo nella disponibilità di tutti. E naturalmente chi nel frattempo aveva accumulato di più, qualcosa di più ora deve mettere a disposizione. Quando un anno e mezzo fa cercavamo di trovare il senso di ciò che la crisi poteva richiedere, si parlò ad un certo punto di una necessaria conversione degli stili di vita. Ora ci siamo arrivati. C'è un'alfabetizzazione etica su questa nuova stagione che occorre saper alimentare anche al livello dei nostri gruppi, delle nostre associazioni, dei nostri movimenti.
   Se una parte di reddito va ridistribuita per poter corrispondere alle essenziali attese delle ultime generazioni, che diversamente rimarrebbero sul lastrico, ecco che c'è un lavoro di rimotivazione da compiere per dare un orizzonte convincente alla dose di sacrifici che bisogna affrontare.
   Si torna qui alla sfida educativa che ci siamo prefissi.

   Nella mentalità più diffusa, la sofferenza è l'ambito oscuro della vita che è meglio mettere tra parentesi, e da cui in ogni caso è necessario preservare i più giovani. Ma questo, pur scaturito dalle migliori intenzioni, è l'autoinganno più fatale che si sia indotto nei figli, nei nipoti, nei discepoli.
   Tentando di preservarli dalle difficoltà e dalle durezze dell'esistenza, si rischia di far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose.
  Se a questo si aggiunge una rappresentazione fasulla dell'esistenza, volta a perseguire un successo basato sull'artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l'ostentazione e il mercimonio di sé, ecco che il disastro antropologico in qualche modo si compie a danno soprattutto di chi è in formazione. "Non esiste una vita senza sacrificio", ammoniva il Papa parlando proprio ai giovani (Omelia nella Domenica delle Palme, 5 aprile 2010), non si può diventare liberi da sé "senza osare il grande Sì" (ib). E poi spiegava : "Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto "sì" ad una rinuncia sono stati momenti grandi ed importanti della mia vita" (ib).

  Anche la crescente allergia che si registra nei confronti dell'evasione fiscale è un segnale positivo, che va assecondato. Adesso più che mai è il momento di pagare tutti nella giusta misura le tasse che la comunità impone, a fronte dei servizi che si ricevono. Bisogna snellire e semplificare, ma nessuno è moralmente autorizzato ad autodecretarsi il livello fiscale. Chi fa il furbo non va ammirato né emulato. Il settimo comandamento, "Non rubare", resiste con tutta la sua intrinseca perentorietà anche in una prospettiva sociale.

   7. L'intelligenza collettiva ha il dovere di riscattare l'istituto familiare dalle visioni ristrette e impacciate in cui è stato relegato. I riconoscimenti che nell'ultimo periodo sono giunti da istituzioni insospettabili alla famiglia italiana quale soggetto-baluardo della finanza nazionale e salvadanaio in grado di riequilibrare la finanza pubblica agli occhi delle autorità europee, acquistano oggi il valore di una riabilitazione culturale della famiglia stessa dinanzi a quei grandi poteri da cui è stata spesso ignorata.

  Conviene appena ricordare che tale esito non nasce in modo accidentale, ma è il risultato paziente dell'antropologia di riferimento della nostra cultura, per la quale da sempre noi viviamo anzitutto in una società di famiglie.
   Questa è la campata sotto la quale l'Italia vive, avendo ? sotto il profilo sociologico ? una connotazione sua propria, la quale ha ripercussioni decisive a livello educativo, nel contenimento dei disagi giovanili, nella resa scolastica, nelle strategie di prevenzione sociale, nel recupero dalle dipendenze, nella comunicazione intergenerazionale.

   Va da sé che una ricognizione lucida della condizione nazionale deve portare il Paese a darsi una politica familiare preveggente, che mantenga la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, e aperta alla vita, quale base per rilanciare il Paese, e rilanciarlo sul proprio caratteristico equilibrio esistenziale, dunque senza ossessivi cedimenti alla struttura del "soggetto singolare".

    Le risultanze della Conferenza nazionale sulla Famiglia, svoltasi di recente a Milano, vanno indubbiamente in questa direzione e meritano - sia per il versante culturale sia per il versante politico-fiscale - la pronta considerazione delle forze politiche.
   L'individuazione del "fattore famiglia" come criterio ad oggi più evoluto, in quanto più equilibrato rispetto ad ipotesi precedenti, suggerisce che l'auspicata, urgente riforma del fisco dispone già di un elemento centrale di grande convergenza. Diremo anche noi con Benedetto XVI che tutto ciò che si fa per sostenere il matrimonio e la famiglia accresce la grandezza dell'uomo, rafforzando nel contempo la società.
   Come ho già più volte auspicato, bisogna che il nostro Paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni.

   Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci - veri o presunti - di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine.

  In tale modo, passando da una situazione abnorme all'altra, è l'equilibrio generale che ne risente in maniera progressiva, nonché l'immagine generale del Paese. La collettività, infatti, guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale. La vita di una democrazia - sappiamo - si compone di delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle proprie prerogative. "Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità ? ammoniva il Papa in occasione dell'ultima Settimana Sociale ? comporta la disponibilità ad uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo per perseguire insieme il bene del Paese" (Benedetto XVI, Messaggio alla 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani, 12 ottobre 2010).

   Come ho già avuto modo di dire, "chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda (cfr art. 54)" (Prolusione al Consiglio Permanente, 21-24 settembre 2009, n. 8). Dalla situazione presente - comunque si chiariranno le cose - nessuno ricaverà realmente motivo per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore. Troppi oggi - seppur ciascuno a modo suo - contribuiscono al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca delegittimazione. E questo - facile a prevedersi - potrebbe lasciare nell'animo collettivo segni anche profondi, se non vere e proprie ferite.

  La comunità nazionale ha indubbiamente una propria robustezza e non si lascia facilmente incantare né distrarre dai propri compiti quotidiani. Tuttavia, è possibile che taluni sottili veleni si insinuino nelle psicologie come nelle relazioni, e in tal modo - Dio non voglia! - si affermino modelli mentali e di comportamento radicalmente faziosi.
  Forse che questo non sarebbe un attentato grave alla coesione sociale? E quale futuro comune potrà risultare, se il terreno in cui il Paese vive rimanesse inquinato?
   È necessario fermarsi - tutti - in tempo, fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro.
.........
........"

 


CRISI DI GOVERNO

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PierLuigi Bersani

Dopo il voto di fiducia del 14 dicembre 2010:

Il governo Berlusconi in atterraggio morbido,
in attesa del PARTITO DELLA NAZIONE

Ma per adesso e per i prossimi due anni
serve  la
"GRANDE COALIZIONE" PDL +  PD

berlusconi-papa.jpg (4834 byte)Silvio Berusconi


 
N. Luciani
, Per la "grande coalizione", per fare la riforma della Governance. Poi, verrà chi verrà ...

1.- Il problema sempre quello: la debolezza di Governance dello Stato.  La prima ragione per considerare finita la stagione di questo Governo Berlusconi sta nei numeri: è un Governo da "3 voti" di maggioranza. Ma da qui a dedurre che è nell'interesse del paese andare alle elezioni anticipate, corre molta acqua.
   La seconda ragione è che anche Prodi soffrì della stessa malattia: solo "3 voti" di maggioranza e dunque c'è in giro da anni una malattia infettiva, la debolezza strutturale di Governance, a cui sarà soggetto anche in futuro chiunque vincerà le nuove elezioni.
   Mi parrebbe evidente, di conseguenza, che il voto della Camera vada interpretato come un atterraggio morbido al Governo Berlusconi, in attesa delle elezioni, le quali però hanno un senso compiuto solo dopo aver corretto le regole, in modo da porre fine a questa malattia costituzionale, a parte considerazioni sui danni all'Italia, da anni allo stesso punto di partenza, per i propri problemi economici e sociali.
   Lo strumento per farlo è solo una "grande coalizione PDL+PD ", presieduta da "uno" del PDL . Andrebbe anche bene un monocolore PDL, con appoggio esterno PD.
  Berlusconi, quale Presidente del PDL, rompa la righe e metta ognuno di fronte alle proprie responsabilità. Un NO sarebbe sarebbe solo una "squalifica" per chi glielo oppone, e sicuramente non un demerito per lui.
  Sia chiaro che si tratterebbe solo di una soluzione ponte, però fondamentale per incidere su questa malattia.

2.- Bipolarismo riveduto e corretto, o nuova Governance ? Mi parrebbe che la partenza, per qualunque idea costruttiva, siano le parole del Premier BERLUSCONI, alla Camera il 14 dicembre 2010, per la fiducia. Berlusconi ha detto:"Sono disposto a trattare su qualunque cosa ... ( programma, composizione del governo, di tutto ...), ma non "sul bipolarismo".
    Invece, dall'altra parte (diciamo tutti, meno la Lega), la priorità assoluta è stata la "riforma della legge elettorale", in funzione "anti-bipolarismo".
   Ma il parlamento ha detto NO e allora bisogna fermarsi, e anzi capire la follia di questa idea ..., e invece la saggezza delle parole di Berlusconi.
   E se questo non viene capito dagli "altri", è meglio un governo che non faccia nulla e lasci al paese reale di andare avanti in modo spontaneo con le proprie forze, che il ritorno al caos finale della Prima Repubblica.
  a) una "nuova Governance", in altermativa al bipolarismo ? La legge elettorale attuale, con premio di maggioranza alla coalizione, non è un tabù, ma al momento il "bipolarismo" è la via meno peggio per la governabilità, visto che un referendum bocciò, a suo tempo, la riforma costituzionale del secondo governo Berlusconi, che prevedeva l'elezione diretta popolare del Premier; e visto che un referendum più recente ha bocciato il dispositivo che apriva al "bipartitismo" (dando il premio di maggioranza al partito di maggioranza relativa).
   Ma, in alternativa, una via di uscita potrebbe fare eleggere il Premier, dal parlamento, per un tempo prefissato di legislatura (in modo analogo a come avviene per il capo dello Stato) e prevedere la possibilità della sfiducia con maggioranza qualificata.
   E se anche questa strada è sbarrata, il bipolarismo non si dovrebbe toccare, e se lo vuole solo Berlusconi..., ben venga Berlusconi (a parte questioni di altra natura, che addolorano tutti).
   Beninteso, si può anche pensare di migliorare il "bipolarismo" non disdegnando "mezzucci", purchè in quel senso, e per esempio disporre che non sia ammessa la formazione di gruppi parlamentari con meno del 30% dei membri della camera di appartenenza, e che il finanziamento pubblico sia dato ai partiti solo attraverso un gruppo parlamentare.

 3.- In attesa del Partito della Nazione. Il bipolarismo è debole perchè l'Italia rimane un Paese dei campanili. Servirebbe uno sforzo verso la coesione delle idee storicamente portanti, e verso regole di decisioni più moderne.
   Sul primo punto (coesione delle idee), non può non riconoscere che (pur tra tanti distinguo, da campanile), ci siano in Italia due grandi filoni storici: uno è quello di centro-sinistra (che raccoglie comunisti, socialisti, liberal-sociali, minoranze cattoliche), e l'altro è di centro destra (che raccoglie il grosso dei cattolici, il grosso dei liberali, liberisti conservatori).
   Del primo gruppo, l'idea che l'unisce è quella della moralità sociale e della laicità e a-moralità dello Stato. C'è anche tutto il resto, ma più o meno in ombra.
   Del secondo gruppo, l'idea che l'unifica è quello della iniziativa privata e della libertà, non avulse dall'etica e dalla religione (soprattutto cattolica).
   Rispetto alla possibilità di due grandi aggregazioni (una di centro sinistra e una di centro destra), ci troviamo tuttora in una fase di transizione, che si sarebbe già concluso se non ci fosse stato il flop del Governo di centro-sinistra di PRODI, e che ha improvvisamente riaperto uno spazio al Berlusconismo, già allora, avviato al suo termine.
  Ma pur con questa prolunga, è solo una questione di tempo perchè il collante del PDL è l'interesse privato e aziendalistico, non certo una formazione di base etico-morale riferibile ai grandi filoni etico-sociali (a parte, persone singole ad esso approdate). Dunque, venuto meno Berlusconi, il PDL è destinato ad una rapida dissoluzione, a meno che spunti subito un successore, ed Egli riesca a reggere il PDL (fronte giudiziario permettendo). In ogni caso, diviene di interesse per l'Italia la prospettiva dell'annunciato partito della nazione, anche perchè fatto di partiti provenienti da partiti radicati nella tradizione italiana.
  Ma andiamo per gradi.
  Perchè il Partito della nazione ? Perchè ha l'UDC e l'ex-AN sono eredi naturali, anche di idee, del PDL. Ma non è detto che abbia successo. I fattori determinanti saranno soprattutto tre:

   a) il primo è il peso che l'etica economica e religiosa potrà avere come collante, ciò che manca al  PDL ;
   b) il secondo è il peso che in esso potrà avere la regola decisionale del Partito, dato per scontata la libertà di espressione dei suoi membri (cosa che nel PDL, comunque, è parsa non esserci). Sono convinto che in questa area non ci siano i contrasti economici e di coscienza esistenziali che hanno straziato la "sinistra" dentro il Governo Prodi.
   Tuttavia i suoi componenti vengono da esperienze politiche molto diverse e dunque i dubbi sono fondati.

4.- E in attesa di cos'altro ? Un pensiero al PD per le prossime elezioni. Il ruolo del PdN sarà sicuramente determinante per far perdere il PDL, perchè toglierà voti da quella parte, e non è detto che non vinca le elezioni se l'elettorato centrista cattolico punterà i piedi, considerandolo sostituto adeguato del PDL.
   Ma resta in piedi l'incognita PD. Se l'elettorato farà in tempo a dimenticarsi il flop di Prodi e diventerà più attento sul fronte fiscale, non è escluso che (grazie al successo del PdN nell'erodere voti sul PdL) non si ritrovi partito di maggioranza relativa e vinca le elezioni. E, inoltre, anche il PD deve convincere di essere capace di prendere decisioni.  NL.  

 

In coda alla Convention di  Perugia (Bastia Umbra) il 6-7 nov. 2010

La CRISI DI GOVERNO e 
la VICENDA "popolare" di FINI a Perugia   (Basta Umbra)
Adesso sopravvengono le manifestazioni degli studenti universitari
a spingere per accelerare la fine del Berlusconismo in politica

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La vicenda di FINI a Perugia
(tutto pieno, all'interno di
un edificio immenso e, più, all'esterno)
: quella di trovarsi
circondato da quella folla di élite medio-alta, anche socialista,
che si risveglia in determinati momenti della storia d'Ialia

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PierLuigi Bersani


BERSANI assecondi, senza strumentalizzazioni,
quanti vogliono portare a termine
la legislatura, meglio se con una "grande
coalizione" su un  "programma obbligato".

Bossi partecipi, guardando avanti ...
I rapporti umani sono importanti...
ma la vita è breve e non c'è più tempo.

Bossi.jpg (36261 byte)
Umberto Bossi


                               A FINI la candidatura a Premier ?
                    Dipende dal peso che i partiti danno al fatto che:                                     
*

- FINI è determinante per la revoca della fiducia della Camera a Berlusconi;
- FINI è stato il cofondatore del PDL, partito che ha vinto le elezioni e viene secondo in graduatoria, dopo B. ;
- FINI  può attrarre l'elettorato-bene del PDL.

                                Il programma "obbligato" :
1) risolvere la crisi economica con azioni più forti e chiare, che richiedono anche il sacrificio delle
    classi di reddito medio-alte, oggi impossibile a Berlusconi perchè sono il suo elettorato ;
2) fare le riforme costituzionali della Governance dello Stato e del Senato federale ;
3) modificare la legge elettorale ( proporzionale con sbarramento, "un" voto di preferenza );
4) completare il federalismo fiscale ;
5) continuare nel migliorare la sicurezza dei cittadini, nel mondo globale .

 
N. Luciani
, Nessuna demonizzazione di Berlusconi, ma bisogna guardare al futuro.  Il
  solo governo  per obiettivi  costituzionali è una "grande coalizione"  PDL+PD+FLI+Lega+...

1.- In questa fase storica dell'Italia. In questa fase, c'è un "programma obbligato" del governo, se è vero che potè
  cadere PRODI con pochi voti di margine, così come può cadere BERLUSCONI, con molti voti di margine.
   Il programma obbligato è:
- la a riforma costituzionale della Governance per "governi di legislatura";
- il connesso sistema elettorale (ma solo dopo ..) perche' chi è eletto non sia, con la stessa facilità. un professore
   universitario o un commerciante sia pur intelligentissimo, ma senza una preparazione politica di base;
- la continuazione del programma per la crisi economica, anzi una azione più determinata, che Berlusconi non può
  o non vuol fare, perchè si dovrebbe chiedere sacrifici ai ceti sociali, che sono il suo elettorato
   Chi il nuovo  capo del governo ? In via teorica, potrebbe essere uno qualsiasi, tra i segretari dei partiti che ci stanno, ma FINI ha titoli validi per alcune ragioni:
  - FINI è il solo che, in questa fase, puo' determinare la revoca della fiducia della camera, a Berlusconi;
  - FINI è stato il cofondatore del PDL, partito che ha vinto le eleazioni e quindi, dopo Berlusconi, viene lui in graduatoria.

    Per la rilevanza del "programma obbligato", sono essenziali le forze storiche d'Italia (cattolici, laici, socialisti), e quelle (pur se di formazione politica recente) direttamente collegate alle antiche tradizioni comunali, a parte che la Lega Nord è l'altro partito che ha vinto le elezioni e chiede la riforma federale dello Stato.
   La Lega, a sua volta, deve capire che, a causa della differente capacità contributiva delle varie regioni del Paese,
diverrà temporaneamente più importante il ruolo equilibratore dell Stato centrale tra i vari enti locali e quello per lo sviluppo economico del Mezzogiorno.
    Sul ruolo di CASINI, e degli altri, ben vengano, se condividono il programma, ma senza troppi bisantinismi. Casini, meno degli altri perchè, avendo lui avuto a suo tempo la possibilita' di salvare PRODI (sostituendo i 3 voti di Mastella,
con i suoi 40 voti in Senato) non lo ha fatto. Se lo avesse fatto, ci avrebbe evitato un governo tragi-comico (quello di Berlusconi, per le sue infinite palle al piede giudiziarie - ahimè mi dispiace) e avrebbe posto le basi per la rinascita della DC (Democrazia Cristiana, rinnovata moralmente e generazionalmente) e forse per la propria candidatura a Premier,
nella successiva legislatura. Ma ha buttato via il bambino con le sue mani e da lì ho capito che Casini non è un leader.

   2.- Basta con una democrazia con "investiture" in Italia !  Rimembrando, da Gregorio VII a Enrico IV, da Fini a Berlusconi.  Narra la storia che, l'imperatore germanico Enrico IV, essendo stato scomunicato da papa Gregorio VII, ed essendo conseguentemente stato dichiarato decaduto dai feudatari tedeschi, si recò a Canossa (1077), dove era il papa, "protetto" dalla marchesa Matilde. Per tre giorni, narra la storia, (il castello circondato di neve) l'imperatore implorò pentito, a piedi scalzi, il perdono del papa. Il perdono sembrava non arrivare mai, finchè... arrivò.
  Il motivo dello scomunica erano le investiture dei Vescovi. L'imperatore voleva essere lui a proporre al papa i Vescovi da nominare, mentre il papa la pensava ben diversamente. Alla fine, Enrico IV, per ottenere il perdono del papa e il reincarico a imperatore, si dichiarò pentito e promise di rinunciare alle investiture dei Vescovi.
  Ma, poi, narra la storia, una volta ristabilito nei poteri, egli piombò in Germania, sottomise i feudatari e fu di nuovo in Italia per muovere guerra al grande papa, fino a circondarlo prigioniero a Castel S.Angelo e nominare papa un "antipapa".
  Di tutto questo mi sono ricordato, non per assimilare FINI a GREGORIO VII, ne' BERLUSCONI ad ENRICO IV,  ma per certe analogie che funzionano sempre.

   E' un fatto che da anni abbiamo una Democrazia usurpata, perchè:
  1) ci sono anche noi delle INVESTITURE tutt'altro che papali in Parlamento; e ai Parlamentari è chiesto solo di dire SI' al governo, sotto forma di questione di fiducia e di minaccia di perdere il posto (o con elezioni anticipate, e mancata riproposizione della candidatura);
  2) la legge dà la "maggioranza assoluta" alla coalizione di "maggioranza relativa", pur se solo col  30%, e questa è una anomalia che si spiega solo con la perdita di ogni pudore antidemocratico. Basti pensare allo scandalo che fu menato contro De Gasperi, quando ottenne una legge elettorale che dava un premio di maggioranza al partito maggiore, purchè fosse già maggioritario di suo (50%+1 dei voti).
 
  3.- Facciamo un passo indietro: la vicenda di Fini a Perugia (Bastia Umbra). La grande stampa ha raccontato che Fini, a Perugia, ha inviato un ultimatum a Berlusconi: "Dimettiti, perchè sei entrato in un vicolo cieco". Non solo questo( segue una mia sintesi libera):
a) hai tradito il Sud, perchè sei prigioniero di Bossi. Voglio anch'io il federalismo, ma con un occhio speciale alle aree
   a bassa capacità contributiva;
b) il tuo programma economico è di conservazione della ricchezza per chi ce l'ha. Va bene la salvaguardia del bilancio
    dello Stato, ma dentro il bilancio occorre fare delle scelte guardando al futuro. Tu demolisci lo Stato sociale. Non
     vedi le istanze dei giovani che chiedono spazio. Non ti accorgi dei troppi che non hanno il primum vivere: Sei troppo
     duro con gli immigrati;
f)  la tua moralità, quale "appare", non è apposto (poi, in privato, sono fatti tuoi). Hai danneggiato l'immagine dell'Italia.

  Per me la vicenda di Fini, a Perugia, è stata soprattutto un'altra cosa.
  FINI
ha molto faticato per pronunciare la fatidica frase "Dimettiti". L'ha fatto alla fine di un discorso estenuante (un'ora e mezza, elencando i lati positivi e negativi del governo Berlusconi) sicchè, alla fine, sui volti del pubblico quasi si leggeva la delusione.   E invece, alla fine quella parola è venuta.
 .Quel pubblico era un popolo oceanico, venuto da ogni parte di Italia. Era l'Italia laica, cattolica, patriottica, e anche socialista (anche del PDL, di cui palesava la crisi interna). Molti del Sud. Non avevo mai visto tanto popolo, dai tempi di Mario Segni a Firenze, tanti anni fa: quello stesso tipo di popolo.
   In sintesi, direi che la vicenda di Fini è stata di essersi trovato circondato da quella élite medio-alta del nostro Paese, che si risveglia in determinati momenti della storia d'Ialia, da lui stesso prefigurata o, forse, in cui era venuto a trovarsi (un po'  inconsapevolmente), che vedeva in lui una guida per la rinascita democratica delle istituzioni democratiche.
  
A  sostegno, adesso sopravvengono le manifestazioni degli studenti universitari.
  
   3. La "Ruota" di FINI.  La "Ruota" di Fini è l'Italia matura per alcuni aggiornamenti della Costituzione che vada nel verso di dare risposte efficaci ai problemi annosi della Governance dello Stato (dopo quelli, risolti degli enti locali), per:
  - Governi di legislatura;
  - una rappresentanza parlamentare della Italia "unitaria" e "federalista";
  - una legge elettorale proporzionale, con sbarramento significativo, così di dare rappresentatività, ma non
     polverizzazione del parlamento, ma anche certe modalità di garanzia della scelta delle persone migliori, per
     professione e moralità, da incaricare per la politica.
  
     Tornando alla scelta delle persone, mi parrebbe fondamentale che le persone abbiano il certificato penale pulito e che
  ne siano resi pubblici titoli professionali e le esperienze. Sono per il voto di preferenza, ma "un solo voto".
   Per le carica di Presidente del Consiglio, auspicherei che ci sia l'elezione diretta, ma di candidati che abbiano
preventivamene ottenuto un determinato consenso popolare in almeno tre regioni.
  Per il Parlamento auspicherei una Camera a elezione universale, e un Senato delle regioni. Nino Luciani

L' IMPERATORE ENRICO IV  penitente  davanti al papa GREGORIO VII  a Canossa, 1077
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Monito di una vicenda conclusa con un grande errore di Gregorio VII, e da non ripetere

 


EDIZIONI PRECEDENTI

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Gianfranco Fini

Nino Luciani, Dopo Fini (a Mirabello) ..., "il re è nudo", come già Prodi dopo Mastella,
ed il bipartitismo è risultato un artificio.
Ciò ripropone in Italia la attualità della
riforma della Governance dello Stato.


Per la "grande coalizione" (Monocolore PDL, con appoggio esterno PD) per fare la riforma della Governance dello Stato, perchè anche l'Italia abbia governi di legislatura !
Fatto questo, si potrà parlare
di riforma della legge elettorale

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Silvio Berlusconi

N.Luciani, Le ragioni per continuare la legislatura, ma con un'altra rotta: riforma della governance dello Stato e della legge elettorale, continuità della politica congiunturale. Perchè la "grande coalizione" PDL+PD

1.- Le ragioni per "non fare" le elezioni. Ci sono almeno tre buone ragioni per fare subito un nuovo governo:
- la prima è la continuità della politica congiunturale, perchè la "crisi economica" non può aspettare;
- la seconda è fare le essenziali riforme costituzionali perchè anche l’Italia abbia "governi di legislatura";
- la terza è che le eventuali elezioni sarebbero "devianti", perchè finirebbero per essere poste come un plebiscito pro o contro Berlusconi, anzichè essere incentrate sui problemi aperti.

a) La prima ragione è l’esigenza di aumentare gli interventi di politica congiunturale, anche tenuto conto che il saldo passivo della bilancia dei pagamenti internazionali concorre a determinare una diminuzione della liquidità del sistema economic. La via maestra è puntare a ricostituire il circuito del flusso del reddito creando domanda "effettiva" (vale dire, accompagnata da potere di acquisto). In questa fase, le soluzioni appropriate sono:
a) lo Stato paghi i propri fornitori;
b) in via temporanea, "sgravi fiscali" a favore dei redditi medio-bassi (perchè con relativa alta propensione al consumo), e recupero del mancato gettito fiscale con "aggravi fiscali" sui redditi medio-alti (perchè con relativa bassa propensione al consumo). Le recenti statistiche, del risparmio impiegato in beni rifugio, avvalorano queste indicazioni di soluzione.

b) La seconda ragione è fare la riforma della Governance dello Stato. Essa viene dai motivi della crisi, che è la "defezione di una "costola" della maggioranza", ma che è la stessa cosa già avvenuta per Prodi, e che ben conosciamo annosamente. Pertanto sarebbe dovere di tutti, e primariamente dei partiti eredi dell’arco costituzionale, fare la riforma della Governance. Dopo Fini (Mirabello), il "re è nudo" irrimediabilmentte ed il "bipartitismo per l'Italia" è risultato un artificio (ahimè)..
Si può essere a favore o contro il governo. Ma il punto non è questo, bensì che, una volta che le libere elezioni diano vita ad un governo, questo deve avere il tempo per applicare il programma, compresi i punti che richiedono anni per essere avviati (le privatizzazioni, le infrastrutture come ponti, strade, ...).

c) La terza ragione è che le eventuali elezioni finirebbero per essere un plebiscito pro o contro Berlusconi, novello Napoleone III, e questo sarebbe il massimo della "deviazione" rispetto ai problemi. C'è, poi, che anche il prossimo potrà tornare a cadere, in seguito a nuove defezioni. E c'è che Berlusconi perderebbe le elezioni, perchè :
-  non è mai successo che "uno" vinca contro "tutti" ma, caso mai, solo se riesce a dividere la controparte (gli "Orazi e Curiazi" restano emblematici);
- Nel caso di Berlusconi ( come già nel caso di Prodi), il problema non è solo questione di numeri. Prodi cadde perché già era classificato, nel Paese, come "governo tassatore" che spaventò il ceto medio (sia pur mascherato come "lotta all’evasione fiscale"). Ce lo ricorda questa canzone:
http://www.youtube.com/watch?v=DReqqnN9Mz0&feature=related.
- Berlusconi è annosamente deludente sul piano programmatico. Restano, infatti, elusi i punti fondamentali del suo programma di abbattere la fiscalità, come conseguenza di meno Stato e più mercato. E', però, una responsabilità che va condivisa con TREMONTI, anzi quasi tutta di Tremonti. Questi rilievi non fanno venire meno la qualifica del suo governo come di "governo del fare" … (la "monnezza di Napoli" fu un problema enorme …);
- il suo elettorato è stanco di non vedere un termine al tempo che Berlusconi dedica a difendersi dalla magistratura, trascurando di conseguenza il programma. Lo smarcamento di Fini è anche questo.

2. - Quale Governance? Alcuni anni fa, ho fatto un "Comitato per la nuova legge elettorale", e fui ricevuto dal Governo (SottoSegretario Paolo Naccarato, del Governo Prodi). Clicca su: http://www.impegnopoliticocattolici.bo.it/ . La ratio era che la legge elettorale si poteva cambiare solo dopo avere riformato la Governance dello Stato. Il motivo è che non si può buttare via anche quel poco di stabilità dei governi, dataci dalla legge vigente, senza aver (prima) trovato di meglio.
Il progetto avanzato dal Comitato va, dunque, nel senso di cambiare la legge elettorale, ma dopo aver riformato la Governance dello Stato.

a) Riforma della Governance. La soluzione proposta è il Semi-Presidenzialismo, vale dire un Premier eletto dal popolo (o anche dal parlamento, però per l'intera legilatura), rieleggibile una seconda volta, e che convive col Presidente della Repubblica per la controfirma degli atti, sotto il profilo di costituzionalità.
La proposta ha avuto critiche dagli anziani, perchè temevano che un Premier forte possa approfittare per fare una nuova dittatura in Italia.
Per tenere conto della osservazione, gli argomenti sono tantissimi. Quello più a portata di mano è il ruolo del federalismo regionale come potere bilanciante il maggior potere centrale. Infatti, il federalismo di Bossi va nel senso di diminuire il potere centrale. Ma c'è anche chi non ama un federalismo che divide. In questo senso con un Premier più forte,  in associazione ad un maggiore potere locale, si ha rispettivamente un antidoto contro la disgregrazione dello Stato e un antidoto contro la dittatura.

b) Legge elettorale. La legge elettorale proposta è per una rappresentanza proporzionale del parlamento, con sbarramento del 2%, ma col vincolo che la costituzione dei gruppi parlamentari sia ammessa solo se il gruppo ha almeno il 10-15% dei membri della camera di appartenenza.
Vorrei chiarire che questo vincolo, circa la possibilità di formazione dei gruppi parlamentari, è in alernativa a sbarramenti alti (10% ?), che possono mortificare la possibilittà di successo di idee nuove e di uomini nuovi.
E’ inoltre proposto il voto di preferenza per i candidati (ma "un" solo voto), con obbligo di pubblicazione del curriculum vitae, autenticato da notaio.
Su questo punto, vorrei chiarire che la pubblicità del curriculum mira a separare i "buoni" dai "cattivi" (si fa per dire, ma è un problema veramente importante, quanto difficile), almeno per quanto è possibile.

3.- Quale governo. Per la "grande coalizione":  "monocolore PDL, con appoggio esterno PD
Mi sembra che un progrmma di questo tipo non sia attuabile in Italia senza l'apporto dei due maggiori partiti, sia pure di opposto indirizzo poltico, e questo non solo per fatto numerico (alla Camera, PDL seggi 237, PD seggi 206; al Senato, PDL seggi 135, PD seggi 113). E' essenziale che l'appoggio dei due maggiori partiti (sia pur di diverso indirizzo) sia reciprocamente da loro riconosciuto come determinante. Ben venga l'apporto di altre forze.
La via, che mi sembrerebbe più opportuna (per evitare troppe complicazioni, soprattutto di immagine), è un Governo monocolore, a guida PDL (Berlusconi), con l’appoggio esterno (determinante) del PD.
La nuova maggioranza dovrebbe proporsi i tre obiettivi: Governance, legge elettorale, politica congiunturale.

Fatto questo, si dovrebbe passare a completare la legislatura secondo le vie ordinarie.

 

BANCA d'ITALIA, 31 maggio 2010: Assemblea Ordinaria dei Partecipanti


Le "S-considerazioni" del Governatore a favore della manovra del Governo:

quelle che hanno dirottato sulla "evasione fiscale"
la responsabilità della "macelleria sociale" del Governo

  LUCIANI: Il taglio della spesa pubblica è vitale per l'Italia, ma non va fatta con tagli a man bassa, bensì con le dismissioni del "patrimonio non necessario" e dei "servizi non fondamentali" dello Stato agli enti locali e al settore privato (vedi Alitalia non tagliata,
ma dismessa), seguendo il programma della già annunciata riforma fiscale federale.

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Silvio Berlusconi

 No a macelleria sociale. Per subito, per fare cassa la retta via alternativa è un piccolo aumento, per 2 anni, delle aliquote IRPEF, anche perchè, in un Paese civile, i sacrifici vanno ripartiti su tutti i cittadini in base a capacità contributiva (art. 53 Cost.), non con "macelleria sociale". Va confermata la lotta alla evasione fiscale come fatto di routine, non come pretesto per aumentare la pressione fiscale.*
  Il Decreto ha alterato il quadro politico dei rapporti tra la destra e la sinistra, in quanto il settore pubblico è, per quest'ultima, una sorta di articolo di fede e dunque tagliare a man bassa il settore pubblico è come toccare dei nervi scoperti. Il riflesso è una rinnovata difficoltà di dialogo per fare la riforma federale dello Stato, per la quale servono dei quorum di approvazione molto alti.
  Lo stesso è dei rapporti tra PDL e Lega Nord, in quanto l'applicazione del Decreto (causa resistenze sociali) impegnerà il Governo ore 24/24 nel 2011 e 2012, e anche le battaglie frontali di Berlusconi per la riforma della giustizia turberanno la dialettica tra la Lega e il PD e IDV. 
  Direi, a questo punto, che alla Lega Nord rimanga poca possibilità di salvare la riforma federale.
  La via per risolvere è solo una secca correzione del Decreto, nel senso qui proposto, e invocare la priorità assoluta per la riforma federale, fino a mettere sul tavolo il piatto della fiducia.
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M. Draghi, Considerazioni ...

Stralcio dalle:
"Considerazioni finali", Assemblea Ordinaria dei Partecipanti Roma".
Roma,  31 maggio 2010

…..
 " L'evoluzione della crisi e la cooperazione internazionale.
    Un anno e mezzo fa il fallimento di Lehman Brothers apriva scenari gravi per la finanza e l'economia del mondo. L'azione di autorità monetarie e governi arginava il collasso della fiducia di operatori finanziari, risparmiatori, investitori, consumatori. Nell'insieme dei paesi del G7 il sostegno dei bilanci pubblici all'economia superava nel 2009 i 5 punti percentuali del PIL. I tassi reali d'interesse a breve termine divenivano negativi, le banche centrali fornivano liquidità in misura senza precedenti.
…..
  Disavanzi e debiti pubblici sono aumentati vistosamente. Al sollievo per la catastrofe evitata è subentrata nei mercati finanziari internazionali l'ansia improvvisa per la sostenibilità di debiti sovrani crescenti. Le vendite colpiscono titoli di Stati che hanno ampi deficit di bilancio o alti livelli di debito pubblico; soprattutto, quelli di paesi dove queste due caratteristiche si combinano con una bassa crescita economica. Quanto più questa è debole, tanto più esigente, pressante, è la richiesta degli investitori internazionali di un rapido rientro dagli squilibri nei conti pubblici.
    Per questi paesi non c'è alternativa al fissare rapidamente un itinerario di riequilibrio del bilancio, con una ricomposizione della spesa corrente e con riforme strutturali che favoriscano l'innalzamento del potenziale produttivo e la competitività.
…..
   Ma è probabile che il processo non avvenga in tempi rapidi; i disavanzi dovranno essere finanziati, richiederanno mercati solidi e trasparenti.

  Le lezioni della crisi.
  La radice della crisi che investe il mondo da quasi tre anni sta in carenze regolamentari e di vigilanza nelle piazze finanziarie più importanti.
   La politica monetaria espansiva condotta negli Stati Uniti dalla fine degli anni novanta ha contribuito a creare un ambiente finanziario favorevole all'aumento esplosivo dell'indebitamento privato e all'aggravarsi degli squilibri globali; questi fattori hanno acuito gli effetti della crisi e ne hanno favorita la trasmissione. Ne discendono chiare indicazioni per il futuro, riguardo sia al sistema di regolamentazione finanziaria, sia alle politiche monetarie.
   Dall'inizio della crisi il Financial Stability Board (FSB) è stato investito dalle massime istanze politiche mondiali della responsabilità di disegnare il quadro regolamentare in cui opererà l'industria finanziaria negli anni a venire.
   Ho più volte descritto le linee che hanno guidato, che guidano questo disegno....
   L'agenda si sviluppa su quattro filoni:
  i) definire regole generali per le banche: un patrimonio più robusto, una leva finanziaria più contenuta, il controllo dei rischi di liquidità ne sono i pilastri;
  ii) introdurre disposizioni specifiche per gli intermediari sistemici, dirette a ridurre la probabilità di un loro eventuale fallimento; a permetterne, ove questo si produca, una gestione ordinata e arginarne il contagio;
   iii) ridurre la rilevanza dei rating nella supervisione, al tempo stesso accrescendo la concorrenza tra le agenzie di rating e controllando efficacemente l'integrità dei loro processi decisionali, la trasparenza dei loro giudizi;
   iv) aumentare la trasparenza delle contrattazioni sui mercati finanziari già regolamentati; ricondurre i mercati over the counter entro un quadro di regole globalmente condivise che impongano contratti standard e il regolamento delle transazioni presso controparti centrali assoggettate a vigilanza.

    Per il primo blocco di riforme la convergenza internazionale deve essere massima, altrimenti l'arbitraggio regolamentare e l'integrazione tra i mercati ne vanificheranno l'applicazione.
   Per il secondo blocco è più opportuno parlare di armonizzazione minima: tutti dovranno prendere delle misure nei confronti degli intermediari sistemici, ma è illusorio pensare che modi e tempi di attuazione siano gli stessi per tutti i paesi, perché troppo grande è la diversità di istituzioni, mercati, modelli di business, storie economiche. Solo quando governi e regolatori potranno lasciar fallire le istituzioni che lo meritano, senza provocare catastrofi come quella seguita al fallimento di Lehman, essi avranno riacquistato vera indipendenza rispetto all'industria dei servizi finanziari.

   Negli Stati Uniti è in corso di definizione un ambizioso progetto di riforma della regolamentazione del sistema finanziario; negli aspetti di cooperazione internazionale esso è coerente con l'agenda del FSB. I lavori del Board si stanno svolgendo secondo il calendario previsto. Ma gli appuntamenti di quest'anno sono decisivi. La scadenza più importante è la presentazione al Summit del G20 di Seoul, il prossimo novembre, delle nuove regole che riformeranno l'accordo di Basilea 2. .....

   L'area dell'euro.
    La politica monetaria dell'area è da tempo fortemente espansiva. Ha assicurato condizioni ordinate nel sistema del credito, ha fornito sostegno alla ripresa dell'economia in presenza di aspettative di inflazione moderate e saldamente ancorate alla stabilità dei prezzi. Le misure eccezionali di espansione della liquidità hanno evitato una crisi sistemica; hanno compresso i tassi di interesse sul mercato monetario e contribuito alla riduzione di quelli sui prestiti alle imprese e alle famiglie.
   Per estendere l'accesso ai fondi da parte degli intermediari, le operazioni di rifinanziamento sono state effettuate a tasso fisso e con pieno soddisfacimento della domanda; è stata ampliata la gamma di attività finanziarie utilizzabili come garanzia; la durata delle operazioni è stata allungata a 12 mesi.
   Alla fine dell'anno scorso, il Consiglio direttivo, pur non rinnovando alcune operazioni eccezionali ritenute non più indispensabili, ha continuato a garantire tutta la liquidità necessaria al sostegno dell'economia e del sistema finanziario.

   Ma negli ultimi mesi le conseguenze della crisi hanno messo alla prova la coesione dell'area.
   L'imponente creazione di debito pubblico, in una fase in cui arrivano a scadenza sui mercati quantità straordinarie di obbligazioni bancarie, ha improvvisamente accresciuto il premio di rischio su alcuni debitori sovrani.
   Per la Grecia la questione si poneva da tempo: la perdita di credibilità dei conti pubblici, l'entità del deficit, del debito, del disavanzo corrente della bilancia dei pagamenti, la debole struttura industriale con dinamiche salariali insostenibili precipitavano quel paese in una crisi fiscale che le autorità greche tardavano a percepire.


Nino Luciani,
Una questione di fiducia nella capacità dello Stato di pagare ..., ma da risolvere in altro modo

  * professore ordinario di  scienza delle finanze
*

Quadro macro-finanziario, 2009, in miliardi di €
   (Fonte Banca d'Italia, Relazione, per il 2009)

- pil € 1.521;
- debito pubblico € 1.761 ( di cui 42,7% sottoscritto
     da non residenti in Italia)
- spesa pubblica € 800, (52,5% pil), di cui:
    - spesa pubblica locale € 255,0 miliardi (31,9%);
- entrate totali pubbliche € 718 (47,2% del pil)
- disavanzo di bilancio, coperto con indebitamento
   per € 80 miiardi (5,3% del pil).

   1.- Un problema di "credibilità", forse non ben risolto. La manovra del Governo (Decreto Legge 31.5.2010) è stata giustificata dal Governatore come necessità di rasserenare i mercati internazionali circa la solvibilità dello Stato italiano dei propri debiti.
    In premessa mi collego al particolare che, in campo monetario e finanziario, ciò che più conta non è la effettiva solvibilità di un debitore, ma il "credere" che egli sia capace di pagare.
   Per quanto riguarda le banche ordinarie, esse creano "moneta bancaria" (sono i vari "assegni" ...), grosso modo pari a 10-12 volte l'ammontare dei depositi del pubblico* . Dunque se, all'improvviso (anche solo per panico) il pubblico dubitasse della solvibilità delle banche e corresse per avere il "contante" in moneta legale, tutte fallirebbero, per mancanza di disponibilità.
   Questo spiega perchè, nei mesi scorsi, è sopravvenuta la garanzia degli Stati, a fronte di insolvenze bancarie, e questo è bastato perchè il pericolo di fallimento delle banche ordinarie rientrasse. Ma adesso sono gli Stati, in sofferenza (Grecia,...) e dunque c'è un rebus ben più grave.

  Il taglio della spesa pubblica deve rimanere un punto fisso.  La retta via non è, però, il taglio a man bassa, ma la dismissione del "patrimonio non necessario" e dei servizi "non fondamentali" dello Stato al settore privato (vedi Alitalia) e agli enti locali e questo richiede tempo. La sede è la riforma federale dello Stato, come da programma avviato. (Sul retto concetto di federalismo fiscale, clicca su Bossi).
   Per l'immediato, la via più semplice (in sede di conversione del D.L.) è applicare la regola già pronta: un piccolo aumento IRPEF, per 2 anni, su tutti (art. 53 Cost.).

2.- Tradizionalmente il piatto forte, che rende garanti gli Stati, è il potere fiscale. Il potere fiscale è, infatti, il potere, di ultima istanza, che gli Stati hanno di pareggiare i conti usando un potere di imperio sui cittadini, all'occorrenza.
   La manovra del Governo italiano non ha, però, fatto leva sul potere fiscale ..., ma sul taglio della spesa pubblica e, marginalmente, sul recupero dell'evasione fiscale.
   Gravando su un settore limitato (ma anche strategico), si è creato un peso insopportabile su "una parte" dei cittadini, col rischio di boomerang, in caso di rivolta. Questo comprometterebbe definitivamente la "credibilità" dello Stato. Ne traggo che Tremonti è un temerario.
    Non si è anche calcolato che il "risparmio di spesa" (per mancato turnover) è solo apparente, perché lo Stato dovrà gravare su altro capitolo la spesa per "ammortizzare" i disoccupati.

3.- Scaricare la responsabilità della "macelleria sociale" sulla evasione fiscale, è ammettere la impotenza fiscale dello Stato. Draghi ha denunciato mancata IVA per 30 miliardi all'anno.  C'è, poi, la perdita di ICI, per un numero imprecisato di case non iscritte i catasto.
   Ha difeso il Governo, adducendo che avrebbe fatto "macelleria sociale" per colpa dell'evasione fiscale.
   Questa è una dichiarazione di "impotenza" dello Stato (altro che "sovranità" !) e anche mendace.
   Imposterei il problema in altro modo:
   a) Il "ladrismo" dell'uomo (evasione fiscale, inclusa) ha da sempre accompagnato l'uomo (a volte, per il piacere della perversione, a volte per fame e per sopravvivere, a volte per rivendicare una qualche ragione "santissima"). Per conservare il fenomeno in limiti fisiologici, basta che lo Stato faccia la lotta anti-evasione come fatto di routine, senza inutili schiamazzi.
   b) Ma, allora, il nostro Stato è un colabrodo?
   Le cifre, quelle vere, provano il contrario. Infatti la pressione fiscale (p. 148 della Relazione B.d'I.) è il 47,2% del PIL. Questa è una prova di ferro;
    c) No a una definizione "deviante" di evasione fiscale. Una cosa è la evasione della "persona" da una "singola" imposta, altra cosa è la evasione della "persona" dall'insieme delle imposte.
   Non esiste un "evasore totale". Se riesco a salvarmi dall'IVA del dentista, perchè mi fa uno sconto senza fattura, non mi salvo dall'IRPEF, dal bollo dell'automobile, dall'IVA sulla frutta del supermercato ... . Anzi le imposte "meno evase" hanno aliquote alte per recuperare su quelle evase. E anche ammesso, che d'ora in poi, tutti paghino l'IVA sul dentista, e siano calate le aliquote sulle altre imposte, in totale uno pagherebbe come prima.
   In altri termini, non è vero quanto dice Draghi (pag. 12), che la "evasione fiscale richieda tasse più elevate per chi le paga".
   d) C'è dell'altro. Una cosa è l'imposta come giuridicamente definita, una cosa è l'imposta come pagata, a traslazione avvenuta. L'IVA è ripartita di fatto tra produttore e consumatore in modo diverso dalla ripartizione giuridica (dipende dal'andamento dei costi, e dalla elasticità della domanda). L'imposta sui salari finisce, in parte, sulle imprese per effetto della traslazione regressiva, perchè il sindacato fa le trattative sul netto, non sul lordo.
   e) C'è ancora dell'altro. I grandi imprenditori di Confindustria gridano contro l'evasione fiscale per schiacciare le piccole imprese. Sono cose "notorie".

4.- La questione della crescita. L'aumento dell'IRPEF per tutti sarebbe stato anche un modo di sostenere la crescita.
   Questa tesi è legata al presupposto della validità della prima legge Keynesiana: "i redditi medio-alti risparmiano più che in proporzione, al crescere del reddito".  Poi, in tempi di insicurezza generale, la quota risparmiata aumenta.
   Si conclude che i tempi della ripresa economica si allungano a causa dei ritardi di spesa di queste classi di redditieri.
   Per stimolarli a tornare al più presto nel circuito dei capitali, la politica degli incentivi su una serie di acquisti è stata un'ottima cosa. Ma forse è stato poco.
   Un aumento straordinario (sia pur piccolo) dell'IRPEF potrebbe essere importante a quel fine. Meglio ancora se, esplicitamente, ci fosse anche un abbattimento degli imponibili al di sotto di € 20.000, perché questi redditi già vanno nel circuito dei capitali, e quindi sono da evitare le spese amministrative per tassarli.
  

* Alla cifra "10 volte circa", si arriva per somma di: 2% ex- disposizioni UE; 2% al fondo interbancario; un deposito da 0,09% a 10% disposto dalla Banca d'Italia, a seconda della rischiosità delle operazioni ... 

                    Nino Luciani

    Così come, nel caso del debito privato americano, le incertezze nella gestione politica e l'assenza di meccanismi di risoluzione delle crisi aggravavano la situazione, nel caso greco la difficoltà in Europa di trovare un accordo su un piano di salvataggio, ma anche l'indisponibilità di un processo che permetta una gestione ordinata delle crisi debitorie degli Stati sovrani, hanno amplificato il danno e il contagio, e insieme accresciuto l'azzardo morale.
   A paralizzare i mercati era la prospettiva che la crisi fiscale dello Stato greco si traducesse, attraverso il peggioramento nella qualità delle garanzie, in un collasso  del suo sistema bancario,  che non avrebbe più avuto accesso al rifinanziamento della BCE. 
     Si aggiungevano timori sul conto delle banche di altri paesi più esposte nei confronti di controparti greche. Il rischio diveniva sistemico: la liquidità interbancaria si inaridiva, le borse cadevano. 
  La BCE e le banche centrali nazionali intervenivano prontamente, conservando la possibilità di accettare collaterale con rating più basso; riattivando l'offerta illimitata di liquidità nelle operazioni di rifinanziamento a lungo termine; avviando, con il Securities Markets Programme, acquisti di titoli per ripristinare il funzionamento di mercati divenuti illiquidi.
    I governi dei paesi dell'area e l'Unione europea, d'intesa con il Fondo monetario internazionale (FMI), stanziavano 110 miliardi di euro per finanziamenti a favore della Grecia; predisponevano uno schema di assistenza finanziaria ai debitori sovrani dell'area che dovessero incorrere in una crisi di liquidità, in grado di mobilitare risorse fino a 750 miliardi, con un contributo del FMI.  I paesi beneficiari dovranno predisporre programmi di risanamento che, se approvati dal Consiglio europeo, verranno sottoposti a verifiche periodiche. Il Consiglio direttivo della BCE, nel valutare le circostanze eccezionali che hanno giustificato l'intervento sul mercato dei titoli pubblici, ha ritenuto che fosse a repentaglio il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria, che la stabilità del sistema finanziario dell'euro fosse a rischio.
   La BCE sterilizza questi interventi, che non finanziano i disavanzi pubblici. La sua indipendenza non è in discussione. Queste misure dovranno rientrare al più presto, non appena i mercati torneranno a scambiare in maniera autonoma i titoli dei paesi interessati.
   ....
   Gli eventi recenti ripropongono con maggior forza l'antico problema di un governo economico dell'Europa. È urgente un rafforzamento del Patto di stabilità e crescita: l'impegno a raggiungere un saldo di bilancio strutturale in pareggio o in avanzo va reso cogente, introducendo sanzioni, anche politiche, in caso di inadempienze; va assicurata l'integrità delle informazioni statistiche, in particolare quelle di finanza pubblica. Vanno introdotti anche per le politiche strutturali vincoli e impegni cogenti.
  ....
  L'economia italiana.
  L'esplodere della crisi greca potrebbe cambiare il quadro di riferimento. Alcuni governi europei hanno preso misure dirette al rientro del disavanzo.. …. ….
  Il Governo italiano ha ribadito l'obiettivo di ridurre il deficit al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL nel 2012; ha confermato l'impegno al raggiungimento del pareggio di bilancio su un orizzonte temporale più esteso; ha anticipato la definizione delle misure correttive per il biennio 2011-12.
   Secondo le valutazioni ufficiali, gli interventi recentemente approvati dal Consiglio dei Ministri determinano una riduzione del disavanzo tendenziale pari a 24,9 miliardi nel 2012; riguardano le principali voci di spesa, si concentrano sui costi di funzionamento delle amministrazioni.
   La manovra mira a portare la crescita della spesa primaria corrente al di sotto dell'1 per cento annuo nel biennio 2011-12, determinando una riduzione della sua incidenza sul PIL di oltre due punti. Negli ultimi dieci anni la spesa è cresciuta in media del 4,6 per cento l'anno, aumentando di quasi 6 punti in rapporto al PIL. Quindi è necessario un attento scrutinio degli effetti della manovra per garantire il conseguimento degli obiettivi.
.…..
   Competitività e crescita …..
    In molte altre occasioni abbiamo affrontato il tema delle riforme strutturali. La crisi le rende più urgenti: la caduta del prodotto accresce l'onere per il finanziamento dell'amministrazione pubblica; i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili; la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani.
   La gestione del turnover nel pubblico impiego e i tagli alle spese discrezionali dei ministeri recentemente decisi dal Governo devono fornire l'occasione per ripensare il perimetro e l'articolazione delle amministrazioni, per razionalizzare l'allocazione delle risorse, riducendo sprechi e duplicazioni tra enti e livelli di governo. Occorre un disegno esteso all'intero comparto pubblico, che accompagni le iniziative già avviate per aumentare la produttività della pubblica amministrazione attraverso la valutazione dell'operato dei dirigenti e dei risultati delle strutture.
   Il federalismo fiscale deve aumentare l'efficienza nell'uso delle risorse. Solo un vincolo di bilancio forte, accompagnato dalla necessaria autonomia impositiva, può rendere trasparente il costo fiscale di ogni decisione e responsabilizzare i centri di spesa.
   La definizione dei costi e dei fabbisogni standard a cui saranno commisurati, con la necessaria componente di solidarietà, i trasferimenti statali dovrà fare riferimento alle migliori pratiche; ciascun ente dovrà mantenere il proprio bilancio in pareggio, al netto degli investimenti, come previsto dall'articolo 119 della Costituzione; l'ammontare complessivo della spesa locale per investimenti andrà fissato per un periodo pluriennale, in coerenza con gli obiettivi di indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche.
     Proseguendo lungo le linee tracciate per le regioni con disavanzi sanitari, è opportuno rafforzare il sistema di vincoli e disincentivi per gli enti che non rispettano le regole.
   L'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga; riduce le risorse per le politiche sociali, ostacola gli interventi a favore dei cittadini con redditi modesti.
   Il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti superiore alla media degli altri paesi dell'area dell'euro, il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, includendo l'Irap, sono più elevati di 6 punti. Secondo stime dell'Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16 per cento del PIL. Confrontando i dati della contabilità nazionale con le dichiarazioni dei contribuenti, si può valutare che tra il 2005 e il 2008 il 30 per cento della base imponibile dell'IVA sia stato evaso: in termini di gettito, sono oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di PIL.
     Il Governo ha introdotto misure di contrasto all'evasione fiscale. L'obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo, ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell'evasione deve essere una leva di sviluppo, deve consentire quella delle aliquote; il nesso fra le due azioni va reso visibile ai contribuenti. .....Mario Draghi

 

Confindustria: Convegno di Parma, 10 aprile 2010:  “Libertà e benessere:l’Italia al futuro”

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Nel corso di un discorso di economia industriale
alla presenza del Presidente del Consiglio

e mentre in Commissione Istruzione del Senato si discuteva
se inserire o no dei membri esterni nei CdA delle Università


La Presidente di Confindustria lancia
un appello a salvaguardia della riforma GELMINI
dell'Università, e contro i "baroni"

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Emma Marcegaglia

  Nota. Come professori universitari, soprattutto di economia, giriamo volentieri, quasi di routine, all'interno dell'Università l'importante discorso della Presidente di Confindustria, peraltro solo riassunto dai giornali (anche da "Il Sole-24 ORE").
  Ci ha, tuttavia, toccato negativamente il passo (nel suo discorso) contro le "baronie universitarie", alla presenza del Presidente del Consiglio, privilegio che, invece, non è dato ai "baroni" universitari. Questo spiega il commento a fianco.

Emma Marcegaglia, Testo integrale del discorso

Presidente Berlusconi, Ministro Sacconi, Autorità, Cari colleghi,

    permettetemi innanzitutto un grazie di cuore a un amico, Daniele Pezzoni, presidente degli Industriali di Parma, che ha fatto un lavoro straordinario. Questo evento è straordinario e molto del successo lo dobbiamo a te Daniele, e all'Unione Industriali di Parma. Grazie per quello che avete fatto.
   Oggi è un momento importante: con questo convegno vogliamo voltare pagina. E chiedere al Paese di fare la stessa cosa. Guardando questa sala, posso affermarlo con certezza, perché quello che vedo è incredibile. Non solo per numero, perché siamo tantissimi, ma perché da questa sala si sente crescere un'energia vitale vera, forte, seria. L'energia di chi sa di essere il motore dello sviluppo del paese. E di chi sa che stiamo vivendo un momento chiave, in cui è necessario realizzare cambiamenti veri, significativi. Noi siamo pronti. Questo è il nostro messaggio di oggi.
   In questo convegno - che si inserisce nella serie di appuntamenti dedicati al Centenario di Confindustria - abbiamo discusso del lavoro del Centro Studi che ha analizzato la storia economica e sociale del paese, dall'Unità d'Italia ad oggi. Il documento mette in evidenza i tanti punti di forza, ma sottolinea anche quelli che restano punti di debolezza. Soprattutto, allunga lo sguardo sul futuro: abbiamo di fronte un mondo nuovo e la consapevolezza che dobbiamo agire, e bene, se vogliamo vincere la sfida che ci viene dal nuovo scenario. In questi 150 anni di storia l'Italia ha compiuto giganteschi passi avanti. Lo ha ricordato ieri il direttore del nostro Centro Studi, Luca Paolazzi - permettetemi di ringraziarlo, perché ha fatto un gran lavoro, così come tutto lo staff di Confindustria - in questi 150 anni, il nostro reddito è cresciuto di 8 volte. Le aspettative di vita di 2,6 ed è aumentata la popolazione. L'industria ha guidato questo sviluppo. La grande, inizialmente, poi la piccola impresa che resta il motore fondamentale per la crescita del paese.
    Accanto a questi risultati importanti, però, la nostra analisi dimostra che negli ultimi dieci anni l'Italia ha cominciato a declinare. Ha ragione il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: ci sono imprese che, nonostante la crisi, sono andate avanti, hanno continuato ad esportare e a vincere le sfide competitive. Ma se guardiamo al paese nel suo complesso, se guardiamo al Pil pro capite, al costo del lavoro per unità di prodotto, scopriamo che in questi ultimi dieci anni ci siamo fermati. Anzi, siamo scivolati sulla china del declino. Ed è per questo che oggi, da questa sala, deve salire forte la nostra voce: dobbiamo unire le forze e voltare pagina, perché questo è quello che richiede la situazione.
   In questi due anni abbiamo attraversato, come tutti i paesi del mondo, una crisi devastante. La peggiore degli ultimi cinquant'anni. Il Governo, noi imprenditori, i sindacati, tutti insieme abbiamo lavorato per evitare il peggio. Peraltro, in condizioni svantaggiate, perché ci siamo trovati ad affrontare la crisi con un debito pubblico elevato e quindi, con margini di manovra molto bassi. Ma ci siamo uniti: abbiamo tenuto la barra dritta e soprattutto, abbiamo salvaguardato la coesione sociale. Noi, non siamo finiti come la Grecia. Oggi, però, lo ribadisco, dobbiamo voltare pagina. I dati scientifici ci dicono che nell'insieme il paese sta declinando. Ci sono problemi di Pil pro capite: secondo il Csc, negli ultimi sette anni il nostro Pil pro capite è rimasto fermo. Negli ultimi due anni è addirittura arretrato del 4%. Dobbiamo riprendere la capacità di guardare al futuro, a un progetto di lungo termine, che, però, come tutte le strategie di lungo respiro, va declinato giorno per giorno. Serve un progetto fatto non solo di obiettivi a tre, quattro anni, ma anche di obiettivi da raggiungere tra uno-due mesi, tra uno, due anni. Se ci uniamo, se lavoriamo insieme senza divisioni, possiamo farcela. Possiamo tornare a crescere quanto e forse anche più degli altri. È un obiettivo possibile.
   Nel dibattito di ieri, ma anche in quello di questa mattina, questo concetto è emerso in modo netto. Abbiamo davanti tre anni importanti, non ci sono scadenze elettorali e c'è una maggioranza di governo chiara. È un momento eccezionale: noi imprenditori siamo chiamati a uno sforzo enorme. L'agenda economica dei prossimi anni la detteranno i paesi emergenti, Cina innanzitutto. Dobbiamo cambiare il nostro modo di fare impresa. Lavorare sui costi e capire come raggiungere quei paesi, non solo per vendere, ma anche per andare a produrre. Noi sentiamo il peso di questo sforzo, ma vogliamo sostenerlo. È fondamentale, però, che il paese ci segua, si metta al nostro fianco e ci aiuti a vincere la sfida. Non possiamo più essere lasciati soli. Il governo, la politica, devono assumersi l'onere di decidere: e servono decisioni chiare, serie, da prendere in fretta.
   Dal sondaggio presentato dal Csc, emerge un dato preciso. Nonostante gli imprenditori siano preoccupati per una crisi che resta molto forte, sono anche la fetta più ottimista del paese. Il 52% degli imprenditori intervistati ritiene, infatti, che la competitività delle proprie imprese da qui a cinque anni possa migliorare. Il 23% sostiene che non peggiorerà. Se guardiamo alla popolazione, scopriamo maggiore pessimismo e paura. Gli imprenditori ci credono. Noi vogliamo andare avanti ma, ribadisco, chiediamo l'assunzione di decisioni dalle quali ormai non si può più prescindere.
   Noi ti poniamo, presidente Berlusconi, e poniamo a tutto il paese, un obiettivo comune. Ritornare a crescere almeno del 2% di Pil l'anno. In questi due anni siamo decresciuti del 6%. Ma anche gli anni precedenti, siamo cresciuti dello 0,8%, dell'1%, dell'1,2%. Se cresciamo del 2% di Pil l'anno per i prossimi 3 anni, significa avere 50 miliardi di euro in più di ricchezza da distribuire. Significa creare 700mila posti di lavoro in più. Significa tornare su quel percorso di crescita importante che negli ultimi dieci anni abbiamo perso.
   Lavoriamoci, insieme, sul serio. L'abbiamo già fatto in passato. Possiamo tornare a farlo. Crediamoci. Muoviamoci in questa direzione, agendo su 3 livelli diversi. Il primo, è il livello europeo: ci sono decisioni che vanno prese in Europa. Il secondo, è il livello nazionale, quello delle decisioni che la nostra politica deve prendere. Il terzo, è il livello delle scelte che dipendono da noi e dalla società italiana nel suo complesso.
L'Europa. Oggi ho parlato con il presidente Trichet evidenziandogli un problema che ci sta molto a cuore.    Quello di una restrizione del credito - evidente e chiara - che preoccupa molto i nostri imprenditori.
È vero. Confindustria, il governo, le banche, tutti insieme abbiamo fatto il possibile: la moratoria, il Fondo di garanzia per le Pmi. Ma noi pensiamo che la  restrizione del credito possa peggiorare. A parte qualche caso raro, i bilanci del 2009saranno nettamente peggiori rispetto a quelli del 2008, il che vuol dire che la qualità del credito di molte delle nostre imprese si abbasserà. Ma nello stesso tempo avremo maggiore necessità di finanziamento proprio per cogliere i primi, piccoli segnali di ripresa.
    Sulle nostre teste, pende la spada di Damocle di Basilea 3. È un tema importante, presidente Berlusconi, che sottopongo alla tua attenzione, perché di questo noi siamo molto preoccupati. In una fase storica come l'attuale chiedere alle banche di alzare troppo l'asticella dei requisiti patrimoniali, non va bene. In un momento come questo la priorità deve essere ritornare a finanziare le imprese sane.
   Quelle che scommettono sul futuro, anche in una

  Nino Luciani, L'appoggio diretto della Presidente di Confindustria alla riforma Gelmini, conferma quanto da più parti sussurrato da mesi: trattarsi di un progetto, che la Gelmini (per non saper nè leggere nè scrivere di università) ha affidato a Confindustria, nota per la pesantezza preconcetta contro la Pubblica Amministrazione e l'Università pubblica.
   Direi, anzi, che "un bel tacer non fu mai scritto".


1.- Premessa.
 Il Convegno di Parma si caratterizza per la "carica" della Presidente di Confindustria, nel dettare l'agenda al Presidente del Consiglio, invitato e presente, e anche per alcuni allargamenti, alla Pubblica Amministrazione (non tutti senza fondamento), e alla università (invece, tutti senza fondamento), il che non vuole dire che l'università non abbia delle responsabilità. Infatti, la Presidente:
a) da del "tu" al Presidente del Consiiglio;
b) elenca le "7" priorità di Confindustria;
c) chiede al Presidente Berlusconi di dare, a maggio, la risposta all'Assemblea generale di Confindustria. E se sì, "è pronta a collaborare anche di più di quanto fatto finora".
  Nello specifico della "ricerca e innnovazione", la Presidente ha "
dato atto al ministro Gelmini di aver presentato una riforma dell'università molto importante", e inveito contro "alcuni emendamenti che, se approvati, annullerebbero ogni elemento innovativo" . Trattasi, (come è stato precisato nei giorni successivi, da "Il Sole-24 ORE") di emendamenti per abolire la presenza degli esterni nei Consigli di Amministrazione delle Università. Detti esterni, pari al 40% nel testo originario, sono stati, poi, ridotti al 27% nel nuovo testo, approvato dalla Commissione Istruzione del Senato. Ma vediamo meglio, prima nel complesso e poi con qualche particolare.

2.- Il quadro nel complesso. Viene usata la legge ordinaria per svuotare tre principi costituzionali:
   1) l'autonomia universitaria (art. 33), centralizzando ulteriormente il potere finanziario;
   2) il diritto allo studio (art. 34), creando una sorta di élite dei meritevoli, ma trascurando che le difficoltà finanziarie delle università ostacolano il soccorso dei bisognosi e meritevoli; e data la diversità di situazioni da università a università, il diritto allo studio non è applicato in modo uniforme nello Stato;
   3) l'obbligo (come regola) delle assunzioni di personale mediante concorso, nella Pubblica Amministrazione (art. 97). Con la nuova regola le assunzioni per contratto saranno tre, quattro volte il personale di ruolo (a Bologna, adesso, è già doppio).

 
3. Qualche dettaglio:
- Sulla questione degli esterni.
Va premesso che il Consiglio di Amministrazione delle Università (così a Bologna) non è un organo esecutivo (come nel diritto privato: vedi Società per Azioni), ma un organo di rappresentanza delle categorie (professori di I, II, III Fascia, personale tecnico e amministrativo); e che il Senato Accademico è un organo di rappresentanza delle Facoltà e dei Dipartimenti e delle aree scientifiche.
   Dunque, in un organo di rappresentanza, ha poco senso inserire degli "esterni". Eppure a Bologna, ce li abbiamo messi da tempo, e funzionano quando sono dei professori universitari, delegati dagli esterni per loro scelta. Nel caso di Bologna il rappresentante del Governo è un professore.
   Quando, invece, gli esterni non sono dei professori, i risultati sono nulli, anzi dannosi perchè si annoiano, poco capiscono di quel che si dice e, di solito, votano secondo le indicazioni del Rettore.
   Ma nel caso del nuovo CdA (del DDL), le cose cambierebbero radicalmente. Esso, diviene, infatti, un Organo Esecutivo, sul modello delle società per azioni, ma con la differenza che nelle Università questi esterni non sarebbero motivati dalla aspettativa di utili, per cui non vi avrebbero alcun interesse. (Andrebbe detto che questo tipo di organo c'è già negli Atenei e si chiama "Giunta", eventualmente allargata ai ProRettori, come a Bologna).
  Per principio, sono favorevole comunque a mettere degli esterni nel CdA (o Giunta, che dir si voglia). Ma attenzione a non entrare nel ridicolo.
  Il problema è favorire un rapporto organico permanente tra Università e Industria. Ma quello che, fin qui, si è riusciti a fare è solo a livello individuale con contratti di ricerca per conto terzi, ma con ostacoli immensi (perchè una legge dello Stato autorizza le Università a trattenere, sulla pelle dei Ricercatori, quasi il 30% dell'utile del Ricercatori, per cui (detratti anche gli oneri previdenziali e le imposte sul reddito) al Ricercatore rimane quasi niente. E quindi, per arrivare un domani, a presenze (non solo formali) di esterni nel CdA, bisogna partire dalla costruzione di un vero e proprio sistema di rapporti individuali.
  Dunque, la nostra Emma non sa proprio nulla di questo.

- Sulla questione della valutazione. La valutazione a cui fa riferimento la Presidente è quella basata sul numero delle pubblicazioni, distinte anche per qualità della collocazione editoriale.
  Da anni, a Bologna l'abbiamo introdotta, ma non si creda che i risultati siano il massimo. Il motivo è che il vino non si conosce dalla bottiglia, ma bevendolo. Dunque, il problema è quello del corretto funzionamento delle Commissioni scientifiche che vadano a guardare dentro gli elaborati. Ma, come si sa, da anni i concorsi per la progressione in carriera sono molto rallentati, in primo luogo dal Governo.
   C'è, poi, che le Commissioni  sono "corporative" (quelle, pur elette dai settori "nazionali", sono ben controllate dalle istanze localistiche in base a pratiche di logrolling). Ma il DDL affida le formazione delle commissioni interamente alle università locali, accrescendo il localismo. E allora di cosa stiamo parlando?
  Dunque anche qui la nostra Emma non sa proprio niente.

- Le contraddizioni esistenziali del DDL 1905.
Esso vuole mettere d'accordo il principio della autonomia dell'Università con l'aumento del controllo finanziario statale sulla gestione locale.
   Questo è un principio contraddittorio: vale dire, è improbabile che, ad un tempo, si prendano decisioni dure a Roma, e che esse siano applicate fedelmente da organi eletti localmente. E' anche contraddittorio pretendere che le Università facciano bilancio e obbligarle a fare socialità (ossia, in nome del diritto allo studio, art, 34 Cost.) limitare la libertà di determinare i contributi studenteschi.
  Ne consegue che (anche dopo l'aumento del controllo centrale, e che è "lontano" per sua natura) la spesa locale continuerà a restare senza controllo e, alla fine, dovrà essere ancora pagata a piè di lista, se non si vuole che scoppi la rivoluzione.
  Perchè questo schema funzioni occorre che il decisore locale sia nominato dal centro.
  Ma siccome, al contrario, il DDL Gelmini è costretta a rispettare la Costituzione (che vuole la autonomia universitaria), la via che responsabilizza le università (verso l'utenza) è:
-  dotarle di autonomia finanziaria, con entrate proprie (i contributi studenteschi), determinate liberamente agli stretti fini di pareggio del bilancio, fermo il FFO - Fondo di finanziamento dello Stato, e sottoporre i bilanci universitari al controllo preventivo e successivo della Corte dei Conti;
 - il compito del diritto allo studio sia assunto dallo Stato, direttamente, creando un apposito fondo presso il MIUR, eventualmente dando delega di gestione alle Regioni. Nino Luciani

situazione critica come l'attuale. È evidente che, nel medio-lungo termine, servono banche più patrimonializzate. Ma ora porre ulteriori requisiti restringenti sulle banche, vuol dire una cosa sola: andare tutti a fondo. Le banche dovranno fare scelte che le costringeranno a erogare meno credito alle imprese e le imprese non avranno credito adeguato per sostenere questo po' di miglioramento che c'è. Il che significherà appunto andare tutti a fondo. Presidente Berlusconi, ti chiedo di farti carico di questo problema e di portarlo a livello europeo. I banchieri centrali ragionano in un modo, noi dobbiamo ragionare in maniera pragmatica e concreta. E chiediamo alla politica di assumere una posizione forte a livello europeo per evitare che questo problema si trasformi in un boomerang gravissimo. È un impegno molto forte, presidente, che ti chiedo a favore dell'industria vera, di quella che produce e genera posti di lavoro.
   C'è un secondo aspetto più ampio che voglio sottolineare e che riguarda sempre l'Europa. Nel nostro Continente si respira un clima difficile. Di grande criticità. È come se si fosse smarrita la logica dell'integrazione, che ha segnato anche il successo dei nostri paesi. E come se in tutte le grandi capitali europee si respirasse un'aria di nazionalismo, di voglia di tornare indietro, di egoismi. L'Europa oggi vive una situazione di scarsa crescita, di disavanzi crescenti, di gap competitivi tra i paesi che ne fanno parte: Germania e Grecia, per esempio, sono divise da un differenziale enorme. E tutto quello che è stato fatto finora non ha ridotto questa distanza. Anzi, in un certo senso l'ha ulteriormente accresciuta. E la crisi greca ha evidenziato questo aspetto. Se agiamo esclusivamente tagliando i disavanzi e le retribuzioni all'interno dei singoli paesi, andiamo nella direzione di distruggere l'Unione e il mercato europei. Sarebbe un danno enorme, non solo per i paesi più deboli, ma anche per quelli più forti, Germania compresa, che oggi non sembrano accorgersi con chiarezza di questo pericolo.
    Confindustria ritiene che, insieme alla giusta politica del rigore sui conti pubblici, che anche per il nostro paese è un valore importante, occorre che l'Europa riprenda il suo percorso di crescita e si impegni a ridurre i gap tra paesi più forti e paesi più deboli. Se non agiamo in questo senso, la situazione rischia di sfuggirci di mano. E per noi, questo, è un altro elemento di grande preoccupazione. Pensiamo, per esempio, che l'Europa potrebbe finalmente decidere di emettere gli Union Bonds. Avere, cioè, accanto a debiti pubblici nazionali, un debito pubblico europeo. Che non deve servire per andare a coprire la spesa pubblica improduttiva, ma deve essere destinato agli investimenti in infrastrutture, in ricerca, innovazione, in sostenibilità ambientale. Per ridare una crescita vera all'Europa. Presidente Berlusconi, so che è difficile, ma ti chiediamo di intervenire anche su questo tema, perché se l'Europa continuerà a stare ferma, il rischio è che si allontani ancora di più da imprese e cittadini europei, che non la percepiranno più come una casa comune, ma come una gabbia.
   Vengo ora al secondo livello, quello delle decisioni che dobbiamo prendere a casa nostra. Credo sia chiaro a tutti - ed è stato ben evidenziato dalla ricerca del Csc - che bassa crescita significa bassi salari, minor potere di acquisto, difficoltà maggiore ad affrontare il problema del debito pubblico, significa non avere capacità di migliorare la produttività del lavoro che, come ricordava prima Rubini, è uno dei punti fondamentali per i quali l'Italia non cresce. Voglio ricordare un dato abbastanza allarmante: da quando siamo entrati nell'euro, il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto in Italia di circa il 25% in più di quello dell'eurozona. Il che vuol dire che, nonostante i salari italiani siano mediamente più bassi rispetto alla media europea, la nostra produttività è ancora più bassa. C'è dunque non solo un problema di produttività, ma anche di competitività. Come affrontarlo?
   Le elezioni regionali sono finite. E, presidente, permettimi, un'osservazione: la campagna elettorale è stata pessima. È stata una campagna di liti, di screzi, di accuse anche alla più alta carica dello Stato, il presidente Napolitano. Di tutto si è parlato, tranne che di programmi. Adesso, però, è alle spalle. Ed è evidente che le urne hanno emesso un risultato chiaro: la maggioranza di governo ne esce rafforzata. Contrariamente a quanto avvenuto in altri grandi paesi europei, la Francia, per esempio, dove invece la maggioranza è stata sanzionata dal voto. Adesso - presidente Berlusconi - dovete dimostrare di essere quel governo della cultura del fare per cui tanti italiani vi continuano a dare fiducia. La vittoria alle politiche del 2008 vi ha affidato un compito impegnativo. Queste elezioni regionali, in un certo senso, vi offrono una prova ulteriore, ma è l'ultima. È quella senza appello. Perché oggi, tutti insieme, governo in testa, dobbiamo dimostrare di voler superare i problemi dell'Italia. Oggi ci sono le condizioni per farlo. Il governo deve dare prova di preferire i fatti alle polemiche. Le decisioni ai rinvii, ai rimpalli di responsabilità. È venuto il momento di fare quello che il paese non è stato in grado di fare negli ultimi quindici anni. E di farlo insieme

   E vengo velocemente ai problemi che, dal nostro punto di vista, è fondamentale affrontare.

   Alle riforme istituzionali abbiamo sempre riconosciuto grande importanza. E ci siamo battuti per realizzarle. Ma oggi - e lo sottolineano anche i sondaggi - la priorità sono le riforme economiche, quelle che possono ridare slancio al paese e rafforzare nelle imprese la capacità di stare sui mercati. Certo, resta importante provare a realizzare anche le riforme istituzionali, cercando la maggiore alleanza possibile con le forze sociali e l'opposizione. La storia di questo paese dimostra che quando si è cercato di fare riforme a colpi di maggioranza, non si è fatto nulla di buono. Penso, per esempio, allo scontro che ha prodotto la pessima riforma del Titolo V nel 2001, di cui ancora paghiamo lo scotto. O alla mancata conferma della riforma costituzionale del 2006. Ma la priorità sono le riforme economiche. Tu stesso, presidente Berlusconi, hai ricordato una serie di provvedimenti adottati, sulle quali abbiamo collaborato: gli ammortizzatori sociali, il fondo di garanzia, la Tremonti Ter. Misure che hanno attenuato i colpi della crisi: del resto, i limiti del debito pubblico non ci permettevano di fare di più. Ma oggi è tempo di assumere scelte più forti per sprigionare energie e dare a questo paese la capacità di tornare a crescere. E gli ambiti in cui serve decidere sono, a nostro avviso, sei.

   Il primo: la macchina pubblica. Credo che questo paese abbia un cancro enorme, un'ingerenza pubblica fortissima: lo Stato fa troppe cose che non dovrebbe fare e quelle che dovrebbe fare, le fa male. Ci sono stati diversi tentativi di riforma. Mi rendo conto che è più facile dirlo che farlo, ma imprese e cittadini hanno urgente necessità di vedere, non più solo percepire, miglioramenti concreti. Lavoriamo seriamente per semplificare la macchina burocratica e porre fine alla logica di uno Stato che carica costi e inefficienze sulle spalle di imprese e cittadini. Voglio citare un dato: spesso sentiamo dire che la spesa pubblica in Italia è difficile da tagliare. Bene, in Italia la spesa pubblica corrente al netto degli interessi è stata nel 2009 pari al 43,5%. 3,7 punti di Pil in più del 2005. 6,2 in più del 2000. Il che vuol dire che la spesa corrente in questo paese continua a crescere. Durante la crisi noi imprenditori, ma anche i lavoratori, i cittadini, abbiamo tutti stretto la cinghia. Abbiamo ridotto i costi per cercare di far sopravvivere le imprese e mantenere il maggior numero possibile di posti di lavoro. Adesso, presidente Berlusconi, deve stringere la cinghia anche lo Stato: lavoriamo insieme per arrivare a un taglio della spesa pubblica corrente di un 1% di Pil l'anno per i prossimi tre anni. In Germania lo hanno fatto, diminuendo tra il 2003 e il 2007 di 4 punti percentuali la spesa corrente. Siamo consapevoli che è difficile. E siamo pronti a mobilitarci. Il segretario Bonanni, prima nel suo intervento, si è detto dello stesso avviso: le parti sociali sane di questo paese sono pronte a collaborare per questo obiettivo, che è la vera, grande sfida che il paese ha davanti. Gli sprechi non sono più tollerabili. Un esempio. Ieri il ministro Tremonti ha ricordato che la spesa per pensioni di invalidità ammonta a 16 miliardi di euro e che è aumentata moltissimo in questi ultimi anni. Ha anche ricordato che di questi 16 miliardi, 4 vanno agli invalidi, 12 non si sa bene a chi. Investiamo anche più risorse per gli invalidi veri, per chi se ne occupa, ma staniamo quelli falsi. Facciamolo subito: domani. Altro esempio. Gli enti inutili. Abbiamo parlato a lungo di abolirli. Anche perché, oltre a rappresentare un costo economico, per giustificare la loro presenza impongono ulteriore burocrazia sulle spalle di cittadini e imprese. Il ministro Calderoli - che ha la stima di Confindustria - ha presentato, molti mesi fa, un disegno legge per tagliare gli enti inutili, disegno che abbiamo condiviso e che adesso - ci risulta - sia fermo in Parlamento. Approvatelo. Subito. Vi sosterremo e cercheremo di vincere insieme a voi eventuali resistenze. Altro esempio ancora. È stato presentato un disegno di legge per revocare qualche migliaio di consiglieri delle municipalizzate. Facciamolo. Perché non è solo un problema di costi, che certo sono importanti: è anche un problema di giustizia. In un momento in cui tutti stiamo tirando la cinghia, vedere un enorme apparato pubblico che invece di fare sacrifici, continua ad aumentare i suoi costi, è inaccettabile. Ultimo aspetto. Confindustria condivide l'idea di lavorare sul tema della giustizia, perché una giustizia inefficiente e dai tempi lunghi allontana gli investimenti e complica la vita di cittadini e imprese.

    Secondo ambito, altrettanto importante: le infrastrutture. Confindustria riconosce al governo di aver tentato strade nuove, ad esempio con la Legge Obiettivo, e al ministro Matteoli di aver compiuto alcuni positivi passi avanti, che abbiamo condiviso. I risultati, però, non sono ancora soddisfacenti. E anche qui serve un'operazione verità. Il governo ha detto che le risorse stanziate ammontano a 11,3 miliardi di euro. Di questi, ad oggi, ne è stato speso poco più di un miliardo. Confindustria aveva sottolineato la necessità che un altro miliardo fosse stanziato per le piccole opere, quelle che possono partire subito. Secondo i dati dell'Ance di questo miliardo ne sono stati spesi solo 20 milioni di euro. Vogliamo sapere a quanto ammontano realmente le risorse da spendere e poi vogliamo che vengano spese. Anche su questo siamo pronti a mobilitarci, perché l'investimento in infrastrutture può essere un ottimo volano di crescita per il paese. E su questo tema delle infrastrutture, permettetemi una precisazione. I fondi strutturali europei 2007-2013 saranno gli ultimi destinati all'Italia, perché poi verranno indirizzati ad altri paesi in ritardo di sviluppo. Ci sono vari capitoli in questi fondi: uno dei fondamentali è proprio quello sulle infrastrutture. E se guardiamo a quello che sta accadendo sulla programmazione 2007-2013, emerge una situazione preoccupante. Abbiamo speso solo il 6% di questi fondi e ancora una volta nella logica di sempre: disperdendoli in mille rivoli. Proponiamo, presidente Berlusconi, di rinegoziare questi fondi con l'Unione europea, concentrandoli su poche opere infrastrutturali vere, forti, capaci disegnare una svolta. Evitiamo l'ennesimo spreco, evitiamo che queste risorse finiscano disperse o, peggio, nelle mani della criminalità organizzata che, soprattutto nel Mezzogiorno, avvelena la società civile e l'imprenditoria. Anche su questo siamo disponibili a lavorare insieme: abbiamo già elaborato alcune proposte, le mettiamo a disposizione del governo. Piano casa: siamo d'accordo, ma variamolo. Oggi abbiamo nuovi presidenti regionali, eletti sia nelle file della maggioranza che dell'opposizione: impegnateli a varare il piano casa nel più breve tempo possibile. Stiamo parlando di 40-50 miliardi di euro da mettere in moto: è una cifra importantissima.

   Terzo ambito: ricerca e innovazione. È molto probabile che la Cina detterà l'agenda economica del futuro, ma l'Italia, le imprese italiane, possono reggere il confronto. Possono vincerlo. Non possiamo però pensare di competere con i costi cinesi. Dobbiamo giocare su un altro fronte: prodotti più innovativi, più tecnologici, dal design più ricercato. Serve una scelta strategica sui temi della ricerca e dell'innovazione. Serve da parte delle imprese, ma anche da parte del paese, del governo. Le imprese non chiedono strumenti particolari: gli strumenti ci sono già. Bisogna farli funzionare. Il credito d'imposta per la ricerca, per esempio, c'è, ma va finanziato. Senza soluzioni alla clic day, che umiliano gli imprenditori seri, che investono. Su questo, presidente Berlusconi, ti chiedo di prendere un impegno di almeno 1 miliardo di euro a favore della ricerca per i prossimi tre anni, per dare la possibilità agli imprenditori che vogliono investire di avere strumenti chiari, efficaci, automatici che possano aiutarci a sviluppare meglio i nostri prodotti, le nostre innovazioni e la nostra ricerca. Sempre in quest'ambito è determinante la formazione del capitale umano, la scuola, l'università. Confindustria dà atto al ministro Gelmini di aver presentato una riforma dell'università molto importante, perché per la prima volta, dopo anni, riammette nell'università i meccanismi del merito, della valutazione, della internazionalizzazione. E - finalmente - abbatte lo strapotere delle baronie. Ma anche qui, c'è preoccupazione, perché ci risulta che alcuni emendamenti presentati in Parlamento, se approvati, annullerebbero ogni elemento innovativo della riforma. Quindi, attenzione: le scelte di coraggio, una volta assunte, vanno portate avanti fino in fondo.

   Quarto ambito: il fisco. In questi due giorni abbiamo parlato molto di fisco. È noto che la situazione in Italia è molto problematica, per i cittadini, per i lavoratori, per le imprese. In più, c'è un'enorme evasione fiscale, per cui chi paga le tasse ne paga in quantità non più sostenibile. Dobbiamo mettere mano a una seria riforma fiscale. Confindustria su questo è disponibile a lavorare anche con il sindacato. Sono d'accordo con quanto detto dal segretario Bonanni: lavoriamo insieme per arrivare entro tre anni a questa riforma. Con un'avvertenza: che la riforma complessiva del fisco sia a tre anni, ma non possiamo aspettare tre anni per vedere qualche segnale. Dobbiamo farlo prima: lavoriamo con davanti il traguardo dei tre anni, ma diamo alcuni segni concreti il più velocemente possibile. E credo l'obiettivo sia molto chiaro: vanno abbassate le tasse su chi tiene in piedi questo paese, cioè imprese e cittadini. Per le imprese, il tema fondamentale è l'Irap, tassa assolutamente ingiusta: cominciando da una graduale riduzione a partire dalla sua componente costo del lavoro, rendendola progressivamente deducibile dalla base imponibile. Ragioniamoci.

   Federalismo fiscale. È un'altra riforma molto importante. E anche qui non è più tempo di parlare, ma di fare. E bene, lavorando sul serio, senza aumenti di spesa pubblica, ma anzi, responsabilizzando gli amministratori locali, riducendo gli sprechi e liberando risorse per la crescita. Dissipando alcuni timori. Ci sono regioni che hanno significativi deficit sanitari, ebbene, queste regioni non devono poter rinegoziare la spesa sanitaria, ma fare un percorso vero e chiaro di rientro dei deficit, soprattutto quelle del Sud dove la sanità è uno scandalo nazionale. Il federalismo fiscale è una grande occasione: vuol dire dare più poteri alle Regioni, ai presidenti regionali, ma anche più responsabilità. C'è una cosa molto chiara che voglio dire: i presidenti che non si dimostreranno capaci di mantenere i costi standard, vanno mandati a casa, non devono essere più rieletti perché la responsabilità e la buona amministrazione è il valore che deve fare la differenza.

   Altro ambito: l'energia. Confindustria ha fortemente appoggiato la scelta del governo di tornare al nucleare. È una scelta imprescindibile per il nostro paese. Dobbiamo andare avanti, e farlo con serietà. E anche qui, purtroppo, c'è una conflittualità istituzionale tra Stato e Regioni, con il rischio, ancora una volta, di bloccare tutto e di pagare un conto pesante. Siamo l'unico paese rimasto fuori dal nucleare. Oggi abbiamo un mix energetico che ci condanna ad avere un costo dell'energia che è fino al 90% superiore alla Francia, fino al 70% della Spagna. Numeri che conosciamo benissimo: per questo, l'opzione nucleare è irrimandabile. Ed è importante coordinarsi con le Regioni per la scelta dei siti, ma se poi le Regioni non decidono, bisogna andare avanti lo stesso. Anche su questo, presidente Berlusconi, siamo pronti a mobilitarci, pure nei confronti dell'opinione pubblica, perché deve essere chiaro a tutti che senza l'opzione nucleare non andiamo da nessuna parte.

   Ultimo ambito: l'impegno a favore della legalità. Ci siamo, siamo pronti a collaborare anche di più di quanto fatto finora, perché è una scelta di campo fondamentale se vogliamo restituire dignità civile e crescita economica a un territorio chiave del nostro paese che è il Mezzogiorno d'Italia.

   Vengo alla conclusione: i problemi da affrontare e le risposte da dare sono noti. L'importante però è capire che questo è il momento di andare oltre le promesse. Tutti insieme dobbiamo assumerci impegni seri, darci una road map, tempi di azione certi e rispettarli.

   Questo è quello che oggi i 5mila imprenditori presenti chiedono al governo. Ti chiedono, presidente Berlusconi, di ragionare sulle priorità che abbiamo indicato e di assumerti impegni seri il prima possibile. Sarebbe bello che all'Assemblea generale di Confindustria, a maggio, tu venissi e ci dessi una risposta.

   Noi, la nostra risposta, la diamo oggi. Continueremo ad impegnarci con coraggio e tenacia per mantenere le nostre imprese, i posti di lavoro, per aumentare l'innovazione e la qualità dei nostri prodotti, per aumentare la nostra dimensione. Noi ci siamo. Siamo pronti a fare ancora di più e non ci sottraiamo alla responsabilità importantissima di contribuire alla crescita di questo paese. Noi questo impegno lo assumiamo con forza.

  Ma il paese deve fare altrettanto. Deve voltare pagina, cambiare e sposare con coraggio le scelte del mercato, del merito, della concorrenza. Deve fare di questi valori, scelte di vita forti e condivise, perché è da qui che può venire la crescita. In proposito, voglio soffermarmi su alcune recenti dichiarazioni che preoccupano: ci sono componenti importanti della società - penso ai commercianti o ai professionisti - che stanno tentando di far fare un passo indietro alle liberalizzazioni, invocando chiusure e protezioni. Non è accettabile. Lo ha sottolineato ieri il presidente Catricalà in modo autorevole: sentire richieste di tariffe minime da parte dei professionisti, non ha senso. Ci mettiamo tutti in fila per chiedere una tariffa minima? Non è più immaginabile che una fetta di paese viva sussidiata dallo Stato scaricando costi e inefficienze su chi invece vive di concorrenza e di mercato. Su questo, presidente Berlusconi, ti prego di prestare la massima attenzione, perché non possiamo più sopportare due pesi e due misure.

  Cari amici, credo - e chiudo sul serio - che ogni tanto faccia bene guardare alla storia passata. Bene, se guardo a quello che questo paese è stato capace di fare dal dopoguerra ad oggi, ritrovo molta fiducia. Perché il paese ha avuto una grande capacità di sviluppare crescita, innovazione, benessere, mobilità sociale. Erano in molti a considerarci poco più che un paese rurale: noi invece abbiamo compiuto una specie di miracolo.

   Ecco, oggi dobbiamo cercare di ripercorrere quella strada. Noi ci crediamo. La nostra Italia, l'Italia di cui noi facciamo parte, quella che vogliamo, è un'Italia che ha idee, qualità, che si batte sui mercati e continua a credere nel futuro. Che anche in questa crisi devastante è riuscita ad andare avanti. Noi non abbiamo paura. E dobbiamo infondere al paese questo stesso coraggio. Questa stessa voglia di fare. Questa stessa voglia di vincere. Questa stessa voglia di tornare ad essere un paese forte, che guarda al futuro con fiducia e ottimismo.

   Noi imprenditori ci crediamo e lavoreremo ogni giorno per questo risultato. Grazie. Emma Marcegaglia

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La questione dell'aggancio dei  PROF  alla DIRIGENZA STATALE
e quella del diritto alla pensione, per gli incarichi retribuiti


Due nuove SENTENZE: una a  FAVORE, l'altra a SFAVORE

 

Questa sentenza dispone che il trattamento retributivo dei professori universitari
non è collegato a quello dei dirigenti statali

  Questa sentenza dispone un autonomo trattamento pensionistico per il servizio in qualità di assistente ordinario, in aggiunta al servizio di prof. incaricato interno.


TAR - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia Romagna, Sez. I - Sentenza n. 942/09, depositata il 11 giugno 2009
                             (Stralcio)

Sul ricorso proposto contro l'Università di Bologna,
   …
  I ricorrenti, tutti docenti universitari di vario livello, agiscono per il riconoscimento del diritto alla corresponsione delle differenze retributive connesse agli aumenti stipendiali previsti dall'art. 1 della L. n. 34/1997 per i dirigenti dello Stato. Lamentano in buona sostanza, gli interessati, che nei loro confronti non sia stata fatta applicazione dell'art. 36 del D.P.R n. 328/1980 il quale avrebbe sancito un chiaro e diretto collegamento dei trattamenti economici relativi ai professori universitari e ai dirigenti statali. Ne sarebbe derivato, a parere degli istanti, un mancato adeguamento delle retribuzioni dei ricorrenti in dipendenza dell'omesso riconoscimento, dell'indennità di posizione, invece, attribuita ai dirigenti generali dello Stato per gli anni 1996 e 1997. Il ricorso é infondato.

La materia, peraltro assai risalente, è stata da tempo affrontata e chiarita, sia dalla Corte Costituzionale che dalla giurisprudenza amministrativa. Già con la sentenza n. 219 del 17 luglio 1975 la Corte aveva sancito, in ordine al riassetto del pubblico impiego e in particolare con riguardo al trattamento economico dei professori universitari, non una correlazione permanente ed immutabile, ma soltanto una tendenziale equiparazione delle posizioni retributive. In questo senso è stato chiarito che gli art. 73/3° c. L. n. 11 luglio 1984 n. 312 e 36/8° c. D.P.R. n. 382/1980 hanno esclusivamente commisurato il trattamento economico dei professori universitari dell'ultima classe di stipendio a quello goduta dai dirigenti generali di classe A dello Stato senza creare alcuna sovrapposizione o alcuna identità di situazioni ( Tar Piemonte n. 62/1993 ) E' stato ulteriormente precisato che equiparazione tendenziale non significa uniformità totale né ingenera dubbi sull'obiettiva diversità delle funzioni professionali anzidette con la conseguente possibilità di uno sviluppo differenziato dei trattamenti economici, sempre nel rispetto dei canoni costituzionali di riferimento (TAR Marche n. 349/1986 ).

In conclusione appare del tutto evidente che l'art. 36 della L. n. 382/1980, pur conservando ai professori universitari la già acquisita equiparazione del trattamento dirigenziale, ha dettato una disciplina uniforme per tutti i docenti, senza distinzione e dunque esso rilevi quale mero parametro di calcolo della retribuzione di questi ultimi, essendo per ogni altro aspetto del tutto differenti le retribuzioni delle due categorie di dipendenti pubblici. Ne discende che il riconoscimento di emolumenti strettamente ed inscindibilmente correlati all'esercizio di funzioni proprie della. dirigenza statale non appare compatibile con il quadro interpretativo appena tracciato e quindi il ricorso deve essere respinto.

  Per questi motivi, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge.

 


Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la  Emilia Romagna - SENTENZA n. 996/06/C, depositata il 27.9.2006
, confermata in appello dalla SEZIONE PRIMA GIUR. CENTRALE con sentenza N. 446/2008/A.
                                   (Stralcio)

 Con il provvedimento n. 26568 del 21.9.1995 il Rettore della Universita' di Bologna negava al ricorrente trattamento pensionistico per il sevizio prestato dal prof. … in qualita' di assistente ordinario dall' 1.11.1973 all' 1.8.1985, avendo costituito titolo per la nomina a professore associato.
  L' amministrazione pone a sostegno della propria deliberazione la previsione dell' art. 133 del T.U. 29.12.1973, n. 1092, che, come e' noto, prescrive il divieto di cumulo del trattamento di quiescenza rispetto a quello di attivita' di servizio quando si sia in presenza di servizi che siano l' uno la continuazione dell'altro, come ribadito nella compiuta memoria depositata l' 8.3.2006.
   Risulta agli atti che il ricorrente era stato dipendente dell' Universita' di Bologna con l' incarico di “ incaricato esterno” dall' 1.11.1966 al 30.10.1973 ed “interno” dall' 1.11.1973 sino all' 1.8.1985, ed “assistente ordinario” dall' 1.11.1973 all'1.8.1985, nonche' nominato “professore associato confermato” dal 20.3.1985 ad oggi.
  Risulta, altresi', che con deliberazioni E.N.P.A.S. del 4.11.1991 e 22.4.1991, veniva riconosciuto al ricorrente indennita' di buonuscita anche per il servizio prestato in qualita' di assistente ordinario, ma nulla gli era corrisposto a titolo di indennita' sostitutiva di pensione per quel servizio.
  Reputa questo Giudice che sia corretta l' interpretazione fornita dalla parte ricorrente, secondo cui il solo servizio di professore incaricato e' stato valutato ai fini della nomina a professore associato confermato, in quanto l' art. 50 del D.P.R. n. 382 dell' 11.7.1980 pone come requisito per la partecipazione al giudizio di idoneita' una delle due qualifiche di professore incaricato o assistente ordinario alternativamente e non cumulativamente; nei fatti e' dato, inoltre, rilevare che la nomina del prof. … e' avvenuta come “professore associato confermato”, in prosecuzione del ruolo di professore incaricato e non di “non confermato”, come sarebbe avvenuto in prosecuzione del ruolo di assistente ordinario.
   Ancora, il riconoscimento di una buonuscita per il servizio prestato dal ricorrente in qualita' di assistente ordinario, che invece e' avvenuto con le citate delibere del 1991, non sarebbe giustificabile alla luce di una continuazione professionale come invocata dall'amministrazione.
  Resta assorbita ogni ulteriore censura.
  Il ricorso, pertanto, si manifesta  giuridicamente fondato e se ne dispone l' accoglimento e per gli effetti si dichiara il diritto del ricorrente alla liquidazione di autonomo trattamento pensionistico (assegno sostitutivo) per il servizio prestato presso l' Universita' di Bologna, Facolta' di Scienze MM. FF. NN. in qualita' di assistente ordinario dall' 1.11.1973 all' 1.8.1985.
….
  Per questi motivi, la Corte dei conti … accoglie  il ricorso in epigrafe, come in motivazione.

 

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La sentenza sulla costituzionalità della legge sul Fuori Ruolo

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Avvertenza. In precedente servizio avvevamo data informazione che a luglio sarebbe uscita la sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso di numerosi Tar, per presunta incostituzionalità della legge statale sulla progressiva abolizione del Fuori Ruolo dei docenti universitari. Questa Sentenza c'è stata il 16 luglio u.s. .
In questo servizio, riportiamo il dispositivo della sentenza, ed il commento di un Collega esperto (che ha voluto conservare la riservatezza sul suo nome) sul grado di rilevanza della sentenza.

SENTENZA N. 236, ANNO 2009, del 16 luglio 2009"

DISPOSITIVO: " La CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), nella parte in cui si applica ai professori universitari per i quali sia stato disposto il collocamento fuori ruolo con formale provvedimento amministrativo e che hanno iniziato il corso del relativo periodo."

Nei ricorsi, il motivo più forte di opposizione alla legge era stata la sua presunta "irretroattività".

Su questo la Corte ha precisato:
"La norma impugnata sembra porsi in violazione dell'art. 3 Cost "per la retroattività dei suoi contenuti precettivi".
"Questa Corte ha affermato più volte che l'irretroattività della legge è principio di carattere costituzionale soltanto per le norme penali, in quanto sancito dall'art. 25 Cost.
Per le norme non penali la retroattività delle leggi è consentita, ma nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza.
In questo quadro sono,
- in primo luogo, legittimamente retroattive sul piano costituzionale le norme interpretative, in quanto affermano una delle possibili varianti di senso già desumibili dalla lettera della disposizione interpretata.
   Anche norme innovative con efficacia retroattiva sono legittime (ad eccezione delle norme penali punitive), purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, tra i quali va inclusa anche la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei destinatari, in quanto principio connaturato allo Stato di diritto".

In questo senso, una volta che un decreto rettorale è stato emanato legittimamente e ha prodotto degli effetti, esso non può essere revocato se va a ledere "un diritto legittimamente sorto nei destinatari".

Anche Sentenza del Consiglio di Stato sulla negazione dei 2 anni, dopo i 70 di età

  Nel nostro Ateneo di Bologna c'erano stati non pochi ricorsi al TAR dell’Emilia Romagna, che aveva sospeso i decreti rettorali relativi, in attesa del giudizio.
I ricorrenti opponevano la illegittimità del dimissionamento generalizzato dei docenti al limite dell'età pensionabile, senza riguardo alla applicazione prudente che la nuova legge raccomanda, per prima, nel concedere i 2 anni aggiuntivi di servizio, ex-
art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992.
Sopravviene, in seguito a ricorso dell'Ateneo, una sentenza del Consigio di Stato che conferma le decisioni del TAR.
  In conclusione le negazioni del biennio sono legittime, solo se motivate da caso a caso, in relazione alle necessità didattiche.
  Questo comporta (N.d.R.) che, caso per caso, ogni decisione dovrà passare per le Facoltà, gli organi competenti per valutare le relative esigenze.
  Si potrebbe opinare che è solo una questione di ritardo. Questo accadrebbe se il CdA confermasse i dimissionamenti motivando, a sua discrezione, caso per caso. E questo è verissimo.
  C'è, però, a Bologna un fatto nuovo: che è stato eletto un nuovo Rettore, che entrerà in carica il 1 nov. 2009.
  Vedremo come andrà a finire.

 

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Riferimento all’ Art. 72 del  Decreto legge n. 112 del 2008, di modifica
l''art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, relativo al diritto ai 2 anni
di proroga del servizio, dopo l'età pensionabile

In attesa dell'esito dei ricorsi al TAR contro l''Ateneo di Bologna

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

per  la interpretazione corretta della legge

NOTA. L'università italiana subisce in questa fase la scure del Governo che taglia i posti di professore senza un collegamento con l' inserimento dei giovani, così che la scienza accumulata venga trasmessa a loro, che a loro volta ne proseguiranno l'incremento (senza partire da zero) e la trasmissione ai loro successori.
  Ma ecco che, da noi, subiamo anche la sindrome di Sansone. Calzolari vuole che: "muoia Sansone con tutti i Filistei ". Cos'altro è il dimissionamento generalizzato dei docenti al limite dell'età pensionabile, senza riguardo alla applicazione prudente che la nuova legge raccomanda, per prima, nel concedere i 2 anni aggiuntivi di servizio, ex-
art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992 ?
  
Si ricorda, in proposito, che nel nostro Ateneo ci sono già stati non pochi ricorsi al TAR dell’Emilia Romagna, che ha sospeso i decreti rettorali relativi, in attesa del giudizio.

CIRCOLARE N. 10 del DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

 Riferimento all’ Art. 72 - "Personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo". Decreto legge n. 112 del 2008 - "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione delta finanza pubblica e la perequazione -tributaria».

 Con il decreto legge n. 112 de! 2008, convertito con modifiche in legge n. 133 del 2008 sono state previste innovazioni in materia di trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti ed è stata disciplinata la risoluzione dei contratto di lavoro per i dipendenti che abbiano maturato 40 anni di anzianità contributiva. Chi vi è interessato trova qui di seguito il punto 2 della Circolare Ministeriale, per favorire la corretta interpretazione della complessa legge.
  

 ......
......

 2. Disposizioni relative al trattenimento in servizio (commi da 7 a 10). 

La modifica del regime del trattenimento in servizio.
   I commi da 7 a 10 dell’art. 72 del d.l. n. 112 hanno innovato la disciplina di cui all’art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992, modificando il regime dei trattenimenti in servizio. L’art. 16 comma 1 del citato decreto, come modificato, prevede: “È in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.” 

Mentre secondo la disciplina previgente, in caso di domanda, l’amministrazione non era titolare di discrezionalità nel disporre il trattenimento, dovendolo in ogni caso accordare, in base al nuovo regime l’istanza di trattenimento è soggetta a valutazione discrezionale e quindi può non essere accolta dal datore di lavoro. La valutazione deve tener conto di alcune condizioni oggettive:
-             le esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione,
-            la particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e l’efficiente andamento dei servizi.

In proposito, è opportuno che ciascuna amministrazione adotti preventivamente dei criteri generali per regolare i trattenimenti in servizio, tenendo conto delle proprie peculiarità, in modo da evitare condotte contraddittorie o incoerenti.
   Tali criteri si configurano quale atto di indirizzo generale e quindi, in linea con quanto previsto dall’art. 4, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 165 del 2001 dovrebbero essere contenuti nell’atto di programmazione dei fabbisogni professionali o adottati dall’autorità politica o dagli organi di indirizzo. Nel compiere le valutazioni, che dovranno trovare riscontro nella motivazione dell’atto, sarà opportuno tenere in debita considerazione il parere del responsabile della struttura nella quale il richiedente è inserito.
   Considerato che, in base alla normativa vigente, il trattenimento in servizio viene disposto in relazione alle esigenze dell’amministrazione e che il citato art. 16 stabilisce che esso può avere la durata massima di un biennio, lo stesso può essere motivatamente accordato anche per un periodo inferiore al biennio. 

La nuova disposizione fissa poi dei termini per la presentazione dell’istanza da parte dell’interessato e, cioè, dai 24 ai 12 mesi antecedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. La previsione di tali termini è funzionale alle esigenze organizzative dell’amministrazione, che deve poter compiere una valutazione a medio termine nell’ambito della programmazione dei fabbisogni professionali. In tale contesto si spiegano anche le norme di cui ai commi 9 e 10, che prevedono interventi di riesame di fattispecie già concesse, in quanto riferite a trattenimenti in servizio con decorrenze spostate nel tempo, che quindi devono essere rivalutate anche al fine di rendere reale ed immediata l’efficacia del nuovo regime. 

La fase transitoria.
   Una volta enunciata la disciplina di regime nel comma 7, i commi da 8 a 10 dettano le regole da applicare per gestire la fase transitoria.
   In particolare, il comma 9 dispone che: “Le amministrazioni di cui al comma 7 riconsiderano, con provvedimento motivato, tenuto conto di quanto ivi previsto, i provvedimenti di trattenimento in servizio già adottati con decorrenza dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009.”
    Il successivo comma 10 prevede invece che: “I trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2010 decadono ed i dipendenti interessati al trattenimento sono tenuti a presentare una nuova istanza nei termini di cui al comma 7.”.
  Il comma 8, come risultante dalle modifiche apportate in sede di conversione, recita: “Sono fatti salvi i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e quelli disposti con riferimento alle domande di trattenimento presentate nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.”.
    L’interpretazione del comma 8 citato va compiuta tenendo conto della complessiva disciplina e, quindi, la disposizione deve essere considerata in relazione a quanto previsto dal precedente comma 7 e dai successivi commi 9 e 10.

 Ciò premesso, la modifica del comma, operata in sede di conversione, innanzi tutto consente di superare una lacuna che presentava il testo originario del decreto legge in riferimento all’ipotesi di istanza di trattenimento presentata da coloro i quali avrebbero compiuto il limite di età per il collocamento a riposo prima di 12 mesi dopo l’entrata in vigore del decreto legge (25 giugno 2008), termine fissato dal terzo periodo dell’art. 16 comma 1 come modificato dal d.l. n. 112. Infatti, in base a quanto previsto dal vigente comma 8 dell’art. 72, anche coloro che compiono il limite massimo di età prima del 25 giugno 2009, se non hanno già provveduto in precedenza a presentare la relativa domanda, possono produrre istanza di trattenimento.
   In sostanza, i dipendenti che compiono il limite massimo di età entro il 25 giugno 2009 e che intendono chiedere il trattenimento in servizio debbono presentare la relativa domanda all’amministrazione di appartenenza entro il 27 dicembre 2008. Si tratta di casi in cui il periodo di trattenimento in servizio può iniziare a decorrere nell’anno 2008 o nell’anno 2009.
   Peraltro, la disciplina relativa alla gestione della fase transitoria di cui al comma 8 dell’art. 72 rende possibile la presentazione della domanda di trattenimento entro il termine del 27 dicembre 2008 anche a coloro che compiranno il limite massimo di età entro il 27 dicembre 2009 che non hanno provveduto alla presentazione della stessa rispettando il termine dei 12 mesi.
   Se, ad esempio, un soggetto dovesse compiere il limite massimo di età il 1° agosto 2009 e non avesse già provveduto a presentare la domanda di trattenimento, ha facoltà di farlo entro il 27 dicembre 2008, in quanto la norma prevede espressamente la deroga, durante la fase transitoria, al rispetto dei termini di cui al comma 7. 

Resta inteso che coloro che compiranno il limite massimo di età successivamente al 27 dicembre 2009 saranno tenuti al rispetto dei termini di cui al comma 7 dell’art.72.
   Inoltre, in base alla nuova norma, sono fatte salve le eventuali istanze presentate prima del 25 giugno 2008 che ancora non fossero state esaminate dall’amministrazione.
   Occorre precisare poi che le domande presentate entro la predetta data del 27 dicembre 2008 sono soggette ad un regime differenziato a seconda che la decorrenza del trattenimento sia precedente o successiva al 1 gennaio 2009. Infatti, il comma 8 in esame deve essere letto in connessione con il successivo comma 9, il quale, come visto, prescrive alle amministrazioni di riconsiderare i trattenimenti già disposti con decorrenza 1 gennaio 2009 alla luce della nuova disciplina (di cui al comma 7). In tale contesto, il regime applicabile alle domande di trattenimento con medesima decorrenza deve essere analogo.
   Quindi, le domande presentate nel periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto legge non ancora evase dall’amministrazione e quelle presentate entro i 6 mesi successivi l’entrata in vigore del decreto stesso debbono essere valutate a seconda della data di decorrenza del trattenimento:
   - se la decorrenza del trattenimento è precedente al 31 dicembre 2008, l’istanza dell’interessato deve essere accolta e il trattenimento deve essere disposto; in tal caso, infatti, trova applicazione il precedente regime, di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 prima della modifica operata con il d.l. n. 112, secondo il quale l’amministrazione non aveva discrezionalità nel concedere il trattenimento;
  - se invece la decorrenza del trattenimento è successiva al 31 dicembre 2008, allora la domanda di trattenimento va valutata in base a quanto previsto dall’art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992 come modificato dal comma 7 dell’art. 72 del d.l. 112 e, conseguentemente, la decisione sul trattenimento deve essere il frutto di una ponderazione discrezionale da parte dell’amministrazione alla luce dei parametri individuati dalla norma (esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione, particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e l’efficiente andamento dei servizi). 

Da quanto esposto risulta chiaro che la norma contenuta nel comma 8 dell’art. 72 in esame non consente di per sé di far salvi i trattenimenti che hanno decorrenza successiva al 1 gennaio 2009, poiché questi sono assoggettati al nuovo regime, con la conseguenza che l’accoglimento dell’istanza è subordinato alla valutazione discrezionale positiva dell’amministrazione stessa.
   Resta inteso che, secondo quanto previsto dal citato comma 8, rimangono comunque salvi i trattenimenti già in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
   Inoltre, in base alla previsione del comma 10, i trattenimenti già disposti con decorrenza 1 gennaio 2010 decadono automaticamente e le relative domande debbono essere ripresentate nei termini di cui al novellato art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 503 del 1992. 

Il raccordo con le previsioni di cui al comma 11 dell’art. 72.
 
 Occorre evidenziare che l’applicazione delle norme ora esaminate deve essere raccordata con la nuova disciplina sulla risoluzione del contratto di lavoro contenuta nel comma 11 dell’art. 72 in riferimento a quei dipendenti che hanno maturato il requisito dell’anzianità contributiva di 40 anni, secondo quanto si dirà nel paragrafo 3.

Trattenimento in servizio del dipendente privo dei requisiti contributivi minimi per il diritto a pensione.
    Si segnala infine che, in linea con i principi enunciati dalla Corte costituzionale, in caso di domanda, l’amministrazione è comunque tenuta a disporre il trattenimento in servizio per quei dipendenti che non hanno ancora raggiunto il requisito di contribuzione minimo per la maturazione del diritto a pensione (Corte costituzionale, n. 282 del 1991, nella quale si afferma che: “Il principio (…) secondo cui non può essere preclusa, senza violare l’art. 38, secondo comma della Costituzione, la possibilità per il personale (…) che al compimento del sessantacinquesimo anno – quale che sia la data di assunzione – non abbia ancora maturato il diritto a pensione, di derogare a tale limite per il collocamento a riposo, al solo scopo di completare il periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per il conseguimento di tale diritto, non può che avere (…) valenza generale.”.

 

ELEZIONI DEL RETTORE


Riceviamo e giriamo dall'Associazione "AGORA"
(di  E. Lorenzini  e  G. Porzi)

Le domande poste da AGORA' ai Candidati sono sotto riportate, ma in sintesi si riducevano a rispondere al quesito della continuità o meno con questa gestione, che al di là del cumulo di incarichi ad 'alcuni', ha fatto diminuire il numero degli studenti di 18.000 unità. Bisognerà che i Colleghi leggano tra le righe, perchè ciò che si chiedeva era la concreta prova di quanto affermato. Auguri a tutti, nel bene supremo dell' Ateneo, che si raggiunge non con sofisticate tecniche contabili, ma soprattutto con capacità gestionali e tagliando sperperi e velleità inutili di 'grandeur '.

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Enrico Lorenzini

QUESTIONARIO ai CANDIDATI a RETTORE

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GC. Barbiroli Dario Braga G. Cantelli Forti Andrea Segrè G. Sassatelli Roberto Grandi Ivano Dionigi


Due domande

 1) in quali delibere - quelle che rappresentano nel loro complesso l' attuazione della politica rettorale - negli ultimi anni di tua permanenza in uno degli Organi Accademici hai manifestato (o l' avresti manifestata se presente ) una significativa differenziazione rispetto agli ODG presentati. Ricordane un paio.

2) quali delle attuali scelte del Rettore ritieni siano state particolarmente negative rispetto alla difficile situazione presente , come ti sei opposto e quale sarebbe una buona soluzione ( visto anche quanto dichiarato da Roversi- Monaco su ''Il sole-24 ore'' di mercoledi passato: '' Diversamente da quel che molti sostengono, l'ateneo di BO ha ricevuto finanziamenti in abbondanza , non certo meno di altri Atenei. '' )

Nota. "Il prof. Barbiroli non ha risposto ai quesiti, ma la sua posizione è chiarissima, ' di rifacimento totale ', e in più essendo partito in forte ritardo ...deve svolgere in continuazione colloqui" (E.L.)

Dario Braga

  Cari Lorenzini e Porzi vi ringrazio molto per l' opera che svolgete di continuo stimolo al dibattito in Ateneo. Nel merito dei vostri quesiti la mia risposta non sarà dettagliata vista la quantità di delibere sulle quali si potrebbe aprire un dibattito. Il mio progetto è disponibile da un anno e mezzo e ne ho pubblicato diversi stralci sulla stampa locale. Sono intervenuto di volta in volta anche su argomenti "hot" quali la discussione sullo statuto, la politica delle risorse, la FAM, la Romagna, il problema del finanziamento del dottorato di ricerca, la "piramide di genere", il rapporto con il mondo delle imprese, la questione edilizia e l'urbanistica universitaria. Sul "che fare ?" non posso che rimandarvi a quella fonte, pubblica, aperta e dalla quale tanti hanno attinto. Su eventi recenti, ci tengo, però, a darvi la mia opinione. Ho condiviso, ad esempio, la decisione di adottare il limite dei 70 anni come da DL133 ma ho anche proposto (per ora inascoltato) di introdurre una forma contrattuale snella e sostanzialmente non onerosa, legata alla didattica e/o alla ricerca, per continuare ad avvalersi dei colleghi senior laddove utile alle facoltà o ai dipartimenti. Non ho condiviso l'allarme sul dottorato di ricerca, convinto come ero e sono che: a) le risorse avrebbero dovuto essere reperite da subito attingendo ad altre voci di bilancio in apparenza "comprimibili" (comunicazione, partime studentesco, tutorato ecc - dove sta scritto che il dottorato di ricerca deve essere in carico esclusivamente all'area della ricerca ? ... il "bologna process" lo colloca correttamente al terzo livello della formazione...) (b) si sarebbe anche potuto adottare una politica più selettiva agendo sui dottorati manifestatamente improduttivi dal punto di vista scientifico. Non ho condiviso i ritardi, e nemmeno la bozza che ho avuto modo di vedere, per la formulazione dei contratti per ricercatore. Abbiamo, però, bisogno di questo strumento con urgenza.(cont.)

G. Cantelli Forti

Cari Colleghi, con il programma che è in corso di invio per e-mail, rispondo in maniera più ampia e più compiuta ai vostri quesiti. Dal 2000, le mie posizioni critiche sono ben note in quanto a differenza di altri Componenti degli Organi accademici, ho ritenuto doveroso esprimerle pubblicamente e farle riportare puntualmente nei verbali del Senato Accademico, prima, e del Consiglio di Amministrazione, poi. Proprio il fatto di avere espresso ben prima dell'avvio della campagna elettorale numerosi rilievi critici, necessari anche se impopolari, rende credibile l'impegno di mettere a disposizione di tutta la Comunità Accademica le mie competenze gestionali e amministrative. Queste sono documentate dai risultati ottenuti negli incarichi istituzionali che ho ricoperto e ancora ricopro. Scorrendo l'ampio fascicolo di tutti i miei interventi in Consiglio di Amministrazione 2005-2008, posso in particolare segnalare la mia opposizione a: - programmi di interventi dell'Ufficio Tecnico, mancate o sospese realizzazioni edilizie nell'ambito del Policlinico S.Orsola-Malpighi - trasferimento dei beni dei Dipartimenti Universitari ai DAI (Dipartimenti ad attività integrata) - riorganizzazione dell'Amministrazione con proposta di istituzione della figura del Direttore Generale - proliferazione della nomina di Dirigenti - trasferimento di consulenti esterni con assunzione in posizioni di EP - posizione critica sulla questione UNIMATICA - "fattispecie" di selezione per la copertura della posizione di Dirigente presso il Polo di Rimini - opportunità e modalità di selezione del nuovo Direttore Amministrativo Per quanto concerne la seconda domanda, credo che gli esempi che ho riportato siano indicativi di scelte da me non condivise in senso istituzionale e verso le quali appunto mi sono opposto con interventi da me scritti e riportati a verbale. In particolare, numerosi di questi interventi riguardano la gestione del bilancio, gli sprechi e la non corrispondenza tra le costanti lamentele di mancanza di fondi assegnati dal Ministero rispetto a quanto effettivamente risultato dalla tabelle ministeriali stesse. Vi ringrazio e vi saluto cordialmente. Giorgio Cantelli Forti

Andrea Segrè

   Cari Colleghi, non ritengo di dover dare una risposta puntuale ai quesiti sollevati, piuttosto mi preme sottolineare che la discontinuità da voi richiamata corre lungo tutto il mio programma rettorale, senza tuttavia disconoscere ciò che ha reso grande la nostra Università. Lo sforzo che intendo compiere insieme alla Comunità di docenti, ricercatori, studenti e personale tecnico-amministrativo rappresenta un'occasione ed una sfida per migliorare il sistema di governo del nostro Ateneo, che presenta accanto a indubbi punti di forza, anche innegabili aspetti critici. Nel mio programma ho scritto che occorre un progetto coraggioso, di rinnovamento e rilancio che si ponga in forte discontinuità con la situazione attuale. Una discontinuità che pone, fra le funzioni delle due amministrazioni, un salto di efficienza e di cambiamento dei meccanismi di governo della nostra Università. Un'azione partecipata in grado di valorizzare l'eredità storica e la vocazione nazionale e internazionale del nostro Ateneo in una logica mirata al superamento di sterili contrapposizioni. Un caro saluto Andrea Segrè

G. Sassatelli

Caro Lorenzini, scusa se rispondo solo ora al tuo messaggio del 7 aprile. Mi è facile risponderti. Ho sempre tenuto in Senato Accademico una coerente posizione di vigilanza critica su quanto veniva discusso e proposto. Sono stato coerentemente "all'opposizione" tutte le volte (molte) in cui vedevoc ose che non andavano. Poi vedo che recentemente "essere all'opposizione" è diventato di moda. Magari se qualcuno dei receti "oppositori" si fosse "scoperto" un po' di tempo fa...mi sarei sentito meno solo. Visto che mi fai domande precise...mi è facile risponderti. Perchè sono state molte le occasioni in cui ho espresso una mia "significativa differenziazione rispetto agli ODG presentati". Ne cito solo alcune. Quando si è discusso del turn-over 2088, poco prima dell'estate. Qui, più o meno da solo ho cercato di fare in modo che venissero dati più punti possibile alle Facoltà visto che forse sarebbe stata l'ultima occasione di avere concorsi (e così è stato). Ho scritto lettere al Rettore e ho sostenuto questa cosa in Senato, con molta convinzione. Niente da fare, naturalmente Sulle modifiche di Statuto e in particiolare sulla possibilità di prorogare gli organi per riuscire a fare la modifica di Statuo. Anche qui ho avuto una posizione che è stata...battuta Sulle modalità di aumento delle tasse. Qui invece in Senato, dopo accesa discussione nella quale ho avuto parte molto attiva siamo riusciti a modificare una proposta della Giunta - unico caso che ricordo. Non sto a ricordare altri episodi. Quanto alla tua seconda domanda "quali delle attuali scelte del rettore siano state particolarmente negativa rispetto alla..." credo sia sufficiente che tu tenga conto di quanto dico da un po' di mesi in campagna elettorale. E magari se hai pazienza guarda un po' di documenti sul mio sito www.giuseppesassatelli.it Cari saluti Beppe Sassatelli

Roberto Grandi

   Cari Lorenzini e Porzi,
mi scuso per il ritardo ma in questo periodo le sollecitazioni sono numerose. Con cordialità. 1. Qualche anno fa è stata approvata una delibera che attribuiva la Palazzina della Viola alle Relazioni Internazionali, che non hanno una sede propria nonostante debbano trattare le relazione con oltre 3000 studenti di scambio e il primo approccio (di carattere amministrativo) con tutti i docenti e ricercatori che passano dal nostro Ateneo. In qualsiasi parte del mondo è questa una sede prestigiosa perché costituisce, con il Rettorato, il biglietto da visita di una università. Inoltre, questa ristrutturazione avrebbe offerto all'Ateneo un'altra aula per conferenze a disposizione di tutti. La mia differenziazione non è nei confronti della delibera, che condivido totalmente, ma nei confronti di ciò che è avvenuto successivamente. Una delibera che giudico positiva per l'Ateneo è rimasta sostanzialmente lettera morta per almeno cinque anni. La Palazzina della Viola è tuttora inutilizzata e da ristrutturare e le Relazioni Internazionali sono ancora prive di una sede. Mi domando se ho fatto tutto quello che avrei potuto o dovuto fare perché, di solito, prima di imputare responsabilità agli altri mi interrogo sulle mie. Un aspetto che mi lascia perplesso fa riferimento alla questione del "rinnovo dello Statuto d'Ateneo". Non essendo riusciti ad autoriformarci lo dovremo fare in seguito alla approvazione del decreto legge sulla Governance. In questo caso la mia perplessità è sui tempi e sulle modalità. Anche in questo caso mi domando se l'insuccesso è dovuto alla volontà di una sola persona o alla responsabilità di tanti che, pur sedendo nella Congiunta di Ateneo e avendo la possibilità di influenzare i temi e i tempi del dibattito, hanno fatto in modo che si sia arrivati a un nulla di fatto? 2. Non ho letto il Sole 24 Ore a cui si fa riferimento e non so quindi che cosa abbia dichiarato il collega Roversi Monaco. Per quanto riguarda quella che definite la "difficile situazione presente" ho elaborato un programma (che invito ciascuno di voi a leggere: www.robertograndi2009.it) molto dettagliato in cui sono presenti: a) una analisi del contesto locale, nazionale e internazionale b) le misure concrete che per ciascuna area tematica propongo. Il contesto in cui ci muoviamo è,a mio avviso, radicalmente cambiato rispetto a quello degli ultimi otto anni, tanto che le misure che propongo sono radicalmente diverse, nella maggioranza dei casi, da quelle proposte in precedenza. Questo non per il gusto di marcare una qualche discontinuità, ma perché la realtà che mi troverò davanti come Rettore, se sarò eletto, ha marcato una ampia discontinuità con il passato. Roberto Grandi

Ivano Dionigi

Caro Enrico, ti ringrazio per la sollecitazione, e mi scuso per non averti già risposto. Come tu sai, a più riprese e con diversi ruoli sono stato negli Organi di Ateneo (Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico); è stata mia prassi rendere sempre conto ai Colleghi che mi hanno eletto (avendo ricoperto solo cariche elettive) e consultarmi con loro anche a fronte di decisioni delicate e impegnative; a quegli stessi Colleghi che nelle varie scadenze mi hanno empre riconfermato la loro fiducia. E così ho fatto anche negli ultimi 6 alla guida del Collegio dei Direttori: dove a fronte di diverse problematiche e anche molte "anime" ho cercato sempre di adoperarmi per quello che mi ostino a chiamare e credere "il bene comune". Capirai che anche in questa occasione, pur in presenza della tua cortese e comprensibile istanza, desidero attenermi al mio comportamento abituale. Con la cordialità e la stima di sempre. Ivano Dionigi

(Braga continua). Non ho condiviso le recenti scelte di bandire un elevato numero di avanzamenti verticali e di nuovi posti di EP per la riconversione di contratti di dirigenza, né ho condiviso la delibera che ha dato avvio alla procedura di selezione del nuovo direttore amministrativo prima della elezione del nuovo Rettore (fermo restando che il Rettore eletto potrà scegliere un candidato/a tra la rosa proposta dalla commissione oppure chiedere che la selezione sia ribandita per mancanza di idonei). Ho invece condiviso la politica di stimolo alla ricerca scientifica e ho applaudito ai risultati ottenuti in sede di raccolta di finanziamenti europei - mentre non condivido (con luci eombre) la gestione delle trattative sui tecnopoli con la Regione. A proposito dei rapporti con la Regione, non condivido né la gestione delle trattative sulla integrazione stipendiale del personale universitario con attività clinica, né - complessivamente - la gestione del rapporto con il SSR e con le Aziende Sanitarie di nostro riferimento. Ad esempio il personale universitario presso l' Azienda USL andava/va/andrà molto meglio tutelato. Non condivido la spinta a realizzare i progetti di ARIC "tutti e subito". Le risorse sono poche e occorre tempo per sperimentare le diverse iniziative. Il "lancio simultaneo" di tutte le iniziative di ARIC - prescindendo dal merito - non è una buona scelta organizzativa e gestionale. Meglio sarebbe stato, anche in considerazione della transizione in atto, graduarne l'implementazione. Non ho condiviso la gestione della vicenda "statuto", né ho condiviso la decisione della congiunta, dove molte voci che oggi si fanno sentire hanno taciuto quando si trattava di reclamare il voto per i ricercatori. In ultimo sottolineo alcuni aspetti del bilancio. Il bilancio 2009 non è un "bilancio di guerra". Sono necessarie delle razionalizzazioni e dei rientri di spesa, certamente è possibile tagliare in maniera selettiva su alcune voci che ho già elencato in passato e reindirizzare la spesa. La mia idea è quella di perseguire una massiccia liberalizzazione per consentire ai dipartimenti di acquisire risorse direttamente. Ho invocato una "Bassanini d'Ateneo" per la semplificazione burocratica, indispensabile per rendere più efficace la capacità di attrarre finanziamenti dall'esterno sia dalla ricerca sia dalla formazione. Avviando una tenace e "non guardo in faccia a nessuno" campagna di razionalizzazione della spesa è possibile presentarsi ai tavoli di trattativa - in particolare quello con il governo nazionale e con il governo regionale - con le carte in regola e confrontarsi con i diversi governi avendo a cuore l'esclusivo interesse dell'Università. Credo - e lo sostengo con vigore - che il Rettore Calzolari abbia dato un contributo importante a radicare il concetto della necessità della valutazione per decidere la politica di allocazione delle risorse. Molto c'è ancora da fare, ma il lavoro è ben impostato.Credo anche che presentarsi oggi a un governo che sta agendo in maniera severa sul sistema universitario (notate il termine "severo") con il bilancio in ordine sia stato il miglior risultato che si potesse ottenere e ci dà una grande carta da giocare su quel tavolo di trattativa. Come vedete coerentemente con la mia scelta di totale autonomia né condivido né butto via a scatola chiusa. Ci sarebbe ancora molto da dire: edilizia, reclutamento, offerta formativa, gestione del conto terzi, ecc ma per questo non posso che rimandare al programma su www.dariobraga.it che sta ricevendo l'appoggio palese di tanti colleghi di aree diverse. Sperando con questo di aver contribuito alla vostra iniziativa cordialmente vi saluto Dario Braga

 


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Virginio Pilo'

Virginio Pilo'
A parte la "parzialità" di certa stampa che ha oscurato alcuni candidati ...
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Chi andrà al ballottaggio con

CANTELLI FORTI ?


DIONIGI *
oppure  SEGRE' ** ?
***

* appoggiato dal PD

**appoggiato dalla CGIL e da ambienti cattolici


Premessa.
Trovo la campagna elettorale riportata dai quotidiani locali assolutamente squilibrata e ben lungi dal rappresentare una pur minima condizione di parità espressiva.
Quale differenza rispetto agli incontri pubblici con i Candidati a Rettore, patrocinati dal “Gruppo dei 30”... !
Credo che le vistose lacune e, viceversa, gli spazi concessi dai quotidiani siano il riflesso di una sottintesa etichettatura “politica” appiccicata addosso ai candidati fin troppo schematica e poco  adatta ad un utile ragionamento sulla realtà universitaria.
Senza tornare sulle supposte “appartenenze” politiche, ribadisco, tuttavia, che l’estrema trasversalità politica della docenza universitaria mal si adatta ad una lettura classica da “scienze politiche”; più conveniente è adottare lenti che permettano di decifrare i vari “committenti” o “sponsor” dei candidati, come ho già suggerito a proposito delle “relazioni” tra Regione Emilia Romagna e Università nell’era di Calzolari.
Tramite queste lenti è dunque possibile leggere il ruolo di partiti, sindacati ed associazioni che, più o meno velatamente, supportano il proprio candidato.

Lo stato dell’arte.
I miei ultimi ragionamenti, sicuramente aleatori e soggetti a rapida smentita, sono maturati soprattutto dall’impressione ricevuta nei confronti pubblici promossi dal “Gruppo dei 30” e dai miei “sondaggi” personali che svolgevo a margine di queste iniziative con i candidati e la loro efficacia argomentativa.
Ho dunque l’impressione che, a pochi giorni dal primo turno di votazioni, la lotta si sia fatta più serrata tra i due principali “delfini” della continuità, Segrè e Dionigi, per la conquista del posto al ballottaggio, in opposizione al principale candidato della discontinuità, Cantelli Forti.
A naso, infatti, direi che le principali possibilità di competizione si giochino in questa terna.
E’ naturale immaginare i turni successivi caratterizzati da una frenetica ricerca di “apparentamenti” tra i candidati esclusi dal ballottaggio con gli sfidanti finali.  
Analogamente a quanto avviene per le elezioni amministrative, è fisiologico che ciò avvenga. Sarebbe bello, tuttavia, se ciò avvenisse in trasparenza ed a fronte di affinità programmatiche, e non altro.
Mi pare anche di percepire un certo movimento anticipato rispetto a questi “accordi” che, se possono ritenersi fisiologici DOPO il primo turno di votazioni, appaiono quanto meno “bizzarri” PRIMA.

La geopolitica accademica.
Qui una nuova premessa è necessaria. Il “partitone” bolognese, il PD, è oggi letteralmente terrorizzato dall’idea della possibile perdita del Comune di Bologna alle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno p.v. . Destinato ad un sicuro ballottaggio, il PD non può permettersi certo il lusso di perdere anche il nostro ateneo, secondo ente per importanza cittadina e finanche regionale.  
Immagino dunque una sua strategia che si articola in una trama tendente a ricucire e trattenere, come la tela di un ragno, ambiti e personalità che, disincantati da nove anni di reggenza calzolariana, difficilmente potrebbero sentirsi rappresentati fin dal primo turno da un unico candidato. Tanto più, poi, se questi fosse diretta espressione del rettore uscente.
E’ scontato, dunque, il lavoro sotterraneo del “partitone” bolognese in appoggio di Dionigi. Rilevo invece una “simpatia” più accentuata della CGIL nei confronti di Segrè. Quest’ultimo, l’ho già detto, gode della simpatia dell’ambiente cattolico/solidaristico, sicché è un prezioso collettore da tenersi in alta considerazione.  
L’approccio, seppure possa apparire schizofrenico, è però articolazione di un’unica intelligenza. Sono questi, in fondo, gli “apparati” che muovono in favore di una ricercata continuità.
Grandi, pur appartenendo a pieno titolo a certa nomenklatura, non mi pare in grado di raggruppare grandi numeri, tali almeno da arrivare al ballottaggio.
Le facoltà umanistiche, pur nell’imbarazzo della scelta tra ben tre candidati, paiono decisamente orientate verso una conservazione dell’attuale establishement.
Parziale eccezione sembra incarnarla Braga, eclettico e obliquo rispetto ai “confini geoaccademici” attuali, e raccoglitore di un endorsement di tutto rispetto.
Braga, sostenuto per lo più dalla sua Facoltà (Scienze), ottiene infatti l’esplicito appoggio di un certo numero di docenti di Lettere, Scienze Politiche, Giurisprudenza e, soprattutto, di Ingegneria. Potrebbe quindi scombinare certi asset che, da quest’ultima Facoltà, sono indispensabili per garantire la continuità di Calzolari.   Il possibile “Pierino” della situazione diventa dunque oggetto di concupiscenza per certuni. Per chi…?
Sarò malizioso, ma le visite di Braga al DEIS, l’attuale “cabina di regia” di Calzolari, mi paiono indirizzate fin da ora ad una “convergenza” su Dionigi, il delfino su cui si stanno indirizzando gli sforzi ora più consistenti di Calzolari, anziché su Segrè come parevano invece in un primo tempo.
Insieme a Grandi, dunque, potrebbe configurarsi un valido “portatore d’acqua” nel momento decisivo, ovvero al ballottaggio. In conclusione, non mi stupirei se, subito dopo i primi turni di “tutti contro tutti”, dovessimo assistere ad una “convergenza” di Braga, Grandi, Segrè e Dionigi sul più votato tra loro. Sempre maliziosamente, credo che l’accordo sia già esistente.
Personalmente rimango della mia iniziale convinzione, ovvero che Dionigi sia l’espressione finanche più “dura” della continuità calzolariana, mentre Segrè ne rappresenta la versione più “dialogante”.            In ogni caso, entrambi sarebbero comunque rigidamente subordinati ad un quadro politico capace di passare – e decidere - tranquillamente sopra le loro teste.

L’opposizione all’establishement.
Se le cose stanno così, per ciò che riguarda la continuità, la possibile discontinuità vede in posizione sicuramente privilegiata Cantelli Forti. Ben inserito e conosciuto in ambito nazionale e profondo conoscitore dei meccanismi amministrativi (anche più dei nostri stessi dirigenti…) e già capace “oppositore” di Calzolari, è in grado di dialogare e lavorare allo sviluppo dell’Ateneo garantendo anche la collaborazione delle Amministrazioni di sicura fede PD.
Lo sviluppo del Polo di Rimini, di cui è presidente, grazie alla collaborazione ottenuta da parte del Comune e della Provincia di Rimini, dei principali soggetti economici e di tutte le autorità locali, parla da sé. Un tangibile esempio di idee e concretezza apprezzate da tutti, da “destra” a “sinistra”.
Il suo handicap, tuttavia, è l’isolamento in caso di apparentamenti al secondo turno.
Il fronte dell’opposizione, infatti, pur avendo molti punti in comune non riesce a fare squadra.
Barbiroli rappresenta la monotematicità dell’istanza di riscrittura di regole di trasparenza e pubblicità degli atti amministrativi. Ne condivido pienamente lo spirito e la proposizione, per ragioni di idealità ed ancor più per esperienza vissuta.
Difficile, però, che il suo canto solitario possa avere soddisfazione se vince la “conservazione”…
L’altro personaggio forte, ascrivibile al fronte dei sinceri “critici” al governo di Calzolari, Sassatelli, rilascia dichiarazioni di “contrarietà ad accordi per prorettorati ai turni successivi”. Altra bella proposizione, ma segnale che mal si concilia, purtroppo, per chi continua a sperare invece in una possibile “squadra di governo” in cui l’apporto di una persona come Sassatelli sarebbe un preziosissimo valore aggiunto.

E se…? Fantarettorato o utopia?
Sono affascinato dall’idea di un “fantarettorato” che potrebbe disegnarsi intorno a Cantelli e Sassatelli.
 Dato il contesto, mi pare questa, oggi, la più sicura espressione di indipendenza, capacità di dialogo con tutti i soggetti istituzionali e non, unita ad una collaudata capacità amministrativa.
Sono queste, in fondo, le condizioni essenziali per riacquisire l’autorevolezza necessaria per il rilancio di un Ateneo che, accanto alla gloria ed al blasone del più antico Studio mondiale, vive un declino che oggi pare inarrestabile.
Ma è proprio necessario che rimanga, appunto, un’idea “fantastica”…? Virginio Pilò.

 

ELEZIONI DEL RETTORE

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Virginio Pilo'

                                                              
                                                 Virginio Pilo'

      L’Università di Bologna, … cassa sussidiaria della Regione ?

                   Anche un profilo dei candidati, uno per uno ...:


- quelli del “partito di Calzolari" (Grandi, Dionigi, Segrè) e
- quelli del“partito di opposizione a Calzolari" (Sassateli, Cantelli).
- Eclettico (Braga)
1.- I “partiti” della docenza. Se dobbiamo indicare, per economia di ragionamento, diversi “partiti” a cui iscrivere i diversi candidati, possiamo individuare il “partito di Calzolari”  e il “partito dell’opposizione a Calzolari”.

2.- Il contesto politico e la vittoria del “partito di Calzolari”.   Il primo, va da sé, vede alla sua testa un potente alleato, il “partito della Direzione Amministrativa” attuale, che altri non è che il trait d’union con l’Ente più forte sul territorio: la Regione Emilia Romagna. Lo avrò scritto tantissime volte, ma è sempre bene ribadirlo: è il rapporto assolutamente squilibrato tra l’Università e la Regione una delle principali cause dell’attuale dissesto (e decadenza) del nostro ateneo, ad iniziare dai pasticci – più volte denunciati – consumati intorno alla Facoltà di Medicina e con spese che ancora l’ateneo si trascinerà per “eredità”. Un rapporto che “pagava” proprio la stessa elezione di Calzolari in nome di una “riconquista” del Partitone sull’istituzione più importante e numerosa in Emilia Romagna dopo la Regione, soprattutto dopo aver ricevuto la scoppola della sconfitta amministrativa del Comune di Bologna ad opera di Guazzaloca.
La precedente esperienza “imperiale” di Roversi Monaco, dopo un’iniziale collaborazione, era stata mal tollerata dall’allora PCI, poi PDS, poi…., ed occorreva un “fido” in Via Zamboni 33. Calzolari, “coadiuvato” (diretto) da una Direzione Amministrativa nota per la sua “amicizia” coi piani alti di Viale Aldo Moro, si presentava come il candidato ideale per eseguire interessi che, in realtà, poco e male si sarebbero conciliati con l’Università.  Il finanziamento di importanti opere edilizie della Sanità Regionale, non a caso, sarà infatti coperto dall’ateneo bolognese. Più volte è stato detto che Bissoni, l’Assessore Regionale alla Sanità, era il vero redattore di tante discusse e discutibili delibere presentate in CdA. L’Università di Bologna, insomma, è diventata una cassa sussidiaria della Regione. A ciò si aggiunga una lunga serie di spese per consulenze e/o “progetti” che, a seguito di puntigliose e coraggiose denunce ed atti da parte di ALCUNI Consiglieri d’Amministrazione e Senatori Accademici, sono state oggetto di ricorsi, di interrogazioni parlamentari e persino di condanne. Il profilo politico di Calzolari era, fin dal primo anno, sicuramente imbarazzante. Già si intuiva chi e cosa avesse “servito”. Il bilancio di fine mandato è divenuto poi talmente imbarazzante da indurre i suoi stessi “delfini” a cercare di marcarne le distanze.

3.- Il “partito dell’opposizione a Calzolari”.   Quanto mai eterogeneo, mi ha visto tra i suoi (ideali) aderenti. Dapprima in veste di rappresentante sindacale, poi in veste “istituzionale” di Consigliere d’Amministrazione, sono stato tra coloro che (forse tra i primi) hanno denunciato quanto qui sopra accennato. Premetto che non ho mai avuto, né ho adesso, difficoltà ad esprimere la mia identità politica: sono comunista. Con tale premessa non ho mai nemmeno incontrato difficoltà ad incontrare e confrontarmi con vari docenti che, al mio pari, pur essendo di orientamento profondamente diverso dal mio, quando non addirittura opposto, condividevano le identiche preoccupazioni sulla “tenuta istituzionale” dell’Università di Bologna  retta da siffatta dirigenza.  Le differenze di vedute sui vari argomenti, dalla contrattazione nazionale a quella integrativa, restavano evidentemente nell’assunzione dei rispettivi ruoli di rappresentanti di diversi “ceti”. Fisiologico e “salutare”, direi… Non fosse altro che una totale armonia e sintonia contrattuale tra docenti e tecnici amministrativi, più che “difficile”, la reputo “innaturale” nel contesto odierno. Tuttavia… Le differenze di impostazione “contrattuale”, spesso, svanivano allorquando si doveva discutere di utilizzo dei fondi (non indifferenti, vista l’entità…) per progetti che, come già detto, mal si conciliavano con gli interessi dell’Università. Intorno al tema del rispetto istituzionale dell’Università e della sua ragione sociale ho dunque sperimentato, non senza una certa sorpresa, una “concordanza” con persone che mai avrei ritenuto possibili “alleati”.  Eppure è successo. Non sono stato, dunque, il solo a denunciare ed opporsi a scelte operate da Calzolari & Co. Alcuni di questi, lo dico con soddisfazione, sono oggi tra i candidati a Rettore oppure lo sostengono.

4.- Tre delfini, un pesce remora, due pesci pilota. E una sorpresa dell’ultima ora.  Per quanto sia dunque comodo e conveniente oggi dire: “io mi sono opposto”, pochi lo possono realmente rivendicare. Il potere che si è costruito intorno a Calzolari, grazie anche alla regia della Direzione Amministrativa (ed anche alla connivenza di certi sindacati), ha visto e vede tuttora tra i suoi ranghi alcuni degli attuali candidati Rettore.

a) I tre delfini (Grandi, Dionigi, Segrè), in ordine decrescente di “investimento”. 
- Roberto Grandi, Il Prorettore agli Esteri è di sicuro quello di più lunga data e di più stretta osservanza, avendo “collaborato” praticamente, per tutto il mandato di Calzolari, ed avendolo avuto anche come suo testimone di nozze. La sua esperienza immediatamente precedente era stata quella di Assessore al Comune di Bologna nella Giunta Vitali, dopo esser stato “image maker” di Romano Prodi. Oggi, tra le altre, annovera la carica di Presidente dell’Associazione Collegio di Cina ed è responsabile della Comunicazione per il Partito Democratico di Bologna. E’ tra i sostenitori delle proposte di Aquis e, a parer mio, rappresenta l’anima tecnocratica dell’attuale CRUI. Una continuità oggettiva, dunque, con l’era Calzolari.
- Ivano Dionigi è stato Consigliere Comunale di Bologna, dal 1990 al 1999, sotto le insegne del PDS. Soltanto nel 1994 viene chiamato presso il nostro ateneo da Venezia, ateneo presso cui era docente. Persona sicuramente intelligente ma, unitamente a Grandi, fin troppo di “apparato” perché possa garantire all’Ateneo un’indispensabile indipendenza da certi potentati politici. Mi pare che rappresenti  il rafforzamento (!!!) della gestione Calzolari.
- Andrea Segrè, autore di libri come “Agricoltura russa e sovietica. Tragedia di un'utopia”. Libro edito dalla CUSL, ovvero Cielle, e “Albania, Balcani e dintorni, Viaggi nei paesi post-comunisti dopo la caduta del muro”.  Si può definire un cattolico solidale. E’ stato   tra i firmatari a sostegno di Walter Veltroni per la segreteria del PD.  Considerato un “enfant prodige” per i suoi progetti su un’economia sostenibile anche dal punto di vista ecologico, appare come il principale tra i delfini, proprio per la scarsa o minore compromissione col “partitone” oggi in affanno. Rappresenta la moderna “sinistra” (quella con le avvertenze di cui sopra…) che si desidera in certi ambiti: quella più che moderata e che tanto piace a Cielle.  E’ su di lui, innanzitutto, che si punta per una successione nel segno di una continuità appena un po’ più temperata.

b) Un pesce remora.
  Dario Braga ricopre attualmente la carica di Direttore dell'Istituto Studi Avanzati. Non si segnala per attività extra accademiche, e ciò è probabilmente un merito di questi tempi, ma non brilla nemmeno per alcun tipo di attività o partecipazione a discussioni sul governo dell’Ateneo. Né in passato, né sulle recenti proposte di Modifica allo Statuto di Ateneo. Più che inclassificabile, mi pare che adotti un personalissimo eclettismo espositivo per agganciarsi ad altri nel tentativo di acquisire una visibilità altrimenti difficile poiché privo di una precisa identità.

c) I due pesci pilota.
- Giuseppe Sassatelli, anche lui tra i firmatari per Veltroni segretario, è tuttavia quello più distante dalla politica dei partiti parlamentari. Sarà forse questa sua peculiarità che gli rende facile il dialogo con tutti, ad iniziare dagli studenti,  anche quelli più “arrabbiati”. Un “low profile” politico, un’autonomia di giudizio ed una sensibilità da vero umanista poco avvezza ai tecnicismi, lo rendono però “indigesto” a certa parte politica che vuole continuare a considerare l’Università di Bologna un “suo terreno di conquista”.  La sua presidenza della Facoltà di Lettere, dal segno nettamente differente del precedente Walter Tega (quest’ultimo, non a caso, grande sostenitore ed elettore di Calzolari), aveva fatto intuire a molti che “un altro rettore” sarebbe stato possibile – ed augurabile – già dalle elezioni rettorali del 2005. Purtroppo, non volle tuttavia partecipare.  Per questi motivi, se non altro, lo possiamo annoverare se non tra gli “oppositori”, sicuramente tra i “critici” di Calzolari.
- Giorgio Cantelli è comunque il candidato sicuramente più indigeribile proprio per quella parte politica. Egli si era già presentato in competizione, proprio contro Calzolari, nelle elezioni rettorali del 2000. Fu sconfitto scontando, oltre l’etichettatura di delfino “roversiano”, una sua iniziale partecipazione, in qualità di Assessore alla Sanità, alla Giunta Comunale di Bologna capitanata da Guazzaloca, ovvero colui che per la prima volta aveva distrutto la “fortezza” del “partitone”.   Un’onta che fece il giro del mondo e che gli allora DS fecero di tutto affinché fosse lavata al più presto. L’Università fu appunto uno dei primi terreni su cui consumare la rivincita. Con gli esiti che conosciamo… Seppure possa apparire un po’ troppo paludato, è pur vero che è stato proprio lui in questi anni il docente più capace, competente e tenace “oppositore” di Calzolari.  La sua indubbia competenza lo ha portato ad essere poi nominato, in qualità di Rappresentante del Governo, in Consiglio di Amministrazione. Capace di intrecciare relazioni praticamente con chiunque e con reciproca soddisfazione, si è rivelato un vero osso duro per il Rettore e la Direzione Amministrativa. La sua promessa di rinnovamento poggia, dunque, sulle credenziali più titolate.

d) E una sorpresa all'ultima ora ....
-  Giancarlo Barbiroli, all’improvviso…. Da sempre attivo, e promotore del Forum, attento sulla revisione e sulle modifiche da apportare allo Statuto di Ateneo, propone in definitiva un’unica istanza: il controllo democratico e trasparente degli organi di governo, ad iniziare dai poteri del Rettore che sarà eletto. Si inserisce a pieno titolo nel segno di “opposizione” al sistema di governo dei nove anni di Calzolari.  Quasi certamente sconterà questa apparizione estemporanea, ma la sua istanza è comunque degna di considerazione e dovrebbe essere condivisa da tutti gli aspiranti rettore.

5.- Postfazione. Sono consapevole che questi pochi elementi qui raffazzonatamene assemblati non sono certo sufficienti a formulare un giudizio compiuto e tale da indirizzare una scelta. Rappresentano soltanto, infatti, un sassolino in quello stagno di dichiarazioni e propositi che rendono tutti i candidati rettore così simili - troppo! - tra loro. Voi che leggete, almeno, potrete tenerne conto oppure no. Io, pur avendo facoltà di giudizio, e per sballato che possa apparire, non lo potrò comunque esercitare: sono solo un bidello, dunque non posso votare!  VP

 

ELEZIONI DEL RETTORE
In tema di ri-finanziamento delle università pubbliche in italia,
con risorse "non statali": il caso di Bologna

cantelli.JPG (2995 byte)Giorgio Cantelli Forti

  
   G. Cantelli Forti,  "In un momento di contrazione del finanziamento statale,
sarà necessario attivarsi per reperire risorse aggiuntive a quelle dello Stato,
e sapersi rapportare con gli enti locali e il privato"

In passato l'Ateneo si era attrezzato di strumenti al fine di reperire risorse
(la Fondazione Alma Mater, la Fondazione Alma Medicina, già AlmaGen, partecipazione
a Società di capitale quali Inrnerio SpA e 13 spin off accademici, ecc……..), ma poi ...

 Giorgio Cantelli Forti, Sulla questione del ri-finanziamento del nostro Ateneo

 1.- Il momento economicamente difficile che stiamo attraversando e che sta investendo i Paesi avanzati è sotto gli occhi di tutti e non può quindi essere ignorato. E' quindi necessario essere pronti ad anni in cui le risorse provenienti dallo Stato saranno probabilmente destinate a diminuire.
   Nell'ultimo decennio il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) ha subito un progressivo incremento: si è passati infatti dai 302 Ml di Euro nel 2000 ai 402 nel 2008 (va notato che nell'ultima assegnazione sono inclusi 15,5 Ml di Euro per la copertura dei maggiori oneri del personale e rinnovo contrattuali).
   Dal prossimo anno è annunciata una contrazione dell'FFO e pertanto sarà necessario operare con molta incisività sul fronte della razionalizzazione e riqualificazione della spesa, ma sarà indispensabile anche attivarsi per reperire risorse aggiuntive a quelle dello Stato. L'Ateneo dovrà quindi o rilanciare le iniziative già a suo tempo messe in campo per reperire risorse nel territorio, se ritenute ancora valide, oppure studiare nuove strategie alternative.

  2.- In passato l'Ateneo si era attrezzato di strumenti al fine di reperire risorse (la Fondazione Alma Mater, la Fondazione Alma Medicina, già AlmaGen, partecipazione a Società di capitale quali Inrnerio SpA e 13 spin off accademici, ecc……..), ma non mi è stato possibile sapere, anche in qualità di Rappresentante del Governo in CdA, se abbiano o meno raggiunto l'obiettivo.
  La Fondazione Alma Mater non mi risulta sia mai stata fonte di risorse per l'Ateneo, anzi.
   Inoltre i contratti di ricerca per conto terzi subiscono un prelievo del 20% a favore dell'Amministrazione e ciò non incoraggia certo i finanziatori esterni, che tra l'altro non sempre ricevono un consuntivo analitico del finanziamento erogato.
   Anche delle Società Spin Off non sono noti i risultati: se ci sono delle perdite chi dovrà coprirle?
   Per rapportarsi col mondo esterno e chiederne il sostegno economico è fondamentale che certe realtà, ad oggi sfuggite a qualsiasi controllo, vengano riportate sotto il controllo dell'Ateneo.
    Prioritariamente è necessario mettere ordine nei conti propri e in quelli delle collegate/controllate (i bilanci delle quali non è dato conoscere, sebbene ripetutamente richiesti), presentare un bilancio consolidato preventivo e anche, più importante, quello consuntivo, presentare un bilancio sociale per dare la misura di quanto l'azione dell'Ateneo sia stata efficiente ed efficace
  .
  3.- E' necessario quindi rivedere tutto il sistema messo in campo per reperire risorse esterne, contestualizzarlo ed eventualmente attivare nuovi canali per raggiungere l'obiettivo con strumenti idonei o rendere tali gli esistenti. Occorre mettere in campo una vera e propria campagna di acquisizione di risorse esterne aggiuntive, ma è fondamentale che vi sia una costante ed autorevole presenza dell'Ateneo in tutte le Sedi locali dove vengono destinati i vari investimenti. 
  L'Ateneo deve partecipare con autorevolezza al tavolo insieme alle Istituzioni pubbliche locali e rapportarsi con il Privato (Fondazioni di varia origine, Associazioni di categoria, Associazioni sindacali,……) al fine di poter aprire trattative per essere presente attivamente nei piani di sviluppo sia a livello locale che regionale.

 


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Bologna: Iscrizioni studentesche ancora in calo

Il Rettore e il ProRettore per gli studenti  hanno illustrato , prima  (4 dic. 2008),
dei risultati statistici positivi, e poi (9 dicembre 2008) hanno rettificato che c'era
stato un errore, per colpa di un non meglio precisato "bug dell'applicativo",
che avrebbe indotto "l'Ateneo a dare i numeri" (parole del Carlino del 17.12.08)


Protesta di Giorgio Cantelli Forti, candidato Rettore,
ripresa dal Carlino Bologna:
"SI DIMETTA"

   Nota. Qui sono riportate le due conferenze stampa, tenute dal Rettore P.U. Calzolari e dalla Pro-Rettore agli studenti, Paola Monari, per presentare l'evento positivo (presunto) e  quello negativo. I relativi testi li ho ripresi tra due fonti, tra quante ho ritenuto più rispecchianti quanto realmente accaduto nelle due conferenze.
  Qui a destra,  sono riportati i dati statistici delle iscrizioni di Bologna, dal 2001 al 2008, ripresi dal MIUR, Ufficio Statistica.
  Ha destato qualche curiostà l'enfasi positiva su entrambi gli eventi, di segno opposto pur se, per quello "negativo", una interpretazione autentica dei dati statistici sarebbe potuta (molto più semplicemente) venire da una indagine casuale (non dico campionaria) presso gli studenti passati ad altri Atenei, per conoscere da loro direttamente il motivo dell'abbandono. N. Luciani

Numero studenti. Fonte MIUR
Anno

Bologna

Italia

2001/02 102.311 1.707.121
2002/03 102.321 --
2003/04 101.951 --
2004/05 99.173 --
2005/06 96.323 --
2006/07 91.888 1.780.743
2007/08 87.982 1.808.665

Dalla conferenza stampa del 4 dic. 2008. Testo ripreso da
Unibo Magazine, Luigi Valeri)

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Un regalo per P.Monari

   Sono 20.870 gli immatricolati all’Università di Bologna al 28 novembre; 1.364 in più rispetto alla stessa data e comunque sopra il dato definitivo del 2007: un balzo del +7 per cento. E’ la prima volta da tre anni che le immatricolazioni all’ateneo registrano un incremento: l’anno passato la flessione era stata del -6,8%. Per iscriversi c’è ancora tempo fino al 31 dicembre.  

Che stavolta tirasse un’aria diversa si era cominciato a sospettarlo già al primo rilevamento di fine settembre (-2,9%); il recupero di 20 giorni fa (-1,1%) aveva iniziato a far sperare i più ottimisti; la svolta è infine arrivata con le ultime settimane di novembre.  

"L’incremento – spiega il rettore Pier Ugo Calzolari - può essere dovuto alle lauree magistrali (quelle post-laurea triennale) e se così fosse sarebbe la conferma del successo della strategia formativa dell’ateneo. Noi puntiamo sulle lauree magistrali: sono quelle che attraggono i giovani più preparati, motivati e brillanti".  

"Per esserne sicuri però e capire la vera natura della crescita – precisa il prorettore agli studenti Paola Monari – bisognerà attendere dati definitivi, elaborazioni e andamento nazionale, anche se non ci aspettiamo che il risultato di fine anno possa scostarsi molto dall’attuale".  

Il boom delle matricole trascina verso l’alto quasi tutte le Facoltà, con poche eccezioni. Conservazione dei beni culturali conferma il suo primato (+51,3%), così come Economia a Forlì (+41%), che insieme alla sede di Rimini (+20%), compensano e superano di 255 nuovi arrivati la riduzione più contenuta del previsto di Economia a Bologna (-5,4%). Tra le altre Facoltà in crescita consistente ritroviamo Scienze statistiche (+19,0%) e Psicologia (+17,2%) in testa all’ultima classifica Censis tra le omologhe italiane. Buon risultato anche ad Ingegneria, che sorprende a Bologna (+11,2%), incassando un saldo positivo di 226 studenti nonostante la lieve flessione di Cesena (-2,5%). Grande rimonta di Scienze motorie (+15,5%), partita col segno meno a fine settembre, e si attenua la diminuzione di Veterinaria (-6,8%) interamente imputabile all’abbassamento da parte del ministero del numero programmato, comunque avviato a saturazione.  

Tra le big sopra i 1000 immatricolati, oltre alla crescita di Economia e Ingegneria, tengono Giurisprudenza (+0,7%) e Lettere (-0,7%), mentre salgono Scienze (+8,5%), Scienze della formazione (+3,0%) e Medicina (+14,3%).  

Tutti col segno più i campus in regione: Bologna cresce, per la prima volta dall’apertura delle iscrizioni, del +4,7% con 14.941 matricole; Cesena del +4,6% (1.267 matricole), Forlì del +18,2% (2.057), Ravenna del +29% (947), Rimini del +7% (1.658)."

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   Dalla conferenza stampa del 9.12.08
   Testo ripreso da Corriere di Bologa,
    Marina Amaduzzi, stralcio parte
    pertinente)

   L'Alma Mater continua a perdere matricole, seppure con una frenata rispetto all'anno scorso. Al 30 settembre le nuove iscrizioni alle lauree triennali e a cielo unico (eccetto Economia che le chiude il 10 ottobre ed Ingegneria il 31 ottobre) registrano un -2,9% (10.275 matricole, contro le 10.590 del 2007).
   In discesa la sede centrale (-4,1%), il polo di Rimini (-11,2%) e quello di Cesena (-1,5%), mentre sono in aumento Ravenna (+20,8%) e Forlì (+1,l%). "Non sono dati definitivi", mettono in guardia il rettore Pier Ugo Calzolari e il pro-rettore agli studenti Paola Monari, "le prenotazioni degli studenti sono in media il 4,5% in più rispetto a quelli che hanno già pagato la rata, le famiglie aspettano l'ultimissimo giorno, è l'effetto della crisi".
   Al di là della girandola di numeri, elaborati in ritardo e tra varie "difficoltà tecniche" da via Zamboni (per esempio le immatricolazioni dell'anno scorso erano 13.397 un anno fa, in calo del 5,8% rispetto al 2006, e non quasi tremila in meno come è stato detto ieri), l'Alma Mater continua a perdere iscritti, un fenomeno nato almeno tre-quattro anni fa e che tuttavia non allarma i vertici. "Non fosse per le ragioni finanziarie - dice il rettore - non saremmo preoccupati dal calo degli studenti, che sono eccessivi rispetto al corpo docente, un rapporto che ci penalizza nelle classifiche nazionali e internazionali". "È bene che si riducano gli studenti", conferma Monari, "Bologna si qualifica con la ricerca e con le lauree specialistiche e magistrali i cui iscritti raddoppiano ogni anno", precisa Calzolari.
    Consola la ridistribuzione delle matricole in Romagna, "più attrattiva di Bologna - riconosce il rettore -, con servizi più qualificati, grazie ai forti interventi delle amministrazioni e degli enti privati locali". Le famiglie iscrivono i figli vicino a casa, possibilmente in città meno care della nostra, dove uno studente spende in media 1.050 euro al mese come dimostrò una ricerca presentata qualche mese fa. Ciò nonostante l'Alma Mater mantiene la quota più alta di fuori sede (48,7%) tra tutte le università italiane.

Tra le facoltà che vanno a gonfie vele spicca Psicologia (+21% di immatricolati), facoltà in testa alle classifiche del Censis da un paio d'anni, e Conservazione dei beni culturali a Ravenna (+37,2%), "beneficiata probabilmente da attività di ricerca internazionale". Tra quelle in perdita ci sono Scienze motorie (-40%) e Veterinaria ( -34,6%), il cui dato è condizionato dalla riduzione da parte del ministero del numero programmato e dai ritardi nei pagamenti. Scienze della Formazione (-13,7%) sconta invece la cancellazione a livello nazionale della laurea in Scienze della formazione primaria. Lettere e filosofia con 1.716 iscritti è la facoltà al top per numero di iscritti, ma anch'essa in calo (-9,4%), "soprattutto nei corsi tipo il Dams - precisa Monari - mentre vanno bene le lettere classiche".
   II calo di Veterinaria infine "si spiega con il ritardo dei pagamenti, perché la graduatoria era tutta coperta dopo il test d'ingresso". Seppure desiderato, il calo di matricole in città avrà delle ripercussioni nel medio periodo, ma "non incide né sulle tasse studentesche, che non sono mai legate al numero di iscritti", come assicura Monari, "né sul piano degli interventi edilizi - dice Calzolari -, le esigenze di spazi restano immutate, questi cali sono irrisori, semmai abbiamo stabilito delle priorità, Farmacia e biotecnologia al Navile, un investimento da circa 100 milioni di euro, e Scienze motorie al Terrapieno".

 

ATENEO DI BOLOGNA: in corso, dall'8 luglio u.s. e da concludere il 31 ott, l'Assemblea Congiunta del CdA e del Senato per la modifica dello Statuto Generale di Ateneo.
Ordine del giorno del Consiglio Comunale di Bologna  a  favore degli studenti

La scelta di fondo ancora aperta: DEMOCRAZIA o CENTRALISMO DEMOCRATICO ?

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Gianni Porzi,
Membro del Senato

    
  
   

                Gianni PORZI
, SUL PROGETTO DI REVISIONE DELLO STATUTO
                ALL'O.D.G. dell'ASSEMBLEA CONGIUNTA DEL CDA E DEL SENATO


   

   NOTA. La discussione per la modifica di statuto ha avuto 5 riunioni, finora. Gli argomenti trattati hanno riguardato aspetti generali e, ultimamente, le funzioni degli organi. Le decisioni sono state in parte unanimi,  e in parte a maggioranza, con opposizioni non trascurabili.
   Qui sotto è riportato la esposizione critica riassuntiva di un Membro della Assemblea Congiunta, con rilievi sull'accentuazione verticistica e centralistica del potere rettorale, rispetto allo Statuto vigente. Se posso dire, la modalità per cui un organo di vertice nomina tutti gli altri, a cascata, è il "centralismo democratico dell'Unione Sovietica. Al contrario, una "governance"  democratica è fondata sulla separazione dei poteri, come delineato da Montesquieu nell'opera "De l'esprit des lois" (Lo spirito delle leggi), e dunque si richiede l'autonomia degli organi, e il loro armonico reciproco contrappeso, a tutela delle libertà.
   E' interessante al riguardo, l'emendamento preannunciato (vedi documento per l' Assemblea Congiunta del 25.VII.08) dal Preside Sassatelli, candidato Rettore, che, quale "meccanismo compensativo" dell'eccesso di potere che andrebbe al Rettore, propone "un meccanismo di sfiducia", per cui "il Rettore possa subire in qualsiasi momento un controllo del suo operato, da parte degli Organi di governo."
   Tuttavia (se posso dire) la vera battaglia per la democrazia si fonda sulla autonomia degli Organi rispetto all'Esecutivo (mi riporto a "l'esprit des lois") e dando a loro un Presidente diverso dalla persona del Rettore (anche se proposto da lui). Così è nel Consiglio Comunale, alla Camera, al Senato. L'ostacolo maggiore alla loro autonomia viene oggi dalla norma per la loro elezione, perchè polverizza la rappresentanza ("un" eletto per "ogni corporazione ammessa") e che sbilancia il potere degli Organi, verso l'Esecutivo e l' Amministrazione. Dunque, va proposta una norma che aggreghi le corporazioni, in base a qualche somiglianza. E' la stessa problematica della legge elettorale nazionale, degli scorsi mesi, per i parlamentari. NL


    
         ll nuovo Statuto non riguarda le elezioni
per il triennio 2008/2009-2010/2011,
   indette per il 23 ott. 2008, per il rinnovo del CdA e del Senato, ma solo la elezione
  del prossimo   rettore, nel 2009.
       

    Tra i membri  uscenti e   ri-candidati per il Consiglio di Amministrazione:
                              
                    -   l'ottima ANTONELLA ZAGO.

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Antonella Zago

                  
 

                    -   la prof. LILLA MARIA CRISAFULLI
                       nota in tutta Italia per la sua grande battaglia, su "Il Sole 24 ORE" a

                       difesa della dignità dei professori, e che raccolse 161 firme.

crisafulli1.jpeg.jpg (3139 byte)Lilla Maria Crisafulli

 
Gianni Porzi.  La proposta del nuovo Statuto appare centralistica e verticistica poiché conferisce al Rettore un potere eccessivo,  come risulta evidente dai punti seguenti :
- la Giunta, sulla quale è concentrato l’effettivo potere, è sostanzialmente di nomina Rettorale essendo composta dai pro-Rettori designati dal S.A., ma su “proposta” del Rettore;
- il CdA, oltre al Vicario e al Dir. Amministrativo, è costituito da 8 membri nominati dal S.A., ma su una “rosa di nomi proposta” dal Rettore, e da altri 4 membri esterni anch’essi nominati dal S.A.
- il Rettore presiede tutti e tre gli Organi (Senato, CdA e Giunta)
- il Rettore nomina anche i Presidenti del Consiglio di Polo.
Al Rettore verrebbe pertanto attribuito un potere quasi “assoluto”, cioè di gran lunga maggiore di quello previsto dall’attuale Statuto. Purtroppo, un tale sistema di governance, secondo me, assomiglierebbe al tristemente noto “centralismo democratico” o “democrazia guidata” oppure, per essere più attuali, si potrebbe parlare di “deriva autoritaria”. Un tale sistema sarebbe accettabile, obtorto collo a mio parere, solo se il Rettore fosse “illuminato”, come auspicato dal Prof. Capano in un suo articolo sul Corriere della Sera; ma chi ci garantisce che sia e rimanga “illuminato”? E se ciò non dovesse accadere?
A mio avviso, per realizzare una maggiore efficienza ed efficacia nel governo dell’Ateneo non era necessaria una rivoluzione copernicana dell’attuale Statuto per il quale sarebbero state sufficienti alcune modifiche, ma, piuttosto sarebbe stata molto importante una profonda revisione dei Regolamenti. D’altra parte lo stesso Magnifico Rettore fino ad alcuni mesi fa in più di un’occasione affermava che un nuovo Statuto non sarebbe stata la “panacea”. Ora, invece, sembra che il nuovo assetto previsto dalla bozza Canestrari risolverebbe quasi tutti i problemi della governance.

Io ne dubito fortemente, anzi, ritengo che si determinerà una più forte frattura fra tutta la comunità accademica e i vertici decisionali, con conseguenze molto negative. Sono d’accordo con il pro-Rettore Gambetta quando afferma che “molti dei difetti attuali non sono certo responsabilità dello Statuto, ma del nostro comportamento consolidato. Cambiamo lo Statuto, ma


COMUNE DI BOLOGNA
Consiglio Comunale

 Ordine del giorno: "Composizione CDA Ateneo e e rappresentanti degli studenti", approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale con 25 voti favorevoli, nessun contrario e nessuno astenuto.

NOTA della Redazione. Per gli studenti la rappresentanza è nel Consiglio Studentesco, organo consultivo di rango statutario pari a quello del CDA.

    Premesso che il Senato Accademico e il Consiglio d’Amministrazione dell’Università di Bologna hanno approvato le linee guida per la riforma dello Statuto generale d’Ateneo che prevedono una nuova composizione del suddetto C.d.A..
   Il nuovo testo, che a breve si andrà ad approvare, richiederà criteri di competenza e non più di rappresentatività e questo comporterà l’esclusione dei rappresentanti degli studenti in seno al Consiglio di amministrazione.
   Fino ad oggi gli studenti in tale Organo davano voce a 80.000 utenti, avevano la possibilità di incidere sulla contribuzione studentesca e potevano, grazie ad azioni positive, indicare le priorità e le necessità degli studenti che sceglievano Bologna come sede dei propri studi.
   Valutato che il Consiglio comunale ha sempre guardato con attenzione le problematiche che interessano gli studenti universitari, concentrandosi in particolare su bisogni e richieste provenienti da quel mondo.

                          Il Consiglio comunale:

  incoraggia sempre la rappresentanza come sinonimo di una cittadinanza attiva, consapevole e responsabile, e non può escludere una categoria come gli studenti che alla nostra città ha dato e continua a dare molto sotto tutti i profili;
  valuta negativamente l’intendimento di escludere dal Consiglio di amministrazione, organo deputato a discutere e decidere anche in materia di contribuzione studentesca, i Rappresentanti degli studenti, considerando il ruolo fondamentale che essi hanno per l’Università degli studi di Bologna e per la nostra città.

  Presentatori dell'OdG: Valentina Castaldini , P. Foschini, D.Carella, L.Tomassini, G.Bignami e F.Critelli

chi cambierà la testa delle persone?” Secondo il prof. Gambetta “bisogna fare molta attenzione all’equilibrio dei poteri” ed aggiunge che “quando si cercano maggiore efficienza ed efficacia c’è la strada verso la concentrazione dei poteri, ma anche quella del decentramento e del principio di sussidiarietà”.
  La Commissione Canestrari ha scelto la “concentrazione dei poteri”, scelta condivisa anche dal Magnifico Rettore, nonostante in più di un’occasione avesse osservato che l’attuale Statuto dava molto potere al Rettore. Potere che ora verrebbe notevolmente aumentato in nome di una presunta maggiore efficienza ed efficacia nel governo dell’Ateneo, senza peraltro prevedere alcun contrappeso. Tale eccesso di potere andrebbe, a mio parere, decisamente attenuato, cosa però non facile avendo, la bozza proposta, una struttura ben poco flessibile. Un controbilanciamento potrebbe esser rappresentato dall’introduzione dell’istituto della sfiducia da parte però di un Organo “eletto” (come avviene nelle democrazie rappresentative) e non nominato, perché in tal caso sarebbe più formale che sostanziale.

Elezione e mandato del Rettore
Non condivido il metodo proposto per l’elezione del Rettore (cioè in un turno unico col sistema del voto supplementare) perché non consentirebbe, come da più parti sostenuto, di convergere verso una scelta largamente condivisa. Il vincitore potrebbe essere poco rappresentativo della volontà dell’elettorato, a causa anche di una seconda preferenza espressa probabilmente con una certa casualità. Riterrei invece nettamente preferibile un’elezione come quella del Sindaco (largamente collaudata e condivisa) con l’eventuale ballottaggio tra i due Candidati più votati dopo una settimana dal primo turno. In linea di principio non sono contrario a possibili accordi fra Candidati nell’arco di tempo tra il primo ed il secondo turno, purché non siano solo elettorali, ma avvengano sulla base di una consistente condivisione del programma.
La durata del mandato sia del Rettore che dei membri degli OO.AA. dovrebbe essere uguale (a mio avviso un triennio rinnovabile una sola volta) e si dovrebbe poter realizzare il rinnovo contestuale del maggior numero possibile delle cariche accademiche (eccezion fatta per Presidi e Direttori le cui cariche potrebbero essere sfasate).

Senato Accademico
Organo al quale verrebbe attribuita la funzione di programmare e vigilare (come? e con quali strumenti? e quali sarebbero le eventuali “sanzioni”?) sugli indirizzi generali per quanto concerne la didattica e la ricerca scientifica. Attenzione però, perché spetterebbe al CdA stabilire i criteri per la distribuzione del personale docente e ricercatore, per l’attivazione dei corsi di studio e per la ripartizione dei finanziamenti per la ricerca. Il S.A. elaborerebbe quindi la programmazione strategica e il CdA avrebbe però la funzione di fissare i criteri per la distribuzione delle risorse ed anche per l’attivazione di corsi di studio.
Così come concepito, il S.A. sarebbe un Organo privato di poteri perché trasferiti alla Giunta.
A mio avviso il S.A. dovrebbe essere composto da tutti i Presidi (e non da una rappresentanza di 12, come previsto nella bozza) e da un pari numero di Direttori “eletti”.
Non condivido inoltre che le eventuali modifiche di Statuto possano essere deliberate dal solo S.A., sarebbe invece auspicabile un “S.A. allargato” a tutti i Direttori che dovrebbe tuttavia sentire le varie componenti dell’Ateneo attraverso Facoltà e/o Dipartimenti.

Consiglio di Amministrazione
Organo responsabile della programmazione amministrativa, finanziaria e patrimoniale che trasforma i piani di sviluppo, elaborati dal S.A., in piani finanziari verificandone la compatibilità finanziaria e che dovrebbe “essere formato ed operare in conformità al criterio di competenza”.
La nomina dei membri del CdA verrebbe fatta dal S.A., cosa che non condivido perché tali nomine sarebbero “fortemente condizionate” dal Rettore.
Ho forti perplessità anche sulla composizione del CdA, che, sostanzialmente, risulterebbe in mano al Rettore : infatti, 8 membri non sarebbero eletti, ma nominati dal S.A. e anche sulla nomina dei 4 membri esterni il Rettore potrebbe esercitare un notevole condizionamento.
Non mi sembra accettabile che il CdA debba essere costituito da sole “persone qualificate e competenti nel campo dell’amministrazione” (*) (quindi accesso possibile solo a giuristi ed economisti?) perché in CdA si trattano anche questioni di “politica universitaria” (ad esempio, criteri per la ripartizione del Personale docente e T.A., per l’attivazione di corsi di studio, per la ripartizione di finanziamenti per la ricerca) e non solo di tipo strettamente economico/finanziarie. La dicotomia rappresentanza-competenza potrebbe essere risolta mantenendo il principio della rappresentanza nel CdA (membri eletti fra Personale docente e T.A. e studenti) ed istituendo una Commissione bilancio di soli competenti in materia scelti dal pro-Rettore al bilancio, programmazione e finanziamenti, pro-Rettore che a sua volta dovrebbe far parte di diritto del CdA.
Per quanto concerne i “membri esterni” riterrei doveroso riservare un seggio al rappresentante del Governo, come peraltro previsto dallo Statuto vigente (essendo l’Università pubblica e lo Stato il maggior finanziatore) e almeno 2 seggi ai finanziatori esterni più importanti o a loro rappresentanti.
Per quanto concerne la composizione del CdA, oltre al pro-Rettore vicario e ai 6 pro-Rettori (al decentramento, alla ricerca e relazioni internazionali, alla didattica e formazione, al bilancio- programmazione-finanziamenti, all’edilizia e infrastrutture, nonché per gli studenti e al diritto allo studio), sarebbe auspicabile anche un pro-Rettore alla programmazione, organizzazione, gestione amministrativa e del personale T.A. che operi in sintonia con il Direttore Amministrativo.
Come già detto, il CdA verrebbe ad avere un certo potere di indirizzo sulla didattica in quanto fra le varie funzioni vi sarebbe anche quella di stabilire i criteri per la distribuzione del personale docente e ricercatore nonché per l’attivazione dei corsi di studio, mentre i criteri per la programmazione didattica spetterebbero invece al S.A. Potrebbe sembrare una sovrapposizione di funzioni dei due Organi, ma in realtà così non è perché il S.A. elaborerebbe la programmazione didattica, ma il CdA deciderebbe, in base alle disponibilità economiche, sulla distribuzione del personale docente e ricercatore nonché sull’attivazione dei corsi di studio. Cioè l’inverso di quanto accade attualmente. Comunque, la decisione ultima spetterebbe solo alla Giunta.

Giunta
La bozza di Statuto prevede che sia l’Organo esecutivo al quale spetterebbero tutte le competenze.
Il “concorso alla nomina” dei membri della Giunta, cioè dei pro-Rettori, da parte del S.A. è una foglia di fico perchè nella realtà tali nomine sarebbero largamente “gestite” dal Rettore.
In particolare, alla Giunta spetterebbe non solo la ripartizione delle risorse finanziarie relative al personale docente, ma anche l’attivazione dei Corsi di studio sulla base della programmazione didattica elaborata dal S.A. e dei criteri stabiliti dal CdA (criteri che potrebbero però anche essere in parte disattesi e in tal caso, cosa accadrebbe? Verrebbe estratto il cartellino giallo?).
Pertanto, appare evidente che essendo la Giunta l’Organo esecutivo, al quale spetterebbero tutte le competenze, S.A. e CdA non avrebbero alcun potere effettivo, ma solo funzioni di indirizzo (possono cioè deliberare criteri, indirizzi ed esprimere liberamente pareri, ma non vincolanti).
Alla Giunta, e non al CdA, spetterebbe anche la nomina dei Dirigenti.
Risulta evidente che nella Giunta verrebbe concentrato il potere, sicuramente molto di più di quello previsto dal vigente Statuto.

La questione “Romagna”
Sul tema “scottante”, quanto complesso, della Romagna, nella Congiunta del 26 settembre, si è sviluppato un dibattito piuttosto “vivace” originato da una proposta del prof. Gambetta (pro-Rettore per le sedi decentrate) e fortemente sostenuta dal Dr. Mingozzi (Rappresentante degli Enti locali delle sedi decentrate) e dal Dr. Chicchi (Rappresentante degli Enti convenzionati con l’Ateneo per il funzionamento delle sedi decentrate). La richiesta consisteva nel dare maggior peso alle sedi decentrate nella governance dell’Ateneo prevedendo nello Statuto che la Giunta fosse espressione della struttura multicampus dell’Ateneo (cioè una presenza dei Poli romagnoli nella Giunta). La richiesta non è stata recepita dalla Congiunta che ha ribadito la natura policentrica dell’Ateneo inserendo come premessa nella bozza di Statuto la frase “Per quanto concerne il funzionamento e la composizione degli OO.AA. si dovrà tener conto della struttura policentrica dell'Ateneo”, garanzia che non è stata però ritenuta sufficiente dai due rappresentanti degli Enti locali romagnoli.
Interessante e condivisibile, a mio avviso, è stato l’intervento del Prof. Giorgio Cantelli Forti che ha illustrato la sua visione del sistema multicampus. Secondo il Prof. Cantelli ogni Polo dovrebbe avere una sua autonomia di gestione tramite proprie Facoltà e Dipartimenti indirizzati su una precisa “missione didattico-scientifica” basata su un obiettivo strategico e caratterizzante, al fine di evitare inutili doppioni dannosi per l’Ateneo sia sul piano economico che delle immatricolazioni.
Il Prof. Cantelli sostiene che le iniziative nelle sedi romagnole dovrebbero poter contare sulla capacità di autogoverno gestionale al fine di drenare maggiori risorse dal territorio, potendo dare in prima persona garanzie ai finanziatori locali. Una tale visione costituirebbe inoltre un ostacolo per chi invece pensa ad un’autonomia “politica” della Romagna che porterebbe inesorabilmente alla divisione in due Atenei.
                                                                               Gianni Porzi

(*) A proposito della necessità da più parti invocata, Magnifico Rettore incluso, della presenza nel CdA di “persone qualificate e competenti nel campo dell’amministrazione”, può essere utile ricordare quanto accaduto recentemente, cioè in un periodo di  notevoli difficoltà finanziarie per l’Ateneo, come, da oltre due anni, ci ricorda spesso il Magnifico Rettore.

   Nell’aprile 2008 il CdA deliberò a maggioranza l’attivazione di ben 22 contratti biennali, per una spesa di oltre 1.500.000 Euro, per “esigenze del portale d’Ateneo”. La pratica fu presentata e sostenuta dal Direttore Amministrativo (persona per definizione qualificata e competente nel campo dell’amministrazione) e i pochi contrari (tra i quali non mi risulta vi fosse il Magnifico Rettore) appartenevano alla categoria delle così dette “persone non qualificate e non competenti” (tralascio volutamente i nomi).
   E fin qui non vi sarebbe nulla da eccepire se non tenessimo però presente che il Personale T.A. che presidia lo sviluppo e la gestione dei servizi informatici dell’Ateneo conta complessivamente 75 unità così distribuite : 52 nel Centro Servizi Informatici d’Ateneo (CeSIA) che si occupano dello sviluppo e della gestione dei servizi informativi, della sicurezza e della rete d’Ateneo, 15 nella Direzione Sviluppo Attività Web (DSAW) che si occupano dello sviluppo e della gestione dei siti e dei server web e 7 presso l’Ufficio Dirigenziale Progetto Sistema Informatico d’Ateneo (SIA) che si occupa dell’analisi e della progettazione dei sistemi informativi.
   Ergo, è poi così importante essere persone qualificate e competenti nel campo dell’amministrazione? Oppure, come afferma il prof. Gambetta, molti difetti attuali non sono imputabili allo Statuto, ma al nostro “comportamento?” Comportamento che, io aggiungerei, non sempre é in stretta relazione con la competenza specifica, competenza che se viene richiesta ai membri del CdA dovrebbe essere pretesa anche per i Direttori e a maggior ragione per il Rettore

 

ATENEO DI BOLOGNA: LA COMMISSIONE CANESTRARI  HA TERMINATO I LAVORI
Convocata dal Rettore, per l' 8 luglio p.m. , l'assemblea "congiunta" di CdA e Senato

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Pubblichiamo il testo della Commissione (peraltro già sulla stampa), seguendo la prassi parlamentare, molto seria, che pubblica in originale i disegni di legge prima della loro calendarizzazione per la
discussione in parlamento, perchè i cittadini liberi e uguali possano fare proposte migliorative

 

Relazione della Commissione tecnica per la revisione
dello Statuto generale d’Ateneo

Proposizioni normative

Premesse e principi

· Lo Statuto generale di Ateneo determina l’ordinamento autonomo dell’Università degli Studi di Bologna al fine dell’autodeterminazione e dell’autogoverno del corpo accademico.
· Gli organi di vertice dell’Ateneo non sono espressione né diretta né indiretta di rappresentanza politica. I professori, i ricercatori, il personale tecnico-amministrativo e gli studenti concorrono al funzionamento dell’Ateneo ed al raggiungimento delle finalità in vista delle quali l’Università è stata istituita ed opera. Il personale tecnico-amministrativo svolge le funzioni gestionali per tutti i profili tecnici ed amministrativi riguardanti l’azione dell’Ateneo.
· L’Ateneo promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
· L’amministrazione e l’organizzazione dell’Ateneo garantiscono ed attuano i principi di non aggravamento e non duplicazione delle procedure e delle competenze
· Qualora, in forza di determinazioni e deliberazioni dell’Ateneo e delle relative strutture, ai professori, ai ricercatori, al personale tecnico-amministrativo ed agli studenti vengano richiesti adempimenti, per il relativo riscontro deve essere previsto un tempo ragionevole e modalità proporzionate.
· Nella ripartizione delle risorse, l’Ateneo rende preventivamente e tempestivamente noti i requisiti ed i criteri per l’attribuzione e l’eventuale selezione tra una pluralità di aspiranti e mantiene fermi tali requisiti e criteri per il tempo necessario alla messa in opera delle azioni e misure che costituiscono la finalità dell’attribuzione delle predette risorse.
· La richiesta e l’attuazione di processi di riorganizzazione nei metodi, nelle procedure e nelle strutture, così come i


No al Centralismo democratico
nella millenaria Alma Mater

  Ad una prima lettura, il testo sembra recepire la proposta del Grupppo dei 30, di nominare una Giunta dei Pro-Rettori analoga alla Giunta Comunale.
   Ma, poi, guardando dentro, scaturisce un progetto involutivo, perfino rispetto allo Statuto vigente.
   L'Università non è un ente strumentale organizzato secondo il principio di gerarchia; il rettore non è organo di vertice, ma un primus inter pares; gli organi non possono essere nominati "a cascata" (il senato nomina il CdA; il Rettore nomina i prorettori che per statuto vanno far parte di diritto della Giunta; il rettore nomina il presidente del Polo romagnolo), ecc.
    Non può essere introdotto il centralismo democratico laddove deve regnare la vera democrazia
   Neppure si può confondere il governare con l'amministrare, come invece ivi si fa.

  Ci sono, poi, anche illegittimità ovvie. Il CdA, ivi fatto nominare dal Senato, potrebbe anche essere migliore dell'attuale, ma la legge lo vuole a elezione diretta. Infatti, in difformità a quanto generalmente ritenuto, la legge n. 56/2002 ha disposto per la libera composizione di entrambi (ossia non sono più obbligatorie le categorie), però non ha innovato circa la elezione diretta. Infatti, l'art. 4, c. 2, recita solo: "Gli statuti delle Università disciplinano l'elettorato attivo per le cariche accademiche e la composizione degli organi collegiali".
    Criticabile, poi, sotto il profilo dell'ingegneria costituzionale, anche la mancata uniformazione della durata in carica del Rettore (oggi 4 anni) a quella del CdA e del Senato (confermata a 3 anni, solo per questi)
.  NL

meccanismi di valutazione, sono vincolati al non aggravamento dei costi nonché degli impegni temporali del personale docente e tecnico-amministrativo al fine della buona amministrazione e dell’efficienza delle azioni dell’Ateneo.

I. - L’Ateneo policentrico
·
L’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna è un ateneo policentrico che si articola su cinque sedi: Bologna , Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini.

II . Sull’elettorato attivo per l'elezione del Rettore
· L' elettorato attivo per l'elezione del Rettore spetta:
a) ai professori di ruolo e fuori ruolo;
b) ai ricercatori; (*)
c) al personale tecnico-amministrativo. I voti espressi saranno calcolati nella misura del 10% dei voti validi; (*)
d) ai rappresentanti degli studenti negli organi di Ateneo.

(*) per approfondimenti si rinvia al documento n. 6 allegato ("Partecipazione del personale tecnico-amministrativo all’elezione del Rettore") ed al documento n. 7 allegato ("Partecipazione dei ricercatori all’elezione del Rettore").

III . Sulla votazione per l'elezione del Rettore
·
Le candidature per l’elezione del Rettore debbono essere formalizzate entro il trentesimo giorno anteriore alla data stabilita per la votazione.
· L’elezione del Rettore si svolge in un turno unico mediante il sistema del voto supplementare, con le seguenti modalità:
a) ciascun elettore esprime due preferenze in un tassativo ordine di priorità;
b) risulta eletto il candidato che abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, sommando le prime preferenze espresse;
c) qualora nessuno dei candidati abbia raggiunto la suddetta maggioranza assoluta, si procede al computo dei voti espressi secondo un sistema di calcolo del voto supplementare.

Proposta "a" per il computo dei voti
(voto supplementare rettificato con applicazione a scalare)

Proposta "b" per il computo dei voti
(voto supplementare standard)


·
Si procede al computo dei voti espressi secondo un sistema rettificato di calcolo del voto supplementare, con applicazione a scalare.
· Ai fini di cui sopra, si formula la graduatoria preliminare dei candidati secondo l'ordine del totale delle prime preferenze da ciascuno di essi ottenute. Quindi si procede, nei confronti dei candidati ricompresi nella graduatoria, all'attribuzione delle seconde preferenze risultanti dalle schede elettorali del candidato che ha ottenuto il minor numero di prime preferenze, il quale viene contestualmente escluso dalla procedura a scalare di computo dei voti.
· Qualora nessuno dei candidati abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, si procede progressivamente con la formulazione di nuove graduatorie a scalare e con attribuzione delle seconde preferenze risultanti dalle schede elettorali dei candidati che si trovano all'ultimo posto delle graduatorie successivamente formulate, i quali, graduatoria per graduatoria, vengono di volta in volta esclusi dalla procedura a scalare di computo dei voti.
· Si procede alla formazione progressiva delle graduatorie a scalare secondo il meccanismo di cui sopra, fino a che uno dei candidati non abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. In caso contrario si proseguirà, nella formazione progressiva della graduatoria, fino a che rimangano in competizione, per il computo dei voti, due candidati; tra di essi risulta eletto chi abbia riportato il maggior numero di preferenze. (*)


·
Si procede alla formulazione della graduatoria sulla base delle prime preferenze ottenute dai vari candidati e tenendo conto degli ex aequo.

· Ai primi due candidati risultanti dalla suddetta graduatoria, vengono attribuite le seconde preferenze espresse nelle schede elettorali degli altri candidati di cui alla graduatoria.

· Risulta eletto il candidato che, sulla base dell'attribuzione supplementare delle preferenze, abbia riportato il maggior numero di voti. (*)

(*) Un'ulteriore alternativa per il computo dei voti, rispetto a quelle sopraindicate (voto supplementare rettificato con applicazione a scalare; voto supplementare standard), potrebbe essere rappresentata dal computo dei voti secondo il c.d. "full preferential voting". Si deve avvertire che questo sistema risulta congruo con un numero ridotto di candidati, proprio perché tutti i candidati debbono (pena la nullità della scheda) essere votati seppure in un ordine di preferenza ("full" preferential voting); occorrerebbe dunque operare con dinamiche che portino ad un numero ragionevolmente ridotto di candidati.
   - Le candidature per l'elezione del Rettore debbono essere formalizzate entro il trentesimo giorno anteriore alla data stabilita per la votazione.
   - L’elezione del Rettore si svolge in un turno unico mediante il sistema del voto preferenziale integrale, con le seguenti modalità:
    a) ciascun elettore esprime il voto per tutti i candidati secondo un ordine di preferenza. La mancata espressione anche di una sola preferenza determina la nullità della scheda elettorale;
   b) risulta eletto il candidato che abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, sommando le prime preferenze espresse;
    c) qualora nessuno dei candidati abbia raggiunto la suddetta maggioranza assoluta, si procede al computo dei voti espressi, secondo un sistema di calcolo che tiene conto di tutte le preferenze, come di seguito indicato:
    - si formula la graduatoria preliminare dei candidati secondo l'ordine del totale delle prime preferenze da ciascuno di essi ottenute. Quindi si procede, nei confronti dei candidati ricompresi nella graduatoria, all'attribuzione delle seconde preferenze risultanti dalle schede elettorali del candidato che ha ottenuto il minor numero di prime preferenze, il quale viene contestualmente escluso dalla procedura a scalare di computo dei voti.
    - Qualora nessuno dei candidati abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, si procede progressivamente con la formulazione di nuove graduatorie a scalare e con attribuzione delle seconde o successive preferenze ai candidati ancora non estromessi dalla graduatoria, in quanto non all'ultimo posto della medesima; le preferenze così attribuite sono quelle risultanti dalle schede elettorali dei candidati che si trovano all'ultimo posto delle graduatorie successivamente formulate, i quali, graduatoria per graduatoria, vengono di volta in volta esclusi dalla procedura a scalare di computo dei voti.
    - Si procede alla formazione progressiva delle graduatorie a scalare secondo il meccanismo di cui sopra, fino a che uno dei candidati non abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti.

IV.- Gli Organi generali di governo dell’Ateneo

· Gli Organi centrali di governo dell'Università sono il Rettore, il Senato Accademico, il Consiglio di Amministrazione e la Giunta d’Ateneo. Sono altresì organi di rilevanza generale per l’Ateneo, nell'ambito delle rispettive competenze, il Consiglio studentesco e il Garante d'Ateneo.

V.- Il Rettore
· Il Rettore ha la rappresentanza legale ed istituzionale dell'Ateneo e costituisce il vertice della relativa organizzazione.
· Il Rettore assicura il coordinamento dell'attività degli Organi di Ateneo ed indirizza le attività di gestione delle strutture e degli uffici dell'Università, al fine di garantirne
un'azione coerente, economica, efficiente ed efficace.
· Ai fini di cui al punto precedente, il Rettore annovera tra le proprie attribuzioni quelle di convocazione e presidenza dei seguenti organi:
a) il Senato Accademico;
b) il Consiglio di Amministrazione;
c) la Giunta d'Ateneo.
· Spetta al Rettore:
- proporre al Senato la nomina dei Pro-rettori;
- proporre al Senato la nomina dei Presidenti dei poli scientifico-didattici;
- nominare il Direttore Amministrativo, sentito il Consiglio di Amministrazione;
[le ulteriori funzioni del Rettore sono indicate nell’art. 34 del vigente Statuto generale d’Ateneo]
· Il Rettore designa direttamente un Pro-rettore vicario, scelto fra i professori di ruolo di prima fascia. Il Pro-rettore vicario sostituisce il Rettore in ogni sua funzione in caso di assenza o impedimento. Il Pro-rettore vicario è componente di diritto del Consiglio di Amministrazione, del Senato Accademico e della Giunta d'Ateneo.

VI. Il Consiglio di Amministrazione

Funzioni:
·
Il Consiglio di Amministrazione è l’organo responsabile della programmazione amministrativa, finanziaria e patrimoniale dell'Ateneo. In questi ambiti generali di competenza, spetta in particolare al Consiglio di Amministrazione deliberare in ordine ai seguenti oggetti:
- criteri di ripartizione delle risorse finanziare tra le strutture scientifiche, didattiche ed amministrative;
- criteri per la ripartizione del personale tecnico-amministrativo tra le strutture;
- criteri per la distribuzione del personale docente e ricercatore alle strutture;
- criteri per l’attivazione dei corsi di studio;
- criteri per la ripartizione dei finanziamenti per la ricerca;
- provvedimenti relativi alle contribuzioni studentesche su proposta della Giunta;
- Regolamento di Amministrazione, Finanza e Contabilità;
- Regolamenti relativi all’Organizzazione e al Personale tecnico-amministrativo;
- linee di indirizzo per la Contrattazione integrativa;
- Bilancio di previsione e Conto consuntivo;
- Piano edilizio;
- Sistema di valutazione dei dirigenti.
· Spetta, altresì, al Consiglio di Amministrazione esprimere indirizzi e pareri sui Piani pluriennali di sviluppo in relazione alle proprie competenze;
· Il Consiglio di Amministrazione esercita le proprie funzioni operando al fine di massimizzare l’efficienza allocativa e la qualità delle attività istituzionali dell’Ateneo nel rispetto dei criteri di economicità, efficacia, buona amministrazione ed imparzialità.
· Il Consiglio di Amministrazione viene convocato dal Rettore in via ordinaria almeno una volta ogni due mesi e, in via straordinaria, quando ne faccia richiesta almeno un terzo dei suoi membri.

Composizione del Consiglio di Amministrazione:
·
Il Consiglio di Amministrazione e' costituito con Decreto del Rettore ed e' composto da:
a) il Rettore (che lo presiede);
b) il Pro-rettore vicario;
c) il Direttore amministrativo, che esercita anche le funzioni di segretario, assistito per la verbalizzazione da un funzionario da lui designato;
d) 8 componenti, tra i soggetti interni all’Ateneo e non collocati in posizione di aspettativa, quiescenza o simili, nominati dal Senato Accademico sulla base di una rosa di nominativi formata dal Rettore con un numero almeno doppio di candidati (oppure su candidatura libera);
e) 4 componenti tra soggetti esterni all’Ateneo individuati come segue:

Ipotesi a

Ipotesi b

Nomina del Senato su proposta di "stake-holders" esterni, da individuare periodicamente a seconda dei piani di sviluppo e degli obiettivi istituzionali che l’Ateneo intende darsi.
Lista esemplificativa di possibili "stakeholders" esterni:
- le fondazioni bancarie che insistono sul territorio metropolitano della città di Bologna (proposta avanzata di concerto dai presidenti delle fondazioni);
- le fondazioni bancarie che insistono nelle 4 sedi romagnole dell’ateneo (proposta avanzata di concerto dai presidenti delle fondazioni);
- gli interessi economici che insistono sul territorio metropolitano della città di Bologna (es. proposta avanzata di concerto dai presidenti della Confindustria, della Camera di Commercio e ….. della provincia di Bologna);
- gli interessi economici che insistono sui territori delle 4 sedi romagnole dell’ateneo, (es. proposta avanzata di concerto dai presidenti della Confindustria, della Camera di Commercio e ….. della provincia di Bologna);
- le istituzioni politiche territoriali su proposta avanzata di concerto tra il presidente della regione Emilia-Romagna e i sindaci delle cinque città in cui ha sede l’ateneo;
- il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca;
- il Ministro dell’Economia e Finanze
- il Ministro dei Beni e Attività Culturali
- il Presidente della Regione ER
- il Presidente della Provincia di ….
- le società e fondazioni di supporto del decentramento romagnolo (con proposta avanzata di concerto dai presidenti delle società);
- l’associazione degli Alumni
- Abi
- Confindustria
……
…..

Nomina del Senato, su proposta del Rettore (oppure su candidature volontarie prodotte a seguito di bando pubblico), di soggetti esterni all’Ateneo provvisti di curriculum altamente qualificato nel campo della amministrazione o gestione presso enti pubblici o privati, anche senza personalità giuridica

• La scelta dei componenti di cui alla lett. d) del punto che precede viene operata sia da parte del Rettore che del Senato sulla base dei curricula professionali dei candidati.
• I componenti da designare tra soggetti esterni non possono essere componenti di organi o dipendenti di altri Atenei italiani e non possono ricoprire cariche elettive o di governo presso lo Stato, le Regioni, i Comuni o altri enti pubblici territoriali né cariche direttive o gestionali presso partiti politici o associazioni sindacali e di categoria.

Durata in carica:
Ipotesi A:
• Il Consiglio di Amministrazione e' rinnovato ogni tre anni. I membri del Consiglio non possono svolgere più di due mandati consecutivi.

Ipotesi B
• Il mandato, non rinnovabile, dei consiglieri di amministrazione dura 6 anni. Ogni tre anni si procede al rinnovo di metà dei membri del Consiglio di Amministrazione di cui alla lett. d) sopra elencata sulla base di un meccanismo di rotazione stabilito con apposito regolamento approvato dal Senato accademico.
• In sede di prima attuazione, relativamente ai 12 consiglieri di cui alle sopra riportate lett. d) ed e), sulla composizione del Consiglio di Amministrazione, il meccanismo di rotazione è il seguente:
prima ipotesi
x) si procede alla nomina ex-novo dei 12 membri ed immediatamente si estraggono a sorte i nominativi dei 6 consiglieri (4 di cui alla lett. d, 2 di cui alla lett. e, che dureranno in carica 3 anni;
seconda ipotesi
y) si procede a nominare 6 consiglieri (4 di cui alla lett. d, 2 di cui alla lett. e) tra i membri del Consiglio uscente che abbiano svolto solo un mandato. Tali soggetti così nominati durano in carica per 3 anni.

VII. Il Senato Accademico

Funzioni:
·
Il Senato Accademico è l’organo che, assieme al Rettore, rappresenta unitariamente i professori, i ricercatori, il personale tecnico-amministrativo e gli studenti dell’Ateneo. Ad esso compete la vigilanza sull’attuazione dello Statuto nonché l’indirizzo generale di tutte le strutture di Ateneo, al fine di assicurare da parte di esse la coerenza con le finalità e con la funzione in relazione alle quali le stesse sono costituite e devono operare. Restano ferme le funzioni di rappresentanza legale ed istituzionale che spettano al Rettore. Il Senato Accademico è titolare della funzione di determinazione dell’ordinamento autonomo dell’Ateneo e ad esso competono le deliberazioni recanti modifiche allo Statuto generale d’Ateneo.
· Il Senato Accademico esercita tutte le competenze relative alla programmazione e al coordinamento delle attività didattiche e di ricerca dell'Ateneo, fatte salve le attribuzioni delle singole strutture didattiche e scientifiche. In particolare spetta al Senato Accademico deliberare in ordine ai seguenti oggetti:
- nomina dei membri del Consiglio di Amministrazione secondo quanto sopra previsto;
- concorso alla nomina dei membri della Giunta di Ateneo secondo quanto sotto previsto;
- Piano pluriennale di sviluppo sentito il Consiglio di Amministrazione;
- parere su Bilancio di previsione e sul Conto consuntivo;
- criteri per la programmazione didattica;
- [le ulteriori funzioni del Senato Accademico sono indicate nell’art. 36 del vigente Statuto generale d’Ateneo]
- …………………..…………………………………………………………………

Composizione:
·
Il Senato Accademico è composto da:
a) il Rettore (che lo presiede);
b) il Pro-rettore Vicario;
c) il Pro-rettore al Decentramento;
d) 12 presidi in rappresentanza delle strutture didattiche (oppure tutti i presidi);
e) 12 Direttori di Dipartimento in rappresentanza delle strutture scientifiche;
f) 2 rappresentanti dei professori di ruolo di I fascia;
g) 2 rappresentanti dei professori di ruolo di II fascia
h) 2 rappresentanti dei ricercatori;
i) 5 rappresentanti degli studenti;
j) 5 rappresentanti del personale tecnico-amministrativo;
k) 2 Direttori delle Scuole di Dottorato di ricerca;
l) 1 (o 2) presidenti dei Poli scientifico-didattici delle sedi collocate in Romagna;
m) 1 Rappresentante dei dottorandi.
· I componenti di cui alle lett. d), e), k) sono rispettivamente individuati sulla base di un procedimento di designazione collegiale da parte dei Presidi o dei Direttori che si riuniscono con il solo compito di procedere alle suddette designazioni.
· I componenti di cui alle lett. f), g), h), i), j), m) sono eletti direttamente dalle componenti di riferimento.
· Il Direttore Amministrativo partecipa al Senato Accademico con voto consultivo.

Durata in carica:
·
Il Senato dura in carica tre anni.

Lavori del Senato Accademico:
·
Il Senato Accademico è convocato dal Rettore in via ordinaria almeno una volta ogni due mesi e, in via straordinaria, quando ne faccia richiesta almeno un quarto dei suoi membri.

· Le modalità di funzionamento interno del Senato Accademico sono stabilite da uno specifico regolamento che deve essere approvato dalla maggioranza degli aventi diritto. Detto regolamento prevede la formazione di Commissioni istruttorie (formate anche da membri dell’Ateneo esterni al Senato stesso, purché non maggioritari) finalizzate ad approfondire l’analisi e le proposte sulle materie di competenza del Senato. Dette Commissioni hanno il potere di acquisire dall’Amministrazione universitaria tutte le informazioni necessarie alla loro attività e di ascoltare i Prorettori di settore e i Dirigenti delle Aree.

VIII. La Giunta d’Ateneo

·
La Giunta di Ateneo è l’organo collegiale esecutivo dell’Università. Ad essa spettano tutte le competenze, escluse quelle di gestione tecnico-amministrativa, che non siano attribuite dallo Statuto e dai Regolamenti agli altri Organi generali dell’Ateneo, alle strutture dello stesso, quali Facoltà, Dipartimenti, Scuole di Dottorato di ricerca e Poli scientifico-didattici ovvero al Direttore Amministrativo e ai Dirigenti.

Funzioni:
·
Spetta in particolare alla Giunta di Ateneo:
elaborare e gestire i Progetti esecutivi del Piano pluriennale di sviluppo;
attuare la ripartizione delle risorse finanziarie e quelle relative al personale docente tra le strutture amministrative, didattiche e scientifiche sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio di Amministrazione;
gestire le politiche del personale tecnico-amministrativo nel rispetto delle competenze del Direttore Amministrativo e sulla base degli indirizzi stabiliti da Consiglio di Amministrazione;
proporre annualmente al Consiglio di Amministrazione l’ammontare della contribuzione studentesca;
decidere sull’attivazione dei corsi di studio sulla base dei criteri definiti dal Consiglio di Amministrazione;
nominare i dirigenti;
approvare gli obiettivi dirigenziali;
approvare i Regolamenti di organizzazione della struttura amministrativo-gestionale.

Composizione della Giunta di Ateneo:
·
La Giunta di Ateneo è composta da:
a) il Rettore (che la presiede);
b) il Pro-rettore vicario;
c) il Direttore amministrativo, che esercita anche le funzioni di segretario, assistito per la verbalizzazione da un funzionario da lui designato;
d) il Pro-rettore al Decentramento;
e) il Pro-rettore alla Ricerca e alle Relazioni Internazionali;
f) il Pro-rettore alla Didattica e Formazione;
g) il Pro-rettore al Bilancio, Programmazione e Finanziamenti;
h) il Pro-rettore all’Edilizia e alle infrastrutture;
i) il Pro-rettore agli Studenti e al Diritto allo studio.
· I Pro-rettori di settore, con la sola esclusione del Pro-rettore Vicario, sono designati dal Senato su proposta del Rettore. Essi restano in carica per la durata del mandato rettorale.
· La carica di Pro-rettore è incompatibile con qualsiasi carica istituzionale dell’Ateneo.
· Il Presidente del Consiglio Studentesco partecipa alla Giunta di Ateneo con voto consultivo.

Funzionamento:
·
La Giunta di Ateneo è convocata dal Rettore in via ordinaria almeno una volta ogni mese.
· Le deliberazioni della Giunta sono valide se assunte con la maggioranza degli aventi diritto. Tutte le deliberazioni della Giunta debbono essere rese note, al Consiglio di Amministrazione ed al Senato Accademico, anche per estratto, entro tre giorni dalla decisione; su richiesta di questi ultimi, nei tempi necessari per la collazione amministrativa, viene fornita copia integrale della deliberazione.
· I Pro-rettori di settore indirizzano le attività delle Aree di competenza con adeguata consultazione e informazione dei destinatari delle decisioni. I Pro-rettori attivano altresì forme di consultazione e collaborazione permanente con i Presidi, i Direttori di Dipartimento e i Direttori delle Scuole di dottorato di ricerca.
· Con apposito regolamento possono essere previste apposite Commissioni consultive, rispettivamente in materia di "Studenti e Diritto allo studio" e "Personale".

IX. Sulle Strutture

Le Strutture dell’università:
·
L'Ateneo si articola in strutture accademiche (didattiche e scientifiche) e in strutture amministrative di servizio (centrali, periferiche ed integrate)
· Le strutture di servizio centrali, periferiche ed integrate sono disciplinate nella parte ….. del presente Statuto.

Le Strutture didattiche e scientifiche
·
Le strutture didattico-scientifiche dell’Ateneo sono le Facoltà, i Dipartimenti e le Scuole di dottorato di ricerca.
· Le Facoltà sono primariamente preposte al coordinamento e all’organizzazione delle attività didattiche. I Dipartimenti sono primariamente preposti all’organizzazione, alla gestione e all’espletamento delle attività di ricerca. Le Scuole di Dottorato di ricerca sono primariamente preposte al coordinamento, all'organizzazione e alla gestione delle attività relative ai corsi di studio di terzo livello.
· Al fine di garantire il necessario coordinamento fra attività di didattica e di ricerca, ogni Consiglio di Facoltà individua i Dipartimenti che dovranno fornire il supporto scientifico ed eventualmente anche organizzativo alle attività dei singoli corsi di studio. Al fine del raggiungimento dei propri scopi istituzionali, le Scuole di Dottorato di ricerca, di intesa con le Facoltà e i Dipartimenti di riferimento, individuano gli impegni dei singoli docenti e ricercatori nelle proprie attività.
· Le Facoltà, i Dipartimenti e le Scuole di Dottorato di ricerca possono avvalersi, al fine di supportare le proprie attività istituzionali, dei Centri di servizio integrati (poli scientifico-didattici).

Le Facoltà (*):
[si v. l’art. 16 del vigente Statuto generale d’Ateneo]

· Le Facoltà si coordinano con i Dipartimenti e le Scuole di dottorato di ricerca al fine di poter garantire l’adeguata copertura didattica dei corsi di dottorato.

(*) La Commissione tecnica prende atto che esiste la questione dell’eventuale allargamento ai ricercatori dell’elettorato attivo per il Preside e della composizione del Consiglio di Facoltà. In linea generale la Commissione osserva comunque che l’eventuale allargamento della composizione del Consiglio di Facoltà dovrebbe essere accompagnato da una revisione delle competenze e dei meccanismi di funzionamento dello stesso (quorum strutturale e funzionale, composizione variabile in relazione agli oggetti deliberativi).

I Presidi:
[si v. l’art. 17 del vigente Statuto generale d’Ateneo]
· Il Preside è eletto a scrutinio segreto a maggioranza assoluta dei votanti, che costituiscano la maggioranza assoluta degli aventi diritto, in essi compresi tutti i professori fuori ruolo per raggiunti limiti di età, nelle prime due votazioni; in caso di mancata elezione si ricorre al ballottaggio tra i due candidati che abbiano riportato il maggior numero di voti nell'ultima votazione valida risultando eletto, in caso di parità, il più anziano in ruolo e, in caso di ulteriore parità, il più anziano di età. Le votazioni devono svolgersi nel periodo compreso tra i cinque e i tre mesi prima della scadenza del mandato del Preside in carica.
· Al Preside possono essere stabilmente delegate funzioni di ordinaria amministrazione da parte del Consiglio di Facoltà.

I Consigli di Facoltà (*):

[si v. l’art. 18 del vigente Statuto generale d’Ateneo.
(*) La Commissione tecnica prende atto che esiste la questione dell’eventuale allargamento ai ricercatori dell’elettorato attivo per il Preside e della composizione del Consiglio di Facoltà. In linea generale la Commissione osserva comunque che l’eventuale allargamento della composizione del Consiglio di Facoltà dovrebbe essere accompagnato da una revisione delle competenze e dei meccanismi di funzionamento dello stesso (quorum strutturale e funzionale, composizione variabile in relazione agli oggetti deliberativi).

I Dipartimenti:
·
I Dipartimenti promuovono e coordinano, di norma tra più Facoltà, le attività di ricerca di uno o più settori disciplinari omogenei per finalità o per metodi di ricerca. Essi inoltre collaborano all'attività didattica con le Facoltà e le Scuole di Dottorato mettendo a disposizione le proprie risorse umane e strumentali, al fine della loro migliore utilizzazione.
[si v. l’art. 21 del vigente Statuto generale d’Ateneo]

· Al Direttore possono essere stabilmente delegate funzioni di ordinaria amministrazione da parte del Consiglio di Dipartimento.

Le Scuole di Dottorato di ricerca:
·
Le Scuole di Dottorato di ricerca organizzano, coordinano e gestiscono i dottorati di ricerca e possono collaborare, in pieno accordo con le Facoltà e i Dipartimenti di riferimento, alle attività dei corsi di laurea magistrale particolarmente finalizzati alla formazione alla ricerca.
· Le Scuole di Dottorato di ricerca si coordinano, per la programmazione didattica e i contenuti formativi dei programmi dottorali, con le Facoltà e i Dipartimenti di riferimento.
· A ciascuna Scuola di Dottorato di ricerca è preposto un Direttore, nominato dal Rettore su proposta del Comitato direttivo, organo di governo collegiale della Scuola. Il Direttore della Scuola di Dottorato di ricerca può essere designato al di fuori del Comitato direttivo.
· Il Comitato direttivo delle Scuole è composto dai Presidi e dai Direttori delle Facoltà e dei Dipartimenti di riferimento della Scuola, quali risultanti dai relativi decreti istitutivi e dal Regolamento sui Dottorati di ricerca.

X. Le Strutture amministrative integrate

I Poli scientifico-didattici, in generale:
·
Il Polo scientifico-didattico è una struttura amministrativa per la gestione integrata dei servizi delle strutture didattiche e scientifiche alla quale vengono attribuite specifiche e ben definite competenze.
· Ai Poli scientifico-didattici vengono assegnate le risorse necessarie per il mantenimento della struttura organizzativa sulla base della ripartizione delle risorse stabilita dal Consiglio di Amministrazione. Ai Poli vengono altresì anche trasferite le risorse finanziarie spettanti, sempre sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio di Amministrazione, alle strutture didattiche e scientifiche gestite dai Poli stessi.
· I Poli scientifico-didattici possono reperire autonomamente risorse provenienti da fonti esterne.
· I Poli scientifico-didattici costituiscono strutture specifiche necessarie per il coordinamento e la gestione delle attività svolte nelle sedi dell’Ateneo collocate in Romagna. Essi possono essere costituiti, con delibera del Consiglio di Amministrazione, di intesa con il Senato Accademico, anche nella sede bolognese qualora vi sia l’accordo di un numero congruo di Facoltà e/o Dipartimenti, sulla base di un piano organico di gestione amministrativa.
· L’assetto organizzativo ed istituzionale dei Poli eventualmente costituiti nella sede di Bologna viene stabilito da un apposito Regolamento approvato dal Consiglio di amministrazione, sentito il Senato Accademico.

XI. Sul Decentramento
·
Il Polo scientifico-didattico costituisce la struttura organizzativa principale per il coordinamento organizzativo e la gestione delle attività didattiche e di ricerca svolte dall’Ateneo nelle sue sedi ufficiali in Romagna.
· Il Polo scientifico-didattico in sede decentrata è retto dal Consiglio del Polo.
Il Consiglio del Polo è formato da:
- il presidente del Consiglio di Polo;
- i responsabili delle strutture didattiche e scientifiche incardinate nella sede;
- un rappresentante per ciascuna Facoltà, incardinata nelle altre sedi dell’Ateneo, che abbia attivato corsi di laurea nella sede decentrata (mediante regolamento approvato dal Senato possono essere previste, laddove necessario e comunque nel rispetto del principio di proporzionalità, forme di aggregazione della rappresentanza delle Facoltà);
- due rappresentanti degli studenti eletto dai rappresentanti degli studenti nei consigli di corso di laurea attivati nella sede;
- un rappresentante del personale tecnico-amministrativo;
- un rappresentante nominato dall’ente di sostegno della sede.
· Il presidente del Consiglio di Polo è nominato dal Rettore tra i professori ordinari incardinati nella sede, sentiti i responsabili delle strutture didattiche e scientifiche ivi operanti
· Ai Poli scientifico-didattici delle sedi decentrate vengono assegnate le risorse necessarie per il mantenimento della struttura organizzativa sulla base della ripartizione delle risorse stabilita dal Consiglio di Amministrazione. Ai Poli vengono anche trasferite le risorse finanziarie spettanti, sempre sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio di Amministrazione, alle strutture didattiche e scientifiche incardinate nella sede. I poli possono reperire autonomamente risorse provenienti da fonti esterne.
· Le competenze generali del Consiglio di Polo sono:
- la programmazione organizzativa e finanziaria, sulla base delle risorse disponibili;
- il coordinamento organizzativo delle attività didattiche e scientifiche svolte nella sede
- la programmazione dei progetti e dei servizi in materia di diritto allo studio -rivolti agli studenti iscritti ai corsi di studio del Polo, nell’ambito degli obiettivi stabiliti dalla programmazione strategica di Ateneo e delle linee guida approvate dagli Organi di Ateneo;
- la definizione degli interventi di sviluppo e gestione del patrimonio edilizio del Polo e, più in generale, degli interventi e dei servizi di supporto logistico, nell’ambito dei piani e programmi di sviluppo edilizio di Ateneo;
- l’approvazione dell’offerta formativa post lauream (master e corsi di alta formazione), nell’ambito degli obiettivi stabiliti dalla programmazione strategica di Ateneo e delle linee guida approvate dagli Organi di Ateneo;
· In particolare spetta al Consiglio di polo:
- definire i criteri per la ripartizione delle risorse finanziarie e di personale tecnico-amministrativo tra le strutture didattiche, scientifiche e di servizio;
- formulare proposte in materia di contribuzione degli studenti;
- individuare e verificare la realizzazione degli interventi attuativi previsti dal piano di sviluppo edilizio ;
- approvare i programmi dei dirigenti e dei responsabili delle strutture nel rispetto delle disposizioni in materia.
· La posizione di vertice della struttura amministrativa dei Poli è di tipo dirigenziale. La nomina del dirigente è effettuata di intesa con il Presidente del Polo.
· Ulteriori autonomie spettano ai Poli che superino la soglia dimensionale del….. % studenti iscritti o che realizzino tra di loro forme di integrazione funzionale e complessivamente superino la predetta soglia dimensionale
. In particolari, in questi casi spettano ai Poli:
- la gestione del piano di fabbisogno del personale tecnico-amministrativo (concorsi e progressioni verticali), e del personale in servizio (fatte salve le competenze spettanti agli altri organi e uffici dell’Ateneo, nell’ambito delle risorse attribuite al Polo e nel rispetto delle linee guida di Ateneo,)
- la gestione delle procedure per docenti e ricercatori a contratto;
- la gestione autonoma, fatto salvo il necessario coordinamento con l’amministrazione centrale, delle relazioni internazionali e dei servizi agli studenti attinenti alla mobilità studentesca internazionale;
- la completa gestione delle competenze in materia di diritto allo studio (fatto salvo il necessario coordinamento e la ricerca di ogni possibile sinergia a livello di Ateneo);
- la completa gestione del patrimonio edilizio del Polo (tutte le procedure di gara e dei contratti, anche di locazione) e, più in generale, degli interventi e dei servizi di supporto logistico;
- la completa gestione dell’offerta formativa post lauream (master e corsi di alta formazione).
· Il presidente del Polo:
- convoca e presiede il Consiglio;
- rappresenta il Rettore nella sede e con gli enti di riferimento esterno, ivi compreso il potere di firme di atti e convenzioni;
- indirizza le attività organizzative, gestionali e finanziarie di competenza del Polo scientifico-didattico;
- al presidente di Polo possono
essere stabilmente delegate funzioni di ordinaria amministrazione da parte del Consiglio di Polo.
· Funge da organismo di coordinamento dei poli decentrati un Comitato che comprende i Presidenti dei Consigli di polo e un rappresentante degli enti territoriali interessati per ciascun Polo. Alle riunioni del comitato di coordinamento partecipa uno studente designato dal Consiglio studentesco tra gli studenti iscritti ai corsi di laurea delle sedi decentrate. Il comitato di coordinamento e' presieduto dal Rettore o dal Pro-rettore al Decentramento.
In particolare il comitato di coordinamento esprime un parere obbligatorio relativamente a:
a) i piani di sviluppo strategico dell’ateneo;
b) linee guida in materia di programmazione dei progetti e dei servizi in materia di diritto allo studio;
c) i trasferimenti di personale docente e ricercatore da e per le sedi decentrate;
d) la definizione dell’offerta formativa delle sedi decentrate.
· Il Comitato di coordinamento può avanzare proposte agli organi di governo dell’Ateneo rispetto a questioni di comune interesse per le sedi decentrate, ivi compresa la programmazione e la formazione del personale tecnico-amministrativo. Gli organi collegiali sono tenuti a rispondere entro 60 giorni dalla formalizzazione delle proposte.

XII. Sui Rapporti tra Università e Servizio Sanitario Nazionale
· Ai professori e ricercatori della Facoltà di Medicina e Chirurgia che, per assolvere i compiti istituzionali di tipo didattico e scientifico, debbono svolgere attività assistenziali l’Università assicura l’accesso e l’utilizzazione di adeguate strutture sanitarie, proprie o acquisite attraverso rapporti convenzionali. I rapporti convenzionali sono instaurati, nel rispetto delle normative comunitarie, nazionali e regionali, con le articolazioni nazionali, regionali e locali del Servizio Sanitario Nazionale, le strutture private accreditate da detto Servizio e gli istituti e centri di ricerca bio-medica nazionali e internazionali. Per analoghe o complementari finalità istituzionali dei professori e ricercatori di altre Facoltà (Farmacia, Medicina Veterinaria, Psicologia e altre interessate) l’Università può instaurare ulteriori rapporti convenzionali con i suddetti enti.
· Le attività assistenziali svolte dai professori e ricercatori universitari sono finalizzate all’assolvimento dei loro prioritari compiti istituzionali didattici e scientifici. Gli atti convenzionali tutelano la finalità istituzionale delle attività assistenziali svolte dal personale universitario, nel rispetto dei criteri di economicità e produttività applicati nella gestione delle strutture convenzionate.
· L’attribuzione di compiti e responsabilità assistenziali a professori e ricercatori avviene nel rispetto delle prerogative del loro stato giuridico e in coerenza con il principio della piena valorizzazione delle competenze professionali (assistenziali, didattiche e scientifiche).
· La formazione degli studenti iscritti ai vari corsi di studio della Facoltà di Medicina e Chirurgia (corsi di laurea, corsi di laurea magistrale, Scuole di dottorato di ricerca, scuole di specializzazione) avviene in coerenza con gli standard qualitativi e quantitativi definiti dalle normative comunitarie e nazionali e dagli ordinamenti didattici dei vari corsi di studio.
· L’Università può istituire, in attuazione della programmazione sanitaria nazionale e regionale, proprie strutture clinico-sanitarie, utilizzando idonei strumenti giuridici e finanziari, inclusa la partecipazione ad apposite figure ed organismi di diritto pubblico o di diritto privato.
· L’Università disciplina, attraverso il Regolamento della Facoltà di Medicina e Chirurgia, l’organizzazione della didattica dei singoli corsi di studio dell’area sanitaria nell’ambito di aree assistenziali omogenee degli enti convenzionati. I rapporti convenzionali vengono di norma instaurati con enti che assicurano l’utilizzazione di aree funzionali organizzate in unità operative coerenti con gli obiettivi formativi definiti dagli ordinamenti didattici dei corsi di studio.
· I Regolamenti dell’Ateneo prevedono condizioni e modalità di decentramento di attività amministrative a supporto delle attività svolte nell’ambito delle suddette aree assistenziali omogenee.

 

ATENEO DI BOLOGNA: premiati i Dirigenti

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        Premiati i  17 Dirigenti  in base ai risultati
(peraltro non resi noti detti risultati)

Il CdA ne ha  "preso atto"

 
Cda del 18 marzo 2008:

  Nella seduta del 18 marzo il Direttore Amministrativo ha relazionato sulla VALUTAZIONE DEI DIRIGENTI, circa gli obiettivi attuati nel 2007

  I dirigenti valutati sono 17:  Ersilia Barbieri, Laura Bertazzoni, Luisa Consolini, Stefano Corazza, Alice Corradi, Michela Dalla Vite, Francesco Faina, Giovanna Falsetti, Giovanna Filippini, Sanzio Gamberini, Morena Gervasi, Michele Menna, Monica Passarini, Carlo Polacchini, Bruno Quarta, Maria Cristina Raboni, Paolo Vicini.

   Eseguiti i conteggi dell’insieme degli obiettivi di comportamento e degli obiettivi quantitativi assegnati, è risultato che:
-  n° 13 dirigenti hanno ottenuto una valutazione "Sopra le aspettative" che corrisponde a un’indennità di risultato pari al 30% della propria indennità di posizione;
-  n° 2 dirigenti hanno ottenuto una valutazione "Conforme alle aspettative" che corrisponde a un’indennità di risultato pari al 25% della propria indennità di posizione;
- n° 2 dirigenti hanno ottenuto una valutazione "Parzialmente conforme alle aspettative" che corrisponde ad un’indennità di risultato pari al 20% della propria indennità di posizione.

   La spesa trova copertura sugli stanziamenti previsti sulla Cat./Cap. F.S. 1.04.05 "Retribuzione variabile dirigenti a tempo indeterminato" (disponibilità in bilancio € 644.869,35, da ripartire tra 7 dirigenti) e sulla Cat./Cap. F.S. 1.04.06 "Retribuzione personale dirigenziale a tempo determinato" (disponibilità in bilancio € 2.370.675,18, da ripartire tra 10 dirigenti). Queste cifre sono qui riprese direttamente dal bilancio 2008.

Perplessità su altri aspetti, suscitati
dalla lettura del verbale del CdA:

1) Il Cda "prende atto" (dunque non approva)
2) Compare un Collegio dei Dirigenti, non previsto in Statuto
3) Altro, da altra fonte: dirigenti divenuti 25

1.-  La formula di approvazione finale recita: "Il Consiglio di Amministrazione prende atto".
  Questo vuol dire che il CdA non ha espresso alcun apprezzamento e ringraziamento ai propri Dirigenti, e questo è abbastanza inquietante.
   Ma, poi, ricordando che, sotto la direzione amministrativa FABBRO, c'è una politica che mira a  limitare il CdA nelle ingerenze sulla dirigenza, il tutto è presto spiegato. Si ricorda che già, alcuni mesi, ci fu una diatriba, sollevata dal prof. Lorenzini, sul fatto che il CdA fu costretto a prendere atto della endicontazione della FABBRO sulla Dirigenza, circa l'attuazione degli obiettivi dirigenziali per il 2007.
   Ciò ripropone l'annosa questione sulla esautorazione del CdA, nel senso che se prende atto, non decide, e invece dovrebbe decidere e dunque la formula dovrebbe essere "Il Consiglio di Amministrazione approva (oppure: non approva), e questo perché c’è una responsabile contabile dei Consiglieri verso la legge (Corte dei Conti).
   Invece, dallo stesso verbale, per la proposta di  OBIETTIVI DIRIGENZIALI 2008, "il Consiglio di Amministrazione approva".
  2.  Dal seguito del verbale del CdA risulta, poi, l’esistenza di un "Collegio dei Dirigenti".
   L’esistenza di una struttura del genere non risulta nello Statuto Generale di Ateneo. La cosa è rilevante perché un Collegio siffatto ha un potere politico molto grande, che i dirigenti possono fare valere nei confronti dei professori, i soli che a livello di Organi esecutivi (Gruppo dei Pro-Rettori, Giunta) dovrebbero avere potere politico.
   3.- Risulta, infine, da altre fonti che, frattanto, i Dirigenti sono divenuti 25, di cui 7 di ruolo, e 18 a contratto, di cui 2 sono comandati presso la Fondazione Alma Mater.NL

 

L'intervento di Dario Braga, "uomo nuovo", proveniente da fuori degli organi di Ateneo

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Dario Braga

          
        Dario Braga
*:
” Per uno Statuto di autonomia  e di efficienza ...
 
    .... e per un Governo dell’Ateneo, con un Rettore primo ministro e Prorettori-ministri,
    scelti dal Rettore con "portafoglio" e responsabilità di firma, con nomina revocabile”

  * Ordinario di Chimica della Facoltà di Scienze M. F. N., Direttore dell'Istituto di Studi Avanzati
    dell'Alma Mater Studiorum


  1. Premessa.
Indirizzare verso uno Statuto di autonomia ed efficienza …
    Ritengo più opportuno discutere, prima, di come aggiornare la missione dell'Ateneo e i suoi obiettivi futuri e, poi, pormi il problema di come modificare lo Statuto per consentire il raggiungimento degli obiettivi. Insomma ... prima stabilire la meta e poi scegliere il percorso. Anzi, una volta stabilita la meta, il percorso lo farei scegliere a giuristi, economisti e amministrativisti esperti, che articolino il dettaglio istituzionale della nostra missione. Questi potrebbero anche proporci più modelli di Statuto, diversi percorsi per raggiungere la medesima meta, fra i quali il corpo docente potrebbe scegliere, magari mediante lo strumento referendario.(Non dimentichiamo, tuttavia, che l’art 11 c. 3 dell’attuale statuto affida alla maggioranza assoluta di CdA e SA la approvazione del nuovo. Bisogna quindi pensare anche a una modifica transitoria).

2. Obiettivi fondamentali. In cerca dell'Università che vogliamo, dobbiamo pensare in grande ma guardare a Bologna, per prima cosa, perchè lo statuto è uno strumento per governare. In maniera schematica, quattro sono, a mio avviso, gli obiettivi fondamentali:
a) rafforzamento della autonomia: autonomia dell'Università nei confronti del Ministero e, all’interno dell’Ateneo autonomia delle strutture rispetto agli organi centrali (cfr. art 42). L'autonomia di gestione genera responsabilità mentre la centralizzazione porta alla rappresentanza: due modi opposti di concepire il governo. L'autonomia politica e di spesa richiede inoltre efficienti strumenti di valutazione e un’amministrazione che lavori di concerto con la docenza.
b) Distinzione dei poteri e individuazione di responsabilità degli organi: il CdA e il SA hanno al momento ruoli e poteri confusi, così come li hanno Facoltà e Dipartimenti, cosicché direttori e presidi spesso agiscono da "rappresentanti" degli interessi di aggregazioni di docenti piuttosto che da amministratori. Le rappresentanze negli organi svolgono il più delle volte funzioni puramente notarili. 
c) Trasparenza e tracciabilità dei processi decisionali:

Ripartizione dei votanti per Facoltà,
nella elezione del nuovo Rettore
(a cura della Redazione)

Facoltà di Agraria,

188

Facoltà di Architettura "Aldo Rossi", Cesena,

33

Facoltà di Chimica Industriale,

101

Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali,

63

Facoltà di Economia,

117

Facoltà di Economia (Sede di Forlì),

49

Facoltà di Economia (Sede di Rimini)

49

Facoltà di Farmacia,

120

Facoltà di Giurisprudenza,

150

Facoltà di Ingegneria,

354

Facoltà di Ingegneria II,

71

Facoltà di Lettere e Filosofia,

320

Facoltà di Lingue e Letterature Straniere,

90

Facoltà di Medicina e Chirurgia,

509

Facoltà di Medicina Veterinaria,

105

Facoltà di Psicologia,

52

Facoltà di Scienze della Formazione,

98

Facoltà di Scienze Mat. Fisiche e Naturali

416

Facoltà di Scienze Motorie,

34

Facoltà di Scienze Politiche,

106

Facoltà di Scienze Politiche II "R. Ruffilli",

64

Facoltà di Scienze Statistiche,

68

Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori,

48

Totale

3.205

diminuzione del numero dei tavoli, commissioni, riequilibri ecc.
d) Efficienza gestionale, snellimento delle procedure e de-burocratizzazione: Funzione guida della componente accademica esercitata su basi di competenza. Condivisione delle procedure e ricerca di un linguaggio e un terreno di lavoro comuni tra personale docente e tecnico-amministrativo. Analisi della "sedimentazione normativa", riduzione del numero di ratifiche, revisione dei profili professionali di accesso alle carriere PTA ecc., valutazione della performance, incentivazione. Tutto questo modo farà crescere, non ci si sorprenda, la democraticità.

3.- Qualche ipotesi sullo Statuto:

- Un governo, con un Rettore primo ministro e Prorettori-ministri scelti dal Rettore con "portafoglio" e responsabilità di firma, con nomina revocabile. Il Consiglio dei Prorettori sostituisce la Giunta.
Il mandato del Rettore come ora 4+4 oppure di 5 anni non rinnovabile.
- Le Presidenze di Polo: delegati del Rettore (o, in alternativa, un solo Prorettore per le sedi decentrate).(Incidentalmente: il concetto di "sedi decentrate" va superato, è un po' come i "non-docenti", un non-qualche cosa, in fondo che differenza fa se una facoltà è a Ozzano o a Forlì? O se un Dipartimento è a Bologna o a Rimini. Semmai può far differenza avere una Facoltà a Cesena e un Dipartimento di riferimento a Bologna…).
- Un Senato Accademico che indirizza lo sviluppo delle attività accademiche, formazione e ricerca, fatto da Presidi, Direttori e semmai da Direttori di scuole di dottorato (le Scuole di dottorato acquisiranno nel tempo sempre maggiore rilevanza perché rappresentano il terzo livello del Bologna process). In SA anche adeguate rappresentanze di studenti, dottorandi e assegnisti. (Il numero di senatori è troppo ampio - occorre prevedere meccanismi di elezione per aggregazione e/o per soglia che tengano conto sia della numerosità dei corsi sia del numero di afferenti).
- Consiglio di Amministrazione con potere deliberante su finanza e bilancio, programmazione edilizia, ecc (come ora art 37). Composizione mista universitaria-esterna, "stakeholders" (MIUR, Comune, Regione, organizzazioni industriali, SSN, altro) e accademica. In CdA adeguate rappresentanze di personale tecnico amministrativo.(Sempre al fine di aumentare efficienza e trasparenza non dovrebbe essere consentito dallo Statuto, che i rappresentanti di "stakeholders" in CdA siano dipendenti dell'Università di Bologna.).
- Elettorato del Rettore: professori e ricercatori tutti ! Quella dei ricercatori dai consigli di facoltà e dall’elettorato attivo del Rettore una esclusione anacronistica e deresponsabilizzante.
Credo anche che l'estensione del voto al personale tecnico amministrativo con voto ponderato (come hanno fatto altri grandi atenei, ad esempio a Padova è il 7%) vada fatta e sia utile a generare senso di appartenza e di partecipazione. Credo anche che il voto del personale non debba essere tale da condizionare il governo della formazione e della ricerca che compete istituzionalmente al corpo docente.

4.- Risorse: attribuire il personale docente e ricercatore, così come quello tecnico-amministrativo, ai Dipartimenti, restituendo alle Facoltà il compito primario di organizzare i livelli formativi.
(Per l'attività di ricerca ogni docente afferisce a un solo Dipartimento mentre spesso tiene insegnamenti in Facoltà diverse e li muta nel tempo. Ciononostante il "budget" dei posti è gestito dalle Facoltà e non dai Dipartimenti, come invece avviene nella maggior parte dei sistemi accademici europei. Risolvere questa contraddizione sarebbe una vera rivoluzione copernicana.)

- Multicampus
: alle strutture della Romagna va data autonomia vera e pari opportunità di sviluppo.

- Area sanitaria
: una adeguata organizzazione interna e una parziale autonomia statutaria per le facoltà di Area sanitaria (medicina ma anche veterinaria, farmacia e psicologia) e i loro dipartimenti di riferimento per la peculiarità della interazione con il SSN (in parte già delineata dall'art 55 attuale.) 

5.- Conclusioni. La riforma dello Statuto è una responsabilità grande: non possiamo né "partorire un topolino" né fare di questa revisione una tela di Penelope che ognuno cuce e scuce a seconda dei propri interessi.
Quanto farà l'Università di Bologna non riguarda solo noi. Siamo e restiamo Università leader, le nostre scelte influenzeranno quelle di altri e quindi influenzeranno il sistema universitario nazionale.
Nel richiamo conclusivo vorrei sottolineare che la complessità dei problemi richiede senso pratico e onestà intellettuale. Forse non tutti i colleghi hanno compreso che oggi il personale docente e quello tecnico “mangiano nello stesso piatto”, accedono cioè alle stesse risorse. E che è compito di chi governa di volta in volta decidere, ascoltando le varie istanze, se è più opportuno, ad esempio, un nuovo posto da ricercatore o un nuovo posto di tecnico o di amministrativo, o la chiamata di un professore o l’acquisto di uno strumento, o l’espansione di una biblioteca. Per governare questa complessità serve uno strumento adeguato.
Abbiamo inoltre un problema di sovradimensionamento amministrativo e gestionale: 73 dipartimenti, decine di centri interdipartimentali e di altri centri di spesa costituiscono un carico immenso sulla gestione e disperdono le energie e le competenze. Anche qui occorre un ragionamento “laico” che abbia come algoritmo di riferimento il buon uso delle risorse e non gli interessi di questa o quella parte.
Non dimentichiamo che l’Università è cambiata. L’Università oggi ha quattro gambe, non più solo due. Non si deve occupare più solo di formazione e di ricerca, che certo rimangono le funzioni principali, ma deve occuparsi oggi anche di “vendere” le sue competenze (servizi, assistenza, attività per conto terzi, spinoff e trasferimento di conoscenze) nonché di acquisire risorse dall’esterno (dall’Europa, dai sostenitori, dal territorio circostante). Sono compiti nuovi e ineludibili, che richiedono una struttura di governo adeguata. DB

 

Dopo la nota del Prof. Giulio Ghetti

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Marina Marini

          
       

      Marina Marini*,   A proposito di verbalizzazione degli esami

 
   *
Associato di BIOLOGIA E GENETICA della Facoltà di Medicina


AVVERTENZA. Il problema di legittimità sollevato dal prof. Ghetti, è ora ripreso dalla prof.ssa Marini con riferimento al fatto che il software dell'Ateneo, preimpostato, non accetta più di 2 firme per commissione d'esami. Ma cosa succede se, poi, nei fatti, l'insegnamento è costruito per integrazione dei moduli di piu di 2 docenti ?

Marina Marini. "In un recente CdL di Medicina si e' parlato della verbalizzazione Univex. Ho citato le critiche avanzate dal prof. Ghetti e ne ho aggiunto una mia, ossia il fatto che bastano 2 firme per la verbalizzazione elettronica, come peraltro per la verbalizazione cartacea, ma la verbalizzazione elettronica sembra favorire situazioni in cui, in caso di corsi integrati con piu' di 2 docenti di SSD diversi, i due docenti piu' "forti" (per numero di crediti e/o per posizione accademica, es due ordinari con colleghi ricercatori o associati), possano prevaricare sul/sui colleghi più deboli. Infatti l'esame (NON la sola verbalizzazione) potrebbe anche essere fatto dai soli due docenti "forti", ignorando del tutto la materia insegnata dagli altri docenti "deboli", che potrebbero essere non invitati in commissione. Il fatto che la verbalizzazione non richieda l'esplicito assenso dello studente e neppure la firma contestuale del secondo commissario si presta potenzialmente ad ogni sorta di abusi (es. esami falsi). Di fronte a questi dubbi di legttimità, molti docenti della Facoltà di Medicina hanno dichiarato di attendere dei chiarimenti prima di aderire al sistema Uniwex. Mi risulta che le critiche del prof. Ghetti siano state accolte dall'ammissione, decisamente naif, che i problemi di illegittimità sono fondati, ma che modificare il software sarebbe troppo complesso! Se è effettivamente così, sono veramente stupefatta del fatto che problemi gravi relativi al rispetto della legalità vengano consapevolmente ignorati dai vertici del nostro ateneo! Mi sembra un sintomo del diffondersi di una "cultura dell'illegalità legalizzata" che sto avvertendo un po' dappertutto e che, a mio parere, fa da pendant ad altri brutti costumi che stanno prendendo piede tra gli strati della nostra società che dovrebbero essere quelli "pensanti" e costituire il baluardo delle istituzioni, della convivenza e dell'eredità culturale dell'illuminismo. Mi riferisco a continui tentativi di travisamento della realtà, riscrittura della storia, schiacciamento delle minoranze, accoglimento di mitologie, dicerie, accettazione senza verifica di "dati e fatti" semplicemente perché avanzati da persone autorevoli o portatrici di istanze che si reputano giuste, abbandono del pensiero logico.... Sono convinta che la tecnica (in questo caso il software) DEBBA e POSSA piegarsi alle esigenze dell'uomo e non viceversa. Se la nostra amministrazione ha fatto la scelta di avvalersi di consulenti informatici non sufficientemente abili e troppo "disinvolti" deve fare un passo indietro e questi problemi vanno presentati in maniera ufficiale alle massime istanze". MM

 

Sulla
RIFORMA DELLO STATUTO GENERALE DI ATENEO

Documenti liberi di un Gruppo di lavoro

   Nel giugno-luglio 2007, in risposta all'invito del Rettore della primavera scorsa, un GRUPPO DI STUDIO ha messo assieme una prima bozza di documento, data una proposta preparata dai proff. GHETTI e LUCIANI. A queste riunioni hanno partecipato, a vario titolo (vale dire: a) come membri del Gruppo; b) come Osservatori-membri del Senato e del Consiglio di Amministrazione), rispettivamente:
a) CALBOLI GUALTIERO, CANTELLI FORTI GIORGIO, GHETTI GIULIO, GUARNIERI ADRIANO, LORENZINI ENRICO, LUCIANI NINO, MARCATO PAOLO STEFANO, PILO' VIRGINIO, PISI ANNA MARIA, POMBENI PAOLO, PORZI GIANNI, SANDROLINI FRANCO, TOMASI VITTORIO, ZAGO ANTONELLA. Ci sono state (è forse opportuno farne mezione) varie adesioni di Colleghi, impediti di partecipare.
b) MUCCINO MARIA, CRISAFULLI LILLA MARIA, DIONIGI IVANO, CANESTRARI STEFANO
  A conclusione dei lavoro, il GRUPPO ha costruito un primo documento, fondato sulla ipotesi che l'Ateneo rimanga centralizzato (sia pur con forme di autonomia in Romagna). Inoltre ha acquisito il vecchio documento della Commissione POMBENI (del 28 gennaio 2002), di cui si è fatto uno stralcio approvato da lui. Il documento è fondato sull' ipotesi che l'Ateneo divenga federale. Per memoria, la Commissione era composta da
 Alberto Destro, Paolo Guidicini, Pier Luigi Parmeggiani, Paolo Pombeni (Presidente), Eraldo Seren, Stefano Zamagni, Stefano Zunarelli.

il Documento della Commissione POMBENI
per l'ipotesi di preferenza per un ATENEO FEDERALE.

SINTESI. La struttura dell'Ateneo diviene federale:
1- le unità di base sono 5 "aree disciplinari";
2- gli esecutivi locali sono retti da un rispettivo ProRettore-Presidente, eletto dall'area;
3- gli organi collegiali deliberanti delle aree sono composti da: ProRettore, Presidi, Direttori di Dip., 2 studenti, 2 tecnici o amministrativi, 2 docenti, rettore;
4- il Rettore è eletto da 5 grandi elettori: i Collegi dei proff. ordinari (con 7 voti), dei proff. associati (con 5 voti), dei Ricercatori (con 3 voti), degli studenti (con 2 voti), del Personale amm.vo (con 2 voti);
5- Il Rettore si vale di un Gabinetto, composto da fiduciari, delegati per materia;
6- Il Consiglio di Amministrazione è composto da: 13 membri eletti, 7 esperti e 2   designati dalla assemblea unica dei grandi finanziatori;
7- Il Senato è composto da 21 membri elettivi (5 Presidi, 5 Direttori di Dip., 3 studenti, 3 amministrativi) e dai 5 ProRettori-Presidenti di area;
8- una Corte di equità fa da arbitrato amministrativo.

***********

 

Documento della Commissione POMBENI  per la riforma dello STATUTO dell'Ateneo

AVVERTENZA. Qui di seguito è ripreso la parte del documento, strettamente relativa al sistema di Governance dell’Ateneo. Si chiarisce anche che il documento della Commissione, dopo una premessa di impostazione generale, individuava tre possibilità di riordino del sistema di governance dell’Ateneo:
- una di "frazionamento" del Mega Ateneo in più Atenei, sul modello della legge che portava quel nome;
- una di riordino per "Poli territoriali", collegati da una struttura centrale, caratterizzati dalla condivisione di strutture;
- una per "aree scientifico disciplinari".
   Delle tre, la Commissione optò (ma non in modo rigido) per la terza di cui, qui si offre uno stralcio.

Ipotesi di GOVERNO  "FEDERALE" DELL’ UNIVERSITA’ DI BOLOGNA E SEDI DECENTRATE
CON UNITA' DI BASE COSTITUITE DA "AREE SCIENTIFICO-DISCIPLINARI"

  1.-   Per l’ipotesi di … una comunità … che federa settori disciplinari specifici di di didattica e ricerca (il significato originario della Universitas Studiorum è che federa le "Scuole" o le "Arti", l'organizzazione preferibile è quella per Aree Disciplinari.
   L’Università viene suddivisa in 5 Aree disciplinari, rette da un ProRettore, rispondenti grosso modo alle seguenti partizioni: 1. Scienze Umane e della Cultura; 2. Scienze Giuridiche, Politiche e Sociali; 3. Scienze Biologiche e Sanitarie; 4. Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali; 5. Scienze della Tecnologia e della Trasformazione
Di ciascuna Area fanno parte sia le Facoltà che i Dipartimenti. …
   Tutta l'attività di gestione e di governo ora accentrata a livello di Senato e Consiglio di Amministrazione diverrebbe di competenza esclusiva delle Aree, salve quelle attività generali e di indirizzo riservate a livello centrale.
L'Area sarebbe retta da un Consiglio di Area formato dal ProRettore Presidente dell'Area, dai Presidi delle Facoltà aderenti, dai Direttori dei Dipartimenti aderenti, da 2 rappresentanti degli Studenti (eletti per esempio dalle componenti studentesche rappresentate nelle Facoltà), da 2 rappresentanti del Personale tecnico-amministrativo, da 3 rappresentanti dei Docenti. Il Rettore è membro di diritto con voto di tutti i consigli di Area.
   Il ProRettore-Presidente è eletto con modalità da designarsi fra i Professori di prima fascia . Si possono proporre due varianti: o disporre una uniformità a livello di Ateneo, riproponendo il meccanismo di elezione del Rettore (vedi il punto dedicato a questo tema); oppure lasciare che ogni Area nel suo regolamento individui le modalità di elezione del proprio vertice.
   L'Area ha competenza esclusiva nella gestione dei mezzi messi a disposizione dall’Ateneo o che fosse in grado di procurarsi autonomamente (si potrebbe studiare per quest’ultimo caso un meccanismo di compensazione a favore dell'Ateneo, anche in vista di una redistribuzione verso le componenti senza colpa più deboli: es. la ricerca di base). In pratica gestirebbe per sé tutto quello che attualmente è gestito a livello centrale. (In questo senso l’Amministrazione centrale viene frazionata tra le Aree, salvo per i compiti di indirizzo generale e regolazione propri del centro – N.d.R.).
.....
   Le singole Aree potranno, nell’ambito dei regolamenti di cui ciascuna si doterà, prevedere, oltre a Facoltà e Dipartimenti, articolazioni specifiche ed originali al proprio interno o anche in consorzio fra più Aree, sia per creare comparti disciplinari funzionalmente omogenei, sia per gestire insediamenti decentrati sul territorio, sia per dare maggiore capacità operativa a proprie componenti impegnate in attività sperimentali di particolare interesse.
   Per le sedi decentrate sul territorio al di fuori dell'Area metropolitana di Bologna si potrà costituire un organismo denominato "Centro di promozione e gestione dell'Insediamento universitario di…" (Forlì, Rimini, Cesena, Ravenna, ecc.)" con il compito di raccogliere e gestire risorse aggiuntive per le necessità dell'insediamento, di promuovere iniziative volte a radicare la nuova realtà universitaria nel contesto territoriale, di realizzare il razionale sfruttamento delle risorse e di promuovere l'idea di appartenenza alle nuove realtà di Studenti, Docenti e Personale tecnico-amministrativo. Ogni "Centro" agirebbe nell'ambito delle Aree disciplinari presenti nell'insediamento di riferimento e sarebbe l'interfaccia operativa del Consiglio di amministrazione per gli interventi gestionali. …
In quest'ottica anche la sede bolognese potrebbe avere un suo "Centro".
Tutti i Presidenti dei "Centri" sarebbero membri con diritto di voto delle assise dei Senati di Area di pertinenza.
Un’organizzazione di questo tipo inevitabilmente cambia il quadro attuale dell’organizzazione…

   Trasformazione della attuale "Giunta" di Ateneo. In uno schema del tipo delineato essa non ha più alcuna ragion d’essere, e soprattutto non è più razionale sia composta da "ProRettori".
A nostro giudizio resterà un "ProRettore Vicario" di nomina Personale del Rettore, esattamente come alter ego, anche se, in una situazione che vede la contrazione decisa dell’attività di ordinaria amministrazione, ce ne sarà minor bisogno. Si potrebbe prevedere anche una delega di firma o di presenza che di volta in volta il Rettore può dare, se necessario e a sua discrezione, ad uno dei ProRettori provenienti dalle Aree.
La attuale Giunta andrebbe invece trasformata in un Gabinetto del Rettore, cioè in una struttura ristretta di collaboratori qualificati e fiduciari del Rettore per un certo numero di settori. I suoi membri avrebbero la qualifica di Delegati del Rettore per.. senza partecipare ad alcun organo, se non come invitati dallo stesso "ratione materiae".

   2.- Senato Accademico Centrale. Si avrà infine un Senato Accademico Centrale formato dai ProRettori-Presidenti eletti ai vertici delle 5 Aree, più 5 Direttori di Dipartimento (uno per Area) eletti da tutti gli aderenti ai Dipartimenti per ciascuna Area, più 5 Presidi di Facoltà (uno per Area) eletti da tutti i membri delle Facoltà di ciascun Area, più 3 membri eletti dal Consiglio Studentesco. Ad essi si dovrebbero aggiungere 3 membri eletti fra il Personale tecnico-amministrativo. (21 persone in tutto).
I ProRettori, Direttori di Dipartimento e Presidi di ogni area dovrebbero essere incardinati ciascuno in una Facoltà diversa, al fine di garantire l'equilibrata rappresentanza delle diverse componenti.

   3. Il Consiglio di Amministrazione
   Il Consiglio di Amministrazione andrà eletto … secondo un principio per cui chi sceglie sono le componenti accademiche, ma non solo fra loro stesse, bensì anche fra esperti esterni che possano garantire una certa "terzietà" rispetto al corpo che amministrano.
   Per l'individuazione di questi esperti esterni un meccanismo individuato per una prima riflessione potrebbe essere il seguente. Ciascuna componente strutturata (dunque o le Aree Disciplinari, o i Poli Territoriali + il Collegio dei Direttori di Dipartimento) predispone liste di esperti nell'amministrazione dell'istruzione avanzata e della ricerca, che andranno individuati al di fuori del Personale in servizio a qualunque titolo nell'Ateneo di Bologna e al di fuori del Personale Docente di altri Atenei Nazionali. All'interno di queste liste complessive vengono estratti i membri del Consiglio di Amministrazione per la quota attribuita agli esperti esterni: l'incertezza del meccanismo di estrazione obbliga tutti a fare designazioni il più "neutre" possibili per garantirsi comunque una efficienza nello svolgimento dei compiti. Il numero di questi membri dovrebbe essere limitato. per esempio 5. Costoro integrano la propria componente eleggendo a maggioranza qualificata altri 2 membri che rispondano alla medesima tipologia.
   Eventuali grandi finanziatori dell'Ateneo per il periodo in cui concorrono al finanziamento potrebbero essere ammessi ad integrare il Consiglio di Amministrazione con ulteriori 2 membri designati di comune accordo dall'assemblea dei grandi finanziatori.
   Le rappresentanze delle categorie, previste per legge, saranno stabilite nella seguente misura: 4 ai Professori ordinari, 3 ai Professori Associati, 2 ai Ricercatori, 2 al Personale tecnico amministrativo, 2 agli Studenti. Eccetto che per gli Studenti, gli altri membri sono eletti direttamente dalle categorie a suffragio universale con preferenza unica. I rappresentanti degli Studenti sono eletti dal Consiglio studentesco, anche al proprio esterno, sempre con preferenza unica.
  Il Consiglio opera avendo alle sue dirette dipendenze tre Nuclei di Valutazione (vedi punto 6), rispettivamente per la attività didattica dei Docenti e delle strutture, alla valutazione della attività di ricerca dei Docenti e delle strutture e alla produttività del sistema amministrativo-gestionale.
   Compiti del Consiglio di Amministrazione. Presieduto dal Rettore, ed elegge nel suo seno a maggioranza qualificata un Vice-Presidente scelto fra i membri "esperti", sono la gestione finanziaria e patrimoniale dell'Ateneo, l'individuazione dei criteri di distribuzione delle risorse disponibili fra le varie componenti e la loro concreta ripartizione, nonché il controllo sulla correttezza finanziaria e gestionale degli organismi amministrativi.

   4. Il Rettore - Nuovo ruolo. Meno figura di gestione della macchina e più "leader di riferimento" dell'Ateneo, sia come garante della "giustizia interna" (bilanciato sviluppo fra le componenti, omogeneità delle regole generali, ecc.), sia come interlocutore con la realtà "extra moenia". Possibilità per lui di operare su progettualità e di essere l'organo che valorizza l'istituzione nel suo complesso.
  In uno schema come quello che stiamo immaginando il ruolo del Rettore risulta più importante ed incisivo, ma anche, come già accennato, ridisegnato rispetto alla forma attuale.
  Il Rettore ricopre infatti contemporaneamente due funzioni: a) rappresentante dell'Ateneo verso l'esterno, ma non nel semplice significato burocratico e "giudiziario" attuale, bensì in quanto espressione della "missione" che l'Ateneo si auto-assegna in ogni mandato; b) punto di equilibrio della federazione scientifico-didattica sia nel rapporto fra le Aree o fra i Poli (a seconda della scelta che si farà), sia nel rapporto fra le componenti della vita associata (Docenti delle varie fasce, Studenti, Personale Tecnico-Amministrativo).
   Per questo è estremamente importante che il sistema di elezione del Rettore sia studiato in maniera appropriata e in modo tale da legittimare la sua investitura in rapporto ai compiti particolarmente rilevanti che si sono appena delineati.
   Suggeriamo le linee di una possibile riforma che, seppure un po' complessa, potrebbe avere un suo fascino istituzionale.

  1. Il Rettore è eletto fra i Professori ordinari dell’Università di Bologna. Dura in carica 5 anni
  2. Il Rettore è eletto dai 5 Collegi elettorali che formano il corpo elettorale dell’Università di Bologna secondo quanto di seguito stabilito.
  3. I Collegi elettorali che partecipano alla scelta del Rettore sono: il Collegio dei Professori Ordinari, Il Collegio dei Professori Associati, Il Collegio dei Ricercatori, Il Collegio del Personale tecnico amministrativo, Il Collegio degli Studenti.
Sono membri del Collegio dei Professori Ordinari tutti coloro che rivestono questa qualifica presso l’Ateneo e che risultano nei ruoli al momento dello svolgimento della prima operazione della tornata elettorale. Se un membro decade da questa qualifica nel corso delle successive operazioni elettorali, mantiene comunque il diritto di voto sino alla conclusione delle procedure elettorali . Se vi sono immissioni nei ruoli nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata in corso. Il Collegio elettorale dei Professori ordinari dispone di 7 voti elettorali.
   Sono membri del Collegio dei Professori Associati tutti coloro che rivestono questa qualifica presso l’Ateneo e che risultano nei ruoli al momento dello svolgimento della prima operazione della tornata elettorale. Se un membro decade da questa qualifica nel corso delle successive operazioni elettorali, mantiene comunque il diritto di voto sino alla conclusione delle procedure elettorali. Se vi sono immissioni nei ruoli nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata in corso. Il Collegio elettorale dei Professori Associati dispone di 5 voti elettorali.
   Sono membri del Collegio dei Ricercatori tutti coloro che rivestono questa qualifica presso l’Ateneo e che risultano nei ruoli al momento dello svolgimento della prima operazione della tornata elettorale. Se un membro decade da questa qualifica nel corso delle successive operazioni elettorali, mantiene comunque il diritto di voto sino alla conclusione delle procedure elettorali . Se vi sono immissioni nei ruoli nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata in corso. Il Collegio elettorale dei Ricercatori dispone di 3 voti elettorali.
   Sono membri del Collegio del Personale tecnico-amministrativo tutti coloro che fanno parte dei relativi ruoli e che sono in servizio al momento dell’espletamento della prima operazione della tornata elettorale. Se vi sono immissioni nei ruoli nel corso delle operazioni elettorali, questi soggetti non partecipano alla tornata già aperta. Il Collegio elettorale del Personale tecnico amministrativo dispone di 2 voti elettorali.
   Sono membri del Collegio degli Studenti tutti gli Studenti iscritti all’Ateneo di Bologna al momento dell’espletamento delle operazioni iniziali della tornata elettorale, che siano in regola col pagamento delle tasse e che non risultino essere iscritti oltre il secondo anno fuori corso. Il Collegio elettorale degli Studenti dispone di 2 voti elettorali.

   Meccanismo di Voto. Ogni Collegio vota in forma autonoma, simultaneamente, con pubblicazione separata dei risultati. La responsabilità di convocazione dei singoli collegi elettorali spetta ai decani di ciascuno dei tre corpi accademici, al Direttore Amministrativo per il Personale tecnico-amministrativo, al Presidente del Consiglio degli Studenti per quello degli Studenti.
   In ciascun Collegio le operazioni di voto sono valide se ad esse partecipano almeno il 65% degli aventi diritto, salvo per il Collegio degli Studenti dove per la validità del voto è richiesta la partecipazione di almeno il 10% degli aventi diritto.
In prima votazione i voti elettorali a disposizione vengono così ripartiti:
  - per il Collegio dei Professori ordinari i 7 voti disponibili vanno tutti al candidato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun candidato raggiunga questo quorum, 4 voti elettorali vengono assegnati al candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 35% dei voti espressi e 3 voti elettorali vanno al secondo candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi. Ove nessun candidato raggiungesse il quorum del 35% si avrebbe l’attribuzione di 2 voti elettorali ciascuno ai primi due candidati che avessero raggiunto almeno la soglia del 20%; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
  Per il Collegio dei Professori Associati i 5 voti disponibili vanno tutti al candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun candidato raggiunga questo quorum, 3 voti elettorali vengono assegnati al candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 35% dei voti espressi e 2 voti elettorali vanno al secondo candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi. Ove nessun candidato raggiunga il quorum del 35%, 2 voti elettorali ciascuno vanno ai primi due candidati più votati, purché questi abbiano raccolto ciascuno almeno il 20% dei voti espressi.; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
   Per il Collegio dei Ricercatori i 3 voti disponibili vanno tutti al candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun candidato raggiunga questo quorum, 2 voti elettorali vanno al candidato più votato, purché questi abbia raccolto almeno il 35% dei voti espressi., mentre 1 voto elettorale va al secondo meglio piazzato purché abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; se nessuno raccoglie il quorum del 35%, 1 voto elettorale ciascuno va ai due candidati meglio piazzati, purché ciascuno abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
   Per il Collegio del Personale tecnico amministrativo i 2 voti disponibili vanno tutti al candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun candidato raggiunga questo quorum, 1 voto elettorale ciascuno va ai due candidati meglio piazzati purché ciascuno abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.
   Per il Collegio degli Studenti i 2 voti disponibili vanno tutti al candidato meglio piazzato che abbia raccolto almeno il 65% dei voti espressi; ove nessun candidato raggiunga questo quorum, 1 voto elettorale ciascuno va ai due candidati meglio piazzati purché ciascuno abbia raccolto almeno il 20% dei voti espressi; in caso di mancato raggiungimento di questa soglia i voti elettorali non verrebbero assegnati.

   I risultati dei singoli collegi con l’attribuzione dei voti elettorali vengono trasmesse al decano dei Professori ordinari che presiede tutte le operazioni elettorali e che provvede a riunire l’attribuzione dei voti ottenuti nei vari collegi ai candidati.
    A questo punto:
   a) Se un candidato ha raccolto almeno 13 voti elettorali sui 19 disponibili è proclamato vincitore della competizione elettorale e Rettore dell’Università di Bologna;
   b) Se nessun candidato ha raccolto questa percentuale, si passa ad una successiva votazione (seconda tornata), sempre per collegi e con le modalità di seguito descritte, ma con possibilità di elettorato passivo solo per i primi tre migliori piazzati nella prima tornata. Nel caso più di un candidato avesse raccolto lo stesso numero di voti elettorali nelle prime tre posizioni, otterrà l’accesso alla seconda tornata quello fra i candidati con eguali voti che abbia avuto complessivamente un numero maggiore di voti sommando tutti quelli raccolti nei vari collegi.
   c) Se le operazioni elettorali non dessero alcun risultato in termini di voti elettorali attribuibili, si andrebbe a una ultima tornata con gli stessi quorum di votanti per la validità delle operazioni previsti per la prima tornata.
In questo caso però i voti elettorali di ciascun collegio vengono assegnati tutti al candidato più votato, quale che sia la sua percentuale di voti.
Risulta eletto il candidato che raccoglie il maggior numero di voti elettorali.

6.- Nuclei di Valutazione. Sono istituiti tre Nuclei di Valutazione, uno per la valutazione dell'Attività didattica dei Docenti e delle strutture dedicate alla didattica, uno per la valutazione dell'attività di ricerca svolta dai Docenti e dalle strutture, uno per la valutazione della produttività del sistema amministrativo e gestionale.
   I primi due Nuclei di Valutazione sono composti ciascuno di 7 personalità di alto livello scientifico e di riconosciuta competenza, 6 estratte a sorte 3 da un elenco di personalità attinenti alle discipline umanistiche e 3 da un elenco di personalità attinenti alle discipline scientifiche, elenchi che vengono formati sommando le indicazioni che provengono dal Senato Accademico, dai Senati di Area e dal Collegio dei Direttori di Dipartimento. Il settimo membro è designato a maggioranza di due terzi dai sei componenti ed assume il ruolo di Presidente.
   I Nuclei valutano quanto di loro pertinenza direttamente o anche avvalendosi di consulenze esterne qualora necessario. Sono dotati di un budget sia per il pagamento dei propri membri che per le spese derivanti dalle consulenze.
   I Nuclei stabiliscono scale di valutazione ed entro queste classificano sia i Docenti che le strutture. Dalla valutazione per la ricerca scientifica sono esclusi i Docenti che ricoprono cariche istituzionali per la durata del mandato e per i due anni successivi. La valutazione dei Docenti sulla didattica riguarda i carichi effettivamente assegnati e tiene conto delle modalità assegnate a ciascuno. I risultati finali di tutte le indagini ordinarie, che devono avere cadenza almeno biennale, sono pubblici, mentre per quanto riguarda gli iter di formazione delle valutazioni ed i lavori interni ai Nuclei i membri sono tenuti al segreto professionale sotto pena di decadenza.
    I membri dei nuclei debbono essere estranei ad ogni rapporto organico di qualunque natura con l'Ateneo Bolognese. La loro durata nella carica e quadriennale e non sono immediatamente rinnovabili.
…..

    7.- Corte di Equità .Il problema della tutela dei Diritti e della risoluzione dei conflitti è una problematica rilevante, per ora trattata solo marginalmente negli statuti, per lo più o in forma di "difensore civico" (GARANTE DI ATENEO, nel nostro attuale statuto) per quel che riguarda i diritti degli Studenti, o talora di "probi viri" per quanto riguarda i diritti dei Docenti (mentre nulla è previsto per il contenzioso, piuttosto ricco, fra organismi interni, specie fra autogoverno dei Docenti negli organismi e burocrazia di vertice).
   A nostro giudizio la figura del GARANTE DI ATENEO non si è dimostrata idonea, al di là dei meriti e della buona volontà delle persone che hanno rivestito e rivestono la carica.
   Al suo posto proponiamo la creazione di una Corte di Equità, cioè un organo collegiale che consenta la risoluzione del contenzioso, di qualunque natura, che si sviluppa in Ateneo. ….
    In quest'ambito andrebbe risolta anche la questione che solitamente si definisce del "difensore civico" degli Studenti.     Al consiglio studentesco si darà l'autorità di nominare un AVVOCATO DEGLI STUDENTI, il quale potrà, di propria iniziativa o su segnalazione degli Studenti, istruire pratiche a difesa di diritti violati da portare davanti alla Corte di Equità per una pronuncia. Ciò creerà una effettiva garanzia, evitando l'attuale situazione in cui il Garante è un raccoglitore di lamentele la cui veridicità non ci risulta venga sempre adeguatamente valutata e che si limita a trasmettere vaghe raccomandazioni agli organi accademici. Avremmo invece sempre il dovere dell'Avvocato degli Studenti di istruire la sua causa (se perde anche lui ci rimette la faccia) e la pronuncia della Corte che finirebbe per sanzionare anche i comportamenti scorretti di chi accusa senza fondamento.
    La Corte di Equità è formata da 5 membri, qualificati per l'esercizio del proprio compito (almeno 2 dovranno avere una comprovata cultura tecnico-giuridica) e posti, se dipendenti dall'Università di Bologna, in servizio esclusivo presso le attività della Corte. Essa agirebbe coi poteri del giudice arbitrale e senza vincolo di formalità, tranne quello della pubblicazione delle sentenze. Chi scegliesse di adire a questa corte dovrebbe contemporaneamente sottoscrivere una rinuncia ad adire le vie della giustizia ordinaria e amministrativa.

 

QUADRO DI SINTESI del Documento Pombeni, sopra presentato

UNITA’ FEDERALI DELL’ATENEO

Area disciplinare 1: "Scienze umane e della Cultura"

Area disciplinare 2: "Scienze giuridiche, politiche e sociali"

Area disciplinare 3: "Scienze biologiche e sanitarie"

Area disciplinare 4: "Scienze matematiche fisiche e naturali"

Area disciplinare 5: "Scienza della tecnologia
e trasformazione"

Nota. Le Aree divengono titolari dei poteri attuali del CdA e al Senato, escluse le attività generali e di indirizzo centrali


ESECUTIVI LOCALI

ProRettore-Presidente dell’Area 1, eletto

ProRettore-Presidente dell’Area 2, eletto

ProRettore-Presidente dell’Area 3, eletto

ProRettore-Presidente dell’Area 4, eletto

ProRettore-Presidente dell’Area 5, eletto


ORGANI COLLEGIALI DELIBERANTI DELLE AREE, A BOLOGNA o (aggiuntivamente) IN ROMAGNA,
con competenze amministrative, e di didattica e ricerca

Consiglio di Area 1:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto)
Consiglio di Area 2:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto)
Consiglio di Area 3:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto)
Consiglio di Area 4:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
-Rettore (di diritto)
Consiglio di Area 5:
- ProRettore
- Presidi
- Direttori dei Dip.ti
- 2 studenti
- 2 tecnici o amministrativi
- 2 docenti
- Rettore (di diritto)


ORGANI DELIBERANTI DI RIFERIMENTO DELLE SINGOLE AREE
(interfacce operative del Consiglio di Amministrazione per la gestione di risorse locali aggiuntive)

Centro di promozione e gestione della Sede di Bologna Centro di promozione e gestione della Sede di Forlì Centro di promozione e gestione della Sede di Rimini Centro di promozione e gestione della Sede di Cesena Centro di promozione e gestione della Sede di Ravenna


ESECUTIVO CENTRALE




RETTORE

Eletto con voto separato da 5 Collegi, che in totale dispongono di 19 voti elettorali:
- Collegio dei Proff. Ordinari, con 7 voti elettorali,
- Collegio dei Proff. Associati, con 5 voti elettorali
- Collegio dei Ricercatori, con 3 voti elettorali
- Collegio degli Studenti, con 2 voti elettorali
- Collegio del Personale Tecn. e Amm.vo, con 2 voti elettorali.
NOTA. I voti elettorali del Collegio sono ripartiti tra i candidati attribuendo un premio ai voti riportati da loro, a seconda della percentuale di voti, rispettiva.


Gabinetto del Rettore


Struttura di fiduciari del Rettore, delegati "ratione materia" (sostituisce la Giunta)


ORGANI COLLEGIALI DELIBERANTI CENTRALI

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

Composizione: 13 membri elettivi, di cui 4 prof. Ordinari, 3 proff. Associati, 2 Ricercatori, 2 Tecnici o Amministrativi, 2 Studenti;
- 7 esperti esterni alle Università italiane, di cui 5 estratti a sorte e 2 votati tra "liste di esperti" predisposte dalle Aree e dai Collegi dei Direttori di Dipartimento;
- 2 designati dall’assemblea dei grandi finanziatori.
Compiti: gestione finanziaria e patrimoniale dell’Ateneo, individuazione dei criteri di distribuzione delle risorse, controllo sulla correttezza finanziaria e gestionale degli organismi amministrativi.


SENATO

Composizione: 21 membri, di cui 5 ProRettori-Presidenti di Area, 5 Presidi eletti dall’Area, 5 Direttori di Dipartimenti eletti dall’Area, 3 studenti eletti dal Consiglio Studentesco, 3 tecnici e amministrativi eletti da tutto il relativo Personale.


NUCLEI DI VALUTAZIONE

Nucleo di Valutazione della Didattica Nucleo di Valutazione della Ricerca Nucleo di Valutazione Amministrazione


CORTE DI EQUITA’

(Struttura di arbitrato amministrativo interno, sostituisce l’attuale GARANTE DI ATENEO)

 

Ateneo di Bologna - MANIFESTAZIONI e OPINIONI

Dal FORUM
Coordinatore: Prof. Giancarlo Barbiroli

Richiesta una programmazione pluriennale, trasparente e condivisa, con criteri oggettivi, per l'attribuzione dei budget per la ricerca e la didattica.

Giulio Ghetti*

A proposito di verbalizzazione degli esami

* Ordinario di diritto della economia, Fac. di Economia

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    A seguito della discussione avvenuta durante l'incontro organizzato dal FORUM martedì 11 dicembre ("Quali prospettive, e quali criteri, per lo sviluppo delle risorse umane nell'Università di Bologna"), si è constatata una forte convergenza su alcuni aspetti che riteniamo basilari per il futuro del nostro Ateneo e che così sintetizziamo.

 1) L’esigenza assoluta di avere certezze per il futuro, con riferimento al budget disponibile ogni anno, ma in un'ottica pluriennale. Si avverte infatti la necessità di una chiara programmazione basata sulla stretta correlazione tra offerta didattica e attività di ricerca, da un lato, e dimensione del corpo docente e ricercatore (ed altre risorse), dall'altro, come avviene in tutte le Università del mondo, superando l’anomalia tutta italiana del fare senza avere i mezzi. Occorre, quindi, avviare un percorso di programmazione pluriennale, trasparente e condiviso,e basato su criteri oggettivi,che tengano conto sia della ricerca che e della didattica.
   In particolare, appare non accettabile il blocco del turnover dei Docenti e Ricercatori, solo in parte superato con la decisione del Senato del 23 Ottobre, a fronte dell’invecchiamento del personale e del continuo aggravamento dei carichi didattici.

   2) Preoccupa la continua crescita numerica del personale amministrativo, a scapito - come è facile dimostrare - del turnover del personale docente e ricercatore, ma anche del personale tecnico. Ciò ha comportato anche una proliferazione talvolta immotivata di uffici, con la moltiplicazione dei dirigenti contrattualizzati.

   3) Infine è fortemente avvertita l'esigenza di una conoscenza diffusa degli aspetti fondamentali della vita e delle dinamiche dell'Ateneo, con adeguati strumenti di comunicazione, per dare concretezza e continuità ai rapporti d’interazione tra corpo Docente e rappresentati eletti negli Organi. Se questo non si verificherà,proseguirà e peggiorerà il distacco tra operato dei rappresentanti e le sensibilità e le esigenze dei docenti. GB

   Da tempo l'Ateneo di Bologna (e ora in particolare nella Facoltà di Economia) si chiede in modo imperativo al docente che, in quanto titolare dell'insegnamento, presiede la commissione degli esami di profitto, di procedere alla verbalizzazione degli stessi utilizzando strumenti elettronici. Ora si chiede che lo stesso sistema venga utilizzato per la compilazione del Registro delle lezioni e delle attività.
A fronte di queste richieste ho posto da subito una serie di quesiti giuridici, rimasti senza risposta anche dopo una copiosa corrispondenza.
I quesiti giuridici partono da questo ordine di considerazioni:
1.-  Sotto il profilo giuridico i verbali di esame sono atti amministrativi di un organo collegiale amministrativo (si perdoni la ripetizione, ma il linguaggio giuridico italiano è assai povero di termini specifici) con competenza alla valutazione; in quanto tali e ad ogni fine sono "atti pubblici" (con la conseguenza che, ad esempio e sotto il profilo penale, fanno piena prova di quanto in essi dichiarato fino a querela di falso). Come ogni verbale di organo collegiale amministrativo, essi sono sotto la responsabilità del segretario dell'organo, non del presidente. La ragione di questo generale principio sta nel fatto che in questo tipo di organo il presidente non ha poteri gerarchici e, dunque, la competenza data al segretario evita, per così dire, ogni tentazione di utilizzare poteri che non sono attribuiti dalla normativa. Prima domanda: perché deve essere il presidente della commissione il solo a disporre della card o password di accesso ?
2.-  I verbali sono altresì atti amministrativi recettizi, e cioè raggiungono la propria efficacia solo se comunicati al destinatario; anche la comunicazione (che ha luogo al momento in cui la commissione esprime il voto e di cui è prova la firma che lo studente appone sul verbale) è nelle competenze e dunque sotto la responsabilità del segretario della commissione. Seconda domanda: il programma informatico utilizzato tiene conto di tutto questo, e in particolare dà la prova che il procedimento amministrativo è stato regolarmente concluso
trasmissione compresa e registrazione della stessa, dal componente dell'organo collegiale che ne ha la competenza e funzione ?
3.- I verbali vengono trasmessi alle Segreterie di Facoltà che li elaborano a vari fini (ad esempio, per l'ammissione all'esame finale di laurea; per le borse di studio; per fini statistici; per il calcolo dei crediti; ecc). La trasmissione non è dunque un mero atto materiale, ma configura una ulteriore fase del procedimento amministrativo di valutazione, rientrante nella cosiddetta "fase dell'efficacia", ed ancora una volta è di competenza e sotto la responsabilità del segretario della commissione giudicatrice. Il tutto nell'ambito di un sistema giuridico che da illegittimità amministrative fa discendere l'obbligo di risarcimento dei danni derivati anche dalla lesione di interessi legittimi: il che significa, a titolo di esempio, che se al momento della laurea si rileva che un esame non pare sia stato sostenuto (ma invece è registrato nel libretto) perché il sistema informatico non ha correttamente funzionato in qualche sua parte, il danno che lo studente subisce deve essere risarcito. Terza domanda: il programma utilizzato dà la prova che l'organo collegiale Commissione ha effettuato la trasmissione e così completato la fase di propria competenza ? e, nel caso positivo, che la stessa è avvenuta perfettamente ? e di questo rimane traccia per la commissione, a discarica di ogni responsabilità del segretario della commissione al riguardo ?
4.- La card o password viene ora utilizzata anche per la compilazione del registro delle lezioni e delle attività. Escluso che la registrazione informatizzata possa essere utilizzata come sistema di controllo della presenza del docente (sotto il profilo giuridico l'utilizzo di un tale strumento dovrebbe avere trovato il preventivo accordo sindacale, ne viene la Quarta domanda: il programma utilizzato dà per ogni lezione o attività spazio sufficiente per le annotazioni necessarie (e che in primis servono al Preside per svolgere la funzione didattica di coordinamento tra gli insegnamenti che a lui annualmente compete) ?
tra i doveri di un docente universitario non vi è certamente quello di avere competenze per utilizzare macchine e programmi informatici, specie quando l'impiego di essi comporta assunzione di responsabilità giuridiche nei confronti di terzi e della stessa amministrazione di appartenenza. Non mi risulta che vi siano state modifiche, sotto questo aspetto, al mansionario del corpo docente e, conseguentemente, allo stato giuridico-retributivo. Quinta domanda: nel pretendere l'uso di questi mezzi informatici l'Ateneo ha provveduto al riguardo (è materia di contrattazione collettiva) o, nel caso negativo, ha messo a disposizione personale tecnico-amministrativo che svolga queste funzioni giuridiche (non sono, infatti, meri atti materiali) ? GG

 

Organizzato da AGORA' - Associazione per il Governo Responsabile dell’Ateneo
Presidente Gualtiero Calboli

Atti dell'incontro-convegno del 15.2.07
  al Dipartimento di Scienze Farmaceutiche

“Quale ‘governance’? Quale statuto?”

con le relazioni di Giorgio Cantelli Forti, Enrico Lorenzini,
Paolo Stefano Marcato, Giuseppe Sassatelli,  Andrea Segré

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Gualtiero Calboli

Nel quadro di una fase di studi e riflessioni sulla riforma della Governance dell'Ateneo di Bologna,
avviata dal Magnifico Rettore Pier Ugo Calzolari, pubblichiamo gli Atti del convegno organizzato da Agorà
nel febbraio u.s., cominciando con le relazioni dei Presidi di Lettere e di Agraria

Prof. Giuseppe Sassatelli,
Preside della Fac. di Lettere

1. Premessa.  Sul problema dei sistemi della "governance" dell’ateneo"  il mio intervento non potrà che essere costituito da una serie di considerazioni che derivano dalla mia esperienza di membro del Senato Accademico, prima come rappresentante dei Direttori di Dipartimento e poi come Preside di Facoltà, con tutti i limiti delle riflessioni che derivano da una esperienza concreta e che in quanto tali possono rischiare di restare episodici e privi di una visione complessiva del problema. Ma questo è nulla di più ho promesso a chi mi ha invitato e questo cercherò di fare sperando comunque di portare un contributo alla discussione.
   La nostra Università (come del resto le altre Università del paese) sta attraversando un periodo di grandi e continue trasformazioni sia per questioni esterne (si pensi solo alle varie riforme della didattica, l’ultima delle quali è in procinto di essere attivata e ci coinvolgerà nei prossimi mesi) sia per vicende interne al nostro Ateneo caratterizzato da forti cambiamenti organizzativi e strutturali. Credo di poter dire a questo riguardo, quasi anticipando le conclusioni della mia riflessione, che l’Università di Bologna ha subito in questi ultimi anni mutamenti continui e profondi nella direzione dell’ampliamento e della complessità che si sono tradotti il più delle volte in un aumento delle complicazioni. La maggiore complessità, che può essere un valore positivo, si è tradotta infatti in maggiore complicazione che invece è un valore fortemente negativo.
    Vorrei ora cercare di esemplificare questo assunto attraverso 3 punti: a) Considerazioni generali sull’Ateneo e sui suoi Organi di Governo; b) Considerazioni sulla Romagna; c) Considerazioni sulla ricerca.

2) Ateneo e Organi di Governo. E’ opinione largamente condivisa che lo Statuto di Ateneo debba essere modificato. E’ un impegno di vecchia data per il quale era stata istituita una apposita Commissione i cui lavori, per quanto lunghi, non hanno approdato ad alcuna proposta concreta. E anche in questo secondo mandato il Rettore ha fatto più volte riferimento ad un gruppo di lavoro o comunque ad una serie di riflessioni che si pongano come obiettivo la modifica dello Statuto. Pur in presenza di tante legittime sollecitazioni e propositi lo Statuto è rimasto, nelle lettera, tale e quale. Ma solo nella lettera perché di fatto sono state introdotte non poche modifiche. Si pensi solo alla composizione e ai compiti della Giunta. Questa, a norma di Statuto dovrebbe infatti essere composta dal Rettore, dal Pro-Rettore Vicario e dal Pro-Rettore alle sedi decentrate e da 6/8 persone che dovrebbero corrispondere ai Presidenti della Commissioni di Ateneo (Didattica, Ricerca, Bilancio, Edilizia, Personale, Rapporti con Istituzioni Esterne). In realtà la Giunta è oggi composta dal Rettore, dai 6 Pro-Rettori, dai 6 Presidenti delle Commissioni di Ateneo, dal Direttore Amministrativo, da un Rappresentante del Personale Tecnico-Amministrativo, da uno studente e da un Rappresentante della facoltà di Medicina per un totale di 17 persone. Come si può notare c’è una evidente contraddizione tra quello che prevede lo Statuto e quello che in realtà succede. E’ vero che nello stesso Statuto è compresa una norma che prevede una presenza allargata nella Giunta di altri membri (peraltro senza diritto di voto), ma questa norma è stata introdotta nel 2001 proprio come norma transitoria nell’attesa di procedere alla modifica dello stesso Statuto. Sono passati 6 anni, ma lo Statuto non è stato modificato e la norma transitoria esiste ancora. Tutto questo rappresenta un elemento di indubbia confusione al quale va aggiunto un meccanismo non sempre chiaro per la concessione delle deleghe alla Giunta da parte del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico. Per cui esiste una Giunta la cui composizione non risponde a normative precise e i cui compiti sono tutt’altro che definiti per cui molto spesso non sono chiari né il ruolo né le funzioni dei vari Organi. Si può capire che si sia ricorso a questo espediente per accelerare decisioni e processi di governo. Ma in questo modo il rischio che si corre è quello di molta confusione nei processi decisionali e di inevitabili sovrapposizioni (a volte anche contraddizioni) nelle funzioni dei vari Organi. Per evitare tutto questo forse basterebbe una rigorosa applicazione dello Statuto attuale anche per evitare che soprattutto il Senato si senta di fatto un poco svuotato dei suoi compiti e delle sue funzioni con la netta impressione – davvero molto negativa – che le decisioni che dovrebbero essere prese qui vengano in realtà prese altrove. Su questa credo si auspicabile tornare allo Statuto o comunque chiarire dettagliatamente funzioni e composizione dei vari Organi di governo dell’Ateneo, nell’attesa della tanto auspicata modifica di Statuto.

3) Romagna. Come sappiamo tutti il progetto di decentramento in Romagna è stato un investimento di grande rilievo che ha avuto esiti molto felici e risultati di grande importanza, sia per quanto riguarda gli studenti che ormai sono un quarto degli studenti dell’Ateneo, sia per quanto riguarda i docenti che cominciano a considerare l’incardinamento in Romagna come un fatto positivo sul quale investire. Al punto che in questi ultimi anni ci si sta ponendo concretamente un altro grande problema che è quello del "decentramento della ricerca". Solo con un consolidato e capillare decentramento della ricerca si potrà considerare completato il processo che dovrebbe avere come risultato una presenza paritetica, rispetto a Bologna, di strutture didattiche e scientifiche nelle diverse sedi romagnole. E per farlo forse sarà necessario adottare soluzioni flessibili e diverse a seconda dei casi, dalla costituzione di nuovi Dipartimenti quando si è in presenze di ambiti di ricerca assenti in Ateneo; oppure di sedi o sezioni di Dipartimento quando invece si tratta di ambiti di ricerca già presenti, evitando duplicazioni o proliferazioni di strutture che non avrebbero molto senso; oppure anche altre soluzioni che tengano conto delle singole specificità. Ma al di là di questo specifico problema vorrei portare la vostra attenzione su un aspetto di carattere generale. Per la fase di avvio e di assestamento del decentramento in Romagna sono stati costituiti i Poli Didattico-Scientifici, uno per sede: Forli, Cesena, Rimini e Ravenna. Questi Poli hanno un Consiglio di Polo nel quale siedono rappresentanti delle strutture didattiche e scientifiche ed esiste inoltre un Coordinamento dei quattro Poli. Se questi organismi hanno avuto un ruolo positivo e propulsivo in una fase di avvio e di radicamento del decentramento in Romagna ora rischiano di sovrapporsi o anche di collidere con gli organi centrali dell’Ateneo, Senato e Consiglio di Amministrazione. Non è sempre è facile infatti raccordare decisioni e progetti del Senato con quelli dei vari Consigli di Polo che da strutture di controllo e con funzioni prevalentemente organizzative si sono progressivamente trasformate in organi di decisone politica, autonoma e distinta da quella degli organi centrali. Credo sia assolutamente indispensabile una riflessione su questo punto e di conseguenza un coordinamento più stretto fra la sede centrale dell’Ateneo e le sue articolazioni in Romagna allo scopo di evitare sovrapposizioni, concorrenze immotivate e a volte anche contrasti tra sedi. Penso soltanto alle proposte di nuovi Corsi di Laurea che dovrebbe essere oggetto di decisioni fortemente coordinate all’interno dell’Ateneo anche per evitare una assurda concorrenza tra centro e periferia che danneggia entrambi. A questo punto occorre infatti pensare all’Università di Bologna come ad una Università unica all’interno della quale ci sono Facoltà che stanno a Bologna e Facoltà che stanno in Romagna, che però vanno considerate pariteticamente e indipendentemente dalla loro dislocazione topografica. Diverso è più complesso è il caso dei Corsi di Laurea decentrati di Facoltà che hanno sede a Bologna. Ma anche su questo con una attenta riflessione di carattere generale credo si possano trovare soluzioni accettabili e condivise per i diversi problemi.

4) Ricerca. Questo è un problema di fondo all’interno della nostra e di tutte le Università. Noi oggi siamo in presenza di un processo di valutazione della ricerca che giustamente è entrato nelle nostre strutture universitarie con un intreccio di metodi e di meccanismi che forse vanno affinati. Ci sono sia organismi nazionali che organismi locali deputati a questo compito. Ma le difficoltà sono molte: si pensi solo al problema di una valutazione unica della ricerca in presenza di tradizioni, strutture e modalità molto diverse di fare la ricerca nei vari ambiti o settori disciplinari. Occorre fare molta attenzione per evitare il rischio che metodi validi per determinati gruppi non si sovrappongano ad altri, penalizzandoli. Ma su questo punto il discorso si farebbe lungo e complicato. Vorrei invece soffermarmi su un altro punto che è quello del rilancio della ricerca. E’ un punto fermo della politica del nostro Rettore nel suo secondo mandato ed un punto salutato da tutti con grande adesione. E’ giusto rilanciare la ricerca in una Università che rischia di essere assorbita e stravolta dalla troppa didattica, recuperando una compito fondamentale del corpo docente e delle nostre strutture. Anche perché, è banale, ma va ribadito: non ci può essere una didattica di qualità, una didattica che si aggiorna e si rinnova continuamente se non c’è una buona ricerca. Questo giusto e condiviso rilancio della ricerca rischia però di prendere una direzione pericolosa che occorre cambiare. Alla base di alcune modifiche nei meccanismi di finanziamento della ricerca di Ateneo si sta pericolosamente consolidando l’idea che la buona ricerca è quella che si sostiene da sola o addirittura quella che riesce ad attirare fondi. Questo può anche essere uno dei parametri da considerare nella valutazione, ma occorre tenere presente che esiste anche una ricerca di base che non può avere grandi riscontri su questo piano e che va ugualmente sostenuta. Se non lo si fa si corre il rischio di incrementare solo la "ricerca applicata" a scapito di settori fondanti della nostra "Universitas dei saperi". Per rilanciare la ricerca occorre predisporre meccanismi che siano in grado di distinguere la buona ricerca, indipendentemente dalle sue ricadute economiche, e di sostenerla. E una buona ricerca significa una ricerca fortemente competitiva secondo parametri e modalità consolidati all’interno delle singole aree disciplinari, ovviamente in ambito internazionale. Se non si ha questo obiettivo o addirittura se a questo obiettivo se ne sostituiscono altri di taglio per così dire più aziendale si farebbe davvero un grave errore.

  Come ho anticipato in apertura le mie sono solo poche considerazioni, parziali e di dettaglio, su aspetti della vita e della organizzazione del nostro Ateneo, senza alcuna pretesa di essere riflessioni di carattere generale o teorico e senza alcuna proposta di soluzioni. Spero comunque che possano essere un utile contributo alla nostra discussione. GS

  Prof. Andrea Segrè
Preside della Fac. di Agraria

1.- Le domande: dall’autonomia partecipativa allo University Pride.
  Perché da qualche tempo ci si interroga sulla Governance e sullo Statuto? È necessaria una riforma complessiva, una nuova definizione del quadro normativo e dell’architettura del sistema? Può bastare solo un ritocco alla nostra "Costituzione" per rilanciare l’"Istituzione"? E ancora: la governance (istituzionale) di Ateneo funziona bene?  Se l’Università è il luogo "principe" dell’alta formazione, in che misura il Sistema Universitario risponde alle esigenze di formazione della società civile e ne serve lo sviluppo?
  Le domande si pongono perché si percepiscono le difficoltà del Sistema Universitario a soddisfare i fabbisogni di formazione necessari allo sviluppo della società civile. Si tratta di riportare l’Università alle origini della sua missione rimettendo il docente e lo studente al centro della vita universitaria, nel nuovo contesto delle relazioni sociali ed alla luce delle nuove prerogative affidate all’Istituzione.
L’Università deve ritornare ad essere una comunità ed essere percepita come tale con il compito precipuo della promozione dell’individuo attraverso il libero confronto delle idee, lo studio, l’elaborazione e la trasmissione delle conoscenze e la promozione della ricerca scientifica e tecnologica.
   Allora: come utilizzare l’autonomia al fine di riportare le Università ad essere "entità distinte e diverse, ognuna con le sue caratteristiche" (luoghi, tradizioni, competenze) senza ambiguità e contraddizioni, ma con una larga e condivisa partecipazione? L’autonomia deve essere percepita come valore ed essere attuata per rilanciare lo sviluppo non solo economico ma anche sociale e culturale del paese: un autonomia partecipativa.
   È necessario consolidare nell’opinione pubblica la consapevolezza che l’Università è il luogo dell’alta formazione e non delle baronie. Bisogna attivare un processo virtuoso di consensi che, partendo dagli studenti e passando attraverso le famiglie, le imprese (mondo produttivo) e le istituzioni (locali, nazionali, internazionali) - che poi sono i nostri portatori di interesse, i nostri interlocutori - arrivi al Parlamento e al Governo della Repubblica.
   Non bastano più le rappresentanze istituite (CRUI, CUN…) a sollecitare interventi finanziari e riforme strutturali a favore dell’Università. Non è solo questione dell’FFO, pur sapendo che esso è tutto ciò che abbiamo, ma, essendo l’Università espressione di una rete di valori affidati ai soggetti che la compongono, è necessario che tutti partecipino al rilancio dell’Istituzione in modo che situazioni paradossali non riassumano (con slogan) i suoi valori e non oscurino il suo prestigio nei diversi ambiti delle arti e delle scienze.
  Si tratta insomma di rivendicare di nuovo e con forza l’orgoglio dell’University: la nostra University Pride. Un percorso certamente lungo che deve trovare con l’intera società nuovi motivi d’intesa, di collaborazione, di sostegno finanziario per realizzare un progetto di comune interesse, nella consapevolezza di aver contributo con l’intero corpo accademico, gli studenti e dottorandi e il management alla realizzazione della sua missione.

2.- Partecipazione, responsabilità e sostenibilità dell’Alma Mater -
Quali sono, dunque, i fabbisogni di modifica del Governo e dello Statuto, anche alla luce del dibattito politico in corso? Il tema della governance è sicuramente centrale nelle problematiche del Sistema Universitario.
  Per quanto ci riguarda, si tratta di ridefinire nuovi modelli di organizzazione e conduzione dell’Ateneo, ovvero darsi strumenti operativi efficienti (e dunque efficaci) per conseguire le finalità su linee strategiche - missione, visione, valori, attributi distintivi e interlocutori - ed attuarne il governo attraverso l’attribuzione di responsabilità unicamente alla componente stabile dell’Accademia o con la possibilità di un maggior coinvolgimento della componente studentesca e della società civile e delle imprese.
  All’individuazione di nuove modalità di governo sembra possa essere data risposta con tre parole chiave: partecipazione, responsabilità e sostenibilità. Parole, per me assai importanti, perché, se opportunamente aggettivate e declinate, potrebbero darci una significativa misura di cosa si può fare per il nostro Ateneo.
L’autonomia ha rafforzato il potere della leadership, senza ben identificare le responsabilità sulle scelte operate. Il sistema di valutazione centrale e periferico è probabilmente inadeguato. Manca una partecipazione sentita, forte, autorevole del Corpo Accademico. La verifica delle responsabilità non può essere lasciata alla conclusione dei mandati degli Organi di Governo.
  Al rito celebrativo dell’inaugurazione dell’Anno Accademico potrebbe accompagnarsi un momento di confronto ampio, per esempio una verifica di indirizzo di metà mandato. Che peraltro nel nostro caso potrebbe configurarsi come una fase costituente per ridisegnare il governo di Ateneo.
   Fra i punti critici dell’attuale governance, tra gli altri, c’è l’esplicita mancata attribuzione di compiti-responsabilità al Rettore. Nel nostro statuto al Rettore è attribuita la funzione di rappresentanza mentre in altri a questa sono esplicitamente attribuite funzioni di iniziativa, attuazione e vigilanza. Gli stessi statuti in maniera esplicita attribuiscono al Senato Accademico le vere funzioni di governo quali le azioni di indirizzo, programmazione e coordinamento. Nella chiarezza dei ruoli, e nel richiamo della realtà, potrebbe essere opportuno attribuire esplicitamente al Rettore la responsabilità della direzione della politica generale dell’Ateneo: "il Rettore garantisce l’unicità di indirizzo politico, promuovendo e coordinando l’attività del Senato Accademico".
   Attribuendo al Rettore queste prerogative, ci si può allora interrogare sulla ragionevolezza dell’attuale Giunta, presente nello statuto bolognese e non in altri. La Giunta ha ora sostanzialmente competenze di governo, mentre le dovrebbero essere attribuite funzioni consultive. Il che pone indubbiamente qualche interrogativo sull’identificazione dei ruoli e sovrapposizione di competenze e va oltre le stesse funzioni degli Organi accademici.
   Attribuendo alla Giunta il ruolo consultivo potrebbe essere opportuno inserire due Pro-rettori rispettivamente per la Didattica e la Ricerca, attribuendo a quest’ultima quel ruolo istituzionale che le è proprio, e ridisegnando le funzioni del Collegio dei Direttori attualmente di mera consultazione.
   Come conseguire, nel quadro delle autonomie, la sostenibilità delle scelte di governo del nostro Ateneo? Non credo si possa tornare indietro sulle scelte allora fatte sul "Progetto del decongestionamento dell’Università di Bologna", riconosciuta fra le esperienze più significative di decentramento dei mega Atenei. Ad un decennio di avvio del decentramento romagnolo si impone una verifica proprio sulla sua sostenibilità.
Con la stessa logica perché non riflettere sul trasferimento alle Facoltà dell’autonomia finanziaria con l’obiettivo di dare una prospettiva credibile agli allievi per ristabilire quel rapporto fiduciario che questi devono avere con l’Istituzione Universitaria che tutt’ora mantiene un fascino non rintracciabile in altre.
   Non si tratta solo di affrontare il problema del rientro dei cervelli, ma di consentire alle Facoltà ed ai Dipartimenti indirizzi cogenti di programmazione delle loro attività su lungo periodo in un ordinato equilibrio fra impegni dell’attività didattica e dell’attività di ricerca.
   E infine perché non coniugare autonomia finanziaria e sostenibilità introducendo il Bilancio Sociale nel nostro Ateneo? Di quest’ultimo ho avuto modo di parlare in intervento che feci in occasione di un seminario organizzato da Agorà sull’Università e il mondo del lavoro (primavera 2004). Il tema oggi è ancora più attuale perché ci porterebbe proprio a definire la responsabilità sociale del mondo universitario in una visione che ponga particolare attenzione alle attività e ai risultati in termini di utilità sociale appunto, rispondendo a criteri di eticità e sostenibilità. Credo che di questi tempi sarebbe un esercizio utile e forse vitale. AS

 

ATENEO DI BOLOGNA: Finanziamento privato della ricerca  con contratto per conto terzi

Delusione per questa voce del bilancio, con trend calante,
e delle cui ragioni occorrerà discutere finalmente
e prendere provvedimenti, se si vuole che abbiano effetti positivi
le recenti defiscalizzazioni introdotte dalla legge finanziaria

Le responsabilità del Rettore e del Direttore amministrativo:
aver gravato troppo sull'utile dei ricercatori
, anzichè proseguire i tentativi
di riforma avviati nell'Ateneo, alle fine del mandato di Fabio Roversi Monaco

Contratti:  il conto per un contratto di € 1000 Relazione tra Prelievo % dell'Ateneo e Utile% del ricercatore
Nota. Sul significato delle curve, vedi sotto.

A

Finanziamento (imponibile al netto di IVA)


1.000,00
B

IVA (20%)

200,00

C

Utile (per esempio, deciso che sia  il 30%)


300,00
D

Costo (es., materiale, attrezzature)

700,00

E

1° Trattenuta per Fondo Comune (20% dell’utile

60,00
F

2° Trattenuta (1% dell’utile)

3,00
g

3° Trattenuta (2,50% del costo)€

17,5
 

 

 
1

Quota compensi* (C-E-F)

237,00

2

Quota spese di funzionamento netto D-G


682,50

3

Quota complessiva trattenuta E+F+G

80,50
4

Quota fondo comune (E)

60,00
5 Quota al bilancio (F+G) 20,50
* Sulla quota compensi al ricercatore c’è una ulteriore trattenuta del 9-10% dal Dipartimento
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STORIA RECENTE

  Il finanziamento privato della ricerca è la grande speranza del futuro dell'Università italiana, ma finora senza vederla decollare. L'entrata al bilancio di Bologna (1.100.000 di euro mediamente all'anno) non è da buttare, ma è decisamente inconfrontabile anche solo con i contributi studentschi, vicini ai 100.000.000 di euro. Va richiamata l'attenzione sul fatto che questa voce indica l'entrata all'Ateneo per trattenute varie sull'utile del ricercatore. Di conseguenza, per risalire al finanziamento privato totale della ricerca per contratti con terzi, occorre moltiplicare, grosso modo, per 10 volte la cifra suddetta.
  Questa cifra, di anno in anno (come si è mostrato nella RUBRICA SPECIALE) ha avuto un trend calante nel 2001-2006, come conseguenza di un Regolamento di questo Rettore, che ha penalizzato i compensi dei ricercatori, e ciò contrasta con tutte le sue dichiarazioni a favore della ricerca. La penalizzazione è consistita in un balzello sugli utili da devolvere al personale amministrativo.
   A causa di questa penalizzazione, si rischia di neutralizare, in entrata, i benefici derivanti dagli incentivi fiscali a favore dei finanziamenti privati della ricerca nelle università. A questo proposito, un esempio di incentivo è l'art. 280 della legge finanziaria n. 296 del 2006 che ha disposto un credito di imposta del "15% dei costi di ricerca e sviluppo riferiti a contratti (di privati - n.d.r:) stipulati con università ...". .
  Vediamo in cosa consiste detta penalizzazione. Nella nostra Università (ma non solo nella nostra, pur se ci sono delle differenze), oltre alle normali imposte sul reddito e agli oneri previdenziali, c'è una tassa universitaria, che varia dal 21% al 40% (dipende dalla % di utile, rispetto al finanziamento). Ciò rende poco appetibile l'operazione, così che alcuni ricercatori (anzi molti, si dice) preferiscono stipulare contratti direttamente (ad es., a nome di un struttura privata, a parte), ed evitare la tassa universitaria.
   In riferimento alle leggi recenti, l'art. 66 del DPR 382, seguìto dalla legge 24.4.1981, disponeva che gli Atenei trattenessero una parte dell'utile per alimentare un fondo comune da assegnare al personale dell'Amministrazione centrale oltre che per recuperare spese sostenute dall'Università per l'espletamento delle prestazioni medesime.
   Da noi, negli ultimi del mandato del Rettore F. Roversi Monaco (ossia dopo quasi 20 anni dal DPR 382), visti i risultati, emerse la preoccupazione di correggere la tassa stessa. Fu incaricato il prof. Adriano Di Pietro di proporre un rimedio, che   fu di eliminare almeno gli oneri previdenziali (cosa che richiedeva una nuova legge) o di ridurre la tassa, cosa che incontrò l'opposizione del Direttore amm.vo, tutore degli amministrativi (allora ero Consigliere di Amministrazione con Giulio Ghetti, che pure patrocinava una revisione della tassa) e non se ne fece più niente.
   La questione fu portata, poi, a livello nazionale (tra cui da me), anche perchè dopo la soppressione degli Istituti e l'istituzione dei Dipartimenti, non c'era più il motivo di quel balzello all'Amministrazione centrale. Venne la legge n. 370/1999, art. 4, c. 5, che delegificò la materia, ossia la "rimise alla autonoma determinazione degli Atenei".
   Si perviene così al DECRETO RETTORALE del 5 nov. 2001, firmato da Calzolari e dalla Fabbro (pubblicato qui di fianco). Con esso fu deciso che a   Bologna:
1) ci fosse una trattenuta del 20% sull'utile del ricercatore, a favore del personale dell'Amm.ne Centrale;
2) che ci fosse una ulteriore trattenuta dell'1% sull'utile medesimo, a favore del bilancio dell'Ateneo;
3) che ci fosse una ulteriore trattenuta del 2,5% sul costo, ossia sul residuo dopo aver detratto l'utile).
3) che comunque l'utile annuo del ricercatore non potese superare il 100% (prima era 30%) della retribuzione lorda.
4) C'è, poi, una prassi (non ne ho ancora trovato il fondamento giuridico), per cui sull'utile cè una ulteriore trattenuta del 9-10% a favore del Segretario del dipartimento del ricercatore, che trovo giusto, ma troppo.
   In altri termini lo scopo innovativo della delegificazione è stato vanificato, a parte l'aver portato il predetto tetto al 100% (ma inutilmente, dato la somma degli oneri).
   Più sopra, in questa "storia", è riportato un conto pratico, relativo all'ipotesi di un contratto di € 1000, in cui si ipotizza che il ricercatore voglia avere un utile (lordo) del 30%. A fianco è riportato poi un grafico che descrive l'entità del prelievo dell'Ateneo, per tutte le ipotesi di utile (dallo 0% al 100% del finanziamento). Precisamente ci sono due curve: quella in basso è il prelievo (in % dell'utile) dell'Amm.ne Centrale, e quello in alto è il prelievo % totale, ossia comprensivo di quanto va al Dipartimento (di solito il 9-10%).
    Preso a riferimento, la sola Amm.ne centrale, si vede che per una % del 10%, l'Amm.preleva il 43,5% dell'utile (51,4% se aggiungiamo il Dip.); per una % del 30% l'Amm.ne preleva il 26,8% (34,7% se aggiungiamo il Dip.); per una % del 100%, l'Amm.ne preleva il 21% (28,9% se aggiungiamo il Dip.).
   QUALE RIMEDIO ? A mio modo di vedere il rimedio è abbattere la tassa locale, in modo da incentivare i ricercatori a cercare finanziamenti, ed a riportare in Ateneo quelli usufruiti esternamente. Ciò farebbe aumentare le entrate, e di questo trarrebbero vantaggio anche gli amministrativi. Mi fermo qui, perchè desidererei preventivamente conoscere le idee dei Colleghi. NL

Il Regolamento dell'Ateneo di Bologna
per i contratti di ricerca per conto terzi
firmato dall'attuale Rettore il 5.11.2001

REGOLAMENTO INERENTE ALLE MODALITÀ DI RIPARTIZIONE DEI PROVENTI DERIVANTI DALLE PRESTAZIONI DI CUI ALL'ART. 66 DEL DPR 382/80 E DALL'ART. 49 DEL T.U. DELLE LEGGI SULL'ISTRUZIONE SUPERIORE

Provvedimento emanato con Decreto Rettorale in data 05/11/2001 n. 378 del registro generale dell'Ateneo n. 26 del registro interno dell'Ufficio

IL RETTORE VISTO il D.R. n. 84/2000 del 28.03.2000 relativo alla modifica del regolamento inerente alle modalità di ripartizione dei proventi derivanti dalle prestazioni di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80 e all'art. 49 del T.U. delle leggi sull'Istruzione Superiore; VISTA la delibera del Consiglio di Amministrazione del 23.10.2001 avente ad oggetto la modifica degli articoli 3, 5 e 6 del regolamento inerente alle modalità di ripartizione dei proventi derivanti dalle prestazioni di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80; PRESO ATTO che queste ultime implicano la revisione del regolamento, alla luce delle modifiche apportate agli articoli 3, 5 e 6; QUANT'ALTRO VISTO E CONSIDERATO;

DECRETA

Il regolamento inerente alle modalità di ripartizione dei proventi derivanti dalle prestazioni di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80 e all'art. 49 del T.U. delle leggi sull'Istruzione Superiore, di cui al D.R. n. 84/2000 del 28.03.2000, viene così riformulato:

Articolo 1.  È emanato il presente regolamento che disciplina le modalità di ripartizione dei proventi derivanti da attività di ricerca e consulenza, eseguite mediante contratti e convenzioni stipulati dall'Università di Bologna con Enti pubblici o privati, ai sensi dell'art. 66 del D.P.R. 382/80, nonché le attività svolte dalla Università medesima, ai sensi dell'art. 49 del T.U. delle Leggi sull'Istruzione Superiore, approvate con R.D. 31.8.1933 n. 1592. Ai fini di cui al presente regolamento per attività di ricerca e di consulenza per conto terzi si intendono quelle prestazioni eseguite dall'Università, avvalendosi delle proprie strutture, che non rientrino nei doveri istituzionali dell'Università stessa, ed in cui l'interesse del committente sia prevalente. L'esecuzione di tali prestazioni sarà affidata, di norma, ai Dipartimenti, alle Unità Complesse di Istituti, agli Istituti, ai Centri interdipartimentali ed ai singoli docenti a tempo pieno. Non sono disciplinate dal presente regolamento le prestazioni ambulatoriali e i servizi di diagnosi e cura effettuati negli Istituti e Cliniche universitarie di ricovero e cura, anche se gestiti direttamente dall'Università, poiché regolamentati dall'art. 10 del Decreto Interministeriale 9/11/1982 (relativo all'approvazione degli schemi-tipo di convenzione tra Regione e Università e tra Università e U.S.L.). Sono compresi nella presente normativa l'organizzazione e lo svolgimento, richiesti da Enti pubblici o privati, di corsi di formazione ed aggiornamento, che non rientrino fra i corsi di cui al D.P.R. 162/82 e non siano rivolti al personale universitario, e che non rientrino nei corsi aventi le finalità di cui all'art. 92 del D.P.R. 382/80.

Articolo 2.  Restano esclusi di norma dalla ripartizione dei proventi i contratti e le convenzioni stipulati con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e con gli Enti pubblici di ricerca e sperimentazione di cui alla L. 20.3.1975 n. 70. Sono altresì esclusi dal regime di ripartizione i contratti e le convenzioni stipulati con Ministeri, con Enti pubblici o morali, anche esteri ed internazionali, per lo svolgimento di programmi di ricerca, a condizione che in tali attività risulti accertato, in maniera inequivocabile, il prevalente interesse dell'Università e che le prestazioni eseguite siano pertinenti ai fini dell'Università. Ai fini di cui al comma precedente, il Consiglio di Dipartimento, di Unità Complessa di Istituti, di Istituto o di Centro Interdipartimentale, in sede di esame della proposta, deve adeguatamente motivare se ritiene sussistere le condizioni illustrate; dovrà comunque essere informato il personale non docente della decisione adottata mediante affissione in apposito albo della relativa delibera. La decisione definitiva in merito all'esenzione dal riparto spetta, per i soli Istituti, al Consiglio di Amministrazione. Tale deroga al regime di cui all'art. 66 del D.P.R. 382/80 può essere consentita, solo in casi eccezionali, per le convenzioni ed i contratti stipulati con Enti privati, e in presenza delle condizioni stabilite per l'esenzione dal riparto dei corrispettivi (prevalente interesse dell'Università, le attività eseguite sono pertinenti ai fini dell'Università); la deliberazione del Consiglio di Amministrazione o del Consiglio di Dipartimento o di Unità Complessa di Istituti o di Centro Interdipartimentale deve comunque essere adottata dalla maggioranza dei 4/5 dei presenti. (segue con articolo 3).

Articolo 3. Ai fini della determinazione dei corrispettivi per l'esercizio delle attività indicate nel 1° comma dell'art. 1, dovrà tenersi conto delle seguenti voci: A) Costi e spese Costo sostenuto da Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro interdipartimentale per far fronte a tutte le spese correlate alla conduzione della ricerca commissionata. L'ammontare delle spese generali, determinato in ragione del 2,5% dell'ammontare complessivo delle spese correlate alla ricerca commissionata, viene introitato a bilancio universitario. B) Utili in misura non inferiore al 30% della sommatoria delle spese di cui al punto A). Fermo restando quanto previsto al punto B), le spese di cui al punto A) possono essere compensate mediante cessione di attrezzature, ma solo parzialmente, nella misura in cui queste fanno fronte alle spese; in tal caso - fermo restando che deve essere assicurato, in denaro, un utile non inferiore al 30% della sommatoria delle spese - è possibile non operare la trattenuta del 2,5% in favore del Bilancio Universitario di cui all'art. 3/d, previa delibera del Consiglio di Amministrazione, necessaria anche nel caso dei contratti stipulati direttamente dai Dipartimenti, dalle Unità Complesse di Istituti e dai Centri Interdipartimentali. I corrispettivi e le tariffe da richiedere ai committenti (e fissati al lordo dell'IVA) per contratti e convenzioni sono stabiliti dai Consigli di Istituto o Dipartimento o Unità Complessa di Istituti o Centro Interdipartimentale e approvati dai rispettivi organi competenti. Gli Istituti, i Dipartimenti, le Unità Complesse di Istituti e i Centri Interdipartimentali dovranno comunque contabilizzare accuratamente i costi al fine del recupero dell'I.V.A. sugli acquisti. Per le prestazioni tariffabili si potrà fare riferimento alle tariffe vigenti presso gli Enti locali territoriali e a quelle determinate sulla base di disposizioni normative di carattere generale. Le tariffe vanno comunque aggiornate annualmente secondo l'indice ISTAT; ugualmente i corrispettivi dei contratti, qualora possibile. Il Consiglio di Amministrazione fissa annualmente l'importo minimo per prestazioni a pagamento del tipo sperimentazioni farmaci, effettuate sia da Istituti e Cliniche della Facoltà di Medicina e Chirurgia, sia da tutte quelle strutture che eseguono sperimentazioni farmaci in generale.

Articolo 4. Una quota parte degli utili derivanti dall'esecuzione delle attività previste dall'art. 1, pari all'1% dell'utile medesimo, viene destinata dagli Istituti e dalle Unità Complesse di Istituti alla copertura delle spese di carattere generale sostenute dall'Università. Tale disposizione non si applica ai contratti e convenzioni stipulati dai Dipartimenti e Centri Interdipartimentali.

Articolo 5. Ai fini dell'attuazione dell'art. 4 del d.l. del 28.5.1981 n. 255, convertito nella legge 24.7.1981 n. 391, una quota degli utili derivanti dalle prestazioni di cui al presente regolamento, pari al 20% dell'utile medesimo, verrà destinata al fondo comune di Ateneo e ripartita secondo i parametri di seguito indicati: a) personale tecnico-amministrativo appartenente al ruolo dirigenziale e personale tecnico-amministrativo cui è stato conferito l'incarico di funzioni dirigenziali: 4; b) personale tecnico-amministrativo appartenente alle categorie D ed E.P.: 3; c) personale tecnico-amministrativo appartenente alla categoria C: 2; d) personale tecnico-amministrativo appartenente alla categoria B: 1,5. Al personale non docente che collabora all'esecuzione delle prestazioni è comunque assicurato un compenso pari complessivamente alla quota spettante sulla ripartizione del fondo comune. Il personale non docente continua a concorrere alla ripartizione del fondo comune durante i periodi di assenza nei quali mantiene l'intero trattamento stipendiale.

Articolo 6 .Il personale docente e non docente che collabora all'esecuzione delle prestazioni disciplinate dal presente regolamento è compensato fino al limite della quota percentuale residua degli utili e comunque in misura non superiore al 100% della relativa retribuzione lorda. L'utilizzazione del personale non docente avviene nell'ambito dei compiti assegnati in base agli artt. 85 e 87 del D.P.R. 382/1980. I compensi spettanti ai sensi del 1° comma sono ripartiti tra il personale che ha partecipato alla prestazione anche in rapporto all'impegno orario richiesto, secondo i seguenti coefficienti comparativi: - personale docente di ruolo delle due fasce e professori incaricati: 3; - personale del ruolo dei ricercatori e assistenti ad esaurimento: 2,5; - personale tecnico-amministrativo appartenente alle categorie D ed E.P.: 2; - personale tecnico-amministrativo appartenente alle categorie B e C: 1,5. Alle persone che, sottoscrivendo la relazione finale, assumono responsabilità in proprio, i valori dei rapporti delle relative categorie sono aumentati di una unità. Le proposte di riparto dei proventi e quelle relative al personale che si intende utilizzare per l'esecuzione della ricerca vengono affisse all'albo dell'Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale, a cura del Direttore del medesimo almeno 5 giorni prima della riunione del relativo Consiglio, affinché il personale tutto possa avanzare eventuali osservazioni, che dovranno comunque essere riportate a verbale nella delibera di approvazione. L'elenco del personale partecipante potrà essere aggiornato per eventuali esigenze emerse nel corso della ricerca.

Articolo 7. Il verbale relativo alla delibera del Consiglio di Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale deve contenere: l'approvazione dell'esecuzione della prestazione, la ripartizione del corrispettivo fra utili e costi ovvero la richiesta di esenzione dal riparto, l'individuazione del responsabile scientifico e l'elenco del personale docente e non docente che si prevede di utilizzare nel corso della prestazione stessa. La delibera dovrà essere esposta all'albo dell'Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale. Gli Istituti dovranno trasmettere le delibere all'Amministrazione centrale per l'inoltro al Consiglio di Amministrazione. Con la delibera di cui al presente articolo, le Unità Complesse di Istituti, i Dipartimenti e i Centri interdipartimentali autorizzano inoltre la stipula dell'atto dando mandato al Direttore, o ad altri. Le Unità Complesse di Istituti, i Dipartimenti ed i Centri interdipartimentali, inoltre, sono tenuti a comunicare all'Amministrazione i dati concernenti la stipulazione di contratti e convenzioni (anche quelli non soggetti a riparto), al fine di mantenere aggiornati i dati relativi alle attività di ricerca svolte presso l'Ateneo.

Articolo 8. Gli utili residui che dovessero risultare disponibili a seguito dei limiti della ripartizione di cui ai precedenti artt. 5 e 6 e delle minori spese sostenute, nonché a seguito di rinuncia alle quote da parte degli aventi diritto ai sensi dell'art. 6, devono essere destinati all'acquisto di materiale didattico e scientifico ed alle spese di funzionamento dell'Istituto, Unità Complessa di Istituti, Dipartimento o Centro Interdipartimentale che hanno eseguito le prestazioni di cui al presente regolamento. Il Consiglio di Amministrazione dell'Università e i Consigli dei singoli Dipartimenti, Unità Complesse di Istituti e Centri Interdipartimentali, in sede di predisposizione del conto consuntivo annuale, accerteranno gli utili di cui al primo comma, indicando, al contempo, la quota parte destinata a spese di investimento e quella destinata a spese di funzionamento. A tal fine il Consiglio di Amministrazione terrà conto delle indicazioni formulate dai predetti organismi.

Articolo 9. Entro il 30 aprile di ogni anno si procede alla ripartizione del fondo comune di cui all'art. 5 derivante dai proventi introitati durante il precedente esercizio. La quota di fondo comune non erogata a seguito dell'effettuazione dei conguagli di cui al secondo comma dell'art. 5 andrà ad incrementare il fondo comune dell'esercizio corrente.

Articolo 10. Le quote pari al 2,5% delle spese di cui all'art. 3, e pari all'1% degli utili a favore dei soli Istituti e Unità Complesse di Istituti, di cui all'art. 4, vengono introitate dal bilancio universitario, rispettivamente: - alla F.E. 01.16.09 "Percentuali al Bilancio per prestazioni conto terzi". La quota pari al 20% dell'utile di cui all'art. 5, viene introitata dal bilancio universitario: - alla F.E. 01.16.04 "Recupero 20% fondo comune art. 66 e prestazioni a pagamento" con corrispondente disponibilità in spese, alla F.S. 01.20.02 "fondo comune prestazioni conto terzi."

Articolo 11. Il presente regolamento ha validità per l'anno finanziario, rinnovabile automaticamente di anno in anno, salvo eventuali proposte di modifica da avanzare entro il 30 settembre di ogni anno.".

Il presente decreto è conservato nella raccolta dei regolamenti dell'Ateneo e pubblicato nel bollettino ufficiale dell'Ateneo.
Dal Rettorato, addì 5 novembre 2001

IL DIRETTORE AMMINISTRATIVO (f.to Dott.ssa Ines Fabbro)
IL RETTORE (f.to Prof. Pier Ugo Calzolari)

 

A conclusione della prima grave crisi politica del Governo PRODI

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Giorgio Napolitano

La INDICAZIONE di NAPOLITANO
Presidente della Repubblica Italiana:

"Mettere in conto, come prossima fase politica a metà legislatura,
un Governo istituzionale per fare una nuova legge elettorale"
 

Frattanto FOLLINI votando il Governo, da esterno,
è come si sia messo già al lavoro per la nuova fase

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Marco Follini

    LUCIANI: detta fase dovrebbe preparare le basi per la ricostituzione dell'inter-classismo con 4-5 partiti,  in Parlamento, ma in modo nuovo rispetto a quello della vecchia DC (si vegga sotto).
    FOLLINI, poi, votando il Governo, da esterno, è come si sia messo già al lavoro per la nuova fase, a cominciare dallo scongiurare i baratri incombenti del berlusconismo. L'UDC ci pensi bene, anche perchè l'UDC potrebbe votare il Governo da esterno, ponendo esplicitamente come condizione l'impegno per una legge elettorale proporzionale, con sbarramento, e l'otterrebbe.

Gli ingredienti della fase 2, a metà legislatura:

1) OBIETTIVI:  chiudere definitivamente la transizione dalla 1a alla 2a Repubblica, aperta nel 1992-94 con la nascita di FI. Questa fase dovrebbe essere avviata con una legge proporzionale con sbarramento, che porti 4 - 5 partiti in parlamento, e con una riforma costituzionale per l'elezione diretta del Presidene del Consiglio, contemperata da un rafforzamento dei poteri di garanzia costituzionale del Capo dello Stato.

2) STRUMENTI, per fare la legge:
a) la formazione del partito democratico;
b) la formazione del partito del centro (UDEUR+ UDC+ 30 partitini centristi già in lista d'attesa);
c) un ri-orientamento di AN+FI verso il nuovo corso;
d) la formazione del partito unitario della sinistra, mediante armonizzazione di RC et Company

La prova del 9, perchè il conto torni, dovrebbe essere che Mister B sia lasciato libero di spifferare con le sue TV   (purchè senza esagerare nel far vedere che ROMA è MILANO), ma anche che non sia trascurata una modalità mediatica stabile per spiegare al nostro popolo la nuova direzione di marcia.

PERCHE' QUESTE PROPOSTE

   Ci troviamo in un grave impasse istituzionale, anche pericoloso per la democrazia, e questo a causa (non solo questo) di una legge elettorale fatta da Mister B,  che santo non è, e  credo che gli italiani lo sappiano se, solo qualche mese fa, hanno respinto, con referendum, una RIFORMA COSTITUZIONALE (del precedente Governo) che aveva creato apprensioni per la continuità della democrazia in Italia e problemi seri per l'unità nazionale.
   A riguardo del primo punto, non credo che gli italiani abbiamo dimenticato che la Costituzione,

LA LEGGE ELETTORALE che qui si propone:

    1.- Elezione del Parlamento
a) Il parlamento è eletto a suffragio universale con riparto dei seggi, tra i partiti, proporzionalmente ai voti ottenuti, al netto di uno sbarramento del 5% dei voti elettorali sia per il partito che si presenti da solo, sia per la coalizione.
b) La partecipazione dei partiti alle elezioni non richiede firme di presentazione.
c) Il diritto di voto include la possibilità di esprimere una preferenza.
    2.- Rimborso delle spese elettorali dei partiti
a) i partiti hanno diritto al rimborso delle spese elettorali, proporzionalmente ai voti riportati. Nel caso di partiti federati presentatisi in unica lista o in coalizione, il partito che esca dalla federazione o dalla coalizione perde il diritto al rimborso fin dall’origine.
    3.- Elezione del Presidente del Consiglio
a) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale diretto, tra i candidati che hanno ottenuto la nomina a candidato nelle elezioni primarie.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si passa al ballottaggio tra i due più votati.
Non è eleggibile chi abbia già svolto due mandati consecutivi.
Il Premier nomina e revoca i Ministri, che sono insediati, subordinatamente alla fiducia delle Camere.
b) Elezioni primarie. Tre mesi prima delle elezioni del Presidente del Consiglio, sono fatte, in base a disposizioni di legge, le elezioni primarie per scegliere i candidati a Premier.
Le candidature possono essere presentate, con un rispettivo programma, da partiti e associazioni annotate all’Ufficio del Pubblico Registro
c) Ottiene la nomina a candidato, per ogni rispettivo partito o associazione, chi abbia ottenuto il maggior numero di voti, purchè il rispettivo partito o associazione abbia ottenuto più del 10% dei voti degli elettori di almeno 5 Regioni
    4.- Nuovi poteri del Presidente della Repubblica
Le leggi e gli atti del Governo, aventi forza di legge, possono essere rinviati preventivamente alla Corte Costituzionale, per il parere di costituzionalità, dal Capo dello Stato di propria iniziativa o su richiesta di 1/3 di una delle Camere o di 5 Consigli Regionali.
  In caso di parere negativo non ha luogo la promulgazione.

fatta da Mister B, prevedeva lo scioglimento delle Camere, in caso di sfiducia al Premier, su semplice sua richiesta. Questo voleva dire la demolizione della sovranità popolare, giacchè il popolo può difendersi solo mediante un parlamento indipendente dal Governo.
  A riguardo del secondo punto, non credo che gli italiani abbiano dimenticato che la durezza fiscale ha la sua origine nel federalismo irresponsabile, già attuato dalla precedente riforma costituzionale (era un Governo di sinistra), e che il federalismo di  Bossi-Berlusconi avrebbe reso ulteriormente incomprimibile la fiscalità (a  parte tutte le chiacchiere di cui si riempiono la bocca. Del resto, quante volte l'UE aveva tirato le orecchie a Mister B !
  Non credo poi che gli italiani abbiano dimenticato che Mister B aveva chiesto (nel 2001) il voto per un programma liberale (a cui anch'io avevo creduto, ma adesso non più), che prevedeva la riduzione della pressione fiscale. E nemmeno hanno dimenticato che, poi, al quarto anno di legislatura (vale dire, ormai sotto le nuove elezioni), voleva ridurre l'imposta sul reddito, ma senza aver abbattuto nei precedenti tre anni la spesa pubblica e fatte le privatizzazioni. E allora giustamente FOLLINI glielo ha impedito, se non si voleva la bancarotta nei conti dello Stato, ed entrare in ulteriore rotta di collisione con l'U.E.
E che dire della riforma universitaria, che doveva andare verso l'autonomia all'Università pubblica (art. 33 della costituzione), e che invece è andata alla centralizzazione, e inoltre verso la precarizzazione dei ricercatori (ma, per fortuna, impedita dalla reazione compatta dei docenti e ricercatori).
E che dire della vicenda dell'EURO, il cui cambio con la LIRA era stato calcolato in modo errato dal precedente Governo PRODI, ma che entrò in funzione sotto il Governo di Mister B derubando il 50% del reddito fisso (col raddoppio dei prezzi) a favore del reddito variabile. Qui dentro ci sono i commercianti, i liberi professionisti, e le sue imprese). E cosa fece Mister B per impedire quel furto ? Non aveva il potere monetario, ma aveva quello fiscale, e  non fece nulla, salvo il "teatrino" al quarto anno ....
Non diremo, certamente, che MISTER B non abbia fatto nulladi buono nei 5 anni. Ad es.ha fatto la riforma del diritto societario, il divieto di fumo nei luoghi pubblichi. BENE. Ma questo è cosa diversa da un programma liberale.
  E che dire di qualcuno (DE GREGORIO) che vota per lui , e che non è bollato per traditore, mentre lo è FOLLINI perchè vota per il nuovo Governo ?
  Ritengo che l'indicazione di NAPOLITANO sia quella di una obiettiva difficoltà istituzionale della democrazia in Italia e dunque che, da questo momento, derivi per tutti il dovere di operare per un nuovo corso politico per la patria, che comporta superare la fase transitoria dalla prima alla seconda Repubblica, iniziat nel '92-'94 con la nascita di FI (a suo tempo meritoriamente per la democrazia in Italia), ma che attualmente ha i connotati dell'eversione (il potere per il potere).
  Dunque, se c'è qualcuno (FOLLINI) che ha il solito difetto di vedere e fare le cose in anticipo, dovremmo rendergli MERITO o DEMERITO ? Lo chiedo a Mister B, ma non per me che già la penso come FOLLINI. NL

 

ELEZIONI  del CUN - Consiglio Universitario Nazionale

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Risultati delle votazioni
dicembre 2006

Tra i professori ordinari e associati, si impongono le "cupole"
(tra i professori associati, perde Paolo Manzini - Cipur).
Tra i "volenterosi" ottimo risultato per il CNRU: eletti 6 ricercatori su 14
Fanalino di coda tra i "volenterosi": Nino Luciani, I Fascia, 3 voti


AREA 01 - Scienze matematiche e informatiche
Professori Ordinari: ANZELLOTTI Gabriele Univ. TRENTO SCIENZE MAT.FIS.NAT. MAT/05
Professori Associati: MANGIONE Vittorio Univ. PARMA SCIENZE MAT.FIS.NAT. MAT/03
Ricercatori Universitari: CENCIARELLI Pietro ROMA "La Sapienza" SCIENZE MAT.FIS.NAT. INF/01

AREA 02 - Scienze fisiche
Professori Ordinari: ROSSI Paolo Univ. PISA SCIENZE MAT.FIS.NAT. FIS/02
Professori Associati: CAPUZZO DOLCETTA Roberto Angelo ROMA "La Sapienza" SCIENZE MAT.FIS.NAT. FIS/05
Ricercatori Universitari: FRATTINI Romana Univ. VENEZIA SCIENZE MAT.FIS.NAT. FIS/03

AREA 03 - Scienze chimiche
Professori Ordinari: NOVELLINO Ettore Univ. NAPOLI FARMACIA CHIM/08
Professori Associati: MENZIANI Maria Cristina Univ. MODENA e R. E. SCIENZE MAT.FIS.NAT. CHIM/02
Ricercatori Universitari: MARINO Tiziana Univ. della CALABRIA SCIENZE MAT.FIS.NAT. CHIM/03

AREA 04 - Scienze della Terra
Professori Ordinari: MORRA Vincenzo Univ. NAPOLI SCIENZE MAT.FIS.NAT. GEO/07
Professori Associati: CAROSI Rodolfo Univ. PISA SCIENZE MAT.FIS.NAT. GEO/03
Ricercatori Universitari: CARMINATI Eugenio ROMA "La Sapienza" SCIENZE MAT.FIS.NAT. GEO/03

AREA 05 - Scienze biologiche
Professori Ordinari: CUOMO Vincenzo ROMA "La Sapienza" FARMACIA BIO/14
Professori Associati: CUCCO Marco PIEMONTE ORIENTALE SCIENZE MAT.FIS.NAT. BIO/05
Ricercatori Universitari: NARO Fabio ROMA "La Sapienza" MEDICINA e CHIRURGIA BIO/17

AREA 06 - Scienze mediche
Professori Ordinari: LENZI Andrea ROMA "La Sapienza" MEDICINA e CHIRURGIA MED/13
Professori Associati: AMORE Mario Univ. PARMA MEDICINA e CHIRURGIA MED/25
Ricercatori Universitari: REALACCI Massimo ROMA "La Sapienza" MEDICINA e CHIRURGIA MED/04

AREA 07 - Scienze agrarie e veterinarie
Professori Ordinari: RUSSO Vincenzo Univ. BOLOGNA AGRARIA AGR/19
Professori Associati: SANESI Giovanni Univ. BARI AGRARIA AGR/05
Ricercatori Universitari: TOSCANO Attilio Univ. CATANIA AGRARIA AGR/08

AREA 08 - Ingegneria civile ed Architettura
Professori Ordinari: SIVIERO Enzo IUAV - VENEZIA ARCHITETTURA ICAR/09
Professori Associati: LOSCO Giuseppe Univ. CAMERINO ARCHITETTURA ICAR/12
Ricercatori Universitari: MONTELLA Alfonso Univ. NAPOLI INGEGNERIA ICAR/04

AREA 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione
Professori Ordinari:1 STELLA Andrea Univ. UDINE INGEGNERIA ING-IND/31
Professori Associati: POGGIOLINI Pierluigi Politecnico TORINO INGEGNERIA II ING-INF/03
Ricercatori Universitari: PIZZUTILO Fabrizio Politecnico MILANO ING. dei SISTEMI ING-INF/06

AREA 10 - Scienze dell'antichita', filologico-letterarie e storico-artistiche
Professori Ordinari: COSTA Simona Univ. ROMA TRE LETTERE e FILOSOFIA L-FIL-LET/11
Professori Associati: TORTORELLA Stefano ROMA "La Sapienza" SC.UMANIST.(Lett...) L-ANT/07
Ricercatori Universitari: RESTUCCIA Laura Univ. PALERMO LETTERE e FILOSOFIA L-FIL-LET/14

AREA 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Professori Ordinari: RUGGIU Luigi Univ. VENEZIA LETTERE e FILOSOFIA M-FIL/06
Professori Associati: BIAGIANTI Ivo Univ. SIENA LETTERE FILOSOFIA II M-STO/02
Ricercatori Universitari: ZILLI Sergio Univ. TRIESTE LETTERE e FILOSOFIA M-GGR/01

AREA 12 - Scienze giuridiche
Professori Ordinari: D'ANGELI Fiorella Univ. CASSINO GIURISPRUDENZA IUS/01
Professori Associati: BUSACCA Carlo Univ. MESSINA GIURISPRUDENZA IUS/18
Ricercatori Universitari: BASSU Giuseppe Francesco Univ. SASSARI GIURISPRUDENZA IUS/08

AREA 13 - Scienze economiche e statistiche
Professori Ordinari: FAVOTTO Francesco Univ. PADOVA ECONOMIA SECS-P/07
Professori Associati: PETRUCCI Alessandra Univ. FIRENZE PSICOLOGIA SECS-S/01
Ricercatori Universitari: RITROVATO Ezio Univ. BARI ECONOMIA SECS-P/12

AREA 14 - Scienze politiche e sociali
Professori Ordinari: FRUDA' Luigi Gabriele ROMA "La Sapienza" SC. COMUNICAZIONE SPS/07
Professori Associati: AMORETTI Francesco Univ. SALERNO LETTERE e FILOSOFIA SPS/04
Ricercatori Universitari: D'ANDREA Dimitri Univ. FIRENZE LETTERE e FILOSOFIA SPS/01

 

 

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EDIZIONI   PRECEDENTI

Riceviamo e giriamo

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Publio Fiori

Di nuovo sulla "unità dei cattolici" in politica

Importante Lettera aperta di Publio Fiori

"Il risveglio dei cattolici in politica"

* Avvocato, Uomo della DC di Roma,  Sottosegretario di Stato nei primi anni '90, professore nell'Università di Roma. Per una nota più nel particolare, clicca su: http://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Fiori


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Nota introduttiva. Propongo ai lettori del nostro Foglio una importante Lettera aperta di Pubblio Fiori.
  Più volte su queste pagine, sono tornato sulla questione della ricostruzione di un partito cattolico in Italia, e vi ha dato motivo di discussione recentemente il Card. Angelo Bagnasco, peraltro confermando la posizione di altri presuli italiani, grosso modo riassumibili nella formula: "sì al ritorno, ma in termini di apporti personali".
  Publio Fiori è stato ed è una importante e nota personalità della cattolicità di Roma, già uomo della DC e di governo. La sua lettera è mossa da alcuni convegni recenti di varie associazioni cattoliche, laiche, riprese dai mass media.
   La tesi di Fiori è netta, grosso modo così riassumibile: "senza l'unione, non esiste proposta politica dei cattolici".

   Ritengo questa tesi estremamente lucida e vera. Basti pensare che è sufficiente l'unione politica, anche solo di poche persone di altro pensiero, per mettere a tacere altro pensiero, pur se condiviso da tantissimi, ma espresso singolarmente.
   Ritengo anche che la riportata posizione dei presuli italiani sia più opportunistica, che vera. Magari venisse davvero qualcuno capace di dare unità politica ai cattolici, s'intende in compagnia e dialettica con le "unità" di altre idee. N.Luciani

Publio FIORI, Il risveglio dei cattolici in politica*

  In poco più di un mese si sono svolti molti convegni del cattolicesimo politico di cui quattro particolarmente interessanti: a Norcia i cattolici del PDL, a Todi i cattolici "moderati", a Roma (Piazza di Pietra) i "democristiani" per l'anniversario dell'unità d'Italia e sempre a Roma (Domus Mariae) i "cattolici democratici". Nel momento in cui i cattolici sentono il dovere di recuperare un proprio ruolo nella politica nazionale riemergono le distinzioni che avevano animato la vita della DC. Si riparte, cioè, dalle correnti con un dibattito che, anziché accentrarsi sulle cose da fare (politica di bilancio) per superare l'attuale crisi con riforme ispirate ai principi della dottrina sociale cristiana e del popolarismo sturziano, ci si sofferma sulla collocazione politica con riferimento agli attuali schieramenti. Ieri, con la DC, le correnti si distinguevano prevalentemente sui contenuti dell'azione politica; oggi l'impressione è che il problema di fondo sia quello di difendere la propria posizione nello schieramento di appartenenza. Ma questo atteggiamento nega in radice la possibilità di un recupero dell'unità politica dei cattolici perché viene meno quel presupposto di fondo che fu la principale connotazione della DC, la ricerca cioè di una mediazione tra le varie anime del partito per arrivare ad un progetto condiviso che tenga conto delle varie rappresentanze sociali che si riconoscevano nello Scudo Crociato. Da questi convegni è emerso, invece, il chiaro obiettivo di trovare una mediazione con i componenti del partito e dello schieramento di cui quei cattolici fanno parte. Illuminante è stata da questo punto di vista la brillante relazione del neo Ministro Riccardi che ha sottolineato con forza la vocazione del cattolicesimo politico a ricercare sempre intese, alleanze, mediazioni con gli altri partiti. Rievocazione vera (De Gasperi con i centristi, Fanfani con i socialisti, Moro e la solidarietà nazionale) ma che difetta di una considerazione preliminare. E' vero che la DC di allora ricercava e trovava la collaborazione politica con gli altri partiti, ma prima garantiva l'unità dei democristiani. E quando si profilava l'eventualità di rotture, o peggio, di scissioni, prima lavorava per ricucire il tessuto interno del partito e, solo dopo, si concludevano le mediazioni necessarie per aprire nuovi fronti politici. Oggi, invece, assistiamo ad un approccio diverso, direi inverso.

  Invece di ricostruire quell'unità che è indispensabile per far uscire i cattolici dall'insignificanza politica, sembra prevalere la spinta a "rivendicare" le scelte fatte in favore di questo o di quello schieramento. Confermando così la legittimità della diaspora e la indisponibilità a ricostruire una comune piattaforma etica, ideale, politica e programmatica. Perché siano tutti d'accordo sui c.d. "principi non negoziabili", ma non basta. Perché, a parte il sospetto che la sola adesione a tali principi possa essere talvolta anche strumentale, rimane il fatto che l'impegno politico si caratterizza per i contenuti programmatici. Infatti, se i principi etici non trovano un riferimento nei programmi politici diventano enunciazioni astratte valide come propaganda volta a "catturare" il consenso del Mondo cattolico. La "centralità" della persona, i suoi diritti naturali e la sua dignità si difendono con un sistema di norme che, nel rispetto della Costituzione, vadano in questa direzione. Ciò significa una serie di leggi che riconoscano realmente la "Sovranità popolare" (nuova legge elettorale) e che, ad esempio, rendano effettivi il principio di eguaglianza, il diritto al lavoro, l'equità fiscale, la tutela della famiglia, il diritto a giuste retribuzioni e pensioni, ecc. ecc. E' su questo versante che si gioca il futuro del cattolicesimo politico e non "barricandosi" dentro il PDL, il PD o in un TERZO POLO di cui non si riesce a comprendere la reale identità, stante la diversità culturale e politica dei partiti che ne fanno parte. Dinanzi a tale scenario noi di RINASCITA POPOLARE non pensiamo alla ricomposizione del partito dei cattolici ma, più semplicemente ad un partito di cattolici o meglio ad una federazione di persone, iniziative e movimenti che, ispirandosi ai principi della dottrina sociale cristiana e del popolarismo sturziano, intendano fare politica in autonomia senza dover sottostare al ricatto dell'appartenenza ad uno degli attuali schieramenti che hanno partecipato, comunque, allo sfascio di questa Seconda Repubblica. E la nostra posizione si articola su due precise direttive: - il carattere federale dell'organizzazione che garantisca l'autonomia: - e l'identità di chi aderisce e il contenuto programmatico del progetto che testimoni l'apertura di una nuova fase della politica nazionale fondata su concrete proposte per i problemi del Paese anziché sulle formule e sugli schieramenti.

   E' su questi due punti che va verificata la possibilità di mettere insieme una rappresentanza politica di cattolici fondata sui principi non negoziabili, ma articolata anche su un concreto programma di riforme che siano la trasposizione in chiave politica di quei principi. A questo proposito ci tengo a sottolineare che le ipotesi di "ammucchiate" senza anima e senza reali programmi di cui si dibatte in varie sedi ("grande coalizione", "governo istituzionale", "nuovo compromesso storico") tra forze politiche che hanno tradizioni, valori e principi contrapposti e incompatibili non ci convincono. Riteniamo che i governi e le coalizioni non possano essere occasionali e debbano nascere su una "etica condivisa" che rispetti i valori di riferimento di tutte le componenti. Da parte nostra, oltre ai "diritti non negoziabili" abbiamo fin dall'inizio indicato le nostre linee programmatiche.
  .....
  .....
   Attendo le Vostre considerazioni. Cordialmente. Publio Fiori

(N.d.R.: il seguito, 26 righe, prosegue con considerazioni di tipo programmatico, collegate con il governo Monti.).
 
  Roma 25 novembre 2011

 

EDIZIONE PRECEDENTE


MAROCCO

LA NUOVA COSTITUZIONE
IN LINGUA ITALIANA

Traduzione di  Bouchaib Khaline
*

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Re Mohammed VI e la sua famiglia

   Nota.  La nuova Costituzione del Marocco è stata approvata dal corpo elettorale il 1 luglio 2011. Avendone ottenuta la traduzione in lingua italiana, ci è sembrato di interesse dei Colleghi porgerla loro in italiano, a parte che molti di essi l'hanno già letta in inglese o francese.
   Essa ha trasformato la governance del  Marocco da monarchia assoluta in  monarchia costituzionale.
   Non v'è alcun argomento per sostenere in assoluto la preferenza di una forma di governo rispetto all'altra. Come, però, ci hanno insegnato gli storici della rivoluzione francese, nessuna forma di governo può reggere se non è coerente con l'evoluzione della cultura e dell'economia di un popolo.
    In questo senso abbiamo ravvisato, nel Re, una grande lungimiranza e saggezza l'aver scelto la via della monarchia costituzionale (noi in Italia abbiamo iniziato il percorso democratico con una monarchia costituzionale nel 1848, con lo Statuto Albertino), anche memori dei non pochi regicidi avvenuti in Paesi arabi, poi sfociati in dittature feroci. Questo vuol dire che l'accelerazione dei processi politici porta a guai, se i popoli non sono maturi.
    Per la effettività della riforma, raccomanderei al Re di dare molta importanza a proporre anche una buona legge elettorale e proporrei che il re nomini il primo ministro, ma su designazione della camera dei rappresentanti. Il motivo è che una eventuale sfiducia della Camera al primo ministro sarebbe una sfiducia anche al re che l'ha nominato, cosa da evitare.

 

 
IL SISTEMA DI GOVERNANCE (in breve)
Fonte: http://www.ambasciatadelmarocco.it/

   Il Regno del Marocco, Stato musulmano sovrano, la cui lingua ufficiale è l’Arabo, costituisce una parte del Grande Magreb Arabo. È uno Stato Africano che inoltre, si prefigge, tra uno dei suoi principali obbiettivi, la realizzazione dell’Unità Africana.
   Consapevole della necessità di collocare la propria azione nell’ambito degli organismi internazionali, dei quali è membro attivo e dinamico, il Regno del Marocco sottoscrive ai principi, diritti e obblighi derivanti dalle Carte dei suddetti organismi e riafferma il suo rispetto dei diritti dell’Uomo come quelli universalmente riconosciuti.
  La Costituzione marocchina riafferma, tra l’altro, la determinazione del Regno a operare al fine del mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo.
   Il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica e sociale. Le revisioni Costituzionali che il Regno ha subìto si collocano nell’ambito di un’evoluzione costante delle istituzioni costituzionali fin dal periodo dell’indipendenza.
   Il testo attuale della Costituzione rappresenta il raggiungimento di un’opera di sintesi avviata da Sua Maestà il Re Hassan II, negli anni 1962, 1970, 1972, 1992, 1996.
L’ultima per data, ovvero quella del 13 settembre 1996, si è prefissata come obbiettivo l’adattamento delle istituzioni a uno spirito orientato verso la salvaguardia delle tradizioni e dell’autenticità del Regno.      Ciò si può vedere attraverso le innovazioni introdotte nel testo della Costituzione, ossia :
    1 –L’istituzione di un sistema parlamentare bicamerale mediante la creazione di una Camera intitolata "Camera dei Consiglieri" composta dai rappresentanti delle camere Professionali, dei lavoratori dipendenti, e delle collettività locali. Questa Camera si avvale di poteri deliberativi simili a quelli della Camera dei rappresentanti, con una posizione di primato per quest’ultima, e si avvale della facoltà di dimettere il governo secondo condizioni specifiche.
   2 –L’elezione di tutti i membri della Camera dei Rappresentanti al suffragio universale diretto.
   3 – La reintroduzione dei "Piani di Sviluppo", che vanno a sostituire i "Programmi Economici e sociali integrati". La loro elaborazione è di competenza del Consiglio Superiore della Promozione Nazionale del Piano.
   4 – L’innalzamento dello statuto della Corte dei Conti, la quale è ormai una istituzione costituzionale la cui missione è in particolare, quella di garantire il controllo superiore dell’esecuzione delle Leggi di finanze, in contemporanea alla creazione di Corti dei Conti regionali.
   5 – L’elezione della Regione come Collettività locale, accanto alle Prefetture, Province, e Comuni del Regno.
   6 –Il diritto di proprietà e la libertà di intraprendere sono garantiti dalla Costituzione del Regno.

 La Promozione dell’Uomo
        Oltre ai diritti e protezioni riconosciuti e garantiti nel primo titolo della Costituzione, una nuova disposizione riafferma solennemente il rispetto del Regno del Marocco ai diritti dell’Uomo "come quelli che sono riconosciuti." Questa aggiunta sancisce l’evoluzione che il Marocco ha visto nel corso degli ultimi anni in fatto di rafforzamento e ampliamento delle libertà individuali e collettive.
   Tra l’altro, la nuova Costituzione prevede l’attuazione di un Consiglio economico e Sociale. Questa nuova Istituzione simboleggia la prevalenza del fattore sociale ed economico nelle scelte e nell’azione politica del Marocco agli albori del XXI ° Secolo.

Rapporti tra il Governo e Parlamento
Il Primo Ministro può impegnare la responsabilità del Governo dinanzi alla Camera dei Rappresentanti, su una dichiarazione di politica generale oppure sul voto di un testo.
La fiducia può essere rifiutata, oppure il testo respinto, solo dopo la raggiunta maggioranza assoluta dei membri componenti la Camera dei Rappresentanti.
Il voto può intervenire soltanto tre giorni interi dopo che la questione di fiducia sia stata stabilita.
Il rifiuto di fiducia implica le dimissioni collettive del Governo.
La Camera dei Rappresentanti può mettere in discussione la responsabilità del Governo mediante il voto di una mozione di censura. Tale mozione è approvata dalla Camera dei Rappresentanti solo attraverso un voto ottenuto alla maggioranza assoluta dei membri che la compongono. Il voto può intervenire solo tre giorni interi dopo la deposizione della mozione.
Il voto di censura implica le dimissioni collettive del Governo.
Quando il Governo è stato censurato dalla Camera dei Rappresentanti, nessuna mozione di censura della Camera dei Rappresentanti può essere accolta durante il termine di un anno.
La Camera dei Consiglieri può votare delle mozioni di ammonimento o delle mozioni di censura del Governo.
  La mozione di ammonimento al Governo deve essere firmata almeno dal terzo dei membri della Camera dei Consiglieri. Deve essere votata alla maggioranza assoluta dei membri che compongono la Camera. Il voto può intervenire solo dopo tre giorni interi dopo la deposizione della mozione.
Il testo dell’ammonimento è immediatamente indirizzato dal Presidente della Camera dei Consiglieri al Primo Ministro che dispone di un termine di sei giorni per presentare dinanzi alla Camera dei Consiglieri la posizione del Governo sulle motivazioni dell’avviso.
La mozione di censura può essere accolta solo se firmata da almeno il terzo dei membri che compongono la Camera dei Consiglieri. E’ approvata dalla Camera solo da un voto preso alla maggioranza dei 2/3 dei membri che la compongono. Il voto può intervenire soltanto tre giorni interi dopo la deposizione della mozione.
Il voto di censura implica le dimissioni collettive del Governo.
Quando il Governo è stato censurato dalla Camera dei Consiglieri, nessuna mozione di censura della Camera dei Consiglieri può essere accolta durante il termine di anno.

Il Parlamento
Il Parlamento è composto di due Camere, la Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri. I loro membri vengono eletti dalla Nazione. Il loro diritto di voto è personale e non può essere delegato. (art. 36 della Costituzione).
Modalità di elezione del Parlamento
  I membri della Camera dei Rappresentanti sono eletti per cinque anni al suffragio universale diretto. La legislatura ha termine all’apertura della sessione di ottobre del quinto anno successivo all’elezione della Camera.
Il Presidente è eletto prima, all’inizio della legislatura, e in seguito alla sessione di aprile del terzo anno di quest’ultima, e per il periodo rimanente a decorrere dalla medesima.
I membri dell’ufficio di presidenza sono eletti alla rappresentazione proporzionale dei gruppi per la durata di un anno.
  La Camera dei Consiglieri comprende nella proporzione dei 3/5 dei membri eletti in ogni regione da un collegio elettorale composto da rappresentanti delle collettività locali, e in una proporzione dei 2/5 dei membri eletti per ogni regione da collegi elettorali composti da eletti delle Camere Professionali, dei membri eletti a livello nazionale da un collegio elettorale composto dai rappresentanti dei lavoratori dipendenti.
I membri della Camera dei Consiglieri sono eletti per nove anni. La Camera dei Consiglieri è rinnovabile per terzo ogni tre anni. I seggi oggetto del primo e del secondo rinnovo saranno sorteggiati.
Il Presidente della Camera dei Consiglieri e i membri dell’ufficio di presidenza sono eletti all’inizio della sessione di ottobre, in occasione di ogni rinnovo della Camera, i membri dell’ufficio sono eletti alla rappresentazione proporzionale dei gruppi.
Il Parlamento tiene le proprie sedute durante due sessioni all’anno, può essere riunito in sessione straordinaria, sia su richiesta della maggioranza assoluta dei membri dell’una delle due Camere, sia per decreto.
Le sedute delle Camere del Parlamento sono pubbliche.
La legge è votata dal Parlamento.
L’iniziativa delle leggi appartiene congiuntamente al Primo Ministro e ai membri del Parlamento.
I progetti di legge vengono depositati presso una delle due Camere.
Ogni progetto o proposta di legge viene esaminato successivamente dalle due Camere del Parlamento allo scopo di giungere all’adozione di un testo unico. La Camera consultata per prima esamina il testo del progetto di legge presentato dal Governo o della proposta di legge iscritta; una Camera consultata con un testo votato dall’altra Camera, delibera sul testo che le viene trasmesso.
  La Camera dei Rappresentanti può mettere in discussione la responsabilità del Governo mediante il voto di una mozione di censura. Tale mozione può essere accolta solo se firmata da almeno il quarto dei membri componenti la Camera.
La mozione di censura è approvata dalla Camera dei Rappresentanti solo mediante un voto ottenuto alla maggioranza assoluta dei membri che la compongono.
Il voto può intervenire solo tre giorni interi dopo la deposizione della mozione.
Il voto di censura implica le dimissioni collettive del Governo.
La Camera dei Consiglieri può votare delle mozioni di ammonimento oppure delle mozioni di censura del Governo.
La mozione di ammonimento al Governo deve essere firmata da almeno il terzo dei membri della Camera dei Consiglieri.
Essa deve essere votata alla maggioranza assoluta dei membri che compongono la Camera. Il voto può intervenire solo tre giorni dopo la deposizione della mozione.

Il Governo
Il Governo è composto dal Primo Ministro e dai Ministri. E’ responsabile dinanzi al Re e dinanzi al Parlamento. Garantisce l’esecuzione delle leggi e dispone dell’amministrazione.
Il Primo Ministro è nominato dal Re.
I membri del Governo sono nominati dal Re, su proposta del Primo Ministro.
Il Primo Ministro ha l’iniziativa delle leggi; esercita il potere regolamentare e assume la responsabilità della coordinazione delle attività ministeriali.
Il Primo Ministro può impegnare la responsabilità del Governo dinanzi alla Camera dei Rappresentanti, su dichiarazione di politica generale o su voto di un testo.
Nessun progetto di legge può essere depositato a cura del Primo Ministro presso una delle due Camere prima che vi sia stata delibera in sede di Consiglio di Ministri.
Il Consiglio dei Ministri viene consultato, previamente ad ogni decisione:
- su questioni riguardanti la politica generale dello Stato;
- sulla dichiarazione di stato di assedio;
- su la dichiarazione di guerra;
- sull’impegno della responsabilità del Governo dinanzi alla Camera dei
Rappresentanti;
- su dei progetti di legge, prima del deposito presso una delle due Camere;
- sui decreti regolamentari;
- sul progetto di piano;
- sul progetto di revisione della Costituzione .

IL TESTO INTEGRALE DELLA NUOVA COSTITUZIONE

PREAMBOLO

Fedele alla sua scelta irreversibile per costruire uno Stato democratico costituzionale, il Regno del Marocco persegue con decisione il processo di consolidamento e rafforzamento delle istituzioni di uno stato moderno, avendo fondato sui principi della partecipazione, del pluralismo e del buon governo. Egli sviluppa una società inclusiva in cui tutti godono della sicurezza, libertà, pari opportunità, rispetto della dignità e della giustizia sociale nel quadro del principio di correlazione tra diritti e doveri di cittadinanza .
Stato musulmano sovrano, impegnato per l'unità nazionale e l'integrità territoriale, il Regno del Marocco intende preservare, nella sua pienezza e la diversità, l'identità nazionale, una e indivisibile. L'unità, forgiata dalla convergenza dei suoi componenti arabo-islamico, e amazigh sahariana-Hassani, è stata nutrita e arricchita dei suoi affluenti africane, andaluse, ebraiche e mediterranee. Il rilievo dato alle Islam nel deposito nazionale è accoppiato con l'impegno del popolo marocchino ai valori di apertura, di moderazione, tolleranza e dialogo per la comprensione reciproca fra tutte le culture e le civiltà del mondo.
Riconoscendo la necessità di rafforzare il ruolo che merita sulla scena mondiale, il Regno del Marocco, membro attivo di organizzazioni internazionali, impegnate a sottoscrivere i diritti, principi e gli obblighi sotto la loro rispettivi statuti e convenzioni, si riafferma il suo impegno per i diritti umani universalmente riconosciuti, e la sua volontà di continuare a lavorare per preservare la pace e la sicurezza nel mondo.
Sulla base di questi valori e principi e sostenuta da sopportare il suo impegno a rafforzare i legami di fratellanza, cooperazione, solidarietà e collaborazione costruttiva con gli altri Stati, e di lavorare per il progresso comune, il Regno del Marocco , Stati Uniti, pienamente sovrano, appartenente al Maghreb Grand, ribadisce la seguente e comporti:
- Lavorare per la costruzione dell'Unione del Maghreb, come opzione strategica;
- Approfondire il senso di appartenenza al mondo arabo-islamico Ummah, e rafforzare i legami di fraternità e di solidarietà con i suoi popoli fratelli;
- Rafforzare i rapporti di cooperazione e solidarietà con i popoli e paesi africani tra cui il Sahel e del Sahara;
- Per intensificare i contatti in stretta collaborazione e partenariato con i paesi vicini dell'area euro-mediterranea;
- Aumentare e diversificare le sue relazioni di amicizia e il suo rapporto con scambi a livello umano, i legami economici, scientifici, tecnici e culturali con tutti i paesi del mondo;
- Rafforzare Sud-Sud;
- Proteggere e promuovere le caratteristiche dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e contribuire al loro sviluppo nella loro indivisibilità e l'universalità;
- Banner e combattere la discriminazione contro chiunque in base al sesso, colore, credo, cultura, origine sociale o di origine regionale, lingua, disabilità o di qualche circostanza personale qualunque;
- Accordo con le convenzioni internazionali regolarmente ratificate da lui, secondo le disposizioni della Costituzione e le leggi del Regno, secondo la propria identità nazionale immutabile, e al momento della pubblicazione di queste convenzioni, la regola sulla legge del paese, e di conseguenza allineare le disposizioni pertinenti del diritto nazionale.
Questo preambolo è parte integrante della presente Costituzione.

PARTE I - DISPOSIZIONI GENERALI

ARTICOLO I

- Il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica, parlamentare e sociale.
Il sistema costituzionale del Regno si basa sulla separazione, i rapporti di forza e di collaborazione, così come la cittadinanza e la democrazia partecipativa e dei principi di buon governo e la correlazione tra responsabilità e accountability.
La nazione si basa sulla sua costante vita collettiva unificante in questo caso l'Islam moderato, l'unità nazionale, con molti affluenti, la monarchia costituzionale e la scelta democratica.
L'organizzazione territoriale del Regno è decentralizzato, basato su una regionalizzazione avanzata.

ARTICOLO 2
La sovranità appartiene al popolo che la esercita direttamente tramite referendum o indirettamente attraverso i suoi rappresentanti.
La nazione sceglie i suoi rappresentanti nelle istituzioni elette attraverso il voto libero, sincero e regolare.

ARTICOLO 3
L'Islam è la religione dello Stato, che garantisce a tutti il libero esercizio della religione.

ARTICOLO 4
L'emblema del Regno è una bandiera rossa al centro di una stella a cinque punte verdi.
Il motto del Regno è DIO, IL PAESE, IL RE.

ARTICOLO 5
Arabo rimane la lingua ufficiale dello Stato.
Lo Stato lavora per proteggere e sviluppare la lingua araba, e la promozione del suo utilizzo.
Analogamente, il amazigh è una lingua ufficiale dello Stato, come patrimonio comune di tutti i marocchini, senza eccezioni.
Una legge organica definisce il processo di attuazione del carattere ufficiale di quella lingua, e le condizioni della sua integrazione nelle aree di insegnamento e la priorità della vita pubblica, al fine di consentirgli di svolgere la sua funzione di futuri lingua ufficiale.
Lo Stato lavora per preservare la Hassani, come parte della cultura marocchina identità uniti, e la protezione delle espressioni culturali e idiomi praticato in Marocco. Allo stesso modo, si assicura la coerenza della politica linguistica e culturale nazionale e l'apprendimento e la padronanza delle lingue straniere più comunemente usati in tutto il mondo come strumento di comunicazione, integrazione e interazione con società della conoscenza, e apertura alle diverse culture e civiltà contemporanea.
Ci deve essere una lingua nazionale e della cultura marocchina, responsabile in particolare per la tutela e lo sviluppo di arabo e amazigh e marocchini diverse espressioni culturali, che costituiscono un patrimonio autentico e una fonte di ispirazione oggi.
Esso comprende tutte le istituzioni impegnate in questi settori. Una legge organica determina le funzioni, la composizione e le procedure operative.

ARTICOLO 6
La legge è l'espressione suprema della volontà della nazione. Tutte le persone o entità, compresi i governi, sono uguali dinanzi ad esso e obbligato a fornirle.
Le autorità pubbliche stanno lavorando per creare le condizioni per generalizzare l'efficacia della libertà e dell'uguaglianza dei cittadini e la loro partecipazione alla vita politica, economica, culturale e sociale.
Hanno affermato i principi di costituzionalità, di gerarchia e alla pubblicità obbligatoria delle norme giuridiche.
La legge può avere effetto retroattivo.

ARTICOLO 7
I partiti politici stanno lavorando per l'inquadramento e della formazione dei cittadini, promuovere la loro partecipazione alla vita nazionale e di governance. Essi contribuiscono alla espressione della volontà degli elettori e partecipare all'esercizio del potere, basata sul pluralismo e l'alternanza con mezzi democratici, attraverso le istituzioni costituzionali.
La loro costituzione e le loro attività sono gratuite, in conformità con la Costituzione e la legge.
Non ci può essere partito unico.
I partiti politici non possono essere e basate su religione, diritti linguistici, etnici o regionali, o, più in generale, a qualsiasi titolo discriminatoria o contraria a uomo. (cioè non possono essere di stampo religioso, etnico o regionale e esercitare qualsiasi azione discriminatoria e contraria e lede la dignità del uomo)
Essi non possono essere progettati per minare l'Islam, la monarchia, principi costituzionali, o le fondamenta democratiche di unità nazionale e dell'integrità territoriale del Regno.
L'organizzazione e il funzionamento dei partiti politici devono attenersi a principi democratici.
Una legge organica determina, secondo i principi enunciati nel presente articolo, comprese le norme relative alla costituzione e attività dei partiti politici, i criteri per la concessione del sostegno finanziario dello Stato, nonché le procedure per il monitoraggio finanziamento.

ARTICOLO 8
Le organizzazioni sindacali dei lavoratori, camere professionali ( organizzazioni di categoria e dell'imprenditoria) e associazioni di categoria dei datori di lavoro contribuiscono alla difesa e promozione dei diritti e degli interessi di gruppi economici che rappresentano. La loro costituzione e le loro attività, in conformità con la Costituzione e la legge, sono libere
Le strutture e il funzionamento di queste organizzazioni devono attenersi a principi democratici.
I governi lavorano per promuovere la contrattazione collettiva e l'incoraggiamento della conclusione dei contratti collettivi previsti dalla legge.
La legge stabilisce le norme relative in particolare alla formazione di sindacati, le attività ed i criteri per la concessione di sostegno finanziario dello Stato, nonché meccanismi per il controllo del loro finanziamento.

ARTICOLO 9
I partiti politici e sindacati non può essere sospeso o sciolto dal governo e solamente con un ordine dalla magistratura.

ARTICOLO 10
La Costituzione garantisce lo status dell'opposizione parlamentare conferendo gli stessi diritti per permetterle di svolgere adeguatamente i suoi compiti relativi alla vita parlamentare e politica. Essa garantisce, in particolare, l'opposizione il diritto di:
- Libertà di opinione, di espressione e di riunione;
- Airtime nei media ufficiali, in proporzione alla loro rappresentazione;
- Il beneficio di finanziamenti pubblici, in conformità della legge;
- L'effettiva partecipazione al processo legislativo, compresa la quotazione delle bollette nell'ordine del giorno delle due Camere del Parlamento;
- Un'effettiva partecipazione al controllo del lavoro del governo, in particolare attraverso i movimenti della censura e l'arresto del governo, così come le interrogazioni orali al Governo e all'interno delle commissioni parlamentari d'inchiesta;
- Contributo per la proposta e l'elezione dei membri da eleggere alla Corte Costituzionale;
- Una rappresentazione appropriata per le operazioni interne di entrambe le Camere del Parlamento;
- Il presidente della commissione incaricata della legislazione della Camera dei Rappresentanti;
- Avere mezzi adeguati per garantire le sue funzioni istituzionali;
- Partecipazione attiva diplomazia parlamentare per difendere la giusta causa della nazione e dei suoi interessi vitali;
- Contributo per la gestione e la rappresentanza dei cittadini attraverso i partiti politici che si formano e in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7 della presente Costituzione;
- L'esercizio del potere a livello locale, regionale e nazionale, attraverso il cambiamento democratico, e in base alle disposizioni della presente Costituzione.
I gruppi di opposizione si attende un contributo attivo e costruttivo nel lavoro parlamentare.
Modalità di esercizio da parte di gruppi di opposizione dei diritti sopra sono attaccati, a seconda dei casi, da leggi organiche o leggi o dalle norme di ciascuna Camera del Parlamento.

ARTICOLO 11
La forma libera, onesta e trasparente la base della legittimità della rappresentanza democratica.
Le autorità pubbliche sono tenute a rispettare un rigoroso la neutralità nei confronti dei candidati e la non discriminazione tra di loro.
La legge definisce le norme per garantire un equo accesso ai media pubblici e il pieno godimento dei diritti e delle libertà fondamentali relative a campagne elettorali e di voto. Le autorità incaricate di organizzare le elezioni per garantire l'applicazione di queste regole.
La legge definisce i termini e le condizioni di osservazione indipendente e neutrale delle elezioni in conformità con le norme internazionalmente riconosciute.
Chiunque viola le disposizioni e le regole di correttezza e trasparenza delle elezioni è punibile dalla legge.
I governi implementare i mezzi necessari per promuovere la partecipazione dei cittadini alle elezioni.

ARTICOLO 12
Associazioni della società civile e organizzazioni non governative si formano e operare liberamente, nel rispetto della Costituzione e della legge.
Non possono essere sospeso o sciolto dal governo che in un ordine del tribunale.
Associazioni interessate alla vita pubblica e le organizzazioni non governative, contribuiscono, nel quadro della democrazia partecipativa, dello sviluppo, implementazione e valutazione dei progetti e delle decisioni delle istituzioni elette e delle autorità pubbliche. Queste istituzioni e le autorità devono organizzare questo contributo in conformità con i termini e le condizioni stabilite dalla legge.
L'organizzazione e il funzionamento di associazioni e organizzazioni non governative devono attenersi a principi democratici. 

ARTICOLO 13
Le autorità pubbliche stanno lavorando per creare spazi di dialogo, di coinvolgere i diversi attori sociali allo sviluppo, all'attuazione e alla valutazione delle politiche pubbliche.

ARTICOLO 14
I cittadini hanno alle condizioni e termini stabiliti da una legge organica, il diritto di presentare proposte legislative. Uno o più della Casa possono sponsorizzare le mozioni parlamentari competenti e tradurle in proposte legislative o domanda il governo in virtù dei poteri al Parlamento.

ARTICOLO 15
I cittadini hanno il diritto di presentare petizioni al governo.
Una legge organica determina le condizioni e le modalità di esercizio di tale diritto.

ARTICOLO 16
Il Regno del Marocco sta lavorando per proteggere i diritti e interessi legittimi dei cittadini marocchini residenti all'estero, nel rispetto del diritto internazionale e le leggi dei paesi ospitanti. Che attribuisce a mantenere e sviluppare i loro legami umani, compresi culturale, con il Regno e per preservare la loro identità nazionale.
Si lavora per promuovere il loro contributo allo sviluppo della loro patria, in Marocco, e più stretti legami di amicizia e di cooperazione con i governi e le aziende in paesi in cui risiedono o di cui sono cittadini.

ARTICOLO 17
Marocchini residenti all'estero godono pieni diritti di cittadinanza, compreso il diritto di elettorato attivo e passivo. Possono candidarsi alle elezioni le liste elettorali, e locale, regionale e nazionale. La legge stabilisce criteri specifici per l'eleggibilità e incompatibilità. Determina anche le condizioni e le modalità per l'esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo dal paese di residenza.

ARTICOLO 18
Le autorità pubbliche stanno lavorando per garantire la più ampia partecipazione dei marocchini residenti all'estero, le istituzioni e la governance di consulenza creata dalla Costituzione o dalla legge.

PARTE II - DIRITTI FONDAMENTALI E LIBERTÀ

ARTICOLO 19
Gli uomini e le donne godono di pari diritti umani e libertà di civili, politici, economici, sociali, culturali e ambientali, come indicato in questa e altre disposizioni della Costituzione, così come le convenzioni e patti debitamente ratificato dal Regno e che, in conformità con le disposizioni della Costituzione, delle costanti e le leggi del Regno.
Il governo marocchino sta lavorando per raggiungere la parità tra uomini e donne.
E 'creata per questo scopo, una Autorità per l'uguaglianza e la lotta contro ogni forma di discriminazione.

ARTICOLO 20
Il diritto alla vita è il diritto primario di ogni essere umano. La legge tutela questo diritto.

ARTICOLO 21
Tutti hanno diritto alla sicurezza delle loro persone, le loro famiglie ei loro beni.
Le autorità pubbliche garantire la sicurezza delle persone e del territorio nazionale in conformità con i diritti fondamentali e le libertà garantite a tutti.

ARTICOLO 22
Non può essere privato della integrità fisica o morale di nessuno, in nessuna circostanza da qualsiasi persona qualsiasi, privato o pubblico.
Nessuno può infliggere a un altro, sotto qualunque pretesto, crudeli, inumane, degradanti o compromettere la dignità.
La pratica della tortura in ogni sua forma e da chiunque è un crimine punito dalla legge.

ARTICOLO 23
Nessuno può essere arrestato, detenuto, processato o condannato se non nei casi e modi previsti dalla legge.
Detenzione arbitraria o sparizione forzata delitti e segreti sono di estrema gravità ed esporre i loro autori per la punizione più severa.
Chiunque sia arrestato deve essere informato immediatamente, in modo che possano capire, i motivi della sua detenzione e dei suoi diritti, compreso il diritto di rimanere in silenzio. Deve avere, al più presto, assistenza legale e la possibilità di comunicazione con i parenti, secondo la legge.
La presunzione di innocenza e il diritto a un processo equo è garantito.
Una persona detenuta godono dei diritti fondamentali e condizioni umane di detenzione. Si può beneficiare di una formazione e la riabilitazione.
È vietato l'incitamento al razzismo, odio e violenza.
Genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e di tutte le violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani è punito dalla legge.

ARTICOLO 24
Ogni individuo ha il diritto di proteggere la sua privacy.
Il domicilio è inviolabile. La ricerca può avvenire solo alle condizioni e modalità previste dalla legge.
Comunicazioni private in qualsiasi forma, è segreto. Soltanto il giudice può autorizzare, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla legge, l'accesso ai contenuti, la divulgazione totale o parziale o invocazione a scapito di chiunque.
È garantito per tutti, la libertà di circolazione e soggiorno nel territorio nazionale, di lasciare e tornare, a norma di legge.

ARTICOLO 25
Sono garantite la libertà di pensiero, di opinione e di espressione in tutte le sue forme.
Sono garantite la libertà della creazione, la pubblicazione e la mostra nella ricerca letteraria e artistica e scientifica e tecnica.

ARTICOLO 26
I governi di fornire, con mezzi adeguati, sostenere lo sviluppo della creazione culturale e artistico, e la ricerca scientifica e tecnica, e la promozione dello sport. Essi promuovono lo sviluppo e l'organizzazione di queste aree in modo indipendente e su base democratica e professionale specifico.

ARTICOLO 27
I cittadini hanno il diritto di accedere alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, istituzioni ed organi elettivi di un pubblico servizio.
Il diritto all'informazione non può essere limitata dalla legge, al fine di proteggere tutti gli aspetti della difesa nazionale, sicurezza interna ed esterna dello Stato, e la privacy delle persone, prevenire la violazione dei diritti e le libertà enunciati in questa Costituzione e per proteggere le fonti e le aree specificamente determinati dalla legge.

ARTICOLO 28
La libertà di stampa è garantita e non può essere limitato da alcuna forma di censura preventiva.
Tutti hanno diritto di esprimere e diffondere liberamente i soli limiti espressamente previsti dalla legge, informazioni, idee e opinioni.
Governi incoraggiano l'organizzazione del settore dei quotidiani in modo indipendente e su base democratica, e che stabilisce le norme legali ed etiche che lo riguardano.
La legge stabilisce le regole di organizzazione e controllo dei mezzi di comunicazione. Garantisce l'accesso a questi mezzi nel rispetto del pluralismo linguistico, culturale e lo sviluppo politico della società marocchina.
Ai sensi dell'art 165 della Costituzione, l'Alta Autorità della Comunicazione Audiovisiva garantisce la conformità con questo pluralismo.

ARTICOLO 29
Sono garantite la libertà di riunione, di riunione, manifestazione pacifica, di associazione e l'appartenenza sindacale e politica. La legge stabilisce le condizioni per l'esercizio di queste libertà.
Il diritto di sciopero è garantito. Una legge organica determina le condizioni e le modalità del suo esercizio.

ARTICOLO 30
Hanno diritto di voto, tutti i cittadini che godono dei diritti civili e politici importanti. La legge dispone provvedimenti per facilitare l'accesso paritario di donne e uomini alle cariche eletti.
Il voto è personale e un dovere nazionale.
Stranieri godere della libertà concessa ai cittadini in Marocco, a norma di legge.Quelli di loro che risiedono in Marocco possono partecipare alle elezioni locali in base alla legge, l'applicazione delle convenzioni internazionali o da prassi di reciprocità.
Le condizioni per la concessione di estradizione e di asilo sono definiti per legge.

ARTICOLO 31
Le autorità statali, enti pubblici e locali stanno lavorando per mobilitare tutti i mezzi disponibili per facilitare l'accesso paritario dei cittadini alle condizioni che permettono loro di godere dei diritti:
- Assistenza sanitaria;
- Assistenza sociale, la copertura sanitaria e di solidarietà reciproca e organizzato dallo Stato;
- Una formazione moderna, accessibile e di qualità;
- Istruzione per l'attaccamento all'identità nazionale marocchina e costanti immutabili;
- Formazione professionale e di educazione fisica e arte;
- Alloggio dignitoso;
- Al lavoro e il sostegno del governo per la ricerca di lavoro o di lavoro autonomo;
- Accesso al servizio pubblico in base al merito;
- L'accesso all'acqua e un ambiente sano;
- Sviluppo sostenibile.

ARTICOLO 32
La famiglia, fondata sul rapporto del matrimonio è l'unità fondamentale della società.
Lo Stato sta lavorando per garantire per legge la protezione della famiglia in materie giuridiche, economiche e sociali, per garantire la sua unità, la stabilità e la conservazione.
Essa garantisce pari tutela giuridica e sociale e morale eguale considerazione a tutti i bambini, indipendentemente dal loro stato civile.
L'istruzione di base è un diritto del bambino e un obbligo verso la famiglia e lo Stato.
Ci sarà un Consiglio consultivo della famiglia e dell'infanzia. 
     
ARTICOLO 33
Spetta ai governi di adottare tutte le misure appropriate per:
- Estendere e generalizzare la partecipazione dei giovani nello sviluppo sociale, economico, culturale e politica;
- Aiuto ai giovani a integrarsi nella vita lavorativa e delle associazioni e fornire assistenza ai bisognosi di educazione speciale, sociale o professionale;
- Facilitare l'accesso dei giovani alla cultura, scienza, tecnologia, arte, sport e tempo libero, creando le condizioni per la completa diffusione della loro creative e innovative in tutti questi settori;
E 'creato a questo scopo un Consiglio consultivo della Gioventù e l'azione della comunità.

ARTICOLO 34
Governi a sviluppare e attuare politiche per individuali e gruppi con bisogni speciali.A tal fine, essi includono:
- Curare e prevenire la vulnerabilità di talune categorie di donne e madri, i bambini e gli anziani;
- Riabilita e integrarsi nella società civile e il fisicamente e mentalmente sensomotorie e facilitare il godimento dei diritti e delle libertà per tutti.

ARTICOLO 35
Il diritto alla proprietà è garantito.
La legge può limitare la portata e l'esercizio, se le esigenze di sviluppo economico e sociale della nazione lo richiedono. Non può essere effettuata l'espropriazione nei casi e modalità previste dalla legge.
Lo Stato garantisce la libertà di impresa e della libera concorrenza. Si sforza di raggiungere uno sviluppo umano sostenibile, in grado di consentire il consolidamento della giustizia sociale e la conservazione delle risorse naturali e diritti nazionali delle generazioni future.
Lo Stato deve garantire pari opportunità per tutti e una protezione specifica per le persone socialmente svantaggiate.

ARTICOLO 36
Reati connessi ai conflitti di interessi, insider trading e tutti i reati finanziari sono punibili dalla legge.
Le autorità pubbliche hanno l'obbligo di prevenire e punire secondo la legge, qualsiasi forma di criminalità legati all'attività di governo e degli enti pubblici, l'utilizzo dei fondi a loro disposizione, per l'aggiudicazione e la gestione dei contratti pubblica.
Commercio di influenza e privilegi, abusi di posizione dominante e di monopolio, e tutte le altre pratiche contrarie ai principi di concorrenza libera e leale nei rapporti economici, sono sanciti dalla legge.
Ci deve essere una integrità nazionale e la lotta contro la corruzione.

ARTICOLO 37
Tutti i cittadini dovrebbero rispettare la Costituzione e la legge. Essi devono esercitare i diritti e le libertà garantite dalla Costituzione in uno spirito di responsabilità e impegnati cittadinanza come l'esercizio dei diritti è correlata con l'esercizio delle funzioni.

ARTICOLO 38
Tutti i cittadini contribuiscono alla difesa della patria e la sua integrità territoriale contro ogni aggressione o minaccia.

ARTICOLO 39
Tutto il sostegno, in proporzione al loro potere contributivo, l'ufficio pubblico che solo la legge può, secondo le modalità previste dalla presente Costituzione, creare e distribuire.

ARTICOLO 40
Tutto il sostegno e solidalmente in proporzione ai loro mezzi, le spese che richiede lo sviluppo del Paese, e quelle derivanti da calamità nazionale e disastri naturali.

TITOLO III - LE ROYALTY

ARTICOLO 41
Re, Comandante dei Credenti, assicura il rispetto per l'Islam. Egli è il garante della libertà di culto.
Presiede il Consiglio superiore degli ulema, incaricato di studiare i problemi in esame.
Il Consiglio è l'unico organo autorizzato a imporre il punto di vista religioso (fatwa), ufficialmente approvato, i problemi prima e che, sulla base dei precetti principi e disegni tollerante dell'Islam.
L', le funzioni e le procedure di composizione del Consiglio è fissato dal decreto.
Gli esercizi da re prerogative dahirs religioso insito nella costituzione di Al Imarat Mouminine assegnato esclusivamente da questo articolo.

ARTICOLO 42
Il Re, Capo dello Stato, il suo rappresentante supremo, simbolo dell'unità della nazione, garante della perpetuazione e la continuità di Stato e di supremo arbitro tra le istituzioni, assicura il rispetto della Costituzione, il diritto funzionamento delle istituzioni costituzionali, la protezione della scelta democratica e dei diritti e le libertà dei cittadini e delle comunità, e rispetto degli impegni internazionali del Regno.
Egli è il garante della indipendenza del Regno e la sua integrità territoriale, entro i suoi confini autentica.
Il re esegue queste operazioni usando i poteri espressamente conferiti dalla Costituzione ed esercitare per decreto.
Regi decreti, ad eccezione di quelli di cui agli articoli 41, 44 (secondo comma), 47 (commi 1 e 6), 51, 57, 59, 130 (primo comma) e 174 sono controfirmati dal Capo del Governo.

ARTICOLO 43
Corona del Marocco e dei suoi diritti costituzionali sono ereditati e tramandati di padre in figlio, ai discendenti in linea diretta maschile e primogenitura SA MAJESTELE ROIMOHAMMED VI, a meno che il re non si riferisce nella sua vita, un successore del suo figlio, diverso dal suo figlio maggiore. Quando non ci sono discendenti maschi in linea diretta di successione al trono è investito in linea collaterale più vicina maschile e alle stesse condizioni.

ARTICOLO 44
Il Re è un minore fino a diciotto anni di età. Durante la minoranza del re, un Consiglio di Reggenza esercita i poteri e diritti costituzionali della Corona, tranne quelle relative alla revisione della Costituzione. Il Consiglio di Reggenza deve servire come corpo consultivo del re fino a che non raggiunge l'età di venti anni di età.
Il Consiglio di Reggenza è presieduto dal Presidente della Corte Costituzionale. Si compone, inoltre, il capo del governo, il presidente della Camera dei Rappresentanti, il presidente della Camera dei Consiglieri, il Presidente e Delegato del Consiglio Superiore della Magistratura, il Segretario Generale del Consiglio Superiore degli Ulema e dieci persone nominate dal re stesso.
Le regole di funzionamento del Consiglio di Reggenza è stabilito dalla legge organica.

ARTICOLO 45
Il Re ha una lista civile.

ARTICOLO 46
La persona del Re è inviolabile e il rispetto che merita.

ARTICOLO 47
Il re nomina il capo del governo in seno al partito è uscito in vista delle elezioni alla Camera dei Rappresentanti, e alla luce dei loro risultati.
Su proposta del capo del governo, nomina i membri del governo.
Il Re può, a sua discrezione, e previa consultazione del Capo del Governo, revocare la nomina di uno o più membri del governo.
Il capo del governo può chiedere al re di revocare la nomina di uno o più membri del governo.
Il capo del governo può chiedere al re di revocare la nomina di uno o più membri del governo a causa della loro dimissioni individuali o collettivi.
A seguito delle dimissioni del capo del governo, il Re terminato le funzioni dell'intero governo.
Il governo si è dimesso affari correnti fino alla formazione del nuovo governo.

ARTICOLO 48
Il re presiede il Consiglio dei ministri composto dal Capo del Governo e dei Ministri.
Il Consiglio dei ministri si riunisce a iniziativa del Re o su richiesta del capo del governo.
Il Re, sulla base di un ordine del giorno specifico, delegato per il capo del governo, presiederà una riunione del Consiglio dei ministri.

ARTICOLO 49
Il Consiglio dei ministri esamina:
- Indirizzi strategici della politica dello Stato;
- Progetto di revisione della Costituzione;
- Progetti di legge organica;
- Guida generale del disegno di legge finanziaria;
- Disegno di legge quadro di cui all'articolo 71 (secondo comma) della Costituzione;
- La legge di amnistia progetto;
- Progetti di testi relativi alla militare;
- La dichiarazione di legge marziale;
- La dichiarazione di guerra;
- Il progetto di cui al punto 104 della presente Costituzione;
- La nomina sulla nomina del capo del governo e su iniziativa del ministro interessato, alla civile Wali della Banca Al Maghrib, ambasciatore, Wali e Governatore, e capi di amministrazioni di Homeland Security del Regno, così come funzionari delle istituzioni pubbliche e aziende strategiche. Una legge organica stabilisce l'elenco delle imprese strategiche e delle istituzioni.

ARTICOLO 50
Il re promulga la legge entro trenta giorni dalla trasmissione al Governo della legge definitivamente approvata.
La legge emanata così deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno entro un termine non superiore a un mese, a decorrere dalla data di Dahir della sua promulgazione.

ARTICOLO 51
Il Re può sciogliere con proprio decreto, entrambe le Camere del Parlamento o uno di essi ai sensi degli articoli 96, 97 e 98.

ARTICOLO 52
Il Re può inviare messaggi alla nazione e al Parlamento. I messaggi vengono letti di fronte ad uno e l'altra e non può essere alcun dibattito.

ARTICOLO 53
Il Re è il Capo Supremo delle Forze Armate Reali. Egli nomina i membri e può delegare tale diritto.

ARTICOLO 54
Ci sarà un Consiglio supremo per la sicurezza, come un forum per il dialogo sulle strategie per la sicurezza interna ed esterna del paese, e la gestione delle situazioni di crisi, che assicura anche l'istituzionalizzazione di norme di buon governo safe .
Il re presiede il Consiglio e può delegare al capo del governo della riunione di Presidenza del Consiglio, sulla base di un ordine del giorno specifico.
Il Consiglio supremo per la sicurezza comprende, oltre al Capo del Governo, il Presidente della Camera dei Rappresentanti, il presidente della Camera dei Consiglieri, il Delegato capo del Consiglio superiore della magistratura e dei Ministri degli Affari Interni Esteri, Giustizia e amministrazione della difesa nazionale, e funzionari delle autorità competenti in materia di sicurezza, alti ufficiali delle Forze Armate Reale e qualsiasi altra persona la cui presenza è utile nel lavoro del Consiglio.
Le regole del consiglio stabilisce le regole della sua organizzazione e il funzionamento.

ARTICOLO 55
Il Re accredita gli ambasciatori di potenze straniere e organizzazioni internazionali. Ambasciatori o rappresentanti di organizzazioni internazionali sono accreditati presso di lui.
E 'segni e ratifica i trattati. Tuttavia, i trattati di pace o di unione, o quelli relativi alla delimitazione delle frontiere, gli accordi commerciali, o quelle che coinvolgono le finanze dello Stato o la cui attuazione richiede una legislazione ed ai trattati sui diritti umani e delle libertà individuali e collettive dei cittadini, può essere ratificata solo dopo essere stato approvato dalla legge.
Il Re può presentare al Parlamento qualsiasi altro trattato prima della sua ratifica.
Se la Corte costituzionale, su istanza del re o del Presidente della Camera dei Deputati o del Presidente della Camera dei Consiglieri o il sesto membro della Camera o del primo trimestre dei membri della Seconda Sezione, ha detto che un impegno internazionale contiene una disposizione contraria alla Costituzione, la ratifica può avvenire solo dopo la revisione della Costituzione.

ARTICOLO 56
Re presiede il Consiglio superiore della magistratura.

ARTICOLO 57
Il re approva la nomina di Dahir giudici da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.

ARTICOLO 58
Il re ha la prerogativa di misericordia. 

ARTICOLO 59
Quando l'integrità del territorio nazionale è minacciata o se si verificano eventi che ostacolano il normale funzionamento delle istituzioni costituzionali, il Re, previa consultazione con il capo del governo, il presidente della Camera dei Rappresentanti, il presidente della Camera di Consiglieri e il Presidente della Corte Costituzionale, e ha inviato un messaggio alla nazione da decreto che dichiara lo stato d'emergenza. Di conseguenza, il Re ha il potere di prendere misure imposte dalla difesa dell'integrità territoriale e ritorno in meno tempo, il normale funzionamento delle istituzioni costituzionali.
Parlamento non può essere sciolta durante l'esercizio dei poteri eccezionali.
I diritti e le libertà fondamentali in questa Costituzione deve essere garantita.
Si è conclusa lo stato di emergenza nello stesso modo come la sua proclamazione, non appena le condizioni che hanno giustificato non esistono più.

PARTE IV - IL LEGISLATORE
L'organizzazione del Parlamento

ARTICOLO 60
Il Parlamento ha due camere, la Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri. I loro membri tenere il loro mandato dalla Nazione. Il loro diritto di voto è personale e non può essere delegato.
L'opposizione è una componente essenziale delle due Camere. Partecipa alle funzioni di legislazione e di controllo, come previsto, soprattutto in questo titolo.

ARTICOLO 61
Ogni membro di ciascuna Camera che dà la sua appartenenza politica per conto del quale ha corso per l'elezione o di un gruppo o di un gruppo a cui appartiene, viene spogliato del suo mandato.
La Corte costituzionale, su istanza del Presidente della Camera interessata, ha detto che il posto vacante e in conformità con il regolamento interno della casa in questione, che fissa anche i termini e le modalità di ricorso alla Corte costituzionale.

ARTICOLO 62
I membri della Camera dei rappresentanti sono eletti per cinque anni a suffragio universale diretto. Il mandato scade in occasione dell'apertura della sessione di ottobre del quinto anno dopo l'elezione della Camera.
Il numero dei rappresentanti, il sistema elettorale, i principi di riorganizzazione, i requisiti di idoneità, il regime delle incompatibilità, le norme che limitano il numero di incarichi di amministratore e l'organizzazione delle controversie elettorali, sono fissati da una legge organica.
Il presidente e gli ufficiali della Camera dei rappresentanti e dei presidenti delle commissioni permanenti ei loro uffici sono eletti all'inizio del periodo, poi il terzo anno di esso in occasione della riunione di aprile e il restante periodo di tale termine.
L'elezione dei dirigenti avviene in rappresentanza proporzionale dei gruppi.

ARTICOLO 63
La Camera dei Consulenti comprende almeno 90 membri e un massimo di 120, eletto a suffragio universale indiretto per sei anni, secondo il seguente:
- Tre quinti dei membri che rappresentano gli enti locali. Questo numero è destinato alle regioni del Regno in proporzione alle rispettive popolazioni e di equità osservando tra le regioni. Il terzo riservato per la regione è eletto in ogni regione dal consiglio regionale tra i suoi membri. I restanti due terzi sono eletti da un collegio elettorale composto nella regione da parte di membri dei consigli comunali, provinciali e prefettizie;
- Due quinti dei membri eletti in ciascuna regione da collegi elettorali composti da rappresentanti eletti delle organizzazioni professionali e le organizzazioni dei datori di lavoro ', e membri eletti a livello nazionale da un collegio elettorale composto da rappresentanti dei lavoratori.
Il numero dei membri della Camera dei Consiglieri e il loro sistema elettorale, il numero di quelli da eleggere per ciascuna delle circoscrizioni, la ripartizione dei seggi per regione, i requisiti di ammissibilità e il regime delle incompatibilità, le regole che limitano la cumulativa mandati, e l'organizzazione delle controversie elettorali, sono fissati da una legge organica.
Il Presidente della Camera dei Consiglieri e dei membri del Bureau e dei presidenti delle commissioni permanenti ei loro uffici sono eletti all'inizio del periodo, poi dopo la metà della legislatura e per il restante periodo del termine .
L'elezione dei dirigenti avviene in rappresentanza proporzionale dei gruppi.

ARTICOLO 64
Nessun membro del Parlamento può essere perseguito, arrestato, detenuto o giudicato per un parere o un voto nell'esercizio delle sue funzioni, tranne se il parere set perché la forma monarchica di governo, la religione musulmana o costituisce una violazione del rispetto dovuto al re.
ARTICOLO 65
Il Parlamento è in sessione per due sessioni all'anno. Il re presiede l'apertura della prima sessione di iniziare il secondo Venerdì del mese di ottobre. La seconda sessione inizia il secondo Venerdì del mese di aprile.
Quando il Parlamento si riunisce almeno quattro mesi, durante ogni sessione, la sessione può essere aggiornato con decreto.

ARTICOLO 66
Il Parlamento può essere convocata in sessione straordinaria, sia per decreto o su richiesta di un terzo dei membri della Camera dei Rappresentanti o la maggioranza della Camera dei Consiglieri.
Sessioni speciali che il Parlamento tiene sulla base di un ordine del giorno specifico.Quando si è esaurita, la sessione è terminata per decreto.

ARTICOLO 67
I ministri hanno accesso a ciascuna Camera e dei loro comitati. Essi possono farsi assistere da commissari nominati da loro.
Oltre alle Commissioni permanenti di cui al paragrafo precedente, può essere creato su iniziativa del re o la richiesta di un terzo dei membri della Camera dei rappresentanti, o di un terzo dei membri della Camera dei Consiglieri, all'interno di ogni entrambe le Camere, le commissioni d'inchiesta costituita per raccogliere le informazioni su questioni specifiche o la gestione dei servizi, imprese e istituzioni pubbliche, e presentare i loro risultati alla Camera in questione.
Non può essere creato commissione d'inchiesta in cui i fatti hanno portato ad azioni legali fino a quando tali procedimenti sono in corso. Se una commissione è già stata creata, la sua missione scade l'apertura di una inchiesta giudiziaria sui fatti che ha motivato la sua creazione.
Commissioni di inchiesta sono temporanei. La loro missione si conclude con la presentazione del loro rapporto per l'Ufficio della Casa in questione e, se del caso, rinvio alla corte del Presidente di questa Assemblea.
Un incontro pubblico è riservata dalla Camera dei rispettivi per la discussione dei rapporti delle commissioni d'inchiesta.
Una legge organica determina le modalità di funzionamento di questi comitati.

ARTCOLO 68
Le sedute delle Camere del Parlamento sono pubbliche. Il verbale dei dibattiti è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Parlamento.
Ciascuna Camera può tenere riunioni private su richiesta del capo del governo o di un terzo dei suoi membri.
Le riunioni del Comitato del Parlamento sono segreti. Regolamenti interni delle due Camere del Parlamento di cui il caso e le regole per lo svolgimento di queste Commissioni pubbliche riunioni.
Il Parlamento tiene riunioni congiunte delle due Camere, in particolare nei seguenti casi:
- L'apertura del Re della sessione parlamentare, il secondo Venerdì del mese di ottobre, e gli indirizzi dei messaggi Royal al Parlamento;
- L'adozione della revisione della Costituzione, in conformità con la sezione 174;
- Le dichiarazioni del capo del governo;
- La presentazione della legge annuale progetto di bilancio;
- I discorsi dei capi di Stato e di governi stranieri.
Il capo del Governo può anche chiedere al Presidente della Camera dei Rappresentanti e del Presidente della Camera dei Consiglieri di tenere riunioni congiunte di entrambe le camere per la presentazione delle informazioni sui casi con un carattere di importanza nazionale.
Le riunioni congiunte si svolgono sotto la presidenza del Presidente della Camera dei Rappresentanti. Regole interne di entrambe le Camere determina le modalità e le regole di tali riunioni;
Oltre alle sessioni congiunte, le Commissioni permanenti del Parlamento può tenere riunioni congiunte per ascoltare le informazioni relative ai casi con un carattere significativo nazionale e in conformità con le regole stabilite dalle norme interne di entrambe le Camere.

ARTICOLO 69
Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento di procedura e di voto. Tuttavia, non può essere attuato fino a quando non vengono dichiarati dalla Corte costituzionale secondo le disposizioni della presente Costituzione.
Due rami del Parlamento sono tenuti, nello sviluppo dei loro rispettivi regolamenti, tenendo conto degli imperativi della loro armonizzazione e la complementarità, per garantire l'efficienza dei lavori parlamentari.
Il regolamento interno deve contenere:
- Le regole di appartenenza, l'appartenenza e il funzionamento dei gruppi e dei gruppi parlamentari e dei diritti specifici concessi ai gruppi di opposizione;
- Gli obblighi di effettiva partecipazione dei membri delle commissioni e sessioni plenarie, comprese le sanzioni per le assenze;
- Il numero, le finalità e l'organizzazione delle commissioni permanenti, riservandosi la presidenza di uno o due di queste commissioni per l'opposizione, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 10 della presente Costituzione.
Poteri del Parlamento

ARTICOLO 70
Il Parlamento esercita il potere legislativo.
Passa leggi, monitoraggio e valuta l'azione di governo delle politiche pubbliche.
L'attivazione di legislazione può permettere al governo, per un periodo limitato e per un obiettivo specifico, che dovrà assumere decreto misure che sono normalmente una questione di diritto. Gli ordini sono efficaci loro pubblicazione, ma deve essere presentata entro il termine fissato dalla delegazione legislativa, la ratifica del Parlamento. La legge delega si estingue sullo scioglimento delle due Camere del Parlamento o di uno di loro.

ARTICOLO 71
Sono una questione di diritto, in aggiunta alle materie espressamente assegnate in altri articoli della Costituzione:
- I diritti e le libertà fondamentali contenute nel preambolo e altri articoli di questa Costituzione;
- Stato di famiglia e stato civile;
- I principi e le regole del sistema sanitario;
- Il sistema dei media audiovisivi e la stampa in tutte le sue forme;
- Amnesty International;
- Nazionalità e condizione dello straniero;
- La determinazione dei reati e delle sanzioni ad essi applicabili;
- La magistratura e la creazione di nuove categorie di giurisdizione;
- Procedura civile e procedura penale;
- Il sistema carcerario;
- Lo stato generale del servizio pubblico;
- Le garanzie fondamentali riconosciute ai civili e militari;
- Lo stato dei servizi e delle forze dell'ordine;
- Il sistema di governo locale, i principi della delimitazione dei loro territori;
- Il sistema elettorale degli enti locali, i principi dei confini elettorali;
- Il sistema fiscale e, i tassi di base e le modalità di riscossione delle imposte;
- Lo status giuridico della questione della moneta e lo stato della banca centrale;
- Il sistema delle dogane;
- Il sistema degli obblighi civile e commerciale, diritto societario e delle cooperative;
- I diritti reali immobiliari e programmi pubblici, privati e collettivi;
- Il sistema di trasporto;
- I rapporti di lavoro, la previdenza sociale, infortuni sul lavoro e malattie professionali;
- Il sistema di banche, compagnie di assicurazione e di mutuo;
- Il sistema delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
- Pianificazione urbana e regionale;
- Le norme in materia di gestione ambientale, tutela delle risorse naturali e sviluppo sostenibile;
- Il sistema di acqua e di silvicoltura e pesca;
- Determinare la direzione e l'organizzazione generale dell'istruzione, della ricerca scientifica e formazione professionale;
- La creazione di istituzioni pubbliche e le altre persone giuridiche di diritto pubblico;
- La nazionalizzazione delle imprese e il sistema di privatizzazione.
Oltre alle materie di cui al comma precedente, il Parlamento ha il potere di emanare leggi relative al conseguimento degli obiettivi di base della vita economica, sociale, stato ambientale e culturale. 

ARTICOLO 72
Materie diverse da quelle in materia di diritto sono in campo normativo.

ARTICOLO 73
Testi presi in forma legislativa può essere modificata per decreto, previo parere conforme della Corte costituzionale, quando si sono verificati in un'area dedicata per l'esercizio del potere regolamentare.

ARTICOLO 74
Lo stato di assedio può essere dichiarata dal regio decreto controfirmato dal Capo del Governo, per un periodo di trenta giorni. Questo periodo può essere prorogato solo per legge.

ARTICOLO 75
Parlamento ha approvato la legge di bilancio, presentata da priorità alla Camera dei Rappresentanti, come previsto da una legge organica. Ciò determina la natura delle informazioni, i documenti ei dati necessari ad arricchire i dibattiti parlamentari sul disegno di legge finanziaria.
Spese in conto capitale necessario per realizzare i piani strategici di sviluppo o programmi pluriennali, sono passati solo una volta, dopo l'approvazione dello stesso da parte del Parlamento e sarà rinnovata automaticamente per tutta la durata. Solo il governo ha il diritto di file bollette di modificare il programma e adottato.
Se alla fine dell'anno fiscale, il disegno di legge finanziaria è passato o meno superato a causa della sua presentazione alla Corte Costituzionale ai sensi della sezione 132 di questa Costituzione, il governo apre con decreto i fondi necessari per lo svolgimento dei servizi pubblici e l'esercizio della loro missione, secondo le proposte di bilancio presentate per l'approvazione.
In questo caso, i ricavi continuano ad essere applicate in conformità alle leggi e regolamenti riguardanti l'eccezione, però, le entrate per l'eliminazione proposto nel disegno di legge finanziaria. Quanto a coloro per i quali il progetto ha detto comporta una riduzione dei tassi, sarà applicata la tariffa nuova proposta.

ARTICOLO 76
Il Governo presenta annualmente al Parlamento una legge per risolvere la legge finanziaria per l'anno precedente. Questa legge prevede lo stock dei bilanci di capitale il cui mandato è scaduto.

ARTICOLO 77
Il parlamento e il governo deve garantire la conservazione dell'equilibrio delle finanze statali.
Il governo può opporsi le proprie ragioni, l'inammissibilità di qualsiasi proposta o modifica introdotta dai membri del Parlamento in cui la loro adozione sarebbe risultato in relazione alla legge finanziaria, una riduzione delle risorse pubbliche e la creazione o peggioramento cariche pubbliche.
L'esercizio del potere legislativo

ARTICOLO 78
L'iniziativa legislativa appartiene congiuntamente al capo del governo e membri del Parlamento.
Le fatture sono depositate in primo luogo sul tavolo della Camera dei Rappresentanti. Tuttavia, le fatture per le quali enti locali, lo sviluppo regionale e degli affari sociali si depositano principalmente l'ufficio della Camera dei Consiglieri.

ARTICOLO 79
Il governo può dichiarare l'inadeguatezza di qualsiasi proposta o emendamento che non è una questione di diritto.
In caso di disaccordo, la Corte costituzionale decide, entro otto giorni, su richiesta del Presidente della due Camere del Parlamento o il capo del governo.

ARTICOLO 80
Progetti e proposte legislative presentate per l'esame alle commissioni il cui lavoro continua tra le sessioni.

ARTICOLO 81
Il governo può prendere tra le sessioni, con l'accordo delle commissioni competenti delle due Camere, decreto-legge che deve essere durante la successiva sessione regolare del Parlamento, soggetta a ratifica di essa.
La bozza di decreto-legge è previsto sulla tabella della Camera dei Rappresentanti.E 'considerato successivamente dalle commissioni competenti delle due Camere per raggiungere una decisione congiunta entro sei giorni. In caso contrario, la decisione viene presa dalla commissione competente della Camera dei Rappresentanti.

ARTICOLO 82
L'agenda di ogni camera è determinata dalla sua presidenza. Esso comprende le fatture e le bollette, la priorità secondo l'ordine che il governo ha impostato.
Un giorno al mese almeno è riservata per l'esame di progetti di legge, compresi quelli dell'opposizione.

ARTICOLO 83
I membri di ciascuna Camera del Parlamento e il governo hanno il diritto di emendamento. Dopo l'apertura del dibattito, il governo può opporsi all'esame di qualsiasi emendamento che non è mai stato presentato alla commissione interessata.
Se la richiesta del governo, la Camera che fare con il testo in discussione, si pronuncia con un solo voto su tutto o parte di esso, conservando solo gli emendamenti proposti o accettati dal Governo. La Camera può opporsi a tale procedura a maggioranza dei suoi membri.

ARTICOLO 84
Qualsiasi progetto di legge o disegno di legge è esaminato successivamente dalle due Camere del Parlamento per ottenere l'adozione di un testo identico. La Camera dei Rappresentanti delibera sulle bollette primo e proposte legislative avviate dai membri della Camera dei Consiglieri deve discutere prima le bollette iniziata dai suoi membri. Una casa in un testo approvato dalla Camera altri, discute il testo è stato trasmesso.
La Camera dei Rappresentanti in ultima analisi, ha adottato il testo discusso. Il voto può avvenire a maggioranza assoluta dei membri presenti, nel caso del testo relativo agli enti locali e settori collegati allo sviluppo regionale e affari sociali.

ARTICOLO 85
I progetti di legge organico e le proposte sono oggetto di una votazione dalla Camera dei Rappresentanti solo dopo un periodo di dieci giorni dal deposito presso l'ufficio della Camera e la stessa procedura di cui all'articolo 84. Sono infine adottato a maggioranza dei presenti che del Consiglio. Tuttavia, quando un progetto o una proposta di legge organica sulla Camera dei Consiglieri, o alle autorità locali o degli affari sociali, la votazione ha luogo a maggioranza dei membri della Camera.
Leggi organiche relative alla Camera dei Consiglieri deve essere passato in termini identici da entrambe le Camere del Parlamento.
Leggi organiche sarà promulgata finché la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla loro conformità con la Costituzione.
ARTICOLO 86
Leggi organiche in questa Costituzione sono stati presentati per l'approvazione al Parlamento in un periodo non superiore alla durata della legislatura successiva alla promulgazione della Costituzione.

TITOLO V - POTERE ESECUTIVO

ARTICOLO 87
Il governo è costituito dal Capo del Governo e dei Ministri, e può includere anche i segretari di Stato.
Una legge organica definisce, in particolare, le norme che disciplinano l'organizzazione e lo svolgimento di attività di governo, e lo status dei suoi membri.
Determina anche se in contrasto con la funzione di governo, le norme che limitano l'accumulo di funzioni, così come quelle che disciplinano la spedizione, da parte del governo uscente, da parte del governo uscente, gli affari istituzionali

ARTICOLO 88
Dopo la nomina di membri del governo dal re, il capo del governo e mostre prima di due rami del Parlamento, il programma da realizzare. Questo programma deve chiare linee guida per l'azione che il Governo intende condurre nei vari settori dell'attività nazionale, anche in settori rilevanti per la politica economica, sociale, ambientale, culturale e degli affari esteri.
Questo programma è oggetto di dibattito in entrambe le Camere. E 'seguita da un voto della Camera dei Rappresentanti.
Il Governo è investito dopo guadagnando la fiducia della Camera dei Rappresentanti, ha espresso con il voto della maggioranza assoluta dei componenti di quella casa, a favore del programma di Governo 
I ministri sono responsabili, ciascuno nella zona sotto la sua carica e come parte del governo di solidarietà, l'attuazione della politica del governo.
Ministri svolgere le missioni assegnate loro dal capo del governo. Essi riferiscono al Consiglio di Governo.
Essi possono delegare alcune delle proprie responsabilità ai segretari di Stato.

ARTICOLO 94
I membri del governo sono penalmente responsabili dinanzi ai giudici delle Nazioni Unite per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni.
La legge determina le modalità di questa responsabilità.

TITOLO VI - RAPPORTI TRA I POTERI
Il rapporto tra il Re e il legislativo

ARTICOLO 95
Il Re può applicare a entrambe le Camere del Parlamento ha reso una nuova lettura di qualsiasi legge o proposta di legge.
La richiesta di una nuova lettura è fatta a mezzo posta. Questa nuova interpretazione non può essere rifiutata.

ARTICOLO 96
Il Re, previa consultazione con il presidente della Corte Costituzionale e ha informato il Capo del Governo, il Presidente della Camera dei Rappresentanti e del Presidente della Camera dei Consiglieri, dal decreto di scioglimento delle due Camere o una di esse soltanto.
Lo scioglimento avviene dopo il messaggio dal re alla nazione.

ARTICOLO 97
L'elezione del nuovo Parlamento o la Casa nuova arriva due mesi, al più tardi, dopo lo scioglimento.

ARTICOLO 98
Quando una casa è sciolto, il suo successore potrebbe essere solo un anno dopo la sua elezione, a meno che non maggioranza di governo non può essere raggiunto entro la Camera dei rappresentanti appena eletto.

ARTICOLO 99
La dichiarazione di guerra, ha deciso in Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 49 della presente Costituzione, avviene dopo la notifica da parte del re in Parlamento.
I rapporti tra legislativo ed esecutivo

ARTICOLO 100
Una sessione a settimana è riservata a ciascuna Camera di priorità alle domande dei membri di questi ultimi e le risposte dei governi.
Il governo deve rispondere entro venti giorni dalla data in cui è stato sequestro della questione.
Le risposte alle domande di politica è dato dal capo del governo. Una seduta al mese è riservata a coloro domande e le risposte possono essere presentate alla Camera interessato entro trenta giorni dalla data di trasmissione al capo del governo.

ARTICOLO 101
Il capo del Governo presenta al Parlamento una relazione sull'andamento dei lavori per l'azione di governo, di propria iniziativa o su richiesta di un terzo dei membri della Camera dei Rappresentanti o la maggioranza della Camera dei Consiglieri.
Una riunione annuale è riservato dal Parlamento per la discussione e valutazione delle politiche pubbliche.

ARTICOLO 102
Le commissioni competenti in entrambe le Camere possono chiedere un funzionari udito e istituzioni governative e imprese, in presenza e sotto la responsabilità dei ministri responsabili per loro.

ARTICOLO 103
Il capo del Governo può impegnare la responsabilità del governo alla Camera dei Rappresentanti, una dichiarazione di politica o di una votazione sul testo.
La fiducia non può essere rifiutata o ha respinto il testo a maggioranza assoluta dei membri della Camera dei Rappresentanti.
La votazione si svolgerà tre giorni chiaro dopo la questione della fiducia è stata sollevata.
Il rifiuto della fiducia comporta le dimissioni del governo.

ARTICOLO 104
Il capo del governo può sciogliere la Camera dei rappresentanti, con decreto del Consiglio dei ministri, sentito il Re, il presidente della Camera e il Presidente della Corte Costituzionale.
L'attuale capo del governo alla Camera dei Rappresentanti dichiarazioni comprese le ragioni e gli scopi della presente decisione.

ARTICOLO 105
La Camera dei Rappresentanti può mettere in discussione la responsabilità del governo attraverso il voto di una mozione di censura. Questo è ammissibile solo se è sottoscritta da almeno un quinto dei membri della Camera uno.
La mozione di censura è approvata dalla Camera dei rappresentanti con il voto della maggioranza assoluta dei suoi membri.
Il voto può avvenire solo tre giorni dopo il deposito della mozione. Il voto di censura comporta le dimissioni del governo.
Quando il governo è censurato dalla Camera dei Rappresentanti, nessuna mozione di sfiducia della Camera è ammissibile per un periodo di un anno.

ARTICOLO 106
La Camera dei Consiglieri può interrogare il governo per mezzo di una mozione firmata da almeno un quinto dei suoi componenti. Non può essere passato, tre giorni dopo la sua presentazione, a maggioranza assoluta dei componenti di questa Assemblea.
Il testo della mozione interpellanza è immediatamente rivolto dal Presidente della Camera dei Consulenti del capo del governo, che ha un periodo di sei giorni a comparire dinanzi alla Camera la risposta del governo. Questa è seguita da un dibattito senza votazione.

TITOLO VII - LA MAGISTRATURA
L'indipendenza della magistratura

ARTICOLO 107
La magistratura è indipendente dal potere legislativo e potere esecutivo.
Il re è il garante dell'indipendenza della magistratura.

ARTICOLO 108
I giudici sono nominati a vita.

ARTICOLO 109
Ogni intervento è vietata nei casi portati davanti alla giustizia. Nella sua funzione giurisdizionale, il giudice non può ordinare o ricevere istruzioni o essere sottoposti ad alcuna pressione.
Ogni volta che ritiene che la sua indipendenza è minacciata, il giudice deve entrare nel Consiglio superiore della magistratura.
Il mancato dal giudice nel suo dovere di indipendenza e imparzialità, è una colpa grave professionale, fatte salve le eventuali conseguenze legali.
La legge punisce chiunque cerchi di influenzare il giudice illegalmente.

ARTICOLO 110
I giudici sono tenuti a fare solo l'applicazione della legge. Le decisioni della Corte sono fatte esclusivamente sulla base della applicazione imparziale della legge.
I pubblici ministeri sono tenuti all'applicazione della legge e deve essere conforme alle istruzioni scritte da parte dell'autorità gerarchica.

ARTICOLO 111
I giudici hanno la libertà di espressione, compatibile con il loro dovere di riservatezza e di etica giudiziaria.
Essi possono appartenere a associazioni o per creare associazioni professionali, in conformità con i doveri di imparzialità e di indipendenza previsti dalla legge.
Essi non possono unirsi a partiti politici o sindacati.

ARTICOLO 112
Lo stato dei giudici è fissato da una legge organica.
Il Consiglio supremo della magistratura

ARTICOLO 113
Il Consiglio supremo della magistratura applica le garanzie accordate ai giudici, con particolare riguardo alla loro indipendenza, la loro nomina, promozione, il pensionamento e la loro disciplina.
Su sua iniziativa, prepara relazioni sullo stato della giustizia e del sistema giudiziario, e formula raccomandazioni appropriate al riguardo.
Su richiesta del re, del governo o del Parlamento, i pareri del Consiglio su questioni di questioni relative alla giustizia, fatto salvo il principio della separazione dei poteri.

ARTICOLO 114
Singole decisioni del Consiglio supremo della magistratura è oggetto di ricorso per abuso di potere, prima il più alto tribunale amministrativo del Regno.

ARTICOLO 115
Il Consiglio supremo della magistratura è presieduto dal re. Si compone di:
- Il Primo Presidente della Corte Suprema di Presidente designato;
- Re del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;
- Il presidente della Prima Sezione della Corte di Cassazione;
- 4 eletti, tra i quali, da parte dei giudici magistrati di appello;
- 6 eletti, tra i quali, dai magistrati dei tribunali di primo grado;
La rappresentanza dei giudici donne deve essere assicurato tra i dieci membri eletti, in proporzione alla loro presenza nel corpo della magistratura.
- Il mediatore;
- Presidente del Consiglio Nazionale dei Diritti Umani;
- 5 persone nominate dal re, noti per la loro competenza, imparzialità e integrità, oltre che per il loro contributo distinti a favore della indipendenza della magistratura e dello Stato di diritto, un membro viene nominato dal Segretario generale del Consiglio superiore degli ulema.

ARTICOLO 116
Il Consiglio supremo della magistratura è di almeno due sessioni all'anno.
Ha l'autonomia amministrativa e finanziaria.
In ambito disciplinare, il Consiglio supremo della magistratura è frequentato da giudici, ispettori esperti.
L'elezione, l'organizzazione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura ed i criteri per la gestione delle carriere dei giudici e le regole del procedimento disciplinare è fissata da una legge organica.
Nei casi che riguardano magistrati, il Consiglio supremo della magistratura considera la valutazione relazioni preparate dall'autorità gerarchica a cui riferire.
I diritti dei contendenti,
regole della giustizia

ARTICOLO 117
Il giudice è responsabile della tutela dei diritti e delle libertà e la sicurezza giuridica degli individui e dei gruppi, così come l'applicazione della legge.

ARTICOLO 118
L'accesso alla giustizia è garantito ad ogni persona per difendere i loro diritti ed interessi tutelati dalla legge.
Tutti gli atti giuridici, normativi o individuale, prese in materia amministrativa, può essere oggetto di ricorso dinanzi al giudice amministrativo competente.

ARTICOLO 119
Ogni persona accusata è presunto innocente fino a condanna da un tribunale passata in giudicato.

ARTICOLO 120
Ogni individuo ha diritto ad un processo equo e una decisione in tempi ragionevoli.
I diritti della difesa garantito in tutti i tribunali.

ARTICOLO 121
Nei casi in cui previsto dalla legge, la giustizia è gratuito per coloro che non hanno le risorse per citare in giudizio.

ARTICOLO 122
Danni causati da errori giudiziari sono indennizzabili a spese dello Stato.

ARTICOLO 123
Le udienze sono pubbliche, salvo che la legge disponga altrimenti.

ARTICOLO 124
Le sentenze sono resi ed eseguite in nome del re e secondo la legge.

ARTICOLO 125
Tutte le sentenze devono essere motivate e pronunciate in pubblica udienza, come previsto dalla legge.

ARTICOLO 126
Sentenze definitive sono vincolanti per tutti.
Le autorità pubbliche dovrebbero fornire la necessaria assistenza quando viene richiesto durante il processo. Essi sono inoltre tenuti a fornire assistenza alla esecuzione delle decisioni.

ARTICOLO 127
Organi giurisdizionali ordinari o speciali sono stati creati dalla legge.
Non può essere creato in tribunale speciale.

ARTICOLO 128
La polizia che agisce sotto l'autorità dei pubblici ministeri e giudici per tutte le questioni relative alle indagini e verifiche necessarie per l'accertamento dei reati, i trasgressori l'arresto e l'istituzione della verità.

TITOLO VIII - DELLA CORTE COSTITUZIONALE

ARTICOLO 129
Ci sarà una Corte costituzionale.

ARTICOLO 130
La Corte costituzionale è composta da dodici membri nominati per un periodo di nove anni. Sei membri sono nominati dal re, tra cui un membro nominato dal Segretario Generale del Consiglio Superiore degli Ulema, e sei membri sono eletti, per metà dalla Camera dei Rappresentanti, la metà della Camera dei Consiglieri tra i candidati nominati dall'Ufficio di ogni casa, dopo un voto segreto e la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera.
Se entrambe le Camere del Parlamento o di uno di essi non si eleggono i membri del di cui sopra entro il periodo necessario per il rinnovo, la Corte esercita le sue funzioni e prende decisioni sulla base di una membri del quorum ignorando non ancora eletto.
Ogni classe di appartenenza può essere rinnovato per un terzo ogni tre anni.
Il presidente della Corte costituzionale è nominato dal re fra i membri che compongono la Corte.
I membri della Corte costituzionale sono scelti tra persone con alta formazione in campo giuridico e in una sentenza giudiziaria, dottrinale o amministrativa, che hanno esercitato la loro professione da oltre quindici anni, e noti per la loro imparzialità ed integrità . 

ARTICOLO 131
Una legge organica determina le regole di organizzazione e funzionamento della Corte costituzionale, e la procedura da seguire prima e la situazione dei suoi membri.
Determina inoltre le funzioni incompatibili, comprese quelle relative ai professionisti, stabilisce le condizioni dei primi due tre anni rinnovi e le procedure per la sostituzione di membri inattivi, si è dimesso o è morto mentre era in carica.

ARTICOLO 132
La Corte costituzionale esercita i poteri ad essa attribuiti dagli articoli della Costituzione e le disposizioni di leggi organiche. Essa inoltre decidere sul corretto svolgimento delle elezioni dei membri del Parlamento e del referendum.
Leggi organiche, prima della loro promulgazione e dei regolamenti della Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri, prima della realizzazione, deve essere presentata alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla loro conformità con la Costituzione.
Allo stesso fine, le leggi e gli impegni internazionali può essere deferita alla Corte costituzionale prima della loro promulgazione o ratifica da parte del Re, il capo del governo, il presidente della Camera dei Rappresentanti, il presidente della Camera dei Consiglieri, o il quinto membro della Camera dei Rappresentanti o quaranta membri della Camera dei Consiglieri.
Nei casi previsti dai commi secondo e terzo del presente articolo, la Corte Costituzionale si pronuncia entro un mese dalla notifica. Tuttavia, su richiesta del governo, se c'è urgenza, tale termine è ridotto a otto giorni.
In questi casi, rinvio alla Corte costituzionale sospende il termine per la promulgazione.
Si decide sulla legittimità della elezione dei membri del Parlamento entro un anno dalla data di scadenza del termine legale di ricorso. Tuttavia, la Corte può, al di là di questo periodo per giusta causa, se il numero dei ricorsi o natura richiede.

ARTICOLO 133
La Corte costituzionale è competente a intrattenere un 'eccezione di incostituzionalità sollevata nel corso di un processo, quando supportate da una delle parti che la legge su cui l'esito del caso, viola i diritti e le libertà garantiti dalla Costituzione.
Una legge organica determina le condizioni e le modalità di applicazione del presente articolo.

ARTICOLO 134
Una disposizione dichiarata incostituzionale sulla base dell'articolo 132 della presente Costituzione è promulgata o attuate. Una disposizione dichiarata incostituzionale sulla base dell'articolo 133 si estingue alla data fissata dalla Corte nella sua decisione.
Le decisioni della Corte costituzionale non sono soggette ad appello. Essi sono vincolanti per le autorità pubbliche e tutte le autorità amministrative e giudiziarie.

TITOLO IX - REGIONI E ENTI LOCALI

ARTICOLO 135
Le autorità locali del Regno sono le regioni, prefetture, province e comuni.
Essi sono persone giuridiche di diritto pubblico e di gestire i propri affari in modo democratico.
I Consigli delle regioni e dei comuni sono eletti a suffragio universale diretto.
Qualsiasi altra autorità locale è creato per legge, se del caso, in sostituzione di uno o più località di cui al primo comma.

ARTICOLO 136
L'organizzazione territoriale del Regno si basa sui principi di autonomia, la cooperazione e la solidarietà. Assicura la partecipazione delle popolazioni colpite a gestire il loro business e il loro contributo per la promozione integrata e lo sviluppo umano sostenibile.

ARTICOLO 137
Regioni e altri enti locali coinvolti nell'attuazione della politica generale della politica statale e regionale attraverso i loro rappresentanti alla Camera dei Consiglieri.

ARTICOLO 138
I presidenti dei consigli regionali e i presidenti di altre collettività territoriali eseguono le deliberazioni e decisioni di questi consigli.

ARTICOLO 139
Meccanismi partecipativi di dialogo e concertazione sono fissati dai Consigli delle regioni e degli altri Consigli territoriali per favorire la partecipazione dei cittadini e delle associazioni nello sviluppo e monitoraggio dei programmi di sviluppo.
I cittadini e le associazioni possono esercitare il diritto di petizione per richiedere l'iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio, una questione di interesse.

ARTICOLO 140
Sulla base del principio di sussidiarietà, gli enti locali hanno competenze specifiche, competenze, condivise con lo Stato e coloro che sono trasferibili da lui.
Regioni e altri enti territoriali hanno nei loro rispettivi campi e nella loro giurisdizione, l'autorità di regolamentazione per l'esercizio delle loro funzioni.

ARTICOLO 141
Regioni e altre autorità locali hanno le proprie risorse finanziarie e le risorse finanziarie assegnate dallo Stato.
Qualsiasi trasferimento di poteri dallo Stato alle amministrazioni locali devono essere accompagnati da un corrispondente trasferimento di risorse.

ARTICOLO 142
È stato creato per un determinato periodo, alle regioni, un fondo di promozione sociale per l'inversione di deficit nello sviluppo umano, infrastrutture e attrezzature.
Ci sono, inoltre, un interregionale fondo di solidarietà per un'equa distribuzione delle risorse per ridurre le disparità tra le regioni.

ARTICOLO 143,
Nessuna autorità locale non può esercitare autorità su un altro.
Nello sviluppo e monitoraggio dei programmi di sviluppo regionale e dei modelli regionali di pianificazione territoriale, la regione offre, sotto la guida del presidente dell'Associazione, un ruolo preminente rispetto ad altre comunità, nel rispetto delle competenze proprio loro.
Quando l'assistenza di numerose autorità locali è necessario per un progetto, le comunità colpite concordare le modalità della loro cooperazione.

ARTICOLO 144
Le autorità locali possono formare gruppi per la condivisione delle risorse e programmi.

ARTICOLO 145
Negli enti locali, i walis di regioni e i governatori di province e prefetture rappresentano il governo centrale.
A nome del governo, essi assicurano l'applicazione delle leggi, mettono in opera i regolamenti e le decisioni del governo ed esercitano il controllo amministrativo.
I Walis e governatori hanno assistono i presidenti delle autorità locali tra cui i presidenti dei consigli regionali per l'attuazione di piani e programmi di sviluppo.
Sotto l'autorità dei ministri interessati, coordinano le attività dei servizi decentrati del governo centrale e garantire il corretto funzionamento.

ARTICOLO 146
Una legge organica dello Stato:
- Le condizioni per una gestione democratica della loro affari da parte delle regioni e di altre autorità territoriali, il numero dei consiglieri, le regole di ammissibilità, incompatibilità e dove proibito il cumulo dei mandati, e il sistema elettorale e disposizioni volte ad assicurare una maggiore partecipazione delle donne in questi consigli;
- Le condizioni per l'attuazione delle deliberazioni e decisioni dei consigli regionali e altre autorità locali, ai sensi del punto 138;
- Le condizioni per l'esercizio del diritto di petizione ai sensi dell'articolo 139 sezione;
- Le competenze, le abilità, condiviso con lo Stato e quelli che loro sono trasferibili alle regioni e altri enti locali, ai sensi dell'articolo 140;
- Il sistema finanziario delle regioni e degli altri enti locali;
- L'origine delle risorse finanziarie delle regioni e degli altri enti territoriali, a norma dell'articolo 141;
- Le risorse e le procedure dei fondi per migliorare la solidarietà sociale e inter-regionale di cui al punto 142;
- I termini e le condizioni di formazione dei gruppi di cui all'articolo 144;
- Le disposizioni di promuovere lo sviluppo delle intercomunale ed i meccanismi per garantire l'adattamento della organizzazione territoriale a tale scopo;
- Regole di governance per il corretto funzionamento del self-government, il controllo della gestione dei fondi e dei programmi, la valutazione delle azioni e responsabilità.

TITOLO X - LA CORTE DEI CONTI

ARTICOLO 147
La Corte dei conti è l'istituzioni superiori di controllo del Regno. La sua indipendenza è garantita dalla Costituzione.
La Corte dei conti è responsabile per la tutela dei principi e dei valori del buon governo, trasparenza e responsabilità dello Stato e degli enti pubblici.
La Corte dei conti il compito di monitorare le prestazioni delle leggi finanziarie di alto livello. Assicura la regolarità delle spese e delle entrate agenzie sotto il suo controllo in base alla legge e valuta la gestione. E le sanzioni, se del caso, le violazioni delle norme che regolano tali operazioni.
La Corte dei Conti controlla e monitora le dichiarazioni di beni, revisioni dei conti dei partiti politici e verifica la regolarità delle spese delle elezioni.

ARTICOLO 148
La Corte dei conti assiste il Parlamento in materia di controllo della finanza pubblica.Lei risponde alle domande e consultazioni legate alle funzioni di legislazione, controllo e valutazione, effettuata da parte del Parlamento e della finanza pubblica.
La Corte dei conti assiste il giudice.
La Corte dei conti assiste il governo in settori di sua competenza ai sensi di legge.
Si pubblica tutti i suoi lavori tra cui relazioni speciali e delle decisioni giudiziarie.
Esso presenta una relazione annuale al Re di tutte le sue attività, trasmette anche al Capo del Governo e dei Presidenti delle due Camere del Parlamento. Questo rapporto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
Una dichiarazione di attività della Corte è presentato dal suo Presidente prima al Parlamento. E 'seguita da una discussione.

ARTICOLO 149
La Corte dei Conti Regionale è responsabile per l'audit e la gestione delle regioni e degli altri enti territoriali e loro raggruppamenti.
Essi eventuale sanzione, violazioni delle norme che regolano le operazioni finanziarie pubbliche.

ARTICOLO 150
La composizione, organizzazione, funzioni e procedure di lavoro della Corte dei conti e dei tribunali regionali dei conti sono stabilite dalla legge.

TITOLO XI - DEL CONSIGLIO ECONOMICO, SOCIALE E AMBIENTALE

ARTICOLO 151
È istituito un Comitato economico, sociale e ambientale.

ARTICOLO 152
E' istiruito Economico, sociale e ambientale può essere consultato dal governo, la Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri su tutte le questioni della vita economica, sociale o ambientale.
Dà il suo parere sugli orientamenti generali dell'economia nazionale e dello sviluppo sostenibile.

ARTICOLO 153
La composizione, l'organizzazione, le funzioni e le procedure operative del Consiglio economico, sociale e ambientale sono determinate da una legge organica.

TITOLO XII - BUON GOVERNO
Principi generali

ARTICOLO 154
I servizi pubblici sono organizzati sulla base della parità di accesso dei cittadini, la copertura equa del territorio nazionale e la continuità dei servizi.
Sono soggetti a standard di qualità, trasparenza, responsabilità e responsabilità, e deve essere governato da principi e valori democratici sanciti dalla Costituzione.

ARTICOLO 155
Gli agenti svolgono le loro funzioni secondo i principi dello Stato di diritto, neutralità, trasparenza, correttezza, e di interesse generale.

ARTICOLO 156
I servizi pubblici siano adattate ai loro utenti e tenere traccia delle loro osservazioni, suggerimenti e reclami.
Essi rappresentano per la gestione dei fondi pubblici in conformità della legislazione in vigore e soggetti a questo proposito, gli obblighi di monitoraggio e valutazione.
ARTICOLO 157
Una carta dei servizi pubblici stabilisce tutte le regole di buon governo per l'operazione del governo, regioni e altri enti locali ed enti pubblici.
ARTICOLO 158
Qualsiasi persona eletta o nominata, pubblici uffici deve stabilire, con le modalità previste dalla legge, una dichiarazione scritta di beni e le attività da essa detenute, direttamente o indirettamente, al suo insediamento, durante l'attività e cessazione della stessa.
ARTICOLO 159
Gli organismi incaricati di buon governo sono indipendenti. Hanno il sostegno di organi statali. La legge può, se necessario, creare istanze aggiuntive di regolamentazione e buona governance. 

ARTICOLO 160
Tutte le istituzioni e gli organismi di cui agli articoli da 161 a 170 di questa Costituzione deve presentare una relazione sulla propria attività almeno una volta all'anno. Questi rapporti sono presentati al Parlamento e sono oggetto di dibattito.
Istituzioni e gli organismi a tutela dei diritti e delle libertà, del buon governo, sviluppo umano e sostenibile e la democrazia partecipativa
Le istanze di tutela e promozione dei diritti umani

ARTICOLO 161
Il Consiglio nazionale per i diritti umani è un'istituzione indipendente e pluralista nazionale, costituito per affrontare tutte le questioni relative alla difesa e alla tutela dei diritti umani e delle libertà, la garanzia di piena e la promozione e la conservazione della dignità, i diritti e le libertà individuali e collettive dei cittadini, e questo nel rispetto di riferimento nazionale e universale nel campo.

ARTICOLO 162
Il mediatore è una missione indipendente nazionale e specializzate, come parte della la relazioni tra amministrazione e utenti, per difendere i diritti, per rafforzare lo Stato di diritto e di diffondere i principi della giustizia e della correttezza, e dei valori morali e trasparenza nella gestione del governo, istituzioni pubbliche, enti locali e le agenzie investiti di potere pubblico.

ARTICOLO 163
Il Consiglio della comunità marocchina all'estero, è il principale responsabile per il rilascio di pareri sulla direzione delle politiche pubbliche per assicurare i marocchini che vivono all'estero di mantenere stretti legami con la propria identità marocchina, misure volte per garantire i loro diritti e salvaguardare i loro interessi, e contribuire allo sviluppo umano sostenibile dei loro paesi di origine e il suo progresso.

ARTICOLO 164
L'autorità responsabile per le pari opportunità e la lotta contro ogni forma di discriminazione, istituito ai sensi dell'articolo 19 di questa Costituzione, provvedono in particolare il rispetto dei diritti e delle libertà previste in quella sezione, fatte salve le responsabilità del Consiglio nazionale per i diritti umani.
Le istanze di buon governo e di regolazione

ARTICOLO 165
L'Alta Autorità della Comunicazione Audiovisiva è un'istituzione responsabile per assicurare il rispetto per l'espressione pluralistica di opinione e di pensiero e il diritto d'informazione nel settore degli audiovisivi e questo, secondo il valori di civiltà e le leggi fondamentali del Regno.

ARTICOLO 166
Il Consiglio della concorrenza è un'autorità amministrativa indipendente, come parte della organizzazione di una concorrenza libera e leale, per garantire trasparenza e correttezza nelle relazioni economiche, in particolare attraverso l'analisi ed il controllo della concorrenza di mercato, controllo delle pratiche anticoncorrenziali, pratiche commerciali sleali e le operazioni di concentrazione economica e del monopolio.

ARTICOLO 167
L'integrità nazionale e la lotta contro la corruzione, istituita ai sensi della sezione 36, tra cui la missione di coordinare, controllare e monitorare l'attuazione delle politiche per prevenire e combattere contro corruzione, per raccogliere e diffondere informazioni in questo settore, di contribuire alla moralizzazione della vita pubblica e rafforzare i principi di buon governo, cultura del servizio pubblico e dei valori della cittadinanza responsabile.
Organi di promuovere lo sviluppo umano sostenibile e la democrazia partecipativa

ARTICOLO 168
Ci sarà un Consiglio supremo di istruzione, formazione e ricerca scientifica.
Questo Consiglio è un organo consultivo competente per il rilascio il proprio parere su tutte le politiche pubbliche e sulle questioni di interesse nazionale per la ricerca, la formazione e scientifica, così come gli obiettivi e il funzionamento delle agenzie responsabili di queste aree. Essa contribuisce inoltre alla valutazione delle politiche pubbliche e programmi condotti in questi settori.

ARTICOLO 169
Il Consiglio consultivo della famiglia e bambini, istituito ai sensi della sezione 32 della presente Costituzione, ha la missione di monitorare la situazione della famiglia e dei bambini, per dare il suo parere sui piani nazionali per queste zone, a condurre il dibattito pubblico sulle politiche familiari e per monitorare l'attuazione dei programmi nazionali avviati da vari dipartimenti, strutture e agenzie.

ARTICOLO 170
Il Consiglio della Gioventù e l'azione comunitaria istituito ai sensi dell'articolo 33 della presente Costituzione, è un organo consultivo in materia di tutela dei minori e la promozione della vita comunitaria. E 'responsabile per lo studio e monitoraggio di tali aree e temi di avanzare proposte su qualsiasi argomento di uno sviluppo economico, sociale e culturale di diretto interesse per i giovani e l'azione della comunità, e lo sviluppo delle energie creative dei giovani , e incoraggiare la partecipazione alla vita nazionale, in uno spirito di cittadinanza responsabile.

ARTICOLO 171
Le leggi determineranno la composizione, l'organizzazione, i poteri e le regole di funzionamento delle istituzioni e degli enti di cui alle sezioni 160-170 di questa Costituzione e, se del caso, le situazioni di incompatibilità.

TITOLO XIII - REVISIONE DELLA COSTITUZIONE

ARTICOLO 172
L'iniziativa di modifica della Costituzione appartiene al Re, il capo del governo alla Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri.
Il Re può fare riferimento direttamente al referendum il progetto di revisione che prende l'iniziativa.

ARTICOLO 173
La proposta di revisione presentata da uno o più membri delle due Camere del Parlamento sono adottate a maggioranza dei due terzi dei suoi membri.
Questa proposta è soggetta alla Casa altri che adotta la stessa maggioranza dei due terzi dei suoi membri.
La proposta di modifica formulate dal Capo del Governo è soggetta alle Gabinetto previa delibera del Consiglio di Governo.

ARTICOLO 174
Progetti e proposte di revisione della Costituzione sono oggetto di un referendum per decreto.
La revisione della Costituzione sarà definitiva dopo l'approvazione con un referendum.
Il Re, previa consultazione con il presidente della Corte Costituzionale, presentata per decreto in Parlamento un progetto di revisione di talune disposizioni della Costituzione.
Il Parlamento, convocato dal re in entrambe le camere insieme, che approva la maggioranza dei due terzi dei membri.
Il Regolamento della Camera dei Rappresentanti stabilisce le modalità di applicazione della presente disposizione.
La Corte costituzionale controlla il processo a causa della revisione e proclamare i risultati.

ARTICOLO 175
Nessuna recensione non può contenere disposizioni relative al Islam, la forma monarchica di governo, la scelta democratica della nazione o l'acquis in materia di libertà e diritti fondamentali sanciti nella Costituzione.

TITOLO XIV - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

ARTICOLO 176
Fino alla elezione delle Camere del Parlamento ai sensi della presente Costituzione, le Camere attualmente in servizio continuano ad assumere le loro responsabilità, anche passando le leggi necessarie per l'attuazione delle nuove Camere del Parlamento, fatte salve le ai sensi della sezione 51 della presente Costituzione.

ARTICOLO 177
Il Consiglio costituzionale in conformità continuare ad esercitare le sue funzioni fino a quando l'installazione della Corte costituzionale le cui abilità e criteri per la nomina dei membri sono stati determinati dalla presente Costituzione.

ARTICOLO 178
Il Consiglio superiore della magistratura, attualmente in servizio continuano ad esercitare i suoi poteri fino a quando l'installazione del Consiglio superiore della magistratura in base alla Costituzione.

ARTICOLO 179
I testi in vigore relative alle istituzioni e agli organi di cui al titolo XII, così come il Consiglio economico e sociale e il Board of Education, restano in vigore finché non verrà sostituito in conformità con le disposizioni della presente Costituzione.

ARTICOLO 180
Fatte salve le disposizioni transitorie in questo titolo, è abrogato il testo della Costituzione revisionata, promulgata dal Dahir n ° 1-96-157 del 23 Jumada I 1417 (7 ottobre 1996).

* Fonte: http://www.ajyalitalia.it/forum/discussioni-generali-vf45/traduzione-italiano-della-nuova-costituzione-del-regno-del-marocco-vt4639.htm

 


l

Ripreso dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana
http://www.chiesacattolica.it/

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Angelo Bagnasco

Nuova "prolusione" del Card. Angelo Bagnasco
al Consiglio della Conferenza dei Vescovi

Ancona 24-27 gennaio 2011 (stralcio da:

" ... deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché
la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a
corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico".
"racconti che, se confermati rilevano stili di vita incompatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni ..."

 

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Perdono di Ambrogio a Teodosio, 309.
Duomo di Milano - Tela di A. van Dick

 

Dalla CEI -  Conferenza Episcopale Italiana

CONSIGLIO PERMANENTE,
Ancona, 26 - 29 settembre 2011



PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE

(Stralcio dei
paragrafi 8, 9, 10)

Venerati
   e cari Confratelli,
......................................................................
......................................................................

8. Conosciamo le preoccupazioni che pulsano nel corpo vivo del Paese, e non ci sfugge certo quel che, a più riprese, si è tentato di fare e ancora si sta facendo per fronteggiarle.
   L'impressione tuttavia è che, stando a quel che s'è visto, non sia purtroppo ancora sufficiente. Colpisce la riluttanza a riconoscere l'esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l'impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità.
   Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico.    Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui.
  Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole "della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda" (Prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre 2009 e del 24-27 gennaio 2011). Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica.
   Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti. Forse che davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale?
   Annotava giorni fa il professor Franco Casavola, Presidente emerito della Corte Costituzionale: "L'unica voce che denuncia i guasti della società della politica è quella della Chiesa cattolica" (Corriere della sera, 20 settembre 2011). Lo citiamo non per vantare titoli, ma per invitare tutti a non cercare alibi. Ci commuove sentire la fiducia e la gratitudine che vengono espresse quando, come Vescovi, ci rechiamo nei molteplici ambienti di lavoro delle nostre città, campagne, porti. Ci commuovono soprattutto le parole della gente più semplice, dei lavoratori più umili: noi vi siamo grati per la vostra gratitudine che ci riconosce Pastori e amici, riferimenti affidabili là dove, per voi e le vostre famiglie, guadagnate un pane spesso difficile e a volte incerto.
   I vostri sentimenti ci invitano all'umiltà, responsabili come siamo del patrimonio di fiducia che ci confidate. Ci incoraggiano a esservi sempre più vicini ovunque, per raccogliere le ansie e le gioie dei vostri cuori, continuando a dar loro voce ed espressione. Noi nulla chiediamo, se

Nino Luciani, In margine alla richiesta di "pronunciamenti" della CEI su "racconti che, se comprovati, rilevano stili di vita incompatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica".
 
1.- Premessa.
La Prolusione centra fatti di costume di persone impegnate nelle istituzioni. Questi fatti attengono sia alla morale pubblica, sia al costume pubblico, tra cui la denigrazione reciproca e sistematica tra i leader ... per arrivare, infine, alla evasione fiscale, resa oggi più attuale a causa della crisi finanziaria italiana, europea e americana.
   Insomma, nelle considerazioni del Cardinale ce n'è per tutti e dunque, quasi quasi (aggiungiamo noi): "Chi è senza peccato, lanci la prima pietra".


2.- Sui "racconti che, se comprovati ...". Preferisco azioni puntuali, altrimenti è meglio non vedere
.
   Le considerazioni, a voce alta, del Cardinale , sono mosse da detti "racconti", che la stampa ha collegato, inequocabilmente, al Presidenre Berlusconi. Per riferirsi a detti "racconti", evidentemente il Cardinale si è fatto qualche convinzione, pur con la riserva: "se comprovati".
   Siccome, racconti con questo argomento vanno in giro da un anno e mezzo, mi aggiungerei a quelli che hanno chiesto "pronunciamenti" al Cardinale.
   Il Vescovo Ambrogio (390 d.c.) non ci pensò due volte a fermare Teodoso, all'ingresso della sua Chiesa, credendolo colpevole del massacro di Salonicco ( 7000 persone), fino a imporgli di fare penitenza e di fare la domanda pubblica di perdono. Così raccontano gli storici.
   Se il Cardinale avesse fatto tempestivamente una uguale, chiara, azione verso Berlusconi, questi forse si sarebbe fermato e avrebbe già domandato perdono agli Italiani, e tutto l'inghippo già sarebbe stato chiuso.

3.- Sarebbero utili anche raccomandazioni più mirate, ad es.:
  a) in favore della osservanza della Costituzione... .
    Questa dice che le elezioni si fanno ogni 5 anni, e il Governo è eletto per 5 anni, e comunque fino a quando ha la fiducia delle Camere.
   Riprendiano le accennate "denigrazioni" tra i leader.
   Perchè non dire chiaramente ai partiti di opposiziobe che chiedere a Berlusconi di dimettersi (pur avendo la la fiducia delle Camere) è contrario alla Costituziobe ?
  Questo vale anche per Berlusconi, quando faceva lo stesso nei confronti di Prodi.
   Questa opposizione, che adesso vuole prendere anzi tempo il posto di Berlusconi, pensa che ci siamo dimenticati che due anni e mezzo non è stata confermata dall'elettorato.

  b) in favore della osservanza di princìpi etici nel fare la elettorale. La legge elettorale attuale  manda in parlamento gente non sempre la migliore. Non sarà il voto di preferenza che fa individuare i migliori, perchè il grande pubblico non conosce i candidati. Servono alcuni requisiti preventivi.
Per il parlamento:
a) i candidati devono avere il certificato penale pulito;
b) va data la precedenza a candidati che già esperienze politiche negli enti locali.
   Ci sono, poi, regole specifiche ordinate alla "buona politica":
a) Servono governi di legislatura perchè i problemi richedono anni, con:
   a1) il Presidente del Consiglio eletto dalle camere o eletto direttamente dal popolo per l'intera legislatura, tra una rosa di nomi che, preventivamente, siano stati i più votati in almeno 5 Regioni.
  a2) un parlamento capace di prendere decisioni, vale dire non polverizzato.
   Preferirei:
   - niente sbarramenti all'entrata:
   - il premio di maggioranza (su base nazionale, sia alla camera che al senato) alla coalizione maggiore;
   - il divieto di formare gruppi parlamentari con numero di membri minore del 20% della camera di appartenenza;
  - si sancisca per legge che è immorale cambiare casacca, durante il mandato e che sia dimesso chi lo fa (invece, si può, si deve fare tutta la opposizione che si vuole, ma all'interno del partito o del gruppo). Nino Luciani

non di starvi accanto con il rispetto e l'amore di Cristo e della Chiesa. Tornando allo scenario generale, è l'esibizione talora a colpire. Come colpisce l'ingente mole di strumenti di indagine messa in campo su questi versanti, quando altri restano disattesi e indisturbati. E colpisce la dovizia delle cronache a ciò dedicate.  Nessun equivoco tuttavia può qui annidarsi. La responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune. Tanto più ciò è destinato ad accadere in una società mediatizzata, in cui lo svelamento del torbido, oltre a essere compito di vigilanza, diventa contagioso ed è motore di mercato. Da una situazione abnorme se ne generano altre, e l'equilibrio generale ne risente in maniera progressiva.
   È nota la difficoltà a innescare la marcia di uno sviluppo che riduca la mancanza di lavoro, ed è noto il peso che i provvedimenti economici hanno caricato sulle famiglie; non si può, rispetto a queste dinamiche, assecondare scelte dissipatorie e banalizzanti. La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l'immagine del Paese all'esterno ne viene pericolosamente fiaccata.
  Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili.
   La storia ne darà atto. Solo comportamenti congrui ed esemplari, infatti, commisurati alla durezza della situazione, hanno titolo per convincere a desistere dal pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati.

9. La questione morale, complessivamente intesa, non è un'invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un'evenienza grave, che ha in sé un appello urgente.
   Non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto e non riguarda semplicemente i singoli, ma gruppi, strutture, ordinamenti, a proposito dei quali è necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di competenza e di azione, anche nell'esercizio del reciproco controllo.
   Nessuno può negare la generosa dedizione e la limpida rettitudine di molti che operano nella gestione della cosa pubblica, come pure dell'economia, della finanza e dell'impresa: a costoro vanno rinnovati stima e convinto incoraggiamento.
  Si noti tuttavia che la questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un'esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita.
   Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente: c'è da purificare l'aria, perché le nuove generazioni - crescendo - non restino avvelenate.
   Chi rientra oggi nella classe dirigente del Paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità: se non altro, per rispettare i cittadini e non umiliare i poveri. Specie in situazioni come quella attuale, ci è d'obbligo richiamare il principio prevalente dell'equità che va assunto con rigore e applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili gli aggiustamenti più austeri. È sull'impegno a combattere la corruzione, piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi, che la politica oggi è chiamata a severo esame. L'improprio sfruttamento della funzione pubblica è grave per le scelte a cascata che esso determina e per i legami che possono pesare anche a distanza di tempo. Non si capisce quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati di affari che, non previsti dall'ordinamento, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando a intasare la vita pubblica con remunerazioni - in genere - tutt'altro che popolari. E pur tuttavia il loro maggior costo sta nella capziosità dei condizionamenti, nell'intermediazione appaltistica, nei suggerimenti interessati di nomine e promozioni. Al punto in cui siamo, è essenziale drenare tutte le risorse disponibili - intellettuali, economiche e di tempo - convogliandole verso l'utilità comune. Solo per questa via si può salvare dal discredito generalizzato il sistema della rappresentanza, il quale deve dotarsi di anticorpi adeguati, cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità loro dovuta.

10. L’altro fronte vitale per la nostra democrazia è l’impegno di contrasto all’evasione fiscale. Difficile sottrarsi all’impressione che non tutto sia stato finora messo in campo per rimuovere questo cancro sociale, che sta soffocando l’economia e prosciugando l’affidabilità civile delle classi più abbienti. Il grottesco sistema delle società di comodo che consentono l’abbattimento artificioso dei redditi appare – alla luce dei fatti – non solo indecoroso ma anche insostenibile sotto il profilo etico. Bisogna che gli onesti si sentano stimati, e i virtuosi siano premiati.
  Sono tanti i cittadini per bene e le famiglie che adempiono positivamente i loro compiti. A una osservazione attenta, le ragioni per cui guardare avanti ci sono: la strada si è fatta più impervia e il consumismo potrebbe averci fiaccato, ma il popolo italiano odierno sa di non essere da meno delle generazioni che l’hanno preceduto. E sa anche che le conquiste di ieri hanno oggi bisogno di essere riguadagnate: il «parassitismo esistenziale» infatti è solo istinto di psicologie fragili e derelitte. Il brontolio sordo non aiuta a vivere meglio, demotiva anzi ulteriormente.
   La gente di questo Paese dà il meglio di sé nei momenti difficili: certo, le occorre per questo un obiettivo credibile, per cui valga la pena impegnarsi. Questo obiettivo c’è, e coincide con il portare l’Italia fuori dal guado in cui si trova anche per un certo scoramento. Portarla fuori perché sia all’altezza delle proprie responsabilità storiche e culturali. Il che significa darle il futuro che merita, e che serve al mondo intero. L’Italia ha una missione da compiere, l’ha avuta nel passato e l’ha per il futuro.
    Non deve autodenigrarsi! Bisogna dunque reagire con freschezza di visione e nuovo entusiasmo, senza il quale è difficile rilanciare qualunque crescita, perseguire qualunque sviluppo. La Chiesa pellegrina in Italia non intende sottrarsi alle attese e alle responsabilità che le competono. Negli ultimi anni, in coincidenza col dispiegarsi della crisi, essa ha intensificato la propria capillare presenza, a cerniera tra il territorio e i bisogni della gente. Le iniziative molteplici e straordinarie delle diocesi e quella stessa – «Il prestito della speranza» – promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, si sono aggiunte alla fitta rete di vicinanza e di solidarietà quotidiana; e testimoniano la partecipazione sincera della comunità credente alle ansie comuni. Nel frattempo, anche il moltiplicarsi di impegni a favore delle popolazioni più colpite e quelle più derelitte del mondo documenta la tensione che ci pervade, e ci ha indotti a operare ogni risparmio e potare poste di bilancio consolidate per concentrarci sui fronti oggi più esposti.
   Fidandoci dell’aiuto di Dio che mai manca, siamo intensamente grati alla Caritas e alla Migrantes per quanto fanno ogni giorno, al di fuori di qualsiasi pubblicità, canalizzando e dando sbocchi ravvicinati e credibili alla carità della Chiesa e di molti italiani. Quanto alla discussione, non sempre garbata e informata, che c’è stata negli ultimi tempi circa le risorse della Chiesa, facciamo solo notare che per noi, sacerdoti e Vescovi, e per la nostra sussistenza, basta in realtà poco. Così come per la gestione degli enti dipendenti dalle diocesi: essa si ispira ai criteri della trasparenza, senza i quali non potrebbe sussistere l’estimazione da parte di molti. Se abusi si dovessero accertare, siano perseguiti secondo giustizia, in linea con le norme vigenti. Per il resto, ci affidiamo all’intelligenza e all’onestà degli uomini, segnalando che risposte a nostro avviso esaurienti, seppur non troppo considerate, sono già state offerte all’opinione pubblica: segnalo per tutte la pagina a firma di Patrizia Clementi, pubblicata su Avvenire lo scorso 21 agosto.
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EDIZIONI  PRECEDENTI

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PER  INDAGINE  CONOSCITIVA   SUL "VALORE LEGALE" DEL TITOLO DI STUDIO

L'Intersindacale Nazionale Universitaria in audizione al Senato

UNA DICHIARAZIONE CHIARA E MOTIVATA, IN FAVORE

ADU, ANDU, CISAL-Docenti universitari, CISL-Università, CNRU, CNU, CoNPAss, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Università, SUN - Universitas News, UDU, UGL-Università, UILPA-UR, USB-Pubblico impiego
Roma, 7 giugno 2011

Comunicato unitario sul Valore legale del titolo di studio.
Letto e consegnato alla Commissione Istruzione del Senato

        Come associazioni e organizzazioni della docenza e degli studenti, crediamo che il valore legale del titolo di studio rappresenti un elemento di certezza indispensabile nel nostro Paese e una funzione di garanzia dello Stato sull’equità e sulla correttezza dei rapporti tra i cittadini, che individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell’Università.

       Riteniamo, inoltre, che l’audizione di oggi abbia ad oggetto un argomento che non pare coerente neanche con gli stessi contenuti della legge 240/10. Infatti, pur non condividendo questa Legge,  evidenziamo come già vi si preveda l’attribuzione all’ANVUR di competenze funzionali alla verifica della qualità dei corsi di studio.

     Consideriamo il mantenimento del valore legale del titolo di studio un dato centrale del sistema universitario italiano e paventiamo che la sua abolizione possa incrementare le diseguaglianze sociali ed economiche.

    Ricordiamo, infine, come la raccomandazione del Consiglio dei Ministri europeo del 16 maggio 2007 esalti la responsabilità pubblica nell’istruzione superiore; in particolare dette responsabilità non debbano essere orientate esclusivamente al mercato e non possano essere demandate in nessun modo ai privati nelle loro funzioni essenziali, soprattutto riguardo alle attività di valutazione. 

 

CRUI - Conferenza dei Rettori Italiani

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Marco Mancini



      La CRUI si dà un nuovo Presidente:
MARCO MANCINI *

* Nato nel 1957, prof. ordinario di Glottologia e Linguistica nell’Università degli studi
   della Tuscia (Viterbo)


LE PRIME DICHIARAZIONI DEL NEO-ELETTO
(Testo ripreso dal sito della CRUI)

“Il mio mandato inizia in una fase molto delicata per l’università.” – ha detto Mancini subito dopo l’elezione – “L’applicazione della 240/10 richiede attenzione e responsabilità. Se condotta con la dovuta partecipazione e con grande senso delle istituzioni può trasformarsi in una vera e propria opportunità per il rinnovamento e il rilancio delle università. E il ruolo della CRUI in questa fase sarà cruciale”.

“D’altra parte l’opinione pubblica ha dell’università un’immagine opaca e puramente difensiva, costruita spesso sull’enfasi ossessiva dei difetti e sull’assordante silenzio rispetto ai risultati e alle eccellenze” – ha aggiunto il nuovo Presidente della CRUI – “Questa logica va ribaltata. La CRUI dovrà farsi amplificatore di una nuova visione dell’università, basata sui fatti e non sugli slogan, che porti a conoscenza della politica e dell’opinione pubblica ciò che l’università sta facendo e continuerà a fare per il Paese”.

“Tuttavia sarebbe ingenuo pensare che qualunque progetto di rilancio possa essere fatto a costo zero” – ha concluso Mancini – “Accanto all’impegno dell’università nei confronti della società è necessaria una rinnovata presa di coscienza da parte dello Stato e della politica rispetto alla partita che si sta giocando sul piano internazionale. Il progressivo definanziamento dell’università sta conducendo l’innovazione nel nostro Paese a minimi epocali, che difficilmente potremo recuperare se la tendenza non si inverte immediatamente. Proseguire sulla strada che vede l’alta formazione e la ricerca come spese e non come investimenti equivale a mettere una pesantissima ipoteca sul futuro di intere generazioni. Nell’anno in cui ricorre il centocinquantesimo anniversario della nostra storia comune sarebbe auspicabile un segnale evidente, e non semplicemente accennato, di un cambiamento di tendenza”.

Nino Luciani, Alcuni riferimenti per  riprendere il cammino, anzi una lettera di  Piero Tosi del dic. 2005
La vicenda, del dissolvimento del sistema universitario attuale, nasce dalla sottomissione della CRUI, all'idea (del Governo) della "valutazione basata su dati oggettivi", in cambio della promessa del rifinanziamento dell'università, ma solo dopo.
  In realtà si trattava di un trucco mediatico, che usava strimentalmente alcuni scandali concorsuali (veri !), per dissolvere il sistema universitario pubblico.
   Per memoria, si sappia che il cosiddetto sistema della valutazione fu una invenzione della "sinistra", proposta in parlamento sul finire della approvazione della legge Moratti nel 2005, allora respinta dalla Moratti, e poi ripresa dalla Gelmini. Questo spiega perchè destra e sinistra marciarono d'amore e d'accordo fino al 29 luglio 2010, quando la legge Gelmini ebbe il primo test in Senato.
   Solo più tardi subentrerà il divorzio tra destra e sinistra, quando quel trucco fu scoperto.
   Tutti i Rettori e professori sanno che quella "valutazione" è una ricognizione statistica di indizi oggettivi di produzione di ricerca, che sono utili alla valutazione "vera", se sono soggetti a giudizio di commissioni scientifiche.
  Direi, a questo punto, se CRUI di nuovo ci deve essere, che occorra un risveglio, e riprendere il cammino laddove fu interrotto (quello di Piero TOSI), in primis, e seguire "attivamente" la formazione dei decreti attuativi della nuova legge. Questo vuole dire ricostituire l'unità dei Rettori e richiamare le associazioni unversitarie al tavolo della CRUI.
   Direi che i punti di comune memoria dovrebbero essere:
  1) L'università è "una" e deve aver sedi uniformemente nel Paese: almeno una università "regionale", e che dovrà essere finanziata aggiuntivamente se non ha i mezzi (questo per un periodo transitorio, in attesa della maturazione dei numeri).
  2) ll FFO gira attualmente intorno a 7 miliardi l’anno. Nel 2002 (anno delle prime turbolenze didattiche delle Università italiane) il FFO fu di 6,2 miliardi. Tenuto conto che, a causa dell’Euro, in quegli anni scoppio’ la grande inflazione che dimezzo' il potere d’acquisto del reddito fisso (lavoro dipendente e pensionati, in generale), il FFO, se fosse riportato in termini reali a quello del 2002, dovrebbe essere di 12 miliardi;
4) Il DPEF - Documento di programmazione economica e finanziaria del Governo (Allegato, pag. 37, luglio 2010) indica in 15,8  (ripreso da un documento dell'OCSE) il rapporto tra studenti e professori di ruolo da applicare nelle Università. Si chiarisca cosa intendeva il Governo con questo parametro.

Roma, 21 dicembre 2005

Da Piero TOSI, Presidente della CRUI

Ai Rettori delle Università ed Istituti Universitari Italiani

  Cari Colleghi, facendo seguito alla discussione nell'Assemblea del 15 dicembre, mi permetto qui, di seguito, di riprendere con voi il discorso sulla "Costituente per l'Università" riassumendo le impostazioni che abbiamo convenuto di adottare ed insieme uno schema di lavoro per i singoli gruppi nei quali si articolerà 1'attività che intendiamo sviluppare. Lo scopo che ci si propone con la Costituente non è tanto quello di mettere a punto od affinare le proposte che la CRUI ha sviluppato nell'ultimo periodo sui singoli argomenti e di farli conoscere all'esterno.
   In realtà, "la Costituente" dovrebbe avere un diverso scopo: essa dovrebbe rappresentare l'occasione per provocare un dibattito ordinato sui temi che ci stanno più a cuore evitando che tale dibattito si esaurisca nell'improvvisazione e nella povertà degli slogan.
  Lo scopo è di far sì che la CRUI, con tale iniziativa, si trovi a guidare ed indirizzare un vero e proprio movimento di riflessione comune della società italiana, in sue significative articolazioni, sull'Università. Non ci nascondiamo che lo scopo sia ambizioso, ma sappiamo che sarà tanto più compiutamente raggiunto quanto più riusciremo, pur senza rinunciare ad un ruolo di forte presenza e di guida discreta e ferma del dibattito, ad aprire la riflessione sui temi dell'università ad un pubblico ampio e variegato, espressione di sensibilità diverse e anche antagoniste: nella misura in cui sapremo coinvolgerle e chiamarle al confronto, infatti, potremmo proporre, alla fine del processo, il risultato di sintesi del dibattito come frutto di un confronto senza pregiudizi ed ostilità, che certamente non potrà essere accusato di autoreferenzialità. Ed è dunque essenziale che ci si impegni da parte nostra più nello svolgere tale ruolo di stimolo e di indirizzo che non nel riproporre nuovamente ipotesi di soluzioni che, se anteposte al dibattito, sarebbero percepite come il frutto di un pregiudizio o, peggio, di un preconcetto.
Credo non sia necessario ribadire che, nelle forme ritenute più congrue, ciascuno dei Colleghi del Comitato di Presidenza che guiderà i singoli gruppi si porrà il problema di realizzare forme di coinvolgimento di esponenti della società civile e del mondo della cultura che, nei singoli casi, appaiano più adeguati a partecipare ad un dibattito a più voci. La scelta di tali esponenti sarà, naturalmente, frutto della iniziativa e della responsabilità di ciascun gruppo: ma credo che nessuno di noi farà a meno del suggerimento e dell'ausilio dei Colleghi, nel faticoso compito di individuare gli interlocutori più adatti.
  È essenziale, inoltre, comprendere che la "Costituente", nel suo valore oggettivo e nei suoi esiti, si accrediterà con tanta maggior forza quanto maggiore sarà il coinvolgimento di esponenti autorevoli della società civile e delle diverse componenti del nostro mondo universitario. La Conferenza, dal canto suo, sarà tanto più fortemente legittimata a sostenere rispetto all'opinione pubblica ed alle stesse forze politiche le proprie richieste quanto più queste saranno adeguatamente supportate dal convinto sostegno di significative componenti dell'insieme dei protagonisti del dibattito che saremo stati in grado di suscitare e promuovere. Stabilire se il coinvolgimento delle componenti delle università debba essere limitato alla organizzazione di alcuni momenti di confronto interno ai singoli organi di ciascun Ateneo, ovvero estesa sino a comprendere l'espressione di contributi come elementi di arricchimento del dibattito da parte di alcune componenti quali Dipartimenti o Facoltà delle diverse sedi, è questione che può trovare soluzioni diverse. a seconda della tipologia dei temi e della concreta disponibilità delle strutture universitarie a rendersi protagoniste di tale dibattito.
  Va osservato, infine, che l'iniziativa, per i caratteri appena descritti, va considerata un processo che si apre ora ma che è destinata a chiudersi solo nei prossimi mesi, dopo l'insediamento del nuovo Governo. In conformità a quanto fu annunciato nella Relazione di settembre, la Costituente dovrebbe essere infatti la struttura organizzativa di un dibattito che abbia anche, come propria finalità, quello di richiedere alle forze politiche che vinceranno le prossime elezioni l'impegno a promuovere gli Stati generali dell'Università: sede di confronto adeguata per ottenere impegni precisi per il futuro del nostro sistema universitario. Sul piano più propriamente operativo, i lavori della Costituente dovranno essere dunque sviluppati attraverso una serie di incontri di carattere istruttorio per la stesura di un documento finale.
.....
.....
Con i migliori auguri di buon lavoro, un cordiale saluto a tutti, confidando per tutti in un anno 2006 più sereno.
                                                                             PIERO TOSI, Presidente della CRUI

 

Nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia:
Ulteriori motivi di orgoglio e felicità per la gente d'Italia

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In piena unione con tutti gli italiani,
Universitas news vuole concorrere a festeggiare l'unità politica d'Italia, con due contributi:

1 - con due passi  del Canzoniere
di F. Petrarca, imparato a scuola,
fin da piccoli;
2- offrendo un lungo elenco, pur se  "incompleto", delle invenzioni degli Italici, fin dalle origini storiche

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Francesco Petrarca


Dal CANZONIERE DI FRANCESCO PETRARCA (1300)

" Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,
piacemi almen che ' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.

Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion' che crudel guerra;
e i cor', che 'ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e 'ntenerisci et snoda;
ivi fa che 'l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
.......
.....
" Non è questo 'l terren ch'i' toccai pria?
Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sí dolcemente?
Non è questa la patria in ch'io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l'un et l'altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pietà guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertú contra furore
prenderà l'arme, et fia 'l combatter corto:
ché l'antiquo valore
ne gli italici cor' non è anchor morto.

INVENZIONI DEL "GENIO  DEGLI   ITALICI"

Elenco incompleto, ricostruito in modo libero, di elementi presi dal libro di: Rino Camilleri,
Doveroso elogio degli Italiani, Ed. BUR, 2001) e qui riorganizzato in  ordine alfabetico

- Acido salicilico, inventato d al Raffaele Piria, e che con aggiunta di acido acetico (nel 1897, da parte di Felix Hoffman) diverrà l'aspirina, nel XIX secolo;

- Acqua di colonia, inventata da Giovanni Maria Farina nel XVIII secolo;

- Aereo a reazione inventato da Giovanni Caproni e Secondo Campini nel XX secolo;

- Albero a camme, compare in Toscana nel X secolo;

- Albero di bompresso (che permette di navigare col vento di fianco) , inventata dai Romani nel I secolo d.C..;

- Aliscafo inventato da Enrico Forlanini nel XX secolo.;

- Ammoniaca (prima, solo gassosa) Š liquefatta da Liberato Giovanni Baccelli, nel XIX secolo;

- Anatomia patologica, fondata da Giovanni Battista Morgagni (1761);

- Anello di fidanzamento con diamante, compare a Venezia nel XV secolo;

- Anticiclone delle Azzorre, scoperto da Luigi De Marchi, nel XIX secolo;

- Armi da fuoco portatili compaiono in Italia nel XIII secolo;

- Assicurazioni sulla vita, inventate da Lorenzo Tonti nel XVII secolo ;

- Asteroide, Cerere, il primo è scoperto da Giuseppe Piazzi, nel XIX secolo.;

- Autostrada del mondo, la prima nel mondo è la Milano-Laghi nel XX secolo;

- Bagni termali nel II secolo a.C., a Roma;

- Balestra, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Banca moderna, la prima nasce a Genova nel XV secolo;

- Barile, inventato dai Romani nel I secolo d.C.;

- Barometro inventato da Evangelista Torricelli nel XVII secolo;

- Bicicletta, ideata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;

- Bilancia idrostatica, ottenuta da Archimede, in base al principio di Archimede, nel III secolo a.C.;

- Bodoni, caratteri tipografici, ideati da Giambattista Bodoni nel XVIII secolo ;

- Bombarda compare in Italia nel XIII secolo;

- Caffettiera moka express, inventata da Alfonso Dialetti) nel XX secolo;

- Calcestruzzo, entra in uso a Napoli, fatto con pietra vulcanica (pozzolana, da Pozzuoli), calce e acqua, nel II secolo a.C.;

- Calcio fiorentino, primo gioco di palla a squadre nasce a Firenze nel XIII secolo ;

- Calendario ""giuliano", introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C.";

- Calendario "gregoriano" (ancora valido) nel 1582 dal papa Gregorio XIII.";

- Calzini (udones) compaiono a Roma nel IV secolo a. C. ;

- Campo magnetico rotante, inventato da Galileo Ferraris, nel XIX secolo;

- Canale di Suez, progettato da Luigi Negrelli, nel XIX secolo ;

- Cannocchiale astronomico, inventato da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Carrello cinematografico inventato da Giovanni Pastrone nel XX secolo;

- Carrucola, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante;

- Carta stagnola, compare in Italia nel XV secolo;

- Cellule cancerogene, individuate da Renato Dulbecco (Nobel per la medicina) nel XX secolo ;

- Champagne, inventato dal benedettino Francesco Scacchi (1335), tre secoli prima di Perignon;

- Compasso, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Concerto musicale , creato dal bolognese Adriano Banchieri nel XVI secolo;

- Corsivo, inventato da Aldo Manuzio nel XV secolo;

- Crema emolliente inventata da Galeno nel II secolo d.C.;

- Cruciverba inventato da Giuseppe Airoldi nel XIX secolo ;

- Cupola (la prima è quella del Pantheon), inventata dai Romani nel I secolo d.C. ;

- Declinazione magnetica, intuita da Cristoforo Colombo nel XV secolo;

- Dentiera inventata nel VIII secolo a.C dagli etruschi (che trapiantano anche denti d'oro, d'avorio e d'osso).;

- Dizionario alfabetico, il primo è compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel XVI secolo. ;

- Docente universitaria donna, Laura Bassi, la prima nella storia ;

- Elettroshock, inventato da Ugo Cerletti nel XX secolo. ;

- Elicottero moderno inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo.;

- Enciclopedia delle scienze, la prima ("Naturalis Historia") è di Plinio il Vecchio nel 77 d.C.;

- Energia elettrica per via geotermica, ottenuta da Piero Ginori Conti nel XX secolo (1904);

- Fattore di crescita neurale, scoperto da Rita Levi Montalcini (Nobel per la medicina) nel XX secolo;

- Fecondazione artificiale, ideata da Lazzaro Spallanzani, nel XIX secolo. ;

- Ferro da stiro, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Fisarmonica, inventata da Paolo Soprani, nel XIX secolo.;

- Forchetta, compare in Toscana nell'XI secolo;

- Fotografia della corona solare, la prima - 1842 - è fatta di Maiocchi, nel XIX secolo;

- Funicolare, la prima a Napoli, nel XIX secolo ;

- Futurismo inventato da Filippo Tommaso Marinetti nel XX secolo.;

- Gelato, inventato dal toscano Bernardo Buontalenti nel XIV secolo;

- Generatore di corrente (dinamo), inventato da Antonio Pacinotti , nel XIX secolo;

- Gioco del lotto, il primo, nasce a Genova nel XVI secolo;

- Lampadina di Edison, migliorata da Arturo Malignani (portandone la durata da 100 ore a 800 ore, e da luce rossastra a luce bianca e intensa), nel XIX secolo;

- Legge di Avogadro (volumi uguali di gas, alla stessa temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole), scoperta da Amedeo Avogadro, nel XIX secolo. ;

- Libri tascabili, inventati da Aldo Manuzio nel XV secolo ;

- Macchia rossa di Giove, scoperta da Giandomenico Cassini nel XVII secolo ;

- Macchina da scrivere, inventata da Giuseppe Ravizza, nel XIX secolo.;

- Macchina seminatrice, inventata dal bolognese Taddeo Cavallini nel XVI secolo;

- Malattie infettive, individuate, per primo, da Gerolamo Fracastoro nel XVI secolo;

- Mappa di Marte, la prima è disegnata da Francesco Fontana nel XVII secolo;

- Martello pneumatico, inventato da Ernesto Curri nel XX secolo;

- Melodramma, ideato da Jacopo Peri XVI secolo;

- Metodo scientifico moderno: i suoi caratteri sono dettati per primo da G. Galilei nel XVII secolo;

- Microchip, inventato da Federico Faggin ) nel XX secolo;

- Moderna elica navale, ideata da Giuseppe Ludovico Ressel, triestino, nel XIX secolo;

- Moto alternato in rotatorio e altro: la macchina per la trasformazione dell'uno nell'altra è inventata da Leonardo da Vinci nel XV secolo;

- Motore a scoppio, creato da Felice Matteucci ed Eugenio Barsanti nel XIX secolo;

- Motore a stella per aerei inventato da Alessando Anziani nel XX secolo.;

- Motore elettrico, ideato da Galileo Ferraris nel XIX secolo (1883);

- Musica "Jazz" , inventata dall'italo-americano Nick La Rocca (1917, primo disco) ) nel XX secolo;

- Neuroni, scoperti da Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina) , nel XIX secolo ;

- Nitroglicerina (su cui lavor•, poi, Alfredo Nobel per ottenere la dinamite - 1867), inventata da Ascanio Sobrero nel XIX secolo;

- Notazione musicale è ideata da . Guido d'Arezzo nell'XI secolo;

- Novella, genere letterario creato da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo;

- Nutella, inventata da Michele Ferrero) nel XX secolo;

- Ocarina, costruita da Giovanni Donati, nel XIX secolo.;

- Occhiali compaiono a Pisa nel XIII secolo ;

- Orologio meccanico, detto ""svegliatore monastico"" perchè in uso nei monasteri, compare nell'XI secolo";

- Orologio pubblico: i primi comparvero su campanili, in Italia, nell'anno 1000;

- Oscillazioni isocrone del pendolo: le relative leggi sono intuite da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Pantaloni, i primi sono fatti a Venezia nel XVI secolo nel XVI secolo;

- Pantelegrafo (antenato del fax) creato da Giovanni Caselli nel XIX secolo.;

- Particelle Zeta, individuate da Carlo Rubbia (Nobel per la fsica) nel XX secolo.;

- Partita doppia della contabilità è creata da Luca Pacioli nel XV secolo;

- Periodo di rotazione di Venere, scoperto da Giovanni Schiaparelli, nel XIX secolo;

- Pianoforte, costruito da Bartolomeo Cristofari nel XVIII secolo;

- Pila elettrica, inventata da Alessandro Volta, nel XIX secolo;

- "Pinocchio", il libro più tradotto dopo la Bibbia, scritto da Carlo Lorenzini (""Collodi""), nel XIX secolo;

- Pistola a tamburo (nel 1833, due anni prima di Colt), inventata da Francesco Antonio Broccu, nel XIX secolo.;

- Pizza, compare a Napoli nel X secolo ;

- Pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi, inventato da Carlo Forlanini, nel XIX secolo.;

- Polipropilene (cioè, la plastica) inventato da Giulio Natta nel XX secolo.;

- Polo nord, sorvolato la prima volta Da Umberto Nobile, con un dirigibile, nel XX secolo;

- Portolano, il primo compare a Pisa nel XIII secolo;

- Preservativo moderno, ideato da Gabriele Falloppio nel XVI secolo;

- Prospettiva, le sue regole sono elaborate e codificate, rispettivamente, da Filippo Brunelleschi e da Leon Battista Alberti nel XIV secolo;

- Protuberanze solari scoperte da Angelo Secchi , nel XIX secolo;

- Quotidiano, introdotto nel I secolo a. C. da Giulio Cesare con gli Acta Diurna che informano delle decisioni del Senato;

- Radio, inventata da Guglielmo Marconi nel XX secolo;

- Radiogoniometro (determina la provenienza dei campi magnetici e il trasmettitore che li emette), inventato da Alessandro Artom nel XX secolo;

- Raggi cosmici , scoperti da Bruno Rossi nel XX secolo.;

- Reazione nucleare a catena, provocata da Enrico Fermi nel XX secolo;

- Riscaldamento centralizzato, inventata dai Romani nel I secolo d.C.;

- Rubinetto creato dai romani nel I secolo a.C.;

- Ruota da bicicletta lenticolare, inventata da Antonio Dal Monte ) nel XX secolo;

- Salsa piccante compare a Roma nel III secolo a.C.;

- Satelliti di Giove, scoperti da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Sciopero (il primo della storia - 1378 - a Firenze, da parte dei "ciompi" fiorentini, lavoratori della lana; il secondo a Londra - 1396 - da parte dei marinai veneziani)";

- Scooter inventato da Corradino d'Ascanio nel XX secolo;

- Sfigmomanometro, inventato da Scipione Riva Rocci, nel XIX secolo. ;

- Siluro, inventato da Giovanni Battista Luppis, nel XIX secolo.;

- Sismografo, inventato da Luigi Palmieri , nel XIX secolo;

- Sonetto è inventato dal siciliano Jacopo da Lentini nel XIII secolo;

- Spaccio pubblico di acquavite, il primo compare a Modena nel XV secolo;

- Stenografia inventata nel 63 a.C. Marco Tullio Tirono.;

- Suole per scarpe in gomma, create da Vitale Bramani nel XX secolo. ;

- Telefono, inventato da Antonio Meucci, nel XIX secolo;

- Telescrivente inventata da Luigi Cerebotani nel XX secolo.;

- Teorema di Pitagora, inventato da Pitagora, nel VI secolo a.C , a Crotone.;

- Termocoppia (che misura piccole differenze di temperatura) ideata da Leopoldo Nobili, nel XIX secolo.;

- Termodinamica, le relative leggi sono scoperte da Galileo Galilei nel XVII secolo;

- Termometro inventato da Santorio Santorio nel XVII secolo;

- Torta nuziale (che viene buttata addosso alla sposa) introdotta da Romani nel I secolo a.C..;

- Trapianto di pelle, il primo è eseguito da Gaspare Tagliacozzo nel XVI secolo;

- Trasporto pubblico a trazione elettrica, il primo a Firenze, nel XIX secolo (1890);

- Trattato di architettura, il primo è di Vitruvio nel I secolo d.C. ;

- Università, la prima nasce a Bologna nel XI secolo (988 ?);

- Vaccino contro la pertosse (tramite ingegneria genetica), scoperto da Rino Rappuoli) nel XX secolo;

- Vento solare, scoperto da Bruno Rossi nel XX secolo.;

- Violino, costruito da Gasparo Bardotti nel XVI secolo;

- Vite, inventata nel IV secolo a.C. da Archila di Tarante. ;

- Vite senza fine, ottenuta da Archimede, nel III secolo a.C.;

-Volta a crociera, compare a Roma nel II secolo d.C.

 

Federalismo fiscale municipale
Boomerang per la Lega Nord


La cartina di tornasole perchè il federalismo sia una cosa vera è il taglio
delle unghie dello Stato, a favore dei Comuni, almeno sul fronte fiscale,
vale dire una diversa ripartizione delle attuali imposte, tra lo Stato e i Comuni.

Ma questo non sta avvenendo, anzi si va verso la creazione di imposte
aggiuntive per i Comuni, con  danno grave per tutti i cittadini (Nord e Sud).

  Nino Luciani*, Federalismo fiscale, boomerang  sulla Lega Nord
  Premessa. In questo articolo, integro quello della precedente edizione ( "FEDERALISMO FISCALE" DEI COMUNI ? ) . Il punto è che la legge delega (vista per quell'articolo) mi era apparsa un buon viatico per il federalismo fiscale dei Comuni, perchè pareva farsi carico anche dei problemi "negativi" creati dal federalismo, e accettabili se minimizzati.
   Ma in chiusura del sipario, le cose stanno prendendo un'altra piega, per cui il negativo prevarra' sul positivo. E questo spiega il cambiamento di posizione (adesso contrario) del Sen. Mario Baldassarri, prof. ordinario. di economia.
   Riprendo da alcuni punti.
   1) I grandi Comuni svolgono oggi compiti fondamanetali per i servizi sociali e per l'economia, e tuttavia sono costretti ad operare in grande compressione, a causa del fatto che le loro finanze dipendono largamente da trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni.

   Dalla Relazione Generale sulla situazione economica del Paese (2009, Ministero dell'economia e delle finanze, vol. III, pag. 224)  risulta che le entrate totali dei Comuni sono 75 miliardi di euro, di cui solo 21 miliardi da entrate tributarie, e la differenza (54 miliardi) viene da trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni.
    Il fatto che la differenza venga da trasferimenti,  vuol dire che, per programmare le spese, debbono prima attendere tutte approvazioni annuali delle leggi di bilancio (di Stato e Regioni), che arrivano localmente con grandi ritardi. Ne deriva anche che i Comuni sono costretti a ricorrere alle banche per anticipazioni, almeno per l'urgenza, e questo fa sì una parte dei soldi si perda in interessi pagati alle banche (3 miliardi).
  Si conclude che è necessario dotarli di entrate fiscali proprie, almeno per un 60-70% ( in luogo del 28% attuale ).

  2)   NO ad una fiscalità troppo differenziata, e aggiuntiva, da Comune a Comune. A causa delle diverse capacità contributive e dei diversi gusti locali, ci sarà una fiscalità troppo differenziata, che finirà per distorcere la libera circolazione delle persone, dei capitali, delle merci. E'  tornare ai dazi fiscali, aboliti nel 1931.
  E' una problematica analoga a quella che si è posta agli Stati europei quando si sono proposti di fare il Mercato Comune e poi l'Unione Europea.
  Per fare un esempio, l'imposta di soggiorno fu abolita 20 anni fa, su richiesta della Germania. Perchè adesso la si vuole rimettere ? L' IMU sulle seconde case graverà sui non residenti, che (non votando) non potranno controllare i Sindaci dove insistono le case e ne deriveranno degli abusi fiscali, e anche un incentivo per i Comuni turistici ad espandere l'edificabilità, senza più rispetto per il territorio (vedi Lidi di Comacchio).

   In generale ogni fiscalità differenziale (ossia in più o in meno) da Comune a Comune crea una distorsione, tra territori, incompatibile con l'economia di mercato, perchè non vi corrispondono automaticamente maggiori servizi comunali.
  Ma siccome i Comuni vanno dotati di entrate proprie, il solo modo di minimizzare gli effetti distorsivi è definire un sistema fiscale nazionale unitario, e su questa base ripartire le varie imposte tra gli enti dei vari livelli.

Questo è un discorso molto semplificato e ci sarebbero molte precisazioni da fare... .
  Tuttavia, non si sta facendo così. Il motivo è che lo Stato, trovandosi in difficoltà, vuole conservare le proprie entrate fiscali. La conseguenza è che il federalismo viene fatto con imposte aggiuntive, ma questa è una contraddizione rispetto al concetto di federalismo, che ha un senso solo se lo Stato diminuisce il proprio spazio, a favore degli enti locali..
  Non è finita. Alcune di queste imposte sono, poi, relativamente di gettito modesto, rispetto al costo amministrativo di riscossione. A cosa serve una imposta che procura 100 euro, se il prelevarle costa 150 ?

3) Il criterio per la quantificazione del riparto.  Nel programma di governo, l'abbattimento della fiscalità sarebbe dovuto essere conseguente all'abbattimento della spesa pubblica. E una cosa di questo genere richiede un programma graduale di riforma strutturale dello Stato, in più anni (almeno 10).
   I Governi di Berlusconi stanno avvicinandosi ai 10 anni, ma da Tremonti abbiamo visto solo tagli congiunturali a man bassa, molto dannosi. Non si fa così.
   Il risultato è che il  federalismo di Tremonti, non essendo successivo alla riforma dello Stato, può essere solo un aggravio di fiscalità per il cittadino, e quindi un inganno rispetto a come era stato giustificato.
      Qualora si persistesse nel farlo in queste condizioni, e quindi con imposte aggiuntive, i cittadini del Nord non rideranno: in questo senso il federalismo fiscale si sta risolvendo in boomerang per la Lega Nord.  

Entrate dei Comuni - 2008
  milioni di €

%

Entrate tributarie 20.985 28,1%
Trasferimenti statali 16.911 22,7%
Trasferimenti da altri enti pubblici 13.302 17,8%
Altr entrate 23.379 31,3%
Totale 74.577 100,0%

   Una idea per la quantificazione del riparto delle entrate tra Stato e Comuni, viene dalla tabella, qui a fianco.
  Si vede che, in totale, i trasferimenti pubblici sono il 40,5% delle entrate dei Comuni.
    Di essi, i trasferimenti statali sono il 22,7% del totale. Teoricamente, questi dovrebbero cessare ed essere sostituiti da quote di tributi erariali ceduti direttamente ai Comuni.
    Ci sono, poi, trasferimenti da enti pubblici per il 17,8%. Presumo che, per gran parte, siano soldi trasferiti dallo Stato alle Regioni, e da queste girati ai Comuni. Teoricamente, anche questi dovrebbero cessare ed essere sostituiti da quote di tributi erariali ceduti direttamente ai Comuni. 

4) Rimane da considerare la partita dei trasferimenti statali ai Comuni ( poca roba al Nord). Questa impostazione vale, però, solo come criterio di base, perchè rimane aperto il problema che ci sia un fondo statale perequativo. Infatti, pur a  federalismo attuato, sopratutto in prima attuazione, lo Stato dovrebbe di garantire ai Comuni almeno la stessa cifra, di prima della nuova legge (in attesa di finanziarli in base al costo standard, a tempo debito).
  Dei suddetti trasferimenti, la metà circa (pari al 20% del totale delle entrate) potrebbe costituire il Fondo perequativo totale, di cui uno Statale e uno Regionale. Anche questo criterio, qui indicato velocamente, andrà perfezionato con cifre di dettaglio, di cui non si dispone, dai documenti ufficiali.
  La detta garanzia varrà, però, in pratica, soprattutto per il Sud, perchè con relativa bassa capacità contributiva.
 
5)  Conclusioni. Il federalismo fiscale può partire validamente solo se fondato su un diverso riparto delle "attuali imposte", tra Stato e Comuni. No a imposte aggiuntive.
   Se così non fosse, i cittadini della Lega Nord rischierebbero di essere doppiamente gabbati: pagherebbero imposte aggiuntive, ma perderebbero parte dei trasferimenti statali, senza avere servizi aggiuntivi, senza considerare che la correlazione "maggiori imposte, maggiori servizi" non è automatica.
Nino Luciani

* Professore Ordinario di Scienza delle Finanze

 


"FEDERALISMO FISCALE" DEI COMUNI  ?


Nino Luciani*, Auspicabile la partenza del federalismo fiscale,
in uno spirito unitario nazionale, viatico per  riforma Governabilità dello Stato

* Ordinario di scienza delle finanze
.


1.- "Federalismo fiscale" versus Governabilità dello Stato.
Mi parrebbe importante dare il via al federalismo fiscale municipale, in uno spirito unitario dei partiti di maggioranza e di opposizione. Non è un fatto solo della Lega Nord.
   Non è, poi, trascurabile che, esso può essere di grande apporto alla rasserenamento della politica, in favore della riforma della Governabilità dello Stato. Tutto più difficile se i Comuni stanno male.
    Ma andando indietro nella storia dello Stato unitario, fino a 150 anni fa, si trova che lo Stato unitario ha represso, in alternanza di periodi, le autonomie e l'ha fatto con lo strumento finanziario: da un lato obbligare Comuni a molte funzioni, dall'altro far dipendere dal centro il grosso del finanziamento. Ma lasciamo il pianto e pensiamo al futuro.
   E' un fatto che i grandi Comuni svolgono oggi compiti fondamentali per la socialità e per lo sviluppo del Paese. Si pensi alle varie imprese municipalizzate, di area ampia, per l'acqua, il gas, la nettezza urbana, la tutela ambientale.
   Pertanto, il dare una adeguata autonomia finanziaria ai Comuni, con entrate fiscali certe, è non solo una necessità funzionale e programmatica, ma anche una ragione di economia di costi. Basti pensare al monte "interessi" su debiti, che i Comuni debbono pagare a titolo di anticipazione finanziaria alle banche, per ritardo dei finanziamenti statali.

2.- Tuttavia l'autonomia fiscale crea problemi nuovi, che vanno minimizzati.
  a) Le ragioni dello Stato unitario richiedono la libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali nel territorio dello Stato. Per questo i dazi comunali furono aboliti nel 1931. Essi erano anche diversi da Comune a Comune.
   Però, una pluralità di imposte diversificate da Comune a Comune, e da Stato a Comune, possono essere l'equivalente del ritorno ai dazi. Il modo di minimizzare questo impatto è  definire preliminarmente un sistema fiscale unitario e, dentro questo sistema, ripartire le fonti fiscali tra Stato e Comuni, con facoltà di variare le aliquote dentro un range.
   Nella tradizione della scienza delle finanze, andrebbero date ai Comuni le imposte sul patrimomio e le imposte sui consumi (o quote di essi).
 
  b) Il federalismo fiscale è per definizione fondato su una pluralità degli enti tassatori (Stato, Regioni, Province, Comuni), mentre "la tasca del contribuente è unica". Questa pluralità crea per sua natura una "concorrenza" tra enti. Chi arriva primo è avvantaggiato nel portare via ....e l'ultimo può rimanere asciutto. Per questo, una qualche decisione ci dev'essere a monte, sulla pressione fiscale globale massima, non superabile, eventualmente distintamente tra grandi aree del Paese.
    La decisione potrebbe essere presa dal parlamento, su proposta delle Regioni, in un orizzonte temporale quinquennale, a inizio legislatura
  
  c) la capacità contributiva nei Comuni è diseguale da area ad area.
Ne deriva che nei vari Comuni, il gettito è differenziato, e questo è un impedimento alla prestazioni di servizi sociali uniformemente nel Paese.
   Al tempo tesso, questa uniformità è un interesse generale. Infatti:
  - se un bergamasco ha bisogno dell'ospedale mentre si trova a Palermo, deve potersi curare a Palermo e subito, non dovere tornare a Bergamo, quando sarà troppo tardi;
  - se i servizi ortopedici del Sud sono inefficienti, i meridionali intaseranno gli ospedali di Bologna, cosa che avviene, con grosse fila di attesa per tutti, compreso per gli Emiliani..
    Per  questo il riequilibrio finanziario dello Stato rimane fondamentale, per cifre consistenti, e con vincolo di destinazione.
  
  d) I nostri Comuni sono tanti e molto diversi come dimensione. Precisamente ci sono  8.150 Comuni, di cui il 75% ha meno di 2000 abitanti, e altri ulteriormente meno. Ne deriva l'attribuzione del potere fiscale uniforne è spesso un non senso, come pure la distribuzione del fondo statale perequativo in base al costo standard è non ha senso.
   Se devono calare i costi amministrativi, occorre ridisegnare le dimensioni comunali "di base" per l'attribuzione di funzioni. Si potrebbe prendere a riferimento l'area provinciale, e attribuire al Comune di area provinciale "tutte" le funzioni comunali, ma con facoltà di delegare, a cascata, ai Comuni minori ricompresi nell'area, parte delle funzioni medesime in ragione della dimensione. Sarebbe lo stesso schema del decentramento attuale dei Comuni nei confronti dei quartieri e frazioni).
   Non credo alle soluzioni, tipo incentivo alle associazioni tra comuni e alle consorziazioni.
   In ogni caso, in prima attuazione, lo Stato deve garantire che il fondo perequativo a ciascun "Comune di area provinciale" un finanziamento non minore del costo storico.
  
  Conclusione. Direi che l'attuale legge sul federalismo fiscale vada largamente nel senso sopra indicato, meno per il riordino territoriale dei Comuni.
   Direi anche che, una volta che si assumesse come riferimento locale il Comune di area provinciale, si dovrebbero attribuire a questo grande Comune anche le funzioni delle Province, invece da abolire.  Nino Luciani

 

Sulla politica economica del Governo


VISTOSE   INSUFFICIENZE DEL GOVERNO NEL  RISOLVERE  LA  CRISI  ECONOMICA
Serve una decisa politica di rilancio dei consumi e delle esportazioni

LE CIFRE CHE PARLANO DA SOLE  SU TREMONTI
***

1.- "Crisi economica".  La ricostituzione del flusso circolare del reddito passa per il rilancio dei consumi. Questo richiede l'apporto delle classi di reddito medio-alte, notoriamente con relativa più alta propensione al risparmio, anzi ulteriormente aumentata nell'attuale periodo di incertezzza generale. Lo vediamo dal risveglio degli acquisti di beni rifugio.
   Il Governo non lo fatto,  verosimilmente, perchè quelle classi sono l'elettorato di Berlusconi. Anzi il governo ha chiesto sacrifici (con la manovra d'estate) solo ai dipendenti pubblici, vale dire a classi di reddito medio-basse, che non hanno alta propensione al risparmio (ma al consumo). Dunque ha anche contribuito ad aggravare la crisi economica.
   Quanto agli investimenti, li dovrebbero fare gli imprenditori, che però nella presente congiuntura sono pessimisti, perchè non vedono come a collocare i loro prodotti.
   L'unica grande eccezione è il settore automobilistico, poichè quello americano ha reagito (anche aiutato dal governo federale) perchè era un settore diventato obsoleto a causa del caro-petrolio (precisamente, le loro automobili consumavano troppa benzina, divenuta molto cara), e questo ha giocato a favore della nostra FIAT, già esperta nel fare automobili a basso consumo.

   C'è, poi, il problema del commercio estero, in sofferenza dai primi tempi dell'euro (2001-2002). Lo riprendo al par. 4 .

2.- Le vie teoriche risolvere. Le vie classiche, per risolvere la crisi, sono l'immissione di liquidità nel sistema e l'azione combinata della spesa pubblica, secondo la classica ricetta Keynesiana.
  La prima via è stata applicata, ma non è bastata da sola perchè  il "il cavallo non beve", vale dire gli imprenditori non chiedono prestiti anche a tasso zero, salvo che per evitare il fallimento.
  Serviva la mano pubblica per contrastare il ciclo in modo deciso. Ma in Italia il settore pubblico non è in condizioni di smuovere alcunchè. Lo Stato non paga neppure i propri fornitori (ovvero li paga con ritardi inimmaginabili).
 
   Classicamente parlando, prima dell'euro la situazione finanziaria dello Stato italiano non è stata mai un grande problema, in caso di necessità di espandere la spesa pubblica, perchè il tandem Stato-Banca d'Italia permetteva allo Stato di finanziarsi tramite fabbricazione di carta moneta (anticipazioni di corrente e ombrello della Banca d'Italua per titoli del debito pubblico, eventualmente non collocati presso il pubblico), con il risultato accessorio di creare inflazione e di cancellare in parte il debito pubblico.
   Non solo questo. L'inflazione interna veniva annullata nei confronti dell'estero, con la manovra del cambio, e così le esportazioni non ne soffrivano. (In pratica, lo Stato sanava se stesso derubando il cittadino.) Ma dopo l'euro, gli Stati sono stati ricondotti a normali operatori economici. In caso di insolvenza saranno esposti al fallimento, come tutti i comuni mortali.
   Questo, ... solo sul piano dei princìpi. In realtà, se fallisse uno Stato, una grossa banca ...,  sarebbero dolori per tutti i cittadini. E allora la BCE non potrebbe stare a guardare .... E infatti la BCE è tornata a fare qualcosa anche verso gli Stati (acquisto di titoli del debito pubblico). Ma questo è poco, per cui non può essere rinviato un qualche ricollegamento diretto del potere monetario col potere fiscale, a livello europeo.

   Ma torniamo alla situazione reale.


3.- Sui margini per intervenire.

a) Alcune cifre essenziali. Per individuare le possibii vie per interventi efficaci, dobbiamo partire dalle cifre, sia pure in essenziale. La parte colorata è relativa agli anni dei Governi Berlusconi.


Nella tabella 1, si vede che dal 2001 al 2005 le entrate sono aumentate, ma le spese sono aumentate piu' che in proporzione, cosi che il saldo negativo è pure aumentato. Lo stesso è avvenuto nel 2008 e 2009: Nel 2010 il saldo negativo diminuisce, però è ben maggiore che nei due anni di Prodi.

Nella tabella 2 (ultima riga), si vede che il debito pubblico è salito dal 2001 al 2005, e dal 2008 al 2011 (ed è salito anche nei due anni di Prodi, ma con una dinamica ben minore che durante i governi Berlusconi).

Tabella 1
STATO - Spese in milioni di Euro (bilancio di competenza)
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Entrate** 353.040

361.792

392.803

437.456

426.769

432.037

480.043

499.671

496.658

446.162

443.448

446.949

Spese* 399.532

414.287

436.746

451.628

445.235

462.487

467105

490.346

532.362

517.796

498.202 486.602
Saldo -46.492 -52.495 -43.943 -14.172 -18.466 -30.450 12.938 9.325 -35.704

-71.634

-54.754

-39.653

     
PIL a prezzi di mercato 1.191 1.249 1.295 1.335 1.392 1.429 1.485 1.546 1.568

1.521

1.536*

------

 
Tabella 2
STATO - Debito pubblico, di anno in anno  in milioni di Euro, e totale accumulato*
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Entrate
Prestiti accesi 176,7 205,5 212,2 237,5 209,7 195,4 182,1 182,7 222,5

296,1

224,7

210,0

Prestiti rimborsati 165,4 189,1 192,7 232,8 183,7 174,0 158,1 167,0 189,0

216,0

284,7

260,9

Saldi annuali 11,3 16,3 19,4 4,8 25,9 21,3 24,0 15,8 33,7

80,1

-60,0

-51,0

DEBITO PUBBLICO Accumulato 1.256 1.310 1.319 1.322 1.445 1.513 1.582 1.600 1.663

1.761

  1.824

------

* stima
** in conto corrente e in conto capitale.
Fonti: ISTAT, Annuario statistico italiano, anni da 2002 a 2008 - Cifre al netto del rimborso dei prestiti pubblici.
         Ragioneria Generale dello Stato, per le cifre relative a 2009-10-11.

b) Le vie praticabili efficaci
. In tempi di saldo molto rosso del bilancio, ma anche di crisi economica per mancanza di "domanda effettiva", il classico modo, da parte dello Stato, è un aumento della pressione fiscale, quanto basta per mettere in sicurezza la solvibilità dello Stato.
   Ma occorre anche fare qualcosa per il futuro. Preso atto che i lavori pubblici avranno ancora bisogno di tempi lunghi, mentre servono interventi di sblocco subito; preso atto che i vari incentivi per il risparmio energetico e per la micro-edilizia non hanno prodotto risultati sufficienti, la via è lo sgravio fiscale per i redditi medio-bassi, da finanziare con un uguale aggravio fiscale dei redditi medio-alti.
   Questa via è suggerita dalla considerazione che le classi di reddito medio-alte non stanno spendendo (anzi stanno investendo in beni rifugio), e che le classi di reddito medio-basse hanno una relativa maggior propensione al consumo, ma non dispongono di potere d'acquisto..
 
4.- Commercio estero. Solo 4 mesi dopo l'arrivo dell'euro (2001), la Banca d'Italia rilevava una perdita di competitività dell'8%, del commercio estero; e dopo 8 mesi, del 25%. Il motivo era che i prezzi interni erano saliti rispetto ai prezzi esteri.
  Allo stato attuale, in cui lo Stato italiano non può più svalutare il cambio, la sola alternativa è la politica fiscale: non quella di alterare la concorrenza (ad es., ammortamenti fiscali accelerati per le imprese esportatrici, perchè in contrasto con i trattati), ma quella di strutturare il sistema fiscale in modo da sterilizzarne gli effetti monetari.
   La premessa è che le imposte indirette hanno effetti immediati sui prezzi; non le imposte dirette. Su questa base, un modo è ridurre di 1-2%  tutte le aliquote delle imposte indirette, e aumentare di 1-2% tutte le aliquote delle imposte dirette.
   Il prelievo fiscale non cambia, ma diminuisce l'impatto sui prezzi interni. Questo aiuta le esportazioni.
   Ma, a questo proposito, l'annunciata riforma fiscale del governo punta ad aumentare le imposte indirette, e a ridurre le imposte dirette. E questo è il contrario di quello che serve.

5.- Last but not least: il nostro debito è meno rosso di quanto "appare". Il debito pubblico italiano, pur essendo fuori margine (120% del PIL, in luogo di 60% come d'obbligo, in base ai trattati europei) è meno rosso di quanto "appare".
  Il motivo è che (Fonte: Relazione annuale della Banca di Italia, dove però non ho trovato la cifra esatta), grosso modo, il 60% del PIL è posseduta da soggetti esteri, e il 60% da sogetti italiani.
   In qualche modo, la cifra posseduta da cittadini italiani va considerata "meno rossa" dell'altra, nel senso che il debito verso cittadini italiani è pagato con imposte a carico di cittadini italiani (in altri termini, grosso modo, il medesimo cittadino è, ad un tempo, creditore e debitore verso lo Stato), come dire, l'una mano lava l'altra. Nino Luciani

 

Dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana

Dalla C.E.I. - Conferenza Episcopale Italiana

ITALIA.JPG (9745 byte)


La prolusione del Card. Angelo Bagnasco
al Consiglio della Conferenza dei Vescovi

Roma 27-30 sett. 2010, stralcio dei paragrafi 7, 8, 9, 10

"L' Italia sembra, su alcuni fronti,
tornare sempre al punto di partenza
"

bagnasco.jpg (8667 byte)Angelo Bagnascoo

CONSIGLIO PERMANENTE,  Roma, 27 - 30 sett. 2010
Fonte: http://www.chiesacattolica.it/

PROLUSIONE DEL CARDINALE PRESIDENTE

Venerati e cari Confratelli,
.........
.........

  7. Nonostante alcuni risultati nel tempo, la nostra amata Italia sembra, su alcuni fronti, tornare sempre al punto di partenza: istruisce i problemi, comincia a metter mano alle soluzioni, ma non riesce a restare concentrata sull'opera fino a concluderla.
Da decenni si parla di riforme, le si scandisce, e - tuttavia - quando saranno varate? Quando si arriverà al confronto serio e decisivo, quello che non è perdita di tempo, ma ricerca della mediazione più alta e sollecita possibile? Il Paese non può attardarsi: povero di risorse prime, più di altri deve far conto sull'efficienza del sistema e su una sempre più marcata valorizzazione delle risorse umane.
   Bisogna, per questo, avviare meccanismi di coinvolgimento e di partecipazione non fittizi. Qui, qualche interessante segnale c'è, seppure molte restano ancora le resistenze. Le sfide derivanti dalla globalizzazione impongono una quota di flessibilità e adattabilità che non può essere artificiosamente ostacolata, ma neppure strumentalmente usata per indebolire la dignità di chi lavora. Se partecipazione si vuole, ed è sempre più necessaria, occorre che vi siano i requisiti perché ogni parte in causa esprima il meglio - non il peggio - di sé.
   È il momento di deporre realmente i personalismi, che mai hanno a che fare con il bene comune, e di mettere in campo un supplemento di reciproca lealtà e una dose massiccia di buon senso per raggiungere il risultato non di individui, gruppi o categorie, ma del Paese. La fiducia che i cittadini esprimono verso chi li rappresenta è un onore e una responsabilità che non ammette sconti di nessun tipo. Cambiare si può. Le famiglie reagiscono, le persone crescono, e anche la collettività può farlo nella misura in cui comprende che l'esito di progresso diventa pane condiviso. E bisogna far presto! Il nostro vigoroso invito a rilevare la moralità intrinseca ai processi di innovazione non nasconde alcun conformismo. Lo facciamo non per un'idea esorbitante del nostro ruolo, ma per il comandamento che impone anche a noi di amare Dio sopra ogni cosa, e insieme - ma è solo l'altra faccia della medaglia - di difendere chi è indifeso, sia che si veda sia che non si veda ancora. Bisogna comprendere che se si ritardano le decisioni vitali, se non si accoglie integralmente la vita, se si rinviano senza giusto motivo scadenze di ordinamento, se si contribuisce ad apparati ridondanti, se si lasciano in vigore norme non solo superate ma dannose, se si eludono con malizia i sistemi di controllo, se si falcidia con mezzi impropri il concorrente, se non si pagano le tasse, se si disprezza il merito… si è nel torto, si cade nell'ingiustizia. Ma lo scopo di ogni partecipazione politica è proprio la giustizia, e per questo occorre produrre lo sforzo necessario - cui la Chiesa non mancherà moralmente di contribuire - per superare la logica del favoritismo, della non trasparenza, del tornaconto. A tutela della società ci sono le forze dell'ordine, ma è vile scaricare su di loro ciò che meglio si risolve attraverso relazioni sociali vigili e coscienziose. Quando le risorse si fanno più misurate, anche gli sprechi e il lusso ostentato diventano meno tollerabili. In qualunque campo, quando si ricoprono incarichi di visibilità, il contegno è indivisibile dal ruolo. Quando si ha responsabilità di scrittura o di parola pubblica, si può essere penetranti senza sfiorare il sopruso o scivolare nella contesa violenta. Il linguaggio in uso nella scena pubblica deve essere confacente a civiltà ed educazione. Fa malinconia l'illusione di risultare spiritosi o più "incisivi", quando a patire le conseguenze è tutto un costume generale. Svuotare le parole, o renderle equivalenti quando non lo sono, è - a modo suo - un furto. Come Vescovi, sentiamo di dover esprimere stima e incoraggiare quanti si battono con abnegazione in politica; facciamo pressione perché si sappiano coinvolgere i giovani, pur se ciò significa circoscrivere ambizioni di chi già vi opera. Ai cattolici con doti di mente e di cuore diciamo di buttarsi nell'agone, di investire il loro patrimonio di credibilità, per rendere più credibile tutta la politica. Lasciamo volentieri ai competenti il compito di definire i modi di ingaggio e le regole proprie della convivenza. A noi tocca però segnalare come una "città" la si costruisca tutti insieme, dall'alto e dal basso, in una sfida che non scova alibi nella diserzione altrui. Le maturazioni generali hanno bisogno di avanguardie: ognuno deve interrogarsi se è chiamato a un simile compito.

8. Volendo tuttavia indicare con un concetto sintetico ciò che è essenziale ad ogni "città", dobbiamo per forza evocare il bene comune, fulcro dinamico di questa visione, fondamentale baricentro di una comunità che voglia essere equilibrata. In una recente occasione mi ero permesso di confidare un "sogno", di quelli che si fanno ad occhi aperti: ossia che, senza disconoscere quanto di positivo già c'è, e magari con la cooperazione scaturente dalle esperienze presenti sul campo, possa sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo, che credono fermamente nella politica come forma di carità autentica perché volta a segnare il destino di tutti (cfr Prolusione al Consiglio Permanente, 25 gennaio 2010). Torneremo anche in seguito su questo tema. Fin d'ora vorrei però dire quello che è il cuore, il motore di quanto andiamo ad auspicare: l'ideale cioè del bene comune (cfr Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 7). L'Italia, nel suo complesso, ha bisogno di riscoprire la bellezza del bene comune perseguito nell'azione politica come nella vita quotidiana dei cittadini. Ha bisogno di una leva di italiani, e di cattolici, che senza presunzioni aderiscono al discrimine del bene comune, danno lucentezza alla sua plausibilità, così che aiuti ad individuare le soluzioni che meritano di essere perseguite. Alla luce di questo ideale, e nella data "realtà storica i cristiani, agendo come singoli cittadini, o in forma associata, costituiscono una forza benefica e pacifica di cambiamento profondo, favorendo lo sviluppo delle potenzialità interne alla realtà stessa" (Benedetto XVI, Omelia per il Bicentenario della nascita di Leone XIII, Carpineto Romano, 5 settembre 2010). Si profila così la figura di un protagonismo costruttivo per quanti credenti, ma anche non-credenti, intendono fare la propria parte nella vita nazionale come nei municipi, nelle istituzioni sociali come nella vivace realtà civile, nella realtà del non profit come nelle associazioni culturali, oltre che naturalmente nel campo dei doveri propri del singolo: ovunque ci si collochi, la ricerca del bene comune concreto diventa una sorta di bussola, l'indice per misurare urgenze e priorità.
Non a caso esso facilita, di volta in volta, l'individuazione del punto di arrivo potenzialmente più ragionevole (cfr Benedetto XVI, Discorso alle Autorità civili in Westminster Hall, 17 settembre 2010).
  Ricorrente è, nella nostra cultura pubblica, un certo interrogarsi sui cattolici: dove sono, come si pongono, cosa fanno. Anche nell'ultima estate queste domande sono ritornate. Risposte, magari interessanti, suonano spesso unilaterali, condizionate fatalmente dal punto di osservazione. Ebbene, vorremmo che fosse il bene comune la bandiera che nel cuore si serve, la divisa che consente di identificare là dove sono i cattolici, ma - ripeto - non solo loro.
    Non dimentichiamo, infatti, che "la ragione è capace" di distinguere "ciò che è bene fare e ciò che è bene non fare

Nino Luciani, In margine, su due punti:
- Perchè l'immobilismo su importanti decisioni, in Italia, pur tra tanto fervore delle parole ?
- E quale  può essere, nella cultura pubblica, il ruolo dei cattolici ?

1.- Sull'immobilismo sulle decisioni ... . Penso derivi:
- a) da un sistema di poteri (Esecutivo, Parlamento, Magistratura) non adeguato ai tempi;
- b) da una legge elettorale furbesca, per la scelta delle persone, che non permette vere scelte.
  Cominciamo dal primo punto. Qui troviamo che:
a) il sistema costituzionale fonda il governo sulla fiducia delle Camere, revocabile in ogni momento. Ma le Camere non hanno, spesso, cognizione di causa dei problemi;
b) la magistratura ha la possibilità di incursione a 360° sugli altri poteri, sia pur indirettamente colpendo le persone, e non sempre con fondamento.
   Questa, diciamo, elasticità dei rapporti tra i tre poteri concorre a determinare la instabilità permanente degli equilibri politici, e la ricerca di un altro.
  E poichè l'evolvere degli equilibri alimenta aspettative di vantaggio per i partiti e loro gruppo interni, a seconda dell'evolvere della situazione, ecco che essi sono in mobilitazione permanente per influenzare la sua evoluzione in un senso o nell'altro. 
  In particolare, poi, l'attuale quadro politico porta ancora in sè il fiele dell'interruzione traumatica del Governo Prodi, complice l'intraprendenza del successore, nel promettere "opportunità" di carriera politica agli eventuali traditori. Ma, come dice il Vangelo, "chi di spada ferisce, di spada perisce". Questa faida, tuttavia, va assolutamente interrotta.
  Sul piano generale, le intemperanze di ogni genere, di questi tempi, sono
il frutto di una specie di disadattamento ambientale politico. Quei politici che trovi normali persone nella vita quotidiana, le ritrovi agire in modo strano nello scenario politico, e non le riconosci più.
  Fatta la diagnosi, il richiamo del Cardinale ad un
"linguaggio in uso nella scena pubblica, confacente a civiltà ed educazione" è, più che per le persone, per i responsabili delle modifiche del sistema di Governance.
  Penso che, se si dà stabilità al sistema di Governance, tutte le azioni che traggono vantaggio dalla instabilità (comprese quelle di eventuali magistrati), dovrebbero automaticamente normalizzarsi.
     
  2.- Verso la riforma della Governance ?
  Magistratura. Nei rapporti tra i poteri, la magistratura non può essere zittita. Tuttavia la decisione di inizio di procedimenti, nei confronti di autorità politiche, si dovrebbe ammettere solo se presa da collegi di almeno 3 giudici.
   Governo. Penso che sarebbe errato cambiare la legge elettorale disgiuntamente dal sistema di governance (lo vediamo nel fatto che la legge attuale, pur dando un premio di maggioranza alla coalizione maggiore, non ha dato stabilità a Prodi, nè la dà a Berlusconi, e in più schiavizza i parlamentari). In questo senso la riforma della Governance dovrebbe venire prima.
  Penso che si dovrebbe modificare la Costituzione per prevedere un "governo di legislatura", eletto direttamente dal popolo o dal parlamento.
  Per la legge elettorale del Premier, l'elettorato dovrebbe votare tra i candidati che abbiano superato un determinato quorum in almeno tre regioni: una del Nord, una del Centro, una del Sud.
  Parlamento. La sua struttura dovrebbe riflettere l'assetto regionale: la Camera dei deputati potrebbe essere a rappresentanza universale; il Senato a rappresentanza delle regioni, magari col solo potere consultivo (parere obbligatorio, ma non vincolante) alla Camera dei deputati. 
   Per la legge elettorale del parlamento:
  a) Va applicata la proporzionalità della rappresentanza?
  Il problema non va risolto aprioristicamente, ma con un compromesso tra "rappresentatività" e "capacità decisionale" dell'organo.
  Un parlamento polverizzato può essere incapace di prendere decisioni in tempo reale. Un quorum elevato è un ostacolo alle decisioni e immorale se incentiva logrolling contro natura (io voto per te, e tu voti per me, anche se abbiamo idee diverse). Si potrebbe proporre il quorum del 50%+1 in prima lettura, e la maggioranza relativa (ma non minore di ...), in seconda lettura.
   b) ci dev'essere la possibilità, per l'elettore, di esprimere la preferenza per i candidati ? Un referendum, anni fa, abolì le preferenze (4, allora), perchè erano divenute un fattore inquinante delle scelte.
- sono inquinanti se l'elettore, che la esprime, non conosce i candidati (e questo è il caso generale, per un comune elettore) e, poi, su questa ignoranza si inserisce l'abilità "deviante" dei capi-partito.
  Lo vediamo nel fatto che una persona normale non potrà mai avere più di 50-100 preferenze (quelle della famiglia, dei parenti, degli amici). Invece il capo-corrente di un partito può contare su associazioni culturali e professionali, per cui i propri candidati riescono sempre a battere un candidato isolato;
- possono essere inquinate se la lista è bloccata sulle scelte di un capo di un partito, che vuole candidare solo i propri seguaci. E' l'accusa facile, di moda oggi, a Berlusconi. Ma pochi partiti sono senza peccato.
  Conclusione. La via potrebbe essere una mistione, ossia:
- che, in ogni partito, la scelta dei candidati sia fatta da una commissione di probiviri a elezione universale, dentro il partito; e che la scelta sia in base a criteri oggettivi;
- che, in sede di elezioni,  l'elettore possa esprimere una preferenza tra i candidati.

3.- Quale  può essere, nella cultura pubblica, il ruolo dei cattolici ? Su questa domanda (del Cardinale, e allora del card. Tettamanzi), ho seguìto a Bologna, alcuni anni fa, la settimana sociale dei cattolici. Su per giù, anche nella settimana sociale di Reggio Calabria di questi giorni,  ritroviamo l'invito della Gerarchia, ai cattolici, a occuparsi di politica, ma non nella forma di un partito. Ho letto cose analoghe, di Padre Bartolomeo Sorge, qualche tempo fa.
   Sono del parere che questa indicazione sia, ad un tempo, un pò furbesca e un pò retorica.
- un pò furbesca. Essa evita, alla Gerarchia. gli strali dei cattolici sparsi tra i vari partiti, se c'è l'indicazione ecclesiastica a favore di un partito specifico;
- un pò retorica. La promozione efficace di una idea, di un programma, c'è solo se i credenti si coalizzano sull'idea e sul programma.
   A mio modo di vedere, promuovere un partito dei cattolici non vuol dire mirare ad uno Stato teocratico o confessionale. La Turchia ha, tuttora, al governo un partito islamico, ma che è prima di tutto "laico".
  Il governo dell'Italia della DC cadde perchè la DC era divenuta corrotta, e per mancato rinnovamento. Come è caduta la DC, così potrebbe rinascere una nuova DC e non è detto che essa torni a prevaricare, nè a prevalere. Dovrà guadagnarsi il pane col sudore, come tutti.
  Ma un partito dei cattolici non nasce all'improvviso. La via potrebbe essere quella di promuovere una associazione politica dei cattolici, guidata da quelli che hanno avuto in questi anni la  regia della "settimana sociale dei cattolici", e che sia aperta a tutti i cattolici.
  Per una idea dei miei sforzi "inutili" in questo campo,
clicca su: http://www.impegnopoliticocattolici.bo.it/ . NL

per il conseguimento di quella felicità che sta a cuore a ciascuno, e che impone anche una responsabilità verso gli altri" (Benedetto XVI, All'Udienza generale, 5 agosto 2010).  È proprio l'esperienza condotta dal di dentro delle cose, in nome della ragione e quindi della morale naturale, che diventa il giudizio più evidente sul relativismo secondo cui non ci sarebbero riferimenti etici da privilegiare né alcuna gerarchia di valore. Parlando di questo tema, il Santo Padre si chiedeva se non fosse proprio qui il punto dov'è agganciata la spiegazione dei "valori non negoziabili". Che tali sono non in ragione di una pregiudiziale cattolica, che vizierebbe la comprensione oggettiva dei fatti della vita. La Chiesa, in realtà, nel suggerire valutazioni per la ricerca biomedica o sulle formazioni sociali e familiari, attinge al patrimonio comune dell'umanità, ricordando la linea di confine oltre la quale l'umanesimo si fa apparente, e il progresso si rivela essere un regresso, non rispettando i valori primi e costitutivi della civiltà: vita, famiglia, libertà religiosa e libertà educativa. Beni che sono il fondamento che garantisce ogni altro necessario valore, declinato sul versante della giustizia e della solidarietà sociale, che da sempre è nel cuore del Vangelo e della Chiesa. Quale solidarietà, ad esempio, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole? È nella morale naturale che le istituzioni internazionali possono trovare un "terreno solido e duraturo" per elaborare e perfezionare la dottrina dei diritti; infatti "come potrebbe esserci un dialogo fecondo tra le culture senza valori comuni, diritti e principi stabili, universali, intesi allo stesso modo da tutti?" (Benedetto XVI, Discorso al Consiglio d'Europa, 8 settembre 2010). Il dogmatismo quale imputazione, in pratica, non regge. In una fase politica nella quale si comincia a ragionare di agenda bioetica come "rastrello" ancora schematico di un'antropologia completa da portare al confronto tra le forze politiche, e dove i cattolici variamente dislocati sono chiamati a giocare un ruolo convergente e propulsivo, non sarà male avere in serbo queste prospettive provenienti anche di recente dal Magistero. Dai responsabili nazionali dell'associazionismo cattolico sono venute, nell'ultimo periodo, indicazioni confortanti in questo senso. Confidiamo che la prossima Settimana Sociale, in programma a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre, non farà mancare, dalla visuale che le è propria, un apporto di sviluppo coerente. La presenza peraltro in terra calabra di una considerevole compagine ecclesiale, rappresentativa del Paese, è fin d'ora segno della stima che tutti abbiamo verso una regione in cui si va esprimendo un'importante reazione al fenomeno malavitoso. I magistrati e le forze dell'ordine, sotto tiro proprio per la progressiva efficacia della loro azione, sappiano che la Chiesa è con loro contro la violenza oscura che uccide la speranza. Le comunità di Calabria, come di tutto il Meridione, devono sentirsi sostenute dalla solidarietà e dall'ammirazione delle Chiese sorelle, impegnate a loro volta nel far fronte ad una propagazione del fenomeno malavitoso della quale non è più lecito ormai dubitare.

9. Una parola mi permetto di dire su alcune questioni aperte, e che hanno un chiaro rilievo antropologico. Sul versante della crisi economica, innegabile è la percezione di una più marcata fragilità, benché talune fasce di popolazione sembrino non essere state toccate dalla crisi. Da queste pure è ragionevole attendersi standard di vita consoni alla condizione generale, e una sensibilità verso le indubbie esigenze di solidarietà. Alle banche presenti nel nostro territorio sentiamo di dover chiedere che, anche sfidando un apparente paradosso, adottino criteri del massimo favore razionalmente possibile nel valutare le richieste di finanziamento avanzate dalle imprese. L'impatto sociale della crisi, per come essa si sta evolvendo, dipende ora in buona misura da un loro più sensibile interessamento. Ci auguriamo, altresì, che il diritto dei lavoratori disoccupati, in mobilità o licenziati, sia tenuto nel debito conto e il loro potenziale possa essere quanto prima reintegrato. La disponibilità delle parti a dialogare costruttivamente esiste, e non mancano in questo campo segnali concreti. È fondamentale che, nel frattempo, non siano ritirati dallo Stato gli ammortizzatori sociali. Deve in particolare stare a cuore a tutti il destino dei giovani: non si procede ignorando le loro legittime aspettative. La nostra agricoltura ha bisogno di alcuni interventi che la rinforzino, facendola tornare un settore che attrae vocazioni, non le espelle: che il territorio sia lavorato, e da esso si ricavino prodotti di qualità, è interesse generale. Qui si situa la domanda di tracciabilità dei prodotti, attraverso filiere limpide e plausibili, possibilmente più corte. La scuola vive settimane importanti: uniamo la nostra voce a quella dei Vescovi che già si sono rivolti ai diversi attori scolastici, augurando una stagione fervida di impegno, così che i risultati superino i problemi. Non mancano, per l'università come per le scuole superiori, novità importanti che meriterà sperimentare, cogliendone tutte le possibili virtualità. Decisiva ci appare una concorde insistenza sulla qualità della scuola, attorno a cui preparazione personale dei docenti, riconoscimento della specifica professionalità, sistema di valutazione e adeguate risorse convergono quali fattori interdipendenti. Su tutto, però, è la dignità della scuola-istituzione che va salvata per ciò che, a cascata, ne deriva. Ci sono potenzialità inespresse che vanno sprigionate, al fine di realizzare una concreta libertà di educazione da parte delle famiglie, garanzia a sua volta di autentica qualità, consolidando in una logica anti-sprechi la rete di scuole e tradizioni educative di cui è ricco il nostro territorio. Lo stesso problema dei cosiddetti "precari" andrà risolto su vie di giustizia e solidarietà, prendendo tutti coscienza che meditate regole di sistema devono nel futuro impedire il riprodursi di situazioni problematiche e dolorose. Diversi sono stati gli episodi dolorosi in ambito sanitario, con vittime innocenti e famiglie disperate. Trovare la morte per negligenza o inadeguatezza là dove si va per nascere o ricevere cure, è uno spregio non tollerabile, che offusca la dedizione di tanti professionisti. I morti sul lavoro sembrano in via di diminuzione, ma ogni singolo caso è di troppo, insopportabile per la coscienza del Paese. In particolare, è nei subappalti che va condotta la disamina in grado di condurre definitivamente fuori dall'emergenza. La condizione delle carceri è stata e resta un fardello pesante non solo per noi - sacerdoti e Vescovi - che le visitiamo, e per coloro che quotidianamente vi operano, ma per tutti. Da tempo si parla di un "piano carceri", intanto però ogni cittadino, anche colpevole, conserva la dignità su cui far conto per il riscatto. Ci sono imprenditori illuminati che, insieme all'autorità carceraria, stanno sperimentando formule interessanti di lavoro all'interno e di commercializzazione esterna per quanto prodotto in carcere. È una via di speranza, poiché include prospettive di riabilitazione e di concreto reinserimento. La violenza sulle donne è drammatico fenomeno che porta a mettere sotto accusa in genere l'uomo, spesso giovane, che si fa attore di comportamenti irragionevoli e talora bestiali. C'entra qui l'educazione, ma anche l'auto-educazione che ciascuno deve acquisire per sapersi controllare, stabilendo con ogni persona rapporti di pari dignità. Anche altri gruppi sociali sono stati, purtroppo, presi di mira da gesti assurdamente violenti e discriminatori, qualche volta anche a sfondo razzista. La questione, poi, dell'ospitalità che va offerta ai Rom si è di recente imposta a livello europeo, il più idoneo ad evitare soluzioni che umilino il senso di responsabilità del continente. Sono scenari diversi di quella frontiera educativa che oggi attraversa ogni comunità, eludere la quale significa arrendersi non in una singola controversia, ma alla sfida trasversale e decisiva circa il nostro futuro.

10. Il federalismo è l'importante riforma in via di definizione, delicata sotto diversi profili, anche perché irreversibile. Bisogna non nascondersi che col federalismo cresce lo spessore delle responsabilità da esercitare localmente. Gestire un Paese come il nostro in chiave federalista presuppone una diffusa capacità di selezionare con rigore gli obiettivi, scadenzarli, argomentare le scelte, e saper dire dei no anche a chi si conosce. Riuscire a rispettare i vincoli di bilancio, rimanendo attenti alle implicanze umanistiche connesse con l'amministrazione politica, diventerà un'attitudine inderogabile, che presuppone sì un'abilità tecnico-gestionale, non però questa soltanto. Diversamente prevarranno le spinte ad un contrattualismo esasperato e ad una demagogia variamente declinata. È il momento insomma di sviluppare quel confronto ampio che è richiesto dal salto culturale senza il quale non si dà riforma. E questa potrà prendere positivamente forma in una logica di lealtà reciproca, in verticale e in orizzontale, estranea alle forme del ricatto come alla catena dei risarcimenti interminabili. Meglio che tra le pieghe non si annidino equivoci o ipocrisie che nel nuovo assetto non mancherebbero di appesantire il passo comune. La riforma non deraglierà se potrà incardinarsi in un forte senso di unità e indivisibilità della Nazione: il tricolore è ben radicato nel cuore del nostro popolo. È poi una consapevolezza acquisita che si debba procedere con una concomitante riforma fiscale. Se non si combinano insieme federalismo e sussidiarietà, ma anche sviluppo e unità nazionale, col superamento di entrambe le sindromi, del vittimismo da una parte e dell'elargizione dall'altra, la sfida difficilmente si potrà vincere. La Chiesa, con la sua capillarità e la rete delle sue istituzioni, intende fare per intero la propria parte, come in altri momenti cruciali, perché si realizzi un federalismo solidale. Preferiamo ricordare in partenza che ci sono condizioni morali e culturali indispensabili, non perché si nutrano riserve sull'ipotesi in sé, ma perché l'esperienza fa edotti su virtù e debolezze. Se ciascuna parte non si sforzerà di percepire le fondate preoccupazioni degli altri, e non sarà disposta a farsene ragionevolmente carico, non riusciremo a stringere un nuovo, necessario patto nazionale che ci vincoli moralmente e ad un tempo liberi le energie migliori. Nel centocinquantesimo dell'Unità d'Italia nulla di meno serve, come già ci permettevamo di annotare in una precedente occasione. Le celebrazioni, che nel frattempo si vanno succedendo, ci rendono ancor più persuasi che l'unità politica e istituzionale include un'unità interiore e spirituale che merita di essere perseguita come contributo vitale offerto a tutto il Paese. Il rinforzato profilo istituzionale assegnato a "Roma capitale" non può certo eludere la domanda di esemplarità, inclusiva di una vocazione unica rispetto alla coscienza del mondo. Si accennava in precedenza alla riforma fiscale che presto sarà in cantiere. Sono in molti a sperare in criteri di maggiore equità, in un disegno di Stato né astratto né anonimo. Va da sé che, in una democrazia anche economica, chi più possiede più deve contribuire. Per il bene concreto dell'Italia, ci auguriamo sia finalmente l'occasione per centrare una riforma a vantaggio del soggetto che per tutti - aziende, sindacati, scuola… - è decisivo, cioè la famiglia, e si provveda così ad arrestarne l'impoverimento in atto da tempo, e che rischia di simboleggiare il suo declino culturale. I dati demografici possono illudere solamente coloro che vogliono illudersi. Di recente non sono mancate, come non mancheranno domani, le provocazioni che inducono a un certo risveglio. Con queste riforme lo Stato dirà ai cittadini come pensa di proiettarsi in avanti. È pur vero che nella decisione di avere figli entrano in gioco motivazioni varie e complesse di tipo culturale, e tuttavia, se dobbiamo dar credito alle statistiche, già oggi le coppie desiderano in media 2,2 figli, mentre ne nascono solo 1,4. Il che dimostra ciò che peraltro è eloquente anche dall'esperienza di Paesi prossimi al nostro: le misure economiche, messe o non messe a sostegno della famiglia, sono un fattore decisivo. Assegnare alla famiglia ciò che le serve, e non illudersi che questa farà ad oltranza scelte eroiche o - a seconda dei punti di vista - autolesionistiche, non può da alcuno essere ragionevolmente scambiato per un'opzione ideologica. La Chiesa è impegnata per promuovere anche culturalmente l'istituto familiare e per questo fortemente sconsiglia "iniziative legislative che implichino una rivalutazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia" (Benedetto XVI, Discorso al nuovo Ambasciatore di Germania, 13 settembre 2010).

 

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Corrado Calabrò

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RELAZIONE annuale al Parlamento
del Presidente Corrado Calabrò,  6 luglio 2010

  AVVERTENZA.  Questa relazione è stata presentata ai parlamentari, in una conferenza a Roma   il 6 luglio  2010. Ma ebbe poco ascolto e anche ripresa brevemente dalla stampa.   Io l'ho ascoltata e mi è sembrata di grande interesse per i professori universitari, per cui la riprendo.
  Per la fonte: http://www.agcom.it/Default.aspx?message=viewrelazioneannuale&idRelazione=19
SOMMARIO 1.- Telecomunicazioni: il processo di liberalizzazione dà i suoi frutti. 2.- La televisione di oggi è già digitale. 3.- Libertà di informazione / Servizio pubblico. 4.- Le tecnologie ridisegnano l'editoria: governare la trasformazione. 5.- Informazione, trasparenza e correttezza alla base della tutela del consumatore. 6.- Indipendenza. 7.- Pensare digitale. 8.- La visione - di sistema - che ancora manca. 9.- Investire per uscire prima dalla crisi e tornare a crescere. 10.- Il contributo dell'Autorità: regole e suggerimenti per un'agenda per l'Italia.

1.- Telecomunicazioni: il processo di liberalizzazione dà i suoi frutti. Persino nel 2009, annus horribilis, il settore delle telecomunicazioni ha sostanzialmente tenuto. Nel mondo, il settore delle telecomunicazioni ha generato ricavi per 980 miliardi di euro. Anche in Italia le telecomunicazioni hanno confermato il loro peso, quantificabile intorno al 3% del PIL. Continua l'espansione dei volumi anche se i ricavi totali del settore, pari a quasi 44 miliardi di euro, sono diminuiti del 3,3% rispetto al 2008. Tutti i principali operatori hanno chiuso i loro bilanci in attivo. E questo malgrado la pressione competitiva garantita dalle nostre regole abbia portato all'ulteriore diminuzione dei prezzi. Le telecomunicazioni sono state e sono l'unico servizio con una dinamica marcatamente anti inflattiva. Dal 1995 all'aprile 2010 l'indice dei prezzi al consumo del settore è diminuito da 100 a 69, a fronte di un aumento dell'inflazione di oltre il 30%. I prezzi di tutti gli altri servizi sono considerevolmente aumentati. "Nella telefonia la liberalizzazione ha funzionato". Nel comparto della telefonia mobile abbiamo uno dei mercati più competitivi del mondo. Dal 2002 a fine marzo 2010 più di 24 milioni di utenti hanno cambiato gestore. In esito alla nostra tenace azione ora si può cambiare gestore in tre giorni trasferendo il credito residuo. Ciò non toglie, ovviamente, che i costi della terminazione mobile debbano essere rivisti alla luce della Raccomandazione europea. I cittadini non devono pagare un costo superiore a quello efficiente, anche se questo surplus viene poi in parte restituito all'utente mediante gli sconti promozionali e i pacchetti. Inoltre la discesa delle chiamate fisso mobile per l'utenza non riflette appieno la discesa dei prezzi all'ingrosso. Se il mercato non dovesse funzionare interverremo. E' incessante l'introduzione di innovazioni (dall'IP TV al 3G, dalla larga banda mobile agli smartphone intelligenti), che stanno determinando una vera e propria trasformazione della società. Nella rete fissa la quota di mercato di Telecom Italia è scesa sotto il 74%, con un calo di quasi 20 punti in 5 anni. Il nostro sistema regolamentare ha portato l'Italia ad essere fra i leaders europei nel full unbundling, con oltre 4,3 milioni di linee attive a marzo 2010. Dopo le incomprensioni iniziali, Open Access si candida ad essere un benchmark per l'Europa, come già Open reach; e la puntualità degli interventi correttivi dell'Organo di vigilanza per la parità di accesso alla rete lo conferma. Ma alla validità del modello deve indefettibilmente e indilazionabilmente corrispondere la coerenza dei comportamenti, che spetta prioritariamente a questa Autorità valutare.

2.- La televisione di oggi è già digitale. Il 2010 rappresenta un anno di svolta per il sistema televisivo italiano. La tecnologia analogica, che ha accompagnato gli italiani negli ultimi 50 anni, è ormai in via di avanzata sostituzione da parte del sistema digitale. Sono già all digital sei Regioni d'Italia. Nel corso di quest'anno è prevista la completa digitalizzazione del Nord Italia. Nel 2011 avverranno gli switch-off nelle Regioni del versante adriatico ed, infine, nel 2012 passeranno al digitale la Toscana, l'Umbria, la Sicilia e la Calabria. Con uno sforzo, la digitalizzazione potrebbe essere completata entro il 2011, come indica una recente Raccomandazione europea e come auspica il Vice Ministro Romani. Alla fine del 2010 il 70% delle famiglie sarà digitalizzato. Già oggi l'ascolto della TV digitale su tutte le piattaforme (terrestre, satellite, IPTV) ha superato, con il 51,2%, l'ascolto della TV analogica. Il numero delle famiglie dotate di almeno un ricevitore digitale terrestre è salito a gennaio di quest'anno a oltre 15 milioni, mentre una quota consistente dei nuovi decoder viene acquistata per adeguare al digitale anche i secondi e terzi televisori di casa. I ricavi del comparto televisivo si mantengono consistenti, segnando un incremento dell'1,7% rispetto al 2008. I ricavi complessivi da pay-tv (in crescita) e da pubblicità (in discesa) si sono ulteriormente avvicinati. La modifica delle regole sulla pubblicità ha indotto la Commissione europea a chiudere la procedura d'infrazione pendente nei confronti dell'Italia. Continuiamo a vigilare monitorando le trasmissioni. Lo spostamento delle risorse pubblicitarie dalla TV tradizionale ad internet non è stato della stessa portata che in altri Paesi. Il settore televisivo italiano è essenzialmente tripartito: Rai- Mediaset-Sky, con gli altri operatori minori e le TV locali che faticano a trovare spazi concorrenziali. Si conferma che la TV digitale multicanale frammenta l'audience anche dei canali generalisti tradizionali; nondimeno Rai e Mediaset conservano quote di ascolti ancora assai rilevanti sulle quali l'avvento della pay tv sta incidendo lentamente. Ci siamo battuti affinché la produzione indipendente di contenuti audiovisivi venga tutelata. In questo quadro la TV locale -che gioca un ruolo importante ai fini del pluralismo dell'informazione- con il digitale può concentrarsi sulla qualità e sull'informazione locale. Riempire l'etere di monoscopi o programmi ripetuti è un'occupazione dello spettro che non serve a nessuno e danneggia l'insieme. Il mese scorso abbiamo approvato il piano delle frequenze. Non ci credeva nessuno. E' la prima volta che un piano delle frequenze che abbia un'effettiva probabilità di attuazione viene adottato in Italia: permette risorse per le TV nazionali (con 5 nuovi multiplex a gara), per l'alta definizione, per le TV locali (con almeno 13 mux, che corrispondono a 65 programmi locali per ogni Regione), per la radio, e consente di liberare 9 canali TV da destinare alla larga banda wireless, come chiede la Commissione europea. L'Italia è il secondo Paese europeo per diffusione della banda larga mobile. Ma se non interveniamo rapidamente, con il tasso attuale di diffusione degli smartphones, la nostra rete mobile rischia il collasso. L'AGCOM, con vivo apprezzamento della commissaria Kroes, sta portando avanti, in Europa e in Italia, una politica finalizzata alla liberazione in tempi brevi delle frequenze radio. Contiamo di rendere disponibili circa 300 Mhz da mettere all' asta per la larga banda. La radio rimane l'insostituibile compagna di tanti italiani e un'indispensabile risorsa per il pluralismo. Il piano delle frequenze garantisce anche risorse per la radio digitale. Abbiamo attuato quest'anno la nuova disciplina sulla vendita collettiva dei diritti sportivi. 3.- Libertà di informazione / Servizio pubblico. La libertà d'informazione è forse una libertà superiore ad altre costituzionalmente protette, e come tale va difesa da ogni tentativo di compressione. Il Trattato di Lisbona pone il pluralismo dell'informazione alla base dei principi fondanti dell'Unione europea. Si tratta di un parametro di legittimità della legge che deve essere valutato con attenzione in qualunque intervento normativo nazionale. Lo stesso Trattato peraltro include tra i diritti fondamentali dell'Unione il rispetto della dignità umana e della vita privata e familiare nonché il diritto a un processo equo. In uno Stato di diritto solo la verità processuale dopo un giudizio definitivo può privare l'uomo della dignità e dell'onorabilità. La verità televisiva, mediatica, la diffusione di indiscrezioni e illazioni pongono sotto nuovi aspetti il problema della tutela della dignità umana. La via che l'Autorità ha privilegiato è quella dell'autogestione. In base al Codice di autoregolamentazione sulla rappresentazione in TV di fatti relativi a indagini e processi in corso, l'apposito Comitato -costituito dai rappresentanti delle emittenti televisive ma anche dell'Ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa e presieduto da un ex presidente della Corte costituzionale- ha richiamato l'esigenza di attenersi alla veridicità, alla completezza, all'imparzialità ed al rispetto del contraddittorio, verificando e garantendo che i fatti e le circostanze rappresentati trovino rispondenza obiettiva in fonti suscettibili di riscontro, secondo le varie fasi delle indagini o dei processi. L'accesso senza discriminazioni ai mezzi di informazione delle forze politiche e sociali va tutelato; specialmente in un sistema concentrato (tripolare) come quello italiano. La Rai non ha le risorse sufficienti per migliorare la rete trasmissiva, per investire nell'alta definizione e nella televisione su internet, svolgendo quel ruolo di pivot delle nuove tecnologie segnato nelle nostre Linee guida. Si liberino quindi gli elementi imprenditoriali con un assetto diverso della governance, svincolato dai partiti, che valorizzi la capacità gestionale e decisionale (con le correlative responsabilità); si chiarisca e si renda più trasparente ed accountable agli utenti il ruolo della TV pubblica. La Rai, comunque, deve acquisire effettivamente le risorse del canone, con un sistema di riscossione che riduca l'evasione, anche per migliorare la qualità; la soluzione c'è; basta volerla. Finalmente il mini-qualitel ci ha fornito indicazioni che la Rai dovrebbe tenere in conto nel formare il palinsesto del servizio pubblico. Sistemi diversi di formazione delle regole sulla comunicazione politica per la TV pubblica e per quella privata danno adito a sfasature e distorsioni. Gli orientamenti della Corte costituzionale sui programmi di informazione sono stati ribaditi dalla recente giurisprudenza del TAR. Ad essi si è immediatamente conformata questa Autorità, che alla giurisdizione del TAR è soggetta. Non così la Rai, in quanto le regole dettate dalla Commissione parlamentare di vigilanza non sono sottoposte al vaglio del giudice amministrativo. Ma le considerazioni da questo espresse dovrebbero essere criteri guida per tutti. Internet trasforma la televisione e la radio e queste a loro volta trasformano internet. Le maggiori emittenti nazionali hanno iniziato a rendere disponibile la programmazione su internet, il che muta il palinsesto tradizionale in una serie di clips audio-video fruibili singolarmente, in diretta o in differita. L'Autorità ha avviato una consultazione pubblica su queste nuove forme di televisione (catch-up e over the top TV) al fine di determinare se il regime giuridico debba essere differenziato da quello per la TV tradizionale. I seri problemi generati da internet non obliterano la sua insostituibile funzione informativa. È stato giustamente osservato che se ci fosse stato internet l'Olocausto non avrebbe potuto essere ignorato. Anche nell'analisi di mercato che abbiamo avviato per verificare la situazione del pluralismo in Italia emerge, dai primi risultati, il ruolo crescente di internet. In considerazione di ciò e dell'eterogeneità dei riferimenti attuali si palesa la necessità di una ridefinizione per via legislativa delle aree economiche rilevanti ai fini del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC).

4.- Le tecnologie ridisegnano l'editoria: governare la trasformazione. L'editoria, specie quella quotidiana, rappresenta ancora il secondo mezzo di diffusione dell'informazione, e, quindi, un forte presidio per il pluralismo. Ma la lettura dei quotidiani è in strutturale diminuzione e nulla è avvenuto in questo anno per incentivarla. Non c'è stato recupero di risorse pubblicitarie dei giornali da internet, nel quale invece crescono le risorse attratte dai motori di ricerca. I principali giornali ormai integrano la versione cartacea con i servizi on line, che vengono aggiornati continuamente. Due mesi fa il premio Pulitzer per il giornalismo investigativo è stato assegnato ad un sito internet, ProPublica.org. La rete non cancella l'industria del giornalismo; la cambia. E' essenziale che la funzione del giornalista non venga meno; il giornalista ha un compito informativo indeclinabile e non sostituibile dal flusso di notizie che scorre nella rete. Le nuove applicazioni tecnologiche (e-readers o tablet-pc, come l'i-pad) sono un'occasione per riavvicinare i giovani alla lettura dei giornali e dei libri; può esserci una nuova stagione per la lettura, in un nuovo formato. Opportunamente il Governo ha previsto incentivi ai giovani per la larga banda. Se nella prossima finanziaria si prevedesse che gli studenti possono fruire di un bonus governativo per l'abbonamento gratuito a un quotidiano on line, si potrebbero centrare due obiettivi: diffusione della larga banda e diffusione dei giornali. Diffondere i libri di testo in via elettronica comporterebbe un risparmio per le famiglie e potrebbe arricchire i libri di contenuti multimediali, suscitando l'interesse dei ragazzi.

5.- Informazione, trasparenza e correttezza alla base della tutela del consumatore. La trasparenza e le certezze per il consumatore sui prezzi e sulla qualità dei servizi non sono ancora sufficienti. Siamo intervenuti ripetutamente per reprimere comportamenti che danno effimeri benefici ma che in definitiva danneggiano la credibilità del settore. Le chiamate tariffate a scatti dai cellulari possono far lievitare i costi delle chiamate, specialmente nelle aree dove la copertura è difficile. Abbiamo preteso che ogni operatore introduca e mantenga un piano tariffario al secondo, con il prezzo massimo degli SMS in linea con il Regolamento europeo. L'utente deve avere il controllo della spesa telefonica; non possono esserci automatismi che portino a bollette esorbitanti. Abbiamo introdotto un sistema di accreditamento di motori di ricerca che faciliti il confronto delle tariffe telefoniche. I costi per la navigazione internet in roaming sono altissimi. Insisteremo presso la UE per l'abbattimento di questi costi. I cittadini non conoscono la qualità della propria connessione a larga banda. Da ottobre sarà possibile scaricare un software sviluppato da AGCOM per misurare la qualità. L'anno trascorso ha visto un importante passo in avanti nell'attuazione dell'articolazione territoriale dell'Autorità, con il conferimento di ulteriori deleghe ai Co.re.com. . In tal modo, i Co.re.com. si profilano quali garanti e mediatori tra le istituzioni regionali, gli operatori del settore e i cittadini; in coerenza con la logica di governo del territorio, ridefinita con la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha nella sussidiarietà il principio cardine. Le istanze presentate dagli utenti ai Co.re.com. sono state 43.095 (a fronte delle 38.590 dell'anno precedente); il tasso di efficacia del processo di conciliazione è aumentato fino al 62% (nel 2008 era di circa il 50%). E' un modello paragiurisdizionale che funziona, come riconosciuto anche dalla Corte di giustizia europea. I procedimenti sanzionatori avviati dall'Autorità nel 2009 (96) sono stati il doppio di quelli nel 2008. Il totale delle sanzioni irrogate è stato di 5,2 milioni di euro. Grazie alle Associazioni dei consumatori per la loro costante azione di vigilanza e di stimolo. Preziosa è la collaborazione della Guardia di finanza e della Polizia postale.

6.- Indipendenza. Le Autorità indipendenti non nascono dalla mente di Zeus, come Atena. Ma o sono indipendenti o non hanno motivo di essere. L'indipendenza va verificata ogni giorno. Nessuno degli atti istituzionali e delle decisioni collegiali adottati dall'Autorità ha risentito delle pressioni e insistenze che possono essere state esercitate, da qualsiasi parte. Peraltro, l'indipendenza può e deve essere rafforzata - nel concetto, nei requisiti e nelle garanzie per i membri dell'Autorità, nonché nelle consequenziali responsabilità di questi- conformandosi al paradigma della Direttiva UE, che va recepita sollecitamente (come abbiamo fatto presente al Governo), anche perché da quest'anno l'Autorità è parte integrante del sistema europeo delle Autorità indipendenti di settore. L'indipendenza si preserva pure con l'autonomia economica e finanziaria. Noi non viviamo col finanziamento dello Stato, viviamo sostanzialmente col contributo degli operatori. Ogni distoglimento di tale contributo dalla sua destinazione si traduce in una tassazione occulta e si pone in contrasto col diritto comunitario, il quale prevede che il finanziamento degli operatori di settore sia imputabile ad un numerus clausus di attività, puntualmente elencate nelle Direttive europee.

7.- Pensare digitale. Da qualche settimana l'Europa ha un'Agenda digitale. A pochi mesi dal lancio del broadband plan americano, la Commissione europea ha varato la sua manovra che mira a recuperare la minore velocità di sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, realizzando un mercato digitale europeo alimentato da reti internet ultraveloci e da applicazioni interoperabili. E l'Italia? Ancora una volta noi abbiamo prefigurato prima degli altri la realtà in divenire, ma poi questa ha sorpassato la nostra capacità realizzatrice. Le telecomunicazioni sono nella più grande fase di trasformazione da 70 anni in qua. Finora il servizio in voce ha fornito il 70% dei ricavi e parte preponderante degli utili, ma i volumi di traffico in rete crescono vigorosamente ogni anno, anche in un sistema-Paese ancora poco digitale qual è il nostro. La rete attuale presenta ormai molteplici situazioni di saturazione sia per la rete fissa che per quella mobile. Il futuro presuppone l'ultra banda, le reti di nuova generazione in fibra ottica con capacità di trasmissione sopra i 50 Mbit/s. Ma gli stessi dati che ci vedono ai primi posti in Europa sul fronte dei prezzi dei servizi tradizionali e della concorrenza infrastrutturata, ci classificano sotto la media UE per diffusione della banda larga; siamo sotto la media anche per il numero di famiglie connesse a internet, oltre che per la diffusione degli acquisti on-line e per il contributo dell'ICT al PIL. Il nostro Paese è il fanalino di coda nel commercio e nei servizi elettronici. Le nostre imprese vendono poco sul web; la quota di esportazioni legate all'ICT è pari al 2,2% e relega l'Italia al penultimo posto in Europa.

8.- La visione - di sistema - che ancora manca. A cosa si deve una situazione così depressa nonostante il livello e i bassi prezzi del nostro sistema di telecomunicazioni? Sono molteplici i fattori che influiscono sulla domanda. L'UE ha tuttavia rilevato che l'Italia ha il record degli acquisti on line dei biglietti del treno e dell'aereo. Come mai? Oltre a non fare più la coda, l'utente non paga i diritti di emissione e non deve necessariamente stampare il biglietto. Se l'Italia vuole essere on line deve rimuovere le remore mentali e azzerare i balzelli digitali. Su questo tema devono collaborare le Autorità di settore (AGCM, AGCOM, Banca d'Italia) e il Governo. Il ragionamento secondo logiche passatiste, per cui bisognerebbe creare le condizioni della domanda prima di investire in nuove infrastrutture, riduce all'immobilismo. Per le nuove tecnologie, i percorsi di creazione e stimolo di domanda e offerta vanno di pari passo. In un ecosistema ogni singola parte cresce con il tutto; è una visione olistica delle reti e delle relazioni che si sviluppano. Il tema chiave dell'Agenda europea è proprio la visione unitaria dell'ecosistema digitale. Vodafone, Wind e Fastweb hanno avanzato congiuntamente uno schema di piano, cui ha aderito anche Tiscali, che postula, in una prima fase, investimenti (propri e altrui) per 2,5 miliardi di euro al fine di realizzare una rete in fibra destinata a connettere una parte rilevante della popolazione entro 5 anni. Telecom Italia, a sua volta, ha illustrato il 10 giugno scorso all'Autorità il suo piano che annuncia fino a 7 miliardi di investimenti nei primi 3 anni (2010-1012), inclusi gli interventi necessari per il rilegamento in fibra delle centrali (backhauling), che ha carattere prioritario. L'obiettivo immediato, per quanto riguarda la rete di accesso, è quello di collegare con la fibra ottica le unità immobiliari nelle 13 maggiori città italiane entro il 2015. In altre 125 città l'accesso in fibra arriverebbe successivamente. Lo switch off è legato al raggiungimento di determinate soglie di traffico. Ogni imprenditore ha diritto di fare i suoi piani industriali e l'Autorità asseconderà ogni iniziativa, nel rispetto delle regole, in particolare di quelle sull'accesso. Ma rilevo che l'Agenda digitale europea prevede che almeno il 50% delle famiglie europee utilizzi un collegamento superiore ai 100 Mbps entro il 2020. I piani proposti portano a questo risultato? Il piano Telecom consiste in parte in un progetto industriale che tende a uno sviluppo della rete ad alta velocità strettamente dimensionato sulle richieste attuali dell'utenza e su quelle ravvicinatamente attese. Questa è la parte in atto finanziata e scadenzabile in piani esecutivi. Da parte sua lo schema di piano degli operatori alternativi non è certo in uno stadio più avanzato di attuabilità, subordinato, com'è, ad alcune condizioni, prima fra tutte a quella del finanziamento. L'impressione è dunque che le pur apprezzabili idee progettuali proposte offrano una visione di quello che si può fare, ma non ancora di quello che concretamente ci si impegna a fare. C'è, inoltre, parziale sovrapposizione delle aree geografiche d'intervento, senza coordinamento delle opere di posa. Per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda digitale servono piani operativi. Ci vuole quindi -sia pure, se del caso, integrativamenteun'iniziativa complessiva, un progetto Italia per una fiber Nation, che eviti costose duplicazioni delle infrastrutture civili e faccia fare al Paese il salto di qualità di cui ha bisogno. Per centrare l'obiettivo della Digital Agenda sono necessari accordi, coordinati a livello nazionale, tra operatori di telecomunicazioni, Amministrazioni territoriali, altri eventuali imprenditori, finalizzati alla progressiva conversione alla fibra di determinate aree territoriali. Ciò darebbe al progetto prospettive di redditività con il carattere di certezza tipico delle utilities e aprirebbe potenzialmente la porta al finanziamento di investitori istituzionali, quale, in primis, la Cassa depositi e prestiti. Seguiamo con attenzione e interesse il tavolo tecnico a tal fine convocato dal Vice ministro Romani. Non stiamo suggerendo progetti lunari. La Regione Lombardia e la Provincia di Trento hanno già in corso progetti di tale tipo. Progetti sperimentali sono stati avviati anche in alcuni quartieri urbani. In Francia il Governo ha lanciato un piano nazionale per l'economia digitale e l'ultra banda; i principali operatori hanno deciso di coordinarsi per realizzare una rete in fibra; la legge ha imposto a tutti gli operatori la condivisione delle cablature condominiali; il regolatore ha posto a consultazione pubblica il quadro regolamentare per lo sviluppo della fibra che differenzia le regole per le aree urbane da quelle a bassa densità di traffico.

9.- Investire per uscire prima dalla crisi e tornare a crescere. Ma è compatibile il progetto di una fiber Nation con l'obiettivo -assolutamente prioritario e non compromettibile- della stabilità? "Una stabilità duratura dei mercati si ha solo con la ripresa della crescita, perché non va dimenticato che questa crisi è soprattutto una crisi di competitività". L'Italia non cresce da 15 anni. La crescita dei Paesi è legata a fattori strutturanti fondamentali. La rivoluzione della larga banda, dell'alta velocità trasmissiva, è comparabile con le grandi rivoluzioni industriali del secolo scorso. Certo è tempo di risparmi. Ma l'investimento in fibra ottica è visto negli USA e altrove anche come una exit strategy. Da noi l'OCSE ha stimato che basterebbe un risparmio annuo fra l'1,41% e l'1,7% per 10 anni sulle spese effettuate nei settori dell'elettricità, sanità, trasporti e educazione per giustificare in Italia la costruzione di una nuova rete. Secondo uno studio di Confindustria, i risparmi ottenibili nel sistema sanitario mediante l'utilizzazione della larga banda si aggirerebbero sul 10%: cifra importante se si tiene conto dell'enorme ammontare della spesa sanitaria. E sarebbe di circa 10 miliardi l'anno il risparmio applicabile alla bolletta energetica nazionale per effetto dell'ottimizzazione del controllo dei consumi e delle erogazioni. L'Autorità (col programma di ricerca ISBUL) ha commissionato a qualificati atenei italiani una valutazione dell'impatto di una nuova rete in fibra sull'economia nazionale, ottenendo stime coerenti con gli studi internazionali. Rinunciare a un tale progetto non comporta dunque solo la rinuncia del nostro Paese a svolgere un futuro da protagonista nell'innovazione, ma anche una sua minore capacità di reazione alla crisi economica contingente, realizzando dei risparmi. Il tessuto socio-economico dell'Italia (reti di piccole e medie imprese, prodotti ad alto valore aggiunto, concentrazione per distretti industriali, turismo e servizi) beneficerebbe della larga banda più di altri Paesi europei. Bisogna saper fare delle scelte, privilegiando i fattori strutturali di sviluppo che internazionalizzino la nostra economia.

10.- Il contributo dell'Autorità: regole e suggerimenti per un'agenda per l'Italia. Come negli USA, e come hanno fatto di recente l'UE e i principali Paesi europei, serve quindi un'Agenda digitale su misura per l'Italia, che concentri lo sforzo e colga le specificità del sistema produttivo e sociale nazionale e fissi gli obiettivi normativi e programmatici dei prossimi 3-5 anni. L'Autorità farà la sua parte, dettando regole che, garantendo l'accesso: - riconoscano, con fini incentivanti, un premio di rischio per il capitale investito; - favoriscano gli investimenti condivisi; - garantiscano la neutralità tecnologica e la parità di condizioni nell'utilizzazione delle infrastrutture comuni. Affronteremo anche il tema della transizione dal rame alla fibra dando certezza delle modalità e dei tempi. Ma questo non basta. Il settore pubblico può fare molto, anche in tempi di rigore di bilancio. Innanzi tutto coordinando gli interventi. Ci vuole un riordinamento radicale, un organico disegno legislativo che componga ed essenzializzi molteplici misure: - Norme quadro per la costruzione e condivisione delle infrastrutture che affranchino dalle molteplici autorizzazioni e/o concessioni; - Completamento delle norme sull'interoperabilità dei servizi della PA e sanità on line; - Norme per la liberalizzazione delle transazioni on line e il commercio elettronico; - Norme sulla sicurezza delle reti; - Liberazione delle radiofrequenze per la larghissima banda e meno vincoli per il Wi-fi; - Utilizzazione di parte dei proventi delle aste delle radiofrequenze per gli incentivi alla larga banda e per la riduzione del digital divide; - Contributi per la rottamazione degli apparati informatici obsoleti; - Elevazione del tetto del credito d'imposta per gli investimenti delle imprese e riduzione delle imposte sui finanziamenti a lungo termine per interventi strutturali. Agevolazioni fiscali per l'impiego di capitali privati nel finanziamento di progetti di lungo periodo con forti esternalità positive (tra cui le reti NGN) possono rappresentare una valida alternativa all'impiego di risorse di bilancio sempre più scarse. Subito dopo andrà affrontata la riforma del diritto d'autore, bilanciando, come evidenziato dall'Autorità nella sua recente indagine conoscitiva, i diritti degli autori e quello degli utenti che navigano in rete. Daremo seguito alla regolamentazione che la legge ci affida; ma non ci si può nascondere che la pirateria informatica è diventata un problema di portata enorme. Gli autori sono privati della remunerazione loro dovuta e gli investimenti nella rete vengono scoraggiati quando l'accesso non avviene nei modi normali ma tramite motori di ricerca e aggregatori di contenuto che si sottraggono a ogni pagamento sia agli autori che agli operatori proprietari della rete. L'Autorità non ha il ruolo che il presidente Obama ha assegnato all'omologa Autorità statunitense (la Federal Communications Commission). Tuttavia sia la sua legge istitutiva che la recente legge sulla Concorrenza le attribuiscono la facoltà di fare segnalazioni al Governo. Assolveremo a questo compito di "segnalatore". Le autostrade delle nuove comunicazioni sono il fertilizzante principale di quell'economia della conoscenza che si attesta come nuovo paradigma di modello capitalistico partecipato. Ma senza lo stock di capitale infrastrutturale fisico nelle reti di nuova generazione i nuovi investimenti renderanno sempre meno, accrescendo il divario con i Paesi a maggiore velocità. Per realizzare una rete in fibra ottica ci vogliono dai quattro agli otto anni. Bisogna dunque pensarci oggi. Perché domani l'oggi potrebbe essere ormai, irrecuperabilmente, l'ieri.

 

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Disegno di Legge sulle intercettazioni telefoniche - Senato n. 1611
Approvato dal Senato, con modificazioni, il 10 giugno 2010. Passa alla Camera

NOTA.  Questo Disegno di legge è stato molto contrastato, dentro e fuori la "maggioranza". Da alcuni (soprattutto del mondo della stampa) ritenuto "liberticida", da altri un mezzo di difesa dei cittadini dal cannibalismo di magistrati e stampa.
   Francamente, non abbiamo la preparazione tecnica per un giudizio, anche perchè è stata sollevata molta polvere, che ha ostacolato un filtro sulle argomentazioni.
  Trattandosi, tuttavia, di materia di libertà, lo giriamo tale e quale senza commento, dentro l'università perchè ognuno si faccia del disegno la convinzione che crede.
  A loro volta, i Colleghi della materia, se vogliono, potranno darci qualche lume, che pubblicheremmo volentieri.

  Senato - Legislatura 16º - Disegno di legge N. 1611

Art. 1.

    1. All’articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

        «h-bis) se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli».
    2. All’articolo 53 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) al comma 2, nel primo periodo, dopo le parole: «lettere a), b), d), e)» sono inserite le seguenti: «e h-bis), nonché se risulta iscritto nel registro di cui all’articolo 335 per il reato previsto dall’articolo 379-bis del codice penale, in relazione al procedimento assegnatogli, sentito in tale caso il capo dell’ufficio competente ai sensi dell’articolo 11, al fine di valutare la effettiva sussistenza di ragioni oggettive per provvedere alla sostituzione»;

        b) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il procuratore generale procede allo stesso modo se il capo dell’ufficio e il magistrato assegnatario risultano indagati per il reato previsto dall’articolo 379-bis del codice penale, ovvero hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento.»;
        c) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

    «2-bis. Di ogni iscrizione di magistrati nel registro di cui all’articolo 335 per il reato previsto dall’articolo 379-bis del codice penale, il procuratore della Repubblica informa immediatamente il capo dell’ufficio presso cui il magistrato indagato presta servizio ovvero il procuratore generale nell’ipotesi che indagati risultino il capo dell’ufficio e il magistrato assegnatario».
    3. All’articolo 103 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il divieto opera anche nel caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati.»;

        b) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

    «5-bis. Ferma restando l’eventuale responsabilità penale, costituiscono illecito disciplinare l’annotazione, l’informativa, anche verbale, e l’utilizzazione delle conversazioni o comunicazioni di cui al comma 5».
    4. All’articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto».

    5. All’articolo 114 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

    «2-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.

    2-ter. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis».

    6. Dopo il comma 6-bis dell’articolo 114 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
    «6-ter. Sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati. Il divieto relativo alle immagini non si applica all’ipotesi di cui all’articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice, nonché quando, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell’avvenimento non possa essere separata dall’immagine del magistrato».
    7. All’articolo 114 del codice di procedura penale, il comma 7 è sostituito dal seguente:
    «7. È in ogni caso vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione ai sensi degli articoli 269 e 271. È altresì vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta l’espunzione ai sensi dell’articolo 268, comma 7-bis».
    8. All’articolo 115 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:
    «2. Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l’organo titolare del potere disciplinare, che nei successivi trenta giorni, ove siano state verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione fino a tre mesi».
    9. Al comma 2 dell’articolo 240 del codice di procedura penale, nel secondo periodo, dopo le parole: «per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni» sono aggiunte le seguenti: «e per i documenti, i supporti e gli atti relativi alle riprese e registrazioni fraudolente di cui all’articolo 616-bis del codice penale, salvi i casi in cui la punibilità è esclusa ai sensi del secondo comma del medesimo articolo».

    10. L’articolo 266 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

    «Art. 266. - (Limiti di ammissibilità). – 1. L’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e l’acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni sono consentite nei procedimenti relativi ai seguenti reati:
        a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4;

        b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4;
        c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
        d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
        e) delitti di contrabbando;
        f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo delle persone col mezzo del telefono, atti persecutori;
        g) delitti previsti dall’articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1 del medesimo codice.

    2. Negli stessi casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti solo se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l’attività criminosa. Tuttavia, qualora dalle indagini svolte emerga che l’intercettazione potrebbe consentire l’acquisizione di elementi fondamentali per l’accertamento del reato per cui si procede o che dall’intercettazione possano emergere indicazioni rilevanti per impedire la commissione di taluno dei reati indicati nel comma 1, e la stessa debba essere eseguita in luoghi diversi da quelli indicati dall’articolo 614 del codice penale, il pubblico ministero, con decreto eventualmente reiterabile ricorrendone i presupposti, dispone le operazioni per non oltre tre giorni, secondo le modalità indicate nell’articolo 267, comma 3-bis».
    11. All’articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) il comma 1 è sostituito dai seguenti:
    «1. Il pubblico ministero richiede l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266 al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale. La richiesta contiene, a pena di inammissibilità, l’assenso scritto del procuratore della Repubblica ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati. L’autorizzazione è data con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, quando ricorrono congiuntamente i seguenti presupposti:
        a) sussistono gravi indizi di reato;

        b) nei casi di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, le utenze sono intestate o effettivamente e attualmente in uso a soggetti indagati ovvero sono intestate o effettivamente e attualmente in uso a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede e sussistono concreti elementi per ritenere che le relative conversazioni o comunicazioni siano attinenti ai medesimi fatti;
        c) nei casi di acquisizione della documentazione del traffico relativo a conversazioni o comunicazioni telefoniche o ad altre forme di telecomunicazione, le utenze sono o sono state intestate o effettivamente in uso a soggetti indagati ovvero a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede;
        d) nei casi di intercettazioni di immagini mediante riprese visive, i luoghi appartengono a soggetti indagati o sono agli stessi effettivamente e attualmente in uso, ovvero appartengono o sono effettivamente e attualmente in uso a soggetti diversi che, sulla base di specifici atti di indagine, risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede e sussistono concreti elementi per ritenere che le relative condotte siano attinenti ai medesimi fatti;
        e) le operazioni sono assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini.

    1.1 Nel decreto con cui autorizza le operazioni, il tribunale deve, con autonoma valutazione, dare conto dei relativi presupposti, che devono essere espressamente e analiticamente indicati.

    1.2. Il pubblico ministero, insieme con la richiesta di autorizzazione, trasmette al tribunale il fascicolo contenente tutti gli atti di indagine fino a quel momento compiuti.»;

        b) il comma 1-bis è sostituito dal seguente:
    «1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applicano le disposizioni di cui agli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, e 203.»;
        c) il comma 2 è sostituito dal seguente:
    «2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone le operazioni previste dall’articolo 266 con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre tre giorni al tribunale indicato nel comma 1. Il tribunale, entro tre giorni dalla richiesta, decide sulla convalida con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, le operazioni previste dall’articolo 266 non possono essere proseguite e i risultati di esse non possono essere utilizzati.»;
        d) il comma 3 è sostituito dai seguenti:
    «3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di trenta giorni, anche non continuativi. Il pubblico ministero dà immediata comunicazione al tribunale della sospensione delle operazioni e della loro ripresa. Su richiesta motivata del pubblico ministero, contenente l’indicazione dei risultati acquisiti, la durata delle operazioni può essere prorogata dal tribunale fino a quindici giorni, anche non continuativi. Una ulteriore proroga delle operazioni fino a quindici giorni, anche non continuativi, può essere autorizzata qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti di cui al comma 1. Quando, sulla base di specifici atti di indagine, emerge l’esigenza di impedire che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero che siano commessi altri reati, il pubblico ministero può richiedere nuovamente una proroga delle operazioni fino a quindici giorni, anche non continuativi.

    3-bis. Se dalle indagini emerge che le operazioni di cui all’articolo 266 possono consentire l’acquisizione di elementi fondamentali per l’accertamento del reato per cui si procede o che da esse possono emergere indicazioni rilevanti per impedire la commissione di taluno dei reati indicati nel comma 1 dell’articolo 266, e sono scaduti i termini indicati nel comma 3 del presente articolo, il pubblico ministero, con decreto eventualmente reiterabile ricorrendone i presupposti, dispone le operazioni con le modalità di cui al comma 2, per non oltre tre giorni. In tal caso trasmette al tribunale gli atti rilevanti ai fini della convalida, anche per via telematica.
    3-ter. Quando le operazioni di cui all’articolo 266 sono necessarie per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, l’autorizzazione di cui ai commi precedenti è data se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l’articolo 203. La durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano gli stessi presupposti, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero ai sensi del comma 2. L’intercettazione di comunicazioni tra presenti di cui al comma 2 dell’articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l’attività criminosa.
    3-quater. Nel decreto di cui al comma 3 il pubblico ministero indica l’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni, nei casi in cui non vi procede personalmente.»;

        e) al comma 4 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di cui al comma 3-ter il pubblico ministero e l’ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria.»;

        f) il comma 5 è sostituito dal seguente:

    «5. In apposito registro riservato tenuto in ogni procura della Repubblica sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l’ora di emissione e la data e l’ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine delle operazioni».
    12. All’articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
    «1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. I verbali e i supporti delle registrazioni sono custoditi nell’archivio riservato di cui all’articolo 269.

    2. Il verbale di cui al comma 1 contiene l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione dell’intercettazione; nel medesimo verbale sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all’ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione.
    3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d’appello. Le operazioni di ascolto sono compiute mediante gli impianti installati presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.»;

        b) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:
    «3-ter. Ai procuratori generali presso la corte d’appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3.»;
        c) i commi 4, 5 e 6 sono sostituiti dai seguenti:
    «4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero deposita in segreteria i verbali e le registrazioni attinenti al procedimento insieme con i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, comunque non inferiore a quindici giorni, salvo che il tribunale, su istanza delle parti, tenuto conto del loro numero nonché del numero e della complessità delle intercettazioni, non riconosca necessaria una proroga.

    5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il tribunale autorizza motivatamente il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la data di emissione dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari.
    6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, hanno facoltà di prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere visione delle videoregistrazioni o cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti.»;

        d) dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:
    «6-bis. È vietato disporre lo stralcio delle registrazioni e dei verbali attinenti al procedimento prima del deposito previsto dal comma 4.

    6-ter. Scaduto il termine, il pubblico ministero trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al tribunale, il quale fissa la data dell’udienza in camera di consiglio per l’acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche d’ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione. Il tribunale decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127.»;

        e) i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:
    «7. Il tribunale, qualora lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l’espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.

    7-bis. È sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente fatti, circostanze e persone estranei alle indagini. Il tribunale in ogni caso dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.
    8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7».

    13. All’articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
    «1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in un apposito archivio riservato tenuto presso l’ufficio del pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione, con divieto di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo.»;
        b) al comma 2, primo periodo, dopo le parole: «non più soggetta a impugnazione» sono aggiunte le seguenti: «e delle stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3»;

        c) ai commi 2 e 3, la parola: «giudice», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «tribunale».

    14. All’articolo 270 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
    «1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del presente codice, nonché per l’accertamento dei delitti di cui agli articoli 241, 256, 257, 416-ter, 419, 600-ter, secondo comma, e 600-quinquies del codice penale, e non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte».
    15. All’articolo 271, comma 1, del codice di procedura penale, le parole: «e 268 commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «e 268, commi 1, 3, 5, 6 e 6-bis».

    16. All’articolo 271 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

    «1-bis. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora, nell’udienza preliminare o nel dibattimento, il fatto risulti diverso e in relazione ad esso non sussistano i limiti di ammissibilità previsti dall’articolo 266».
    17. All’articolo 292 del codice di procedura penale, dopo il comma 2-ter é inserito il seguente:
    «2-quater. Nell’ordinanza le intercettazioni di conversazioni, comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere richiamate soltanto nel contenuto e sono inserite in un apposito fascicolo allegato agli atti».
    18. All’articolo 293 del codice di procedura penale, al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso i difensori possono prendere visione del contenuto integrale dell’intercettazione, richiamata nell’ordinanza per l’applicazione delle misure».

    19. All’articolo 295, comma 3, del codice di procedura penale, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Non si applica il limite di durata massima delle operazioni previsto nell’articolo 267, comma 3».
    20. All’articolo 329, comma 1, del codice di procedura penale, le parole: «Gli atti d’indagine» sono sostituite dalle seguenti: «Gli atti e le attività d’indagine».
    21. All’articolo 329 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:

    «2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può chiedere al giudice l’autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero».
    22. Alla parte seconda, libro V, titolo I, del codice di procedura penale, dopo l’articolo 329 è aggiunto il seguente:
    «Art. 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni). – 1. I verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell’archivio riservato previsto dall’articolo 269, non acquisiti al procedimento, nonché la documentazione comunque ad essi inerente, sono sempre coperti dal segreto.

    2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti, e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, ove non acquisiti al procedimento, sono sempre coperti dal segreto; i medesimi documenti, se acquisiti al procedimento, sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari».

    23. All’articolo 380, comma 2, lettera m), del codice di procedura penale, dopo le parole: «o dalle lettere a), b), c), d),» sono inserite le seguenti: «e), e-bis),».

    24. All’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) il comma 1 è abrogato;

        b) al comma 2, le parole: «I nastri contenenti le registrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I supporti contenenti le registrazioni e i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche» e dopo le parole: «previsto dall’articolo 267, comma 5» sono inserite le seguenti: «, nonché il numero che risulta dal registro delle notizie di reato di cui all’articolo 335»;
        c) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

    «2-bis. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell’archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali e i supporti».
    25. All’articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) al comma 1, primo periodo, dopo le parole: «dell’imputazione» sono aggiunte le seguenti: «, con espressa menzione degli articoli di legge che si assumono violati, nonché della data e del luogo del fatto»;

        b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

    «2. Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’autorità ecclesiastica di cui ai commi 2-ter e 2-quater.»;

        c) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

    «2-bis. Il pubblico ministero invia l’informazione anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare; nei casi in cui risulta indagato un ecclesiastico o un religioso del culto cattolico invia, altresì, l’informazione quando è stata applicata nei suoi confronti ogni altra misura cautelare personale, nonché quando procede all’invio dell’informazione di garanzia di cui all’articolo 369 del codice.

    2-ter. Quando risulta indagato o imputato un vescovo diocesano, prelato territoriale, coadiutore, ausiliare, titolare o emerito, o un ordinario di luogo equiparato a un vescovo diocesano, abate di un’abbazia territoriale o sacerdote che, durante la vacanza della sede, svolge l’ufficio di amministratore della diocesi, il pubblico ministero invia l’informazione al cardinale Segretario di Stato.
    2-quater. Quando risulta indagato o imputato un sacerdote secolare o appartenente a un istituto di vita consacrata o a una società di vita apostolica, il pubblico ministero invia l’informazione all’ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica competente.»;

        d) il comma 3-bis è abrogato.
    26. All’articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, il comma 2 è sostituto dal seguente:
    «2. L’autorizzazione può essere data, anche senza il consenso delle parti, dal presidente della corte d’appello, quando sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento».
    27. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) l’articolo 379-bis è sostituito dal seguente:
    «Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da uno a sei anni.

    Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.
    Chiunque, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale è punito con la reclusione fino a un anno.
    Le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza.
    Per i reati di cui al presente articolo la competenza è determinata ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale.»;

        b) all’articolo 614, primo comma, le parole: «di privata dimora» sono sostituite dalla seguente: «privato»;

        c) dopo l’articolo 616 è inserito il seguente:

    «Art. 616-bis. - (Riprese e registrazioni fraudolente). – Chiunque fraudolentemente effettua riprese o registrazioni di comunicazioni e conversazioni a cui partecipa, o comunque effettuate in sua presenza, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni se ne fa uso senza il consenso degli interessati.

    La punibilità è esclusa:

        a) quando le riprese o registrazioni di cui al primo comma sono utilizzate nell’ambito di un procedimento innanzi all’autorità amministrativa ovvero giudiziaria ordinaria o amministrativa o nell’ambito di un procedimento volto alla definizione di una controversia;

        b) quando le riprese o registrazioni di cui al primo comma sono effettuate nell’ambito delle attività di difesa della sicurezza dello Stato;
        c) quando le riprese o le registrazioni di cui al primo comma sono effettuate ai fini della attività di cronaca da giornalisti appartenenti all’ordine professionale.

    Il delitto è punibile a querela della persona offesa.»;
        d) all’articolo 617 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
    «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque pubblica intercettazioni in violazione dell’articolo 114, comma 7, del codice di procedura penale è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.»;
        e) dopo l’articolo 617-sexies è inserito il seguente:
    «Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). – Chiunque mediante modalità o attività illecita prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio la pena è della reclusione da due a sei anni.»;
        f) all’articolo 684, le parole: «con l’ammenda da euro 51 a euro 258» sono sostituite dalle seguenti: «con l’ammenda da euro 1.000 a euro 5.000»;

        g) all’articolo 684 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

    «La stessa pena di cui al primo comma si applica per la violazione dei divieti previsti dall’articolo 114, comma 6-ter, del codice di procedura penale.

    Se il fatto di cui al primo comma riguarda le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, le immagini mediante riprese visive o l’acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni stesse, la pena è dell’arresto fino a trenta giorni o dell’ammenda da euro 2.000 a euro 10.000.»;

        h) al libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 1, dopo l’articolo 685 è aggiunto il seguente:
    «Art. 685-bis. - (Omesso controllo in relazione alle operazioni di intercettazione). – Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, i soggetti di cui agli articoli 268, comma 3-ter, del codice di procedura penale e 89, comma 2-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che omettono di esercitare il controllo necessario ad impedire l’indebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa di cui all’articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale, sono puniti con l’ammenda da euro 500 a euro 1.032».
    28. L’articolo 25-novies (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dai seguenti:
    «Art. 25-decies. - (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria). – 1. In relazione alla commissione del delitto di cui all’articolo 377-bis del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.

    Art. 25-undecies. - (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). – 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall’articolo 617, quarto comma, del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a trecento quote.
    2. In relazione alla commissione del reato previsto dall’articolo 684 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote».

    29. All’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
    «Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»;
        b) al quarto comma, dopo le parole: «devono essere pubblicate» sono inserite le seguenti: «, senza commento,»;

        c) dopo il quarto comma è inserito il seguente:

    «Per la stampa non periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata, entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata.»;
        d) al quinto comma, le parole: «trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, e sesto comma» e le parole: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, quinto e sesto comma»;

        e) dopo il quinto comma è inserito il seguente:

    «Della stessa procedura può avvalersi l’autore dell’offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva, o delle trasmissioni informatiche o telematiche, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».
    30. Al titolo I, capo VI, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo l’articolo 90 è aggiunto il seguente:
    «Art. 90-bis. - (Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali). – 1. Entro il 31 marzo di ogni anno ciascun procuratore della Repubblica trasmette al Ministro della giustizia una relazione sulle spese di gestione e di amministrazione riferite alle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell’anno precedente. Ai fini del controllo sulla gestione amministrativa di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, la relazione è trasmessa dal Ministro della giustizia al procuratore generale della Corte dei conti».
    31. All’articolo 4 della legge 20 giugno 2003, n. 140, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
    «4-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l’autorità giudiziaria esegue nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati nel comma 1 intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, ovvero acquisisce tabulati di comunicazioni, allorché da qualsiasi atto di indagine emerga che le operazioni medesime sono comunque finalizzate, anche indirettamente, ad accedere alla sfera delle comunicazioni del parlamentare.

    4-ter. I verbali e i supporti contenenti le operazioni di cui al comma 1 sono inseriti in fascicolo separato e conservati in apposita sezione dell’archivio riservato di cui all’articolo 269, comma 1, del codice di procedura penale».

    32. All’articolo 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
    «6-bis. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni di cui al comma 1 sono immediatamente trasmessi al procuratore della Repubblica, che ne dispone l’inserimento in un fascicolo separato, conservato in apposita sezione dell’archivio riservato di cui all’articolo 269, comma 1, del codice di procedura penale. Salvo quanto previsto al comma 1, della loro sussistenza è data riservata comunicazione al parlamentare interessato alla conclusione delle indagini preliminari».
    33. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, è stabilito annualmente lo stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per ciascun distretto di corte di appello. Il procuratore generale della corte di appello provvede alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure della Repubblica. Il limite di spesa può essere derogato su richiesta del procuratore capo al procuratore generale per comprovate sopravvenute esigenze investigative.

    34. Al fine del contenimento della spesa pubblica per operazioni di intercettazione, con decreto dei Ministri della giustizia, dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione e l’innovazione, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le tariffe per la fornitura dei servizi connessi all’esecuzione delle operazioni di intercettazione da parte delle società concessionarie di pubblici servizi di telefonia.
    35. All’attuazione del comma 33 si provvede nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
    36. L’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, è abrogato.
    37. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 139, il comma 5 è sostituito dai seguenti:
    «5. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia o, comunque, delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 del presente codice, il Garante può vietare il trattamento o disporne il blocco ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera c).

    5-bis. Nell’esercizio dei compiti di cui agli articoli 143, comma 1, lettere b) e c), e 154, comma 1, lettere c) e d), il Garante può anche prescrivere, quale misura necessaria a tutela dell’interessato, la pubblicazione o diffusione in una o più testate della decisione che accerta la violazione, per intero o per estratto, ovvero di una dichiarazione riassuntiva della medesima violazione.
    5-ter. Nei casi di cui al comma 5-bis, il Consiglio nazionale e il competente consiglio dell’Ordine dei giornalisti, anche in relazione alla responsabilità disciplinare, nonché, ove lo ritengano, le associazioni rappresentative di editori possono far pervenire documenti e la richiesta di essere sentiti.
    5-quater. La pubblicazione o diffusione di cui al comma 5-bis è effettuata gratuitamente nel termine e secondo le modalità prescritti con la decisione, anche per quanto riguarda la collocazione, le relative caratteristiche anche tipografiche e l’eventuale menzione di parti interessate. Per le modalità e le spese riguardanti la pubblicazione o diffusione disposta su testate diverse da quelle attraverso le quali è stata commessa la violazione, si osservano le disposizioni di cui all’articolo 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2003, n. 284.»;

        b) all’articolo 170, comma 1, dopo le parole: «26, comma 2, 90,» sono inserite le seguenti: «139, comma 5-bis,».
    38. All’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, dopo la lettera h) è inserita la seguente:
        «h-bis) l’inserimento nella motivazione di un provvedimento giudiziario di circostanze relative a fatti personali di terzi estranei, che non rilevano a fini processuali».
    39. Salvo quanto previsto ai commi 40, 41 e 42, le disposizioni di modifica del codice di procedura penale contenute nella presente legge non si applicano, nei procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore, alle operazioni di cui all’articolo 266 del codice di procedura penale per le quali è già stato emesso il provvedimento di autorizzazione o di proroga. In tali casi, fatta salva la validità delle operazioni precedentemente disposte, le stesse non possono ulteriormente proseguire, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un tempo superiore alla durata massima stabilita nell’articolo 267 del codice di procedura penale, come modificato dal comma 11 del presente articolo.

    40. Le disposizioni di cui agli articoli 114, 268, comma 7-bis, 329 e 329-bis del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui agli articoli 129 e 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come modificate o introdotte dal presente articolo, si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
    41. Le disposizioni di cui all’articolo 267, comma 1, del codice di procedura penale, limitatamente all’attribuzione della competenza al tribunale del capoluogo del distretto e alla composizione collegiale dello stesso, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni precedentemente vigenti.
    42. Le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 268 del codice di procedura penale, come sostituito dal comma 12 del presente articolo, si applicano decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’apposito decreto del Ministro della giustizia che dispone l’entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3 dell’articolo 268. Fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni del comma 3 dell’articolo 268 del codice di procedura penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

 

Dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana e della Diocesi di Genova:
in un recente convegno di preparazione alle celebrazioni per l'unità d'Italia

Giriamo dentro l'Università un recente messaggio del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

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Il messaggio del Card. Angelo Bagnasco:

"Per un nuovo innamoramento del nostro
essere italiani, dentro l’Europa unita e in
un mondo più equilibratamente globale"

bagnasco.jpg (8667 byte)Angelo Bagnasco

Convegno per i 150 anni dell'Unità d'Italia Promosso dal Comitato per le Settimane Sociali della CEI e dall'Arcidiocesi di Genova . 3.5.2010

Documento: "Messaggio del Card. Bagnasco"
Fonte: http://www.chiesacattolica.it/

   Cari Confratelli nell'Episcopato, Autorità, Amici, ringrazio tutti per la presenza di oggi e per il conforto che anche così date ai nostri sforzi ed al nostro cammino.

1.- Perché questa celebrazione. Come mons. Miglio e gli amici del Comitato Scientifico ed Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani possono testimoniare, in qualità di arcivescovo di Genova ho accettato con grande convinzione la proposta di realizzare insieme un incontro dedicato all'imminente 150.mo anniversario dell'unità politica d'Italia. Credo infatti fermamente che sia opportuno partecipare con tutte le nostre energie culturali, e nelle forme più varie, alle celebrazioni del prossimo anno. Per questo occorre prepararsi seriamente, e questo è lo scopo cui l'incontro di oggi intende recare un contributo. Non ci sfuggono i rischi, già in qualche caso visibili, cui quel dibattito è esposto. Ma non ci sfuggono neppure i grandi valori e le grandi verità storiche che una seria ricerca ed un confronto adeguato potrebbero illuminare. Vi invito tutti a ritenere che quest'ultimo sia uno scopo per cui vale la pena affrontare quei rischi e impegnare tutte le energie intellettuali e morali di cui disponiamo perché quei rischi siano evitati. L'unica cosa che dobbiamo temere è una cattiva ricerca storica, una propaganda ideologica - di qualsiasi segno - spacciata per verità storica. Se invece sapremo cogliere in modo adeguato questo appuntamento, che cade proprio in un momento in cui anche il nostro Paese è alle prese con dure prove, renderemo un grande dono a tutti quegli uomini e quelle donne, quelle famiglie e quelle associazioni, quelle istituzioni, che con generosità si stanno spendendo per la ripresa. Sapremo donare loro una maggiore coscienza del fondamento e del valore del loro sforzo e della loro generosità ordinaria e non di rado straordinaria. Glielo dobbiamo - innanzitutto lo debbono i Pastori - e per altre ragioni lo debbono gli studiosi, tanto a coloro che quotidianamente si impegnano per il bene comune alla luce e con la forza della fede cristiana, quanto a coloro che spalla a spalla con questi portano il peso e l'onore della stessa responsabilità in virtù di ragioni diverse cui va tutto il nostro rispetto. La scorsa settimana, con una sobrietà esemplare ed eloquente, Benedetto XVI ed il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ci hanno testimoniato come la causa della concordia e del bene comune del Paese valga la dedizione personale della preghiera e dell'azione. Con gli amici del Comitato condivido senz'altro che una matura coscienza storica sia una condizione essenziale per la ricerca di questa concordia e per il servizio al bene comune. È per questa nobile ragione, e non per conformismo, che ci lasciamo interpellare da un anniversario. Come il Novecento ci ha duramente insegnato, tanto la banale dimenticanza della storia quanto l'oblìo della memoria intenzionalmente prodotto e diffuso, o ancora la sua deformazione e la produzione di miti, sono precondizioni della barbarie che, inevitabilmente, prende la forma della negazione della vita umana e della sua dignità.

2.- Funzione e valore della coscienza storica di questi 150 anni. Non è mio compito entrare nel merito delle questioni che affronteremo oggi, e ringrazio il professore Ganpaolo Romanato ed il rettore Giuseppe Dalla Torre per l'aiuto che ci daranno. Sento però il dovere di sottolineare che fare memoria ed esercizio di seria analisi storiografica a riguardo di questi 150 anni di storia politica unitaria d'Italia ci aiuta a comprendere, tra le altre, due ragioni per cui una matura e critica coscienza storica alimenta una misura alta di concordia civile e l'esercizio condiviso della responsabilità per il bene comune. In primo luogo è evidente a tutti che la storia di questi 150 anni di unità politica d'Italia testimonia in modo inequivoco come, a condizione di una elevata tensione morale, anche nei momenti più difficili, certo non meno di quelli attuali, sia possibile perseguire e conseguire accordi che per lunghi periodi consentono una convivenza civile di grande qualità. Tali accordi si riconoscono perché da un lato segnano l' incontro tra differenze, e dall'altro consentono a queste differenze di svilupparsi secondo quello che don Luigi Sturzo chiamava il "sano agonismo della libertà". Tali accordi, e la storiografia più seria concordemente ce lo ribadisce, non sono mai accordi eticamente neutri, accordi tecnici, astratti proclami, ma patti di amicizia civile consapevolmente contratti ed esplicitamente fondati su specifiche opzioni di valore. Volendo essere efficaci, questi patti sanno essere anche storicamente determinati. Ma proprio per questo ci obbligano: se qualcosa del genere è stato reale, certamente è anche possibile, e dunque dovrebbe essere ricercato anche per l'oggi. E allora, come non riconoscere qualcosa del genere nel patto costituzionale stipulato nel 1948, per il quale tanti cattolici, insieme a tanti uomini e donne di buona volontà seppero spendere intelligenza ed anche versare il proprio sangue? La grandezza di quel patto non sta in una sua astratta perfezione, ma nell'averci consentito di andare avanti per una strada buona. Esso diede certezza e sostanza, sin dall'inizio, tanto all'orientamento quanto alla possibilità della riforma e dell'aggiornamento. In secondo luogo, una matura coscienza storica serve la ricerca della concordia e la responsabilità per il bene comune, perché libera da miti e di conseguenza dalla coazione a ripetere. La ricerca storica svela continuamente quell'impasto di intuizione e limite, di bene e di male, da cui la vicenda umana è formata. Una rigorosa analisi storica, a suo modo, serve così anche il riconoscimento dello spazio della trascendenza e di una trascendenza anche storicamente rilevante. Una seria analisi storica, infatti, per un verso relativizza sempre personalità, eventi, processi e giudizi, e per altro verso esige l'uso di criteri svelando che non è la realtà che li produce né che li detta. Duro ed esemplare è il lavoro dello storico, di grande valore umanistico ed umanizzante: lo insegnarono dapprima i grandi dell'umanesimo cristiano e prima ancora i primi maestri della storia in senso moderno che non a caso vanno cercati tra i Padri della Chiesa. Una matura coscienza storica sa comporre passione e distacco critico. Non a caso alcuni dei più grandi italiani, alcuni di coloro che - in ogni senso - più si sono spesi per il paese ed il suo futuro hanno prodotto critiche severe ma costruttive. Questo non ne ha fatto in alcun modo dei revisionisti o dei nostalgici, ma alcuni tra i più affidabili ed afficaci leader culturali e politici della avventura nazionale unitaria. Ancora una volta il mio pensiero va al prete di Caltagirone, don Luigi Sturzo, ma sappiamo anche che tutte le più grandi tradizioni culturali e politiche del nostro paese possono vantare - a comune beneficio - la ricchezza di maestri le cui lezioni hanno trasmesso passione e responsabilità emendate da ingiustificate mitizzazioni, schiettezza di critica esente da nostalgia e da revisionismo.

3.- Un servizio alla speranza di cui oggi abbiamo bisogno.  Per queste ed altre convergenti ragioni, lo ripeto, la ricorrenza dei 150 anni dall'Unità dell'Italia dovrebbe trasformarsi in una felice occasione per un nuovo innamoramento del nostro essere italiani, dentro l'Europa unita e in un mondo più equilibratamente globale. A questo scopo la diocesi di Genova ed il Comitato delle Settimane Sociali hanno voluto dare un primo positivo contributo. Storici ed esperti vari hanno discusso negli ultimi mesi sul carattere dei festeggiamenti e sulle opere da lasciare a ricordo. Noi pensiamo che ci sia qualcosa di importante da far succedere nelle coscienze: far riemergere il senso positivo di un essere italiani. Servono visioni grandi, non per fare della retorica, ma per nutrire gli spiriti e seminare nuovo, ragionevole ottimismo. Il modo di ricordare questo prossimo anniversario deve alimentare la cultura dello stare insieme. In questo, le nostre comunità cristiane sono chiamate a fare la loro parte.
L'Italia deve scoprire ancora una volta che può contare sempre sulla Chiesa, sulla sua missione, sul suo spirito di sacrificio e la sua volontà di dono. Ma un tale nuovo ottimismo (con il Comitato si può e forse si deve parlare di

Nino Luciani, C'è un rapporto tra questo messaggio e il federalismo fiscale di Bossi ? Distinzione tra federalismo che unisce e quello che divide l'Italia, e imprescindibilità di uno "zoccolo duro" per le "entrate fiscali dello Stato.

1.- Per un federalismo che unisce. Nel messaggio del cardinale, la parola "federalismo" non è nominata. Ma, a cos'altro si riferirebbe il suo appello allo "innamoramento del nostro essere italiani", mentre da più parti si leva, nel Paese, la domanda se il federalismo di Bossi è in contrasto con l'unità nazionale ? Perchè Napolitano (1 maggio) aveva ritenuto di precisare che il federalismo non è in contrasto con l'unità nazionale ?
  Dell'alternativa tra federalismo e centralismo si discute fin dai tempi del Risorgimento per l'unità di Italia, e proprio in relazione al modo migliore di fare l'unità di Italia. Non è forse vero che, allora, lo Stato Pontificio fu il maggiore ostacolo all'unificazione mediante un patto federale tra gli "stati regionali" di allora ? Dunque è molto opportuno questo inserimento del cardinale, in quanto introduce la distinzione tra "Chiesa cattolica" e "Stato Pontificio".
   E non è forse vero che la Costituzione repubblicana ha prefigurato un sistema di autonomie locali, che unisce ?
  Evidentemente, c'è un federalismo che unisce e un federalismo che divide... . Ma andiamo per gradi
2.- I requisiti essenziali di un federalismo fiscale che unisce. Ferme le ragioni teoriche in favore del federalismo (vale dire esso responsabilizza i cittadini e gli enti locali, ecc. ecc.), tuttavia la prima cartina di tornasolè è capire come è prefigurato il sistema fiscale.
   Il nodo è che mentre in uno stato federale subentrano all'unico decisore (Stato) più livelli di enti territoriali tassatori (Stato, Regioni, Province, Comuni) la tasca del contribuente rimane "una sola".
Cosa accadrebbe se lo Stato, come ente più forte, pescasse per sè tutta la capacità fiscale del contribuente?
  In questi anni, lo Stato ha compensato il taglio dei propri trasferimenti agli enti locali con la "riattribuzione" di nuovo potere fiscale, ma poi molto enti locali non hanno trovato il modo di esercitarlo, in quanto la pressione fiscale globale era già sopra il limite di sopportabilità.
   Si conclude che l'unitarietà della decisione di prelievo è una condizione per un federalismo che unisce e questo va fatto in modo coerente col vincolo dell'unicità della tasca del contribuente, la cui capacità contributiva ha un limite.
Ciò postula un sistema fiscale unitario. Dopo avere fatto questo, gli enti dovranno contrattare e competere correntemente per spartirsi la disponibilità totale delimitata, e dunque controllare reciprocamente la validità economica delle loro rispettive richieste, e tuttavia al netto di uno zoccolo duro delle entrate fiscali dello Stato, che il parlamento decide originariamente.
   Questo "zoccolo duro" è la garanzia del ruolo dello "Stato unitario" e della "unità dell'Italia del Nord e dell'Italia del Sud".
  La prima conclusione è che il federalismo che "unisce" si fonda:
- su un sistema fiscale unitario;
- su una pressione fiscale "totale" che va decisa unitariamente (dal Parlamento nazionale ?), sia pur in modo variabile nel tempo (di legislatura in legistatura ?);
- su un criterio di riparto delle fonti fiscali,  tra lo Stato ed i livelli inferiori di Enti.

3.- I requisiti essenziali del criterio di ripartizione dei compiti tra lo Stato e gli altri Enti. Qui, Il criterio di base è affidare allo Stato i compiti di interesse nazionale e agli Enti minori i compiti di interesse locale.
  Il criterio, facile da enunciare (ma necessario), è pieno di falle nel caso degli enti locali. Ci sono gli "spillover" che, nel mondo interdipendente e globale di oggi, sono la regola, e non più l'eccezione. Chi non vede che sull'autobus (a basso ticket) delle nostre città  circolano normalmente dei giapponesi ? E chi non vede che negli ospedali del nord vanno molto normalmente dei meridionali ? Chi paga in questi casi ?
  Direi che l'elenco dei compiti che la nostra Costituzione (art. 115) affida alle Regioni sia efficace e più che sufficiente. In questo elenco non c'è la sanità, la scuola, l'università.
   La seconda conclusione è il federalismo che unisce non decentra queste funzioni.

   C'è dell'altro. Il fatto che lo Stato abbia dato (da anni) la delega di gestione della sanità alle Regioni, ha creato danni infiniti. Chi non vede la difformità di servizi degli ospedali, da Regione a Regione ? E che dire dei "costi di intermediazione infiniti delle "sanità regionali", incluso probabile finanziamento occulto dei partiti politici ? Ho sempre pensato che la burocrazia statale (in quanto selezionata solo per concorso pubblico) sia 10 volte migliore di quella regionale (esclusa, forse, qualche Regione che viene dalla tradizione austriaca)

4.- I requisiti del criterio di dimensionamenro degli Enti territoriali. Poco dopo l'unità d'Italia, furono istituite le Province (un centinaio). Era l'unco modo di realizzare il colloquio veloce tra lo Stato e i Comuni, data l'impossibilità per lo Stato di un colloquio veloce con più di 8.000 Comuni.
  Ben venga l'ulteriore semplificazione creando una ventina di Regioni. Ma allora è venuta a cessare la ragione per conservare le Province (ma su queste torno più avanti).
   Degli 8000 e più Comuni,
quelli capoluogo di provincia (poco più di 100 ) hanno più di 20.000 abitanti.
   Di tutti gli altri 2.400 hanno meno di 2.000 abitanti; e 6.000 si avvicinano a 5000 abitanti.
  Le ragioni storiche dell'origine di Comuni così piccoli sono note. Allora aveva significato che capillarmente esistessero tanti centri di servizio. Ma è anche evidente che quelle situazioni sono radicalmente mutate.
   Vediamo le dimensioni minime, necessarie, per alcuni servizi comunali:
- per un'area giochi ed attrezzature sportive per ragazzi di 11-14 si richiedono, per una gestione efficiente, circa 10.800 abitanti servibili;
- per un'area dello stesso tipo per ragazzi di età superiore ai 14 anni si richiedono 20.000 abitanti;
- per un centro polisportivo si richiedono 250.000 persone: - per un asilo nido si richiedono 2000-4000 abitanti servibili;
- per una scuola elementare, 600-7.000 abitanti;
- per una scuola media, 2.000-16.000 abitanti;
- per una scuola secondaria superiore, 50.000 abitanti; - per un centro sanitario elementare, 10.000 abitanti; - per un ospedale di II grado, 150.000-350.000 abitanti;

  In rapporto a queste dimensioni, solo 1.000 Comuni sono idonei per un'area giochi per ragazzi di 11-14 anni; solo 292 sono idonei per un'area giochi per ragazzi di età su-periore a 14 anni; solo 42 sono idonei per un centro polisportivo; solo 80 per un ospedale di II grado.
  In conclusione, il presupposto, per riattribuire agli enti locali il potere fiscale, è porre mano alla inadeguatezza della dimensione di gran parte degli attuali Comuni ad essere soggetti efficienti di autonomia amministrativa.
  Va ricordato che già varie leggi hanno cercato di porre rimedio a questa polverizzazione, ma invano.
  Penso che un criterio valido sia insistere sull'idea delle aree metropolitane, e precisamente:
  a) i grandi Comuni capoluoghi di Provincia andrebbero unificati con le corrispondenti Province, in modo da avere dei Comuni metropolitani che assommano le funzioni Comuni capoluoghi di Provincia e della Provincia;
  b) Prefigurare il rapporto, tra il Comune metropolitano e tutti gli altri, nello stesso modo come oggi è prefigurato il rapporto tra grandi Comuni e i relativi quartieri e frazioni.
   Questo comporta che il Comune metropolitano divenga titolare primario di tutti i compiti comunali svolti nel proprio territorio, e li ripartisca ex-novo in base alla idoneità dei Comuni minori (oggi), a seconda della loro dimensione.

5. Conclusioni. I requisiti elencati sono essenziali per ottenere un federalismo che rispetta il contribuente e responsabilizza la spesa.
  Troviamo qualcosa di questi requisiti essenziali nel federalismo di Bossi ? Direi nessuno. E allora è un federalismo che divide.

speranza) non matura se non nel crogiolo del pensiero animato da domande impegnative. Sostiamo un attimo, allora, e proviamo a pensare. Riflettiamo su noi stessi, su quello che eravamo, e su quello che oggi dopo tanti e rapidi successi rischiamo di compromettere. Stiamo progressivamente perdendo la fiducia in noi stessi, stiamo assumendo stati d'animo e stili di vita che finiscono col destrutturare la società intera? Quella energia morale che avevamo dentro ed ha consentito ad una nazione, uscita dalla guerra in condizioni del tutto penose, di ritrovarsi in qualche decennio tra le prime al mondo, quella forza vitale che fine ha fatto? Perché il vincolo che ci aveva legato nella stagione della ricostruzione post-bellica e del lancio del Paese stesso sulla scena internazionale, ed aveva retto nonostante profondi dislivelli sociali e serie fratture ideologiche, è sembrato da un certo punto in avanti non unirci più? Una matura coscienza storica, e la pazienza del pensiero, sono indispensabili per affrontare questi interrogativi. Non sono sufficienti, certo, ma sono necessari per mantenere allo stesso tempo un orientamento certo ed una vivace disponibilità alla riforma, al rinnovamento, all'aggiornamento. Ancora una volta siamo di fronte all'arduo imperativo etico e spirituale di comporre fedeltà e riforma, che nella storia sempre vivono solo insieme. Non lo si prenda come una espressione di campanilismo, e del resto in questa scelta sono stato preceduto dal Comitato. A me pare molto appropriato che questo incontro di studi abbia luogo in questa città. Genova è città di antiche tradizioni cristiane, città tra le prime nell'avventura della forma repubblicana, città che molto (molto sangue, molta anima, e molto intelletto) ha dato all'Italia dal Risorgimento, alla liberazione, agli anni duri della lotta al terrorismo. Genova è da sempre città aperta all'Europa ed al mondo. Città attraverso cui sono passati i processi e le novità, città che è stata più movimento che vertice, porto e ponte più che punto di arrivo e di stasi.

4.- Cosa comprendere meglio. Noi oggi chiediamo a chi studia di aiutarci a comprendere, non risparmiando in serietà scientifica, severità, attitudine critica ed autocritica, gli eventi che abbiamo alle spalle, ed in particolare quelli che hanno immediatamente preceduto e quelli successivi all'unità politica di una Italia non nata certo 150 anni fa e la cui vita civile non è mezzo ma fine, mentre ad essere mezzo e non fine sono le forme delle istituzioni che in ogni ambito civile operano e la cui adeguatezza va sempre di nuovo valutata con la misura del concorso reale e non semplicemente dichiarato al bene comune. Chiediamo di aiutarci a prendere atto che ciascuno degli eventi di questa storia ha un suo volto, e che acquista significato anche in relazione alle alternative possibili. Chiediamo loro di aiutarci a comprendere come - anche in queste vicende - si è dipanato quanto è visibile del mistero grande e drammatico della libertà umana che agisce in contesti concreti. Chiediamo di aiutarci a riconoscere il nostro debito nei confronti di coloro - noti e ignoti - che in questa storia sono stati fedeli servitori del bene comune, non di rado pagando per ciò prezzi altissimi. Già sappiano, del resto, che la Chiesa ha saputo riconoscere in alcuni di questi protagonisti i segni della Santità. In modo sempre più cosciente dobbiamo essere fieri e grati per quanto le generazioni precedenti hanno fatto con ammirevole spirito di sacrificio e senso di grande responsabilità. Esse hanno operato avendo nel cuore non solamente il miglioramento delle loro condizioni di vita, ma anche il desiderio di consegnare ai propri figli - a noi, dunque - un futuro più vivibile e degno, impostato sul benessere come su valori morali autentici e solidi. La loro opera ha consentito a ciascuno di sentirsi parte di un "noi". Chiediamo agli studiosi di aiutarci a comprendere meglio quello che il nostro popolo forse in modo intuitivo, ma a volte con una prontezza ed uno slancio profetici, sa riconoscere senza indugio. Da Vescovo ho vissuto episodi drammatici, penso alla tragedia di Nassirija, e penso anche alle recenti calamità naturali che hanno segnato alcuni regioni d'Italia. Il nostro popolo, specialmente la gente semplice che tira la vita, sa sempre quando è in gioco la causa comune, il bene comune. In un certo senso, questo 150.mo anniversario, senza indulgere ad alcuna retorica, deve aiutare anche un nuovo incontro tra quelle che - con una espressione molto imprecisa, ma efficace - qualcuno ha chiamato cultura "alta" e cultura "diffusa". Chiediamo a chi fa ricerca di aiutarci a crescere nella consapevolezza del valore umano e civile delle istituzioni, politiche, economiche, familiari e di altro tipo. L'indifferenza verso le istituzioni è una mancanza grave e crescente, e prelude alle più varie forme di frattura nel Paese ("verticali" ed "orizzontali") che lo renderebbero incapace di affrontare le sfide che gli si presentano. Anche in questo caso, ed anche dalla lezione della memoria, dobbiamo essere aiutati a declinare insieme fedeltà.

4.- Prospettiva della Settimana Sociale e senso concreto delle celebrazioni. Noi intendiamo tutto questo come indispensabile per corrispondere al caldo invito a spenderci per il bene comune che di recente Benedetto XVI ci ha rivolto. Esso non è un invito impersonale o qualunquistico, ma rivolto a persone concrete: «È prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende la forma di polis, di città» (Caritas in veritate, n. 7).
Il bene comune deve essere la stella polare per tutti, al fine di costruire un futuro veramente umano per tutti. L’esito del grande sforzo di discernimento che in questi mesi il Comitato per le Settimane Sociali ha promosso e stimolato nelle nostre Chiese, e non solo, ora ci conforta restituendoci la testimonianza che una tale tensione è largamente condivisa, forse più di quanto potessimo immaginare. A me pare molto significativo che noi tutti siamo arrivati a desiderare e poi a realizzare il momento di studio di oggi pomeriggio dentro questo percorso di discernimento, di declinazione del bene comune, di elaborazione di una agenda di speranza per il nostro Paese.
Credo che proprio questo sia lo spirito giusto per affrontare l’anniversario ormai vicino. La tensione al bene comune può avvelersi grandemente di una matura coscienza storica di questo tratto di storia politica unitaria. Elaborare l’agenda di speranza sulla quale siamo al lavoro e la cui pubblicazione è ormai imminente richiede e sviluppa quell’equilibro di spirito di fedeltà e spirito di riforma cui grandemente giova una memoria storica critica, severa, accurata, aperta, scevra da denigrazioni e da mitizzazioni, da nostalgie revisioniste come da fanatismi infantili e massimamente pericolosi. 

5.- A servizio del valore anche civile dell’amicizia della Chiesa. La missione stessa della Chiesa ha bisogno di occasioni come quella di oggi. Anche quando per la propria missione la Chiesa è chiamata ad annunciare una verità scomoda, essa resta con chiunque amica. Essa infatti non ha avversari, ma davanti a sé ha solo persone a cui parla in verità. Questo servizio non può non essere colto nel suo intreccio di verità e carità, e rimane vivo e libero da qualsiasi possibile strumentalizzazione di parte. Esso è illuminato dalla luce di Cristo e, nel contempo, dalla consapevolezza che «la ragione e la fede collaborano (…), indica la grandezza dell’uomo, ma anche la sua miseria quando egli disconosce il richiamo della verità morale» (Caritas in veritate, n. 75). D’altro canto, come Vescovi, avvertiamo necessaria una costante e umile verifica della condotta nostra e delle nostre comunità. Dunque, per sua natura, un dialogo serio sulla storia condivisa ci aiuta a praticare un confronto schietto ed a mantenere viva un umile vigilanza anche su noi stessi. Così, esso ci aiuta anche, e non in piccola parte, a praticare e sostanziare quella amicizia cristiana che vuole essere, e storicamente in Italia è stata, soprattutto nei momenti più difficili, cemento di amicizia civile.
   Nell’Etica nicomachea Aristotele ci insegnava che è l’amicizia che tiene insieme le città. Ecco, noi, come Chiesa, non ci sentiamo estranei a questa idea ed a questa esperienza. Cerchiamo di viverla, sia come fedeltà che come riforma, ed in ciò proviamo a spendere tutti il nostro amore, che in Gesù è amore a Dio ed amore all’uomo.
  Il fare memoria critica della storia non esaurisce certo il nostro impegno, ma  contribuisce a predisporci all’opera di un futuro da condividere, che è opera cu la Chiesa è chiamata in quanto segno e strumento, allo stesso tempo, «dell’intima unione con Dio» e «dell’unità del genere umano».

 

Dalla CEI - Conferenza Episcopale Italiana, Documento sull'Italia e il meridione

Giriamo all'interno dell'Università un recente documento della Conferenza Episcopale Italiana

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Silvio Berlusconi


CEI, La Chiesa in Italia
e la questione meridionale

Le parole chiave di questo Documento sono "questione meridionale", "federalismo", "classe dirigente", "soggetti del proprio sviluppo"

bagnasco.jpg (8667 byte)Angelo Bagnasco

Cei – Conferenza Episcopale Italiana.
D
Documento dell'Episcopato italiano, 24 feb 2010
Clicca su: http://www.chiesacattolica.it/
Voce: Documenti ufficiali

1. La Chiesa in Italia e la questione meridionale
A vent’anni dalla pubblicazione del documento Sviluppo

nella solidarietà.

  Chiesa italiana e Mezzogiorno, vogliamo riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d’Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all’attenzione della comunità ecclesiale nazionale, nella convinzione «degli ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale […] alla luce dell’insegnamento del Vangelo e con spirito costruttivo di speranza» .
Torniamo sull’argomento non solo per celebrare l’anniversario del documento, né in primo luogo per stilare un bilancio delle cose fatte o omesse, e neppure per registrare con ingenua soddisfazione la qualificata presenza delle strutture ecclesiali nella vita quotidiana della società meridionale, ma per intervenire in un dibattito che coinvolge tanti soggetti e ribadire la consapevolezza del dovere e della volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese. Nel 1989 sostenemmo: «il Paese non crescerà, se non insieme» . Anche oggi riteniamo indispensabile che l’intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle singole parti .
Ci spingono a intervenire la constatazione del perdurare del problema meridionale, anche se non nelle medesime forme e proporzioni del passato, e, strettamente connessi, il nostro compito pastorale e la responsabilità morale per le Chiese che sono in Italia. A ciò si aggiunge la consapevolezza della travagliata fase economica che anche il nostro Paese sta attraversando. Questi fattori si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un’evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l’inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori. Non si può, infine, tralasciare la trasformazione della religiosità degli italiani che, pur conservando un carattere popolare, fortemente radicato soprattutto nel Sud, conosce processi di erosione per effetto di correnti di secolarizzazione.

Affrontare la questione meridionale diventa in tale maniera un modo per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi e sul cammino delle nostre Chiese. Tanti sono gli aspetti che si impongono all’attenzione: anzitutto il richiamo alla necessaria solidarietà nazionale, alla critica coraggiosa delle deficienze, alla necessità di far crescere il senso civico di tutta la popolazione, all’urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti. Questi aspetti rendono difficile farsi carico della responsabilità di essere soggetto del proprio sviluppo. Sul versante pastorale, vogliamo anche cogliere l’occasione per incoraggiare le comunità stesse, affinché continuino a essere luoghi esemplari di nuovi rapporti interpersonali e fermento di una società rinnovata, ambienti in cui crescono veri credenti e buoni cittadini. A richiamare, poi, la nostra attenzione - e non per ultime - sono le molteplici potenzialità delle regioni meridionali, che hanno contribuito allo sviluppo del Nord e che, soprattutto grazie ai giovani, rappresentano uno dei bacini più promettenti per la crescita dell’intero Paese.
Facciamo appello alle non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità ecclesiali del Sud, a una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarietà che devono provenire dall’Italia intera nell’articolazione di una sussidiarietà organica. La prospettiva della condivisione e dell’impegno educativo diventa in questa ottica l’unica veramente credibile ed efficace.

Nino Luciani, Come avere una "classe dirigente" ?
Serve una nuova legge elettorale ..., e serve anche (per subito) il buon comportamento personale di rispetto delle regole sui rapporti tra le istituzioni dello Stato. E serve la riforma della magistratura

 1.- Classe dirigente. Riprendo, tra le parole chiave, quella che presuppone le altre, nel senso che, senza "classe dirigente", non si va da nessuna parte.
  a) Il punto di maggior debolezza è, per me, la legge elettorale, che non permette una adeguata selezione della classe dirigente. A quando una legge elettorale, con un Premier, a elezione diretta popolare, magari preceduta da una pre-selezione regionale ? E con un Parlamento con legge proporzionale, su base nazionale, ma con sbarramento del 10% dei voti ? In Italia il bipolarismo è prematuro, come si è visto da un recente referendum, ma la strada va preparata.
  b) Ma sembrerebbe anche che un altro punto di debolezza sia il non avere un buon livello generale "professionale" dei politici.

  Attualmente l'effetto più distruttivo di questa mancanza di professionalità "politica" è il conflitto tra potere esecutivo e  magistratura della giustizia, senza più il rispetto delle regole dei rapporti tra le istituzioni. Eppure, la vecchia saggezza biblica ci aveva detto: "Serba ordinem et ordo servabit te".
   Non va confusa la conflittualità tra organi dello Stato, con la dialettica tra Maggioranza e Opposizione parlamentare, e tra le parti sociali, e tra i movimenti di opinione. Questa rientra nella normalità della democrazia e dei relativi strumenti di comunicazione sociale.
  Poi, altra cosa sono i processi nei tribunali, altra cosa sono i processi giornalistici, in TV, senza garanzie di contradittorio tra le parti, per il pubblico divertimento sulle spalle altrui. I tempi dei gladiatori, al Colosseo, non erano finiti ?


2.- L'unità dello Stato non ammette conflitti tra istituzioni. Sotto il profilo della definizione, lo Stato è unitario, pur se le sue funzioni sono ripartite tra organi "separati". Per risolvere il problema del conflitto giornaliero tra Governo e Magistratura, facendo affidamento sulle persone, basterebbe riportarsi ai due compiti primari della magistratura:
a) "ne cives ad arma ruant";
b) attuare la giustizia secondo la legge.
  Pur in caso di carenza del secondo, dovrebbe comunque prevalere il primo. Quante volte, ogni giorno, ognuno di noi manda giù qualche rospo, per evitare complicazioni maggiori !
  Invece, siamo afflitti tutti i giorni da un Presidente del Consiglio che si incozza con la Magistratura (e viceversa, pur se sotto il manto "candido" del dovere applicare la legge).
  Come può la magistratura operare "ne cives ad arma ruant", se il Presidente la prende di petto ogni giorno ?

3.- Però il problema della giustizia va affrontato. Ma la prevalenza del primo compito, sul secondo, non deve fare chiudere gli occhi sulle carenze dei Giudici (lentezza dei processi, politicizzazione di alcuni giudici, selezione inadeguata dei giudici).
   L'organo abilitato a riportare ad unità le cose è il parlamento, insieme col Governo.
   Non c'era in Parlamento una legge già approvata, durante il precedente Governo Berlusconi, e che Mastella fece sospendere all'ultimo momento ?
  Su questo, il Ministro Alfano, anzichè essere "più realista del re", potrebbe ri-presentare in Parlamento quella riforma e farlo pensando alla giustizia per un uomo comune, anche per Berlusconi, ma per quando non sarà più Presidente del Consiglio
.
  Per evitare le gaffe più frequenti dei nostri giudici, sarebbe urgente una disposizione che dica che "nessuna ipotesi di reato, compreso l'avviso di garanzia, può avere corso se non è ratificata da un collegio di tre giudici, a maggioranza".   NL

 


EDIZIONI PRECEDENTI

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L'attentato a Berlusconi è la punta dell'iceberg dell'ingorgo dello Stato.
ADESSO  BERLUSCONI  DEVE  AFFRONTARE  L'ICEBERG, SOTT'ACQUA

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Silvio Berlusconi

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N. LUCIANI*

La cartina di tornasole per Berlusconi è colpire la  "grande corruzione",
    che ha radici nella "spesa pubblica". Tagli queste radici ...
- Un'occhiata alla crisi finanziaria della Francia, sotto rivoluzione de 1789.
- Anche un'occhiata alle "cose che di possono fare per la giustizia",
  secondo Vincenzo Carbone, Primo Presidente della Corte di Cassazione.

* Prof. ordinario di Scienza delle Finanze nell'Università di Bologna

Giorgio Spini, La crisi finanziaria e la società francese, 1789*.
 * Stralcio da: Disegno storico della civiltà italiana, Vol. III, Cremonese editore, Roma, 1958, p.

    "Il caos raggiungeva l'apice nel campo della pubblica finanza. Per le guerre affrontate durante tutto il secolo XVIII e per le spese esorbitanti della corte, i monarchi francesi avevano dovuto imporre forti contributi ai propri sudditi. Ma poiché nobiltà e clero erano esenti o quasi da imposte, tutto il carico fiscale si riversava sul resto dei cittadini o Terzo Stato. Per di più l'apparato fiscale era così corrotto, che buona parte del denaro versato dal contribuente non raggiungeva le casse dello Stato, ma si perdeva nelle tasche degli appaltatori dell'esazione dei tributi. E quindi, benché l'esazione risultasse estremamente gravosa per il contribuente e fosse condotta con metodi addirittura barbarici, la corona non arrivava mai ad avere mezzi a sufficienza e doveva perciò ricorrere a prestiti di banchieri privati, che approfittavano della corruzione della burocrazia per esigere interessi altissimi, aggravando il marasma finanziario dello Stato. Pur così prospera economicamente, la Francia dal punto di vista finanziario, era ai limiti della bancarotta. (Continua: Giorgio Spini )
Vincenzo Carbone, Le cose che si possono fare per la giustizia*.
Stralcio del par. VI, dalla "Relazione sulla amministrazione della Giustizia nell'anno 2009" del Primo Presidente della Corte di Cassazione". Omesse note e tabelle.

 1) Auto-organizzazione e capacità
di gestione: “competenza” e “diligenza” del Magistrato
.  A cominciare da quello che possiamo fare già a normativa vigente: migliorare l’organizzazione e ottimizzare l’attività tenendo conto dei risultati raggiunti in alcune sedi, le cd. best-practices.   Se il servizio-Giustizia ha certamente le sue peculiarità, sarebbe un errore trascurare, come troppo spesso è stato fatto in passato, i rilevanti profili attinenti alla efficienza, all’efficacia e alla economicità e alla organizzazione, che in questo accomunano gli uffici giudiziari agli altri uffici pubblici che rendono “servizi pubblici” diversi (ma, in questo, analoghi) dal servizio-Giustizia.   La soluzione del “ problema dei problemi” che affligge il nostro sistema giudiziario, dato dalla necessità di ridurre i tempi processuali, richiede certamente riforme di ordine strutturale, che involgono la distribuzione delle risorse umane e materiali sul territorio, l’architettura del
(Continua: Vincenzo Carbone )

Nino Luciani, Sotto la punta dell'iceberg, all'origine dello attentato a Berlusconi, ...

1.  La premessa: la "grande corruzione" in Italia nasce dalla "grande spesa pubblica". L'attentato a Berlusconi (13 dic. 2009) è solo il segnale più appariscente dell'ingorgo dello Stato, da 20 ormai (1992, Governo Amato), e che prende nome di crisi del commercio estero, intasamento della giustizia, taglio delle spese per l'università e la ricerca, crisi finanziaria dello Stato. Attualmente, non è più solo questione di una pressione fiscale arrivata al 43% del PIL (30% nel 1960) e di un debito pubblico arrivato al 118% del PIL (29% nel 1960), ma anche di uno Stato che non paga i propri fornitori (si discorre di 60-70 miliardi di euro), con arretrati finanche di 2 anni e rischi di insolvenza, che evocano quelli della Grecia.
  Come è possibile che lo Stato, pur manovrando un fiume immenso di danaro, si sia ridotto a non pagare i fornitori?
  La risposta semplice è che dentro la "grande spesa" pubblica si annida la grande corruzione, frutto della complicità tra Stato e Industria, per la spartizione del denaro pubblico. La la modalità è la moltiplicazione artificiale dei costi, inclusivi di tangenti agli uni e

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di super-profitti agli altri per compensarli della complicità. In questo modo il denaro del contribuente, una volta arrivato alle casse dello Stato, viene intercettato e deviato dai "politici del male" verso rivoli "privati".
  Inoltre, sempre dentro lo Stato, c'è l'uso strumentale della Pubblica Amministrazione per la cattura del consenso. La modalità è l'assunzione diretta di personale senza concorso, sulla base della affidabilità partitica, oppure la concessione della gestione di pubblici servizi ad enti esterni (soprattutto cooperative): in questo secondo caso, l'assunzione senza concorso è legale.
  Ci sono anche politici di grande integrità morale, ma sono incatenati se il difetto è nel "sistema".
  2. Brevi riferimenti ai primi correttivi, e alla storia recente dello Stato. Il primo rimedio tentato è stato il finanziamento pubblico dei partiti, poi abrogato nel 1993 da un referendum (votanti 77% degli aventi diritto, 90% dei voti per l'abrogazione), e reintrodotto (1996) sotto forma di rimborso delle spese elettorali ai partiti. Altro rimedio è l'attribuzione di buone remunerazioni ai parlamentari, per liberarli dalle preoccupazioni delle prime necessità (molte per i parlamentari, checchè se ne dica con troppa faciloneria).
   Secondo gli storici dell'economia, il capitalismo moderno (inteso come grande concentrazione di capitali in poche mani private) nasce con le grandi opere pubbliche.
   Queste "deviazioni" si mantengono in limiti relativamente modesti, finchè lo Stato svolge i compiti stretti, propri dello Stato. Essa avrà, invece, un terreno fecondo con l'ampliamento dei compiti dello Stato nel sociale. Nell'Italia moderna la grande svolta è avvenuta nel 1961 con i governi di centro-sinistra (entrata dei Socialisti nel governo, espulsione dei Liberali) e che, in una gradualità, faranno dell'Italia un Paese para-socialista (il peso dello Stato nell'economia passerà dal 30%, nel 1960, al 60% nel 2000 - oggi 55%).
   Nel 1960 fu ritenuto che, grazie al boom economico (1958), l'Italia avesse raggiunto uno straordinario sviluppo industriale, ma che l'aumento del PIL  fosse andato in poche tasche, mentre permanevano ampie aree di sottosviluppo nel mezzogiorno e mancanza di servizi essenziali (scuola, sanità, elettricità) che andavano erogati in modo uniforme in tutte le aree del Paese, per fare dell'Italia un Paese moderno. (Personalmente ho masticato queste cose molto da vicino, perchè il mio primo lavoro fu al CIR-Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, poi divenuto CIPE - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica).
     
  2.- La via per colpire la grande corruzione sta nel taglio della spesa pubblica. Sono tuttora convinto che (quella del 1961) sia stata una scelta storica fondamentale, ma anche che ne sia conseguita una deriva fuori limite, e questo in primo luogo perchè il sistema politico-costituzionale (soprattutto, la mancanza di correttivi, quale l'alternanza tra i partiti in Governi di legislatura) non fu forte abbastanza da incanalare gli eventi. Il detto di G. ANDREOTTI, secondo cui "il potere logora chi non ce l'ha" è lo specchio massimo della sfacciataggine e dell'incoscienza dell'ultimo periodo di quei governi in Italia. Ma non dimentichiamo che, prima, il massimo dell'arroganza era stata la "teoria della irreversibilità del centro-sinistra", di A. MORO.

  Torniamo agli storici dell'economia. Penso che la grande spesa pubblica sia stata la via della grande corruzione della politica e dell'industria, e che questo abbia aperto la via all'intervento della magistratura nella politica italiana.
  Ma sono passati anni, e tuttora l'onda della giustizia non appare rientrare in limiti normali, segno evidente di un perdurante sovraccarico di lavoro. Per sbloccare, dobbiamo raddoppiare il numero dei magistrati ?
   Bisogna distinguere i casi personali, dal problema di massa. Sui casi personali, la giustizia deve fare il suo corso.
   Invece sul problema di massa, occorre fermarsi un attimo. Raddoppiare lo sforzo punitivo ci metterebbe sulla stessa deriva, in cui si imbattè l'Unione Sovietica.

   Per spiegare questo, va fatto passo indietro. Nei sistemi a pianificazione centralizzata, manca l'incentivo personale (tipo, il profitto che c'è nelle imprese del mercato), per ottimizzare l'efficienza. Là gli obiettivi sono dettati dall'Ufficio di pianificazione, le strutture produttive sono organizzate in base a parametri standard, gli strumenti di attuazione degli obiettivi sono soprattutto le pene per i non ottemperanti. Non occorre ricordare le lacrime e sangue di quei regimi.
  Torniamo alla corruzione in Italia. Raddoppiare i magistrati ci metterebbe in una deriva, tipo Unione Sovietica, anche perchè, se essa viene dalla spesa pubblica, l''uso "deviato" della spesa pubblica sarà senza fine. In questo senso, il male va aggredito riportando la spesa pubblica in limiti più normali per l'Italia (penserei ad una spesa pubblica da ricondurre al 40-45% del PIL, in luogo dell'attuale 55%), concentrando l'azione dello "Stato sociale" sulle cose veramente importanti e necessarie (scuola, università, sanità, giustizia).
  Ma ci dovrà essere anche qualche ritocco costituzionale, inclusa la rivisitazione dell'uso del concorso pubblico per l'assunzione di personale. Esso dovrà essere assoluto sia nella Pubblica Amministrazione, statale e locale (art. 97, Costituzione), ed essere esteso agli enti "privati" nei quali la partecipazione pubblica, al capitale, sia maggioritaria.

 3.- Ma nessuna illusione, sarà un compito difficile. Non è facile abbattere la spesa pubblica. Il "segreto" per realizzarala non è abbattere i servizi della Pubblica Amministrazione, ma privatizzarli, e questo richiede una gradualità.
   Già il secondo Governo Berlusconi aveva assunto impegno di abbassare la spesa pubblica e, di conseguenza, le tasse. Ma non vi è riuscito. Poi ci ha provato Prodi, e siccome è più facile (per sanare il bilancio) aumentare le tasse, che ridurre le spese (anche perchè le une sono ripartite proporzionalmente tra molte persone, e toccano i sacrifici marginali; invece le spese hanno un nome e cognome, e i loro tagli suscitano subito violente reazioni), egli ha scelto la prima strada. Ma storicamente era una strada antistorica, e ha pagato elettoralmente, prima, e in parlamento, poi.
   Abbiamo un nuovo Governo Berlusconi, ancora per ridurre la spesa pubblica. Vi riuscirà ? Il problema è se ha capito il "segreto" (privatizzazioni). Poi c'è il problema se il suo elettorato lo seguirà.
   Esso è fatto di coloro che si sono arricchiti, dal 2001 in qua, e che non vogliono arretrare. I fornitori di beni allo Stato e agli enti locali storcerebbero il naso. Ma nei liberi professionisti, commercianti, grande pubblico c'è l'attesa della conseguente riforma fiscale (livello e struttura delle imposte).
   C'è dell'altro. Quella lotta all'evasione fiscale, così accanita, del governo Prodi, ha fatto tremare quell'elettorato, perchè essa null'altro era che la rivendicazione (da parte della sinistra) di una fetta della torta andata agli imprenditori (Berlusconi incluso?) dalla spartizione del danaro pubblico o comunque dalla Pubblica Amministrazione, sia pur legittimamente.
  Torniamo all'attentato. Cos'altro è, ancora oggi, la guerra a Berlusconi se non, ancora, la coda di quella rivendicazione del presunto "mal tolto" ?  Poi,... i motivi si trovano sempre.
   Tutt'altro problema è la riforma della Giustizia. E' un vecchio problema, che va ben oltre Berlusconi-persona, perchè è collegato al fatto che, cronicamente, la Giustizia italiana è molto "ingiusta" sia nei confronti dei "giusti" (per tardività), sia nei confronti dei colpevoli, perchè il ritardo li favorisce.
  Anche un'occhiata alla crisi finanziaria della Francia, sotto rivoluzione (1789). Sono convinto che andiamo incontro a tempi ulteriormente difficili. Riporto qui a fianco un passo dello storico Giorgio Spini, che ci racconta la situazione finanziaria della Francia, sotto la rivoluzione (1789). Vi ho trovato qualche analogia con l'Italia di oggi. Ma c'è chi pensa che "erano altri tempi e altre situazioni", e poi ... che "oggi siamo sotto la tutela della U.E." . N.L.

 Giorgio Spini, Disegno storico della civiltà italiana, Vol. III, Cremonese editore, Roma, 1958, p.
   
(continua)  L'unico rimedio a questo stato di cose consisteva in una radicale riforma delle strutture politiche e sociali del paese. La convinzione della necessità indilazionabile di una tale riforma cominciava ormai a penetrare in seno agli stessi ordini privilegiati del clero e della nobiltà, portando in essi una profonda divisione fra i sostenitori di quell'andazzo tradizionale di cose, che una fortunata espressione doveva battezzare in seguito come l'Ancien Régime per antonomasia, ed i partigiani delle nuove idee di eguaglianza, di umanità e di libertà, seminate dall'Illuminismo.
   Da secoli la nobiltà francese era divisa fra i nobili di spada, discendenti dalle casate feudali, e i nobili di toga francese, composti dagli alti magistrati dello Stato, soliti a trasmettersi di padre in figlio i propri uffici e le prerogative nobiliari ad essi connesse. E da secoli, inoltre, era tradizionale nella nobiltà di toga l'insofferenza per gli arbìtri della corona e le dissipazioni della corte.
   Tutt'altro che cordiali erano però anche i rapporti fra la grande nobiltà divoratrice insaziabile di prebende, e la piccola nobiltà delle province, ovvero la massa dei cadetti dell'aristocrazia, esclusi dalla successione a favore dei primogeniti, e costituenti quindi una vera e propria plebe nobiliare, ròsa dalla miseria e dallo scontento. A spingere, infine, una quantità di nobili nel campo dei novatori avevano contribuito la propaganda degli illuministi, accolta con applauso negli stessi salotti aristocratici, e l'esempio suggestivo della vicina monarchia costituzionale d'Inghilterra o della repubblica degli Stati Uniti, per cui più di un nobile francese - come il marchese di Lafayette e i fratelli De Lameth - era accorso a combattere nella guerra d'Indipendenza.
   Non meno divisi erano gli ecclesiastici, fra l'alto clero, reclutato nell'aristocrazia e con questa solidale nelle idee e negli interessi, e il basso clero, quasi sempre reclutato nel Terzo Stato, che di esso condivideva tutte le miserie e gli aneliti di giustizia. Né spente infine erano le secolari dispute fra i Gesuiti e i Giansenisti, ovvero fra gli Ultramontani, sostenitori dell'assoluta potestà del papa, e i Gallicani, fautori dell'autonomia del clero francese, da Roma.
   Di fronte a meno di 300.000 privilegiati, stava invece la massa enorme del Terzo Stato, unanime nel proprio sdegno e nella propria richiesta di riforme. Di esso il grosso, dal punto di vista numerico, era formato dai contadini, la vera bestia da soma della società francese, su cui tutti i più pesanti carichi venivano a gravare, dalle imposte del re alle decime del clero, dai censi alle corvées della nobiltà. A causa appunto di questo sfruttamento, i campagnoli francesi conducevano una vita in genere assai grama, quantunque fossero passati, quasi dovunque, dallo stato di servi della gleba a quello di liberi affittuari. Universale, pertanto, ne era lo spirito di ribellione e il desiderio di raggiungere un tenore di vita più sopportabile, mediante la propria trasformazione, da fittavoli della nobiltà, in proprietari della terra lavorata.
  Misere erano anche le condizioni degli operai e degli artigiani. Nel Settecento, tuttavia, erano rare le grandi fabbriche, e, quindi, la maggior parte degli operai si trovava sparpagliata in una infinità di piccole imprese semi-artigianali e tale dispersione, unita alla mancanza di tradizioni politiche e di organizzazione del proletariato francese, faceva sì che minimo ne fosse il peso nella vita pubblica. In pochi centri soltanto, come Parigi, esistevano notevoli masse operaie, capaci all'occasione di far sentire la propria voce attraverso violente agitazioni di piazza. .
   Di tutto il Terzo Stato, dunque, la parte più colta, politicamente matura ed insieme più influenzata dall'esempio anglo-americano e della idee illuministiche, era la borghesia degli affari e delle professioni liberali. Attiva, intraprendente, non di rado assai ricca, essa era al tempo stesso sufficientemente colpita nei propri interessi dall'anacronistico sistema politico-sociale vigente e sufficientemente forte e preparata per reagire. Proprio alla borghesia (corrispondente, oggi, all'elettorato più affezionato a Berlusconi - N.d.R.), pertanto, doveva spettare l'iniziativa piú vivace del movimento rivoluzionario e della sua guida politica."

 

Vincenzo Carbone, Le cose che si possono fare per la giustizia
Per il testo integrale della Relazione, clicca su: http://www.cortedicassazione.it/DocumentiPrimaPag/InaugurazioneAG/InaugurazioneAG.asp

(continua) sistema processuale che oggi consente la generalizzata esperibilità dei diversi mezzi di gravame, la realizzazione del processo telematico e, più in generale, la diffusione in tutte le sedi giudiziarie delle moderne tecnologie, per citare solo alcuni dei possibili ambiti di intervento.
   I modelli organizzativi devono valorizzare il "principio di responsabilità" del giudice. Occorre ripensare alle ragioni che costituiscono il fondamento e la giustificazione del ruolo del giudicante: costui non solo deve esercitare la facultas ius dicendi , decidendo le singole controversie sottoposte al suo esame in applicazione della legge; il Giudice deve anche essere consapevole di erogare un servizio essenziale ai cittadini, servizio che deve essere reso in tempi ragionevoli, secondo i bisogni della moderna società civile. Ogni ingiustificato ritardo nella definizione della controversia, oltre a produrre dei costi economico-sociali, ha, infatti, una ulteriore, immediata e negativa ricaduta su di un bene fondamentale: la fiducia che la collettività ripone nel corpo magistratuale. La responsabilità del Magistrato, nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, non si limita al contenuto della decisione, ma deve involgere anche la qualità del servizio reso, nel senso di preservare la fiducia tra i cittadini e la magistratura, bene prezioso che il mondo anglosassone individua con l'icastica espressione public confidence. La percezione che della giustizia ha ogni singolo cittadino rappresenta di per sé un valore e deve essere adeguatamente tutelata da ogni " operatore del diritto". Le norme di riferimento sono gli artt. 97 (sul "buon andamento") e 111 Cost. (laddove stabilisce che la legge assicura la " durata ragionevole" del processo), nonché l'art. 47- quater dell'ordinamento giudiziario, cui ora si aggiunge l'art. 47 della Carta dei diritti contenuta nel Trattato di Lisbona. La "ragionevole durata" del processo prevista dall'art. 111, comma 2, Cost. è oggi ribadita nell'attuale art. 47 della Carta dei diritti, che ha "lo stesso valore giuridico dei Trattati", con il riconoscimento che sussiste il diritto di ogni persona ad un ricorso effettivo "esaminato equamente, pubblicamente entro un termine ragionevole" da un Giudice imparziale. L'obbligo della "durata ragionevole" del processo, quindi, sorto come principio innovativo della CEDU, introdotto nell'ordinamento italiano come elemento portante del "giusto processo" (art. 111, commi 1 e 2, Cost.), assurge oggi a principio fondamentale del sistema giuridico europeo, con tutte le ulteriori conseguenze e ripercussioni che ciò potrà comportare. Ebbene, proprio il contenuto dei compiti organizzativi e di vigilanza che la legge ordinamentale assegna al presidente di sezione evidenzia che ogni singolo Giudice è destinatario di un preciso dovere di cooperazione, rispetto alla funzionalità dell'ufficio giudiziario di appartenenza. Il Giudice ha il dovere di curare adeguatamente l'organizzazione del proprio lavoro - la c.d. agenda del Giudice - secondo modelli gestionali non limitati alla mera attività di udienza od improntati al modello organizzativo-comportamentale di tradizione individualistica. Diversamente, ogni Giudice deve farsi manager di se stesso, consapevole del fatto che la propria attività si inserisce coralmente nel contesto dell'ufficio in cui il medesimo Magistrato si trova ad operare. Il Giudice interagisce, infatti, nell'ambito di una rete istituzionale plurale di relazioni (si pensi ai rapporti con i pool investigativi, alle conferenze di servizi con i cancellieri, ai protocolli con gli Ordini professionali ed alle intese con altri ausiliari). La funzionalità del servizio richiede che ogni Giudice coordini consapevolmente la propria attività con quella dei colleghi, delle parti, del personale amministrativo. La diffusione capillare della cultura dell'organizzazione non solo ha una immediata positiva ricaduta sulla funzionalità del sistema giudiziario; essa rappresenta per il singolo Giudice un preciso valore aggiunto, in termini di qualificazione professionale. Solo organizzando adeguatamente la propria attività nei termini ora accennati il Giudice può verificare costantemente il rapporto tra sopravvenienze e cause definite, affrontare le emergenze di settore, assicurare decisioni in tempi solleciti, salvaguardandone la qualità tecnica e la adeguatezza motivazionale. Occorre, sul punto, considerare che a seguito delle recenti riforme ordinamentali la capacità organizzativa costituisce un proprium del bagaglio professionale del Magistrato. L'art. 11, d.lgs. n. 160/2006, nel delineare i parametri che vengono in rilievo nella valutazione della professionalità dei magistrati espressamente richiama, oltre alla preparazione giuridica ed al relativo grado di aggiornamento, in relazione alle funzioni concretamente esercitate, il "possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione all'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio ovvero alla conduzione dell'udienza da parte di chi la dirige o la presiede, all'idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l'apporto dei collaboratori e degli ausiliari". E la Circolare consiliare n. 20691/2007, recante Nuovi criteri per la valutazione di professionalità dei magistrati a seguito della legge 30 luglio 2007, n. 111, ha inserito tra gli indicatori della capacità professionale l'< attitudine del Magistrato ad organizzare il proprio lavoro. L'ordinamento stabilisce che il Magistrato può essere chiamato a rispondere in ragione dei " risultati " della propria attività, sotto il profilo disciplinare, oltre che civile e contabile. In altri termini, coerentemente rispetto alla descritta cornice ordina mentale, il legislatore ha attribuito una specifica rilevanza anche ai " risultati" dell'attività giudiziaria svolta dal singolo Magistrato, incidenti sul piano della funzionalità dell'ufficio, trattandosi di evenienze discendenti dal mancato rispetto dei predetti obblighi di diligenza organizzativa che rientrano nel complessivo profilo professionale del giusdicente. Ed invero, il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni costituisce illecito disciplinare, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. q), del d. lgs. n. 109/2006. Oltre a ciò, il medesimo art. 2, d.lgs. n. 109/2006, con specifico riferimento ai dirigenti degli uffici, ai presidenti di sezione o di un collegio (comma 1, lett. dd), sanziona disciplinarmente l'omessa comunicazione agli organi competenti di fatti che possono costituire illecito disciplinare compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio. Si può, quindi, affermare che l'inefficienza del singolo Magistrato refluisce anche verso i dirigenti giudiziari, i quali vengono sanzionati per l'omessa segnalazione di fatti di rilievo disciplinare compiuti dai magistrati dell'ufficio, atteso che, come ora considerato, tra le condotte deontologicamente rilevanti, si rinviene il ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni giurisdizionali. Le disposizioni in tema di responsabilità disciplinare dei dirigenti giudiziari confermano, allora, la fondatezza dei rilievi sopra svolti circa la necessità di superare sistemi organizzativi di tradizione individualistica, per approdare ad un modello di ufficio giudiziario, nel quale l'attenzione venga posta sulla funzionalità del servizio reso ai cittadini e quindi sui " risultati" che il sinergico intervento dei singoli magistrati consente in concreto di garantire. Sotto il profilo della responsabilità contabile, deve poi ricordarsi la disposizione di cui all'art. 5, L. n. 89/2001, c.d. legge Pinto, ove si prevede che il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, in caso di accertata violazione del termine ragionevole di durata del processo, venga comunicato al procuratore generale della Corte dei Conti " ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità", nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento. Anche detta disposizione induce a ritenere che l'ordinamento ponga a carico del Magistrato una precisa clausola generale di responsabilità per la qualità del servizio giudiziario reso, responsabilità da declinarsi sotto i diversi profili - disciplinare o contabile - ora esaminati. Deve rilevarsi che i principi ora richiamati in tema di " responsabilità del Giudice" per i " risultati " dell'attività giudiziaria trovano espresso riscontro in diverse fonti sovranazionali. L'art. 6, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali , firmata a Roma il 4 novembre 1950, riconosce, invero, il diritto di ogni persona ad un processo equo, celebrato in un " tempo ragionevole", da parte di un tribunale indipendente ed imparziale. Si osserva poi che l'art. 6, comma 1, del Trattato sull'Unione europea - nella versione consolidata a seguito delle modifiche introdotte dal Trattato approvato a Lisbona il 13 dicembre 2007 - stabilisce che " l'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo steso valore giuridico dei trattati ". E l'art. 47 della richiamata Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, corrispondente al contenuto dell'art. 6, par. 1, della Convezione EDU, riconosce il diritto di ogni persona " a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge". Le disposizioni ora richiamate collocano sistematicamente il diritto ad un processo equo tra i diritti fondamentali della persona e consacrano il principio in forza del quale la domanda di Giustizia deve necessariamente essere evasa in un tempo ragionevole: perciò può fondatamente affermarsi che justice delayed is justice denied. Conseguentemente, le richiamate disposizioni vieppiù giustificano la diretta responsabilità del Magistrato per la qualità del servizio erogato nei confronti dei cittadini, trattandosi di un servizio immediatamente incidente sui diritti fondamentali delle persona. Occorre, altresì, considerare che l'attenzione da parte di ogni Giudice ai problemi organizzativi della propria attività, anche in relazione alle possibili ricadute sulla " immagine" di efficienza del sistema giudiziario complessivamente inteso, rappresenta uno " standard etico" che caratterizza l'attività dei singoli giudici - e quindi l'azione della magistratura - generalmente condiviso nelle moderne democrazie: si richiamano, al riguardo, i noti " Principi di Bangalore". Nei noti "principi di Bangalore", il Giudice ha il dovere non solo di essere "imparziale e indipendente" ma anche, con la stessa intensità, "competente" e "diligente", cioè "preparato in diritto" e "capace di risolvere problemi organizzativi". I principi di Bangalore, ed il relativo Commentario, sono stati elaborati dal Gruppo giudiziario per il rafforzamento dell'integrità dei giudici (JGSJI), operante in seno alle Nazioni Unite. L'elaborazione dei Principi di Bangalore è maturata nell'ambito della specifica azione di contrasto alla corruzione giudiziaria svolta dall'ONU ed è avvenuta in un ambiente di common law. Non di meno, i Principi ambiscono ad assurgere a punto di riferimento, di natura sovra-nazionale, per la deontologia giudiziaria ed anche per la codificazione, in sede nazionale, delle ipotesi di responsabilità disciplinare dei magistrati. Ai fini di interesse, si rileva che tra i Principi inseriti nel c.d. Codice di Bangalore si rinvengono la Competenza e la Diligenza del Giudice. Nel Commentario al Codice di Bangalore si chiarisce, in particolare, che la " diligenza" involge anche la capacità del Giudice di risolvere i problemi relativi all'organizzazione delle risorse umane e materiali di cui l'ufficio dispone; si sottolinea che nell'ambito della propria formazione permanente il Magistrato deve specificamente curare gli aspetti relativi all'organizzazione degli uffici giudiziari; e si evidenzia che il Giudice deve adoperarsi per garantire effettività al principio della durata ragionevole del processo. A quest'ultimo riguardo nel Commentario ai Principi di Bangalore si dichiara espressamente: che il Giudice deve depositare i propri provvedimenti senza ritardo; e che deve farsi promotore di protocolli che consentano alle parti litiganti di conoscere lo stato di trattazione delle cause e dei prevedibili tempi di definizione. Le considerazioni ora svolte evidenziano che viene delineandosi un sistema normativo integrato di fonti capace di coniugare principi presenti nei diversi ordinamenti giuridici nazionali - e che trova espressione in documenti internazionali - fondati sul comune intento di garantire effettiva tutela ai diritti fondamentali della persona umana, nell'ambito degli ordinamenti democratici. Ciò è particolarmente verificabile con riferimento ai principi del giusto processo e della ragionevole durata dei procedimenti giudiziari, ai quali è intimamente connesso, come si è visto, quello della diretta responsabilità dei giudici rispetto ai " risultati " della attività svolta: è in tale ambito, infatti, che si registra un quadro di modelli concettuali e di soluzioni giuridiche che perseguono il comune obiettivo di garantire ad ogni persona il diritto " a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Giudice indipendente ed imparziale" (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, art. 47, comma II, cit.). Non mancano le prime, spontanee applicazioni. Si indicano alcuni esempi concreti: - "agenda del processo", in cui il Giudice, a seguito della ricognizione della controversia concorda con le parti un percorso processuale differenziato a seconda della tipologia della controversia a valle del tentativo di conciliazione (precisazione delle conclusioni di causa documentale, nomina del consulente in caso di problemi tecnici, prova per testi negli altri casi); - accorpamento dei fascicoli per materia e in considerazione della serialità e, talvolta, della provenienza geografica; - udienze tematiche, evitando quelle di mero rinvio; - uso accorto della condanna alle spese e delle preclusioni processuali; - motivazioni stringate (secondo l'esperienza francese e tedesca), da adottare, per i giudici collegiali, in camera di consiglio; - leale collaborazione con le cancellerie per una efficiente ripartizione del lavoro tra giudici e personale amministrativo; - uso del "diagramma di flusso" (cd. flow chart) negli uffici giudiziari, per monitorare lo stato dei singoli fascicoli, evidenziando i punti - e i soggetti - del procedimento di maggiore sofferenza; - organizzazione informatica del processo e degli uffici.

2) Uno sforzo straordinario per la riduzione dell'arretrato. Urge un "piano straordinario" per l'eliminazione dell'arretrato, separato dalla trattazione della pendenza fisiologica, che "porti a sistema" le best practices, da raccogliere e pubblicare on line. Si potrebbe fornire, così, la massima conoscibilità e diffusione alle "migliori pratiche" che già oggi, se adottate estensivamente, potrebbero migliorare il servizio-Giustizia "a costo zero". Il "piano straordinario" potrebbe anche essere strutturato in maniera differenziata a seconda dei diversi uffici. L'importante è una strategia "mirata": - accorpare le trattazioni per materia o per altri criteri; affidarsi ad appositi collegi-stralcio, o a magistrati volenterosi, che siano disponibili oltre il normale lavoro di ufficio; - fornire adeguata assistenza, come già avviene in altri Paesi, con strutture di supporto e/o giovani la cui attività potrebbe essere equiparata al tirocinio obbligatorio. Si dovrebbero anche immaginare forme di incentivazione, quantomeno sul piano della valutazione di merito. Con una buona sinergia tra organizzazione e giurisdizione, e con una forte collaborazione di tutti i soggetti coinvolti (Corti, CSM, Ministero), si possono raggiungere risultati ambiziosi. Al di là della degiurisdizionalizzazione di procedure, un'inversione di tendenza è possibile anche a legislazione vigente, ma ciò richiede una condizione dove ampia sia la convergenza di tutti gli utenti del servizio. Va considerato che l'"arretrato" non deve confondersi con la "pendenza", ovvero il "magazzino esistente", perché in quest'ultimo sono ricompresi anche i procedimenti iscritti il giorno prima, che rientrano nella pendenza "fisiologica". Nel settore civile, già adesso, con gli opportuni investimenti nel settore informatico, è possibile realizzare la informatizzazione delle procedure per i decreti ingiuntivi e per le cause seriali; è possibile una gestione separata delle cause che hanno come parte processuale i c.d. "grandi utenti", (INPS, INAIL, etc.). L'arretrato va affrontato e gestito secondo una pluralità di criteri, sistematicamente coordinati, che non sono soltanto quello temporale, ma anche quello per materia, per collocazione geografica, per tipologia di azione, per stato del processo, etc., facendo ricorso a qualsiasi elemento utile per accorpare la trattazione dei casi analoghi. Inoltre, il problema dell'efficienza e dell'efficacia del lavoro degli uffici giudiziari, cui si lega quello dei carichi esigibili, è ricchissimo di sfaccettature. Infatti investe: a) un problema di rapporto con gli standard di rendimento; b) il problema dei tempi di svolgimento dei processi; c) quello dei tempi di deposito dei provvedimenti; d) quello dei profili disciplinari che possono avere rilievo a causa di situazioni di carico insostenibile; e) quello dell'immagine della giurisdizione dinanzi ai cittadini, dinanzi alle istituzioni nazionali, dinanzi alle istituzioni europee.

Particolare attenzione va dedicata al riassorbimento dell'arretrato presso la Corte di Cassazione. La selezione dei processi cui assicurare una trattazione adeguata alla funzione nomofilattica, è prioritaria. Occorre, però, distinguere tra processo civile e penale, perché in Cassazione quest'ultimo risponde ai canoni del giusto processo ed è definito in un tempo ragionevole, pur se è costretto a scontare le criticità dei gradi di merito. In penale, il ruolo della Settima Sezione si sta rivelando fondamentale con la realizzazione di veri uffici spoglio presso le singole sezioni, una rotazione tra i magistrati addetti alla Settima, in modo da evitare inutili duplicazioni di letture processuali, e creare posizioni di disaffezione lavorativa. Ha trovato adesso una disciplina legislativa anche la struttura che è stata realizzata per l'esame preliminare dei ricorsi civili. È un intervento che ha suscitato anche dubbi e perplessità. Rimane essenziale evitare quegli errori che hanno ritardato la messa a regime della Settima penale, sovrapponendo i problemi risolubili attraverso l'interpretazione giurisprudenziale con quelli strettamente organizzativi. Importante rimane la valorizzazione del sistema di governo orizzontale della Corte, per adeguare la sua organizzazione ai compiti, con il coinvolgimento dei Presidenti non titolari nell'organizzazione della sezione, per la formazione dei ruoli d'udienza, per l'individuazione dei filoni seriali delle cause, per la fissazione e trattazione di cause collegate. Per questo occorrono anche spazi di agibilità nell'ufficio. Con queste condizioni il servizio Giustizia può funzionare. Queste affermazioni trovano riscontro proprio dall'esperienza maturata in Cassazione, dove una situazione di grave sofferenza della giurisdizione è stata resa compatibile con gli standard del giusto processo. Facciamo parlare i dati di un caso esemplare: quello della seconda Sezione penale. Con la sinergia di un (moderato) rafforzamento del contingente di magistrati, della cancelleria e della logistica, una robusta pianificazione centralizzata in stretto raccordo con la presidenza della Cassazione, una riorganizzazione dell' "ufficio spoglio" e soprattutto la richiesta di sforzi straordinari a tutti (anche con doppi collegi nella stessa giornata, per definire quanto più possibile in un'unica udienza, protratta fino a tarda sera), entro aprile 2010 l'arretrato della sezione (7.000 cause nel 2008) sarà completamente smaltito e, dopo l'intervento straordinario, il tempo stimato tra l'arrivo in sezione e la celebrazione di un processo è ridotto da cinque anni a cinque-sei mesi. La celebrazione di un processo giusto in tempo ragionevole è una realtà. Alla fine di ottobre 2008 la Seconda sezione penale presentava una capacità di risposta alla domanda di Giustizia assolutamente deficitaria: 6914 processi pendenti, tra cui alcune centinaia pervenuti nel 2004 e non ancora fissati per il dibattimento, un organico di magistrati ridotto a 12 rispetto ai 22 previsti, una cancelleria incapace di fare fronte ad una simile emergenza per difficoltà operative ed insufficienza di personale addetto, una percentuale di processi rinviati per nullità delle notifiche pari al 25%, un ruolo dell'Ufficio spoglio insoddisfacente rispetto alla potenziale utilizzazione della Settima sezione; soltanto una percentuale inferiore al 25% dei ricorsi spogliati veniva infatti trasmessa per la declaratoria d'inammissibilità. Questa situazione è stata affrontata con una serie di provvedimenti che in modo sinergico sono confluiti verso l'obiettivo comune di un giusto processo in tempi ragionevoli. È stato cioè elaborato un progetto di intervento condiviso dalla Prima Presidenza, dal Presidente di sezione e da tutti i consiglieri e dal personale amministrativo, con la consapevolezza che, in ogni caso, a tutti sarebbe stato richiesto, seppur per un tempo limitato, circa un anno, uno sforzo straordinario. Il primo intervento ha riguardato il riallineamento dell'organico dei magistrati della sezione e quello del personale amministrativo, con l'assegnazione di ulteriori dieci consiglieri e di un presidente non titolare (organico 22 consiglieri e 2 presidenti) e la copertura del posto della dirigente amministrativa, l'assegnazione di alcuni elementi amministrativi in via definitiva e di un altro in applicazione temporanea. Si è proceduto poi al riesame di tutti processi già formalmente spogliati e in attesa di fissazione in pubblica udienza. Sono stati estrapolati i processi che avrebbero in realtà meritato la destinazione alla Settima sezione in ragione della chiara inammissibilità dei ricorsi. Sono stati così realizzati ruoli di udienza pubblica numericamente pesanti (fissazione anche di 80 processi), ma comunque definibili in un'unica udienza, seppur protratta fino a tarda sera. Sono stati organizzati doppi collegi nella stessa giornata in modo da incrementare il numero delle udienze. E' stato poi riorganizzato l'Ufficio spoglio. I magistrati addetti sono passati da due a cinque. Sono stati fissati criteri per lo spoglio condivisi e rigorosi. La percentuale dei processi trasmessi alla Settima sezione ha superato la percentuale del 50%. A ciascuno dei magistrati addetti allo spoglio è stata assegnata una stanza. Ciò ha consentito di lavorare in maniera dignitosa e, soprattutto, di assicurare quotidianamente la presenza in sezione di almeno quattro magistrati, oltre quella del Presidente e dei magistrati impegnati in udienza. È stata così incrementata la sinergia lavorativa tra i magistrati e il personale amministrativo e si sono ottimizzati i risultati della nuova organizzazione lavorativa degli uffici di cancelleria. Risultati eccellenti sono derivati dall'individuazione di un responsabile per la verifica della ritualità delle notifiche. Questo intervento, unito alla scelta di utilizzare la possibilità prevista dall'art. 148, comma 2 c.p.p. di eseguire le notifiche a mezzo fax, ha portato ad un abbattimento verticale della percentuale delle nullità, che nel mese di settembre 2009 è stata pari allo 0%. Sono stati poi rivisti i criteri di assegnazione dei magistrati alla Settima sezione. È stato deciso che i processi trasmessi per la declaratoria di inammissibilità fossero trattati dagli stessi spogliatori di sezione. Si è evitata una duplicazione di lettura e, con l'introduzione di un sistema di rotazione, tra tutte le sezioni della Corte, nella composizione dei collegi per i rispettivi processi, si è eliminato il pericolo di una disaffezione lavorativa dei magistrati addetti alla Settima. Ad ottobre 2009 l'obiettivo fissato inizialmente può dirsi raggiunto. I numeri assoluti dei processi fissati e non definiti sono diminuiti di oltre il 33%, da 6914 a 4336. I processi di competenza della Seconda sezione sono stati tutti fissati per la definizione entro l'aprile 2010, ad eccezione di settecento processi pervenuti negli ultimi due mesi del 2009 che rappresentano la fisiologica pendenza; il tempo stimato tra l'arrivo in sezione e la loro celebrazione è di cinque - sei mesi, utile per assicurare la rituale notifica degli avvisi. Presso la Seconda Sezione non esiste più arretrato. Può essere assicurata all'utenza una laboriosità intelligente.

3) Autonomia gestionale e contabile, con conseguente incremento della responsabilizzazione e dei controlli. Le "buone idee" vanno accompagnate da più flessibilità e autonomia gestionale. È necessario allentare la centralizzazione della spesa e responsabilizzare gli uffici della Cassazione e delle Corti d'Appello. L'autonomia conferisce al soggetto una forte responsabilizzazione con attenta e doverosa attività di controllo, realizzando in tal modo un sistema "a rete" più moderno ed efficiente di quello burocratico-piramidale che spinge verso l'irresponsabilità e il compromesso. Da anni si chiede l'autonomia contabile già concessa ad altre Corti o organi indipendenti (Corte costituzionale, Consiglio di Stato, i singoli TAR, Corte dei conti, Avvocatura dello Stato e numerose Authority), per gestire in modo efficiente e responsabile gli uffici, pur tenendo conto di un bilancio sempre più ristretto. Dal bilancio consuntivo 2009, si evince che per la Corte di Cassazione vi è stato un impegno di spesa pari ad euro 114.442.904,42 comprensivo delle somme destinate al funzionamento dell'Ufficio e di quelle volte al pagamento di stipendi ed emolumenti accessori da corrispondere ai magistrati ed al personale giudiziario. La predetta somma ha un'incidenza sul bilancio del Ministero della Giustizia pari all' 1,519% e su quello dello Stato pari allo 0,023%. Le sole spese di gestione dell'Ufficio (esclusi i costi relativi al personale) ammontano ad euro 2.411.171,39. Tra le voci di spesa più significative si distinguono le spese postali (circa 1.366.553,57 euro), quelle per la gestione del servizio automezzi (euro 158.265,37), per lo smaltimento rifiuti (euro 153.495,89), per il funzionamento degli uffici (euro 202.945,73), per i foto-riproduttori (euro 169.238,50), per le spese d'ufficio (euro 189.172,50), per l'informatica (euro 584.277,74) ed infine per l'acquisizione di beni e macchinari vari (euro 314.300,58). I risultati di alcune indagini di mercato effettuate informalmente dagli uffici amministrativi della Corte inducono a ritenere che, al di là delle indicazioni fornite dall'ultima finanziaria, sono comunque possibili ulteriori interventi volti all'eliminazione degli sprechi. Ad esempio, sarebbe possibile intervenire, alla luce della più recente normativa volta a promuovere l'uso della posta elettronica e ad attuare il processo telematico, per ridurre le spese postali, stipulando nuovi contratti più vantaggiosi per l'Amministrazione. Analogamente, risulta auspicabile la riduzione delle spese per lo smaltimento dei rifiuti mediante una più attenta analisi dei relativi contratti. Importante contrazione di spesa potrebbe realizzarsi a mezzo della riorganizzazione del servizio di accompagnamento dei magistrati, il quale ben potrebbe essere affidato a società private, come ormai in uso presso numerosi enti ed imprese. Tale esternalizzazione, non solo produrrebbe cospicui risparmi per la dismissione dei parco auto e l'eliminazione dei relativi costi di gestione e manutenzione, ma consentirebbe il recupero dei dipendenti attualmente addetti al servizio, da impiegarsi più proficuamente presso gli uffici e le cancellerie della Corte o, in alternativa, nella sorveglianza degli accessi alle cancellerie, esigenza questa fortemente sentita negli ultimi tempi ed evidenziata da numerose inchieste giornalistiche. Tale mansione risulterebbe peraltro in linea con i nuovi profili professionali individuati nel contratto integrativo appena stipulato e, allo stato, al vaglio della Corte dei Conti. I risparmi di spesa appena descritti e gli altri che si potrebbero di certo realizzare nell'anno 2010, trovano ostacolo nella limitata autonomia gestionale e finanziario/contabile della Corte. Dover dipendere dall'Amministrazione centrale significa impedire ai singoli uffici ed in particolare alla Corte di Cassazione ed alle diverse Corti d'Appello, di assumere qualunque iniziativa manageriale tesa al risparmio. Certo, risultati apprezzabili sono stati raggiunti anche senza richiedere alcun sostegno economico. La realizzazione, nel giro di un mese, dell'enorme archivio presso i locali assegnati dall'Amministrazione centrale in una zona periferica della città, è avvenuta a costo zero, poiché la Corte, è riuscita ad impiegare risorse interne per trasporto, catalogazione atti e creazione di un sistema informatizzato di gestione e collegamento tra gli uffici di piazza Cavour e l'anzidetto archivio. Tra le iniziative finalizzate ad una maggiore efficienza dei servizi, senza alcun stanziamento da parte dell'Amministrazione centrale, si distingue anche quella che ha portato alla stipula di convenzioni con diverse università italiane aventi lo scopo di acquisire la collaborazione di tirocinanti qualificati per l'assistenza al Magistrato nelle ricerche di informatica giuridica, senza così distogliere il personale dalle cancellerie. E' pure allo studio la possibilità di siglare accordi con altre amministrazioni pubbliche al fine di migliorare il servizio complessivo da rendere al cittadino-utente. È doveroso, infine, segnalare che la recente istituzione dell'Ufficio relazioni con il pubblico e dei correlati sportelli periferici è avvenuta senza sovvenzione alcuna: persino i corsi di formazione sono tenuti gratuitamente, come spesso accade, da funzionari direttivi della Corte. Tutto ciò rappresenta però una minima parte di quanto si sarebbe potuto fare. Se le Corti fossero guidate da dirigenti responsabilmente impegnati a garantire, non solo un corretto svolgimento dei processi nel più breve tempo possibile, ma anche a combattere gli sprechi che da sempre caratterizzano la pubblica amministrazione senza esclusione del sistema Giustizia, potrebbero raggiungersi sorprendenti obiettivi. Decentrare e responsabilizzare la Corte di Cassazione e le Corti d'Appello nella gestione autonoma della spesa, sono le uniche strade percorribili per favorire in concreto l'applicazione di sistemi di gestione manageriali da parte dei dirigenti; avrebbe termine anche quella strana prassi che porta i diversi Uffici a spendere più di quanto necessario per non rendere le somme in avanzo all'Amministrazione centrale. Tale diffusa tendenza è dettata dal concreto timore di vedersi ridurre gli stanziamenti futuri, atteso che le necessità degli uffici sono di norma preventivate in base a quanto risultato necessario nei passati esercizi. La maggiore autonomia degli Uffici, con conseguente possibilità di gestire somme preventivamente assegnate, diventa allora non più procrastinabile anche ai fini della razionalizzazione della spesa pubblica. Sul punto, occorre precisare che ogni Ufficio incamera gettiti attraverso 1'esazione del contributo unificato e dei diritti di cancelleria per il rilascio di copia degli atti. La sola Corte di Cassazione ha percepito, nell'anno 2009, euro 6.339.250,04 di contributo unificato ed euro 545.827,00 di diritti di copie. Inoltre, i canoni di abbonamento alla banca dati giuridica ItalgiureWeb hanno portato introiti per euro 431.306,00. Il totale riscosso dalla Corte di Cassazione ammonta dunque, per l'anno 2009, ad una somma pari ad euro 7.316.383,09. Tale considerevole gettito deve essere rapportato a quanto stanziato per la Cassazione per il funzionamento dell'Ufficio, nell'anno 2009, che allo stato, risulta pari ad euro 2.411.171,39. Il virtuale bilancio dell'Ufficio chiude dunque con un attivo di euro 4.905.211,70 che sicuramente avrebbe fatto registrare ulteriori attività se si fosse realizzata la auspicata autonomia. Se queste osservazioni possono dirsi valide per la suprema Corte, a maggior ragione, visto il diverso numero dei procedimenti e la possibilità di incamerare maggiori somme per il contributo unificato, possono ritenersi idonee per le Corti territoriali. Del resto è ormai noto che la riconosciuta maggiore autonomia non può che rafforzare comportamenti di tipo imprenditoriale, orientati all'innovazione e, non da ultimo, al risparmio. Non sembra però sufficiente che siano concesse solo contabilità generale e bilancio d'esercizio, occorrendo interventi normativi per la realizzazione di ambiti di autonomia sostanziale, sotto i diversi profili dell'autonomia gestionale, organizzativa e almeno parzialmente finanziaria, ovviamente confermando una responsabilità complessiva sui risultati conseguiti. A tal fine, dovrebbero essere sviluppati idonei strumenti di indirizzo e controllo da parte dell'Amministrazione centrale. Solo dalla combinazione tra decentramento/responsabilizzazione e valutazione/controllo potrà derivare l'auspicato salto di qualità di cui il servizio "Giustizia" nutre forte bisogno. Non si chiedono più risorse o elargizioni, ma si vuole utilizzare al meglio quelle esistenti, evitando una gestione burocratica, lontana dalle esigenze del servizio che la Cassazione deve rendere al Paese.

4) I risparmi "interni" al sistema e l'eliminazione degli sprechi. Oltre a chiedere risorse aggiuntive si deve evitare di disperdere quelle oggi disponibili. Gli sprechi di risorse non derivano solo da inefficienze organizzative, ma anche da norme obsolete e onerose. Con l'ultima legge finanziaria (l. n. 259 del 2009) è stato fatto un primo e parziale tentativo per ridurli. Si è intervenuti - ma, si ripete, solo in parte - sui costi delle intercettazioni, sulle spese di Giustizia, sulla irrazionalità della pubblicazione delle sentenze penali a mezzo stampa. In particolare, sono stati effettuati i seguenti interventi: a) in materia di intercettazioni, l'art. 2, comma 211, prevede la gratuità del rilascio delle informazioni contenute nei tabulati relativi al traffico telefonico in materia di intercettazioni. L'analisi dei costi sostenuti in materia di intercettazioni negli ultimi sei anni evidenzia, per i tabulati, un costo medio di 17 milioni di euro, che costituisce il risparmio di spesa annuo fino all'emanazione del decreto di fissazione del ristoro di tali costi. b) in materia di spese di Giustizia, l'art. 2, comma 212, modificando la vigente normativa contenuta nel comma 2 dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dispone che i processi esecutivi mobiliari di valore inferiore ad euro 2500 vengano sottoposti a contributo unificato per un importo pari ad euro 30. c) si prevede inoltre l'introduzione del contributo unificato per i processi di opposizione alle sanzioni amministrative di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689. La normativa in vigore prevede che gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa ed imposta; la nuova disciplina prevede, invece, che gli atti del processo siano soggetti al pagamento del contributo unificato di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché delle spese forfetizzate secondo l'importo fissato all'articolo 30 del medesimo D.P.R. La disposizione prevede altresì l'introduzione del contributo unificato anche nelle cause di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, e nelle cause in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, limitatamente, però, al ricorso per Cassazione. Sulla base dei dati della Direzione generale di statistica del Ministero della Giustizia, si può stimare che il numero dei procedimenti esecutivi mobiliari fino a 2500 euro, per l'anno 2008, è pari a 250.000; tali procedimenti risulterebbero, dunque, sottoposti al pagamento di un contributo unificato pari a 30 euro. Si può stimare, inoltre, che, per lo stesso anno, il numero dei procedimenti per opposizione a sanzioni amministrative attualmente, esenti dal pagamento del contributo, ammonti a circa 1.250.000. Di questi, circa l'70% rientrerebbe nel primo scaglione (contributo unificato pari a 30 euro) e il 30% nel secondo scaglione (contributo unificato pari a 70 euro). È possibile stimare in circa 7.000 all'anno il numero dei ricorsi per Cassazione concernenti le cause di lavoro o rapporti di pubblico impiego, nonché previdenza e assistenza obbligatoria. Si prevede un importo unitario del contributo unificato di 103,30. Le modifiche proposte determinerebbero, dunque, un nuovo gettito pari a un totale di 60.723.100 euro. d) l'art. 2, comma 213, prevede la possibilità di provvedere, tramite convenzioni, alla gestione dei crediti relativi alle spese di Giustizia conseguenti ai provvedimenti passati in giudicato al 31 dicembre 2007. Tali gestioni afferiscono, in particolare, alla definizione di modalità più celeri per la gestione amministrativa dei citati crediti, attualmente curata dagli stessi uffici giudiziari presso i quali sono maturati, con conseguente inevitabile andamento oggi condizionato dalle necessità di assicurare contemporaneamente le ordinarie incombenze amministrative funzionali all'espletamento delle attività giudiziarie. Con il perfezionamento delle nuove modalità di gestione indicate, invece, si consentirà di assicurare le attività gestionali occorrenti per assicurare l'effettivo recupero del credito attraverso l'ausilio di soggetti specializzati del settore e che svolgeranno tali attività con risorse a tal fine dedicate, senza dovere limitare il relativo impegno a quanto ordinariamente residuale rispetto ad altre incombenze amministrative (come detto, quelle connesse all'ordinario funzionamento delle altre, spesso impellenti e indifferibili, competenze essenziali per lo svolgimento della funzione giudiziaria). Attraverso la valorizzazione di tali apporti, sarà concretamente possibile rendere più efficiente la gestione amministrativa dei crediti indicati, aumentando la percentuale di riscossione degli stessi, oltre a recuperare importanti risorse per l'ordinaria attività amministrativa a supporto della funzione giudiziaria. Al fine di quantificare le risorse che deriveranno dall'affidamento della gestione, si evidenzia che dall'analisi dei dati comunicati dalla Direzione generale di statistica, l'ammontare delle somme rimaste da recuperare è pari complessivamente a 3.372.352.314,17 di cui euro 3.368.767.125,35 riguardante la materia penale e 3.585.188,82 riguardante la materia civile. Si precisa che i dati relativi all'anno 2004 sono frutto di una stima. Considerato che il tasso di recupero medio oscilla tra l'8 e il 9 %, è ragionevole ritenere che l'affidamento del credito a soggetti privati possa consentire incremento percentuale delle somme recuperate del 5%, pari ad una percentuale complessiva del 13,5 (8,5% + 5%)da recuperare. Il recupero complessivo ammonterebbe quindi ad euro 455.267.562, con un maggior introito di 168.617.616 euro nel triennio 2010/2012 (56.205.872 euro all'anno). e) l'art. 2, commi 216-218, interviene sulla semplificazione della pubblicazione delle sentenze penali a mezzo stampa, disponendo la pubblicazione del provvedimento sul sito internet e la contestuale pubblicazione di un avviso di dimensione ridotte contenente la sola indicazione degli estremi della sentenza e dell'indirizzo del sito internet di pubblicazione. L'andamento delle spese di pubblicazione delle sentenze degli ultimi quattro anni evidenzia un costo medio di 3.692.029,15, con un picco di circa 5 milioni di euro sostenuto nell'anno 2008. Il risparmio complessivo annuo, al netto delle spese che si dovranno sostenere per gli avvisi di dimensione ridotta, è pari a circa 3 milioni di euro, ipotizzando una spesa pari al 20% del costo totale attualmente sostenuto. Ma si può, e si deve, fare di più. Si può fare di più nei settori in cui si è già intervenuti: spese di Giustizia, il cui recupero è ancora troppo basso rispetto al dovuto; spese per le intercettazioni, su cui paghiamo i canoni più alti d'Europa; pubblicazione obbligatoria sulla stampa a pagamento e non gratuita sul sito istituzionale di svariate sentenze. Si può intervenire in svariati altri settori, pure da tempo individuati dai Magistrati: ad es., in materia di processi agli imputati irreperibili, che vengono celebrati con il rito più dispendioso, quello dibattimentale, senza che ciò sia di alcuna utilità né per l'imputato né per il sistema, ovvero in materia di ripartizione di funzioni tra magistrati e personale amministrativo, essendoci oggi molte competenze che potrebbero essere svolte dalle cancellerie e non ai giudici.

Le disfunzioni più gravi ed evidenti riguardano l'organizzazione territoriale delle sedi giudiziarie e la cd. "legge Pinto". a) l'organizzazione territoriale delle sedi giudiziarie Occorre con urgenza un riordino delle circoscrizioni giudiziarie, la cui distribuzione ottocentesca contrasta con i principi di buona organizzazione degli uffici pubblici. In Italia ci sono 165 Tribunali e relative procure, di cui non pochi istituiti con leggi speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di Tribunali. Di questi, 93 Tribunali e Procure, che rappresentano il 56% degli uffici giudiziari, hanno non più di 20 Magistrati, e circa 60 hanno sede in territori che già possono contare sull'esistenza di un Tribunale nella sede del capoluogo provinciale (abbiamo 19 Tribunali in Sicilia, con 4 Corti d'Appello, e 17 Tribunali in Piemonte; a Sulmona il Tribunale più piccolo ha 1 Presidente e 3 Giudici). Ciò provoca costi di gestione altissimi e continui rischi di blocco nelle sedi più piccole, per l'assenza anche di un solo Giudice. La strada era stata già aperta con la soppressione delle preture e degli uffici circondariali del p.m. con il dlg.s 19 febbraio 1998 n. 51 (artt. 1 e 2), determinando, all'art. 33, il nuovo organico dei magistrati presso gli altri uffici giudiziari. Si comprendono le resistenze locali, ma non sono sostenibili 93 circoscrizioni giudiziarie (circa il 56% del totale) con meno di 20 magistrati. In attesa di un riordino organico, si potrebbero almeno trasformare, in via transitoria, i Tribunali periferici in sezioni distaccate del Tribunale del capoluogo di Provincia. Ciò consentirebbe di conservare intatta la rete territoriale, ma di centralizzare in capo al presidente del Tribunale provinciale la gestione del personale e delle risorse, con ben maggiore efficienza e flessibilità, rendendo un servizio migliore, anche nelle stesse sedi distaccate. In altri paesi si è già provveduto sia all'accorpamento dei Tribunali piccoli e medio-piccoli sia alla ripartizione nel 2007 dei Tribunali grandi come quello di Parigi, suddiviso in quattro sedi più funzionali ed efficienti in virtù del principio di " une organisation territoriale rationalisée". b) la improcrastinabile riforma della legge-Pinto. Quanto ai gravissimi e assurdi costi della legge-Pinto, il Governo - raccogliendo l'invito che l'anno scorso proveniva da quest'Aula - ha presentato in Parlamento (il 10 marzo 2009) un intervento organico di riforma nell'ambito del disegno di legge A.S. n. 1440. Si propone (art. 23 dell'A.S. n. 1440) una nuova disciplina, ben articolata ed equilibrata, volta ad accelerare sia il processo principale che l'intero procedimento-Pinto. Quest'ultimo, rispetto all'attuale strutturazione interamente giurisdizionale contenziosa - che grava oggi abnormemente sul lavoro delle corti di appello, ossia sull'ufficio giudiziario già di gran lunga più oberato dal carico di lavoro arretrato e, pertanto, troppo spesso vittima e allo stesso tempo carnefice dell'irragionevole durata dei processi - verrebbe dalla riforma ripartito in una prima fase necessaria di tipo monitorio e paragiurisdizionale (in certo assimilabile a un procedimento di volontaria giurisdizione) assai agevolmente gestibile dai presidenti delle corti di appello con l'ausilio, ivi espressamente previsto, degli uffici di cancelleria e di magistrati delegati appartenenti a qualsiasi ufficio giudiziario del Distretto; ed in una seconda fase propriamente giurisdizionale che, però, sarebbe meramente eventuale - nonché, prevedibilmente, piuttosto infrequente, alla stregua del complessivo disegno legislativo - solo quest'ultima in effetti gravante sulle corti di appello. L'approvazione della riforma porterebbe una significativa riduzione delle domande di equa riparazione, nonché del carico oggi gravante sulle Corti di appello (tra il 50% e il 90%). Inoltre, si azzererebbero quegli incresciosi fenomeni della c.d. "Pintobis", ossia la richiesta del danno anche per il ritardo nella conclusione del procedimento-Pinto. E ci sono ormai casi anche di Pinto- ter e di Pinto- quater. I vantaggi potenziali per la finanza pubblica sono evidenti. Ciò viene confermato dalla relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato. In realtà, a un beneficio economico senz'altro notevolissimo (peraltro senz'altro assai maggiore di quello minimale riscontrato dalla RGS, dovuto al fatto che quest'ultima non si deve discostare da stime prudenzialissime) si sommerebbe un beneficio assai maggiore per l'aggravio degli uffici giudiziari che - non dovendo disperdere ulteriori energie anche umane per indennizzare i ritardi già verificatisi - potrebbero profondere gli stessi mezzi (oltre a quelli patrimoniali risparmiati da una riduzione degli indennizzi da liquidare) per far fronte all'ordinario lavoro e aggredire l'arretrato già formatosi, così riducendo l'angolo di quel piano inclinato sul quale, a velocità finora sempre maggiori, stanno scivolando l'efficienza e l'efficacia dell'amministrazione della Giustizia in Italia. Il ricordato testo, però, non ha fatto molta strada in Parlamento. Le medesime disposizioni sono state inserite nell'A.S. n. 1880 (ora A.C. n. 3137), approvato dal Senato e trasmesso alla Camera. L'auspicio è che la riforma della legge-Pinto possa quanto prima divenire legge dello Stato. Altrimenti, i 267 milioni di debito e gli 11.343 procedimenti pendenti per legge-Pinto continueranno ad incrementarsi a ritmo esponenziale, sottraendo sempre più energie al bilancio pubblico e all'ordinario svolgimento della funzione giurisdizionale. Perché continuare a sprecare tante risorse per risarcire i danni dell'arretrato, quando potrebbero essere destinate a smaltirlo? Il Ministero della giustizia ha pagato, fino al 2009, 150 milioni di euro di risarcimento per legge- Pinto, ha un debito ancora esistente, fino al 2008, di 86 milioni di euro e per il solo anno 2009, sono già stati contratti 31 milioni di debiti, per un totale ammontante a 267 milioni di euro. L'unica notazione da aggiungere, ad ulteriore riprova dell'incremento esponenziale dei costi e dell'impressionante tetto, ormai raggiunto, è che il fabbisogno delle Corti, delegate al pagamento per debito Pinto, pari, a gennaio 2009, ad euro 56.777.439,23, nello stesso periodo dell'anno da poco iniziato è passato ad euro 89.195.741,59 con un incremento complessivo del 69,96 %. Oltre ai costi l'ingorgo giudiziario a causa della legge Pinto si dimostra superiore ad ogni previsione: solo nel primo semestre del 2009 le corti d'appello hanno definito 11.343 procedimenti per Legge Pinto e per la prima volta risultano ricorsi Pinto per controversie davanti al Giudice di pace: 115 nel 2009 (fonte: Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli affari di Giustizia). Peraltro, nel primo semestre del 2009 risultano sopravvenuti 18.033 procedimenti a fronte dei 13.784 del medesimo periodo dell' anno precedente, con un incremento, in generale, del 30,8 % che tocca, in alcune sedi, punte considerevoli fra le quali spiccano il 521 % di Trieste, il 217,4 % di Cagliari, il 156,6 % di Genova e, infine, il 120, 6 % di Potenza. Conseguentemente, nel primo semestre del 2009, l'incremento delle pendenze finali è stato del 43,1 % (grazie anche a sedi, come Brescia, in cui si registra un decremento del 45%). Complessivamente, nel primo semestre del 2009 risultano pendenti 37.393 procedimenti, con un incremento del 43,1 % rispetto al medesimo periodo del 2008 (in cui risultavano pendenti 26.132 procedimenti).

5) La comunicazione e il silenzio: i processi al di fuori degli uffici giudiziari. Il lavoro del Giudice - e il mio vuole essere un invito tanto sereno quanto determinato - richiede decoro e riservatezza. I "Principi di Bangalore sulla deontologia giudiziaria" (adottati nell'ambito del Comitato dei diritti dell'uomo presso l'ONU) affermano che " un giudice, come qualsiasi altro cittadino, ha il diritto alla libertà d'espressione, di convinzione, di associazione e di riunione, ma nell'esercizio di tali diritti ogni giudice si condurrà sempre in modo da salvaguardare la dignità e la funzione giurisdizionale e l'imparzialità e indipendenza della magistratura". Il Diritto non si applica nel dibattito sui media. Desta perplessità la partecipazione di giudici ai talk show televisivi ove si ricostruiscono delitti oggetto di indagini, e persino di processi in corso, alla ricerca di una verità "mediatica" diversa da quella processuale. Siffatta tipologia di programmi - assistita, a quanto pare, da elevati indici di gradimento - non può, di certo, ritenersi vietata dall'ordinamento, ancorché debba costantemente aversi cura che sia adeguatamente rappresentato il fenomeno come strutturato per offrire soltanto una realtà immaginifica o virtuale, eventualmente idonea a sovrapporsi, per forza di persuasione, negli utenti a quella diversa accertata nelle sedi a ciò deputate. Del pari l'ordinamento, in via di principio, non pone divieti a che il Magistrato, svolga in piena libertà quelle attività che costituiscono espressioni di diritti fondamentali, quali la libera manifestazione del pensiero, di associazione, di esplicazione della personalità e ciò al di là del condivisibile principio assiomatico secondo il quale "i processi si fanno in tribunale e non in televisione" e del bonario, provocatorio monito di recente, autorevolmente formulato a lavorare di più e ad andare meno in televisione o a convegni mediatici. Il Magistrato che partecipi a siffatte trasmissioni deve tener conto degli obblighi del codice deontologico (art. 6) che impongono, nei rapporti con la stampa e altri mezzi di comunicazione di massa, di ispirarsi sempre a criteri di equilibrio e misura, a pena di sanzioni disciplinare (art. 2 lett. v, z, aa, bb). La Giustizia non ha bisogno di audience, ma di fiducioso rispetto. Si deve, peraltro, prendere atto con compiacimento che, con singolare sintonia, la Corte in sede penale, di recente, ha statuito, nella subjecta materia (v. Cass. sez. V.n.1558/2009), principi affatto coincidenti con gli approdi cui è pervenuto il codice di autoregolamentazione adottato a conclusioni dei lavori svolti presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, frutto dell'accordo tra l'Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa, sottoscritto anche da Rai, Mediaset, Telecom Italia media s.p.a. ed altri. Detto accordo risulta comunicato in data 25 maggio 2009 al CSM che, nella seduta del 22 luglio 2009, ne ha preso atto con viva soddisfazione. Le regole elaborate nelle sedi sopra citate contemplano, esemplificativamente: - il rispetto del contraddittorio e del principio di non colpevolezza; - l'adozione di modalità espressive e tecniche comunicative che consentano all'utenza adeguata comprensione della vicenda; - il rispetto della riservatezza, dignità e decoro altrui ed in special modo della vittima o di altri soggetti non indagati; - il dovere di una chiara informazione circa le differenze tra documentazione e cronaca, tra cronaca e commento, tra indagato, imputato e condannato, fra pubblico ministero e Giudice, tra carattere definitivo e non definitivo dei provvedimenti; - l'obbligo di completezza e approfondimento della notizia con la imprescindibile precisazione, se del caso, che eventuali ipotesi coltivate non hanno trovato alcuna conferma in sede di investigazione; - la verifica dell'attualità della notizia ed attualità dell'interesse pubblico, anche al fine di definire un giusto contemperamento col diritto all'oblio consistente nel giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore ed alla sua reputazione la reiterata pubblicizzazione di notizie che, in passato, sono state legittimamente divulgate. La comprovata, abituale osservanza delle suddette regole, condivise dalle parti, dovrà costituire un preciso parametro di valutazione da parte del Magistrato anche in ordine alla valutazione di compatibilità della sua presenza e partecipazione con il prestigio dell'ordine giudiziario. Fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il Magistrato si ispira a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli altri mezzi di comunicazione di massa. "

 

 

Togliere l'RAP e l'IMPOSTA sugli interessi dei BUONI del TESORO ?


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Silvio Berlusconi

         Nino Luciani*, Sugli ulteriori interventi   per l'uscita dalla crisi economica
         *
Prof. ordinario di Scienza delle Finanze nell'Univ. di Bologna

Le priorità:
a) azione per il commercio estero, volano principale per l'Italia;
b) riduzione del debito pubblico (in questi giorni, € 1.787 miliardi).
Gli strumenti, più a portata di mano:
a) abolizione dell'IRAP;
b) abolizione dell'imposta sugli interessi dei titoli di Stato.

Anche un occhio alla legge bancaria, per filtri ai rapporti tra mercati monetario e finanziario.

1.- Ripartiamo da una sommaria diagnosi della crisi economica. Nessun intervento è razionalmente proponibile se non si riparte da una diagnosi della crisi economica. Su questo, in precedente nota, ho ragionevolmente ipotizzato che le ragioni della crisi finanziaria (da cui è derivata quella economica) sia la conseguenza di due eventi:
1) uno di natura economica, collegata a vari fattori, e specificamente:
  a) alla fine della guerra in IRAQ, che ha creato un brusco calo della domanda pubblica di prodotti per la guerra (un caso analogo si era visto, precedentemente,   nei primi anni ' 90 a seguito della fine della guerra fredda), e di conseguenza una crisi strutturale delle industrie produttrici per la guerra;
  b) all'aumento del prezzo del petrolio, come conseguenza della sua scarsità relativa, per il surriscaldarsi della domanda dei grandi paesi asiatici e per le esigenze della guerra;
  c) alla crisi delle industrie automobilistiche, come conseguenza del caro petrolio, a partire dai Paesi nei quali maggiore era lo spreco dei carburanti da petrolio; e alle conseguenze sull'indotto;
2) uno di natura finanziaria, collegata a vari altri fattori, quali:
  a) il sostegno finanziario ad oltranza degli investimenti nelle industrie per la guerra, del tutto al di fuori di quella sana visione, per la quale la moneta a breve termine non va impiegata per il lungo termine (tali i finanziamenti di investimenti in impianti produttivi per la guerra);
  b) l'accumularsi di liquidità presso mani con relativa alta propensione al risparmio (in questo caso, soprattutto i paesi produttori di petrolio).
  In queste condizioni il circuito dei capitali si è bloccato, e da qui si è generata una serie di effetti paralizzante a domino: la disoccupazione, il mutuo per la casa non pagato, le banche in crisi, e così via.
 
Il tutto potrà avere una attenuazione dalla eventuale intensificazione della guerra in Afganistan, ma di nuovo, dopo la guerra, una nuova crisi si replicherà, in proporzione.

2.- Cosa ha fatto di importante il nostro Governo. In questo scenario la crisi più preoccupante è stata quella delle banche, anche perchè, di norma, le banche prestano danaro in misura pari al 90% circa dei depositi. Pertanto, in caso di diffusione di sfiducia sulle banche, se il pubblico accorresse massiccio a chiedere i proprio denaro a breve, le banche non sarebbero in condizioni di pagare.
   Di fronte alla prospettiva di una catastrofe tanto grave (la perdita dei propri risparmi, da parte delle famiglie) il Governo ha retto con grande decisione assumendo la garanzia della solvenza bancaria. Ma noi, in Italia, avevamo già sperimentato le crisi bancarie degli anni '30 e sapevamo. Penso, però, che sia stata solo quello l'intervento (ma determinante) del Governo.
   E' stato anche fondamentale la creazione di moneta da parte della BCE. Ma se "il cavallo non beve", l'offerta di liquidita non basta. E lo vediamo col senno di poi: in questo senso è necessaria la manovra del bilancio pubblico.
   Il secondo intervento, più ovvio, sarebbe dovuto essere l'aggravio fiscale temporaneo sui redditi medio-alti (1-2% del reddito) bilanciato da sgravio a favore dei redditi medio-bassi: perchè gli uni hanno propensione relativamente alta al risparmio, e gli altri propensione relativamente alta alla spesa. Ma questo non poteva essere fatto da un Governo che ha avuto i voti dalle classi di reddito medio-alto.
   Ci sono stati i poco più che simbolici "ammortizzatori sociali", e le bravate di Berlusconi, in TV, in favore dell'ottimismo.
   C'è stata una legge per la detassazione degli utili reinvestiti. Ma questa è una manovra per il lungo termine, non per l'immediato (che è ciò che serve).
  C'è stato il via per un elenco di investimenti pubblici. Ma anche questo,a causa della lentezza,agisce nel lungo termine.
L'unico fatto di vero rilievo, immediato, è stato il turismo estivo. E' stata questa la maggiore occasione in cui i nostri cittadini con relativa alta propensione al risparmio hanno rimesso in circolo il loro danaro. E' questo che ha creato un vantaggio all'Italia, in confronto agli altri Paesi Europei.

3. Quali ulteriori interventi, al più presto possibile. Nel caso dell'Italia, il volano più importante è il commercio estero, che però è in sofferenza strutturale, accumulata fin dai primi passi dell'Euro. Rispetto a questo problema, la via da percorrere è agire sul livello dei prezzi interni, e questo ci porta ad alcune manovre fiscali.
  a) Abolizione dell'IRAP. Essa è possibile e necessaria.
  A riguardo della possibilità, quanti si stracciano le vesti argomentano che si creerebbe un vuoto finanziario per la sanità, nei bilanci delle Regioni, trascurano che da troppo tempo si spreca troppo denaro pubblico per una sanità che non c'è. Forse sono un mistero le lunghe file di attesa per una visita specialistica, una radiografia ... anche in Regioni importanti come l'Emilia Romagna ?

  Si può, magari, argomentare che non sarebbe buono demolire la sanità pubblica dalla sera alla mattina. D'accordo, si faccia con gradualità, ma non troppo. C'è, poi, anche l'impegno fondamentale elettorale del Governo al taglio della spesa pubblica). La sanità pubblica, se deve funnzionare ancora come adesso, è meglio restringerla alla cose veramente necessarie: gli interventi chirurgici, le malattie contagiose, l'assistenza medica gratuita ai cittadini con reddito inferiore al minimo vitale. Da altra parte, conviene a tutti pagare meno imposte, ma avere davvero la sanità, a pagamento (di sicuro inferiore alle imposte, oggi pagate).
   A riguardo della necessità di abolire l'IRAP, occorre avere in mente che essa è una imposta sul valore aggiunto, e che si scarica sui prezzi (anche se la legge non crea un diritto di scarico, come per l'IVA).
   In Italia l'abolizione avrebbe effetti deflazionistici, benefici per agevolare la concorrenza delle nostre imprese esportatrici e benefici per incentivare la domanda interna, grazie allo sgonfiamento dei prezzi.
  b) Abolizione dell'imposta sugli interessi dei titoli del debito pubblico. In Italia il debito pubblico è il maggior ostacolo al libero mercato. L'imposta sugli interessi del debito pubblico aumenta fittiziamente l'ingessamento di tutto il sistema. Una sua abolizione farebbe calare anche le spese dello Stato e, dunque, nel caso esaminato, aiuterebbe l'abolizione dell'IRAP.
   Già, ... perchè l'investitore guarda agli interessi "netti da imposta". Dunque, l'imposta sugli interessi è, di fatto, pagata dallo Stato sotto forma di interessi maggiori di quelli dovuti, se l'investitore non fosse soggetto di imposta. Anche questa manovra ridurrebbe la spesa pubblica, e dunque andrebbe per il verso di agevolare l'abolizione dell'IRAP.
  c) Rimane, sul tappeto, il problema di rivedere la legge bancaria. Serve meglio delineare i rapporti tra mercato monetario e mercato finanziario, alla luce degli eccessi di "deviazione" avvenuti, soprattutto  negli USA (ma con contagi su alcune banche italiane). Va mantenuta la "banca mista" così come adesso ? Le anticipazioni su titoli vanno sottoposte a regole meglio definite ? Le partecipazioni incrociate tra banche e imprese sarebbero da vietare ? L'Italia, per la sua specifica esperienza, dal 1936 al 1993, potrebbe avere qualcosa da dire anche agli altri Paesi. NLUCIANI

 

 



EDIZIONI PRECEDENTI

 

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Il tema di cui si discute: "Se L' ITALIA va VERSO UNA DITTATURA"

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Silvio Berlusconi


  Democrazia in pericolo in Italia ? No, democrazia anomala, e da anni ...
 
  Il motivo è che, in luogo del controllo del parlamento sul governo,
- negli anni '90 il controllo è stato fatto dalla Magistratura;
- adesso è fatto dai mass media, in misura prevalente;
- e, per necessità, c'è l'azione sopra le righe, del Capo dello Stato.

  Il nodo da sciogliere è restituire al parlamento le sue funzioni, ma anche dare al governo una stabilità, costituzionalmente regolata con binario molto diritto
 Le vie per sciogliere il nodo sono:
a) l'attuazione di un bipolarismo coeso al proprio interno, e ciò richiede che ognuno dei due poli sia capace di prendere decisioni sulla base di una regola condivisa
(questo anche in considerazione che il "bipartitismo" è stato respinto da un   recente referendum popolare);
b) la riforma costituzionale del sistema di governo, con l'elezione diretta del Premier.

1.- La crisi della democrazia in Italia. Stando agli storici, la democrazia è quella "cosa", che Milziade conquistò per la Grecia e per noi Europei, nel 490 a.C. a Maratona sconfiggendo Dario I, Gran Re dei Medi e dei Persiani; ed è ancora quella "cosa" che Temistocle consolidò definitivamente nel 480 a.C., a Salamina, sconfiggendo Serse (successore di Dario).
Quella "cosa" è la democrazia, che è il diritto dei popoli alla libertà, con il solo limite di chinare il capo davanti alla legge.
In termini filosofici, la democrazia è quel sistema politico in cui la "opposizione" è legittimata, ha piena libertà di critica del Governo, ed è titolata all' alternanza rispetto al partito che fa il Governo.
  Ma, allora, di cosa ci lamentiamo ? Il nodo dell'impasse è che la "opposizione" ha un senso, politicamente, se vive mediante il parlamento, vale dire mediante la rappresentanza del popolo per "maggioranza" e "minoranza", preso atto che la democrazia diretta non può esistere materialmente. Appunto..., il nodo è la questione del parlamento, che oggi è completamente controllato dal Governo, e dunque non svolge più la sua funzione.

  In Italia, la fine della prima Repubblica per mano giudiziaria, negli anni '90, ha segnato la prima crisi della democrazia in Italia. Già ..., perchè i Governi cadevano ogni 6 mesi, e la strumentazione della "cosa pubblica" (non l'alternanza, e la moralizzazione conseguente) era divenuta la via, attraverso la quale il potere politico catturava il consenso e si auto-alimentava. Ed, a quel punto, ecco il potere giudiziario a demolirne i presunti responsabili: tali i grandi partiti (la "Democrazia Cristiana" e il PSI, che già erano stati l'architrave della democrazia subentrata al fascismo, oltre al PCI).
  Il controllo della Magistratura sul Governo è stata la prima anomalia della nostra democrazia.

2. Berlusconi ha salvato la democrazia ? E' un fatto che la nascita del partito di Forza Italia ha in qualche modo riempito il vuoto di potere, lasciato dagli scomparsi DC e PSI e, inoltre, ha impedito al PCI di succedere alla DC.
  E' stato un bene impedire al PCI di assumere il Governo? Personalmente, non ho avuto più dubbi, dopo gli anni '70, sulla vocazione assolutamente democratica del PCI (rifiuto della lotta armata, come mezzo di conquista del potere; numerose prese di distanza dai metodi dell'URSS, anche anteriormente, …).
  Tuttavia, tant'è che le cose sono andate diversamente. Anzi, sono stato fra quelli che hanno benedetto Forza Italia e poi anche le successive alternanze delle coalizioni.
   Invece ho avuto riserve su Berlusconi, da quando è stato anche lui investito dalla Magistratura.
   E adesso che abbiamo visto il seguito... possiamo dire che il vuoto lasciato dalla DC sia stato riempito efficacemente, in termini di democrazia ?
  E' un fatto che il potere di Berlusconi si regge sul collegamento diretto col popolo sulla base di una nuova "moralità pubblica", quella di chiedere il voto impegnandosi su un programma. Questo può avvenire grazie al progresso tecnico nel campo della comunicazione.
  E come Berlusconi si vale dei mass media per colloquiare col popolo, così "altri" si valgono dei mass media per il controllo del Governo. Questo controllo è la seconca anomalia della democrazia, (dopo quella relativa alla Magistratura negli anni '90.
   L'interrogatorio del Premier, ieri sera (martedì 15 sett) sul primo canale della televisione pubblica, è la prova visibile che il controllo del governo è fatto, oggi, da una sorta di tribunale del popolo, i cui giudici sono i giornalisti della grande INFORMAZIONE, e il capo del governo è chiamato a rispondere direttamente al popolo.
   Ritengo che sia assolutamente da respingere un meccanismo che ha, come effetto conseguente, che il Premier si occupi di rintuzzare personalmente i mass media, magari distraendosi dal "buon governo".
   Direi anche che le dimissioni "obbligate" del direttore di AVVENIRE sia un caso di intimidazione grave e di arroganza, questa volta sulla Chiesa Cattolica, da parte di un giornalista che rientra nel suo sistema di potere. E chissà quanti altri casi ci sono di persone che si sentono potenzialmente intimidite, soprattutto imprenditori, i più vulnerabili tra quelli che osassero esprimere "opinioni".
   Infine il fatto, che non ci sia stato (martedì) il plebiscito dell'audience, confligge con i sondaggi d'opinione del Premier.

2.- In queste anomalie, la Costituzione c'entra molto, per fortuna. I Padri Costituenti, nel prefigurare il sistema democratico per l'Italia, si preoccuparono di introdurre alcuni meccanismi atti a scongiurare il ritorno di un nuovo dittatore in Italia, quali:
a) il Premier vive sulla fiducia del Parlamento, revocabile in ogni momento;
b) il Capo dello Stato firma gli atti del Governo, a garanzia della loro costituzionalità;
c) la stampa è libera;
d) la magistratura è indipendente dal Governo, sia pur subordinatamente a talune grane procurabili dal Governo (perché ha la competenza di finanziarne ... le spese di funzionamento, e dunque la possibilità di limitarle ...).
  Dei meccanismi elencati, il primo vive oggi solo sulla carta, da anni. Se permane democrazia in Italia, è solo perchè sono intervenuti surrettiziamente gli altri meccanismi, prefigurati dai Padri Costituenti.
   Questa non è la normalità, ma la via non è il taglio della testa a Berlusconi. La storia romana ci racconta che Giulio Cesare, tornato vincitore dalle Gallie, volle comandare a Roma. E siccome solo la riviviscenza del Senato avrebbe potuto condizionarlo, egli riformò il Senato, portando a 900 il numero dei Senatori (tutti "amici suoi", dicono gli storici), così da diluire il potere dei residui Senatori (del partito aristocratico), vecchi amici di Pompeo.
  La storia romana ci racconta anche di un manipolo di ribelli (tra cui Marco Bruto, "figlio suo"), che uccise Cesare, ritenendo che questo sarebbe stato l'unico modo di salvare la Repubblica. Sappiamo che le cose andarono ben diversamente, perchè il popolo amava Cesare e perché il motivo della crisi della repubblica non era Cesare, ma la debolezza del Senato, non più capace di prendere decisioni al passo coi tempi.

4. Rivitalizzare il parlamento. Torniamo a noi. Una democrazia entra in crisi quando non riesce a prendere decisioni al passo coi tempi. Nel caso dei Romani c'era da rivitalizzare il Senato in rapporto ad un grande impero, da salvaguardare, con problemi mondiali. Nel caso nostro il compito è assai più limitato: quello di continuare a stare attaccati ad un grande "impero" che c'è già ed è solido: l'U.E. .
  Ai tempi nostri, gran parte della debolezza del parlamento va riferita alla sinistra, perchè non rappresentata nel suo intero. Peggio: prima, il Governo Prodi è stato lo specchio della incapacità della sinistra di prendere decisioni: troppe discussioni e finanche, dopo le "poche" decisioni, trovare in piazza alcuni ministri a marciare contro il Governo, alle cui decisioni avevano partecipato poco prima.
  Penso che il Governo Berlusconi sia un regalo della sinistra (meglio dire, della situazione che dura da anni).
  Ma adesso che abbiamo un Governo capace di prendere decisioni, la sinistra ci lasci in pace per i quattro anni che spettano a questo Governo legittimo (avevano detto le stesse cose, a suo tempo, contro Berlusconi che tramava contro Prodi).
  Al punto in cui siamo, il fatto, che Berlusconi non sia molto democratico, non significa che non meriti rispetto perché è stato eletto legittimamente. C'è, poi, che la storia ci ha dato delle dittature illuminate. La Chiesa Cattolica è una monarchia assoluta e il nostro Papa non è forse un "dittatore illuminato" ?
  Direi che, se motivi di lamento ci sono, la cosa va centrata sulla qualità delle sua decisioni, più che sulla persona.

4.- Nella ricostruzione del parlamento, il ruolo della sinistra c'entra molto. Il parlamento non potrà riappropriarsi delle sue funzioni, se la sinistra non svolgerà al suo interno la propria funzione in modo credibile.
La sinistra (tutti i partiti che dal centro guardano verso sinistra) si caratterizza per una gran bella cosa: quella di discutere dal basso i problemi, e anzi discutere sempre, sempre, sempre, dalla mattina alla sera.
  La sinistra ha, però, anche un grande difetto: quello di essere divisa, e questo le impedisce di prendere decisioni …).
  Molto dipende dall'estremo attaccamento di molti alle proprie idee. Ma le decisioni bisogna prenderle … e allora il nodo è un grande dibattito tra loro per concordare le regole di decisione. Per alcune cose (che ne identificano le caratteristiche esistenziali) serve la unanimità (ma che sono una, due, tre al massimo). Per le altre, la regola della maggioranza assoluta basta e avanza. Dopo la discussione, in cui si possa sostenere tutto e il contrario di tutto… poi, una volta presa la decisione, questa va portata avanti unanimemente. Questa è la grande scommessa della sinistra.
   Senza una "grande sinistra" capace di prendere decisioni, non riavremo un parlamento secondo la Costituzione.

5. Ricostruito il parlamento, potremo porre mano alla Costituzione. Negli USA, l'elezione diretta del Presidente non impedisce al Parlamento di funzionare. Anzi, questo guadagna in autonomia, perché dalle proprie decisioni non è generata la caduta del Presidente.
   Questo è un grande nodo che va affrontato, se non si vuole tornare a far cadere i governi ogni 6 mesi.
   A quanti (come me) sono preoccupati e temono che una repubblica presidenziale ci porti direttamente alla dittatura di Berlusconi, dico che potremmo salvaguardare la figura del Capo dello Stato, anzi rafforzarne i poteri di controllo diretto costituzionale sugli atti del Governo.
  E dico che oggi c'è un potere delle Regioni, che conta molto per il bilanciamento dei poteri, c'è un quadro europeo di riferimento, c'è una accresciuta educazione scolastica della popolazione e ci sono dei sindacati dei lavoratori molto forti.                                                                                                                                             Nino Luciani

 


La lettera del Papa al Presidente del G8, On. Dr. Silvio Berlusconi
"PER INVESTIMENTI SULL'UOMO"
e "per lo sradicamento delle cause della povertà estrema"

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Joseph Alois Ratzinger, papa

   Di questa lettera, sono state dette molte parole sui giornali.  Per un apporto alla chiarezza e alla verità, ho ritenuto di riprodurre l'originale per i Colleghi universitari.
   La chiave del messaggio è un appello all'aiuto ai poveri, ma non in termini di beneficenza, bensì di investimenti sull'uomo. Anche la premura per l'Africa mi è sembrata opportuna, ma da collegare alla chiosa si Obama, nel G8: "il futuro dell'Africa dipende dall'Africa" - N.d.R.), che ci riporta agli "investimenti sull'uomo".
   A ridosso di questo mio commento, voglio ricordare la "Populorum progressio" del papa Paolo VI, perchè fu una rigorosa impostazione della problematica della povertà in termini di investimenti per lo sviluppo, direttamente nei Paesi poveri. Direi che questo genere di aiuto, oltre che umanitario, è anche più "conveniente", e che la spesa,  per ricacciare in mare i migranti, è contro natura perchè, nel medio-lungo periodo, nessuno potrà soffocare il diritto delle persone ad una vita migliore nei luoghi dove "vedono" possibile una vita migliore.

   Con l'occasione mi sono ricordato di un grande progetto di irrigazione, di moda 30 anni fa, di cui non ho più sentito parlare. Si trattava di canalizzare verso il Sahara l'acqua dei Grandi Laghi sotto l'equatore, che va perduta nell'Oceano. N.L. 

Chi vuole può trovare l'originale della Populorum progressio, cliccando su: http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/encyclicals/documents/hf_p-vi_enc_26031967_populorum_it.html
   Per una prima occhiata, ne riporto qui sotto i titoli del Sommario

   Onorevole Signor Presidente,
in vista del prossimo G8 dei Capi di Stato e di Governo del Gruppo dei Paesi più Industrializzati, che si svolgerà all'Aquila nei giorni 8-10 luglio prossimi sotto la presidenza italiana, mi è gradito inviare un cordiale saluto a Lei e a tutti i partecipanti.
   Colgo poi volentieri l'occasione per offrire un contributo alla riflessione sulle tematiche dell'incontro, come in passato ho già avuto modo di fare.
   Sono stato informato dai miei collaboratori circa l'impegno con cui il Governo, che Ella ha l'onore di presiedere, si sta preparando a quest'importante appuntamento, e so quale attenzione abbia riservato alle riflessioni, che, sulle tematiche dell'imminente Vertice, hanno formulato la Santa Sede, la Chiesa Cattolica in Italia e il mondo cattolico in generale, nonché Rappresentanti di altre religioni.
   L a partecipazione di Capi di Stato o di Governo, non solo del G8 ma di molte altre Nazioni, farà sì che le decisioni da adottare, per trovare vie di soluzione condivise sui principali problemi che incidono su economia, pace e sicurezza internazionale, possano rispecchiare più fedelmente i punti di vista e le attese delle popolazioni di tutti i Continenti.
  Questa partecipazione allargata alle discussioni del prossimo Vertice appare pertanto quanto mai opportuna, tenendo conto delle molteplici problematiche dell'attuale mondo altamente interconnesso e interdipendente. Mi riferisco, in particolare, alle sfide della crisi economico-finanziaria in corso, così come ai dati preoccupanti del fenomeno dei cambiamenti climatici, che non possono non spingere a un saggio discernimento e a nuove progettualità per "'convertire' il modello di sviluppo globale" (cfr. Benedetto XVI, Angelus , 12 novembre 2006), rendendolo capace di promuovere, in maniera efficace, uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori della solidarietà umana e della carità nella verità.
   Alcune di queste tematiche vengono affrontate anche nella mia terza Enciclica Caritas in veritate , che proprio nei prossimi giorni verrà presentata alla stampa.
   In preparazione al Grande Giubileo del 2000, su impulso di Giovanni Paolo II, la Santa Sede ebbe a prestare grande attenzione ai lavori del G8. Il mio venerato Predecessore era infatti persuaso che la liberazione dei Paesi più poveri dal fardello del debito e, più in generale, lo sradicamento delle cause della povertà estrema nel mondo dipendevano dalla piena assunzione delle responsabilità solidali nei confronti di tutta l'umanità, che hanno i Governi e gli Stati economicamente più avanzati. Responsabilità che non sono venute meno, anzi sono diventate oggi ancora più pressanti.
   Nel passato recente, in parte grazie alla spinta che il Grande Giubileo del 2000 ha dato alla ricerca di soluzioni adeguate alle problematiche relative al debito e alla vulnerabilità economica dell'Africa e di altri Paesi poveri, in parte grazie ai notevoli cambiamenti nello scenario economico e politico mondiale, la maggioranza dei Paesi meno sviluppati ha potuto godere di un periodo di straordinaria crescita, che ha consentito a molti di essi di sperare nel conseguimento dell'obiettivo fissato dalla Comunità internazionale alla soglia del terzo millennio, quello cioè di sconfiggere la povertà estrema entro il 2015.
    Purtroppo, la crisi finanziaria ed economica, che investe l'intero Pianeta dall'inizio del 2008, ha mutato il panorama, cosicché è reale il rischio non solo che si spengano le speranze di uscire dalla povertà estrema, ma che anzi cadano nella miseria pure popolazioni finora beneficiarie di un minimo benessere materiale.
  I noltre, l'attuale crisi economica mondiale comporta la minaccia della cancellazione o della drastica riduzione dei piani di aiuto internazionale, specialmente in favore dell'Africa e degli altri Paesi economicamente meno sviluppati. E pertanto, con la stessa forza con cui Giovanni Paolo II chiese il condono del debito estero, vorrei anch'io fare appello ai Paesi membri del G8, agli altri Stati rappresentati e ai Governi del mondo intero, affinché l'aiuto allo sviluppo, soprattutto quello rivolto a ' valorizzare' la ' risorsa umana', sia mantenuto e potenziato, non solo nonostante la crisi, ma proprio perché di essa è una delle principali vie di soluzione. Non è infatti investendo sull'uomo - su tutti gli uomini e le donne della Terra - che si potrà riuscire ad allontanare in modo efficace le preoccupanti prospettive di recessione mondiale?
    Non è in verità questa la strada per ottenere, per quanto possibile, un andamento dell'economia mondiale a beneficio degli abitanti di ogni Paese, ricco e povero, grande e piccolo? I l tema dell'accesso all'educazione è intimamente connesso all'efficacia della cooperazione internazionale.
   Se allora è vero che occorre 'investire' sugli uomini, l'obiettivo dell'educazione basica per tutti, senza esclusioni, entro il 2015, non solo va mantenuto, bensì rafforzato generosamente. L'educazione è condizione indispensabile per il funzionamento della democrazia, per la lotta contro la corruzione, per l'esercizio dei diritti politici, economici e sociali e per la ripresa effettiva di tutti gli Stati, poveri e ricchi.
    Ed applicando rettamente il principio della sussidiarietà, il sostegno allo sviluppo non può non tener conto della capillare azione educatrice che svolgono la Chiesa cattolica e altre Confessioni religiose nelle regioni più povere e abbandonate del Globo.

POPULORUM PROGRESSIO
LO SVILUPPO DEI POPOLI
26 marzo 1967

Introduzione, LA QUESTIONE SOCIALE È OGGI MONDIALE
Sviluppo dei popoli
Insegnamento sociale dei papi
Il fatto maggiore
I Nostri viaggi
Giustizia e pace

Prima parte, PER UNO SVILUPPO INTEGRALE DELL'UOMO


1. I dati del problema
Aspirazioni degli uomini
Colonizzazione e colonialismo
Squilibrio crescente
Aumentata presa di coscienza
Urti di civiltà
Conclusione

2. La chiesa e lo sviluppo

L'opera dei missionari
Chiesa e mondo
Visione cristiana dello sviluppo
Vocazione e crescita
Dovere personale e comunitario
Scala dei valori
Crescita ambivalente
Verso una condizione più umana
L'ideale da perseguire

3. L
'opera da compiere
La destinazione universale dei beni
La proprietà
L'uso dei redditi
L'industrializzazione
Capitalismo liberale
Il lavoro e la sua ambivalenza
L'urgenza dell'opera da compiere
Tentazione della violenza
Rivoluzione
Riforma
Programmi e pianificazione al servizio dell'uomo
Alfabetizzazione
Famiglia
Demografia
Organizzazioni professionali
Pluralismo legittimo
Formazione culturale
Tentazione materialistica
Conclusione 
Verso un umanesimo plenario

Seconda parte, VERSO LO SVILUPPO SOLIDALE DELL'UMANITÀ

Fraternità dei popoli

1. L
'assistenza dei deboli
Lotta contro la fame, oggi e domani
Dovere di solidarietà
Il superfluo
Programmi
Fondo mondiale: vantaggi e urgenza
Dialogo da instaurare: sua necessità

2. Equità nelle relazioni commerciali

Distorsione crescente, al di là del liberalismo
Giustizia dei contratti a livello dei popoli
Misure da prendere
Convenzioni internazionali
Ostacoli da superare: nazionalismo e razzismo
Verso un mondo solidale
Tutti i popoli artefici del loro destino

3. La carità universale

Doveri connessi con l'ospitalità
Dramma dei giovani studenti e dei lavoratori emigrati
Senso sociale
Missione di sviluppo
Qualità degli esperti
Dialoghi di civiltà
Appello ai giovani
Preghiera e azione

Conclusione
: Lo sviluppo è il nuovo nome della pace
Uscire dall'isolamento
Verso un'autorità mondiale efficace
Fondate speranze in un mondo migliore
Tutti solidali

APPELLO FINALE

Cattolici
Cristiani e credenti
Uomini di buona volontà
Uomini di stato
Uomini di pensiero
Tutti all'opera

PAOLO PP. VI

 A gli illustri partecipanti all'incontro del G8, mi preme altresì ricordare che la misura dell'efficacia tecnica dei provvedimenti da adottare per uscire dalla crisi coincide con la misura della sua valenza etica. Occorre cioè tener presenti le concrete esigenze umane e familiari: mi riferisco, ad esempio, all'effettiva creazione di posti di lavoro per tutti, che consentano ai lavoratori e alle lavoratrici di provvedere in maniera degna ai bisogni della famiglia, e di assolvere alla primaria responsabilità che hanno nell'educare i figli e nell'essere protagonisti nelle comunità di cui sono parte. "Una società in cui questo diritto sia sistematicamente negato, - ebbe a scrivere Giovanni Paolo II - in cui le misure di politica economica non consentano ai lavoratori di raggiungere livelli soddisfa - centi di occupazione, non può conseguire né la sua legittimazione etica né la pace sociale" ( Centesimus annus, 43; cfr. Id., Laborem excercens, 18).
E proprio a tale scopo, si impone l'urgenza di un equo sistema commerciale internazionale, dando attuazione - e se necessario persino andando oltre - alle decisioni prese a Doha nel 2001, in favore dello sviluppo. Auspico che ogni energia creativa venga impiegata per assolvere agli impegni assunti al Vertice Onu del Millennio circa l'eliminazione della povertà estrema entro il 2015.
È doveroso riformare l'architettura finanziaria internazionale per assicurare il coordinamento efficace delle politiche nazionali, evitando la speculazione creditizia e garantendo un'ampia disponibilità internazionale di credito pubblico e privato al servizio della produzione e del lavoro, specialmente nei Paesi e nelle regioni più disagiati. L a legittimazione etica degli impegni politici del G8 esigerà naturalmente che essi siano confrontati con il pensiero e le necessità di tutta la Comunità Internazionale.
A tal fine, appare importante rafforzare il multilateralismo, non solo per le questioni economiche, ma per l'intero spettro delle tematiche riguardanti la pace, la sicurezza mondiale, il disarmo, la salute, la salvaguardia dell'ambiente e delle risorse naturali per le generazioni presenti e future.
L'allargamento del G8 ad altre regioni costituisce senz'altro un importante e significativo progresso; tuttavia nel momento dei negoziati e delle decisioni concrete ed operative, bisogna tenere in attenta considerazione tutte le istanze, non solo quelle dei Paesi più importanti o con un più marcato successo economico. Solo questo può infatti rendere tali decisioni realmente applicabili e sostenibili nel tempo.
Si ascolti pertanto la voce dell'Africa e dei Paesi meno sviluppati economicamente! Si ricerchino modi efficaci per collegare le decisioni dei vari raggruppamenti dei Paesi, compreso il G8, all'Assemblea delle Nazioni Unite, dove ogni Nazione, quale che sia il suo peso politico ed economico, può legittimamente esprimersi in una situazione di uguaglianza con le altre.
V orrei infine aggiungere che è quanto mai significativa la scelta del Governo Italiano di ospitare il G8 nella città dell'Aquila, scelta approvata e condivisa dagli altri Stati membri ed invitati.
Siamo stati tutti testimoni della generosa solidarietà del Popolo italiano e di altre Nazioni, di Organismi nazionali ed internazionali verso le popolazioni abruzzesi colpite dal sisma. Questa mobilitazione solidale potrebbe costituire un invito per i membri del G8 e per i Governi e i Popoli del mondo ad affrontare uniti le attuali sfide che pongono improrogabilmente l'umanità di fronte a scelte decisive per il destino stesso dell'uomo, intimamente connesso con quello del creato.
O norevole Signor Presidente, mentre imploro l'assistenza di Dio su tutti i presenti al prossimo G8 dell'Aquila e sulle iniziative multilaterali intese a risolvere la crisi economico-finanziaria e a garantire un futuro di pace e di prosperità per tutti gli uomini e le donne senza nessuna esclusione, colgo volentieri l'occasione per esprimerLe nuovamente la mia stima e, assicurando la mia preghiera, Le porgo un deferente e cordiale saluto. Benedetto XVI

 

CRISI ECONOMICA : "Una questione di soldi  veri  ?"
Berlusconi  fa  del teatrino,   finanche nei consessi internazionali,
perchè pensa  che la crisi  sia  soprattutto psicologica.  Invece, serve  incisività

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Silvio Berlusconi

   
   Nino Luciani*, CRISI. La via per ritrovare "soldi veri",*
   vale dire per ricostruire il mercato monetario:
 

 
1) Presupposto è ripristinare la separazione tra il
      mercato monetario e il mercato finanziario;
  2) impiegare la leva fiscale in senso redistributivo;
  3) il deficit  spending, finanziato da fabbricazione di carta

     moneta aggiuntiva, in un quadro europeo, per fare una
     parziale svalutazione dell'euro, tanta quanta quella del
     dollaro (grosso modo, il  20% in due anni), anche per
     salvaguardare il cambio.
  

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Elena Marcegaglia, Confindustria

 
1.-  Separazione tra mercato monetario e mercato finanziario. La crisi che stiamo attraversando nasce dal fatto che la montagna di moneta legale, già in precedenza in circolazione nel mondo, è sparita come se questa montagna sia finita sott'acqua. Ma la moneta c'è, non è stata distrutta. A dispetto di questo fatto, le merci restano in giacenza nei magazzini. Il motivo è che la domanda non è "effettiva" (direbbe Keynes), ossia non è accompagnata da potere d'acquisto (da "soldi veri", dice Marcegaglia).
   Alle origini del vuoto monetario è la commistione tra mercato monetario (mercato a breve) e mercato finanziario (mercato a medio-lungo termine), e sicuramente molto ha giocato, sullo sfondo, il problema del finanziamento della guerra in IRAQ. Cadendo la domanda (statale) di prodotti di guerra, le relative imprese devono chiudere o convertirsi. Lo stesso vale per le industrie incompatibili con l'uso eccessivo del petrolio (automobili americane).
  Ma pur preso atto che lo scenario della guerra va allontanandosi, rimane il problema della separazione tra mercato monetario e mercato finanziario, perchè quanto successo, non succeda più. Guarda caso, noi italiani, a partire dalla legge bancaria del 1936, la separazione l'avevamo, ma (per adeguarci al resto del mondo) l'abbiamo abolita nel 1993, inserendo la "banca mista".
    Torniamo al mercato monetario.
    Perchè la moneta legale è sparita ? Sotto il profilo tecnico-ingegneristico è come se, in un grande canale circolare, piano, sia stata immessa acqua in una determinata imboccatura, verso una determinata direzione, ma essa non ritorna (in cambio di merci) dopo aver fatto il giro completo, per poi ricominciare a fare il giro. La prima spiegazione è che la moneta è saltata nel circuito del mercato finanziario, che non solo ha un orizzonte temporale medio-lungo, ma è stato anche afflitto dalle insolvenze del settore produttivo dei beni per la guerra in IRAQ, in via di cessazione. E' qualcosa di simile al principio di azione e reazione, proprio della fisica: non ci può essere azione (della moneta), se non c'è una reazione uguale e contraria (delle merci). La seconda spiegazione, quasi banale, data da J.M. Keynes, è che la moneta è finita nelle mani di redditieri che hanno relativa alta propensione al risparmio, intesa anche come tesaurizzazione perchè, in tempi di aspettative pessimistiche, chi ha moneta buona se la tiene.
  Se la diagnosi è corretta, il problema "monetario" consiste semplicemente nel riattivare la circolazione, ma separatamente da quella del mercato finanziario. Questa operazione, oggi, è molto più facile che in passato, perchè la moneta è cartacea, e dunque è facile da produrre. Ben altra difficoltà ci sarebbe se si dovesse produrre l'oro, come moneta; o se la crisi economica fosse una carenza di produzione di merci.
  Posto il problema in questi termini, tutto sembra ridursi ad una banalità. In realtà la cosa è complicata, ma più si aspetta ad intervenire, e peggio è. Ricominciamo.

  2.-  Come intervenire ? Nel panorama economico, ci sono delle persone che, pur avendo potere di acquisto, non spendono; e ci sono persone che vorrebbero spendere ma non hanno potere d' acquisto. In questo senso, il problema diviene quello di rompere il dualismo. Per l'Italia, il punto di riferimento è la banca centrale europea, e con essa la banca d'Italia.
    Tuttavia, se il "cavallo non beve", la via del credito a buon mercato, è utile solo per rinviare fallimenti in atto. Anche la "moral suasion" di Berlusconi, a spendere, ha una valenza solo teorica, in quanto la gente tornerà a spendere solo se trova rimossi i motivi di decelerazione della spesa, sia per consumi sia per investimenti.
   Il modo che rompe il dualismo è: a) attivare la leva fiscale in senso redistributivo; b) immettere moneta aggiuntiva tramite il disavanzo di bilancio, finanziato da moneta aggiuntiva, per svalutare intenzionalmente. Tutto questo, in via transitoria, per sbloccare il sistema economico, dopo di che lo Stato dovrà ritirarsi.  
  Tuttavia, la dimensione "globale" della crisi pone all'Italia quanto meno un coordinamento al livello europeo. Invece, guarda caso, dobbiamo assistere a duetti "Francia-Germania", senza l'Italia. Eppure la Merkel è passata per l'Italia qualche mese fa. E anche Sarkosy è passato da noi qualche settimana fa. E' una questione di scarsa capacità di convincimento di Berlusconi nei confronti dei leader "europei", o è il contrario ?  Torniamo sugli strumenti.
    a) la via fiscale in senso redistributivo. Da soli, l'unica via, importante, che potremmo applicare, è quella fiscale in senso redistributivo, vale dire va impiegata la tassazione per togliere moneta ai redditi medio-alti, perchè con relativa alta propensione al risparmio, e sgravare i redditi medio-bassi perchè con relativa alta propensione al consumo. Questo permette al bilancio di mantenere i pregressi impegni di spesa, ed in poco tempo.
   Negli USA, un'area piena di dollari è quella che ricomprende i settori, che hanno prodotto beni per la guerra. Anche questi settori dovranno cedere alla fiscalità una parte dei "superprofitti".
  Tuttavia, qui c'è una problematica a double face.La prima fase della crisi economica è nata in questi settori perchè, al venir meno della domanda pubblica di prodotti per la guerra, essi hanno dovuto licenziare personale. E ciò ha innescato, a domino, tutta una serie di inadempienze, da parte delle famiglie (mutui, ecc.). Questi settori hanno adesso dei  problemi di conversione industriale per prodotti di pace. Dunque, questi settori dovranno cedere alla fiscalità una parte dei "superprofitti", ma in un secondo tempo, dopo che avranno risolto i loro problemi di conversione industriale
    b) il deficit spending. La seconda via importante è il deficit spending, ma a causa dei suoi effetti "monetari", essa è praticabile sono in un concerto europeo di euro.
  Esso serve a creare svalutazione monetaria. Questa politica ha due risvolti: quello di prelevare "rispamio forzoso", attraverso l'aumento dei prezzi; e quello di permettere allo Stato di spendere.
   Nell'area del dollaro (dunque, anche fuori degli USA) il pieno di dollari sta presso i Paesi petroliferi. Dunque, poichè  la tesaurizzazione in dollari è fuori dagli USA, nei confronti di questi Paesi non è applicabile la manovra fiscale. In questo senso il solo modo di tassarli è svalutare il dollaro. Qualcosa del genere potremmo fare in Europa per l'Euro, ma in coordinamento col dollaro, in modo da mantenere il cambio, fisso.
   Il risvolto del deficit spending, anche grazie alla sua entità, è di permettere il finanziamento della spesa pubblica, soprattutto in lavori pubblici.
  Questa via, però, non ha effetti immediati (salvo che in termini di "aspettative" degli operatori), perchè passa per i procedimenti burocratici, lenti per loro natura. L'importante è, comunque, che i processi siano avviati presto, in modo da consolidare quanto avviato per la via fiscale (vedi punto a).
   Una seconda via di spesa è il finanziamento delle povertà. Questa via può essere rapidamemte attuata, se i percettori sono già nei ruoli amministrativi dello Stato.

  3.-  COSA  FA IL NOSTRO GOVERNO RISPETTO A QUESTE INDICAZIONI ? Fa molto in termini di numero di decisioni, ma poco in termini operativi. Vediamo qualche caso:
  a) nulla in termini fiscali in senso redistributivo, che sarebbe la via più efficace. Questa via sarebbe anche un "atto dovuto" da parte del governo Berlusconi. Non abbiamo ancora dimenticato la "rapina del secolo", lasciata passare sotto i suoi occhi, nel 2002-2003 ai danni del reddito fisso, a causa del raddoppio dei prezzi, causa Euro (per errato calcolo del cambio lira/euro da parte del pregresso governo Prodi e del governatore Fazio);
  b) rilancio delle opere pubbliche. Esse sono di là da venire, a causa della lentezza dei meccanismi burocratici;
  c) sostegno delle banche. Anche questo va benissimo, perchè serve ad impedire insolvenze verso i depositanti, e quindi evitare una catastrafe a domino. Tuttavia questo serve solo a creare argini. Siamo ancora molto lontani dall'aggredire la crisi finanziaria delle imprese.
  d) sostegno dell'edilizia con mezzi amministrativi. Anche questo va bene. Ma chi farà queste piccole opere, se non ha liquidità primaria ?
  e) esportazioni. Queste sono assolutamente allo sbaraglio, perchè la domanda estera non dipende da noi, almeno in modo diretto. Per questo settore, l'unico modo nostro sarebbe di usare la politica fiscale come sostituto della politica monetaria (che non è più nelle nostre mani). Usare la politica fiscale, in modo monetario, vuol dire convertire (in parte) il sistema fiscale, sostituendo le imposte indirette con imposte dirette, a parità di gettito.
  C'è, poi, la questione del modesto appeal dell'Italia nei confronti della Francia e della Germania. Questo è un grosso fattore di debolezza, per l'Italia.
*Nino Luciani, Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna.

 

Stato della giustizia in Italia

"Relazione sull'amministrazione della Giustizia nell'anno 2008"
in occasione della INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2009
Il testo completo, è in: http://www.cortedicassazione.it/#,"Relazione sull'amministrazione della Giustizia nell'anno 2008"

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Vincenzo Carbone

 


Vincenzo Carbone*, 
"Le principali cause della crisi"

(Stralcio dalla relazione, Parte III).

 
* Primo Presidente della Corte di Cassazione


Vincenzo Carbone, Relazione, Parte III - LE PRINCIPALI CAUSE DELLA CRISI

Sommario:  "Le cause principali della crisi"
1. Le cause esterne: 1.1. L'irrazionale distribuzione delle sedi giudiziarie; 1.2. Le risorse (scarse) della Giustizia e le rigidità nel loro utilizzo; 1.3. Le modalità di accesso al sistema della Giustizia e l'"abuso del processo; 1.4. Le ulteriori disfunzioni della domanda di Giustizia (mancanza di filtri equi ed efficaci, che genera  troppi avvocati)
2. Le cause interne: a) uso mediatico della Giustizia, da parte di Giudici; b) politica di "potere" e "personalismo"; c) "carriere parallele" da parte di Giudici, fuori ruolo a domanda per un tempo abnorme; d) mancanza di una cultura dell'organizzazione e dell'efficienza

Premessa. Per affrontare una crisi è sempre necessario, innanzitutto, individuarne e comprenderne con impietosa lucidità le cause, nella consapevolezza che la Giustizia, come ogni sistema aperto, è sottoposta, come si è detto, alla regola della causazione complessa: occorre analizzare tutti i fattori critici e tenere presenti le loro interazioni, per agire consapevolmente in modo organico ed evitare gli effetti inattesi e le conseguenze indesiderate, che così spesso si accompagnano all'azione riformatrice. Per invertire il calo di fiducia non basta individuare una criticità e aggredirla, ma occorre agire contestualmente sia sulle cause esterne che su quelle interne al sistema stesso. Per rimuovere, o almeno correggere, le prime è necessario innanzitutto un impegno del Parlamento e del Governo, che porti ad una ridefinizione delle politiche. Per rimuovere le seconde è necessario, invece, innanzitutto uno sforzo di tutti gli operatori, ai diversi livelli.

1 - LE CAUSE "ESTERNE": OFFERTA E DOMANDA DI GIUSTIZIA
1.1. L'irrazionale distribuzione delle sedi giudiziarie. Una grave causa di disfunzione è l'irrazionalità della attuale distribuzione delle sedi giudiziarie, che sfugge ai più elementari principi di buona organizzazione degli uffici pubblici. In Italia ci sono 165 Tribunali e relative procure, di cui non pochi istituiti con leggi speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di Tribunali. Di questi, 93 Tribunali e Procure, che rappresentano il 56% degli uffici giudiziari, hanno non più di 20 Magistrati, e circa 60 hanno sede in territori che già possono contare sull'esistenza di un Tribunale nella sede del capoluogo provinciale (abbiamo 19 Tribunali in Sicilia, con 4 Corti d'Appello, e 17 Tribunali in Piemonte; a Sulmona il Tribunale più piccolo ha 1 Presidente e 3 Giudici).
   Ciò provoca costi di gestione altissimi e continui rischi di blocco dei processi negli uffici più piccoli, per l'assenza anche di un sol Giudice. Si comprendono le forti resistenze e le pressioni locali per mantenere un presidio di Giustizia sul territorio. In attesa di un riordino organico (sulla base della "dimensione organizzativa ottimale" degli uffici giudiziari), si potrebbero almeno trasformare subito, in via transitoria, i circa 60 Tribunali periferici in sezioni distaccate del Tribunale del capoluogo di Provincia. Ciò consentirebbe di conservare intatta la rete territoriale, ma di centralizzare in capo al presidente del Tribunale provinciale la gestione del personale e delle risorse, con ben maggiore efficienza e flessibilità, rendendo un servizio migliore, anche nelle stesse sedi distaccate. In altri paesi si è già provveduto sia all'accorpamento dei Tribunali piccoli e medio-piccoli sia alla ripartizione nel 2007 dei Tribunali grandi come quello di Parigi, suddiviso in quattro sedi più funzionali ed efficienti in virtù del principio di "une organisation territoriale rationalisée".

1.2. Le risorse della Giustizia e le rigidità nel loro utilizzo. Da molte parti si lamenta la scarsità delle risorse. Il problema esiste, ma non si tratta di quello più grave, (anche in considerazione di quanto accade negli

  Nino Luciani, Quattro osservazioni in libertà, ma anche un pò di delusione per l'inadeguatezza della relazione

   Questo commento è quello di "uno" (non del campo), che da anni sente la cantilena della lentezza dei processi, ma che non ha mai guardato dentro, per capire cosa succede. Ed ecco che, infine, mi sono letto tutta la relazione del Procuratore Generale, e ne riporto solo la parte che  riguarda i rimedi.
CAUSE ESTERNE. In breve sintesi, secondo il relatore, la gran parte dei mali deriva da carenze strutturali:
1) Troppe sedi, di cui la gran parte di dimensione troppo piccola.
   Questo non permette un impiego flessibile dei pochi giudici e cancellieri,(di questi, ne servirebbero 2  per 1 giudice), ripartendoli all'occorrenza per le varie esigenze. Una prima soluzione starebbe nel superare la frammentazione, ridefinendo opportunamene le dimensioni delle varie sedi.

2) Scarsità delle risorse. Per il relatore il problema esiste,, ma non è quello più grave. Davvero c'è da rimanere perplessi. Non c'è una cifra da cui risulti quanti sono i giudici e i cancellieri mancanti (risulterebbe che per un giudice, servono due cancellieri), e nemmeno c'è una cifra da cui risulti la necessità di Computer e attrezzatire varie. Eppure dai giudici ci sono non poche voci, che lamentano questo tipo di carenze.
3) Abuso del processo. Ci sono molte cause civili e penali,  perchè poco costose. Il relatore suggerisce un filtro (?), ma poi  invoca lumi dalla teoria delle scelte collettive, ma non va oltre.

    Su questo versante, nel campo civile, secondo detta teoria, una via è richiedere il pagamento anticipato del valore presunto della causa, e da restituire in caso di vittoria. Tuttavia, poichè il servizio della giustizia è un bene misto (pubblico e privato, con prevalenza del privato), solo una parte del costo va addebitato al ricorrente (70% ?), eventualmente differenziando per classi di redditieri.
   Nel campo penale, il relatore tace. Qui è notorio che la numerosità delle cause deriva dalla obbligatorietà dell'azione penale e dal periodo di prescrizione dei reati, che incentiva azioni ritardanti i processi. C'è, poi, la tipologia del processo penale, che è un processo "parlato", ossia in cui la documentazione esterna conta poco, e dunque facilmente rivoltabile ("confessi, e poi ritratti; confessi di nuovo, e di nuovo ritratti, e così il tempo passa). Anche qui il Primo Presidente non si spreca.
   A proposito della obbligatorietà dell'azione penale, si potrebbe forse mettere qualche limite: ad esempio, separare le cause per tipologia di reati, e sorteggiarne un 50%, per ogni tipologia.
  A riguardo della prescrizione, si potrebbe farla decorrere solo dall'inizio del processo, in modo da responsabilizzare i giudici in modo diretto, ed eventualmente penalizzarli nella retribuzione, in caso di scatto della prescrizione.
3) Avvocati. Secondo il relatore ci sono troppi avvocati, non sempre all'altezza del compito. Serve una migliore selezione nei concorsi per l'accesso all'Ordine.
CAUSE INTERNE. Su queste il relatore è molto superficiale e breve.
1) Carriere parallele. Il Relatore lamenta l'abuso di giudici ("non pochissimi"), che ottengono facilmente la collocazione "fuori ruolo", per fare attività di giudici privati, e questo dà luogo a vere e proprie "carriere parallele" a quelle dei giudici in servizio di ruolo.

    Il relatore non propone rimedi. Ci si sarebbe almeno aspettato che proponesse l'abolizione del fuori ruolo durante la carriera;
2) Mancanza di cultura dell'organizzazione e dell'efficienza da parte dei Giudici. Il relatore non va oltre questo lamento.
  Credo che ci sarebbe un modo di incentivare i giudici ad organizzarsi per accelerare i processi: ad es. dare una retribuzione variabile al giudice, in base al numero dei processi. La retribuzione, tuttavia, dovrebbe essere relativamente bassa (per non incentivare la frettolosità)

P.S. Nella relazione è deplorato l'uso mediatico delle sentenze, da parte di alcuni giudici, con effetto devastante sul buon nome della giustizia.
   Nulla si dice della politicizzazione dei giudici e della separazione delle carriere. NL

altri  Paesi). In effetti, negli ultimi anni la spesa per la Giustizia risulta recessiva sia in valore assoluto sia in relazione alle altre spese pubbliche. L'incidenza delle complessive spese per la Giustizia sul Bilancio dello Stato oscilla dall' 1,11% del 2005, l'1,22% del 2006 e l'1,15% del 2007, poi scende all' 1,07% del 2008 e, infine, all' 1,00% del 2009.
   L'incidenza sul bilancio dello Stato delle spese di Giustizia (solo spese di Giustizia, non includendo le spese per la Magistratura onoraria) oscilla, negli ultimi anni, dallo 0,07 % (del 2005), allo 0,10 % (del 2006), allo 0,08% (del 2007) allo 0,06% (del 2008 e del 2009).
   La spesa per abitante è stata, così, ridotta da 134 euro nel 2008 a 127 euro nel 2009. In valore assoluto, gli stanziamenti per spese di Giustizia, negli anni 2006, 2007, 2008, si sono andati progressivamente riducendo dagli 8,22 miliardi di euro del 2006, ai 7,26 miliardi del 2008, ai 6,55 miliardi di euro del 2008.
   In crescente aumento è poi il costo per il Patrocinio a spese dello Stato nel processo penale (d.p.r. n. 115 del 2002) I dati statistici disponibili (relativi all'anno 2007) evidenziano, infatti, un elevato numero di persone interessate (109.330) ed ammesse (94.041), con un totale di costi pari ad euro 84.916.200 di cui 79.431.890 per onorari ai difensori.
   Altri Paesi hanno scelto la via non degli incrementi "a pioggia", ma degli investimenti "mirati" per il recupero dell'efficienza: si tratta di un esempio che merita comunque attenzione.
  In Francia, parte degli stanziamenti del bilancio francese per la Giustizia è stata espressamente preordinata a rendere decisioni giudiziarie più rapidamente ed efficacemente, a tal fine indicando l'aumento del bilancio dei servizi giudiziari (del 3,8%), la destinazione di 427 milioni d' euro alla reforme de la carte judiciaire, il reimpiego dei mezzi e lo sviluppo delle nuove tecnologie allo scopo di migliorare l'efficacité della Giustizia (con un aumento del bilancio per l'informatica del 7,6%).
    Ciò che appare più preoccupante è la rigidità e la burocratizzazione delle forme di utilizzo delle risorse medesime, che spesso non consente di svolgere le pur minime e necessarie funzioni strumentali, né di premiare il personale più meritevole. Un sistema privo di una logistica razionale non può che essere disfunzionale e lo spreco di risorse connesso a questa criticità potrebbe essere fortemente ridotto con misure organizzative relativamente facili da assumere. Tali misure richiedono, però, da parte dell'intera collettività e dei suoi rappresentanti, la consapevolezza che è utile e necessario rinunciare alle "esternalità" che nel tempo sono state caricate sul sistema Giustizia, con la moltiplicazione di sedi ispirata da ragioni di campanile o di esigenze degli operatori, piuttosto che dei destinatari del servizio. Sono necessarie regole più flessibili, anche in considerazione di esigenze non omogenee degli uffici sul territorio. Va anche stigmatizzato il mancato raccordo tra l'allocazione del potere di spesa, collegato al Ministero della Giustizia, e quella del potere di organizzazione, che in parte fa capo al C.S.M: occorrerebbe avviare un dialogo costruttivo tra entrambe le Istituzioni.

1.3. Le modalità di accesso al sistema della Giustizia e l'"abuso del processo".   Se l'"offerta di Giustizia", pur con i problemi evidenziati, non è differente da quella degli altri Paesi, ben diversa è la situazione della "domanda di Giustizia". La moltiplicazione abnorme dei procedimenti pendenti deriva, in misura considerevole, dalla mancanza, in Italia, di qualsiasi meccanismo di "filtro" alla rilevanza e alla qualità delle controversie che possono essere portate dinanzi al Giudice. La quantità di risorse che ciascun procedimento impegna è indipendente dalla sua rilevanza, sociale od economica, e l'accesso alla Giustizia si rivela così, illusorio, perché - come si è evidenziato all'inizio - la stessa facilità di accesso diventa la causa prima di blocco del sistema. A ciò si aggiunga che la gestione dei procedimenti è oggi di tipo pulviscolare: la stessa questione viene riproposta infinite volte, impegnando ogni volta l'intero meccanismo di soluzione della controversia, in modo che eventuali risposte non omogenee diventino fonti di ulteriori controversie. Si produce, così, al tempo stesso, uno spreco di risorse e la produzione di orientamenti contraddittori, che aumentano l'incertezza e diventano ulteriori fattori di moltiplicazione del contenzioso. Un'ulteriore caratteristica del nostro tempo è il passaggio dall'abuso del diritto all'abuso del processo, per il raggiungimento di scopi diversi dalla soluzione della lite o per conseguire vantaggi economici. Si assiste sempre più spesso, infatti, ad un fenomeno di distorsione nell'utilizzo del processo, non più come strumento per risolvere una controversia ed accertare la regola applicabile al caso concreto, ma piuttosto come strumento di dilazione dei tempi nell'adempimento di obbligazioni e, ancor peggio, di strumento volto ad assicurare utilità del tutto estranee alla funzione del processo stesso. Se la tutela dell'interesse sostanziale è la ragione della attribuzione della potestas agendi e ne segna il confine, l'esercizio dell'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela attribuita configura abuso del processo e lede il principio del giusto processo, inteso come risposta alla domanda della parte. L'abuso della situazione sostanziale, in quanto attuata nel e tramite il processo si risolve in abuso dello stesso e viola il precetto dell'art. 111 Cost. . Il principio, affermato in riferimento al divieto di frazionamento giudiziale di un credito unitario - derivante dalla regola generale di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. - si arricchisce di un ulteriore profilo di contrarietà allo stesso 111 Cost. dal punto di vista della ragionevole durata del processo. L'effetto inflattivo, riconducibile alla possibile moltiplicazione dei giudizi, lede la ragionevole durata per l'evidente antinomia tra la moltiplicazione dei processi e il contenimento della loro durata. Si realizza così per la Giustizia, come per altri beni pubblici, il fenomeno dei "free riders": soggetti che usufruiscono di un bene pubblico,  il cui costo è sostenuto da tutta la collettività - estraendone utilità private ed aggravando, quindi, il costo per gli altri soggetti. Nel caso di specie, tale costo non deriva soltanto dallo spreco di risorse che un ricorso distorto allo strumento del processo comporta, ma anche da un ulteriore e forse più grave effetto: la moltiplicazione di controversie produce, infatti, un intasamento del sistema, che non solo eroga il servizio ad un costo più alto di quello dovuto, ma spesso non riesce neanche più ad erogare il servizio in tempi ragionevoli. L'illusione di un accesso del tutto indiscriminato al servizio Giustizia si traduce, così, in effetti, in una restrizione del servizio per chi ne ha davvero bisogno e nella distrazione di un bene pubblico dalla sua vera e propria funzione. Anche per la Giustizia occorrerebbe, dunque, affrontare, come è stato fatto sulla base della teoria delle scelte collettive per altri servizi e beni pubblici, il problema delle condizioni per la fruizione del bene pubblico stesso, conciliando l'ampiezza dell'accesso con misure volte ad evitare un uso distorto del bene ed un'appropriazione parziale dei vantaggi del servizio.

1.4. Le ulteriori disfunzioni della domanda di Giustizia. Il dato numerico relativo agli avvocati in Italia risente, invero, di una rilevante oscillazione ove si raffrontino gli iscritti al Consiglio degli Ordini Forensi d'Europa, il CCBE (Conseil des Barreaux Européens - Council of Bars and Law Societies of Europe), con gli iscritti alla Cassa nazionale forense (al 31 dicembre 2007, gli iscritti al CCBE erano 213.081, a fronte dei 136.750 e 143.976 iscritti alla Cassa nazionale forense, rispettivamente, alla fine del 2007 e del 2008). L'inagevole reperimento di un dato univoco, dimostra, peraltro, la necessità di una riforma della professione forense che non trascuri, tra l'altro, la mera gestione degli elenchi dei singoli Ordini in diretto collegamento con l'Ordine nazionale, con la Cassa di previdenza forense e con il CCBE. Muovendo dal dato fornito dalla Cassa nazionale forense, aggiornato al 31 dicembre 2008, vi sono 143.976 iscritti, di cui 41.931 iscritti all'Albo speciale degli avvocati cassazionisti, 313 avvocati dell'INPS, 253 avvocati dell'INAIL ed altri avvocati di enti pubblici), oltre 389 tra avvocati e procuratori dello Stato.
   Fa comunque riflettere il dato complessivo, fornito dal CCBE, del numero degli avvocati italiani comparato al numero degli avvocati europei: solo l'Italia supera la soglia dei 200.000 avvocati (più del 30% del totale europeo calcolato dal CCBE), mentre gli altri Paesi si attestano ben al di sotto di questa cifra (la Spagna con 154.953, la Germania con 146.910, il Regno Unito con 139.789, seguite dalla Francia con solo 47.765 avvocati). Il CCBE rappresenta più di 700.000 avvocati europei attraverso gli ordini forensi suoi membri, appartenenti a 31 Stati membri e a 10 paesi osservatori.
   Il divario aumenta, e di molto, se si considerano gli avvocati patrocinanti dinanzi alle Corti di suprema istanza: in Italia vi sono 41.921 cassazionisti, ma manca l'albo nazionale con le condizioni di assunzione che non sia il mero dato anagrafico, in Francia essi sono solo 95 (Cour de cassation, Annuaire 2008, pag. 149-153) e in Germania, al 1 agosto 2007, appena 44 (www.Bundesgerichtshof.de).
   Significativa l'esperienza tedesca: il numero degli avvocati non è previsto espressamente, tuttavia sussiste una specifica procedura di selezione per l'abilitazione al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof (artt. 164 e segg. della legge federale sull'avvocatura - Bundesrechtsanwaltsordnung [BRO] approvata il 1 agosto 1959), tramite una selezione effettuata da un comitato (Wahlausschuss) composto dal Presidente del Bundesgerichtshof, dai presidenti delle dodici sezioni civili della Corte, da membri del consiglio federale dell'ordine degli avvocati e dai membri del consiglio dell'ordine degli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof. Sulla proposta di designazione formulata dal suddetto comitato decide il Ministro della Giustizia.
   Con recente ordinanza (Bundesverfassungsgericht, Beschluss 27.02.2008, 1 BvR 1295/07) la Corte costituzionale federale ha dichiarato la legittimità costituzionale di tale disciplina, sottolineando, in particolare, che l'obbligo degli avvocati abilitati di concentrare la loro attività esclusivamente sui processi in materia civile dinanzi al Bundesgerichtshof ed il limitato numero degli stessi, garantiscono la loro perfetta conoscenza della giurisprudenza del Bundesgerichtshof e la loro elevata qualificazione giuridica e consente loro di esercitare una funzione di garanzia e promozione della giurisprudenza al più alto livello L'ordinanza riconosce altresì la funzione di filtro esercitata dagli avvocati abilitati al patrocinio dinanzi al Bundesgerichtshof. Ulteriori elementi di riflessione provengono dal confronto di questi dati con il numero di Magistrati e notai, nei quali l'Italia non si discosta di molto dalla media europea: nel 2008, si hanno "soltanto" 4.675 Notai e 8.359 Magistrati (così ripartiti: 6.242 giudicanti e 2.117 requirenti). Come appare dal grafico, su 100.000 abitanti vi sono circa 241 avvocati, 15 giudici e 8 notai.
   Nella relazione scritta è documentato, in forma grafica, il tasso di litigiosità, presso i Tribunali, in rapporto al numero di avvocati e al bacino di utenza dei Tribunali aggiornati con i dati ISTAT sulla popolazione al 31 dicembre 2007.
  I dati si riferiscono ai giudizi di cognizione ordinaria (tav. 1) e al contenzioso previdenziale (tav. 2); seguono, per i giudizi innanzi al Giudice di pace, la tav. 3 con riferimento alle opposizioni a sanzioni amministrative e la tav. 4 con riferimento al risarcimento danni da circolazione stradale.
   In un libero mercato di servizi, la moltiplicazione del numero degli operatori è sempre un dato positivo. Ma nel caso della Giustizia gli avvocati da un lato offrono un servizio alle parti, dall'altro lo richiedono al sistema pubblico. Occorre, allora, valutare, anche avvalendosi dell'esperienza degli altri Paesi, fino a quando tale abbondanza di operatori sia davvero funzionale a dar voce alle giuste pretese dei cittadini, e quando invece l'assenza di un numero chiuso (come accade per Notai e Giudici) non comporti, invece, un surplus di domanda di Giustizia, rispondente non più solo, e non più tanto, alle suddette pretese. Tale surplus ricade a carico del sistema, e potrebbe costituire una delle cause per le quali le risorse destinate dall'Italia risultano insufficienti rispetto ad altri Paesi con analoga "offerta" di Giustizia ma con ben minore, e più "filtrata", "domanda". Nessun intervento di riorganizzazione della Giustizia appare credibile se si concentra solo sullo stock di processi esistente e non si fa carico di porre filtri - equi ed efficaci - al flow dei nuovi accessi.

2 - LE CAUSE "INTERNE".
  a) uso mediatico della Giustizia, da parte di Giudici;
   La crisi di fiducia nella Giustizia deriva, come si è già detto, anche da cause interne alla Magistratura. Si tratta di pochi e isolati casi, ma che purtroppo hanno una rilevanza clamorosa, anche per l'enfasi mediatica che inevitabilmente li circonda. C'è stato un cambiamento di rotta, ma l'impegno deve essere ampliato, rafforzato e condiviso da tutti. In più di un caso, si avverte la carenza, o l'insufficienza, di quello che dovrebbe essere un "costume comune" di tutti i Giudici, che abbia alla sua base la responsabile condivisione di valori etici e comportamenti istituzionali da assumere come propri, caratteristici, inviolabili e inscindibilmente connessi alla stessa funzione giudiziaria. Quello del Giudice è un "mestiere" difficile: immersi nel mondo, nel "contesto" sociale, per assicurare la Giustizia con altruismo e con sacrificio, ma senza anelare a fama e potere. In primo luogo, il Giudice deve evitare "tentazioni mediatiche".
   Le Juge ne parle que de son siège: il Giudice comunica all'esterno il proprio lavoro attraverso la qualità e la tempestività dei provvedimenti che emana, non grazie alla popolarità delle trasmissioni cui partecipa o delle interviste che rilascia. Queste esternazioni personali rischiano di costituire, nella maggior parte dei casi, fonte di equivoci, se non di possibili strumentalizzazioni, perché forniscono a queste dichiarazioni, non istituzionali, una notorietà maggiore di quella rivolta alle decisioni del Magistrato, e fanno perdere di vista la finalità propria dell'attività giudiziaria che è quella di pervenire, con solerzia e tempestività, ad una decisione che sia - ma che anche appaia - super partes, pronunciata nell'ambito del processo, e non al di fuori di esso. Certo, come abbiamo già avuto modo di rilevare, con il conforto di altri autorevoli interventi, oltre a un più rigoroso richiamo dei Giudici ai propri doveri di riservatezza, occorrerebbe, contestualmente, evitare la realizzazione di veri e propri "processi mediatici", simulando al di fuori degli uffici giudiziari, e magari anche con la partecipazione di Magistrati, lo svolgimento di un giudizio mentre è ancora in corso il processo nelle sedi istituzionali. La Giustizia deve essere trasparente, ma deve svolgersi nelle sedi proprie, lasciando ai media il doveroso ed essenziale compito di informare l'opinione pubblica, ma non di sostituirsi alla funzione giudiziaria.
   b) politica di "potere" e "personalismo". Un'altra disfunzione deriva dal considerare, talvolta, l'esercizio della giurisdizione alla stregua dell'esercizio di un "potere", con la conseguente distrazione dal senso del servizio pubblico che sempre deve accompagnarci. Vi sono vari modi in cui tale disfunzione si realizza, ad esempio: - come esercizio di potere nei confronti delle parti, che devono alla fine "subire" passivamente le inefficienze o la pigrizia di alcuni nella conduzione del processo; - come esercizio di potere nei confronti di altri colleghi, come dimostrano purtroppo casi recenti di scontri, tutti interni alla Magistratura, ai quali mai avremmo voluto assistere; - come esercizio di potere nei confronti della società, come avviene nei casi di "auto-indagini" condotte solo nel perseguimento di una personale ricostruzione accusatoria. A tale grave problematica corrisponde, però, una duplice e altrettanto grave incapacità del sistema. Da un lato, un'incapacità degli altri poteri pubblici di migliorare l'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, fino ad arrivare a casi di rottura del principio di legalità, che inducono lo stesso sistema a spingere i Magistrati ad una impropria funzione di "supplenza". Dall'altro, un'incapacità di provvedere sollecitamente, in sede disciplinare, nei confronti del Magistrato che sbaglia, sì da restituire all'indipendenza della Magistratura il ruolo di valore essenziale di rilievo istituzionale e non di opaco scudo posto a difesa di privilegi corporativi. Solo così si realizza la migliore garanzia contro ogni tentazione di assoggettamento della Magistratura ad altri e diversi poteri. Non mancano, poi, manifestazioni di una sorta di "narcisismo autoreferenziale", che induce, tra l'altro, all'emanazione di quelle che il compianto collega Borré definiva "sentenze corsare", le quali si pongono in palese e talvolta immotivato contrasto con consolidati indirizzi giurisprudenziali. Ciò, da un lato, costringe le parti - se ancora possibile - ad un ulteriore, defatigante grado di giudizio e, dall'altro, aumenta l'incertezza e anche il degrado istituzionale.
  c) "carriere parallele" da parte di Giudici, fuori ruolo a domanda per un tempo abnorme. Vi è, poi, il rischio di "carriere parallele". Ritengo che una permanenza temporanea al servizio delle Istituzioni pubbliche possa arricchire il bagaglio culturale e professionale del Giudice e costituire una costruttiva esperienza. Ma il fatto che vi siano colleghi, anche non pochissimi, ai quali la disciplina vigente - tra le pieghe delle varie regole e nell'assenza di considerazione dei periodi già trascorsi - consente di restare collocati fuori ruolo per molti e molti anni, sottraendosi così per buona parte della loro carriera ai fondamentali compiti istituzionali, rischia di trasformare tale costruttiva esperienza in una sorta di "carriera parallela", alla quale non dovrebbe accedersi tramite il concorso in Magistratura.
  d) mancanza di una cultura dell'organizzazione e dell'efficienza. Ma la causa a mio avviso più grave di tutte - poiché è anche la più diffusa, la meno avvertita, la più giustificata - risiede nella mancanza, nell'ambito della Magistratura, di una cultura diffusa dell'organizzazione e dell'efficienza, che si affianchi alla cultura del Diritto. Troppo spesso il Magistrato, ancora oggi, continua intimamente a ritenere di dover essere solo un bravo giurista, non anche un efficiente dispensatore del servizio. Il meglio è spesso nemico del bene; il riconoscere Giustizia tardivamente equivale spesso a non riconoscerla; la realizzazione di sentenze ponderose, dotte e giuridicamente impeccabili, ma cronicamente tardive, è grave quanto la perpetrazione di un'ingiustizia.
    Come diceva De Nicola "giustizia lenta non è giustizia". La mancanza di una cultura di direzione dell'ufficio, di imposizione di regole più efficienti, di prevenzione e sanzione dei ritardi, di informatizzazione del lavoro, ci induce a considerare come eccezionali i risultati - noti come best practices, anche in s ede internazionale - ottenuti da alcuni uffici giudiziari grazie ad un'efficace organizzazione laddove tali risultati dovrebbero costituire, invece, la regola, e cioè la conseguenza naturale di un'applicazione diffusa, negli uffici giudiziari, del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.
   Come per tutte le organizzazioni complesse, occorre accettare sino in fondo la logica di sistema e di servizio della Giustizia, con la conseguente condivisione ed implementazione di modelli organizzativi volti ad assicurare la funzionalità e l'efficienza dell'attività giudiziaria, ed evitare invece il doppio rischio dell'anomia organizzativa - che consente a ciascuno di sottrarsi a logiche di funzionamento collettivo per perseguire percorsi individuali - e della burocratizzazione, attenta solo alle "voci di dentro" della corporazione e non alle esigenze e alle aspettative dei cittadini e della collettività.VC

 

CRISI ECONOMICA : diagnosi e consigli al Governo

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Silvio Berlusconi

     
Nino Luciani*, 
"Le conseguenze economiche della pace"
                                        e la via per contrastare il ciclo
  
1) Rilancio dei lavori pubblici. (Tra le opere prioritarie, la Nuova Romea, E55,
     in considerazione del numero di morti, sulla "vecchia statale 309");
  2) sostegno delle esportazioni, usando la politica fiscale come sostituto

     della politica monetaria, non più tra i poteri diretti dello Stato.

    *
Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna


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Giulio Tremonti

    Il titolo "Le conseguenze economiche della pace" è ripreso da un celebre opuscoletto di J.M.Keynes, scritto al ritorno della conferenza di Parigi, del 1919, a cui non potè restare fino alla fine (per il Governo inglese), per problemi di salute.
   Quel titolo era stato da lui ripreso da un rapporto del conte Brockdorf-Rantzau, alle Potenze alleate, "sugli effetti delle condizioni di pace sulla situazione della popolazione tedesca".
   Quel volumetto è ben noto per aver suggerito di non punire la Germania con l'imposizione del pagamento di danni di guerra, che avrebbero impedito alla Germania un pronto ristabilimento del suo sistema industriale, e dunque di aiutare l'Inghilterra con la ripresa reciproca del commercio internazionale.
  Questa via è quella, che viene seguita oggi nel mondo. Tralasciamo, dunque, questo quadro, e vediamo  cosa dovrebbero fare, al loro interno, i Paesi in recessione. Questo pone un problema di diagnosi, per poi giustificare degli strumenti, sia pur in interpretazione molto semplificata, per un grande pubblico, e per Tremonti (giurista tributario).
    1.- Motivi. Allora si proveniva dalla prima guerra mondiale. Guarda caso, anche adesso proveniamo da una guerra: quella in IRAK. Ma separiamo l'Italia dall'area del dollaro (USA) e vediamo come la crisi finanziaria vada collegata alla recessione indotta dalla pace.
    - Negli USA ( e Paesi sostenitori), c'è stata una fase 1, il momento in cui è nata la guerra. C'è una domanda pubblica di prodotti per la guerra, e il sistema produttivo americano viene impegnato alla produzione di beni per la guerra. Ma l'impegno sarà superiore alle previsioni (la guerra durerà 7 anni). Lo sforzo viene sostenuto dalle banche d'affari, molto anche al di là delle regole (con la connivenza dei pubblici poteri).
    - Segue una fase 2, in cui la guerra comincia a cessare. La domanda pubblica di beni per la guerra decelera. Il sistema produttivo di guerra si trova in crisi. Cominiciano le prime insolvenze verso le banche. Cominciano i primi licenziamenti di mano d'opera. Seguono le insolvenze delle famiglie verso le banche (mutui casa, ecc.). Il sistema bancario si trova in difficoltà nella restituzione dei depositi.
    In Europa, la caduta della domanda dall'area del dollaro lo vediamo subito dal calo del cambio dell'Euro in Dollari: per un Euro si scende da un massimo di Dollari 1,60 (nel luglio 2008) ad un minimo di Dollari 1,26.
    In Italia, preesiste l'onda lunga dell'inflazione, causa Euro, dal 2001-02. Quell'inflazione impoverì del 50% i cittadini a reddito fisso, e arricchì (corrispondentemente) quelli a reddito variabile (professionisti, commercianti, imprese). Per la prima legge Keynesiana, cade la domanda dei percettori di reddito fisso, perchè non "effettiva" (ossia non accompagnata da potere di acquisto). Ma essa non è controbilanciata da quella dei cittadini a reddito variabile medio-alto. Questi hanno una propensione al risparmio, più che proporzionale al salire del reddito.
   Sotto il profilo congiunturale, il risultato finale è la recessione: la merce c'è, ma rimane nei magazzini.
   In Italia, preesiste (sempre come effetto dell'inflazione, causa Euro), una situazione strutturale pesante delle imprese che vendono per l'estero, non più protette dalla svalutazione della lira. Questa situazione è stata in parte recuperata col progresso tecnico (aumento di produttività), ma pare inarrestabile. L'Export è il 23% del PIL. Si direbbe un settore strategico, e del resto lo sappiamo fin da quando andavamo a scuola che l'Italia è povera di materie prime e non potrebbe sopravvivere se non operando sull'estero.

   2. Gli strumenti. In recessione congiunturale, per parte bancaria (BCE) lo strumento classico (già in via di applicazione) è la riduzione del tasso di interesse. Ma il credito passa soprattutto per il sistema produttivo e, in tempi di pessimismo, il "cavallo non beve". La moneta offerta, anche se a tasso zero, non viene domandata.
   Dopo Kyenes, la via che risolve è l'intervento, esogeno, dello Stato. Tre sono le tipologie che raccomanderei per creare una domanda "effettiva":
   a) l'attuazione dei progetti già pronti di lavori pubblici e l'uso della politica fiscale, come sostituto della politica monetaria (un potere che l'Italia ha ceduto alla BCE).
   b) i lavori pubblici dovrebbero essere finanziati con aumento temporaneo dell'aliquota IRPEF sui redditi medio-alti, perchè con relativa alta propensione al risparmio, e (se necessario) con BPT decennali.
   c) le esportazioni dovrebbero essere sostenute stabilmente con una politica fiscale deflattiva (ossia che riduca il livello generale dei prezzi interni). Si tratterebbe di ridurre le imposte indirette "non trasferibili", e recuperare la perdita gravando le imposte dirette. Nel nostro caso, andrebbe abolita subito  l'IRAP (imposta indiretta, sul valore aggiunto) e recuperato il gettito con la tassazione diretta dei redditi
. NL

 

In margine al DDL delega del Governo sul " FEDERALISMO FISCALE"

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Silvio Berlusconi

      Nino Luciani*,  Federalismo fiscale per l'Italia:
      Regioni o Comuni ?  Ovvero l'importanza:
-
di una preventiva verifica dell'idoneità territoriale dei Comuni a spendere
        bene il gettito, derivante dai maggiori poteri fiscali;
  
- di un "tetto alla pressione fiscale "globale" dei vari enti tassatori, che
      aumentano, mentre la tasca del contribuente rimane "unica";
  
- di attribuire solo alle Regioni il potere fiscale "locale" che, poi, lo
        riattribuiranno ai Comuni, in base alle idoneità territoriali a dati compiti
* Ordinario di scienza delle finanze, Università di Bologna

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Umberto Bossi

    Il Consiglio dei Mnistri del 3 ott. 2008 ha approvato un disegno di legge delega per il federalismo fiscale.
    A mio modo di vedere questo disegno dovrebbe tener conto della cornice locale, in cui esso si colloca. Questa nota ha lo scopo di segnalare questa cornice, come contributo al dibattito per una migliore efficacia del progetto.
   In premessa, direi la opportuntà di dare un'occhiata (almeno per conoscerla) alla precedente grande riforma radicale del sistema fiscale, quella del 1970, di cui al rapporto del Presidente della Commissione per la riforma tributaria, Cesare Cosciani (pubblicata da Giuffrè ed. nel 1965, se ben ricordo), che portava la tradizione della scienza delle finanze italiana. La proposta fu, poi, inserita nel primo "Progetto di programma di sviluppo economico per il 1965-69 (Ministero del Bilancio, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1965). Ne traggo alcuni spunti, con altri miei personali, tratti da due miei Saggi sul federalismo fiscale, sulla Rivista TRIBUTI, n. 8/1997 e n. 5/1999, Ministero Finanze, Roma. 
1) Più tassatori, una sola tasca del contribuente. La Commissione avvertì preliminarmente che, anche in un processo che allarghi il numero degli enti tassatori, oltre lo Stato (e nel federalismo fiscale, questo avviene per definizione), il potere fiscale deve essere esercitato in modo armonico, rispetto alla tasca del contribuente che, comunque, rimane "unica". Se (poniamo) l'ente più forte prelevasse tutta la capacità contributiva di un cittadino, gli enti più deboli sarebbero costretti a raschiare nel barile del contribuente, con le conseguenze che si lasciano immaginare per questi enti e per il cittadino.

  2) Dimensioni territoriali efficienti degli enti. Il potere fiscale va attribuito agli enti, previa la verifica della loro capacità di spendere in modo economico le entrate.
   Ricordo che i Comuni sono 8153, e di essi 2.400 hanno meno di 2.000 abitanti; e 6.000 si avvicinano a 5000 abitanti.
   Le ragioni storiche dell'origine di Comuni così piccoli sono note. Allora aveva significato che capillarmente esistessero tanti centri di servizio. Ma è anche evidente che quelle situazioni sono radicalmente mutate.
   Ma vediamo le dimensioni minime, necessarie, per alcuni servizi comunali:
- per un'area giochi ed attrezzature sportive per ragazzi di 11-14 si richie-dono, per una gestione efficiente, circa 10.800 abitanti servibili;
- per un'area dello stesso tipo per ragazzi di età superiore ai 14 anni si ri-chiedono 20.000 abitanti;
- per un centro polisportivo si richiedono 250.000 persone:
- per un asilo nido si richiedono 2000-4000 abitanti servibili;
- per una scuola elementare, 600-7.000 abitanti;
- per una scuola media, 2.000-16.000 abitanti;
- per una scuola secondaria superiore, 50.000 abitanti;
- per un centro sanitario elementare, 10.000 abitanti;
- per un ospedale di II grado, 150.000-350.000 abitanti.
In rapporto a queste dimensioni, solo 1.000 Comuni sono idonei per un'area giochi per ragazzi di 11-14 anni; solo 292 sono idonei per un'area gio-chi per ragazzi di età superiore a 14 anni; solo 42 sono idonei per un centro polisportivo; solo 80 per un ospedale di II grado, e così via.
  
  3) Le corrette conseguenze dei due punti.
   3.1)  Punto 1). Per l'armonia delle pressioni fiscali degli enti, il riparto delle imposte, tra loro, dovrebbe avvenire dopo avere definito un sistema fiscale unitario sul piano nazionale, e il parlamento dovrebbe di fissare il tetto della pressione fiscale globale, in un orizzonte pluriennale (almeno tre anni). A sua volta, il riparto percentuale del gettito dovrebbe aver luogo con contrattazione tra Stato e Regioni.

    Ricordo, poi, che il potere politico si identifica largamente nel potere fiscale. E poichè il riordino territoriale dei Comuni dovrebbe essere tipicamente un compito regionale (già lo è, ma funziona poco) , suggerirei che il potere fiscale locale sia dato solo alle Regioni. Queste, a loro volta, ripartiranno le imposte regionali tra i rispettivi Comuni.
    Ricordo anche che, già in sede di rapporto della Commissione economica del Ministero per la costituente (1946), la sezione finanza rilevò che i Comuni sono dei pessimi tassatori, in ragione dei rapporti di amicizia e parentela locale tra il sindaco e assessori verso i cittadini locali. Anche sotto questo aspetto, l'esclusiva del potere fiscale alle Regioni sarebbe importante. D'altra parte, già attualmente i Comuni minori delegano a grandi concessionari la riscossione.
   3.2) Punto 2). Un rimedio istintivo potrebbe essere la eliminazione di tutti i Comuni con una dimensione inferiore ad un determinato limite. Ma va ricordato che una legge, sul decentramento comunale, permette ai Comuni maggiori di ulteriormente decentrare a Frazioni e Quartieri dati compiti. Queste legge ha dato buoni frutti, perchè ha stimolato la partecipazione dei cittadini alla vita democratica.

   Per questo, la mia proposta è di ridefinire i Comuni-capoluogo di Provincia come Comuni metropolitani con i poteri propri e con quelle delle Province (da abolire, di conseguenza) e di riconfigurare i rapporti di tutti i Comuni minori, con quello metropolitano, allo stesso modo dei quartieri e frazioni con il Comune maggiore.
  Su questa base, il Comune metropolitano assumerebbe tutti i poteri dei Comuni minori e riattribuirebbe a loro solo i compiti amministrabili in modo efficiente, in base alla dimensione.
  I campi nei quali maggiormente si evidenzia la necessità dell'accorpamento non sono solo i vari servizi sociali, ma anche l'accertamento e la riscossione delle imposte.
4. Quali imposte attribuire agli enti locali.

  4.1) La Commissione tributaria del 1965 suggerì di dare agli enti locali due imposte: a) l'imposta sui redditi patrimoniali (ciò non impedisce di esentare la prima casa); e l'imposta monofase sui consumi finali.
  Sono di questa stessa idea. Riguardo alla imposta monofase, la Commissione la propose in affiancamento all'IVA, ma per ridurre l'aliquota di quest'ultima.
   Questa idea è cosa saggia perchè l'evasione dall'IVA è in gran parte dovuta alla sua aliquota, troppo vistosa.
   Voglio anche chiarire che la somma dei valori aggiunti parziali di un bene è uguale al valore finale del medesimo. Dunque, sono due imposte di uguale gettito, a parità di aliquota. Muta, invece, il procedimento di esazione: nel caso dell'IVA, per uno stesso bene, l'imposta gira per i territori dove nascono i valori aggiunti parziali. Invece, nel caso dell'imposta monofase l'imposta è solo locale.
   4.2) Uniformità di determinati servizi sul piano nazionale. Tenuto conto che una pressione fiscale locale uniforme genera gettiti diversificati da ente a ente, ma anche della assoluta necessità che dati servizi ci siano in tutti i Comuni, la Commissione suggerì il finanziamento statale, dei Comuni, sulla base di parametri oggettivi inversamente proporzionali al grado di sviluppo locale.
   Sono di questa stessa idea, ossia di usare parametri oggettivi, perchè l'attribuzione di una vera autonomia deve escludere la discrezionalità del finanziatore che cambia idea di anno in anno. Penso anche che il finanziamento statale debba coprire l'interezza dei costi di detti servizi, sulla base di parametri di costo standard. NL

 

Ateneo di Bologna
SOLLEVAZIONE DEI PROFESSORI CONTRO "Il Sole 24 ORE"
.

Al giornale, che aveva scritto: "Al Professore bastano 3 ore di lavoro al giorno", i proff. replicano:

"Al Professore non bastano 24 ore di lavoro al giorno"

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Hanno firmato il testo:
(testo aggiornato in tempo reale)

Lilla Maria Crisafulli, Keir Douglas Elam, Gianfranco Pasquino, Niva Lorenzini, Roberto Grandi, Paola Monari, Maurelio Boari, Dario Braga, Giuseppe Olmi, Donna Miller,Vera Negri Zamagni, Antonio Corradi, Domenica Tonelli, Adalberto Falaschini, Patricia Brasili, Carlo Ferrari, Giorgio Corazza, Piero Pieri, Andrea Fassò, Enrico Santarelli, Mauro Fabrizio, Michele La Rosa, Nino Luciani, Gian Paolo Brizzi, Mauro Pesce, Luciano Margara, Louann Haarman, Sandro De Maria, Stefano Ciurli, Giovan Francesco Lanzara, Giuseppe Sassatelli, Fabrizio Frasnedi, Elisabetta Magni, Moreno Paolini, Anna Maria Gentili, Ruggero Campagnoli, Paolo Sorcinelli, Fabio Panzieri, Alberto Martelli, Mauro Perani, Diego Savoia, Ignazio Druidi, Angela Donati, Emilio Tagliavini, Piera Carla Cicogna, Giorgio Dragoni, Luciano Bononi, Giorgio Tassinari, Agostino Trombetti, Marco Dalla Rosa, Piergiorgio Battistelli, Rafael Lozano Miralles, Luisa Avellini, Roberto Laschi, Claudio Sartori, Alberto Destro, Aldo Andreani, Roberto Guidorzi, Gabriella Campadelli-Fiume, Piero Piazzi, Carmelina Imbroscio, Daniela Gallingani, Cecilia Pietropoli, Umberto Mazzucchi, Alessandra Giovagnoli, Carla Corradi, Ignazio Masulli, Lorenzo Quilici, Maria Teresa Rodriguez Estrada, Fabio Foresti, Pier Giorgio Ardeni, Loretta Gregorini, Elisabetta Alvoni, Cristina Bragaglia, Pierfrancesco Callieri, Stefano Toso, Federico Carpi, Alfredo Cottignoli, Vinicio Tammaro, Giorgio Sartor, Carlo Guarnieri, Giuliana Cardillo, Giuseppe Monsagrati, Vincenzo Giulio Albano, Scialpi Fabio, Marina Colangelo, Giorgio Basevi, Romano Zannoli, Gianni Faccioli, Annamaria Billi, Victor Ugo Ceccherelli, Rita Gatti, Carlo Filippucci, Bruno Andrea Melandri, Achille Franchini, Giuseppina La Face, Rossella Capozzi, Pierpaolo Donati, Teresa Ciapparoni, Maria Zalambani, Francesco Bossi, Carla Consolini, Giliberto Capano, Antonio Genovese, Mariagrazia Contini, Claudio Ciavatta, Luciano Formisano, Patrizia Caraffi, Emma Beseghi, Paolo Edgardo Todesco, Giovanni Cimbalo, Anna Mandich, Fulvio Pezzarossa, Gilmo Vianello, Marie Rieger, Francesco La Polla¸ Massimo Pavarini, Federico Bertoni, Valentina Poggi, Gualtiero Calboli, Antonella Ceccagno, Maria Giuseppina Muzzarelli, Francesca Emiliani, Fabio Dall’Olio, Pierluigi Lenzi, Carminella Biondi, Stefano Maini, Andrea Battistini, Paolo Leonardi, Giovanni Gentile Marchetti, Eraldo Seren, Luigi Contadini, Maurizio Fabbri, Andrea Battista Vai, Paola Filippi, Andrea Lodi, Anna Maria Ferreri, Achille Umani Ronchi, Giuliana Benvenuti, Maria Gioia Tavoni, Maurizio Ascari, Luisa Brunori, Laura Landi, Donatella Serafini-Fracassini, Anna Laura Trombetti, Roberto Mulinacci, Carlo Bertucci, Roberto Amici, Lorenzo Gradoni, Cosimo Caneve, Danilo Montesi, Renzo Davoli, Antonio Messina, Alan Bertossi, Srefano Ferretti, Davide Sangiorgi, Claudio Sacerdoti Coen, Paola Salomoni, Fabio Vitali, Vittorio Ghini, Ugo dal Lago, Ozalp Babauglu.

  Nota. Come economista della finanza pubblica sono abbonato, da anni, al "Il Sole 24 ORE", perchè quotidiano di alto valore professionale nel campo economico e finanziario in Italia e nel mondo.
  Ma, in totale dissonanza con questa intonazione di alto profilo, alberga, invece in esso, anche abbastanza spesso un qualche brusio, che rispecchia la tradizione sindacale "padronale" dei suoi proprietari contro la cultura e la scuola. Già, perchè il popolo istruito prende coscienza dei diritti umani e del lavoro, e allora sciopera  ...
   In particolare alberga nel giornale una certa maldicenza, direi di moda, contro i professori universitari. Qui, sotto, i colleghi di Bologna hanno messo nero su bianco.

   Ma, per parte mia, voglio anche ricordare alcuni dati statistici che dovrebbero parlare da soli a chiunque, se non chiude le orecchie:
    - i docenti di ruolo sono 62.000 circa;
   - gli insegnamenti-annuali equivalenti sono 117.000-120.000 circa ;
   - gli studenti sono 1.809.000 circa

   - i laureati sono 300.000 all'anno, circa.
   Dunque, si direbbe che il lavoro non manchi.
   Quanto ai doveri di stato giuridico:
    a) il compito primario del docente universitario è la ricerca. Qui non c'è un limite di orario, come di un operaio che stacca il lavoro in un determinato orario. La ricerca è tale che il docente continua a pensare, anche in privato alle cose che "cerca". C'è anche chi si alza di notte per prendere appunti su un problema che il cervello gli ha risolto in automatico;
    b) le 350 ore di didattica frontale, richieste dallo stato giuridico, sono il  "minimo dovuto" all'interno del tempo della ricerca. Questo vuol dire che le ore effettive di didattica possono essere di più. Sono talmente di più, in media, che spesso uno aspetta le vacanze con un senso di liberazione, perchè finalmente potrà terminare in pace una ricerca, mai conclusa a causa dell'eccesso di didattica;
    c) ci sono le riunioni del Consiglio di Facoltà almeno una volta al mese (5 ore); ogni docente appartiene ad almeno due Consigli di corso di laurea, ad un consiglio di dipartimento. ....;
   d) occorre partecipare ai congressi, per la discussione collegiale dei contributi scientifici.

   Mi fermo, ma ci sarebbe da parlare anche delle retribuzioni... NL

Hanno inoltre aderito:

Francesco Saverio Trincia (Roma La Sapienza);Alessandro Gebbia (Roma La Sapienza); Isabella Imperiali (Roma La Sapienza); Marina Caffiero (Roma La Sapienza); Biancamaria Frabotta (Roma La Sapienza); Alonso Marini (Roma La Sapienza); Marina Beer (Roma La Sapienza); Lidia Capo (Roma La Sapienza), Alfonso Archi (Roma La Sapienza), Francesco Silva (Milano Bicocca), Giovanna Silvani (Università di Parma); Diego Saglia (Università di Parma); Annamaria Sportelli (Università di Bari), Lia Guerra (Università di Pavia), Roberto Francavilla (Università di Siena), Francesca Saggini, (Universita della Tuscia,Viterbo), Sandra Puccini (Universita della Tuscia, Viterbo), Barabara Piqué (Universita della Tuscia,Viterbo), Saverio Ricci (Universita della Tuscia, Viterbo), Raffaele Caldarelli (Università della Tuscia, Viterbo), Mariagrazia Russo (Università della Tuscia, Viterbo), Guido Samarani (Università Ca’ Foscari, Venezia), Federico Alberto Greselin (Università Ca’ Foscari, Venezia), Carlo M. Bajetta, (Universita' della Valle d'Aosta, Michele Marrapodi (Università di Palermo), Elio Di Piazza (Università di Palermo), Camilla Miglio (Università di Napoli, l’Orientale), Gemma Persico (Università di Catania), Sebastiano Grasso (Università di Catania), Carmela Nocera (Università di Catania), Massimo Schilirò (Università di Catania),Gioia Zaganelli (Università di Urbino), Paolo Mariti, (Università di Pisa), Gianfranco Lotito.

Il testo sottoscritto dai 113 docenti

AVVERTENZA. I Colleghi in Italia e all'estero che volessero dare l'adesione, scrivano
alla prof.ssa CRISAFULLI (e-mail: lilla.crisafulli@unibo.it), Senatrice Accademica, prima firmataria.

"Al Professore non bastano 24 ore di lavoro al giorno"

Premessa: un insieme di pregiudizi e luoghi comuni

I sottoscritti docenti dell’Alma Mater - Università degli Studi di Bologna, a seguito dell'ennesimo articolo apparso su un quotidiano italiano ("Al Professore bastano 3 ore di lavoro al giorno", Il Sole 24 Ore, 26 maggio 2008), denigratorio nei confronti dell'Università pubblica italiana e dei docenti che lavorano al suo interno, con sempre maggiore fatica e sempre meno incentivi e considerazione, desiderano esprimere la loro amarezza e la loro indignazione. Il contesto nel quale l’articolo è apparso è quello della proposta riforma del Pubblico Impiego, e il suo titolo, che dovrebbe riassumere lo ‘sfascio pubblico’, appunto da riformare, riguarda in primo luogo l’Università pubblica italiana.
Tuttavia, al di là della discutibile qualità dell’articolo, ciò che seriamente preoccupa i sottoscritti è il quadro del tutto inesatto che offre della situazione attuale negli atenei italiani, nonché i preconcetti e pregiudizi che l’articolo, come altri precedenti interventi mediatici, tradisce nei confronti di tutta una categoria professionale. Il docente universitario, si legge nell’articolo, ha un impegno didattico di 250 ore/anno per il tempo parziale, e 350 per il tempo pieno. Dati che sono falsati alla radice, perché tengono conto solo di una  normativa ministeriale che nulla a che fare con il reale stato delle cose.

I dati reali

Si dovrebbe partire da ben altri dati, quelli presentati nel corso del convegno svoltosi a Modena il 29 maggio del consorzio universitario AlmaLaurea, che annovera 51 università italiane, sul profilo dei laureati 2007, dove sono emersi invece risultati molto lusinghieri. Il Consorzio ha presentato un rapporto che costituisce un punto di riferimento importante per coloro che guardano al sistema di istruzione superiore del Paese come ad un fattore nevralgico dello sviluppo. La popolazione osservata, in 46 dei 51 atenei consorziati, sfiora complessivamente le 185 mila unità. Il campo di osservazione copre oltre il 64 per cento del sistema universitario italiano e garantisce la sostanziale rappresentatività a livello nazionale per gruppo disciplinare, per genere e per ripartizione territoriale (Nord, Centro e Sud),
La situazione presenta quasi ovunque segnali di netto miglioramento nei confronti dei laureati del 2001 ed anche dell’anno 2006. Si è osservato innanzitutto il contrarsi dell’età alla laurea (da 28 a 27 anni). Il dato è tanto più apprezzabile perché si realizza in simultanea con l’elevarsi dell’età all’immatricolazione (da 20,0 a 20,9 anni), frutto dell’accesso agli studi universitari di nuove fasce di popolazione. È aumentata, parallelamente, la percentuale dei laureati in età inferiore ai 23 anni, che riguarda oggi 18 laureati su cento. Diminuisce il ritardo alla laurea, che in media consisteva nel 69 per cento in più del tempo previsto dagli ordinamenti nel 2001, e che è divenuto oggi pari al 45 per cento. La stessa percentuale di laureati in corso, 9,5 per cento all’inizio del periodo considerato, raggiunge nel 2007 il 37,9 per cento. Inoltre, fra i laureati dell’ultima generazione osservata, 72 su cento acquisiscano con la laurea un titolo che entra per la prima volta nella famiglia d’origine.
E’ migliorata, inoltre, la frequenza alle lezioni: per 65 laureati su cento riguarda più dei tre quarti degli insegnamenti previsti, e la diffusione nel bagaglio formativo dei laureati degli stage (che riguardano nell’ultimo anno 51 laureati su cento). Migliorano anche le conoscenze linguistiche (nell’intervallo la conoscenza “almeno buona” dell’inglese scritto e parlato continua ad aumentare, seppure di poco) e quelle informatiche (aumenta di 10 punti la conoscenza dei fogli elettronici e di quasi 3 la conoscenza di strumenti multimedia). 87 laureati su cento, si dichiarano complessivamente soddisfatti dell’esperienza di studi compiuta. Anche se solo 69 laureati su cento la ripeterebbero nello stesso corso e nello stesso ateneo. Completano il quadro la crescente domanda di formazione post-laurea (che nel 2007 ha riguardato 66 laureati su cento), così come aumentano le esperienze di studio all’estero (12 per cento).
Concluso il corso di primo livello, 80 laureati su cento dichiarano l’intenzione di proseguire gli studi. Nell’esperienza formativa dei laureati specialistici “puri” si riscontrano indici particolarmente elevati di frequenza alle lezioni (79 laureati su cento dichiarano di avere frequentato regolarmente più dei tre quarti degli insegnamenti previsti). L’esperienza compiuta anche con la laurea specialistica risulta ampiamente apprezzata (se sono decisamente soddisfatti 42 laureati su cento, altri 48 esprimono comunque una valutazione positiva) tanto che la gran parte (78 per cento) la ripeterebbe nelle stesse condizioni (stesso corso e stesso ateneo).
L’esperienza di tirocinio e stage, poi, è più che raddoppiata fra i laureati dall’avvio della riforma. Nel 2007 ha riguardato, infatti, oltre la metà del complesso dei laureati, sottolineando il crescente impegno delle università e la positiva collaborazione con il mondo del lavoro (l’80 per cento dei tirocini sono stati svolti al di fuori dell’università). Nei laureati specialistici a ciclo unico l’età media alla laurea raggiunge complessivamente i 26,7 anni. Particolarmente positive risultano le performance di questi laureati sintetizzabili: nella votazione di laurea (in media 106,2 su 110); nella regolarità con cui riescono a concludere gli studi quasi la metà di loro (48 per cento); e nell’esperienza di studi all’estero con programmi comunitari (che riguardano 8 laureati su cento contro 6 per il complesso dei laureati).


L’attuale realtà della ricerca…

Inoltre, i luoghi comuni che vengono frequentemente ripetuti o riciclati – come in questo caso - sui docenti universitari si riferiscono ad una presunta realtà che risponde soltanto ad una inesatta o superficiale conoscenza della situazione universitaria italiana.
Chi scrive ‘indagini’ sullo stato dell’università pubblica italiana dovrebbe, come minimo impegno professionale, aggiornarsi sullo stato di questa istituzione, cosa che invece avviene molto raramente. Qualche decennio fa, prima delle molteplici riforme che si sono succedute, era forse possibile per un docente universitario italiano limitare l’impegno didattico ad un solo corso annuale; godersi lunghi periodi di ricerca; avere assistenti che lo affiancavano sia per la ricerca sia per la didattica, tanto che, nei confronti dei colleghi europei, sembrava vantarsi qualche privilegio (mai quello dello stipendio, da sempre fra i più bassi in Europa). Oggi, tale quadro si è totalmente rovesciato. Oggi, i docenti italiani fanno più ore di lezioni frontali, di esami, di tesi, di amministrazione di molti loro corrispettivi europei e nordamericani, senza voler rinunciare minimamente al tempo dedicato alla ricerca che è missione principale del docente universitario, e fondamentale anche per realizzare una docenza e didattica a livello adeguato. Tuttavia, oggi il tempo realmente a disposizione per la ricerca si è drammaticamente ridotto, pur essendosi imposto anche in Italia il diktat anglosassone del “Publish or Perish”, grazie all’introduzione (per altri versi sacrosanta) di sistemi di valutazione della produttività scientifica. Il risultato è la sempre più impellente richiesta di una costante performance di ricerca, da una parte, e dall’altra dei margini sempre più ristretti di tempo per adempiervi. Per non parlare dell’impossibilità di formare le nuove leve, di portare avanti gli studenti più bravi e meritevoli e di dar loro qualche prospettiva, a causa del taglio drastico del numero delle borse di studio, della riduzione dei posti di dottorato e della esiguità dei posti di ricercatori.
Le Università italiane sono state lasciate in totale solitudine a cavarsela di fronte a continue e talvolta contraddittorie riforme (riforme non accompagnate da adeguate risorse finanziarie), anzi,  in soli due anni più di 500 milioni di euro sono stati stornati dalle sue legittime finalità - cioè dal budget destinato ad incrementare l'FFO alle Università e ad incrementare i fondi per la ricerca scientifica e per l'offerta didattica - e invece spostati ad altre voci di spesa (emergenze trasporti). Nonostante questo, l’impegno profuso dai ricercatori ha fatto sì che le agenzie internazionali abbiano posto diverse università pubbliche italiane in posizioni di medio-alto livello nel 'ranking' degli atenei mondiali.

…e della didattica

L’ultima (per ora) riforma universitaria ha imposto a molte Facoltà il doppio percorso di laurea triennale e laurea specialistica (il cosiddetto ‘3+2’), e, di conseguenza, una maggiore tipologia di corsi e moduli (triennali, specialistici, corsi professionalizzanti) e un impegno didattico trasversale e spesso interdisciplinare. Del resto, anche in quelle Facoltà dove non è stata adottata la riforma 3+2, è stato aumentato il numero degli anni complessivi, e sono stati introdotti altresì corsi brevi e nuovi percorsi professionali che hanno obbligato i docenti a moltiplicare e diversificare il loro impegno didattico.
Questo comporta che se si vuole fare una didattica di livello universitario, le lezioni  vanno preparate e diversificate sulla base della popolazione studentesca cui si rivolgono, con studio ed aggiornamento costanti che si quantificano in molte ore di lavoro e di ricerca quotidiana. A tutto ciò si devono aggiungere le ore ufficiali e ufficiose di ricevimento studenti, di correzione e discussione di tesi e tesine, di preparazione e correzione di esami scritti e orali, nonché per creare contatti e sottoscrivere convenzioni con il mondo del lavoro per lo svolgimento efficace di stage e tirocini. Si aggiungano poi le ore spese in varie commissioni didattiche e di ricerca, in sedute sempre più frequenti di Corso di laurea, di Indirizzo, di Facoltà, di Ateneo, e l’impegno profuso presso scuole e collegi di Dottorati e di Master e di commissioni di concorso locali e nazionali.
Non solo, ma l’indicazione governativa a costruire percorsi sempre più specialistici e professionalizzanti ha obbligato le strutture, e dunque i docenti che vi afferiscono, nonostante gli alti numeri degli studenti iscritti ai singoli corsi delle Università pubbliche, a cercare quanto più possibile di avviare una didattica che sia insieme frontale e individuale, tutoriale e di laboratorio, a fronte di un personale praticamente dimezzato rispetto a qualche anno fa a causa del prolungato blocco del turnover (pochissime nuove assunzioni e ondate sempre più grandi di pensionamento, che porteranno peraltro gli Atenei italiani ad un preoccupante svuotamento entro il 2012-2015), e a fronte degli adempimenti amministravi e burocratici sempre più pressanti e numerosi.
         Cosa dire poi dell’impegno sul fronte dell’internazionalizzazione, voluta giustamente dai governi locali e nazionali, e che presso le Università italiane ha ottenuto risultati eccellenti (nel numero di scambi studenti nell’ambito dei programmi Socrates-Erasmus, di convezioni Overseas, di titoli congiunti, di Marie Curie, etc, e, di conseguenza, di fondi assegnati al sistema universitario dalle Commissioni Europee) e che ha permesso a migliaia di studenti italiani di fare utili esperienze di studio e di ricerca all’estero arricchendo la propria personalità e un necessario quanto spendibile curriculum professionale. Risultati che si devono anche all’impegno profuso e mal riconosciuto, dei docenti e ricercatori dei nostri Atenei, e che hanno fatto acquisire all’Italia diversi punti nella valutazione europea.


Una situazione incomprensibile e dannosa

Nonostante l’impegno nella ricerca e nella didattica di tutti i suoi componenti, l'Università italiana pubblica resta da tempo al centro di un tiro al bersaglio dal quale non esiste un organo accademico nazionale che sembri capace di difenderla. Siamo lasciati sempre più soli, quando non addirittura attaccati e umiliati dalle istituzioni e dai media, e così lo sono i nostri studenti: isolati da e in una società che ha dimenticato che il valore fondamentale del mondo civile è quello dell'istruzione. Mentre in altri paesi europei, come la Francia, la Gran Bretagna e la Spagna, l’investimento nella ricerca e nella formazione universitaria è una priorità di governo, in Italia la parola d’ordine sembra quella di svilire ricerca, cultura e formazione.
Anche se i fondi per la ricerca e per la didattica sono sempre meno e le richieste di impegno orario, di pre-pensionamento, di imparare a fare a meno di contratti, di lettori, di tecnici capaci, di nuovi posti di ricercatori, sono sempre maggiori, i docenti non vogliono essere una corporazione e non vanno trattati come lobbisti.
            Infine, se l’ articolo di legge che riguarda l’impegno orario dei docenti è contenuto nel d.p.r. 382/1980, art. 10, i dati sono estratti dalla Ragioneria dello Stato che quantifica il nostro lavoro partendo da minimi ministeriali, ed introducendo poi un correttivo per ulteriori attività istituzionali, incrementando tali minimi di un fattore arbitrario (per un professore a tempo pieno da 350 a 950). Ma dal rapporto non si evince in alcun modo se la ricerca debba essere inglobata in questo monte ore o se non sia tenuta in conto del tutto, e proprio la ricerca che resta dovere fondamentale dell’Università.
           Così come abbiamo visto nel caso della didattica e delle attività ad essa connesse, ci si chiede ancor di più per la ricerca come possano essere calcolabili tutte le attività che essa implica e che sono ormai ritenute indispensabili: i progetti di ricerca, strategici, nazionali e internazionali, la sperimentazione di laboratorio, la consultazione di archivi e biblioteche, il tempo di osservazione, di riflessione e di scrittura, i contatti, le collaborazioni, la disseminazione dei risultati, e, non ultimo, le pubblicazioni di volumi, articoli in riviste o l’organizzazione di e la partecipazione a convegni nazionali e internazionali? Tutte attività che richiedono un lungo e continuativo lavoro, non misurabile in modo convenzionale con un orario, ma certo non compreso nel monte ore indicato.
Chiediamo che la attività della Università e degli operatori della ricerca sia valutata e considerata in modo realistico, e non in base a parametri di minimo ministeriali, Chiediamo che finalmente si sostenga il comparto ricerca e istruzione, chiediamo di non parlarne più in modo approssimativo o, peggio, dispregiativo, ma che si avvii una seria politica di rilancio dell’Università pubblica italiana.
I docenti universitari italiani sono fieri di essere educatori e ricercatori, una fonte di progresso intellettuale, morale e sociale, e chiedono di non essere sottoposti a continui processi. La ricerca scientifica italiana, e forse la nostra coscienza sociale e comunitaria, oggi e ancor più domani, dipendono anche dalla conservazione e dal miglioramento della qualità del nostro lavoro. E se ovunque, specie all’Università, la qualità dovrebbe prevalere sulla quantità, in realtà non basterebbero neppure le 24 ore giornaliere per tener testa a quello che la coscienza del docente e l'immaginazione e curiosità del ricercatore che è in ognuno di noi ci spingono a fare, per l'evoluzione scientifica dei nostri studenti e l'aggiornamento e approfondimento delle conoscenze nei nostri settori disciplinari.

 

L' ITALIA  del dopo ELEZIONI  POLITICHE: larga maggioranza a  BERLUSCONI

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Silvio Berlusconii

L'Italia della "maggioranza" in euforia, ma con Bossi  "cruciale"
(Lega Nord: 60 seggi alla Camera e 26 seggi al Senato, essenziali per fare maggioranza)

Per la scossa del sistema politico sono stati determinanti i mass media e anche alcuni modi,
quasi eversivi, del futuro Premier che prometteva collocazioni politiche ai traditori di Prodi.

Ma voglio domandare: "E' molto diverso conquistare il potere con l'uso delle armi
o con la manipolazione delle coscienze incaute, con l'uso delle televisioni di massa ?"

I fattori più profondi della scossa al sistema politico sono stati:

1) Da un lato, la rabbia dei percettori di reddito fisso, rimasti impoveriti dalla grande inflazione del 2001-2003, causa l'EURO; e, dall'altro, la preoccupazione dei percettori di redditi variabili (beneficiati) di non arretrare per mano fiscale;
2) La sprovvedutezza politica della sinistra italiana, fattasi capire a rovescio rispetto all'intenzione di  soccorrere il reddito fisso (vedi punto 1), fino a trovarsi contraria la somma dei danneggiati e dei beneficiati dall'inflazione;
3) Gli interventi preconcetti della magistratura sul Ministro della Giustizia, Mastella, questa volta preso dal panico;
4) Fors'anche la debolezza del Presidente Napolitano, che ha sciolto entrambe le camere, anzichè solo quella (Senato) che non funzionava (ex-art. 88 Cost.).

17 apr. 2008, Il giudizio dell'Economist su Berlusconi
(e, en passant, sulle università italiane, con estensione impropria, quasi da vomito. Ma perchè ? - N.d.R.)

"Italy embraces Silvio, again and again"
  (stralcio dalla traduzione di http://bnoise.wordpress.com/
   2008/04/18/economist-e-la-vittoria-di-berlusconi/

   Silvio Berlusconi è la scatola a sorpresa ( jack-in-the-box) della politica Europea. Nelle elezioni politiche del 13 e 14 aprile, gli elettori italiani hanno deciso e la sua figura sempre sorridente è spuntata ancora una volta. Deriso, circondato per anni da domande sulla sua probità e sul conflitto di interessi tra il suo impero mediatico e il suo incarico politico, Berlusconi è stato tuttavia scelto per diventare primo ministro per la terza volta.
……
   In un paese abituato a indebolire le coalizioni (il governo uscente di centro-sinistra guidato da Romano Prodi è durato meno di due anni) gli elettori hanno dato al Popolo della Libertà di Berlusconi e ai suoi alleati un’inusuale, solida maggioranza.
......
   Il successo principale di Prodi è stato far scendere il deficit di bilancio fino al 3% del PIL, come richiesto dalle regole dell’Unione Europea. Ma ne ha pagato il prezzo. Il ministro delle finanze uscente, ..., ha alzato le tasse e combattuto l’evasione fiscale - una combinazione che ha reso il governo estremamente impopolare.
……..
   Gli italiani si svegliano il 15 aprile e si ritrovano in un paese ancora una volta dominato da conservatori. Ma di che tipo? Il progressi della Lega Nord, un naturale serbatoio di voti di protesta, suggeriscono che un gran numero di elettori cercano rifugio dai terrori della globalizzazione. Il partito di Umberto Bossi è sia anti-immigrati che protezionista.
……….
   Quella italiana resta una delle economie più regolamentate dell’Europa occidentale. E’ anche bloccata da un’inflazione più alta e una più bassa crescita di produttività di ogni altro paese nella zona Euro, ed ha, come risultato, costantemente perso competitività. L’impatto della lenta crescita si nutre di se stesso. Se l’Italia fosse cresciuta con la media europea nel passato decennio, il suo debito pubblico sarebbe passato da più del 100% del PIL a circa l’80%; e non avrebbe avuto bisogno di alzare il carico fiscale al 43.5% del PIL per soddisfare gli obiettivi fissati dal patto di stabilità dell’UE.
…..
   L’economia conta troppo sulle piccole e medie imprese nelle industrie tradizionali come il tessile, le calzature, elettrodomestici e mobili. Queste industrie sono le più esposte alla concorrenza a basso costo proveniente dalla Cina e dal resto dell’Asia.
   I servizi sono sottosviluppati. Anche nel turismo, dove ha un vantaggio naturale, negli ultimi 30 anni l’Italia è scesa dalla prima alla quinta posizione come meta turistica più popolare. L’istruzione è un disastro. L’Italia fa peggio di qualsiasi altro nell’Europa occidentale nel PISA test dell’OCSE. Le università sembrano mandate avanti per il beneficio dei professori. L’Italia non ha sue università nella top 100 mondiale. Nel 1970, il 30% dei professori universitari erano sopra i 45 anni; oggi sono il 70%.
…...
    Ci sono alcuni motivi di speranza, comunque.
    L’occupazione in Italia è buona: la disoccupazione è al minimo storico in 30 anni. Le esportazioni sono in pieno boom, nonostante l’euro forte, perché le compagnie puntano sul valore aggiunto (non si dice, però che il deficit del commercio estero è rimasto incolmabile, dopo l'euro, perchè l'import è aumentato più dell'export - N.d.R). La più grande società privata del paese, la Fiat, si è rialzata. Le banche italiane hanno migliorato sotto lo stimolo della competizione, e hanno in gran parte evitato il debito che sta trascinando giù i rivali in Europa.
   Se il nuovo governo desse il via libera agli imprenditori italiani, sicuramente questi risponderebbero (positivamente). Lo farà? A volte Berlusconi è sembrato cogliere la gravità della condizione italiana. Ma quello che rimane in dubbio è se egli è veramente votato alle riforme liberali, o addirittura se capisce che queste sono incompatibili col nazionalismo economico.
   Il suo passato incarico non è stato incoraggiante. Niente è stato fatto per scuotere la miriade di categorie protette in Italia, dai tassisti ai notai alle farmacie ai piccoli commercianti. Scuole e università sono rimaste in larga parte non riformate; la pubblica amministrazione è stata appena sfiorata. Le privatizzazioni sono state realizzate con maggior determinazioni dai governi di centro-sinistra .....

Nino Luciani*, Ma adesso, una volta che il popolo ha votato,  basta contorcersi sull'esito....
Se il programma annunciato è una cosa vera, ben venga una politica aperta al mercato e di riforma dello Stato, a partire dalle autonomie locali e dal federalismo fiscale.

   Quello, però, che l'Economist non sa ... è che Berlusconi è un solista perchè è senza il supporto delle istituzioni, e che non si è ancora reso conto di quanto questo fatto peserà sulle sue quotazioni di statista...

  * professore ordinario di scienza delle finanze nell'Università di Bologna

   Vedo anch'io il "berlusconismo" come il dilettantismo in politica, ma sarebbe il caso di guardare più a fondo e di dargli più consiglio che un rigetto, visto che gli italiani l'hanno scelto.
  Il "berlusconismo" ha avuto ingresso in Italia per riempire un vuoto creatosi drammaticamente negli anni 92-94, con la caduta della DC e del PSI. Quella caduta era fisiologica perchè (per una serie di ragioni storiche: la guerra fredda nel mondo, una legge elettorale proporzionale), la corruzione aveva invaso lo Stato e i rapporti tra Stato e Industria. Essa era la conseguenza del fatto che, per troppo tempo, non c'era stato la normale alternanza tra i partiti al governo (che, invece, c'era negli Stati Uniti e nei principali paesi europei). L'aspetto pù deteriore di quelle deviazioni era la cattura del consenso mediante l'uso spregiudicato della spesa pubblica.
  Tra le deviazioni, una  risulterà, poi, determinante nella caduta della qualità della politica: un massiccio pensionamento anticipato dell'alta dirigenza statale ('incentivato da un governo Andreotti), così da interrompere la regolare trasmissione delle competenze ai "giovani" (diciamo) subentranti. Per lunga tradizione, lo Stato aveva goduto di una qualificata classe dirigente burocratica, grazie all'uso sistematico del pubblico concorso nelle assunzioni di personale (cosa che, ad es., non c'era negli enti locali). In quel periodo, poi, (quello che va dal dopo guerra agli anni 92-94), c'era anche il fatto che i partiti avevano dei quadri dirigenziali allevati con cura e metodo. Così era della DC e del PSI, ma non sarà affatto così per Forza Italia e per la Lega Nord, partiti senza strutture organizzate.
   Tornando a Berlusconi, le cose dette da lui in ogni dove (ad es. contro i "post-comunisti, incrollobabili come vecchia testa, a parte le parole "nuove") hanno perfino la mia simpatia, ossia dice cose vere (ma non sempre, ad es., è fuori discussione che il PCI abbia concorso alla salvezza della democrazia in Italia).

  Ma oggi, ricomparendo in politica mettendo in conto la riforma dello Stato senza l'aiuto delle istituzioni, ha confermato di essere ancora un dilettante. Anzi nelle scorse settimane ha perfino dichiarato di avere, contro, le istituzioni e di volere sburocratizzare la Pubblica  Amministrazione e licenziare un gran numero di dipendenti, .
  Egli ha pensato di passare ... posizionando, quanto più ha potuto, i posti di parlamentare e di ministri in base a criteri di stretta lealtà personale, quasi la via sicura per imporsi aprioristicamente. Dire, invece, che occorra, prima, definire la nuova struttura dello Stato in rapporto alle prestazioni di beni e servizi pubblici da preservare in mano pubblica, ed a quelle da privatizzare.
   Dentro la riforma dello Stato, la prima grande partita, storicamente matura, sarebbe il riordino delle autonomie locali e il connesso "federalismo fiscale". Già ..., perchè la creazione delle Regioni nel 1970 non è stato accompagnato da una simultaneo alleggerimento dei compiti identici, già dello Stato, nè dal riordino (sempre in simultanea) del sistema dei comuni (infatti, rimasti oltre 8.000, di cui il 75% con una popolazione minore di 2000 abitanti, e strumentalizzati dallo Stato per controbilanciare le Regioni). Il problema non è l'abolizione del 75% dei Comuni, ma una loro armonizzazione rispetto ai Comuni metropolitani. Si dovrebbero anche abolire le Province, trasferendone i compiti ai Comuni metropolitani.
   Torniamo all'inizio. Berlusconi rimarrà un "dilettante in politica"? Di recente ha dichiarato che si appresta a ripartire valendosi delle precedenti esperienze di governo. Queste sono un fatto reale, e almeno questo non gli si può contestare. NL

 

ITALIA VERSO LE ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE

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Silvio Berlusconi


Nino LUCIANI, Due parole, in libertà...

TROVANDO DUE GRANDI PARTITI, tra loro ALERNATIVI,
L'ELETTORE AVRA' LA POSSIBILITA' DI SCEGLIERE DIRETTAMENTE il PROGRAMMA  e il GOVERNO


Questo è un passo avanti fondamentale per una democrazia governante nel nostro Paese

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Walter Veltroni

Tuttavia con questa legge elettorale, al Senato i seggi saranno ripartiti al 50%, tra i 2 grandi partiti
Questo attribuirà un ruolo di bilancia al partito di Casini (UNIONE DI CENTRO),
perchè in posizione mediana e più vicino ai due come programma


Le POSSIBILITA'  REALI, diverranno, di conseguenza:

   1) un GOVERNO di Centro-Destra (Berlusconi - Casini);
2) un GOVERNO di Centro-Sinistra (Veltroni - Casini)

Guiderà il Governo chi dei due avrà la "maggioranza" alla Camera,
grazie al premio al partito maggiore, anche per un solo voto, e che avrà il 55% dei seggi.
Questa previsione si fonda sulla ipotesi che al Senato la soglia di sbarramento (8%)
sarà superata solo da: PD, PDL, Sinistra ARCOBALENO, UDC, LEGA NORD

E per l'università cosa ci sarà di buono? Credo nulla, se nella legislatura

che si apre, non trova l'unità e un ministro "professore universitario"


Due parole, in libertà...

1. Quale programma ? Nelle elezioni politiche, l'indirizzo programmatico è il punto principale. Ma su questo non mi sento molto preoccupato, perchè ritengo che le altermative reali oggi in campo (Berlusconi, Casini, Veltroni - in ordine alfabetico) siano tutte centrate sul proposito di restituire all'economia di mercato il suo spazio vitale, ma senza tornare indietro rispetto alle fondamentali conquiste civili del nostro popolo (direi 55% al mercato e 45% allo Stato). Spero che sia davvero così anche per Berlusconi.
   Questo loro convincimento comune viene, credo, anche dal fatto che la vicenda del Governo Prodi ha evidenziato l'errore, per l'economia del Paese, di volere sanare il bilancio con una ulteriore aumento della pressione fiscale, in luogo dell'abbattimento della spesa pubblica, pur se il recupero dell'evasione avrebbe abbondantemente risolto il problema del pareggio ( col famoso, ma anche scandaloso, "tesoretto").
2. Veltroni ha anticipato il risultato dei referendum di Segni e Guzzetta. Questo va apprezzato.     Dalle vicende degli scorsi anni è risultato che la possibilità di scegliere tra "due coalizioni eterogenee" era un ritorno all'indietro, come ai tempi della DC, in cui i governi si facevano dopo le elezioni, e cadevano ogni 6 mesi. Prodi è caduto dopo due anni, ma questo non cambia di molto le cose.
   A quel punto, l'unica via era una nuova battaglia referendaria, in modo che il premio di maggioranza fosse dato al partito maggiore (anzichè alla coalizione). I referendum sono stati rinviati, per il precipitare delle elezioni.
   Ma qualcuno, che ha nome VELTRONI,  ha fatto l'atto coraggioso, proprio di un giovane, di volere presentare, da solo, il PD, per cui avremo la stessa cosa ... come se il referendum abbia avuto luogo. Gli va dato anche merito di aver indotto Berlusconi a seguirlo.
3. Un Governo che rivaluterà Casini ? La legge elettorale darà a qualcuno una maggioranza netta alla Camera. Invece al Senato i due partiti maggiori (PD; PDL ?) saranno alla pari, poco più poco meno, compresa la possibilità dell'inverso di quanto avverrà alla Camera. Questo aprirà un ruolo di bilancia ai partiti minori, che però saranno pochissimi (perchè uno sbarramento dell'8% è veramente un ostacolo molto grande).
  Si possono fare molte congetture ma, in tale ipotesi, la probabilità più alta è che ci sarà un ruolo di bilancia per Casini perchè in posizione mediana e vicino ad entrambi come programma.
  Non si può, poi, escludere che gli elettori daranno un input, che avvii a chiudere la fase transitoria apertasi al centro, nel 1992-94, con la scioglimento della DC e del PSI. Credo che un voto significativo all'Unione di Centro (UDC - ROSA BIANCA) aprirebbe stabilmente la via ad un bipartitismo democratico in Italia, grazie alla partecipazione dei Cattolici, oggi polverizzati, ma ai quali - nella storia d'Italia - spetta "un" posto (non ho detto due) al tavolo della politica.
4. E per l'Università cosa ci sarà di buono ?  Non c'è nulla che possa far pensare a qualcosa di buono. L'abbiamo constatato con un Governo di centro-destra (vedi la Moratti), ma anche col successivo Governo di centro-sinistra (Mussi-Modica). Avendo noi (intendo i nostri vari spezzoni) lavato i panni sporchi in piazza, anzichè in famiglia, e per troppo tempo,  abbiamo accumulato una pessima reputazione e non sarà facile tornare indietro.
   L'unica grande esperienza positiva è stato il lavoro di riaggregazione svolto dalla CRUI-Presidenza Piero TOSI, di fronte al "comune nemico" (la MORATTI). Dunque, ancora l'unica speranza positiva è che la CRUI torni a svolgere quel ruolo, perchè solo l'unità e proposte innovative possono imporre al nuovo Governo, di essere considerati. NL

 

GOVERNO IN DIFFICOLTA' AL SENATO, a causa del "voto di scambio" ?

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA,
a
rt. 88: "Il Presidente della Repubblica può,
sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o ANCHE UNA SOLA DI ESSE".

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R. Prodi



PRODI: "Cado perchè hanno corrotto alcuni senatori"

BERLUSCONI: "Offro una collocazione politica
a chi si sente escluso dal Partito Democratico"


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S. Berlusconi

LUCIANI: "Si sciolga quella, delle due camere, presa in ostaggio col voto di scambio,
a parte che l'UDC potrebbe pensare un pò più da grande (vedi le "due parole", qui sotto),
e valersi dell'attuale posizione strategica nel "mezzo del parlamento"

LUCIANI, Governo in difficoltà al Senato ?

1.- L'Università non ha avuto nulla, da anni, sia dal Governo di centro destra di Berlusconi, sia da questo Governo. E allora dovrebbe stare con le mani in mano, mentre la democrazia politica dell'Italia è in difficoltà, per l'inceppamento del sistema, che impedisce perfino ai politici buoni (di destra e sinistra) di prendere decisioni per il Paese ? Direi proprio di NO. Anzi, c'è un motivo in più per soccorrere la patria, che vuole che il governo democraticamente eletto abbia i 5 anni per attuare il suo programma.
   Le dichiarazioni di questi giorni, del Presidente del Consiglio, ("cado perchè hanno corrotto alcuni senatori") gridano allerta al cospetto degli italiani, unici depositari della "sovranità popolare".
Anche nella fase di decadenza della DC, c'era il commercio dei voti, ma in segreto, e chi veniva scoperto era quanto meno criticato. Ora non c'è più neppure il pudore e lo si dice apertamente.
  2.- Gli studi più moderni di public choice hanno messo in luce che anche i politici sono dei comuni mortali. E, dunque, anche i politici, come gli imprenditori, fanno politica per un profitto, per un arricchimento personale, sia pur mediante una opera finalizzata al soddisfacimento dei bisogni pubblici.
   Tuttavia come, nel mercato, ci sono delle "deviazioni" per catturare il consumatore con la concorrenza sleale (basso prezzo, ma di prodotti adulterati), o con la conquista di posizioni dominanti (monopoli, cartelli ...,) così anche in politica ci sono "deviazioni" per catturare il voto.
   Nella attuale fase storica, si è acquisito che l'alternanza tra le cariche, alle scadenze elettorali, è il miglior contrasto alle "deviazioni".
  Si è anche acquisito che la durata delle legislature deve permettere delle scelte di medio-lungo andare. E allora anche il giudizio degli elettori sul governo è fondato solo se passano i 5 anni. Sono, questi, dei superiori valori per il bene di tutti, e che giocheranno anche a favore della opposizione quando, domani, tornerà al governo. E chi è anziano deve capire .....
e avere fiducia nei giovani. Il suo turno è passato. NL

Solo due parole all'UDC ...
1) Il Governo deve restare per i 5 anni, perchè eletto democraticamente.
2) Frattanto, si dovrebbe:
   a)  votare
le leggi buone (per se stesse, non per gli effetti sulla durata del governo
   b)
modificare la costituzione disponendo per la elezione diretta del Premier ;

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P.F. Casini,
Presidente UDC

  c) fare una legge elettorale proporzionale, con voto di preferenza ai candidati e abolizione delle firme per la presentazione delle candidature.
(Clicca su nuova legge).

 MOTIVAZIONI
1.- Nel sistema politico italiano, permane una contraddizione tra la volontà degli elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (nella legge vigente già dev’essere indicato il candidato Premier) e la Costituzione che ancora richiede la successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni c’è chi lavora per fare cadere il Governo. Questa fase dovrebbe essere chiusa adeguando la Costituzione alla maturità della coscienza popolare: vale dire con l'elezione diretta del Premier, contemperata da maggiori poteri di garanzia costituzionale del capo dello Stato.

2.- Il secondo passo è ricostruire la rappresentanza unitaria del ceto medio in parlamento e questo richiede una legge elettorale proporzionale, che tuttavia non pone problemi di durata del governo, se il Premier è eletto direttamente dal popolo.
Per spiegare questa idea, occorre portare il pensiero alla nostra storia recente. Dal 1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI, si è formato un vuoto al centro dello schieramento politico italiano, per il venir meno della mediazione inter-classista, tradizionalmente svolta da quei partiti. Oggi i partiti di centro, riemersi nel frattempo, sono caduti in ostaggio dentro due, rispettive, grandi coalizioni "bipolari" di appartenenza, che tuttavia vivono con grande difficoltà al proprio interno.
   Per ricostruire il ruolo inter-classista dei partiti di centro

(salvo quello dell’elezione del Premier, che dovrebbe passare definitivamente al popolo), è necessario cambiare la legge elettorale in senso proporzionale.

3.- C'è, poi,la circostanza che, nelle elezioni 2006, si sono presentati 74 partiti, sia pur afferenti alle due principali coalizioni, dei quali solo un piccolissimo numero (i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento) ha potuto ottenere una rappresentanza in Parlamento. E molti altri partiti si sarebbero presentati, se la procedura voluta dal governo Berlusconi non avesse strozzato i tempi tecnici per la raccolta delle firme. Questa anomalia va sottoposta a discussione perché le "piccole" forze sono il seme nuovo che fa rinascere la politica.Una buona legge elettorale deve farsi carico della inclusione dei piccoli partiti, favorendone l’aggregazione e al tempo stesso evitando ostacoli odiosi, come uno sbarramento troppo alto, o la raccolta delle firme di presentazione delle candidature.

4. La storia, "magistra vitae", ci dice che la classe politica al governo "deve" coincidere con le forze economiche e sociali dominanti e, quando si realizza un distacco da questa fattispecie, (ad esempio, a seguito di grandi mutamenti tecnologici), è inevitabile che subentrino vuoti di potere e anche rivoluzioni, finchè la coincidenza suddetta torni a riprodursi in contenuti nuovi, conformi ai mutamenti avvenuti. La rivoluzione francese è rimasta "maestra", su questa problematica. Nel caso dell'Italia di oggi, il 75% della forza economica è riferibile al "ceto medio", che numericamente è anche il 75% dell'elettorato. Questa area trova nel "centro degli schieramenti politici" la sua rappresentanza naturale. Pertanto, una legge proporzionale (con sbarramento), ricostruendo il "centro", sarebbe un sicuro apporto alla stabilità del quadro politico, e darebbe a ognuno il suo, anche alle ali estreme della politica e alle diverse etnie regionali.

5. Nella attuale situazione storica dell’Italia, anche il "bipartitismo" sarebbe prematuro. E’ pur vero che tra le forme di democrazia parlamentare, il sistema "bipartitico" è teoricamente il più vicino alla democrazia diretta, perché permette all'elettorato la chiara scelta del governo e del programma già fin dal momento delle elezioni e genera una efficace competizione tra i due partiti concorrenti.
Tuttavia, il bipartitismo riesce a svolgere detto ruolo se i "due partiti" girano intorno al 50% dei voti, frutto di una omogeneità al loro interno, dopo un adeguato un processo storico di confronto e armonizzazione tra i partecipanti socio-geografici. Questo non è ancora il caso dell’Italia e pertanto, il forzare il bipartitismo (ad es. con premi di maggioranza al partito di maggioranza "relativa" col 30%"), genererebbe l’instabilità politica, perchè metterebbe in minoranza la "maggioranza", costituita dalla somma degli esclusi. Ben diverso potrebbe essere il giudizio se il partito di maggioranza relativa fosse nell'intorno del 50% dei voti. NL

 

TESORO: "Libro verde sulla spesa pubblica" (università inclusa)
Spendere meglio: alcune prime indicazioni

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Tommaso Padoa Schioppa


Nel Rapporto della Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica,
inclusa dal Ministro Padoa Schioppa anche la parte universitaria

La Commissione: G. MURARO (Presidente),
M. BORDIGNON, C. BURATTI, D. MARCHETTA, V. PERRONE, G. PISAURO, G. POLA, R. RIZZO, S. VISALLI, A. ZANARDI

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Gilberto Muraro

Ministero dell’Economia e delle Finanze - Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica.
Misure per il risanamento finanziario e la incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario.

Roma, 31 luglio 2007

INDICE
1. I problemi del sistema universitario italiano - 2. I criteri di finanziamento - 2.1 Il Fondo di Finanziamento Ordinario - 2.2 Il modello del CNVSU - 3. Interventi da attuarsi nel breve termine - 3.1 Interventi per la stabilità finanziaria - 3.2 Interventi per l’efficacia della programmazione finanziaria - 3.3 Interventi per l’effettiva applicazione delle regole - 3.4 Interventi per l’incentivazione e il riequilibrio - 4. Conclusioni

1. I problemi del sistema universitario italiano
L’Università italiana ha attraversato negli ultimi 15 anni un profondo cambiamento, le cui tappe più significative sono rappresentate dall’attribuzione dell’autonomia finanziaria (legge 537/1993), dal decentramento dei concorsi (legge 210/1998) e dalla riforma degli ordinamenti didattici (cosiddetto 3 + 2, di cui al Dm 509/1999). Il quadro degli effetti di tali trasformazioni è variegato. Alcuni risultati sono positivi. La riforma didattica, in base ai dati disponibili, sembra avere avuto successo nel correggere alcune storture del nostro ordinamento. E’ aumentata la percentuale degli studenti delle superiori che hanno scelto di proseguire gli studi iscrivendosi all’Università; sono calati gli abbandoni; si è ridotta l’incidenza dei fuori corso sul complesso degli iscritti e, parallelamente, è aumentato il numero degli studenti che si laureano negli anni di studio previsti dall’ordinamento; è cresciuto rapidamente il numero di laureati, avvicinando l’Italia agli altri paesi europei. Sono tutti esiti confortanti, anche se, per esprimere un giudizio definitivo, bisognerà attendere qualche anno, per poter analizzare più compiutamente pure gli esiti delle lauree specialistiche (o magistrali) e per verificare le tendenze che emergono dai dati sugli anni accademici 2004-05 e 2005-06 che, in termini di immatricolati, sono in controtendenza, mostrando una riduzione della percentuale di studenti delle superiori che proseguono gli studi.
Altri aspetti appaiono critici, anche se non si presentano con la

LUCIANI, Breve introduzione.

Dopo tanti anni di estrema aria di sufficienza del Ministero del Tesoro nei giudizi sulla Università italiana (TREMONTI permane il massimo della follia "razionale", solo sua), viene finalmente da quella parte una diagnosi valida sulla situazione reale dell'Università e sulle sue aspirazioni.
   Non poteva avvenire altrimenti anche solo pensando al Presidente della Commissione, tra l'altro, già Rettore dell'Università di Padova e ivi caduto, al momento del rinnovo della carica, per eccesso di rigore.
  D'altra parte, credo e spero non me ne vorranno i numerosi Colleghi di Scienza delle Finanze, in Commissione, se chiedo a loro (ma anche al Ministro) di appellare ai contributi critici della comunità scientifica, come del resto apparsi già in passato, su questo Foglio, per questi problemi.
   Personalmente ritengo che il rapporto pecchi troppo di verginità di accademia, laddove neppure lontanamente si accorge dei motivi dei mali principali dell'Università italiana:
- proliferazione degli atenei;
- frammentazione degli insegnamenti;
- dequalificazione della ricerca nei campi umanistici ed economici;
- colonizzazione del sapere italiano da parte del mondo di lingua inglese;
- censimento dei docenti effettivi (anche di quelli non strutturati, almeno tre volte i professori di ruolo), ai fini del calcolo del rapporto reale tra docenti e studenti.
  Frattanto gli interessati trovano qui a fianco il testo integrale della Commissione, note escluse (Doc.2007/3 BIS, 31 luglio 2007). NL

stessa intensità in tutti gli atenei. Si ricordano in particolare:
• la proliferazione dei corsi di laurea triennale e specialistica, non sempre rispondenti ai bisogni della società e del sistema produttivo, con conseguente aumento del carico didattico a danno dell’attività ricerca e con la moltiplicazione dei professori a contratto e delle supplenze: fenomeni che hanno giustamente portato il Ministero dell’Università e della Ricerca ad imporre requisiti minimi per l’attivazione di corsi di studio;
• la diffusione di sedi universitarie di modeste dimensioni, scarsamente dotate di strutture e di personale di ruolo incardinato nell’ateneo;
• il rapporto docenti/studenti inadeguato (più basso che negli altri paesi avanzati) e che non è migliorato, nonostante l’assunzione di numerosi docenti e ricercatori, perché il numero di docenti è cresciuto in linea con quello degli studenti iscritti;
• gli scarsi servizi accessori (mensa, alloggi, ecc.) messi a disposizione degli studenti fuori sede, forse anche a causa di difficoltà di coordinamento fra le Regioni, responsabili per il diritto allo studio, e le Università;
• un numero di borse di studio insufficiente e di importo inadeguato, cosicché l’Italia è oggi l’unico paese avanzato a razionare le borse ai meritevoli;
• nel complesso, una prevalenza troppo forte dei finanziamenti agli atenei sui finanziamenti agli studenti;
• lo scarso ricorso a meccanismi di selezione degli studenti all’ingresso (matricole), salvo poche eccezioni riguardanti nuove Facoltà e alcuni corsi di laurea;
• la mancata attivazione dei servizi di supporto agli studenti per il recupero di eventuali debiti formativi accertati alla loro iscrizione;
• il tardivo avvio della valutazione delle attività didattiche e di ricerca (i cui risultati dovrebbero essere diffusi per guidare le scelte degli studenti);
• una bassa mobilità degli studenti dalla loro provincia di residenza e a maggior ragione da e verso l’estero; in particolare, la presenza di studenti stranieri è ben al di sotto di quella che si osserva in Inghilterra, Francia e Germania, probabilmente anche in conseguenza del fatto che la quasi totalità dei corsi è in italiano. Nel complesso, per l’effetto congiunto di alcune carenze sopra esposte, nel sistema universitario italiano si registra la sostanziale assenza di qualunque meccanismo concorrenziale che premi gli atenei meglio in grado di rispondere adeguatamente alla domanda proveniente dalle famiglie e dalle imprese.

Per quanto riguarda le risorse disponibili, oltre al già ricordato basso rapporto tra docenti e studenti, l’Italia si segnala per:
• un’incidenza della spesa per l’Università sul PIL ai valori minimi fra i paesi di area OCSE, con l’aggravante di un tasso di crescita fra il 2000 e il 2003 fra i più bassi in assoluto5;
• un costo per studente di soli 5.658 dollari a parità di potere di acquisto, contro la media UE 19 di 6.962 e una media OCSE di 8.093, largamente inferiore a quella di singoli paesi con cui l’Italia compete sui mercati internazionali.
Altri aspetti negativi legati alla gestione delle Università sono:
• un sistema di governance delle Università con una marcata tendenza all’autoreferenzialità, riflessa nella composizione e nei ruoli del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione;
• un sistema di remunerazione "rigida" dei docenti, che non ricompensa il maggiore impegno e la qualità del lavoro prestato né nella didattica né nella ricerca;
• meccanismi concorsuali inefficienti, che non sempre hanno premiato la qualità dei candidati;
• una composizione del corpo docente inadeguata, con troppi professori ordinari e associati rispetto al numero dei ricercatori. In effetti, oggi la docenza universitaria - con 18.000 ordinari, altrettanti associati e 21.000 ricercatori6 - appare più simile ad un cilindro che non ad una piramide. Per anni le Università hanno preferito spendere risorse per garantire la progressione di carriera dei docenti piuttosto che assumere nuovi ricercatori: l’invecchiamento del corpo docente dipende sostanzialmente da questo. A questi problemi strutturali se ne sono recentemente aggiunti altri di natura economico-finanziaria, legati in parte all’insufficiente e discontinua dinamica dei finanziamenti pubblici e in parte all’uso disinvolto, da parte di vari atenei, dell’autonomia universitaria, in particolare nei riguardi del reclutamento e della promozione del personale docente. Molto sinteticamente, la situazione finanziaria, che in termini complessivi è illustrata in Tabella 1, si presenta in questi termini:
• il sistema universitario soffre di una generale carenza di finanziamento, aggravatasi negli ultimi anni a seguito dei tagli imposti dalle leggi finanziarie;
• il finanziamento è prevalentemente basato sulla spesa storica: il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) ha collegamenti modesti con l’attività di ricerca e didattica;
• nonostante l’esistenza fin dal 1998 di un vincolo relativo alla quota massima del 90% delle spese fisse per il personale di ruolo sul FFO, peraltro attenuato con un metodo di calcolo meno stringente a partire dal 2004, alcune Università hanno superato questo tetto;
• la crescita della spesa per il personale è stata favorita dal processo accelerato di reclutamento e di promozione, avvenuto con un’ampia sottostima dei costi medi a regime da parte di alcune Università;
• vi sono in prospettiva seri problemi di squilibrio finanziario, anche nelle Università gestite in modo più oculato, qualora dovesse perdurare la dinamica discontinua del FFO dell’ultimo periodo, con bassi o nulli tassi di crescita in alcuni anni, che hanno addossato ai bilanci delle Università il costo degli aumenti automatici delle retribuzioni (scatti stipendiali per anzianità, adeguamento annuale alla media degli incrementi per il personale non contrattualizzato delle pubbliche amministrazioni, incrementi stipendiali per i contratti nazionali del personale tecnico- amministrativo );
• le Università possono esercitare solo parzialmente la propria autonomia per quanto riguarda le entrate derivanti dal finanziamento da parte degli studenti, in quanto è previsto che tali entrate non possano superare il 20% del FFO (anche se, in pratica, il vincolo sembra essere stato superato da alcuni atenei con vari accorgimenti); e tale vincolo è diventato più stringente a fronte della dinamica dei costi e della mancata crescita del FFO;
• desta infine preoccupazione la consistenza dell’indebitamento di alcune Università a fronte di rilevanti investimenti e delle riduzioni dei finanziamenti statali per l’edilizia.

2. I criteri di finanziamento
Alle anzidette criticità del sistema universitario si è cercato di porre rimedio, almeno in parte, con una serie di misure di contenimento della spesa e di incentivazione di comportamenti di sana gestione, ma con risultati non del tutto soddisfacenti per la loro ridotta entità e, soprattutto, per la loro variabilità negli anni. Si illustrano di seguito gli interventi normativi e amministrativi più rilevanti.
2.1. Il Fondo di Finanziamento Ordinario Come è noto, le premesse dell’attuale sistema di finanziamento del sistema universitario sono state poste con la riforma avviata con la legge 537/93 che, introducendo l’autonomia finanziaria degli atenei, ha definito un sistema basato sul FFO, quantificato in base al criterio della spesa storica per singole voci, sulla cui allocazione interna le Università hanno avuto piena autonomia. Parallelamente, e quale logico complemento dell’autonomia, sono state introdotte attività di valutazione da utilizzare per orientare gli atenei verso il conseguimento degli obiettivi sottesi al finanziamento del sistema universitario. La prima applicazione di interventi finanziari predisposti sulla base di valutazioni quantitative e qualitative è stata attivata nel 1995, con la ripartizione della "quota di riequilibrio" del FFO, destinata a correggere gradualmente il criterio della spesa storica attraverso la previsione di quote crescenti dello stesso FFO da destinare a finalità di riequilibrio tra gli atenei7. Il FFO è cresciuto nel corso degli anni ma con una dinamica che in alcuni degli anni più recenti è risultata inferiore al tasso di inflazione e, soprattutto, alla dinamica delle retribuzioni, delle quali, in base all’art. 5 della legge 537/93, si sarebbe dovuto tener conto annualmente per incrementare le assegnazioni del FFO ( Tabella 2). Parallelamente, la quota di riequilibrio è cresciuta dall’1,5% nel 1995 al 9,5% nel 2003, dando luogo ad una riduzione degli squilibri che, alla fine del 2003, risultavano contenuti nella fascia del ± 20 % (Figura 1). L’adozione di criteri stabili nel tempo ha fornito inoltre a ciascun ateneo incentivi al miglioramento della propria gestione e dei propri risultati nonché elementi di consapevolezza della propria posizione relativa nell’ambito del sistema. Dal 2004 è in vigore un nuovo modello di valutazione proposto dal Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU), di cui si dirà in seguito, che è stato applicato su un ammontare di risorse molto modesto e variabile negli anni, volendo garantire prioritariamente assegnazioni corrispondenti al FFO consolidabile dell’anno precedente: 29 mln. di euro nel 2004, 150 mln. nel 2005, 250 mln. nel 20068 e solo 40,6 mln. nel 2007. Nel contempo, in aggiunta alle assegnazioni con finalità di riequilibrio, nel corso del tempo sono state attribuite agli atenei risorse, in alcuni casi consolidate nel FFO e in altri casi una tantum, destinate alla generalità degli atenei per finalità varie (accelerazione del riequilibrio, assistenza ai disabili, contratti con studiosi impegnati all’estero, mobilità dei docenti, assegni di ricerca, collaboratori linguistici, cooperazione interuniversitaria, banda larga GARR, ecc. ) e a sostegno di specifici atenei sulla base di accordi tra di essi e il Ministero. Nell’anno 1998 (con la legge 449/97) sono stati invece introdotti vincoli per le assunzioni del personale a tempo indeterminato, sia docente che non docente: è stato fatto divieto alle Università di procedere a nuove assunzioni nei casi in cui la spesa per assegni fissi al personale di ruolo risultasse eccedente il 90% del FFO, se non nel limite del 35% del risparmio determinato dalle cessazioni dell’anno precedente. A fronte di queste disposizioni, comunque, come rilevato dal CNVSU, non sono state ancora applicate procedure per garantire il rispetto della norma, con precise sanzioni nei casi di inosservanza della stessa. Anzi, il vincolo del 90% delle spese per il personale sul FFO è stato indebolito con la legge 143/04 che lo ha ridefinito in modo "virtuale", non tenendo conto per il suo calcolo degli incrementi stipendiali annuali e di 1/3 della spesa per il personale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Il vincolo è stato allentato anche intervenendo sul denominatore del rapporto, precisamente tenendo conto nella quantificazione del FFO anche delle risorse a disposizione delle Università in conseguenza di convenzioni stabili per assunzione di personale. In termini quantitativi, il correttivo che ha inciso finanziariamente di più è quello relativo alla riduzione di 1/3 della spesa per il personale convenzionato con il SSN (pari al 5,52% del FFO), seguito dalla riduzione per incrementi stipendiali annuali (pari al 2,54%). Pur con questa definizione "debole" del vincolo, quattro Università,9 anche di rilevanti dimensioni, hanno superato il limite del 90% ( Tabella 3). Peraltro, indipendentemente dalle motivazioni contingenti che hanno indotto all’allentamento del vincolo, la natura obbligatoria delle anzidette due voci di spesa deve indurre a guardare oltre il mero rispetto formale della disposizione normativa, in base al quale il problema sembrerebbe avere una portata circoscritta. Ai fini della valutazione della stabilità finanziaria del sistema, infatti, va sottolineato che l’indicatore più appropriato è il vincolo quale originariamente definito dalla legge n. 449/1997; e rispetto a questo il numero delle Università con più del 90% del FFO assorbito dalle spese per il personale risulta ben maggiore,10 coinvolgendo atenei di grande dimensione, particolarmente esposti dal punto di vista del personale convenzionato con il SSN anche in ragione della disomogenea trasformazione di policlinici originariamente a gestione diretta. Le implicazioni negative sulla rigidità della struttura finanziaria del sistema sono evidenti. E’ oggetto di ampio dibattito se il sistema universitario sostenga oneri impropri per il personale convenzionato con il SSN, in quanto tale personale svolge attività di assistenza oltre che di insegnamento e ricerca; ma la soluzione al problema non può consistere nello scorporo "virtuale" di questa spesa. In assenza di soluzioni strutturali che eventualmente riconducano al SSN questi oneri, gli stipendi del personale universitario convenzionato con il SSN vanno inclusi interamente nella spesa fissa di personale degli atenei per evitare di sottovalutare il problema della rigidità dei bilanci delle Università. Rispetto all’evoluzione critica della situazione finanziaria degli atenei, sono stati operati tentativi di rendere più stringente il controllo sui conti delle Università. Si ricorda, a questo proposito, che la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha escluso le Università dal blocco delle assunzioni di personale ma con il comma 105 dell’art. 1 ha stabilito l’obbligo per le Università di predisporre programmi triennali del fabbisogno di personale (docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato), tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci, da sottoporre al MIUR per la valutazione della coerenza con le risorse stanziate nel FFO e del rispetto del vincolo del 90%. Considerati gli sfondamenti dei tetti di spesa per oneri di personale, appare evidente come tali disposizioni non siano state puntualmente applicate e come il sistema non sia stato, in effetti, adeguatamente tenuto sotto controllo nonostante l’introduzione di una procedura informatica (denominata Proper) a ciò finalizzata11. Successivamente, con la legge 31 marzo 2005, n. 43, di conversione del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, si stabilì che, a decorrere dal 2006, le Università, anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualità dei servizi, entro il 30 giugno di ogni anno adottassero programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica, sentita la CRUI, il CUN e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresì conto delle risorse acquisibili autonomamente dai singoli atenei. Questa previsione normativa non si è tuttavia concretizzata nei tempi previsti , in quanto il primo decreto di attuazione, relativo alla Programmazione 2007-2009, è stato appena emanato ( D.M. 3 luglio 2007, n. 362/2007, registrato dalla Corte dei Conti il 27 luglio 2007). Infine va rilevato che per la stabilità finanziaria del sistema un altro elemento che merita attenzione è il peso dell’indebitamento. La legge 168/89 art. 7, comma 5, disponeva limiti all’indebitamento delle Università e precisamente stabiliva che l’onere dell’ammortamento annuo dei mutui (unica forma di indebitamento previsto) non dovesse eccedere il 15% delle spese di funzionamento. Oggi, in conseguenza delle modifiche introdotte dalla legge 105/2003, la voce "spese di funzionamento" non è più calcolabile in quanto tutte le voci di finanziamento prima previste sono confluite in capo al FFO; sicché il vincolo andrebbe definito con riferimento al ben più ampio FFO. In sostanza, oggi manca una norma di controllo sulla sostenibilità dell’indebitamento e c’è da temere che alcune Università abbiano raggiunto, con diverse modalità, livelli di debito preoccupanti. La valenza di questo problema varia in ragione della condizione specifica di ciascun ateneo: se l’onere dell’ammortamento è elevato in atenei che già hanno sforato o sono prossimi a sforare il vincolo del 90%, la stabilità finanziaria è compromessa. In generale, comunque, il problema dell’indebitamento va considerato con attenzione per tutto il sistema universitario in quanto aggiunge un forte elemento di rigidità a quelli già esistenti. La situazione di crescente squilibrio finanziario aiuta a capire perché negli ultimi anni il FFO sia stato allocato quasi esclusivamente sulla base delle quote storiche di spesa, nonostante la predisposizione, da parte del CNVSU, di un modello di ripartizione basato su criteri di valutazione ampiamente condivisi dagli attori coinvolti (MIUR e CRUI). Dal punto di vista della "qualità" della spesa, le implicazioni di questo orientamento per quanto riguarda l’allocazione delle risorse tra i diversi atenei sono molto significative. Infatti, rispetto ad una ripartizione teorica del FFO secondo la formula del CNVSU, la situazione attuale presenta marcate differenze: Università finanziate in eccesso (fino al 36%) e Università finanziate per difetto (fino al 43,1%)12 ( Tabella 4). Anche se è comprensibile che l’adozione di un nuovo modello avvenga con gradualità per consentire agli atenei di assumere consapevolezza dei cambiamenti che ne derivano sul proprio posizionamento, la scelta di intervenire soltanto con un ammontare di risorse molto limitato, peraltro addizionale rispetto al FFO, ha sostanzialmente comportato, pur senza un’esplicita abrogazione, l’interruzione del processo positivo innescato dalla legge 537/93 verso l’uso efficiente ed efficace della spesa pubblica. Anzi, può considerarsi un risultato negativo il fatto che anche atenei sovradimensionati finanziariamente in base al modello del CNVSU abbiano ricevuto comunque una quota di tali risorse, anche se soltanto in proporzione al loro "peso" calcolato nel sistema.

2. 2. Il modello del CNVSU
La formula del CNVSU ha sostituito i criteri di riparto del fondo di riequilibrio utilizzati fino al 2003. Il modello di ripartizione del FFO elaborato dal CNVSU rappresenta uno strumento efficace, che può probabilmente essere ancora migliorato, accrescendo gli effetti positivi sull’efficacia ed efficienza del sistema universitario. Il modello, formulato nel 2004 e modificato nel 2005 accogliendo parte delle osservazioni formulate dalla CRUI, tiene conto dei seguenti elementi:
• 30% - domanda da soddisfare (numero di iscritti);
• 30% - risultati di processi formativi (CFU acquisiti dagli studenti);
• 30% - risultati della ricerca scientifica;
• 10% - incentivi speciali.
La domanda è espressa in termini di studenti full time equivalenti (FTE) pesati per la classe di Corso di laurea (i C.L. sono raggruppati in classi omogenee), ulteriormente pesati per un fattore di correzione di Ateneo, KA, legato al rispetto dei requisiti minimi dei corsi e al "fattore qualità" nella fornitura del servizio13. Dal 2004 al 2006, tuttavia, gli studenti part-time, non essendo omogenee tra le Università le possibilità di iscrizione, hanno avuto lo stesso peso degli studenti full time. Si sono ignorati, inoltre, gli iscritti al primo anno, perché i numerosi abbandoni entro il primo anno14 potrebbero creare distorsioni (sono possibili comportamenti opportunistici delle Università miranti alla massimizzazione delle entrate derivanti da nuovi immatricolati che non proseguono gli studi). Si è quindi tenuto conto solo degli studenti iscritti agli anni successivi. I risultati dei processi formativi sono misurati:
• per il 20%, dai CFU guadagnati (si considerano solo i CFU guadagnati in n+1 anni di corso, dove n indica la durata legale del corso di laurea);
• per il 10%, dal numero di laureati dell’anno ponderati con dei coefficienti che tengono conto del tempo impiegato per conseguire il titolo rispetto alla durata "normale" del corso di studi.
In applicazioni successive, quando saranno pienamente operative le Anagrafi degli studenti e dei laureati, il "fattore qualità didattica" dovrebbe tener conto, secondo quanto indicato dal CNVSU, di:
• accreditamento del corso;
• riscontro occupazionale dei laureati;
• successo negli studi successivi;
• gradimento ex post da parte dei laureati.
Nel 2004, 2005 e 2006 il fattore correttivo di ateneo KA è stato utilizzato soltanto per modulare la "domanda", e i coefficienti di ponderazione dei C.L. nel calcolo dei risultati sono stati assunti uguali a 1. Circa il peso da attribuire ai risultati della ricerca, la formula del CNVSU considera il "potenziale di ricerca" in base al numero di docenti, ricercatori, borsisti, assegnisti, ecc., opportunamente pesati secondo la categoria di appartenenza e ulteriormente ponderati per indicatori di partecipazione e di successo nella richiesta di fondi PRIN nel triennio precedente, cui si aggiunge il numero di ricercatori "virtuali" calcolato in base ai fondi esterni ottenuti dall’ateneo per attività di ricerca.15 Per il 2006 la valorizzazione del fattore "ricerca" tiene conto dei risultati della valutazione operata dal CIVR. Il 10% per incentivi specifici non è stato assegnato. Il modello CNVSU sommariamente illustrato ha ottenuto in prevalenza giudizi positivi, pur essendo considerato passibile di miglioramenti, come messo in evidenza nella valutazione espressa dalla CRUI (doc. 1/04 e doc. 04/05). Su questo piano si attende la costituenda Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che si troverà dunque a gestire un’eredità impegnativa.
3. Interventi da attuarsi nel breve termine
Parte dei problemi evidenziati nei paragrafi precedenti può essere risolta soltanto con interventi di medio-lungo termine di varia natura, che vanno dalla riforma dello stato giuridico dei docenti alla individuazione di nuove forme di governance e agli interventi nell’edilizia per il diritto allo studio. Nel breve periodo è tuttavia possibile, attraverso il ricorso allo strumento finanziario, introdurre nel sistema elementi di incentivazione verso l’uso efficiente ed efficace delle risorse. Coerentemente con l’incarico ricevuto dal Ministro dell’economia e delle finanze, la Commissione si è mossa proprio in tale direzione e ha cercato quindi di individuare una serie di interventi urgenti diretti a:
• assicurare la stabilità finanziaria degli atenei attraverso la dinamica pluriennale delle entrate e l’adozione sistematica del metodo della programmazione;
• garantire l’effettiva applicazione delle regole di sana gestione degli atenei;
• rafforzare i meccanismi di incentivazione dei comportamenti virtuosi.
Le misure specifiche per il conseguimento di tali obiettivi vanno definite in coerenza con i principi di autonomia e responsabilità che devono presiedere al finanziamento del sistema universitario, cioè consentendo alle Università di assumere decisioni sull’allocazione delle risorse e subendone poi le conseguenze positive e negative. In altre termini, occorre passare da un sistema prescrittivo, che si è dimostrato di fatto inefficace, ad un rigoroso sistema di valutazione costante dei risultati cui commisurare il finanziamento statale. 3.1. Interventi per la stabilità finanziaria Come già sottolineato, esiste il rischio concreto di dissesto finanziario per un certo numero di atenei, ed esso è destinato ad accrescersi e a coinvolgere un numero crescente di Università se non si provvederà ad assicurare nei prossimi anni un ammontare di risorse adeguato alle necessità di funzionamento del sistema universitario. Bisogna evitare che si ripeta in questo settore quanto si è verificato per la sanità, ovvero una spirale di sottovalutazioni del fabbisogno, sfondamenti dei vincoli di bilancio, interventi a sanatoria che conducono inevitabilmente a forme di irresponsabilità gestionale. Le risorse a disposizione del sistema universitario sono definite con la legge finanziaria di anno in anno, sia per quanto riguarda la spesa corrente che la spesa in conto capitale, e questo non consente agli atenei di esplicare capacità di programmazione e sviluppare comportamenti responsabili. Assicurare risorse adeguate su un orizzonte almeno triennale è condizione necessaria per pretendere il puntuale rispetto dei vincoli di spesa per il personale e per l’indebitamento imposti agli atenei e per sanzionare, anche severamente, gli eventuali comportamenti devianti. In linea con quanto detto sopra, per quanto riguarda la spesa di parte corrente, la Commissione ritiene necessario garantire una dinamica certa dell’andamento del FFO per tenere conto dell’incremento annuo automatico del costo del lavoro, esclusi i maggiori oneri che derivano dalle decisioni delle singole Università in merito a nuove assunzioni o a passaggi ad un ruolo di livello superiore mediante concorso; esclusi, cioè, i maggiori costi che conseguono alle decisioni discrezionali dei singoli atenei riguardo alla politica del personale. La Commissione, inoltre, ritiene corretto garantire la copertura con il FFO dell’incremento degli altri costi dovuto all’inflazione. Nel definire la formula per l’indicizzazione, occorre pensare all’incidenza tipica di tali oneri sul FFO, astraendo dai casi anomali per eccesso e per difetto. La misura dell’85% appare allora appropriata. Occorre peraltro scomporre la spesa tra personale docente, soggetto ad aumenti di legge, e personale tecnico amministrativo, soggetto ad aumenti in base a contratto nazionale. In mancanza di indicazioni prescrittive, conviene basarsi sulla media del sistema e adottare quindi le percentuali del 68% per docenti ( pari a circa il 58% sul FFO) e del 32% per i tecnici e amministrativi ( circa il 27% sul FFO). andrebbe definito uno stanziamento almeno triennale, in tal modo definendo l’ambito nel quale il MUR può assumere impegni finanziari e consentendo alle Università di programmare il proprio sviluppo con certezza delle risorse disponibili. Sarebbe inoltre auspicabile un ampliamento dell’autonomia degli atenei per quanto riguarda le tasse universitarie. In coerenza con il livello medio della contribuzione studentesca negli altri paesi europei, si suggerisce di consentire che gli atenei aumentino le tasse, fino ad un’incidenza pari al 25% del FFO16, con vincolo di destinazione di almeno il 50% dei maggiori introiti ai servizi agli studenti e alle borse di studio per i meritevoli.

3.2 . Interventi per l’efficacia della programmazione finanziaria
La Commissione sottolinea la necessità che, congiuntamente all’aumento delle risorse consolidate del FFO e alla previsione pluriennale delle spese per l’edilizia, siano assunte misure adeguate a garantire la stabilità finanziaria degli atenei. Il conseguimento di questo obiettivo richiede, ovviamente, che tutte le Università rispettino i vincoli previsti dalla normativa vigente, richiamati nella sezione precedente, ma richiede anche che ciascun ateneo consideri le particolari condizioni strutturali proprie che possono suggerire o di promuovere un’incisiva azione di reperimento di altre entrate oppure di rendere ancora più restrittivi, nel caso specifico, i vincoli previsti a livello nazionale (per esempio, in presenza di elevate spese di manutenzione ordinaria per il patrimonio edilizio o di oneri di ammortamento di mutui consistenti, il tetto del 90%, in carenza di altre entrate, può essere non compatibile con le altre previsioni di spesa). L’accurata programmazione della spesa, con particolare riguardo agli oneri del personale, è di fondamentale importanza per assicurare gli equilibri di bilancio, in quanto:
a) le assunzioni di personale (in particolare quello docente) danno origine a un costo fortemente crescente nel tempo, sia per l’ordinaria dinamica automatica delle retribuzioni, sia per i passaggi di ruolo/livello conseguenti allo svolgimento dei concorsi che con l’autonomia dell’Università sono passati sotto il controllo esclusivo degli atenei;
b) le Università hanno, in genere, scarsi margini di manovra per acquisire entrate con caratteri di stabilità nel tempo.
Come si è detto precedentemente, l’obbligo della programmazione è espressamente previsto dal comma 105 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), in base al quale le Università devono predisporre programmi triennali del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. I programmi vanno sottoposti al MIUR per la valutazione della coerenza con le risorse stanziate nel FFO e del rispetto del vincolo del 90%. Inoltre, la legge 31 marzo 2005, n. 43 di conversione del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, prevede che, a decorrere dal 2006, le Università, anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualità dei servizi, entro il 30 giugno di ogni anno adottino programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del MIUR, tenuto altresì conto delle risorse acquisibili autonomamente dai singoli atenei. Si è tuttavia detto che questa disposizione comincia solo ora ad essere operante, dato che è proprio in questi giorni, e quindi con forte ritardo, che viene ufficialmente diffuso il decreto di attuazione, relativo alla Programmazione 2007-2009. Inoltre, i programmi predisposti dalle Università ai sensi del comma 105 dell’art. 1 della legge finanziaria 2005, così come quelli predisposti sulla base della precedente normativa, ancorché analizzati 16 Sembra opportuno fare riferimento al FFO calcolato piuttosto che a quello annuale, anche considerando che il dato annuale viene generalmente conosciuto solo ad esercizio avanzato. attraverso apposita procedura informatica del Ministero, non hanno ancora dato luogo, per quanto risulta alla Commissione, a nessuna forma di intervento né ex ante né ex post. La Commissione ritiene essenziale riaffermare con decisione il ruolo della programmazione e altresì migliorare la qualità della programmazione stessa. A questo proposito, il vincolo del 90% delle spese fisse e obbligatorie di personale sul FFO, reso meno restrittivo dalla legge 4 giugno 2004, n.143 e successive proroghe annuali, dovrebbe tornare alla formulazione originaria contenuta nell’art. 51 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. In altri termini, le spese fisse e obbligatorie andrebbero calcolate tenendo conto anche dei maggiori costi derivanti dagli incrementi retributivi di docenti e ricercatori e del personale tecnico e amministrativo, nonché di quel terzo delle spese, attualmente decurtato, per il personale universitario, docente e non docente, che presta servizio in regime convenzionale con il SSN17. Si tratta di una misura necessaria al fine di assicurare la trasparenza sulle effettive condizioni della gestione degli atenei e coerente con la garanzia di una dinamica minima del FFO commisurata alla dinamica delle retribuzioni (vedi punto 3.1). La Commissione ritiene invece che sia opportuno, nella quantificazione del rapporto tra spese fisse di personale e FFO, mantenere i correttivi volti a tenere conto della differenza tra FFO consolidato e FFO "teorico" (derivante dall’applicazione della formula CNVSU) e delle maggiori risorse a disposizione delle Università in conseguenza di convenzioni per assunzione di personale18. Per quanto riguarda quest’ultimo elemento correttivo, la Commissione ritiene che tali convenzioni debbano avere durata ventennale e debbano essere accompagnate da adeguate garanzie. In secondo luogo, per evitare il riproporsi della situazione attualmente esistente, cioè l’assunzione di decisioni di spesa basate sulla sottovalutazione ex ante della spesa a regime, la Commissione ritiene che vadano imposti agli atenei comportamenti uniformi e di maggiore cautela. Bisogna assicurarsi che le Università, nel programmare i concorsi e le assunzioni di personale, tengano conto del costo prospettico che graverà sui loro bilanci, confrontandolo con le risorse che il turn-over atteso renderà disponibili. In carenza di ciò, la forte dinamica delle retribuzioni dovuta alle progressioni di carriera, oltre che ai rinnovi contrattuali e agli scatti automatici, porrebbe una seria ipoteca sui conti degli esercizi futuri. Oggi, a fronte di alcuni atenei virtuosi, ve ne sono altri che si sono comportati e si comportano in modo meno oculato, confidando nell’intervento dello Stato a sanatoria delle proprie posizioni debitorie. Il problema può essere affrontato adottando l’impiego di una delle due metodologie seguenti: 1. nei programmi triennali le Università, attraverso un’opportuna integrazione dei criteri utilizzati nell’attuale procedura Proper, imputano per ogni nuova posizione i relativi costi medi calcolati sull’arco della intera carriera, destinando a un fondo di riserva i risparmi di spesa che si verificheranno nei primi anni (quando il costo effettivo del personale è inferiore a quello medio utilizzato nella programmazione); il fondo di riserva garantirà il pagamento delle retribuzioni negli ultimi anni della carriera, quando gli oneri effettivi saranno superiori al costo medio. Le risorse stanziate sul fondo di riserva possono essere utilizzate soltanto in impieghi che consentano con certezza il rientro dei capitali entro il termine in cui dovranno presumibilmente rendersi disponibili per coprire i maggiori costi retributivi; 2. le Università che si ritengono in grado di effettuare stime attendibili dei costi futuri del personale predispongono piani decennali a scorrimento (in luogo di quelli triennali), da sottoporre ad approvazione ministeriale, in cui venga dimostrata, anno per anno, la copertura degli aumenti retributivi per ricostruzioni di carriera e scatti di anzianità con risorse certe (tipicamente quote di cessazioni future non utilizzabili in seguito per reclutamento). Questa procedura è ammissibile solo se da parte di MEF/MUR si renderà disponibile un software per assicurare l’adozione di una metodologia omogenea di calcolo della dinamica retributiva su un arco decennale. Nel contempo, va monitorata l’attuazione di tali programmi, al fine di verificarne la correttezza e l’attendibilità. La prima soluzione è quella che probabilmente garantisce di più la certezza dei risultati, anche se i controlli sull’uso temporaneo dei fondi di riserva può essere problematico. Si prospetta tuttavia anche la seconda, perché si confida che nuove regole, congrue e condivise, rendano possibile, affidabile e controllabile la programmazione decennale da parte degli atenei. Un’ultima nota riguarda i limiti all’indebitamento. La stabilità finanziaria del sistema richiede che venga introdotto un vincolo effettivo all’indebitamento, superando la previsione ormai obsoleta dell‘art. 7, comma 5 della legge 168/89. La nuova regola va definita sulla base di ulteriori approfondimenti, che dovranno consentire anche di capire meglio il fenomeno del crescente ricorso degli atenei alla costituzione di enti e fondazioni collaterali che aumentano positivamente le possibilità operative ma potrebbero anche agevolare il non rispetto dei vincoli. La Commissione ritiene comunque che il nuovo limite per rimborsi e interessi dovrebbe essere compreso nell’intervallo 2- 4% del FFO. Tale limite più severo al livello di indebitamento dovrebbe d’altro lato consentire di ampliare le forme possibili di indebitamento, al di là dei mutui, e dovrebbe accompagnarsi a opportune regole di rientro graduale per gli atenei che lo avessero già superato.
3.3 Interventi per l’effettiva applicazione delle regole
Come si è visto nel paragrafo 2.1, la regola del 90% di incidenza massima delle spese fisse e obbligatorie di personale sul FFO non è stata rispettata da quattro atenei, nonostante tale regola sia stata allentata dall’art 5 della legge n. 143/2004. Le Università non in regola nel 2006 sarebbero state addirittura diciannove se la regola non fosse stata modificata. Tra gli atenei che avrebbero sfondato il tetto del 90% senza le correzioni del 2004, alcuni presentano anche un elevato indebitamento. Si prospettano quindi difficoltà finanziarie di una certa gravità che si sarebbero potute evitare con una gestione più accorta da parte degli atenei e con un migliore sistema di controllo. La Commissione suggerisce quindi di dare piena attuazione al disposto della legge 449/97 che restringe la possibilità di nuove assunzioni, per gli atenei che abbiano già superato il limite del 90% delle spese di personale su FFO, al 35% dell’importo liberatosi a seguito di cessazioni; ma con la rinnovata avvertenza di determinare l’incidenza di tali spese tenendo conto, come nella disposizione originaria, dei maggiori costi derivanti dagli incrementi retributivi nonché dell’intera spesa per il personale universitario convenzionato con il SSN (e concedendo la sola attenuazione, rispetto alla formulazione originaria, di considerare le convenzioni almeno ventennali). Si intende che questo vincolo deve operare per tali atenei in aggiunta all’obbligo generale qui proposto della programmazione decennale o del fondo di riserva: nel senso che per essi, finché non scendano sotto il menzionato limite del 90%, vale il limite più restrittivo tra quello emergente dal vincolo del 35% e quello emergente dal metodo della programmazione o della riserva. La Commissione ritiene, inoltre, che misure specifiche vadano previste per gli atenei che hanno già superato il limite del 90% delle spese di personale sul FFO e sono in stato di potenziale dissesto perché negli ultimi due anni hanno avuto, al netto delle poste finanziarie, un saldo di bilancio negativo (ovviamente calcolando l’incidenza nel modo appena detto). Per queste Università va previsto l’obbligo di presentare un Piano di risanamento, da sottoporre all’approvazione congiunta del MUR e del MEF, di durata non superiore a 10 anni, compatibilmente con un livello di turn-over del 20% da calcolare in base ai costi medi. Considerata la recente esperienza caratterizzata da norme disattese, la Commissione ritiene che vada riposta particolare attenzione nella definizione delle procedure di monitoraggio e nella previsione di eventuali sanzioni per la mancata attuazione del piano stesso. Il monitoraggio dovrebbe essere affidato al Collegio dei revisori: il Collegio, nel quale va ovviamente mantenuto il rappresentante del MEF ( con spese a carico dell’Università, anche se da queste lasciato in soprannumero), dovrebbe certificare con cadenza almeno trimestrale l’osservanza del Piano. In caso di grave inadempienze rispetto agli obblighi di attuazione del Piano, l’ateneo potrebbe essere sottoposto a sanzioni adeguate senza escludere l’ipotesi estrema del commissariamento. L’effettiva applicazione delle regole di buona gestione può essere anche ottenuta in una certa misura, senza costrizione del livello di autonomia delle Università, premiando gli atenei che abbiano conseguito positivi risultati, in linea con quanto prevedeva

3.4. Interventi per l’incentivazione e il riequilibrio La Commissione ritiene essenziale che, accanto alle misure di stabilizzazione e di risanamento finanziario del sistema, riprenda adeguato spazio la quota di finanziamento attribuibile sulla base di schemi incentivanti e riequilibranti. Va ricordato a tale riguardo come il processo di riequilibrio avviato nel 1994 con la formula Giarda, che produceva in sostanza un progressivo avvicinamento delle dotazioni finanziarie di ciascun ateneo al rispettivo costo standard della didattica, non sia stato completato. D’altro lato, la scelta strategica di premiare gli atenei con maggiore volontà e capacità di formulare e realizzare una buona programmazione è ribadita nell’art 1-ter della legge 31 marzo 2005, n. 43, di conversione del DL 31 gennaio 2005, n. 7. Al contempo va di nuovo sottolineato come la ripresa dell’incentivazione a livelli importanti richieda che sia garantita una crescita sufficiente e certa del FFO. Se così non fosse, l’aumento della quota destinata all’incentivazione sottrarrebbe risorse al finanziamento della quota consolidata del Fondo, con il risultato che talune Università potrebbero trovarsi in difficoltà per quanto riguarda il rispetto del vincolo del 90% e gli equilibri di bilancio in generale. In questa situazione, caratterizzata da validi indirizzi strategici ma anche da pesanti vincoli, la Commissione ritiene di poter realisticamente formulare due raccomandazioni. La prima è che la formula definita dal CNVSU (con le eventuali modifiche indicate di seguito) possa essere utilizzata per allocare già nel 2008 una quota del 5% circa del FFO tra le Università non soggette a piani di risanamento e che tale quota sia gradualmente aumentata secondo un sentiero di crescita definito ex ante su base pluriennale. La seconda è che, considerando come il divario tra atenei in termini di dotazione di risorse sia molto marcato rispetto alla ripartizione teorica del CNVSU (vedi par. 2.1), la ripartizione di risorse addizionali sia destinata esclusivamente agli atenei sottofinanziati con riferimento al modello teorico, in modo da attenuare le distorsioni ancora oggi derivanti dalla spesa storica19. Si riprenderebbe così, a distanza di qualche anno, un percorso virtuoso che è stato bruscamente interrotto con evidenti conseguenze negative sul sistema. A questa finalità potrebbero essere destinate le risorse del Fondo per la programmazione e lo sviluppo, che diventerebbero consolidate nel FFO. Si ritiene peraltro ragionevole proporre le modifiche di seguito indicate alla già pregevole formula del CNVSU, in base alla futura disponibilità di dati attendibili. Esse si segnalano alla costituenda ANVUR, cui si raccomanda anche di incorporare nel Modello gli indicatori ministeriali menzionati nel citato D.M. 362/2007 sulla programmazione universitaria 2007-2009 in modo da fornire agli atenei un riferimento univoco.
Per quanto riguarda la domanda:
• pesare di più gli studenti che provengono da sedi distanti e abbiano conseguito il diploma di scuola superiore con un punteggio elevato e/o abbiano superato i test di accesso alla Facoltà (ove previsti) con un punteggio elevato, nonché gli studenti stranieri;
• pesare di più gli studenti dei C.L.S. che provengono da altre Università e abbiano conseguito la laurea triennale negli anni previsti dall’ordinamento aumentati di una unità. Per quanto riguarda i risultati dei processi formativi, nulla è possibile nel breve termine, perché bisogna completare la rilevazione longitudinale (per coorti) della carriera degli studenti e il follow up nel mondo del lavoro. Nel medio termine, si suggerisce di tenere conto dei risultati degli studenti in corsi di laurea successivi e dell’inserimento nel mondo del lavoro, in particolare considerando:
• la percentuale di laureati occupati a un anno dalla laurea sul totale dei laureati della medesima coorte;
• la percentuale di studenti che ottengono la laurea specialistica (magistrale) tre anni dopo la laurea triennale. Per quanto riguarda i risultati della ricerca:
• aumentare il peso delle valutazioni ex post del CIVR, opportunamente integrate dai risultati - in termini di partecipazione e successi - conseguiti dagli atenei nell’ambito dei bandi di cofinanziamento comunitario del VI Programma Quadro conclusosi nel 2006(allargando in futuro l’esame ai risultati conseguiti più in generale nei progetti europei formulati su base competitiva)20. Inoltre si può utilizzare il 10% per progetti speciali per:
• incentivare la mobilità studentesca;
• sostenere i centri di eccellenza;
• premiare l’internazionalizzazione (scambio di docenti e studenti; doppia laurea, italiana e straniera; uso della lingua inglese nei corsi, ecc.)
• incentivare l’adozione di strumenti per la valutazione degli studenti al momento dell’immatricolazione, non necessariamente con funzioni selettive ma per verificarne le potenzialità;
• incentivare le azioni di supporto per il recupero di eventuali debiti formativi accertati;
• premiare le Università che si sottopongano volontariamente all’accreditamento da parte di agenzie indipendenti che operino secondo standard internazionali.
Ultimo, ma davvero non meno importante, strumento di incentivazione per gli atenei , una più generosa politica del diritto allo studio che venga finalizzata all’aumento della mobilità dei migliori studenti, in tal modo attivando una positiva concorrenza tra le sedi. Essa può avvalersi di stimoli indiretti, attraverso l’ampliamento delle residenze e delle strutture di servizio per studenti. 20 La valutazione del CIVR si basa sui prodotti 2001-2003. E’ ovvio attendersi dalla costituenda ANVUR una sollecita riedizione del processo valutativo che potrebbe utilmente estendersi , magari su base campionaria, al confronto tra risultati attesi e risultati conseguiti nei progetti PRIN. Ma serve anche un intervento diretto sulle borse di studio, che ne ampli il numero e ne aumenti l’importo unitario, soprattutto per i non residenti. La richiesta di aumentare il finanziamento erogato direttamente agli studenti rispetto a quello dato agli atenei è stata formulata da più parti da tempo , sulla scorta di positive esperienze estere, e ha acquisito di recente maggior vigore. E’ una strada che va in realtà attentamente esplorata prima di seguirla, come ogni rilevante novità straniera ancora non sperimentata nell’ambito della nostra struttura. Tuttavia non ci sono dubbi che qualche passo in tale direzione possa essere fatto con alta probabilità di risultati positivi. La Commissione auspica pertanto una comune riflessione tra Stato, Regioni e Università sul tema del diritto allo studio, volta a potenziare il Fondo integrativo nazionale e a definire nuovi criteri che stimolino la mobilità degli studenti migliori, esplorando anche l’ipotesi di un sistema di valutazione del merito omogeneo su base nazionale. Pure lo strumento dei prestiti d’onore, da assegnare in base al puro merito, andrebbe utilizzato estesamente : le delusioni sin qui registrate non devono impedire il tentativo di rilancio, considerando che tali prestiti possono contribuire efficacemente alla mobilità studentesca e aiutano in ogni caso a diffondere tra i giovani l’assunzione di autonoma responsabilità. E’ appena il caso di notare come simile prospettiva di potenziamento della politica del diritto allo studio avvalori la raccomandazione sopra formulata di consentire un innalzamento di tasse e contributi fino ad un‘incidenza del 25% sul FFO con il vincolo di destinare almeno la metà del maggior introito a borse di studio e servizi per gli studenti.
4. Conclusioni
La Commissione, pur consapevole della natura non finanziaria di vari e rilevanti problemi della formazione universitaria in Italia, ritiene che interventi per la razionalizzazione del finanziamento del sistema universitario siano necessari e non differibili. Ritiene altresì che tali interventi vadano disegnati alla luce dei seguenti obiettivi:
a) rafforzare l’autonomia delle Università;
b) garantire la stabilità finanziaria del sistema;
c) potenziare il modello incentivante. In questa prospettiva la Commissione formula le raccomandazioni che seguono. Come insieme di diritti e doveri, esse vogliono configurare la base di un nuovo "patto" tra Governo e Università, capace di conferire un maggiore livello di efficacia e di efficienza all’attività di formazione superiore e di ricerca, che è fattore cruciale per la crescita del Paese.
1. Gli atenei devono subire le conseguenze finanziarie delle proprie decisioni autonome ma non sopportare i costi di decisioni assunte all’esterno, con l’eccezione di misure transitorie ed effettivamente sopportabili dal sistema universitario che siano imposte dalla politica di risanamento del bilancio pubblico.
2. La dinamica del FFO deve essere garantita nel tempo per tenere conto degli aumenti automatici degli oneri del personale di ruolo nonché dell’aumento degli altri costi a causa dell’inflazione. Agli atenei dovrebbe quindi essere tendenzialmente garantita ( restando aperta la questione se la situazione di finanza pubblica consenta o meno di applicare per intero la regola già per il 2008) una dinamica del FFO pari almeno alla media ponderata delle variazioni dei seguenti indici: indice delle retribuzioni del personale non contrattualizzato delle pubbliche amministrazioni, stabilito con DCPM (peso 0,58); indice delle retribuzioni del personale tecnico amministrativo ( peso 0,27); indice generale dei prezzi al consumo (peso 0,15).
3. Il finanziamento dell’edilizia va garantito su base almeno triennale, con valutazione attendibile e trasparente del fabbisogno comparato degli atenei.
4. Va reso molto più stringente il vincolo all’indebitamento degli atenei, ivi incluso il debito degli enti da questi controllati, imponendo che l’onere annuo, per rimborsi e interessi, non possa superare una bassa percentuale del FFO ( da definirsi ma comunque nell’intervallo 2- 4%), d’altro lato consentendo forme di debito diverse dai mutui e prevedendo opportune regole per il graduale rientro entro il nuovo limite, se già superato.
5. Gli atenei devono poter aumentare le tasse universitarie fino alla concorrenza del 25% del FFO, con vincolo di destinazione di almeno il 50% dei maggiori introiti ai servizi agli studenti e alle borse di studio per i meritevoli.
6. La programmazione del fabbisogno di personale docente va effettuata utilizzando una misura effettiva del vincolo del 90% di incidenza di tali spese sul FFO, senza escludere quindi gli aumenti stipendiali e il 33% della spesa per il personale convenzionato con il SSN. Le spese per il personale finanziate da entrate derivanti da convenzioni non vanno prese in considerazione nella quantificazione del vincolo, purché tali convenzioni abbiano durata almeno ventennale e siano accompagnate da adeguate garanzie.
7. Le decisioni di spesa in materia di personale devono essere assunte con una valutazione realistica dei costi futuri, che tenga conto della crescita delle retribuzioni nel tempo per aumenti automatici e sviluppi di carriera. Questo obiettivo può essere conseguito con strumenti alternativi: i) ogni nuova posizione va quantificata con riferimento al costo medio calcolato sull’arco della intera carriera, destinando a un fondo di riserva i risparmi di spesa che si verificheranno nei primi anni (quando il costo effettivo del personale è inferiore a quello medio utilizzato nella programmazione); ii) ogni nuova posizione può essere quantificata al costo iniziale a condizione che l’Università formuli, ottenendo esplicita approvazione ministeriale, un programma decennale a scorrimento per il personale docente e tecnico-amministrativo, da cui risulti la sostenibilità finanziaria delle assunzioni attraverso la dimostrazione, anno per anno, della copertura degli aumenti retributivi per ricostruzioni di carriera e scatti di anzianità con risorse certe (tipicamente con quote di cessazioni future, che diventano quindi non utilizzabili in seguito per reclutamento). La metodologia sub ii) offre adeguate garanzie per la stabilità finanziaria del sistema solo se da parte di MEF/MUR sarà reso disponibile un software per assicurare l’omogeneità della metodologia nella predisposizione dei programmi e ne sarà controllata l’applicazione, al fine di verificarne la correttezza e l’attendibilità.
8. Le Università che hanno superato il limite del 90% delle spese di personale sul FFO vanno sottoposte al vincolo di assunzioni limitate al 35% dell’importo liberato dalle cessazioni: vincolo già in vigore, che va applicato calcolando le spese nel modo indicato al punto 6. e non con le attenuazioni attuali.
9. Le Università che, oltre ad avere superato tale limite, appaiano in stato di potenziale dissesto, perché negli ultimi due anni hanno avuto un saldo di bilancio negativo (al netto delle poste finanziarie), devono presentare un Piano di risanamento di durata non superiore a 10 anni da sottoporre alla approvazione congiunta del MUR e del MEF. Il Piano deve prevedere la limitazione delle assunzioni entro il 20% delle cessazioni e l’aumento obbligatorio e graduale delle tasse di iscrizione fino al 25% del FFO. E’ fatto obbligo al collegio dei revisori, in cui va ovviamente mantenuto il rappresentante del MEF ( con spese a carico dell’Università, anche se da queste lasciato in soprannumero), di certificare con cadenza almeno trimestrale l’osservanza del Piano. L’inosservanza del suddetto Piano dovrebbe comportare adeguate sanzioni, senza escludere nel caso estremo il commissariamento dell’ateneo.
10. A partire dal 2008 va ripreso il percorso virtuoso, secondo un sentiero di crescita dei finanziamenti definito ex ante su base pluriennale, che porta a riequilibrare la dotazione degli atenei nonché a premiare gli atenei con i migliori risultati sul piano della ricerca e della didattica (con l’ovvia avvertenza che la parte relativa al riequilibrio si consolida mentre quella relativa al premio è valutata e riassegnata periodicamente).
11. In attesa dell’entrata in funzione della costituenda ANVUR e delle regole che essa detterà, già per il 2008 una quota del 5% del FFO va ripartita tra le Università non soggette a piani di risanamento sulla base della formula CNVSU (eventualmente modificata in base alle indicazioni del punto 13).
12. Le risorse del Fondo per la programmazione e lo sviluppo devono confluire nel FFO, essere ripartite integralmente secondo la formula CNVSU ( e in futuro secondo le indicazioni dell’ANVUR) ed essere destinate esclusivamente agli atenei che rispetto al modello teorico risultano sottofinanziati.
13. Sempre in attesa di future indicazioni da parte dell’ANVUR, la formula CNVSU va modificata nel tempo, in base alla disponibilità di dati attendibili, in modo da rendere maggiore il peso della qualità dell’insegnamento e della ricerca nella determinazione delle quote spettanti ai singoli atenei. Per quanto riguarda i risultati della ricerca, già da ora va aumentato il peso delle valutazioni CIVR, integrate dai risultati conseguiti nel VI Programma Quadro europeo. Si propone anche di destinare il 10% a progetti speciali per incentivare la mobilità studentesca, l’internazionalizzazione degli atenei, l’introduzione di meccanismi di valutazione degli studenti che chiedono l’immatricolazione, le azioni di supporto per il recupero di eventuali debiti formativi accertati nonché per premiare i centri di eccellenza e le Università che si sottopongano volontariamente all’accreditamento da parte di agenzie indipendenti che operino secondo standard internazionali.
14. Si raccomanda infine un rafforzamento della politica del diritto allo studio, sia sul fronte dei servizi sia su quello del finanziamento erogato direttamente agli studenti. Si auspica che un accordo tra Stato, Regioni e Università porti ad aumentare il Fondo integrativo nazionale e a definire nuovi criteri che stimolino la mobilità degli studenti migliori, in tal modo potenziando la positiva competizione tra atenei. Anche lo strumento dei prestiti d’onore erogati in base al puro merito andrebbe rilanciato, nonostante le delusioni del passato, poiché tali prestiti possono contribuire efficacemente alla mobilità studentesca e aiutano in ogni caso a diffondere tra i giovani l’assunzione di autonome responsabilità.

 

Dal "Comitato per la nuova legge elettorale"



"Chiudere  la fase di transizione dalla prima
alla seconda repubblica, con l'elezione diretta del
Presidente del Consiglio e  legge elettorale proporzionale"

LIQUIDARE PRESTO IL BERLUSCONISMO "DILETTANTE"
E RIPORTARE AL GOVERNO IL CETO  MEDIO

I have a dream:
the regicide

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 Pubblichiamo qui una proposta di legge elettorale, mirante a porre un porre un termine
alla lunga transizione, dalla prima alla seconda repubblica, iniziata nel 1992 e mai conclusa

   La proposta è stata avanzata da un "COMITATO promotore della nuova elettorale", costituito a Bologna il 27 marzo 2007, da 20 piccoli partiti, che non hanno rappresentanza in Parlamento, e il cui nome non indichiamo, per evitare code, e invece privilegiare il contenuto, come fatto di tutti.
  Detto Comitato  è stato ricevuto e ascoltato dal Governo il 1 giugno 2007, nella persona del SottoSegretario di Stato Dr. Paolo Naccarato. Dell'incontro è stato reso un comunicato congiunto, ripreso dalle principali agenzie.
   Sono stimolato a pubblicare la proposta, in reazione alla tristezza del dover subire, ogni giorno ormai, il  linguaggio tra dilettante ed eversivo, senza più limiti, di Berlusconi, leader del maggior partito di opposizione. Non entro nel merito delle sue idee politiche (anzi le condivido in parte, a cominciare dall'opposizione all'eccesso di fiscalità), ma ritengo sia eversivo chiedere ogni giorno le elezioni anticipate, senza che abbia avuto luogo un voto di sfiducia di almeno una delle camere, al governo; anzi che egli faccia una opposizione pregiudiziale, in parlamento, saltando i problemi, a danno dell'Italia. E trovo doppiamente eversivo scherzare con certe parole di altri tempi (il regicidio: vedi Corriere della Sera, 15 giugno 2007), in cui l'uccisione del tiranno era moralmente giustificata (vedi il canonico BOTERO, nel 1700), come l'unica via per liberare il popolo da eccesso di soprusi di ogni tipo, e tornare alla normalità della vita quotidiana. Mi meraviglio che nessun giudice si sia occupato di quella parola, anche perchè usata per aizzare il popolo.

  Che si tratti di persona pericolosa per la democrazia già era emerso quando fece una riforma costituzionale (bocciata da un referendum) che prevedeva il potere del Presidente del consiglio di sciogliere le camere, in caso di sfiducia al governo. Aggiungerei che è anche sbagliato, da parte di una certa stampa, confondere l'opposizione attuale di molti al governo, col richiamo di Berlusconi al governo, anche perchè già è stata sperimentato l'infedeltà al programma liberale, per il quale già aveva avuto il voto nel 2001. NL

La PROPOSTA di  NUOVA LEGGE  ELETTORALE

In estrema sintesi la proposta vuole:
1) l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, contemperata da maggiori poteri di garanzia costituzionale del Presidente della Repubblica.
2) la proporzionalità, con sbarramento del 2%, per l'elezione dei membri del Parlamento.
3) il voto di preferenza sui candidati (un solo voto).
4) l’abolizione delle firme per la presentazione delle candidature.

MOTIVAZIONI

   La proposta vuole chiudere la fase di transizione dalla prima alla seconda Repubblica. Precisamente:
   a) vuole eliminare la contraddizione attuale tra la volontà degli elettori di scegliere direttamente il Presidente del Consiglio (la legge vigente dispone che sia indicato il candidato Premier) e la Costituzione che ancora richiede la successiva fiducia al Governo, da parte del Parlamento, cosicché subito dopo le elezioni può cadere il Governo;
   b) vuole riportare il "ceto medio" (la forza economica maggiore) nel governo del Paese, ricostruendo un grande "partito democratico di centro" (analogo al "partito democratico" dei DS+DL-Margherita, sul centro-sinistra), dopo il vuoto che si è formato dal 1992-94, in seguito alla caduta della DC e del PSI. Oggi il ceto medio, essendo rappresentato frazionatamente all'interno di due, rispettive, grandi coalizioni "bipolari", è caduto in ostaggio delle aree estreme delle rispettive due coalizioni.

IL TESTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE

1.- ELEZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
(da approvare con modifiche costituzionali e con legge ordinaria)

a) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale diretto, tra i candidati che hanno ottenuto la nomina a candidato nelle elezioni primarie. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, si passa al ballottaggio tra i due più votati. Non è eleggibile chi abbia già svolto due mandati consecutivi. Il Premier nomina e revoca i Ministri, che sono insediati dopo la loro presentazione alle Camere. Le Camere, con voto motivato, possono esprimere la sfiducia a singoli Ministri.

b) Elezioni primarie. Tre mesi prima delle elezioni del Presidente del Consiglio, sono fatte, in base a disposizioni di legge, le elezioni primarie per scegliere i candidati a Premier. Le candidature possono essere presentare, con un rispettivo programma, da partiti e associazioni annotate all'Ufficio del Pubblico Registro

c) Ottiene la nomina a candidato, per ogni rispettivo partito o associazione, chi abbia ottenuto il maggior numero di voti, purchè il rispettivo partito o associazione abbia ottenuto più del 10% dei voti degli elettori di almeno 5 Regioni.

2.- NUOVI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Le leggi e gli atti del Governo, aventi forza di legge, possono essere rinviati preventivamente alla Corte Costituzionale, per il parere di costituzionalità, dal Capo dello Stato di propria iniziativa o su richiesta di 1/3 di una delle Camere o di 5 Consigli Regionali. In caso di parere negativo non ha luogo la promulgazione.

3.- ELEZIONE DEL PARLAMENTO

a) Il parlamento è eletto a suffragio universale con riparto dei seggi, tra i partiti, proporzionalmente a voti ottenuti, al netto di uno sbarramento del 2% dei voti elettorali sia per il partito che si presenti da solo, sia per la coalizione.

b) La partecipazione dei partiti alle elezioni non richiede firme di presentazione.

c) Il diritto di voto include la possibilità di esprimere una preferenza

d) Rimborso delle spese elettorali. I partiti hanno diritto al rimborso delle spese elettorali, proporzionalmente ai voti riportati. Tuttavia, nel caso di partiti federati presentatisi in unica lista o in coalizione, il partito che esca dalla federazione o dalla coalizione perde il diritto al rimborso.

 

All'Università di Bologna,  su invito dell'AIDU - Associazione Italiana Docenti Universitari

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Carlo Caffarra, Cardinale

Sulla scia di Papa Joseph RATZINGER all'Università di Regensburg

Il Cardinale di Bologna scende
nell'AGORA'  universitaria e parla ai professori
di "FEDE e RAGIONE"


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Prima lezione* - 15 novembre 2006
"Fede e ragione: una difficile ma necessaria convivenza"

* La seconda e la terza lezione si trovano in: http://www.caffarra.it/2006.php

                                                                                                                                                                    

C. CAFFARRA, Proemio. Il problema dei rapporti fra ragione e fede, nella cultura dell’Occidente, può ben essere detto un nido di difficoltà senza fine e si presenta come il nodo di tutti i problemi sulla risoluzione ultima della verità dell’esistenza per l’uomo itinerante nel tempo [C. Fabro, in Ass. Teol. Ita ( a cura di) I teologi del Dio vivo, ed. Ancora, Milano 1968, pag. 245].
La difficoltà posta da questo binomio nasce dal fatto che esso fa sorgere da sé come molteplici centri concentrici, la tensione fra filosofia e teologia, scienza e fede, ragione e rivelazione … fino alla dimensione politica del rapporto fede e sfera pubblica, Chiesa e Stato.
Ovviamente in tre lezioni non posso che affrontare qualche aspetto di questo "nido di difficoltà". Procederò comunque nel modo seguente.
Inizierò da una riflessione sulla famosa conferenza tenuta da Benedetto XVI all’Università di Regensburg. Proseguirò poi riflettendo sui due momenti essenziali del rapporto: la ragione in ricerca, in cammino verso la fede [intellectus quaerens fidem]; la fede che chiede di penetrare sempre più intensamente la ragione [fides quaerens intellectum]. L’incontro di fede-ragione avviene due volte. Prima volta: preparazione della ragione per l’atto del credere; seconda volta: cooperazione della ragione colla fede all’interno della comunità dei credenti per avere una qualche intelligenza dei divini Misteri.
Come vedete, parlo del "matrimonio d’amore e d’accordo": non di "separazioni [consensuali o conflittuali], né di "divorzi" [rottura del vincolo vera e propria]. Non ne abbiamo il tempo; mi limiterò a qualche accenno nella prima riflessione.

LEZIONE PRIMA: L'incontro fede-ragione: urgenza improrogabile
   Nella prima lezione prenderemo come pagina di riferimento la lezione tenuta da Benedetto XVI all’Università di Regensburg. È un’ottima base per tutte le riflessioni seguenti. Ne suppongo la lettura attenta.
   Partiamo da un fatto storico: all’inizio dell’evangelizzazione fuori dai confini geografici e culturali della religione ebraica è accaduto un’incontro fra la fede cristiana e la parte migliore del pensiero greco. È stato un incontro che per la nascita e lo sviluppo del cristianesimo ha avuto un significato decisivo. È uno di quegli eventi storici nei quali si rivela un’esigenza strutturale dello spirito: un evento appunto denso di significato.
   Non è ora il caso di descrivere questo incontro in tutto ciò che lo costituisce e nelle sue alterne vicende. Né il Papa lo fa nella sua conferenza. Ma la domanda di fondo è la seguente: l’incontro Gerusalemme-Atene che cosa significa in sostanza? Per essere meglio guidati a cogliere la risposta che il Papa dà a questa domanda, richiamo anche l’attenzione su una circostanza in cui è avvenuto l’incontro. I missionari cristiani, ad iniziare da Paolo, quando annunciavano il Vangelo agli Ebrei entravano nei loro luoghi di culto, le Sinagoghe: era un dialogo sul piano squisitamente della fede religiosa. Quando invece si rivolgono ai pagani, il loro interlocutore non è "il sacerdote": è il "filosofo"; e normalmente i luoghi di annunci sono le "agorá". Al greco cioè essi presentano la loro fede come vera, e quindi meritevole di essere accolta da chi ha la passione della ricerca della verità mediante l’unico mezzo di cui la natura ha dotato l’uomo, la ragione. Se volessimo esprimere brevemente e sommariamente il contenuto della coscienza che il missionario cristiano aveva di se stesso, lo potremmo fare colle seguenti parole: "ciò che annuncio è vero e quindi lo posso e lo devo dire ad ogni persona".
  La cosa diventa ancora più chiara se teniamo presente che cosa il greco intendeva parlando di "filosofia". "La filosofia appariva … come un esercizio del pensiero, della volontà, di tutto l’essere, per cercare di pervenire ad uno stato, la sapienza, che d’altronde era quasi inaccessibile all’uomo" [P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino 2005, pag. 156].
Vorrei fermarmi ancora un momento su questo punto poiché mi sembra una delle fondamentali chiavi di lettura della conferenza di Regensburg, e quindi uno dei nodi della nostra riflessione.
L’accettazione di una proposta religiosa può accadere non a causa del fatto che sia ritenuta vera. Ma perché la si può ritenere "socialmente utile", oppure "psicologicamente beatificante". Si può perfino ritenere che la domanda sulla verità della proposta religiosa sia priva di senso, allo stesso modo che se chiedessi: "che colore hanno le sinfonie di Mozart".     Come estendere la categoria del colore all’udibile è un non senso, così estendere la categoria della "verità-falsità" al messaggio religioso è un’indebita estensione di quella categoria medesima. Ebbene, l’incontro Vangelo-grecità è avvenuto in un piano completamente diverso da questo appena schizzato, poiché si è giocato sul piano della ragione, e dunque circa ciò che è vero – ciò che è falso. E siamo al nodo centrale, credo, della conferenza di Regensburg.
  Il fatto storico di cui stiamo parlando – il dinamismo intrinseco della missione presso il greco – non è accaduto per caso; costituisce il concreto realizzarsi di un’esigenza strutturale, intrinseca sia alla fede cristiana sia alla ragione umana: quella di incontrarsi e non di scontrarsi; quello di allearsi e non di confliggere; quello di conoscersi e non di ignorarsi.
Che cosa concettualmente queste metafore significhino, cercherò precisamente di dirlo nel corso di queste lezioni. Per il momento voglio riprendere su alcuni punti la formulazione metaforica sopra enunciata.
Ho parlato di "esigenza strutturale della fede cristiana". Per completezza non bisogna dimenticare – come precisamente non fa il S. Padre – che è un’esigenza, questa, che possiamo verificare anche nella fede ebraica, se leggiamo con attenzione la S. Scrittura. In una parola: il Dio biblico si rivela come "Logos" e come "logos" agisce.
Ho parlato di "esigenza strutturale". Ciò significa che la fede cristiana non si giustappone alla ragione come estranea alla medesima, ma è dal suo interno stesso che chiama la ragione. Vedremo meglio in seguito che cosa significa tutto questo. Ma – come dice il S. Padre, ed è un punto di somma importanza – anche la ragione come tale incontra la fede cristiana, a meno che essa, la ragione, non decida di restringere il suo ambito ed il suo uso; a meno che non decreti un’autolimitazione del suo esercizio al verificabile nel senso stretto del termine. Ovviamente, se non superiamo questa limitazione autodecretata della ragione, questa non avrà alcuna possibilità di incontrarsi colla fede.  Ma anche questo tema, centrale nella riflessione del S. Padre, lo riprenderò in seguito.
Fatte queste sintetiche sottolineature che sarebbero bisognose di ben più prolungati approfondimenti, ritorniamo all’affermazione secondo la quale l’incontro storico del Vangelo colla parte migliore del pensiero greco rivela un’esigenza strutturale della fede cristiana e della ragione umana. Se così stanno le cose, l’avvicinamento interiore, che si è avuto tra fede biblica e l’interrogarsi proprio del pensiero greco sul piano filosofico, è un dato che ci obbliga anche oggi. Come e se cristiani; come persone ragionevoli.
   Come cristiani e quindi come credenti. Il patrimonio greco, debitamente purificato è una parte integrante della fede cristiana. In che senso? Nel senso che agire contro ragione è in contraddizione con la natura di Dio.
  Non è solo questa un’idea greca culturalmente da relativizzare, ma è tale sempre ed ovunque [È questo il significato vero della citazione di Manuele II Paleologo]. E pertanto l’atto del credere è un atto ragionevole e non irragionevole [contro la  ragione], e quindi libero. Dire che credere è irragionevole equivale a dire "circolo quadrato". Esiste una profonda sintonia, armonia fra la ragione umana e la natura divina. Noto di passaggio: è la grande  intuizione di Agostino sulla quale egli costruisce la sua dottrina della conoscenza;  intuizione sostanzialmente ripresa da Tommaso e che  – come annota il S. Padre – cominciò ad oscurarsi nella filosofia e teologia nominalista.

N. LUCIANI, Un breve commento ...

1.-Metodo corretto e profondità di analisi.  Pur se il cimentarsi all'Università in materia di fede è una gara dura per chiunque (perchè alla Università si accetta solo il metodo scientifico), il Cardinale è apparso presto all'altezza della situazione, perchè egli si è proposto alla stessa stregua dei "filosofi" che discutevano nell'"agorà" greca con metodo scientifico.
   Anche la serietà del metodo, e la profondità della analisi, sono apparse fuori discussione, così da suscitare nei professori un sentimento di simpatia e anche di gratitudine per aver egli cercato di portare luce in un campo, che per molti ancora rimane buio. E sia benedetto lui che ha questa luce.
  E' pur vero che nella terza lezione, egli si rivelerà "dogmatico" non poco (e con qualche difficoltà per il dialogo con altre religioni - su questo, torno alla fine), ma non senza fondamento, date le ipotesi. Il teorema del Cardinale è stato: "La nostra fede non è vana, se Gesù è risorto". "Questa ipotesi è vera perchè è testimoniata da 12 apostoli". D’altro canto tutte le verità storiche sono basate sulla testimonianza dei fatti: noi conosciamo gli eventi perché qualcuno li ha riferiti.
2.- La ragione dovrebbe auto-limitarsi? Nella sua analisi, il Cardinale ha posto, come condizione (perchè la ragione incontri la fede), che la ragione non si auto-limiti, ossia non  rifiuti di accettare tutto ciò che non è dimostrato scientificamente.
   Se per "dimostrazione scientifica" si intende solo quanto verificato con la sperimentazione, la ragione non potrebbe incontrarsi anche con discipline scientifiche come l'economia, la filosofia, la matematica.
   Se, invece, per dimostrazione scientifica si intende anche quanto dimostrato in via logica deduttiva o induttiva, a partire da date ipotesi (qualsiasi), nulla osta ad un incontro della ragione con la fede. Anzi sarebbe una  miopia scientifica  limitarsi per scelta. Ci sono casi di fisica, visti in teoria pura con molto anticipo, rispetto alla possibilità della sperimentazione, (le onde elettromagnetiche furono percepite nel sec. XIX da Maxwell, e poi da Hertz, ma sperimentate da G. Marconi, nel  sec. XX).
3.-  Potrebbe, invece, la fede porre dei limiti alla ragione ?  Il Cardinale ha giustificato dei limiti alla ragione, qualora le azioni ad essa conseguenti arrechino danno al "bene comune umano". Questo, lo trovo contraddittorio, se la motivazione è un pretesto per interventi ex-cathedra fuori confine (ma qual'è il saggio che non cade in contraddizione?). Qui il pensiero corre ai molti freni del potere religioso, non solo cattolico, al progresso scientifico (e con molte sofferenze umane, quali il rogo, la prigione, la tortura). Col senno di poi, direi anzi che la scienza abbia dato molti contributi alla "rosa della fede", sgravandola di petali che non le appartenevano (i presunti "misteri di fede"), e ciò ha permesso di andare più vicino al suo nocciolo. In questo senso la scienza ha facilitato la convivenza tra fede e ragione.
  Oggi il pensiero corre anche alla controversia sulla ricerca scientifica sulle cellule staminali. Sto col Cardinale, al momento, perchè, in questo campo, non abbiamo certezza scientifica delle opposte tesi (se esse contengano o non un uomo intero).
  Invece, vi sono stati storicamente molti casi che non si sono rivelati fondati scientificamente. Ad es., fu destituito di verità scientifica che "il sole giri intorno alla terra", perchè è risultata non vera l'ipotesi (legittima, come possibile presupposto, ma con riserva di conferma) legata al grido di Giosuè: "Fermati, o Sole!".
4.- Quid se la ragione sragionasse, per carenza di intelletto? Ci sono altri casi  in cui mi ritrovo pienamente col Cardinale. Nel caso della recente guerra dei Balcani, "tutti" pensavano di avere ragione: chi per motivi etnici, chi per motivi religiosi, chi per motivi di povertà. E così quei popoli si sono fatti la guerra, fino a massacrarsi, e trovarsi in casa un esercito invasore. Quando, in base alla "ragione", si arriva alla catastrofe, direi che ci sono errori di valutazione, e va fatto un passo indietro.
  Ma chi giudica della ragione, se all'origine c'è una carenza di intelletto dell'uomo ?  Ci sono, come estrema risorsa, i tribunali ("ne cives ad arma ruant"). Devono essere "tribunali  della Inquisizione"o "tribunali  laici" (ossia super-partes)? In quali limiti va oggi riaffermato una "infallibilità" del magistero ecclesiale" in materia di "fede", dopo i molti successi della scienza ?
  Davanti alla difficoltà del giudizio, l'umiltà e il sano pragmatismo sono supremi princìpi per tutti.
5.- Quid se fosse, invece, la fede a risultare contro il "bene comune dell'uomo"?  Il caso degli ostacoli ai matrimoni tra persone di diversa religione è molto rilevante ai fini della "non integrazione" sociale.
  Coloro che hanno una fede si sentono investiti del dovere di proclamarla e raccomandare di divulgarla.
   Taluna religione sconsiglia il matrimonio. Altra fa delle differenze, a seconda che l'appartenente sia uomo o donna. Altra fa  raccomandazioni più o meno rigide e, per esempio, che si spieghino ai figli le differenze tra le due religioni, perchè facciano una scelta, quando possibile.
  Nei  Paesi con diversa etnia e diversa religione, spesso le etnie sono rimaste divise, a volte convivendo pacificamente per secoli, altre volte sfociando in sanguinosi conflitti (guerre dei balcani).
    Invece, in altri Paesi con diversa etnia, ma uguale religione, le etnie si sono mescolate fino a determinare una nuova popolazione. E' il caso dell'Inghilterra (tra Sassoni e Normanni), è il caso dell'Italia (un caso estremo di mescolanza di razze).
   Direi dunque che il dogmatismo dovrebbe fare un passo indietro, nei casi specifici di "male comune dell'uomo". Non è questione di sostenere il "relativismo" delle religioni pur di far avanzare il dialogo interreligioso, ma di riesaminare il fondamento dello "assolutismo", se l'effetto è contrario al "bene comune dell'uomo". Ciò prescinde dal considerare che lo Stato-laico dovrebbe comunque rimuovere gli ostacoli alla libertà personale.  NL

  Come persone ragionevoli. Riprendo un tema appena accennato sopra. In fondo la domanda è la seguente: possiamo accettare che la ragione umana non giudichi, non verifichi la verità della risposta ai grandi interrogativi propriamente umani, cioè quelli del "da dove" e del "verso dove", e quelli etici circa l’esercizio della propria libertà? È questa oggi una domanda che non può più essere censurata; anzi esige una risposta urgente, data la situazione storica in cui l’Occidente è venuto a trovarsi. Richiamo l’attenzione su due possibili sviluppi argomentativi.
   Ho già avuto occasione altre volte di richiamare l’attenzione sul fatto che un’idea ed un esercizio di ragione mutilata sta rendendo impossibile una vita comune fra le persone anche della stessa città. Se la ragione non è competente a pronunciarsi sulla validità delle concezioni di vita buona poiché queste sono solo espressioni di preferenze soggettive, ne deriva che in senso forte non esiste alcun bene umano comune; se non esiste bene comune umano, può tenerci assieme solo l’utilità e l’interesse.
   Una ragione mutilata diventa inoltre incapace di un vero dialogo delle culture e delle religioni, di cui oggi abbiamo un così urgente bisogno. Solo un accenno argomentativo. Come è possibile un dialogo con culture profondamente impregnate di senso religioso da parte di chi ritiene che l’esperienza religiosa sia un fatto meramente privato o da privatizzare? La necessità del dialogo coincide con la necessità di ritrovare l’intera misura della ragione.
   Tuttavia una corrente profonda di pensiero, a partire soprattutto dalla Riforma protestante, ha contestato l’obbligo teoretico e culturale di custodire nel suo significato più profondo l’incontro della fede cristiana con la grecità. È istruttivo che richiamiamo nei suoi elementi essenziali questa contestazione, sempre seguendo il testo della conferenza di Regensburg.
    Storicamente l’affermazione della totale estraneità della ragione dalla fede coincide colla Riforma luterana. La salvaguardia di ciò che la Parola detta da Dio all’uomo rivela, è possibile solo se viene sacrificata dal credente la ragione, dal rifiuto cioè di un modo di pensare che non derivi esclusivamente dalla Rivelazione stessa. L’opposto di ciò che scrisse S. Gregorio di Nazianzo: "la fede è il compimento [plerosis] del nostro logos" [Discorso teol., III, 21; PG36, 104]. È la purezza della fede sia in quanto scelta del singolo sia nei suoi contenuti che esige di non allearsi col logos umano.
   Il secondo momento è costituito dall’affermazione che è necessario ritenere estranea al cristianesimo ogni costruzione speculativa tesa ad avere una intelligenza sempre più profonda della Rivelazione cristiana. Questa infatti – più precisamente il messaggio autentico di Gesù – è un messaggio morale umanitario. Esso, mediante l’esercizio della ragione storico-critico, deve essere svestito di tutta la dogmatica cristiana, come per esempio la fede nella divinità di Gesù e nella Trinità di Dio. Si ha indubbiamente un esercizio della ragione all’interno della fede cristiana, ma di una ragione che – come dicevo – si è automutilata. Nel senso che essa si riduce ad essere usata come puro strumento di critica storica.
   Il terzo momento è costituito dalla consapevolezza, oggi assai acuta, della molteplicità di culture e della necessità che il cristianesimo non si identifichi con nessuna di esse. Ne deriva la necessità che si deve "svestire" il cristianesimo della sua veste occidentale ed in primo luogo della sua veste greca; ritornare così al punto che precedeva questo "abbigliamento"; ed in seguito inculturare la fede cristiana nelle varie culture. C’è una esigenza assolutamente accettabile in questa ultima posizione.
  Tuttavia essa non può, non deve ignorare in primo luogo che la prima predicazione cristiana si è espressa nella lingua greca e porta quindi impresso in sé stessa lo spirito greco. In secondo luogo, e soprattutto, l’incontro della fede cristiana colla grecità ha espresso alcune esigenze fondamentali attenenti al rapporto fede-ragione come rapporto costitutivo dell’esperienza cristiana. Ed è a questo livello che l’incontro della fede cristiana col logos greco costituisce un punto di non ritorno per chi affronta il cristianesimo e per la Chiesa stessa. Dobbiamo allora alla fine di questa riflessione costruita sulla conferenza di Regensburg esprimere in maniera concettualmente la più rigorosa possibile le questioni fondamentali che sono emerse nella coscienza dell’uomo a causa dell’incontro della fede col logos greco, e che sono impreteribili per chiunque voglia acconsentire liberamente alla proposta cristiana di vita.
   In sintesi. La questione fondamentale è quella di definire il paradigma della ragionevolezza della fede cristiana per mostrare che: a) la scelta di credere alla predicazione cristiana è ragionevole [la ragione che va verso la fede]; b) la fede cristiana esige di essere pensata dalla ragione [la fede che va verso la ragione].
In altre parole, dal punto di vista cristiano – come già dissi – il rapporto fede-ragione si istituisce due volte, o avviene in due momenti: prima come "preparazione alla fede" da parte della ragione in ordine all’accettazione della fede medesima; poi come collaborazione, cooperazione della ragione all’interno della fede per l’appropriazione del contenuto della fede medesima.
Perché la definizione del paradigma di ragionevolezza presupposta nella decisione di credere sia possibile, è necessario mostrare che: a) non esiste un modello di razionalità univoco ed esclusivo, quello cioè della ragione impersonale; b) la fede cristiana non può essere relegata nell’ambito dell’emozione, del sentire oppure della funzionalità sociale e/o psicologica.
Voglio terminare con un testo di S. Gregorio di Nazianzo: "Al Logos soltanto resto attaccato, come servitore del Logos, e non potrei mai volontariamente dimenticarmi di questo bene, ma lo onoro, lo prediligo e me ne rallegro più di tutte quelle cose insieme di cui la folla è solita rallegrarsi" [Orazione 6,2].
I Padri amavano dire che la fede cristiana era la filosofia vera e la vera paideia. CC

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Disegno di LEGGE FINANZIARIA 2007, art. 26 - Biocarburanti

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Pier Luigi Bersani
Ministro per lo SVILUPPO

Seguire il referendum della CALIFORNIA  ?

Il Governo dice: PRODURRE  SOIA,   MAIS  e  quant'altro
PER  FARE  BIOCARBURANTI  ...


Ma conviene ? Qui sotto si trova un articolo  di Ugo Bertone,
a proposito di un Referendum in California,  che potrebbe
essere di  qualche lume per la nostra Italia

Dopo un interesse, più o meno convinto, dell'U.E. a favore dei   biocarburanti, come additivo alla benzina
   Nella legge finanziaria cresce l'opzione a favore dei "biocarburanti" (rispetto alle indicazioni della U.E., accolte dal precedente governo). Questo viene fatto mediante l'applicazione ad essi di una aliquota fiscale ridotta (ossia il 20%, e temporaneamente, di quella applicata sul gasolio per autotrazione).
  E' un passo ancora timido, ma importante, da segnalare. Il motivo di questa timidezza è il dubbio che l'agricoltura non sia in condizioni di supportare il relativo compito (quello di fare, a costi competitivi, le relative produzioni da trasformare in bio-carburanti).
  Ahimè, questa timidezza non tiene in conto che il costo del petrolio ha superato da anni il costo sopportabile per le economie occidentali. Infatti il suo costo non è più solo il prezzo del petrolio, ma anche i costi per la sicurezza interna e internazionale (basti pensare alle guerre che facciamo ormai in tutto il mondo, per assicurarci le forniture di petrolio), per parare quel terrorismo che ci piomba addosso per le nostre presunte colpe nei confronti dei popoli dei Paesi produttori di petrolio. (Siamo "colpevoli" di pagare poco il petrolio e siamo colpevoli di dare i soldi (del petrolio) a governi dittatoriali, che se ne servono per conservare il potere, tenendo in povertà i loro popoli).

   Per una visione larga del problema, sottoponiamo ai lettori liberi l'allegato articolo, che va a commentare un referendum, celebrato in CALIFORNIA in questo mese di novembre, circa l'alternativa tra petrolio e produzioni agricole tra trasformare in carburanti per i trasporti.

"Il sogno di liberarsi dalla dittatura del petrolio"... , di Ugo Bertone
(stralcio da: http://quelchemipiace.blogspot.com/2006/09/il-ruolo-delletanolo-la-lunga-strada.html, 17 sett. 2006 )

   Per alimentare un decimo delle macchine americane servirebbe un terzo dell’attuale produzione di zucchero e cereali negli Stati Uniti. Nel suo bestseller "The Coming Oil Crisis", Colin Campbell, geologo laureato ad Oxford, 40 anni di lavoro nell’industria, sostiene che ormai il petrolio finirà prima che emerga una qualche convincente forma di alternativa energetica. Non tutti sono così pessimisti di fronte al pericolo del greggio energetico. Nella palestra del futuro vale pure l’immagine muscolare che viene dal governatore della California, Arnold Schwarzenegger, uno che di muscoli se ne intende. "Credo ci voglia un grosso sforzo – ha detto – per consumare di meno ma ce la possiamo fare. Come non lo so, ma una cosa mi è chiara: se voglio perdere dieci chili entro l’estate devo darmi da fare in palestra. Certo, in quel caso il grasso protesta: non mi attaccare, io ti voglio bene. Ora sono le compagnie petrolifere a protestare. Fanno il loro mestiere".
   Così Schwarzy, alla ricerca di una causa popolare e vincente, si schiera in vista del referendum di novembre, quando i cittadini della California dovranno pronunciarsi sulla "Proposition 87", che prevede di imporre una tassa di estrazione su ogni barile che le compagnie petrolifere tirano fuori dai pozzi dello stato per un gettito, si prevede, di almeno quattro miliardi di dollari che, secondo il comitato che ha lanciato la proposta, dovranno essere spesi per incentivare l’uso dei carburanti alternativi. Una calamità, dicono naturalmente le Big Oil (Chevron, ExxonMobil, Shell e Occidental Petroleum) che, per scongiurare l’imposta, si sono tassate per 30 milioni di dollari per finanziare la campagna per il no. E c’è chi sospetta che la grande scoperta petrolifera di Chevron nel Golfo del Messico, annunciata con grande enfasi in settimana, sia una mossa pubblicitaria per migliorare l’immagine, pessima, delle Big Oil presso l’opinione pubblica Usa. Sul fronte dei nemici dei petrolieri, a sostegno del referendum, ci sono infatti nomi importanti: gente del cinema, come il produttore Stephen Bing, venture capitalist di Silicon Valley come John Doerr o Vinod Khosla, uno dei pionieri della new economy, tra i fondatori nel 1982 di Sun Microsystems e il primo a credere a suo tempo in Amazon o in Netscape, il navigatore da cui nacque Aol.     Oggi, per lui, indiano di Phuna, come per i compagni di cordata, la nuova " Big Thing" non passa dalla Grande Rete o da un chip. Ma dall’etanolo, ovvero dal carburante estratto dai cereali o dallo zucchero che, fino al 2012, potrà godere di incentivi governativi che lo rendono competitivo rispetto ai carburanti tradizionali. La scommessa, insomma, è di migliorare, entro cinque anni, tecniche e carburanti al punto da sfidare la concorrenza del petrolio. Purché, naturalmente, il prezzo del petrolio si mantenga alto, almeno sopra i 50 dollari.
   Altrimenti, il risveglio sarà amaro. L’indiano di Silicon Valley, uno che ha saputo ai tempi trasformare gli otto milioni affidatigli dai banchieri di San Francisco in due miliardi di dollari sonanti, sa però che la partita non si giocherà in laboratorio. In palio ci sono tanti soldi ma, più ancora la sicurezza nazionale. E non a caso l’indiano che ama l’etanolo ha arruolato un luogotenente d’eccezione: R. James Woolsey, 65 anni, già direttore della Cia tra il ’93 e il ’95. Chi meglio di lui per spiegare al Congresso che non si può star con le mani in mano in attesa di una congiura di palazzo a Riyad o di un blitz dei pasdaran di Ahmadinejad.
   Khosla, nella sua battaglia per l’etanolo, è in buona compagnia: lo stesso Bill Gates ha investito nella Pacific Ethanol, di cui oggi è l’azionista numero uno. Certo, per uno come lui, un’operazione da 87 milioni di dollari (tanto c’è voluto per diventare l’azionista numero uno dell’azienda , per cui lui ha grandi ambizioni) è ben poca cosa. Ma la tendenza è chiara: l’America che ha vinto la sfida della produttività grazie al software e al Web accetta la sfida dell’energia. A suon di dollari, di venture capital, di speculazioni in Borsa e fuori. Con qualche sorpresa. Indovinate, ad esempio, chi ha finanziato (600 milioni di dollari) il prototipo della Tesla Roadstar, la prima auto elettrica con prestazioni degne di una Ferrari: da zero a 90 all’ora in quattro secondi, 200 all’ora la velocità massima, più di 340 dopo una ricarica supplementare. Si tratta nientemeno che di Larry Page e Sergej Brin, i due fondatori di Google, assieme ad una schiera di top manager di eBay e Pay-Pal. Anche loro, a modo loro, sono coinvolti nel grande rodeo dell’energia, la partita più globale che ci sia, la palestra per scienziati visionari, spie in pensione, tecnologi visionari e finanzieri a caccia della grande avventura.
   La realtà è che si parla molto, come è giusto, degli scenari politici o strategici provocati dal caro greggio. E ancor di più si tenta di indovinare il giusto prezzo dell’oro nero, districandosi a breve tra le mosse di Caracas o di Teheran, oppure, a medio-lungo termine, tra le previsioni dei catastrofisti che annunciano la fine del petrolio (il "peak oil", cioè il massimo della produzione è già stato toccato per qualcuno, per altri lo sarà entro il 2010) e quelli che, come Leonardo Maugeri, brillante testa d’uovo dell’Eni che gode di audience mondiale, ci rassicura ricordandoci come in Iraq, dall’inizio del XX secolo, sono stati trivellati solo 2.500 pozzi contro un milione circa in Texas, a dimostrazione che il medio oriente (ma non solo) può darci ancora tante sorprese e preziosi barili (ce ne sono almeno 2.000 milioni di miliardi, il doppio di quanto prodotto finora secondo lo Us Geological Survey). Ma si parla poco degli effetti che la stagione dei rialzi sta provocando risvegliando ricerche vecchie e sepolte o eccitando nuovi appetiti in questa corsa alla pietra filosofale del XXI secolo che si svolge in tanti, spesso inattesi palcoscenici, talora frutto inatteso di una storia che arriva da lontano. Il film della moderna alchimia può cominciare dai laboratori del Mit, dove Gregory Stephanopoulos, docente di Ingegneria chimica, "allena" i microbi che dovranno trasformare le biomasse in etanolo da mettere nel motore.
   Anche questa, come spesso capita nella storia dell’innovazione (vi ricordate l’origine di Internet) è una storia che nasce dall’incrocio tra le esigenze del Pentagono e la genialità degli scienziati. Tutto comincia, infatti, nel 1950 quando l’esercito americano incarica un microbiologo, Elwyn T. Reese, di trovare un modo per annientare uno strano fungo tropicale che si era letteralmente mangiato le uniformi dei marine a Guadalcanal.
    Ma Reese si guardò bene dal fare il killer, convincendo Washington che era assai più sensato cercare di capire quali enzimi permettevano al fungo di spezzare le strutture molecolari dei tessuti o della cellulosa liberando cellule di zucchero. Da allora le ricerche sono andate avanti, con alterna fortuna e interesse. Fino ad oggi. Ora, infatti, quel microbo può cambiare il mondo, cancellando buona parte degli handicap che frenano lo sviluppo dell’etanolo. Per alimentare un decimo del parco macchine americano, infatti,sarebbe necessario un terzo dell’attuale produzione di cereali Usa. E il discorso è ancora più complicato per l’Europa: per sostituire il 5,75 per cento del carburante usato nella Ue, occorre il 19 per cento della superficie arabile dell’Unione europea. Tutto potrebbe cambiare, però, se il nostro microbo fosse in grado di trasformare in zucchero da carburante tutti gli scarti del grano o di altre biomasse. A crederci sono in tanti, almeno in trenta. E tra questi c’è la Iogen , una società dello Iowa che già oggi produce etanolo da cellulosa, ma ancora a prezzi troppo elevati. Ma attenzione. In Iogen, benedetta dai programmi dello stesso George W. Bush, c’è nientemeno che Goldman Sachs, il colosso delle banche d’affari Usa. E a volere un forte investimento della banca nel settore è stato nientemeno che Henry Hank Paulson, oggi segretario del Tesoro a Washington.
    Non è certo l’unico caso di matrimonio tra Wall Street e l’ecocombustibile. Anzi, la storia di maggior successo l’ha scritta finora un giovane banchiere di Morgan Stanley, Leigh Abramson, oggi 37 anni. Quando Abramson, laureato in storia all’Amherst Institute è approdato a Peoria, Illinois, per studiare un’eventuale acquisto (a mo’ di garanzia) di una quota della Aventine Renewable Energy, non sapeva nemmeno cosa fosse l’Mtbe, il biocombustibile prodotto da metanolo di sintesi. Ma il prezzo era buono , il venditore, travolto dallo scandalo Enron, costretto a vendere a meno della metà del costo sostenuto per trasformare un vecchio zuccherificio in un impianto per la benzina verde. E dopo otto mesi di clausura a Pekin, Illinois, Abramson convinse i superiori a sospendere i 66 milioni richiesti: oggi Aventine vale in Borsa poco meno di 800 milioni di dollari. Storie di soldi, oltre che di tecnologia. Come quella della Platinum Energy Resources di Houston, fondata da Barry Kostiner, 34 anni, faccia d’angelo, fegato d’acciaio. Di petrolio, confessa, ne sa poco.
    Ma con una laurea in matematica del Mit in saccoccia, Kostiner ha capito che la fortuna saprà arridere a chi troverà il sistema di far fruttare in quattrini sonanti il greggio che sta ancora sottoterra. E ha inventato un sistema niente male: lo Spac (special purpose acquisition company). Si tratta di società in cui si investe senza sapere come e dove i quattrini verranno investiti. Solo in un secondo momento, il finanziere sceglierà la "preda" (con l’assenso di un comitato di garanti). In questo modo Kostiner ha raccolto più di 100 milioni di dollari al Pink Sheets, il mercato più speculativo tra le Borse Usa, dove, dice la Sec, "sono quotate le società più rischiose"e li ha in vestiti in una piccola società petrolifera, la Tandem Energy che possiede alcune vecchie concessioni mai sfruttare in Texas. Sembra la storia di James Dean nel "Gigante": speriamo che Kostiner non si sfracelli pure lui sulle strade del Texas. Difficile trovare un matematico altrettanto simpatico.
    Ma guai a pensare che la corsa al Santo Graal dell’energia pulita sia cosa appannaggio solo di università Usa o di centri di potere della finanza Usa. Certo, alla caccia grossa partecipano gli scienziati che hanno fatto gavetta nell’amministrazione militare. Come Erik Straser, solo 36 anni ma un passato ai segretissimi National laboratory di Los Alamos lasciati per sviluppare, con i quattrini raccolti dal solito venture capitalist batterie ad energia solare. Ma la soluzione può venire dal carbone ripulito secondo i procedimenti studiati dagli scandinavi della Vattenfall. O nascondersi nella savana di Secunda, a due ore e mezza di jeep da Johannesbugh dove i moderni alchimisti della Sasol trasformano il carbone in carburante.
    Non stupisca la scoperta di un Sud Africa ad alta tecnologia. Per decenni gli scienziati hanno scartato, perché troppo costosa, la pista della trasformazione del carbone in benzina o gasolio. Ma il Sud Africa dell’apartheid, colpito dall’embargo dell’Opec, negli anni Settanta ha investito una fortuna (sei miliardi di dollari dell’epoca), per procurarsi il carburante. Oggi, a questi prezzi, quell’investimento si è rivelato una fortuna. E Sasol ha appena chiuso un contratto monstre con la Cina: 27 mini impianti da costruire nella Mongolia cinese, a ridosso delle miniere di carbone. Già, i cinesi, i nuovi consumatori che hanno sconvolto la mappa del petrolio più degli sceicchi o di Hugo Chávez. Sono affamati di petrolio, non dimenticano i buoni affari. Hanno cominciato a produrre etanolo, grazie all’aiuto del Brasile e agli incentivi del governo.
    All’improvviso, per merito di centinaia di impianti "pirata"cresciuti per sfruttare gli incentivi di stato, il Drago è diventato il secondo produttore al mondo e il primo esportatore di etanolo. Perché gli aiuti al settore di Washington (che, per le pressioni dei farmers, im-Il Brasile è l’unico paese al mondo dove nelle stazioni di servizio è possibile scegliere tra carburante tradizionale ed etanolo semplice porta con il contagocce dal Brasile) si sono rivelati una calamita formidabile per i petrolieri del grano di Pechino. Anche in Brasile la fortuna è nata da una decisione "politically uncorrect". La decisione di puntare su una soluzione autarchica nacque negli anni Settanta, sotto il tallone del regime militare.
    Oggi il Brasile è l’unico paese al mondo dove, alla stazione di servizio, si può scegliere tra la benzina normale, la miscela (etanolo più benzina) o l’etanolo semplice. E nella sterminata prateria del sud il colosso di stato, la Petrobrás, ha costruito la fabbrica di Araucária, un impianto così importante che Ignacio Lula da Silva l’ha scelto, nello scorso giugno, come palcoscenico per annunciare, in via ufficiale, la sua candidatura per un secondo mandato presidenziale.
    Difficile trovare un luogo più solenne: quel giorno, infatti, cominciava in via ufficiale pure la produzione dell’H-bio, il brevetto più importante mai uscito dai laboratori brasiliani. H-Bio, in sintesi, è un estratto dell’olio di soia o di girasole che, mescolato con un comune diesel, può funzionare da carburante per un qualsiasi motore, senza alcuna modifica: il sogno di liberarsi dalla dittatura del petrolio, insomma, non è più remoto dell’incubo di restare a secco. Perché, se non avete ancora deciso se essere ottimisti o pessimisti, se credere che il "peak oil" (cioè il punto massimo della produzione) sia stato ormai raggiunto o no, potete divertirvi con i tanti blog sulla materia (the oil drum, Aspo, Energy Bulletin per citare i più noti).
    Troverete di tutto: ingegneri ecologisti a favore dell’eolico, ecologisti animalisti che denunciano i crimini dell’eolico (le pale delle turbine ammazzano molti uccelli protetti); repliche degli ingegneri che sostengono che i gatti uccidono più delle pale; altri animalisti che scendono in difesa dei gatti. Difficile raccapezzarsi. Ma una cosa emerge: il petrolio andrà su e giù. Ma quella dell’energia non è una bolla come quella della tecnologia, assicurano Khosla e amici, gente che di bolle se ne intende. UB

 

 

Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo:  riceviamo e giriamo

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Dalla "Lettera del 4 ottobre, del Cons. Prof. Enrico Lorenzini" a tutti i Colleghi


Verso la revisione dello Statuto ?

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Cari Colleghi,

     nel CDA del 3 ottobre c.a.si è aperta un'ampia discussione sul punto n. 4 dell’O.D.G. "Assetto e valutazione della dirigenza- informativa" . L'ODG è stato inserito a seguito della interrogazione presentata in Luglio da sei Consiglieri.
    Tuttavia l'interpellanza non chiedeva una informativa, ma proponeva che il CDA esaminasse gli obiettivi dirigenziali per il 2006, evitando i ritardi già avvenuti sia nel 2004 che nel 2005.
     Secondo il parere di alcuni di noi, il CDA, pur essendo responsabile come da statuto delle nomine dirigenziali e dell'approvazione degli obiettivi annuali dei dirigenti, non è messo nella condizione di essere informato in proposito.
     La stessa interrogazione riguardava anche il "sistema di attribuzione delle deleghe e riparto delle competenze": l'ODG n 5 ha lo stesso titolo con l'aggiunta di "informativa". Tale delibera non è stata neppure illustrata e quindi non vi è stata nessuna discussione.
    Mi corre infine l'obbligo di precisare che l'argomento "Revisione dello Statuto su linee di indirizzo condivise (maggiore democrazia e partecipazione del Corpo Accademico, ecc)" riscuote anche l'interesse del Rettore e pertanto penso che vi sarà presto l'avvio di un dibattito generale.
    Con viva cordialità.
                                                                                                                   ENRICO LORENZINI
    Bologna, Ateneo, 4 ottobre 2006

 

Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo:  riceviamo e giriamo

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Lettera del Cons. Prof. Enrico Lorenzini a tutti i Colleghi dell'Ateneo

     Segnalata la richiesta di 6 Consiglieri di inserire 3 argomenti all'o.d.g:
  
  1) Assetto e valutazione della dirigenza
     2) Sistema dell'attribuzione delle deleghe e riparto delle competenz
     3) Revisione dello Statuto su linee di indirizzo condivise

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Cari Colleghi,

dopo alcune brevi comunicazioni del Rettore, si è trovata una accettabile soluzione al problema, già sollevato dai rappresentanti sindacali, inerente al recupero delle somme legate al contenzioso ex-lege 63/89, a seguito di una sentenza del Consiglio di Stato.
   La seduta è stata poi incentrata finalmente anche su tematiche di grande rilievo e quindi non solo sull'ordinaria amministrazione.
  Si segnala, a tal proposito, che sei Consiglieri hanno presentato, ai sensi dell'Art 2 Comma 1 del regolamento di funzionamento del CDA, la richiesta di inserimento (vedi a destra, N.d.R.), all'ordine del giorno dei Consigli di Amministrazione dei prossimi mesi di Settembre e Ottobre, degli argomenti che riguardano:
-  sistema dell'attribuzione delle deleghe e riparto delle competenze (ad esempio in riferimento alla Giunta, mai attribuite);
-  assetto, discussione  e valutazione del quadro dirigenziale;
- revisione dello Statuto su linee di indirizzo condivise (maggiore democrazia e partecipazione del Corpo Accademico- vedi decisioni ex-60%).
    In realtà penso che questi siano alcuni degli argomenti che un Consiglio di Amministrazione, da solo o con il Senato, dovrebbe trattare prioritariamente, poichè di grande valenza.
    Tra l'ordinaria amministrazione, segnalo che sono stati ratificati gli ODG 9.2, 9.3, 9.4 che trattano dei contributi per le pubblicazioni di Riviste e Monografie e per Convegni di rilievo internazionale.   Pare opportuno che anche i relativi regolamenti per l'assegnazione siano  aggiornati come accennato durante la discussione.
    L'ODG 10.2 "Servizio Studenti disabili: resoconto attività 2005 e programmazione anno 2006" è stato approvato all'unanimità, pur essendo state sollevate alcune perplessità.  Infatti questo argomento merita una maggiore concertazione con i molti Colleghi che mi scrivono anche perchè interessati direttamente e perchè hanno le competenze di realizzare un vero servizio efficace. Nello specifico, sulle barriere architettoniche, siamo purtroppo ancora all'anno zero.
   E' stato approvato il punto 10.4 "Giornate dell'Orientamento 2007", tema sul quale  lo stesso Rettore ha proposto un futuro approfondimento.  EL
Bologna 18 luglio 2006


7 luglio 2006
Consiglio di Ammistrazione dell'Ateneo

Le richieste  dei 6 Consiglieri
 **

    Oggetto: Richieste presentate  ai sensi dell'art. 2 comma 1 del Regolamento di funzionamento del CdA"  su argomenti specifici, ed in particolare:
- Sistema dell'attribuzione delle deleghe e riparto delle competenze;
- Assetto e valutazione della dirigenza;
- Revisione dello Statuto su linee di indirizzo condivise.

   In Consiglio tali argomenti sono stati affrontati solo parzialmente in forma estemporanea:
  pertanto i sottoscritti * chiedono al Magnifico Rettore di voler convocare un'apposita seduta del CdA nel mese di settembre con tali voci all'ordine del giorno, ovvero di portare in discussione questi argomenti distribuiti nelle prossime sedute calendarizzate.

                                            Cantelli forti Giorgio
                                             Longo Giovanni
                                             Lorenzini Enrico
                                             Manzo Patrizia
                                             Muccino Maria
                                             Zago Antonella


* (qui elencati in ordine alfabetico - N.d.R)

**NOTA: I 3 argomenti sono stati, poi, inseriti dal Magnifico Rettore all'o.d.g. del 19 sett., con lo impegno di una loro discussione in una successiva riunione

 

REFERENDUM COSTITUZIONALE - Risultati rilevanti per l'ITALIA

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Dopo il NO alla riforma costituzionale, appianata la via alla Governabilità del Paese

E aperta una fase storica che, con l'espulsione graduale di Berlusconi
dalla scena politica, crea un vuoto al "grande centro", e si conclude col ritorno dei cattolici, socialisti e liberali nell'area storica naturale, in vista
delle elezioni politiche del 2011, senza più il pericolo di "salvatori della patria"

Verso il riassetto al centro dello schieramento politico in Italia, con due "grandi partiti" al centro ?

Come risultato delle elezioni, il primo a partire dovrà essere quello sull'emisfero destro del centro:
"PARTITO NUOVO dei DEMOCRATICI e LIBERI", dentro il PPE - Partito Popolare Europeo


Il modo come si sono svolte le elezioni del 2006, e con  il relativo sistema elettorale, ha confermato il permanere di anomalie gravi nella formazione dell’alternanza tra le forze politiche al GOVERNO, e dunque ha anche evidenziato la necessità, per l'Italia, di una “democrazia normale”, in cui il popolo possa scegliere, già in origine, tra due grandi partiti, eventualmente preceduto da elezioni primarie.
Per la individuazione di una soluzione, un punto di partenza obbligato è la considerazione che, in seguito alla demolizione nel 1992-94 di grandi partiti della storia d’Italia, come la DC e il PSI, si è creato un vuoto politico riempito artificialmente (perchè senza basi morali e culturali storiche) da Silvio BERLUSCONI con FI, partito-azienda molto portatore di interessi personali e poco portatore degli interessi generali del Paese.
Sta, poi, di fatto che le elezioni politiche 2006 (e più radicalmente il referendum costituzionale) hanno estromesso Silvio BERLUSCONI dal Governo, e ciò apre ad uno scenario totalmente nuovo in Italia che, in una gradualità, e probabilmente per le prossime elezioni politiche del 2011, produrrà un riassetto, al Centro, nello schieramento dei partiti in Italia.
In questo quadro va valutata la possibilità che la democrazia in Italia trovi una sua normalizzazione, mediante la formazione di due grandi partiti nazionali e inter-classisti, e che dovranno avere, rispettivamente, un riferimento europeo nel PPE – Partito Popolare Europeo e nell’INTERNAZIONALE SOCIALISTA.
Questa idea dà per scontato che sia storicamente non più proponibile per l’Italia l’obiettivo di un solo grande centro inter-classista (come la vecchia DC) che si presenta come tale alle elezioni, e che dopo le elezioni sceglie le alleanze per fare il Governo. La tesi da privilegiare è, invece, che l’elettorato di oggi si sente sufficientemente maturo per scegliere direttamente il Governo, già al momento delle elezioni politiche.
Nelle elezioni 2006, si sono presentati 74 partiti, sia pur afferenti a due principali COALIZIONI, dei quali solo un piccolissimo numero (i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento) ha potuto ottenere una rappresentanza in Parlamento. Questo esercito costituisce il bacino naturale più immediato di aspiranti all'avvio della costruzione di un PARTITO NUOVO al centro, orientato verso “uno” dei due grandi partiti da costruire come tappa finale. Ma non va, al tempo stesso, mai dimenticato che l’UDC costituisce al momento la fetta più importante della ricostruzione visibile della DC pur se, al momento, non sufficientemente matura per avventurarsi in grandi compiti storici in Italia, come quello illustrato in queste linee. E dunque, prima o poi, l’UDC non potrà non prendervi parte, in itinere.
I risultati elettorali hanno altresì ammonito coloro che, con grave e infondata presunzione, hanno fondato le loro fortune su nomi storici importanti, come quello di DEMOCRAZIA CRISTIANA, ma senza avere una squadra numerosa e valida, così da ottenere credito dall’elettorato.
La stessa prospettiva si apre a sinistra, sia pur con qualche rallentamento, imposto dalla necessità di tenere in piedi la squadra di Governo.
In questo scenario dovrà essere  delineata una nuova legge elettorale per il parlamento nazionale.

1) Come un Partito Nuovo. La costruzione di un PARTITO NUOVO sul centro-destra dello schieramento politico italiano, è qui considerata quale soluzione ad un problema vitale della democrazia in Italia, che sembrava presentarsi nel medio termine, e che invece, dopo le elezioni politiche 2006 si rivela possibile con la rioccupazione del proprio spazio naturale, lasciato libero da FI. Il processo, tuttavia, potrà essere attuato solo in una gradualità, che inizialmente è fondato sull’emisfero destro del centro. In un secondo tempo, i risultati del dialogo tra i due emisferi di destra e sinistra del centro, potranno divenire una base per   il dialogo con le rispettive estreme, a destra o sinistra.
I due emisferi di sinistra e destra del centro contengono i ¾ dell’elettorato e della ricchezza totale del paese, per cui la prospettiva di un bipolarismo moderato ha un fondamenti di probabilità per l’Italia. In questa prospettiva molto dipenderà dalla possibilità di un accordo di tutti i centristi per una legge elettorale ad hoc, e dunque con uno spazio anche per i partiti estremi, a destra e sinistra, ma senza possibilità di ricatti, come avviene da anni dentro il centro-destra e il centro-sinistra.. 

2) Un dato da cui partire è la debolezza strutturale di Forza Italia. Una volta preso atto, anzi solo in quanto ciò, che la debolezza di FI delinea la realizzazione della condizione per il ridisegno del centro-destra, su basi nuove,  si pone il problema di uno strumento valevole a pilotare in modo ragionato il fatto nuovo. Questo strumento è un PARTITO nuovo, collocato al CENTRO, che ha come riferimento europeo il PPE - Partito Popolare Europeo, alternativo all’INTERNAZIONALE SOCIALISTA, invece riferimento dell'altro emisfero del centro.
Questo dato viene suggerito dal fatto che, tuttora, Forza Italia non ha la struttura organizzativa di un partito, nel senso tradizionale. Essa è quella di un partito-azienda, che vive (attraverso i mass media) sull’immagine della persona del suo Leader, e dunque appare verosimile che, al venir meno del personaggi, quel partito si scioglierà. Da qui la prospettiva del nuovo vuoto, e che dovrà essere riempito dai partiti tradizionali, organizzati. In questo senso l’operazione non va intesa come contro qualcuno (come Forza Italia), ma come problematica di riequilibrio dentro il centro destra, come conseguenza del possibile movimento del suo elettorato.

3) L’apporto dei Cattolici e Laici.  In questa costruzione è di grande importanza valutare quale possa essere l’apporto dei Cattolici e Laici. Qui va ricordata la domanda di partecipazione dei Cattolici alla vita politica, come emersa nel corso della Settimana sociale dei Cattolici, a ottobre del 2004 a Bologna.
In quella circostanza il clero, il papa, i cardinali hanno sollecitato il ritorno dei Cattolici ad occuparsi di politica, pur se in un modo nuovo che nel passato, in cui essi avevano come riferimento un unico partito – la Democrazia Cristiana – esperienza che, tuttavia, la Chiesa considerava esaurita.
Questa circostanza, collegata col problema del vuoto al Centro, che è atteso in prospettiva, indica la possibilità del rientro organizzato dei Cattolici per l’approntamento del nuovo strumento di riempimento di quel vuoto. Inoltre, questa stessa possibilità va considerata con riferimento alla confluenza di altre culture, che già hanno dato contributi storici fondamentali all’unità di Italia: quali i Repubblicani, i Liberali, i Socialisti, Socialdemocratici, la cui concezione laica dello Stato ha sempre permesso una costruttiva collaborazione tra la cultura Laica e quella Cattolica e Cristiana, in generale. Il PARTITO NUOVO, dunque, ha valori cristiani e laici ed è primo amico dell’economia di mercato, ma tiene fermi alcuni paletti sul fronte del sociale e dei diritti naturali (FAMIGLIA, SCUOLA, EDUCAZIONE, GIOVANI, VECCHI, AMMALATI, BENI PRIMARI, e non solo per gli Italiani). NL

 

ELEZIONI POLITICHE - Risultati rilevanti per l'ITALIA

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Diradato il fumo, troviamo infine l'arrosto ...

E' stata restituita al Parlamento la sua funzione,
con un sufficiente ruolo guida  del Governo

Ma la via della Governabilità sarà appianata solo con il No
nel Referendum del 25 giugno alla Costituzione di Bossi-Berlusconi
( e risanando i conti statali solo con meno spesa pubblica. NO TAX )

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Per un REGIONALISMO AMMINISTRATIVO, senza poteri legislativi regionali
Per la salvaguardia della COSTITUZIONE DEMOCRATICA del 1948

    In RIASSUNTO, la governabilità passa per la capacità di risanamento dei conti pubblici e di sviluppo della economia. Sono due obiettivi che presuppongono il ripensamento totale del sistema delle autonomie regionali, provinciali e comunali, secondo il concetto che l'autonomia è cosa buona se comprende la responsabilità fiscale.
    Queste scelte passano per il NO al Referendum del 25 giugno sulla Costituzione di Bossi-Berlusconi, perchè il dissesto dei conti pubblici ha il suo primo fattore nel federalismo regionale introdotto dal precedente Governo di centro-sinistra e che la Costituzione di Bossi ha ampliato fuori misura.
    C'è, poi, la questione della nuova forma di governo, introdotta dalla Costituzione di Berlusconi, che è pericolosa per la democrazia, e questo è un secondo motivo per il No nel Referendum.

   Nino LUCIANI. Diradato il fumo post-elettorale, troviamo l'arrosto: è restituita al Parlamento la sua funzione, ed è lasciato al  Governo un sufficiente ruolo guida, se lo vuole. Tuttavia, la via della governabilità sarà appianata solo con il referendum costituzionale sul federalismo regionale di Bossi e la forma di governo di Berlusconi.

1) Perchè il Parlamento ha recuperato la sua funzione. Il fumo post-elettorale è la rabbia degli "esclusi", che è un fatto di persone, non di interessi popolari, ma del tutto normale per lunga tradizione, nel dopo elezioni: tanto più se i perdenti sono a un tiro di schioppo dai "vincitori". La sostanza che rimane acquisita è invece che il Parlamento ha recuperato (dopo molto tempo) la sua funzione di rappresentanza forte dei cittadini, e questo grazie al fatto che, in Senato, la "maggioranza" governativa è risicata: nel senso che non sarà possibile al Governo "imporre" al Parlamento qualsiasi "colpo di mano", con l'abuso dei voti di fiducia (cosa su cui hanno eccelso sia i governi di destra che di sinistra). Esso dovrà, invece, trattare con la propria "maggioranza", ma anche con la "minoranza", sulle questioni rilevanti per la democrazia e le libertà, come le modifiche della Costituzione e per le tasse.
   Negli Stati Uniti, questo è molto normale, anche perchè in Senato c'è una maggioranza diversa da quella del Congresso. Ciò non ostacola il buon funzionamento del sistema democratico, anzi accresce le possibilità di saggezza per le grandi scelte.
   Ma, naturalmente, non va preso sottogamba il problema della governabilità. Negli USA, il problema non si pone, perchè il Presidente è eletto direttamente dal popolo. Da noi, esso è stato, oggi, risolto col fatto che il Governo ha 2 voti di maggioranza al Senato: quanto basta per stare in piedi, e quanto necessario per non prevaricare sul Parlamento.
 
Ma la governabilità è anche il frutto di come si impostano i problemi. Molto dipende dal non dimenticare mai quel 5-10% di elettorato, che ha lasciato PRODI all'ultimo momento, preoccupato di scansare le tasse minacciate da BERTINOTTI. (Quelle tasse sulle rendite finanziarie .... sono abbastanza ridicole, anche solo a pensare che è lo Stato a generare quelle rendite, direttamene e indirettamente, come conseguenza del suo debito - Ma vi tornerò in altra occasione). Recuperare in Parlamento la fiducia di questo elettorato è essenziale per PRODI, anche perchè esso sarà sempre più il fattore da bilancino, nelle elezioni politiche, così da determinare la maggioranza. C'è, poi, lo "strano" buon senso dell'italiano medio, per il quale un governo vale l'altro.

  2) Ma, poi, c'è la questione del referendum del 25 giugno, sulla Costituzione di Bossi-Berlusconi.
   La crescita della spesa pubblica ha nelle autonomie regionali la sua falla primaria, perchè disgiunta (ma non si può fare diversamente) da responsabilità fiscale. Questa falla era stata già aperta dal precedente Governo di centro-sinistra, ma con la Costituzione di Bossi la spesa pubblica diverrebbe totalmente ingovernabile. Per questo, la bocciatura della devolution, oltre che necessaria, dovrebbe essere solo il primo passo per ridiscutere tutto, tra maggioranza e opposizione, in modo da pervenire ad un testo largamente condiviso. Motivi ?
  a) l'ulteriore ampliamento dei poteri legislativi delle Regioni (la sanità, la scuola, sicurezza, ecc.), non essendo controbilanciato da responsabilità fiscale, incentiva i Governi regionali (per catturare il consenso locale)  a spendere senza limiti automatici. In questo sistema, è il Governo nazionale che, invece, è incaricato di affrontare l'impopolarirà di applicare le imposte, e finanche incolpato dalle Regioni di non trovare soldi sufficienti.
   Il nostro federalismo attribuisce alle Regioni un potere legislativo, e questo accentua la babele delle lingue tra i cittadini delle diverse Regioni.
    Per creare un freno alla spesa occorrerebbe dare alle Regioni il potere fiscale. Ma l'attribuzione di potere fiscale, è, però, solo la conseguenza di una corretta definizione astratta di federalismo. In pratica, quando (come da noi) le dimensioni dei territori è piccola, esso diviene un rimedio peggiore del male. Infatti, il federalismo fiscale da origine, per sua natura, ad una pluralità di tasse tra Regione a Regione, a seconda delle preferenze e delle diverse entità della spesa, le cui conseguenze più immediate sono:
- l'alterazione della concorrenza tra le imprese delle diverse Regioni, e la discriminazione contro le Regioni più povere;
- l'accentuazione della concorrenza fiscale tra più enti tassatori (Stato, Regioni, Province, Comuni), mentre la tasca del contribuente è "unica". Se l'Ente più forte (lo diverrebbe la Regione) prelevasse da solo il 50% del reddito dei cittadini, gli altri Enti dovrebbero aggiungersi comunque, in quella tasca, per prelevare soldi ? E' dunque evidente che, in senso lato, il federalismo fiscale non è attuabile nei piccoli Stati (come l'Italia).
   Si conclude che il federalismo regionale va definito in stretti limiti, ed associato ad una responsabilità fiscale nell'ambito di un sistema fiscale nazionale unitario. Le integrazioni perequative dello Stato vanno, poi, definite su quote certe del "PIL", differenziate da Regione a Regione, da permettere la programmazione economica locale.
   Inoltre, un sano federalismo va fondato su un regionalismo amministrativo, senza poteri legislativi, e riguarda solo compiti di interesse regionale. La sanità, la scuola, la sicurezza sono, invece, problemi nazionali.
   Nel campo amministrativo ci sarebbe tanto lavoro da fare per limitare le spese e recuperare efficienza. Basti pensare che in Italia i Comuni sono oltre 8.000, e di essi i 3/4 hanno meno di 10.000 abitanti, per cui è impossibile fornire servizi sociali efficienti, a basso costo. Occorre riordinare gli enti locali, accentrando molti compiti nei Comuni metropolitani. Le Province dovrebbero essere abolite e, i loro compiti, dati ai Comuni metropolitani.

    c) La Costituzione di Berlusconi tocca anche la forma di Governo, con un potenziale ruolo eversivo del Primo Ministro. Infatti:
- con l'art. 26 la candidatura a Primo Ministro è posta nelle elezioni politiche, collegatamente, ai partiti che a lui si richiamano (grosso modo come è attualmente per il Sindaco, nei Comuni);
- ma poi, con l'art. 28, il Primo Ministro deve avere la fiducia delle Camere. (Si domanda: se egli è, in pratica, eletto direttamente dal popolo, a cosa gli serve la fiducia delle Camere? Negli USA questo non avviene. Il motivo lo si trova nell'art. 23).
- con l'art. 23, in caso di sfiducia,
"su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità", "il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indice le elezioni".
  Questo significa che Berlusconi vuole un Primo Ministro che, con l'avallo del popolo, tiene sempre sotto scacco il parlamento con la minaccia dello scioglimento; e questo è molto peggio di adesso, in cui il Governo può abusare dei voti di fiducia. Personalmente vorrei l'elezione diretta popolare del Primo Ministro, ma senza toccare il ruolo del parlamento, quale rappresentante diretto del popolo, e presidio permanente delle libertà democratiche. NL

 

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ELEZIONI POLITICHE 2006

N. LUCIANI, Difendere la democrazia
in Italia,  tornando al rispetto
del PARLAMENTO

Ma il primo passo è superare presto
il  "POST-BERLUSCONISMO

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Nino LUCIANI. Chiedo venia ai Colleghi se, (in contrasto con la tradizione), ma avendo non poco travagliato per le riforme universitarie con ministri e parlamentari per tutto il tempo della legislatura, voglio adesso esternare la mia opinione, sotto elezioni.
1.- Tornare al rispetto del Parlamento. Al di là dell'idea, che ognuno di noi può avere, se BERLUSCONI abbia o non abbia, attuato il programma promesso o se l'Unione di PRODI voglia aumentare le tasse, le coscienze democratiche sono state turbate dal poco rispetto di Berlusconi per il Parlamento. Lo si è visto dai molti di voti di fiducia, con cui (pur avendo una larga "Maggioranza") ha carpito al Parlamento leggi importantissime (vedi: la riforma federale dello Stato, la riforma della Magistratura, la legge elettorale, la riforma universitaria).
  C’è dell'altro: la nuova Costituzione della Repubblica darà al Premier il potere di sciogliere il Parlamento, in caso di sfiducia delle Camere. Questo fatto desta preoccupazione, se associato a precedenti storici "ammonitori":
  - in Italia la dittatura fascista iniziò (nel 1924) carpendo al Parlamento i pieni poteri;
  - in Francia, Carlo Luigi Bonaparte sciolse l'Assemblea Legislativa il 2 dicembre 1851, e promulgò una Costituzione, sancita dal plebiscito del 2 dicembre 1852, che lo portò alla restaurazione imperiale col nome di Napoleone III
  Direi, poi, (passando solo apparentemente ad altro) che l'Italia non può più permettersi, anche di fronte al mondo, di avere un Premier sempre sotto attacco dalla Magistratura. A meno che, in Italia, vogliamo passare tutti alla legge della giungla, dove lo Stato abolisce la Magistratura, e vince chi ha più forza o più fantasia.
 
2.- Spiego adesso il sotto-titolo ("superare presto il "post-Berlusonismo"). Esso è conseguenziale al titolo, ma per poi allargarsi a questioni più minute.
   Definisco "berlusconismo" il dilettantismo in politica, associato a promozione di propri interessi, ai limiti delle righe, e magari con la voce grossa. E definisco "post-berlusconismo" i tempi supplementari, seguìti alla disfatta delle elezioni regionali dello scorso anno, di Forza Italia&C, che hanno confermata esaurita la capacità propulsiva del "berlusconismo" (mi riferisco alla parte qualificante del suo programma: "meno Stato, più Mercato").
  Non si tratta di non apprezzare un lavoro imponente, che pure è stato fatto nei più disparati campi (vedi: la riforma dei concorsi universitari, la riforma dell’art. 18 sul lavoro, il riordino del diritto societario, la riforma dei diritti di proprietà industriale, …). Da ultimo, ma non ultimo, la legge SIRCHIA antifumo nei locali pubblici, anzi forse la sola legge veramente importante del Governo Berlusconi, perchè tocca direttamente la salute delle persone.
   Ma il Governo non ha abbassato la spesa pubblica e la pressione fiscale, come promesso. E c'è stata anche l'inazione del Governo in campi strategici, da cui sono derivati infiniti guai ai lavoratori e pensionati. E' il caso dello aumento  dei prezzi, a causa dell''Euro. Quella inflazione ha diminuito del 50% il potere d'acquisto del reddito fisso (stipendi, salari, pensioni) a vantaggio di altre mani, ed ha creato grandi difficoltà alle esportazioni verso l'estero. 
   Nel complesso, prevale (almeno in me) il giudizio che il programma qualificante non è stato attuato. E siccome, andando all'indietro, questo non sarebbe il primo Governo che non attua il programma o che sgoverna, ebbene per questi casi il criterio migliore resta quello dell'alternanza, perchè si impari anche in Italia che, non applicando il programma, si è licenziati. Non ci si rattristi più di tanto perchè, in politica, la sola scelta possibile è, di solito, la scelta "meno peggio". 

  3.-  E che dire al possibile Governo PRODI ? Direi che  rimane ferma la domanda dell'elettorato centrista di avere un'Italia con meno Stato e più Mercato, purchè questo non significhi tornare indietro rispetto ai diritti civili fondamentali conquistati a duro prezzo dagli Italiani, negli ultimi 30 anni.
    E'  sicuro (per me) che la Sinistra ama più aumentare le tasse, che ridurre le spese pubbliche. Ma il crollo dei Paesi comunisti dell'Est ha, già, molto insegnato alla "sinistra italiana", tant’è che essa si presenta in associazione ad una forza centrista rilevante. Sotto questo aspetto l’alternanza, che ci viene prospettata, è più di uomini che di programmi. Questo aspetto diviene tre volte rilevante se si somma alla necessità di chiarezza per la democrazia e di ammonire chiunque ad applicare il programma.
   E quanto alla fede democratica della sinistra, mi stupisco che si debba trovare ancora qualcuno che non si è accorto che, senza il soccorso dell'ex-PCI alla DC, nei passati "anni bui", la democrazia non si sarebbe salvata in Italia.
   Direi, infine, a PRODI che egli non dovrebbe ripetere l'errore (del suo primo Governo, 10 anni fa), di pareggiare il bilancio dello Stato iniziando, in un primo tempo, con l'errore di aumentare le imposte; e di rinviare alla fase 2 la riduzione della spesa pubblica, per poi (forse) tornare a ridurre le imposte alla fine. E' più impopolare ridurre la spesa che aumentare le imposte, per cui (politicamente) conviene fare, prima, l'una cosa, quando ci sono davanti 5 anni di legislatura  e, dopo, ridurre le imposte (5-10%).
  Direi anche a Bertinotti che non ho scordato che (a suo tempo) egli tolse il sostegno a Prodi, solo due anni dopo il mandato di Governo...


4.- Indicherei quattro punti strategici, urgenti, che il "Post-Berlusconismo" avrebbe dovuto considerare nell'ultimo anno, e che passerei al prossimo Governo:

  a) un diverso comportamento verso l'Università pubblica (bastava a Berlusconi fare quanto promesso nel suo CONTRATTO CON GLI ITALIANI, ma non mantenuto), perchè l'Università è la fabbrica della classe dirigente del Paese e della ricerca scientifica. Questo comportava  un vero ridisegno delle Lauree, dequalificate dal precedente Governo. E comportava il rifinanziamento dell'Università pubblica, con una particolare attenzione a quelle del Sud , in modo che in ogni Regione si realizzi via via  "una" Università di dimensioni adeguate. In quale altro modo si vorrebbe anche combattere la criminalità organizzata locale, se non formando nuova classe dirigente ?   

  b) il soccorso del commercio estero, in sofferenza da 4 anni. Già da quando andavamo a scuola, abbiamo imparato che l'Italia è povera di materie prime, ma che essa può riscattarsi importando e riesportando, previa trasformazione. Le esportazioni (23% del PIL) sono il motore, numero 1, dell'intero sistema Italia.
  Il Governo, è vero, non poteva più svalutare il cambio della Lira per sostenere le esportazioni, ma aveva lo strumento fiscale, che avrebbe potuto usare con effetti equivalenti (a parità di gettito). Le imposte da ridurre dovevano essere quelle "indirette" (non quelle "dirette", secondo il "berlusconismo") perchè esse riducono i prezzi interni e questo fa bene alle esportazioni. La Germania (nostro partner di più diretto riferimento) ha un'IVA del 16% (noi del 20%, oltre all'IRAP del 4,5%);

  c) una politica per l'energia, che vada presto a sostituire il petrolio con prodotti agricoli. Raoul GARDINI ci aveva detto che dalle produzioni agricole (soia, mais, ecc.) possiamo ottenere subito carburanti. Solo in queste settimane abbiamo avuto un piccolo provvedimento del Governo in tal senso, ma solo perchè in applicazione di indicazioni della U.E. . Facendo molto di più in tal senso, soccorriamo anche l'agricoltura, in crisi storica;

  d) sanare il bilancio statale rimane un obbligo europeo per qualunque Governo, e questo fa bene all'Italia, quale politica per accompagnare l'Euro in senso "non inflazionistico". La via primaria è un abbattimento significativo (7-8%) della spesa pubblica (48,8% nel 2001, 48,5% nel 2004), quale presupposto per passare veramente anche alla riduzione della pressione fiscale (45,7% nel 2001, 45,2% nel 2004) (e non all'incontrario, come voleva fare il "berlusconismo"). Faccia attenzione che la tassazione dei Buoni del Tesoro è controbilanciata, per traslazione sul Tesoro, da una corrispondente spesa pubblica, perchè il risparmiatore guarda agli "interessi netti". E faccia attenzione (ma dico a PRODI, perchè BERTINOTTTI ascolti) che la giustizia fiscale non va impostata senza tener conto anche degli effetti sugli investimenti e l’occupazione. NL

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

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Stefano Follesa




Lettera di un giovane Architetto che vuole diventare professore,
ma frattanto deve lavorare all'esterno dell'Università

Stefano FOLLESA,  "Mi è stato riferito che in qualche commissione di concorso la mancanza del titolo di dottore di ricerca sia diventata un ostacolo al superamento del concorso, a dispetto delle pubblicazioni e delle docenze svolte. Ritengo che ciò non sia corretto e mi auguro che qualcuno possa battersi per i giusti diritti di chi dall'Università ha avuto moltissimi oneri e pochi onori.
    Nel corso di circa quindici anni d’impegno costante all’interno (da esterno) dell’università ho attraversato tutte le possibili forme di precariato (collaboratore alla didattica dopo la laurea, cultore della materia, modulista nei laboratori, tutore universitario, docente a contratto ).
   Per le tante ore trascorse nelle aule e nei corridoi  della mia facoltà   ho avuto in cambio poche lire (poi euro) di rimborsi spese,  ma la ricchezza del rapporto con  gli studenti è stata forse più importante dei soldi .
   Non ho mai partecipato al concorso per dottorato di ricerca, sia perchè i pochi posti erano veramente limitati (e spesso già assegnati), sia perchè ciò mi avrebbe impedito di svolgere una attività lavorativa (non tutti nasciamo con le spalle coperte). Ciò non mi ha comunque impedito di portare avanti le mie ricerche e di programmare le pubblicazioni necessarie per affrontare il concorso per ricercatore.
   Nel settore in cui opero (architettura - disegno industriale), l’insegnamento è strettamente legato all'attività professionale e personalmente non ritengo si possano  insegnare le discipline progettuali senza aver mai praticato la professione.
   Da qualche anno ho un mio corso all’interno della laurea triennale in disegno industriale, corso che mi viene annualmente rinnovato attraverso bandi per affidamenti ad esterni.
   L’impegno che dedico alla didattica è ben superiore alle ore previste nel contratto perché la preparazione delle lezioni, le revisioni d’esame, le revisioni di tesi, l’organizzazione delle dispense e l’organizzazione  dei contributi esterni impongono un impegno consistente (se si ha rispetto per gli studenti) sia che uno sia esterno o  strutturato.
   Nel corso di laurea in cui opero la maggioranza delle docenze sono tenute da contrattisti, studiosi e professionisti giovani o meno giovani che tengono le lezioni, seguono le revisioni, sono tutori universitari per gli stage, gestiscono i propri esami e partecipano alle  commissioni dei colleghi, seguono le tesi di laurea (dove poi però compaiono come correlatori), partecipano  ai consigli di facoltà e a tutte le attività interne; il tutto in cambio di un rimborso spese che talvolta non copre nemmeno le spese per gli spostamenti.  
   Tutti i docenti esterni svolgono il proprio ruolo con una dedizione e una passione talvolta superiori a quelle di qualche strutturato (le schede di valutazione che gli studenti compilano spesso dicono questo). Nonostante una gestione del corso di laurea affidata in massima parte ad esterni, ma sopratutto grazie all’operato dei pochi strutturati e del preside, le lamentele degli studenti sono indirizzate quasi totalmente alla mancanza di attrezzature e di strutture e solo in minima parte a carenze nella didattica.
    Il mio percorso è comune a quello di tante persone giovani o meno giovani sulle cui spalle regge il presente e forse il futuro di molti corsi universitari.
Riterrei corretto che, visto che l'Università non è in grado di garantire un futuro da strutturati a tutte queste persone (anche se dei minimi retributivi sarebbero veramente auspicabili), possa perlomeno dare un segnale preciso con un riconoscimento del valore delle docenze a contratto in sede concorsuale (cosa che attualmente non avviene) e un inserimento di rappresentanti dei contrattisti nelle commissioni gestionali e decisionali degli atenei. Questo rappresenterebbe una forma di rispetto per l’impegno e la passione delle tante persone che, pur consapevoli delle possibilità minime di inserimento in ruolo, svolgono ugualmente il proprio lavoro(?) con estrema serietà.
"  SF

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO, ma non solo ...

Bologna:  PENDENZE  delle Elezioni del Rettore dell'Ateneo

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LETTERA della prof.ssa Elena FERRACINI
per difesa dell'A.d.D.U. *


* ASSOCIAZIONE  "donne" DOCENTI  UNIVERSITARIE

Caro Nino,
ora che si sono (quasi) spenti gli echi delle recenti elezioni per il rinnovo del CdA e Senato Accademico, gradirei conoscere le motivazioni e/o gli antefatti che hanno ispirato i tuoi interventi-commenti sulle candidature femminili; mi preme soprattutto dirti che la discriminante da te usata, è, a mio avviso, becera e maldestra; tuttavia, ognuno è libero di esprimersi come crede purchè lo faccia a titolo personale: nel caso in questione deve essere chiaro che il "Comitè de Patronage" (la prof. ne fa parte -N.d.R.)  non c'entra affatto!
Ti chiedo perciò di pubblicare questa mia nel suddetto Foglio elettronico.
Colgo l'occasione per inviarti i miei saluti più cordiali ed i miei migliori auguri per le prossime festività. Elena FERRACINI

Cosa era successo ?

   Era successo che,  in un articolo relativo alle elezioni del Rettore, avevo titolato:

"BATTIAMOCI   PER  LA RIFORMA DEGLI ORGANI  !" Inoltre, la Associazione delle Donne dovrebbe smettere di invitare le DONNE a votare CANDIDATE-DONNE,  solo in quanto DONNE."

e infine, dentro l'articolo, c'era scritto:
" Ciò inquina da anni il processo democratico dell'Ateneo. Ma fortunamente la stragrande maggioranza delle DOCENTI universitarie non subisce questi inviti." NL

   Cara Elena,
mi chiedi le motivazioni e/o gli antefatti del mio intervento, che (ti preciso)  era a titolo personale.
   Premesso che ritengo l'AdDU una associazione legittima, perchè "non è segreta" (come vuole la Costituzione della Repubblica) e perchè ha un obiettivo   bello (la "pari opportunità" per uomo e donna"),  è però notorio che

l'Associazione è anche una "lobby", che  dà indicazioni di voto alle proprie iscritte nelle elezioni del Rettore.
   Nel caso delle recenti elezioni del Rettore, è notorio che c'era un candidato-DONNA, ed è notorio che l'associazione ha concentrato il proprio voto su un   candidato-UOMO, facendolo vincere al primo turno, anzichè al secondo turno. Forse ha fatto bene,  per il superiore interesse dell'Ateneo, ma è una cosa diversa dalla "pari opportunità" ...  .
    In generale, rientra nella logica della "pari opportunità" anche il votare un uomo per una posizione, per ottenere in cambio da lui la collocazione di una donna in un'altra posizione. Credo, però, che in questo caso si sia al limite della coerenza con l'obiettivo principale (la "pari opportunità" per la donna).   Anche questo criterio di comportamento è,  però,  legittimo, come sono sono legittimi, in politica, gli accordi di voto per avere più forza.
   Tuttavia, una volta che l'associazione entri nell'agone della politica,   diviene normale esporsi a plausi o a critiche da chiunque, a seconda del punto di vista, circa gli interessi protetti o avversati.  
   Dovrei, forse, anche aggiungere che, nella civilissina Bologna, la "donna" non alcun problema di protezione rispetto all'uomo. E direi anche che nell'Ateneo di Bologna (almeno in dati settori - vedi l'Amministrazione) è caso, mai, l'uomo che avrebbe bisogno di una propria "associazione per le pari opportunità".  NL

 

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Guido Masetti, Preside

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RELAZIONE PER L'INAUGURAZIONE DEI CORSI AA-2005/06 - 16 nov. 2005

  
Breve presentazione. Nel 70° anniversario dell'edificio storico della attuale Facoltà di Ingegneria di Bologna, il Preside MASETTI ha svolto una relazione, che proponiamo all'attenzione della comunità scientifica nazionale per due motivi:
   a) il primo è l'interesse, per molti, ad avere notizie sulla storia della Facoltà. Tra l'altro, si coglie un intreccio con G. Marconi, al quale la Facoltà conferì la laurea ad honorem, e che indirettamente ricorda a tutti l'importanza della ricerca individuale nel patrio lido italico, a parte che G. Marconi dovette andare all'estero per fare i propri esperimenti in grande (Si clicchi, per curiosità, in questo web su
"GENIO  DEGLI   ITALICI")
   Si riporta alla fine la fotografia dell'edificio del 1935 (anche quello attuale).
   b) Il secondo motivo è che  il Preside fa un primo rapporto sui risultati del nuovo ordinamento didattico nella Facoltà nel momento di passaggio dal DM 509 al DM 270. Benchè il breve rapporto del Preside riguardi solo la propria Facoltà, oggettivamente esso può essere un punto di riferimento per altri che, a casa propria, si preoccupino di andare avanti, correggendo i gravi difetti dell'attuale ordinamento delle lauree.
   La relazione integrale è visibile sul web della Facoltà, cliccando su   Inaugurazione .
   Qui di seguito c'è uno stralcio limitato agli aspetti didattici, che si intende sottoporre alla comune riflessione. NL

STRALCIO dalla Relazione (Parte didattica) - Parole chiave commentate oralmente

1) Correlazione tra crediti acquisiti (I° anno) e test di ingresso.
    Dal confronto tra Crediti e Test, si direbbe che, in carriera, lo studente si ritroverà con lo stesso punteggio ottenuto in ingresso, al momento del test, prima di iscriversi nella Facoltà (N.d.R.)

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2. - Flussi studenteschi - Laurea triennale verso Laurea Specialistica
Laureati della Laurea Triennale entro dicembre 22% (delle iscrizioni in origine)
Laureati della Laurea Triennale in 3 anni 45%
Laureati della Laurea Triennale (stima) 74%
***
Iscritti alla Laurea Specialistica 54% dei provenienti dalla LT
- Laureati della Laurea Triennale 39% in 3 anni
- Laureati della Laurea Triennale 15% in 4 anni
***
3. - Carriera degli Studenti della Laurea Triennale
Realizzano 38-40 crediti/anno
Nota: Essendo 60 i crediti acquisibili, 30-40 sono troppo pochi !!!
***
4.- Perché risultati così modesti ?
DIFETTI STRUTTURALI
- Eccessiva frammentazione delle discipline
- Numero degli esami: troppi
- Corrispondenza CREDITI/Ore di lavoro
- Scarsa abitudine allo studio
- Discipline di base ??
***
5.- Qualità didattica: dove migliorare
LABORATORI
- Aule, Sale studio
TUTORI: competenza/responsabilità
CORSI DI RECUPERO per chi sta perdendo il passo
PERCORSI DI ECCELLENZA
VALUTAZIONE STUDENTI: 70/100
AZIONI
- Mancato rinnovo contratti con esterni
- Analisi con docenti e Rappresentanze Universitarie
***
6.- Risorse: richieste Corsi di Studio
180 Crediti per Laurea Triennale: Crediti 210 (medio), sinergie
120 Crediti per Laurea Specialistica: Crediti 160 (medio)
***
7.- Organico e carico didattico della Facoltà di Ingegneria
- 349 docenti e ricercatori
- Carico didattico medio: 2,3 moduli/docente equivalente (140 ore)
***
8.- Come salvaguardare la ricerca ?
Ossia, come salvaguardare la didattica avanzata ?
Carico didattico medio: 2,3 moduli/docente equivalente (140 ore)
***
9.- 2006 è l’anno giusto per valutazione e "rivisitazione della didattica"
CESURA Lauree Triennali e e Lauree Magistrali (LM non è 2, non +2)
Significato "anno comune in ingresso" …
***
10.- Futuro/Risorse: alcune problematiche
RICONSIDERARE il numero dei Corsi di Studio
Laurea Magistrale < Laurea Triennale
Attivazioni ?
Contenere il numero degli Insegnamenti
Nuove Tecnologie
***
11.- Alcune ipotesi per Lauree Specialistiche/Lauree Magistrali
PIU’ CREDITI PER LE TESI DI LAUREA
PROGETTI PER GRUPPI INSEGNAMENTI
MAGGIORE ATTIVITA’ DI LABORATORIO

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FORUM3- 2011

Keys: ricerca scientifica, didattica, leggi universitarie, miur, studenti, diritto allo studio, moneta, banche, economia, finanza, bilancio, conferenza

EDIZIONI PRECEDENTI

Bologna-Università,   "Flop" a Giurisprudenza
sulle nomine di nuovi Professori Emeriti.
"Gelata" in altre Facoltà sulle istruttorie in atto

  Nota.  Il 21 nov. 2011 era all'o.d.g. della Facoltà di Giurisprudenza la nomina di "sei professori ordinari", tutti "pezzi da 90". La delibera non ha prodotto i voti sufficienti per essere valida.
   Una apposita  Commissione aveva esaminato positivamente  le candidature. La delibera del Consiglio di Facoltà aveva avuto luogo con unica decisione, ma mediante apposizione di crocetta (da parte dei singoli votanti) a fianco dei nominativi dei singoli candidati.

  L'elettorato attivo del Consiglio è stato composto dagli aventi diritto, ivi inclusi i Ricercatori. Probabilmente la ragione, credo fondata, è che non era in gioco la regola del giudizo da "pari a pari" in quanto, al momento del riconoscimento, le persone sotto esame non erano più professori ordinari (in quanto già erano cessati dal servizio).
   Questo fatto ha indotto alcune Facoltà a ritirare i remi in barca, circa le proposte già istruite, in attesa di chiarimenti; ed altri già a domandarsi come potranno "passare" ..., dentro la stessa Giurisprudenza, personalità già in lista d'attesa, che hanno illustrato l'Università di Bologna nel mondo, ma anche (a suo tempo) prodotto resistenze di potere, all'interno.

   Commento.
   a) Sotto l'aspetto formale, la legge attribuisce alle Facoltà (in futuro, ai Dipartimenti) la potestà di dare il riconoscimento e lo limita al requisito che il professore ordinario abbia almeno 20 anni di servizio espletato come ordinario. Nel caso degli impiegati statali, in generale, c'è il conferimento del diploma al merito di servizio, subordinato al requisito di avere almeno 40 anni di servizio. 
    Ma, poi, le Facoltà universitarie italiane hanno aumentato i requisiti di legge, richiedendo il vaglio dei contributi originali d'ordine scientifico, didattico ed accademico.
   Risulta, tuttavia, che la considerazione dei requisiti sia avvenuta, di solito, in modo generico (dire, senza dire), sia pur da parte di apposite commissioni.
   Aggiuntivamente, nel caso della Facoltà di Giurisprudenza, si è inserito ultimamente il Rettorato senza tener conto del vento che ha sconvolto l'università italiana negli ultimi 10 anni e che ha portato la legge Gelmini a richiedere modi totalmennte nuovi di valutare il merito dei professori.
    Quanto sia stato forte e sconvolgente questo vento, può darne valida testimonianza la registrazione del dibattito del Senato della Repubblica, il 29 luglio 2010 (si veggano gli atti, tuttora pubblicati), nel quale i Senatori hanno motivato la votazione della legge Gelmini col chiaro richiamo di fatti "devianti" dei professori (gonfiati fuori misura), come concorsopoli, parentopoli, la dilapidazione del danaro pubblico con la proliferazione dei posti e delle sedi.
    Pur in questo mutato quadro, il Rettorato aveva fatto (giugno 2011) delle "Linee guida" estremamente maldestre, perchè hanno complicato le cose solo dal lato procedurale, senza toccare i criteri di valutazione, il fatto nuovo del nuovo corso dell'Università italiana. Meglio era, forse, lasciare le Facoltà sulla loro libera strada.
    Ad aggravare il clima interno accademico c'è, oggi, anche il fatto che, in Italia, dal 2008 al 2011, sono venuti meno 7000 posti di docente di ruolo, senza poter intravvedere quando saranno ricoperti. Probabilmente, la minore torta da ripartire ha inasprito (pro quota) i rapporti interni, e dunque non si può escludere che il voto negativo dei Ricercatori nasconda qualche "soddisfazione personale", che qualcuno si è preso contro persone oggi fuori dai giochi.

   b) Quali soluzioni. Può anche darsi che il conferimento del titolo di emerito non vada fondato su criteri di valutazione alla maniera dell'ANVUR. Ma, in tal caso, il Rettorato dovrebbe affermarlo chiaramente e dire quale sia la propria impostazione della valutazione, aggiuntivamente a quelli del TU del 1933. Su questa strada, si potrebbero individuare due livelli di valutazione:
  - un livello di assoluta eccellenza, basato su qualcosa di molto sintetico e assolutamente rilevante ed  evidente. Penso a casi di  "chiara fama scientifica nazionale o internazionale" o specificamente   l'aver conseguito un premio per una "particolare grande scoperta scientifica", a casi di  "opere di grande rilevanza umanitaria" (come l'aver soccorso vite altrui, con dispregio della propria), a "cariche di alto prestigio dentro e fuori dall'università" (come l'aver svolto l'incarico di Rettore, di Presidente del Consiglio dei Ministri);
  - un livello normale eccellenza, per i professori e ricercatori, comuni mortali (con cumulo di tutti gli anni di docente di ruolo), che mai sono venuti meno al loro dovere, molti dei quali anche paghi di risultati innovativi ma nel silenzio.
   Questo riconoscimento, da esprimersi sotto forma di accoglienza in una ASSOCIAZIONE del tipo ex-allievi, dovrebbe servire a tenere legati all'università coloro che l'hanno amata e che desiderano rimanere legati, e valorizzare scoperte scientifiche rimaste nascoste, ripescando i vari studi dai cassetti impolverati.
   Ultimo ma non ultimo. In  ogni caso le innovazioni vanno introdotte non con "linee guida" del Senato, ma deliberate con Regolamento delle Facoltà, e sottoposto ad approvazione del Senato, secondo il disposto dello Statuto Generale dell'Ateneo.

Vedi anche: Associazione

Cosa dice la legge

LA LEGGE (R.D. 1592/1933)

Art. 111. Ai professori ordinari, che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accettate le dimissioni, potrà essere conferito:
-  il titolo di "professore emerito", qualora abbiano prestato almeno venti anni di servizio in qualità di professori ordinari;
-  il titolo di "professore onorario" qualora tale servizio abbia avuto la durata di almeno quindici anni.
Detti titoli sono concessi con decreto reale, su proposta del ministro, previa deliberazione della facoltà o scuola cui l'interessato apparteneva all'atto della concessione dal servizio.
Ai professori emeriti ed onorari non competono particolari prerogative accademiche."

 


 

 

 

Cosa dice il Rettorato*

Linee guida del Rettorato per il riconoscimento del titolo di professore emerito

" Poiché fino ad oggi non è stata individuata una disciplina uniforme relativamente alle modalità con cui le Facoltà propongono la candidatura di un docente all'emeritato (ai sensi dell'art. 111 del R.D. 31 agosto 1933 n. 1592, e alle relative fasi procedurali), al fine di definire un percorso uniforme a livello di Ateneo, sono state approvate dal Senato alcune linee guida che prevedono che il titolo di professore emerito possa essere proposto per professori di prima fascia cessati dal servizio da non più di due anni, che abbiano maturato almeno 20 anni di ordinariato e si siano distinti per profili etici e scientifici. La proposta deve essere sostenuta da tre lettere redatte da professori non appartenenti all'Ateneo, di cui almeno due stranieri, e dalle firme di almeno 20 professori di prima fascia dell'Ateneo di cui almeno la metà appartenenti all'Area scientifico disciplinare del candidato. Dopo la verifica da parte di una commissione appositamente istituita la proposta deve essere approvata a maggioranza dei 2/3 degli aventi diritto al voto del dipartimento di appartenenza del candidato. Nelle more dell'istituzione dei nuovi dipartimenti tali funzioni saranno svolte dalla Facoltà."

Giugno 2011

*Fonte:http://www.unibo.it/Portale/Ateneo/RapportoAteneo/Rapporto+di+Ateneo+Aprile+-+Giugno+2011/giugno/emeriti.htm

 

Bologna Università, Consiglio di Ammnistrazione dell'8 nov. 2011

All'OdG la richiesta di contributi strardinari consortili da parte del
CEUB - CENTRO UNIVERSITARIO RESIDENZIALE DI BERTINORO Srl

Intervista al prof. Gianni Porzi
(con riserva di integrazione dopo la riunione del CdA)

1.- Domanda:
    Professore, risulta che l'8 novembre il CdA ha all'ordine del giorno il rifinanziamento del CeUB. Di cosa si tratta ?

    Risposta
    L'argomento ha il titolo "- RICHIESTA DI CONTRIBUTI STRAORDINARI CONSORTILI IN RELAZIONE AGLI INVESTIMENTI PER OPERE DI RECUPERO E RESTAURO REALIZZATI E REALIZZANDI NONCHÉ IN RELAZIONE AL PIANO DI RILANCIO STRATEGICO RIFLESSO NEL BUSINESS PLAN 2011-2014".
    Si tratta in sostanza di una richiesta di un conferimento straordinario per il risanamento del bilancio del CeUB che ha accumulato passività dal 2009.
    Attualmente il CeUB risulta infatti notevolmente esposto per quanto concerne l'indebitamento sia a breve sia a lungo termine: nel biennio 2009-2010 la Società si è fortemente indebitata con il sistema bancario per far fronte agli oneri di ristrutturazione e anche per sopperire alle esigenze della gestione corrente che consumava risorse finanziarie in maniera importante.
    Alla fine del 2010 la Posizione Finanziaria Netta di CeUB risulterebbe negativa per oltre 1.000.000 di Euro, tant'è che ha scatenato aspre polemiche, apparse sulla stampa locale poco tempo fa, da parte di un Consigliere del Comune di Bertinoro contro l'ex Sindaco che è stato Amministratore delegato del Centro fino a pochi mesi fa.

2.- Domanda
   Il CeUB cos'è precisamente ?

   Risposta
    Il Centro Universitario di Bertinoro è una Società Consortile a Responsabilità Limitate costituita il 10 aprile 2001 e il capitale sociale ammonta a € 61.974,00 così suddiviso : - Unibo 33,33%; - Ser.In.Ar. 26,66%; - Comune di Bertinoro 20,00%; - Fondazione Flaminia 6,67%; - Romagna Acque 6,67%; - Associazione degli Industriali di Forlì-Cesena 6,67%.

3. Domanda
  Il CeUB cosa fa ?

  Risposta
  Il CeUB svolge la sua attività prevalentemente nel campo dell'alta formazione e, in misura minore, nel campo della promozione della ricerca attraverso agenzie che ad essa fanno capo.

 

 

Bologna, dalla CISL-Università: http://cislunibo.wordpress.com/


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.
Lettera della CISL-Università al Rettore
(tramite chi per Lui):

"Ti ritiriamo la firma. Non hai mantenuto l'impegno
di consultarci per la riorganizzazione dell'Ateneo"

     CISL1.gif (16322 byte)

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EDIZIONI PRECEDENTI

Bologna, dal Consiglio di Amministrazione, 27 maggio 2011

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.

Costituito il "Collegio di disciplina", che la legge 240 "istituisce in ogni università",
e modificato lo Statuto Generale di Ateneo

.

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       Ma, seduta stante, il Consigliere prof. Porzi, Rappresentante del Governo, esprime riserve sulla legittimità della
    decisione. Secondo il Consigliere, in base al principio dell'autonomia universitaria, ogni modifica di Statuto deve
    seguire la prassi della delibere del CdA e del Senato, in seduta congiunta, comprese quelle che recepiscono leggi.
      Egli presenta, poi, in subordine due emendamenti, che non sono stati messi in discussione.    

        TESTO DELLA LEGGE 30 dicembre 2010, n. 240

  Art. 10, "Competenza disciplinare":
  " Presso ogni università è istituito un collegio di disciplina, composto esclusivamente da professori universitari in regime di tempo pieno e da ricercatori a tempo indeterminato in regime di tempo pieno, secondo modalità definite dallo statuto, competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere in merito parere conclusivo.
Il collegio opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio.
La partecipazione al collegio di disciplina non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese."

 

MODIFICA INTEGRATIVA ALLO STATUTO GENERALE DI ATENEO. ISTITUZIONE DEL COLLEGIO DI DISCIPLINA EX ART. 10 L. 240/210

ART. 49bis
(Collegio di disciplina)

1. Nei procedimenti disciplinari riguardanti professori e ricercatori, la fase istruttoria del procedimento e il parere conclusivo in merito competono ad un Collegio di disciplina composto da docenti a tempo indeterminato ed in regime di tempo pieno. Il Collegio di disciplina svolge la propria attività sulla base di relazioni e referti predisposti dal competente ufficio dell’Amministrazione generale di Ateneo, che assicura ove necessario il supporto segretariale al Collegio.

2. Il Collegio di disciplina esercita le proprie competenze in conformità e nei limiti di quanto previsto dalle disposizioni dell’art. 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e delle altre vigenti in materia disciplinare.

3. Il Collegio di disciplina è articolato in tre sezioni, ciascuna composta da tre membri effettivi e tre supplenti. La prima sezione è formata da professori ordinari ed opera solo nei confronti dei professori ordinari; la seconda sezione è formata da professori associati ed opera solo nei confronti dei professori associati; la terza sezione è formata da ricercatori ed opera solo nei confronti dei ricercatori. In caso di rinvio del procedimento ad una nuova seduta il Collegio di disciplina prosegue la propria attività, fino alla decisione, con la stessa composizione della prima seduta.

4. I componenti del Collegio di disciplina sono scelti dal Senato Accademico con voto riservato ai soli docenti e nominati con decreto rettorale. Essi durano in carica tre anni e sono rinnovabili per una sola volta.

5. Qualora il procedimento disciplinare coinvolga docenti appartenenti a diverse fasce, ovvero, insieme, professori e ricercatori, il Collegio opererà «a sezioni congiunte», composte da tutti i componenti delle sezioni competenti.

6. Ciascuna sezione è presieduta dal componente più anziano nel ruolo. In caso di seduta «a sezioni congiunte», la presidenza del collegio spetta al decano di fascia più elevata. In caso di assenza o di impedimento del componente effettivo, subentra il supplente della stessa sezione più anziano nel ruolo.

7. Le delibere del collegio sono assunte a maggioranza assoluta dei componenti e, in caso di parità di voti, prevale il voto del docente più anziano in ruolo.

8. Il Collegio di disciplina opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio.

Intervista al prof. Gianni Porzi
sull’istituzione dei Collegi di disciplina

   D. Nell’ultimo CdA è stata deliberata l’istituzione dei Collegi di Disciplina. Cosa puoi dirmi su tale delibera che è stata anche riportata con una certa enfasi dalla stampa locale?
  R. Sì, la delibera è passata a larga maggioranza, con solo tre contrari, io ed altri due Consiglieri.

  D. Perché hai votato contro?
  R. Le ragioni sono più d’una e provo a chiarire la mia posizione. Innanzi tutto ritenevo che la modifica di Statuto proposta doveva essere fatta dal Consiglio di Amministrazione e dal Senato Accademico in seduta congiunta, come previsto dal comma 3 dell’art. 11 dello Statuto vigente. In secondo luogo ritenevo che l’istituzione dei Collegi di disciplina, così come proposta, non rispondesse a quei principi di democraticità sui quali l’Istituzione universitaria dovrebbe fondarsi.

 
D.  E cioè?
  R. La disposizione, introdotta nello Statuto vigente, prevede tre Collegi di disciplina distinti (uno per i prof.ri di I fascia, uno per i prof.ri di II fascia e uno per i Ricercatori) costituiti da tre membri effettivi e tre supplenti "scelti" dal Senato Accademico. E qui siamo in presenza di un esempio di "falsa democrazia" in quanto il Rettore proporrà al S.A. i nominativi e poiché non mi risulta si sia mai verificato che un OO.AA. non accetti i nomi proposti dal Rettore, i Collegi risulteranno de facto nominati dal Rettore. Cosa per me inaccettabile in quanto tali organismi dovrebbero essere "veramente terzi".
  Inoltre i tre Collegi opererebbero separatamente, la seduta a sezioni congiunte è prevista solo nel caso in cui il procedimento disciplinare dovesse coinvolgere docenti appartenenti a diverse fasce.
 
  D. Qual è stata quindi la tua proposta?
  R. Premesso sempre che a mio avviso permanevano perplessità sulla correttezza della procedura, poiché non condivido in toto la proposta, ho chiesto le due seguenti modifiche:
  a) che i membri del Collegio vengano votati dal S.A. a "scrutinio segreto" (non a voto palese) sulla base di una "lista aperta" ottenuta attraverso una procedura pubblica di acquisizione di disponibilità da parte degli interessati a far parte del Collegio (una sorta di autocandidatura), avendo l’Ufficio Personale o l’Ufficio Legale controllato che i requisiti dei candidati rispondano alla Legge;
  b) che le tre sezioni proposte esplichino solo la fase istruttoria e la decisione finale venga assunta a sezioni congiunte. Questo, sia perchè la Lg.240 parla di Collegio e non di Collegi di disciplina, sia perché i pareri conclusivi (cioè i giudizi finali) siano omogenei, cosa molto importante.
   Ma il Rettore non ha ritenuto opportuno mettere in discussione i miei emendamenti e quindi sono stato costretto a votare contro.

   D. Potresti motivare in modo più dettagliato la tua posizione ?
  R. Ribadisco che, a mio avviso, essendo materia che deve essere regolata dallo Statuto vigente a da quello che verrà, doveva essere sottoposta all’approvazione della Congiunta. Poiché fino all’approvazione del nuovo Statuto dovevano e devono comunque svolgersi i procedimenti disciplinari, l’Ateneo avrebbe dovuto attivare il Collegio di disciplina all’entrata in vigore della Lg 240 (cioè il 29/1/2011 e non quattro mesi dopo) con una modifica dello Statuto vigente, salvo poi riprendere la norma nel nuovo Statuto. Ciò nel rispetto del principio di continuità e perché la giurisprudenza amministrativa impone che la sanzione sia comminata nel minor tempo tecnico necessario dalla commissione del fatto. Ritengo che il ritardo con il quale è stato attuato l’art. 10 della Lg 240, impedirà di applicare sanzioni disciplinari, anche per fatti gravi, come ad esempio i danni all’immagine subiti recentemente dall’Ateneo.

   Gli emendamenti del Cons. Porzi:
    - che i membri del Collegio vengano votati dal S.A. a "scrutinio segreto" sulla base di una "lista aperta" ottenuta attraverso una procedura pubblica di acquisizione di disponibilità da parte degli interessati a far parte del Collegio, avendo l’Ufficio Personale o l’Ufficio Legale controllato che i requisiti dei candidati rispondano alla Legge;
  - che le tre sezioni proposte esplichino solo la fase istruttoria e la decisione finale venga assunta a sezioni congiunte. Questo, sia perchè la Lg.240 parla di Collegio e non di Collegi di disciplina, sia perché i pareri conclusivi (cioè i giudizi finali) siano omogenei..

 

EDIZIONI  PRECEDENTI

In coda alle vicende di Flavio Delbono

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Stefano Zamagni


La vera storia del "plagio "ZAMAGNI" *, da Lui
raccontata ai "nuovi membri" del suo Dipartimento,
ma anche la necessità di integrazioni
(almeno dire se la inchiesta della SIE si fermò,
pur avendo egli dato il consenso per la "privacy")

  Nota. La questione del prof. Stefano Zamagni, gia’ Direttore del Dip. di Scienze Economiche, gia’ Preside (1993-96 della Facolta’ di Economia dell'Ateneo di Bologna, e’ riesplosa ultimamente, in associazione al caso Delbono (ma non per reati politici, bensi’ per presunto plagio letterario). La questione è stata improvvisamente calda per una sorta di necessario riesame oggi, dopo che i mass media hanno evidenziato in Germania una vicenda dello stesso tipo, per un Ministro, e che la pubblica sensibilità ha indotto alle dimissioni. Parrebbe che, in quel Paese la moralità pubblica sia una cosa diversa che in Italia. Ma non è così. Il punto è che qui le vie di uscita sono ancora quelle medievali.
  Ritengo giusto dare diffusione alla parola, che il diretto interessato ha rivolto ai "nuovi membri" del suo dipartimento, ma necessario anche per i vecchi, in modo che ci sia (se si vuole) il necessario contraddittorio, pro bono veritatis. 

  Per quanto ne so, e ricordo, il fatto fu motivo di grande turbamento dell'Ateneo di Bologna, perche’ Zamagni era l'astro nascente dell'Ateneo, ed era considerato il naturale successore del rettore F.Roversi Monaco.
   Ma quella "attesa" candidatura fu drasticamente stroncata. Da chi ? La questione del plagio fu posta anche ai massimi livelli scientifici nazionali: nel senso che un numero ragguardevole di docenti della S.I.E. (Societa’ Italiana degli Economisti) denuncio’ il presunto plagio alla S.I.E. e chiese una Commissione di inchiesta, che fu nominata, ma che poi si inceppo’. La motivazione fu che, per ragioni di privacy, non si poteva procedere senza il consenso dell'interessato.
   Fatta menzione di questi elementi, la lettera esplicativa di ZAMAGNI, se non vuole essere classificata come "minimalista" ed anche confermativa di un personaggio, diciamo "ambizioso" ma anche "insicuro" (temeva, cosa ?), deve essere integrata da Lui con i seguenti elementi:
  a) considerato che, di solito, le pulci dei presunti colpevoli vengono dallo "interno" delle istituzioni di comune appartenenza" (in questo caso, dal Dip. di Scienze Economiche), allo scopo di sbarrargli la carriera, voglia dirci se ci fu un primo motore della grande rivelazione (la domanda non e’ peregrina, perche’ gia’ allora "voce di popolo" ne fece nome e cognome, e giravano anche voci di sue aspirazioni a posizioni di livello nazionale, anch'esse stroncate);
  b) se  Egli "dette" o "non dette" il consenso alla Commissione della SIE, in modo che si sappia se vi fu la complicita’ della SIE.
   Sono certo che, se almeno questa "sua verita’ fosse stata da Lui "provata" a suo tempo, l'Ateneo non avrebbe avuto il danno ricevuto, compreso l'essere stato privato della sua candidatura a Rettore. Nino Luciani

La lettera di Stefano Zamagni al Dipartimento di Scienze Economiche

  Cari amici del Dipartimento,
mercoledì 9 marzo non mi è stato possibile partecipare alla riunione del Dipartimento, nel corso della quale … il prof. ... ha sollevato di nuovo, dopo averlo fatto già molti anni fa, la questione del "plagio" (a mio carico, NdR). A beneficio di coloro che sono entrati in Dipartimento successivamente a quella vicenda e per fare memoria agli altri, sintetizzo, in breve, i fatti.

   Mi ero impegnato a consegnare alla redazione di "Note Economiche", entro il settembre 1981 (data in cui ero già ordinario da un paio di anni), un articolo di rassegna sulla metodologia della scuola di pensiero austriaca. Pochi anni prima, era uscito un articolo, pure di rassegna, del filosofo americano Robert Nozick sul medesimo argomento ("On Austrian Methodology", Synthese, 1977) ed il mio intento era di criticare la posizione ivi espressa. Stavo ultimando la stesura del mio testo quando la scomparsa di mio padre - avvenuta il 25 agosto 1981 - mi costrinse a dedicarmi ad altro. Chiesi allora ad un giovane collaboratore di aiutarmi nel lavoro di editing e poi nella correzione delle bozze. Avevo richiamato la sua attenzione su una nota in cui scrivevo all'incirca: "II contenuto di questo e dei due paragrafi successivi riprende e riorganizza, con alcune varianti, l'argomento sviluppato da R. Nozick in .... " (Si trattava di sei pagine su un totale di trentanove). Purtroppo, non solamente il mio articolo venne pubblicato sul primo numero di Note Economiche del 1982 senza tale nota, ma in bibliografia venne indicato, anziché il saggio del 1977, il celebre libro di R. Nozick del 1974, Anarchy, State, Utopia, che nulla ha a che vedere col tema. Mi resi conto della cosa solamente diversi anni dopo, quando, dovendo partecipare con il filosofo americano alla Summer School di Siena del luglio 1991, ripresi in mano il mio saggio. Ricordo ancora la smorfia di irrilevanza che fece Nozick quando gli raccontai l'accaduto. La stessa reazione ebbero altri colleghi cui raccontai l'episodio.
  A questi fatti si può dare una duplice interpretazione. Per un verso, vi sono coloro che, non credendo alla mia buona fede, pensano che io l'abbia fatto apposta e allora parlano di plagio, anche se il termine non è in questo caso corretto, come bene spiega Richard Posner, The little book of plagiarism, New York, Pantheon Books, 2007. Per l'altro verso, vi sono coloro che credono alla tesi dell'errore, e ciò anche sulla base della considerazione seguente: perché mai non avrei dovuto citare nella mia rassegna un articolo dell'autore che intendevo criticare? Va da sé che ognuno è libero di scegliere l'interpretazione che ritiene vera. Da parte mia, ribadisco che si è trattato di un errore, bensì grave, di cui mi sono assunto fin da subito la responsabilità, ma libero da ogni intenzionalità "piratesca". Da quando, a partire dal 1996, la vicenda è diventata di dominio pubblico - entro e fuori dell'Accademia - essa è stata esaminata dal Dipartimento nel 1999, e poi dal Senato Accademico nell'anno successivo, quando l'allora Rettore Fabio Roversi Monaco istituì una Commissione d'inchiesta dal cui verdetto scaturì un'ammonizione nei miei confronti. Come a dire, la "sanzione" è stata irrogata e dunque "giustizia è stata fatta". Mi piace ricordare a tale riguardo che, a differenza del giustizialismo, la giustizia è una bilancia, nei cui due piatti si mettono virtù e vizi; pregi e difetti; opere buone e azioni malvage; benefici generati e costi arrecati; etc. Non è forse vero che giusto è il giudice che sa bilanciare, tenendo conto delle circostanze specifiche ?
   Come sapete, sono prossimo al pensionamento, dopo aver servito con gioia e passione il Dipartimento in vario modo e in varie forme per tanti anni. Questo mi consente di trasmettervi, in tutta serenità, un solo pensiero: la deriva dell'accanimento giustizialista è una slippery slope che - come la storia insegna - conduce sempre al disastro o, comunque, al declino tanto di una organizzazione quanto di una comunità. Ne conosciamo tutti il meccanismo perverso. Meglio allora attenersi all'antico monito: concordia parvae res crescunt, nella concordia anche le piccole cose crescono.      Questo è, in ogni caso, il mio augurio.
   Vi chiedo scusa per l'incomodo (e la pazienza). Ricevete un saluto caro e amicale,
Stefano Zamagni
Bologna 11 marzo 2011

* Stefano Zamagni, Ordinario di economia politica nell'Università di Bologna

Avvertenza. La lettera fa parte di un dossier, inviato da un Collega. Per la visione, clicca su: Zamagni

 

Per il piacere dei Colleghi   PROFESSORI e RICERCATORI

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Salvatore Gallo

 

Salvatore Gallo*, 400 aforismi e citazioni celebri

* Dott. Generale della Guardia di Finanza. Clicca su biografia

0 - Lex est servanda: ut bibeas aut abeas (La legge va osservata: bevi o te ne vai). (Cicerone). Ripresa dalla Prefettura di Bari.
1 - A chi è saggio necessita poca istruzione. (Seneca).
2
- A giudicare per induzione e senza la necessaria cognizione dei fatti si fa alle volte gran torto anche ai birbanti. (Alessandro Manzoni da "I promessi sposi" Cap. X).
3
- A minori bisogni l’uomo che ha minori desideri. (Seneca).
4
- A questo punto della nostra storia noi non possiamo fare a meno di non fermarci qualche poco, come il viandante, stracco e tristo da un lungo camminare per un terreno arido e selvatico. Si trattiene e perde un po’ di tempo all’ombra di un bell’albero, sull’erba, vicino a una fonte d’acqua viva. La sua vita è come un ruscello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidarsi mai, va limpido a gettarsi nel fiume. (da "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni - Cap. XXII).
5
- A sommo imperator non lice scandalo farsi dei minori (Omero, Iliade, II, 304 - 305).
6
- A volte una giornata è matrigna, a volte è madre. (Esiodo, da "Le opere e i giorni).
7
- Abbiamo davanti agli occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno di dietro. (Seneca, in "L’ira").
8
- Accade che qualche volta i pazzi fanno maggiori cose che i savi. (Francesco Guicciardini).
9
- Accettare un beneficio equivale a vendere la libertà. (Publilio Siro).
10
- Accidere ex una scintilla incendia passim (Da una sola scintilla scoppiano incendi, diffusamente, qua e là). (Lucrezio, in "De rerum natura").)
11
- Acta est fabula ( Lo spettacolo è finito) sono queste, secondo la tradizione, le parole pronunciate da Augusto sul letto di morte. Nessuno è tanto vecchio che non pensi di poter vivere ancora un anno. (Cicerone, in "De Senectude").
12
- Ai numi è caro chi dei numi al voler piega la fronte. (Omero, Iliade, libro I 289 - 290).
13
- Al povero mancano molte cose, all’avido manca tutto. (Seneca).
14
- Alma mater . L’espressione latina "Alma mater" che significa "benigna madre" è ora usata per indicare le università ed in particolare quella di Bologna, che è la più antica università del mondo.
15
- Altro diletto, che imparar, non provo. (Francesco Petrarca, in "Trionfo dell’amore" I, 21).
16
- Ama il bello con misura e il sapere senza mollezza. (Tucidide).
17
- Amore è desiderio di conoscenza (Cesare Pavese in "Il mestiere di vivere")
18
- Anche la mancanza di precedenti costituisce un precedente (Stanislao Lec in "Pensieri spettinati)
19
- Anche la scintilla che è in un piccolo uomo può scoppiare in una fiammata. (Steinbeck, da "La luna è tramontata").
20
- Anche se, cauto, si copre di ferro e di bronzo, la morte scoprirà, tuttavia, quella testa protetta. (Properzio, poeta latino).
21
- Ars gratia artis (L’arte per l’arte) (Motto della Metro – Goldiwn - Mayer).
22
- Bada di possedere i contenuti, le parole verranno. (Catone).
23
- Beato l’uomo che teme il Signore e cammina sulle sue vie. (dal "Libro dei Salmi").
24
- Benedico Iddio di avermi concesso queste due ricchezze che mancano a molti ricchi: il lavoro che mi rende libero e il pensiero che mi rende degno. (Victor Hugo, da "I miserabili").
25
- Bisogna seminare con la mano e non con l’intero sacco. (Plutarco).
26
- Breve è la vita e lunga è l’arte;/a chi altamente oprar non è concesso/forma tentino almen libere carte. (Ugo Foscolo).
27
- Chi aggiunge conoscenze, aggiunge affanni. (Ecclesiaste).
28
- Chi ama la disciplina ama la scienza; chi odia il rimprovero è stolto. Ogni fatica reca il suo guadagno, ma chiacchierare reca indigenza. E’ meglio poco con giustizia che molti profitti senza giustizia. Il pigro tuffa la mano nel piatto ma stenta persino a riportarla alla bocca. La vera saggezza è nella capacità di distinguere tra il vero e il falso. L’uomo accorto vede il pericolo e si nasconde, gli inesperti passano oltre e la pagano (Salomone Re, Proverbi di Re ).
29
- Chi cerca un amico senza difetti resta senza amici. (Proverbio turco).
30
- Chi comprende qual è la sua natura può vivere a lungo, e morire, ma non perire. (Lao-Tse in "Il libro della Norma e della sua azione").
31
- Chi conosce gli altri è intelligente, ma chi conosce se stesso è saggio; chi conquista gli uomini è forte, ma chi conquista se stesso è potente. (Lao-Tse in "Il libro della Norma e della sua azione").
32
- Chi è buono non può commettere un’azione cattiva. (Menandro).
33
- Chi ha diritto non ringrazia. (Carlo Cattaneo "Le cose d’Italia nel 48").
34
- Chi ha soldi naviga con venti tranquilli. (Petronio).
35
- Chi non ha talento invidia sempre chi ne ha. (Cecov, da "Il gabbiano").
36
- Chi non ha talento invidia sempre chi ne ha. (Cecov, da "Il gabbiano").
37
- Chi non si sente abbastanza forte di memoria deve evitare di essere bugiardo. (Montaigne).
38
- Chi onora gli altri onora se stesso. (S. Giovanni Crisostomo).
39
- Chi pecca, pecca a suo danno; chi commette l’ingiustizia, fa ingiuria a sé medesimo, facendo sé malvagio. (Marco Aurelio).
40
- Chi semina tra le lacrime mieterà nella gioia. (da "I Salmi" ).
41
- Chi vuole liberarsi da un male sa sempre quello che vuole; chi vuole qualcosa di meglio di ciò che possiede ha le cateratte negli occhi. (Goethe, in "Affinità elettive", I, cap. 2).
42
- Chiunque fa grandi regali vuole grandi ricompense. (Marziale).
43
- Ci fissiamo sempre su ciò che è proibito, desideriamo le cose che ci sono negate. (Ovidio, in "Amores").
44
- Ciò che è fatto non può diventare non fatto. (Plauto, in "La commedia della pentola").
45
- Ciò che è lecito non ha fascino, ciò che è proibito eccita desiderio. (Ovidio, in "Amores, II").
46
- Ciò di cui non si può parlare si deve tacere. (Ludwig Wittgenstein, filosofo austriaco in "Pensieri diversi").
47
- Cogli l’attimo fuggente. (Orazio, "Odi").
48
- Colui che ha esperienza ha timore. (Orazio).
49
- Comandare a se stessi è la forma più grande di comando. (Seneca).
50
- Con cattive leggi e buoni funzionari si può sempre governare. Ma con cattivi funzionari le buone leggi non servono niente. (Ottone Von Bismarik, dai "Discorsi").
51
- Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia le più grandi sfumano. (Sallustio, in "De bello iugurtino").
52
- Confondere la libertà con l’anarchia porta al disordine una società troppo libera cade fatalmente nella più dura servitù. (Platone, "Repubblica").
53
- Conoscere è toccare. (Amedeo Maiuri, archeologo napoletano).
54
- Considera sempre le cose umane come effimere e senza valore. Questo tempo brevissimo vivilo secondo natura e finisci sereno la tua vita, come l’uliva, divenuta natura, cade, benedicendo la terra che l’ha generata e serbando riconoscenza all’albero che l’ha nutrita. (Marco Aurelio, in "Ricordi" - a se stesso).
55
- Contra miglior voler, voler mal pugna. (Dante, Purgatorio, XX, 1).
56
- Credo per comprendere, non comprendo per credere. (Sant’Anselmo).
57
- Devi imparare a sopravvivere alla sconfitte. E’ in quei momenti che si forma il carattere. (Richard Nixon).
58
- Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un’esistenza felice, la più grande è l’amicizia. (Epicuro).
59
- Dio è il dolore che nasce dalla paura della morte. (Dostoewski).
60
- Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia (Manzoni).
61
- Diventa leggero il peso che si sopporta pazientemente. (Ovidio, in "Amores").
62
- Dove uno soffre li tiene anche la mano. (Plutarco).
63
- Dovunque c’è in mezzo il cielo. (Petronio, scrittore latino).
64
- Due cose riempiono l’animo di ammirazione e di venerazione sempre nuova e crescente: il cielo stellato sopra di me e la legge morale che e’ in me. (Emanuele Kant).
65
- E’ bello obbedire alle leggi del proprio Paese. (Sentenza della Grecia antica).
66
- E’ consolazione per i disgraziati aven avuto compagni di sventura. (Spinoza, in "Etica").
67
- E’ così futile, così piccola cosa ciò che abbatte o risolleva un animo avido di lodi. (Orazio, Epigrammi, II 1, 179 - 180).
68
- E’ da individui bassi e pigri cercare solo luoghi sicuri: la virtù cerca strade ardue e scoscese. (Seneca, in "Dialoghi").
69
- E’ difficile vincere la calunnia, ma anche la verità è molto potente. (Wiston Churcill).
70
- E’ dolce e onorevole morire per la Patria. (Orazio, "Odi").
71
- E’ felice e grande solo chi non ha bisogno di comandare o di obbedire per essere qualcuno. (Goethe).
72
- E’ lecito imparare anche da un nemico. (Ovidio, in "Le metamorfosi").
73
- E’ più difficile scrivere buoni libri per il popolo che per i dotti (Vincenzo Gioberti)
74
- E’ più facile essere saggi per gli altri che per se stessi (Francesco della Rochefoucauld in "Massime")
75
- E’ proprio del buon pastore tosare le pecore, non scorticarle. (Svetonio, in "Vita di Tiberio").
76
- E’ una cattiva decisione quella che non si può cambiare. (sentenza di Publilio Siro citata dallo erudito latino Aulo Gellio del II secolo).
77
- E’ veramente ricco chi sa sempre accontentarsi. (Lao-Tse in "Il libro della Norma e della sua azione").
78
- Fa un brutto parlare sia chi contraddice sia chi adula l’ascoltatore. (J. Wolfgang Goethe, in "Massime").
79
- Fai di necessità virtù. (San Girolamo, in "Lettera a Rufino").
80
- Fai i fatti tuoi e conosciti. (Platone).
81
- Fidarsi di un malvagio è dargli il mezzo di nuocere. (Seneca, in "Edipo").
82
- Filosofare non è altro che prepararsi alla morte. (Cicerone).
83
- Finché io starò in questo ufficio non sono per avermi alcun amico se non la giustizia. (Francesco Guicciardini).
84
- Finché sarai fortunato conterai molti amici, se ci saranno nubi sarai solo. (Ovidio, in "Tristia").
85
- Finchè sarai fortunato conterai molti amici; se ci saranno nubi sarai solo. (Ovidio, in "Tristezze").
86
- Giustizia vuole e pietà mi ritiene. (Dante, in "Purgatorio" canto X, 93).
87
- Gli amici si dicono sinceri, i nemici lo sono. (Schopenhauer).
88
- Gli esseri umani debbono sopportare pazientemente le loro sventure. (Euripide, dalla tragedia "Medea").
89
- Gli occhi sono guide in amore. (Properzio).
90
- Gli occhi sono testimoni più fedeli delle orecchie. (Eraclito, filosofo graco).
91
- Gli spiriti mediocri di solito condannano tutto ciò che non è alla loro portata (Francesco della Rochefoucauld in "Massime")
92
- Gli uomini dimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio (Nicolò Machiavelli, in "Il Principe", XVII, 3)
93
- Gli uomini sono come bambini: quando vengono viziati diventano maleducati. (Schopenhauer).
94
- Gli uomini sono come canne al vento. Il vento soffia e le piega come vuole. Ma perché il vento soffia e distrugge? Chi lo sa? Solo Dio lo sa. (Grazia Deledda, da "Canne al vento").
95
- Ho gareggiato in una bella gara, ho concluso la mia corsa, ho mantenuto la mia fede. (San Paolo).
96
- Ho l’impressione che questa mia opera, Novum Organum del 1620 durerà finché dureranno i libri. (Francesco Bacone, filosofo e statista inglese).
97
- I debiti di riconoscenza si pagano entro 24 ore con l’antipatia (Leo Longanesi)
98
- I delitti piccoli sono puniti, quelli grandi portati a trionfo. (Orazio).
99
- I diritti hanno la sicurezza di non essere mai tralasciati soltanto laddove gli interessati posseggano essi stessi la forza di difenderli. (John Stuart Mill, Londra 1806 – Avigno 1873).
100
- I diritti maturano automaticamente per chi abbia eseguito scrupolosamente i propri doveri (Ghandi)
101
- I doni offerti a titolo di compenso da chi detiene il potere hanno in sé la forza di un comando. (Tacito, "Annali", libro 14).
102
- I ladri dei beni privati conducono la vita in carcere e in catene, i ladri dei beni pubblici vivono nell’oro e nella porpora. (Catone).
103
- I mortali non possono infrangere le leggi non scritte e immutabili che non sono né di oggi, né di ieri, ma vivono eterne; e nessuno sa da quando esistono. (Sofocle, in "Antigone").
104
- I pensieri che vengono in un secondo tempo di solito sono più saggi. (Cicerone, in "Filippiche").
105
- I ricchi sono come le pentole che vanno usate con cautela: se ci sei troppo vicino ti sporchi; se sei troppo lontano non mangi. (Francesco Iovine, in "le terre di Sacramento").
106
- I ricordi sono come giardini senza confine (Apollinaire).
107
- Il bisogno rende forti anche i paurosi. (Sallustio, in "La congiura di Catilina").
108
- Il bugiardo deve avere memoria. (Quintiliano, retore latino).
109
- Il cuore cela misteri che nessun ragionamento può penetrare. (Guy Maupassan ).
110
- Il cuore di una madre è un abisso in fondo al quale si trova sempre un perdono (Honorè de Balzac in "La donna di trent’anni")
111
- Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce (Biagio Pascal).
112
- Il diritto secondo natura è il patto dell’utilità che consiste nel non fare alcun danno né riceverlo. (Epicuro).
113
- Il discorso che mira alla verità deve essere semplice e senz’arte. (Seneca, in "Epistole").
114
- Il discorso falso trae le mosse da una falsa premessa. (Aristotole).
115
- Il dolore affina l’intelligenza e fortifica il sentimento. (F. Schubert, musicista).
116
- Il falso amico è come l’ombra che ci segue finchè dura il sole (Carlo Dossi in "Note azzurre")
117
- Il giudice ottimo è quello in cui, sulla cauta cerebralità, prevale la pronta intuizione umana (Piero Calamandrei)
118
- Il giusto è tranquillo; l’ingiusto è colmo di inquietudine. (Epicuro).
119
- Il maggior frutto dell’auto sufficienza è la libertà. (Epicuro).
120
- Il miglio modo di vendicarsi d’una ingiuria è di non rassomigliare a chi l’ha fatta. (Marco Aurelio).
121
- Il mondo deve salvare la democrazia e la pace deve poggiare sulle collaudate basi della libertà politica. (Woodrow Wilson, Presidente degli Stati Uniti d’America).
122
- Il mondo è una campana che ha una crepa: fa rumore ma non suona. (Goethe).
123
- Il mondo ti giudica per quello che hai e non per quello che sei. (Cronin, da "La cittadella").
124
- Il moto e l’attività del corpo eccitano mirabilmente le facoltà spirituali. (Plinio il Giovane, in "Lettere a Tacito").
125
- Il peccato contro i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza (George Bernard Shaw)
126
- Il più grande dei mali è commettere ingiustizia. (Platone, "Gorgia").
127
- Il premio delle buone opere è la vendemmia della Chiesa. (S. Ambrogio).
128
- Il primo dei doveri è senza dubbio di essere giusti; il primo dei beni è la pace dei nostri cuori. (Voltaire).
129
- Il reciproco amore fra chi apprende e chi insegna è il primo e più importante gradino verso la conoscenza (Ersamo da Rotterdam)
130
- Il rigore delle pene deve essere giustificato. (Cesare Beccaria).
131
- Il rispetto delle leggi è indizio di civiltà. (Cassiodoro uomo politico e letterato del VI secolo).
132
- Il saggio adatta sé stesso al mondo. Il pazzo pretende di adattare il mondo a sé stesso. Perciò il progredire è opera dei pazzi. (Gorge Bernard SHAW).
133
- Il saggio per parlare deve prima molto meditare. (Sant’Ambrogio).
134
- Il saggio pone un limite perfino alle cose buone. (Giovenale).
135
- Il sapere e la ragione parlano, l’ignoranza e il torto urlano. (Arturo Graf).
136
- Il sole risplende per tutti. Sol omnibus lucet. (Petronio).
137
- Il sonno è per l’uomo ciò che è la carica dell’orologio. (Schopenhauer, in "Il mondo come volontà e rappresentazione", II, 277 ).
138
- Il successo si misura nel modo in cui i tuoi figli ti descrivono agli amici. (Martin Baxbaum).
139
- Il tempo è divoratore delle cose. (Ovidio, in "Le metamorfosi").
140
- Il tempo in questa vita non è che una corsa alla morte. (Sant’Agostino).
141
- Il tempo porta via tutto. (Virgilio, in "Bucoliche").
142
- Il timore delle pene più gravi non basta a domare la passione nel cuore dell’uomo. (Tucidide).
143
- Il trono è un pezzo di legno ricoperto di velluto. (Napoleone Bonaparte).
144
- Il valore della vita non consiste nella sua lunghezza ma nell’uso che se ne fa. La vita non è mai tutta buona o tutta cattiva. (Guy Maupassant, da "Une vie" ).
145
- Il valore di un uomo non dipende dalla sua condizione sociale; la sua nobiltà è data dalla virtù. (Seneca).
146
- Il vero amore è luminoso come l’aurora e silenzioso come la tomba. (Victor Hugo).
147
- Il vero rimedio contro le offese è la magnanimità. (Seneca, "La costanza del saggio").
148
- Il volere con lentezza è tipico di chi non vuole. (Seneca, in "I benefici").
149
- Il volto è l’immagine dell’anima, gli occhi ne sono rivelatori. (Cicerone, in "Dell’oratore").
150
- Invecchio imparando sempre molte cose. (Solone, legislatore ateniense).
151
- Io non condivido le tue idee, ma lotterò con tutte le mie forze perché tu, come me, possa liberamente esprimere il tuo pensiero. (Voltaire).
152
- Io so bene quali sono i mali che commetterò; ma la passione è più forte d’ogni mia risoluzione. (Euripide, in "Medea").
153
- L’abitudine è potentissima signora di tutte le cose (Plinio, in "Storia naturale").
154
- L’adulazione procura gli amici, la sincerità i nemici. (Terenzio, nella commedia "La fanciulla di Andro").
155
- L’ambizione, benché sia per sé stessa un vizio, pure è sovente promotrice di virtù. (Quintiliano, in "Institutio oratoria").
156
- L’amicizia che è potuta finire non è mai stata vera. (San Girolamo).
157
- L’amicizia non è niente altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza e l’affetto. (Cicerone, "De amicitia").
158
- L’amico sicuro si vede quando la situazione è incerta. (Ennio, poeta latino).
159
- L’amore brucia la vita e fa volare il tempo. (Vincenzo Cardarelli).
160
- L’amore non fa alcun male al prossimo: è dunque l’amore il compimento della legge. (San Paolo - Lettera ai Romani).
161
- L’anima ha la strana capacità di ragionare quasi freddamente nei frangenti più violenti. (Victor Hugo, da "I miserabili").
162
- L’autorità di stabilire le leggi spetta soltanto a tutto il corpo dei cittadini o alla loro parte prevalente (Marsilio da Padova in "Defensor pacis")
163
- L’autorità è la facoltà di comandare secondo ragione (papa Giovanni XXIII).
164
- L’esperienza è la somma dei disinganni (Leonardo da Vinci).
165
- L’ignoranza produce baldanza, la riflessione indugio. (Tucidide, storico greco).
166
- L’imposta che ognuno deve pagare dovrebbe essere certa e non arbitraria. Il tempo e il modo del pagamento, l’ammontare dovuto. Tutto dovrebbe essere chiaro e semplice sia per ogni contribuente, come per qualsiasi altra persona. (Adamo Smith, in "La ricchezza delle Nazioni" V, II).
167
- L’indifferenza è gemella della crudeltà. (Proverbio turco).
168
- L’ingiuria lascia un pungiglione che agli uomini saggi e buoni riesce assai difficile sopportare. (Cicerone).
169
- L’innocenza ha in proprio favore soltanto la ragione e la ragione è sovente impotente di fronte agli animi prevenuti dei giurati. (Balzac).
170
- L’invidia si alimenta fra i vivi e si quieta dopo la morte. (Ovidio, in "Gli amori").
171
- L’invidia viene immediatamente dopo la gloria. (Sallustio, in "La guerra giugurtina").
172
- L’orgoglio è una cattiva fata: non dobbiamo lasciarci toccare dalla sua bacchetta (Manzoni - "I promessi sposi" - Il Cardinal Borromeo rivolto a don Abbondio).
173
- L’uguaglianza è il primo fondamento dell’equità. (Montaigne).
174
- L’unica guida per un uomo è la sua coscienza: la sola sua difesa sono la rettitudine e la sincerità delle azioni. Protetto da questo scudo, comunque volga il destino, l’uomo avanza sempre nei ranghi dell’onore. (Winston Churchill, dal discorso alla Camera dei Comuni il 9.11.1941).
175
- L’uomo che non viene strigliato non si educa. (Menandro).
176
- L’uomo conta per ciò che è più che per ciò che ha. (Papa Giovanni Paolo II).
177
- L’uomo è per natura un animale destinato a vivere in comunità. (Aristotele).
178
- L’uomo è un lupo per l’altro uomo. (Thomas Hobbes).
179
- L’uomo è un mondo in miniatura. (Severino Boezio, in Della definizione").
180
- L’uomo giusto dal buon tesoro del suo cuore cava fuori il bene. (Vangelo di Luca, 6, 45).
181
- L’uomo più potente è colui che ha potere su se stesso. (Seneca, in "Epistole").
182
- L’uomo propone ma Dio dispone. (Tommaso da Kempis, in "Imitazione di cristo").
183
- L’uomo ragionevole cerca non il piacere ma l’assenza del dolore. (Aristotele, in "Etica Nicomachea, VII, 12").
184
- L’uomo tanto può quanto sa. (Francesco Bacone).
185
- L’uomo tanto può quanto sa. (Francesco Bacone, filosofo e statista inglese).
186
- L’usignolo in gabbia non canta. (Filostrato, in "Vite dei sofisti").
187
- L’utilità del vivere non è nella durata ma nell’uso. (Montaigne, in "Saggi").
188
- La bellezza è ombra divina di un fiore. (Giovanni Prati, in "Incantesimo").
189
- La bellezza è un bene fragile. (Ovidio, in "Arte di amare").
190
- La bellezza è una lettera aperta di raccomandazione che ci accattiva i cuori in anticipo (Arthur Schopenauer in "Aforismi per una vita saggia")
191
- La bellezza è una lettera aperta di raccomandazione che ci accattiva i cuori in anticipo. (Arthur Schopenhauer).
192
- La bellezza salverà il mondo. (Dostoewski).
193
- La brama di ricchezze è la radice di tutti i mali. (San Paolo).
194
- La buona fortuna degli uomini è spesso il peggior inimico che abbino, perché gli fa diventare spesso cattivi, leggeri, insolenti (Francesco Guicciardini in "Ricordi politici e civili")
195
- La capacità di cogliere e di esprimere dal vivo gli stati d’animo fa il poeta. (Goethe).
196
- La cosa più difficile ma necessaria è amare la vita, perchè amare la vita vuol dire amare Dio e amare Dio vuol dire amare la vita. (Tolstoi, da "Guerra e Pace").
197
- La coscienza contiene abissi in cui la luce umana penetra soltanto attraverso la confessione dei colpevoli. (Balzac, da "Un tenebroso affare").
198
- La coscienza del dovere compiuto è per noi una musica nel cuore della notte. (George Herbert, poeta inglese del secolo XVII).
199
- La democrazia è basata sul consenso e sulla tolleranza. (Teodoro W. Adorno, filosofo tedesco ).
200
- La donna è come lo specchio di cristallo lucido e chiaro; ma è soggetta ad appannarsi e a diventare opaca a un fiato che la sfiora. (Miguel de Cervantes, in "Don Chisciotte della Mancia").
201
- La fama è basata in sostanza sul rapporto fra ciò che uno è e ciò che sono gli altri, e dunque è essenzialmente un’entità relativa e non può avere che un valore relativo. Essa non è altro che il boccone più raro e prelibato che si offra al nostro orgoglio e alla nostra vanità. (Schopenhauer, in "Aforismi per una vita saggia").
202
- La fama, ultima debolezza degli animi nobili, è lo sprone che incita lo spirito illuminato a disdegnare i piaceri e a vivere giorni laboriosi. (Milton, in "Lycidas", 70).
203
- La fame insegna a trovare espedienti. (Seneca).
204
- La favella è concessa a tutti; la sapienza a pochi. (Catone).
205
- La fede comincia là dove la ragione finisce (Soren Kierkegaard)
206
- La fede è sostanza di cose sperate. (Giosuè Carducci).
207
- La felicità non è un sogno, il dolore è reale. (Voltaire, in "Lettera al marchese de Florian" del 16.3.1774).
208
- La fortuna dà a molti troppo, a nessuno abbastanza. (Marziale).
209
- La fortuna è di vetro: proprio quando riluce si rompe. (Publilio Siro).
210
- La fortuna è una cortigiana schietta. (Napoleone Bonaparte).
211
- La forza capace di dare parole vere è la stessa che è necessaria per tacere, per non parlare troppo, per non analizzare interminabilmente (Sergio Quinzio in "La croce e il nulla")
212
- La giustizia è p’er povero, Crestina. Le condanne pe lui so sempre pronte. Sai la miseria che tiè scritto in Fronte. Questa è carne da boja; e c’indoniva! (G. G. Belli, in "La giustizia del monno, dai Sonetti").
213
- La giustizia nella distribuzione dell’imposta si misura con la bilancia grossolana dell’occhio e della mano, non con quella delicata dell’orafo. (Luigi Einaudi, in "Miti e paradossi della giustizia tributaria").
214
- La legge è come una ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa la trattiene, mentre ciò che è pesante la rompe e scappa via. (Valerio Massimo).
215
- La legge è come una ragnatela: se vi cade qualcosa di leggero essa trattiene, mentre ciò che è pesante la rompe e scappa via. (Valerio Massimo).
216
- La legge è l’ombra scura della giustizia. (Emilio Zola, in "Nanà").
217
- La legge è ordine. E una buona legge è un buon ordine. (Aristotele, "Politica, VII, 4, 5).
218
- La lettera uccide, lo spirito rende vivi. (San Paolo).
219
- La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri. (art. 4 della "Dichiarazione dei diritti dell’uomo").
220
- La libertà e l’innocenza non hanno nulla da temere dalla pubblica indagine a patto che regni la legge e non l’uomo. (Robespierre Massimiliano).
221
- La libertà non è la licenza delle passioni affrancate dalla legge, la libertà è l’obbedienza volontaria alla legge. è il diritto di fare il proprio dovere. (Alphonse Louis Constant).
222
- La lode è quanto di più dolce si può ascoltare. (Senofonte, in "I memorabili").
223
- La maldicenza è frutto dell’invidia; e l’invidia è rifugio degli infecondi. Evita con delicatezza tutto ciò che possa ferire il cuore degli altri. Non permettere mai che cresca l’erba cattiva sul cammino dell’amicizia: sii leale. Mai fare agli altri ciò che non vorresti essi facessero a te. Colui il quale è tanto sollecito ad adularti in tua presenza, sarà altrettanto bravo a diffamarti in tua assenza. Per superare gli altri, un uomo deve prima superare se stesso; per criticare gli altri, prima deve criticare se stesso; per fare commenti sugli altri, deve prima commentare se stesso. I guai vengono bensì spesso, ci si è dato cagione, ma la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. (da "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni - Cap. XXXVIII).
224
- La matematica è l’alfabeto nel quale Dio ha scritto l’universo (Galileo Galilei)
225
- La migliore interprete delle leggi è la consuetudine. (Callistrato).
226
- La morte pareggia tutti. (Seneca).
227
- La morte raggiunge anche l’uomo che fugge. (Orazio "Odi").
228
- La necessità non ha giorni di festa. (Palladio, in "L’agricoltura").
229
- La Patria è dovunque si stia bene. (Pacuvio).
230
- La paura della colpa ci conduce al male. (Orazio, in "Ars poetica").
231
- La poesia è la parola quando si fa forte, intima e sublime (Sergio Quinzio in "Diario profetico")
232
- La prima punizione è che nessun colpevole può assolversi di fronte a se stesso. (Giovenale, poeta latino).
233
- La ricchezza dell’anima è la sola vera ricchezza; tutto il resto arreca più molestie che vantaggi. (Luciano, in Anth. I, 67).
234
- La ricerca della verità e della conoscenza è una delle più alte attività umane, anche se spesso ne menano vanto quelli che meno vi partecipano (Albert Einstein)
235
- La roba offerta gratis puzza. (San Girolamo).
236
- La scienza è conoscenza organizzata, la saggezza è vita organizzata (Emanuele Kant)
237
- La scienza è il capitano e la pratica sono i soldati (Leonardo da Vinci)
238
- La società ricompensa più spesso meriti apparenti che reali (Francesco della Rochefoucauld in "Massime")
239
- La speranza è una cosa bella, e le cose belle non muoiono mai. (dal film "Le ali della libertà").
240
- La speranza supera ogni cosa, vince ogni difficoltà: la terribilità umana comincia quando questa voce non parla più. (Corrado Alvaro).
241
- La stoltezza è un primo grado di imbecillità o di follia (Niccolò Tommaseo)
242
- La storia non deve andare oltre la verità e la sola verità basta alle azioni di valore. (Plinio il Giovane, in "Lettere a Tacito").
243
- La terra ha dei limiti, la stupidità umana non ne ha. (Flaubert).
244
- La venerazione tributata al saggio fa onore a chi la esercita. (Epicuro).
245
- La vera saggezza è nella capacità di distinguere tra il vero e il falso. (Salomone).
246
- La virtù non ha padroni: quanto più ciascuno la onora tanto più ne avrà; quanto meno la onora tanto meno ne avrà. (Platone).
247
- La virtù rende l’animo più forte, più elevato, più grande. (Seneca).
248
- La virtù si contenta di sé stessa. Senza regole, senza parole, senza azioni. (Antistene, filosofo ateniese morto nel 360 a.c.).
249
- La vita dell’uomo è un filo di seta sospeso in un gioco di rasoi (Emilio Cecchi in "Pesci rossi")
250
- La vita è come il gioco degli scacchi. Noi elaboriamo un piano; ma quel piano è condizionato da ciò che piacerà fare, nel gioco, all’avversario, nella vita al destino. (Schopenhauer).
251
- La vita è un insieme di piccoli tubi attraverso i quali circola la luce: questa luce che è la forza della vita è Dio e questi tubi siamo noi, tutti gli essere umani. (Tolstoi).
252
- La vita è una milizia. (Seneca).
253
- La vita e’ missione; e quindi il dovere è la sua legge suprema. (Giuseppe Mazzini).
254
- La vita in sé non è né un bene né un male: è la sede del bene e del male secondo quale voi decidete di accogliere. (Montaigne, in "Saggi").
255
- La vita non deve essere una festa per pochi ed un peso per molti, ma per tutti l’adempimento di un dovere. (Alessandro Manzoni).
256
- La vita si può capire solo all’indietro, ma si vive in avanti (Soren Kierkegaard)
257
- La vita umana nel suo insieme non è che un gioco: il gioco della pazzia (Erasmo da Rotterdam)
258
- La vita vista dai giovani è un futuro infinitamente lungo, vista dai vecchi è un passato brevissimo. (Schopenhauer).
259
- Le buone leggi nascono dai cattivi costumi. (Macrobio, scrittore latino).
260
- Le cose che maggiormente bisogna evitare sono l’odio, l’invidia e il disprezzo. (Seneca).
261
- Le finzioni sono nobili menzogne. (Eschilo).
262
- Le grandi emozioni sono mute: la perfetta felicità non conosce il riso, come l’infelicità assoluta non ha lacrime. (Victor Hugo).
263
- Le ingiurie sono come le processioni che ritornano sempre là donde sono mosse. (Vincenzo Monti).
264
- Le leggi devono assicurare la massima felicità divisa sul maggior numero di cittadini. (Cesare Beccaria, in "Dei delitti e delle pene").
265
- Le leggi frettolose partoriscono nuove leggi intese ad emendare, perfezionare, ma le nuove, essendo dettate dall’urgenza di rimediare a difetti propri di quelle male studiate, sono inapplicabili se non a costo di sotterfugi, e fa d’uopo perfezionarle ancora, sicché ben presto il tutto diventa un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava più i piedi. e si è costretti a scegliere la via di minore resistenza che è di non far niente. (Luigi Einaudi, in "Prediche inutili").
266
- Le leggi non sono che le condizioni del vivere civile (Jean Jaques Rousseau in "Il contratto sociale, libro II, cap. VI)
267
- Le leggi sono gli argini delle nostre azioni. (Schiller, in "I masnadieri").
268
- Le onorificenze sono cambiali tratte sulla pubblica opinione; il loro valore dipende dal credito di cui gode il traente. (Schopenhauer, in "Aforismi per una vita saggia").
269
- Le preoccupazioni leggere fanno parlare. Le grandi ammutoliscono. (Seneca, dalla tragedia "Fedra".
270
- Le rivoluzioni sono figlie di idee e di sentimenti prima che di interessi. (Luigi Sturzo).
271
- Le vie del pensiero divino vanno al loro scopo attraverso fitte ombre che lo sguardo umano non può penetrare. (Eschilo, in "Le supplici").
272
- Lo sciocco che ama se stesso non avanzerà mai nella saggezza. (Sant’Agostino, in "Vera religione").
273
- Lo studio, la dura fatica, la coscienza scrupolosa sono i principi dell’educazione di se stessi. Colui che li pratica può dominare gli uomini e gli imperi. (Confucio).
274
- Ma la bellezza è un vano instabile bene/spesso cagione d’infiniti mali. (Domenico Balestrini, poeta milanese del 1700).
275
- Meglio essere poveri in terra che ricchi in mare. (Antifane).
276
- Meglio rischiare di salvare un colpevole che condannare un innocente. (Voltaire, da "Zading").
277
- Mentre tutti i vizi hanno dentro un non so che di piacere, l’invidia, radice di tutti i mali, tarlo delle virtù, porta disgusto, rancore e rabbia. (Miguel de Cervantes).
278
- Migliore è più sicura è una pace certa di una vittoria solo sperata. (Tito Livio).
279
- Molte sono le cose straordinarie, ma nulla v’è di più straordinario dell’uomo. (Sofocle, in "Antigone").
280
- Molti sono chiamati, pochi sono i prescelti. (dal Vangelo di Matteo).
281
- Muor giovane colui che al cielo è caro. (Menadro).
282
- Negli affari di grande importanza è possibile piacere a tutti. (Solone).
283
- Nel mondo regnano tre poteri: la saggezza, la forza, la fortuna. (Motto antico).
284
- Nella giovinezza prevale l’istruzione, nella vecchiaia il pensiero. La giovinezza è l’epoca della poesia, la vecchiaia è piuttosto l’epoca della filosofia. la prima è l’età dell’irrequietezza, la seconda è l’età della quiete. (Schopenhauer).
285
- Nella maggioranza degli uomini la gratitudine è solo un velato desiderio di ricevere maggiori benefici (Francesco della Rochefoucauld in "Massime")
286
- Nella solitudine sii per te stesso una folla. (Tibullo, poeta latino).
287
- Nelle case degli uomini giusti la prosperità genera sempre bella prole. (Eschilo, in "Agamennone").
288
- Nessun atleta conquista la corona senza faticare. (San Girolamo).
289
- Nessun mortale è saggio a tutte le ore. (Plinio il Vecchio).
290
- Nessuno è amico di chi ha molti amici. (Aristotele, in "Etica Eudemea).
291
- Nessuno è esente dal dire sciocchezze. Il male è dirle con pretensione. (Montaigne, in "Saggi").
292
- Nessuno è più fragile di un altro né più certo del suo domani. (Seneca).
293
- Nessuno è profeta nella sua Patria. (motto evangelico).
294
- Nessuno è tanto vecchio che non possa onestamente sperare in un giorno di più. Anche un giorno è gradino della vita. (Seneca, in "Lettera a Lucilio, 12").
295
- Nessuno può servire due padroni. (S. Matteo, Vangelo).
296
- Niente basta a chi non basta ciò che è sufficiente. (Epicuro).
297
- Niente è tanto grande, niente tanto mirabile dapprima, che a poco a poco non si guardi con minor stupore. (Lucrezio, poeta latino).
298
- Niente può giungere inaspettato i bisogna aspettarsi tutto. (Euripide, poeta tragico greco).
299
- Noi tutti, quanti viviamo, non siamo niente altro che fantasmi o vane ombre. (Sofocle, in "Aiace").
300
- Non arrabbiarsi, non stupirsi, ma comprendere. (Spinoza).
301
- Non bisogna adirarsi contro i fatti: le nostre collere non si toccano. (Plutarco).
302
- Non cedere ai mali ma affrontali audacemente. (Virgilio, Eneide VI, 95).
303
- Non conosce chi cerca, bensì chi sa cercare. (Luigi Einaudi, in "Prediche inutili").
304
- Non distruggere la gioia di vivere col tormento dell’ambizione insoddisfatta. La vita se la sai utilizzare è lunga. (Seneca).
305
- Non è facile soffiare ed inghiottire nello stesso tempo. (Plauto, da "La commedia degli spiriti").
306
- Non è possibile trovare la vita di uno che sia priva di dolore. (Menandro).
307
- Non esiste legame più fastidioso di quello della gratitudine. (Basil Liddel Hart, da "Scipione l’Africano").
308
- Non gettate le vostre perle davanti ai porci. (Vangelo di Matteo).
309
- Non ho mai piegato la mia intelligenza, ma ho piegato spesso le mie ginocchia. (Michel de Montaigne).
310
- Non il vivere è da tenere in massimo conto, ma il vivere bene. E il vivere bene è lo stesso che il vivere con giustizia e con virtù. (Platone, "Critone").
311
- Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere (Gustave Flaubert)
312
- Non morirò del tutto, ho costruito un monumento più duraturo del bronzo. (Orazio).
313
- Non puoi attraversare il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde. Non indulgere in vani desideri. (Rabindranath Tagore).
314
- Non ragionare dinanzi agli stolti: essi disprezzeranno i tuoi assennati ragionamenti. (Re Salomone).
315
- Non serve a nulla usare la lanterna in pieno giorno. (Cicerone, da "Il sommo bene e il sommo male").
316
- Non si ha meriti nell’abbondanza, né colpe nella povertà. (Apuleio, in "Apologia").
317
- Non sono le briglie d’oro che rendono migliore un cavallo. (Seneca, "Lettere a Lucilio").
318
- Non usare il potere per sopprimere le opinioni perché in tal caso saranno le opinioni a sopprimere te. (Bertrand Russell).
319
- Non v’è nessun male che non sia accompagnato da un pò di bene. (Plinio il Vecchio).
320
- Nonostante tutto io credo ancora che la gente sia buona. (Anna Frank, da "Il diario").
321
- Nulla è più grato ma anche più fugace della bellezza. (detto dall’imperatore Domiziano, in "le vite dei Cesari di Svetonio").
322
- Nulla lex satis commoda omnibus est (Nessuna legge si adatta ugualmente bene a tutti). (Tito Livio, "Ub urbe condita, XXXIV, 3).
323
- Nulla nasce dal nulla. (Persio, scrittore latino).
324
- Ogni atto che non derivi da assoluta necessità è tirannico. (Montesquieu).
325
- Ogni cosa ha il suo tempo. (Ecclesiaste).
326
- Ogni giorno si muore, poiché ogni giorno viene meno una parte della vita, e anche quando si cresce, la vita decresce. (Seneca, in "Lettere a Lucilio, 24").
327
- Ogni piacere presuppone una qualche attività, l’impiego, cioè, di una qualche energia, né può sussistere senza di essa. (Aristotele, in "Etica Nicomachea" I, 7).
328
- Ogni poeta mira ad attrarre e a sedurre gli animi, ma non a insegnare. (Eratostene, filosofo e scienziato greco del III secolo d.c.).
329
- Ogni punizione esemplare comporta qualche iniquità verso i singoli, che viene compensata dall’utilità pubblica. (Tacito, in "Annali" XIV).
330
- Ognuno di noi vive nel riflesso di quello che fu ragazzo ... . Solo l’infanzia è la stagione in cui si capisce tutto, il mondo non ha segreti e tutti i misteri si affacciano alla mente come sul punto di sciogliersi… . (Corrado Alvaro).
331
- Ognuno faccia il mestiere che sa fare. (Aristofane, in "Le vespe").
332
- Omnia munda mundis ( Tutto è puro per i puri). (San Paolo).
333
- Ov’è la Patria ivi è vero riposo. (così è scritto sulla tomba di Lorenzo dei Medici, a cura di Michelangelo).
334
- Parlare senza pensare significa solo fare del rumore (massima cinese).
335
- Pensieri profondi hanno bisogno di nobile forma (Augusto von Platen)
336
- Per quanto cammino tu faccia, non potrai mai raggiungere i confini dell’anima: così profonda ne è la ragione. (Eraclito, filosofo greco del V sec. a.c.).
337
- Poeti si nasce, oratori su diventa. (detto latino).
338
- Preferisco morire piuttosto che essere causa di morte. (detto dall’imperatore Tito, secondo Svetonio).
339
- Qualsiasi proponimento tu farai dovrai mantenerlo come se fosse una legge e un punto di religione. (Epitteto).
340
- Qualunque azione tu compia, devi compierla con questa intenzione: di essere e di rimanere sempre, ad ogni costo, una persona onesta. (Marco Aurelio).
341
- Quando ci sono le armi le leggi tacciono. (Cicerone, dall’orazione "Pro Milone").
342
- Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso ella sarà tanto più giusta e tanto più utile. (Beccaria, in "Dei delitti e delle pene").
343
- Quanto meno bisogni avete più liberi siete. (Cesare Cantù).
344
- Quanto più cresce la ricchezza tanto più cresce l’amore per il denaro. Giovenale).
345
- Rimedio alle offese è dimenticarle. (Publilio Siro).
346
- Sapere le leggi non è ricordarne le parole ma comprenderne la forza e lo spirito. (Giustiniano, "Digesto").
347
- Saprai comandare quando avrai imparato a ubbidire. (Solone).
348
- Saprai comandare quando avrai imparato ad ubbidire. (Solone).
349
- Sbagliare è umano, ma perseverare nell’errore è diabolico. (Sant’Agostino).
350
- Scriviamo e rispondiamo: le lettere passano il mare, e mentre la nave solca il mare, ad ogni flutto che essa attraversa, diminuiscono i momenti della nostra vita. (San Gerolamo, in "Epistola ad Eliodoro").
351
- Se a ciascun l’interno affanno - si leggesse in fronte scritto, quanti mai che invidia fanno - ci farebbero pietà. (Metastasio).
352
- Se devi violare la giustizia, fallo per regnare; per ogni altro motivo rispetta la legge. (Euripide, poeta tragico greco).
353
- Se la natura ti invita ad essere buono verso il prossimo, non per questo ti impone di essere crudele verso te stesso. (Tommaso Moro).
354
- Se vôi l'ammirazione de l'amichi, nun faje capì mai quello che dichi. (Trilussa).
355
- Se vuoi offendere un avversario, lodalo a gran voce per le qualità che gli mancano (Ugo Ojetti)
356
- Sempre ogni giorno fa imparare qualcosa. (Euripide).
357
- Senza gerarchia e senza disciplina si sfasciano anche le associazioni a delinquere. (Cicerone).
358
- Senza un legame morale tra governante e governati ogni Stato si appoggia sopra i piedi di argilla. (Teodoro Momsen).
359
- Si direbbe che le teste dei grandi uomini si restringano quando si riuniscono e che dove sono più savi vi sia meno saggezza. (Montesquieu, da "Lettera persiana").
360
- Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe. (Vangelo di Matteo).
361
- Signore, dacci la forza di cambiare le cose che si possono cambiare e di sopportare quelle che non si possono cambiare. (Tommaso Moro).
362
- Sii ilare nella tristezza, triste nell’ ilarità. (Giordano Bruno).
363
- Sol chi non lascia eredità d’affetti/poca gioia è dell’urna. (Ugo Foscolo, in "I sepolcri" 40-41).
364
- Solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo. Perciò occorre volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto. (Papa Ratzinger, Benedetto XVI).
365
- Solo la miseria è senza invidia (Boccaccio)
366
- Soltanto la perdita di un bene ce ne fa capire il valore. (Schopenhauer).
367
- Sono le ricchezze a procurare gli onori. (Ovidio, in "Gli amori").
368
- Sono un uomo e ho sbagliato: non è strano. (Menandro).
369
- Sono un uomo: nulla dell’uomo reputo da me estraneo. (Terenzio).
370
- Spesso dalle vicende che a primo aspetto appaiono di poco conto, prendono le mosse eventi di grande portata. (Tacito, in "Annali" IV).
371
- Spesso i talenti più insigni sono quelli che hanno meno ammiratori (Georg Christopl Lichtenberg, pensatore tedesco del XVIII secolo).
372
- Spesso le sofferenze traggono in inganno il giudizio. (Teognide, poeta greco).
373
- Spesso per l’uomo il tacere è il più saggio dei pensieri. (Pindaro, poeta greco, in "Nemee").
374
- Summum jus, summa injuria ("il massimo del diritto è il massimo dell'ingiustizia") (Cicerone).
375
- Tanto più cresce la ricchezza tanto più cresce l’amore per il denaro. (Giovenale, poeta satirico latino).
376
- Tre sono le cose che bisogna maggiormente evitare: l’odio, l’invidia, il disprezzo. (Seneca).
377
- Tutti ci giudicano da ciò che sembriamo, nessuno per ciò che siamo realmente. (F. Schiller, da "Maria Stuarda").
378
- Tutti i vizi scoperti sono più lievi, ma sono molto pericolosi quando si nascondono sotto un’apparenza sana. (Seneca, in "Epistole" 56).
379
- Tutto è puro per i puri. (San Paolo).
380
- Tutto scorre. (Eraclito).
381
- Un gran proverbio caro al potere dice che l’essere sta nell’avere (Giuseppe Gusti)
382
- Un grande animo si esprime con più calma e serenità . (Seneca, in "Epistole").
383
- Un piccolo debito crea un debitore, un debito grande crea un nemico. (Seneca).
384
- Un piccolo debito crea un debitore, un grande debito crea un nemico. (Seneca).
385
- Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. (dal "Vangelo secondo Marco", 6, 1 - 6).
386
- Un uomo con Dio raggiunge sempre la maggioranza. (Lutero).
387
- Un uomo fa ciò che è suo dovere; e questa è la base di tutta la morale umana. (J.F. Kennedy).
388
- Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, né la società può togliergli la pubblica protezione, se non quando sia definito chi egli abbia violati i patti con i quali le fu accordata. (Cesare Beccaria, in "Dei delitti e delle pene").
389
- Una feroce forza il mondo possiede e fa nomarsi "Diritto". (Alessandro Manzoni da "Adelchi").
390
- Uomini come mio padre non possono morire (dal film "Com’era verde la mia valle).
391
- Vi sono più cose in cielo e sulla terra di quelle che noi sogniamo nel nostro filosofare. (F. Schiller, da "Il visionario").
392
- Viviamo non come vogliamo ma come possiamo. (Menandro, poeta greco).
393
- Volete avere molti in aiuto? Cercate di non averne bisogno (da "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni - Cap. XXV).
  Breve biografia del Gen. Dr. Salvatore GALLO
  Salvatore GALLO è nato a Zinga di Casabona (Kr) nel 1930. Generale in congedo della Guardia di Finanza nel ruolo d'onore, Laureato in Giurisprudenza, in Scienze Politiche e in Scienze della sicurezza economico-finanziaria.
   Per oltre un trentennio ha insegnato materie tecnico-professionali e giuridiche presso la Scuola di Polizia Tributaria e presso l'Accademia della Guardia di Finanza ed è stato per anni docente di Diritto tributario presso la Facoltà di Economia dell'Università di Parma, e di Diritto Pubblico presso l'European School of Economics a Roma.
    Negli ultimi anni ha svolto le funzioni di giudice tributario regionale prima in Bologna e poi in Roma.
   E' autore di opere assai note ed affermate a livello nazionale quali "La polizia giudiziaria", "Il diritto penale e processuale tributario", "L'accertamento dei reati tributari nel nuovo codice di procedura penale", "Il sistema dei tributi in Italia", "Le visite fiscali", "Il manuale pratico di diritto tributario".
   E' collaboratore del "Novissimo Digesto Italiano" edito dalla UTET, della "Enciclopedia Giuridica Treccani" e di numerose riviste di carattere tecnico giuridico e tributario.
   Ha partecipato quale relatore a decine di convegni di studio organizzati da Ordini professionali, da Enti pubblici, da istituti privati e da Associazioni culturali.

 

 

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Organizzato dal Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente del Polo Riminese


Convegno : "Ricerca Universitaria
e trasferimento tecnologico"
Venerdi' 28 gennaio 2011

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    Anche inaugurazione di nuovi laboratori di ricerca
 

   Presenti le autorità locali, Luciano Chicchi (presidente di UniRimini) e il vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi, sono stati inaugurati (28 gennaio 2011) nuovi laboratori di ricerca alla Università Rimini, nel quadro del convegno su "Ricerca universitaria e trasferimento tecnologico", svoltosi a Palazzo Briolini, ed organizzato dal presidente del Polo riminese, Giorgio Cantelli Forti.

  Nei nuovi laboratori saranno fatte ricerche sui "nuovi tessuti e sulla green economy".
  Hanno svolto relazioni:
  -  Antonello Scorci, professore di Politica economica, sul tema "Impatto economico dell'Università nel territorio riminese";
  - e Vincenzo Tumiatti (responsabile scientifico dell'Unità operativa di ricerca di tecnologie innovative per la moda) e Luciano Morselli (direttore del Centro interdipartimentale di ricerca industriale energia e ambiente), sul tema "Tecnopoli e territorio".

 

 

Ateneo di Bologna: In margine alla costituita "Associazione Almae Matris Emeriti"

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Costituire il Club di tutti i  professori dell'Alma Mater:
"Associazione pro universitate" ?

Per uno strumento che riunisca  i professori
di tutte le Facoltà  in servizio e cessati dal servizio

LETTERA APERTA

A TUTTI I COLLEGHI dell'ALMA MATER
in servizio e cessati dal servizio

Cari Colleghi, fare la
"Associazione pro Bononiae Universitate" ?

LETTERA APERTA
A TUTTI I COLLEGHI dell'ALMA MATER
in servizio e cessati dal servizio

Cari Colleghi, condividete l'idea di fare la "Associazione pro Bononiae Universitate" ?

1.- Premessa. Ultimamente c'erano più Associazioni nell'Ateneo, anche vive, e tutte con il fine di dare ai Colleghi la possibilità di incontrarsi e discutere su argomenti di interesse universitario. Anche le elezioni del Rettore sono state occasione di dibattiti interessanti ma, come accade spesso per le elezioni politiche, in cui c'è chi si schiera da una parte e chi dall'altra, si sono incrinati i rapporti cordiali esistenti.
  Coloro che vincono la competizione elettorale raramente si ricordano, poi, di chi li ha sostenuti e infatti alcuni cominciano a sentire la mancanza delle vecchie Associazioni ormai dissoltesi.
  E' forse il caso di ricordare che il precedente Rettore Pier Ugo Calzolari ebbe ad auspicare una Asssociazione generale, un club, alla Palazzina della Viola, dove i Professori di tutte le Facoltà potessero periodicamente ritrovarsi.
  Una tale Associazione sarebbe comunque cosa diversa dall'Associazione degli Emeriti, perchè non ristretta agli "emeriti", ma anzi aperta a tutti i professori, compresi quelli cessati dal servizio.

2.- A proposito degli Emeriti. L'Università di Bologna, a partire dal 1933, proclamò Emeriti alcuni dei propri Professori, al momento della cessazione dal servizio. Dal sito web dell'Ateneo risulta che nel 2010, su iniziativa privata di "sei" Professori Emeriti, sia stata istituita l'"Associazione Almae Matris Emeriti" alla quale hanno aderito altri Emeriti, per un totale di 78 membri.
   Sotto è riportato l'elenco. Questa lodevole iniziativa appare, tuttavia, lontana da un senso compiuto delle cose, perchè una medaglia ha una ragione se corredata dai relativi meriti scientifici giustificativi, condizione che non risulta dal web. Anzi, leggendo l'atto costitutivo e lo Statuto pare trattarsi di fatti meramente cartolari, addirittura senza date.

3.- Motivi per una associazione aperta a tutti i Docenti dell'Alma Mater. E' fondato presumere che nella Università di Bologna vi siano numerosi quanto valorosi studiosi che, alieni istintivamente dagli ermellini, dai cappelli lampeggianti e dall'amore per il potere, hanno dato una intera vita all'Università, al sapere e alla educazione dei giovani: quelli cioè grazie ai quali il nostro Ateneo vanta il primato in Italia.
   Ebbene, disperdere le menti pensanti dell'Alma Mater sarebbe un grave errore e quindi occorre creare un'opportunità che consenta loro di ritrovarsi e mettere ancora una volta al servizio della collettività la loro cultura e la loro esperienza. In questo senso, nulla togliendo agli "Emeriti" de quo, parrebbe opportuno creare un'Associazione parallela, aperta a tutti i Professori e Ricercatori in servizio e già in servizio.
   Nello specifico, lo scopo dell'Associazione dovrebbe essere:
    - quello di promuovere l'amicizia tra i Docenti delle diverse discipline e tenere il collegamento con quelli in quiescenza;
   - quello di promuovere la discussione su contributi scientifici originali (poco noti ai non addetti ai lavori) per riportarli all'attenzione degli amanti del bello, dell'arte, della scienza, per un rinnovato riconosciuto valore.

4. Un appello a manifestare la propria opinione. Sul fare una tale Associazione si è già discusso tra alcuni di noi. Ma sarebbe importante conoscere se e quanto essa sia condivisa dai Colleghi e anche le loro idee per una eventuale iniziativa alternativa, migliore e più condivisibile.
   Occorrerebbe anche stimolare la fantasia per trovare la denominazione più confacente e immediatamente espressiva dello scopo principale, quello cioè di appellarsi a tutte le forze vive, inclusi i Colleghi in quiescenza che, a seguito dei dimissionamenti forzati indotti delle recenti leggi, sono relativamente numerosi, ed ancora scientificamente attivi.
   Ritenete che possa andar bene chiamarla: "Associazione pro universitate" ? oppure: "Associazione "Bononiae universitas jura et scientias querens semper"? ................................... ...................................
    Il sottotitolo della denominazone prescelta, dovrebbe essere: "Libera Associazione dei Docenti dell'Università di Bologna in servizio e cessati dal servizio "

   Cari Colleghi, se volete, potete inviare i vostri graditissimi suggerimenti via e-mail al seguente indirizzo:
   nino.luciani@unibo.it .

  Cordialita'.
  Bologna 18 gennaio 2011                                                               NINO LUCIANI

 

MEMBRI DELLA ASSOCIAZIONE ALMAE MATRIS EMERITI"

-          Altieri Biagi Maria Luisa 2007 Lettere storia lingua italiana
-          Baldini Enrico 1997 Agraria Arboricoltura Generale
-          Baraldi Gualtiero 2010 Agraria Meccanizzazione agricola
-          Barozzi Giulio Cesare 2007 Ingegneria Analisi  matematica
-          Bortolami Ruggero 2003 Medicina Veterinaria Anatomia vet. sist. e comp.
-          Brunelli Benito 2001 Ingegneria Macchine elettriche
-          Cacciari Emanuele 2006 Medicina e Chirurgia Clinica pediatrica
-          Cainelli Gianfranco 2009 Scienze Chimica organica e biologica
-          Calandrino Leonardo 2010 Ingegneria Comunicazione elettriche
-          Calboli Gualtiero 2009 Lettere Lingua e lett. Latina
-          Caldarera Claudio Marcello 2005 Medicina e Chirurgia Chimica Biologica
-          Calzolari Pier Ugo 2010 Ingegneria Elettronica applicata
-          Canestrari Renzo 2000 Medicina e Chirurgia Psicologia
-          Capecchi Vittorio 2010 Scienze Formazione Sociologia generale
-          Capitani Ovidio 2006 Lettere      Storia medievale
-          Castellarin Alberto 2010 Scienze  Geologia strutturale
-          Cavazza Luigi 2000 Agraria Agronomia
-          Celli Giorgio 2009 Agraria Entomologia
-          Ciampolini Filippo 2003 Ingegneria Elettrotecnica
-          Cocchi Alessandro 2010 Ingegneria Fisica tecnica
-          Corazza Gian Carlo 2001 Ingegneria Campi elettromagnetici
-          Curi Fausto 2007 Lettere Letteratura italiana moderna
-          D'Amico Claudio 2009 Scienze Petrografia
-          Del Gaudio Antonio 2007 Medicina e Chirurgia Patologia speciale chirurgica
-          De Vergottini Giuseppe  2010 Giurisprudenza Diritto pubblico comparato
-          Di Federico Giuseppe 2003 Scienze Politiche Ordinamento giudiziario
-          Di Sandro Giancarlo 2006 Economia Economia Politica Agraria
-          Domini Remigio 2006 Medicina e Chirurgia Clinica Chirurgica pediatrica
-          Eco Umberto 2009 Lettere Semeiotica del testo
-          Facchini Fiorenzo 2007 Scienze Antropologia
-          Fiume Luigi 2009 Medicina e Chirurgia Patologia generale
-          Focardi Sergio 2004 Scienze Fisica generale
-          Freddi Giorgio 2009 Scienze Politiche Analisi politiche pubbliche
-          Galgano Francesco 2009 Giurisprudenza Diritto civile
-          Galligani Ilio 2010 Scienze  Analisi numerica
-          Giacomelli Giorgio Maria 2007 Scienze  Fisica generale
-          Graffi Sergio 2009 Ingegneria Elettronica applicata
-          Grandi Mario 2007 Economia Diritto del lavoro
-          Intrieri Cesare 2009 Agraria Viticoltura
-          La Placa Michele 2002 Medicina e Chirurgia Microbiologia
-          Lorenzoni Gianni 2007 Economia Tecnica industriale commerciale
-          Lugaresi Elio 2002 Medicina e Chirurgia Clinica neurologica
-          Magnani Bruno 2003 Medicina e Chirurgia Cardiologia
-          Manfredi Enzo 1998 Agraria Meccanica agr.
-          Mariotti Italo 2006 Lettere    Filologia greco latina
-          Marcato Paolo Stefano 2010 Medicina Veterinaria Patologia Gen e Anatomia pat. Veterinaria
-          Marrano Domenico 2006 Medicina e Chirurgia Clinica chirurgica
-          Matteucci Anna Maria 2006 Lettere Storia Arte moderna
-          Minelli Giorgio 2010 Ingegneria Macchine a fluido
-          Molinari Vincenzo 2005 Ingegneria Fisica reattori nucleari
-          Morra Gianfranco 2003 Scienze Politiche Sociologia della conoscenza
-          Negri di Montenegro Giorgio 2003 Ingegneria Macchine
-          Parmeggiani Pier Luigi 2005 Medicina e Chirurgia Fisiologia umana
-          Pazzaglia Mario 2003 Lettere Lingua e letteratura italiana
-          Pierangeli Angelo 2007 Medicina e Chirurgia Chirurgia del cuore
-          Pisi Emilio 2002 Medicina e Chirurgia Clinica medica generale
-          Poni Carlo 2006 Scienze Politiche Storia economica
-          Pozzati Piero 1997 Ingegneria Tecnica delle costruzioni
-          Principi Maria Matilde 1994 Agraria Entomologia agraria
-          Prodi Paolo 2009 Lettere Storia moderna
-          Puddu Paolo 2005 Medicina e Chirurgia Medicina interna
-          Raimondi Ezio 2000 Lettere Letteratura italiana
-          Ripamonti Alberto 2005 Scienze Chimica generale e inorganica
-          Rubatta Antonello 2006 Ingegneria Idraulica
-          Salmon Paolo 2007 Scienze Matematiche elementari sup
-          Sansavini Silviero 2009 Agraria Coltivazioni Arboree
-          Scardovi Italo 2006 Statistica Statistica
-          Simoni Luciano 2006 Ingegneria Tecnologie elettriche
-          Stirpe Fiorenzo 2007 Medicina e Chirurgia Patologia generale
-          Tagliaventi Ivo 2001 Ingegneria  Architettura tecnica
-          Traina Alfonso 2001 Lettere Letteratura latina
-          Trombini Giancarlo 2010 Medicina e Chirurgia Psicologia clinica
-          Tura Sante 2006 Medicina e Chirurgia Ematologia
-          Varotti Claudio 2010 Medicina e Chirurgia Dermatologia
-          Vasina Augusto 2006 Lettere Storia medioevale
-          Zanobetti Dino 1997 Ingegneria Impianti elettrici
-          Zichichi Antonino 2006 Scienze Fisica superiore
-          Zucchi Giulio 2009 Agraria Zooeconomia

* Clicca su:
1)  Statuto dell'Associazione Almae Matris Emeriti

2) http://www.unibo.it/NR/rdonlyres/C751416F-4FE0-4D10-9814-75734AE22EC1/190692/ATTOCOSTITUTIVO_AME.pdf

 


Università di Bologna -  Dal Consiglio di Amministrazione
*

                                    

                                  Gianni Porzi*, Lettera al Rettore e ai Consiglieri

                                              "Due episodi inquietanti" e una "postilla"

*Rappresentante del Governo nel CdA dell’Università di Bologna
_______________________________________________________________________

           Magnifico Rettore, gentili Consiglieri,

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Gianni Porzi

nell'ultimo Consiglio del 19 ottobre si sono verificati due episodi che definirei inquietanti, entrambi sintomi di situazioni di disagio vissute dal Personale Tecnico e Amministrativo. Poiché mi hanno lasciato perplesso, e in una certa misura sconcertato, ho preferito evitare qualsiasi commento riservandomi un esame più attento e quindi una ponderata riflessione.
   Per quanto concerne la dichiarazione del Dr. Pontieri (Rappresentante del personale tecnico e amm.vo - NdR) ritengo sia stata inopportuna in quanto non è tecnicamente possibile modificare il proprio voto dopo l'approvazione del verbale. Probabilmente il Dr. Pontieri voleva mandare un messaggio ai Colleghi che rappresenta affinché fossero informati che si era reso conto di aver commesso un errore nell'esprimere quel voto a favore e quindi la sua dichiarazione ritengo sia stata una semplice esternazione di tipo politico che non poteva tuttavia modificare nulla della delibera assunta dal CdA il 13 luglio (bando di "selezione per il conferimento di un incarico di lavoro autonomo -NdR). Capisco lo stato d'animo del Dr. Pontieri, anche perché io votai contro quella delibera, e gli riconosco che l'ammettere di aver sbagliato è un atto apprezzabile perché indice di onestà intellettuale, ma nel caso specifico non poteva avere alcun riscontro pratico.
    In merito all'intervento della Consigliere Zago mi limito ad esprimere qualche perplessità in relazione al contesto in cui è stato fatto l'intervento. Collegare certe vicende giudiziarie, che riguardano il Direttore, prima di venire all'Alma Mater, con la contestata delibera del 13 luglio mi sembra una forzatura essendo la delibera in questione soggetta al controllo preventivo della Corte dei Conti che, come in altre occasioni dichiarato, rappresenta dal punto di vista legale una tutela per il CdA. Trovo inoltre opinabile la scelta di dare la notizia alla stampa in quanto si è trasmesso all'esterno un messaggio negativo, cioè che in Ateneo "circolano veleni". Comunque, non è mia intenzione entrare nel "terreno scivoloso" del se un certo agire è o non è corretto, anche perché non vorrei alimentare polemiche. La mia riflessione infatti ha il solo scopo di dare un contributo a che si possano ricucire palesi fratture tra il personale T.A. e i Vertici dell'Ateneo prima che si giunga ad un vero e proprio scontro che sarebbe dannoso per tutti.
    L'Alma Mater ha bisogno di serenità, di rispetto reciproco e di una fattiva collaborazione fra tutto il Personale e i Vertici. Tutti, senza distinzione di ruolo, dobbiamo tendere al miglioramento di questa Istituzione e ciò è possibile solo se si instaura un rapporto di reciproca fiducia, stemperando le tensioni, abbattendo quegli steccati che non contribuiscono certo a creare l'atmosfera e l'equilibrio giusti per una proficua collaborazione tra tutte le componenti dell'Ateneo. Ritengo che tra i nostri doveri vi sia anche quello di impegnarci affinché questo Consiglio, al di là delle diversità di opinioni che a volte animano e dovrebbero arricchire il dibattito, possa operare nel migliore dei modi per produrre quei risultati positivi che tutti auspichiamo. Dovremmo tutti adoperarci affinché venga superata quella contrapposizione, purtroppo a volte aspra, il cui risultato é di avvelenare l'ambiente. E in un ambiente non sereno tutti rendono al di sotto delle proprie possibilità recando danno all'Istituzione. Come in genere accade, le responsabilità o le presunte colpe o le rigidità che a volte trapelano, non sono mai tutte da una sola parte e quindi mi rivolgo sia ai Vertici dell'Ateneo che al Personale T.A. affinché si stemperi questo clima teso, prima che abbia a degenerare in conflittualità, si instauri un clima di serena collaborazione nel reciproco rispetto e si presti attenzione alla voce di coloro che dimostrano di avere come obiettivo la crescita dell'Alma Mater.
     Ritengo che tra i doveri di questo Consiglio vi sia anche quello di fare tutto il possibile per superare i momenti critici offrendo la massima disponibilità ad un dialogo sereno e costruttivo. A tale scopo, e facendo leva sulla consapevolezza dei Consiglieri di essere chiamati a svolgere un compito di grande responsabilità, anche morale, mi permetto di proporre a questo Consiglio, e in particolare mi rivolgo al Magnifico Rettore, la costituzione di un tavolo per comporre quelle fratture che sono emerse nelle recenti riunioni del CdA, prima che abbiano a degenerare. Ad un tale tavolo, ovviamente informale, potrebbero partecipare il Magnifico Rettore (o il pro-Rettore Vicario), il Direttore, il Presidente della Commissione Personale, i quattro rappresentanti del Personale T.A. ed un altro volenteroso Consigliere. A mio avviso, una tale iniziativa servirebbe anche a dimostrare a tutti la volontà del CdA di smussare le tensioni e creare un clima più disteso, non solo in Consiglio, ma nell'Ateneo tutto, specialmente in un momento molto delicato di trasformazione dell'assetto amministrativo. In realtà, si percepisce un certo disagio tra il Personale T.A. e non mi sentirei di escludere che alcuni possano essere rimasti delusi nelle loro aspettative. Mi chiedo anche se in questo scenario non possano essere inquadrate le improvvise, quanto impreviste, dimissioni di un valido Dirigente quale la Dott.ssa Consolini.
   Mi si conceda, a chiusura, una banale osservazione. In questo Consiglio a volte, a fronte di interventi eccessivamente lunghi, si notano segni di insofferenza con la conseguenza che chi interviene non raggiunge l'obiettivo che è quello di essere ascoltato e capito. E' ben noto che interventi chiari e concisi riscuotono maggiore attenzione da parte dell'ascoltatore e sono garanzia di una migliore comprensione del messaggio. Nella speranza che lo spirito del mio messaggio sia condiviso, ringrazio tutti per l'attenzione.  Gianni Porzi

Bologna 23/10/2010

Ancora in tema di lavori del CdA

    A volte viene invocata la "cultura del sospetto" come se qualcuno avesse l'insano desiderio di "pensar male a prescindere".
   Prendiamo come esempio recente il caso del Bando per il posto di Dirigente del Centro Servizi Informatici dell'Ateneo (CeSIA).
    Nel Consiglio di Amministrazione del 27/7 u.s. il Direttore informò i Consiglieri che la Dott.ssa Luisa Consolini aveva rassegnato le dimissioni dall'incarico di Dirigente del CeSIA, senza altro aggiungere, quando, appena 4 giorni prima cioè il 23/7, era stato emesso il Decreto Dirigenziale n°1914 per il Concorso pubblico finalizzato alla copertura del posto di Dirigente che si sarebbe liberato a partire dal primo settembre. Come mai il Direttore Amministrativo di dimenticò di dare anche tale notizia? Il Bando è stato poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 3 agosto con scadenza il 2 settembre, cioè è rimasto aperto al pubblico il mese di agosto, periodo in cui gran parte degli italiani è in ferie e non credo presti una particolare attenzione alla G.U. Non ritengo quindi si sia scelto il periodo migliore per dare ampia pubblicità al Bando.
  Mi preme pertanto precisare, specialmente per i non addetti ai lavori ai quali potrebbe sorgere qualche lecito sospetto, che in tale materia (contenuto del Bando, data di emissione, nomina della Commissione) il Consiglio di Amministrazione non ha voce in capitolo, ma è tutto in capo al Direttore Amministrativo, come previsto dallo Statuto in base al quale al CdA spetta solo "definire, attribuire e revocare le funzioni dirigenziali".
  Per la cronaca, la selezione dei vari concorrenti è ancora in corso e la Direzione del CeSIA è stata assunta ad interim dal Direttore.  Gianni Porzi

Bologna 23 settembre 2010

 


Università di Bologna -  Su  Centro Studi di Buenos Aires  e  Azienda Agraria


Gianni Porzi*, Un paio di esempi significativi
e documentati della “gestione Calzolari/Fabbro”


*Rappresentante del Governo nel CdA dell’Università di Bologna

Centro Studi di Buenos Aires

  Il prof. Manaresi, assunta la Direzione del Centro di Studi di Buenos Aires, tenne un’audizione in CdA sulla Sede argentina e nella relazione produsse un documento relativo alla situazione finanziaria al 31/12/09 da cui risultava un disavanzo di 172.346 Euro dovuto a debiti, soprattutto verso fornitori (cioè fatture non pagate), per circa 331.000 Euro.
   E’ vero che la Sede vanta crediti per un analogo importo (circa 280.000 derivanti da contributi degli studenti non pagati e 55.000 da situazioni varie), ma questi sono in larga parte inesigibili per varie ragioni (risalgono a vari anni indietro, debitori irreperibili e, per i debiti più antichi, assenza di documentazione probatoria a supporto). Pertanto, il CdA è stato costretto a ripianare i debiti assegnando alla Sede di Buenos Aires due tranches di 180.000 Euro ciascuna, una per l’anno correte ed una per il 2011.
   L’ex Rettore Calzolari non mi risulta abbia mai fatto presente agli OO.AA. le difficoltà finanziarie della Sede di Buenos Aires. Perché?
   Va comunque spezzata una lancia a favore dell’ex Direttore della Sede di Buenos Aires perché, come risulta chiaramente dai verbali del Revisori dei Conti (verbale n° 153 del 6/12/02, n° 166 del 3/4/03, n° 188 del 2/2/05 e n° 198 del 25/10/05), i finanziamenti destinati alla Sede di Buenos Aires passavano attraverso la Fondazione Alma Mater (FAM) che, inspiegabilmente, tratteneva una parte di ciò che doveva trasferire alla Sede argentina. Era forse uno stratagemma per incamerare risorse per aiutare il risanamento del Bilancio della FAM, anche quello in affanno?
   Al riguardo va ricordato e sottolineato che :
- il MIUR assegna annualmente all’Ateneo un fondo di 361.519,83 Euro affinché sia trasferito al Centro di Studi di Buenos Aires;

Azienda Agraria dell’Università

   Per chi non ne fosse al corrente, va premesso, molto sinteticamente, che l’Azienda agraria, nata nel 1974, si estende su una superficie complessiva di 600 ettari e fino alla fine del mese di giugno 2010 è stata gestita da un Comitato formato dall’ex pro-Rettore (Presidente) coadiuvato dai Presidi di Agraria e Veterinaria, mentre la Direzione era in capo al Dr. Donnini.
   Nella seduta dell’27/7/2010, il CdA ha approvato la riorganizzazione dell’Azienda e contestualmente un nuovo Regolamento di gestione.
  L’attuale Comitato di gestione è costituito dal pro-Rettore Ferrari e dai Presidi di Agraria e Veterinaria, mentre Direttore (che nelle sue funzioni è ora equiparato ad un Direttore di Dipartimento) è stato nominato il prof. Nasuelli, Docente della Facoltà di Agraria.
   Nell’ultimo CdA del 30 settembre, il pro-Rettore Ferrari ha presentato la situazione finanziaria dell’Azienda e anche in questo caso si è venuto a sapere che l’Azienda ha un deficit di 180.000 Euro dovuto a fatture non pagate. Pertanto, il CdA ha dovuto stanziare tale somma per ripianare i debiti accumulati dalla precedente gestione.
   E pensare che anche l’ex pro-Rettore Busetto (Presidente del precedente Comitato di gestione) affermava che l’Azienda non aveva problemi e che tutto andava bene. Certo, se non si pagano i fornitori e le relative fatture non vengono riportate a bilancio non risulta alcun disavanzo di gestione e quindi è tutto OK.
   Ma il Direttore Dr. Donnini, che per tale incarico riceveva un adeguato compenso, ha informato gli Organi competenti della situazione finanziaria?
    Immagino di no, perché se ne fossero stati a conoscenza si sarebbero resi complici e questo, quantomeno non farebbe loro onore. GP

- a partire dal 2000 il MIUR (grazie al precedente Rettore Roversi Monaco) accredita un finanziamento annuo di 387.342,67 Euro, consolidato sul bilancio dell’Ateneo, finalizzato all’acquisto della Sede per il Centro di Studi di Buenos Aires, cosa mai avvenuta essendo la Sede ancora in affitto;
- nel verbale dei Revisori dei conti n°198 del 25/10/05 veniva “segnalato con urgenza il deficit economico” riportato nella contabilità del 2004 di 459.416 Pesos, pari a circa 110.000 Euro, e veniva previsto che nell’anno 2005 il deficit sarebbe aumentato.
    Vorrei chiedere a coloro che all’epoca sedevano nel CdA, tali importanti segnalazioni dei Revisori dei conti sono mai state portate a loro conoscenza?
   A sentire l’ex Rettore Calzolari, coadiuvato dall’allora Direttrice Fabbro, andava tutto a gonfie vele a Buenos Aires, sotto tutti punti di vista! Ma ora i nodi sono venuti al pettine e l’Ateneo si trova a dover ripianare i debiti e per di più in un momento economicamente non facile. GP

 


Università di Bologna - Su un "Concorso per l'assunzione di personale amministrativo"

 

Delibera del 13 luglio 2010 del Consiglio di Amministrazione


Decisione contrastatata, finita sui giornali

  Nota. Il bando è stato approvato a larga maggioranza del CdA. Si vegga, sotto, una nota del prof. Porzi, Rappresentante del Governo. Un punto di attacco degli oppositori (ripreso all'esterno, da FLC-CGIL e RdB) riguarda l'opportunità della spesa (alta), in un momento in cui non ci sono soldi per i contratti di ricerca. Si notano, poi, la non richiesta di laurea, pur se per un incarico di alto profilo e il fatto contraddittorio di un concorso "aperto a tutti", ma "con precedenza agli interni".

AVVISO PUBBLICO DI SELEZIONE PER IL CONFERIMENTO DI UN INCARICO DI LAVORO AUTONOMO PER SUPPORTARE IL MAGNIFICO RETTORE NELLE INIZIATIVE COLLEGATE ALLE STRATEGIE DI ATENEO PER IL MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI FUNZIONALI A DIDATTICA E RICERCA.

Scadenza domande: 7 agosto 2010

E’ indetta una procedura comparativa, per titoli e colloquio, per l’affidamento di un incarico di lavoro autonomo per supportare il Magnifico Rettore nelle iniziative collegate alle strategie di Ateneo per il miglioramento dei processi organizzativo - gestionali e dei servizi funzionali a didattica e ricerca.

Articolo 1 - Progetto nell’ambito del quale viene richiesto l’affidamento dell’incarico. Oggetto dell’incarico.

   Il Progetto “Supporto al Magnifico Rettore nelle iniziative collegate alle strategie di Ateneo per il miglioramento dei servizi funzionali a didattica e ricerca” (arco temporale 2011-2013) ) nasce dalla necessità di un forte presidio operativo per le numerose iniziative connesse al riassetto
organizzativo e ordinamentale. Sullo sfondo di tale iniziativa si sviluppano temi di rilevante interesse, che vedono impegnato l’Ateneo in attività sempre più articolate, nell’intento di assicurare, anche nei rapporti con le organizzazioni e le istituzioni esterne, le migliori sinergie per lo sviluppo di idee e progetti condivisi, funzionali al miglioramento dei servizi agli studenti e all’innovazione della didattica e della ricerca. Le iniziative e le attività citate promosse e gestite dal Magnifico Rettore sono caratterizzate sia da una rilevante dimensione relazionale verso l’esterno sia da una forte condivisione tra tutti gli attori coinvolti a vario titolo all’interno dell’Ateneo.
   Completano il quadro descritto le attività previste per la riforma statutaria in coordinamento con gli sviluppi legati al progetto di riordino del sistema universitario. (Disegno di legge n. 1905 “Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”, cosiddetto “disegno di legge Gelmini”).

Dal Consiglio di Amministrazione

Nota del prof. Gianni Porzi

L'Alma Mater non ritiene necessaria
la Laurea per un incarico paragonabile a quello di un Dirigente.

Il 13 luglio u.s. il CdA a larga maggioranza, con il voto contrario del sottoscritto, deliberò un incarico triennale di lavoro autonomo per supportare il Rettore nelle iniziative collegate alle strategie di Ateneo per il miglioramento dei servizi funzionali a didattica e ricerca.
   Motivai il mio dissenso in quanto ritenevo il compenso di 230.630,4 Euro per il triennio 2011-2013, pari cioè a 76.876,8 Euro annui, non giustificabile ed eticamente non corretto nei confronti dei prossimi ricercatori a contratto, del personale tecnico-amministrativo e degli stessi Dirigenti.
   Infatti, il compenso proposto è dell'ordine di grandezza di quello di un Dirigente (che va dai 70.000 ai 90.000 Euro, esclusa la retribuzione di risultato). Inoltre, avrebbe potuto causare una comprensibile indignazione da parte anche del corpo docente.
  “Una tale delibera, oltre a non conciliarsi con il principio di economicità, faceva sorgere il lecito sospetto che si volesse istituire una posizione dirigenziale senza dichiararlo apertamente perché in palese contrasto con la Lg. 165. Il 22 u.s. Solo 9 giorni dopo la seduta del CdA, senza che fosse ancora approvato il verbale (approvazione avvenuta il 27 luglio) e senza alcun motivo di urgenza in quanto l'incarico triennale decorrerà dal 2011, è stato pubblicato il Bando, reperibile nel sito dell'Ateneo, dal quale risulta (art.4) che come requisito non è richiesta la Laurea, ma solo un diploma di scuola secondaria di II grado.” .
   Ritengo imbarazzante che l'Ateneo di Bologna proponga un compenso di 76.876,8 Euro annui per un incarico per il quale non è richiesta la Laurea, essendo tale cifra confrontabile con lo stipendio lordo sia dei Professori che dei Dirigenti e nettamente superiore a quello dei Ricercatori universitari, posizioni tutte che richiedono come titolo di studio la Laurea. GP

   I principali interventi nell’arco temporale 2011-2013 riguardano:
- gestione e organizzazione di gruppi e/o tavoli di lavoro;
- raccolta dei materiali necessari a supportare il lavoro del Magnifico Rettore e loro organizzazione con modalità funzionali allo svolgimento delle attività;
- supporto operativo delle diverse iniziative promosse e gestite direttamente dal Rettorato;
- programmazione e gestione delle relazioni con gli interlocutori esterni;
- raccordo tra le attività del Rettorato e la Direzione Amministrativa.
L’incarico avrà ad oggetto le seguenti attività:
- organizzazione e coordinamento dei rapporti con gli Enti Esterni (Comune, Regione, Ministeri,
CRUI, Università italiane, Ambasciate, Istituti di formazione superiore nazionali e internazionali) per i relativi collegamenti promossi e gestiti direttamente dal Magnifico Rettore, finalizzati principalmente allo sviluppo di progetti congiunti a supporto dei servizi agli studenti,
dell’innovazione della didattica e della ricerca;
-  coordinamento operativo alle attività di condivisione delle iniziative e delle strategie del Rettorato
all’interno dell’Ateneo (es. condivisione e attuazione del Piano Strategico 2010-2013);
-  organizzazione e coordinamento operativo dei tavoli di lavoro nell’ambito della riorganizzazione
delle strutture di didattica e di ricerca anche in relazione alla revisione statutaria in corso;
-  potenziamento dei canali di ascolto da parte del Magnifico Rettore nei confronti dei principali
interlocutori interni (studenti e colleghi tutti) ed esterni (enti, istituzioni, aziende) al fine di migliorare
la qualità dei servizi resi;
- raccordo delle attività del Rettorato con la Direzione Amministrativa.

Articolo 2 - Durata ed efficacia del contratto
La prestazione avrà una durata pari a 36 mesi.
Ai sensi dell’art. 17 comma 30 del D.L. 78/2009, convertito con modificazioni nella Legge 102/2009, gli atti e i contratti di cui all’art. 7 c.6 del d.lgs. 165/2001 e s.m.i. sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti.
L’efficacia del contratto sarà subordinata al parere positivo della Corte dei Conti o al silenzio assenso.
Al presente bando potranno partecipare sia i dipendenti a tempo indeterminato dell’Ateneo che i soggetti esterni.
L’attribuzione dell’incarico a personale esterno avrà ad oggetto la stipula di un contratto di lavoro autonomo.
Alla selezione dei candidati esterni si procederà solo nel caso in cui non vi sia la disponibilità dei dipendenti a tempo indeterminato dell’Ateneo o nel caso in cui questi non risultino idonei alla
selezione.

Articolo 3 - Dipendenti dell’Ateneo

I dipendenti a tempo indeterminato dell’Ateneo potranno manifestare la propria disponibilità, utilizzando il modulo di cui all’allegato 2 e con le modalità specificate nel successivo articolo 5.
A pena di esclusione, la domanda del dipendente deve essere integrata dal visto del proprio Responsabile di Struttura utilizzando il modello allegato 3.
Lo svolgimento dell’attività da parte di un dipendente dell’Ateneo potrà avvenire solo nel rispetto degli istituti contrattuali previsti dal contratto collettivo del comparto università e nel rispetto della disciplina vigente, con particolare riferimento al d.lgs. 165/2001 e s.m.i.
L’incarico verrà svolto dal dipendente in orario di ufficio e non prevede l’erogazione di compensi aggiuntivi in quanto considerato nell’ambito dell’attività attinente al servizio prestato.

Articolo 4 - Requisiti per l’ammissione
I requisiti di ammissione alla presente valutazione comparativa sono i seguenti:
1) diploma di scuola secondaria di secondo grado di durata quinquennale;
2) esperienza professionale di almeno 10 anni maturata presso organizzazioni pubbliche e/o private, a livello nazionale e internazionale, nei seguenti ambiti: organizzazione, gestione del cambiamento, gestione e sviluppo risorse umane, condivisione della conoscenza,
facilitazione processi, pianificazione strategica. Si richiede che almeno cinque anni dell’esperienza professionale siano maturati nel contesto universitario.
3) età non inferiore agli anni 18;
4) non aver riportato condanne penali e non aver procedimenti penali pendenti (in caso contrario indicare quali);
5) ottima conoscenza della lingua inglese e sufficiente conoscenza di almeno un'altra lingua straniera a scelta del candidato (francese, spagnolo e tedesco) ;
6) conoscenza della lingua italiana, se cittadini stranieri. I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del presente avviso. Il mancato possesso dei requisiti di ammissione o la mancata dichiarazione degli stessi comporta l’esclusione del candidato dalla procedura di selezione. Il candidato escluso sarà avvisato via e-mail.

Articolo 5 - Domanda di partecipazione
....
....

Articolo 6 - Ammissione e modalità di selezione
La selezione avverrà sulla base della valutazione dei titoli e di un colloquio di carattere tecnicopratico e motivazionale attitudinale.
La selezione dei candidati sarà svolta da una commissione di esperti.
L’ammissione al colloquio sarà stabilita dalla commissione previa verifica della sussistenza dei
requisiti di ammissione previsti all'art. 4 dedotti dal curriculum e dalla documentazione presentata
dai candidati.
I candidati esclusi dalla procedura saranno avvisati tramite e-mail.
Durante il colloquio verranno accertate conoscenze e competenze sui seguenti ambiti:
a) gestione del cambiamento;
b) gestione e sviluppo risorse umane;
c) condivisione della conoscenza e facilitazione processi;
d) negoziazione e gestione dei conflitti;
e) comunicazione interpersonale e organizzativa.
Verrà inoltre discusso il curriculum professionale del candidato e accertata la conoscenza delle
lingue straniere.
Per essere ammessi a sostenere il colloquio i candidati dovranno essere muniti di un documento di
riconoscimento in corso di validità.
.......
......
Si procederà alla selezione dei candidati esterni solo nel caso in cui non risultino idonei i
dipendenti a tempo indeterminato dell’Ateneo.
L’Amministrazione si riserva, nel caso abbia necessità nel corso dell’anno di selezionare persone
dello stesso profilo a cui attribuire un incarico di collaborazione, di rivolgersi ai candidati non
vincitori della presente selezione ma che hanno positivamente superato il colloquio.

Articolo 7 - Compenso e specifiche modalità di esecuzione della prestazione per il personale esterno
Il compenso annuo previsto è pari ad euro 76.876,80 (settantaseimilaottocentosettantasei/80)
inclusi gli oneri a carico del collaboratore e dell’ente.
....
.....

Articolo 8 - Conferimento dell’incarico
L’Amministrazione si riserva di non procedere alla stipula del contratto nel caso in cui pervenga o sia ritenuta valida una sola domanda. L’Amministrazione si riserva altresì di non procedere alla stipula qualora sussistano o intervengano motivi di pubblico interesse o nel caso in cui le domande non siano ritenute idonee ad insindacabile giudizio dell’Amministrazione.
Individuata la persona a cui affidare l’incarico, l’Amministrazione, verificata la veridicità delle
dichiarazioni presentate, procederà alla stipula del contratto.
...
...

Articolo 9
Trattamento dei dati personali
....
....

 

Università di Roma "La Sapienza"

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Vito D'Andrea

Proposta di emendamento al DDL Gemini, Senato 1905

Vito D'Andrea*, Per la messa ad esaurimento della Fascia
degli Associati, non del ruolo dei Ricercatori

  * Professore Associato di Chirurgia Generale.
    Presidente del Comitato Promotore della FPA - Federazione dei Collegi dei Professori
     Associati. Per un curriculum, clicca su: http://vitodandrea.it/breve_cv.htm

1.-  Premessa. Il titolo III del Disegno di Legge governativo di riforma dell'Università, approvato il 28/10/2009 in Consiglio dei Ministri e presentato al Senato il 03/12/2009, mette ad esaurimento il ruolo dei Ricercatori universitari e, pertanto, penalizza i giovani che aspirano a diventare Ricercatori di ruolo, gli stessi Ricercatori di ruolo, che vengono messi ad esaurimento, ed i Professori Associati, che vengono retrocessi dal II al I livello della carriera universitaria.
   L'Italia ha 2 Ricercatori per mille lavoratori, Francia,Germania e Gran Bretagna ne hanno 4 per mille, Giappone,Svezia ed U.S.A. ne hanno 6 per mille ed infine la Finlandia ne ha 7 per mille!
   L'Italia ha pochi ma buoni Ricercatori: se consideriamo l'indice di citazioni dei lavori scientifici dei nostri Ricercatori nel Science Citation Index, l'Italia è al 2° posto tra i Paesi OCSE subito dopo la Gran Bretagna.      Nel testo originario del DDL non c'era scritto, come affermato nel D.P.R. 382/1980, che "l'Università è la sede primaria della Ricerca Scientifica": il DDL sembra privilegiare il modello di "Teaching University" piuttosto che quello di "Research University". L'Università Italiana necessita di più Ricercatori, come avviene in Francia ( 20.000 Ordinari + 37.000 Ricercatori) ed in Germania ( 37.000 Ordinari + 131.000 Ricercatori). In questi due Paesi, il ruolo del Professore Universitario è unico e non è distinto in due fasce. E' più ragionevole, dunque, mettere ad esaurimento la II fascia dei Professori Associati anziché il ruolo dei Ricercatori.

2.- Storia. Lo Stato Giuridico dei Professori Associati è disciplinato dalle norme relative ai Professori Ordinari" : è l'Art.22 del D.P.R. 382/1980, tutt'ora vigente; "…sono riservate ai professori ordinari le funzioni di rettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento e di consiglio di corso di laurea, nonché le funzioni di coordinamento dei corsi di dottorato di ricerca e le funzioni di coordinamento di gruppi di ricerca…" : è l'Art. 16 del D.P.R. 382/1980. " Nell'assegnazione dei posti di professore ordinario da mettere biennalmente a concorso, il Ministro della pubblica istruzione deve tenere conto, anche in deroga ai criteri programmatici stabiliti nel piano formulato ai sensi del precedente art. 2 e nel limite del 20 per cento dei posti da assegnare, delle eventuali richieste avanzate, per le discipline ricoperte, da professori associati che abbiano maturato nove anni di insegnamento in qualita' di professore incaricato nella stessa disciplina o gruppi di discipline. Tali richieste, presentate alle facolta', devono essere inoltrate unitamente alle richieste della facolta'" : è l'Art.5 del D.P.R. 382/1980. Pertanto il ruolo del Professore Universitario è unico e distinto in due fasce, la I fascia degli Ordinari e la II fascia degli Associati: tra le due fasce c'è una sottile differenza, limitata all'elettorato passivo per le cariche accademiche, mentre c'è una sostanziale equiparazione didattica e scientifica.
   Il Parlamento ha voluto approvare una norma di legge, l'Art.5 del D.P.R. 382/1980, per riconoscere che dopo 9 anni di titolarità d'insegnamento i professori associati confermati hanno diritto di entrare nella I fascia dei professori ordinari.
   Lo stipendio di un Professore Associato Confermato dopo 9 anni nel ruolo è superiore a quello di un Professore Straordinario: pertanto il passaggio dalla II alla I fascia non comporta un aumento di spesa, ma, al contrario, un risparmio per l'Amministrazione dello Stato.
   Tale risparmio si avrebbe non solo all'atto della presa di servizio nel nuovo ruolo, ma continuerebbe negli anni successivi considerando il differenziale tra lo stipendio del professore associato che permanesse nel suo ruolo e quello che avrebbe se transitato nella I fascia. Il sorpasso stipendiale si otterrebbe solo a partire dal 18° anno di permanenza nel ruolo di professore ordinario (cosa improbabile considerando l'età media degli associati con 12 anni di anzianità, tre anni prima della conferma + 9 anni dopo la conferma) come evidenziato in uno studio del CIPUR di cui si allega il link: http://www.cipur.it/Studi%20e%20pubblicazioni/quaderno1.pdf .

3. Considerazioni e proposta di emendamento.  Un ulteriore risparmio per l'Amministrazione dello Stato deriva dalla riduzione del numero di concorsi da espletare: i "budget" che si liberano, unitamente al differenziale di spesa risparmiato per ciascun associato che transiti nel ruolo unico, possono essere interamente destinati al reclutamento dei giovani ricercatori anche al fine di attuare un rapido ricambio generazionale.
   Se la norma, già introdotta con la legge "Moratti" n°230/2005, che ha messo ad esaurimento il ruolo dei Ricercatori a partire dal 1° Ottobre 2013, dovesse essere confermata ed anzi, anticipata dalla riforma del Ministro Gelmini ( Atto Senato DDL n°1905 ), quella sottile differenza esistente tra Ordinari e Associati diventerebbe un abisso incolmabile, perché gli Associati sarebbero retrocessi dal II al I livello della carriera universitaria, andando a costituire la fascia d'ingresso e di reclutamento nei ruoli universitari.
    Chi conosce l'Università, sa bene che i motivi per cui un Professore Associato Confermato non diventa Ordinario dopo 9 anni di titolarità d'insegnamento possono essere molteplici e quasi mai riconducibili al demerito didattico-scientifico: 1) non c'è il "budget" disponibile: il passaggio dalla II alla I fascia costa all'Università 30 punti di "budget"; 2) il "Maestro" è andato in pensione o è morto: nei concorsi universitari, il ruolo del "Maestro" è fondamentale; 3) il candidato non fa parte della "cordata" giusta.
  L'ultimo censimento dei docenti universitari italiani ha dato i seguenti risultati ( fonte: La Stampa, 07/09/2009 ): ORDINARI = 19.625 ASSOCIATI = 18.733 .
   Nei prossimi 8 anni, il 50% dei docenti universitari italiani andrà in pensione: pertanto, lo scorrimento degli Associati con 12 anni di anzianità nel ruolo ( 9 + 3 prima della conferma ) nella I fascia degli Ordinari non determina un aumento dell'organico della I fascia e libera risorse da destinare al reclutamento dei giovani.

Proposta di EMENDAMENTO AL DDL n°1905

TITOLO III

1.La fascia dei Professori Associati è messa ad esaurimento. I Professori Associati transitano nella I fascia dei Professori Ordinari al compimento dei 9 anni nel ruolo.

 

Ateneo di Bologna:  Rendiconto 2009, approvato dal Consiglio di Amministrazione




Relazione del prof. Gianni Porzi*


        
* Membro del Consiglio di Amministraziobe, Rappresentante del Governo

1.- Premessa. Nell’esame del bilancio consuntivo 2009 mi è stata molto utile non solo la relazione del Collegio dei Revisori dei Conti, ma anche quella allegata al bilancio stesso predisposta dall’Area di Ragioneria e redatta in modo chiaro.
   Ringrazio di nuovo il M.R. per aver accolto la mia richiesta (nella precedente seduta) di rinvio dell’approvazione del bilancio essendo un atto amministrativo molto importante (non solo economico, ma anche politico perché offre anche l’occasione per utili riflessioni) e la cui lettura richiede un tempo adeguato. In tal modo mi è stato possibile un esame più accurato del consuntivo 2009 grazie al quale ho potuto individuare alcuni elementi degni di nota e che ritengo di dover sottolineare.

  2.-  Per quanto concerne il capitolo Servizi di supporto (sistemi informativi, servizi bibliotecari, cultura e comunicazione), si nota che :
a)  al 31/12/08 il personale che operava nell’ambito dei sistemi informativi dell’Ateneo ammontava a 79 unità così suddivise:
-  58 unità al CeSIA (Centro Servizi Informatici d’Ateneo)
- 15 unità al DSAW (Direzione Sviluppo Attività Web)
- 6 unità al SIA (Sistema Informativo di Ateneo), per una spesa globale lorda di circa 3,2 Ml, alla quale va ovviamente aggiunto l’importo relativo alla dotazione.
b) al 31/12/09 detto personale ha subito un notevole incremento (oltre il 40%) avendo raggiunto le 112 unità così suddivise:
- 66 unità al CeSIA
- 35 unità al DSAW, più che raddoppiate
- 11 unità al SIA, quasi raddoppiate, per una spesa globale lorda di circa 4,25 Ml (cioè 1 Ml in più rispetto all’anno precedente) alla quale va aggiunto l’importo relativo alla dotazione che ammonta a circa 10,3 Ml.
   Mi viene spontaneo chiedermi quante borse di dottorato potevano essere attivate con 1 Ml di Euro. Sono certamente scelte politiche delle quali però il CdA dovrebbe essere portato a conoscenza e sulle quali i Consiglieri dovrebbero poter assumere decisioni ponderate essendo stati opportunamente informati sulle varie situazioni. Era numericamente così scarso il personale in tale settore da richiedere un aumento così consistente?
   Da notare poi che in tale valutazione non sono stati presi in considerazione il Centro e-learning, il Sistema Bibliotecario d’Ateneo (SBA) e il Centro Inter-Bibliotecario (CIB) che nel complesso contano 37 unità di personale per una spesa lorda di 1,35 Ml.
   Ritengo che l’aumento di personale addetto, sotto varie forme, all’informatizzazione dell’Ateneo sia eccessivo e ciò è dovuto, probabilmente, ma non solo, al fatto che le assunzioni del Personale T.A. non vengono fatte in base ad una programmazione avendo ben presente la situazione globale dell’impiego di tale Personale, cioè una fotografia della sua distribuzione che consenta una valutazione oggettiva delle necessità dei vari settori. Non é possibile né accettabile “navigare a vista”. Ritengo infine che il frazionamento del personale dedicato ai sistemi informativi in più strutture non giovi all’efficienza, ma anzi abbia come conseguenza un numero di addetti superiore all’effettiva necessità. Pertanto, oltre al SIA, ritengo auspicabile, in occasione della ristrutturazione amministrativa, che anche il DSAW venga inglobato nel CeSIA.
- Nel 2009 si è raggiunto un rapporto Personale T.A./Personale docente di 0,97 e ciò a causa di un significativo calo del Personale Docente : a fronte infatti di 108 cessazione si sono registrate solo 12 assunzioni, contro le 145 del Personale T.A. (slide 18). Ritengo che tale rapporto sia già abbastanza elevato e quindi non vada superato, anzi. E’ indubbio che un Ateneo grande come il nostro comporti una gestione tecnico/amministrativa complessa e quindi necessiti di un adeguato numero di Personale T.A., ma non dimentichiamo che la funzione primaria è quella della didattica e della ricerca, senza le quali verrebbe meno la missione fondamentale.
- La spesa per i T.A. a contratto nel 2009 è stata di 4,22 Ml a fronte dei 2,3 del 2008, cioè si è registrato un notevole aumento (83,5%) che mi chiedo se sia adeguatamente giustificato.
- Al 31/12/09 si registra un numero consistente di EP a tempo indeterminato, cioè 191, ai quali vanno aggiunte 2 unità a tempo determinato. Sarebbe utile sapere se per tale figura si è raggiunto il numero massimo oppure vi sono concorsi in atto e in caso affermativo quanti sono.

3.- Per quanto riguarda la voce Economie è molto evidente lo scostamento, in certi casi per nulla trascurabile, tra il previsto e l’accertato.
  Sono state registrate maggiori entrate per circa 18 Ml di Euro, rispetto alla previsione, dovute in larga misura ad un maggior trasferimento di risorse dallo Stato (+14 Ml). Tale scostamento, a mio avviso, è da attribuire ad una previsione eccessivamente cauta, anzi direi pessimistica. Nel 2009 abbiamo infatti assistito all’enfatizzazione dell’emergenza che ha inciso negativamente in particolare sugli investimenti in edilizia.
E’ significativo l’aumento delle entrate contributive studentesche (+2,65 Ml rispetto alle previsioni) che ha portato a sforare, seppur di poco, il limite del 20% del FFO imposto dalla Legge. Si impone quindi una certa attenzione su questo fronte.

  Sul fronte delle spese, sono abbastanza sorprendenti le economie che si riscontrano. A fronte di economie in competenza, che ammontano globalmente a circa il 10% rispetto alle previsioni definitive (slide 15), la voce che si discosta maggiormente, sia in termini assoluti (-33,4 Ml) che in termini percentuali (-26,8%) è quella relativa alle attività strumentali in cui la parte del leone, con 15,18 Ml, viene fatta dal capitolo “fondi e accantonamenti”.
Significative, quanto sorprendenti, sono anche le economie in competenza nel capitolo di spesa “Risorse umane”, in particolare per quanto concerne il personale a tempo determinato (-34,2%).
L’economia netta globale si attesta alla non trascurabile somma di 21,5 Ml.
 
   Vorrei infine spendere due parole sull’edilizia sottolineando che non è stato fatto alcun investimento in tale settore. La ricerca scientifica ha bisogno non solo di Ricercatori e di tecnici, ma anche di strutture adeguate, altrimenti non è possibile accedere ai finanziamenti europei; mi risulta vi siano ancora strutture non a norma. Ci si è limitati alla manutenzione e alla gestione dell’esistente. Di conseguenza, non sono stati accesi prestiti in un momento peraltro favorevole dal punto di vista dei tassi di interesse.

4.-  Concludo dichiarando il mio voto favorevole e chiedendo al M.R. una particolare attenzione, aggiungerei anche coraggio, per quanto concerne gli investimenti in edilizia.
Chiedo inoltre al M.R., e non solo, di attivarsi al massimo per reperire risorse esterne da Enti pubblici e privati, in questo momento più che mai necessarie. Nel 2009 si è infatti registrato un consistente calo di finanziamenti su questo fronte rispetto al 2008 (-35%) ed ancor più rispetto al 2007 (-41%).
Ritengo sia necessaria una maggiore attenzione nelle assunzioni del Personale T.A. e nella sua distribuzione nei vari settori; la riorganizzazione dell’amministrazione va vista anche come occasione per una razionalizzazione e un impiego ottimale delle risorse umane.
Vorrei infine invitare il M.R. a informare tempestivamente il CdA sui trasferimenti di fondi governativi affinché si possano, in corso d’opera, fare gli opportuni aggiustamenti di bilancio, evitando scostamenti tra previsto e accertato quali quelli emersi nel bilancio 2009.
Nota della Redazione. Si riporta un prospetto riassuntivo del rendiconto finanziario del 2009, in confronto a quello dell'anno precedente, in cui sono evidenziati alcuni elementi significativi.

Bilancio consuntivo dell'Ateneoo: quadro complessivo ( milioni di € )

 Anno

2008

2009

  Spese correnti e in conto capitale (al netto da partite di giro)

 € 708,1

         € 704,5

  Entrate correnti (al netto da partite di giro), di cui:      

€ 732,5

          691,6
  Avanzo (+) , Disavanzo (-)

           € +24,4

         €  - 12,9

Dentro le entrate:

                           FFO-Fondo di Finanziamento Ordinario

€ 402,4

€ 406,4

                           Contributi studenteschi (al netto rimborsi anni precedenti)

€ 107,4*

€ 84,5*

                           Rapporto contributi studenteschi/FFO

     26,9%

     20,7%

* Si precisa che questi dati "apparentemente" troppo diversi tra loro, non sono omogenei ai fini del confronto, perchè la "diversità" è, almeno in parte, dovuta al mutamento del sistema di applicazione dei contributi.

                                               

Antica Diocesi di Comacchio

Patrocinio Istituto di Cultura Antica Diocesi di Comacchio e Parco del Delta del Po,  con la partecipazione di Docenti dell'Università di Bologna e del CNR, e del Direttore del Parco Delta

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Presentazione di due libri: - V. FERRONI, Per non dimenticare ...
- A. GALVANI, I Lidi sulla costa del Delta del Po

Resoconto della Conferenza di Comacchio sui due libri:
rispettivamente, di storia sulla vita di don Vito e  di ambiente

Pubblicazione delle relazioni del Dott. Giorgio Tomasi
e di Don Pier Giorgio Zaghi, Vicario Foraneo del Vicariato di San Cassiano

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Nota. Il primo libro, di carattere religioso e sociale, racconta la vita di un prete, collegata con quella della Diocesi di Comacchio e della citta', dall'anteguerra ai giorni nostri. Don Vito era stato Vicario della Diocesi.
  Il secondo libro (di una ricercatrice dell'Universita' di Bologna, nota in ambienti internazionali) esamina il modo come il Delta del Po ha trovato il proprio sviluppo, in seguito a grandi modificazioni del paesaggio (per urbanizzazione, motorizzazione, turismo), ma sconfinando in fenomeni di invivibilità (inquinamento del mare, attraversamento della mortale strada Romea negli abitati di Vaccolino e San Giuseppe, ingorgo al ponte di Portogaribaldi).
  Più di recente, preso atto della impossibilità di autorità locali di governare grandi eventi, una legge regionale ha istituito il "Parco Delta del Po".
  La Conferenza è stata seguìta con molto interesse (sala 70 posti, tutti occupati, più una decina di posti in piedi). Dal dibattito, è risultato che le relazioni, sul libro di don Vito, hanno toccato alcuni nervi, tuttora scoperti, quali la scomparsa dei Salesiani e la soppressione della Diocesi (clicca su testamento).
  Alla domanda sulle possibilità di ricostruire la Diocesi (circa il relativo territorio, clicca su Carta di Amsterdam), Don Zaghi non ha potuto rispondere, dovendo assentarsi per celebrare la Messa, a Portogaribaldi. Vi ha supplito il prof. Luciani, che attingendo al libro di don Vito, ha ricordato:
-  come la Diocesi sia venuta meno per la totale mancanza di preti del Delta;
- che la chiusura del Seminario è stata determinta dalla concorrenza delle scuole pubbliche, diffuse dallo Stato capillarmente nel Delta dal 1961 in poi;
- che il fenomeno della assenza di vocazioni locali permane, pur se è comparso recentemente un fenomeno di vocazioni tra laureati delle Università statali;
- ma che è prematura ogni previsione di ricaduta positiva locale, nel breve-medio termine.
   Secondo Luciani ha, invece, fondamento la proposta di separazione del patrimonio della ex-Diocesi di Comacchio da quello della Diocesi di Ferrara (trattasi: delle chiese, del vescovado, del seminario, delle biblioteche ..., beni di cui la gran parte non produce reddito, e tutti comportano delle grandi spese di manutenzione, perchè vecchi edifici). Per una problematica analoga, l'Università di Bologna ha istituito dei rispettivi Consigli di Polo nelle Sedi di Forlì, Rimini, Ravenna, infine resi "ad unum" dal Consiglio di Amministrazione dell'Alma Mater. In modo analogo si potrebbe istituire un Consiglio di Amministrazione della Sede di Comacchio, e rappresentato nel Consiglio della Diocesi di Ferrara. Tra, l'altro, sul piano giuridico, c'è il problema di garantire la destinazione dei redditi di alcuni lasciti, di privati, a favore di specifiche "chiese" della ex- Diocesi. Questa separazione potrebbe, poi, più tardi, facilitare la ricostruzione della Diocesi di Comacchio, nuove condizioni permettendo. NL

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Pier Giorgio Zaghi

 

  G. Zaghi, Il metodo religioso di don Vito, la sua opera per il recupero del peso socio-educativo della chiesa locale e il suo testamento per la "diocesi"   di Comacchio

   Premesse:
  1.-  Questo mio intervento è un doveroso omaggio a Mons. Vito Ferroni, figura eminente che ha onorato il presbiterio della Diocesi di Comacchio prima e di Ferrara-Comacchio poi. A lui mi lega una consuetudine ultracinquantennale di vita, che ha fatto sgorgare in me ammirazione, devozione e riconoscenza per l’Educatore prima e per il Confratello e “Superiore” poi, in un lungo tratto di cammino sacerdotale percorso insieme.
  2.-  In questa breve esposizione mi affido, ovviamente, alle luminose e puntuali risposte che Mons. Vito Ferroni offre alle domande dell’intervistatore, Dott. Giorgio Tomasi, e al ricco corredo di documenti, raccolti le une e gli altri nel volume “Per non dimenticare” che stiamo presentando questa sera. Sicuramente la mia relazione è lacunosa per la mia scarsa preparazione ma anche, in un certo senso, parziale perché filtrata inevitabilmente dalla mia sensibilità. Chiedo pertanto, preventivamente, scusa se deluderò qualche aspettativa.
  3.-  Mi preme, infine, ribadire la mia intenzione di rendere omaggio a Mons. Vito Ferroni, escludendo qualsiasi altra finalità più o meno indiretta e/o nascosta.

  1. Il metodo religioso di Don Vito.
   La locandina di presentazione di questo incontro indica tre punti per questa rilettura del libro “Per non dimenticare”, il primo dei quali recita: “Il metodo religioso di don Vito”.
   Francamente non so dire quanto le scelte pastorali operate dal nostro sacerdote siano state frutto di precise analisi e di conseguenti scelte o piuttosto derivate da una naturale inclinazione dell’animo e suggerite dalle circostanze ambientali e temporali in cui l’attività sacerdotale di Don Vito si è svolta.
   L’arco di sessant’anni è molto vasto e molto variegato e va dall’ultimo periodo anteguerra a tutto il periodo bellico, dal fervore della rinascita intorno agli anni cinquanta del secolo scorso all’evento solare del Concilio Ecumenico Vaticano II°, dal post-Concilio alle prime luci del nuovo millennio. Mi rendo conto che sarebbe importante una precisa e diretta collocazione dell’operato di Don Vito in questi diversi contesti con riferimenti al quadro storico, sociologico, culturale ed ecclesiale: mi dispiace di non esserne capace e di dovermi limitare agli accenni che ne fa Don Vito stesso nel suo libro.
   Il primo elemento che mi piace sottolineare è il periodo di formazione del futuro sacerdote presso il Seminario Regionale di Bologna. Monsignore scrive in proposito: “Gli studi presso il seminario regionale portarono un respiro nuovo ed ampio, la formazione spirituale e culturale era più completa ed adeguata ai tempi. (…) Andare a scuola per certe materie, come l’italiano e la storia in liceo, la S. Scrittura, la morale e la storia ecclesiastica in teologia, era un incanto” (p. 19).
   Questo “respiro nuovo ed ampio” è sicuramente una caratteristica, se non una chiave interpretativa, di tutta l’azione pastorale di Don Vito. I primi passi, dopo un breve periodo come segretario del Vescovo Babini e poi come cappellano a San Cassiano, li muove alla Chiesa del Rosario in Comacchio. Scrive: “Mons. Babini (…) mi nominò rettore ed amministratore del S. Rosario in Comacchio. Per me fu un incarico graditissimo perché consideravo il servizio di cappellano in duomo come provvisorio ed invece la rettoria del Rosario come servizio permanente. Era una chiesa che amavo fin da giovane seminarista, una chiesa che poi in seguito mi avrebbe dato tante soddisfazioni spirituali perché mi permetteva di esprimere il mio zelo in tutta libertà”(p.21). E, ancora, ad una nuova domanda dell’interlocutore, risponde: “Il rettorato della Chiesa del Rosario e l’insegnamento in Seminario furono le due esperienze che (…) contrassegnarono l’intero mio apostolato. Il Rosario mi preparò alla parrocchia (…). Avevo ventisei anni: un forte desiderio di lavorare come pastore; in duomo non mi era consentito perché il mio incarico era giuridicamente “provvisorio” e “temporaneo”: mi dedicai in toto al Rosario, non dico a fare il parroco, ma quasi. E questo purtroppo mi procurò fastidi ed incomprensioni (…). A parte le sofferenze e i richiami, da me mal tollerati, furono anni spiritualmente fervidi. (…) Per me, sacerdote, era una vera gioia quotidiana il vivere quella vita”(p. 24).
   Sono proprio questi “fastidi ed incomprensioni”, “sofferenze e richiami” che, per contrasto, fanno risaltare quel “respiro nuovo ed ampio” che animava l’apostolato del giovane sacerdote, che si esprimeva anche nel curare l’Azione Cattolica: “Venni nominato assistente diocesano della gioventù maschile di Azione Cattolica, così il mio campo di lavoro si allargò all’intera diocesi” (p. 21).
   Il lavoro apostolico nell’Azione Cattolica si è sviluppato negli anni, con mansioni ed incarichi diversi (vedi curriculum vitae a pag. 53): anni definiti da Monsignore “fervidi e gloriosi” (p. 28) e scrive: “il servizio di delegato per l’Azione Cattolica mi ha permesso di vivere sempre più a contatto con i laici più impegnati, di ammirare la loro fede ed il loro spirito di sacrificio, di vivere con loro quel famoso trinomio che era scritto sulle prime bandiere dell’Azione Cattolica: P.A.S. ossia preghiera, azione, sacrificio” (p. 29).
   Momento privilegiato del suo porsi nella Chiesa con un “respiro nuovo ed ampio” è stato per don Vito l’esperienza di parroco a Massafiscaglia (18.1.1948-28.9.1957): “Quando nel 1948 sono arrivato a fare il Parroco di Massafiscaglia mi sono sentito a mio agio… finalmente si realizzava il mio sogno” (p. 27). “I miei quasi 10 anni di Massa sono indimenticabili. Non sono state tutte rose né tutto un successo, ma sono stati anni ricchi di attività pastorali per tutte le categorie di persone” (p. 28). Ritornerò più avanti sulla esperienza parrocchiale di Massafiscaglia. Ora mi preme continuare a delineare per brevi cenni il metodo religioso di don Vito.
   Nel settembre del 1957 Monsignore viene nominato Rettore del Seminario Vescovile di Comacchio, succedendo a Mons. Luigi Carli: questa è una ulteriore tappa fondamentale per cogliere lo spirito, il modo di porsi di don Vito in un ambito di responsabilità così importante e delicata quale è la formazione dei candidati al sacerdozio. E anche qui appare il “respiro nuovo ed ampio” che porta Monsignore a definire il suo decennio di rettorato come una “svolta” (p. 32), così descritta: “Mi sono sforzato di instaurare in seminario uno spirito di famiglia, considerandomi padre nei confronti dei seminaristi per aiutarli a realizzare la loro vocazione, e fratello nei confronti dei collaboratori ed insegnanti nella comune ricerca di quelle formule educative che meglio potevano tornare vantaggiose per la formazione seminaristica” (p. 33). I tempi tuttavia incalzano, a Roma si celebra il Concilio Vaticano II°, nuovi fermenti si affacciano nella società e nella Chiesa. Monsignore, vigile ed aperto come sempre, avverte il cambiamento ed annota: “Già il 26 luglio 1965, con mia lettera, avevo segnalato a mons. Mocellini le difficoltà del reclutamento per il seminario minore, ed anche le critiche che già si diffondevano nei riguardi dei superiori del seminario considerati dei “superati”. Al compiersi del mio decennio di rettorato, in data 12 febbraio 1967, io presentai al vescovo le mie dimissioni per fine giugno 1967, motivandole ‘non come una fuga dalle responsabilità, ma la logica conclusione di una mia personale riflessione , questa: per realizzare i nuovi adattamenti che i seminari minori esigono, s’impone anche il cambiamento delle persone’ ” (p. 34).
   Queste dimissioni sono un atto altamente significativo che da le dimensioni della sensibilità, della apertura e della generosa abnegazione di quel “respiro nuovo ed ampio” che ha legato come filo rosso il metodo religioso di don Vito e che ritroviamo puntualmente nell’ultima tappa, la più importante, delicata e prestigiosa, del suo servizio pastorale: la esperienza di Vicario Generale dal 1961 al 1987 (26 anni!), al fianco di ben quattro vescovi. Già questo dato è estremamente significativo e mostra la grande capacità di Monsignor Ferroni di ascolto paziente, di adattamento responsabile, di mediazione efficace. Questi 26 anni furono per la diocesi di Comacchio particolarmente densi di avvenimenti, di cambiamenti, di attese, di speranze e di delusioni: torneremo su questi aspetti. Monsignore ha attraversato questi eventi non da burocrate, ma da uomo di Dio vigile e sapiente, aperto e generoso.
   Nella omelia delle sue nozze di diamante, rivolgendosi ai sacerdoti suoi collaboratori e primi destinatari del suo servizio vicariale, così si esprime: “Non dimentico soprattutto voi, sacerdoti carissimi, confratelli anziani e giovani che mi avete accettato e sopportato per tanti anni; mi avete aiutato mirabilmente – nel mio servizio di rettore del Seminario e di vicario generale della ex Diocesi di Comacchio -  nei quali ho sempre ammirato ed apprezzato lo spirito di sacrificio e la dedizione al ministero, spesso ingrato, e la fedeltà nell’amicizia” (p. 99).


 

G. Tomasi, Mons VITO FERRONI
e L’OPERA SALESIANA
a COMACCHIO

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Giorgio Tomasi

    Per devozione e amicizia ho accettato volentieri l’incarico di parlarvi molto semplicemente di mons. Vito Ferroni e della presenza dei salesiani in Comacchio.
  Conosco mons. Vito Ferroni da almeno 70 anni e quando circa 15 anni fa mi chiese se volevo collaborare con lui a ricordare i salesiani gli risposi che la mia memoria era limitata all’infanzia. Età nella quale avevo frequentato l’oratorio, avendo anche il piacere di conoscere don Brusasca, a Comacchio dal 1932 al 1937, il direttore dell’oratorio salesiano, un sacerdote umile e paterno, amico di Don Bosco.
  Mons. Ferroni allora aprì un armadio e mi mostrò una quantità di scritti, lettere e articoli ben conservati. “Qui, mi disse, troverai tutta la storia dei salesiani di Comacchio, c’è solo da metterli in ordine. Falli vedere anche a mons. Samaritani che potrà fare il commento”.
E così nacque l’idea di scrivere il libro “I Salesiani e Comacchio”.
  Vito Ferroni è nato nel 1915 a Comacchio. Dotato di fede profonda e modesto di comportamenti, nel corso la sua lunga missione sacerdotale ha ispirato e ancora ne sono convinto ispira le menti e i cuori di molti nostri compaesani. Credo si possa dire che da ragazzo è stato spiritualmente allevato dai salesiani.
   La venuta dei salesiani a Comacchio è stata voluta dal vescovo Tullio Sericci, che ne aveva fatto una prima richiesta già a don Bosco nel 1886 e successivamente con insistenza al successore don Rua.
Mons. Sericci voleva che essi realizzassero un oratorio e una scuola di arti e mestieri per l’educazione e la formazione professionale dei fanciulli della città.
   Occorreva trovare un appannaggio economico sufficiente per il mantenimento e la crescita della famiglia salesiana.
Il problema fu in parte risolto grazie alla generosità della concittadina Teodolinda Pilati, la quale aveva personalmente conosciuto don Giovanni Bosco.
  Il primo sacerdote salesiano, don Notario, arrivò a Comacchio nel 1894, e in pochi anni nel 1899 crearono un oratorio che sarà forse il principale centro di formazione religiosa e di sviluppo della personalità per centinaia di fanciulli, nati e cresciuti durante la loro intensa attività missionaria in città.
  I sacerdoti erano evidentemente dotati di una preparazione culturale capace di convivere con le più varie differenze di carattere dei ragazzi. Inoltre essi erano riusciti a formare e unire un gruppo di giovani moralmente solidi, ai quali avevano affidato il compito di sorvegliare che durante i giochi spesso molto vivaci non insorgessero litigi o scontri violenti.
   All’oratorio un gruppo di giovani attori metteva in scena commedie a volte serie a volte burlesche, aperte a tutti con grande successo di pubblico.
  Don Brusasca, don Rubino, don Pietro Cabiati sono stati ricordati a lungo con sincera gratitudine dalla popolazione comacchiese, che comprendeva ed apprezzava l’educazione morale, religiosa e anche scolastica che trasmettevano alla gioventù.
Per aiutarli si era formato in paese un gruppo di Dame Patronesse che offrivano cooperazione e aiuto economico.
  L’educazione ricevuta e soprattutto l’esempio di vita ha certamente reso tutti coloro che li hanno conosciuti degli uomini migliori. Fra essi desidero ricordare in particolare quelli che sarebbero divenuti sacerdoti: don Gaetano Carli, don Appiano Guidi, don Gino Cinti, un grande studioso e benemerito storico di Comacchio come mons. Antonio Samaritani, i vescovi Giacinto Tamburini e Luigi Maria Carli.
  Un ricordo particolare merita il salesiano don Francesco Mariani che durante la guerra 1939 – 1945, incurante del pericolo a cui si esponeva a causa delle milizie tedesche, diede ospitalità e aiuti economici a numerosi prigionieri inglesi in fuga da campi di concentramento.
Giustamente nel 1955 l’amministrazione comunale riconobbe il suo grande eroismo e gli conferì la medaglia d’oro al valor civile.
  L’oratorio fu veramente una resurrezione per un paese allora povero e da secoli isolato dalle valli, ma ricco di bambini.
  Quale combinazione migliore, formatori entusiasti della fede e giovani cuori ancora puliti.
Ma il paese povero non offriva ai salesiani risorse economiche sufficienti alla loro missione. Così vivevano miseramente di saltuarie offerte.
   La congregazione salesiana riteneva necessario che alla famiglia dei sacerdoti salesiani di Comacchio fosse affidata la cura di una parrocchia.
Il vescovo Mosconi nel 1953 aveva promesso quella del Rosario.
Seguirono tentativi di accordi che però non trovarono soluzione. Per questo nacquero e si approfondirono degli attriti fra la congregazione salesiana e l’amministrazione diocesana. Attriti che dopo 62 anni di permanenza salesiana in città, si conclusero con la chiusura dell’oratorio e la partenza dei sacerdoti il primo dicembre 1956.
   Un grande malumore era diffuso tra la popolazione.
Si costituì un comitato di exallievi salesiani e ad esso si associò anche il vescovo. Si scrisse al papa e al rettor maggiore salesiano. Anche il sindaco di Comacchio scrisse al rettore.
   Ma la decisione salesiana evidentemente era stata presa dopo una matura valutazione della situazione comacchiese e soprattutto per la mancato affidamento della parrocchia del Rosario. Così scrisse agli exallievi salesiani di Comacchio Antonio Zarattini (fratello di mons. Giuseppe Zarattini)  il giorno stesso del suo incontro con il rettor maggiore dei salesiani il primo dicembre 1956.
   Alla fine del 1957 entra in scena don Vito venuto a Comacchio, essendo finito il suo mandato di arciprete a Massafiscaglia, ove risiedeva dal 1948.
Nominato vicario generale della diocesi nel 1961 e direttore diocesano del movimento salesiano, inizia rapporti epistolari con il delegato salesiano regionale don Ceresa.
Nel 1978 l’arcivescovo di Ferrara e vescovo di Comacchio mons. Franceschi scrive al sindaco di Comacchio proponendo modifiche al piano regolatore, per poter dare ai salesiani attività sportive in valle Raibosola.
   Nel 1980 mons. Ferroni scrive ancora all’ispettore salesiano sollecitando l’invio di salesiani nella nuova parrocchia di valle Raibosola. E finalmente l’11 gennaio 1981 al salesiano don Gianni Caimi viene affidata la parrocchia di valle Raibosola, dopo una assenza di 25 anni.
Per la popolazione tutta e soprattutto per il numeroso gruppo degli exallievi salesiani fu una vittoria di mons. Vito Ferroni.
   Un articolo del primo settembre sul Bollettino Salesiano intitolato “Don Bosco ritorna a Comacchio” dà un giusto riconoscimento e scrive “chi più di tutti si è impegnato per riavere don Bosco a Comacchio è il vicario mons. Vito Ferroni”.
   C’era veramente da rimanere meravigliati al vedere l’entusiasmo che don Gianni sollevava tra la persone di qualsiasi età e di ogni credo politico.
Purtroppo l’arrivo del sacerdote era semplicemente una missione esplorativa. I dirigenti della congregazione ritenevano che venisse loro affidata una parrocchia estesa che potesse ospitare e sostenere una famiglia salesiana numerosa, di almeno 4 – 5 sacerdoti, che avrebbero creato un centro educativo e sportivo per i giovani di Comacchio.
Mons. Ferroni ancora una volta fece insistenti pressioni sui dirigenti diocesani perchè si venisse incontro alle richieste dei superiori salesiani.
Ma la diocesi di Comacchio, dopo un’esistenza di 1.500 anni, era arrivata alla sua fine.
Fine che venne segnata da un decreto pontificio dell’8 ottobre 1986, che decideva la chiusura del vescovado di Comacchio.
   Tramontò così anche la possibilità che i salesiani avessero una adeguata sistemazione.
L’8 dicembre 1987 don Gianni dovette obbedire ai superiori e abbandonò la città.
Ricordo le lacrime sincere che rigavano il volto di molte persone che assistevano alla sua messa di addio.
   Ma la cura pastorale di mons. Vito Ferroni per il suo gregge non venne meno. Egli riuscì a mantenere in una associazione di circa 200 – 250 exallievi salesiani la devozione verso Don Bosco, invitandoli a partecipare a conferenze ecclesiastiche e incontri mensili.
Tuttora gli exallievi sono almeno un centinaio e con gratitudine pensano a mons. Vito Ferroni che con le sue solide convinzioni li ha mantenuti sulla retta via morale e religiosa.
    Grazie mons. Vito Ferroni e grazie a voi ascoltatori. GT

    Risaltava la sua tenacia di voler comunque trovare sempre l’aspetto positivo in ogni situazione guidato da quel “respiro nuovo ed ampio” della sua formazione e anche, bisogna sottolinearlo, da un grande senso di umiltà avulso da ogni ambizione carrierista: scrive a riprova: “Qualcuno, osservando i miei 60 anni di sacerdozio (…) potrà pensare che io abbia lavorato per fare carriera. E’ un’ipotesi che non regge. Io sono il prete che ha desiderato sempre e solo di fare il parroco. I miei incarichi li ho sempre conseguiti esclusivamente per chiamata dei superiori” (p. 27). Ulteriore conferma di quest’ ultimo aspetto sono le varie lettere di dimissione dai propri incarichi presentate da Monsignore ai vari Vescovi, specie in occasione dei loro avvicendamenti, riportate in appendice nel libro da pag. 100 a pag. 104.    A conclusione di questo punto mi piace riportare una affermazione di Don Vito, in riferimento alla sua mancata nomina ad arciprete della cattedrale di Comacchio nel 1941, che a mio parere sintetizza molto bene il suo metodo religioso, definito come di “taglio pastorale più conciliante che politicamente combattivo, più formativo che impegnato nel sociale” (p. 26). Quasi per paradosso, questa definizione mi permette di introdurmi nel secondo punto della mia relazione.

    2. La sua opera per il recupero del peso socio-educativo della Chiesa locale.
    Due premesse veloci a questo aspetto importante dell’opera sacerdotale di Monsignor Ferroni: - Anzitutto è da notare che, salvo casi molto eccezionali, l’opera di qualsiasi sacerdote, soprattutto se a diretto contatto con la gente come, ad esempio, quella di un parroco in genere, pur essendo specificamente religiosa nelle motivazioni di partenza e nelle finalità, ha comunque un risvolto socio-educativo più o meno accentuato e caratterizzato, a seconda delle circostanze di persone, di luoghi e di tempi. - Seconda premessa: proprio a questo riguardo, sarebbe indispensabile un chiaro e puntuale riferimento alle situazioni e condizioni sociali e culturali che formano il contesto ambientale in cui l’opera pastorale di Monsignore si colloca e con cui inevitabilmente interagisce. E, ahimè, questo riferimento non sono, purtroppo, in grado di offrirvelo. Come dicevo, devo limitarmi ai pochi elementi cui si accenna nel libro di Don Vito.
   Affidiamoci alla testimonianza di Monsignore, il quale, riferendosi alla sua opera a Massafiscaglia, nel dopoguerra, scrive: “Sono riuscito a sanare tante situazioni matrimoniali irregolari, a portare in chiesa tanti uomini, ad entrare in tutte le famiglie, se non per ragioni spirituali, per ragioni umanitarie come: far ottenere la pensione di guerra o di vecchiaia, aiutarli a fare la denuncia dei redditi, ad ottenere l’assegnazione di un podere del Delta ecc. Tutte le vie erano buone pur di arrivare a dialogare, a parlare di Dio a chi non ci pensava” (p. 28). Queste erano situazioni non solo frequenti ma addirittura comuni nelle nostre terre in quei tempi e la Chiesa con i suoi sacerdoti, i suoi mezzi limitati, le sue strutture, si è resa presente fattivamente, senza clamori. Era comunque sempre la finalità religiosa la molla, come sottolinea Don Vito, aggiungendo che queste esperienze sono servite “a realizzare la mia personalità di pastore (…), a toccare con mano, da vicino, le fatiche, le croci della gente, a lottare con loro contro le ingiustizie e i soprusi, ma anche a godere con loro per le nascite, i successi dei figli, i matrimoni, ecc.”(p. 28-29).
   Già abbiamo visto Monsignore impegnato per lunghi periodi come Assistente dell’Azione Cattolica e in questa veste ha notevolmente contribuito alla formazione cristiana e quindi anche umana e culturale specialmente della gioventù, sia a Comacchio che a Massafiscaglia e in tutta la diocesi e annota: “ Assieme agli assistenti diocesani dei rami e ai dirigenti curammo molto la cultura religiosa e la formazione cristiana” (p. 30). E ancora: “Il mio impegno era soprattutto rivolto alla cultura religiosa, ai corsi di esercizi spirituali, specie per la gioventù, all’organizzazione dell’annuale convegno o assemblea diocesana” (p. 28).
   A rimarcare la ispirazione religiosa che, in maniera limpida e lineare, ha sempre guidato l’operato di don Vito, merita segnalare quanto scrive a riguardo del rapporto tra attività pastorale della Chiesa e gli organismi politici. Cito abbondantemente: “Avevo imparato che l’A.C. andava mantenuta al di sopra e al di fuori di ogni movimento politico e solo diretta a formare dei cattolici praticanti e degli apostoli per la diffusione del regno di Dio. Durante il mio servizio pastorale a Massafiscaglia e sempre nel mio ministero per l’A.C. diocesana tenni presente questo principio e mai confusi l’A.C. con la politica. (…) Quanto ai Comitati Civici mi sono limitato ad accettarli e a permettere che svolgessero il loro servizio pubblicitario in parrocchia, ma autonomamente. (…) La comunità di Massafiscaglia, allora, era rossa più che mai. Era necessario non confondere l’attività religiosa con quella civile e politica. (…) Più che attività di propaganda facemmo preghiere e sensibilizzammo i pochi credenti che frequentavano la Chiesa. (…) I tempi erano difficili e pericolosi: bisognava difendere soprattutto la libertà della Chiesa” (p. 30-31).

    3. Il suo testamento per la “diocesi” di Comacchio.
    Nel libro intervista di Monsignor Ferroni ci sono due temi delicati, che, sia le domande dell’intervistatore che le risposte dell’intervistato mettono in relazione tra di loro: la contestazione sessantottina in senso lato e la fine dell’autonomia della diocesi di Comacchio in quanto tale. Io, ovviamente, debbo limitarmi a relazionare, pur avendo vissuto abbastanza da vicino quegli eventi.
  Scrive Monsignore: “La contestazione cominciò nel 1964 con il rifiuto da parte di alcuni giovani prossimi al sacerdozio di venire a trascorrere le vacanze, come era consuetudine, nella villa del Seminario a Loiano (BO) ed ebbe una manifestazione clamorosa a Vallombrosa (FI) durante una serie di incontri estivi sul tema della “pastorale” e si concretizzò nei fatti pratici particolarmente negli anni 1969-1975. Io interpreto quel periodo – in sé - (continua Monsignore) come ricco di grazia per la chiesa comacchiese e da ricordare come uno dei più vivi ed efficienti anche se turbato da comuni difficoltà. In ordine alla temuta fusione della diocesi è certo che la contestazione dell’ultimo periodo (1964-1969) dell’episcopato di Mons. Mocellini lo indusse a chiedere alla Congregazione dei Vescovi, nella seconda visita ad limina del 1967, quale era la sorte della diocesi di Comacchio: se l’autonomia o la fusione con Ferrara. Credo che la contestazione sessantottina abbia affrettato la nomina dell’amministratore apostolico nella persona di Mons. Mosconi, allora arcivescovo di Ferrara” (p. 39-40).
  Fin qui la parola di Monsignore. Io penso, a questo punto, che meriti di essere riportata parte della domanda numero 16 di pagina 41: “Come visse quegli anni segnati da disobbedienze disciplinari e da gruppi contestatori che portarono il vescovo a chiedere a Roma la fusione della diocesi di Comacchio con Ferrara, anche per carenza di sacerdoti e di risorse economiche?”.
   Ci sarebbe da chiedersi quanto quell’ “anche per” renda giustizia alla gerarchia dell’importanza delle cose citate in domanda. Monsignore, tra l’altro, risponde: “Tutti abbiamo sofferto in quel troppo lungo travagliato periodo e Monsignor Mosconi più di noi. (…) Le sue decisioni trovarono opposizione nei laici di Comacchio che diedero vita, a sua insaputa, ad un ‘Comitato per il vescovo residenziale a Comacchio’ e che il 13 agosto 1970, festa del patrono San Cassiano, inviarono un esposto al S. Padre chiedendo un vescovo residenziale. Mons. Mosconi ne fu fortemente amareggiato e minacciò le dimissioni. Io, vivendo accanto a Mons. Mosconi che ho sempre profondamente amato ed ammirato per il suo zelo, la sua fede, la sua generosità senza limiti, ho condiviso le sue pene, ma non sempre le sue scelte e decisioni. Esistono, nell’archivio della Curia, le mie lettere di dissenso e i miei interventi in Consiglio presbiterale che confermano quanto vi dico” (p. 41-42).
  
   Credo importante ed illuminante riportare per esteso quanto Monsignore lesse davanti ai membri dei Consigli presbiterale e pastorale della diocesi, riuniti in seduta congiunta il 7 novembre 1974:
  “1 - Sono convinto che la Chiesa svolge la sua missione di evangelizzazione e di santi­ficazione più facilmente in una Diocesi di modeste proporzioni che in una Diocesi vasta. Non mi fermo a darne le ragioni che sono facilmente intuibili.
  2 - Come sacerdote nato a Comacchio e che ha esercitato in Diocesi di Comacchio il ministero pastorale per ben 36 anni, ricon­fermo il mio amore alla Diocesi, e manife­sto il mio rammarico nel constatarne la smobilitazione e l’ormai imminente fine.
  3 - Mi è stato riferito che la maggioranza del clero diocesano ha espresso la volontà, per motivi diversi - credo preminente quello di  una miglior sistemazione pastorale ed eco­nomica del clero giovane - di una unione totale con Ferrara; non mi oppongo alla volontà della maggioranza che oggi trova corrispondenza anche nella volontà della S. Sede manifestata attraverso documenti a S. E. Mons. Arcivescovo, nostro Ammini-strato­re Apostolico, e mi dichiaro lealmente disponibile al lavoro che deve portare all’u­nione.
  4 - Esprimo il voto che si tratti di una unione totale che - pur tenendo presenti le diversità sociologiche delle nostre popola­zioni - non mantenga in piedi discrimina­zioni o diffidenze, ma tenda, gradualmente, da parte nostra e di Ferrara, alla unione totale e completa nel reciproco rispetto e nella generosa collaborazione” (p. 69).

   All’amministrazione apostolica di Mons. Mosconi fece seguito, nel 1976, la designa-zione di Monsignor Filippo Franceschi ad Arcivescovo di Ferrara e a Vescovo di Comacchio, con due nomine distinte. Monsignore scrive: “La sua nomina a vescovo di Comacchio, avvenuta dopo una così lunga amministrazione apostolica e con bolla distinta da quella di arcivescovo di Ferrara, pur comportando l’unione nella sua persona delle due diocesi, mi illuse che potessimo conservare l’autonomia della diocesi. (…) Perché non sperare?” (p. 43). Fu quella una speranza breve. Mons. Franceschi, ormai in partenza per la sua nuova sede vescovile, Padova, “dovendo rispondere al Card. Baggio, prefetto della Congregazione dei Vescovi, che gli aveva mandato per conoscenza e con richiesta di un suo parere in merito, una copia della supplica inviata al S. Padre dai nostri Consigli Presbiterale e Pastorale, mi chiamò e mi informò che avrebbe risposto, contrariamente a quanto io speravo, che la diocesi ‘mancava di effettive strutture e del necessario ad una vita autonoma’ ” (p. 44).
   Ed arrivò nel settembre 1986, da attuare nel maggio 1987, il decreto romano della fusione delle due diocesi di Ferrara e di Comacchio nella Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. Questa la valutazione di Monsignor Ferroni: “A malincuore obbediamo… E’ forte il timore di una caduta pastorale e religiosa. Oggi, a dodici anni dal provvedimento, già si riscontra, almeno nel nostro territorio, un calo di interesse per tutto quello che è vita cristiana. Sì, durante questi dodici anni sono nate a Comacchio due nuove istituzioni: il 21 settembre 1988 l’Istituto di Cultura ‘Antica Diocesi di Comacchio’ per la salvaguardia dei grandi valori culturali del nostro territorio, e l’8 dicembre 1993 la Confraternita Santa Maria in Aula Regia per conservare ed accrescere, se è possibile, la devozione alla Madonna e la pietà popolare. Mi auguro vivamente che servano a vivificare il tessuto religioso del nostro popolo” (p. 46).
   Sollecitato dall’intervistatore a condividere il suo sogno per Comacchio (vedi domanda n.19 di p. 47), Monsignor Vito così risponde: “Coltivo il ‘sogno’ che Comacchio possa riavere, col tempo, la sua ‘autonomia’, con un vescovo proprio, il suo seminario e tutte le attività pastorali che hanno reso glorioso il nostro passato sia come vita religiosa sia come organizzazione. Ovviamente è un ‘sogno’, ma lasciatemi morire ‘sognando’. Nulla contro Ferrara. La ‘fusione’, l’accentramento di tutte le attività a Ferrara: tutto conforme alla volontà della Chiesa italiana in questo momento storico, ma sappiamo che la storia ha i suoi ‘ritorni’, è già avvenuto in passato, può ripetersi in futuro, perché non è detto che la Chiesa non si accorga che le diocesi di media grandezza, come era Comacchio al momento della ‘fusione’, servano meglio alla evangelizzazione delle diocesi vaste e popolose” (p. 49).
   Giunto al termine di questa carrellata di citazioni, mi rendo conto quanto essa sia lacunosa e parziale: rinnovo la mia richiesta di scuse alla Vostra bontà e pazienza. Mi piace concludere con alcune parole pronunciate, quasi come un commiato, da Monsignor Vito Ferroni nella omelia per il suo giubileo di diamante nella concattedrale di Comacchio il 17 luglio 1998: “Ho servito Dio e la Chiesa ininterrottamente per 60 anni: ho lavorato con le ginocchia, pregando; con la mente escogitando ogni mezzo per annunciare le verità del vangelo, ma soprattutto ho lavorato con il cuore, amando sinceramente, e volendo bene – sempre – a quanti Dio mi ha fatto incontrare, a Comacchio, a Massafiscaglia, ovunque sono andato come sacerdote, da Volano a Spina, da Gorino a Medelana, prima della fusione, ed ora nell’intera diocesi di Ferrara-Comacchio” (p. 98). Don Piergiorgio Zaghi


CARTA DI AMSTERDAM, 1705

La carta di Amsterdam, utilizzata da Napoleone per la campagna d'Italia del 1798 ( qui sotto riportata) dà un'idea efficace del territorio della ex-Diocesi, in quanto coincideva largamente con quello del Delta Po (a sud del Po).
  Le parrocchie storiche, sia pur acquisite in una successione temporale, erano: Comacchio, Vaccolino, San Giovanni, Campolungo, Ostellato, Libolla, Pomposa, Codigoro, Mezzogoro, Massenzatica, Lagosanto, Mesola, Bosco Mesola, Goro, Medelana, Rovereto, Alberlungo, Migliarino, Migliaro, Santa Margherita, Fiscaglia e Massafiscaglia.
  Le località cerchiate sono relative a parrocchie storiche, salvo alcune acquisite più di recente, come Medelana (1947).
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EDIZIONI PRECEDENTI

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Un altro caso su cui discutere nel nostro Ateneo

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Adriana Galvani


Lasciata scadere una "idoneità"  a "Professore Associato".
Per  Geografia non c'era un  posto di II Fascia

  La Dr.ssa Galvani è Ricercatrice di Geografia Economica presso la Facoltà di Economia.
  Ella, pur avendo ottenuto l'idoneità, punti 5/5, nel settore M-GGR-01 presso l'università di Macerata, non è stata inquadrata come "professore associato" per l'insegnamento di Geografia dalla propria Facoltà di Economia, prima della scadenza della validità dell'idoneità.

Nota. Risulta che il mancato inquadramento sia stato determinato dalla valutazione della Facoltà, Preside il prof. GianLuca Fiorentini, di non ritenere necessario destinare alla Geografia un posto di IIa Fascia. 
  Si direbbe sorprendente questa motivazione nei tempi odierni in cui, in tutto il mondo, è centrale la lotta per il clima, e dunque per la difesa ambientale, posto che la geografia è la base nello studio dell'ambiente, della pianificazione economica e  dello sviluppo eco-sostenibile.
  Quanto avvenuto è anche colpevole perchè, non solo, c'era la disponibilità di budget, ma la candidata (in caso di inquadramento in IIa Fascia), sarebbe costata all'Ateneo meno di prima, per il fatto che sarebbe stata collocata al I° livello stipendiale dei prof. associati, che è più basso di quello di provenienza. In tal caso, infatti, la legge prevede l'attribuzione di un assegno ad personam, così da far percepire una retribuzione uguale a quella di provenienza. Così, per tanti anni fino a far recuperare (all'Università) il credito (assegno ad personam). In pratica, per il personale avanti con l'età, il recupero non avviene neppure totalmente, perchè maturano gli anni per la collocazione in quiescenza.
Questa anomalia, per cui ad uno viene negato l'inquadramento per motivi pretestuosi di costo, era stata a suo tempo rappresentata dai sindacati al Rettore Calzolari e al Direttore Amministrativo, come ingiustizia generale che colpisce tutti i ricercatori e associati anziani. Egli si era impegnato a correggerla, ma poi non mantenne. Nino Luciani

Profilo scientifico e didattico di Adriana Galvani
(Fonte: http://www.unibo.it/SitoWebDocente/default.htm?upn=adriana.galvani%40unibo.it&TabControl1=TabCV )

  - Ricercatore di Antropogeografia, con idoneità a professore associato, alla Facoltà di Economia di Bologna, dove tiene gli incarichi di Geografa del Turismo al corso teledidattico NETTUNO e di Sociologia del Turismo alla Facoltà di Lingue.
  - Incaricata dell'insegnamento di Project Management e di Didattica della Geografia presso l'Università di Bolzano.
- Svolge l'insegnamento di Ecoturismo presso l'Università di Scutari in Albania.
- Ha numerosi titoli post-laurea e parla cinque lingue.
- Conta 300 pubblicazioni in tre lingue, tra cui quattro volumi ed è nel comitato scientifico di quattro riviste, di cui tre straniere, oltre a collaborare con altre riviste ed associazioni scientifiche.
-  E' direttore didattico del consorzio interuniversitario di formazione INFORMENT.
- Ha gestito una summer school ed ha insegnato alla SSIS e al CTS.
- E' coordinatrice di tre progetti Erasmus ed ha avuto borse COMETT, LEONARDO, COST, Socrates, Grundtvig.
- Collabora al progetto CNR Italia-Cina di gestione integrata e comparata delle coste ai fini della salvaguardia costiera. E' membro di UNeECC, gruppo di studio sulle capitali europee della cultura.
- Esperto valutatore per l'Unione Europea per "the Education, Audiovisual and Culture Executive Agency in the framework of the management of the Community programmes in the fields of education, audiovisual, culture, youth and citizenship".
- Ha vinto una selezione per progetti dell'European Science Foundation e due selezioni della National Science Foundation degli USA in cui è l'unica italiana.
- Diploma di merito scientifico della National Science Foundation della Georgia;
- Collabora con l'Università di Cluj Napoca (Romania) per progetti di sviluppo territoriale e con European Travel Commission e con la UNWTO.
- Partecipa ai progetti di sviluppo della ECOSOC (Commissione Economico Sociale dell'ONU).
- Coordinatore del gruppo Tourism, Travel, Transport dell'European Association of Geographers, dove è l'unica italiana.
- Fa parte dell'European Tematic Network HERODOT.
- E' stata visiting Professor alla Freie Universität di Berlino, alla University of Scutari (2003, 2006, 2007, 2009), a Yale, Wien, Monash (Melbourne), ANU (Canberra), UHA (Mulhouse), al Karolinska Insitute of Stockholm, Oujda (Morocco), all'Autonoma de Madrid, a Waseda (Tokyo), alla Brown University (Providence-USA), a University of Chicago, University of Auckland, University of Girona, University of York (UK), University of Granada.

Elenco delle Pubblicazioni
1) Storia del vecchio catasto ferrarese, in «La Pianura», n.4, Ferrara, 1985, pp.74-75.
2) Tipologia del sistema di vendita al minuto in provincia di Ferrara, La Pianura, n.1, Ferrara, 1986, pp.49-51.
3) Una fotocopia per la geografia, In «Scuola e Didattica», Anno XXXI, n.8, 5 gennaio 1986, pp.38-39.
4) I tetti di Montagna, In «Economia e Ambiente», Anno V, n.1-2, gennaio-giugno 1986, pp.79-86.
5) Il censimento delle abitazioni, Ferrara, 1986, n. 8-9, pp. 41-44.
6) Il post-industriale a Ferrara, La Pianura, n.3-4, Ferrara, 1986, pp. 41-44.
7) Andamento e fenomeni dei matrimoni a Viterbo, in «Tuscia Economica», n.1, 1986, pp.21-23.
8) Nota sullo Stato Civile degli Ampezzani, Cortina Oggi, Anno XI, n.3, marzo 1986, p.15.
9) Proposte per il tempo libero uno Cortina, Cortina Oggi, Anno XI, n.6, giugno 1986, pp.9-11.
10) La Pianura ferrarese ricca e fertile Come la favolosa California, A Ferrara n.71986, p.13.
11) A Ferrara la coppia resiste: solo l'1% di separati o divorziati, Ferrara, 1986, n.8-9, pp.45-46.
12) Disoccupazione uno Cortina? Cortina Oggi, Anno XI, n.11, pag.11 novembre 1986,.
13) Cortina nel Mirino degli esperti stranieri, Cortina Oggi, Anno XI, 12, dicembre 1986, pp.13-14.
14) Lo sviluppo edilizio dei Lidi di Comacchio, La Pianura, n.4, 1987, pp.42-49.
15) Economia e psicologia nel movimento turistico di Cortina d'Ampezzo, In Atti del Coll. Intern: "Immagine soggettiva e ambiente", Milano, Unicopli, 1987, pp.415-424.
16) L'invecchiamento della Popolazione Ferrarese-Tendenze e Squilibri territoriali, La Pianura, n.3, Ferrara, 1987, pp.36-47.
17) Désequilibres dans l'edificazione di una zona d'une récent développement touristique, In «Atti del Convegno UGI»: «Le développement du tourisme dans les espaces voisins des grandes de zone touristique frequentazione", Sousse, ONTT, 1987, pp.132-152.
18) Origine et mouvements de la main-d'oeuvre touristique à Cortina d'Ampezzo, Universite 'de Lille, «Hommes et Terres du Nord», n.4, 1987, pp. 240-246.
19) La nuova mappa dei servizi nel territorio ferrarese, La Pianura, n.1 Ferrara, 1988, pp.19-27.
20) Nota sull'antropizzazione Litoraneo del territorio emiliano, in Bondesan M., Elmi C., Nesci O., Dal Cin R., Veggiani A., (a cura di) «Guida alle escursioni»Del Gruppo Nazionale di Geografia Fisica e geomorfologia, Riccione-Delta del Po, 21-24 giugno 1988, Bologna, Lo Scarabeo, 1988, pp. 83-89.
21) Consistenza e della provenienza turistica Manodopera uno Cortina d'Ampezzo, In Rassegna di Studi Turistici, Anno XXIII, n.3-4, luglio-dic. 1988, pp. 255-277.
22)Tra passato e futuro Turismo, in "Atti del Convegn Naz.:« Turismo e ambiente Nella società post-»Industriale, Milano, 9-10 marzo 1989, Milano, FAST-TCI, 1989, pp.273-282.
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152) Nuove icone in Tourism, in Asian Journal of Tourism and Hospitality Research, Universidad de Castilla-La Mancha, Anno I, n.2, 2008, pp104-117.
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Relazioni e Recensioni
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3) Relazione del Colloquio Internazionale sul tema: "Immagine soggettiva e ambiente-Problemi, applicazioni e strategie della ricerca»,« Geografia », Anno X, n.1, Genn.-mar.1987, pp.36-37.
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5) Relazione del I Convegno Intern. di Studi su: "La dinamica dei rapporti nei Paesi Montani", Cortina 24-9-88, Cortina Oggi, Anno XIII, n.12, dicembre 1988, p.15, e Anno XIV, n.1, gennaio 1989, p .16.
6) XIX Giornate di Geografia del Turismo in Francia, In «Geografia», Anno XIII, n.4, ott .- dic.1990, pp.137-139.
7) Relazione del Convegno Internazionale: "Dolomiti Domani", Cortina, 24-25 agosto 1990La Geografia nelle Scuole »XXXVI, 1991, n.1, pp.86-88.
8) Relazione del "Primo Festival Internazionale di Geografia:"Una festa Attorno alle scienze della Terra e dell'Uomo»,« La Geografia nelle Scuole », XXXVI, 1991 n.1, pp.85-86).
9) La repubblica monastica del monte Athos in Grecia, Di R. Majacos, «Geografia», Anno XIV, (1991), n.4, p.126.
10) Relazione del Convegno: "Per il futuro dell'ambiente urbano: il Libro Verde della Comunità Europea ", in «Geografia», Anno XV, n.4, aprile-sett.1992, p.67.
11) Méditerrannée et tourisme, Di JPLozato-Giotart, «Boll.Soc.Geogr.Ital.», Roma, Serie XI, vol.IX (1992), n.7-9, luglio-sett., Pp.587-589.
12) Cortina - Vista da Cortina "Capital-da vista Cortina" Sci ", in «Cortina Oggi», Anno XVI, n.3, marzo 1994, p.13.tr
13) L'insegnamento della geografia Nelle università tedesche, in «La Geografia nelle Scuole», XIL, n.5 sett.-ott. 1994, pp. 269-271.
14) Turismo Alternative di V. Smith, e Eadington R., in «Annali di Ricerche e Studi di Geografia», Bologna, Anno L, n.1-2, gennaio-giugno 1994, pp. 31-33.
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18) La Conferenzaannuale della associazione geografica, Relazione della Conferenza: "Challenging Geografia", Londra 2-4 aprile 1997, in «Rivista Geografica Italiana», Anno CIV, fasc.4-Dic. 1997, pp.692-694.
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22) I valori didattica della geografia Nella, In «La Geografia nelle Scuole», XLIII, (1998), pp. 41-43.
23) Il Simposio di Oporto sulla didattica della geografia, In «La Geografia nelle Scuole», XLIV, (1999), n.1, genn-febbr. pp. 19-20.
24) EcoNETT, in «La Geografia nelle Scuole», XLIV, (1999), n.4, luglio-ag.1999. pp. 92-93.
25) Il programma "Green Globe", in «Rivista Geografica Italiana», Anno CVI, fasc.4-Dic. 1999, pp. 630-632.
26) La VII Conventiondi "Delta chiama Delta", in «Rivista Geografica Italiana», Anno CVII, fasc.2-Giugno 2000, pp. 276-279.
27) Nota Alcune Sulle attività del Congresso Internazionale UGI di Seoul, , in «Boll. Soc. Geogr. It. », Serie XII, Vol.VI, n.1-2, Genn-Giugno 2001, pp. 279-281.
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48) Tremmel J.C., (a cura di), Manuale di giustizia intergenerazionale, Cheltenham, Elgar Edwards, 2006, in «Journal of Sustainable Tourism», Sheffield (UK), vol.16, n.2, 2008, pp.252-255.
49) Un Simposio Sull'evoluzione Italia-Cina e la Tutela delle zone costiere, In «Boll. Soc. Geogr. It. », Serie XIII, Vol.I n.1, Genn.-Marzo 2008, pp. 210-211.
50) L. Steward, Viaggiare si spera. A Golden Age of Travel Writing, London, Theniju, 2006, 306 pp. in «Annali di Ricerche e Studi di Geografia», Bologna, Anno LXIII, (2007), n.3-4, luglio-dicembre 2007, pp. 101-103.

 

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Francesco Chiodo

Nel nostro Ateneo è scoppiato il caso "CHIODO",
ovvero:

G. Ghetti*, IL PROBLEMA DELLA SALVAGUARDIA DELLE "SCUOLE"
quando tutto (anche il ddl del Ministro)  ti rema contro

* Ordinario di diritto pubblico, dell'Università di Bologna

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Giulio Ghetti


Giulio GHETTI, Il caso "Chiodo" e il problema delle "Scuole"

1.- UNA NECESSARIA PREMESSA. In un tempo assai lontano, che ci appare quasi appartenere alla preistoria, le Università si distinguevano tra loro per la presenza di "maestri" cui il titolo spettava, perché riconosciuto dalla comunità scientifica a motivo della originalità delle loro ricerche e dell'impegno nella vita accademica; intorno ad essi si formavano "allievi" legati da un idem sentire che andava al di là del credere in certe teorie o in altre, e si estendeva al modo di vivere e di operare non solo nell'Università.
   Maestri e allievi formavano le Scuole, e i risultati della ricerca in esse svolto era poi trasferito in una didattica di alta qualità. Le Scuole e chi le componeva costituivano l'Accademia, e cioè l'eccellenza all'interno del mondo universitario.
  Intorno agli anni '70 del secolo scorso nelle Facoltà di Medicina molti "maestri" erano in realtà "baroni", e giustificavano questo mutamento di status con la necessità di avere allievi ubbidienti e ligi perché l'assistenza sanitaria - abbinata all'essere docenti universitari - lo richiedeva visto che alla fin fine ogni responsabilità ricadeva sul "maestro" che era pure primario ospedaliero; le Scuole mediche divennero così "gruppi di potere/pressione" e i baroni premiavano i loro vassalli per motivi che quasi sempre ben poco avevano a che fare con la meritocrazia scientifica, e ingaggiavano guerre con altre pseudoscuole per la conquista del territorio (gli ospedali).
   Tutto questo avvenne nelle Facoltà mediche e in qualche più limitata misura si trasferì ad altre Facoltà; certo è che portò ad una situazione generale deprecabile e deprecata la quale favorì la riforma generale attuata con il d.p.R. 382 del 1980: abbiamo scritto "situazione generale" perché non si riparò la situazione delle sole Facoltà di Medicina e cioè non si incise la dove era il bubbone, ma si fece di ogni erba un fascio e si gettarono le basi della situazione a cui oggi vorrebbe in parte porre rimedio il progetto di legge Gelmini.

2.- UNA ULTERIORE NECESSARIA PREMESSA. Sempre in quei tempi le Università erano poche e pochi erano i professori universitari, tanto che erano definiti gli happy few. Fra queste persone di notevole livello vigevano regole di educazione e di comportamento anche amministrativo, per cui era tra l'altro tipico che in ogni Facoltà venisse riconosciuto al docente che aveva ben meritato, una sorta di diritto di indicare il proprio successore affinché potesse realizzarsi la continuità didattica e di ricerca, e al contempo garantire i più giovani tra gli allievi che rimanevano orfani del "maestro". Nella mia esperienza anche questa regola di vita comune si è andata affievolendo dopo il d.p.R. 382/1980, e oggi non viene più rispettata, se non in casi sporadici, per lo più come effetto di un pesante "gioco di corridoio".

3.- IL CASO "CHIODO". La Facoltà di Medicina di Bologna ha avuto spazio, spesso, sulla stampa non solo locale per i comportamenti di alcuni suoi docenti in materia di concorsi.
  E' accaduto in questi giorni che la stampa ha dato risalto ad una situazione denunciata da un illustre docente medico bolognese, Francesco Chiodo, che è stato professore ordinario di malattie infettive e direttore dell'Istituto di malattie infettive dell'Università di Bologna: a lui, tra l'altro, è attribuito un particolare contributo alla scoperta della possibilità di una significativa riduzione del tasso di infezione HIV nei bambini nati con parto cesareo, rispetto ai nati per via naturale.
   Per "caso CHIODO" si intende quel grido di dolore che egli ha lanciato quando, per essere andato in quiescenza per sua volontà un anno prima della scadenza giuridica (per inciso: durante il Rettorato Calzolari si è cercato in ogni modo di ottenere questo brillante risultato di allontanare anzitempo i migliori, motivandolo con ragioni di maggior costo del docente anziano), ha visto contrapporre al proprio allievo un SUCCESSORE, che non proviene dalla sua Scuola, anzi viene da fuori.
   Il concorso non si è ancora svolto, ma la relativa certezza denunciata da Chiodo scaturisce dalla modalità del bando che è di un concorso per trasferimento, vale dire riservato a coloro che già occupano in Italia un posto di Ordinario, anziché per concorso aperto a "tutti". In caso di "trasferimento", decide la Facoltà, su proposta del Dipartimento. In caso di concorso "aperto", decide una Commissione nazionale, con quanto ne consegue.
   Sul piano della legittimità della decisione nulla possiamo dire perché non conosciamo gli atti ed anche perché, a seguito della denuncia pubblica di Chiodo, potrebbe aprirsi una inchiesta non solo amministrativa e in questi casi, come è noto, si rompono tutti gli schemi formali tipici del diritto amministrativo e si guarda alla sostanza dei fatti.
   Sul piano della trasparenza, è evidente che un regolare concorso, aperto a tutti, avrebbe certamente dato una opportunità anche agli allievi del prof. Chiodo, e anzi avrebbe escluso il presunto predestinato per trasferimento. Già ... perchè in Italia, per l'art. 2, lettera m), della legge 210/98 c'è "il divieto, per i professori ordinari, associati e per i ricercatori, di partecipare in qualità di candidati a valutazioni comparative per posti del medesimo livello".       Ma, ripetiamo, non esprimiamo alcun giudizio: le persone che la stampa ha indicato come partecipanti a questa contestata decisione sono tutte uomini d'onore, come Antonio disse  di Bruto, e allo stato non vi è indizio o motivo di dubitare che esse abbiano agito nello "interesse primario di Roma". Quel che ci sembra emergere è che anche in questo caso l'antico costume del "maestro" di indicare il proprio "successore" non ha trovato spazio: ma come si è detto, non è il solo caso perché da anni questa regola di fair play è stata abbandonata.

4. IL PROBLEMA DELLA SALVAGURDIA DELLE SCUOLE. Da sempre quando una amministrazione pubblica fa scelte di principio su procedimenti che favoriscono qualcuno e danneggiano qualcun altro nascono discussioni, ma questo rientra nella problematica tipica del diritto amministrativo e degli umani. Dunque, allo stato e per quello che ci riguarda, nulla quaestio.
   Ci interessa, invece (in un periodo in cui il governo vuole riformare il reclutamento del personale docente) capire se l'Università guadagna o perde da questo fatto, e come verrebbe regolato un simile problema se la riforma del ministro Gelmini fosse già legge.
   Innanzitutto, Ci pare che il fatto che il prof. Chiodo non abbia un ordinario suo allievo, già pronto per la chiamata, va fatto risalire alle ristrettezze dei posti, a cui i Governi da anni costringono le Università. Già il ministro Moratti bloccò le assunzioni, a suo tempo, e così di seguito. Soprattutto sono state privilegiati i posti di Ricercatore, anziché le selezioni dei Ricercatori e Associati già in servizio: di questo non positivo risultato a Bologna siamo particolarmente debitori alla politica squilibrata dell'ex-rettore Calzolari e degli Organi accademici che lo hanno affiancato.
  Inoltre ci sembra che il "misfatto" abbia le sue prime origini nella politica centralistica che da Roma vuole regolare tutto e tutti, e spesso è una politica populistica.
  Abbiamo detto in via di premessa che il creare e sviluppare delle scuole di pensiero e di metodo è altamente meritorio per il progresso scientifico e per l'educazione/formazione dei giovani studiosi. In questo senso è una aspirazione legittima del fondatore della scuola che la scuola stessa continui e questo può aver luogo solo attraverso gli allievi.
  In tutti gli altri casi, se si vuole rinvigorire il "sangue" di una Facoltà occorre attingere all'esterno, specie nel momento in cui - e sono anni che i vari Ministri lo dicono - nel sistema universitario vanno introdotte meritocrazia e concorrenza. Se si condividono questi principi generali di buon senso, allora se ne deve condividere anche un terzo, e cioè che la valutazione pregiudiziale se si sia in presenza dell'un caso o dell'altro caso deve essere del tutto trasparente e motivata, anche in senso comparativo, e dunque non può essere lasciata a decisioni che avvengano al di fuori degli organi collegiali amministrativi per legge competenti, e cioè ai Dipartimenti, ai corsi di studio e alle Facoltà.
   Nel caso delle Cliniche universitarie il fatto che il docente sia anche primario per un certo reparto, divisione, ecc. coinvolge anche l'amministrazione ospedaliera: non mancano nella legge generale sul procedimento amministrativo tempi e modi in cui essa possa far valere le proprie oggettive esigenze. Ma, come si è già detto, nel nostro sistema normativo, tutto questo non può accadere perchè nel caso di concorso aperto a tutti (quello voluto dall'art. 97 della Costituzione per accedere ai pubblici uffici: mai norma costituzionale fu tanto violata con continue eccezioni, e non solo nel sistema universitario), un professore che sia già ordinario non può partecipare al concorso. Il DDL Gelmini, presentato in questi giorni e che ha raccolto vasti consensi bipartisan, privilegia la mobilità, sia pur con alcune eccezioni: in questo cerca di porre rimedio a quelle carriere tutte interne, da "polli di stia", che sono state favorite dai precedenti sistemi di selezione del corpo docente, tutti rivolti a favorire il candidato interno per il quale era stato bandito il posto. In questo senso il DDL Gelmini fa quello che può per chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati: o, meglio, insediati, e lo rimarranno per anni, perpetuando abitudini di fatto che - non si illuda il ministro - una norma di legge non può cambiare.
  Ma così facendo il Progetto Di Legge (vogliamo usare l'acronimo PDL, così estendiamo l'osservazione anche al partito politico di appartenenza del ministro ?) non si accorge della contraddizione che pone in essere nel momento in cui vuole iniettare nel sistema universitario dosi di meritocrazia e di concorrenza (e questo è certamente necessario), però non solo non si pone neppure lontanamente il problema della salvaguardia delle scuole scientifiche, ma neppure si preoccupa di abrogare l'art. 2, lettera m), della legge 210/98, e cioè di una norma nata per ovviare a taluni limitati casi di "sorpruso" che hanno fatto testo e che sono ben noti a chi abbia memoria.
  Forse il PDL si fida delle sole strutture burocratico-formali, e cioè dei dipartimenti, delle Facoltà e dei corsi di studio (al riguardo è ben strano che neppure il coraggioso ministro Gelmini - che per di più fa parte di un Governo che cerca di attuare la semplificazione amministrativa - non abbia affrontato il problema della convivenza/doppione tra Facoltà e corsi di studio quanto a competenze sulla didattica: già il dpR 382 del 1980 evidenziava questa problematica ma non ebbe il coraggio di sciogliere le Facoltà) e non ha fiducia in quelle strutture non formali quali sono le Scuole accademiche che furono all'origine della fama delle nostre Università medievali e che ancora sono presenti in molti settori disciplinari, che pure sono attive all'estero e tanto contribuiscono a fare grandi e noti quegli Atenei che nelle varie classifiche internazionali ci precedono, per non dire che ci distaccano. Il "caso Chiodo" solleva questo problema e c'è da auspicare che il PDL se ne faccia carico. G. GHETTI

 

 



EDIZIONI PRECEDENTI

 

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REGOLAMENTO DEL VOLONTARIATO  PRESSO L'ALMA MATER STUDIORUM

  Il Regolamento è stato deliberato dal CdA il 16.06.2009.  Esso, pur se rivolto a "chiunque", può essere di interesse per i Docenti  "senior" che desiderano rimanere nella struttura dipartimentale.
   L'art. 10 dispone, poi, che il volontario è coperto da assicurazione a carico della Struttura ospitante.


REGOLAMENTO DEL VOLONTARIATO PRESSO L'ALMA MATER STUDIORUM

Art. 1 – Stato giuridico dei volontari
I volontari prestano attività occasionali e non sono vincolati da nessun obbligo di prestazioni lavorative, né da alcun rapporto di lavoro con l'Ateneo.
L'attività dei volontari deve rivestire il carattere della complementarietà occasionale e deve mantenere il requisito della non obbligatorietà per il volontario.
Le modalità e i tempi della prestazione devono essere definiti di comune accordo tra volontario e struttura. Il volontario potrà interrompere la propria attività in qualsiasi momento comunicandolo preventivamente e con un preavviso minimo, tale da non pregiudicare lo svolgimento delle attività, al responsabile della struttura presso cui opera.
La collaborazione dei volontari nelle attività dell'Ateneo non può essere sostitutiva di mansioni proprie del personale dipendente né può prevedere l'esercizio di alcun potere, potestà, autorità pubblica.

Art. 2 – Soggetti che possono prestare attività di volontariato presso l'Ateneo
Possono essere ammessi a prestare la propria opera di volontariato i cittadini italiani, comunitari, extracomunitari purché legittimamente residenti nel territorio della Stato, di ambo i sessi in possesso dei seguenti requisiti:
- età non inferiore agli anni 18;
- idoneità fisica all'attività, certificata dal medico di base;
- non aver riportato condanne penali per reati dolosi;
- avere adeguata conoscenza della lingua italiana.

Art. 3 – Attivazione della procedura di richiesta di volontari
La procedura per ospitare uno o più volontari può essere attivata da una singola struttura di Ateneo, da più strutture associate o dall'Ateneo in generale.
La struttura (o le strutture) interessata deve redigere un breve profilo del volontario (o dei volontari) indicando le principali caratteristiche dell'attività e la sede in cui l'attività verrà svolta.
Il profilo verrà tradotto in un avviso cui dovrà essere data pubblicità con una comunicazione sul portale di Ateneo.

Art. 4 - modalità di presentazione della domanda da parte del volontario
I soggetti interessati a svolgere attività di volontariato devono presentare domanda secondo le modalità indicate nell'avviso di cui al precedente articolo 3.
Alla domanda deve essere allegato il curriculum dell'aspirante volontario.

Art. 5 – Modalità di valutazione delle domande
Le domande pervenute verranno inserite in un elenco di aspiranti volontari. La struttura interessata ad ospitare il volontario procederà a chiamate nominative dei volontari inseriti in elenco.
La chiamata potrà avvenire:
in base alla mera valutazione del curriculum degli aspiranti volontari;
a seguito di un breve colloquio (in aggiunta alla valutazione del curriculum) con gli aspiranti volontari secondo le modalità indicate nell'avviso;
con altre modalità indicate nell'avviso.
Il volontario individuato deve presentare al responsabile della struttura che lo ospita:
il certificato del medico di base con il quale si attesta l’idoneità psico-fisica allo svolgimento delle attività che verranno svolte. Tale certificato verrà conservato presso la struttura stessa e dovrà essere rinnovato annualmente a cura del volontario. Qualora le attività svolte lo richiedano il volontario dovrà presentare il libretto sanitario;
un'autocertificazione che dichiari il possesso dei requisiti di cui al presente regolamento e di quelli eventualmente richiesti dall'avviso di cui all'art. 3
Il responsabile della struttura conserva un fascicolo nominativo del volontario contenente tutta la documentazione che lo riguarda.

Art. 6 – Validità degli elenchi di disponibilità
La validità degli elenchi degli aspiranti volontari è di 12 mesi.

Art. 7 – Referente per i volontari
Ad ogni volontario è assegnato un referente con cui deve coordinarsi per quel che riguarda lo svolgimento delle proprie attività. Il referente è, di regola, il responsabile della struttura presso cui il volontario opera. Il responsabile della struttura può indicare, in sua vece, un altro funzionario della struttura stessa. In referente deve in particolare:
coordinare e indirizzare il volontario nello svolgimento delle attività;
accertare che i volontari siano in possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento, dall'avviso di cui all'art. 3, delle necessarie certificazioni tecniche e pratiche, delle idoneità psico-fisiche eventualmente necessarie allo svolgimento delle specifiche attività;
vigilare sullo svolgimento delle attività, avendo cura di verificare che i volontari operino in modo tale da non ledere i diritti, gli interessi, le prerogative degli eventuali utenti e/o fruitori, gli interessi, il buon nome, il decoro dell'Amministrazione, che le attività siano svolte con modalità tecnicamente corrette e, qualora previsto, nel rispetto delle normative specifiche di settore;
verificare i risultati delle attività concordate;
mantenere i collegamenti con gli uffici dell'Amministrazione, curando tra l’altro il controllo e la trasmissione di eventuale documentazione ai fini del rimborso spese.
verificare la corretta tenuta del fascicolo del volontario.
All’inizio delle attività il referente predispone, di comune accordo con il volontario, il programma operativo per la realizzazione delle attività stesse.
I volontari si atterranno alle disposizioni convenute con il referente per quanto riguarda le modalità di svolgimento delle attività e l’uso degli strumenti a ciò necessari.

Art. 8 – Svolgimento delle attività
Qualora le attività richiedessero competenze particolari e specifiche, diverse da quelle già in possesso dei volontari, l’Amministrazione si impegnerà a fornire occasioni concrete di formazione ed aggiornamento, secondo modalità da concordare con i volontari stessi, che saranno tenuti a partecipare alle iniziative di cui sopra.
Per garantire la necessaria programmazione delle attività, i volontari dovranno impegnarsi affinché le prestazioni siano rese con continuità, per il periodo preventivamente concordato, pur mantenendo il carattere occasionale del rapporto.
I volontari si impegneranno a dare tempestiva comunicazione, al responsabile della struttura presso cui prestano la propria opera, delle interruzioni che dovessero intervenire nello svolgimento delle attività.
La Struttura cui il volontario afferisce è tenuta a comunicargli tempestivamente ogni evento che possa incidere sullo svolgimento delle attività.
I volontari impegnati in attività che prevedano il contatto con il pubblico saranno provvisti, a cura dell’Amministrazione stessa, di cartellino identificativo che consenta l’immediata riconoscibilità da parte dell’utenza.

Art. 9 – Compensi e rimborsi
L’attività dei volontari è prestata a titolo gratuito.
L'amministrazione, previa verifica della regolarità della documentazione presentata dal volontario, potrà rimborsare spese sostenute, per lo svolgimento del l'attività di volontariato o le attività ad essa accessorie (es. le spese per la partecipazione a corsi di formazione o per missione). Le attività che comportano spese da parte del volontario devono essere espressamente e preventivamente approvate dal referente e dal responsabile della struttura.
Per quel che riguarda i rimborsi si rinvia alle regole applicate per i rimborsi delle spese del personale TA.
Art. 10 – Coperture assicurative
Tutti coloro che prestano la propria opera per attività di volontariato saranno assicurati, con spesa a carico della struttura ospitante, contro i rischi di infortunio in cui potrebbero incorrere, in servizio o in itinere, nonché contro i rischi di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle mansioni loro affidate.
I volontari svolgeranno la loro attività in conformità con quanto disposto dal D.LGS. 626/94 e successive modificazioni ed integrazioni. Sarà cura dei referenti informare i volontari sul contenuto delle normative vigenti in materia di sicurezza sul lavoro e sull’utilizzo di eventuali dispositivi di protezione individuali.

Art. 11 – Cessazione dell’attività
L'attività dei volontari può cessare:
- per loro espressa rinuncia
- qualora, per qualsiasi motivo, venisse meno per la struttura ospitante l'esigenza di utilizzare il volontario, o qualora il comportamento del volontario non fosse consono all'attività svolta: in questo caso la struttura ospitante provvede, con comunicazione motivata all'interruzione del rapporto con il volontario;
- per accertata perdita dei requisiti e delle condizioni necessarie per lo svolgimento delle attività.
I volontari saranno cancellati dagli elenchi:
- per loro espressa rinuncia;
- per accertata perdita dei requisiti e delle condizioni necessarie per l’iscrizione.

Art. 12 – Norme finali
L’Ateneo si impegna a promuovere ogni possibile momento e occasione di confronto tra il volontariato organizzato e i singoli volontari, affinché questi ultimi possano accogliere le complesse e ricche sollecitazioni offerte dalla vita associativa.
Il presente regolamento del Volontariato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, potrà essere aggiornato, sulla base di eventuali esigenze non attualmente prevedibili, al fine di consentire ulteriori opportunità.

 

 

 

A rinforzo del dibattito alla "Tavola" del Senato, domani 14 luglio

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Bruno Lunelli



"GIAVAZZI MI E' PIACIUTO ...
ma si è dimenticato delle spese per il personale amministrativo, pari o superiore
a quella per la docenza"

e c'è anche che i laureati ante (3+2)
erano migliori ...

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Francesco Giavazzi

Bruno Lunelli*, A proposito delle verità di Giavazzi

  L'articolo  di Giavazzi, "Prova di verità per gli atenei" in Corriere 24.06.09, mi appare largamente condivisibile, ma non considera due punti a mio avviso rilevanti:

1. L'enorme spesa amministrativa degli atenei, in parecchi casi pari o superiore a quella per docenza e ricerca, che sono i prodotti dell'università. Dovrebbe essere ridimensionata, altrimenti viene di fatto modificata la funzione degli atenei e non c'è finanziamento che basti.
   Come corollario, occorre ridare il ruolo centrale che gli spetta all'attualmente irrilevante funzione docente, che, se è a reale livello universitario, è molto impegnativa (difficile tenere più di un corso), ma è quella che dà i risultati più utili al Paese sia ell'immediato che a tempi lunghi ("formazione di capitale umano").

  2. Riferendomi soprattutto alle facoltà scientifiche e tecnologiche, gli attuali programmi sono talmente ridotti e mal congegnati da dare laureati di livello nettamente inferiore a quelli ante 3+2, quando le lauree italiane facevano aggio sui PhD stranieri. L'università per essere utile alla nazione deve fornire competenze, non titoli, che avendo in Italia riconoscimento giuridico, servono in troppi casi a trovare una sinecura in qualche pubblica amministrazione.
   Come corollario, occorre riconoscere che una laurea (effettiva) non è per tutti, ma per chi sia adatto allo studio e disposto al notevole impegno e sacrificio che tale attività comunque comporta. Diversamente, si creano solo spostati.

*Professore di chimicafisica 1961-2005 nelle Università di Padova e Bologna

Per memoria: il testo a cui B. Lunelli si riferisce
(Francesco Giavazzi , I COMPORTAMENTI DA CAMBIARE, Prova di verità per gli atenei, Corriere della Sera, 24 giugno 2009)

   "La legge finanziaria dello scorso anno ha ridotto drasticamente i finanziamenti alle università: meno 10% circa nel 2010, fino al 18% l'anno successivo. E' evidente che con le regole attuali, e con il 18% di finanziamenti in meno, la maggior parte delle università chiuderebbe. Non penso fosse questa l'intenzione del governo, bensì quella di obbligare i nostri atenei a modificare radicalmente i loro comportamenti e ad adottare riforme profonde.
   Tre sono i problemi da affrontare:
1) cambiare la governance delle università. Oggi i rettori sono eletti da una platea amplissima che include anche i bidelli. Una volta eletti, non sono liberi perché debitori dei loro grandi elettori. Sono anche "irresponsabili " perché controllano il cda delle università, l'organo che in teoria dovrebbe valutarli;
2) ripensare i criteri con cui sono ripartiti i finanziamenti, perché se i tagli colpissero nello stesso modo atenei buoni e cattivi, il risultato sarebbe un decadimento generale della didattica e della ricerca. Per farlo occorre mettere in piedi un buon sistema di valutazione;
3) correggere le modalità di reclutamento dei professori perché i concorsi pubblici hanno fallito e si sono dimostrati non riformabili.
   In questo primo anno il ministro Gelmini ha preso qualche decisione coraggiosa: in autunno ha bloccato una tornata di concorsi che si preannunciava tutta truccata (ma dopo aver cambiato con un decreto le regole per la scelta delle commissioni, di quei concorsi non si sa più nulla); ha deciso che il 5% dei fondi pubblici per il correnteanno accademico (l' anno è praticamente finito, ma i fondi alle università non sono

ancora stati assegnati) venga ripartito sulla base dei risultati della ricerca.
   Il ministro ha anche preparato un disegno di legge (circola in rete) che innova le modalità di reclutamento, eliminando i ricercatori e adottando il metodo, basato sulle effettive attività di ricerca, della tenure track comune nelle migliori università al mondo.
    .....
    .....
    Ma la legge del ministro Gelmini, annunciata da mesi, viene rimandata di settimana in settimana. Perché?
   Un ostacolo sono i gattopardi delle università (rettori e molti professori) che premono perché nulla cambi. Un altro sono i sindacati tetragoni nella difesa dell'ope legis. Un altro infine è il ministro dell'Economia che non rinuncia ai tagli.
  Non possiamo fare gli struzzi: anche se le riforme del ministro Gelmini andranno in porto, l'unico modo per tenere aperte le università con i fondi previsti in finanziaria è alzare significativamente le rette degli studenti, introducendo nello stesso tempo borse di studio di pari valore per i meno abbienti. Io sono d'accordo, perché l'università di fatto gratuita è un trasferimento dai poveri ai ricchi, ma se questa è la strada occorre il coraggio di dirlo.
   Ciò che non si può fare è aspettare senza far nulla, e lasciare che a novembre le università chiudano."

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RESOCONTO della
Conferenza regionale sulle Università delle Romagne
avvenuta a Bologna, Fac. di Ingegneria, il 5 maggio 2009 - Breve resoconto

 

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          Tema: " Secessione, Federazione, Unione  con Bologna ?"


Incontro con i Presidenti degli Enti Finanziatori

(Prof. Piero Gallina ( Serinar), Rag. Giannantonio Mingozzi (Fondazione Flaminia), Dott. Luciano Chicchi ( Uni.Rimini SpA)


Introduzione storica del prof. Giulio Ghetti

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Giulio Ghetti

Giulio Ghetti, Introduzione storica

1.- I primi monenti. Perdonerete alcuni ricordi personali, che credo utili all'attuale dibattito.
   Il mio primo incontro con la questione (o, se si preferisce, il problema) "Università delle Romagna" è stato all'inizio degli anni '70, in una Commissione di studio voluta dalla Regione che era stata appena costituita.
  La Commissione era presieduta da Umberto Romagnoli e ne facevano parte per Bologna Fabio Roversi Monaco e Marco Cammelli, per Modena Marco Onado, per Parma - se non erro - Giancarlo Forestieri: io rappresentavo Ferrara, della quale ero il Prorettore.
   Eravamo tutti giovani professori universitari, i nostri ragionamenti non erano "politici" ma tecnici. Il mondo della ricerca e della didattica di quegli anni va ricordato: Internet non esisteva e gli studiosi corrispondevano tra loro con posta e telefono, libri on line non se ne potevano consultare, al più si faceva riferimento alla Biblioteca Nazionale, l' E-learning non era diffuso. Un insediamento universitario richiedeva dunque moltissimi mezzi, libri, spazi.
    In quella situazione concludemmo e scrivemmo nella nostra relazione finale, che "si potevano fare" (dunque parlavamo di più Sedi, così prendendo atto che la Romagna non era un corpo unico ed omogeneo, ma bensì "le Romagne"), ma a due condizioni essenziali affinché l'esperimento avesse successo:
  - che in quelle Sedi si istituissero corsi specialistici non presenti a Bologna (e, in parte, a Ferrara, per certe vocazioni vicine a quelle ravennati) per evidenti motivi di non concorrenza e di corretta allocazione delle risorse umane e finanziarie;
   - e che fossero università non solo per la didattica ma anche per la ricerca (Umberto Romagnoli suggerì che per ottenere questo risultato occorreva un impegno degli Enti locali nell'utilizzare per consulenza i docenti della Sede, in modo da "ancorarli" alla comunità locale).
  Non doveva essere una colonizzazione.  Eravamo anche tutti d'accordo che non si doveva trattare di una colonizzazione: Bologna, per dimensioni e localizzazione la più vocata a realizzare l'intervento, avrebbe poi dovuto ritirarsi e lasciare totale autonomia alle nuovo Sedi romagnole, il tutto all'interno di un organico sistema regionale dell'istruzione universitaria.
  2.- Gli ulteriori incontri. Come si vede, la questione è antica; comunque la relazione sparì in qualche cassetto anche perché la materia "istruzione universitaria" non era tra quelle di competenza legislativa regionale concorrente.
   Il secondo incontro ebbe luogo il 18 marzo 1980, appena fui nominato Preside della Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Bologna, nella quale nel frattempo mi ero trasferito.     Subito il prof. Gola richiamò la mia attenzione su due necessità:
  -  riformare la Scuola della Facoltà a fini speciali sul turismo che esisteva in Rimini;
  - e chiamare a Bologna due macroeconomisti, Stefano Zamagni e D'Adda.
   Aggiunse che Stefano, per capacità, carattere e conoscenza dell'ambiente visto che era riminese, poteva essere la persona giusta anche per riformare la Scuola.
   Feci entrambe le cose, e Stefano Zamagni iniziò la riforma della Scuola, ma i tempi furono lunghi: basti pensare che è solo del 1993 la mia nomina a presidente dell'appena istituito Corso di laurea in Economia del turismo in Rimini.
    Il terzo incontro è stato assai più ampio, nel clima generale del frazionamento dei Mega Atenei: coadiuvando il Rettore prof. Roversi Monaco che questo innovativo sviluppo ideò e sostenne nel Progetto Multicampus, me ne sono occupato dal 1995 al 2002, per un primo triennio quale componente del Senato accademico e della Giunta d'Ateneo e presidente della Prima Commissione d'Ateneo Bilancio e Programmazione (dunque, quella che "aveva in mano la cassa"), poi per il successivo triennio quale componente del Consiglio di Amministrazione e della Giunta d'Ateneo e presidente della Commissione d'Ateneo per il Personale Tecnico Amministrativo.
  3.- Anche contributi personali.  A queste attività ufficiali se ne sono aggiunte di personali: per anni sono stato consulente legale del Comune di Rimini, Sindaco il dr. Giuseppe Chicchi, e questo mi ha enormemente facilitato per meglio consolidare l'insediamento di Rimini; sempre nello stesso periodo sono stato consulente legale della Provincia e talora anche del Comune di Ravenna, e con il carissimo amico dr. Benito Venturi operammo di comune accordo nel cercare di consolidare quell'insediamento che la tragica scomparsa di Raoul Gardini aveva improvvisamente lasciato in stato di precarietà.
   Richiamate queste esperienze personali ed aggiungendo che io sono di origine faentina e dunque sensibile alla questione romagnola, non posso che ripetere quelle che da sempre sono state le mie convinzioni:
   3. 1. L'istruzione universitaria è un importante fattore di sviluppo economico nazionale e locale, se bene e scientemente gestita; lo è tanto più da quando appartenere o meno al mondo della ICT segna il confine tra sviluppo e stasi (o sottosviluppo) ;
  3. 2. occorre riconoscere e valorizzare le specificità dei singoli territori in cui le Sedi sono collocate, il che significa che si devono realizzare Università delle Romane.
   Lo stato attuale della informatizzazione nelle sue varie forme (E-learning, collegamenti di rete, accesso a biblioteche online, ecc.) e quello che è subito dietro la porta riduce grandemente i problemi finanziari;
   3. 3. E' stato un errore di cui paghiamo ancora oggi i frutti avvelenati, che in queste Sedi e in contemporanea non siano stati istituiti anche i Dipartimenti, che sono le strutture di ricerca: e senza ricerca non vi è didattica di qualità.
   Non mi soffermo, per carità di patria, sulle ragioni pratiche di ciò: voglio soltanto ricordare a chi lo avesse dimenticato che in parte questo errore nasce anche dall'attuazione del dpR 382 del 1980, quando la Commissione Mengozzi fece passare nell'Università di Bologna il solo modello del Dipartimento unisettoriale e non accettò i Dipartimenti fra più settori di ricerca, quelli interdisciplinari, che proprio nelle Romagne avrebbero potuto meglio collocarsi e dare i migliori risultati ;
  3.4. Altro errore è stato il modo di attuare il dpR 382/80 nella parte in cui disegna il rapporto tra Dipartimenti di riferimento, e Facoltà che tali li dichiarano: i Dipartimenti sono stati resi "innocui", trasformati nei "serbatoi" dai quali la Facoltà trae i propri docenti.
   Il disegno normativo era del tutto opposto: nel Dipartimento si determinano gli indirizzi di ricerca e la si svolge, è dunque il luogo in cui si determinano le basi degli indirizzi per una didattica di qualità.
  3. 5. Ha complicato le cose l'accettare che gli "enti di sostegno" avessero forme giuridiche diverse tra loro, perché ciò ha complicato i rapporti e i "linguaggi" tra essi e un ente pubblico monolitico come è l'Ateneo di Bologna;
3. 6. la mancanza di un sistema informatizzato con moduli di contabilità analitica, economico-patrimoniale, e direzionale-strategica, ha da tempo reso assai difficile - per non dire impossibile - conoscere e misurare da Bologna l'esatta situazione delle Sedi romagnole nei rapporti con la Casa madre.   

Breve resoconto della Conferenza

  Il 5 maggio 2009, nell'Aula Magna della Facoltà di Ingegneria, si è svolto l'incontro che il Gruppo dei 30 ha organizzato con gli esponenti degli "Enti di sostegno" delle Sedi di Romagna. Infatti, sugli incontri tenuti dai candidati al rettorato nelle Sedi la stampa bolognese ha riportato notizie contraddittorie rispetto a quelle della stampa locale; a ciò si aggiunge, a parere dei 30, che i programmi dei candidati sulla questione dello sviluppo delle Sedi non sono del tutto chiari.
   Da ciò l'incontro per dare spazio alla voce degli "Enti di sostegno" e la domanda loro rivolta: cosa vi attendete dal nuovo Rettore ? Nonché per poter orientare gli elettori nella scelta del nuovo Rettore. Per gli Enti di sostegno hanno partecipato il prof. Piero Gallina, Presidente di SERINAR (Forlì-Cesena); il dr. Luciano Chicchi, presidente di Uni.Rimini SpA (Rimini); il rag. Giannontonio Mingozzi della Fondazione Flaminia (Ravenna).
  Tra i candidati al rettorato erano presenti i proff.ri G. Barbiroli, G. Cantelli Forti, R. Grandi, G. Sassatelli.
   L'incontro e le motivazioni di esso sono state brevemente illustrate dal prof. Nino Luciani; il prof. Giulio Ghetti ha poi ripercorso la nascita e lo sviluppo di quella che ancora oggi è la "questione" o il "problema" dell'università in Romagna, partendo dalle conclusioni raggiunte alla fine degli anni '60 da una commissione di studio voluta dall'appena istituita Regione Emilia Romagna e presieduta dal prof. Umberto Romagnoli e della quale egli stesso fece parte (la Relazione Ghetti viene pubblicata a parte).
    Nei loro interventi gli esponenti degli enti di sostegno hanno ricordato che ognuno di loro ha acquisito negli anni esperienze e competenze di come si partecipa e come si opera in organi collegiali di amministrazioni pubbliche e private, e sulla base di queste personali esperienze hanno definito del tutto inaccettabili i procedimenti decisionali, i tempi con i quali vengono condotti e conclusi, il funzionamento complessivo dell'Amministrazione centrale bolognese che essi ben conoscono quali componenti del Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo e nelle riunioni congiunte con il Senato Accademico.
  Il tutto aggravato, come ha sottolineato il dr. Mingozzi, da un sentimento di acredine nei confronti delle Sedi romagnole, che spesso traspare nei dibattiti. Altrettanto unanime è stata la risposta alla domanda principale: la Romagna, che è realtà economica e sociale non omogenea, in questi anni ha avuto un ulteriore forte e diffuso sviluppo economico al quale non si è accompagnato un pari e altrettanto diffuso sviluppo dello spessore culturale, e cioè proprio di ciò che aveva motivato e motiva gli enti pubblici e le forze economiche locali a sostenere con cifre di tutto rilievo le Sedi universitarie, le quali solo in parte e in misura diversa a seconda degli insediamenti hanno saputo inserirsi nella realtà culturale, sociale ed economica locale.
   In pratica e negli ultimi anni, quella che all'inizio era partita come una operazione di deconcentrazione si è trasformata via via in una operazione di mero decentramento. Da ciò la comune richiesta ai candidati che il nuovo Rettore si ponga in posizione di netta discontinuità rispetto a questo andazzo, e ponga la "questione Romagna" tra le sue priorità.
  Al riguardo il prof. Gallina, partendo dall'esperienza di Forlì-Cesena che è quella maggiormente articolata anche per la presenza di tre Dipartimenti locali, ha ricordato che al momento della legge sul frazionamento dei Mega Atenei l'Università di Bologna aveva circa 80.000 studenti; che oggi nelle Sedi romagnole vi è circa il 25% degli iscritti complessivi; e che nonostante tutto questo la Sede di Bologna non è riuscita a diminuire il numero dei propri iscritti.
   Ha anche ricordato che in una importante relazione pubblicata all'estero l'esperienza del Multicampus è stata segnalata tra quelle più originali e positive.

  Di particolare interesse è stato l'intervento del dr. Chicchi, il quale ha ribaltato la domanda iniziale: è la Romagna che, per poter poi prendere le proprie decisioni, chiede a Bologna di dire con grande urgenza (non più di due anni prima che il fenomeno sia irreversibile) "cosa vuol fare da grande", visto che la città sta sempre più trasformandosi in un mero centro di burocrazia regionale, nel quale l'Ateneo non ha saputo mantenere quel ruolo di centro di formazione e di trasferimento culturale di alta qualità che aveva potenziato con l'esperienza del IX Centenario, della cosiddetta Carta di Bologna, ecc. Il dr. Chicchi ha aggiunto che in questo più vasto contesto e considerato che oramai l'Emilia gravita nell'ambito del Nord dell'Italia e dell'Europa, la Romagna è rimasta l'unica reale opportunità per Bologna - dunque anche per la Sede universitaria di Bologna - di poter uscire dalla stasi alla quale inevitabilmente segue il declino anche economico.
    Perciò ed a loro volta le Sedi di Romagna non possono in alcun modo essere considerate un problema, né si deve trascurare quanto in esse è stato investito dagli enti pubblici e dalle forze economiche locali, anche attraverso l'acquisto e la ristrutturazione di importanti edifici storici che poi sono stati destinati all'Università.. Il dr. Mingozzi, richiamata brevemente l'esperienza di Ravenna, ha sottolineato come alcuni dei corsi di laurea ivi consolidatisi costuiscono un esempio per la Sede di Bologna, anche per la capacità di rispondere a reali esigenze della società civile e per la dimostrata capacità di inserire rapidamente il laureato nel mondo del lavoro. Nei propri interventi i candidati al Rettorato hanno preso atto di quanto dichiarato dagli esponenti degli Enti di sostegno, ed hanno confermato il proprio impegno per la Romagna, rinviando a quanto esposto nei propri programmi elettorali.

Ancora oggi la Relazione ARag2009 al Bilancio 2008 fornisce un quadro assai approssimativo di questo rapporto, né potrebbe fare diversamente a fronte di un sistema contabile inadeguato.
   Ma, ripeto, queste sono mie personali convinzioni. Mi sembra significativo che nella ampia (108 pagine) Relazione ARag 2009 al Bilancio consuntivo 2008 solo due pagine siano dedicate al Multicampus; così come ha una valenza simbolica che le elezioni del Rettore abbiano un seggio solo a Bologna, e che i Colleghi che sono incardinati nelle Sedi delle Romagne debbano venire a Bologna per esprimere il proprio voto.
    Dalla Relazione ARag 2009 si trae poi conferma che la maggior parte dei grandi programmi e progetti (e della spesa relativa) riguarda direttamente la Casa madre; al più questi programmi potranno avere una "ricaduta" sulle Sedi. La mancanza di un "bilancio consolidato" rende arduo ogni raffronto tanto che ARag si limita a dare notizia che ogni Polo ha autonomia di bilancio, e perciò un proprio conto consuntivo, che viene "allegato al rendiconto di Ateneo". Ci viene solo detto che i trasferimenti sono drasticamente diminuiti: dai 19.244.310,19 Euro del 2006 ai 16.564.640,84 del 2008, anche se a questi trasferimenti devono aggiungersi gli affitti pagati direttamente dalla Amministrazione Generale per locali situati nei Poli della Romagna (3,53 ml euro nel 2008 e 3,38 ml euro nel 2007) e tasse ed imposte varie (0,21 ml euro nel 2008 e 0,22 ml euro nel 2007). La differenza tra le varie Sedi è evidenziata da dati numerici sui trasferimenti: di qualità non si parla, del resto non spetta ad ARag (che però in altre parti della Relazione dà precisi giudizi di merito, qualità e bontà dei progetti sostenuti) A fronte di questa situazione ognuno è libero di dare l'interpretazione che vuole e si può andare tra due estremi, vi è chi ritiene che le Romagne siano costate troppo alla Sede di Bologna in termini non solo finanziari, ma anche di risorse umane; e chi ritiene l'esatto contrario. Saperlo con esattezza non è possibile. I programmi dei candidati al Rettorato sulla questione "Romagna" (di "Romagne" non mi sembra si parli, almeno nel senso che io dò alla diversa terminologia) si differenziano a seconda delle personali esperienze condotte in loco, della adesione totale o parziale all'una o all'altra opinione diffusa fra gli elettori (costo eccessivo, oppure no). Anche la stampa collabora a questa situazione confusa: gli incontri tra i candidati e quanti nelle Sedi vi hanno partecipato a vario titolo, sono stati riportati dalla cronaca di Bologna in un modo, nella cronaca locale in modo assai diverso e per lo più critico (almeno per quanto io ho potuto leggere). Indice che vi è una diversa percezione. Da tutto questo nasce l'incontro di oggi: il Gruppo dei 30, del quale mi onoro di fare parte e che mi ha chiesto questa breve introduzione, ha riconosciuto la necessità che in piena campagna elettorale per il nuovo Rettore, in un clima in cui tutti i candidati dichiarano di voler una più o meno pronunciata discontinuità rispetto a un passato che sta per concludersi, abbiano voce proprio a Bologna coloro che rappresentano gli "enti di sostegno". Vogliamo che essi ci dicano cosa ne pensano del rapporto con la Casa di Bologna, se la sentano madre o matrigna; quale modello hanno in mente (secessione, federazione, unione ?) e sull'opportunità, o non, della scelta del decentramento di Bologna, o della esplorazione della possibilità di rivisitare la legge sui mega atenei (frazionamento), se questo è sentito come un bene per tutti . Giulio Ghetti

 

 

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          Tema: " Secessione, Federazione, Unione  con Bologna ?"

Incontro con i Presidenti degli Enti Finanziatori
(Serinar, Fondazione Flaminia, Uni.Rimini SpA)


Introduzione storica del prof. Giulio Ghetti

Il 5 maggio 2009, ore 17,15 alla Facoltà di Ingegneria
Viale Risorgimento 2, Aula Magna

Aperto a tutti:  personale docente, tecnico e amministrativo, stampa

 

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La lettera inviata ai Presidenti degli Enti

Signori Presidenti degli Enti Finanziatori

 
   Vi ringrazio di avere accettato di venire, come relatori in prima persona, alla conferenza in oggetto.
   In questo mesi di dibattito pubblico per la elezione del nuovo Rettore, l'argomento "ROMAGNA" è emerso ripetutamente nei vari incontri, anche all'interno di temi molto diversi.
   Tuttavia, una cosa è il punto di vista dei docenti (ossia dal lato offerta didattica), una cosa è il punto di vista degli enti finanziatori delle Sedi Romagnole (ossia dal lato domanda). In questo senso è emersa la opportunità e necessità di ottenere il punto di vista degli Enti Finanziatori, circa la loro visione organizzativa delle sedi locali, per il futuro.
   Unicamente a titolo di aiuto alla omogeneità degli interventi (in quanto non sono state fatte riunioni preliminari preparatorie) segnalo due riferimenti:
   1) il primo è un recente articolo del prof. Farneti (già Preside a Forlì) che riporta e commenta il pensiero del
Sen. Melandri, messo su carta, prima di lasciarci.
    Per vederlo, si clicchi su: http://www.universitas.bo.it/rubrica2008.htm#RUBRICA%20Speciale;
   2) il secondo è ricordare il dibattito nelle origini, sulle scelte di Bologna per la Romagna.
   In quella fase di pre-impianto, una legge nazionale voleva che i Mega Atenei fossero frazionati, e destinava (allo scopo) dei finanziamenti. Precisamente, un Ateneo con più di 40.000 studenti doveva essere frazionato, e anche una facoltà con più di 7.000 studenti doveva essere frazionata.
   Nei fatti, circolava una interpretazione parallela della legge medesima, secondo la quale l'uguale risultato si sarebbe potuto ottenere mediante il decentramento di Facoltà nei Comuni periferici. Nel senso che la sede centrale avrebbe ceduto personale e studenti alle sedi periferiche, e quindi si sarebbe smagrita per via naturale.
   A prescindere dalla correttezza delle previsioni (e oggi, col senno di poi, sappiamo come sono andate le cose), sotto il profilo giuridico le conseguenze sarebbero state molto diverse, vale dire:
   a) in caso di frazionamento, l''onere sarebbe dovuto essere tutto a carico dello Stato;
   b) in caso di decentramento, si imponeva quanto meno una partecipazione della Università-madre a favore delle sedi decentrate, oltre che una partecipazione degli enti locali.
   Anche su questo sappiamo, col senno di poi, come sono andate le cose.
   Vi attendo il 5 maggio 2009.
   Cordialità.                                                                                                        Nino Luciani

 

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Università di Bologna: ELEZIONI DEL RETTORE

Incontro degli Studenti con i 7 candidati a Rettore

Mercoledì 22 aprile, ore 17-19, via Belmeloro 14, Aula A
(Ingresso davanti alla Johns Hopkins University)

Aperto a tutti:  personale docente, tecnico e amministrativo, stampa


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Giancarlo Barbiroli


Patronage del "Gruppo dei Trenta"

(già-Gruppo per la riforma dello Statuto di Ateneo, meno i candidati a rettore)
Bolletta Fabrizio, Bollino Fernando, Carlo Borghi, Bruggi Diego, Bugiardini Raffaele,
Calboli Gualtiero, Carinci Franco Catizone Pietro, Di Pietra Anna Maria, Di Pietro Adriano,
Dragoni Giorgio, Fabrizio Mauro, Frabboni Franco, Ghetti Giulio, Guarnieri Adriano,
Lorenzini Enrico, Luciani Nino, Marcato Paolo Stefano, Marini Marina, Muccino Maria,
Nicoletti Roberto, Pilo' Virginio, Pisi Anna Maria, Pombeni Paolo, Porzi Gianni,
Prosperi Santino, Pupillo Paolo, Sandrolini Franco, Tomasi Vittorio, Zago Antonella

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Dario Braga G. Cantelli Forti Andrea Segrè G. Sassatelli Roberto Grandi Ivano Dionigi


Le domande degli Studenti

  Gli studenti intercettati appartengono ad associazioni di differente orientamento culturale. La cose migliore è consentire a loro di illustrare le rispettive domanda direttamente. Gli argomenti da loro preannunciati sono:

1) Didattica: aggiornamento corsi; passaggio dal decreto 509 al 270; recupero crediti passaggio tra le facoltà da laurea  triennale a triennale, o da triennale a magistrale; pubblicazione risultati test sulla didattica relativo ai docenti;  taglio del 50% didattica anno accademico 2009/2010);

2) Tasse: aumento tasse superiore all'inflazione, e non controbilanciato da aumento di servizi;

3) Sprechi: acqua, riscaldamenti, rifiuti da reinvestire in raccolta differenziata, uffici non utili (esempio consegna telefoni), economie mediante informatizzazione delle procedure;

3) Servizi: apertura segreterie più ampia;   informatizzazione maggiore; rafforzamento e miglioramento tecnologico dei laboratori; fondi per l'internazzionalizzazione; convenzione con la mensa, prezzi alti;   trasporti e convenzione con l'ATC ;

4) Spazi: apertura serale delle facoltà per eventi culturali e per dare gli sapzi giusti agli studenti; più aule studio e luoghi nei quali studiare fuori dall'orario universitario;

5) Affidamento, alle associazioni studentesche, dei servizi di supporto e dei servizi agli studenti, indicando  ipotesi concrete di lavoro che rendono possibile detto affidamento.

 


Sono in programma 4 incontri di Ateneo, nei prossimi quattro mesi, con i 6 candidati rettore.
Gli incontri hanno come oggetto argomenti specifici, preceduti da una relazione tecnica.
Di questi, il 1° incontro ha avuto luogo 1l 22 gennaio a Economia

Il  3° incontro pubblico è stato martedì  17 mar. ore 16-19
presso il CIAMICIAN, Aula  IV (al piano terra ), via Selmi 2

                                       La terza  domanda: "Governance"

 
  "Amministrare in un periodo di riforme da attuare e di crisi economica richiede una governance capace di affrontare tale situazione senza sacrificare la collegialità e il confronto, specie quando si tratta di governare un Ateneo policentrico come il nostro.
   Come intendono i candidati affrontare questa sfida?"

Nota.
Nella due campagne elettorali, l'attuale Rettore prof. Calzolari promise di giungere in tempi brevi alla riforma dello Statuto, soprattutto sotto gli aspetti fondamentali della riforma della governance centrale di Ateneo, del rendere effettiva la partecipazione alle scelte fondamentali, di allargare la rappresentatività negli Organi, di garantire la separazione tra compiti di governo, che spettano agli Organi accademici a tutti i livelli (da quello centrale a quelli periferici), e compiti di amministrazione.
   Nulla è stato fatto e tutti questi argomenti sono ancora oggetto di dibattito in questa campagna elettorale, con l'aggravante che in questi anni si è verificata una sorta di appiattimento degli Organi deliberanti (Senato, CdA) verso l'Esecutivo, e ciò ha svuotato l'indirizzo politico e il controllo degli Organi nei confronti dell'Esecutivo. Dentro l'Esecutivo, poi, c'è stata una netta dominanza dell'Apparato Amministrativo sui Professori (Rettore, ProRettori, Giunta).
    Poco efficace si è rivelato anche il ruolo degli studenti nel Consiglio Studentesco per scarsa capacità propositiva nei confronti degli Organi.
   Si tratta dunque di risolvere problemi antichi, via via aggravatisi, e per di più in un periodo di incisive riforme dell'istruzione universitaria che si basano sulla reale capacità di essere autonomi e innovativi, e di favorire il merito. 

 

Patronage del "Gruppo dei Trenta"
(ex-Gruppo per la riforma dello Statuto di Ateneo, meno i candidati a rettore)
 Barbiroli Bruno, Bolletta Fabrizio, Bollino Fernando, Bruggi Diego, Bugiardini Raffaele, Calboli Gualtiero,
Carinci Franco Catizone Pietro, Crisafulli Lilla Maria, Di Pietra Anna Maria, Di Pietro Adriano, Dragoni Giorgio,
Fabrizio Mauro, Frabboni Franco, Ghetti Giulio, Guarnieri Adriano, Lorenzini Enrico, Luciani Nino, Marcato Paolo Stefano, Marini Marina, Muccino Maria, Nicoletti Roberto, Pilo' Virginio, Pisi Anna Maria, Pombeni Paolo,
Porzi Gianni, Prosperi Santino, Pupillo Paolo, Sandrolini Franco, Tomasi Vittorio, Zago Antonella

I sei Candidati a Rettore

Dario Braga G. Cantelli Forti Andrea Segrè G. Sassatelli Roberto Grandi Ivano Dionigi


Sono in programma 4 incontri di Ateneo, nei prossimi quattro mesi, con i 6 candidati rettore.
Gli incontri hanno come oggetto argomenti specifici, preceduti da una relazione tecnica.
Di questi, il 1° incontro ha avuto luogo 1l 22 gennaio a Economia

Il  2° incontro è in programma per mercoledì  18 feb. ore 16-19
presso la Facoltà di LETTERE, Aula V (al 2° piano), via Zamboni 38

                                        La seconda domanda

   "Come pensano i candidati di rendere proficui i rapporti fra Ateneo, territorio ed enti locali e imprese, e costruire, con questi, dei solidi programmi collaborazione?
    E quali pensano i candidati che possano essere le strategie per reperire risorse finanziarie e salvaguardare la natura pubblica e generalista del nostro Ateneo?"  
  
    E visto che, per il reperimento di risorse finanziarie private, il nostro Ateneo ha predisposto da tempo degli strumenti potenzialmente importanti, pensano che questi strumenti possano ancora rappresentare una speranza per il rifinanziamento dell'ateneo ?"

  
P.S. Esempi degli strumenti accennati: la Fondazione Alma Mater, la partecipazione a Società di capitali ( Irnerio SpA; 13 Società Spin Off ), Contratti di ricerca per conto terzi ex-art. 66 dpr 382/80, Enti finanziari della Romagna.**
*

 

Patronage del "Gruppo dei Trenta"
(ex-Gruppo per la riforma dello Statuto di Ateneo, meno i candidati a rettore)
 Barbiroli Bruno, Bolletta Fabrizio, Bollino Fernando, Bruggi Diego, Bugiardini Raffaele, Calboli Gualtiero,
Carinci Franco Catizone Pietro, Crisafulli Lilla Maria, Di Pietra Anna Maria, Di Pietro Adriano, Dragoni Giorgio,
Fabrizio Mauro, Frabboni Franco, Ghetti Giulio, Guarnieri Adriano, Lorenzini Enrico, Luciani Nino, Marcato Paolo Stefano, Marini Marina, Muccino Maria, Nicoletti Roberto, Pilo' Virginio, Pisi Anna Maria, Pombeni Paolo,
Porzi Gianni, Prosperi Santino, Pupillo Paolo, Sandrolini Franco, Tomasi Vittorio, Zago Antonella

I sei Candidati a Rettore


Dario Braga


Giorgio Cantelli Forti


Andrea Segrè


Giuseppe Sassatelli


Roberto Grandi


Ivano Dionigi


Sono in programma 4 incontri di Ateneo, nei prossimi quattro mesi, con i 6 candidati rettore.
Gli incontri hanno come oggetto argomenti specifici, preceduti da una relazione tecnica.

Il  1° incontro si è svolto giovedì 22 gennaio, presso la Fac. di Economia,
è stata fatta ai 6 candidati una sola  domanda:

La DOMANDA è stata:

"Cari Candidati,
in ogni organizzazione le persone che vi lavorano costituiscono il capitale umano, e perciò devono
riconoscersi in essa e sentirsi orgogliosi di farne parte. Ritenete che questo sentimento sia diffuso nell'Ateneo di Bologna e che si sia fatto abbastanza in questi anni per alimentarlo, sia tra il personale docente che tra il personale amministrativo e tra gli studenti ? E quali azioni voi adottereste per promuoverlo ulteriormente? "

La RISPOSTA (riassunta da loro stessi, ex-post) è stata:

Dario Braga

  Rispondo "NI".
  O, meglio, rispondo:
- un "sì" convinto quando mi si chiede se il personale si riconosce nell'Istituzione universitaria e se è orgoglioso di farne parte;
- e un "no" altrettanto convinto quando mi si chiede se si è fatto abbastanza per alimentare il senso di appartenenza.
  Il "sì" deriva dal fatto che la maggior parte di noi crede nella istituzione universitaria e non lesina sforzi, né tempo, per realizzarne la missione.
  A differenza dalla vulgata di questo periodo molti docenti e molti tecnici e amministrativi lavorano molto, anzi lavorano sempre.
   Il tempo libero viene spesso investito sulla produzione di sapere, scrivere un libro, una pubblicazione, correggere esami scritti, leggere la letteratura ecc. .
  Ma tutto questo non va bene, non è fisiologico, non si può costruire in modo duraturo sul volontarismo.
  Parafrasando Berthold Brecht "sventurata l'istituzione che ha bisogno di eroi".
  E veniamo alla seconda domanda. Cosa è che alimenta e rafforza il senso di appartenenza?
   Ho pensato a tre termini: trasparenza, responsabilità e pari opportunità.
  La trasparenza è alla base del rapporto fiduciario tra amministratori ed amministrati e tra aree culturali dell'Ateneo.
  In questi anni questo rapporto si è andato incrinando per effetto del martellante attacco esterno alla struttura accademica, del calo oggettivo delle risorse, ma anche di una certa incapacità nostra di reagire in modo propositivo e costruttivo.
   La ricostruzione del rapporto fiduciario passa per la riscoperta delle ragioni dei nostri mestieri Il "che stiamo qui a fare?"
   I docenti sono per produrre e trasferire conoscenza - giusto? Questi sono i compiti dei docenti.
  Il personale tecnico e amministrativo è qui per consentirci di fare tutto questo al meglio.     Aggiungo anche che oggi dobbiamo sempre più trovarci da noi le risorse per la ricerca e quindi ancora di più ci occorre un rapporto fiduciario con il personale tecnico e amministrativo e la condivisione degli obiettivi. Quindi - per essere chiari:
- non va bene quando i docenti affrontano la amministrazione in via gerarchica ;
- e non va bene quando la amministrazione lavora per se stessa e perde il collegamento con gli obiettivi primari quando non addirittura scarica sui docenti buona parte del lavoro di tutti i giorni.
   Banale? Ma la vita di tutti i giorni è fatta di cose banali. Potremmo snocciolare il quotidiano cahier de doléance di rivoli di burocrazia quotidiana (basta nominare le sigle UNIWEX, CONSIP ecc).   La fiducia si costruisce sulla trasparenza, sulla responsabilità e sulle pari opportunità.
  Il sistema si opacizza - perde trasparenza - quando ha paura.
   Guardate la questione della nomina del nuovo direttore amministrativo?
   E' mai possibile che da noi, a Bologna, nel cuore dell'Italia vivace e produttiva, dobbiamo stare a tremare e tramare e girare attorno a un elemento di così lineare chiarezza quale la scelta di un nuovo direttoreamministrativo
?
  Si può pensare che il direttore amministrativo non sia scelto dal prossimo rettore o insieme al prossimo rettore?
   Possiamo mai pensare di far partire un nuovo corso con dei separati in casa? Non ha senso.
   Il senso di appartenenza riguarda anche gli studenti.
   In primo luogo gli studenti. Studenti che blandiamo, che forse temiamo.
   Ma gli studenti - anche loro e le loro famiglie - chiedono trasparenza, chiedono qualità, chiedono regole e chiedono che noi si sia i primi a rispettarle.
    Gli studenti sono l'anima dell'università, gran parte del suo capitale umano, del capitale umano del Paese.
   Lo studente che si riconosce nella sua università la ricorderà per tutta la vita.

 

G. Cantelli Forti

La valorizzazione del capitale umano  riveste una importanza fondamentale per raggiungere l'efficienza, l'efficacia e la qualità di una Istituzione quale il nostro Ateneo.
  Per ottenere il miglior risultato possibile, e con p iena soddisfazione di tutti, bisogna valorizzare il Personale nel suo complesso motivandolo ed impegnandolo su obiettivi il più possibile condivisi.
  Allo scopo occorre che le persone siano coinvolte nei progetti e messe in condizioni di operare condividendo anche le scelte del modello organizzativo di lavoro.
  Inoltre, un aspetto non meno rilevante è la progressione economica attraverso la quale si possono premiare i meritevoli dando il giusto riconoscimento alla competenza e all'impegno.
  Questo è un primo importante atto per ridare l'orgoglio di appartenenza all'Istituzione che in molti casi è purtroppo andato perso.
  Vi sono molte situazioni nel nostro Ateneo che vanno profondamente riviste;
é indispensabile una globale riorganizzazione dello apparato amministrativo e una forte attenzione per quanto concerne la riqualificazione tramite la valorizzazione delle competenze.
In questi anni abbiamo assistito ad una ingiustificata proliferazione delle cariche dirigenziali a contratto (anche in presidi di minore rilevanza, nonostante la situazione economica) che ha contribuito non poco all'aumento di potere dei Vertici amministrativi, come peraltro testimoniato anche dalla distribuzione del personale Tecnico e .Amministrativo eccessivamente concentrato nella sede centrale, penalizzando così le strutture periferiche.
   Infatti, più della metà fa capo alla Amministrazione centrale ed il rimanente svolge la sua attività presso le Facoltà e i Dipartimenti, cioè nei luoghi vitali per l'Ateneo essendo deputati all'attività didattica e di ricerca.
   Pertanto, è urgente una più razionale distribuzione e gestione del Personale al fine di raggiungere una maggiore efficienza, produttività e quindi economicità delle singole azioni amministrative.
   L'attuale sistema non ha infatti portato ad un miglioramento della qualità della amministrazione dell'Ateneo, da più parti invocata, e il Personale è stato più volte disperso in "progetti di innovazione" che, oltre ai costi in assoluto, non sono quasi mai stati valutati a posteriori.
  Al nostro Ateneo oggi fanno capo 2905 unità di Personale tecnico e amministrativo a tempo indeterminato oltre a 16 Dirigenti a contratto, contro solo 7 di ruolo.
  Al numero eccessivo di Dirigenti vanno aggiunti 154 EP (Elevata Professionalità) che presto aumenteranno grazie ai nuovi bandi voluti dal Direttore amministrativo, senza considerare il personale con contratti a vario titolo.
  Sono fermamente convinto che il ruolo del Personale tecnico e amministrativo è di fondamentale importanza purché si realizzi una piena sintonia con il Corpo docente al fine di rendere tutto il sistema il più armonioso possibile.      Occorre pertanto instaurare una maggior collaborazione tra Docenti e Amministrazione nel rispetto reciproco delle funzioni e superando quella contrapposizione che non giova al buon funzionamento dell'Istituzione.
  Al Personale docente va riconosciuto quel ruolo centrale che istituzionalmente gli compete e che in questi anni ha perso.
  Pertanto, vanno forniti gli strumenti necessari affinché i Docenti tutti possano svolgere al meglio le loro fondamentali attività (didattica e ricerca) per ridare prestigio all'Alma Mater.
   In questi anni si è purtroppo registrato uno scollamento tra i Colleghi e i Vertici dell'Ateneo perché non si è realizzato il necessario dibattito sulle decisioni strategiche e sulle procedure conseguenti; è venuta così a mancare un condizione importante, cioè la condivisione da parte del Personale delle scelte operate dai Vertici.
    Infine un Rettore deve farsi carico della politica del Personale docente affinché, nei limiti concessi dal bilancio e dalle leggi vigenti, venga garantita la progressione di carriera ai Colleghi meritevoli e si possano immettere giovani promettenti, non solo facendo ricorso al "turn over", ma anche attraverso l'acquisizione di finanziamenti da Istituzioni pubbliche e private.

Andrea Segrè

   Le prime tappe del mio "viaggio" fra le sedi del nostro Ateneo sono state entusiasmanti.
  Ho potuto approfondire i piccoli e grandi problemi della nostra Comunità, ma anche di riconoscere la forte passione e l'impegno che connotano il lavoro della stragrande maggioranza dei colleghi.
  L'orgoglio, invece, mi sembra assai basso. In un altro incontro sullo Statuto, di un paio di anni fa, avevo fatto riferimento al cosiddetto University Pride che in qualche modo dovevamo "tirare" fuori.
  Da allora non si è fatto molto, anzi. E anche l'immagine dell'Università nel Paese non è migliorata. Del resto nel nostro Paese si parla molto di Università ("malata e denigrata" è il titolo di uno studio condotto dal collega Regini delle Statale di Milano), ma l'Università parla poco al Paese.
  Per essere uno strumento davvero efficace di sviluppo e di promozione sociale in un paese avanzato, l'Università deve cogliere, con coraggio, la richiesta di rinnovarsi, rendersi trasparente nella condotta e nei risultati, dimostrare con la forza dei fatti di saper progettare, con impegno, un futuro degno della nostra tradizione.
  Un progetto coraggioso, un progetto di rinnovamento e rilancio che si ponga in forte discontinuità con la situazione attuale e con una visione di lungo periodo. Così è anche, e sarà, per l'Alma Mater.
  La Comunità dell'Alma Mater - gli studenti, i docenti e ricercatori, il personale tecnico e amministrativo, il personale non strutturato - deve sostenere una forte azione riformatrice e rinnovatrice per il rilancio della nostra Università.       Un'azione endogena e partecipata, perché soltanto la nostra esperienza ci permetterà di trovare le soluzioni più adatte a valorizzare soprattutto la straordinaria pluralità dei saperi che riesce ad esprimere.
  È proprio da questa diversità culturale che dovremo estrarre nuova ricchezza, fondamentale in un quadro di risorse sempre più limitate.    Dovremo uscire da una logica di sterili contrapposizioni e fare della complessità - sedi, strutture, discipline - un valore aggiunto, che possa differenziare il nostro Ateneo da altre realtà universitarie italiane.
  Se il nostro futuro dovrà essere - e sarà - all'insegna della qualità e della valutazione, due parole chiave che dovremo declinare operativamente con grande cura applicandole a tutto il lavoro della Comunità (offerta formativa, ricerca scientifica, didattica, amministrazione, servizi), saremo certamente capaci sia di migliorare la qualità della nostra vita lavorativa sia di lavorare in un'ottica premiale e di riallocazione delle risorse. Tutto questo in vista di un vantaggio concreto, un "premio" speciale per tutti: lavorare in un ambiente migliore, più sano, sicuro, curato, accessibile, abbattendo le barriere (non solo quelle architettoniche), alleggerendo il peso di una burocrazia spesso eccessiva, riducendo e qualificando il carico didattico, garantendo più tempo da dedicare utilmente alla ricerca. Un processo di semplificazione che qualificherà e (ri)motiverà il lavoro di tutti noi, ciascuno nel proprio ruolo e per le proprie responsabilità.
  Il vero risultato sarà questo. Il resto, le risorse, verranno di conseguenza. Ma soprattutto così ci riprenderemo anche il nostro orgoglio di appartenere all'Alma Mater.

 

G. Sassatelli
(atteso il testo)

 

Roberto Grandi

   Mi riferisco  ai dati di alcune ricerche sul clima organizzativo e il benessere lavorativo realizzate all’interno del nostro Ateneo.
   Accanto ad aspetti positivi, ne emergono alcuni particolarmente critici:
a. un senso di scarsa condivisione delle scelte e delle politiche attuate e una certa sfiducia sulla possibilità di vedere valorizzato in pieno il contributo professionale e operativo di ciascuno;
b. una percezione problematica degli stili di direzione: favoritismi, mancanza di feedback da parte dei superiori, poca chiarezza sugli spazi di manovra personali;
c. la percezione di bassa equità organizzativa, ossia la sensazione di investire nel proprio lavoro più di quanto si ottenga in cambio, di ricevere ricompense non proporzionali al proprio investimento e di mettere più energia nel proprio lavoro di quanto ne valga la pena.
  Per incrementare il senso di appartenenza del personale amministrativo interverrò, se sarò eletto Rettore, con immediatezza e decisione su diversi livelli:
a) riaffermare l’identità dell’Alma Mater quale università pubblica la cui missione fa riferimento alla diffusione della formazione, allo sviluppo della ricerca e alla consapevolezza della responsabilità sociale che abbiamo nei confronti della società;
b) organizzare nuove forme di governance che prevedano processi decisionali semplificati, efficaci, inclusivi, partecipati e trasparenti con forme di controllo condivise sulle decisioni prese, in maniera tale che ciascuno, a qualsiasi livello gerarchico appartenga, debba rispondere del proprio operato;
c) distinguere in maniera chiara tra chi, per ruolo, ha la responsabilità delle decisioni politiche (i docenti) e chi ha la responsabilità di definire le procedure per attuarle con efficacia (il corpo amministrativo).
d) promuovere un ambiente di lavoro caratterizzato da stili di direzione che tendano a valorizzare gli apporti di ciascuno, premiando la qualità e rifuggendo da pratiche di favoritismo;
e) promuovere un ambiente di lavoro con una percezione diffusa di alta equità organizzativa per fare sì che ciascuno di noi abbia la percezione di ricevere dalla istituzione quanto dà e che l’energia posta venga riconosciuta;
f) ripensare la struttura amministrativa partendo dalle esigenze dei Dipartimenti, Facoltà e Corsi di Studio in modo che l’amministrazione centrale sia funzionale alle strutture dove si porta avanti la didattica e la ricerca e non viceversa;
g) investire sulla professionalità di chi opera nell’Ateneo adeguandola alle esigenze di una struttura che si è modificata radicalmente negli ultimi anni. Queste sono alcune delle indicazione che, se sarò nominato Rettore, darò al nuovo Direttore Amministrativo per orientare i suoi interventi sulla macchina amministrativa.

 

Ivano Dionigi
(atteso il testo)

 

 

RICEVIAMO E GIRIAMO una libera introduzione di Gianni Porzi, all'incontro già avvenuto


 
Gianni Porzi*, Quale Rettore per l'Università di Bologna ?

  * Il Prof. Porzi, già Membro del Senato nel 2002-08, è stato nominato dal Ministro Gelmini quale Delegato del Governo nel Consiglio di Amministrazione dello Ateneo. Egli succede al Prof. Giorgio Cantelli Forti, resosi indisponibile per la conferma, in quanto è candidato a Rettore. 

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Prof. Gianni Porzi

   Il prossimo 12 maggio saremo chiamati ad eleggere il nuovo Rettore e quindi immagino che molti di noi si stiano interrogando su come dovrebbe essere il Rettore del quale ha bisogno il nostro Ateneo. A mio avviso, oggi più che mai, l'Ateneo ha bisogno di un Rettore che sia un vero leader. Occorre una "leadership del fare e non solo del dire" (come auspicato anche dal prof. Capano in un suo corsivo sul Corriere di Bologna), cioè una persona che agisca senza eccedere in proclami (mi verrebbe da dire "meno sermoni e più azioni").
    Un Rettore forte in quanto capace di gestire una macchina così complessa quale il nostro Ateneo tenendo sempre ben saldo il timone, specialmente nei momenti difficili o conflittuali, per perseguire gli obiettivi del programma elettorale. Un Rettore in grado di  tenere ben distinte e separate le due fondamentali funzioni, cioè quella decisionale e quella esecutiva. Funzioni che, purtroppo, si sono sempre più accentrate nelle mani dei vertici amministrativi i quali dovrebbero invece rappresentare il "braccio esecutivo" dell'Istituzione.
   Le responsabilità degli Organi Accademici, e quindi anche del Rettore, nella scelte di "politica universitaria" sono completamente diverse da quelle strettamente amministrative.
   La macchina amministrativa deve realizzare, nel rispetto dello Statuto e delle Leggi vigenti, le decisioni assunte dagli Organi Accademici ed il Rettore esserne il garante. In sostanza, occorre un Rettore che torni ad affermare il "primato" dei docenti e rimetta gli Studenti al centro della missione dell'Ateneo (come riportato nelle Linee guida del Governo per l'Università). E' necessario voltare pagina, occorre una netta discontinuità con un passato non particolarmente brillante sul piano della gestione, della qualificazione della spesa, della razionalizzazione delle risorse finanziarie e umane; alle parole e ai proclami non sempre ha fatto seguito un'adeguata azione di governo. All'Università di Bologna non serve un Re, ma un Governatore, cioè un Collega con esperienza e capacità gestionali di sistemi complessi ben comprovata dagli incarichi ricoperti e da quanto realizzato. Un Rettore che abbia coraggio e capacità di riorganizzare tutta la macchina Amministrativa valorizzando quelle professionalità che non sempre sono state adeguatamente riconosciute. Un Collega, cosa non meno importante, noto e apprezzato negli ambienti nazionali ed internazionali che contano e conoscitore di quei meccanismi e canali indispensabili per reperire le risorse necessarie. Un Rettore che sappia ridare il senso di appartenenza a tutto il Personale, Docente e non, che in questi anni ha smarrito. Un Rettore che sappia tessere un "rapporto paritetico" con le Amministrazioni locali (Comuni, Province e Regione) salvaguardando gli interessi dell'Ateneo che rappresenta una risorsa per tutti. Un Rettore in grado di circondarsi di validi collaboratori con i quali stabilire un rapporto dialettico costruttivo, perché la complessità del sistema da gestire richiede inevitabilmente una caratteristica fondamentale, cioè la capacità di demandare, e in Ateneo vi sono tante competenze di Colleghi di alto profilo che rappresentano una grande risorsa. Un Rettore che sia garante non solo della legalità, ma anche della equità e della trasparenza di tutti gli atti e delle decisioni assunte, la trasparenza essendo garanzia di correttezza non solo formale, ma anche sostanziale. Un Rettore, infine, che sia in condizioni tali da non poter mai essere sospettato di nepotismo, ma che abbia come unico interesse e obiettivo quello di togliere dalle secche il nostro Ateneo, dando prospettive concrete a tutti coloro che in esso hanno operato ed operano con dedizione, passione e capacità. Gianni Porzi

 

RICEVIAMO E GIRIAMO il commento di Gianni Porzi sul 1° INCONTRO, già avvenuto


  Gianni Porzi, Questi incontri saranno tanto più interessanti
  in quanto siano incentrati meno sul "dire", e più sul  "fare"

   L'incontro del 22 gennaio con i sei Candidati al Rettorato (organizzato dai proff. Luciani, Calboli, Crisafulli, Ghetti e il sottoscritto) ritengo sia stato molto utile perché è servito a mettere in evidenza le non marginali differenze fra gli aspiranti alla carica di Rettore.
  Ciò che è risultato palese è che tutti i Candidati sono critici verso l'attuale gestione.
  Ma alcuni di essi si dimenticano di aver "partecipato" e/o "contribuito" a vario titolo e in varia misura all'attuale gestione dell'Ateneo ricoprendo cariche per nomina diretta del Rettore, contrariamente ad altri che, invece, sono sì stati negli Organi Accademici, ma in quanto eletti dai Colleghi o nominati dal MIUR. La differenza non è marginale.

  L'atteggiamento dei primi (di nomina rettorale) mi fa tornare alla mente certi comportamenti dell'On. Ugo La Malfa (politico di grande spessore) che prima delle elezioni usciva tempestivamente dal Governo e poi criticarlo in campagna elettorale (ma almeno lui aveva la correttezza di dimettersi prima di "sparare" sull'esecutivo del quale aveva fatto parte).
  Vi sono poi i critici dell'ultima ora, anche perché adesso è facile criticare dal momento che i Vertici dell'Ateneo sono in scadenza, e quelli che invece sono critici da anni e che hanno fatte battaglie anche difficili e si sono impegnati per un cambiamento che appariva sempre più necessario. Quindi, a mio avviso va fatta una chiara distinzione sia sulle responsabilità che sugli atteggiamenti che in certi casi ritengo siano piuttosto strumentali : "l'elettorato è critico verso i Vertici ? e allora critichiamoli, si guadagnano consensi."
   Ritengo che i Candidati vadano giudicati su due fondamentali indicatori : le proposte che mettono sul tappeto e ciò che hanno dimostrato di saper fare nel passato.
  Le idee possono anche essere valide, ma ciò che più conta è la capacità nel saperle realizzare, la coerenza nei comportamenti e l'onestà intellettuale di mantenere le promesse (cosa non accaduta in passato).
  La cartina al tornasole ritengo siano gli atteggiamenti e i comportamenti tenuti nelle varie sedi istituzionali locali, nazionali e internazionali e ciò che i Candidati hanno concretamente realizzato in passato.
  A mio avviso, vanno valutati non tanto per la loro attività scientifica, per quanto importante essa sia, ma anche e soprattutto per quanto riguarda le capacità manageriali perché la macchina che saranno chiamati a gestire è molto complessa e richiede doti anche di tipo aziendalistico/imprenditoriale.
  L'Ateneo sta sempre più diventando un'Azienda complessa che ha come compito istituzionale quello di produrre laureati di buono/ottimo livello. Un giudizio sui Candidati andrebbe quindi fatto su quello che hanno dimostrato di saper fare nei ruoli e negli gli incarichi ricoperti (in merito a questo il recente passato dovrebbe averci insegnato qualcosa). E proprio su questo aspetto ritengo che i Colleghi più attenti avranno notato le non piccole differenze fra i sei sfidanti.
   I prossimi incontri poi saranno ancora più interessanti, se prevalentemente incentrati non tanto sul "dire", ma sul "fare", cioè su come concretamente intendono realizzare le loro idee. In sostanza, come pensano di tirare fuori dalle secche il nostro Ateneo.  Gianni Porzi

 

 

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EDIZIONI PRECEDENTI

In margine al DL 6 luglio 2011, sui limiti minimi
al numero degli alunni per Preside, nelle scuole di II grado

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Cinzia Bocaccini


Mentre l'Università si interroga sulla
Scuola di II grado del "dopo riforme" Gelmini



Cinzia Boccaccini*, E' questa la scuola che vogliamo ?



  *
Professoressa di "Latino e Materie Letterarie", Liceo Classico "Ariosto" di Ferrara

   Nota.   Le riforme dell'ex-ministro Gelmini hanno impresso grandi mutamenti nella scuola italiana, anche danni incalcolabili, quando conseguenza di affrettate riforme organizzative, motivate dai tagli finanziari dall'alto, del Ministero.
   In questo articolo viene ripresa quella parte che riguarda la soppressione delle Presidenze di scuole aventi un numero di alunni inferiore ad una determinata soglia e, indirettamente, la soppressione dei centri scolastici, relativamente minori.
   A parte questioni relative alla qualità dei mega plessi scolastici, al fatto che il Preside di un Liceo non è "qualificato" per un Istituto tecnico e al fatto che i Presidi hanno dei limiti umani alla quanità del lavoro, dovrebbe essere evidente al Miur che la dimensione ottimale, di riferimento, delle scuole deve tener conto sia del costo della scuola in senso stretto, sia del costo del trasporto degli alunni e docenti per accedere alla scuola.

  Il territorio del Delta del Po (kmq 893) è una delle vittime di questo modo di fare: nel senso che la centralizzazione dei plessi scolastici ha già determinato grandi costi di trasporto alle aziende pubbliche di trasporto e grandi sofferenze umane ai giovani, troppo tempo sulla strada anzichè ai tavoli di studio, dopo le ore di lezione. Ricordo, già di tre anni fa, il dissesto finanziario dell'azienda pubblica provinciale di trasporto, poi incorporata in altra, solo per non farla fallire.NL

La legge di riferimento:
D.L. 6 luglio 2011 n. 98,
come modificato dalla legge
di stabilità n. 148 del 2011

Art. 19, c. 4. Per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografìche caratterizzate da specificità linguistiche.

Art. 19, c. 5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografìche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome.

 
  Cinzia Boccaccini
, E' questa la scuola che vogliamo ?

  L'istruzione non è questione di numeri. E' questo che dai piani alti non si vuole capire.
  Chi decide, del resto, in genere non appartiene al mondo della scuola e non lo conosce se non per essere stato studente, non ha mai insegnato ad una classe, non si è mai trovato alle prese con le difficoltà connesse con la gestione della didattica, degli studenti, della struttura scolastica e di tutto ciò che la riguarda.
   E come può chi non ha una conoscenza delle dinamiche scolastiche prendere delle decisioni adeguate in merito? Il governo si affanna a parlare di conti e della necessità di tagli. La domanda che sorge però, spontanea, a fronte di questo è :
  - perchè tagliare in campi fondamentali come sanità e istruzione e non intervenire piuttosto, per esempio, sui famigerati costi della politica?
  Ciò rende evidente che chi dovrebbe mettere se stesso al servizio della comunità fa invece proprio l'operazione contraria !
  Il problema ha raggiunto il picco con le ultime indicazioni della legge Gelmini che sta operando su diversi piani: studenti, docenti, personale tecnico e amministrativo.
   E allora ecco classi da 30 studenti e oltre, riduzione conseguente del corpo insegnanti e tagli in campo amministrativo. Con quali conseguenze?
   Solo chi ha avuto esperienza di insegnamento conosce le difficoltà di gestire classi tanto numerose: stare al passo di tutti, correggere compiti, fare interrogazioni ecc. Alla fine ne risente la didattica e il livello dell'insegnamento non può, conseguentemente, che abbassarsi.
  Ma è questa la scuola che vogliamo? Una scuola di qualità invece paga sempre, come dimostrano i casi di India e Cina, Paesi in forte sviluppo che sull'istruzione hanno puntato. Non si vedranno forse frutti immediati, anzi i tagli operati negli ultimi tempi dal governo italiano avranno certo una ricaduta positiva in un primo momento sui conti pubblici, ma alla lunga non potrà che registrarsi un abbassamento di livello di conoscenze e competenze con effetti negativi per tutto il Paese e in tutti i campi.
   Per non parlare dell'infausta manovra varata a luglio che prevede la riduzione poderosa delle piccole scuole ed elimina gli istituti con un numero di studenti inferiore alle 500 unità e per la quale è stato addirittura proposto un ulteriore ritocco che nelle intenzioni doveva portare il numero a 600 studenti.
   Una ulteriore aberrazione che si propone di ridurre il numero dei dirigenti scolastici e i loro costi, ma che non potrà che avere ripercussioni pesanti su molti istituti. Un caso emblematico nel territorio di Ferrara è, ad esempio, quello dell'Istituto "Remo Brindisi" di Lido degli Estensi. Da sempre considerata una "scuola di confine", quella degli Estensi ha perso nell'ultimo anno la reggenza ed è stata unito all'Istituto Guido Monaco di Pomposa di Codigoro, con cui condivide oggi la dirigente scolastica.
  Ebbene già in passato l'istituto si è trovato alle prese con una dirigenza condivisa a scapito della qualità e dell'organizzazione e alle prese con grandissime difficoltà .
  Sono stati anni difficili, a cui si sperava fosse stata posta la parola fine.
  E invece ora ci si trova di nuovo alle prese con una reggenza unica. L'istituto di Lido degli Estensi ha delle proprie specificità sia per la posizione geografica sia per la struttura della scuola che prevede un'offerta formativa articolata e varia (Liceo linguistico, istituto alberghiero, IPSIA) e necessita di una conoscenza approfondita per la gestione e della presenza costante di un dirigente scolastico. Sarebbe uno spreco?
   Qualcuno potrebbe anche pensarlo, ma non di questo si sta parlando, nessuno è favorevole agli sprechi. A livello di governo si ritiene forse che non ci sia soluzione alternativa, ma ogni realtà va valutata il più possibile in se stessa e, se interventi si debbono fare, vanno certamente ragionati e previsti in altra direzione.
   Ci sono possibilità di ridurre gli attuali costi della scuola? La risposta è sicuramente affermativa, ma deve essere salvaguardato l'insegnamento, la crescita degli studenti, che sono il nostro futuro e che solo ben formati, ben preparati e seguiti potranno in futuro gestire i nostri territori locali e la nostra Italia in generale in maniera più adeguata.
   Il messaggio che il Governo Berlusconi ha trasmesso in questo modo è invece quello che nel valore dell'istruzione non ci si crede più, ma la storia e la vita dimostrano che educazione e istruzione sono basilari per la vita sociale e per lo sviluppo dell'individuo in se stesso e come cittadino. CB

 

EDUIZIONI   PRECEDENTI

Università di Rimini

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Giorgio Cantelli Forti

 

A Giorgio Cantelli Forti la medaglia d'oro
del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2011*

 
  La medaglia è stata consegnata al Professore dal Ministro Carfagna.
  Il riconoscimento era stato consegnato al professore, domenica 23 ottobre al Teatro Novelli di Rimini, nel corso della 42° edizione delle Giornate internazionali di studio del Centro Internazionale Pio Manzù**.
   Innovazione e ricerca nelle scienze della vita costituiscono un caposaldo della crescita economica e sociale delle nazioni. Questo il punto di partenza che ha dato origine alla motivazione con la quale il Comitato scientifico internazionale del Centro Pio Manzù ha deciso di conferire la prestigiosa medaglia al docente di farmacologia e farmacoterapia dell’Alma Mater.
  Nella motivazione del  Comitato Scientifico del Centro, il professore è "personalità di riferimento nel pianeta della farmacologia italiana e internazionale. Di questa scienza ha tracciato uno dei solchi più importanti, seminando sapere attraverso 661 pubblicazioni su riviste internazionali.
   Dalla metà degli anni ’80 fino ad oggi, il suo percorso accademico si dipana attraverso incarichi via, via più prestigiosi sino ad assumere il rilevante impegno presso il polo riminese.
   Allo scienziato e al docente il Centro Pio Manzù ha porto doveroso omaggio, specchiandosi nella vocazione comune alla ricerca che è linfa del progresso civile e con ciò celebrandone il prestigio attraverso l’assegnazione della medaglia d’oro del Presidente della Repubblica italiana".
______________________________________
* Fonte: Unibo Magazine
** Il Centro Internazionale Ricerche Pio Manzù è un organismo in status consultivo generale con le Nazioni Unite che opera per l’approfondimento dei temi economici e scientifici di interesse cruciale per il futuro dell’umanità.

PUBBLICAZIONI di GIORGIO CANTELLI FORTI

Fimognari C., Lenzi M., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Induction of differentiation in human promyelocytic cells by the isothiocyanate sulforaphane., «IN VIVO», 2008, 22(3), pp. 317 - 320 [articolo]

ANGELINI S., KUMAR R., CARBONE F., BERMEJO J.L., MAFFEI F., CANTELLI FORTI G., HEMMINKI K., HRELIA P., Inherited susceptibility to bleomycin-induced micronuclei: Correlating polymorphisms in GSTT1, GSTM1 and DNA repair genes with mutagen sensitivity, «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2008, 638, pp. 90 - 97 [articolo]

MAFFEI F., CARBONE F., ANGELINI S., CANTELLI FORTI G., NORPPA H., HRELIA P., Micronuclei frequency induced by bleomycin in human peripheral lymphocytes: Correlating BLHX polymorphism with mutagen sensitivity, «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2008, 639, pp. 20 - 26 [articolo]

A.Tarozzi, F. Morroni, A. Merlicco, C. Angeloni, S. Hrelia, G. Cantelli Forti, P. Hrelia, Neuroprotective effects of sulforaphane in an in vitro model of Parkinson’s disease, in: , Oxidants and Antioxidants in Biology, s.l, s.n, 2008, pp. 124 (atti di: A Meeting of the Oxygen Club of California, Santa Barbara (CA-USA), 12-15 marzo 2008) [atti di convegno-abstract]

Brevetto n. RM2007A000668, Associazione tra un isotiocianato e levodopa per il trattamento della malattia di Parkinson.

Fimognari C., Lenzi M., Sciuscio D., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Cell-cycle specificity of sulforaphane-mediated apoptosis in Jurkat T-leukemia cells., «IN VIVO», 2007, 21, pp. 377 - 380 [articolo]

Fimognari C., Lenzi M., Sciuscio D., Cantelli Forti G., Hrelia P., Combination of doxorubicin and sulforaphane for reversing doxorubicin-resistant phenotype in mouse fibroblasts with p53Ser220 mutation., «ANNALS OF THE NEW YORK ACADEMY OF SCIENCES», 2007, 1095, pp. 62 - 69 [articolo]

L. Marabini, S. Frigerio, E. Chiesara, F. Maffei, G. Cantelli Forti, P. Hrelia, AM. Buschini, A. Martino, P. Poli, C. Rossi, S. Radice., In vitro cytotoxicity and genotoxicity of chlorinated drinking waters sampled alomg the distribution system of two municipal networks, «MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2007, 634, pp. 1 - 13 [articolo]

A. Tarozzi, F. Morroni, S. Hrelia, C. Angeloni, A. Marchesi, G. Cantelli Forti, P. Hrelia, Neuroprotective effects of anthocyanins and their in vivo metabolites in SH-SY5Y cells., «NEUROSCIENCE LETTERS», 2007, 424, pp. 36 - 40 [articolo]

Sapone A., Gustavino B., Monfrinotti M., Canistro D., Broccoli M., Pozzetti L., Affatato A., Valgimigli L., Cantelli Forti G., Pedulli G.F., Biagi G.L., Abdel-Rahman S.Z., Paolini M., Perturbation of cytochrome P450, generation of oxidative stress and induction of DNA damage in Cyprinus carpio exposed in situ to potable surface water., «MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2007, 626, pp. 143 - 154 [articolo]

HRELIA P., ANGELINI S., MARTINELLI G., CANTELLI FORTI G., Polimorfismi genetici come determinanti della risposta farmacologica ad Imatinib., «FARMACI & TERAPIA», 2007, XXIV (suppl. 1), pp. 38 (atti di: 24° Congresso Nazionale della Società Italiana di Chemioterapia, Verona25-28 Novembre 2007) [atti di convegno-abstract]

Maffei F, Tarozzi A, Carbone F, Marchesi A, Hrelia S, Angeloni C, Cantelli Forti G, Hrelia P., Relevance of apple consumption for protection against oxidative damage induced by hydrogen peroxide in human lymphocytes., «BRITISH JOURNAL OF NUTRITION», 2007, 97, pp. 921 - 927 [articolo]

CANTELLI FORTI G., ZOTTI C.A., Risposte tossiche del sistema oculare e visivo, in: , Casarett and Doull's Tossicologia. I fondamenti dell'azione delle sostanze tossiche, ROMA, E.M.S.I. Ed. Mediche Scientifiche Internazionali, 2007, pp. 591 - 623 [capitolo di libro (traduzione)]

P. HRELIA, A. TAROZZI, F. MORRONI, A. MERLICCO, C. ANGELONI, S. HRELIA, G. CANTELLI FORTI, Sulforaphane counteracts oxidative stress induced apoptosis in human neuronal cells, in: , Proceedings of the International Congress of Toxicology , s.l, s.n, 2007, pp. 181 (atti di: ICT XI - International Congress of Toxicology, Montreal, Canada, 15-19 luglio 2007) [atti di convegno-abstract]

Biagi P.L., Hrelia S., Hrelia P., Festi D., Cantelli Forti G., "Alimentazione e salute: Strategie nutrizionali per la prevenzione delle malattie”. 19 gennaio 2006 - Oratorio San Filippo Neri – Via Manzoni, 5 - Bologna., 2006. [ideazione/progettazione di manifestazione]

Coordinamento del progetto: Analisi di biomarcatori di esposizione, effetto e suscettibilità per la valutazione del rischio in popolazioni esposte a xenobiotici. Studio dei polimorfismi genetici degli enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci. Valutazione del rischio tossicologico da esposizione a contaminanti alimentari e ambientali..

A. Tarozzi, S. Hrelia, C. Angeloni, F. Morroni, P.L. Biagi, M. Guardigli, G. Cantelli Forti, P. Hrelia, Antioxidant effectiveness of organically and non organically grown red oranges in cell culture systems, «EUROPEAN JOURNAL OF NUTRITION», 2006, 45, pp. 152 - 158 [articolo]

Maffei F., Angelini S., Carbone F., Cantelli Forti G., Kumar R., Hemminki K., Violante F.S., Hrelia P., Biomarcatori genetici e di suscettibilità per la valutazione del rischio da benzene ambientale in agenti di polizia., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 44 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

R. Mandrioli, F. Bugamelli, C. Baccini, M. Conti, G. Cantelli Forti, M.A. Raggi, Dosaggio di ecstasy, amfetamine e cannabinoidi in fluidi biologici, in: , ISTISAN Congressi - XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, ROMA, IStituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 122 (atti di: XIV Congresso Nazionale SITOX (Società Italiana di Tossicologia), Roma, 6-9 Febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

Morroni F., Tarozzi A., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti antiapoptotici e antiossidanti della cianidina-3-O-beta-glucopiranoside e del suo aglicone in una linea neuronale umana., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 238 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

Sciuscio D., Fimognari C., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti citostatici e citotossici dell'isotiocianato sulforafane su linee cellulari caratterizzate da un diverso status molecolare del gene P53., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 247 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

Marchesi A., Tarozzi A., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti della cianidina-3-O-beta-glucopiranoside sul danno cellulare indotto dai raggi UVA in cheratinociti in coltura., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 237 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

Lenzi M., Fimognari C., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effetti sul ciclo cellulare e induzione di apoptosi dell'isotiocianato sulforafane su colture di cellule T-linfoblastoidi., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 234 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

CANTELLI FORTI G., Effetti tossici e meccanismi di azione delle micotossine., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 13 (atti di: 2° Congresso Nazionale "Le micotossine nella filiera agro-alimentare", Roma, 16-18 Ottobre 2006) [atti di convegno-abstract]

Affatato A.A., Cantelli Forti G., Abdel-Rahman S.Z., Legator M.S., Effetto dei polimorfismi del gene XPD sul danno genotossico basale e indotto dalla nitrosamina tabacco-specifica NNK, in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 217 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

Mandrioli R., Cantelli Forti G., Raggi M.A., Fluoxetine metabolism and pharmacological interactions: the role of cytochrome p450., «CURRENT DRUG METABOLISM», 2006, 7, pp. 127 - 133 [articolo]

G. Cantelli Forti, S. Hrelia, I farma-alimenti: attività farmacologica dei componenti nutraceutici., in: , Atti del I Congresso Nazionale Associazione Ricercatori Nutrizione e Alimenti (ARNA), BOLOGNA, s.n, 2006, pp. 112 (atti di: ARNA - I Congresso nazionale, Bologna, 23-25 marzo 2006) [atti di convegno-abstract]

Fimognari C., Lenzi M., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Isothiocyanates as promising chemopreventive and antioxidant agents, in: , New developments in antioxidants research, NEW YORK, Nova Science Publisher, 2006, pp. 43 - 59 (Nova Biomedical) [capitolo di libro]

A. SAPONE, M. TORRETTA, L. VALGIMIGLI, D. CANISTRO, M. BROCCOLI, G.L. BIAGI, G. CANTELLI-FORTI, S. TRESPIDI, A. LIMIDO, G. STEFANO, E. VERNA, I. CAICO, S. GHIRINGHELLI, S. PRAVASOLI, J.A. SALERNO-URIARTE, M. PAOLINI, Levosimendan e stress ossidativo, in: , Atti del XIV Congresso Nazionale della Societa’ Italiana Tossicologia , s.l, s.n, 2006, pp. 278 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Societa’ Italiana Tossicologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma, 6-9 Febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

CANTELLI FORTI G., MAFFEI F., Micotossine: aspetti tossicologici, in: ACCADEMIA DEI GEORGOFILI, Micotossine e Alimentazione umana e zootecnica, FIRENZE, Accademia dei Georgofili, 2006, pp. 127 - 139 (I Georgofili - Quaderni) [capitolo di libro]

CANTELLI FORTI G., TOFFANO G., Molecular Approaches to Neuronal Regeneration: Opportunities in Neurodegenerative Diseases, Bologna, 27 Ottobre 2006, Oratorio San Filippo Neri, Via Manzoni 5, 2006. [ideazione/progettazione di manifestazione]

TORRETTA M., A. SAPONE, A. LIMIDO, L. VALGIMIGLI, G.L. BIAGI, G. CANTELLI FORTI, M. PAOLINI, J.A. SALERNO-URIARTE, Oxidative stress status and levosimendan in acute heart failure., «ACUTE CARDIAC CARE», 2006, 8, pp. 103 (atti di: Acute Cardiac Care Congress, Prague21-24 October 2006) [atti di convegno-abstract]

Angelini S., Carbone F., Kumar R., Maffei F., Cantelli Forti G., Hemminki K., Hrelia P., Polimorfismi in geni dei sistemi di riparazione del DNA, genotossicità e radiosensibilità., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 218 (atti di: XVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

Carbone F., Maffei F., Tarozzi A., Hrelia S., Marchesi A., Cantelli Forti G., Hrelia P., Potenziale azione protettiva e antiossidante delle mele nei confronti del danno genetico indotto dal perossido di idrogeno in linfociti umani., in: , ISTISAN Congressi, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2006, pp. 224 (atti di: XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia, Roma, 6-9 febbraio 2006) [atti di convegno-abstract]

C. Sabbioni, A. Ferranti, F. Bugamelli, G. Cantelli Forti, M.A. Raggi, Simultaneous HPLC analysis of glycyrrhizin and glycyrrhetic acid in licorice roots and confectionery products, «PHYTOCHEMICAL ANALYSIS», 2006, 17, pp. 25 - 31 [articolo]

Fimognari C., Nuesse M., Lenzi M., Sciuscio D., Cantelli-Forti G., Hrelia P., Sulforaphane increases the efficacy of doxorubicin in mouse fibroblasts characterized by p53 mutations., «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2006, 601, pp. 92 - 101 [articolo]

FIMOGNARI C.; SANGIORGI L.; CAPPONCELLI S.; NUESSE M.; FONTANESI S.; BERTI F.; SODDU S.; CANTELLI-FORTI G.; HRELIA P., A mutated p53 status did not prevent the induction of apoptosis by sulforaphane, a promising anti-cancer drug, «INVESTIGATIONAL NEW DRUGS», 2005, 23, pp. 195 - 203 [articolo]

Biagi P.L., Hrelia S., Hrelia P., Festi D., Cantelli Forti G., Alimentazione e salute: Linee guida per il Consumatore Romagnolo”. 23 maggio 2005 - Aula Magna del Polo Scientifico Didattico di Rimini – Via Angherà, 22 - Rimini, 2005. [ideazione/progettazione di manifestazione]

Coordinamento del progetto: BIOMARCATORI DI EFFETTO E SUSCETTIBILITA' NELLA VALUTAZIONE DEL DANNO DA RADIAZIONI IONIZZANTI IN POPOLAZIONI ESPOSTE.

Cantelli Forti G., Cancerogenesi., in: , Elementi di Tossicologia, ROMA, E.M.S.I., 2005, pp. 97 - 121 [capitolo di libro (traduzione)]

SAPONE A; POZZETTI L; CANISTRO D; BROCCOLI M; BRONZETTI G; POTENZA G; AFFATATO A; BIAGI G.; CANTELLI-FORTI G; PAOLINI M., CYP superfamily perturbation by diflubenzuron or acephate in different tissues of CD1 mice., «FOOD AND CHEMICAL TOXICOLOGY», 2005, 43, pp. 173 - 183 [articolo]

Fimognari C., Berti F., Cantelli Forti G., Hrelia P., Effect of sulforaphane on micronucleus induction in cultured human lymphocytes by four different mutagens., «ENVIRONMENTAL AND MOLECULAR MUTAGENESIS», 2005, 46, pp. 260 - 267 [articolo]

Maffei F., Hrelia P., Angelini S., Carbone F., Cantelli Forti G., Barbieri A., Sanguinetti G., Mattioli S., Violante F.S., Effects of environmental benzene: micronucleus frequencies and haematological values in traffic police working in an urban area., «MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2005, 583, pp. 1 - 11 [articolo]

Capponcelli S., Pedrini E., Cerone M.A., Corti V., Fontanesi S., Alessio M., Bachi A., Soddu S., Ribatti D., Picci P., Helman L.J., Cantelli Forti G., Sangiorgi L., Evaluation of the molecular mechanisms involved in the gain of function of a Li-Fraumeni TP53 mutation., «HUMAN MUTATION», 2005, 26, pp. 94 - 103 [articolo]

Cantelli Forti G., Fitofarmaci e sicurezza degli alimenti, in: , Alimenti e salute. I nutrienti strategici, BOLOGNA, CLUEB, 2005, pp. 147 - 158 (Educazione Continua in Medicina) [capitolo di libro]

Fimognari C., Berti F., Nuesse M., Cantelli Forti G., Hrelia P., In vitro anticancer activity of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside: effects on transformed and non-transformed T lymphocytes., «ANTICANCER RESEARCH», 2005, 25, pp. 2837 - 2840 [articolo]

Fimognari C., Berti F., Nuesse M., Cantelli-Forti G., Hrelia P., In vitro antitumour activity of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside., «CHEMOTHERAPY», 2005, 51, pp. 332 - 335 [articolo]

Cantelli Forti G., Hrelia P. (a cura di): , Le Biotecnologie e la qualità della vita, BOLOGNA, Patron Editore, 2005, pp. 1-337 (Alimentazione ed Ambiente). [curatela]

ANGELINI S.; R. KUMAR; F. CARBONE; F. MAFFEI; CANTELLI FORTI G.; F.S. VIOLANTE; V. LODI; S. CURTI; K. HEMMINKI; P. HRELIA, Micronuclei in humans induced by exposure to low level of ionizing radiation: influence of polymorphisms in DNA repair genes., «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2005, 570, pp. 105 - 117 [articolo]

C. FIMOGNARI; F. BERTI; R. IORI; G. CANTELLI FORTI; P. HRELIA, Micronucleus formation and induction of apoptosis by different isothiocyanates and a mixture of isothiocyanates in human lymphocyte cultures., «MUTATION RESEARCH. GENETIC TOXICOLOGY AND ENVIRONMENTAL MUTAGENESIS», 2005, 582(1-2), pp. 1 - 10 [articolo]

Cantelli Forti G., Maffei F., Principi di Tossicologia, in: , Farmacologia. Principi di base e applicazioni terapeutiche, TORINO, Edizioni Minerva Medica SpA, 2005, pp. 859 - 864 [capitolo di libro]

Tarozzi A., Marchesi A., Hrelia S., Angeloni C., Andrisano V., Fiori J., Cantelli Forti G., Hrelia P., Protective effects of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside against UVA-induced oxidative stress in human keratinocytes., «PHOTOCHEMISTRY AND PHOTOBIOLOGY», 2005, 81, pp. 623 - 629 [articolo]

Tarozzi A., Morroni F., Marchesi A., Angeloni C., Hrelia S., Merlicco A., Cantelli Forti G., Hrelia P., Protective effects of sulforaphane against oxidative stress-induced apoptosis in human neuronal cells, in: , Oxidants and Antioxidants in Biology, s.l, s.n, 2005, pp. 215 (atti di: Oxidants and Antioxidants in Biology - A Joint Meeting of Oxygen Club of California and University of Turin, Alba (CN), 7-10 settembre 2005) [atti di convegno-abstract]

Sabbioni C., Mandrioli R., Ferranti A., Bugamelli F., Saracino M.A., Cantelli Forti G., Fanali S., Raggi M.A., Separation and analysis of glycyrrhizin, 18beta-glycyrrhetic acid and 18alfa-glycyrrhetic acid in licorice roots by means of capillary zone electrophoresis., «JOURNAL OF CHROMATOGRAPHY A», 2005, 1081, pp. 65 - 71 [articolo]

Coordinamento del progetto: STRATEGIE FARMACOLOGICHE E NUTRIZIONALI PER LA PREVENZIONE DI PATOLOGIE CRONICO-DEGENERATIVE CON ISOTIOCIANATI DA CRUCIFERE..

Maffei F., Buschini A., Rossi C., Poli P., Cantelli Forti G., Hrelia P., Use of the Comet test and micronucleus assay on human white blood cells for in vitro assessment of genotoxicity induced by different drinking water disinfection protocols., «ENVIRONMENTAL AND MOLECULAR MUTAGENESIS», 2005, 46, pp. 116 - 125 [articolo]

CANTELLI FORTI G., Valutazione tossicologica e sicurezza degli alimenti, in: , Rapporti ISTISAN, ROMA, Istituto Superiore di Sanità, 2005, pp. 29 - 35 (atti di: Atti 1° Congresso nazionale "Le micotossine nella filiera agro-alimentare", Roma, 29-30 novembre 2004) [atti di convegno-relazione]

A. SAPONE, M. PAOLINI, L. POZZETTI, D. CANISTRO, M. BROCCOLI, G.L. BIAGI, G. CANTELLI FORTI., Ventricular fibrillation after omeprazole treatment: a case control., in: , Libro degli Abstracts, TORINO, Ed. Minerva Medica, 2005, pp. 227 (atti di: 32° Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacologia, Napoli, 1-4 Giugno 2005) [atti di convegno-abstract]

FIMOGNARI C.; NUESSE M.; BERTI F.; IORI R.; CANTELLI-FORTI G.; HRELIA P., A mixture of isothiocyanates induces cyclin B1- and p53-mediated cell-cycle arrest and apoptosis of human T lymphoblastoid cells., «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2004, 554(1-2), pp. 205 - 214 [articolo]

HRELIA P.; F. MAFFEI; S. ANGELINI; CANTELLI FORTI G., A molecular epidemiological approach to health risk assessment of urban air pollution., «TOXICOLOGY LETTERS», 2004, 149, pp. 261 - 267 [articolo]

Coordinamento del progetto: BIOMARCATORI DI EFFETTO E SUSCETTIBILITA' NELLA VALUTAZIONE DEL DANNO DA RADIAZIONI IONIZZANTI IN POPOLAZIONI ESPOSTE.

Maffei F., Angelini S., Cantelli Forti G., Carbone F., Violante F.S., Kumar R., Hemminki K., Hrelia P., Biomarker study to assess health risk in human occupationally exposed to environmental benzene., «DISEASE MARKERS», 2004, 20, pp. 31 (atti di: ICTX Satellite Meeting on Molecular Epidemiology, Haikko, Porvoo, Finland8-10 July, 2004) [atti di convegno-abstract]

TAROZZI A.; A. MARCHESI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Cold-storage affects antioxidant properties of apples in Caco-2 cells., «JOURNAL OF NUTRITION», 2004, 134, pp. 1105 - 1109 [articolo]

FIMOGNARI C.; F. BERTI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Effect of cyanidin 3-O-beta-glucopyranoside on micronucleus induction cultured human lymphocytes by four different mutagens., «ENVIRONMENTAL AND MOLECULAR MUTAGENESIS», 2004, 43, pp. 45 - 52 [articolo]

Fimognari C., Berti F., M. Nuesse, Cantelli Forti G., Hrelia P., In vitro anticancer activity of cyanidin-3-O-beta-glucopyranoside: effects on transformed and non-transformed T lymphocytes., «ANTICANCER RESEARCH», 2004, 24, pp. 3487 (atti di: Seventh International Conference on Anticancer Research, Corfu, GreeceOctober 25-30, 2004) [atti di convegno-abstract]

FIMOGNARI C.; F. BERTI; M. NUESSE; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Induction of apoptosis in two human leukemia cell lines as well as differentiation in human promyelocytic cells by cyanidin-3-O-betaglucopyranoside., «BIOCHEMICAL PHARMACOLOGY», 2004, 67, pp. 2047 - 2056 [articolo]

PAOLINI M.; P. PEROCCO; D. CANISTRO; L. VALGIMIGLI; G.F. PEDULLI; R. IORI; C. DELLA CROCE; CANTELLI FORTI G.; M.S. LEGATOR; S.Z. ABDEL-RAHMAN, Induction of cytochrome P450, generation of oxidative stress and in vitro cell-transforming and DNA-damaging activities by glucoraphanin, the bioprecursor of the chemopreventive agent sulforaphane found in broccoli., «CARCINOGENESIS», 2004, 25, pp. 61 - 67 [articolo]

FIMOGNARI C.; M. NUESSE; F. BERTI; R. IORI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, Isothiocyanates as novel cytotoxic and cytostatic agents: molecular pathway on human transformed and non-transformed cells., «BIOCHEMICAL PHARMACOLOGY», 2004, 68, pp. 1133 - 1138 [articolo]

C. Sabbioni, R. Mandrioli, A. Ferranti, F. Bugamelli, R. Masi, G. Cantelli Forti, S. Fanali, M.A. Raggi, Separation and analysis of Glycyrrhizin, 18beta-Glycyrrhetic Acid and 18alpha-Glycyrrhetic Acid in licorice by means of capillary zone electrophoresis, in: , Proceedings of the 14th International Symposium on Capillary Electroseparation Techniques, ROMA, s.n, 2004, pp. 14 (atti di: 14th International Symposium on Capillary Electroseparation Techniques, Roma, 12-15 settembre 2004) [atti di convegno-relazione]

MAFFEI F.; S. ANGELINI; CANTELLI FORTI G.; F.S. VIOLANTE; V. LODI; S. MATTIOLI; P. HRELIA, Spectrum of chromosomal aberrations in peripheral lymphocytes of hospital workers occupationally exposed to low doses of ionizing radiation., «MUTATION RESEARCH. FUNDAMENTAL AND MOLECULAR MECHANISMS OF MUTAGENESIS», 2004, 547, pp. 91 - 99 [articolo]

FIMOGNARI C.; M. NUESSE; R. IORI; CANTELLI FORTI G.; P. HRELIA, The new isothiocyanate 4-(methylthio)butylisothiocyanate selectively affects cell-cycle progression and apoptosis induction of human leukemia cells., «INVESTIGATIONAL NEW DRUGS», 2004, 22, pp. 119 - 129 [articolo]

Coordinamento del progetto: VALORIZZAZIONE NUTRIZIONALE E FUNZIONALE DELLE ARANCE ROSSE DI SICILIA E DELLE LORO COMPONENTI ANTIOSSIDANTI.

Angelini S., Kumar R., Maffei F., Cantelli Forti G., Violante F.S., Hemminki K., Hrelia P., Variability in the adaptive response induced in human lymphocytes by occupational exposure to low doses of ionizing radiation: influenced by polymorphisms in DNA repair genes?, «DISEASE MARKERS», 2004, 20, pp. 21 (atti di: ICTX Satellite Meeting on Molecular Epidemiology, Haikko, Porvoo, Finland8-10 July 2004) [atti di convegno-abstract]

 

Bologna, da San Petronio  l'Arcivescovo
http://www.bologna.chiesacattolica.it/arcivescovi/caffarra/2011/2011_10_04.php

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Carlo Caffarra


Un mese fa, l'Arcivescovo aveva preannunciato per il 4 ottobre,
a San Petronio il suo più importante messaggio,  l'ottavo dallo
insediamento nell'antica Diocesi di Bologna ;



" Per un Consiglio permanente per la sussidiarietà"
composto da: "Municipalità, Imprese, Terzo settore"

C. Caffarra, “Abbandonare il pregiudizio della contrapposizione tra pubblico e privato” e riconoscere pienamente la funzione sociale del privato”.
 
La Solennità del Santo Patrono della nostra città ci riunisce ogni anno nella sua basilica, vanto ed onore di ogni bolognese e delizia dei nostri occhi. Momento grave e solenne questo, che non. Alla luce della Parola di Dio appena proclamata, anch’io desidero offrire a voi tutti qualche spunto di riflessione.


1.     «Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo».
La forza originaria che costituisce la città è la coscienza di essere «ciascuno per la sua parte… membra gli uni degli altri». È la coscienza di una reciproca appartenenza, la quale genera quella profonda amicizia civile che è il legame più forte di ogni città, come già la sapienza pagana aveva affermato [cfr. Aristotele, La politica 1262 b, 9-14; cfr. anche il commento di S. Tommaso: «tutti comunemente pensiamo che l’amicizia civile è il più grande bene della città»].
   Esiste ancora nel cuore di ogni bolognese quell’amore per la sua città che non consente che sia sfregiata e deturpata nella sua bellezza? Se così fosse, non vedremmo la nostra città ridotta ad un degrado tale, quale forse non ha mai conosciuto nella sua storia recente. Sporcizia e conseguente degrado sono il segno di un disinteresse per la propria città; più profondamente, di estraneità al bene comune. Ma non posso non compiacermi e non lodare quanti nei mesi scorsi si sono impegnati perché potessimo vivere in una città semplicemente più pulita.
   La comunità cittadina è costituita, come dicevo, dall’amicizia civile, poiché essa [l’amicizia civile] è condivisione dei beni umani fondamentali e precede ogni legittima cura degli interessi particolari ed individuali, impedendo al necessario confronto democratico di degenerare in una lotta tra avversari. Ma in che cosa consiste l’amicizia civile intesa come forza di intima coesione sociale?
    Essa è in primo luogo la consapevolezza che ciascuno di noi è originariamente relazionato agli altri. La relazione fra le persone non è semplicemente il risultato di una contrattazione fra individui naturalmente separati, ma è una dimensione costitutiva della nostra persona: «ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri», ci ha detto poc’anzi l’Apostolo.
   Vari secoli di visione individualista della persona umana hanno progressivamente oscurato la coscienza che l’uomo ha di se stesso, del suo essere – in – relazione. Hanno inaridito, di conseguenza, il terreno di cultura della vera amicizia civile.
Essa tuttavia non è solamente consapevolezza di una verità circa l’uomo. È anche e soprattutto una modalità di esercitare la propria libertà.


   Cari fratelli e sorelle: forse questo è il cuore del dramma che anche la nostra città sta attraversando.
Tre sono state le grandi esperienze storiche che hanno generato il nostro modo occidentale di pensare e di esercitare la libertà: la liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù egiziana; l’esperienza della polis greca; la costruzione giuridica edificata da Roma. Tutte e tre sono state fatte proprie dalla fede cristiana, poiché in ciascuna di esse la fede cristiana ha intravisto la stessa logica, una sorta di grammatica elementare della libertà. E cioè: la libertà è un bene condiviso; non si è liberi da soli, a prescindere dagli altri. Portando a perfezione l’intuizione comune a quei tre grandi eventi fondatori della nostra libertà, la fede cristiana le ha dato il nome di capacità di donarsi.

    La corruzione che ha subito l’idea e l’esperienza di libertà è stato ed è il principale fattore di mortificazione dell’amicizia civile, anche nella nostra città.

Caro Cardinale, sarebbe utile puntare, dentro il terzo settore, a una seconda università di Bologna, "laica" e vicina al mondo produttivo e dell'occupazione

1. La premessa.  L'ottavo messaggio del Cardinale, in San Petronio, preannunciato da lui stesso (qualche settimana fa) come il più importante, dopo i 7 messaggi precedenti, ha preso le mosse:
- dalla constatazione, nella città, di "un degrado tale, quale forse non ha mai conosciuto nella sua storia recente. Sporcizia e conseguente degrado sono il segno di un disinteresse per la propria città; più profondamente, di estraneità al bene comune;
- per passare a proporre a Bologna di "diventare un vero laboratorio sociale della sussidiarietà" per affrontare adeguatamente i propri problemi;
- e concludere nell'indicare, come strumento, la istituzione di  "un Consiglio permanente per la sussidiarietà", composto da "Municipalità, Imprese, Terzo settore".
   Considerato che, dentro il Terzo Settore, la Chiesa bolognese ha presenze forti (basti accennare ai "Ciellini" (vale dire C.L., Comunione e Liberazione, a cui si dice appartenere il Cardinale), alla "Caritas Diocesana"..., la offerta del Cardinale si configura come la richiesta del riconoscimento (per la chiesa locale) di un ruolo politico-sociale dentro il Comune, nel momento giusto (il Comune è in uno stato di bisogno finanziario).
   Dalla stampa risulta che l'offerta ha fatto discutere per alcuni giorni. Si è notato un "sì" obbligato da certi ambienti (si può rispondere NO ad una offerta generosa del Cardinale ?); un "NO, grazie" da altri ambienti, in qualche modo "concorrenziali"; taluna diffidenza per conclusioni forzate, rispetto alle citazioni aristoteliche, tomistiche, paoline, ... in premessa, o per contestazioni che   va superato il pregiudizio della contrapposizione tra pubblico e privato ... .( Direi, infatti, che è pacifico, oggi, che il pubblico e il privato sono di reciproca complementarietà).
   
2.  Una nostra proposta al Cardinale: approfondire, dentro il terzo settore, la possibilità di istituire, a Bologna, una seconda università.
 
  Della istituzione di una seconda università a Bologna, si parla da almeno 10 anni. E ci sono vari motivi:
  1) L'Alma Mater ha perduto circa 30.000 studenti (erano 120.000 all'inizio del Rettorato di Calzolari);
  2) Negli ultimi 3 anni ha dimesso anticipatamente almeno 400 professori ordinari, ancora in forma, in seguito alla cura dimagrante dei vari governi di Berlusconi.
  3) Ci sono sulla piazza 4000 ricercatori precari, la gran parte preparatissimi, ma dei quali pochi saranno ammessi alla carriera universitaria di ruolo.
   Ci sono, poi, alcune questioni di fondo:
   1) il collegamento tra ricerca scientifica universitaria e imprese è sempre stato difficile, a causa della rigidità della attuale università nel rapportarsi all'esterno, ma è cosa opportuna e necessaria;
   2) vive, con ostentazione, in alcuni settori dell'ateneo, una cosiddetta "ideologia" (parte di sinistra, parte di Curia) che riesce a catturare il consenso nei momenti elettorali, fino ad eleggere il Rettore. Tale è Ivano Dionigi, pur se nei comportamenti è risultato tutt'altro che di quella ideologia "mista", salvo per le forme di ossequio formale alla curia e al partito (va alla Festa dell'Unità, e non in silenzio).
 
    In queste condizioni,
che si direbbero propizie al grande salto, servirebbe un finanziatore (e dei locali), per far  partire la seconda università di Bologna. Si tratta di occupare spazi completamente liberi, ma con un rinnovato slancio teso:
-  a creare un rapporto vivo con il mondo industriale e culturale, e del lavoro;
-  a seguire una linea "laica", vale dire pariteticamente aperta alle varie istanze della società civile ed unicamente scientifica, sia umanistica sia tecnologica. Nino Luciani

  Certamente la municipalità – così come le altre istituzioni pubbliche – non è in grado di far rifiorire l’amicizia civile. In ragione della sua competenza specifica non è in possesso di mezzi adeguati a tale scopo. Ma essa deve riconoscere e promuovere quelle comunità nelle quali il carattere amicale dell’esistenza è favorito. In primo luogo la famiglia. Essa infatti non è solo un luogo di consumo. È sorgente di quei beni umani immateriali senza dei quali è impossibile l’amicizia civile.
    L’apostolo Paolo, sempre nella seconda lettura, non si limita a dire che «siamo un solo corpo», ma fa un’aggiunta decisiva: «in Cristo». Agostino aveva ragione quando scrisse: «il genere umano è … il più incline alla discordia per passione e il più socievole per natura» [De civitate Dei 12, 27, 1].
In questo contesto si comprende quale sia il primo servizio che la comunità cristiana può offrire alla città. Esso non consiste principalmente nell’offrire una dottrina morale; nell’essere portatrice di un’etica civile. Il primo servizio è introdurre nella nostra città la realtà di una vera comunione fra le persone; far accadere dentro alla nostra vita cittadina l’evento di una vera fraternità. «Voi non chiamate nessuno “Rabbì”, poiché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli» [Si può vedere la mia Omelia della Solennità di Pentecoste, dove ho sviluppato più a lungo questo tema].
Il primo e fondamentale servizio della comunità cristiana è pertanto la celebrazione dell’Eucarestia, sacramento della passione del Signore. «Colui che fu steso sulla croce» infatti «nel momento della morte è colui che unisce a sé ed armonizza ogni cosa, conducendo le diverse nature degli esseri ad un’unica cospirazione ed armonia» [S. Gregorio di Nissa, Oratio catechetica 32,61; GNO III/4,80].


2.     L’amicizia civile non basta. Non basta infatti evitare che il bene comune sia avvertito come meno “interessante” del proprio individuale profitto. L’amicizia civile deve generare il coinvolgimento operativo di tutti per il bene comune della nostra città, senza restringerlo dentro gli schemi utilitaristici, della legalità per la legalità, di ideologie astratte e false.
   Cari fratelli e sorelle, ciò che in questo momento tanto difficile anche per la nostra città è richiesto, è un vero e profondo cambiamento culturale, una vera e profonda trasformazione di mentalità. È a questo che ci invita la Parola di Dio: «Abbiamo… doni diversi secondo la grazia data a ciascuno».
   La conversione culturale, la trasformazione di mentalità ha un nome: si chiama sussidiarietà.
Cari fratelli e sorelle, se questa conversione accade, è l’architettura stessa della nostra cittadinanza, della nostra civile convivenza, che cambia profondamente. Non abbiamo forse il diritto di sperare che Bologna possa diventare un vero laboratorio sociale della sussidiarietà ? Altre volte essa si è mostrata capace di essere un vero laboratorio sociale. Non è certamente questo il luogo ed il contesto per sviluppare come meriterebbe questo tema. Mi limito ad un paio di riflessioni.
   La prima. Sussidiarietà significa che «tutte le società di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto […], quindi di sostegno, promozione e sviluppo rispetto alle minori» [Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 186]. Sussidiarietà significa corrispondentemente che il bene comune della nostra città è raggiunto solo mettendo assieme sui contenuti essenziali del medesimo bene municipalità, imprese, e la società civile organizzata nel cosiddetto terzo settore.
   Questa architettura sociale favorisce la responsabilità delle singole persone e dei gruppi sociali; impone ai tre soggetti suddetti di cooperare secondo la propria natura e la finalità propria. Né la municipalità, né l’impresa, né la società civile nel senso suddetto da sole, ossia considerate separatamente, possono rispondere in modo soddisfacente alle necessità della nostra città. Come dicevo, è una vera conversione culturale che solamente può rigenerarla.
   Non sarebbe forse utile che si istituisse un «Consiglio permanente per la sussidiarietà» che aiuti a progettare questa nuova architettura sociale di cui la nostra città ha così urgente bisogno?
   La seconda. Perché la nostra vita cittadina possa edificarsi secondo questo modello di sussidiarietà, dobbiamo abbandonare definitivamente due pregiudizi.
Il primo è costituito dalla contrapposizione tra pubblico e privato. È un vecchio pregiudizio ideologico, falso sul piano di dottrina della società, devastante sul piano pratico, e che la storia stessa si è già incaricata di condannare. Va pienamente riconosciuta la funzione sociale del privato: si pensi alla famiglia.
    Trattasi di un riconoscimento che non va pensato in termini di una conciliazione fra due ambiti della vita tendenzialmente confliggenti. Ma va pensato in termini di una armonia che vede pubblico e privato nella loro diversità, reciprocità e complementarietà.

   Il secondo è una concezione ancillare del rapporto della società civile colle istituzioni pubbliche. È una sorta di sussidiarietà rovesciata: imprese, società civile diventano semplicemente funzionali all’amministrazione, alla sua programmazione ed organizzazione.
    Cari amici, la nostra città non può rassegnarsi a gestire l’eredità passata. Essa sarà capace di costruire il nuovo, solo se vorrà veramente ripensare e riprogettare l’architettura spirituale della sua convivenza. È questo anche un grave dovere verso le nuove generazioni, che non possono essere private del loro diritto di sperare.
    Non lasciarci, Signore; non abbandonarci: illumina su questa città il tuo volto, e saremo salvi. Amen

 

Edizioni precedenti

Dalla Fondazione della Cassa dei Risparmi di ForlìENTE FINANZIATORE
(con SERINAR) DELL'UNIVERSITA' DI FORLI' e CESENA, mentre in CdA
prosegue ( 21 giugno) iter approvazione nuovo Statuto Ateneo di Bologna

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PierGiuseppe Dolcini

Mentre in CdA il prof. Gallina "ama" il progetto del Rettore,

il Presidente DOLCINI:

vede "segnali non incoraggianti nella bozza
del nuovo statuto, riguardo alla dimensione autonoma".

e chiede"UN  DECENTRAMENTO  AUTONOMISTICO".
e di "sfruttare" le opportunità della legge Gelmini
per i "decentramenti meritevoli e virtuosi"

   Nota. Nelle scorse settimane, docenti della Romagna avevano invocato:
   1) L'autonomia gestionale dei Campus (già Poli), nel rispetto delle norme istitutive del sistema Multicampus concordate con il MIUR;
   2) i Presidenti-Coordinatori dei Campus siano eletti (non "designati" dal Rettore) dai membri del Campus tra i Docenti incardinati.
   3) il Campus abbia un Dirigente amministrativo, l'autonomia di bilancio e il supporto amministrativo ai
Dipartimenti/ Facoltà della Romagna, senza vincoli da Dipartimenti di Bologna.
   4) Il ProRettore per le sedi decentrate della Romagna sia designato dal rettore "tra i presidenti-coordinatori" dei Campus.

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Dalla Corte di cassazione: stato di amministrazione della giustizia

 

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Inaugurazione dell'anno giudiziario 2011

RELAZIONE DEL PRIMO PRESIDENTE

Dr. Ernesto Lupo

  Nino Luciani. Per la riforma della "giustizia", la premessa è partire dalle proposte dei Magistrati.
   
Propongo ai Colleghi la relazione del Dr. E. LUPO, perchè mi è sembrata ( tra le relazioni ascoltate negli scorsi anni), incisiva ("tre parole", dirette al segno) e vera, quale espressione della situazione della giustizia in Italia.
   Emerge  che il nodo di base (tra tanti nodi) è quello della scopertura dell'organico. Non si va avanti perchè non c'è personale, e questo viene affermato con ragionamenti sicuramente fondati, perchè prendono a riferimento un organico minimale, (quello attuale), fatto per l'Italia di anni fa, quando la popolazione era minore di quella attuale, e non c'era la popolazione estera, sopravvenuta in questi anni. Peggio, a causa del blocco del turnover, non ci sarà una normale trasmissione delle competenze dai magistrati attuali ai giovani successori, e quindi peggiorerà la qualità dei futuri giudici.
  Tra i politici, all'inaugurazione ha parlato il Vice Presidente del Consiglio della Magistratura Michele Vietti, ed ha parlato il Ministro Angelino Alfano. Non è neppure il caso di riportare alcunchè del discorso del Ministro, tanto mi è sembrato balbettante, non so se per eccesso di inesperienza in confronto alle "spalle" dei Magistrati (ha parlato anche il Procuratore generale Dr. Vitaliano Esposito), o se (più probabilmente) per la limitatezza degli spazi che Berlusconi e Tremonti lasciano al giovane Ministro.
  Va anche detto che la spesa pubblica in Italia è pari al 52% del PIL, e dunque non c'è parola che possa giustificare la detta ristrettezza di personale, che i Governi (non da adesso) assegnano ad un settore  (la giustizia) che rientra tra i compiti fondamentali dello Stato (difesa, ordine pubblico, grandi infrastrutture), e che per questo è nata con lo Stato, già da millenni. Alla fine mi domando verso quale altra parte vadano i soldi dello Stato (ma su questo mi riservo uno studio, che farò, prima o poi), considerato che il 52% del PIL è veramente tanto.

   La relazione qui riportata è quella "letta" dal Primo Presidente. Chi volesse ulteriormente leggere, clicchi su:
           http://www.cortedicassazione.it/DocumentiPrimaPag/InaugurazioneAG/InaugurazioneAG.asp#

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

             Ernesto Lupo,  Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2010
              Testo orale, in inaugurazione dell’anno giudiziario 2011, Roma, 28 gennaio 2011

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..........
2.- Lo stato dell’amministrazione della giustizia non differisce molto da quanto riportato nella Relazione dell’anno precedente.
    Va rilevata soprattutto la preoccupante situazione di scopertura dell’organico della magistratura, frutto in primo luogo dei ritardi con cui a partire dall’anno 2002 sono stati banditi i concorsi per l’ingresso di nuovi magistrati.
Gli effetti di tali ritardi non sono stati ancora superati dall’impegno dell’attuale Ministro, Angelino Alfano, che ha messo a concorso 713 posti, che si aggiungono ai 253 magistrati assunti nel 2010.
Nell’anno decorso vi sono stati 414 pensionamenti, di cui 227 anticipati rispetto al limite d’età e, perciò, presumibilmente favoriti dall’entrata in vigore delle misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria. (Sono andati in pensione anticipata ben 24 magistrati della Corte di cassazione e della Procura generale!).
Non meno preoccupante è il decennale blocco di assunzioni del personale amministrativo e tecnico: l’organico del personale, nell’arco di dieci anni, è passato da oltre 46.000 unità a poco più di 39.000 presenze.

3. - Tra i tanti problemi posti dalle corti d’appello ritengo che priorità assoluta debba essere data al tema dei tempi della giustizia. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, nella risoluzione del 2 dicembre 2010, ha rivolto per l’ennesima volta la sua attenzione al nostro Paese per ribadire che i tempi eccessivi nell'amministrazione della giustizia italiana "un grave pericolo per il rispetto dello Stato di diritto, conducendo alla negazione dei diritti consacrati dalla Convenzione" europea dei diritti dell’uomo.
La durata media dei giudizi penali e, ancor più, dei giudizi civili supera notevolmente quella ritenuta ragionevole dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, come risulta dalle più precise informazioni che sono state fornite nelle parti IV e V della relazione scritta, in cui lo stato della giustizia è stato analizzato soprattutto sotto la prospettiva dei tempi della giustizia. La conseguenza è che, dall'entrata in vigore della c.d. legge Pinto, sono stati promossi dinanzi alle corti d'appello quasi 40.000 procedimenti camerali per l'equa riparazione dei danni derivanti dall'irragionevole durata del processo, con costi enormi per le finanze dello Stato, il quale, inoltre, ritarda nel pagamento degli indennizzi già liquidati in via giudiziale, tanto che, sempre nel mese scorso, la Corte di Strasburgo ha pronunziato 475 sentenze di condanna dell’Italia per ritardati pagamenti di indennizzi. La realizzazione di una durata ragionevole dei processi, secondo le concordi prescrizioni dell’art. 111 della Costituzione italiana, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è essenziale:
- per il rispetto di un diritto fondamentale di ogni persona, il diritto alla giustizia, che costituisce una sorta di precondizione per la tutela di ogni altro diritto, una sorta di "diritto ai propri diritti";
- per l’immagine dell’Italia nel panorama europeo e internazionale;
- per gli effetti sull’economia e sulla competitività internazionale del sistema Italia.
Il Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato il 20 dicembre scorso nell’incontro al Quirinale con le Alte Magistrature della Repubblica, ha rivolto una pressante sollecitazione ad un "nuovo spirito di condivisione", che conduca tutti "a individuare, fuori da ogni schema e contrapposizione pregiudiziale, i temi, le esigenze, le sfide ineludibili per qualsiasi soggetto rappresentativo responsabile".
Non intendiamo sottrarci a questo esercizio di responsabilità, a cui tutti siamo chiamati. Sul tema della crisi di complessiva efficienza che è il vero problema del nostro sistema giudiziario nessuno può chiamarsi fuori, limitandosi ad additare le colpe altrui. Tutte le istituzioni sono coinvolte e tutte debbono sentire come propria responsabilità, su ogni altra prevalente, l’esigenza di ridurre la durata dei processi civili e penali.
Vi è allora da chiedersi: cosa fare? La risposta è nella stessa risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa il quale ha invitato l’Italia ad adottare "una strategia a medio e lungo termine" per risolvere "il problema strutturale" della durata dei processi "che esige un forte impegno politico".
Questa strategia ritengo che debba essere adottata attraverso l’elaborazione di un vero e proprio Piano per la durata ragionevole dei processi che impegni tutti i soggetti che hanno responsabilità nel sistema giudiziario e che prenda in considerazione, in modo organico, tutti i fattori che incidono sui tempi del processo.
Il Piano deve mirare a rendere compatibili, da un lato, l’entità complessiva della domanda di procedimenti giudiziari civili e penali e, dall’altro, la capacità dell’apparato di soddisfare tale domanda nei tempi che, in relazione ai vari tipi di procedimenti, sono stati specificamente indicati dalla Corte di Strasburgo. Se questi tempi vengono in concreto rispettati dalla gran parte degli altri 46 Stati che hanno aderito alla Convenzione sui diritti umani, questo risultato può e deve essere raggiunto anche dal nostro Paese.
Rispetto alla situazione attuale, e nell’immediato, l’obiettivo del Piano si deve concretizzare sia nel diminuire l’entità della domanda di procedimenti, sia nell’aumentare la capacità di risposta degli uffici giudiziari. Nella relazione scritta sono state date talune indicazioni per perseguire i detti obbiettivi, nell’intento di fornire un contributo agli organi politici competenti, ai quali il Consiglio di Europa ha chiesto "un forte impegno".

3.1. Per quanto riguarda la giustizia civile occorrono strumenti deflattivi della domanda. Merita consenso l’iniziativa governativa della mediazione realizzatasi con il d. lgs. 4 marzo 2010, n.28, in attuazione di orientamenti dell'Unione europea. E’ essenziale, pertanto, che si superino, prima dell’entrata in vigore del provvedimento (prevista per il 20 marzo 2011), le difficoltà applicative segnalate dal Consiglio nazionale forense.
Occorre, purtroppo, rilevare che la Pubblica Amministrazione, come parte in un numero elevato di controversie, non fornisce un apporto di tipo conciliativo, pure possibile di fronte ad indirizzi giurisprudenziali ormai consolidati, ma tende a riversare sulle pronunce giurisdizionali la soluzione di controversie che potrebbero essere, se non eliminate, quantomeno semplificate attraverso una fase conciliativa pre-contenziosa.
Come significativa eccezione può essere segnalato il comportamento dell’INPS che, coinvolto in circa 1.000.000 di cause civili pendenti (circa il 20% del totale), sta pervenendo, secondo quanto affermato di recente dal suo presidente, grazie a una più attenta vigilanza e a una migliore organizzazione interna dell’Istituto, a una drastica riduzione di quella che è stata efficacemente definita una "domanda drogata" di giustizia.
Più in generale, non si può ignorare un’anomalia che ci caratterizza rispetto ad altri Paesi: l’elevatissimo e crescente numero di avvocati. Secondo il rapporto della Commissione europea per l’efficacia della giustizia del Consiglio d'Europa dell’anno 2010, il rapporto giudici/avvocati, nel 2008, era in Italia di 32,4 avvocati per ogni giudice, in Francia di 8,2 e in Inghilterra di 5.
Anche nel rapporto avvocati/abitanti, l’Italia surclassa la Francia con 332 avvocati per 100.000 abitanti, contro 75,8 della Francia.

3.2. Nel settore della giustizia penale l’afflusso di procedimenti è necessariamente correlato al numero dei reati commessi. Si impone, allora, un restringimento dell’area degli illeciti penali, mediante il proseguimento della politica di depenalizzazione, che non ha più visto interventi organici dopo il d. lgs. 30 dicembre 1999, n. 507: non esiste sistema processuale che possa far fronte in tempi ragionevoli all’abnorme numero di fatti che sono considerati reati nel nostro ordinamento.
Per quanto riguarda il processo penale, nella relazione scritta vengono individuati diversi fattori di rallentamento del corso della giustizia, alcuni di tipo normativo, altri di tipo culturale, che si concretano in prassi distorte dell’uso di strumenti processuali.
Con riferimento ad auspicabili interventi normativi, mi limito qui a indicare il processo contumaciale, che, com’è emerso da molte annotazioni provenienti dai distretti, continua a rappresentare una delle più rilevanti cause di ritardo dei procedimenti penali. Si è perciò proposta una riforma dell’istituto – la sospensione dei procedimenti nei confronti degli irreperibili che conseguirebbe un duplice obiettivo:
- innanzitutto, di evitare la trattazione di processi molto spesso destinati a essere prolungati a seguito del meccanismo della restituzione in termini (oggi ormai praticamente inevitabile per gli irreperibili), riducendo così lo spreco di risorse giudiziarie inutilmente impiegate;
- conformare, poi, il nostro sistema processuale ai principi della CEDU. Al di là dei temi affrontati e degli interventi proposti, mi preme osservare che dotarsi di un piano per la durata ragionevole dei processi non comporta che debba precedersi alla sua realizzazione operando contemporaneamente tutte le innovazioni ritenute necessarie, ma significa soprattutto cambiare metodo nello studio e nella realizzazione di tutti gli interventi legislativi e strutturali futuri. Occorre prestare la massima attenzione agli effetti che ogni innovazione può avere sulla durata dei giudizi.
E’ necessario sempre ricercare quel giusto equilibrio tra diritti delle parti ed esigenze di funzionalità del processo che Vittorio Grevi al quale va il mio commosso ricordo ha posto, specie negli ultimi tempi, al centro della sua riflessione scientifica e del suo impegno civile.

4.  In relazione agli obiettivi del piano strategico è bene precisare che l’inefficienza del sistema giustizia non dipende dall’assetto ordinamentale e dall’equilibrio dei poteri delineato dalla Costituzione repubblicana, concretamente realizzato a partire dall’istituzione della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura. Questi organi, nei rispettivi ambiti di competenza, hanno costituito e costituiscono componenti fondamentali per la connotazione della Repubblica come Stato costituzionale di diritto.
Chiunque abbia dimestichezza con le istituzioni di altri paesi sa che il modello ordinamentale italiano costituisce un punto di riferimento nel mondo. Nel panorama internazionale prescindendo dal sistema professionale anglosassone, derivante da tradizioni secolari del tutto peculiari si contrappongono due modelli ordinamentali: quello gerarchico-piramidale di discendenza napoleonica e quello italiano, noto come modello orizzontale, caratterizzato dalla pari dignità di tutte le funzioni, dal governo autonomo della giurisdizione, dall’indipendenza del Pubblico Ministero dall’influenza del potere esecutivo, principi di cui è garante il Consiglio superiore della magistratura.
Questo modello orizzontale ha meritato al sistema italiano grande attenzione in ambito internazionale, come risulta dai tanti atti ufficiali adottati nell’ambito delle Nazioni Unite e del Consiglio di Europa (alcuni dei quali recentissimi) che sono stati citati nella relazione scritta.
Da tali documenti emerge la considerazione che in campo internazionale si ha per il sistema di equilibrio di poteri realizzato nel nostro Paese, in attuazione del disegno che i nostri saggi Padri Costituenti tracciarono per costruire uno Stato costituzionale di diritto, in cui nessun potere è assoluto, neppure il potere del popolo, che la sovranità "esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
Di quel delicato equilibrio che merita di essere salvaguardato e tutelato perché è elemento decisivo della democrazia costituzionale e ha garantito la vita democratica del nostro Paese è parte essenziale il principio di legalità come indefettibile connotato dell’esercizio di ogni potere.
Come ha reiteratamente affermato la Corte costituzionale, il principio di legalità, in un sistema fondato sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, non può essere salvaguardato se non attraverso l'obbligatorietà dell'azione penale, principio che costituisce "il punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale, talché il suo venir meno ne altererebbe l'assetto complessivo".
L’indipendenza garantita da questo modello ordinamentale ai magistrati ha permesso al sistema di giustizia di affermare il primato della legalità nell’esercizio del potere politico, amministrativo ed economico, a prescindere dalle variabili e contingenti maggioranze politiche.
L’esercizio di tali rilevanti compiti da parte di giudici e pubblici ministeri, garantiti da uno statuto di indipendenza, richiede piena consapevolezza del ruolo proprio della giurisdizione, elevata qualificazione e competenza professionale, rispetto delle regole deontologiche, massima attenzione alle ragioni degli altri, costume di sobrietà e di rigore istituzionale e professionale.
La collettività, per potere nutrire fiducia nell’istituzione giudiziaria, deve poter apprezzare tutte queste qualità in ogni magistrato, dal Primo Presidente della Corte di cassazione al più giovane giudice che inizia la sua attività nella più piccola sezione distaccata di tribunale. In un sistema democratico, fondato sul bilanciamento dei poteri con pesi e contrappesi, anche l’esercizio dell’attività giudiziaria e giurisdizionale è liberamente valutabile, ma va ribadito che i processi (civili, penali, disciplinari) si svolgono nelle sedi proprie, dinanzi agli organi giurisdizionali, e che il sistema processuale assicura le più ampie facoltà di ricorso e d’impugnazione, a garanzia della compiuta applicazione delle norme di diritto sostanziale e della piena osservanza delle regole procedimentali.

5. L’ultima parte della relazione è dedicata alla situazione della Corte di cassazione.
Qualunque valutazione sull’andamento dell’attività giudiziaria svolta presso la Corte nel 2010 non può ignorare la gravissima situazione di vacanze nell’organico dei magistrati, che si protrae ormai da tempo e si è aggravata nell’ultimo anno.
L’organico dei magistrati risulta oggi scoperto del 26%.
La scopertura del personale amministrativo, che era dell’8,74% nel 2009, è aumentata nel 2010 al 13,44%.
Questa situazione di minori risorse personali si è unita a un aumento sensibile delle sopravvenienze dei ricorsi. Nel 2010 sono stati presentati: 30.382 ricorsi civili (incremento del 7% rispetto al 2009), 51.137 ricorsi penali (incremento del 9%).
Affluiscono alla Corte, in media, 320 ricorsi in ogni giornata lavorativa. Si tratta di numeri che non trovano corrispondenza in alcun’altra Corte di legittimità e che costituiscono un’assoluta anomalia della giustizia italiana (un unicum nel panorama europeo !).
E’ perciò indifferibile l’adozione di provvedimenti volti a ridurre l’afflusso di procedimenti in Cassazione, che non può essere trasformata da Corte suprema, garante dei diritti, della legalità e dell’uniforme applicazione del diritto, in un "sentenzificio" di scadente qualità.
Lo richiede il decoro della Corte come istituzione, la dignità professionale dei magistrati e degli avvocati che vi operano e, soprattutto, il rispetto dei diritti dei cittadini che rivolgono al massimo organo della giurisdizione domande di giustizia.
Nonostante l’enorme carico di lavoro, va segnalato che la Cassazione penale riesce a mantenere tempi ragionevoli – quasi un’oasi nel deserto della lentezza della giustizia italiana – giacché la durata media per la definizione dei ricorsi penali è di circa 7 mesi.
Ben diversi sono i tempi di definizione dei ricorsi civili: 35 mesi, diminuiti peraltro rispetto al 2009 (37 mesi).
Il futuro della Cassazione civile dipenderà dal funzionamento della Sesta sezione prevista dalla legge n.69/2009, che ha introdotto un filtro interno per la cui operatività è stato messo in opera un apposito sistema informatico. La nuova organizzazione è ancora in fase iniziale, ma il giudizio che va espresso sul filtro dei ricorsi civili è di cauto ottimismo: esso potrà consentire di selezionare e portare a rapida decisione i ricorsi che pongono questioni di notevole importanza sociale o economica; potrà anche favorire l’applicazione costante dei principi giuridici in precedenza enunciati dalla stessa Corte.
Malgrado la diminuzione nel 2010 dei procedimenti definiti, la produttività media dei consiglieri è aumentata del 2,8% nel settore civile e dell’1,6% nel penale. Tale dato sta a dimostrare che la diminuzione delle definizioni nel 2010 non è dipesa da una minore produttività dei magistrati, che hanno anzi incrementato il loro impegno in termini assoluti e percentuali, ma da un sensibile aumento delle scoperture e da una conseguente riduzione del numero dei magistrati impegnati nella trattazione delle cause.
In questa situazione non si può aggravare ulteriormente l’impegno e la disponibilità individuale dei consiglieri.
L’obiettivo perseguibile è che i magistrati della Corte lavorino non di più, ma meglio. Una più alta produttività della Corte nel suo complesso è conseguibile attraverso una migliore organizzazione e una più efficiente informatizzazione dei servizi, verso cui è stato orientato il programma della Prima Presidenza fin dall’atto del mio insediamento.
In tale direzione si sono indirizzati i primi interventi della Presidenza:
a) una nuova struttura del Segretariato generale, configurato come centro di coordinamento dell’organizzazione complessiva della Corte;
b) un progetto per la progressiva riduzione dell’arretrato civile (in alcune sezioni sono ancora pendenti ricorsi presentati nel 20052006);
c) l’istituzione di un ufficio per il procedimento preparatorio delle decisioni dei ricorsi delle Sezioni unite civili: si è, tra l’altro, prevista (e già iniziata ad attuare) la diffusione delle ordinanze di rimessione alle Sezioni unite, al fine di provocare sulle relative questioni un dibattito nella dottrina e nel foro, prima della decisione della Corte;
d) l’elaborazione di una bozza di provvedimento sulla previsione di "motivazioni semplificate" civili, previa deliberazione collegiale, nei casi in cui il motivo di ricorso prospetti soltanto un vizio di motivazione ovvero una questione giuridica già decisa e meritevole di essere confermata.
L’innovazione, attualmente oggetto di discussione all’interno e all’esterno della Corte, è coerente con l’orientamento della legge n. 69/2009 e segue le riflessioni che, già nel 1989, elaborò il mio predecessore Antonio Brancaccio, la cui lunga ed efficace presidenza della Corte costituisce un modello per la mia azione.
Per quanto riguarda, infine, il sistema informatico della Corte, la necessità di un intervento di riorganizzazione è stata affermata dal CSM con delibera del 28 luglio 2010, che ha criticato l’assetto dato al Centro Elettronico di Documentazione in anni recenti.
Per una valutazione attenta delle critiche e dei possibili miglioramenti ho istituito un gruppo di lavoro che ha concluso nei giorni scorsi la propria attività e consegnato una relazione ove sono proposte linee d’intervento. Nelle prossime settimane saranno predisposti gli schemi degli opportuni provvedimenti riorganizzativi, da sottoporre alla valutazione di tutte le componenti che hanno partecipato al gruppo di lavoro. 14

6.
Questa apertura dell’anno giudiziario cade in una fase particolarmente delicata e critica della vita del nostro Paese, in cui sembrano prevalere contrapposizioni, frammentazioni e interessi settoriali, mentre è necessario fortificare il senso della dimensione comune e della coesione collettiva, come presupposto per uscire dalle difficoltà che l’Italia vive. Nella relazione ho tentato di offrire in nome dei magistrati di questa Corte un contributo di razionalità da immettere nel dibattito pubblico e istituzionale, che nasce dall’esperienza di un lungo esercizio di funzioni giurisdizionali, esperienza che identifica nell’effettività del principio di legalità, inteso in tutta la sua ricchezza costituzionale, la precondizione della libertà e del rilancio economico, sociale e morale del paese.
Per quanto ci compete, assicuriamo … che i magistrati continueranno ad adempiere alle loro funzioni con serenità e con impegno, fedeli al modello di giudice che efficacemente un nostro filosofo del diritto ha delineato come proprio dello Stato democratico costituzionale: "un giudice capace, per la sua indipendenza, di assolvere un cittadino in mancanza di prove della sua colpevolezza, anche quando il sovrano o la pubblica opinione ne chiedono la condanna, e di condannarlo in presenza di prove anche quando i medesimi poteri ne vorrebbero l'assoluzione". ERNESTO LUPO

 

 
  
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