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Sette anni dopo il 60º Anniversario dei
Trattati di Roma, 25.3.2017 - Consilium :
"La dichiarazione di Roma dei leader dei 27
Stati membri e del Consiglio europeo,
del Parlamento europeo e della Commissione europea".
IDEE PER UN RIORDINO POLITICO-AMMINISTRATIVO della UE-UNIONE EUROPEA |
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Nino
LUCIANI, Quale base scientifica per una grande UE
Cosa disse MACRON alla SORBONA
(università di Parigi)
DIrei anche che vada appellata la RUSSIA, contro la "evidenza" di crisi,
attuale,
e compresO una diverso ruolo strategico della UCRAINA in Europa
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Nota. In questo studio
mi propongo di delineare un progetto di Unione Europea con poteri fiscali e di spesa per
compiti di interesse generale europeo.
Questo progetto ipotizza il trasferimento di poteri fiscali statali a livello UE e ciò
crea le condizioni per completare il trasferimento del potere monetario europeo, per
quanto riguarda il coordinamento tra potere fiscale e potere monetario.
Precisamente (cosa non trattata qui), nella nuova situazione la BCE dovrebbe poter essere
banchiere di ultima istanza nei confronti del Tesoro UE; e il Tesoro UE dovrebbe
potere aver rapporti finanziari con quello dei singoli Stati, come oggi avviene
normalmente tra gli Stati nazionali ed i rispettivi enti locali. |
Sintesi dei
temi considerati dal Presidente francese: cosa disse Macron, per la nuova UE
(Sorbona 27 sett. 2017)
- Bilancio più forte nel cuore
della zona euro - investimenti comuni (superministro) - eurozona sottoposta a un controllo
democratico" (Parlamento ad hoc) - budget non per mutualizzare i debiti pubblici
accumulati dai singoli Paesi"- immigrazione - difesa "una forza militare comune
d'intervento" con budget comune di difesa progressivo - accademia europea di
intelligence - procura europea anti-terrorismo - protezione civile per rispondere a
catastrofi come i terremoti e le inondazioni" - immigrazione - polizia europea delle
frontiere - un ufficio Difesa - università europee - tassa sulle emissioni di gas serra -
tribunale europeo - agenzia per l'innovazione - budget per gli investimenti dell'eurozona
- tassa europea sulle transazioni finanziarie destinata allo sviluppo dell'Africa europeo
dell'asilo politico - stesse regole per le imprese, il diritto degli affari e i
fallimenti. |
A titolo
esemplificativo: i Ministeri in Italia. Quali esportare a livello in UE ?
- Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Università e Ricerca - Beni e Attività Culturali - Turismo - Politiche Sociali - Difesa (?) -
Giustizia - Salute - Ambiente, Tutela del
Territorio e del Mare - Grandi Infrastrutture e
Trasporti - Politiche Agricole Alimentari
e Forestali - Economia e Finanza - Interno -
Sviluppo Economico - Coesione
territoriale e Mezzogiorno - Sport. |
SOTTO :
UN PROSPETTO IDENTIFICATIVO DI COMPITI E DI MINiSTERI EUROPEI
A PARTIRE DALLA DICHIARAZIONE DI ROMA (25 marzo 2017)
E DALLA ATTUALE STRUTTURA AMMINISTRATIVA DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Nel 60º
Anniversario dei Trattati di Roma, 25.3.2017 - Consilium La dichiarazione di Roma
dei leader dei 27 Stati membri e del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e
della Commissione europea.
Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell'UE, siamo
orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione dell'unità europea
è un'impresa coraggiosa e lungimirante.
Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di
unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica,
dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà,
democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica
che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.
L'unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la
speranza di molti. Fino a che l'Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più
forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in
un'Unione allargata che ha superato le antiche divisioni.
L'Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello
mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie
crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo
determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri
cittadini sicurezza e nuove opportunità.
Renderemo l'Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un'unità e una
solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. L'unità è sia
una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori
dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di
influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni.
Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre
procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati
e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra
Unione è indivisa e indivisibile.
Per il prossimo decennio vogliamo un'Unione sicura, prospera, competitiva, sostenibile e
socialmente responsabile, che abbia la volontà e la capacità di svolgere un ruolo chiave
nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un'Unione in cui i cittadini abbiano
nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica. Vogliamo
un'Unione che resti aperta a quei paesi europei che rispettano i nostri valori e si
impegnano a promuoverli. |
In questi tempi di
cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il
programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare:
1. |
Un' Europa sicura:
un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in
cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace,
responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata
a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
. |
2. |
Un' Europa prospera
e sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un
mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni
tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di
crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e
medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli
investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione
economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia
sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.
. |
3. |
Un' Europa sociale: un'Unione
che, sulla base di una crescita sostenibile,favorisca il progressoeconomico e
sociale,nonchéla coesione elaconvergenza, difendendo nelcontempo l'integritàdel mercato
interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo
fondamentale delle partisociali; un'Unioneche promuova la parità tra donne e uomini
ediritti epari opportunità per tutti; un'Unioneche lotti contro la disoccupazione, la
discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unionein cui i giovani ricevano
l'istruzione e la formazionemigliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il
continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturalee promuova la diversità
culturale.
. |
4. |
Un' Europa più
forte sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati
esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuovala stabilità e la prosperitànel
suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l'Africa e nel
mondo; un' Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla
creazione diun'industria della difesapiùcompetitiva eintegrata; un'Unione impegnata a
rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazionee complementarità
con l'Organizzazione delTrattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici
e delle situazioni nazionali; un' Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difendaun
sistema multilaterale disciplinato daregole, che sia orgogliosa dei propri valori e
protettiva nei confronti dei propri cittadini, chepromuova un commercio libero ed equo e
una politica climaticaglobale positiva. |
Perseguiremo questi obiettivi, fermi nellaconvinzione che ilfuturo
dell'Europaè nelle nostre manie che l'Unioneeuropeaè ilmigliore strumento perconseguire
inostriobiettivi. Ci impegniamo a dareascolto e risposte alle preoccupazioniespressedai
nostri cittadini edialogheremo coni parlamenti nazionali. Collaboreremoa livello di
Unioneeuropea, nazionale, regionale o locale perfare davvero ladifferenza, in uno
spiritodi fiduciae di lealecooperazione, sia tragli Stati membri che tra diessie le
istituzioni dell'UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà.Lasceremo ai diversi
livelli decisionali sufficiente margine di manovra perrafforzare il potenziale di
innovazione e crescita dell'Europa. Vogliamo che l'Unione sia grande sulle grandi
questionie piccolasullepiccole.Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace
e trasparente, e risultatimigliori.
Noi leader, lavorando insieme nell'ambito del Consiglio europeo e tra le istituzioni,
faremo sì che ilprogramma di oggi sia attuato e divenga cosìlarealtà di domani.Ci siamo
uniti per un buon fine.
L'Europa è il nostro futuro comune. |
Nino Luciani, Uno schema di nuova UE
1.- Verso quale UE si potrebbe
andare. L'Ipotesi è che in Europa si voglia andare verso uno stato federale:
dunque ad uno Stato europeo Centrale che convive, in sovrapposizione, con 26 Stati locali.
a) Il presupposto, delineato dalla scienza delle finanze, è che
in un determinato territorio (Europa) esistano degli interessi generali europei e degli
interessi differenziati degli Stati, per cui conviene che lo Stato centrale federale
provvedere al soddisfacimento dei bisogni di interesse generale; e che gli Stati
provvedano differenziatamente a soddisfare i rispettivi bisogni differenziati..
Corrispondentemente viene creato, rispettivamente, un sistema fiscale centrale
federale e vengono creati n sistemi fiscali statali, quanti sono gli Stati.
Attualmente la RUSSIA non vi è ricompresa. Ma essa ha fatto già parte del
CONSIGLIO DI EUROPA. Questo quadro va recuperato su base pià realistiche (compreso uno
diverso ruolo strategico della UCRAINA in Europa )., a fine guerra.
b) Una volta delineato lo schema di base (o di prima
approssimazione), passo poi ad un integrarlo.
Per un approccio di teoria generale, rinvio ad un mio studio, Federalismo
fiscale, p. 499 http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf
Esso, pur se ha come fulcro, l'Italia (Stato centrale, Regioni, Comuni) è
largamente esportabile alla Europa. In luogo di Italia, leggi UE; in luogo di Regioni,
leggi Stati; in luogo di Comuni, leggi Comuni, perchè ci sono in tutti gi Stati con una
tradizione storica molto simile.
Per quanto riguarda i bisogni di interesse generale, il fatto che che essi siano
generali comporta che siano comuni a tutti. Per questo, anzichè gestirne
l'amministrazione direttamente, può convenire che lo Stato centrale federale deleghi la
relativa gestione agli Stati, dopo avere fissato gli obiettivi quantitativi, da attuare
uniformemente in tutti gli Stati, e la dotazione dei congrui strumenti finanziari.
(Segnalo che la cosa non fa funzionato, tra Stato e Regioni, in Italia, tant'è che le
sanità risultano diverse da Regione a Regione).
2.- Per quanto riguarda i
sistemi fiscali , il criterio di prima approssimazione è che ad ogni livello di enti,
corrisponda un rispettivo sistema fiscale.
Ma questi sistemi a più livelli non sono neutrali tra i livelli di Stati (lo Stato
centrale federale e gli Stati) perchè le persone, le merci, i capitali circolano tra i
livelli di Stati.
Va fatta attenzione anche al fatto che, a fronte di una molteplicità di Enti
tassatori (in sovrapposizione), la tasca del contribuente è unica
Questo fatto porta alla necessità di regolare le interferenze. Il modo ritenuto
più corretto è che venga pensato un sistema fiscale unitario per la federazione, e al
suo interno sia fatta una ripartizione delle imposte tra gli Stati. Ad es. quali imposte
attribuire allo Stato centrale federale e quali agli Stati federati. (Questo fu il
criterio della fondamenrale riforma fiscale Cosciani, per l'Italia).
Sul piano pratico, tuttavia, qualcosa può non funzionare perchè gli imponibili
delle identiche imposte nominali potrebbero essere diversi come sostanza.
Nei confronti internazionali il PIL (Prodotto Interno Lordo) da prendere a
riferimento è, di solito, quello al "costo dei fattori", vale dire calcolato al
netto delle imposte indirette (dunque è pari al Valore aggiunto interno). Questo, però,
può condurre a forti disparità, a seconda del peso relativo delle imposte indirette nei
vari Stati e perchè, a dispetto dei sistemi di contabilità, non sempre le imposte
indirette sono trasferibili sui prezzi finali.
Suggerirei , fatto il calcolo della spesa pubblica della UE, che per il riparto del
finanziamento siano presi a riferimento più imponibili: il PIL al costo dei fattori, la
dimensione del territorio, le teste (popolazione).
Lascerei perdere il valore dei beni finali di consumo, perchè rimettono in campo
le imposte indirette e (per lIVA) tutto il gioco connesso del carico sulle
importazioni e dello scarico sulle esportazioni.
A puro titolo di curiosità scientifica, voglio ricordare ho cercato di definire (a
fianco della pressione fiscale, comunemente intesa) la "pressione fiscale
internazionale". Chi vuole, clicchi http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf ,
p. 126. (Continua) |
(continua
) 3.- Quale struttura amministrativa di una possibile nuova UE. Su questa
strada, non si parte da zero, perchè :
a) una parte (non pochissimo) si può trarre dalla struttura amministrativa già in essere
nella UE;
b) una seconda parte si trae dalla dichiarazione comune degli Stati, lo scorso anno
(2017) , a Roma, in occasione del 60 anniversario della istituzione del MEC - Mercato
Comune Europeo;
c) una terza parte si trae dalle anticipazioni di alcuni Leaders euopei, ad es. del
Presidente francese Macron nel 2017 alla Sorbona di Parigi.
Per un primo approccio qui sotto, parto dalle 4 voci della dichiarazione
comune dei paese UE (prima colonna), e vi associo associo (nella seconda colonna) le
voci ministeriali pertinenti (prese dal Governo Italiano) che, grosso modo, si ritrovano
nei Governi degli altri Stati della UE.
Nella terza collonna riporto l'elenco delle 53 voci amministrative già funzionanti
presso la Commissione. Affido alla burocrazia della Commissione la attribuzione migliore
di queste voci aii ministeri ipotizzati.
UN
PROSPETTO IDENTIFICATIVO DI COMPITI E DI MINiSTERI EUROPEI |
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FUNZIONI
ASSEGNATE ALLA UE
dalla Dichiarazione di Roma, 25.03.17 |
Ipotesi di
denomimazioni di ministeri UE
per svolgere le 4 funzioni |
Attuali
amministrazioni UE,
da allocare dentro i ministeri |
1) Una Europa sicura; |
- un ministero della sicurezza pubblica e
dell'ordine pubblico |
2) Una Europa prospera e sostenibile; |
- un ministero delle finanze e del bilancio (entrate fiscali e
spesa pubblica); |
- un ministero dell'ambiente (territorio e mare); |
- un ministero dello sviluppo economico (infrastrutture e
trasporti, terrestri e marittimi, di interesse europeo, fonti di energia, riequlibrio
economico delle aree depresse); |
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3) Una Europa sociale |
- un ministero della salute; |
- un ministero della giustizia; |
- un ministero della istruzione (università e ricerca); |
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4) Una Europa più forte sulla scena mondiale |
- un ministero della difesa*; |
- un ministero per gli affari esteri. |
* Sulla difesa va fatto un pensiero che comincia da lontano.
L' ideale è un sistema di difesa mondiale (tipo la ONU) ma che non riuscirà mai a
funzionare. In subordine vanno fatto sistemi di difesa regionali, ma ricordando che un sistema
di difesa efficiente è molto costoso.
Resterei ancorato a quello Atlantico USA-UE, magari contribuendo (noi euroopei) con qualche
EURO in più come vuole TRUMP.
Non è il caso di impostare un costosissimo sistema di difesa europeo, autonomo rispetto
a quella degli USA.
Anzi dobbiamo valorizzare la larga base etnica comune di americani ed europei. |
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Strutture
ammnistrative della Commissione:
- Totali 53 unità amministrative, di cui: 6 Agenzie, 31 Direzioni Generali
(Dipartimenti), 16 Servizi .
________________________________________
1.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca
2.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute,
lagricoltura e la sicurezza alimentare
3.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per la ricerca
4.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per l'innovazione e le reti
5.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la
cultura
6.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per le piccole e medie imprese
7.- DIREZIONE GENERALE - Affari economici e finanziari
8.- DIREZIONE GENERALE - Affari marittimi e pesca
9.- DIREZIONE GENERALE - Agricoltura e sviluppo rurale
10.- DIREZIONE GENERALE - Ambiente
11.- DIREZIONE GENERALE - Azione per il clima
12.- DIREZIONE GENERALE - Bilancio
13.- DIREZIONE GENERALE - Centro comune di ricerca
14.- DIREZIONE GENERALE - Commercio
15.- DIREZIONE GENERALE - Comunicazione
16.- DIREZIONE GENERALE - Concorrenza
17.- DIREZIONE GENERALE - Energia
18.- DIREZIONE GENERALE - Eurostat - Statistiche europee
19.- DIREZIONE GENERALE - Fiscalità e unione doganale
20.- DIREZIONE GENERALE - Giustizia e consumatori
21.- DIREZIONE GENERALE - Informatica
22.- DIREZIONE GENERALE - Interpretazione
23.- DIREZIONE GENERALE - Istruzione, gioventù, sport e cultura
24.- DIREZIONE GENERALE - Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI
25.- DIREZIONE GENERALE - Mobilità e trasporti
26.- DIREZIONE GENERALE - Occupazione, affari sociali e inclusione
27.- DIREZIONE GENERALE - Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento
28.- DIREZIONE GENERALE - Politica regionale e urbana
29.- DIREZIONE GENERALE - Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee
30.- DIREZIONE GENERALE - Ricerca e innovazione
31.- DIREZIONE GENERALE - Risorse umane e sicurezza
32.- DIREZIONE GENERALE - Salute e sicurezza alimentare
33.- DIREZIONE GENERALE - Stabilità finanziaria, servizi finanziari e Unione dei mercati
dei capitali
34.- DIREZIONE GENERALE - Traduzione
35.- DIREZIONE GENERALE - Cooperazione internazionale e sviluppo
36.- DIREZIONE GENERALE - Migrazione e affari interni
37.- DIREZIONE GENERALE - Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie
38.- SERVIZIO - Centro europeo di strategia politica
39.- SERVIZIO - Gestione e liquidazione dei diritti individuali
40.- SERVIZIO - Infrastrutture e logistica a Bruxelles
41.- SERVIZIO - Infrastrutture e logistica a Lussemburgo
42.- SERVIZIO - Responsabile della protezione dei dati
43.- SERVIZIO - Segretariato generale
44.- SERVIZIO - Servizio degli strumenti di politica estera
45.- SERVIZIO - Servizio dell'archivio storico
46.- SERVIZIO - Servizio di assistenza per le riforme strutturali
47.- SERVIZIO - Servizio giuridico
48.- SERVIZIO - Servizio interno di revisione
49.- SERVIZIO - Task force per la preparazione e lo svolgimento dei negoziati con il Regno
Unito, art. 50 del TUE
50.- SERVIZIO - Ufficio delle pubblicazioni
51.- SERVIZIO - Ufficio europeo di selezione del personale
52.- SERVIZIO - Ufficio europeo per la lotta antifrode
53.- SERVIZIO - Biblioteca e Centro risorse elettroniche |
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.L'ITALIA IN CERCA DI UN PROGRAMMA, DOPO LE ELEZIONI
POLITICHE 2022 |
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J.P. Juncher, Presidente Commissione Europea
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.COME CIRCOSCRIVERNE GLI
EFFETTI DI RISCHIO,
dopo il flop del Governo Berlusconi nel 2009 |
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1) La UE non
crede alla sostenibilià fiscale dell'Italia, causa l'alto debito pubblico; e
l'obbligato aumento della spesa pubblica per le future pensioni sociali di vecchiaia. ( A
queste si attacca, come cigliegina, la pressione sociale per il "reddito di
cittadinanza" e per la "flat tax" ). |
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2) Nessuno
può tirare fuori dal cappello quello che non c'è. Nè è pensabile di provvedere con
aumenti automatici dell'IVA, avendo l'Italia già una pressione fiscale sopra le righe. |
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3) In questo servizio mi propongo di indicare una
via minima per il calcolo certo delle entrate disponibili, dopo avere messo in sicurezza
il debito. |
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Coalizione centro-destra: Salvini-Berlusconi-Meloni
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PROPOSTA |
1.- |
Considerato che il debito pubblico (133% del
PIL) crea problemi di sostenibilità del sistema finanziario dello Stato (per il rischio
di improvvisi sbalzi dei mercati finanziari) si potrebbe fare un piano di
ammortamento in 25 anni (per la messa in sicurezza) alimentato da una percentuale del
gettito fiscale, da destinare al pagamento del debito. |
2.- |
Se si valuta sufficiente
garantire il debito eccedente il 100% del PIL, la cifra è di 544 miliardi e la
percentuale suddetta sarebbe 8,5%, al tasso di interesse del 5%; oppure è 6,9% al tasso
di interesse del 3%. A quel punto, il minore gettito fiscale restante è
quello destinabile al programma. |
3.- |
Ma va da se che, diminuendo il gettito
disponibile, e volendo anche ridurre la pressione fiscale bisognerà anche mettere mano a
riforme strutturali dello Stato. La serie storica del debito (vedi sotto)
segnala il 1977, come inizio della deriva. Fu l'anno di avvio dell'ordinamento regionale
(?). |
4.- |
Nota. E' invece
costume dello Stato italiano pagare il debito in scadenza con accensione di nuovo debito.
Una famiglia per bene non pagherebbe mai cambiali accendendo nuove cambiali. In questo
malcostume sta l'origine della montagna dei debiti che strozzerà l'Italia.. |
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Sergio MATTARELLA,
Leadership in the age of change: managing current development in the
Mediterranean through Europe" (a proposito del rapporto tra Italia e UE).
Breve stralcio dall'Intervento alla Columbia University, USA, 11/02/2016
........... L'Unione Europea è
il risultato di un lungo e vitale processo ed è la sua progressiva integrazione
che ha consentito agli europei di vivere un periodo di pace e di sviluppo sociale,
culturale ed economico, veramente unico e di creare un'area di attrazione divenuta
preziosa, come, da ultimo, si sono incaricati di dimostrare gli eventi successivi alla
caduta del Muro di Berlino.
E' una storia che ha prodotto diritti e accresciute tutele per tutti. Che ha
generato sicurezza e offerto un modello di convivenza plurale.
Sono traguardi ai quali non possiamo rinunciare.
Nel mondo multipolare nel quale viviamo, la partnership atlantica rimane un
punto di riferimento essenziale e, nel suo ambito, l'Europa deve saper assumere le proprie
responsabilità. E, in questo quadro l'Unione Europea non può cedere alla tentazione di
indebolire la propria coesione.
Gli elementi di instabilità presenti ai suoi confini suggeriscono, al
contrario, il rafforzamento di politiche attive di vicinato, di politica estera e di
difesa. Suggeriscono la attivazione di rapporti di collaborazione feconda con le
organizzazioni regionali presenti sul Continente africano per realizzare un futuro sempre
più condiviso.
Oggi agli Stati Uniti e all'Unione Europea, alla comunità transatlantica, si
chiede di esercitare una leadership all'altezza della comune tradizione.
In questo quadro generale, l'Italia sta operando in coerenza con i principi
basilari che ispirano la sua politica estera, europeismo, atlantismo, multilateralismo,
per contribuire ad affrontare e sciogliere i nodi che abbiamo di fronte, con spirito
propositivo e convinzione.
L'Italia attraversa un periodo di cambiamento, sotto il
profilo sia politico sia economico.
Dopo anni di dibattito, il Parlamento sta per approvare definitivamente
un'importante riforma della Costituzione ( poi, non approvata dal Referendum . NdR) che
trasforma il ruolo del Senato da seconda Camera politica - con le medesime attribuzioni
della Camera dei Deputati - in Assemblea rappresentativa delle Regioni e dei poteri locali. |
NINO
LUCIANI, Come circoscrivere gli effetti del debito pubblico, e come interrogare il grafico
storico (1961-2017).
I.- PREMESSA. Dal punto di vista economico di Scienza delle Finanze,
l'entità delle delle risorse disponibili è un dato vincolante per il
programma dei servizi, e ogni partito può avere legittamente gusti diversi.
Diverso è, invece, il giudizio sulle risorse effettivamente impiegate, che deve essere
minimo, tra le alternative ipotizzabili , per i vari servizi-obiettivo.
Nel caso del debito pubblico, ci sono ragioni per ritenere che la sua entità non sia un
minimo, e stupisce il fatto che la Corte dei Conti non lo abbia mai rilevato.
Nel caso italiano, la costosità del debito è dovuta al modo precario, come si
provvede a pagarlo, alla scadenza.
Ma andiamo per gradi. In generale il saldo negativo di bilancio (coperto con il
debito) è riferibile a due casi principali:
a) le spese correnti superano le entrate correnti, e ciò determina un disavanzo in conto
corrente, coperto con il debito o con una imposta straordinaria
(di solito non applicata per la ordinarietà);
b) sono in scadenza dei debiti pregressi, e ciò determina un disavanzo, in conto
capitale, che va coperto con il debito o con una imposta
(di solito non applicata per l'ordinarietà).
2.- Copertura con il debito, come ?
Nel caso dell'Italia sono previsti due modi:
- con un Fondo di ammortamento da alimentare con la vendita degli
immobili dello Stato. (Ma dalle relazioni del Ministero delle Finanze risulta che, in 19
anni (1995-2015), il fondo ha ammortizzato il debito per soli 170 miliardi ...
causa ostacoli impossibili alle vendite... soprattutto il fatto che i Comuni non concedono
facilmente i cambi di destinazione);
- con accensione di nuovo debito. Questa modalità, associata al fatto
che l'entità del debito è di solito molto grande, è per sua natura insicura, circa la
raccolta, a parte i rischi da turbolenze dei mercati finanziari.
Nel caso della UE,poi, l'ombrello della BCE (vale dire l'acquisto dei titoli
pubblici non collocati presso il pubblico) è proibito ufficialmente, pur se non sono
mancati modi "temporanei" equivalenti, tipo il Fondo Salva Stati (ma
accompagnato da accordi severi al rientro tra BCE e gli Stati), o tipo operazioni della
BCE sul mercato aperto (val dire acquisto indiretto di titoli pubblici).
3.- Conclusione. Una famiglia per bene non paga il debito con nuovo
debito con nuovo debito, ma con un piano di ammortamento con rispettive rate annuali,
compatibili con il proprio reddito.
Penso che anche uno Stato per bene dovrebbe fare la stessa cosa, e se così è, il
rischio di insolvenza viene ad essere radicalmente ridimensionato, e la UE non abbia più
nulla da dire...
Vediamo meglio: come potrebbe essere un Piamo di ammortamento del debito
pubblico in Italia ?
Poniamo che l'obiettivo sia di riportare al 100% del PIL il debito da
coprire nel modo tradizionale, e invece di sanare l'eccedenza con un vero e
proprio piano di ammortamento (poniamo 25 anni, al tasso di interesse del 5%).
Nel caso dell'Italia l'eccedenza da ammortizzare sarebbe di 544
miliardi, con una rata annuale di 39 miliardi, pari al 8,5% del gettito fiscale
( 450 miliardi annui). |
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SCRITTA NEL 1914 DAL PROF. SANTE RAMES
BERTARELLI - INTRODUZIONE DI NINO LUCIAN - INTERVENTO DI MARCO FERRONI
PER IL VOLUMETTO CLICCA SU: CENNI STORICI SU VACCOLINO
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All'Università
Bocconi di Milano |
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MARIO DRAGHI PROCLAMA LE SUE "CONCLUSIONI" SUL MODO
DI VINCERE LA CRISI ECONOMICA:
M. Draghi: "Puntare su riduzioni di spesa
corrente e non su aumenti di tasse",
in quanto ciò "avrebbe le minori conseguenze negative sul PIL".
Nino Luciani,
Tesi auto-referenziale. La diagnosi è la stessa del 1929,
e dunque anche la ricetta sia la stessa, fermi i vincoli di bilancio della UE.
Il compito di Monti traghettatore è finito. Si vada all'alternanza tra
i grandi partiti, come nei Paesi democratici: adesso col PD.
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PRECISAMENTE
La diagnosi è: "il potere d'acquisto è finito nelle mani di
persone che hanno una relativa alta propensione al risparmio e anzi trattengono la
liquidità come antidoto per fronteggiare le maggiori difficoltà".
In queste condizioni la ricetta è ancora quella Keynesiana: creare domanda
effettiva (vale dire accompagnata da potere di acquisto), e questo è possibile in tre
modi:
1 ) accelerare i tempi tecnici della spesa pubblica, già approvata in
bilancio, in quanto finanziata dal gettito fiscale realizzato.
Questo punto mi sembra un atto dovuto, rispetto al
quale c'è qualche responsabilità del Governo Monti.
2 ) fabbricare moneta aggiuntiva e fare spesa pubblica ( per lavori
pubblici, ecc. ) per creare lavoro e redditi per coloro che hanno alta propensione al
consumo.
In questa fase economica, la UE, non permetterebbe questa via, perchè
inflazionistica;;
3 ) spostare potere d'acquisto dai cittadini con alta propensione al
risparmio, ai cittadini con alta propensione al consumo. Lo strumento è quello fiscale:
alzare le aliquote IRPEF sui redditi medio alti, e abbassare le aliquote sui redditi
medio-bassi. Questo non alza la spesa pubblica.
Questa via è risolutiva. Ma è verosimile che essa non sia
approvata dalla destra "conservatrice", pur se sarebbe nel suo interesse
superare la crisi economica. Attendiamo, pertanto, le elezioni politiche, per un
chiarimento popolare. |
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M.
Draghi, La politica monetaria della Banca Centrale Europea e la sua trasmissione
nellarea delleuro
Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, Università Bocconi,
Inaugurazione anno accademico 2012/2013 Milano, 15 Novembre 2012
1.- I mercati finanziari e le disfunzioni causate alla trasmissione della politica
monetaria
Lanno che sta per terminare verrà ricordato non solo per gli
effetti che la crisi del debito sovrano europeo ha avuto sulleuro e per il
significativo indebolimento delleconomia europea, ma anche per le risposte che a
queste sfide sono state date da BCE, dai governi nazionali, dallUnione Europea.
La artificiale tranquillità dei mercati antecedente la crisi aveva in Europa per lungo
tempo permesso politiche economiche sbagliate o semplicemente incoraggiato linazione
in paesi che avevano profondo bisogno di consolidamento di bilancio e di riforme
strutturali.
Lesplodere della crisi accresce drammaticamente lavversione al rischio: le
debolezze di questi paesi vengono crudamente identificate; in un contesto di crescita già
debole, gli investitori si allontanano, gli spread sovrani iniziano il loro aumento.
Presto la solvibilità dei governi di questi paesi viene messa in
discussione e con essa la solvibilità delle istituzioni finanziarie che vi risiedono.
Allinterno dellarea delleuro, il denaro circola sempre meno tra banche
di paesi diversi. I dubbi sulla sopravvivenza delleuro nel suo attuale disegno
incoraggiano un movimento speculativo che induce ulteriori aumenti negli spread sovrani.
Tutti i governi dei paesi più deboli rispondono con politiche di consolidamento di
bilancio, allinizio esitanti, poi sempre più energiche.
Ma lattività economica continua a indebolirsi e gli spread continuano
a crescere. Il che pone laccento sulla forma che deve avere il consolidamento
fiscale "ideale", cioè quello che riduce il deficit e il debito con le minori
conseguenze negative sul prodotto di un paese.
Levidenza prevalente indica che esso deve essere centrato su
riduzioni di spesa corrente e non su aumenti di tasse.
Anche chi non condivide questa impostazione è però daccordo sul fatto che è
essenziale che il processo sia percepito come credibile, irreversibile e strutturale
perché abbia effetto sugli spread sovrani e che le condizioni di stabilità dei prezzi e
dei mercati finanziari siano tali da non ostacolare il consolidamento fiscale.
In risposta allaggravarsi delle condizioni economiche, la BCE ha
abbassato i tassi di interesse di riferimento. In circostanze normali, tali riduzioni
sarebbero state trasmesse in maniera relativamente uniforme a famiglie e imprese di tutta
larea delleuro. Ma non è quanto abbiamo riscontrato.
In alcuni paesi, le riduzioni dei tassi sono state trasmesse
integralmente. In altri, i tassi sui prestiti bancari alleconomia reale sono
diminuiti solo di poco o addirittura per nulla. E in altri ancora, sono di fatto
aumentati, almeno in qualche caso.
Perché questa difformità? Nellattività di banca centrale è
fondamentale il concetto di "trasmissione della politica monetaria", cioè il
processo con cui le modifiche del tasso di interesse di riferimento di una banca centrale
vengono trasmesse attraverso il sistema finanziario alleconomia reale.
In un sistema che funziona correttamente, vi è una relazione stabile
tra le variazioni dei tassi della banca centrale e il costo dei prestiti bancari per
famiglie e imprese. Le banche centrali possono così influenzare la situazione economica
generale e mantenere la stabilità dei prezzi.
Ma nel sistema finanziario dellarea delleuro si è
verificata una grave frammentazione del mercato finanziario unico. I costi del
finanziamento bancario sono molto diversi nei vari paesi. Laccesso al mercato
interbancario dellarea delleuro è stato di fatto precluso a numerose banche e
in certi paesi al loro intero sistema bancario. Gli aumenti dei tassi di interesse sui
titoli di Stato hanno aggravato i costi di provvista delle banche nazionali e fortemente
limitato il loro accesso ai mercati.
Ciò ha reso difficile la trasmissione degli impulsi che venivano da
una politica monetaria accomodante attraverso aggiustamenti nei tassi di interesse sui
prestiti a famiglie e imprese da parte delle banche.
I tassi di interesse non possono e non devono essere identici nellarea, ma non è
accettabile che emergano disparità rilevanti a causa della frammentazione dei mercati dei
capitali o di una presunta disgregazione dellarea delleuro. In
uneconomia come quella dellarea delleuro, dove circa tre quarti del
finanziamento alle imprese proviene dal settore bancario, le ripercussioni
sulleconomia reale, sugli investimenti e sulloccupazione sono gravi. La
frammentazione del mercato finanziario unico ha indotto una frammentazione della politica
monetaria unica.
Per questo motivo, i paesi più esposti alla crisi di fiducia non
potevano se non limitatamente avvantaggiarsi dei bassi tassi di interesse: erano entrati
in un circolo vizioso.
La crescita economica si contraeva. Le finanze pubbliche peggioravano.
Banche e governi si vedevano costretti a corrispondere tassi di interesse ancora maggiori.
E il credito e la crescita economica calavano ulteriormente, con un aumento della
disoccupazione e una flessione di consumi e investimenti.
Le prospettive per leconomia dellarea delleuro si
facevano sempre più fragili. Si delineavano conseguenze potenzialmente avverse per il
mercato unico europeo, in quanto laccesso ai finanziamenti dipendeva in misura
crescente dalla residenza più che dal merito di credito e dalla qualità del progetto.
Linterruzione della trasmissione della politica monetaria
ha implicazioni profonde. Mette a repentaglio la politica monetaria unica e la capacità
della BCE di assicurare la stabilità dei prezzi in entrambe le direzioni. Ecco perché
abbiamo agito.
2.- Ripristinare unadeguata trasmissione della politica monetaria.
Per decidere il tipo di azione appropriato, occorreva valutare
due aspetti fondamentali. Innanzitutto, dovevamo diagnosticare con precisione il motivo
per cui la trasmissione si era interrotta.
In secondo luogo, dovevamo individuare lo strumento di politica
monetaria più efficace per porvi rimedio, rimanendo sempre entro i limiti del nostro
mandato che è quello di preservare la stabilità dei prezzi.
I paesi più colpiti sono quelli dove la politica economica del passato
è stata più inadeguata, dove la risposta dei governi allinizio della crisi è
stata più fiacca e incerta. Spetta ai governi di questi paesi lo sforzo maggiore nella
riconquista della credibilità.
Per intensità e rapidità, straordinaria è stata la risposta di tutti
questi governi; eppure i tassi di interesse continuavano ad aumentare. Vi era un fattore
di paura nelle valutazioni dei mercati che i governi, da soli, non sembravano capaci di
fugare.
Si stava producendo una situazione di instabilità sistemica che minava
leurozona e vanificava la speranza negli effetti positivi delle riforme intraprese
per ripristinare la trasmissione della politica monetaria.
Occorreva fugare i timori infondati sul futuro delleuro. Occorreva creare un
meccanismo di sostegno credibile in grado di scongiurare scenari catastrofici, il cui
esercizio ricadesse nel mandato della BCE.
Le OMT sono state concepite proprio a questo scopo, per ripristinare la
trasmissione della politica monetaria.
Le OMT prevedono interventi sui mercati dei titoli di Stato senza
limiti prestabiliti ma non incontrollati, né svincolati da condizioni. Questi interventi
riguardano le obbligazioni con scadenza residua fino a tre anni. Il segnale agli
investitori sullinfondatezza dei loro timori sul futuro dellarea
delleuro è chiaro.
Ma non abbiamo dimenticato qual è lorigine dei problemi del
mercato del debito sovrano in Europa. Uno dei presupposti per la conduzione di OMT è che
i paesi interessati devono aver negoziato con gli altri governi dellarea
delleuro un programma nellambito del Meccanismo europeo di stabilità (MES)
che imponga condizioni rigorose, efficaci e credibili su un orizzonte temporale esteso. In
tal modo, i governi si vincolano a continuare le riforme necessarie, anche in uno scenario
in cui la BCE interviene. Il coinvolgimento del Fondo monetario internazionale (FMI), con
la sua esperienza nel monitorare programmi di aggiustamento, è unulteriore
salvaguardia.
3.- Le conseguenze degli interventi della BCE. In primo
luogo, le OMT non implicano finanziamenti dissimulati ai governi.I nostri interventi sono
stati concepiti proprio per evitare tali esiti. Saranno eseguiti solo sui mercati
secondari, in cui sono negoziate obbligazioni già emesse. Qualora si decida di effettuare
OMT, saranno acquistati strumenti del debito pubblico presso gli investitori, e non presso
i governi. Queste condizioni sono pienamente in linea con il divieto di finanziamento
monetario sancito dal Trattato. Inoltre, gli interventi saranno concentrati sulle scadenze
più brevi, lasciando margine di manovra alla disciplina di mercato sulle scadenze più
estese.
In secondo luogo, le OMT non mettono a repentaglio lindipendenza
della BCE. La BCE continuerà a prendere tutte le decisioni relative alle OMT in piena
autonomia. Deciderà se intervenire in base alla propria valutazione della trasmissione
della politica monetaria, al fine di salvaguardare la stabilità dei prezzi. Il fatto che
i governi debbano attenersi a determinate condizioni, in realtà, proteggerà la nostra
indipendenza. La BCE non si vedrà costretta a intervenire a causa di inadempienze da
parte della politica.
In terzo luogo, la OMT non generano rischi eccessivi per i contribuenti
dellarea delleuro. Questi rischi si manifesteranno solo se un paese attuasse
politiche poco oculate. Ma il programma del MES impedirebbe proprio il verificarsi di tale
evenienza. E noi abbiamo affermato in modo inequivocabile che, quando un programma è in
fase di riesame, sospenderemo di norma le operazioni, per riattivarle solo in caso di
esito positivo. Così la BCE interverrà solo per quei paesi in cui leconomia e le
finanze pubbliche seguono un percorso di sostenibilità.
Infine, le OMT non causano inflazione. Le nostre operazioni sono
state modulate per far sì che i loro effetti sulle condizioni monetarie siano nulli. Per
ogni euro immesso, vi sarà un euro ritirato. In base alla nostra valutazione, il rischio
maggiore per la stabilità dei prezzi è allo stadio attuale è associato alla
possibilità di un calo dei prezzi in alcuni paesi dellarea delleuro. In tal
senso, le OMT non sono in contrasto con il nostro mandato, ma sono invece indispensabili,
affinché possiamo continuare a preservare la stabilità dei prezzi. Peraltro, non abbiamo
evidenza che lannuncio del programma di OMT si sia riflesso sulle aspettative di
inflazione. Le attese di inflazione continuano a essere saldamente ancorate. Ciò
testimonia i risultati da noi conseguiti negli ultimi dieci anni sul fronte della
stabilità dei prezzi e la credibilità del nostro impegno a preservarli. Disponiamo di
tutti gli strumenti necessari per mantenere la stabilità dei prezzi e, in presenza di
rischi al rialzo, per riassorbire leccesso di liquidità.
Dallannuncio della possibilità di intraprendere OMT si sono
avuti diversi segni di una maggiore tranquillità nei mercati finanziari: la significativa
discesa degli spread sovrani, la ripresa dei flussi di capitali da parte dei fondi di
mercato monetario degli Stati Uniti che erano cessati da circa un anno, alcune emissioni
di obbligazioni sovrane e corporate da paesi che avevano perso laccesso al
mercato da quasi tre anni come Irlanda e Portogallo, il completamento dei piani di
finanziamento dei tesori Italiano e Spagnolo, il fatto che la quota di debito pubblico
italiano detenuta da non residenti sia cresciuta e infine la stabilizzazione dei saldi
TARGET-2 che sono la vera misura degli squilibri finanziari ed economici nellarea
delleuro. Infine è di ieri la notizia che il ricorso presso la BCE da parte delle
banche di alcuni grandi paesi che versavano in condizioni di provvista difficili è
diminuito per il secondo mese consecutivo. È importante capire che la stabilità
finanziaria allinterno dellarea delleuro è nellinteresse di tutti
ma in primis dei paesi creditori che hanno le esposizioni maggiori.
Non vi è dubbio che tali miglioramenti non sarebbero stati
sostenibili, né lo sarebbero in futuro, senza una straordinaria, persistente e
soprattutto strutturale azione di consolidamento dei bilanci pubblici e di riforme
strutturali in tutti i paesi dellarea delleuro.
4.- Il completamento dellUnione economica e monetaria. Uno sguardo al
passato ci aiuta a ricordare gli ostacoli che il processo di integrazione europea ha
incontrato finora, e superato.
I mandati di Tommaso Padoa-Schioppa alla Banca dItalia e alla
Commissione europea sono stati contrassegnati da riallineamenti nellambito degli
Accordi europei di cambio del Sistema monetario europeo. È risaputo che per Tommaso il
problema cruciale risiedeva nel "quartetto inconciliabile", ossia tassi di
cambio fissi, libero scambio, mobilità dei capitali e politiche monetarie nazionali.
La soluzione è stata trovata nella moneta unica.
Oggi vediamo che questa soluzione è incompleta. La crisi ha messo in
luce la necessità di portare a compimento lUnione economica e monetaria.
Insieme ai presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea
e dellEurogruppo, abbiamo individuato quattro pilastri su cui edificare
unEuropa stabile e prospera: ununione bancaria con ununica autorità di
vigilanza; ununione fiscale in grado di prevenire e correggere bilanci non
sostenibili; ununione economica in grado di garantire una competitività atta a
favorire unoccupazione elevata e, infine, ununione politica in grado di
coinvolgere profondamente i cittadini dellarea delleuro.
Stiamo compiendo progressi in tutte queste direzioni. Ovviamente non è
semplice attuare un progetto così ambizioso. Ma confido che lEuropa, ancora una
volta, emergerà rinvigorita dalle difficoltà del momento.
Tommaso era convinto che "una forte valuta richiede una forte
economia e una forte politica, non solo una banca centrale forte e autorevole" . La
sua convinzione è anche la mia.
La risposta della BCE alla crisi si pone in un rapporto chiaramente
definito con il processo di integrazione europea.
Con le nostre misure non convenzionali di politica monetaria abbiamo
preservato la funzionalità del meccanismo di trasmissione e, quindi, abbiamo potuto
mantenere la rotta ferma sullobiettivo della stabilità dei prezzi iscritto nel
nostro mandato. Si sono sventati esiti potenzialmente rovinosi della crisi; si è
guadagnato tempo prezioso ma non infinito. La BCE però non può sostituirsi
allazione dei governi nazionali né sotto il profilo dellefficacia della
politica economica, né sotto quello della legittimità democratica. In ultima analisi
spetta ai governi il compito di dissolvere definitivamente le incertezze che persistono
nella percezione dei mercati e nei timori dei cittadini.
Lobiettivo finale è lunione politica, unEuropa
stabile e integrata con un destino comune. Ci vorrà molto tempo, lungo un percorso
incerto. Ma nel frattempo sarebbe un errore non agire.
È già stato fatto molto. I governi hanno attuato interventi
correttivi dei conti pubblici. Con il fiscal compact si è sancito il principio del
pareggio di bilancio nelle legislazioni nazionali. Con il MES si è offerta la
possibilità di unassistenza finanziaria ai paesi in difficoltà, per contenere il
contagio della crisi. E alle misure non convenzionali di politica monetaria della BCE si
affiancherà lunione bancaria, una struttura europea unica di vigilanza bancaria.
È essenziale che tutti i soggetti che contribuiscono allampio e
articolato percorso di riforma dellEuropa mantengano gli impegni presi. Dobbiamo
procedere lungo questa via con calmo pragmatismo, chiedendoci quali siano i requisiti
minimi per completare lUnione economica e monetaria. Sono tutti alla nostra portata,
comprese le riforme fiscali e le politiche strutturali per la competitività e la
crescita.
Lungo il cammino dobbiamo farci guidare dal principio secondo cui
nessun paese è legittimato a condurre politiche che danneggino gli altri membri della
comunità di cui fa parte. La costruzione di unarchitettura istituzionale europea
basata su questo fondamento non risponde solamente a unistanza di responsabilità.
Senza la condivisione della sovranità nazionale a livello europeo la stessa sovranità
dei singoli Stati è in pericolo.
Questa è la prima lezione della crisi per noi europei. Non si tratta
solo di economia e finanza. Possiamo, con Zygmunt Bauman, estenderla ad ambiti assai più
ampi. Bauman ha scritto: "la casa europea non va a detrimento delle culture
nazionali, ma provvede a una sorta di tetto comune a tradizioni, valori, differenze
locali. E il paradosso è che ogni singolo paese è molto più a rischio di perdere la sua
identità specifica, se si espone senza protezione, cioè senza questo scudo europeo, alle
forze globali che sono violentemente e spudoratamente sovranazionali, ignorano i temi e le
specificità locali".
Vorrei concludere con un aneddoto su Tommaso, cui oggi dedichiamo
questa cattedra. Come sapete, negli ultimi mesi ho ribadito il principio
dellirreversibilità delleuro. E questo è proprio il senso di una delle più
note arguzie di Tommaso. Nel 2004 parlando dell "emu", che è
lacronimo di Economic and Monetary Union, rilevò che questo è anche il nome di un
uccello australiano simile allo struzzo. E aggiunse: "nessuno dei due può andare a
ritroso". Mario DraghiFONTE: http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=11154&key=jq
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NINO LUCIANI, Un Draghi
troppo autoreferenziale, e una BCE inadeguata (detto da lui, circa le manovre già
sperimentate) 1.- La posizione di DRAGHI ( e della BCE -
Banca Centrale Europea) sulla crisi economica). Come è noto, l'essenza della
crisi economica sta nella lentezza esasperante del circuito monetario (nel sistema
macroeconomico), per cui la metà del nostro sistema produttivo sta soffrendo di grave
asfissia monetaria. Detto con le parole di J.M. Keynes, c'è molta capacità produttiva
inutilizzata, ma non c'è "domanda effettiva" (vale dire, accompagnata da
"potere di acquisto").
Dalla colonna qui a sinistra,
riproduciamo (in essenziale), come Draghi dice di aver affrontato (e di
volere affrontare) la crisi del PIL:
a) "Allinterno
dellarea delleuro, il denaro circola sempre meno tra banche di paesi diversi.
I dubbi sulla sopravvivenza delleuro nel suo attuale disegno incoraggiano un
movimento speculativo che induce ulteriori aumenti negli spread sovrani. Tutti i governi
dei paesi più deboli rispondono con politiche di consolidamento di bilancio,
allinizio esitanti, poi sempre più energiche (in Italia con maggiori imposte, NdR);
b) "In risposta allaggravarsi
delle condizioni economiche, la BCE ha abbassato i tassi di interesse di riferimento. In
circostanze normali, tali riduzioni sarebbero state trasmesse in maniera relativamente
uniforme a famiglie e imprese di tutta larea delleuro. Ma non è quanto
abbiamo riscontrato."
c) Ma lattività
economica continua a indebolirsi e gli spread continuano a crescere;
d) Levidenza prevalente indica che il consolidamento
fiscale "ideale" (cioè quello che riduce il
deficit e il debito con le minori conseguenze negative sul prodotto di un paese) deve essere centrato su riduzioni di spesa corrente
e non su aumenti di tasse". |
2.- La visione miope del
"RAGIONIERE" Draghi. Draghi è un professore ordinario di economia politica,
arrivato (a suo tempo al Tesoro) come Direttore Generale, poi arrivato alla Banca d'Italia
come Governatore. Questo spiega la sua prevalente formazione "ragionieristica".
Secondo la visione del ragioniere, un bilancio, lo risani in due modi alternativi: o
aumentando le imposte (lui le chiama "tasse", e questo già rivela la sua
carenza di "scienza delle finanze"), o riducendo le spese.
Secondo la visione economica, un bilancio lo risani inserendo nel conteggio
gli effetti dell'imposta e della spesa sul PIL.
In questa fase, è sotto gli occhi di tutti che la politica fiscale è
"recessiva". Ne segue, dice lui, che il minor male (quello con "le minori
conseguenze negative") è il "taglio delle spese".
Einaudi ci aveva insegnato che l'imposta non è grandine che
distrugge i raccolti, perchè alla imposta segue la spesa, e dunque in termini
complessivi il potere di acquisto non cambia.
Questo in teoria, ma questo non sta avvenendo. Dall'Annuario Finanziario
della Ragioneria Generale dello Stato, apprendiamo che lo Stato sta spendendo, in media,
l'80% di quanto è autorizzato a spendere. Apprendiamo, inoltre, dai giornali che lo Stato
non paga i fornitori (pur se i soldi sono già stati stanziati a suo tempo). Apprendiamo
che degli esattori fiscali non versano il gettito ai titolari del gettiti; che in base al
patto di stabilità, i Comuni non possono spendere denaro disponibile in cassa.
Ma ignorata la "velocità" della spesa pubblica. Un
bravo ragioniere dovrebbe guardare se la spesa preventivata va al suo buon fine. Ma non
viene fatto neppure questo.
Invece darei ragione a Draghi, per la riduzione di spese pubbliche assolutamente
inutili: questo riguarda gli interessi sul debito pubblico che il Tesoro
rimborsa (ex-ante) ai sottoscrittori di titoli di Stato.
Come è stato più volte chiarito dai grandi Maestri della Scienza delle Finanze
italiana (vedi: Ernesto d'Albergo, non più vivente) questi interessi sono partite
di giro, nel bilancio del Tesoro.
Avrà, DRAGHI, il coraggio di chiedere l'eliminazione di questa imposta (agendo in
coerenza, con la TOBIN TAX, che esenta i titoli di Stato ? ).
3. Banche impossibilitate a fare anticipazioni di cassa al sistema produttivo.
Possibile che Draghi non sappia queste cose ?
La situazione (di spesa pubblica a rilento, si vegga sopra) non è, però, solo di
adesso. Da sempre lo Stato è stato una macchina lenta nella spesa. In passato questa
carenza è stata colmata con le anticipazioni di cassa delle banche, ai soggetti creditori
dello Stato.
Ma questo oggi non è possibile, per due motivi:
- Le banche oggi sono in tilt, di loro. Lo vediamo dalle sofferenze (abbiamo detto
in altre sedi anche delle gravi responsabilità della legge bancaria del 1993, quella che
ha ridefinito le banche come "imprese orientate al profitto" e le ha configurate
come "banche universali").
A queste sofferenze, la BCE pensava di avere provveduto con alcune grosse iniezioni
di liquidità, a loro favore. Ma queste sono state dirottate dalle banche per impieghi
sicuri (per acquisto di Buoni del Tesoro), non per fare credito il sistema produttivo.
Non potevano fare diversamente. Una banca non può, non deve, caricare su di se il
rischio delle imprese, che domandano moneta. E infatti, in questa fase, il sistema
produttivo non vende prodotti, per mancanza di domanda effettiva. Dunque è corretto che
la banca non faccia anticipazioni di cassa. Peggio, le imprese non investono, per mancanza
di luce in fondo al tunnel.
Resta il fatto che la spesa, finanziata da imposte, va a rilento, e questo
probabilmente spiega l'ulteriore aumento del debito fluttuante (BOT) (ossia,
per supplire a questa lentezza).
Torniamo a Draghi: la sistemazione delle banche non può prescindere da tagli
chirurgici, se si vuole al ritorno (di quelle sane) al ruolo di anticipazione di cassa per
le imprese, fornitrici dello Stato.
4. Come creare domanda effettiva ? Preso
atto che, in questa fase, non è possibile fare assegnazione sulla spesa pubblica, anche
perchè le banche sono fuori uso), l'unica via importante che resta è lo strumento
fiscale, ma in modo tutto diverso: che è l'uso combinato (temporaneo) degli "sgravi
- aggravi fiscali", in quanto ciò non ha effetti diretti sul bilancio, e
invece importanti effetti economici.
Anzi, proprio in questi giorni viene pubblicato da Domenico da Empoli (per i tipi
dell'editore Franco Angeli, di Milano) un libro ("ATTILIO DA
EMPOLI, 1904-1948, Uno studioso partecipe del suo tempo, a cura di M. Di Matteo e
E. Longobardi, Convegno di Bari, Franco Angeli, Milano 2012). Dentro (tra i contributi di
altri ) c'è un mio saggio sulla teoria degli "sgravi fiscali" nelle visioni di
"equilibrio generale" e di "macroeconomia" di A. da Empoli e di E.
d'Albergo.
La via è sgravare (in parte) i redditi medio-bassi, e
recuperare il minor gettito gravando i redditi medio-alti, in sede IRPEF.
Il motivo è che i primi hanno una propensione marginale al consumo che è
maggiore di quella dei secondi (anzi questi non stanno spendendo, dice Draghi).
C'è un risvolto: l'azione amministrativa per il prelievo fiscale
ha un costo, che nel caso dei redditi bassi, è maggiore del prelievo, e dunque si viene
ad ottenere anche una economia di spesa amministrativa (a parte che gli
esattori non la riconoscerebbero facilmente).
5. L'imposta patrimoniale sarebbe una alternativa valida, in confronto alla
rimodulazione dell'IRPEF ? Per la re-immissione di danaro nel circuito
produttivo, anche l'imposta patrimoniale può essere motivata dal fatto che i ricchi
medio-alti stanno alla finestra, in attesa che si esca dalla crisi.
Ma non abbiamo, in Italia, un corretto funzionamento del sistema
tributario, a riguardo della conoscenza dei capitali immobiliari e mobiliari.
- Nel caso dell'IMU, abbiamo già un sistema catastale cola-brodo. Per
capirlo, occorre tener presente che il valore del capitale è calcolato moltiplicando la
Rendita catastale per un "moltiplicatore". Se questo è 100, il tasso di
interesse presupposto per il calcolo del moltiplicatore è 1%. Se il moltiplicatore è
160, il tasso di interesse presupposto è 0,625%. Infatti, la formula di base della
matematica attuariale è: C=R / i%, ove C è il Capitale, R è la rendita, i% è il tasso
di interesse per l'attualizzazione della Rendita.
Ciò ricordato, è facile osservare che il valore è calcolato
facendo uso di due elementi, entrambi scorretti:
- il tasso di interesse del mercato dei capitali è intorno al 5%, ossia
relativamente molto maggiore, nella gran parte dei casi.
- i redditi catastali sono minori della realtà del mercato. Questo
"errore" compensa, di fatto, i valori maggiorati per via dell'errato tasso di
interesse.
Domanda: è corretto rettificare un errore con un secondo
errore ?
- Nel caso dei capitali mobiliari, la via possibile sarebbe il valore di
borsa, ma in questa fase, è una via impraticabile, dacchè la borsa è in tilt.
Ne deriva che l'unica patrimoniale in qualche modo passabile è
l'IMU, che è quella già esistente.
Tuttavia, uno Stato serio dovrebbe evitare certi abusi (se vuole affrontare
a testa alta gli evasori di altre imposta: non tassare le seconde case sfitte, i
ruderi, ..., sia per giustizia fiscale, a parte che sono "capitali" (spesso) di
cittadini con redditi medio-bassi (il classico risparmio delle nostre famiglie, dopo il
lavoro di una vita).
Non si dovrebbe, poi, dimenticare che il reddito catastale fu
inventato (vedi Einaudi, ecc. ) come media di redditi nel triennio (e dunque, anche per i
casi di reddito=0, in un singolo anno). Per questo esso si sarebbe tassato con aliquota
mite.
Non mi pare che questo avvenga nel caso dell'IMU (in quanto
essa è collegata al valore del capitale, basato reddito catastale).
6.-. Ma, tornando a Draghi, lo Stato non dovrebbe ridurre mai la spesa
pubblica ? Una cosa è la politica congiunturale, una cosa è
quella strutturale.
Per l'Italia, il problema della transizione dallo Stato al Mercato è
strategico e necessario. Lo abbiamo capito fin dalla caduta del sistema sovietico. Allora
(1988) l'Italia era statizzata per il 60%, oggi siamo al 55%. Avevamo, già allora, gli
stessi difetti, in proporzione.
Nel 1994, con la discesa in campo di Berlusconi, in
politica, molti avevano pensato che, la transizione dell'Italia dallo Stato al Mercato
fosse finalmente cominciata. Ma da allora è stato fatto troppo poco.
Lo Stato imprenditore è anche una fabbrica di debito pubblico. Già
più volte CATRICALA' (adesso al Governo con Monti) ci ha ricordato che siamo ancora molto
indietro con le privatizzazioni delle imprese pubbliche.
Ma, attenzione: non facciamo nuovi errori. La "gattina" frettolosa
ha fatto i gattini ciechi. La Germania dell'OVEST ha impiegato 20 anni per inglobare
nell'economia di mercato, la Germania dell'EST, dopo l'unificazione tedesca. NINO LUCIANI
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DI NUOVO LA RIFORMA UNIVERSITARIA IN PRIMO PIANO
MARTEDI' 14 GIUGNO 2021 ALLA COMMISSIONE CULTURA ALLA CAMERA
PER MODIFICHE ALLA LEGGE GELMINI
NINO LUCIANI, RIFORMA, COME ?
I SINDACATI, CONTRO !
LE UNIVERSITA' , COSA ? |
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1.- La nuova proposta di legge si chiama:" Modifiche alla legge 30
dicembre 2010, n. 240" vale dire la "legge GELMINI".
Fu la legge che, sull'onda di insulti di parlamentari di FI (sotto si
riferisce quanto avvenne in Senato) volle privatizzare (all'americana) l'università
pubblica, tipo commissionare i compiti a progetto, dare in mano a pochi le gestioni (tipo
abolire i consigli di Facoltà, per cui i professori sentivano il senso di appartenenza).
Risultato? Aumentare la precarietà e nessuno sa quanto avviene. Unica
certezza: il comando sta, a Roma, al Ministero del Tesoro, che dà ordini contabili
al Ministero dell'Università ma che (essendo fatto di burocrati con la sola laurea) non
capisce niente dell'Università. Adesso ricomincia il giro. |
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2.- La sola alternativa che può funzionare
è richiamare il DPR 382/1980 che aveva data la autonomia universitaria (prevista dalla
Costituzione) e il ruolo unico della docenza, quale modo di dare eccellenza alla ricerca e
alla docenza, e porre fine del precariato.
Queste conquiste furono fatte nel 1980-89 grazie al dialogo tra il Comitato
Nazionale Universitario e la DC, allora rappresentata da Giancarlo Tesini.
I temi della lotta al precariato, che adesso sono ripresi, non possono aver luogo
fuori di un quadro certo che restituisce la autonomia Universitaria e riprende il ruolo
unico per completare quanto ancora non concluso per la stabilita' del personale docente e
ricercatore, e dare risorse finanziarie di entita' dignitosa. |
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3.- Iintanto, il 28 aprile 2021,
il governo ha fatto un decreto legge (correttivo di alcune conseguenze della legge
Gelmini) che ha dato un po'
di ossigeno al martoriato precariato degli atenei, sempre poco, rispetto a quanto serve
alle distruzioni creati dai governi berlusconi alla ricerca e alla docenza universitaria
italiana (posti per progressione in carriera, dei ricercatori", ma non postper
professore ordinario). clicca su: PIANO
STRAORDINARIO |
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RESTA
IL FATTO CHE, IN COINCIDENZA CON LA RIFORMA PRINCIPE DI TUTTE LE RIFORME
(QUELLA CHE RIGUARDA LA RICERCA SCIENTIFICA E LA FORMAZIONE DELLA CLASSE DIRIGENTE) |
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DRAGHI
NON COMPARE NE' DAVANTI NE' DI DIETRO.
SAREBBE GIUSTO FARGLI DUE DOMANDE :
a) RUOLO UNICO DELLA DOCENZA ?; b) AUTONOMIA UNIVERSITARIA ? |
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PROPOSTA DI LEGGE,
SOTTOPOSTA :
Modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, in
materia di abilitazione scientifica e di chiamata dei professori universitari, di
reclutamento e status dei ricercatori e di dottorato e assegni di ricercaArt. 1.
1. Nel titolo III della legge 30 dicembre 2010, n. 240, all'articolo 15
è premesso il seguente:
«Art. 14-bis. (Istituzione del ruolo dei professori di terza
fascia) 1. È istituito il ruolo dei professori di terza fascia. 2. Accedono al
ruolo dei professori di terza fascia i ricercatori di cui all'articolo 24 i quali, al
termine del terzo anno del contratto di cui al comma 1 del medesimo articolo 24, ne fanno
richiesta, previa valutazione positiva espressa dal dipartimento al quale afferiscono. 3.
Al professore di terza fascia spetta il trattamento previsto per i ricercatori dalla
tabella di cui alla lettera c) dell'allegato 1 annesso al regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, commisurato all'anzianità
calcolata comprendendovi il periodo di servizio prestato come ricercatore a tempo
determinato in base al contratto di cui al comma 1 del medesimo articolo 24».
Art. 2.
1. All'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «di prima e di seconda
fascia» sono aggiunte le seguenti: «e per quelle di ricercatore universitario»;
b) al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «dei professori» sono
aggiunte le seguenti: «e alla qualifica di ricercatore universitario»;
c) al comma 3, lettera f), primo periodo, dopo le parole: «di prima e
di seconda fascia» sono inserite le seguenti: «e di ricercatore universitario».
Art. 3.
1. All'articolo 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole da: «comma 3, lettera b),» fino alla fine del
comma sono sostituite dalle seguenti: «comma 1»;
b) al comma 4, le parole: «comma 3, lettere a) e b)» sono sostituite
dalle seguenti: «comma 1»;
c) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di prima e
di seconda fascia».
Art. 4.
1. All'articolo 19 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, dopo il comma 3
è aggiunto il seguente:
«3-bis. I dottorandi di ricerca dell'area medica già specialisti che
frequentano attività di formazione presso le aziende ospedaliero-universitarie sede del
dottorato, a domanda e su parere favorevole del direttore del corso di dottorato, del
direttore dell'unità operativa complessa di riferimento e della direzione sanitaria
dell'azienda ospedaliero-universitaria, possono svolgere attività assistenziale
esclusivamente all'interno dell'azienda ospedaliero-universitaria di riferimento. Per il
periodo di svolgimento dell'attività assistenziale essi sono equiparati ai dirigenti
medici di primo livello e hanno diritto a un'indennità aggiuntiva all'importo della borsa
di studio da essi percepita, pari alla differenza tra quest'ultima e il trattamento
retributivo minimo previsto per la dirigenza medica».
2. All'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. I corsi di dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie
per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di
coordinamento e direzione di ricerca di alta qualificazione. Il titolo di dottore di
ricerca costituisce titolo necessario per l'accesso al ruolo di ricercatore a tempo
determinato e titolo preferenziale nelle procedure di valutazione comparativa per la
progressione della carriera accademica»;
b) il comma 6-bis è abrogato.
Art. 5.
1. All'articolo 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 8 è inserito il seguente:
«8-bis. I titolari di assegno di ricerca dell'area medica già
specialisti che frequentano attività di formazione presso le aziende
ospedaliero-universitarie sede dell'attività di ricerca, a domanda e su parere favorevole
del direttore del dipartimento universitario al quale afferiscono, del direttore
dell'unità operativa complessa di riferimento e della direzione sanitaria dell'azienda
ospedaliero-universitaria, possono svolgere attività assistenziale esclusivamente
all'interno dell'azienda ospedaliero-universitaria di riferimento. Per il periodo di
svolgimento dell'attività assistenziale essi sono equiparati ai dirigenti medici di primo
livello e hanno diritto a un'indennità aggiuntiva all'importo dell'assegno di ricerca da
essi percepito, pari alla differenza tra quest'ultimo e il trattamento retributivo minimo
previsto per la dirigenza medica»;
b) il comma 9 è abrogato.
Art. 6.
1. All'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di durata
triennale»;
b) al comma 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) ammissione alle procedure dei soggetti in possesso del titolo di dottore di ricerca e
dell'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di ricercatore universitario»;
c) il comma 3 è abrogato;
d) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. I contratti di cui al comma 1 sono svolti in regime di tempo pieno.
L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica
integrativa e di servizio agli studenti è pari a 350 ore»;
e) al comma 5, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dai seguenti: «Nell'ambito
delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di svolgimento del
contratto di cui al comma 1, il titolare del contratto stesso è valutato da parte del
dipartimento al quale afferisce. In caso di esito positivo della valutazione, il titolare
del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori di terza
fascia»;
f) i commi 5-bis e 7 sono abrogati;
g) il comma 8 è sostituito dal seguente:
«8. Per il trattamento economico dei ricercatori universitari si applica la tabella
stipendiale di cui all'allegato 3 annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232»;
h) il comma 9 è sostituito dal seguente:
«9. I ricercatori dell'area medica confermati e quelli non confermati,
a richiesta, possono svolgere attività assistenziale all'interno del dipartimento al
quale afferiscono, con equiparazione ai dirigenti medici di primo livello»;
i) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Ricercatori universitari». |
Il
DPR n. 382/1980 e la AUTONOMIA, le rivoluzioni conquistate e tradite
della ORGANIZZAZIONE UNIVERSITARIA DELLA DOCENZA E DELLA RICERCA
GIANCARLO
TESINI E CNU - COMITATO NAZIONALE UNIVERSITARIO
1.- Il DPR n. 382/1980 fu la grande rivoluzione nella ORGANIZZAZIONE
UNIVERSITARIA DELLA DOCENZA E DELLA RICERCA.
La riforma fu condotta da G. TESINI (della DC) in metodico dialogo con il CNU - Comitato
Nazionale Universitario, rappresentazione unitaria dei sindacati universitari autonomi.
Unico neo, devo dire, fu l'esclusione dell'USPUR dalle trattative, con conseguenze gravi,
quali il sabotaggio successivo della liberalizzazione della docenza, sabotaggio a danno
dei professori associati. Ma non voltiamoci, indietro. Poi, nel 1989, arriverà, con
Antonio Ruberti, l'autonomia universitaria, disposta dalla Costituzione, art. 33.
2.- Questo vuole dire che l'Università doveva essere fondata su un
ruolo unico di professori di ruolo (il professore Ordinario) che guida la ricerca e la
didattica. Intorno al professore c'erano i tradizionali Assistenti ordinari, convertiti in
"ricercatori" (intesi con qualche indipendenza giuridica) e figure in
costruzione relativamente brevi, verso la posizione del ricercatore. Il rapporto tra
numero di ricercatori e numero di professori ordinari doveva essere preordinato e
ragionevole in modo che le aspettative di carriera fosser realistiche, nell'interesse
della società civile.
Quando ho lasciato l'università (2009) i professori e ricercatori di ruolo erano 63.000;
oggi sono 55.426.
Il FFO Fondo di Finanziamento Ordinario nel 2009 era 7,5 milioni di euro;
oggi (2021) è di 8,2 milioni di Euro. Ma voglio ricordare che nel 2002 (inizio dell'Euro)
fu di 6,2 milioni e, siccome in quell'anno i prezzi raddoppiarono, ben si capisce che in
quell'anno i professori divennero poveri, e che cifra attuale (8,2) è ben lontana dal
raddoppio necessario per adeguarlo al 2002. Poi con la legge 240/2010 (legge Gelmini) è
stato deteriorato tutto in peggio.
3.- Veniamo alla situazione attuale del personale docente e
ricercatore.
La tabella pubblicata dal Ministero dell'Università è ben lungi dall'essere sincera, ma
vi ho provveduto io grazie all'ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica). Si nota che,
mentre (in base al DPR 382/80) via via con il tempo ci sarebbe dovuta essere una sola
categoria di professore, e una sola categoria di ricercatori, nel 2021 ci sono ancora le
due categorie di professori (ossia ordinari e associati), e tre categorie di ricercatori
(a tempo indeterminato, di tipo A, di tipo B); a cui vanno aggiunti gli innumeri
"avviati alla ricerca e alla docenza" (denominazione mia) costituiti da
"borsisti", "assegnisti" e quant'altro (la fantasia non manca).
POSCRITTO.
A fianco del disegno di legge sullo stato giuridico, va menzionato un decreto del governo,
del 28 aprile 2021, che si preoccupa di agevolare l'immissione in ruolo di categorie a
lungo tenute in parcheggio: sono i ricercatori delle varie distinzioni.
4.- Qui l'aspetto più tragico è dover constatare che, alla faccia
della autonomia universitaria (rimasta nella Costituzione), i posti sono regolamentati
direttamente dal Ministero dell'Università, che da Roma "capisce poco" e, che
pur con questo, vuole dire e fare.
Non finisce qui. A Roma c'è un ulteriore comando sull'Università, che è il Ministero
dell'Economia, e che, pur capendoci ancor meno del MUR, condiziona lo condiziona
rigidamente.
5.- Sul modo di comandare, da Roma, sulle università.
Nella legge Gelmini le università vanno finanziate in base al costo standard per studente
sia pur opportunamente ponderato.
Ma esiste il costo standard di una singola merce, non il costo unico di riferimento per un
bene composito, nelle varie città, ben diverse l'una dall'altra). A suo tempo, questo
costo fu dichiarato incostituzionale, in seguito ad un ricorso dell'università di
Macerata. Ma non ho più seguito come sia andata a finire.
6.- Concludo. In questa storia, assai pesa per la ricerca scientifica e
la formazione della classe dirigente, DRAGHI non compare mai.
Ritengo che, dovendo egli avere gli Euro della UE solo facendo le riforme, questo vuoto
nella massima riforma non sia bello. Ma non sento e non vedo. DRAGHI, SE CI SEI, BATTI UN
COLPO. DIREI CHE VADA RIPRESO TUTTO DAL PRINCIPIO E PRECISAMENTE RIMETTERE I CRITERI DEL
DPR 382/80 E RIMETTERE LA AUTONOMIA UNIVERSITARIA. |
ANCHE UNA
STORIA DEL MIUR,
MOLTO FUORI BINARIO
1.- Precariato, fenomeno ciclico italiano ogni 20 anni: 1977,
1997, 2017. Sul finire degli anni '70, l'accumulo di precariato era già una
malattia endemica, trascinata da 10 anni. E' già di allora l'invenzione della categoria
dei "professori stabilizzati", dato il precedente blocco dei concorsi a
professore ordinario, e la crisi della libera docenza. Poi, l'assistente ordinario era
licenziato, se, entro 10 anni dalla immissione in ruolo, non diventava Libero Docente).
Si arrivò all'idea di una radicale riforma universitaria (divenuta il DPR 382/1980), con
la possibilità di una immissione in ruolo, per tutti, in una gradualità, e con la
creazione di nuove figure accademiche:
- il ricercatore divenne solo "ricercatore" (in luogo di assistente ordinario e
portaborse), autonomo dal professore ordinario, e non licenziabile. La libera docenza fu
abolita;
- fu istituito il professore associato, professore di ruolo autonomo (ma con divieto di
carriera nei poteri accademici, salvo per piccole cose), con immissione immediata per
titoli, per tutti i docenti precari (e, in seguito, mediante un regolare concorso);
- il professore ordinario restava la figura apicale classica per chi superasse un regolare
concorso. Era, poi, prevista una corsia preferenziale, nei successivi concorsi a prof.
ordinario, per i professori associati novennalisti. Quella riforma apparve, fin da subito,
ben fatta, e aperta ad un periodo di lunga stabilità per l'università.
Soprattutto essa fu "costruita con l'università" (come confermato in un recente
convegno del CNU, e raccontata recentemente, da Giancarlo Tesini, allora responsabile
dell'ufficio scuola della Democrazia Cristiana), non contro l'università, come dai
governi Berlusconi, recentemente.
2.- Ma poi come andò a finire ? Anche allora, finì come lamentato oggi dai due
pre-ricercatori.
I professori ordinari (raccolti nell'USPUR, il loro sindacato) ostacolarono la norma dei
novennalisti, e questo indusse i professori associati a coalizzarsi per denunciare
anomalie dei concorsi (così nacque il CIPUR di Salvatore Sorriso, di Perugia).
Addirittura, nella Facoltà di Giurisprudenza di Roma "La Sapienza" non fu mai
chiamato nessun professore associato.
Non solo questo. Il DPR 382 prevedeva un concorso ogni 2 anni. In realtà ne furono fatti
3, dei 9 previsti nel 1980-98. E questo generò una nuova ondata di precari a tutti i
livelli.
Le nuove assunzioni ricominciarono solo nel 1998, con una nuova legge 210, sui concorsi,
che facilitò le assunzioni locali.
Questo ritardo determinò la emarginazione di una intera generazione di professori
associati, in quanto i rispettivi maestri (potenziali membri di commissione giudicatrice)
erano via via usciti dalla università (per collocamento a riposo). I commissari
subentranti, più giovani, anzichè guardare solo al merito, privilegiarono i loro allievi
(i giovani ricercatori, di allora), a diventare prof. ordinari.
Con i governi Berlusconi (Moratti, 2008; Gelmini 2010) c'è stato, poi, un nuovo blocco
dei concorsi, e addirittura la soppressione di oltre 10.000 posti. Questo fatto ha
rilanciato una grave invivibilità tra ricercatori e professori, e la esasperazione di un
nuovo precariato, specialmente tra i giovani ricercatori, con un massimo previsto per il
2017; anche chiusura verso l'esterno.
C'è dell'altro: la esasperazione dei problemi interni di turnover ha indotto i professori
a una netta chiusura verso l'esterno, dove non mancavano validissimi aspiranti alla
carriera universitaria. Un nome illustre, sacrificato, fu l'ambasciatore SERGIO ROMANO,
storico.
Chi volesse farsi una idea del veleno esterno contro l'università, accumulato negli anni,
e scaricato su di essa, vegga il resoconto del dibattito, in Senato, del 28 luglio 2009,
per la legge Gelmini.
3.- Conclusione. Oggettivamente, dai fatti risulta che i mali dell'università sono stati
procurati dai professori e ricercatori, per incapacità di risolvere correttamente il
problema del turnover.
Arriviamo alle cattedre Natta: un colpo di mano del MIUR, in una notte d'estate, dato il
permanente contrasto tra gli addetti alla università: vale dire il MIUR ha risolto il
problema sostituendosi ai professori, e questo è esattamente il contrario
dell'unversità.
4.- Ma altro è la responsabilità oggettiva, altro è quella
soggettiva. Su questo va tirato in ballo il MIUR. Se guardiamo un campo di
football, e troviamo che i giocatori si azzuffano, di chi è la colpa ? Di solito,
l'indisciplina dei giocatori è una causa delle deviazioni .
Le deviazioni furono estreme, e dunque ci deve essere stato qualcos'altro. Nel caso del
football, lo scenario è ideato in modo che si svolga una partita regolarmente, con il
concorso di un arbitro, ne cives ad arma ruant. E se l'arbitro sa fare il suo mestiere, e
i giocatori sono collaborativi, il gioco funziona. Dobbiamo parlare del MIUR.
Non ricordo il numero infinito di colloqui che tutti i sindacati hanno avuto al Miur. Ma
andiamo per gradi, e distinguiamo l'Amministrazione, dai politici (governo e parlamento).
a) I politici del parlamento erano, per tradizione, poco competenti, salvo alcuni in
Commissione Cultura/Istruzione, ma in aula guardati come marziani da non considerare
assolutamente, oltre che dal ministro del Miur.
Questa idea del parlamento è mia. Ma l'idea di Giovanni D'Addona (a suo tempo, Direttore
Generale, Capo Dipartimento del MIUR, per lunghi anni, seguìto dott.ssa Olimpia
Marcellini e poi da Antonello Masia e via ...) era catastrofica: "Assolutamente
inconcepibile che parlamentari possano fare una riforma
universitaria".
CONTINUA |
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CONTINUA L'ho
conosciuto a suo tempo, quando ero vice-presidente nazionale del CIPUR, associazione
fondata da Salvatore Sorriso, e che allora contava qualcosa. Poi, si deve sapere che,
prima di trattare qualsiasi argomento, i membri della Commissione Cultura/Istruzione erano
"istruiti" da un funzionario del MIUR e, se qualcuno osava mettersi di traverso,
erano i guai suoi. (Ne sa qualcosa il deputato Mario Pepe, medico e ricercatore
universitario, al quale neppure i rapporti con Berlusconi furono di sufficiente soccorso).
Ne deriva che la ricorrente rissa di campo universitario (tra professori, ricercatori...)
era frutto della incapacità dell'arbitro (miur) che ha fatto pessime leggi universitarie.
b) Non solo questo: leggi fatte male male e applicate in modo perverso. Basti pensare che
le leggi erano, di solito, solo abbozzate e rinviate al regolamento per l'attuazione, vale
dire rinviate al MIUR per il dettaglio e che, poi, li tratteneva per anni, prima di fare
il regolamento attuativo. C'è stato anche che alcune leggi furono applicate
all'incontrario di quanto disponevano. Il caso più grave fu quella sui mega-atenei
(D.P.R. 25 luglio 1997, n.306). Essa disponeva che un ateneo con studenti di numero
superiore a 40.000 dovesse essere frazionato, e altrettanto una Facoltà con più di 7000
studenti. Ma, come si dice: "fatta la legge, trovato l'inganno". Nel 1997-98
(per quanto ricordo... ero consigliere di amministrazione nell'unibo) venne a Bologna
Giovanni D'Addona, e qui l'idea che maturo' fu che, se Bologna avesse ceduto studenti
(allora erano 120.000) alla Romagna (candidata a costituire 5 sedi decentrate, ben lontane
tra loro), si sarebbe ottenuto di fatto il risultato di smagrire Bologna. Sul piano
storico, Bologna si è fermata sugli 80.000 studenti, non scese mai sotto i 40.000. |
Le 5 sedi decentrate sono sedi mai divenute
università sufficienti autonome, con l'aggravante di risultare un pozzo finanziario senza
fondo e una pessima didattica, e quasi niente ricerca. Altrettanto è avvenuto in Italia,
dove la proliferazione degli atenei avvenne in modo generalizzato (con la benedizione del
Miur-D'Addona). Quali ricadute sui professori ? Mi pare ovvio che, per l'applicazione
della legge, essi abbiano collaborato in prima persona, dunque risultarono colpevoli, anzi
unici colpevoli del pozzo finanziaro senza fondo. Ma la verità vera era ben diversa: la
colpa primaria era dell'arbitro (MIUR). Nel corso degli anni, nei miei numerosi incontri
al Miur, ho anche constatato che i ministeriali non conoscevano l'università se non per
quanto l'avevano vista da studenti. Con l'aumento della spesa, è arrivata una severa
stretta di bilancio dopo il 2008, ma troppo. Ricordo che nel 2002 il FFO fu di 6,2
miliardi, e oggi è poco più di 7 miliardi, pur se i prezzi sono raddoppiati, da
allora. c) Non solo questo. Va messa sul piatto, come causa di rovina qualitativa
dell'università, la riforma delle lauree "3+2". Risulta che le aziende,
tuttora, siano insoddisfatte della laurea breve triennale, e dunque da riportare a 4
annni. Circa le responsabilità del proponente, esse furono scaricate su Luigi Berlinguer
(ministro), non sul Miur. In verità la cosa non è stata mai chiarita 5) Con la legge
Gelmini è arrivato il finanziamento in base al costo standard per studente frequentante.
Esso è l'ultimo ritrovato diabolico, non perchè errato quale principio di efficienza, ma
perchè calcolato in modo non controllabile dagli Atenei. Non esiste il costo standard di
strutture complesse, ma di singoli componenti (es., il costo di una siringa). |
Invece per il Miur, questo costo va calcolato, per
corsi di studio, secondo tipologie teoriche di dimensioni di aule, di rapporto tra
studenti e professori ..., riferibili ad atenei da costruire e far funzionare ex-novo. Ma
un edificio di Palermo ha un costo ben diverso, rispetto a Milano...e non è omogeneo
rispetta quello di Milano. Esiste invece il costo della impresa rappresenativa (Alfredo
Marshall), e non può prescindere dall'analisi dei costi storici, università per
università, per risalire infine alla individuazione della università rappresentativa
virtuosa. Clicca su: Costo standard. Rispetto alla nuova situazione creata dal Miur, le
università si trovano impreparate ed impossibilitate a reagire, e dunque esposte a
difficoltà insuperabili, finchè il costo standard sarà maledetto e si comincerà con un
nuovo ciclo. 5.- Per rimettere in piedi l'università, si dovrebbe ripartire dalla legge
Ruberti, (finalmente) utilizzando i bilanci universiari. Mi risulta che il MIUR non
analizzi i bilanci delle singole università, e neppure ai fini della contabilità
nazionale. Penso che si dovrebbe riprendere la legge Ruberti, per l'autonomia
universitaria, e aggiungere l'autonomia di entrata, oltre che l'obbligo del pareggio del
bilancio, e inoltre il controllo della Corte dei Conti sia sul bilancio preventivo, che
consuntivo. L'autonomia di entrata (per quanto riguarda i rapporti con il Miur) dovrebbe
stare nel fatto che gli atenei fissino (in base ai propri bilanci) il proprio costo
standard per studente, come una qualunque scuola fissa la propria retta scolastica. A quel
punto, il miur concorda con gli atenei la quota (di costo standard) da accollarsi, a
seconda delle politiche scolastiche del governo, regione per regione, e indirizzo
scolastico. |
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....
EDIZIONI PRECEDENTI |
.L'ITALIA IN CERCA DI UN PROGRAMMA, DOPO LE ELEZIONI
POLITICHE 2018 |
|
J.P. Juncher, Presidente Commissione Europea
|
.COME CIRCOSCRIVERNE GLI
EFFETTI DI RISCHIO,
dopo il flop del Governo Berlusconi nel 2009 |
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1) La UE non
crede alla sostenibilià fiscale dell'Italia, causa l'alto debito pubblico; e
l'obbligato aumento della spesa pubblica per le future pensioni sociali di vecchiaia. ( A
queste si attacca, come cigliegina, la pressione sociale per il "reddito di
cittadinanza" e per la "flat tax" ). |
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2) Nessuno
può tirare fuori dal cappello quello che non c'è. Nè è pensabile di provvedere con
aumenti automatici dell'IVA, avendo l'Italia già una pressione fiscale sopra le righe. |
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3) In questo servizio mi propongo di indicare una
via minima per il calcolo certo delle entrate disponibili, dopo avere messo in sicurezza
il debito. |
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Coalizione centro-destra: Salvini-Berlusconi-Meloni
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PROPOSTA |
1.- |
Considerato che il debito pubblico (133% del
PIL) crea problemi di sostenibilità del sistema finanziario dello Stato (per il rischio
di improvvisi sbalzi dei mercati finanziari) si potrebbe fare un piano di
ammortamento in 25 anni (per la messa in sicurezza) alimentato da una percentuale del
gettito fiscale, da destinare al pagamento del debito. |
2.- |
Se si valuta sufficiente
garantire il debito eccedente il 100% del PIL, la cifra è di 544 miliardi e la
percentuale suddetta sarebbe 8,5%, al tasso di interesse del 5%; oppure è 6,9% al tasso
di interesse del 3%. A quel punto, il minore gettito fiscale restante è
quello destinabile al programma. |
3.- |
Ma va da se che, diminuendo il gettito
disponibile, e volendo anche ridurre la pressione fiscale bisognerà anche mettere mano a
riforme strutturali dello Stato. La serie storica del debito (vedi sotto)
segnala il 1977, come inizio della deriva. Fu l'anno di avvio dell'ordinamento regionale
(?). |
4.- |
Nota. E' invece
costume dello Stato italiano pagare il debito in scadenza con accensione di nuovo debito.
Una famiglia per bene non pagherebbe mai cambiali accendendo nuove cambiali. In questo
malcostume sta l'origine della montagna dei debiti che strozzerà l'Italia.. |
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Sergio MATTARELLA,
Leadership in the age of change: managing current development in the
Mediterranean through Europe" (a proposito del rapporto tra Italia e UE).
Breve stralcio dall'Intervento alla Columbia University, USA, 11/02/2016
........... L'Unione Europea è
il risultato di un lungo e vitale processo ed è la sua progressiva integrazione
che ha consentito agli europei di vivere un periodo di pace e di sviluppo sociale,
culturale ed economico, veramente unico e di creare un'area di attrazione divenuta
preziosa, come, da ultimo, si sono incaricati di dimostrare gli eventi successivi alla
caduta del Muro di Berlino.
E' una storia che ha prodotto diritti e accresciute tutele per tutti. Che ha
generato sicurezza e offerto un modello di convivenza plurale.
Sono traguardi ai quali non possiamo rinunciare.
Nel mondo multipolare nel quale viviamo, la partnership atlantica rimane un
punto di riferimento essenziale e, nel suo ambito, l'Europa deve saper assumere le proprie
responsabilità. E, in questo quadro l'Unione Europea non può cedere alla tentazione di
indebolire la propria coesione.
Gli elementi di instabilità presenti ai suoi confini suggeriscono, al
contrario, il rafforzamento di politiche attive di vicinato, di politica estera e di
difesa. Suggeriscono la attivazione di rapporti di collaborazione feconda con le
organizzazioni regionali presenti sul Continente africano per realizzare un futuro sempre
più condiviso.
Oggi agli Stati Uniti e all'Unione Europea, alla comunità transatlantica, si
chiede di esercitare una leadership all'altezza della comune tradizione.
In questo quadro generale, l'Italia sta operando in coerenza con i principi
basilari che ispirano la sua politica estera, europeismo, atlantismo, multilateralismo,
per contribuire ad affrontare e sciogliere i nodi che abbiamo di fronte, con spirito
propositivo e convinzione.
L'Italia attraversa un periodo di cambiamento, sotto il
profilo sia politico sia economico.
Dopo anni di dibattito, il Parlamento sta per approvare definitivamente
un'importante riforma della Costituzione ( poi, non approvata dal Referendum . NdR) che
trasforma il ruolo del Senato da seconda Camera politica - con le medesime attribuzioni
della Camera dei Deputati - in Assemblea rappresentativa delle Regioni e dei poteri locali. |
NINO
LUCIANI, Come circoscrivere gli effetti del debito pubblico, e come interrogare il grafico
storico (1961-2017).
I.- PREMESSA. Dal punto di vista economico di Scienza delle Finanze,
l'entità delle delle risorse disponibili è un dato vincolante per il
programma dei servizi, e ogni partito può avere legittamente gusti diversi.
Diverso è, invece, il giudizio sulle risorse effettivamente impiegate, che deve essere
minimo, tra le alternative ipotizzabili , per i vari servizi-obiettivo.
Nel caso del debito pubblico, ci sono ragioni per ritenere che la sua entità non sia un
minimo, e stupisce il fatto che la Corte dei Conti non lo abbia mai rilevato.
Nel caso italiano, la costosità del debito è dovuta al modo precario, come si
provvede a pagarlo, alla scadenza.
Ma andiamo per gradi. In generale il saldo negativo di bilancio (coperto con il
debito) è riferibile a due casi principali:
a) le spese correnti superano le entrate correnti, e ciò determina un disavanzo in conto
corrente, coperto con il debito o con una imposta straordinaria
(di solito non applicata per la ordinarietà);
b) sono in scadenza dei debiti pregressi, e ciò determina un disavanzo, in conto
capitale, che va coperto con il debito o con una imposta
(di solito non applicata per l'ordinarietà).
2.- Copertura con il debito, come ?
Nel caso dell'Italia sono previsti due modi:
- con un Fondo di ammortamento da alimentare con la vendita degli
immobili dello Stato. (Ma dalle relazioni del Ministero delle Finanze risulta che, in 19
anni (1995-2015), il fondo ha ammortizzato il debito per soli 170 miliardi ...
causa ostacoli impossibili alle vendite... soprattutto il fatto che i Comuni non concedono
facilmente i cambi di destinazione);
- con accensione di nuovo debito. Questa modalità, associata al fatto
che l'entità del debito è di solito molto grande, è per sua natura insicura, circa la
raccolta, a parte i rischi da turbolenze dei mercati finanziari.
Nel caso della UE,poi, l'ombrello della BCE (vale dire l'acquisto dei titoli
pubblici non collocati presso il pubblico) è proibito ufficialmente, pur se non sono
mancati modi "temporanei" equivalenti, tipo il Fondo Salva Stati (ma
accompagnato da accordi severi al rientro tra BCE e gli Stati), o tipo operazioni della
BCE sul mercato aperto (val dire acquisto indiretto di titoli pubblici).
3.- Conclusione. Una famiglia per bene non paga il debito con nuovo
debito con nuovo debito, ma con un piano di ammortamento con rispettive rate annuali,
compatibili con il proprio reddito.
Penso che anche uno Stato per bene dovrebbe fare la stessa cosa, e se così è, il
rischio di insolvenza viene ad essere radicalmente ridimensionato, e la UE non abbia più
nulla da dire...
Vediamo meglio: come potrebbe essere un Piamo di ammortamento del debito
pubblico in Italia ?
Poniamo che l'obiettivo sia di riportare al 100% del PIL il debito da
coprire nel modo tradizionale, e invece di sanare l'eccedenza con un vero e
proprio piano di ammortamento (poniamo 25 anni, al tasso di interesse del 5%).
Nel caso dell'Italia l'eccedenza da ammortizzare sarebbe di 544
miliardi, con una rata annuale di 39 miliardi, pari al 8,5% del gettito fiscale
( 450 miliardi annui). |
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Silvio Berlusconi
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RIFORMA dell'IRPEF -
Verso la FLAT TAX di Silvio BERLUSCONI ?
La vecchia idea del mio amico Antonio MARTINO
La combinazione (aliquota fissa 23% e
detrazione di 12.000 per tutti i redditi) ha
per risultato un'imposta progressiva continua, tendente al 23%, senza mai
arrivarci.
Nel servizio, subito sotto:
Si vegga anche
DEBITO
PUBBLICO ITALIA: COME RISOLVERE |
Antonio Martino
|
LUCIANI:
Questa imposta ha senso come traguardo per fine legislatura, grazie ad economie di spesa,
via via con la riforma dello Stato, in una gradualità. Essa è ottima tecnicamente,
perchè è semplice da applicare ed è progressiva, con scaglioni non per salti, ma
infinitesimali. Si potrebbe applicarla fin da subito con una aliquota fissa del 33%, ferma
la detrazione di 12.000 per tutti i redditi, perchè darebbe un gettito vicino all'
IRPEF attuale. Si vegga il grafico 3, sotto.
________________________________________________________________________________________________________________________
a) In questo servizio mi propongo una
breve riflessione sull'IRPEF attuale in Italia in confronto con l'IRPEF come sarebbe
trasformata in base alla proposta di BERLUSCONI, nota come FLAT TAX, con una aliquota
unica del 33% su tutti redditi, ma con una fascia di esenzione di 12.000 per tutti.
Segue nel servizio, più sotto, un inquadramento del debito pubblico in Italia .
b) L'IRPEF è la principale imposta in Italia, con un gettito del
38% del totale entrate tributarie. Essa si ispira ad un principio della uguaglianza del
sacrificio tra i cittadini, per cui un ricco deve pagare più che in proporzione al
reddito (art. 53 Costituzione), in base alla ipotesi che, ad es. 1000 euro pagati da un
povero determinino un sacrificio maggiore di 1000 euro pagati da un ricco.
c) Questo criterio ha alcuni difetti (oltre i suoi pregi equitativi ) :
Esso sacrifica il principio secondo cui l'imposta va pagata in base al costo
dei servizi pubblici usufruiti.
Essa, inoltre, trascura il fatto che nessuno è obbligato a lavorare e investire,
se l'imposta è sproporzionata rispetto ai servizi pubblici effettivamente fruiti e
disponibili. In questi casi si incentiva la evasione fiscale, la elusione fiscale, e si
disincentiva il lavoro e l'impresa per i percettori di alti redditi.
d) Qui di seguito è esaminato il caso della FLAT TAX, nel programma di
FI - Berlusconi, che prevede una aliquota unica del 23% sul reddito, dopo aver detratto
12.000, per tutti.
Si tratta di una proposta rivoluzionaria di estremo valore civile, purchè
percepita con intelligenza: non quello dell'abbattimento fiscale improvviso, dopo le
elezioni, ma quello di un traguardo per fine legislatura, dopo una serie di riforme dello
Stato, in una gradualità temporale, appena accennate nel programma di Berlusconi, che
andrebbero dichiarate, anche se impopolari.
- Nel caso dell'Italia, il nodo (penso) è creare un solo
ente intermedio tra lo Stato e i Comuni, e abolire la delega di gestione del Servizio
Sanitario Nazionale alle Regioni, e da riportare alle Regioni. Questo taglierebbe la
principale fonte di mangerie dei partiti, e permetterebbe di uniformare il servizio
sanitario in tutto il territorio nazionale.
- Occorrerebbe, inoltre, non tanto abolire varie partecipazioni di enti
territoriali a imprese societarie, ma vincolare queste al pareggio del bilancio sul
mercato, esclusa quindi ogni forma di copertura dei disavanzi di bilancio a carico di enti
territoriali pubblici (questo criterio è tipico del socialismo di mercato, ad es. come
per le ferrovie dello Stato in Italia, e come in Cina su larga scala ).
e) Tuttavia, un segnale fiscale potrebbe essere dato fin da
subito, applicando una flat tax con aliquota 33%. La curva del gettito sarebbe
vicina quello dell'IRPEF attuale (si vegga il grafico 3), ma meno pesante per i bassi
redditi e per gli alti redditi. Dal punto di vista degli effetti sul lavoro, questa
sarebbe un gran cosa.
f) Ultimo ma non ultimo: c'è anche una storia di
troppe "piccole tasse", numericamente, sulle comuni imprese individuali, che
finiscono per costare allo Stato (come spese amministrative di accertamento e riscossione)
più del gettito e da unificare più che da abolire, a parte alcune anche poco
giustificate, visto che in un paese civile (come modalità principe) c'è già l'imposta
personale sul reddito (IRPEF). |
IRPEF 2018-
Aliquote attuali per scaglioni
REDDITO PERSONALE
(= somma di tutti i redditi |
ALIQUOTE |
0 - 15.000 |
23% |
15.001-28.000 |
27% |
28.001- 55.000 |
38% |
55.001-75.000 |
41% |
Oltre 75.000 |
43% |
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Nota. Dentro la IRPEF,
esistono varie forme di sgravio: es. una fascia esente di 8.000 (circa) per il
lavoro dipendente e assimilato, varie deduzioni dal reddito a vario titolo (spese
sanitarie...), varie detrazioni dall'imposta.....
Vanno aggiunte addizionali nel limite del 3% per le Regioni, e dello 0,8% per i Comuni
(con eccezioni: Roma 0,9%).
La contabilizzazione dell'imposta risulta complicata, per cui vanno aggiunte spese per
valersi di un commercialista.
Il grafico, qui sopra, ipotizza la regola generale con sgravio di 8.000, ma senza
altre esenzioni (deduzioni e detrazioni), e senza addizionali. |
Le 28 IMPOSTE E TASSE attuali, per una impresa individuale "tipica" |
1.- Addizionale comunale sull'Irpef
2.- Addizionale erariale tassa automobilistica per auto di potenza >185 kw
3.- Addizionale regionale sull'Irpef
4.- Bollo auto
5.- Canoni su telecomunicazioni e Rai Tv
6.- Cedolare secca sugli affitti
7.- Contributi consorzi di bonifica
8.- Contributi INPS
9.- Diritti catastali
10.- Diritti delle Camere di commercio
11.- Imposta di bollo su cc
12.- Imposta di registro e sostitutiva
13.- Imposta municipale propria (Imu)
14.- Imposta plusvalenze cessioni azioni (capital gain) |
15.- Imposta regionale sulle attività produttive
(Irap)
16.- Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef)
17.- Imposta sul valore aggiunto (Iva)
18.- Imposta sulle assicurazioni
19.- Imposta sulle assicurazioni Rc auto
20.- Imposta sulle patenti
21.- Imposta sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax)
22.- Imposta sull'energia elettrica
23.- Imposte su assicurazione vita e previdenza complementare
24.- Imposte sulle successioni e donazioni
25.- Ritenute sugli interessi e su altri redditi da capitale
26.- Tassa smaltimento rifiuti (TARI)
27.- Tributo per i servizi indivisibili (TASI)
28.- Tributo speciale discarica |
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SULLA RIFORMA DELL'IRPEF NEL PROGRAMMA DEL PARTITO "FORZA
ITALIA"
http://dait.interno.gov.it/documenti/trasparenza/Doc/52/52_Prog_Elettorale.pdf
http://dait.interno.gov.it/elezioni/trasparenza |
Nino
Luciani, Non trascurare la lRPEF di Berlusconi, ovvero la sua FLAT TAX, ma quale
obiettivo finale di legislatura, in associazione al taglio della spesa pubblica (intendi:
riforma dello Stato), in una gradualità.
1.- Tutti i programmi dei partiti hanno
come carattere, che più eccelle, un lungo elenco di benefici che i partiti promettono
agli elettori, a carico della GRANDE MUCCA da mungere, e che è lo Stato.
Perfino le varie imposte che, oggettivamente, sono oneri sulla società civile, sono
proposte come benefici, e il modo di farlo è di proporne l'abbattimento. Il caso più
memorabile è quello del dimezzamento dell'IRPEF, nel programma di Berlusconi, sotto la
veste di "FLAT TAX" (imposta piatta), ma che, nel caso specifico è una
"imposta progressiva per detrazione", ottenuta associando una aliquota fissa
(23%) sul reddito, ad una esenzione fissa di Euri 12.000 per tutti i redditi. Tecnicamente
l'imposta T è calcolata del seguente modo:
T = t * (R - K) , in cui t=0,23, e K=12.000.
Questi parametri (23% e 12000) non sono scritti nel programma, ma dedotti da fonti
giornalistiche, vicine a FI .
La progressività per detrazione ha avuto, a suo tempo, un grande sostenitore nel
Presidente americano Donald Reagan. In Italia, il suo maggiore sostinitore è Antonio
Martino (ma che Berlusconi inviò al Ministero della Difesa, in luogo al Ministero delle
Finanze).
2.- Qui sono sotto riportati alcuni grafici. Nel Grafico 1.1 è descritto l'andamento
della IRPEF attualmente in vigore in Italia.
Essa è una imposta progressiva per scaglioni, con esenzione di 8000 circa per i
lavoratori |
dipendenti e
assimilati. Il grafico considera questi redditi (non anche il caso di chi non ha questa
esenzione) .
Nel grafico 2 è descritto l'andamento della irpef di Berlusconi. Si vede un calo
drastico del peso fiscale individuale che, ovviamente, non è applicabile in pratica,
perchè cadrebbe la struttura dello Stato, con tutte le sue prestazioni.
Per primo cosa, segnalo, al tempo stesso, che la FLAT TAX di Berlusconi non va
percepita come un progetto applicabile subito dopo le elezioni, ma un obiettivo (in una
gradualità) per fine di legislatura, dopo avere riformato lo Stato (in una gradualità)
dal lato spesa strutturale, elemento che pure è nel programma di FI, ma molto (troppo)
sintetico, quasi senza avere coscienza della sua rilevanza strategica fondamentale.
Per seconda cosa, segnalo che la progressività per detrazione è un fatto di
costume fiscale di estrema rilevanza perchè è semplicissima da applicare e quindi non
richiede i macchinosi calcoli della IRPEF attuale, che costringono il contribuente a
valersi di commercialisti e quindi ad aggiungere oneri alla imposta in senso stretto; ed
è una progressivita senza salti, come nella imposta progressiva per scaglioni,
discrimatrice tra redditi prossimi al termine dello scaglione e quelli subito all'inizio
dello scaglione successivo. Nel caso caso dell'irpef progressiva
per detraziobe è, invece, come se lo scaglione sia infinitesimale.La detrazione ( 12.000, in questo caso) ha
motivazioni trasparenti: non tassare il reddito minimo vitale ( 1000 al mese, in
questo caso), ed evitare spese amministrative di riscossione nei casi in cui il prelievo
fiscale è minore del costo amministrativo della imposta, da parte della Agenzia delle
entrate. |
Questa
detrazione fissa può essere variata in modo da tener conto di determinati elementi
meritevole di tutela, dallo Stato, quali il numero dei figli in età scolastica (previa
verifica, se vanno davvero a scuola)..., in luogo delle attuali numerose detrazioni e
deduzioni, un vero vespaio che va solo ad aumentare il carico fiscale, per via degli oneri
extra (tipo valersi di un commercialista).
3.- Riprendo il problema della caduta del gettito, nella versione FI. Come passo
iniziale si potrebbe programmare l'applicazione della FLAT TAX in una gradualità.
Nel Grafico 3, sotto riportato, è considerato il caso di aliquota t = 33%. Si
viene ad ottenere una soluzione molto simile a quella della IRPEF attuale, ma con un picco
che non supera il 30% effettivo per gli alti redditi.4.- Voglio anche rilevare che questo, dal lato della evasione e
della eluzione fiscale, è un vantaggio enorme. Spiego perchè.
a) Il principale fattore di evasione è l'eccesso di tassazione, in quanto l'evasore trova
conveniente tentare di evadere, quanto più è grande il beneficio atteso;
b) un teorema della scienza delle finanze (teorema della rimozione della imposta, di
Enrico Barone, 1859-1924) dimostra che, l'imposta sul reddito modifica la propensione al
lavoro.
Io ho approfondito le relative condizioni (clicca su: http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf, p.161) ed ho trovato che l'aumento della
imposta disincentiva il lavoro per gli alti redditi (non, invece, per i redditi
bassi e per i redditi medi). E siccome gli alti redditi sono, di solito, quelli degli
imprenditori industriali, ne deriva anche una ricaduta sulla occupazione dei lavoratori
dipendenti in generale. |
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DEBITO
PUBBLICO ITALIA: COME RISOLVERE |
.L'ITALIA VERSO LE ELEZIONI POLITICHE 2018 |
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DEBITO:
PERICOLO DI FALLIMENTO PER L'ITALIA: |
"PARTITI PREOCCUPATI" CERCANSI (G. La Malfa) |
In questo servizio:
a) si parte dal recupero (da Il Sole 24 ORE) di una riflessione di Giorgio La
Malfa, preoccupato di sollecitare una riflessione sul grande e annoso DEBITO PUBBLICO in
Italia, anche perchè vede nei partiti un grande disinteresse per esso, contrariamente
alle passate elezioni politiche. Ma le due vie di La Malfa prescindono dalla diagnosi. Cui
prodest ?
b) si prosegue la riflessione deviando l'interesse sulle diagnosi per poi arrivare
alla terapia: quella dell'equilibrio generale (Stato o Mercato ?) in quanto si ritiene che
le terapie macro-economiche siano inappropriate per l'Italia, in questa fase.
Si ritiene anche inappropriata e troppo burocratica la terapia ragionieristica (di Paolo Savona, Il Sole 24 ORE, 7 set 2017) di
ripianare il debito con il ricavo dalla vendita del patrimonio. La retta via è un fondo
di ammortamento 30ennale, da coprire col 6% del gettito fiscale (per il debito sopra il
60% del PIL), secondo l'impostazione ricardiana (1817) e le richieste attuali della UE. Il
discorso Savona prosegue al punto 5, qui sotto. |
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M5S
- Movimento 5 Stelle |
PD
- Partito Democratico |
PDP
- Partito Democratici e Progressisti |
FI
- Forza Italia |
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"Siamo bravi ragazzi,
ma non ne capiamo....
Assumeremo, |
però, professori di scienza delle finanze,
anche per lezioni appropriate" |
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"Mi interessa e non mi
interessa... |
Ma so di aver aggravato le cose, non seguendo la
UE. Andrò a lezione...con i Grillini |
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Si potrebbe cercare un accordo con Berlusca, ma |
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solo per la riforma della Governance dello
Stato, in Costituzione. Questo sarebbe prioritario per l'Italia" |
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"Ho pagato con le dimissioni,
per aver esposto l'Italia al fallimento. Però, vorrei recuperare.... |
Ho capito che lo Stato deve spendere meno, se si
vuole ridurre le tasse (non spendere di più e indebitarsi...") |
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LUCIANI: Oggi l'alternativa e' tra Stato e Mercato (è ambiguo
dire tra "spesa pubblica e riforme"). E le tasse vanno pagate per i servizi
pubblici ricevuti in contropartita, non perche' si e' ricchi o poveri.
Per quanto riguarda i poveri, ricordo il buon senso di sempre (Vangelo): "Quod
superest date pauperibus" (associatamente al rilievo che la vedova,
nel Tempio, dando due spiccioli, aveva dato di più del Fariseo, che aveva dato talenti -
cfr. E.d'Albergo, http://amsacta.unibo.it/2571/1/Volume_I__unico.pdf
,p. 116) e, inoltre, che le vergini prudenti (quelle che pensano al futuro incerto) vanno
apprezzate e quelle stolte, disapprovate." |
|
FONTE: Il sole 1 sett 2017,
p.8
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GIORGIO LA MALFA, "Oltre il «sentiero stretto, le due vie
possibili per abbattere il debito sono:
a) Un deficit superiore al 3% per due-tre anni;
b) o ulteriori tagli di spesa". |
(STRALCIO) I dati mostrano che lItalia non è affatto sulla
strada giusta. Lo si vede dal fatto che il rapporto fra il debito e il reddito nazionale
in questi anni è progressivamente peggiorato. Esso era pari a 129 nel 2013 ed è salito
al 131,8 nel 2014, al 132,1 nel 2015 ed al 132,6 nel 2016. Dunque, il peso (e il rischio)
del debito pubblico si è accresciuto e ciò pure in presenza delle condizioni favorevoli
sui tassi di interesse generati dal Qe della Bce che stanno per venir meno. La politica
del sentiero stretto non ha funzionato e bisogna chiedersene il perché.
La risposta è che il tentativo di conciliare il sostegno alla ripresa economica
con la riduzione del rapporto debito-Pil (il sentiero stretto) non ha funzionato, perché
la ripresa non è stata abbastanza forte per assumere una dimensione significativa, mentre
il deficit annuale è rimasto troppo elevato per consentire una riduzione del rapporto
debito-Pil. Si sono fatte due mezze politiche, per non scegliere una strada più chiara.
Non vi è stato un sostegno alla ripresa proveniente dal bilancio pubblico, perché
in questi anni il deficit è progressivamente diminuito (anche se in misura inferiore a
quello che lEuropa avrebbe voluto). Di conseguenza la politica economica ha avuto un
tono fondamentalmente restrittivo. Crescendo poco il reddito, il deficit relativamente
elevato ha fatto lievitare il rapporto debito-Pil. Vi è stato in sostanza un doppio
fallimento.
In vista della prossima legislatura ed avendo presenti le peggiori condizioni di
partenza e le meno favorevoli circostanze monetarie che prevarranno non si potrà evitare,
ancora una volta, come è stato fatto in questi anni, di scegliere una politica economica.
Solo una crescita più forte consentirebbe di ridurre il rapporto debito-Pil e
tale crescita più forte richiederebbe, almeno per due anni, se non tre, un deficit
superiore al 3% (che peraltro potrebbe essere compensato con delle cessioni di attività
patrimoniali).
Se questo viene ritenuto troppo rischioso date le condizioni attuali del debito
pubblico, allora bisogna passare a una politica di vera compressione del deficit
attraverso ulteriori tagli di spesa e maggiori entrate, affrontando il rischio di
innescare una nuova recessione.
Io non sceglierei mai la seconda strada che rischierebbe di aumentare la disoccupazione
e di non far scendere il deficit.
Ma la vera scelta è fra queste due strade.
......" |
NINO LUCIANI, Per una transizione da Stato a Mercato, ripercorrendo la pista dello
"equilibrio economico generale" Walras-Paretiano. 1.-
Oltre la macro-economia. L'abbattimento del debito pubblico è oggi affidato solo
alla crescita del PIL, da stimolare con politiche espansive Keynesiane, preso atto che le
riforme strutturali vengono invocate come "genere" ma senza il coraggio di
chiamarle con nome e cognome. Questo soprattutto è l'idea dei grandi banchieri.
Ma sarà possibile la crescita del PIL, anche considerato il calo delle
risorse rinnovabili ? Il razionamento dell'acqua, a Roma, è un preavviso significativo,
improvviso.
Dette politiche espansive sono fondate sulla macro-economia "monetaria".
Invece, le riforme strutturali sono fondate sulla analisi costi-benefici, applicata alla
alternativa tra Stato e Mercato, dentro la teoria dell'equilibrio generale (in termini di
produttività comparata dei due mondi).
Per scegliere tra le due vie di La Malfa, dobbiamo mettere il dito sulla diagnosi
degli eventi.
2.- Politiche espansive. Nella impostazione Keynesiana,
la spesa pubblica aggiuntiva viene giustificata come "compensativa" della
mancata spesa privata per investimenti o per consumi.
A sua volta (sempre in quella impostazione), la mancata spesa privata per
investimenti è indotta dalle aspettative pessimistiche degli operatori, nelle crisi
congiunturali, associatamente alla evidenza che gli investitori privati si regolano in
orizzonti brevi, per cui non si indebitano oltre stretti limiti, per investire.
Lo Stato, invece, si regola in orizzonti di lungo periodo e quindi può permettersi
di indebitarsi anche molto, pur di riempire il vuoto dei privati.
Ciò premesso, se è vero che ultimamente si sta aprendo una stagione di qualche
ottimismo, viene meno l'importanza della spesa pubblica compensativa, in quanto si può
puntare su investimenti privati aggiuntivi.
C'è poi, oggi, un pessimismo (soprattutto della piccola e media impresa) indotto
dall'eccesso di fiscalità: profitti tassati al 65-67%; chiuse 158.000 imprese negli
ultimi 8 anni (vedi Cgia di Mestre).
Ne deriva che un rilancio del PIL, come strada che permette di ridimensionare il
pericolo del debito (in senso relativo) attraverso la crescita, andrebbe
reimpostato riducendo le imposte, in base a concetti di equilibrio generale, non di
"macro-economia".
Come fare ? Partiamo dal fondamento classico
distintivo delle due impostazioni (l'una di J.M.Keynes, l'altra di L. Walras e di V.
Pareto):
a) Nella teoria dell'equilibrio generale, " l'offerta crea la domanda" (nel
senso che le imprese, per fare investimenti, comprano macchine, materie prime, operai, e
dunque danno monte a loro, che infine spendono per acquistare la produzione ...delle
imprese);
b) Nella macroeconomia, "la domanda crea l'offerta", vale dire i consumatori
(nel fare domanda "effettiva", ossia accompagnata da potere di acquisto) creano
entrate per le imprese, che sono infine indotte a investire. Dunque, è possibile indurre
investimenti |
privati, se si alimenta domanda effettiva. Questo si può fare mediante
la spesa pubblica, finanziata da fabbricazione di moneta aggiuntiva (dunque, non da
gettito fiscale aggiuntivo). Qui un pensiero va alla Qe di
Draghi, sia pure impropria (perchè essa non è un ombrello mirato ai singoli Stati, ma al
vento incerto da uragano...).
Osservazione. Tra le due impostazioni non v'è
contrapposizione, in quanto la tesi macroeconomica trae fondamento dalla scoperta di una
falla della teoria dell'equilibrio generale.
Meglio dire questa teoria è statica o, se si vuole, ha come sfondo l'orizzonte
temporale lunghissimo, mentre la macro-economia è centrata nell'osservare gli equilibri e
squilibri di breve periodo e nell'affidare un ruolo compensativo allo Stato (che ha
orizzonte di lungo periodo). Qui trovi che la macroeconomia va a saldarsi con la teoria
dell'equilibrio generale.
Dov'è la falla, vista da Keynes ? Essa sta nella scoperta della legge della
propensione marginale al consumo: "Al crescere del reddito nazionale, il consumo
aumenta, ma meno che in proporzione". Il consumo, inoltre, è sensibile a fatti
emotivi (l'annuncio di una guerra, di un terremoto ... induce a risparmiare
aggiuntivamente; sotto Natale si spende di più, nel dopo si recupera...). Ne derivava la
necessità di una politica pubblica compensativa, durante il ciclo economico,
relativamente al consumo.
Conclusione: per attaccarsi a ricette macro-economiche bisogna partire da
diagnosi congiunturali, ben precise e dimostrate. E, nella fase attuale del ciclo
economico, tutto marcia per la non-applicazione di ricette macro-economiche. Lo vedi dal
fatto che la spesa pubblica è già a livelli abnormi, e non puoi superarli; e che oggi
sta subentrando un qualche ottimismo in Europa (Draghi l'ha detto ieri), a parte l'Italia.
Dunque devi risalire alla fonte primaria (che è la teoria dell'equilibrio generale), se
vuoi far ripartire fondatamente il PIL. E qui, il nodo è riconsiderare la produttività
comparata della spesa privata e della spesa pubblica.
C'è oggi qualcuno che osa dire che, al margine, la spesa pubblica è più
vantaggiosa della spesa privata ?
A mio modo di vedere la invocata stagione delle riforme è da chiamare finalmente
con il suo nome e cognome. Essa ha nome "transizione dell'Italia dallo Stato al
Mercato", finanziando il settore privato, ai danni del finanziamento dello Stato.
C'è qualche partito "matto" che se ne assume la impopolarità ?
Da parte di Berlusconi, non sarebbe un problema, vista l'età.
3. I problemi della transizione. La mia tesi è che
l'Italia ha i problemi strutturali propri delle "economie di transizione" da un
sistema economico a prevalente «economia pubblica» a un sistema a prevalente «economia
di mercato». Ci sono qui anche i problemi congiunturali, ma questi hanno un'ampiezza
talmente grande da rinviare, paradossalmente, ai problemi di struttura.
Questa tesi fu subito evidente in Italia nel 1988-89 con la caduta del muro di
Berlino e poi della URSS, sia pur in proporzione, in Italia, al peso occupato dal settore
pubblico.
Ma vediamo meglio. In Italia ci fu, nel 1961, una transizione
inversa, ossia dal Mercato allo Stato, con i governi di centrosinistra. Si passa da un
rapporto tra spesa pubblica e PIL del 30% a un rapporto del 56-60% nel 1992 (oggi 65%,
comprese le imprese pubbliche).
La motivazione (giusta) di allora fu che l'Italia aveva raggiunto (nel 1958-60) un
grande sviluppo economico, ma in permanenza di squilibri settoriali e territoriali.
Bisogna indirizzare le nuove risorse verso uno sviluppo armonico.
Dal 1992 ci troviamo di fronte i problemi della transizione in senso inverso.
Già da allora bisognava restituire risorse dal settore pubblico al settore privato, in
quanto da ritenere più produttivo, per ritrovare un nuovo sviluppo.
Questo obiettivo è oggi imposto dalla sopravvenuta distruzione macroscopica di
risorse da parte del settore pubblico (partiti, in testa).
C'è l'aggravante che oggi le transizioni inverse non sono più possibili con la
distruzione del debito tramite la grande inflazione, come avvenne nel primo dopo guerra,
seguita da drastica politica di stabilizzazione (non fu così, nell'analogo tentativo
degli anni '80).
Oggi non lo puoi fare... perchè sei in Europa. Dunque decidi:
- a) se vuoi fare inflazione, devi uscire dall'Euro, magari
associandovi preventivamente una seconda moneta (la nuova Lira). Uscire dall'Euro
non è peccato... E ci fai pensiero, se pensi all'evoluzione in atto nel cambio
Dollaro/Euro: a sett. 2016 il cambio dollaro/euro era 1,12; oggi esso è 1,20. Infatti,
questo vuole dire che i prezzi in Euro sono diminuiti dell'8% per le imprese italiane di
esportazione e invece sono diminuite di altrettanto le importazioni (per imprese e
famiglie), e quindi stimola la domanda interna;
b) se non vuoi fare inflazione (perchè non puoi) devi fare le
riforme: dimagrire lo Stato e forse con fortuna se crei un buon feeling con il settore
privato (intendi: calo delle tasse... ma non sostituendole con il debito..., come aveva
fatto Berlusconi).
Questa transizione verso il mercato richiede adattamenti importanti nelle
abitudini di vita della popolazione: si tratta di un problema che, per sua natura,
richiede un periodo medio-lungo (5-10 anni).Tale periodo è:
a) il tempo necessario per riallocare verso il settore privato la mano d'opera via via
licenziata dal settore pubblico;
b) l tempo necessario per affidare al settore privato quei servizi pubblici che verranno
via via dismessi dal settore pubblico e che dovranno continuare ad essere erogati per i
cittadini disposti a pagarli;
e) il tempo necessario per privatizzare le imprese pubbliche non strategiche, e che
ovviamente non si può cominciare a fare con una estrazione a sorte delle imprese da
privatizzare, ma solo dopo aver fatto una opportuna classificazione della loro situazione:
ad esempio, imprese con buona capacità di reddito e buona situazione finanziaria;...
imprese con buona capacità di reddito ma precaria situazione finanziaria; imprese in
perdita ma per carenze gestionali e quindi facilmente risanabili ...
4.- Abbassare le tasse è divenuto di sinistra, dopo il
tradimento di Berlusconi ?
Gorbaciov aveva capito che il sistema comunista (di
cui era Segretario Generale nell'Unione Sovietica) era sull'orlo della catastrofe
economica e si propose di salvarlo tornando indietro nella statalizzazione (allora 95%)
del sistema economico.
Gorbaciov ci aveva raccontato che (a dispetto della fame del popolo) nel sistema
sovietico il controllo dell'economia era tutto in mano al PCUS-Partito Comunista e alla
NOMENCLATURA (burocrazia ministeriale). Essi erano categorie privilegiate, a cui non
mancava niente.
Sia chiaro che in un sistema socializzato è normale che comandi il partito (così
come è normale che in una impresa comandi l'imprenditore), ed è normale che comandi la
burocrazia. Non è invece corretto che la classe partitica dirigente si arricchisca
rubando fuori limite.
Si può tornare indietro in un Paese socializzato ?
Gorbaciov voleva tornare indietro, quanto bastava per rimettere in moto il mercato e
la produzione (la Cina, invece, ci è riuscita con il socialismo di mercato, e usando
l'esercito).
Ma tornare indietro senza il potere politico dell'esercito in un sistema tutto
socializzato, è un processo irreversibile, perchè nessuno vuole rinunciare
spontaneamente ai privilegi conquistati, e la sola via di uscita è il fallimento.
Qui sta la ragione del fallimento di Gorbaciov, ma anche (di conseguenza) del
successo della rivoluzione di ELTSIN che abbattè il sistema sovietico.
E' possibile in Italia abbattere il grado di socializzazione di un 15% del PIL
? Questa scelta richiede una radicale riforma dello Stato:
a) eliminare le Regioni come enti legislativi (doppioni dello
Stato e sacche dove i partiti possono rubare il danaro pubblico) , e trasformarle in enti
amministrativi con i poteri delle province e delle aree metropolitane. Dovrebbero essere
il nuovo e unico ente intermedio tra Stato e Comuni;
b) il servizio sanitario dovrebbe essere gestito direttamente
dallo Stato (basta quelle differenze tra regioni);
c) privatizzare le imprese pubbliche (salvo quelle strategiche,
non poche...).
4.- I partiti vorranno questo in Italia ? La realizzazione della
transizione richiede una classe politica appropriata. Ma su questo punto non dobbiamo
dimenticare che la classe politica oggi chiamata ad attuare la seconda transizione è
quella stessa che ha realizzato la prima transizione sulla quale essa fonda a tuttora il
suo potere in termini di clientela elettorale e di tangenti, non solo ma anche senza una
netta distinzione tra maggioranza di governo e opposizione.
Questo vuol dire che qui troviamo il primo collo di bottiglia.
In ogni caso appare evidente l'urgenza di operare per una nuova legge elettorale
che separi nettamente la responsabilità di governo da quelle di opposizione, in modo da
permettere un rimedio ai mali della politica attraverso l'alternanza tra persone e
programmi diversi.
Tuttavia, meglio sarebbe dire di riforma della governance, più
che di riforma della legge elettorale, per stroncare quanto meno il consociativismo e la
frammentazione nel governo nazionale (e nei governi locali), altrimenti ci si può
attendere solo il congelamento dell'attuale sistema. Per la legge elettorale,
rinvio a FORUM1.
5.- Ultimo ma non ultimo. C'è chi (Paolo Savona, Il Sole 24 ORE, 7
set. 2017) vorrebbe abbattere il debito con introiti dalle vendite del patrimonio
immobiliare dello Stato. A parte che c'è già una legge che lo prevede e che è
inapplicabile perchè i Comuni non concedono il cambio di destinazione, questa cura
ragionieristica non merita neanche di essere presa in considerazione, perchè ha
convenienza economica.
La retta via è un fondo di ammortamento 30ennale, costruito con il 5-10%
del gettito fiscale, per il debito sopra ill 60% del PIL, secondo la impostazione di
Ricardo dell'alternativa tra prestito pubblico e imposta straordinaria. |
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DIBATTITO
SULLA NUOVA UNIONE EUROPEA A PIU' VELOCITA' |
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Signora Merkel
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MERKEL: . |
Un budget in Eurozona per aiutare i Paesi propensi
alle riforme ! |
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MACRON: |
Convergenza fiscale graduale e investimenti europei ! |
prof. Luciani: "La via Italy verso
Merkel e Macron: prime ipotesi
che includono la riforma fiscale europea |
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Matteo Renzi
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Nino Luciani, Sintesi del testo, qui sotto.
La dichiarazione dei 27 (riportata, qui sotto, per intero), indica quattro obiettivi per
la riforma della UE. Essi, tuttavia, non sono accompagnati dalla previsione di strumenti
finanziari nel bilancio comunitario.
Assente del tutto anche la previsione dell'attribuzione alla BCE del potere di
banchiere di ultima istanza, quale ombrello verso il bilancio medesimo, in caso di
tempeste finanziarie sull' Euro moneta.
Ultimamente sono, invece, circolate alcune idee (della Signora Merkel e di Monsieur
Macron) che sono il riciclo delle note ricette della UE, ma (forse) qualcosa in più. Le
nuove parole d'ordine sono: "budget europeo ai paesi propensi alle riforme,
convergenza fiscale, investimenti europei".
1.- Budget europeo pro-riforme. Parrebbe implicito che tutti
sappiano cosa vuol dire "riforme". Invece, esse sono l'oggetto misterioso, prova
dell'ipocrisia di tutti. Provo a darvi un contenuto:
a) Pareggio del bilancio. Esso fu messo in Costituzione dal
Governo Monti, in ottemperanza alla UE. Ma nessuna terapia fiscale
fu mai recessiva quanto questa. Il motivo tragico non fu la tassazione in se e per se, ma
il fatto che lo Stato italiano non spende prontamente il gettito, per cui parte del
gettito rimane incastrato nelle maglie burocratiche e non torna nel circuito economico.
b) Taglio della spesa pubblica strutturale.
Per l'Italia, i problemi del debito pubblico sono collegati a scelte degli ultimi
35 anni per il finanziamento delle grandi infrastrutture autostradali e per l'attuazione
dell'ordinamento regionale (dal 1977, la spesa pubblica totale è aumentata annualmente,
del 15% in termini di PIL).
Penso che, dentro il debito, andrebbe fatta una distinzione tra quello
causato da spese di interesse europeo, e tutte le altre.
- Le grandi infrastrutture autostradali, ferroviarie, portuali
sono anche di interesse europeo. Il carico di parte di questo debito sul
bilancio europeo mi parrebbe giusto;
- L'ordinamento regionale dovrebbe, invece, essere l'oggetto di
specifica riforma italiana. Si dovrebbe creare un unico ente intermedio tra lo Stato e i
Comuni: la Regione. Andrebbe abolita la Regione come ente legislativo, e ricostruita come
ente di programmazione dei Comuni, e come ente amministrativo con i compiti delle attuali
Provnce.
- La gestione del servizio sanitario nazionale (oggi delegata alle
Regioni) dovrebbe tornare allo Stato, sia per spendere meno (a parità di servizi
sanitari), sia per uniformare la sanità in tutto il territorio nazionale;
- "Enti inutili". Considerata la impraticabilità
della "razionalizzazione" delle imprese locali, partecipate dagli enti
locali, la cosa migliore è mantenerle tutte a condizione che siano capaci di stare
alle regole del socialismo di mercato, praticato dalla Cina: vale dire sono capaci di
pareggiare i conti sul mercato. Questa riforma potrebbe soddifare alle
condizioni della Signora Merkel.
2.- Convergenza fiscale. Il concetto esso parrebbe significare che
la UE concederebbe una gradualità temporale, da pattuire con gli Stati, per arrivare al
pareggio del bilancio (o al disavanzo del bilancio 3% del PIL). Questa rinvio ha un senso
se nei vari Paesi ci fossero risorse inutilizzate (il presupposto per politiche
Keynesiane). In verità la sola risorsa disponibile è la mano d'opera, ma mancano gli
imprenditori perchè impediti dalla eccessiva tassazione dei profitti (65-67%).
Dunque, la dilazione programmata ha un senso se il disavanzo è creato dal minor
gettito, causa riduzione tassazione sui profitti.
3.- Investimenti europei. Si vuore costituire un fondo
europeo a tal fine ha un senso se per ivi trasferire gli oneri, già nei bilanci degli
Stati, per infrastrutture riclassificabili di interesse europeo.
La UE potrebbe fare qualcosa per il debito degli Stati ? Certamente sì, se
il debito eccedente il 60% del PIL (o una sua quota) fu acceso per finanziare
infrastrutture di perdurante interesse europeo. Non c'è dubbio che le autostrade greche o
il Pireo o Patrasso siano di interesse europeo, visto il numero di turisti europei che vi
transitano.
Per un Sistema fiscale europeo. Dentro la convergenza fiscale, ci
può stare un impegno comune a fare un sistema fiscale unitario europeo, al cui interno
gli Stati scelgono le imposte locali. Esso sarebbe la via maestra per arrivare
all'obiettivo finale di una unione anche politica.
Nel frattempo, potrebbero bastare obiettivi limitati, ma importanti
economicamente: quali il fare un sistema meno costoso (per la amministrazione delle
imposte) grazie alla riduzione del numero delle imposte.
L'IVA andrebbe abolita è sostituita da una imposta generale sulle
vendite dei beni finali di consumo. |
60º
Anniversario dei Trattati di Roma, 25.3.2017 - Consilium Dichiarazione dei leader dei 27 Stati membri e del Consiglio
europeo, del Parlamento europeo e della Commissione europea.
La dichiarazione di Roma
Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni
dell'UE, siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione
dell'unità europea è un'impresa coraggiosa e lungimirante.
Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di
unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica,
dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà,
democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica
che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.
L'unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è
diventata la speranza di molti. Fino a che l'Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo
uniti e più forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di
vivere in un'Unione allargata che ha superato le antiche divisioni.
L'Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti,
sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni
migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo
determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri
cittadini sicurezza e nuove opportunità.
Renderemo l'Unione europea più forte e più resiliente,
attraverso un'unità e una solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di
regole comuni. L'unità è sia una necessità che una nostra libera scelta. Agendo
singolarmente saremmo tagliati fuori dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la
migliore opportunità che abbiamo di influenzarle e di difendere i nostri interessi e
valori comuni.
Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre
procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati
e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra
Unione è indivisa e indivisibile.
Per il prossimo decennio vogliamo un'Unione sicura,
prospera, competitiva, sostenibile e socialmente responsabile, che abbia la volontà e la
capacità di svolgere un ruolo chiave nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo
un'Unione in cui i cittadini abbiano nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e
di crescita economica. Vogliamo un'Unione che resti aperta a quei paesi europei che
rispettano i nostri valori e si impegnano a promuoverli.
In questi tempi di cambiamenti, e consapevoli delle
preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il programma di Roma e ci impegniamo ad
adoperarci per realizzare:
1. |
Un' Europa sicura:
un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in
cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace,
responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata
a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
. |
2. |
Un' Europa prospera e
sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un
mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni
tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di
crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e
medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli
investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione
economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia
sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.
. |
3. |
Un' Europa sociale: un'Unione
che, sulla base di una crescita sostenibile,favorisca il progressoeconomico e
sociale,nonchéla coesione elaconvergenza, difendendo nelcontempo l'integritàdel mercato
interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo
fondamentale delle partisociali; un'Unioneche promuova la parità tra donne e uomini
ediritti epari opportunità per tutti; un'Unioneche lotti contro la disoccupazione, la
discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unionein cui i giovani ricevano
l'istruzione e la formazionemigliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il
continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturalee promuova la diversità
culturale.
. |
4. |
Un' Europa più forte
sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati
esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuovala stabilità e la prosperitànel
suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l'Africa e nel
mondo; un' Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla
creazione diun'industria della difesapiùcompetitiva eintegrata; un'Unione impegnata a
rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazionee complementarità
con l'Organizzazione delTrattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici
e delle situazioni nazionali; un' Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difendaun
sistema multilaterale disciplinato daregole, che sia orgogliosa dei propri valori e
protettiva nei confronti dei propri cittadini, chepromuova un commercio libero ed equo e
una politica climaticaglobale positiva. |
Perseguiremo questi obiettivi, fermi nellaconvinzione che
ilfuturo dell'Europaè nelle nostre manie che l'Unioneeuropeaè ilmigliore strumento
perconseguire inostriobiettivi. Ci impegniamo a dareascolto e risposte alle
preoccupazioniespressedai nostri cittadini edialogheremo coni parlamenti nazionali.
Collaboreremoa livello di Unioneeuropea, nazionale, regionale o locale perfare davvero
ladifferenza, in uno spiritodi fiduciae di lealecooperazione, sia tragli Stati membri che
tra diessie le istituzioni dell'UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà.Lasceremo
ai diversi livelli decisionali sufficiente margine di manovra perrafforzare il potenziale
di innovazione e crescita dell'Europa. Vogliamo che l'Unione sia grande sulle grandi
questionie piccolasullepiccole.Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace
e trasparente, e risultatimigliori.
Noi leader, lavorando insieme nell'ambito del Consiglio
europeo e tra le istituzioni, faremo sì che ilprogramma di oggi sia attuato e divenga
cosìlarealtà di domani.Ci siamo uniti per un buon fine.
L'Europa è il nostro futuro comune. FINE |
Nino Luciani, La via
italiana verso Merkel e Macron 1.- Premessa. In questo
servizio delineo alcune ipotesi di riforma strutturale della UE, a partire dalla
dichiarazione di Roma del recente 25 marzo 2017 e da alcune idee operative, successive, di
Leaders europei.
La dichiarazione (riportata, qui a sinistra, per intero), ha indicato, come priorità, i
seguenti obiettivi (quattro):
1.- Europa sicura;
2.- Europa prospera e sostenibile;
3.- Europa sociale;
4.- Europa più forte sulla scena mondiale.
Questi obiettivi, però, per essere avanzati in modo serio, sarebbero dovuti essere
accompagnati dalle previsioni:
- di strumenti finanziari, nel bilancio comunitario;
- e della trasformazione della BCE in banchiere di ultima istanza verso il bilancio
comunitario (non verso i singoli Stati, neppure in modo indiretto, come avviene
attualmente con il Qe). Tutt'altro.
Poi, a distanza di qualche settimana, sono arrivati alcune idee pratiche, quali i
proclami:
- della Signora Merkel in favore di "un budget in Eurozona per aiutare i Paesi
propensi alle riforme";
- di Monsieur Macron (sostenuto dalla Signora Merkel, a Berlino), in favore di
"convergenza fiscale e investimenti europei".
Al tempo stesso, non sono mancate le ipotesi interpretative di esperti (in gran
parte su Il Sole 24 ORE), a parte che gli Stati mediterranei (anche la Francia di
Hollande) avevano già parlato chiaro, in senso no-austerity (Carta di Atene, mesi fa).
Conclusione: per avvicinarci all'arte del realistico, non possiamo
partire (come, invece si dovrebbe) dagli obiettivi enunciati, ma dai detti proclami, in
pratica da rattoppi. Ma andiamo per gradi, cominciando dai presupposti minimi.
2.- Fino a quale punto le situazioni degli Stati sono compatibili con
le condizioni poste dalla Signora Merkel ?
a) I problemi del debito pubblico. Le tensioni finanziarie degli
ultimi 30 anni derivano da scelte sociali (più o meno di avanguardia, dei vari Stati
socialisti, anche l'Italia) o per lo sviluppo, tutte finanziate oltre la sostenibilità da
parte del sistema economico, costituita da imposte, e dunque sforate su prestito pubblico.
In Italia, questa politica era sulla scia della politica di centro sinistra,
avviata nel 1961. Ma questa era stata sempre graduata in base alla sostenibilità fiscale.
Adesso, chi vorrebbe sottrarsi alla proprie responsabilità circa
l'indebitamento, ne riversa la colpa sulla evasione fiscale, ma mente. In realtà vuole
distruggere leconomia di mercato rimasta.
b) Ci soffermiamo sulle scelte negli ultimi 30 anni.
- Le scelte per lo sviluppo furono il proseguimento dell'espansione delle grandi
infrastrutture autostradali.
- Le scelte sociali (del 1977 e oltre) furono l'attuazione dell'ordinamento
regionale e la delega (dello Stato) alle Regioni di gestione del servizio sanitario
nazionale.
- Ci metterei dentro anche l'ampliamento delle partecipazioni degli enti locali
nelle imprese di servizi sociali.
L'attuazione delle Regioni doveva comportare la eliminazione dei
corrispondenti uffici statali. Ma la cosa rimase un proposito. Ad es. ancora oggi, se vuoi
la istituzione di un liceo classico, devi attivare la Provincia, che dovrà proporlo sulla
base di un programma di indirizzo della Regione, e infine attivare il Provveditorato
Regionale e Provinciale del Ministero della Istruzione che pagherà il personale, e
implicitamente attivare anche il Comune, per un qualcosa.
Fin da allora fu subito chiaro che l'Italia aveva fatto il passo oltre la gamba.
Infatti dal 1977 la spesa pubblica aumentò per sempre del 15% in termini di PIL.
Non solo questo. Non fu mai messo in atto in piano di ammortamento del debito, la
cui rata annuale fosse finanziata con parte del gettito fiscale, come farebbe ogni
famiglia per bene. Anzi il debito in scadenza era (ed è) pagato con accensione di nuovo
debito.
Circa le partecipazioni degli enti locali, è divenuto un luogo comune
chiamarle enti inutili, e da decenni.
b) Come utilizzare la cura Merkel per i problemi del debito.
Come si è precisato, la cura Merkel ipotizza che i Paesi si impegnino per le riforme,
per eliminare le cause del disavanzo di bilancio, e da non ripianare con nuovo debito.
Teoricamente le strade sono due:
a) l'aumento del prelievo fiscale;
b) il taglio della spesa pubblica strutturale.
Ma, poi, nei fatti l'una e l'altra via sono risultate impercorribili.
- La soluzione sub a) è stata applicata massimamente dal governo Monti, e fu un disastro.
Il motivo tragico non fu la tassazione in se e per se (a parte che in Italia essa è già
proibitiva per gli imprenditori, essendo i profitti, tassati al 65%) ma il fatto che lo
Stato italiano non spende prontamente il gettito (grosso modo esso preleva 100, e spende
70-80 in tempo reale, a causa dei tempi burocratici). Per cui parte del gettito finisce
rimane incastrato presso la burocrazia e non ritorna prontamente nel circuito economico.
|
Ciò contraddice il teorema famoso di Haavelmo, con
moltiplicatore del PIL pari alla unità, vale dire una spesa pubblica aggiuntiva,
finanziata da una uguale entrata fiscale, genera un reddito aggiuntivo (sia pur in una
gradualità temporale) pari a quella spesa. Esso ipotizza che la propensione alla spesa
statale sia pari a 1 (mentre, in realtà, quella dello Stato italiano è 0,7-0,8 come
sopra ricordato); e che, invece quella dei privati cittadini sia minore di 1.
( A questo proposito, ricordo che io avevo scoperto un secondo teorema con moltiplicatore
pari all'unità: mediante sgravio da imposta indiretta, bilanciata da aggravio di
imposta diretta, a parità di spesa da finanziare. Clicca su: http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf
, "Da Attilio da Empoli a Ernesto d'Albergo, Sgravi fiscali, p. 689. |
Ne deriva che la sola via che ha un senso economico è il taglio della
spesa corrente strutturale, pubblica, ma anche la soppressione delle imprese pubbliche non
strategiche.
- Sul primo punto, tutti gli attuali enti locali internedi (Regioni e Province e
altri enti intermedi) andrebbero aboliti, e sostituiti da un ente intermedio unico tra lo
Stato e i Comuni: la Regione opportunamente riformata. Precisamente, se ne dovrebbe
sopprimere il potere legislativo, e trasformarla in ente di programmazione di tutti gli
enti locali, e di amministrazione dei servizi oggi di competenza dei vari enti intermedi,
invece da abolire (Province, Città metropolitane, Camere di Commercio
).
- Sanità. La delega statale, di gestione del servizio sanitario
nazionale alle Regioni, andrebbe revocata, ed essere gestita dallo Stato. Costerebbe meno,
a parità di servizi, e questi potrebbero essere erogati uniformemente nel territorio
nazionale.
Teoricamente, (in alternativa) potresti lasciare le Regioni e smagrire
lo Stato, in tutti i casi di doppio compito Stato-Regione.
Le Regioni sono, però, risultate pessime dal lato amministrativo e anche corrotte.
Devi preferire lo Stato.
Conclusione: questa riforma sarà impossibile in pratica, perchè comporta
togliere molti soldi ai partiti.
Al tempo stesso, non conosco un solo partito che la proponga. |
- Sul secondo punto (abolire gli enti inutili), la cosa è stata
rilanciata in queste settimane. Il criterio principe rimane sempre quello della
razionalizzazione
, una specie di selva impenetrabile, anche perchè nessuno ha
bacchetta magica per classificare utile o inutile un ente.
Qui la via migliore (quella meno peggio) sarebbe copiare i Cinesi (maestri del socialismo
di mercato): vale dire ammetterli tutti, a condizione che pareggino il bilancio solo con
entrate di mercato, fermo per tutte il controllo del saldo di bilancio da parte della
Corte dei Conti.
Potremmo sperare che questo criterio sia posto dalla UE. Per questa via, la
condizione della Signora Merkel sarebbe praticabile.
c) Come utilizzare la cura Macron: convergenza fiscale e investimenti
europei.
- Convergenza fiscale. Pur se il concetto è poci chiaro, esso parrebbe significare
che la UE concederebbe una gradualità temporale pattuita, per arrivare al pareggio del
bilancio (o al disavanzo del bilancio 3% del PIL). Invece con il patto del fiscal compact
comporta di farlo subito, se non vuoi sanzioni (a parte che l'impegno dura dal 1986).
Questo non sana il pericolo di default dello Stato, se non è accompagnato da un
fondo di garanzia presso il bilancio europeo, associato al permesso alla BCE di operare
come banchiere di ultima istanza, verso il bilancio UE, limitatamente al fabbisogno
previsto per il patto di convergenza fiscale.
- Investimenti europei. Questo vuol dire (o dovrebbe) consistere in fondi europei
per le infrastrutture stradali ecc. che già sono nei bilanci degli Stati, ma da spostare
sul bilancio europeo. La condizione è che queste infrastrutture siano riclassificabili di
interesse europeo.
d) La UE potrebbe fare qualcosa per il debito degli Stati ?
Il debito eccedente il 60% del PIL (o una sua quota) dovrebbe essere caricato sul bilancio
europeo se, in origine, esso fu acceso per finanziare infrastrutture di perdurante
interesse europeo. Questo potrebbe riguardare le grande infrastrutture stradali,
ferroviarie e portuali.
Non c'è dubbio che le autostrade greche o il Pireo o Patrasso siano di interesse
europeo, visto il numero di turisti europei che vi transitano.
Anche a fronte del debito degli Stati, assunto sul bilancio europeo, la BCE
potrebbe divenire banchiere di ultima istanza verso il bilancio UE (non verso quello
dei singoli Stati).
e) Per un Sistema fiscale europeo. Dentro la convergenza
fiscale, ci può stare un impegno comune a fare un sistema fiscale unitario europeo,
al cui interno gli Stati scelgono le imposte locali. Questo sistema dovrebbe essere meno
costoso ed essere più armonico.
- Costo della gestione delle imposte. Questo dovrebbe potersi fare riducendo il
numero delle imposte, ed aumentando le aliquote. Quando le imposte sono molte, in molti
casi, il gettito individuale è minore del costo per applicare l'imposta.
In Italia, un precedente illustre fu un libro di Vincenzo De Nardo (dirigente del
Ministero delle Finanze): Il costo dei tributi in Italia, 1960.
- Armonizzazione fiscale. Come base di riferimento, si dovrebbe puntare ad
un sistema fiscale europeo unitario. Poi, dentro il sistema delle varie imposte, gli Stati
dovrebbero poter determinare le aliquote tra limiti massimo e minimo.
Per le imposte indirette, l'armonizzazione ha ancora molto da fare, per non
distorcere la concorrenza tra le merci.
(No problem, invece, per i rapporti con gli Stati non membri, in quanto i problemi di
aggiustamento delle bilance dei pagamenti internazionali sono largamente risolti dal
mercato dei cambi).
Mi soffermo sull'IVA. Essa è una vera calamità, a causa della elevatezza
della aliquota (stimolo alla evasione), e di tutte le problematiche contabili connesse,
che ne elevano i costi amministrativi.
Una imposta migliore, sostitutiva, potrebbe essere una imposta generale sulla
vendita dei beni finali di consumo.
L'equivalenza teorica dell'imponibile totale si realizza nel fatto che il valore finale di
un bene è la somma dei valori aggiunti parziali del bene, via via conseguiti
durante il processi di trasformazione da materia prima, a semilavorato ..., a bene finale.
Questa imposta andrebbe caricata sulle imprese, relativamente a tutte le vendite ed
essere trasferibile. Ma, poi, limposta sui beni finali di investimento andrebbe
dedotta in sede di versamento dellimposta sulle vendite. |
.
|
DEBITO
PUBBLICO |
J.P. Juncher, Presidente Commissione Europea
|
|
Rapporto UE sulla
sostenibilità fiscale del debito pubblico
nei 26 Paesi della UE (esclusa la GRECIA dalla Commissione) |
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DATI
DI FATTO : |
|
1) Da un lato, la UE non crede alla sostenibilià
fiscale dell'Italia, causa il debito pubblico; e per l'obbligato aumento della spesa
pubblica, per le future pensioni sociali di vecchiaia. |
|
2) Da altro lato, RENZI obietta un diritto
alla flessibilità, ma forse per prendere tempo, in attesa di potere prendere
decisioni importanti impopolari, grazie alla nuova Governance, derivante dalla
riforma costituzionale e dall'ITALICUM |
|
M.
Renzi Presidente del Consiglio |
Sotto:
a) documento originale della UE sull'Italia; b) grafici che provano i fatti;
c) Discorso di Mattarella alla Columbia University;
d) Commento di Nino Luciani (inflazione per cancellare il debito
?) |
NOTA 1. L'analisi congiunta degli anni del
debito e della durata dei governi, dimostra che nella storia d'Italia la montagna del
debito e la breve durata dei governi sono state due facce della stessa medaglia. Per
questo, la riforma costituzionale e l'ITALICUM, di Renzi, sono il minimo per avere governi
con la forza parlamentare necessaria ad affrontare i grandi problemi strutturali
dell'Italia, dagli anni '70 e già nell'aria alla fine anni '50. Si ricorderà che De
Gasperi cadde nel 1954, e gli subentrò tutta una volatilità che parve rientrare nel
1961, con l'entrata dei socialisti nel governo.
Ma RENZI fa anche altro: dice che la politica degli USA è corretta, mentre quella
della UE è sbagliata... Ma negli USA il rapporto debito/PIL è 100% (in Italia è 130%) e
la pressione fiscale in USA è 25% (in Italia è 45%). Dunque qui lo Stato non ha margini
per aumentare la spesa pubblica, a parte che è anche incapace di spendere.NOTA2. . La fine del "bicameralismo perfetto" (intendi
trasformazione del Senato) fu posta nel 1988 (Seminario di Villa Miani, Edizioni
Parlamento, Speciale X Legislatura, pag. 55) dalla DC di Mino Martinazzoli, Ciriaco De
Mita, Leopoldo Elia, Giuseppe De Rita, ma fu boicottata dai faccendieri con cappello
"scudo crociato", poi approdati sulla zattera di Forza Italia. Sono i
medesimi che oggi si giocano tutto, e l'ultima dea è il Referendum del prossimo settembre
2016. Sono anche alcuni "perbenisti" (non andati a scuola di storia), e alcuni
costituzionalisti che forse puntano sullo sfascio totale della Repubblica per arrivare,
poi, a un "salvatore della patria".
Secondo l'art. 138, le riforme costituzionali (qualora
approvate dalle Camere, a maggioranza assoluta e, dunque, non di due terzi) "sono
sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne
facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque
Consigli regionali". La riforma (art. 75) "è approvata se ha partecipato alla
votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti
validi espressi".
Su questo scoglio cadde nel 2006 la riforma costituzionale di BERLUSCONI, molto puntata
sul rafforzamento del Premier e delle Regioni, mentre quella di RENZI è puntata sul
rafforzamento del Parlamento (una sola camera per il voto di fiducia, limitazione
della proliferazione dei partiti) e sulla riduzione dei poteri delle Regioni. |
|
Nota. Si chiarisce che il Debito netto è pari al Debito
lordo (quello giuridicamente in essere), al netto della cassa liquida e delle
disponibilità prontamente liquidabili.Ma questa distinzione inquina le graduatorie
del debito, in quanto una disponibilità liquida potrebbe essere già impegnata di fatto
su altro (non per il debito). |
Italia
- Debito pubblico 1942 - 2015 in % del PIL
associato al cambiamento dei Governi, in quegli anni |
|
PARERE
DELLA UE SULL'ITALIA
Testo originale, tradotto in italiano
" In base alle previsioni (d'autunno 2015) della Commissione,
l'Italia dovrebbe avere un calo significativo del saldo primario strutturale (SPB, circa
-1,5%, del PIL)), rispetto al recente picco del 4% del PIL nel 2013, e al 2,5% nel 2017.
La crescita reale del PIL dovrebbe salire dal 0,9% nel 2015 (era -0,4%, nel 2014), al
+1,5% nel 2016 e al +1,4% nel 2017. In seguito agli sviluppi previsti, il debito pubblico
lordo avrebbe raggiunto il picco al 133% del PIL nel 2015 (vale dire + 0,7%, rispetto al
2014), e poi diminuire leggermente nel 2016 (132,2% del PIL), e più significativamente
nel 2017 (130% del PIL). Il debito pubblico rimarrebbe comunque molto elevato,
rappresentando così una delle principali fonti di vulnerabilità per l'economia italiana.
L'elevato debito pubblico limita la capacità del paese di reagire agli shock
economici e lo lascia esposto a possibili aumenti dei rendimenti dei titoli sovrani,
mentre lo spazio per l'aumento della spesa pubblica per investimenti è limitato anche
dagli interessi (sul debito) relativamente elevati (4,3% del PIL nel 2015).
Circa le sfide della sostenibilità fiscale a breve termine nel breve periodo
(entro l'anno), l'Italia non appare capace di affrontare i notevoli rischi di stress
fiscale, come evidenziato da un valore dello specifico, che è al di sotto della soglia
critica.
Alcune delle variabili fiscali, vale a dire il debito pubblico lordi e netto e, in
particolare, il fabbisogno di finanziamento lordo in termini di percentuale del PIL, fanno
comunque pensare a possibili sfide a breve termine.
Mentre la consistenza del debito pubblico è critica, la struttura del
finanziamento del debito pubblico ( sia in termini di scadenza che di tipologia dei
creditori (residenti rispetto ai non residenti), non dà luogo a rischi a breve termine.
Al contrario, la quota di crediti in sofferenza nel settore bancario potrebbe
rappresentare una fonte importante di rischi di responsabilità civile contingente a breve
termine.
Circa le sfide sulla sostenibilità fiscale, l'analisi della sostenibilità
del debito, guardando alle sfide di sostenibilità a medio termine, un'analisi della
sostenibilità del debito (DSA) per l'Italia mostra che, in condizioni economiche normali
(in cui il saldo strutturale primario rimane invariato, al il livello dello scorso anno,
con politiche invariate), nella previsione della Commissione il debito pubblico italiano
continuerà a diminuire: 125% del PIL nel 2020 e circa il 110% nel 2026 (ultimo proiezione
anno).
Questa previsione della riduzione di circa 20 punti percentuali
in un orizzonte di 10 anni 10 è legata alla ipotesi che il rapporto deficit/PIL (SPB -
saldo primario strutturale del bilancio) rimanga costante al 2,5% fino al 2026. Questo
potrebbe essere un relativamente troppo alto SPB per essere mantenuto più di 10 anni
(solo un quinto dei SPB, constatati in tutti i 28 paesi sopra 1980-2015, è superiore a
questo). Questo evidenzia la necessità di una forte determinazione nel migliorare la
politica di bilancio (per assicurare il rispetto della norma sul debito).
L'ancora elevato rapporto debito italiano al termine delle proiezioni (2026),
sulla base di un presupposto di politica fiscale invariato, con un relativamente alto SPB
per un periodo prolungato di tempo, porta al paese ad alto rischio, stando alle proiezioni
del debito nel medio termine.
Dato l'elevato debito iniziale, shock negativi nei confronti della crescita
(dovuti a shock di crescita reale nei confronti del PIL o dell'inflazione) e nei confronti
dei tassi di interesse avrebbero un impatto notevole sugli sviluppi del tasso del debito.
Infatti, i test di sensibilità standard su crescita nominale e tassi di interesse
comporterebbero un rapporto debito, alla fine delle proiezioni (2026), di circa 7 pps.
superiore (117% del PIL) rispetto alla linea di base.
Tutto sommato, una grande serie di shock simulati congiuntamente alla crescita, i
tassi di interesse, e il saldo primario, che riflette la dimensione e la correlazione
degli shock passati sotto proiezioni del debito stocastico, porta a una probabilità dell'
11%( del rapporto debito italiano). nel 2020, maggiore che nel 2015 (vale a dire 133% del
PIL).
Se la convergenza del saldo strutturale verso l'obiettivo di medio termine (OMT)
fosser rispettati, in conformità con il patto di stabilità e crescita (PSC) e in linea
con l'aggiustamento di bilancio indicato nella comunicazione della Commissione sulla
flessibilità nella SGP (come nello scenario PSC), il debito pubblico italiano si
ridurrebbe sensibilmente di più che in base alle proiezioni di base, fino a quasi il 100%
del PIL nel 2026 (10 punti percentuali in meno rispetto alla linea di base non-fiscale,
senza cambiamento di scenario di politica fiscale).
Tuttavia, questo richiederebbe un SPB medio significativamente più elevato
(1,3 punti percentuali) più alto che nella proiezione corrente (3,8% del PIL nel
2017-2026).
Tutto sommato, vista la diversa proiezione scenari e risultati principali, l'Italia
presenta un rischio elevato a medio termine, da una prospettiva DSA.
Nel complesso, a breve termine
l'Italia appare senza rischi significativi dello stress fiscale anche se alcune variabili
(debito lordo e netto, fabbisogno lordo di finanziamento, quota e variazione della quota
di crediti in sofferenza) indicano possibili sfide a breve termine.
I rischi sembrano essere elevati nel medio termine, partendo invece da una
prospettiva di analisi della sostenibilità del debito, a causa del debito ancora elevato
alla fine delle proiezioni (2026) e dell'elevata sensibilità a possibili shock ai tassi
di crescita e di interesse nominali.
Shocks simulati congiuntamente sulla crescita, sui tassi di interesse e sul saldo
di bilancio primario indicano una probabilità di che il rapporto debito/pil sia nel 2020
maggiore dell'11%, che nel 2015. Questo comporta rischi, dato il livello del debito di
avviamento.
Alti rischi a medio termine emergono anche dall'analisi dell'indicatore S1 del
divario di sostenibilità, ancora una volta a causa l'elevato rapporto debito pubblico e
PIL di essere ben al di sopra del valore di riferimento del 60%, determinando in tal modo
rischi complessivi elevati per il paese nel mezzo termine. Senza rischi per la
sostenibilità appaiono nel lungo periodo, assumendo la piena attuazione delle riforme
pensionistiche adottate in passato e subordinato al mantenimento del governo saldo
primario strutturale ad un livello alto come previsto dai servizi della Commissione per il
2017 (2,5% del PIL) bene al di là di quello stesso anno." |
LE
ASPETTATIVE FONDATE SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Sergio MATTARELLA, Leadership
in the age of change: managing current development in the Mediterranean through
Europe".
11/02/2016
Stralcio dall'Intervento alla Columbia University,
USA, 11/02/2016
...........
...........
L'Unione Europea è il risultato di
un lungo e vitale processo ed è la sua progressiva integrazione che ha consentito agli
europei di vivere un periodo di pace e di sviluppo sociale, culturale ed economico,
veramente unico e di creare un'area di attrazione divenuta preziosa, come, da ultimo, si
sono incaricati di dimostrare gli eventi successivi alla caduta del Muro di Berlino.
E' una storia che ha prodotto diritti e accresciute tutele per tutti. Che ha
generato sicurezza e offerto un modello di convivenza plurale.
Sono traguardi ai quali non possiamo rinunciare.
Nel mondo multipolare nel quale viviamo, la partnership atlantica rimane un
punto di riferimento essenziale e, nel suo ambito, l'Europa deve saper assumere le proprie
responsabilità. E, in questo quadro l'Unione Europea non può cedere alla tentazione di
indebolire la propria coesione.
Gli elementi di instabilità presenti ai suoi confini suggeriscono, al
contrario, il rafforzamento di politiche attive di vicinato, di politica estera e di
difesa. Suggeriscono la attivazione di rapporti di collaborazione feconda con le
organizzazioni regionali presenti sul Continente africano per realizzare un futuro sempre
più condiviso.
Oggi agli Stati Uniti e all'Unione Europea,
alla comunità transatlantica, si chiede di esercitare una leadership all'altezza della
comune tradizione.
In questo quadro generale, l'Italia sta operando in coerenza con i principi
basilari che ispirano la sua politica estera, europeismo, atlantismo, multilateralismo,
per contribuire ad affrontare e sciogliere i nodi che abbiamo di fronte, con spirito
propositivo e convinzione.
L'Italia attraversa un periodo di cambiamento, sotto il profilo sia
politico sia economico.
Dopo anni di dibattito, il Parlamento sta per approvare
definitivamente un'importante riforma della Costituzione che trasforma il ruolo del Senato
da seconda Camera politica - con le medesime attribuzioni della Camera dei Deputati - in
Assemblea rappresentativa delle Regioni e dei poteri locali.
(Risulta che, a voce, il Presidente abbia spiegato: "La legge influirà
sulla efficienza e velocità delle decisioni di governo e sulla capacità di governare i
problemi quando nascono, e non dopo. NdR)
In questi mesi sono entrati in vigore anche altri importanti provvedimenti:
una profonda riforma del mercato del lavoro; una riforma del sistema scolastico; una
riforma della Pubblica Amministrazione, cui si sta gradualmente dando attuazione, che
permetterà di aumentare l'efficienza dell'apparato statale; un miglioramento del sistema
fiscale che mira a ridurre l'evasione e l'elusione fiscale, rafforzando il rapporto fra
cittadini, imprese e Stato; una riforma del sistema previdenziale e quella, in parte
realizzata e in parte in corso, della giustizia.
Si tratta di passi che stanno consentendo un significativo recupero di efficienza e
di competitività per il nostro Paese, la cui economia, non a caso, è tornata a crescere
nel 2015 e - secondo le previsioni più attendibili - consoliderà questa dinamica
positiva nel 2016. Anche in momenti di più acuta difficoltà economica, l'Italia non è
venuta meno al suo impegno in campo internazionale a favore della pace e della stabilità
internazionale.
Siamo presenti in tutti i principali teatri di crisi, dall'Afghanistan
all'Iraq, dalla Somalia al Libano, dal Kosovo al Mediterraneo, al Corno d'Africa contro la
pirateria marittima nell'Oceano Indiano, e partecipiamo ai più importanti tavoli
negoziali: penso alla Siria, alla Libia e al coordinamento della coalizione anti-Daesh.
Al livello europeo, l'Italia continuerà a proporre una linea politica fra le
più avanzate in tema di integrazione, di crescente integrazione, d'intesa con i partner
che condividono questa visione.
Turbolenze finanziarie, crisi politiche e umanitarie si sovrappongono in un
intreccio di spinte centrifughe che è imperativo bilanciare e - soprattutto - governare.
Dobbiamo saper essere all'altezza di questo compito, esercitando un'azione
intelligente e decisa. Lo dobbiamo fare insieme, mostrando l'attualità dei nostri
principi, il coraggio delle nostre idee, la forza delle nostre democrazie, la solidità
delle nostre Istituzioni. |
COMMENTO
di NINO LUCIANI:
Diritto della Italia alla flessibiltà,
ma solo per prendere tempo,
in attesa della nuova Governance ?
Nota. In questo servizio commento il fondamento delle critiche
della UE, e il diritto alla flessibilità invocato da RENZI, meglio dire (forse) il
fatto che egli prenda tempo, in attesa della riforma della Governance, in arrivo con la
riforma costituzionale.
I.- PREMESSA. Dato il riesplodere del contrasto tra la UE
(Juncher, PPE, Commissione Europea) e lItalia (RENZI, Padoan), il primo pensiero
corre a TSIPRAS il greco. Anche allora la UE molto sopportò
, finchè alla
fine (con un semplice gioco da ragazzi) buttò il "birillo" fuori dal tavolo.
Quel gioco fu di chiudere a tutta la Grecia i rubinetti della liquidità. Forse ancora
ricordiamo quel vecchietto che piangeva, in piazza, per non poter avere la sua pensione.
La sorte di Renzi (e di tutti noi) sarà la stessa, se non si fa una precisa
scelta, tra:
a) restare nellEuro e rispettarne i trattati, secondo cui il debito
non può superare il 60% del PIL. Limpegno decorreva dal maggio 1998 (Trattato di
Amsterdam,1997, che applicava quello di Maastricht,1992), ma la prima tabella, sopra,
mostra che il debito lItalia (130% del PIL) è tuttora in testa insieme con
Portogallo e Belgio.
b) uscire temporaneamente dall'Euro, e recuperare la Lira (in affiancamento
all'Euro), per risolvere i problemi del debito nel modo classico ( inflazione) e con il
taglio delle imposte per rimettere in piedi il settore privato, visto che lo Stato non è
più capace di funzionare per i troppi impegni. Ma andiamo per gradi, seguendo le due
ipotesi.
II.- PRIMA IPOTESI: RESTARE NELL'EURO. Già Monti volle restare
nellEuro e, acconsentì alla UE di fare lo strozzamento fiscale dellItalia. Ma
non considerò che lo Stato non era capace di spendere il maggior gettito fiscale in tempo
reale, per cui la manovra risultò restrittiva oltre le aspettative. Cè, infatti,
un teorema della Scienza delle Finanze (teorema di Haavelmo) secondo cui una spesa
aggiuntiva (bilanciata da entrata di pari ammontare) genera (in una gradualità temporale)
un aumento del PIL nominale, pari alla spesa aggiuntiva. Il presupposto è che la
propensione marginale alla spesa (da parte dello Stato sia pari al "100%",
mentre quella dei privati cittadini sia "minore del "100%".
Ma per lo Stato italiano, la capacità di spesa pubblica in tempo reale
e intorno a "70%-80%" del gettito fiscale ( minore di quella dei privati:
"80-90%" del reddito ). Pertanto quella manovra fu gravemente restrittiva e
determinò il tracollo del settore privato (i casi di imprenditori suicidati sono nella
nostra memoria), e il debito è anzi aumentato.
Né alcuno, credo possa plaudere alla famigerata lotta alla evasione fiscale,
visto che colpisce gli "evasori secondo la legge", a prescindere se abbiano
ancora "capacità contributiva" reale (art. 53 della Costituzione). E che dire
dellIMU sulle seconde case, il cui imponibile è maggiore della "rendita
catastale" ?
Ciò considerato, ritengo che il solo scenario valido (per la crescita) sia
puntare sul settore privato (rilancio degli investimenti privati), preso atto che il
nostro Stato non è in condizioni di svolgere le sue funzioni (avendo un bilancio
impegnato su tutto, e nulla disponibile sui problemi nuovi).
Come partire da un progetto preciso sul debito.
a) LItalia cosa ha fatto finora, per abbattere il debito
pubblico ? Storicamente il grande debito è nato con la spesa pubblica per fare
guerre: così fino al 1945. Invece, nell'Italia della fine degli anni '70, il grande
debito è nato per motivi sociali (completare le grandi infrastrutture autostradali,
ferroviarie, portuali, energetiche, fare le scuole e gli ospedali dappertutto
, più
extra-tangenti ai partiti).
Ma, in corso dopera, in quegli stessi anni, c'è stato anche un grande
allargamento del settore pubblico:
- creazione delle Regioni a statuto ordinario;
- delega di gestione della sanità alle Regioni;
- aumento den numero delle imprese municipalizzate;
- totale carico della spesa degli enti locali sul bilancio dello Stato (era stato
abolito il potere fiscale locale).
Dal punto di vista della Scienza delle Finanze, a fronte di spese
straordinarie, un Governo opta per il debito se, per i cittadini, una imposta
straordinaria di grande ammontare più onerosa (nel senso che, egli dovrebbe indebitarsi a
tassi di interesse maggiori di quelli possibili allo Stato o finanche dover svendere il
patrimonio per pagare l'imposta straordinaria).
Ma (come farebbe un comune cittadino per bene) si deve creare un fondo di
ammortamento, alimentato da una imposta ordinaria, annuale, pari alla rata di
ammortamento del debito, per tutta la durata del debito (25-30 anni ?) .
Oggi, nel caso dellItalia, per ammortizzare tutto il debito ( 2.200
miliardi) in 25 anni:
- al tasso di interesse del 3%, la rata annuale dovrebbe essere di 126 miliardi
allanno (pari al 5,72% del PIL);
- al tasso di interesse del 5%, la rata annuale dovrebbe essere di 156 miliardi
allanno (pari al 7,1% del PIL).
Volendo ammortizzare solo il debito eccedente il 60% del PIL, le suddette cifre si
dimezzebbero. Non sono cifre impossibili se la pressione fiscale non fosse già molto alta
(nel 2015, è stata il 45% del PIL in media, e il 65% per le imprese.
(Continua sotto). |
(Continua Luciani).
Dal punto di vista politico (vale dire, del governo che fa il
debito), il debito genera un vantaggio in termini di voti, grazie alla popolarità della
spesa, mentre limpopolarità della imposta viene caricata sui governi futuri, che
dovranno pagare il debito: dunque non c'è bilanciamento delle relative responsabilità.
La tabella sopra riportata ci informa che il grande debito scoppiò nel 1981.
Ma non è stato mai creato un Fondo di ammortamento, finanziato da una imposta
ordinaria, anzi la regola è stata di pagare il debito in scadenza accendendo nuovo
debito.
Tuttavia, nel mezzo del periodo 1972-2015, qualcosa è stato fatto :
a) Un primo modo positivo, nel 1973-1985 (quando
lItalia disponeva del potere monetario) è stato di cancellare tutto il debito
precedente, svalutando la Lira. Infatti i prezzi aumentati dal 10% al 21% nel periodo
1973-85, come già si fece nel primo dopo-guerra .
Ma, in parallelo, in quegli stessi anni, anche un modo contraddittorio,
quello di allargare il settore pubblico (si vegga sopra) come questo sia esonerato dalle
buone regole, così che il debito riprese alla grande, anche causa la coincidenza dei
tassi di interesse sopra il 20% ( data lalta inflazione, il tasso si sconto arrivò
fino al 19%,1981).
Il risultato fu che il debito risalì, come è descritto nella terza tabella.
b) Un secondo modo positivo, nel 2003, è stato la istituzione di un
Fondo di ammortamento, da alimentare con il ricavato dalla vendita degli immobili dello
Stato.
Ma dalle relazioni del Ministero delle Finanze risulta che lintroito ha
ammortizzato il debito per soli 170 miliardi in 19 anni (1995-2015).
Dal punto di vista politico dei governi in carica, cè stato ancora una volta
un vantaggio in termini di voti, considerato che introitare soldi dalla vendita di
immobili (a basso prezzo) crea voti, non bilanciato dalla impopolarità fiscale.
3.- La sorte del governo RENZI e la retta via per affrontare il debito. Renzi,
ultimo governo arrivato, si trova col cerino in mano. Un comune cittadino che paga le
cambiali con nuove cambiali, alla fine si espone al suicidio. RENZI dovrà suicidarsi ?
Fortunatamente per lui, questo non è necessario, perché il debito non grava su di lui
personalmente.
Ma nessuno s'illuda. Il monte di impopolarità da affrontare è talmente
grande, che con l'attuale governance non potrà che fare quanto hanno fatto i predessori:
vale dire rinviare e questo, oggi, ha nome "flessibilità".
Infatti il problema del debito comporta il taglio drastico della spesa
pubblica (non l'aumento delle imposte), e precisamente la riforma dello Stato (bilanciata
dal rilancio del settore privato produttivo).
Riformare lo Stato vuole dire mettere lo Stato in condizioni di svolgere i
suoi compiti fondamentali (sicurezza, difesa,...) ed i compiti sociali essenziali
(sanità, scuola,...), sgravando lo Stato medesimi da compiti che il settore privato
svolge meglio ed eliminando gli enti inutili. Precisamente:
- fare un solo ente intermedio tra Stato e Comuni (abolire le Regioni come enti
legislativi e trasformarle in enti amministrati sul modello delle Province abolite);
- privatizzare tutte le imprese pubbliche non strategiche;
- abolizione delle imprese municipalizzate, un veicolo dei Comuni per vantaggi
illeciti ai politici e burocrati locali (salvare quelle per l'acqua e il gas domestico)
- abolizione degli enti doppioni, per le stesse funzioni
- revocare la delega di gestione della sanità alle Regioni.
Ma questo presuppone che il governo abbia forza, cosa che rende necessaria,
prima, la riforma costituzionale della Governance.
4) Il governo non ha poteri sufficienti per compiti così onerosi. Infatti, allo
stesso modo dei predecessori:
- il Presidente del Consiglio vive sulla fiducia del parlamento (due camere), per
cui è sotto il ricatto quotidiano dei gruppi e partitini della sua maggioranza, che
chiedono vantaggi, pena la sfiducia;
- il Presidente del Consiglio non può dimettere i ministri, se tradiscono le sue
direttive;
- il Ministro del Tesoro conta più del Presidente del Consiglio.
Renzi, se ci provasse a farlo ora, susciterebbe la rivolta dei partiti (prima,
del suo PD) e poi di tanti comuni cittadini abituati a vivere di "spesa
pubblica". Dunque sarebbe sfiduciato, come tutti governi passati. Le tabelle, sopra,
ci informano che lItalia è stata afflitta da grave ingovernabilità: 67 governi in
74 anni (1943-2015).
5) Conclusione. Per affrontare i problemi finanziari fondamentali, il
presupposto è la riforma della governance, e questo allo scopo di avere governi non
ricattabili durante la legislatura, nellapplicare il programma approvato dagli
elettori.
a) Cosa fa Renzi per la governance ? Su questo punto, Renzi è in viaggio, e vi
è quasi riuscito con le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale già
approvata, che andrà in vigore il 1 luglio 2016. Di sicuro non mancherà, fino
all'ultimo, chi vorrà farlo cadere, e l'ultima speranza è il referendum costituzionale
di settembre 2016.
Le riforme di Renzi sono il minimo, rispetto a quanto si dovrebbe (ad es.,
repubblica presidenziale come in USA). Ma tantè che il meglio è nemico del bene, e
accontentiamoci, per ora).
b) Quale risultato finanziario ?
- la pressione fiscale dovrebbe essere ridotta al 35%, a cui aggiungere
grosso modo una imposta del 6% per la rata di ammortamento del debito.
- la spesa pubblica andrebbe ridotta, conseguentemente di pari ammontare (e dunque
essere ridotta al 40-41/ del PIL).
III.- SECONDA IPOTESI : USCITA TEMPORANEA DALL'EURO. Uscire
dall'Euro vuole dire rimettere la LIRA, come seconda moneta, affiancata all'Euro, a una
determinata parità, fermo che è impensabile labbandono dellUE, perché
è garanzia di "mai più guerre in Europa".
Ma questo non comporta accettare di morire di Euro (vedi lInghilterra).
Si potrebbe anche integrare il Trattato di Maastricht inserendo una modalità di
uscita temporanea (cosa mancante, come Draghi ha già chiarito) per delineare la modalità
della transizione dallEuro alla nuova Lira.
Fatto questo, lItalia provvederebbe a risolvere i problemi finanziari,
senza "dipendere" da Bruxelles.
In questo modo, ferme la riforma della governance, il progetto della riduzione
reale del debito avrebbe unarma alternativa che è la svalutazione monetaria.
Ad es., per un dimezzamento in 5 anni, sarebbe necessaria una svalutazione
della nuova moneta nellordine dell8% allanno.
Al tempo stesso, questa strada sarebbe un buon ossigeno per le esportazioni, ma
creerebbe problemi ai cittadini con reddito fisso.
Forse la strada, dentro lEuro, è quella meno peggio, associata alla strada
di Draghi del Qe, ma che dovrebbe realizzare una inflazione un
po più del 2%, accompagnata da una politica di indennizzo del reddito fisso.
Si potrebbe riformare qualcosa, a livello di riforma dei Trattati, ossia
centralizzando in UE:
- gli investimenti per le aree depresse della UE;
- certe garanzie comuni dal lato finanziario, al fine di controllare i mercati;
- dare alla BCE il potere di banchiere di ultima istanza nei confronti della UE
(non di singoli Paesi)
- prevedere una modalità per luscita temporanea dallEuro, per i Paesi
in impossibilità di pagare il debito (mai più quanto fatto alla Grecia, nellestate
2015).
TUTTAVIA: non si prenda sottogamba la tensione sociale che si
accompagnerebbe alla svalutazione. Si tratterebbe:
- del fatto che risparmiatori truffati insorgerebbeto, perchè si troverebbero con
un pugno di mosche in mano, ossia moneta svalutata) ;
- e che il sistema economico sarebbe sovvertito (in quanto, in caso di grande
inflazione: a) l'indice dei prezzi si apre a ventaglio, vale dire non rispettamente
le proporzioni precedenti; b) i fondi di ammortamento, azzerati).
La storia della Germania ci ricorda che la grande inflazione del 1924 generò il
nazismo.
Anche l'Albania ha avuto nel 1997 (con Berisha) grandi sommovimenti sociali.
In Italia conosciamo esperienze di svalutazione non seguite da rivoluzione:
- quella del primo dopoguerra;
- quella parziale degli anni '80, ma che non risolse la questione del debito, perchè si
persistette accendendo nuovo debito ai nuovi tassi di interesse (intorno al 20%).
IV.- Ultimo, ma non ultimo. Chi paventa la dittatura di RENZI si
metta il cuore in pace:
1.- L'Italia rimane una repubblica parlamentare, fondata sulla fiducia del
parlamento;
2.- A riforma conclusa, tutti i riformatori finiscono male (hanno l'ostilità
degli amici, percheè esautorati; conservano l'ostilità dei nemici, per ragioni di
bandiera). Vedi Gorbaciov, Mario Segni, ... |
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RIPROGETTARE
LA UE ?
PARTE I - Punto di vista monetario
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MERKEL: "Facciamo una UE a due velocità" |
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DRAGHI: "Un concetto forse non ancora tutto sviluppato" |
LUCIANI: Quali possibilità ha RENZI, di un ritorno per dare un
contributo alla nuova UE ? Direi che il nodo stia nel convincere di aver un programma, che
risolve i nodi dello Stato e degli Enti Locali, e rilancia la libertà dei privati, di
produrre (abbassando le tasse del 15% del PIL).
In Italia il settore pubblico è decotto, e va ripensato come spesa.
Quella cosidetta lotta all'evasione fiscale è una pianta malevola,
perchè non si è mai risolta nel ridurre le tasse per chi le paga. |
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Nino Luciani, Le premesse, per capirne
qualcosa, di questi progetti
PARTE I - Punto di vista smonetario |
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1) Cosa vuol
dire UE a due velocità ? Preso atto che, economicamente, la UE si
identifica in un mercato unico con una moneta unica, la possibilità di due velocità
vuole dire un mercato unico delle merci e dei capitali, ma con più monete e più mercati
monetari.
a) Nella UE veloce, ci starà solo l'EURO, governato dalla BCE;
b) Nella UE lenta ci saranno tante monete, quanti i paesi usciti dall'Euro, e ci saranno
tanti cambi tra Euro e ognuna du queste monete, e tanti cambi tra le monete non Euro.
c) Rinasceranno le banche centrali, in ognuno dei Paesi usciti dall'Euro
2) Saranno possibili più monete ? Sarà
possibilissimo, se vi si arriva consensualmente; più complicato se unilateralmente.
A proposito della Grecia, la uscita ci sarebbe già stata se la BCE non avesse
strozzato la Grecia, tagliando i rubinetti della liquidità (si ricorderà quel vecchietto
in piazza che piangeva per non poter incassare la sua pensione).
Sia chiaro che la strozzatura ci fu perchè Tsipras non aveva, preventivamente, ri-creato
la Dracma. E, infatti, anche adesso qualunque Paese potrebbe uscire dall'Euro, se avesse
già pronta una propria moneta (vedi REGNO UNITO)
Meglio sarebbe una uscita concordata ? Non lo so fin a quanto.
Ci sarebbe, nei Paesi in uscita, il problema di una riserva monetaria in Euro,
Dollaro,... che (d'intesa con la BCE) sarebbe agevolata (ad es., gli attuali Euro,
distribuiti tramite la B.d'I., potrebbero essere attribuiti all'Italia. E c'è anche il
FMI, ...
Forse una uscita concordata e programmata avrebbe qualche vantaggio del Paese
uscente, nei confronti dei Paesi non europei, perchè si potrebbe salvaguardare la
cintura doganale unica del 10%.
Non solo questo. Sarebbe possibile e opportuno istituire:
- un Fondo UE per la stabilizzazione delle monete, quanto al cambio tra l'Euro e le
monete uscite (tipo FMI);
- un Fondo UE per i problemi economici di tipo strutturale, aventi un riflesso
sulle bilance dei pagamenti (tipo BIRSS).
3) Ma Draghi dice che "le due velocità" sono
"un concetto forse non ancora completamente sviluppato".
La forza di Draghi sta nel potere usare l'EURO come moneta di ultima istanza nel
caso estremo di situazioni finanziarie sovrane in pericolo di default.
Più problematica è situazione di debolezza dell'Euro, in caso di futuri disavanzi
strutturali UE della bilancia commerciale (e dei pagamenti internazionali).
Tuttavia le monete non hanno mai retto, se non sorrette dai mercati delle merci e
dei capitali reali. Infatti, nel modello macroeconomico il flusso del reddito è circolare
a doppio circuito: la moneta circola in un senso e i beni in senso opposto, in modo che
tra moneta e merci si realizzi un interfacciamento continuo. In particolare, è
determinante il grado di equilibrio della bilancia dei pagamenti dellla UE in Euro, e che
attualmente si direbbe solido (e lo sarà, finchè i Paesi mediterranei stanno in piedi,
in qualche modo).
Questo vuol dire che DRAGHI non può illudersi, oltre un certo segno: in questo
occorre preoccuparsi per tempo delle situazioni dei paesi mediterranei. Dunque gli attuali
squilibri finanziari strutturali restano una minaccia.
4) In caso di uscita, cosa potrebbe accadere per gli
squilbri strutturali ? Sicuramente si potrebbe smantellarli in poco tempo
mediante la svalutazione, ma con pericoli gravissimi per le democrazie. Nel senso che,
come è avvenuto nel primo dopoguerra, chi aveva risparmiato un soldo, si è trovato in
mezzo alla strada privato di ogni potere d'acquisto. |
Memento che
l'avvento del nazismo, in Germania, fu il frutto della grande svalutazione del marco
(1924), studiata da C.Bresciani Turroni, a suo tempo.
4) Il caso dell'Italia. I problemi strutturali finanziari sono notevoli.
Dunque, conviene uscire dall'Euro e svalutare ?
Forse si potrebbe uscire, se l'idea è realisticamente (anche nel senso di
evitare rivoluzioni) svalutare al ritmo del 5% all'anno per 5 anni, per un totale del 30%,
e corrispondentemente adeguare le aliquote fiscali al ribasso.
L'alternativa sarebbe non uscire e fare le riforme strutturali, a cui il
governo RENZI è risultato assolutamente inadeguato.
Tutto quello che RENZI ha saputo fare è vivere alla giornata, insultare la
UE per colpe della Italia, ma girate gratis sulla UE.
Precisamente il pensiero di RENZI (e di PADOAN, suo Ministro dell'Economia)
è che la economia riprenda solo con politiche di spesa pubblica aggiuntiva. Ma ciò
ignoro che i potenziali maggiori ricavi delle imprese (derivanti da questa spesa pubblica
aggiuntiva) non scalderebbe un dente all'imprendiore, se il fisco si porta via il 65% del
potenziale maggore utile.
Purtroppo la macro-economia, tuttora insegnata nelle università, è
quella teorizzata per gli anni '30, quando la spesa pubblica si aggirava intorno al 30-33%
del PIL, ed effettivamene c'era spazio per una espansione del settore pubblico, capace di
fare aumentare il PIL.
Oggi, il settore pubblico è ampiamente improduttivo e il gettito fiscale non serve
solo a finanziare le infrastrutture e i servizi pubblici e sociali necessari, ma anche
(troppo) a creare profitti esagerati ai politici. La ruota che gira tuttora è la
grande ruota del centro-sinistra avviata nel 1961. Essa ha continuato a girare
correttamente fino alla fine degli anni '70, dopo di che quella ruota ha preso dimensioni
gigantesche, con la espansione abnorme del debito pubblico.
E adesso nessuno vuole rinunciare ai privilegi conquistati, e siamo
sull'orlo dell'abisso ogni giorno, come se siamo avvisati dalla ricomparsa dello spread
tra bond italiani e bond tedeschi.
Quella cosidetta lotta all'evasione fiscale è una pianta malevola,
perchè non si è mai risolta nel ridurre le tasse per chi le paga.
5) Domanda: RENZI si è mai posto il problema di come
affrontare la situazione strutturale di fondo dell'Italia ?
Direi proprio di no e, con lui, le sue ministre, sprovvedute di ogni
preparazione professionale e di memoria storica.
Con tutto questo, penso che RENZI non abbia nessuno possibilità di tornare, se non
si ritira in convento per studi intensivi sullo Stato e sulla Economia e Finanza Pubblica,
per poi presentarsi con un programma "lacrime e sangue".
6) Quale programma ? Se si esclude l'uscita
dall'Euro, ill criterio è che per generare socialità, devi (prima) produrre. E siccome
lo STATO oggi non ha più capacità di produrre (lo vediamo dalle sue SpA, a
capirale pubblico, di maggioranza: ENI, ENEL, TERNA, POSTE,...), la retta via sta nel
liberare le imprese private dall'attuale giogo fiscale (calando le tasse, pari al 15% del
PIL).
RENZI, come farai ? Dovrai riordinare lo Stato, eliminando tutti gli enti
intermedi tra lo Stato e i Comuni, e dovrai anche riordinare i Comuni accorpandoli
obbligatoriamente, in modo che la dimensione minima non stia troppo sotto i 10.000
abitanti.
RENZI, ne vuoi qualche prova, per grandl linee ? Sotto, trovi due grafici che
raccontano cosa è successo nella storia d'Italia dal 1960: un lusso che dal 1975 non
possiamo permetterci.
TROVI che nel 1977-70 la burocrazia prendeva intorno ai 50 miliardi di Euro.
Dal 1990 la cifra è quadruplicata.
TROVI che dal 1977-79 (anni di entrata in vigore delle Regioni), trovi che
spesa pubblica è passata dal 33% al 46% del PIL.
Dovrai far tornare indietro le lancette dell'orologio. |
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MENTRE SI RI-DISCUTE
PER UNA NUOVA UE
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Tsipras: Mi arrendo |
|
Renzi: Basta politiche restrittive...
ma poi sbatte la testa |
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.
La
GRECIA di nuovo sotto il tiro della UE: avrà la metà dei finanziamenti promessi.
Non se parla perchè oscurata dall'ITALIA per motivi più o meno uguali e sotto REFERENDUM |
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IN GRECIA RIMANE UNA FASE DI
INCERTEZZA, CON L'ECONOMIA
SOFFOCATA, COME FU GIA' IN ITALIA CON LA CURA DEL GOVERNO MONTI
IOANNIS
VOGIATZIS *, I nuovi
dati statistici ci fanno vedere che lo Stato greco
ha avuto una piccola crescita negli ultimi 6 mesi con maggiori entrate fiscali
allo Stato, grosso modo 5,4 miliardi di euro, aggiuntivi. Per il resto, tutto resta
grigio. |
*Imprenditore
in Grecia |
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Ioannis Vogiatzis
|
LUCIANI, I dati dell'UFFICIO STATISTICO ELLENICO dimostrano
che la GRECIA è un Paese in avanzato stato socialista
(spesa pubblica pari al 55% del PIL), frutto dei lunghi governi del
Pasok. La retta via UE sarebbe il calo delle spese
pubbliche per gli enti inutili e, a ruota, il calo delle tasse per rilanciare il
settore produttivo. Inoltre la (madre)
UE dovrebbe caricare su di sè una parte del debito pubblico, per ridurlo al 100%
del PIL. |
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Anno |
Rapporto
deficit/pil |
Rapporto
spesa
pubblca/pil |
Rapporto
entrate pubbliche/pil |
Pil
a prezzi costanti (2012) |
Rapporto
Export/pil |
Rapporto
Import/pil |
Rapporto
occupati
/popolazione |
Rapporto
debito pubblico/pil |
Rapporto
disavanzo estero/pil |
Reddito
pro-capite
a prezzi costanti (2012) |
2002 |
6,0% |
45,79% |
39,77% |
157,578 |
20,11% |
30,23% |
40,27% |
108,3% |
10,12% |
14.310 |
2003 |
7,8% |
46,59% |
38,76% |
172,292 |
18,54% |
29,64% |
40,76% |
103,9% |
11,10% |
15.621 |
2004 |
8,8% |
47,61% |
38,78% |
187,262 |
20,70% |
29,19% |
41,79% |
105,09% |
8,48% |
16.997 |
2005 |
6,1% |
45,56% |
39,37% |
194,154 |
21,31% |
29,58% |
41,98% |
106,6% |
8,27% |
17.540 |
2006 |
5,9% |
45,11% |
39,17% |
209,724 |
21,17% |
31,67% |
42,63% |
103,5% |
10,50% |
18.897 |
2007 |
6,7% |
47,06% |
40,36% |
224,160 |
22,52% |
35,00% |
43,07% |
103,1% |
12,48% |
20.138 |
2008 |
10,1% |
50,81% |
40,64% |
231,055 |
23,36% |
35,96% |
43,51% |
109,4% |
12,60% |
20.702 |
2009 |
15,1% |
54,06% |
38,90% |
230,7259 |
18,98% |
28,76% |
43,19% |
126,7% |
9,77% |
20.639 |
2010 |
11,2% |
52,46% |
41,25% |
223,689 |
22,10% |
30,72% |
42,09% |
146,2% |
8,62% |
20.013 |
2011 |
10,2% |
54,23% |
43,99% |
204,628 |
25,53% |
32,30% |
39,28% |
172,0% |
6,77% |
18.347 |
2012 |
8,8% |
55,26% |
46,44% |
191,204 |
28,68% |
33,13% |
36,95% |
159,6% |
4,44% |
17.211 |
2013 |
13,0% |
62,03% |
49,02% |
184,320 |
30,35% |
33,16% |
36,16% |
177,7% |
2,81% |
16.673 |
2014 |
3,6% |
50,54% |
46,90% |
180,620 |
32,50% |
34,93% |
36,35% |
180,1% |
2,43% |
16.420 |
2015 |
7,2% |
55,44% |
48,18% |
176,893 |
31,91% |
31,77% |
36,69% |
176,9% |
0,00% |
16.148 |
|
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In queste immagini,
si ipotizza che
TSIPRAS e RENZI
si parlino
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Anno |
Deficit
di bilancio |
Spesa
pubblica |
Entrate pubbliche |
Pil a prezzi correnti |
Export |
Import |
Occupati
(migliaia) |
Turisti stranieri
(migliaia) |
Popolazione
(migliaia) |
2002 |
9,847 |
74,860 |
65,013 |
163,461 |
32,877 |
49,424 |
4.434 |
14.180 |
11.011 |
2003 |
14,009 |
83,355 |
69,346 |
178,905 |
33,177 |
53,037 |
4.495 |
13.969 |
11.029 |
2004 |
17,101 |
92,237 |
75,136 |
193,716 |
40,115 |
56,546 |
4.604 |
13.313 |
11.017 |
2005 |
12,329 |
90,778 |
78,449 |
199,242 |
42,463 |
58,953 |
4.646 |
14.765 |
11.069 |
2006 |
12,954 |
98,292 |
85,338 |
217,862 |
46,130 |
69,010 |
4.731 |
16.039 |
11.098 |
2007 |
15,607 |
109,528 |
93,921 |
232,695 |
52,403 |
81,453 |
4.795 |
16.165 |
11.131 |
2008 |
24,606 |
122,957 |
98,351 |
241,990 |
56,533 |
87,039 |
4.856 |
15.939 |
11.161 |
2009 |
35,990 |
128,412 |
92,422 |
237,534 |
45,089 |
68,319 |
4.829 |
14.915 |
11.179 |
2010 |
25,333 |
118,586 |
93,253 |
226,031 |
49,958 |
69,452 |
4.705 |
15.007 |
11.177Un |
2011 |
21,205 |
112,282 |
91,077 |
207,029 |
52,866 |
66,889 |
4.381 |
16.427 |
11.153 |
2012 |
16,870 |
105,675 |
88,805 |
191,204 |
54,845 |
63,353 |
4.105 |
15.518 |
11.109 |
2013 |
23,503 |
112,068 |
88,565 |
180,654 |
54,835 |
59,915 |
3.997 |
17.920 |
11.055 |
2014 |
6,476 |
89,939 |
83,463 |
177,941 |
57,837 |
62,171 |
3.999 |
22.033 |
11.000 |
2015 |
12,757 |
97,749 |
84,662 |
175,697 |
56,074 |
55,821 |
4.020 |
23.600 |
10.954 |
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Ioannis
Vogiatzis. I nuovi dati statistici ci fanno vedere che lo Stato greco ha avuto
una piccola crescita negli ultimi 6 mesi con maggiori entrate fiscali allo Stato, grosso
modo 5,4 miliardi di euro, aggiuntivi. La gente paga quello che deve pagare e il governo
e' soddisfatto per questo.
Va comunque precisato che questa piccolissima crescita si vede solamente
presso le imprese piccole.
Invece le grandi imprese soffrono e sono tantissime quelle che hanno chiuso.
La crescita continua ad andare molto lentamente e noi imprenditori non
aspettiamo dei miracoli.
Vorrei fare un paragone di questo governo di Tsipras con l' ex governo di
Samaras. Direi che la crescita dello 0,1% di quest anno sia piu' importante e migliore
della crescita del 2% del Governo di Samaras.
Specialmente per le piccole imprese, questo fa vedere una dis-analogia di
numeri e del punto di riferimento da quale la stiamo guardando.
Questo fa anche vedere che alla fine le riforme di Tsipras hanno avuto piu'
risultati di quelli di Samaras, pur se hanno fatto anche male al "settore privato
alto". uindi la realta' dell'economia fa vedere che, prima, bisogna aspettare prima
che si facciano riforme e riforme; e, dopo, giudicare se l'indicatore dell' economia
corrisponde alla realta' economica pragmatica.
Il problema e' quanto aspettare ancora, dopo 7 anni di crisi, che le cose
cambiano davvero verso il meglio. Il fattore tempo rispetto anche su come si e fatto lo
stato greco e specialmente il suo settore privato dovevano dall' inizio fare pensare bene
alla squadra della troika come agire e cosa fare.
Se fossero dei cambiamenti diversi nel settore privato e se fosse un forte
sostegno potremmo ora parlare di una crescita decisamente piu veloce.
Non vorrei fare affidamento alle privatizzazioni che in corso, e ai
nuovi fondi che si troverebbero con esse .
Ho sentito tante volte domandare cosa, alla fine, vuole essere lo
Stato greco. Vuole essere un paese che si va avanti in base al turismo e agricoltura,
oppure vuol essere un paese magari piu' produttivo?
Sono della opinione che non dobbiamo giudicare qualsiasi cosa che si
fa ora, anche se ha un risultato positivo e porta piu' soldi allo Stato e diminuisce anche
la disoccupazione . Forse e' meglio lasciare le cose cosi' come sono e aspettare quanto
sia grande il risultato.
Rinviando il giudizio, troveremo la creazione anche di nuove imprese e un
aumento anche della concorrenza che fa bene per l economia. Per ora ritengo che non abbia
abbia senso parlare di patriottismo e fare delle discussioni su le cose in cui ci
appartengono o no. Sono contrario. |
Nino
Luciani. A supporto delle considerazioni dell'imprenditore greco VOGIATZIS, viene
presentato (qui sotto) un quadro di elementi della struttura macro-economica della Grecia,
che permette di far luce sulla effettiva situazione greca e se se c'è una via di uscita
dalla crisi.
Le riflessioni dell'imprenditore VOGIATZIS sono pessimistiche.
Poi, dall'esame dei dati, si trae che la Grecia è un Paese in avanzato
stadio di socialismo, frutto delle politiche del PASOK a lungo al governo, e adesso
ereditato da TSIPRAS, anch'egli socialista, sia pure di un altro partito. In Grecia la
spesa pubblica è il 55% del PIL, come in Italia, altro Paese in avanzato stadio di
socialismo, frutto dei lunghi governi di centro-sinistra (1961-92).
I dati mostrano che il popolo greco ha molto sofferto, consideratp che la
popolazione è calata di 225.000 unità, dal 2010 al 2015.
Unico supporto positivo è stato il turismo.
In Grecia, si è confermato che puntare a pareggiare i conti aumentando le
tasse è una follia, così come lo fu in Italia con il governo Monti. E il motivo più
drammatico è che lo Stato non è capace di spendere in tempo reale: vale dire, il
prelievo fiscale rimane congelato uno, due anni prima di tormare in circolo.
Purtroppo un socialista (come Tsipras, o il nostro Renzi) non capirà mai
che il socialismo non si fa con i bruscolini, e che solo Paesi coma la Norvegia se lo
possono permettere grazie al petrolio, che "gli esce dalle orecchie".
La Grecia ( reddito medio 16.000, metà di quello in Italia) dovrebbe
soprattutto preoccuparsi di incentivare il numero delle imprese, obiettivo realizzabile
solo se le tasse sono basse.
Ma per fare questo si devono eliminare gli enti inutili (in Italia, le
Regioni), restringendo il socialismo ai servizi pubblici veramente importanti, e al
sostegno delle fasce più deboli.
Vorrei accompagnare questa riflessione con un brano del Vangelo, che dice:
"Quod superest, date pauperibus".
Questo indirizzo è stato sempre interpretato come riduttivo del
socialismo. Invece esso è la premessa fondamentale per arrivare, più tardi, al
socialismo.
Infatti, il superfluo è ciò che resta dopo avere assolto alle esigenze
importanti della vita, e che per una impresa sono quelle di assicurare gli ammortamenti e
le innovazioni per restare sul mercato, vincendo la concorrenza. Da qui derivano, poi, il
lavoro e quant'altro, compreso pagare le tasse perchè lo Stato faccia le strade, la
scuola, gli ospedali e quant'altro. |
|
.LE CIFRE DI PIU' SOPRA, TRASFORMATE IN GRAFICI |
.
RENZI si
coalizza contro la UE, con i Leader UE del Mediterraneo: NO
AUSTERITY
e vuole una manovra espansiva con la nuova legge di bilancio
|
AL TEMPO STESSO RENZI CHIEDE UN SI'
alla SUA RIFORMA COSTITUZIONALE
perchè l'Italia abbia governi più stabili,
.
ma tace sulle future riforme strutturali (fisco, Regioni...),
essenziali per il successo di una politica espansiva.
Cominciamo dal risvegliare
il CETO MEDIO, con meno tasse
.
Però la UE sbaglia se è solo interessata al pareggio del bilancio |
|
LUCIANI: Una politica espansiva non
può funzionare se il fisco taglieggia l'utile di impresa (in Italia: 65%,
senza corrispondenti
servizi pubblici). Non vale, poi, dare bonus e detrazioni fiscali, se sono recuperati su
altre voci, così che il totale fisco non cambia.
Negli Stati Uniti la politica espansiva per gli investimenti ha successo perchè
la tassazione degli utili d'impresa è la metà.
Più coerente (pur se sbagliato) sarebbe per il PD ampliare il socialismo attuale, o
adottare il socialismo di mercato dei Cinesi.
Sbagliata la persecuzione fiscale sul ceto medio, a cominciare dal 2006 (Governo Prodi: Clicca su ceto
medio, musica ) |
|
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|
|
La
Carta di Atene per il futuro della UE
Firmata da Francia, Grecia e Cipro, Italia,
Malta, Portogallo e Spagna il 9 sett. 2016
(Nostra traduzione libera. Per l'originale in inglese:
http://primeminister.gr/2016/09/09/15173
)
Noi, i capi di Stato e di governo della Repubblica di Cipro,
Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna, ci siamo riuniti ad Atene, con
l'obiettivo di migliorare la nostra cooperazione e di contribuire al dialogo sul futuro
dell'UE .
Sottolineiamo il nostro forte impegno per l'unità europea e la nostra ferma
convinzione che, agendo insieme, i nostri paesi sono più forti ed cittadini europei sono
in una posizione migliore per controllare il loro futuro.
Noi rispettiamo il desiderio del popolo britannico espresso nel recente referendum. La
notifica dell'intenzione del Regno Unito di recedere dal UE dovrebbe essere fatto il più
presto possibile. In futuro, speriamo di avere il Regno Unito, come uno stretto partner
dell'UE.
Siamo convinti che l'Unione europea abbia bisogno di un nuovo impulso al fine di
affrontare le sfide comuni che gli Stati membri si trovano ad affrontare, sostenendo i
propri valori di libertà, democrazia e Stato di diritto, così come la tolleranza e la
solidarietà.
Questa visione dell'Europa deve basarsi su misure concrete che contribuiranno alla
sicurezza dei cittadini europei e di migliorare la loro vita, affermare il ruolo globale e
regionale in Europa, migliorare il funzionamento delle istituzioni europee e di assicurare
la loro responsabilità democratica. Cultura e l'istruzione devono essere al centro delle
azioni europee, in questo quadro.
Inoltre, crediamo fermamente che, nell'interesse di Europa come un
tuttuno, il nostro progetto comune europeo sia basato su una visione del
Mediterraneo come una regione di pace, stabilità e prosperità
Noi crediamo che il (prossimo, ndr) vertice informale a Bratislava il 16 settembre
dovrebbe gettare le basi politiche di questa nuova visione, delle priorità fondamentali
per il futuro, così come di un ordine del giorno con iniziative concrete da adottare.
In questo contesto, i nostri paesi propongono le seguenti priorità e le misure:
1. Garantire la sicurezza interna ed esterna dell'Europa
L'UE deve rafforzare la nostra capacità di garantire la sicurezza dei nostri cittadini
e il nostro territorio e fa vivere la nostra responsabilità di rispondere alle crisi e di
agire per la pace e la stabilità nel nostro ambiente e nel mondo, a sostegno di una
politica di sicurezza e di difesa comune e nel pieno rispetto della Carta delle Nazioni
Unite. A questo fine, abbiamo bisogno di aumentare la nostra cooperazione ed i nostri beni
comuni nei settori della sicurezza e della difesa, in uno spirito di solidarietà.
Il rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale degli stati, così come
l'inviolabilità delle frontiere deve restare principi fondamentali per l'UE.
A questo proposito, sosteniamo il processo di negoziazione, per una soluzione equa,
praticabile e globale della questione di Cipro, senza malleverie (guaranties), basata
sulle rilevanti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, e sullo status di Cipro
come uno Stato membro dell'UE. In particolare, l'Unione europea dovrebbe:
|
Assicurare la protezione delle sue frontiere
esterne, attraverso controlli sistematici, le tecnologie necessarie, l'interconnessione
delle banche dati e l'effettiva istituzione della frontiera europea e della guardia
costiera entro la fine dell'anno; rafforzare decisamente la cooperazione per la
lotta al terrorismo, fornendo gli strumenti necessari, in particolare nei settori della
polizia e della giustizia, nonché lo sviluppo della cooperazione per affrontare il
fenomeno della radicalizzazione, incluso (attraverso la promozione di una iniziativa
concreta) lattivazione di investimenti di rigenerazione, della pianificazione e di
politiche adeguate per le periferie dei centri urbani europei. La condivisione delle
informazioni dovrebbe essere rafforzata, in particolare con la creazione di una
piattaforma dedicata, in tempo reale, e lo scambio multilaterale. Noi rafforzeremo anche1
la cooperazione con i partner mediterranei;
Ri-energizzare la sua politica estera e di sicurezza in linea con la strategia
globale per la guida strategica e aumentare iniziative diplomatiche per la risoluzione dei
conflitti e gestione delle crisi, tenendo anche in considerazione le lezioni imparate;
Sviluppare le capacità militari europee e l'industria della
difesa, al fine di raggiungere l'autonomia strategica, in particolare attraverso un
programma di ricerca europeo e di un fondo per la sicurezza e la difesa e impostare
progressivamente una capacità di pianificazione e di condotta dell'UE per le missioni
PSDC europei e le operazioni. Dovrebbe essere effettuato una applicazione piena del Trattato di Lisbona. |
2. Rafforzare la cooperazione nel Mediterraneo e con i paesi africani
Le partnership tra noi nel Mediterraneo, e quelle con i paesi africani, sono
essenziali per la nostra sicurezza comune, la stabilità e la prosperità. L'UE dovrebbe:
|
aumentare la cooperazione e il finanziamento al fine
di sostenere gli sforzi dei nostri partner per garantire la propria sicurezza, per la
lotta contro l'immigrazione irregolare e di favorire il loro sviluppo economico;
In particolare, aggiornare la dimensione esterna della politica migratoria dell'UE e
integrarla nella azione esterna e di sviluppo dell'UE. Su questa base, e tenendo conto del
piano d'azione di La Valletta e di altri quadri di riferimento, gli sforzi (per accrescere
il partenariato in materia di migrazione e concludere patti con i paesi di origine e di
transito) devono essere rafforzati e adeguatamente finanziati;
Migliorare gli sforzi diplomatici per
risolvere le crisi e per contribuire alla pace e alla stabilità nel suo vicinato. |
3. Promuovere la crescita e gli investimenti in Europa.
L'Europa deve mantenere la sua promessa di prosperità e di giustizia sociale.
Abbiamo bisogno di più crescita e più investimenti per superare la crisi economica, creare
posti di lavoro, proteggere il nostro modello sociale e preparare il futuro delle nostre
economie. Siamo determinati a difendere l'acquisito sociale europeo e per promuovere la
coesione sociale e la convergenza.
Affermiamo il nostro impegno nei confronti del processo di integrazione europea
e lo sviluppo sostenibile dell'Europa sulla base della crescita economica equilibrata,
della stabilità dei prezzi, e di un'economia sociale di mercato
altamente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale. In
particolare, l'UE dovrebbe:
|
promuovere gli investimenti raddoppiando la
capacità di finanziamento del Fondo europeo per la strategica per gli
investimenti ( "Piano Juncker"), concentrandosi sulle priorità chiave
come l'economia digitale, progetti a basso tenore di carbonio per l'energia, comprese le
interconnessioni energetiche e di trasporto, le infrastrutture così come la ricerca e
formazione. Il problema delle strozzature, ove esistano, deve essere indirizzata
al fine di promuovere gli investimenti e favorire la crescita economica, a beneficio di
tutti i cittadini.
Dovrebbe essere integrato da politiche europee il sostegno finanziario e di
investimento, tra cui il completamento della Unione Bancaria e gli incentivi per gli
investimenti a livello nazionale, così come le politiche e le normative per il mercato
unico digitale, l'Unione per la energia e una strategia industriale.
promuovere l'occupazione e il miglioramento condizioni di vita e di lavoro. A
tal fine abbiamo bisogno di portare avanti decisive riforme strutturali orientate alla
crescita, al fine di migliorare il funzionamento dei mercati, accrescere la competitività
e creare posti di lavoro.
Inoltre, i progetti di investimento negli stati membri con elevata
disoccupazione e progetti transfrontalieri di interesse comune europeo che favoriscono
l'innovazione e l'integrazione dei mercati, dovrebbero essere promossi.
combattere l'evasione fiscale, la pianificazione fiscale aggressiva così
come il dumping fiscale.
Lotta contro il dumping sociale,
affrontando le questioni relative alla frode, abusi e elusione delle norme. |
Dovrebbero essere fatti nuovi passi per aumentare la crescita, la
convergenza e la stabilità nella zona euro.
Il processo di ratifica dell'accordo di Parigi COP21 per l'UE ei suoi Stati
membri, deve essere accelerato in modo che diventino parti dell'accordo come della sua
entrata in vigore.
4. Rafforzamento di programmi per la gioventù
Abbiamo bisogno di iniziative più ambiziose a livello europeo per agevolare la
mobilità e l'accesso alla formazione e posti di lavoro per i giovani. L'Europa dovrebbe,
in particolare, estendere e amplificare l'iniziativa per l'occupazione giovanile e
ampliare il programma Erasmus.
5. Affrontare il problema della migrazione
La protezione effettiva delle frontiere esterne dell'Unione e la gestione
ordinata della politica di asilo e la migrazione costituiscono le principali sfide per il
futuro dell'Europa. Essa dovrebbe essere basata sul diritto internazionale e comunitario e
sui principi di solidarietà e responsabilità. Razzismo e xenofobia non possono essere
tollerati.
Una politica migratoria globale dell'UE dovrebbe comprendere:
|
Rendere il sistema europeo di asilo più efficace e
più convergenti, rivedendo il sistema di Dublino, sulla base dei principi di
responsabilità e di solidarietà, in particolare verso gli Stati in prima linea;
Intensificare il distacco di personale a FRONTEX e all'UESA per il sostegno dei sistemi di
asilo degli Stati in prima linea; attuare le conclusioni del Consiglio europeo per quanto
riguarda la necessità di accelerare il trasferimento, che sta ancora avanzando molto
lentamente; perseguire l'attuazione dell'accordo UE-Turchia, al fine di continuare a
prevenire le morti tragiche e flussi migratori nel Mar Egeo;
Sviluppare la nostra politica migratoria
combattendo contro l'immigrazione irregolare, stabilendo un forte riammissione e modalità
di ritorno, privilegiando la migrazione legale e le possibilità di mobilità legale e
affrontare le cause di migrazione irregolare. |
Sosteniamo la leadership di tutte le istituzioni europee. Siamo d'accordo di
continuare il nostro scambio sulle priorità per il futuro dell'Europa, nonché in materia
di cooperazione nel Mediterraneo.
Il 2 ° vertice dei paesi Ue del Mediterraneo si
terrà in Portogallo. |
(FONTE: Il Sole 24
ORE, 3 ott. 2016, pp. 1 e 5) Il sentiero stretto
della spesa pubblica, secondo Riccardo Sorrentino
Quanta spesa pubblica serve?
La discussione sui budget dei Paesi dellarea euro inciampa continuamente su questa
domanda. La più difficile, anche perché condizionata da considerazioni puramente
elettorali. Per i governi ne serve tanta, tantissima, e il sentiero in cui si muovono
appare sempre troppo stretto.
Per la Commissione - e la Germania, che dei conti in ordine ha fatto un imperativo
categorico - lo spazio a disposizione, tenuto conto delle deroghe, è invece sufficiente,
mentre lobiettivo del contenimento del deficit è prioritario.
La verità? Non è facile da individuare. Aumentare i consumi (acquisti e stipendi) e
gli investimenti pubblici - che sono solo una parte della spesa pubblica, intorno al 40%
in Italia - aumenta banalmente la domanda interna e il pil, di cui è parte. In questo
senso, la spesa pubblica può "gestire la domanda", ma questa non è crescita
economica, per la quale occorrono tecnologia (in senso molto ampio), capitale fisico,
capitale umano - listruzione è linvestimento pubblico migliore - e tante
nuove imprese.
Molti economisti - da Keynes in poi - ipotizzano però che ogni euro pubblico (comunque
speso!) si "moltiplichi", creando un aumento della domanda interna e/o del pil
di 1,5, forse due euro. Le ricerche per valutare lentità delleffetto sono
numerose, molto sofisticate e molto articolate, ma i risultati sono altrettanto variabili:
si passa da zero a quattro e torna in mente il vecchio adagio secondo cui se si torturano
abbastanza i dati, prima o poi qualcosa confesseranno. Ne emerge un monito: è un po
rischioso fare affidamento su queste valutazioni, meglio restare con i piedi per terra.
Non è difficile capire che molto dipende in realtà dalla composizione della spesa. Il
presidente della Bce, Mario Draghi, chiede infatti una struttura della spesa «orientata
alla crescita». Quanto vuole fare la Germania, con il suo margine di 15 miliardi, è
interessante: ricerca, istruzione, innovazione. Più la sicurezza, perché le spese
pubbliche non servono solo a far crescere leconomia, ma anche - anzi, soprattutto -
a fornire beni pubblici e a redistribuire le risorse a favore dei più deboli (compito nel
quale lItalia è particolarmente debole: è tra i paesi "più eguali"
prima dellintervento pubblico e "più diseguale" dopo).
Francia e Italia hanno scelto un percorso diverso: ridurranno le tasse sulle imprese,
che al 50-55% sono in realtà "pagate" dai dipendenti e in buona parte dai
consumatori. In questo caso cè il rischio che, in assenza di sufficiente
concorrenza, il beneficio vada soprattutto a profitti che somigliano molto a rendite: la
politica fiscale, senza vere riforme - sui mercati dei prodotti e dei servizi -, può
essere inutile o dannosa. Soprattutto quando il deficit va ridotto.
Ha però senso - con tanti compiti da svolgere e
in una situazione difficile come lattuale - lobiettivo di ridurre il deficit?
Per un paese molto indebitato sì: il debito alto di per sé potrebbe rallentare la
crescita. Senza contare una considerazione tutta politica. Un aumento del debito, o anche
solo laspettativa di un atteggiamento troppo indulgente, può mettere un paese
"nelle mani" dei mercati finanziari e spesso in quelle di investitori stranieri.
Per chi ritiene che una società debba rimanere libera da questi condizionamenti,
lobiettivo della scrupolosità fiscale vale decisamente gli sforzi. |
Nino Luciani, L'Italia
verso il referendum, ma senza obiettivi di riforme strutturali dichiarati da parte di
Renzi, anzi pasticci ... RIASSUNTO. La UE spera in un SI', per avere in Italia governi stabili, con cui
interloquire.... Ma non tutti gli Italiani capiscono ... Infatti, una manovra
espansiva non può avere effetti, se non è preceduta dal taglio della pressione fiscale
(-10%). In particolare, alle imprese medie e piccole non interessa avere maggiori utili,
se lo Stato ne prende il 65% con la tassazione; e questo parrebbe valere anche per le
grandi imprese, se la FIAT (FCA) ha trasferito la sede in Olanda... Ma
tagliare la fiscalità comporta tagliare (di conseguenza) la spesa pubblica. Si dovrebbe
cominciare dal trasformare le Regioni in ente amministrativo intermedio
unico tra lo Stato e i Comuni (e non più con potere legislativo).
1.- Premessa. Il SI' REFERENDUM non si lega con la NO
AUSTERITY. In questi giorni di presentazione della legge di stabilità 2017, RENZI è
tornato ad esercitarsi contro la UE: "no-AUSTERITY". Ma non manca chi ricorda
che la spesa pubblica è già molto alta (55% del PIL) e non c'è margine per aumentarla
(si vegga il testo di Sorrentino, qui a fianco).
In questo servizio mi propongo di dimostrare che, comunque, una manovra espansiva
(fondata sulla spesa pubblica) non può funzionare, a causa di alcuni gravi ostacoli
strutturali in Italia. Il maggiore è lalta pressione fiscale sulle imprese:
65% sull'utile.
Lo vediamo dal fatto che, dal marzo 2015, è in atto (senza risultati) la manovra
espansiva di DRAGHI (Qe, vale dire fabbricazione di carta moneta, che acquista a
valanghe titoli del debito pubblico, anche italiano, sul mercato secondario). Riprendo
questa tesi al punto 2, lettera b.
Questo fatto ci ricorda la carenza, da anni, dei Governi italiani sul versante
delle strozzature strutturali, e questo ci rimanda alla riforma costituzionale: più forza
e stabilità al governo (un solo voto di fiducia quello della sola Camera dei
Deputati) e più forza e coesione al parlamento (una sola camera perchè non più
frazionato tra 2 camere) ?
La UE ne sarebbe contenta: avrà anche in Italia un governo interlocutore
non traballino, e più responsabile nellaffrontare i problemi.
Ma RENZI sarà più responsabile verso la UE, o vorrà fare la fine di TSIPRAS o di
quel vecchietto che piangeva in piazza ad Atene, perchè (a causa della stretta monetaria
di DRAGHI) non poteva incassare la sua pensione ?
RENZI è risultato anche senza troppa veggenza. Qui va ricordato che il COMITATO
PER NO non ha raggiunto il quorum delle 500.000 firme, mentre il COMITATO PER IL SI' le ha
superate. Se RENZI non sosteneva questo COMITATO, la riforma sarebbe già definitiva senza
bisogno di Referendum .
I cittadini italiani non sono tutti convinti di votare SI al
Referendum.Tra i contrari ci sono i benpensanti, quelli che temono per limitazioni
della democrazia. Ma è forse utile ricordare che i Romani (del 500 a.C.) chiamavano
(dall'orto) Lucio Quinzio CINCINNATO ad assumere la dittatura. quando dovevano fare
la guerra, Finita la guerra, tornavano alla democrazia e CINCINNATO era rispedito
all'orto.
La riforma costituzionale italiana è molto meno di una dittatura: la
repubblica rimane parlamentare, sia pur con solo voto di fiducia (quella della Camera), e
rimane il controllo di legittimità costituzionale degli atti del Governo, da parte del
Presidente della Repubblica.
Tra i contrari ci sono anche quelli (soprattutto dentro i partiti) che temono di
perdere privilegi, perché il comando della immensa pubblica amministrazione italiana
permette a loro di lucrare molti profitti, come una qualsiasi impresa privata, anzi di
più perché i privati rispondono alle leggi, mentre i partiti si fanno le leggi su misura
e finanche leggi interpretative con decorrenza retroattiva.
La nuova Costituzione ha dei difetti ? Ne ha, ma (nella nuova
stesura) sarà più facile modificarla.
Storicamente, poi, è sempre esistito anche un filone di pensiero, secondo cui
lintervento pubblica fa guai, e quindi tutto va meglio se il governo funziona al
minimo. Altri ancora sono indifferenti a qualsiasi riforma: un governo vale laltro.
Ma tantè che anche in politica (non solo in fisica) esiste la
forza dinerzia e, questa volta (come ha detto più volte la UE), se un Governo
non interverrà davvero, lItalia andrà nel burrone, per forza di inerzia.
Ahimè, perché dovremmo votare SI al Referendum, anche se RENZI rimmarrà su
altra sponda ?
Penso che al momento il riformare la Governance dello Stato è comunque un passo
avanti necessario.
E penso che RENZI cadrà comunque vadano le cose. Anche in caso di vittoria del
SI', avrà nemici sia quelli che hanno perso privilegi (a partire dal suo partito), sia
quelli dell'opposizione, che gli rimarranno nemici per motivi di bandiera. (Così è
capitatp a Gorbaciov e a Mario Segni).
2.- Quale la retta strategia per l'Italia ? Per un quadro
di insieme (e per spiegare che, senza taglio delle tasse sulle imprese, ancha una manovra
espansiva fallisce), dobbiamo essere coscienti che, oggi, il potere politico in Italia
è bicefalo:
- il potere monetario è in mano alla UE;
- il potere fiscale è rimasto in Italia, e dunque il governo ha poteri su questo, non
sul primo.
a) Sul potere monetario. Qui lItalia può agire solo
mediatamente (ossia con il proprio voto dentro gli organi collegiali della UE, magari
coalizzandosi con altri), non con un corpo a corpo con la UE.
Sulla via della coalizione si sono mossi i Paesi firmatari dellla Carta di Atene
(riportata qui a fianco): Francia, Grecia e Cipro, Italia, Malta, Portogallo e Spagna. Ma
vediamo meglio, circa la dirittura di marcia.
Questi Paesi, per lunghi anni ispirati a programmi socialisti (tranne Malta,
e lItalia di destra, di Berlusconi) hanno accumulato un grande debito pubblico
(compresa lItalia dei governi Berlusconi) e mai hanno invertito la rotta verso
l'economia di mercato. Troppo difficile costringere i partiti e molti altri a rinunciare a
privilegi
La Carta di Atene vuole due cose:
- obiettivi sovranazionali della UE: la sicurezza interna e difesa estera, la
cooperazione nel mediterraneo e con lAfrica, un piano europeo per gli investimenti
(in particolare per eliminare le strozzature), definire una frontiera europea verso in non
europei, la stabilità dellEuro, indicazioni a favore della gioventù (ma non la
uniformazione dei sistemi scolastici e universitari);
- la economia sociale di mercato.
La sovra-nazionalità per compiti politici di interesse europeo
mi pare una buona strada, volendo ridisegnare la nuova UE.
Invece la "economia sociale di mercato", direi che è un pasticcio,perché
indica che, al proprio interno, ognuno dei 5 Paesi si riserva di continuare come prima,
circa il modo di fare socialità: nel senso che si prescinde dalla salvaguardia del
sistema produttivo (tassato fuori limite).
Molto più serio (volendo detti Paesi restare socialisti) sarebbe stato dire socialismo
di mercato, come dei Cinesi, che obbligano le imprese pubbliche a pareggiare i conti
con prezzi di mercato, e hanno una pressione fiscale nell'ordine del 25% (in UE la
pressione fiscale complessiva è nellordine del 48%.
Penso, però, che l'Italia dovrebbe rilanciare il sistema produttivo con la
economia di mercato. Quanto sia pericolosa (per lItalia) quella strada, lo vediamo
dal PIL (vedi tabella 1).
Ma volendo, ad ogni costo, tenere duro sul socialismo, bisognerebbe puntare sulla
svalutazione dell'Euro, molto più di quanto vuole Draghi (+2% all'anno), cosa
impossibile, sia perchè vi sono contrari i Paesi del Nord Europa, sia perchè la Carta di
Atene vuole "la stabilità della zona euro" (e questo è tutta una
contraddizione.
Dunque RENZI non è ancora sulla buona strada, in compagnia con i ribelli.
Non insisto sullo stato dell'economia in Italia, ma per non intristirci troppo,
rinvio ad una canzone di Maurizio Crozza - Abba, del 2006, sulla distruzione del ceto
medio con la fiscalità. Siamo ai tempi del governo Prodi 2006-08, a cui seguirà il
governo DAlema. Clicca su ceto
medio, musica (per le parole clicca su ceto medio, testo).
b) Sul potere fiscale. Esso è pienamente controllato
dallItalia, purchè senza effetti monetari (vale dire, sia rispettato il pareggio
del bilancio).
Fatta questa lunga premessa, posso riprendere la tesi principale (punto 1):
che è di dimostrare che il taglio delle imposte è essenziale, nella presente situazione.
In premessa, va data una occhiata alla tassazione delle imprese in 10 Paesi
europei (vedi tabella 2). Si vede che, in Italia, la pressione fiscale totale sulle
imprese è 65%, e anche la più alta nei 10 Paesi. Questo vuol dire che, ancorchè si
ipotizzi un aumento dei ricavi delle imprese (grazie al sostegno dei consumi con la spesa
pubblica), il maggiore utile dovrà essere ripartito per il 65% allo Stato, e per il 35%
alle imprese.
Su questo 35%, limprenditore dovrà metterne una parte a riserva, per le
innovazioni; il resto dovrà servire a far campare lui e la famiglia. In queste
condizioni, un impresa media e piccola non ci sta dentro. Va considerato, poi, che
lutile dovrà confluire con gli altri redditi, in sede personale IRPEF e questa è
una ulteriore complicazione.
C'è chi penza che solo la grande impresa ci può stare dentro. Ma troviamo che la
FIAT (FCA) ha trasferito la sede in Olanda...
In passato Renzi aveva puntato
sulla lotta alla evasione fiscale a occhi chiusi, come se non bastasse che le attuali
sofferenze bancarie sono dovute alla insolvenza di molte aziende, causa fallimento. Rinvio
a:
lotta evasione fiscale
Penso che il taglio della pressione fiscale (almeno il 10% del PIL, in totale) è
la via che può ottenere nuovi investimenti privati. Ma è credibile se si comincia dal
taglio dlela spesa pubblica. Serve un taglio del 15% in termini di PIL (di cui il 5%
andrebbe ripescato dalla UE, come vuole la carta di Atene).
Il taglio della spesa pubblica, per il 15% del PIL, è troppo ? Se determinati
compiti passeranno sul bilancio europeo, il discorso per lItalia diviene socialmente
meno pesante. Essa realizza comunque, per lItalia, una austerity per i percettori
attuali di spesa pubblica, ma bilanciata da un vitale sollievo per le imprese e il lavoro.
3.- RENZI è pronto al taglio delle tasse? Egli ogni tanto annuncia
tagli fiscali, ma la cosa non è credibile, se non taglia la spesa pubblica.
La strategia del MINISTRO PADOAN è stata finora di tipo congiunturale
(Keynes). Ma il 22 sett. 2016 egli ha detto:" Il consolidamento
progressivo (delle finanze pubbliche) è una necessità inderogabile per un paese ad alto
debito come l'Italia,... . Il governo sta rimuovendo gli ostacoli strutturali ".
Spera nel REFERENDUM ?
La riforma costituzionale si giustifica, in fondo, per decisioni finanziarie
importanti, il giorno dopo, vale dire per fare cose che, dal 1980, i tanti governi
precari (e anche il governo Renzi-Padoan) non sono riusciti a fare, salvo che scaricarne
il peso su quelli successivi.
Ma finora RENZI tace circa le riforme strutturali. O, forse, nulla dice ..., per
non aggiungere ostacoli al Referendum.
Immagino 4 riforme strutturali, dopo il Referendum, :
a) abolizione delle Regioni come enti legislativi e loro trasformazione in ente
amministrativo unico tra lo Stato e i Comuni, con i poteri delle vecchie Province e
qualcosaltro, con adeguato potere fiscale.
Ho sempre pensato che esse siano un lusso che non possiamo permetterci. Questi
doppioni dello Stato costano il 15% del PIL. Lo vediamo dalla Tabella 4. Essa mostra che
dallentrata in funzione delle Regioni (1977, Governo Andreotti, la spesa pubblica è
aumentata del 15% in termini di PIL, facendo le stesse cose che faceva lo Stato). La
riforma costituzionale fa qualche passo in questo senso, tagliando le competenze
"concorrenti" delle Regioni, e abolisce il CNEL.
b) Lo Stato dovrebbe revocare la delega di gestione (alle Regioni) del servizio
sanitario, sia perché divenuto costoso oltre limite, pur avendo tagliato i servizi
sanitari (oggi si viaggia in "libera professione" dentro gli ospedali), sia
perché il servizio sanitario deve essere uniforme in tutto il territorio. Giuridicamente,
questo si potrebbe fare senza riforma costituzionale, se ci fosse un governo forte.
c) Si potranno abolire gli enti inutili, se non altro nel senso che
basterà stabilire che gli enti pubblici o a partecipazione pubblica potranno restare solo
se pareggiano il bilancio con mezzi di mercato, fatta eccezione per un elenco esplicito di
grande valenza umanitaria e sociale (vedi: acqua).
d) si dovrebbe creare un fondo di ammortamento del debito pubblico in 30 anni,
da alimentare con una quota del gettito fiscale (non con la vendita del patrimonio
immobiliare, rivelatosi impraticabile per ragioni tecniche).
4.- La legge elettorale ? Su questa mi
riservo un pensiero nella prossima edizione. |
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PARLAMENTO EUROPEO
GIUDICA LO STATUS DI ECONOMIA DI MERCATO DELLA CINA |
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"LA
CINA NON E' UNA ECONOMIA DI MERCATO ?"
Testo della risoluzione dell'euro-parlamento
(12 maggio 2016)
LUCIANI: "La UE ha un'alta pressione fiscale, in confronto
alla Cina, e dunque pianga se stessa, prima di tutto..."
E chi è senza peccato lanci la
prma pietra |
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Nota. Il basso prezzo dei
prodotti cinesi fa il danno dei produttori europei, e il vantaggio dei consumatori
europei. I dati statistici comparati di UE e Cina mostrano che i prezzi cinesi sono bassi
perchè la Cina ha una bassa pressione fiscale, al contrario della UE Ciò non
toglie che ci siano ragioni europee valide a favore di forme di protezionismo e sono
quelle a favore di prodotti altamente stratetici (il ferro lo è, pur se meno che in
passato), o a favore di prodotti altamente rappresentativi di determinate tradizioni e
specialità, che si vogliono salvaguardare.
Invece le violazioni della concorrenza assolutamente inammissibili (della Cina)
sono il dumping (doppio prezzo interno ed estero), la concorrenza sleale medianti prodotti
di qualità scadente o dannosa, i dazi privilegianti specifici prodotti senza una ragione
di pubblica utilità, adeguatamente motivata e condivisa.
Ultimo, ma non ultimo: è assolutamente inaccettabile che il Cambio Euro/Yuan non
sia determinato come incognita che realizza il pareggio della bilancia commerciale delle
due aree, salvo che l'eventuale squilibrio sia temporaneo, e comunque in intesa con il
FMI.
NOTA. Per dati di contabilità nazionale
cinese, clicca su: http://it.tradingeconomics.com/china/government-spending
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I CINQUE CRITERI DELLA UE PER
RICONOSCERE UN PAESE, A ECONOMIA DI MERCATO
http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2015/571325/EPRS_IDA%282015%29571325_EN.pdf,
page 14)
1. Un livello scarso di influenza da parte
del governo nella allocazione delle risorse e nelle decisioni delle imprese;
2. La assenza di distorsioni nel funzionamento dell'economia privatizzata;
3. La effettiva attuazione del diritto societario con adeguate norme sulla
corporate governance;
4. Un quadro giuridico efficace per la conduzione degli affari e il corretto
funzionamento dell?economia di libero mercato (tra cui i diritti di proprietà
intellettuale, diritto fallimentare, ...);
5. La esistenza di un settore finanziario realmente indipendente.
SOTTO, IL TESTO IN INGLESE. e
il LINK per le statistiche economiche della
CINA |
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PARLAMENTO
EUROPEO
Sullo status di economia
di mercato della Cina
Risoluzione del 12 maggio 2016
TESTO ORIGINALE
Il Parlamento europeo,
viste la legislazione antidumping dell'UE (regolamento (CE) n.
1225/2009 del Consiglio, del 30 nov. 2009, relativo alla difesa contro le importazioni
oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea) e la sua
normativa antisovvenzioni (regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno
2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da
paesi non membri della Comunità europea),
visto il protocollo di adesione della Cina all'Organizzazione mondiale del
commercio (OMC), in particolare la sezione 15;
viste le sue precedenti risoluzioni sulle relazioni commerciali tra l'Unione
europea e la Cina,
vista la Comunicazione della Commissione del 10 ottobre 2012 intitolata
"Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica" (COM(2012)0582),
che fissa l'obiettivo di portare al 20 % entro il 2020 il contributo dell'industria al PIL
dell'Unione;
visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che l'Unione europea e la Cina sono due delle principali potenze
commerciali del mondo e che la Cina è il secondo partner commerciale dell'Unione, mentre
l'Unione è il primo partner commerciale della Cina, con un volume di scambi giornaliero
ben superiore a un miliardo di EUR;
B. considerando che qualsiasi decisione sul modo in cui tener conto della scadenza
della sezione 15, lettera a), punto ii) del protocollo di adesione della Cina all'OMC e
sul modo in cui gestire le importazioni dalla Cina oggetto di dumping illegale dopo il
dicembre 2016 deve garantire, come principio guida, la conformità della legislazione
dell'Unione con la legislazione dell'OMC;
C. considerando che quando la Cina ha aderito all'OMC, una disposizione transitoria di
tale adesione prevedeva una metodologia specifica per il calcolo del dumping, che è stata
inserita nella sezione 15 del protocollo di adesione e che ha costituito la base di un
trattamento differenziato delle importazioni cinesi;
D. considerando che la Cina non soddisfa allo stato attuale i criteri stabiliti
dall'UE per la concessione dello status di economia di mercato, né certamente li
soddisferà entro la fine del 2016;
E. considerando la necessità di esaminare le precise conseguenze giuridiche della
scadenza della sezione 15, lettera a), punto ii), per quanto riguarda il metodo utilizzato
attualmente per stabilire il valore normale dei beni cinesi esportati nell'UE ai fini
delle misure antidumping, come pure gli effetti giuridici delle restanti parti della
sezione 15;
F. considerando che, dato l'attuale grado di influenza dello Stato sull'economia
cinese, le decisioni delle società in materia di prezzi, costi, produzione e fattori
produttivi spesso non rispondono alle indicazioni di mercato che rispecchiano l'offerta e
la domanda;
G. considerando che, vista la mancanza di trasparenza e cooperazione, risulta spesso
difficile per l'UE verificare adeguatamente le denunce di manipolazione dei prezzi e di
intervento governativo nel settore industriale cinese;
H. considerando che la sovraccapacità produttiva della Cina in taluni settori provoca
un abbassamento dei prezzi mondiali e che i prezzi esigui delle esportazioni cinesi
incidono su determinati settori industriali dell'UE, come testimoniano i recenti effetti
deleteri sul settore siderurgico dell'Unione;
I. considerando che dalla consultazione pubblica e dallo studio condotti di recente
sulle implicazioni delle eventuali modifiche alle procedure antidumping nei confronti
della Cina potrebbero emergere informazioni supplementari potenzialmente utili per
affrontare la questione;
1. ribadisce l'importanza del partenariato strategico dell'Unione
con la Cina, nel cui ambito il commercio e gli investimenti svolgono un ruolo centrale, la
rilevanza della Cina nelle catene globali del valore e il fatto che numerosi posti di
lavoro nell'Unione dipendono dai rapporti commerciali con la Cina;
2. constata che la sezione 15, lettera a), punto ii), del
protocollo di adesione della Cina all'OMC giunge a scadenza l'11 dicembre 2016; invita la
Commissione, se del caso, a esaminare quali cambiamenti giuridici potrebbero essere
necessari per tener conto di tale scadenza;
3. insiste affinché qualsiasi proposta contemplata dalla
Commissione sia saldamente fondata sui quattro seguenti principi chiave:
|
la necessità di garantire che la legislazione dell'Unione resti
pienamente conforme ai suoi obblighi derivanti dalla legislazione dell'OMC e dalle
conseguenze giuridiche delle modifiche apportate a determinate parti della sezione 15 del
protocollo di adesione della Cina; la necessità non solo di tenere conto degli
effetti giuridici specifici della scadenza della sezione 15, lettera a), punto ii), ma
anche di garantire la corretta interpretazione giuridica delle sezioni del protocollo di
adesione che resteranno in vigore dopo l'11 dicembre 2016;
la necessità di assicurare che l'Unione, riconoscendone l'importanza critica e
cruciale, conservi la piena e costante capacità di adottare misure tempestive, necessarie
ed efficaci per contrastare le pratiche di dumping e rafforzi la sua capacità di
combattere le sovvenzioni e le sovraccapacità dei suoi partner commerciali, che ledono il
settore industriale dell'Unione, nonché garantisca che le imprese dell'UE continuino a
operare in condizioni di parità a livello mondiale;
la necessità che qualsiasi proposta legislativa si basi su una valutazione
attenta e ponderata degli aspetti giuridici di un'eventuale decisione, nonché delle
potenziali ripercussioni economiche, sociali, industriali, politiche e strategiche a medio
e lungo termine; |
4. chiede che tale riflessione non pregiudichi l'imminente necessità di
una riforma di maggiore portata degli strumenti di difesa commerciale dell'Unione europea;
5. invita la Commissione a proseguire il dialogo con i settori
industriali dell'UE interessati (ad esempio quelli della siderurgia, della ceramica e
della carta) sui prossimi passi da compiere;
6. esorta la Commissione a coordinarsi con i suoi principali partner
commerciali, anche nel contesto del prossimo vertice del G7, circa le misure da adottare
in seguito alla scadenza di alcune disposizioni della sezione 15;
7. insiste affinché la Commissione non presenti alcuna proposta durante
la sospensione dei lavori parlamentari;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al
Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri. |
COSTITUZIONE CINESE, 1982
Per l'originale completo, clicca:
.
http://www.tuttocina.com/Mondo_cinese/043/043_cost.htm#.VznalZVJlD8
Stralcio della parte economica, aggiornata con le riforme 1994, 1999, 2004 .(b. Ordinamento economico)
6. Sostituito nel 1999 da:
Il Paese, nella fase iniziale del socialismo, mantiene un sistema economico di base in cui
si sviluppa simultaneamente un sistema di proprietà multiforme in cui il pubblico è in
posizione dominante, e mantiene un sistema di distribuzione in cui convivono diversi
modelli di distribuzione, di cui la distribuzione in base al lavoro svolto da ciascuno è
prevalente.
7. L'economia statale, ossia l'economia di
proprietà di tutto il popolo, è la forza-guida (lingdao liliang) dell'economia
nazionale. Lo stato assicura il consolidamento e lo sviluppo dell'economia statale.
8. Sostituito nel 1999 da:
L'organizzazione economica collettiva agricola adotta il sistema di gestione economica sul
doppio livello della responsabilità contrattuale familiare e della combinazione tra
centralizzazione e decentramento. L'economia cooperativa agricola, nei suoi vari aspetti
di produzione, commercializzazione, credito e consumo, è un'economia socialista di
proprietà collettiva delle masse di lavoratori. I lavoratori che partecipano alle
organizzazioni economiche collettive delle campagne hanno il diritto, nei limiti
prescritti dalla legge, a gestire i terreni e le terre collinose assegnati per il loro
uso, a impegnarsi in occupazioni economiche collaterali su base familiare e ad allevare il
bestiame da loro posseduto.
Nei limiti prescritti dalla legge, le attività economiche
individuali e private ed altre attività economiche non pubbliche sono importanti aspetti
costitutivi dell'economia socialista di mercato.
Lo stato protegge i diritti e gli interessi legittimi delle attività economiche
individuali e private. Nei confronti delle attività economiche individuali e private lo
stato esercita una funzione di guida, supervisione e controllo.
9. Risorse minerarie, corsi d'acqua, boschi, monti,
pascoli, zone desertiche, litorali, ed altre risorse naturali sono tutte di proprietà
statale, e cioè di proprietà di tutto il popolo, tranne boschi e monti, pascoli, zone
desertiche, litorali ecc., che per norma di legge appartengono alla proprietà collettiva.
Lo stato assicura l'uso razionale delle risorse naturali, protegge fauna e flora preziose.
È vietato a qualsiasi organizzazione e individuo di occupare le risorse naturali, oppure
di danneggiarle (pohuai), con qualsíasi mezzo.
10. I terreni delle città (chengshi) sono di
proprietà statale.
I terreni delle campagne e dell'area suburbana delle città sono di proprietà collettiva,
tranne quelli che per norma di legge sono di proprietà statale; sono di proprietà
collettiva anche i terreni di costruzione delle case, ed i terreni concessi e le alture
concesse.
Lo stato, in conformità alle esigenze dell'interesse comune, può (keyi) requisire i
terreni.
Qualsiasi organizzazione o qualsiasi individuo non deve (bude) occupare, comprare-vendere,
o affittare i terreni, oppure trasferire illegalmente i terreni in altra forma.
Tutte le organizzazioni e tutti gli individui devono fare un uso razionale dei terreni.
11. Sostituito nel 1993, da:
Lo stato permette al settore privato dell'economia di esistere e svilupparsi nei limiti
prescritti dalla legge. Il settore privato dell'economia è un complemento all'economia
pubblica e socialista. Lo stato protegge i diritti legittimi e gli interessi del settore
privato dell'economia, ed esercita la guida, la supervisione e il controllo sul settore
privato dell'economia.
12. I beni (caichan) pubblici socialisti sono
sacrosanti (shengsheng) e inviolabili.
Lo stato protegge i beni pubblici socialisti. È vietato a qualsiasi organizzazione o
individuo di occupare, di danneggiare, con qualsiasi mezzo, i beni statali e collettivi.
13. Lo stato protegge il diritto di proprietà dei
cittadini su entrate legittime, risparmi legittimi, immobili legittimi e su altri beni
legittimi.
Lo stato protegge, in conformità alle norme di legge, il diritto di eredità dei
cittadini su beni privati.
Aggiunto nel 2004:
La proprietà privata è inviolabile. Lo Stato, secondo quanto stabilito dalla legge,
protegge il diritto dei cittadini alla proprietà privata e all'eredità sulla stessa. Lo
Stato può, nel pubblico interesse e nei modi previsti dalla legge, espropriare o
requisire la proprietà privata provvedendo al relativo indennizzo.
14. Lo stato eleva l'attivismo e il livello
tecnologico dei lavoratori, divulga scienze e tecnologie progredite, perfeziona (wanshan)
le strutture (tizhi) di gestione economica e gli ordinamenti (zhidu) di
gestione-amministrazione delle imprese, attua sistemi di responsabilità socialista
(zerenzhi) di ogni forma, migliora l'organizzazione del lavoro, onde elevare
ininterrottamente la produttività e sviluppare le forze produttive socialiste.
Lo stato opera in stretta economia, si oppone agli sprechi.
Lo stato dispone (anpai) razionalmente di accumulazione e consumi, provvede assieme agli
interessi statali, collettivi e individuali; migliora gradualmente la vita materiale e la
vita culturale del popolo, sulla base dello sviluppo produttivo.
15. Sostituito nel 1993, da:
Lo stato pratica l'economia socialista di mercato. Esso migliorerà la legislazione
economica e migliorerà il macro-controllo dell'economia.
Lo stato può, in accordo con la legge, proibire il disturbo dell'ordine socioeconomico da
parte di qualsiasi organizzazione o individuo.
16. Sostituito nel 1993, da:
Le imprese di proprietà statale hanno potere decisionale operativo con riguardo a
operazioni nei limiti prescritti dalla legge.
17. Sostituito nel 1993, da:
Le organizzazioni economiche collettive hanno potere decisionale nel condurre attività
economiche indipendenti, a condizione che obbediscano alle leggi attinenti.
Le organizzazioni economiche collettive praticano la gestione democratica in accordo con
la legge. Il corpo intero dei loro lavoratori elegge o rimuove il personale manageriale e
decide sulle questioni maggiori riguardo all'operatività e alla gestione.
18. La Rpc permette che imprese e altre organizzazioni
economiche o singoli imprenditori stranieri, investano fondi in Cina, portino avanti varie
forme di cooperazione economica con imprese o altre organizzazioni economiche della Cina,
in conformità alle norme di legge della Rpc.
Entro i confini della Cina, le imprese straniere e le altre organizzazioni economiche
straniere, come pure le imprese a capitale-gestione mista cinese-straniera devono
osservare le leggi della Rpc. I loro legittimi diritti ed interessi sono protetti dalle
leggi della Rpc. |
Nino Luciani, La Cina è
una economia di mercato ? 1.- Premessa. La Cina ha aderito, nel 2001,
alla Organizzazione Mondiale del commercio (OMC) e questo ha aperto una fase, diciamo
transitoria,di rapporti commerciali con la UE, che sta in mezzo tra liberalizzazione e
impedimento degli scambi. Questa fase transitoria scade nel dicembre 2016 e la Cina si
aspetta il riconoscimento automatico di Paese con economia di mercato, con l'accettazione
del solo dazio generico del 10%, che la UE applica ai Paese non-UE.
Nella prospettiva della scadenza, il Parlamento europeo ha approvato, la settima
scorsa, la risoluzione allarmata, riportata per intero qui a fianco, e che appare voler
negare tout court il riconoscimento dello status di economia di mercato, salvo che la Cina
accetti determinate condizioni, che l'esecutivo di Bruxelles sta preparando.
Ma il Global Times (giornale vicino al PCC) ha subito censurato detta risoluzione
come «atto irresponsabile».
Chi ha ragione e chi ha torto ? Andiamo per gradi.
2.- La Cina non ha una economia di mercato e invece la UE, SI' ? La risposta
più semplice è che "chi è senza peccato, lanci la prima pietra".
Sia la Cina sia i Paesi UE hanno "economie miste", ma in CINA il settore
pubblico in senso stretto (Stato) è largamente prevalente sul settore privato (che,
secondo la contabilità europea comprende le imprese pubbliche operanti sul mercato),
mentre in UE c'è un fifty-fifty.
Poche cifre chiariscono la realtà:
- in Cina la spesa pubblica (CNY-HML 175.768,00) è il 28% del PNL (CNY-HML 634.367,30),
vale dire del PIL al netto della % di esso spettante a residenti esteri., a cui va
aggiunta una cifra imprecisata di spesa delle imprese pubbliche (nell'intorno del 50% del
PNL). Il residuo (nell'intorno del 20% del PNL), è ripartito tra privati cinesi ed
esteri;
- in UE la spesa pubblica è il 48,1% del PIL .
Se (e questo è corretto) si assume il rapporto Spesa pubblica/PIL come una misura
della pressione fiscale effettiva (e che andrebbe approfondita nelle due componenti
imposte dirette e imposte indirette), questa prima differenza spiega perchè i prodotti
cinesi costano meno di quelli europei.
Rimane da chiarire la rilevanza delle imprese pubbliche per il bilancio dello
Stato: vale dire se le imprese pubbliche (cinesi ed europee) coprano i costi, interamente
con prezzi di mercato o anche con aiuti di Stato.
Per la Cina non ci sono informazioni sicure, ma solo dubbi. Ma non metterei la mano
sul fuoco circa la imprese europee, pur se la UE boccia gli "aiuti di Stato".
5.- Ruolo del Cambio Euro/Yuan. Nel mezzo di queste problematiche, esiste comunque un giudice che non fa
sconti a nessuno, e quindi è fondamentale non imbrigliare il giudice: questo è il cambio
tra le due monete.
Nel caso della Cina, i dati di contabilità nazionale permettono di dedurre (con
qualche calcolo a parte) che le entrate pubbliche totali (nel 2014) sono state pari a $
2.630, di cui entrate fiscali solo $ 215 miliardi.
Ne ho dedotto, indirettamente, che una parte della spesa pubblica è finanziata a
carico delle imprese pubbliche. Comunque appare che le imprese cinesi sono gravate da un
basso fisco.
Circa il cambio, come noto, esso si forma come rapporto tra prezzi esterni e prezzi
interni, e dunque includendo nel prezzo delle merci le imposte indirette, ma un ruolo
importante viene dai portafogli comparati di titoli obbligazionari e di riserve di moneta
estera. Da parte della Cina, gli elementi finanziari possono svolgere squilibri temporanei
sconvolgenti.
Questo fatto porta a ridiscutere tutto quanto sopra delineato. Ne deriva che il
riconoscimento della qualifica di paese ad economia di mercato è impossibile senza un
chiarimento sul meccanismo del cambio, che dovrà essere (anchesso) di mercato.
Questo problema non sarà risolvibile al di fuori del FMI.
3.- Prima conclusione. Non starei a giocare sulle definizioni e infatti,
in base alla Costituzione cinese, riportata qui a fianco, la Cina ha un sistema socialista
di mercato, ossia è regolata dal mercato, e dunque con il vincolo di dover pareggiare il
bilancio con entrate di mercato.
In generale, prezzi bassi cinesi:
- fanno gli interessi dei consumatori europei, e il danno dei produttori concorrenti
europei;
- fanno gli interessi degli investitori europei in Cina, e il vantaggio dei consumatori
europei.
Chi preferire ? Le supreme regole economiche guardano ad altro, come criterio di
decisione. Le copio dal mio libro (Economia Generale, ed. Franco Angeli, 2005, p. 377 ).
a) Il teorema di Ricardo è alla base delle teorie in favore del libero
scambio internazionale. Dalla sua applicazione i Paesi traggono un beneficio reciproco che
è di godere di un maggiore benessere, date le risorse iniziali.
Tuttavia, una cosa è il fatto statico (che prescinde dal tempo); una cosa è il
divenire che porta ad esso come situazione finale, e che giustifica il protezionismo (
l'opposto del libero scambio).
Il protezionismo consiste:
- nell'applicazione di dazi alla importazione, in modo che i prezzi dei prodotti esteri,
maggiorati del dazio, non possano essere minori (e quindi più concorrenziali) dei prezzi
degli uguali beni, prodotti all'interno;
- e in genere in tutte quegli interventi pubblici (es. contingentamenti quantitativi,
agevolazioni fiscali e creditizie, ecc.) che favoriscono "artificialmente",
all'interno, la vendita del prodotto interno rispetto all'uguale prodotto estero ;
- esiste anche il dumping, che è il doppio prezzo, interno ed estero.
Questo è un comportamento palesemente contraddittorio circa la verosimiglianza del
"prezzo di mercato" della merce.
- Esiste anche la frode commerciale, come limpiego di materie prime a basso
costo, dannose alla salute sia del lavoratore sia del consumatore. Questa non dovrebbe
avere nessuna forma di libertà.
Torniamo al teorema. Esso si riferisce ad un quadro economico statico,
esistente. Ma se le imprese dei vari Paesi avessero il tempo necessario per cambiare le
loro strutture produttive (ad es. di industrializzarsi) e, una volta realizzate queste
strutture, si tornasse ad applicare il teorema, il commercio determinerebbe un benessere
maggiore che in precedenza. Su questa base, il protezionismo sarebbe economicamente
giustificato, come misura temporanea per le industrie nascenti. Questo è un
primo aspetto e ci sono altri aspetti, tutti importanti, tra cui alcuni riguardanti le
produzioni strategiche e quelle alimentari.
Queste considerazioni valgono soprattutto per i beni di prima necessità e per i
prodotti strategici (fonti di energia, ferro, alluminio, ecc.), a meno che ci sia la
garanzia assoluta che essi saranno forniti dai paesi partners, in caso black-out totale
dei mercati. Ma questa garanzia non ci può essere nel lungo andare.
Dunque, la UE dovrà proteggersi dalla Cina, per il ferro ?
Va messo sul piatto il fatto che il Paese protezionista danneggia i Paesi
potenzialmente esportatori verso di esso, e quindi esso di solito genera misure di ritorsione
internazionale: vale dire il Paese danneggiato creerà, a sua volta, dazi
all'importazione dal Paese che per primo ha introdotto il dazio.
Quando accade questo, il protezionismo diviene una calamità pubblica internazionale e
il solo modo di ovviarvi è di affrontare il problema a livello di concerto
internazionale, in modo che esso sia lasciato operare per i casi effettivamente meritevoli
e per il tempo convenuto.
4.- Seconda conclusione: la specializzazione deve coniugarsi con la diversificazione
delle produzioni. C'è un secondo aspetto: un paese, che si specializza
eccessivamente, viene a dipendere totalmente dall'estero per il restante del proprio
fabbisogno. Ad es. se l'Italia producesse solo vino e per tutto il resto si
approvvigionasse dall'estero, sarebbe in una situazione di forte debolezza sul piano
internazionale. Infatti il mercato del vino non è stabile.
Casi clamorosi si sono avuti sul piano internazionale per il cotone per
l'Egitto e per il rame per il Cile. Questi erano paesi che esportavano il primo soltanto
cotone e il secondo soltanto rame. Perciò quando il mercato mondiale del cotone o il
mercato mondiale del rame per una qualche ragione crollava (ad es. in una annata
particolarmente buona per la produzione di cotone negli altri paesi, la domanda di
cotone egiziano crollava) erano guai.
Vi sono anche ragioni di benessere in senso generale, legate alla difesa
delle tradizioni: un paese ha le proprie tradizioni e se dovesse specializzarsi a
produrre solo una merce dovrebbe adattarsi a cambiare mestiere su tutto. Anche la
conservazione delle tradizioni di vita locale può avere la sua importanza. Ad es. la
trasformazione troppo rapida di un Paese da agricolo a industriale, o da religioso a
laico, potrebbe creare delle grandi sofferenze alla popolazione, fino a indurre
sollevazioni popolari e instabilità politica.
Questi problemi di difesa della propria identità è messa a dura prova dalle
immigrazioni di massa, anche cinesi nei paesi europei. |
Testo in inglese:
1. A low degree of government influence over the allocation of
resources and decisions of enterprises, whether directly or indirectly (e.g. public
bodies), through the use of state-fixed prices or discrimination in the tax, trade or
currency regime;
2. An absence of state-induced distortion in the operation of enterprises linked to
privatisation and the use of non-market trading or compensation;
3. The existence and implementation of a transparent and non-discriminatory company law,
which ensures adequate corporate governance - application nof international accounting
standards, protection of shareholders, and public availability of accounting information;
4. The establishment and implementation of a coherent, effective and transparent set of
laws, which guarantee the respect of property rights and the operation of a functioning
bankruptcy regime;
5. The existence of a genuine financial market, operating independently from the state and
which, in law and practice, is subject to sufficient guarantee provisions. |
Nota. Per statistiche economiche, clicca su: http://it.tradingeconomics.com/china/gross-national-product |
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La BCE per la
crescita nella UE, Bollettino Economico del 24 marzo 2016 |
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Nel recente Bollettino, la
BCE comunica la sua prossima azione "per facilitare ulteriormente le condizioni di
finanziamento, stimolare la nuova disposizione di credito e, quindi, di rafforzare lo
slancio della ripresa economica della zona euro e accelerare il ritorno dell'inflazione a
livelli inferiori ma prossimi al 2%", anche grazie alle riforme, dai Governi. |
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C. Pdoan, Ministro Finanze |
In Italia l'obiettivo
fondamentale, dagli anni '90,
è transitare l'Italia dallo Stato al Mercato,
a parte qualche aggiustamento di tipo congiunturale. |
.
Il Governo RENZI appare logorato non dalla lotta contro
la austerity, ma dalla impossibilità politica di fare il transito. |
.
In questi giorni il parlamento ha approvato la riforma
costituzionale, che tuttavia è soggetta ad un possibile referendum. |
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Ma questo diviene un obbligo solo se richiesto (entro tre mesi).
Auspichiamo che gli aventi diritto rifiutino di dare
la firma,
in modo da anticiparne, a fine luglio, la entrata in vigore. |
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M. Renzi Presidente del Consiglio
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NOTE. |
1) Sotto il profilo congiunturale, la diagnosi di Keynes (anni '30) è che il
malato sia il settore privato (che non consumava nè investiva) e il medico è lo Stato
(lo Stato aveva ampi margini per spendere... , la pressione fiscale era intorno al 30% del
PIL). |
|
2) Oggi, il malato è lo Stato (spende troppo, e troppo lentamente; la pressione
fiscale è 45% del PIL; è pieno di debiti).
Invece, il settore privato è sano e avrebbe volontà ..., ma (causa troppe tasse) consuma
e investe all'estero (i pensionati vanno in Portogallo, le imprese vanno in Giappone e
dintorni). Pertanto la terapia di Keynes va applicata in modo invertito. |
|
Seduta n. 591 di mer. 16 marzo 2016 Comunicazioni,
alla Camera, del Presidente del Consiglio dei ministri M. RENZI in vista del Consiglio
europeo del 17 e 18 marzo 2016. I.- Problemi
dell'emigrazione (omessi)
II. Questioni della crescita.
1.- Questioni della crescita. " Su questo, ancora una volta, non
posso che ribadire la posizione italiana. Il fiscal compact e le sue
declinazioni hanno comportato, a mio giudizio, a nostro giudizio, un danno alla direzione
politica economica dell'Europa: non dell'Italia, anche dell'Italia, ma dell'Europa.
Lavorare per avere un approccio diverso richiede tanta energia, tanta
determinazione e tanta tenacia.
Nei primi mesi del nostro mandato, sfruttando il semestre, siamo riusciti ad
affermare un principio di flessibilità, che è una delle due colonne su
cui si regge l'accordo politico che ha portato all'elezione di Jean-Claude Juncker:
- da un lato gli investimenti;
- dall'altro la flessibilità.
Sono questi i due elementi di novità, che hanno portato tre gruppi a sostenere la
candidatura del Presidente Juncker e a votarla in sede di Parlamento.
Tre gruppi: tutti e tre decisivi, perché PPE, ALDE e PSE non
avrebbero avuto la forza di eleggerlo, vedendo i numeri, senza qualcuno soltanto dei tre.
Il principio della flessibilità e il principio degli investimenti sono stati
letti, nella stampa, in particolar modo, italiana e nel dibattito politico, in particolar
modo, italiano, come una richiesta dell'Italia o, se volete, una concessione, come appunto
si trattasse di una elargizione octroyée, secondo i principi francesi del tempo, come se
ci fosse dunque stato fatto un regalo, un gentile cadeau per la nostra partecipazione.
Noi pensiamo, invece, che questi due elementi - il tema della flessibilità
e il tema degli investimenti - siano la chiave per cambiare la politica economica in
Europa.
Possiamo discutere di quanto si sia lavorato, tanto in ordine alla
flessibilità, quanto in ordine agli investimenti. Quello che a me pare significativo è
che, dopo qualche periodo di polemica e di discussione, appare ormai evidente a tutti -
almeno nel palcoscenico europeo, che è quello in questo senso più rilevante - che la
posizione dell'Italia non è una posizione tesa a rivendicare qualcosa per sé: è
(e questo mi pare finalmente chiaro, nonostante le polemiche dell'inizio di questo anno
solare) una posizione che cerca di spostare la direzione politica ed economica
dell'Europa.
Il Consiglio europeo di domani sarà un ulteriore passaggio
in questa direzione.
Nelle parole del Presidente Mark Rutte, il Presidente di turno, il Primo
Ministro olandese, sarà soprattutto il Consiglio di giugno quello dedicato e destinato ai
temi della competitività.
È nostra intenzione proporre ai più alti livelli, ai livelli di
premi Nobel, ai livelli di discussione degli accademici, degli scienziati, degli
economisti, una discussione su qual è la strategia di politica economica che viene
indirizzata; fatto sta che oggi la realtà dei fatti vede finalmente qualche
piccolo segnale nella giusta direzione, ma ancora decisamente troppo timido, in una
condizione e in una contingenza nella quale l'economia globale sembra rallentare.
E sembra rallentare non più per le difficoltà dei Paesi trainanti, ma per
le difficoltà dei Paesi emergenti.
Poi, naturalmente, in questo scenario il fatto che l'Europa cresca meno è un
elemento che dovrebbe farci riflettere con grande attenzione. Dunque, il tema della
crescita vede una posizione molto chiara da parte del Governo italiano e, mi permetto di
dirlo in quest'Aula, anche una posizione che finalmente è presa da almeno qualche forza
politica a livello continentale, nel senso che negli ultimi incontri fatti - e qui parlo,
ovviamente, sulla base della mia appartenenza al gruppo dei Socialisti e dei democratici
europei - vedo finalmente una condivisione ampia su questo punto che, se
messa in atto e finalmente resa operativa, potrà portare a delle risposte, che
poi si misurano sul grado degli occupati e non più sulle virgole e sui decimali dei
parametri.
2.- Problemi di coerenza tra scelte e governabilità. Questo scenario è
uno scenario che, però, non può che fare i conti con una situazione di progressiva
ingovernabilità di alcune nazioni.
Può sembrare paradossale che torni al punto dal quale sono partito: la difficoltà
di far decidere e di far rendere operative le decisioni che vengono prese.
Questo vale per il complicato giuoco degli equilibri europei e continentali. Ma
questo sta valendo sempre di più nella dinamica politica europea.
Si tende a rappresentare questa dinamica come un crescente sguardo verso il
populismo, ma si ignora o si fa finta di ignorare che stiamo parlando di due
fenomeni diversi.
a) Se è vero che c'è un'onda di rabbia, di rifiuto della politica tradizionale,
di populismo (ognuno lo chiami col nome che preferisce); se è vero che in Europa
(e, mi permetto di dire con il rispetto che si deve, non soltanto in Europa) cresce
un'onda di rabbia verso i sistemi tradizionali della politica e ottiene risultati
significativi, dalle primarie americane alle regionali in Germania; se è vero che questo
c'è ed è un fatto di natura politica, di sociologia politica, di lettura politica,
b) c'è un fatto che, invece, attiene alla sfera istituzionale, cioè
a come funzionano le regole del gioco.
Quando noi abbiamo iniziato questa legislatura (o, meglio, più
correttamente, quando abbiamo iniziato il percorso di riforme con questo Governo), la
discussione (che era fatta e che naturalmente ha visto molte divisioni anche al nostro
interno) era sul modello di legge elettorale.
Ricorderete che ciascuno aveva una proposta e, talvolta, anche all'interno dei
partiti c'erano più proposte.
Ricordo con grande attenzione come il modello spagnolo era immaginato, senza
entrare nel merito delle valutazioni, come il sistema della governabilità.
Nella nostra discussione si diceva che il modello spagnolo avrebbe garantito
governabilità. Oggi vediamo quello che accade in Spagna, ma, se mi permettete, fate
l'elenco dei Paesi che, avendo votato, si trovano in difficoltà.
3.- Austerity e cambiamento dei governi. C'è una parte di
Paesi in cui l'austerity come minimo porta al cambiamento di Governo.
Io lo dico scherzando ai miei colleghi che sono contro le nostre proposte
sulla crescita: guardate che, non parlo di politica, ma l'austerity come minimo
porta sfortuna. Infatti, guardate cosa sta succedendo in tutti i Governi che sono guidati
da una politica economica legata all'austerity.
Ma al di là di queste che sono poco più che battute c'è un punto
politico e, cioè, che le istituzioni in molti Paesi non riescono più a eleggere il
Governo o meglio non riescono più ad avere un Governo in grado di rappresentarli.
Non so come andrà a finire in Spagna e ho pieno rispetto per un Paese amico e
alleato. È possibile che si torni a elezioni. Non so come andrà a
finire in Irlanda, fatto sta che non ci sono i numeri, se non con una grande coalizione.
Non so come andrà a finire in Slovacchia.
So che in Portogallo il partito che è arrivato primo si è trovato all'opposizione
sulla base di un accordo degli altri partiti.
Era già accaduto in Lussemburgo.
Si è votato due volte in Grecia.
Allora, sul sistema istituzionale prima o poi qualcuno farà una riflessione
scoprendo forse che il modello istituzionale italiano rischia - può sembrare un paradosso
- di essere il più stabile con buona pace delle tante critiche che abbiamo sentito in
questo periodo". |
Banca Centrale Europea
Bollettino Economico, 24 marzo 2016
(Stralcio): https://www.ecb.europa.eu/:::::
Sviluppi fiscali.
1.- Il deficit di bilancio nell'area dell'euro è destinato a rimanere largamente
invariato nellorizzonte temporale, considerato che è attesa una politica di
bilancio un po espansiva che compenserà la riduzione del disavanzo con il
miglioramento delle condizioni cicliche, e una diminuzione dei pagamenti degli interessi
sul debito.
Anche se la attuale stanza fiscale aggregato dell'area euro può essere considerato
largamente adeguata, la politica di bilancio in vari Stati membri solleva preoccupazioni
in termini di rischio di non conformità con il Patto per la stabilità e la crescita
(SGP).
In particolare nei paesi con livelli di debito elevati, sono necessari sforzi di
risanamento aggiuntivi per impostare con fermezza il loro tasso di debito pubblico su un
percorso discendente, aumentando così la resistenza agli shock avversi.
Il deficit di bilancio delle amministrazioni pubbliche dell'area dell'euro dovrebbe
rimanere sostanzialmente invariata nel periodo in rassegna, interrompendo la tendenza al
ribasso iniziata nel 2011.
Secondo le proiezioni macro-economiche, del marzo 2016, di un Gruppo di esperti della
BCE, il tasso di disavanzo delle amministrazioni pubbliche per l'area dell'euro dovrebbe
rimanere intorno al 2,1% del PIL fino al 2017, prima di variare, in calo, di 0,1 punti
percentuali nel 2018.
Rispetto alle proiezioni del dicembre 2015, la proiezione fiscale è peggiorata
leggermente nellorizzonte osservato, tra l'altro, a causa di strascichi conseguenti
alla revisione, al ribasso. del 2015 PIL nominale del 2015, e di misure di politica
fiscale leggermente più espansive.
La politica di bilancio nell'area dell'euro [9] dovrebbe essere leggermente più
espansiva nel periodo in rassegna.
Il leggero allentamento della politica di bilancio aggregato può essere visto come
largamente adeguata alla luce della ripresa ancora fragile.
L'allentamento è in gran parte il risultato di tagli fiscali discrezionali e aumenti
della spesa pubblica legati al flusso di rifugiati, che vengono proiettati per compensare
pienamente il contributo favorevole della componente ciclica e l'impatto positivo di
pagamenti di interessi più bassi per il deficit nominale.
L'allentamento della politica di bilancio è destinato a essere particolarmente
rilevante in Germania, Italia e Paesi Bassi, mentre alcuni ulteriori sforzi di
consolidamento sono attesi in Irlanda e Cipro.
Il debito pubblico dell'area euro diminuirà solo gradualmente, rispetto aal suo
elevato livello.
Il rapporto debito/PIL dell'area dell'euro dovrebbe diminuire lentamente dal suo
attuale (2104) picco del 92,1% del PI, per raggiungere il 89,2% del PIL entro la fine del
2018.
La prevista riduzione del debito pubblico, che è inferiore al previsto nel Dicembre
2015 proiezioni, è sostenuta da sviluppi favorevoli nel differenziale tra tasso di
interesse e tasso di crescita, alla luce della ripresa economica prevista e agli
ipotizzati bassi tassi di interesse.
Inoltre, i piccoli avanzi primari e gli aggiustamenti disavanzo-debito negativi ( tra
l'altro, che riflettono i proventi delle privatizzazioni), contribuiranno anche a migliori
prospettive del debito.
In alcuni paesi, tuttavia, il rapporto debito-PIL dovrebbe aumentare nel periodo
considerato.
2. Entro il 2018 la grande maggioranza dei paesi della zona euro continuerà ad
avere un rapporto debito-PIL ben al di sopra del valore di riferimento del 60%.
Ulteriori sforzi di risanamento sono necessari per impostare saldamente il rapporto
debito pubblico su un percorso discendente.
I paesi con elevati livelli di debito sono particolarmente vulnerabili in caso di
rinnovata instabilità dei mercati finanziari, dato il nesso fiscale-finanziario ancora
forte.
Inoltre, la loro capacità di ospitare potenziali shock avversi è piuttosto limitata.
Nella recente pubblicazione Rapporto di sostenibilità fiscale, 2015 [10], la
Commissione europea ha individuato otto paesi della zona euro, vale a dire il
Belgio, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Slovenia e Finlandia, come
essere esposti a rischi per la sostenibilità fiscale elevata a medio termine,
principalmente a causa dei loro livelli di debito pubblico elevati e / o alte passività
implicite.
Il Rapporto mostra che laffrontare i rischi, ivi identificati, richiede la piena
attuazione dei requisiti di regolazione, come prescritto dal Patto per la stabilità e lo
sviluppo.
Tenuto conto di questa situazione, il Consiglio Ecofin dell 8 marzo 2016 ha
sottolineato la necessità per gli Stati membri di garantire posizioni di bilancio
sostenibili e di rispettare le norme di bilancio dell'UE.
Grosso modo, i paesi sono avvertiti che farebbero bene a utilizzare i profitti
eccezionali derivanti dal contesto attuale a basso tasso di interesse, in modo da
costruire protezioni e riserve a fronte di shock futuri.
Per un contributo più efficace e duraturo alla crescita economica nel medio termine, i
paesi dovrebbero indirizzare la loro azione politica a una valida spesa per investimenti
pubblici, tenendo a mente il margine fiscale utlizzabile.
Anche se la quantificazione degli effetti macroeconomici propende per una a elevata
incertezza, ci si può aspettare che gli investimenti pubblici abbiano effetti positivi
sulla domanda positivi e a fare aumentare la produzione, grazie allaumento dello lo
stock di capitale |
Nino Luciani, Sulla
proposta di Renzi di proporre un concorso tra Nobel, circa la giusta strategia per la
crescita. 1.- Premessa. Senza essere un
Nobel, riassumo le terapie (per la crescita):
a) la più invocata è quella di Keynes, ossia di alimentare (mediante la
spesa pubblica in disavanzo), una "domanda effettiva" (ossia accompagnata da
potere d'acquisto) di beni di consumo e investimenti. Fu la applicata negli anni '30, e
funzionò (ma non adesso, in Italia).
b) La terapia di Draghi (fabbricazione di moneta aggiuntiva sotto forma
di acquisto, in contanti, di titoli pubblici, sul mercato secondario) è di tipo
keynesiano. In pratica finanzia la spesa pubblica, indirettamente. Questa appare solo
impedire un peggioramento.
c) Dentro queste c'è (in qualche modo) quella di Renzi, di dare sgravi
fiscali a redditi con presumibile alta propensione al consumo (deduzione di 960
dall'irpef dovuta dai redditi fino a 24.000 all'anno), ma che non ha
funzionato.
d) Poi, c'è la terapia della UE: la stabilità monetaria, fondata sul
pareggio (quasi) del bilancio. Questa fu applicata da L. Einaudi nel 1947 (con
risultati positivi: rinvio a C. Bresciani Turroni, che ha
studiato quella situazione), ma da Monti nel 2012 (con risultati disastrosi).
2.- Quale la retta terapia, oggi ?
Il primo passo è fare una diagnosi. Se questa è sbagliata, la terapia (ancorchè
di Keynes) non può funzionare.
Un giovane, con la febbre alta, ha una malattia congiunturale e può guarire.
Un vecchio estremo, con la febbre alta, ha una malattia congiunturale, ma in un
corpo strutturalmente debole. Rischia la pelle, e non può aiutare il giovane.
L'immagine della vecchiaia estrema non è appropriata, ma rende l'idea dello Stato
Italiano.
Osservazione. Lo Stato italiano spende già tantissimo (55% del
PIL), e non ha margini per spese aggiuntive (causa debito pubblico, già alle stelle) e
neppure riesce a spendere il gettito in tempo reale.
Per la terapia di Keynes, bisogna partire da una spesa pubblica bassa. Ai tempi di
Keynes (anni '30) la pressione fiscale girava intorno al 30%. Il Italia, nel 1950 era 24%,
nel 1960 era 32,6% (ho ricostruito questi dati valendomi della Relazione sulla situazione
economica di allora, del Ministero del Bilancio).
Dunque la cura Keynesiana dovrà essere applicata in modo simmetrico: ossia si
dovrà affidare al settore privato la cura dello Stato, non il contrario.
Ma con le catene fiscali ai piedi, il settore privato non può funzionare,
pur avendo volontà (infatti le nostre imprese vanno all'estero ... vedi Giappone).
3.- Il caso della Unione Sovietica. Questo è il
caso estremo della applicazione di un grande ideale (il socialismo), ma finito male,
inclusa la negazione dei suoi principi di democrazia popolare, libertà, liberazione
dell'uomo dal bisogno. La differenza tra l'Utopia del vescovo Tommaso Campanella e l'URSS
è che il primo caso rimase uno schema ideale, mentre il secondo fu sperimentato.
La sperimentazione ha dimostrato che il socialismo reale si vale di un partito
unico che, a sua vota, si vale di un apparato burocratico statale onnipresente.
Il partito unico nasce come una guida necessaria dello Stato ma , via via con
il tempo, si impossessa dello Stato, nè più nè meno come Carlo Magno e la pletora dei
suoi Marchesi, Duchi, Vassalli e via di seguito. Alla fine il popolo viene ridotto a
servitù.
Ma lo Stato feudale è "minimo". Lo Stato socialista è massimo (si
impossessa di tutti i mezzi della produzione). Dunque, i politici (siccome sono
"ignoranti"), dovranno servirsi di burocrati "tecnici", i quali
(infine) si imporranno ai politici, grazie alla forza che viene a loro dalla conoscenza
delle regole.
Alla fine, in luogo del partito guida e della burocrazia tecnica, troveremo la "nomenclatura",
così identificata da M. Gorbaciov, che ci ha raccontato la fase avanzata del socialismo.
4. Il caso dell'Italia. Quando cadde l'URSS (1988-90), in Italia
abbiamo percepito:
- che i mali italiani erano grosso modo simili, sia pure in proporzione al rispettivo
grado di socialismo applicato;
- e che il socialismo è difficilmente sanabile dal proprio interno, ma solo
mediante un fallimento totale, a cui fare seguire un avvicendamento totale di una nuova
classe dirigente, nella guida dello Stato.
In generale, la mangeria dei partiti è legale (vale dire si mangia utilizzando
leggi), e questo vale anche per l'Italia. Ad es., nel caso dei Comuni, un modo è delegare
la gestione dei servizi sociali a cooperative e a vari enti esterni. I vantaggi sono
duplici:
a) anzichè dover assumere i dipendenti mediante concorso pubblici (questo è
obbligatorio in caso di servizi erogati direttamente), si delega la gestione ad una
cooperativa che:
- si impegna ad assumere personale di partito (che garantisce il voto al partito);
- a finanziare il partito.
4.- Il caso dell'Italia. La difficoltà di una
redenzione dall'interno nasce dal fatto che la nomenclatura non vuole perdere i privilegi
e si oppone al cambiamento.
L'avvicendamento era necessario, in Italia, già ai tempi della DC negli anni '70,
in proporzione al grado di socialismo applicato, via via, dal 1961 con i governi di
centro-sinistra ('ingresso dei socialisti nel governo ed espulsione dei liberali).
In parallelo, nei paesi a democrazia avanzata, appariva chiaro che lo Stato
efficiente si può ottenere solo con l'alternanza tra grandi partiti, al governo
In Italia, Aldo Moro diceva che "la DC deve essere alternativa a se
stessa".
Illuso, si dovrà arrivare al 1993 per vedere il grande capitombolo della DC
(dominata dalla corrente di sinistra), del PSI, del PSDI e del PRI, e l'espulsione dei
partiti mangiatori, dallo Stato.
Dopo il grande capitombolo dell'URSS apparvero maturi in Italia i tempi
della transizione dell'economia dallo Stato al Mercato: nel senso che, senza la
ricostruzione di un settore produttivo sano, non si può salvare neppure lo "Stato
sociale".
Nel 1992, la pressione fiscale e contributiva era il 41% del PIL; il rapporto
deficit/PIL era il 12,8% (non il 3% max, come la UE chiede oggi); il rapporto debito/PIL
era 105%.
Allora, il settore privato fu salvato chiudendo un occhio sulla evasione fiscale
fiscale.
Nella fase attuale c'è il pericolo di un secondo scatafascio, dopo quello del
1993: perdura la mangeria conclamata dei partiti e della burocrazia (cos'altro sono le
pensioni d'oro ?), oltre allo eccesso di fiscalità, la lotta alla evasione fiscale non da
scampo a nessuno. Ma andiamo per gradi.
5.- L'astro Berlusconi. Nel 1993-94, la nascita di FI determinò l'arrivo
di Berlusconi, astro nascente, espressione della imprenditoria privata, l'ideale per
transitare l'economia italiana dallo Stato al Mercato.
Rinvio a un mio intervento al Forum di Saint Vincent, 1993, organizzato da J.
Iacobelli, a cui rinvio (Scritti scelti, http://amsacta.unibo.it/., p. 492).
Anche quel suo "Contratto con gli Italiani" pareva dare una
affidabilità. Ma, poi, I. Montanelli (noto giornalista) ci dirà che, da un colloquio con
lui, avesse tratto il convincimento che Berlusconi aspirasse al Governo italiano non per
un progetto liberale, ma per coronare il suo sogno imprenditoriale di aggiungere, al suo
impero aziendale, l'impero sull'Italia.
Lasciamo ai posteri la sentenza.
Fatto sta che nel 2011 Berlusconi accoglierà la preghiera di Napolitano, di
dimettersi, per non indurre lo Stato italiano in bancarotta. Il grafico della storia del
debito pubblico italiano (si vegga subito qui sotto) mostra, effettivamente, un aumento
del debito, nel 2008-2011 (governo Berlusconi).
Anche lui aveva fatto il furbetto: coprendo le spese con il debito, in luogo di
imposte, vale dire avrebbe passato il "cerino acceso" alle future generazioni e
ai futuri governi, e che ora si trova in mano a RENZI, senza colpa.
6.- Veniamo al dunque. Senza smantellamento parziale dello Stato, e senza
abbattimento della pressione fiscale di almeno il 10% del PIL, il settore privato non
potrà tornare in campo, per rimettere in piedi l'economia e il lavoro, il sociale
vero. Il punto è un taglio secco alla mangeria dei partiti e della burocrazia.
Come farai ?
Nella riforma costituzionale, già c'è un buon taglio ai compiti regionali. Ma
servirà molto di più. Es.
a) abolire totalmente le Regioni come enti legislativi, e farne un solo ente
amministrativo intermedio tra lo Stato e i Comuni;
b) ripristinare la separazione tra banca (pubblica o privata) e industria (pubblica o
privata).
c) Ogni ente a fini generali (Stato, Regione, Comune) dovrà fornire i servizi in modo
diretto, con divieto di delega di gestione a soggetti privati;
d) Potranno restare imprese pubbliche in settori strategici, ma con divieto di carico dei
divavanzi sul bilancio pubblico, salvo per quelle di eccezionale rilevanza sociale
esplicitamente riconosciuta dalla legge (es. l'acqua, la foresta, il trasporto dei
pendolari).
5) Debito pubblico. Si dovrà creare un fondo di ammortamento di 25-30
anni, alimentato da una fetta del gettito fiscale.
Il debito non va pagato con nuovo debito nè con vendita di immobili pubblici,
impossibile. Su questo, rinvio alla edizione precedente di questo Foglio (si vegga subito,
qui sotto).
Sulle privatizzazioni. E' sbagliato chiedere allo Stato di privatizzare
il patrimonio immobiliare pubblico, se poi la fruibilità comporta un impossibile cambio
di destinazione (che rientra nei poteri dei Comuni).
Da decenni sono richieste privatizzazioni di imprese pubbliche e abolizioni di enti
inutili.
Le imprese in disavanzo, operanti sul mercato, non sono privatizzabili, ma solo da
chiudere.
Il personale delle imprese chiuse va licenziato ? Esso deve ricevere un sussidio
temporaneo pubblico, per un tempo ragionevole: il tempo per avviare una nuova attività,
trovare un lavoro. |
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http://amsacta.unibo.it/
ITALIA: legge di stabilità 2016 - semaforo giallo |
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Matteo Renzi. |
INTRECCI TRA LEGGE DI STABILITA' E IMPERATIVI EUROPEI
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Renzi a Madama Merkel:
" Non dite che donate il sangue all'Europa"
(Bruxelles, 18 dic. 2015)
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Legge di stabilità:
anche nel testo approvato dalla Camera,
il debito pubblico e lo strozzamento fiscale permangono, anzi... |
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Unico fatto
nuovo, e provocatorio, di queste settimane è una Sentenza
della Corte Costituzionale che obbliga il Governo a ripristinare la
Lira. |
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Angela Merkel |
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LUCIANI, Il nostro Renzi non ha ancora capito ...che
in Italia, prima che in UE, ha le mani legate dal lato finanziario. E se, invece, è
sicuro del fatto proprio, non pietisca, ma agisca (non con parole al vento). La legge
di stabilità 2016 non affronta nulla dei nodi strutturali, e infatti il debito pubblico
è già tornato a crescere (2.211,8 mld), e le imposte aumentano. Questo è eccesso
di socialismo. Urge, per salvare lo stato sociale, tornare a produrre. E per prevenire di
non fare (troppo tardi) la giravolta di Tsipras, rifletta perchè il Governo Monti, in
ossequio alla UE, aveva anticipato la cessazione del corso della Lira, ma fortunatamente
rispristinato dalla Corte Costituzionale italiana. |
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(Replica
del Governo, al termine del dibattito alla Cameta A.C. 3444-A
e 3445-A)
PIER
CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze.
Intenderei replicare ripercorrendo i tratti essenziali di questa legge di
stabilità. Il quadro internazionale è più complesso di qualche mese addietro.
La politica monetaria dalla Banca centrale europea continua a produrre effetti benefici
sull'aspettative di inflazione, mentre la dinamica dei prezzi nell'eurozona è
ancora decisamente lontano agli obiettivi.
Al tempo stesso la crescita di alcune grandi economie emergenti continua a
rallentare, alimentando le pressioni al ribasso sui prezzi delle materie prime,
dell'energia e dei prodotti finiti, penalizzando il commercio internazionale. Riflettendo
anche queste tendenze l'inflazione in Italia continua ad evolversi secondo tassi molto
contenuti, d'altro canto la Federal Reserve ha deciso ieri di alzare i tassi di interesse
di riferimento, segnalando fiducia rispetto alle prospettive di crescita negli Stati
Uniti.
Nonostante lo scenario internazionale si stia facendo più difficile,
la fase di ripresa dell'economia italiana si sta progressivamente rafforzando.
Le stime di crescita del PIL presentata nel disegno di legge di stabilità
2016 vengono confermate. I dati di ottobre sul prodotto industriale suggeriscono che
l'economia si sta muovendo nella giusta direzione, i consumi sono in moderata ripresa
anche grazie alle misure adottate dal Governo.
Lo sforzo del Governo si concentra ora su investimenti e competitività,
oltre alle politiche di riequilibrio sociale e territoriale. Rivitalizzare gli
investimenti pubblici e privati in un contesto di rinnovata stabilità della finanza
pubblica resta quindi un obiettivo prioritario.
Ma le novità di contesto non riguardano solo lo scenario economico, il
materializzarsi delle minacce del terrorismo globale a cui abbiamo assistito ha
determinato la necessità di innalzare le misure di sicurezza nel nostro Paese, a livello
europeo e internazionale. |
Sentenza della Corte Costituzionale
216/2015 del 07/10/2015,
TORNA
IL CAMBIO LIRA/EURO
Sintesi
dei punti essenziali
(Per il testo completo, clicca su LIRA/EURO )
1.-
Premessa. La Corte Costituzionale, aveva dichiarato incostituzionale, e dunque
nullo, l''art. 26 del decreto-legge 6 dic. 2011, n. 201 del Governo Monti. Il decreto
aveva deciso che "le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in
circolazione si prescrivono a favore dellErario con decorrenza immediata ed il
relativo controvalore è versato allentrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnato al Fondo per lammortamento dei titoli di Stato".
Invece il diritto alla conversione sarebbe dovuto scadere il 28 febbraio
2012.
2.- Secondo la Corte, «il legislatore gode di ampia discrezionalità, con
lunico limite delleventuale irragionevolezza, qualora esso
venga determinato in modo da non rendere effettiva la possibilità di esercizio del
diritto cui si riferisce, e di conseguenza inoperante la tutela voluta accordare al
cittadino leso. ....
"I possessori di banconote in lire avevano la ragionevole fiducia nel
mantenimento del termine fino alla sua prevista scadenza decennale, ...sia il
diritto di convertire le banconote in euro presso le filiali della Banca
dItalia".....
"Nel caso in esame non risulta operato alcun bilanciamento fra
linteresse pubblico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai
possessori di banconote in lire, dal momento che lincisione con effetto immediato
delle posizioni consolidate di questi ultimi appare radicale e irreversibile, nel senso
che la disposizione non lascia alcun termine residuo, fosse anche minimo, per la
conversione.
Né, daltro canto, lo scopo perseguito imponeva un tale integrale
sacrificio, visto che, come si poteva prevedere fin dallapprovazione della norma,
per la maggior parte delle banconote in lire corrispondenti al controvalore versato
allentrata del bilancio dello Stato non sarebbe stata chiesta la
conversione"... |
COMMENTO di NINO LUCIANI
1.- Premessa. Qui a fianco è
riportato il testo integrale della replica del Ministro dell'Economia ai vari interventi
dei deputati della Camera, sulle modifiche apportate al testo del Senato.
Le modifiche sono vari spostamenti di piccole cifre, secondo le richieste dei
deputati. Ma la sostanza complessiva non è cambiata, come è mostrato dalle seguenti
tabelle, dall'arrivo del disegno di legge dal ministero delle finanze alle camere, pur se
non manca lo sbandieramento dei deputati, dei "successi ottenuti".
In breve, il governo vanta il calo delle tasse, ma si tratta del calo per
qualcuno e dell'aumento maggiore per qualcun altro. Tant'è che le entrate aumenteranno di
12 miliardi nel 2016.
A riguardo delle spese, va invece preso atto della volontà del governo di
bloccarle in futuro.
Ma, poi, si viene a sapere in questi giorni, dalla Banca d'Italia, che il
debito pubblico è salito a 2.211,8 miliardi. Non c'è credibilità.
Tra l'altro, nel nuovo testo è previsto un aumento dell'indebitamento netto (dal
2,2% al 2,4% del PIL), espresso in modo inaccettabile perchè il PIL del 2016 è
solo una previsione, e dunque andrebbe messo, comunque, un tetto in valore assoluto.
Ma non è colpa del governo. Vediamo meglio.
TESTO DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA ENTRATO AL
SENATO |
Milioni di |
Entrate finali |
Uscite finali |
Saldo |
|
2015 |
|
2016 |
|
2017 |
|
2018 |
|
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TESTO CHE ESCE DALLA CAMERA,
E TORNA AL SENATO
(Fonte: Servizio Studi della Camera) |
Milioni di |
Entrate finali |
Uscite finali |
Saldo |
|
2015 |
|
2016 |
|
2017 |
|
2018 |
|
Milioni di |
|
Ricorso al mercato |
- 295.794 |
-254.360 |
- 283.749 |
- 249.992 |
|
|
(Continua
Padoan)
Con risoluzione adottata in data 8 ottobre 2015, ai sensi della legge n. 243
il Parlamento ha autorizzato il Governo al ricorso all'indebitamento nei limiti massimi
indicati nella relazione 2015, deliberata dal Consiglio dei ministri lo scorso 18
settembre. Il Governo, anche in considerazione dei recenti avvenimenti internazionali
relativi ai gravi fatti di terrorismo e al fine di rafforzare l'apparato di sicurezza
nazionale intende da subito avvalersi dei margini finanziari consentiti nei limiti massimi
indicati nella citata relazione al Parlamento, pari nel 2016 a un indebitamento
netto delle amministrazioni pubbliche del 2,4 per cento in rapporto al PIL, cui
corrisponde un saldo netto da finanziare nel bilancio dello Stato pari a 35,4 miliardi,
che le Camere hanno già autorizzato con le soluzioni sopra indicate.
La strategia del Governo si muove lungo due direttrici: contrastare i rischi legati alla
possibilità che si verifichino episodi di terrorismo e rafforzare ulteriormente la difesa
dei valori che rappresentano i pilastri della nostra società.
Sotto il primo profilo, gli interventi proposti attengono principalmente
all'ammodernamento delle dotazioni strumentali in uso alle forze del comparto
sicurezza e del comparto difesa, al potenziamento della capacità di sorveglianza,
comunicazione, intervento e logistica delle forze di sicurezza e difesa, allo sviluppo
della sicurezza informatica e all'incremento del trattamento economico del personale
appartenente ai comparti indicati. Quanto al secondo aspetto, gli interventi
riguardano in particolare la riqualificazione urbana e delle periferie, il rafforzamento
della conoscenza del patrimonio culturale da parte dei giovani, il rafforzamento del
diritto allo studio. Trattandosi di interventi che esplicano i propri effetti nel 2016 si
conferma il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine nel 2018.
Le linee guida dell'azione di Governo restano invariate, il piano
presentato nel disegno di legge di stabilità resta ispirato ad un consolidamento della
finanza pubblica in parallelo ad una azione di sostegno alla crescita di consumi e
investimenti. L'incertezza legata al contesto internazionale rende l'azione di Governo a
sostegno degli investimenti pubblici e privati ancor più necessaria al raggiungimento
degli obiettivi di crescita. Per quanto riguarda la finanza pubblica, l'intonazione della
politica di bilancio più favorevole alla crescita si accompagna alla progressiva
riduzione dell'indebitamento netto e sfrutta gli spazi fiscali liberati dalle clausole di
flessibilità, definite dalla Commissione europea nella comunicazione del 13 gennaio di
quest'anno.
Nonostante la bassa inflazione e la moderata crescita nominale, per la prima volta
in otto anni di aumenti successivi, il debito pubblico diminuirà dell'1,4 per cento nel
2016, per poi ridursi più rapidamente, fino a scendere sotto il 120 per cento del PIL nel
2019. Per quanto riguarda l'alleggerimento fiscale, sulla pressione
fiscale si interviene innanzitutto rimuovendo gli aumenti delle imposte, che a normativa
vigente dovrebbero scattare all'inizio del 2016, per un gettito pari a 16,8 miliardi,
circa un punto di PIL. Si riducono inoltre le imposte sulla proprietà di
immobili residenziali adibiti ad abitazioni principali, che interessano circa
l'80 per cento dei nuclei familiari, e sui terreni agricoli e macchinari
d'impresa cosiddetti imbullonati, per un valore complessivo di circa lo 0,3 per cento di
PIL. Il primo intervento mira a migliorare le aspettative delle famiglie e le relative
decisioni di consumo, gli altri due ad accrescere la competitività del sistema
produttivo. |
(Continua
Luciani)
2.- La retta via. Mi rifiuto assolutamente di mischiarmi con chi, dati i fatti,
impreca contro il governo. La verità è che, in attesa delle riforme costituzionai e di
nuove elezioni con l'ITALICUM, nessun governo (che si regge su una maggioranza frolla,
come tutte quelle di questi anni, da 40 anni) può affrontare i problemi di
struttura dell'Italia.
Domando: un governo di sinistra potrebbe riformare lo Stato, abolendo le Regioni,
mentre Regioni come la Toscana e l'Emilia Romagna sono in mano al PD, fondamenta del
governo in carica ?
E potrebbe un qualunque Governo (di destra o di sinistra) ammortizzare in pochi
anni (con una imposta straordinaria) il debito pubblico (eccedente il 60% del PIL),
se già la pressione fiscale è insostenibile ?
E potrebbe un qualunque governo uscire dall'area Euro, mentre il potere
sull'Euro è in mani della UE ? Riprendo questo tema nel punbo 3.
Disprezzo al tempo stesso quelli di FI o la Lega, che gridano contro
l'immobilismo finanziario del governo, fiduciosi che "tutti" gli italiani si
siano dimenticati della mela avvelenata regalata dai Governi Berlusconi-Bossi ai governi
successivi.
Trattasi del fatto che quei governi di centro-destra hanno spinto molto in
alto la spesa dello Stato, e l'hanno coperta con debito pubblico aggiuntivo, vale
dire con imposte sulle future generazioni (che è la mela avvelenata nella borsa di
Renzi).
3..- Il nodo del debito pubblico. Gli sberleffi (si fa per dire, ma non
è così) di Renzi alla Merkel sono del tutto fuori posto, perchè lo Stato Italiano,
così come è combinato, peggiorebbe tutto se aumentasse la spesa, e questo perchè non è
neppure capace di spendere (infatti, è talmente borbonico che riesce a spendere in tempo
reale solo il 70-80% del prelievo fiscale). Clicca su Ragioneria Generale dello Stato.
Il problema finanziario vero è abbattere il debito pubblico, cosa
che si può fare (a parte l'abbattimento della spesa, eliminando le Regioni) solo in due
modi:
a) che la UE carichi su di se il debito pubblico eccedente il 60% del PIL (per stare a
Maastricht), e da coprire con una imposta generale sui redditi di tutti i paesi aderenti);
b) oppure mediante una inflazione molto maggiore del 2% annuo, ma almeno del 5%.
Ma la UE lo permetterà ? Penso di no e allora RENZI (o chi per lui) dovrà
imboccare la stessa strada di Tsipras e di Varoufakis, ma provvedendo per tempo a non
farsi "imbacuccare" (come Tsipras): vale dire farsi tagliare la liquidità.
Questo ipotizza avere a disposizione una seconda moneta legale (Lira).
A Tsipras, l'incidente non sarebbe accaduto se avesse per tempo ripristinato
la dracma.
5.- Ripristinare la lira, come seconda moneta, accanto all'Euro ? Non
dice nulla il fatto che il Governo Monti, in ossequio alla UE, abbia anticipato la fine
della lira ?
Senonchè "diavolo fa le pentole, ma non i coperchi". E' infatti delle
scorse settimane la notizia che la Corte Costituzionale italiana abbia rispristinata la
LIRA, sia pur ai fini dei ritardatari rimasti con lire in portafoglio.
Direi che il "coperchio" ( vale dire la LIRA) sia ripristinato, e spero
in modo permanente e pronto all'eventuale uso, se questi sia l'ultimo modo per abbattere
la metà del debito pubblico, mediante l'inflazione (5%).. |
(Continua Padoan)
Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, al fine
di sostenere ulteriormente i segnali di ripresa dell'economia, il Governo ha definito una
strategia di azione che si articola attraverso misure di accelerazione della spesa
dei fondi europei e di rafforzamento delle strutture amministrative. Una porzione
importante degli investimenti pubblici in Italia sono cofinanziati da fondi europei,
quindi ci si può avvalere della clausola per gli investimenti prevista dalla
comunicazione della Commissione sulla flessibilità. Tale clausola implica, oltre ad un
accresciuto spazio di manovra per investimenti, anche un incentivo a migliorare
l'efficienza e le procedure legate a tali investimenti. I fondi strutturali europei nel
periodo 2014-2020 giocano un ruolo rilevante per il rispetto degli obiettivi di spesa
definiti dalla clausola di flessibilità. Pertanto, al fine di assicurare condizioni di
accelerazione dell'utilizzo di tali fondi, nel disegno di legge stabilità sono previste,
tra le altre, importanti misure rivolte ad agevolare i processi di spesa dei fondi europei
da parte delle regioni. A corollario di queste misure il Governo ha promosso una serie di
azioni volte a rafforzare le competenze e le capacità delle strutture amministrative e
tecniche responsabili dell'attivazione degli investimenti finanziati con risorse
pubbliche.
Ma ci sono anche misure volte a rafforzare gli investimenti privati. Il
super-ammortamento: nella legge di stabilità si introduce una maggiorazione del 40 per
cento del costo fiscalmente riconosciuto per l'acquisizione, dal 15 ottobre 2015 al 31
dicembre 2016, di beni strumentali nuovi, in modo da consentire l'imputazione al periodo
d'imposta di quote e ammortamenti e canoni di locazione finanziaria più elevati.
Si tratta di una misura immediatamente attiva e che presenta caratteristiche di
semplicità. L'avviamento: si interviene sulla disciplina delle aggregazioni aziendali,
consentendo ai contribuenti di ridurre il periodo di ammortamento previsto per
l'avviamento e i marchi d'impresa da dieci a cinque quote.
Vorrei dire comunque che la legge di stabilità esce rafforzata dal dibattito
parlamentare, anche grazie a proposte dell'opposizione. Cito alcune di queste misure che
hanno rafforzato la legge di stabilità. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, il Governo
ritiene in via generale che nel Mezzogiorno sia innanzitutto necessario migliorare
l'implementazione delle politiche nazionali. In questo quadro, analogamente alla misura
del super-ammortamento valida sull'intero territorio nazionale, si introducono benefici
fiscali aggiuntivi, nella forma di un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali
nuovi, destinati a strutture produttive nelle regioni del Mezzogiorno dal 1o
gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura dell'agevolazione è differenziata in
relazione alle dimensioni aziendali. Danno diritto al credito d'imposta gli investimenti
facenti parte di un progetto d'investimento iniziale relativo all'acquisto, anche tramite leasing,
di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive nuove o già
esistenti. Il tetto massimo per ciascun progetto d'investimento agevolabile è di 1,5
milioni di euro per le piccole imprese, di 5 milioni per le medie e di 15 milioni per le
grandi. Non bisogna poi dimenticare che con la legge di stabilità 2016 si realizza il
superamento del Patto di stabilità interno e si attivano meccanismi di gestione del
bilancio che consentono di disporre complessivamente di risorse pari a 11 miliardi per
investimenti pubblici, di cui più di sette per il Mezzogiorno.
Per quanto riguarda le regioni, per le regioni a statuto ordinario abbiamo aumentato di
600 milioni il contributo ai fini della riduzione del debito, portandolo da 1.300 a 1.900
milioni di euro. Il contributo è finanziato per l'esatto importo attraverso il Fondo per
assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili, istituito
dal decreto-legge n. 35 del 2013.
In materia pensionistica l'impianto generale prevede che non venga modificato l'assetto
del sistema pensionistico e che le misure adottate siano finanziate nell'ambito del
sistema previdenziale, in parte estendendo l'intervento sull'indicizzazione delle pensioni
introdotto nel 2013 e in parte prevedendo la razionalizzazione di fondi già programmati.
Durante l'esame parlamentare tale impianto della legge di stabilità 2016 è stato
confermato.
Per quanto attiene alle innovazioni apportate nel corso dell'iter parlamentare, segnalo,
tra le altre: l'anticipo al 2016 della misura relativa all'innalzamento della «no tax
area» contenuto nel disegno di legge con decorrenza 1o gennaio 2017; la
sterilizzazione nel 2016, con recupero nel 2017, della restituzione da parte dei
pensionati dello 0,1 per cento di indicizzazione ricevuto in più nel 2015 con riferimento
alla rivalutazione per l'anno 2014.
In conclusione, con la legge di stabilità, continua l'azione di Governo di sostegno a
crescita e a occupazione in un quadro di progressivo consolidamento dalla finanza
pubblica, azione che si basa anche, come è noto, su un forte coinvolgimento sul piano
delle riforme strutturali che continuerà nel 2016. Concludo, signor Presidente,
associandomi al ringraziamento al Parlamento per il lavoro svolto. PADOAN |
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ITALIA: legge di stabilità 2016 |
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J.P. Juncher, Presidente C.E.
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Commissione
Europea: semaforo verde
alla legge di stabilità del
governo Renzi - Padoan ? |
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TAGLIO IMU sulla prima abitazione
e presto anche dell'IRES sulle imprese (Padoan) |
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RENZI :"abbassare le tasse non è di destra, è giusto" |
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BERSANI :"la scelta cancellare per tutti la tassa sulla prima casa va
contro il principio della progressività delle imposte." |
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P.C. Padoan, Ministro Finanze
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LUCIANI: L'esame del disegno di legge, in
dettaglio, mostra (per il 2015-18) una previsione di spesa costante,
di entrate fiscali in aumento, e quindi deficit calante. Guardando alle singole decisioni,
diresti che il senso
delle cose sia di tipo REAGANIANO, in reatà molto meno, ma che inducono alla speranza che
ci si prepari ad avviare una parziale transizione dell'Italia dallo STATO al MERCATO.
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DAL
CONSIGLIO DEI MINISTRI
15 ottobre 2015
COMUNICATO
LEGGE DI STABILITÀ 2016
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (disegno di legge)
Punti principali della legge:
ELIMINAZIONE AUMENTI ACCISE E IVA - Vengono totalmente
disattivate per il 2016 le clausole di salvaguardia previste dalle precedenti disposizioni
legislative per un valore di 16,8 miliardi. Di conseguenza non ci saranno aumenti di Iva e
Accise.
TASI-IMU - Limposta sulla prima casa viene
abolita per tutti per una riduzione fiscale complessiva pari a circa 3,7 miliardi. La Tasi
viene abolita anche per linquilino che detiene un immobile adibito ad abitazione
principale.
IMU AGRICOLA Vengono esentati dallImu tutti i
terreni agricoli montani, semi-montani o pianeggianti - utilizzati da coltivatori
diretti, imprenditori agricoli professionali e società. Lalleggerimento fiscale per
chi usa la terra come fattore produttivo è pari a 405 milioni.
COMPENSAZIONI AI COMUNI I Comuni saranno interamente
compensati dallo Stato per la perdita di gettito conseguente alle predette esenzioni
di Imu e Tasi su abitazione principali.
PATTO STABILITÀ COMUNI Le nuove regole
consentiranno ai Comuni che hanno risorse in cassa di impegnarle per investimenti per
circa 1 miliardo nel 2016. In aggiunta sarà consentito lo sblocco di pagamenti di
investimenti già effettuati (e finora bloccati dal Patto) a condizione che i comuni
abbiano i soldi in cassa.
IMU IMBULLONATI - Gli imbullonati non saranno più
conteggiati per il calcolo delle imposte immobiliari per un alleggerimento fiscale pari
a 530 milioni di euro.
IRAP IN AGRICOLTURA E PESCA Dal 2016 viene
azzerata.
AMMORTAMENTI - La misura è volta a incentivare gli
investimenti in beni strumentali nuovi (a partire dal 15 ottobre 2015 e fino al 31
dicembre 2016) attraverso il riconoscimento di una maggiorazione della deduzione ai fini
della determinazione dellIres e dellIrpef. La maggiorazione del costo
fiscalmente riconosciuto è del 40% portando al 140% il valore della deduzione.
IRES - Si ridurrà del 3,5%, dallattuale 27,5%
al 24%, a partire dal 2017, con uno sgravio di 3,8 miliardi nel primo anno che arriverà a
circa 4 miliardi dallanno successivo. Si potrà anticipare di un anno lentrata
in vigore della riduzione dellaliquota qualora le istituzioni europee accordino la
clausola migranti.
PROFESSIONISTI E IMPRESE DI PICCOLE DIMENSIONI La
norma viene modificata per ampliare laccesso al regime fiscale forfettario di
vantaggio . La soglia di ricavi per laccesso a tale regime viene aumentata di 15.000
euro per i professionisti (portando così il limite a 30.000 euro) e di 10.000 euro per le
altre categorie di imprese. Viene estesa la possibilità di accesso al regime forfettario
ai lavoratori dipendenti e pensionati che hanno anche unattività in proprio a
condizione che il loro reddito da lavoro dipendente o da pensione non superi i 30.000
euro. Per le nuove start up viene previsto un regime di particolare favore con
laliquota che scende dallattuale 10% al 5% applicabile per 5 anni (anziché 3
anni). In attesa di una riforma strutturale sulla fiscalità delle società di persone,
aumenta la franchigia di deduzione IRAP per questa tipologia di imprese da 10.500 a 13.000
euro.
ASSUNZIONI - Anche per le nuove assunzioni a tempo
indeterminato effettuate nel 2016 è prevista una agevolazione attraverso la riduzione dei
contributi al 40% per 24 mesi, misura che complessivamente porta a un alleggerimento pari
a 834 milioni nel 2016 per salire a 1,5 miliardi nel 2017.
BONUS EDILIZIA Viene aumentata dal 36% al 50% la
detrazione sulle spese sostenute per le ristrutturazioni edilizie, confermando
lattuale livello di agevolazione. La detrazione viene mantenuta anche per
lacquisto dei mobili e di grandi elettrodomestici. Si conferma al 65% il
cosiddetto ecobonus, la detrazione sulle spese per gli interventi di
riqualificazione energetica degli immobili.
CONTRATTAZIONE DECENTRATA Sulla quota di salario di
produttività, di partecipazione agli utili dei lavoratori o di welfare aziendale
derivante dalla contrattazione aziendale si applica laliquota ridotta del 10% con
uno sgravio fiscale complessivo di 430 milioni nel 2016 che sale a 589 negli anni
successivi. Il bonus avrà un tetto di 2.000 euro (estendibile a 2.500 se vengono
contrattati anche istituti di partecipazione) e sarà utilizzabile per tutti i redditi
fino a 50.000 euro.
CANONE RAI Si riduce dagli attuali 113,50 a 100
euro. Si pagherà attraverso la bolletta elettrica della casa di abitazione. Restano in
vigore le attuali esenzioni.
CONTANTE - La soglia per i pagamenti in contanti sale da
1.000 a 3.000 euro.
COOPERAZIONE Crescono i fondi per la cooperazione
internazionale: 120 milioni nel 2016.
SOSTEGNO AI PIU DEBOLI 90 milioni nel 2016 per
la Legge sul Dopo di noi per sostenere persone con disabilità al venir meno
dei familiari. Rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza per un totale di 400
milioni di euro.
SEMPLIFICAZIONI FISCALI - Si anticipa di un anno la
semplificazione delle sanzioni amministrative in campo fiscale. Le imprese si vedranno
subito rimborsare lIVA per i crediti non riscossi, senza dover aspettare la fine
delle procedure concorsuali. Si permette lo scioglimento delle società di comodo.
CONTRASTO ALLA POVERTÀ Viene istituito presso il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il Fondo per la lotta alla povertà e
allesclusione sociale al quale è assegnata la somma di 600 milioni di euro
per il 2016 e di un miliardo a decorrere dal 2017. Il Fondo finanzierà la legge delega
sulla povertà che verrà approvata come collegato alla legge di stabilità. Parte la
prima misura strutturale contro la povertà, che sarà prioritariamente rivolta alle
famiglie povere con minori a carico. Viene poi istituito, in via sperimentale, un altro
fondo finalizzato a misure di sostegno contro la povertà educativa, alimentato da
versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie. Attraverso questa seconda iniziativa si
rendono disponibili ulteriori 100 milioni lanno.
PENSIONATI Aumenta la no tax area, ossia
la soglia di reddito entro la quale i pensionati non versano lIrpef. Per i soggetti
sopra i 75 anni si passa dallattuale soglia di 7.750 euro a 8.000. euro,
sostanzialmente lo stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti. Per i
pensionati di età inferiore ai 75 anni la no tax area aumenta da 7.500 euro a
7.750 euro.
SALVAGUARDIA PENSIONI Viene prevista la settima
operazione di salvaguardia a favore dei soggetti in difficoltà con il lavoro
e che non hanno ancora maturato i requisiti della legge Fornero per accedere al
pensionamento. Per finanziare la settima salvaguardia si spendono le risorse
non utilizzate nelle precedenti salvaguardie chiuse.
OPZIONE DONNA Il regime sperimentale per le donne
che intendono lasciare il lavoro con 35 anni di contributi e 57-58 anni di età (e la
pensione calcolata con il metodo contributivo) viene esteso al 2016, anno in cui devono
essere maturati i requisiti.
PART TIME La norma è finalizzata ad accompagnare i
lavoratori più anziani al pensionamento in maniera attiva. Si potrà chiedere il part
time ma senza avere penalizzazioni sulla pensione perché lo Stato si farà carico dei
contributi figurativi. Il datore di lavoro dovrà corrispondere in busta paga al
lavoratore la quota dei contributi riferiti alle ore non prestate, che si trasformeranno
quindi in salario netto.
CATTEDRE UNIVERSITARIE DEL MERITO 500 nuovi
professori saranno selezionati sulla base del merito tra i migliori cervelli,
allestero o in trappola in Italia, in settori strategici per il futuro
del Paese. Per tale misura sono previsti 40 milioni per il prossimo anno e 100 milioni dal
2017.
GIOVANI RICERCATORI Allassunzione di 1.000
nuovi ricercatori vengono destinati 45 milioni nel 2016, che salgono a 60 milioni nel 2017
e a 80 milioni nel 2018.
SPECIALIZZANDI MEDICI 6.000 borse (ogni anno) per
gli specializzandi medici, per assicurare qualità e prospettiva al sistema sanitario
nazionale. |
COMMENTO
di NINO LUCIANI
1.- Premessa. Prendo atto del
COMUNICATO del Governo (riportato qui a fianco) e passo al disegno di legge di stabilità
originale, il cui testo si può leggere cliccando su: Stabilità).
Appare subito difficilissimo capirne qualcosa, per due ragioni:
a) il testo è un *.pdf ottenuto per stampa di 511
immagini, non un file in formato scrittura (*.word, *.htm, ...).
Questo fatto lo rende di difficilissima e lunga consultazione. Purtroppo il
Ministero delle Finanze tratta (vergognosamente, sono costretto a dire) da anni il
parlamento in questo modo, e altrettanto tutti noi, così che da anni non riusciamo
a decifrare con chiarezza il bilancio dello Stato.
Ben altra cosa sono i documenti della Banca d'Italia, i
soli da cui è possibile capire qualcosa, ma (al momento) non sul disegno di legge di
stabilità.
Ma facendoci forza, e passando, manualmente, una per una, le 511
pagine, si trova una infinità di informazioni particolari difficili da dominare, e subite
secondo l'ordine della Ragioneria.
A pag. 272-74 si trovano i dati numerici di sintesi, quelli che
servono per un giudizio complessivo alla UE, vale dire tre tabelle da cui è possibile
capire le verità o le bugie del ministero delle finanze.
Milioni di |
Entrate finali |
Uscite finali |
Saldo |
|
2015 |
|
2016 |
|
2017 |
|
2018 |
|
Se ho ben capito, in questi conti,
le previsioni di deficit appaiono resistere, ma in calo; le previsioni di spesa
sono tenute costanti, mentre sono in aumento le previsioni di entrata.
La conclusione è che non è in programma nessuna riforma strutturale
di sostanza, il nodo di tutto; anzi, cosa grave, la tassazione non vira verso il basso.
Dovremo prendere di petto RENZI ?
Dobbiamo solo capire che nessun governo in Italia (da 30 trent'anni) fa
riforme strutturali dello Stato perchè non c'è un sistema di governo
capace di prendere decisioni strutturali.
Vedremo l'anno prossimo se sarà fatta la riforma costituzionale e applicata la
nuova legge elettorale. Solo a quel punto capiremo se si farà la vera riforma dello Stato
e abbassate le imposte.
2.- In generale, abbassare le tasse è
di destra o di sinistra ? L''alternativa tra Stato e Mercato è il terreno
corretto per separare la destra (MERCATO) dalla sinistra ( STATO).
Renzi è di sinistra, e Alfano (il suo Vice) è di destra.
Fatti recenti. Le vicende del governo Monti sono le più
tristi dell'Italia recente. Pur essendo di destra, egli è stato di una crudeltà fiscale
fuori limite (anche colpire l'evasione sulla pelle delle imprese morenti - in questi casi
si concede una dilazione), tale da chiudere l'Italia in un tunnel buio, senza speranza. Si
vegga un nostro grafico di qualche mese fa.
Monti ha anche ignorato che lo Stato spendeva in tempo reale solo il
70% di quanto prelevava, per cui la domanda del mercato cadeva in depressione,
ulteriormente. Si vegga una nostra tabella sulla capacità
di spesa della Pubblica Amministrazione.
Donald Reagan ? Quel Presidente degli Stati Uniti è
rimasto famoso per il suo programma di destra per lanciare il PIL, abbassando
la pressione fiscale, e questo mentre negli USA la tassazione del reddito era al
28%, ossia bassissima in confronto ai Paesi Europei. Secondo Reagan
abbattere le tasse, induceva le imprese a produrre di più e questo avrebbe aumentato il
gettito fiscale. (Non sempre il conto torna, ad es., se mancano le
infrastrutture pubbliche).
Non solo questo. Reagan voleva anche semplificare la tassazione personale
progressiva del reddito (con la " progressività per detrazione"), vale dire una
sola aliquota, tassando il reddito complessivo al netto di una detrazione fissa.
La convinzione di Reagan si fondava su una grande verità. Un sistema
fiscale giusto ma che impedisce la produzione, taglia il ramo su cui uno è seduto. Su
questo verità, in generale gli uomini di sinistra sono spesso superficiali.
Bersani, forse, non ha visto in quale situazione di degrado si
trovano le case nelle grandi città, come Napoli, Palermo: una vera tristezza.
Renzi vuole come Reagan ? Anzi, guardando dentro le cose, la storia è
più pesa: c'è di mezzo un secondo piccione, da prendere con una sola fava: salvare il
socialismo italiano, già in atto ma in pericolo.
3.- Perchè oggi abbassare le tasse è divenuto di sinistra.
Gorbaciov aveva capito che il sistema comunista (di cui era
Segretario Generale nell'Unione Sovietica) era sull'orlo della catastrofe economica e si
propose di salvarlo tornando indietro nella statalizzazione (allora 95%) del sistema
economico.
Gorbaciov ci aveva raccontato che (a dispetto della fame del popolo) nel
sistema sovietico il controllo dell'economia era tutto in mano al PCUS-Partito Comunista e
alla NOMENCLATURA (burocrazia ministeriale). Essi erano categorie privilegiate, a cui non
mancava niente.
Sia chiaro che in un sistema socializzato è normale che comandi il partito
(così come è normale che in una impresa comandi l'imprenditore), ed è normale che
comandi la burocrazia. Non è invece corretto che la classe dirigente si
arricchisca rubando fuori limite.
Quanto avvenne in URSS avviene oggi in Italia, in proporzione al grado di
socializzazione del sistema economico (spesa pubblica, pari al 65% del PIL, di cui 55% è
spesa pubblica in senso stretto e 10% è spesa delle imprese pubbliche).
4.- Si può tornare indietro in un Paese socializzato ? Gorbaciov
voleva tornare indietro, quanto bastava per rimettere in moto il mercato e la produzione.
Ma questo, in un sistema tutto socializzato, è un processo irreversibile,
perchè nessuno vuole rinunciare ai privilegi conquistati, e la sola via di uscita è il
fallimento.
Qui sta la ragione del fallimento di Gorbaciov, ma anche (di conseguenza)
del successo della rivoluzione di ELTSIN che abbattè il sistema sovietico.
E' possibile in Italia abbattere il grado di socializzazione di un 15% del
PIL ? Questa scelta richiede una radicale riforma dello Stato:
a) eliminare le Regioni come enti legislativi (doppioni
dello Stato e sacche dove i partiti possono rubare il danaro pubblico) , e trasformarle in
enti amministrativi con i poteri delle province e delle aree metropolitane. Dovrebbero
essere il nuovo e unico ente intermedio tra Stato e Comuni;
b) il servizio sanitario dovrebbe essere gestito
direttamente dallo Stato (basta quelle differenze tra regioni);
c) privatizzare le imprese pubbliche (salvo le necessarie
eccezioni, non poche).
5.- Torniamo a Renzi. Con la riforma costituzionale del titolo V,
saremmo in cammino verso la retta via.
Ma anche da noi ci sarà la ribellione dei privilegiati del partito e, per
vincerla, occorrerà avere un governo forte.
Anche a questo proposito è attesa la riforma costituzionale (un solo voto
di fiducia al governo).
A sua volta la nuova legge elettorale dovrebbe privarci di un buon numero di
partiti-bande, senza il senso dello Stato, in parlamento.
6.- E Berlusconi ? Nel 1994, quando ottenne la Presidenza del Consiglio
pareva l'astro predestinato a fare la rivoluzione liberale.
Ma, poi, accadrà tutt'altro.
E nulla accadde anche nei successivi due suoi governi.
Motivi ? Anche per lui abbattere privilegi dei partiti era una gara dura.
Non abbatterà, infatti, la spesa
pubblica.
E non volendo (come uomo di destra) aumentare le imposte, aumenterà il
debito pubblico.
Peccato che egli abbia ignorato che il debito pubblico vuol dire maggiori imposte
sulle generazioni future, il compito trasmesso a Monti.
7.- L'Italia in transizione dallo Stato al Mercato. Già nel
1992-94, con la caduta della DC e del PCI, e dopo la caduta del
muro di Berlino (1988) l'Italia era matura per la transizione verso il mercato.
Mi onoro di rinviare ad un mio scritto, " I problemi della transizione
dell'Italia dallo Stato al Mercato", 1994, sul link: http://scritti scelti, pag. 492, in un Convegno
organizzato da Jader Jacobelli,:"Dove va l'economia italiana ?", anche
pubblicato nei SAGGI TASCABILI LATERZA 1995.
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|
.
Grecia:
con la caduta di TSIPRAS, la Grecia restera in UE, ma schiava |
GRECIA
|
|
ATENE PRESA PER FAME, COME ALESIA.
IL DIKTAT DI PACE DELLA COMMISSIONE ALLA GRECIA,
.mentre
il FMI oppone che il nuovo debito è insostenibile per la Grecia
|
|
A conti fatti, la Grecia (per ottemperare alla UE)
dovrebbe aumentare la pressione
fiscale del 9% (arrivando al 45%). A tanto ammonta la cifra annuale per
ammortizzare
in 30 anni il debito attuale, al tasso del 2%. Inoltre, ..., dovrebbe fare altre
cose ... |
Christine Lagarde, FMI
|
|
.
LUCIANI:.
- Se, alla prima crisi di liquidità per panico, Atene
avesse associato la "Dracma"
all'Euro, le cose sarebbero andate molto diversamente, forse senza uscire
dall'Euro.
- MEMENTO ITALIA quando, cessato il Qe di
Draghi, dovrai affrontare il tuo debito
pubblico: o caricarne parte sulla UE, o cancellarne parte con la svalutazione della
"Lira".
. |
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ALCUNI DATI STATISTICI |
|
Germany |
Greece |
Italy |
Miliardi
di , a prezzi correnti* |
|
2014 |
2015 |
2014 |
2015 |
2014 |
2015 |
|
|
|
|
|
|
|
|
PIL
- Prodotto Interno Lordo |
Totale |
2.903,79 |
3.015,32 |
179,081 |
182,985 |
1.616,05 |
1.627,88 |
Risparmio
Nazionale Lordo |
Percentuale del PIL |
26,33 |
26,91 |
11,50 |
12,72 |
18,34 |
17,63 |
Tasso
di disoccupazione |
Percent of total labor
force |
4,98 |
4,85 |
26,49 |
24,80 |
12,80 |
12,60 |
Popolazione |
Unità |
81.100.000 |
81.360.000 |
10.993.000 |
10.982.000 |
59.960.000 |
60.236.000 |
Bilancio
dello Stato: Pressione fiscale |
Percentuale del PIL |
40,2** |
|
36,10** |
|
43,80** |
|
Bilancio
dello Stato: Spesa |
Percentuale del PIL |
43,94 |
44,18 |
46,3 |
44,21 |
51,69 |
50,92 |
Debito
Pubblico |
Totale |
2.123,03 |
2.095,54 |
317,31 |
316,06 |
2.134,95 |
2.177,45 |
Debito
pubblico |
Percentuale del PIL |
73,11 |
69,50 |
177,19 |
172,73 |
132,11 |
133,76 |
IVA -
Imposta sul valore aggiunto |
Aliquota standard |
19*** |
|
23*** |
|
22*** |
|
* Fonte: International Monetary Fund, World
Economic Outlook Database, April 2015 |
|
|
|
|
** 2013. Fonte Eurostat, 2014; *** Fonte:
Commissione Europea |
|
|
|
|
|
LE
CONDIZIONI DELLA UE
Dichiarazione sulla Grecia, della Commissione europea in collaborazione
con la Banca centrale europea *
13 agosto 2015 (Stralcio). TRADUZIONE LIBERA DA INGLESE
FONTE:
http://europa.eu/rapid/press-release_STATEMENT-15-5493_en.htm
1.- L'11 agosto, la Commissione europea, la Banca centrale europea
e il meccanismo europeo di stabilità, con l'apporto del Fondo monetario internazionale,
ha raggiunto un accordo globale a livello di staff con il governo greco sul memorandum
d'intesa che costituirà parte del Finanziamento accordo che dovrà essere firmato tra la
Repubblica ellenica e l'ESM.
I negoziati del memorandum d'intesa sul terreno di Atene erano volti a
concordare un pacchetto credibile e globale di riforme.
Il FMI ha fornito input nel l'analisi tecnica e il disegno delle condizioni
per fare luogo al nuovo programma ESM.
::::::::::::::::::
La credibilità dell'accordo si basa su un numero significativo di riforme
iniziali, comprese le misure importanti che affrontano lunga data sfide strutturali che
affrontano l'economia greca, come la riscossione delle imposte, sistemi delle pensioni e
della sanità, la concorrenza nel mercato dei prodotti e delle professioni e dell'energia,
che mostrano l'intenzione del governo greco di normalizzare la situazione dell'economia in
fretta.
2.- L'attuazione del programma di riforma fornirà la base per una
ripresa sostenibile e le politiche sono costruiti attorno a quattro pilastri:
a) Ristabilire la sostenibilità fiscale: la Grecia si
rivolgerà un primario surplus medio termine pari al 3,5% del PIL, da raggiungere
attraverso una combinazione di riforme fiscali parametriche iniziali sostenuti da un
ambizioso programma per rafforzare la conformità fiscale e la gestione delle finanze
pubbliche, e combattere l'evasione fiscale, garantendo al tempo stesso un'adeguata tutela
dei gruppi vulnerabili. Una grande riforma del sistema pensionistico eliminerà
disincentivi al lavoro, e affrontare gli squilibri considerevoli che minacciano la
sostenibilità fiscale. Nel perseguimento di questo obiettivo a medio termine e tenendo
conto del deterioramento della situazione economica, le autorità di conseguenza
intraprendere un nuovo percorso fiscale basata su un equilibrio surplus primario obiettivi
di -¼, 0.5, 1¾, e il 3,5 per cento del PIL nel 2015 , 2016, 2017 e 2018 e al di là,
rispettivamente. La traiettoria degli obiettivi di bilancio è in linea con i tassi di
crescita attesi dell'economia greca come si recupera dalla sua più profonda recessione
registrata.
b) Salvaguardare la stabilità finanziaria: la Grecia
prenderà immediatamente misure urgenti per affrontare il problema dei non performing
loans (NPL) nel settore bancario. Il livello straordinariamente elevato delle sofferenze e
il debito nel correlata del settore privato distolgono importanti risorse da impieghi più
produttivi e impedire il settore bancario di fornire il credito necessario a sostegno di
una ripresa della crescita. Inoltre, un processo ricapitalizzazione delle banche, da
completare entro la fine del 2015, contribuirà a una stabilizzazione della situazione nel
settore bancario. |
LA
LETTERA DEL FMI
Statement by IMF Managing Director Christine Lagarde on Greece . TRADUZIONE
LIBERA DA INGLESE
August 14, 2015
FONTE: http://www.imf.org/external/np/sec/pr/2015/pr15381.htm
"Il pacchetto di politiche specificato nel memorandum d'intesa
(MoU), recentemente concordato tra le autorità greche e le istituzioni europee, con il
contributo di personale del Fondo, è un passo avanti molto importante. Si inverte non
solo gran parte del criterio di base della politica precedente che portò fuori pista il
programma precedente, ma mette in atto politiche di ampio respiro per ripristinare la sostenibilità
fiscale del bilancio, la stabilità del settore finanziario, e un ritorno alla crescita
sostenibile.
Accolgo con particolare favore gli sforzi delle autorità per superare la
grave perdita di fiducia negli ultimi mesi attraverso forti azioni oltre il segno.
La maggior parte di queste azioni sono state pienamente specificate nel
protocollo d'intesa, e misure chiave, dentro i settori strutturali fiscali, saranno
attuate come azioni prioritarie per
l'erogazione della tranche prima meccanismo europeo di stabilità (ESM).
"In due aree, che sono di fondamentale importanza per la
capacità della Grecia di tornare a un sostenibile sentiero fiscale e crescita ( la
specificazione dei parametri fiscali, e non ultimo un ampio pacchetto di riforme
delle pensioni, necessario per sostenere - del programma - il tuttora
ambizioso obiettivo di surplus primario a medio termine e le altre misure per migliorare
in modo decisivo la fiducia nel settore bancario )- il governo ha bisogno di più di tempo
per sviluppare il suo programma in modo più dettagliato.
Questo è comprensibile, e sono incoraggiata in questo senso
dall'impegno del governo a lavorare con i suoi partner europei e il Fondo per il
completamento delle riforme indispensabili nei prossimi mesi.
Con la specifica dettagliata di queste riforme in sospeso, il
memorandum d'intesa recentemente concordato comporterà uno sforzo molto deciso e
credibile da parte delle autorità greche di ripristinare una crescita economica solida e
sostenibile.
"Tuttavia, rimango fermamente convinta che il debito della
Grecia è diventato insostenibile e che la Grecia non può ripristinare la sostenibilità
del debito unicamente attraverso azioni proprie.
Così, è altrettanto critico per il medio e lungo termine la
sostenibilità del debito che i partner europei della Grecia assumano impegni concreti
nell'ambito della prima revisione del programma di ESM per fornire sollievo significativo
al debito, ben oltre quello che è stato considerato finora.
"In conclusione, credo che le azioni da intraprendere da
parte delle autorità per il momento della prima verifica, in collaborazione con i criteri
specificati nel memorandum d'intesa, una volta che sono state integrate dalle riforme
fiscali, di cui sopra, nella struttura fiscale e finanziaria, nonché da riduzione del
debito significativa, fornirà la base per un programma credibile e completo per
ripristinare la sostenibilità a medio termine.
Siamo ansiosi di lavorare a stretto contatto con la Grecia e i suoi
partner europei nei prossimi mesi per mettere in atto tutti gli elementi necessari,
secondo me, a raccoman- dare al Board esecutivo del Fondo di prendere in considera- zione
un ulteriore sostegno finanziario per la Grecia. |
COMMENTO
di NINO LUCIANI
1.- Lieti della Grecia in UE, ma ...
Le dichiarazioni autentiche della UE e del FMI, riportate qui a fianco, sono la
prova certa della drammaticità degli eventi d'estate, che hanno trattenuto la Grecia in
area Euro, lasciando sott'acqua la verità sulle volontà delle parti, ma che i giornali
hanno fotografato.
Detto in breve, la UE non ha mollato l'osso e ha fatto tutto quanto poteva per imporre
alla Grecia di restare nell'area euro.
E, detto senza mezzi termini, si è trattato di una guerra con mezzi amministrativi, molto
simile a quella con mezzi ingegneristici di Giulio Cesare nella Gallia nei confronti di
Vercingetorice: "circondare Alesia, antica città su un colle, con doppio vallo
tutt'intorno, in modo da impedirle rifornimenti alimentari, e prenderla per fame.
Non vedo altro signficato al taglio totale della liquidità alle banche (per mano della
BCE). Del resto, abbiamo visto tutti il vecchietto piangere per strada senza poter
mangiare, perchè la sua pensione era in banca e non poteva averla.
2.- Che dire del povero Tsipras ? Siccome
è anche vero che i politici greci (come la gran parte di quelli italiani) sono presi
dalla strada senza preparazione (vedi Tsipras, pur se bravo personalmente) e che quelli
presi dalle università non hanno professionalità politica ( vedi Varoufakis, e vedi
Monti), la conclusione non poteva che esser di vederli messi in buca, come tutti i
capi-popolo e ben è andata a loro se non sono finiti ammazzati (come, invece, accaduto ad
altri capi-popolo, anche della storia d'Italia: vedi Masaniello, eroe della rivolta
fiscale a Napoli, antispagnola; e perfino il frate Savonarola, colpevole di essere
"eretico, scismatico e predicatore di cose nuove").
Come sia potuto accadere la presa per fame, della Grecia, è abbastanza incredibile, date
tutte le dichiarazioni europee per la crescita dei paesi europei: in questo ci si
aspettava che, visto lo svuotamento della liquidità bancaria ad opera dei Greci
direttamente, la BCE avrebbe fatto qualcosa. Infatti, in questa problematica, il caos ha
natura psicologia (il terrore del popolo, di restare senza i propri risparmi e che corre a
prendere i propri soldi in banca), per cui sarebbe bastato un appello serio della BCE, che
nulla sarebbe andato perduto per i risparmiatori.
Va anche detto che se, alla prima crisi
di liquidità per panico, Atene avesse creato la "Dracma", accanto all'Euro, le
cose sarebbero andate diversamente, e senza uscire dall'Euro.
Ma visto che la BCE ha agito come Giulio Cesare per Alesia (ha fatto mancare i
rifornimenti), con il senno di poi capiamo anche certe dichiarazioni di Draghi: "Non
è precisato nel trattato di Maastricht cosa la BCE possa fare in caso di uscita
dall'euro, di qualche paese".
Conclusione: non essendo nulla previsto, Draghi ha evitato di mettersi
personalmente nei guai, però, onestamente qualcosa aveva detto, ma in modo troppo
sibillino per essere capito.. |
Questo sarà accompagnata da
misure concomitanti per rafforzare la governance del Fondo ellenico di stabilità
finanziaria (HFSF) e delle banche. Insieme ad altre norme del programma si prevede di
favorire una normalizzazione della situazione di liquidità nel settore bancario,
permettendo una concomitante allentamento graduale dei controlli sui capitali.
c) Crescita, competitività e gli investimenti: Grecia
progettare e realizzare una vasta gamma di riforme dei mercati del lavoro e dei mercati
dei prodotti (compresa l'energia), che garantiscono non solo la piena conformità ai
requisiti dell'Unione europea, ma che mirano anche a realizzare le migliori pratiche
europee.Ci sarà un programma di privatizzazione ambizioso, e le politiche che sostengono
gli investimenti. Il pacchetto di riforme strutturali per essere emanata è significativo,
in particolare nel settore delle politiche ambientali affari e della concorrenza, che sono
la chiave per sbloccare il potenziale di crescita dell'economia.
d) Uno Stato ed una pubblica amministrazione, moderni dovranno
essere la chiave di priorità del programma. Particolare attenzione sarà rivolta ad
aumentare l'efficienza del settore pubblico nella fornitura di beni e servizi pubblici
essenziali. Saranno adottate misure per migliorare l'efficienza del sistema giudiziario,
anche attraverso l'attuazione del nuovo codice di procedura civile recentemente adottato,
e di aggiornare la lotta contro la corruzione. Riforme rafforzare l'indipendenza
istituzionale e operativa delle istituzioni chiave come la gestione delle entrate e
l'istituto di statistica (ELSTAT). La strategia concordata tiene conto della necessità di
giustizia sociale e di equità, sia tra le generazioni e all'interno. Vincoli fiscali
hanno imposto scelte difficili, ed è quindi importante che l'onere dell'aggiustamento sia
sostenuto da tutte le parti della società e tenga conto la capacità di pagare. La
priorità è stata posta sulle azioni di lotta all'evasione (Continua UE) |
(Continua Luciani).
3.- Cosa dire delle dichiarazioni UE e FMI ? Il minimo che
si possa dire della UE è che ha usato una fuberia infinita, ma vuota, ma che il FMI non
ha lasciato passare, senza vedere. Questo ha detto che il debito imposto
dalla UE non era sostenibile.
Quanto alla dichiarazione UE, si trova infatti che la Grecia sarebbe
rinsavita nel fatto che ha accettato i quattro punti, ivi rimarcati in neretto.Vediamoli,
uno per uno:
a) ristabilire la sostenibilità fiscale. Qui
verosimilmente la UE ha ragione, nel senso che i Paesi arretrati hanno di solito un
pessimo sistema fiscale (contribuenti non registrati, e molta evasione). Dunque serve
creare un buon sistema fiscale, tecnicamente. Per il resto non condivido nulla (surplus
primario ...)
b) Salvaguardare la stabilità finanziaria. Siccome la
salvaguardia va imposta in rapporto al debito pubblico, la richiesta è velleitaria, in
quanto essa implica un aumento della pressione fiscale di almeno il 9% del PIL.
Infatti, facendo una botta di conti, va considerato che le stime di aprile
del FMI indicavano un debito di 316 miliardi, ma dopo le vicende di luglio, la cifra è
intorno a 370 miliardi. Al tasso agevolato del 2% (da noi ipotizzato), la rata di
ammortamento in 30 anni è di 16,5 miliardi all'anno, per cui la pressione fiscale
dovrebbe salire del 9%, e dunque diventare 45%. Mi sembra
una possibilità solo matematica.
c) Crescita, competitività e gli investimenti. La
dispobilità finanziaria è tutta impegnata sul debito. E l'aumento della pressione
fiscale è contradditorio alla crescita. Dunque di cosa stiamo parlando ?
E siccome la Grecia ha solo la navigazione, il commercio e il turismo di
buono, è da qui che bisogna cominciare. D'altra parte, tanto debito deriva dal fatto che
i precedenti governi greci hanno puntato tutto sulle infrastrutture portuali e stradali,
sia pur guardando troppo avanti.
Si vada in macchina a Salonicco, partendo da Igoumenitsa, e si troverà una
bellissima e lunghissims autostrada, ma senza una anima.
Dunque se la UE vuole la crescita, e vuole la Grecia nell'Unione, metta
soldi propri in Grecia per investimenti direttamente produttivi, considerato che le
infrastrutture ne sono il presupposto, già realizzato dalla Grecia.
d) Uno Stato ed una pubblica amministrazione, moderni.
Giustissimo, ma sono questioni politiche non di competenza della UE.
Circa la correzione del sistema pensionistico, l'ammodernamento del
sistema sanitario, il reddito minimo garantito, OK ! Ma sono cose politiche non di
competenza della UE, e difficili per la Grecia da sola.
E se la UE le vuole, paghi di proprio, in quanto la Grecia non può fare le
une e pagare il debito.
Conclusione: il debito è la chiave di tutto, per cui:
a) la UE deve caricare su di sè l'eccedenza sul 60% del PIL (per stare a
Maastricht);
b) oppure deve consentire alla Grecia di cancellarlo, uscendo dall'area
euro, per creare la dracma e svalutare.
Ma la UE ha impedito alla Grecia di uscire... |
(Continua UE) fiscale, alle frodi e
grandi debitori morosi, in quanto impongono un onere per i cittadini onesti e le imprese
che pagano le tasse e prestiti nel tempo.
Le riforme del mercato dei beni cercano di eliminare le rendite a favore di
gruppi di interesse: attraverso un aumento dei prezzi, questi minano il reddito
disponibile dei consumatori e alterano la competitività. Le riforme delle pensioni si
sono concentrati su misure volte a fornire incentivi al mercato del lavoro a tempo
indeterminato, alla continuazione del lavoro e a rimuovere il pensionamento anticipato.
Per riportare la gente al lavoro e prevenire la disoccupazione a lungo termine, le
autorità, lavorando a stretto contatto con i partner europei, inizieranno le misure per
aumentare l'occupazione per 50.000 persone, a cominciare dai disoccupati di lungo termine.
Una società più giusta richiederà che la Grecia migliori la progettazione del suo
sistema di welfare, in modo che ci sia una vera e propria rete di sicurezza sociale che
direzioni le risorse scarse risorse a chi ne ha più bisogno. Le
autorità prevedono di beneficiare, grazie alla l'assistenza tecnica da parte di
organizzazioni internazionali, misure di accesso alle cure sanitarie per tutti (compresi i
non assicurati) e di avviare una rete di sicurezza sociale di base in forma di un reddito
minimo garantito (RMG). Le istituzioni si impegnano a continuare a lavorare con le
autorità greche su tutti gli aspetti di questo accordo, anche per quanto riguarda fornire
assistenza tecnica in una serie di aree di riforma previste dal programma. Rispetto delle
condizioni del memorandum d'intesa sarà monitorata dalla Commissione, di concerto con la
BCE e insieme all'FMI, come previsto dall'articolo 13 (7), del trattato ESM. *
* Questa dichiarazione è stata coordinata con il FMI e l'ESM. Il FMI ha
rilasciato una dichiarazione relativa qui |
|
.
In
attesa del referendum della Grecia e per salvare l'EURO e L'UE |
|
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MERKEL: "DISPONIBILE A UN COMPROMESSO
SE LA GRECIA VORRA' TRATTARE".
LUCIANI: L'impegno è valido se vuole cambiare i
Trattati,
in modo che la UE si risvegli "patria", non "solo creditrice"
. |
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|
Angela Merkel
|
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I FATTI SONO (da anni ormai):
1) Le strutture produttive del nord-UE sono "capital intensive", mentre
quelle del Sud, sono "labour intensive". Dato il prevalere dell'export del nord,
rispetto a quello del sud, deriva un cambio /$ troppo forte per il sud. Questo di
massima, ma ci sono eccezioni.
Nel caso della Grecia, il turismo (vedi: trasporto) è divenuto carissimo, quasi
una merce rara, e questo è molto grave per l'UE.
.
2) Il sud è gravato da un debito pubblico/PIL abnorme, ma anche da una pressione
fiscale abnorme, che non potrebbe essere alzata per ammortizzare il debito. In Italia le
piccole e medie imprese sono gravate da un fisco del 65% del reddito, dunque eccessivo;
.
3) Ne deriva che l'unione monetaria può essere salvata solo se la UE grava sul bilancio
europeo il debito eccedente il 60% del PIL (per stare a Maastricht) e ammortizzato con una
imposta europea (es.: 1% sul PIL di tutti i Paesi della UE). |
|
|
.
P.S. Ai tempi di Roma, il debitore insolvente era portato dal giudice,
che gli dava 30 giorni per pagare. Passati i 30 giorni, se non pagava, il debitore era
dato alla mercè del creditore, che poteva farlo schiavo o ucciderlo.
La UE sta facendo come il giudice romano, con la Grecia ? Urge modificare i trattati: la UE dovrà scoprirsi patria. |
|
|
N. Luciani, UNA VOLTA INDETTO IL REFERENDUM,
I MIRACOLI, ORMAI, NON SONO PIU POSSIBILI
1.- Premessa. Il prevedibile scenario greco, in caso di GR-EXIT
è stato descritto su queste pagine, due mesi fa, compreso il dovere della BCE, per
assecondare il passaggio, minimizzando l'attrito al movimento delle forze in campo. Si
vegga il servizio, subito qui di seguito, e
quello successivo.
2.- Tecnicamente, la Banca Centrale Greca sarà autorizzata ad
emettere una nuova moneta: una nuova Dracma. Si formeranno dei nuovi prezzi in dracme,
dati dal rapporto tra la "massa monetaria" e la "quantità" di beni e
servizi che sono prodotti nel Paese, e che non sono scomparsi, come conseguenza della
transizione dall'Euro alla Dracma. (Per un quadro scientifico, rinvio alla
mia Economia Generale, ed. Franco Angeli, 2010, cap. 19.)
|
RICEVIAMO E GIRIAMO |
Ministro
Padoan,
Lei che fa parte della famiglia dipendente del Fmi, conosce bene la
Troika e Monti! I 39,9
miliardi di Euro di cui noi saremmo esposti in caso di uscita della Grecia, è dovuto al
signor Monti presidente della Trilaterale e membro del direttivo Bilderberg, che ha
firmato il MES ( il meccanismo europeo di stabilità) in rappresentanza
dellItalia !
Il paradosso è che il denaro versato a
fondo perduto da un Paese membro, nel caso ne avesse bisogno lo stesso gli verrebbe
concesso in prestito con gli interessi.
Fondo Truffa Stati ?
Antonio Sabella |
|
Per minimizzare le conseguenze contabili, la quantità di
dracme da fabbricare potrebbe essere decisa pari a quella degli Euro greci attuali (meglio
forse: 0,9:1, dando per scontato una certa speculazione al ribasso), e dunque il passaggio
da Euro a Dracma dovrebbe essere al cambio 1:1. 3.- Cambio.
A quel punto, si formerà, sia pure in una gradualità, un nuovo cambio tra la Dracma e le
varie monete estere, grosso modo (ci direbbe Cassel) pari al rapporto tra i prezzi in
dracme e i prezzi nelle singole monete, in condizioni di pareggio delle bilance
commerciali tra la Grecia e ognuno dei vari Paesi.
4..- La BCE dovrebbe seguire attentamente, ma non al ribasso, la
formazione e aggiustamento definitivo del cambio Dracma/Euro.
5. Ultimo, ma non ultimo. Le conferenze stampa dei vari Leader
(Juncher, e commissari vari, dei giorni scorsi) a difesa del proprio operato, e contro
TSIPRAS, è molto disdicevole, perchè:
a) una interferenza sull'interno della Grecia e sulla sovranità della
Grecia;
b) perchè i burocrati europei non hanno responsabilità politica: hanno
semplicemente hanno applicato i Trattati. Devono strarne fuori.
c) E', pero', grave che Hollande, Merkel non abbiano dato un segnale della
necessità di ri-configurare la UE come patria, che assuma su di il peso delle debolezze
dell'insieme.
Hollande non rida troppo, data la situazione francese. Merkel
può restare tedesca, purchè risolva i problemi (la UE sia "patria",
e si ricordi di Feferico II, Hohenstaufen. Il compromesso con la Grecia, potrebbe esser
l'impegno di modificare i trattati).
Non possiamo, poi, non avere visto la sprovvedutezza del Ministro Italiano
PADOAN, a parte il simpatico nostro giovanotto RENZI (spero che non molli sulla rifcrma
del Senato e sull'Italicum, in modo che finalmente possiamo contare anche noi su Primi
ministri che durano i 5 anni della legislatura, senza temere di essere cacciati in ogni
momento, anche dalla UE). Nino Luciani |
MA, UNA VOLTA INDETTO IL REFERENDUM,
I MIRACOLI, ORMAI, NON SONO PIU POSSIBILI
1.- Premessa. Il prevedibile scenario greco, in caso di GR-EXIT
è stato descritto su queste pagine, due mesi fa, compreso il dovere della BCE, per
assecondare il passaggio, minimizzando l'attrito al movimento delle forze in campo. Si
vegga il servizio, subito qui di seguito, e
quello successivo.
2.- Tecnicamente, la Banca Centrale Greca sarà autorizzata ad
emettere una nuova moneta: una nuova Dracma. Si formeranno dei nuovi prezzi in dracme,
dati dal rapporto tra la "massa monetaria" e la "quantità" di beni e
servizi che sono prodotti nel Paese, e che non sono scomparsi, come conseguenza della
transizione dall'Euro alla Dracma. (Per un quadro scientifico, rinvio alla
mia Economia Generale, ed. Franco Angeli, 2010, cap. 19.)
Per minimizzare le conseguenze contabili, la quantità di dracme da fabbricare
potrebbe essere decisa pari a quella degli Euro greci attuali (meglio forse: 0,9:1, dando
per scontato una certa speculazione al ribasso), e dunque il passaggio da Euro a Dracma
dovrebbe essere al cambio 1:1.
3.- Cambio. A quel punto, si formerà, sia pure in una
gradualità, un nuovo cambio tra la Dracma e le varie monete estere, grosso modo (ci
direbbe Cassel) pari al rapporto tra i prezzi in dracme e i prezzi nelle singole monete,
in condizioni di pareggio delle bilance commerciali tra la Grecia e ognuno dei vari Paesi.
4..- La BCE dovrebbe seguire attentamente, ma non al ribasso, la
formazione e aggiustamento definitivo del cambio Dracma/Euro.
5. Ultimo, ma non ultimo. Le conferenze stampa dei vari Leader
(Juncher, e commissari vari, dei giorni scorsi) a difesa del proprio operato, e contro
TSIPRAS, è molto disdicevole, perchè:
a) una interferenza sull'interno della Grecia e sulla sovranità della
Grecia;
b) perchè i burocrati europei non hanno responsabilità politica: hanno
semplicemente hanno applicato i Trattati. Devono strarne fuori.
c) E', pero', grave che Hollande, Merkel non abbiano dato un segnale della
necessità di ri-configurare la UE come patria, che assuma su di il peso delle debolezze
dell'insieme.
Hollande non rida troppo, data la situazione francese. Merkel
può restare tedesca, purchè risolva i problemi (la UE sia "patria",
e si ricordi di Feferico II, Hohenstaufen. Il compromesso con la Grecia, potrebbe esser
l'impegno di modificare i trattati).
Non possiamo, poi, non avere visto la sprovvedutezza del Ministro Italiano
PADOAN, a parte il simpatico nostro giovanotto RENZI (spero che non molli sulla rifcrma
del Senato e sull'Italicum, in modo che finalmente possiamo contare anche noi su Primi
ministri che durano i 5 anni della legislatura, senza temere di essere cacciati in ogni
momento, anche dalla UE). Nino Luciani |
.
La
Grecia prepara la via per l'Italia,
se l'uscita è solo rinviata di 4 mesi |
|
.
Guardando alla GR-EXIT (TRE OPINIONI),
ma per guardare all'Italia.
. |
M.
SWEETING, Rischio di caos legale. La Grecia come pagherà i debiti già denominati in Euro
? |
V.
DA ROLD, Banche greche aggredite per recuperare i depositi in Euro. |
|
|
LUCIANI |
Ai tempi di Roma il
debitore insolvente era portato dal giudice, che gli dava 30 giorni per pagare. Passati i
30 giorni, se non pagava, il debitore era dato alla mercè del creditore, che poteva farlo
schiavo o ucciderlo.
La UE sta facendo come il giudice romano, con la Grecia ? Urge modificare i trattati: la
UE dovrà scoprirsi patria. |
|
|
LUCIANI
: |
La fabbricazione di
moneta (dalla BCE - Qe - tramite l'acquisto di titoli di Stato) non sarà
risolutiva per sempre, perchè è al fuori di una contrattazione (tra BCE e i
singoli Stati) circa le riforme da fare in cambio. La chiave è ottenere dall'Italia un
impegno ad abbattere la pressione fiscale del 10%, ferma la spesa.
Ma questo crea un disavanzo di bilancio e debito aggiuntivo, per cui il problema
integrativo è anche quello di aggredire il debito, creando una inflazione annua del 5%,
fino a deprezzare del 50% il debito, in 10 anni.
Questa s'ha da fare, con o senza uscita dall' Euro". A meno la UE si scopra
"patria" e carichi sul proprio bilancio i debiti degli Stati, eccedenti il 60%
del PIL, da ammortizzare con una imposta europea (1% sui PIL di tutti gli Stati ?) .
Questa via è massimamente urgente per la
Grecia.
|
|
(Traduzione di Morya Longo,
12 feb. 2015, Stralcio) |
.
MALCOLM SWEETING,
Ipotesi Grexit: problemi di ridenominazione monetaria
del debito |
" Legalmente sarebbe possibile stare nell'Unione europea ma non nell'euro, tanto che
molti Paesi - per esempio la Gran Bretagna - già lo fanno.
"Il punto è che ogni Stato è sovrano e non può essere obbligato a tenere
determinati comportamenti.
....
" Altro conto è avere la convenienza a farlo: l'uscita dall'euro metterebbe
infatti sul tavolo enormi sfide legali e pratiche, oltre ovviamente a quelle economiche.
.
" Il problema principale riguarda la ridenominazione nella nuova valuta dei
contratti e dei debiti
qual è la legge a cui i contratti sono sottoposti, in quale
valuta sono denominati, in quale luogo devono essere onorati, qual è il Tribunale
competente a dirimere le controversie e dove si trovano i beni dello Stato debitore
eventualmente da aggredire.
..
"Per la Grecia
. buona parte del debito di Atene è ormai sottoposto a
legge inglese.
. e il Tribunale competente è quello britannico, se Atene volesse
convertire il suo debito in dracme le Corti di Londra darebbero ragione ai creditori
condannando Atene a pagare in euro.
Conclusione: "Uno
Stato sovrano può fare tutto: il problema è gestire poi le conseguenze legali. Oltre,
ovviamente, a quelle economiche: se uno Stato unilateralmente tradisce gli investitori,
poi sarà difficile che ottenga nuovi finanziamenti in futuro". |
(21 feb. 2014, Stralcio) |
.
VITTARIO DA ROLD,
Banche greche in difficoltà
per panico monetario |
Negli ultimi giorni sono stati prelevati dalle banche
greche 500 milioni di euro al giorno, secondo stime di analisti di una banca daffari
locale. Una uscita di cassa che, se dovesse continuare a questi ritmi, potrebbe
costringere le autorità greche a bloccare nel primo weekend utile i flussi in uscita sui
depositi bancari di privati e aziende, con lintroduzione di misure di controllo sui
capitali sullo stile di quanto avvenuto nella crisi cipriota del 2013. Ad Atene sta
avvenendo in questi giorni qualcosa di paradossale: chi ha votato con la mano sinistra
Syriza il 25 gennaio e continua a sostenere nei sondaggi il Governo, ora sta usando la
mano destra per andare al bancomat e ritirare i soldi depositati in banca. I dati non
lasciano dubbi: i depositi bancari erano 244 miliardi di euro prima della crisi, sono
arrivati a dicembre a 160,3 miliardi (ultimo dato ufficiale) e a gennaio e febbraio si
stimano rispettivamente un calo a 148,3 e 140 miliardi di euro. Può andare avanti così?
La situazione non è sostenibile nel medio periodo perché le banche greche non hanno più
la possibilità di portare come collaterali in garanzia bond ellenici presso la Bce e
hanno solo 68,3 miliardi di credito di emergenza (Ela) a cui appoggiarsi, sempre
attraverso prima Francoforte e poi la Banca centrale greca. Anche i 10,9 miliardi di euro
residui, sui 50 miliardi di euro complessivi destinati alla ricapitalizzazione degli
istituti di credito, del Fondo ellenico per la stabilità, secondo lintesa con
lEurogruppo di ieri, non potranno essere utilizzati se non per lo scopo cui erano
destinati". |
(Intervista di Beda Romano
(21 feb. 2014, Stralcio) |
JEAN-CLAUDE TRICHET, "Atene rischia
di compromettere
il recupero di competitività"
|
..
Un'uscita della Grecia dalla zona euro
. sarebbe prima di tutto un dramma per
il popolo greco. Non corrisponderebbe al suo interesse. E sarebbe un problema grosso per
gli altri Paesi europei
..
Avrebbe conseguenze economiche spaventose, molto, molto gravi. Tra queste, un
calo del prodotto interno lordo importante, proprio mentre la crescita sta tornando
. Oggi in Grecia la scelta non è tra austerità e crescita. L'obiettivo è un
ritorno ordinato a un equilibrio finanziario, che è una condizione per crescita e
occupazione durevoli. Più il Paese recupera competitività, più creerà occupazione.
L'obiettivo deve essere la riduzione la più rapida possibile della disoccupazione. Il
debito greco è al 180% del Pil
.. è un problema importante, ma non necessariamente
quello principale. Bisogna creare competitività e crescita che ne permetteranno il
rimborso, magari riducendo i tassi d'interesse e aumentando le maturità, purché ci sia
un buon programma economico.
. ". |
|
.
Nino Luciani, La Grecia, terreno di riflessione per l'uscita dall'Euro, di
chi sarebbe dovuto entrare più tardi, e che uscendo potrà comunque rientrare a tempo
giusto. A meno cha la UE non sia patria che carica sul bilancio europeo le "debolezze
locali".1.- Premessa. L'Italia era
entrata nell' Euro perchè la UE la costringesse a risolvere i suoi problemi strutturali,
visto che i suoi governi non avevano la forza politica di risolverli .
Ma poi, l'Italia ne è risultata strangolata per più motivi, il contrario
dell'attesa. Vediamo:
a) il cambio euro/lira risultò molto svantaggioso per l'Italia, tant'è che le
esportazioni italiane sono risultate chiuse in casa per 10 anni (e solo adesso con
la svalutazione dell'Euto riprende qualche respiro);
b) la politica dell'allargamento ai Paesi europei dell'est, attuata da Prodi (Commissario
europeo) è stata fuori limite. Se, infatti, qualche Paese dell'UE poteva aiutarci, non
l'ha potuto fare più a causa delle troppe bocche da sfamare.
Il fatto, poi, che ultimamente Renzi si sia defilato da Tsipras, alle prese
con la UE, non mi è affatto piaciuto. Essere furbi, ma non
intelligenti, paga, ma solo lì per lì. Poi verrà un momento in cui quell'amico potrebbe
farti comodo, e l'hai perso.
2.- Dovremo uscire dall'Euro ?
Per la risposta dovremo mettere in conto i problemi prospettati per la
Grecia, e che sono focalizzati qui a fianco.
Ma prima dovremo dire cosa è stata per noi la costruzione dell'Europa
(prima dell'Euro). E' stata uno straordinario periodo di pace (mai più guerre tra noi, ma
tavoli di trattativa) e benessere, a partire dal 1956 con il Mercato Comune (e, prima, con
la CECA, Euratom, ...), fino al 2000, salvo poi trovarci inceppati dall'Euro.
Potremo uscire ? Lo possiamo e limitarci a uscire
dall'Euro, e invece rimanere in UE per il resto, come fa il Regno
Unito. |
(Continua LUCIANI)
Ci conviene restare se la UE entra nella seguente logica:
a) che l'obiettivo assolutamente prioritario sia una scossa al
sistema produttivo privato, mediante un abbattimento della pressione fiscale nell'ordine
del 10-15%, lasciano ferma la spesa pubblica in un primo tempo.
Ma questo determinerebbe un deficit di bilancio, da coprire come ?
Mediante debito aggiuntivo, da finanziare con fabbricazione di moneta aggiuntiva
della BCE (con anticipazioni di cassa rimborsabili a medio termine, o con acquisto di
titoli a scadenza a medio termine), grosso modo pari al 4,5-5,0% del PIL, e che si
scaricherebbe in parte con aumento dei prezzi, in parte con un aumento del PIL reale (o
fors'anche totalmente, data la mole di risorse inutilizzate attualmente).
A sua volta, il debito già in essere (grosso modo 2.100 miliardi), andrebbe
convertito in debito ventennale. Al tasso attuale del 2%, la rata annuale sarebbe di
127 miliardi, pari allo 8% del PIL, ma con l'osservazione che, come conseguenza del
tasso di aumento del PIL del 5% all'anno (parte in termini monetari, parte in
termini reali), in 10 anni il debito rientrerebbe nell'ordine del 60% del PIL (che è
l'accordo di Maastricht).
In un secondo tempo, si dovrebbe avviare prima possibile l'abbattimento della
spesa pubblica nell'ordine del 7-10% del PIL, da ottenere (non con la "fasulla"
spending revew-sfascia uffici), ma con la riforma dello Stato: abolizione delle Regioni a
statuto ordinario (ma perchè 15 parlamenti regionali ... , se quello
nazionale basta e avanza ?) e revoca della delega statale di gestione della sanità
pubblica alle Regioni (meno sprechi, meno finanziamenti dei partiti locali, sotto banco; e
piena uniformità delle prestazioni sanitarie, per abitante, nel territorio nazionale).
A riguardo di questo passaggio, il governo Renzi è sulla strada buona, sia
pur non radicale: tale è la soppressione delle competenze regionali in materia
concorrente, e in altri campi significativi.
b) Ma la UE potrebbe accettare questa logica ? Proprio in questi giorni la
BCE avvia il programma di creazione di moneta aggiuntiva (Qe)
mediante l'acquisto di titoli di Stato, vale dire la BCE acquisterà molti titoli di
Stato (e altro) dei vari Paesi UE (zona ) in proporzione alle quote di
capitale della BCE, possedute dalle varie Banche Nazionali.
Questa logica non è molto lontana dalla quella, qui sopra. Ma, a parte che qualche
effetto espansiva di sarà sulle esportazioni, grazie alla svalutazione del cambio estero,
essa ha limiti di essere una operazione unilaterale, senza contropartita certa (vale dire,
nel quadro di un accordo preciso BCE-Italia ) circa le riforme
strutturali necessarie. Si rischia che alla fine del periodo di Qe,
si sia al punto di partenza circa le riforme strutturali, anzi che i beneficiari
ringrazieranno la BCE dicendo che ha fatto poco.
Se, invece, la UE non accettassse quella logica, l'uscita dall'Euro diviene una necessità.
Lo vediamo dai risultati negativi fin qui ottenuti con la ricetta UE, che è il
pareggio del bilancio, in termini di ragioneria: secondo cui, per aumentare le
entrate fiscali, basta aumentarne le aliquote, anche se si è in recessione (Ciò è
confermato da Trichet nei confronti della nuda Grecia, come si faceva in antico nei
confronti dei debitori insolventi: fatti schiavi o uccisi). Ma la tesi
della UE è radicalmente errata e disumana, verso le povertà, a meno che la UE si
risvegli patria, e carichi sul bilancio europeo le debolezze locali. Ad es. i debiti degli
Stati, eccedenti il 60% del PIL.
Ai tempi di Roma il debitore insolvente era portato
dal giudice, che gli dava 30 giorni per pagare. Passati i 30, se non pagava, il debitore
era dato alla mercè del creditore, che poteva farlo schiavo o ucciderlo. La UE vuole
altrettanto con la Grecia ? Urge modificare i trattati: la UE dovrà scoprirsi
"patria".
3.- Ma poi, in caso di uscita dall'Euro, cosa potra' succedere ? Vediamo
uno per uno i due maggiori problemi affacciatisi per la Grecia.
a) Panico bancario. Esso è un problema enorme
e, al tempo stesso, "fittizio". Esso si presenta tutte le volte che presso il
pubblico si diffonde il convincimento che una banca sia in stato di sofferenza, e questo a
prescindere dal problema della sostituzione dell'Euro con la Lira. Il motivo è che le
banche tengono presso di sè una riserva in banconote che (in questa fase storica) e' solo
nell'ordine del 7% dei depositi della clientela.
( Come e' noto, il miracolo è dovuto al fatto che, per i pagamenti
quotidiani, le banconote sono sostituite dagli assegni bancari (e similari: carte di
credito...), e questi sono accettati in pagamento perchè "si crede" che
l'assegno sia convertibile in banconote. Non importa se le banconote ci sono davvero in
banca, sul conto del cliente. Importa che si creda che ci siano. E',
dunque, se tutto il pubblico volesse riavere il contante, la riserva non basterebbe, e le
banche fallirebbero)
Torniamo all'uscita dall'Euro. Se il pubblico si convince che il subentro
della lira mette in pericolo i "sicuri" depositi in Euro, potremo avere anche
noi l'identico problema della Grecia, e quindi esporre il sistema bancario al fallimento,
e i depositanti a non avere liquidità.
Questo problema si può affrontare solo con una grande manovra
psicologica, fondata sulla pre-costituzione di una eccezionale riserva in Euro,
presso la Banca d'Italia. Questa vale soprattutto per i cittadini esteri, che
detengono depositi in Euro presso banche italiane.
Tuttavia, una cosa è fronteggiare un panico creato da una singola banca,
altra cosa è quello creato un intero Paese. La via che risolve è l'intervento di un
garante importante, quale la BCE, anche considerato che si sarebbe in regime di
separazione consensuale tra Italia e Ue, per cui conviene a tutti che la BCE non si
sottragga ad aiutare la transizione "psicologica".
b) Problemi di ridenominazione monetaria del debito ? Per quanto
riguarda il debito in mano a non residenti (20% del totale: 400 miliardi circa), il debito
pubblico italiano attuale verso l'estero dovrebbe poter restare denominato in . Le
scadenze sono tuttavia ripartite in più anni, per cui è verosimile che non ci siano
buchi.
Per i residenti, si potrebbe offrire l'opzione: conservare la
denominazione in , o passare alla Lira al cambio iniziale 1/1. Ma sia chiaro che in
caso di opzione per l'Euro, anche le imposte dovrebbero essere pagate in , con
rischio di cambio comunque, per cui non è sicuro che convenga l'opzione per
l' .
Circa la possibilità di fare fronte nel tempo al pagamento in , il
primo punto da guardare è il cambio estero. Come noto, esso è
l'incognita che determina il pareggio della bilancia dei pagamenti: vale dire, esso è
pari al rapporto tra il valore delle importazioni in lire (più i capitali italiani in
uscita, in lire) e il valore delle esportazioni in moneta estera (più i capitali esteri
in entrata), relativamente all'interscambio tra l'Italia e ciascun paese estero
(relativamente alla propria moneta).
Attualmente, l'Italia ha una bilancia dei pagamenti stabilizzata, per
cui si dovrebbe arrivare presto ad un cambio stabile, con Euro e Dollaro.
L'opzione di cui al punto a) (assistenza della BCE nel periodo
transitorio, abbrevierebbe i tempi psicologoci del panico circa la rimbosabilità del
credito.
A riguardo del cambio, va tenuto presente che il FMI è stato
istituito (1944) proprio come strumento di stabilizzazione dei cambi, e quindi sicuramente
essa farà la sua parte come garante, pro-tempore.
Infine, va tenuto in conto che a Banca d''Italia, ha riserve
(oro, diritti speciali di prelievo ....) nell'ordine di 240-250 miliardi di Euro: è
qualcosa Inoltre, la Banca d'Italia ha una partecipazione al capitale della
BCE, che dovrà essere rimborsato in Euro pro quota partecipazione.
C'è, poi, il fatto che, mediante l'export-import e il movimento capitali da
e per l'estero, è possibile creare una riserva di valute estere presso la Banca
di'Italia. E in questa fase, le esportazioni (val dire l'entrata di valuta ester) sembrano
tirare.
c) Problemi circa il pagamento del debito.
Varrebbero, a questo proposito, a maggior ragione le opzioni, di cui
sopra, anche in caso che l'Italia resti nell', considerato che esse sarebbero
nelle mani della restituita Banca d'Italia, con i poteri monetari pieni.
Ci sono poi considerazioni aggiuntive, circa la
maneggevolezza della moneta (divenuta nazionale).
- Il debito verso l'interno è "finanziariamente" una
partita di giro. Basta considerare che il Paese nel suo complesso percepisce gli interessi
sui BUONI comprati, ma il Paese medesimo paga le imposte per pagare gli interessi e
ammortizzare il capitale. In altri termini, il Paese con un mano prende e con l'altra dà.
Anche per i singoli cittadini la coincidenza riappare , sia pur in parte. Dunque, sotto
l'aspetto finanziatio, le cose non sono drammatiche. Ma questo debito
dovrebbe restare denominato in Euro ? I cittadini scelgano: se deve restare denominato in
Euro, anche le imposte vanno pagate in Euro.
Invece, sotto il profilo economico, il debito è un grosso problema, come
danno sociale: a) per il fatto che lo Stato è trattenuto dal destinare le risorse ai
bisogni emergenti, che sono quelli che più bruciano, al momento; b) e per il fatto
che lo Stato spende malissimo il danaro, e sarebbe meglio che subentrassero imprese
private nell'investirlo.
Nel proprio interesse l'Italia deve fare i conti con questo debito, e
riappropiandosi del potere monetario, sarebbe possibile spingere a fondo il pedale
dell'inflazione per cancellare totalmente il debito in termini reali.
Conviene ? Sarei tentato di non rispondere.
In linea di massima l'inflazione potrebbe determinare una rivoluzione
sociale. Hitler insegna.
Conclusione: l'arma della fabbricazione di moneta aggiuntiva va usata nei
limiti in cui è benefica per il PIL
Ho saltato, a pié pari, tutti i problemi interni della scala mobile
salariale, che ne deriveranno in caso di inflazione. Invece, i percettori di reddito
variabile saranno felici, ma non con una inflazione oltre certi limiti (fondi di
ammortamento annullati, apertura dei prezzi a ventaglio, ...). |
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COMPLETATA DAL MEF LA PUBBLICAZIONE DEI DATI FISCALI DEL 2014.
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1) Da questa è stato possibile costruire
il grafico sottostante che prova che l'aumento
della tassazione (2011, Governo Monti) è responsabile di avere fatto calare il PIL. |
2)
Il Documento di Economia e Finanza (DEF) del Governo RENZI - PADOAN
non affronta ancora nessun problema strutturale della spesa pubblica
(il nodo è la struttura dello Stato: troppi enti pubblici, a cominciare dalle
Regioni). |
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LUCIANI:
Il DEF del Governo ci conferma anche che lo Stato italiano rimane ladro: |
Motivi:
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a) non abbassa le tasse, pur avendo recuperato 13
miliardi di evasione fiscale nel 2013 e 14 miliardi nel 2014, dopo aver detto negli anni
scorsi:: "pagare tutti le imposte per pagare meno";
b) non ottempera alla sentenza della Corte di Cassazione, restituendo le pensioni
trattenute illegittimamente. |
U.E.
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La Unione Europea ha delle
responsabilità, perchè nel Fiscal Compact assume che "la disciplina di
bilancio è ... il fondamento
per il conseguimento degli obiettivi dell'Unione europea in materia di
crescila sostenibile, occupazione, competitivita'
e coesione sociale". Ma poi, si guarda bene dall'indicare se farlo con
aumento di tasse o riduzione di spese. |
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"FISCAL
COMPACT", Originale
del Trattato del 2 marzo 2012 (stralcio).
Per testo completo, clicca: Trattato
FC.OGGETTO E AMBITO DI
APPLICAZIONE
ARTICOLO 1
1. Con il presente trattato le parti contraenti, in
qualità di Stati membri dell'Unione europea, convengono di rafforzare il pilastro
economico dell'unione economica e monetaria adottando una serie di regole intese a
rinsaldare la disciplina di bilancio attraverso un patto di bilancio, a potenziare il
coordinamento delle loro politiche economiche e a migliorare la governance della zona
euro, sostenendo in tal modo il conseguimento degli obiettivi dell'Unione europea
in materia di crescila sostenibile, occupazione, competitivita' e coesione sociale.
2. II presente trattato si applica integraImente alle
parti contraenti la cui moneta e' l'euro. Esso si applica anche alle altre parti
contraenti nella misura e alle condizioni previste all'articolo 14.
PATTO DI BILANCIO
ARTICOLO 3 1.- Le parti contraenti applicano le regole
enunciate nel presente paragrafo in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai sensi del
diritto dell'Unione europea: a) la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di
una parte contraente è m pareggio o in avanzo: b) la regola di cui alla lettera a) si
considera rispettata se il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è pari
all'obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito nel patio di
stabilità e crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello
0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato. Le parti contraenti assicurano la
rapida convergenza verso il loro rispettivo obiettivo di medio termine. Il quadro
temporale per tale convergenza sarà proposto dalla Commissione europea tenendo conto dei
ribelli specifici del paese sul piano della sostenibilità. I progressi verso l'obiettivo
di medio termine e il rispetto di tale obiettivo sono valutati globalmente, facendo
riferimento al saldo strutturale e analizzando la spesa al netto delle misure
discrezionali in materia di entrate, in linea con il paltò di stabilità e crescita
rivisto;
c) le parti contraenti possono deviare temporaneamente dal
loro rispettivo obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale
obiettivo solo in circostanze eccezionali, come definito al paragrafo 3, lettera b);
d) quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto
interno lordo ai prezzi di mercato è significativamente inferiore al 60% e i rischi sul
piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche sono bassi, il limite
inferiore per l'obiettivo di medio termine di cui alla lettera b) può arrivare fino a un
disavanzo strutturale massimo dello 1,0% de! prodotto interno lordo ai prezzi di mercato;
e) qualora si constatino deviazioni significative
dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, è
attivato automaticamente un meccanismo di correzione. Tale meccanismo include l'obbligo
della parte contraente interessata di attuare misure per correggere le deviazioni in un
periodo di tempo definito.
2. Le regole enunciate al paragrafo 1 producono effetti
nel diritto nazionale delle parti contraenti al più tardi un anno dopo l'entrata in
vigore del presente trattato tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente -
preferibilmente costituzionale - o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente
garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio. Le parti contraenti istituiscono
a livello nazionale il meccanismo di correzione di cui al paragrafo 1, lettera e), sulla
base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, riguardanti in particolare la
natura, la portata e il quadro temporale dell'azione correttiva da intraprendere, anche in
presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l'indipendenza delle istituzioni
responsabili sul piano nazionale perii controllo dell'osservanza delle regole enunciate al
paragrafo 1. Tale meccanismo di correzione deve rispettare appieno le prerogative dei
parlamenti nazionali.
3. Ai fini del predente articolo si applicano le
definizioni di cui all'articolo 2 del protocollo (n. 12). sulla procedura dei disavanzi
eccessivi, allegato ai trattati dell'Unione europea.
Ai fini del predente articolo si applicano altresì le
definizioni seguenti: a) per "saldo strutturale annuo della pubblica
amministrazione" si intende il saldo annuo corretto per il ciclo ai netto di misure
una tantum e temporanee;
b) per "circostanze eccezionali" si intendono
eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano
rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione oppure
periodi di grave recessione economica ai sensi del patto di stabilità e crescita rivisto,
purché la deviazione temporanea della patte contraente interessata non comprometta la
sostenibilità del bilancio a medio termine.
ARTICOLO 4
Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto
interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% di cui
all'articolo 1 del protocollo (n, 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato
ai trattati dell'Unione europea, tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo
medio dì un ventesimo all'anno come parametro di riferimento secondo il disposto
dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997. per
l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i
disavanzi eccessivi, come modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio,
dell'8 novembre 2011. L'esistenza di un disavanzo eccessivo dovuto all'inosservanza del
criterio del debito sarà decisa in conformità della procedura di cui all'articolo 126
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
ARTICOLO 5
1. La parte contraente che sia soggetta a procedura per i
disavanzi eccessivi ai sensi dei trattati su cui si fonda l'Unione europea predispone un
programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione
dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per una correzione effettiva e
duratura del suo disavanzo eccessivo. Il contenuto e il formato di tali programmi sono
definiti nel diritto dell'Unione europea. La loro presentazione al Consiglio dell'Unione
europea e alla Commissione europea per approvazione e il loro monitoraggio avranno luogo
nel contesto delle procedure di sorveglianza attualmente previste dai patto di stabilità
e crescita.
2. Spetterà al Consiglio dell'Unione europea e alla
Commissione europea monitorare l'attuazione del programma di partenariato economico e di
bilancio e dei piani di bilancio annuali ad esso conformi.
ARTICOLO 6
Al fìne di coordinare meglio le emissioni di debito
nazionale previste, le parti contraenti comunicano ex ante al Consiglio dell'Unione
europea e alla Commissione europea i rispettivi piani di emissione del debito pubblico.
ARTICOLO 7
Nel pieno rispetto dei requisiti procedurali dei trattati
su cui si fonda l'Unione europea. le parti contraenti la cui moneta è l'euro si impegnano
a sostenere le proposte o le raccomandazioni presentate dalla Commissione europea, ove
questa ritenga che uno Stato membro dell'Unione europea la cui moneta è l'euro abbia
violato il criterio del disavanzo nel quadro di una procedura per i disavanzi eccessivi.
Tate obbligo non si applica quando si constati tra le parti contraenti la cui moneta è
l'euro che la maggioranza qualificata di esse, calcolata per analogia con le pertinenti
disposizioni dei trattati su cui si fonda l'Unione europea, senza tenere conto della
posizione della parte contraente interessata, si oppone alla decisione proposta o
raccomandata. |
Riforme strutturali
(Stralcuo dal DEF, SEZ. III, p. IV)
"Al fine di attivare in un'unica coordinata strategia interazioni
positive con la politica di bilancio, il Governo sta realizzando un ampio programma di
riforme strutturali, che si articola lungo tre direttrici fondamentali:
i) l'innalzamento della produttività del sistema mediante
la valorizzazione del capitale umano (Jobs Act, Buona Scuola, Programma Nazionale della
Ricerca);
ii) la diminuzione dei costi indiretti per le imprese connessi
agli adempimenti burocratici e all'attività della Pubblica Amministrazione, mediante la
semplificazione e la maggiore trasparenza delle burocrazie (riforma della Pubblica
Amministrazione, interventi anti-corruzione, riforma fiscale);
iii) la riduzione dei margini di incertezza dell'assetto giuridico
per alcuni settori, sia dal punto di vista della disciplina generale, sia dal punto di
vista degli strumenti che ne assicurano l'efficacia (nuova disciplina del licenziamento,
riforma della giustizia civile).
Gli effetti del programma risultano potenziati dagli interventi istituzionali
volti a riformare la legge elettorale, differenziare le funzioni
di Camera e Senato, accelerare il processo decisionale di approvazione delle
leggi.
L'impatto delle riforme strutturali sul PIL programmatico sconta un profilo
prudenziale, assumendo un effetto crescente nel tempo; va peraltro notato che una parte
dell'impatto delle riforme è ricompresa nel quadro macro tendenziale. Gli effetti
cumulati sono in linea con le previsioni formulate dalle principali organizzazioni
internazionali.
Con l'obiettivo di avviare la ripresa massimizzandone l'impatto occupazionale il
Governo ha già approvato quattro decreti attuativi del Jobs Act, al fine
di completare la riforma entro la prima metà dell'anno in corso; si tratta delle
disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a
tutele crescenti, riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali,
semplificazione delle tipologie contrattuali e conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro. Diventerà così più vantaggioso non solo assumere nuovo personale, ma anche
stabilizzare rapporti di lavoro flessibile esistenti, così incentivando gli investimenti
nell'istruzione per i lavoratori, nella formazione per le imprese.
Gli effetti degli interventi sul funzionamento del mercato del lavoro
risulteranno amplificati dagli incentivi fiscali introdotti con la Legge
di Stabilità per il 2015, quali:
- la riduzione permanente del cuneo fiscale per i dipendenti con
un reddito inferiore a 26 mila euro (bonus IRPEF 80 euro);
- la deducibilità, per le imprese e alcuni lavoratori, del costo del lavoro dalla
base imponibile ai fini IRAP;
- l'esenzione totale, per 36 mesi, dal pagamento dei contributi sociali per i
nuovi contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015.
Ampliando l'orizzonte temporale di riferimento, il compito di accrescere
significativamente la qualità del capitale umano del Paese è affidato alla riforma del sistema
dell'istruzione (La Buona Scuola), i cui fondamenti sono:
- un piano straordinario di assunzioni teso a soddisfare stabilmente le
esigenze degli organici;
- un maggiore ruolo del merito nel definire gli avanzamenti dei docenti;
- una maggiore trasparenza nella gestione delle scuole;
- l'introduzione di incentivi fiscali a favore degli investimenti privati
nelle infrastrutture scolastiche e nell'offerta didattica;
- l'obbligatorietà della formazione professionale per i percorsi tecnici;
- il riconoscimento della centralità - nel panorama dell'offerta didattica
- dell'apprendimento delle lingue straniere e dell'utilizzo delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione.
Affinché un'economia utilizzi adeguatamente il capitale umano
disponibile, le imprese dovranno essere messe in condizione di operare in un contesto
favorevole agli investimenti; in tal senso è particolarmente urgente continuare ad
aumentare l'efficienza della Pubblica Amministrazione - nel 2014 sono state ad esempio
introdotte norme volte a favorire la mobilità interna e tra amministrazioni dei
dipendenti.
Una riforma organica del settore, di iniziativa governativa, è
attualmente all'esame del Parlamento; intende rimuovere alcune disfunzioni delle
burocrazie, puntando ad esempio su una migliore gestione delle risorse umane e un più
efficace utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Gli investimenti delle imprese in Italia sono frenati anche da fenomeni di
corruzione e dai problemi che ostacolano l'adeguato funzionamento della giustizia,
in particolare civile.
Per contrastare i fenomeni di corruzione nel settore pubblico e
aumentare la trasparenza sono stati adottati diversi interventi normativi, che hanno
consentito tra l'altro la nascita e il rafforzamento dell'Autorità Nazionale
Anticorruzione; in materia di corruzione e tempi di prescrizione di alcuni reati ulteriori
misure sono al vaglio del Parlamento.
Al fine di accrescere la produttività della giustizia si è scelto
di specializzare maggiormente l'attività degli uffici giudiziari: è stato istituito il
tribunale delle imprese e si è intervenuti sulla distribuzione geografica degli uffici
giudiziari, conseguendo economie di scala. Risorse crescenti sono state inoltre stanziate
per il piano di digitalizzazione della giustizia, in particolare per accelerare il
completamento del processo civile telematico.
Al fine di snellire l'attività processuale sono state introdotte
nuove modalità di risoluzione delle controversie esterne ai tribunali e nuove formule di
determinazione degli onorari degli avvocati.
L'attuazione delle riforme procede a un ritmo serrato. La
Presidenza del Consiglio dei Ministri verifica costantemente che le misure introdotte
vengano attuate nei tempi stabiliti, attraverso un'azione di coordinamento e impulso che
sta producendo una significativa accelerazione dei processi attuativi.
Il Governo stima che le riforme, una volta attuate, eserciteranno
un impatto significativo sulla crescita di lungo termine, sull'occupazione e sulla
sostenibilità delle finanze pubbliche; le riforme rappresentano inoltre un fattore
cruciale di impulso per gli investimenti.
Rafforzandosi reciprocamente, riforme strutturali e investimenti
accrescono stabilmente il potenziale, migliorando le aspettative di imprese e famiglie
sulle prospettive dell'economia."
IL
CRONOPROGRAMMA DEL GOVERNO 1. La
riforma delle istituzioni: la riforma della legge elettorale e la riforma costituzionale
2. Le nostre risorse: la
revisione della spesa
3. La delega fiscale: imprimere
unaccelerazione nelle riforme strutturali per la semplificazione, la crescita e
lequità
4. La revisione del prelievo locale: verso un assetto stabile e semplificato
5. La pubblica amministrazione per la crescita inclusiva
6. La strategia: rafforzare le leve per la competitività delle imprese
7. Solidità e trasparenza delle banche
8. Le riforme del mercato del lavoro e del welfare
9. Privatizzazioni e dismissioni immobiliari
10. Il settore sanitario
11. Le infrastrutture
12. Difesa: un moderno strumento militare
13. Economia verde e uso efficiente delle risorse: opportunità di crescita e di
sviluppo
14. La strategia: politica di coesione, mezzogiorno e competitività dei territori
15. La giustizia
16. Istruzione e ricerca: il Paese riparte dalla conoscenza
17. Cultura e turismo
18. Stato di attuazione delle riforme
19. Il coordinamento nazionale delle politiche europee
20. Lattenzione allattuazione delle policy: le griglie delle riforme
strutturali del Paese . |
|
NINO LUCIANI, Un
Documento di Economia e Finanza, ancora orientato a prendere tempo. Vediamo come e
perchè. 1.- Premessa. La verità su Padoan,
nel DEF - Documento di Economia e Finanza 2015, SEZIONE III.
Il Documento mi è parso di grande interesse per la completezza dell'elenco
dei problemi e per gli elementi di giudizio. La cosa migliore è prendere contatto con
l'originale DEF 2015, e di cui
qui si prende qualche stralcio.
Ma, si nota subito che esso non affronta il problema di fondo che impedisce
al PIL e al lavoro di risalire: e che è lo eccesso di fiscalità, non bilanciata
da un uso produttivo della spesa pubblica. Questa, anzi, dovrebbe essere tagliata
sul piano strutturale (troppi enti inutili: Regioni imprese pubbliche non strategiche,
mille altri enti).
Ma il Governo non dà nessuna prova di averne urgenza. La prova sta
nel paragrafo "riforme strutturali" riportate qui a fianco, e nel
cronoprogramma, riportato subito di seguito.
Infatti, le economie di spesa sono indicate da trovare nella riduzione
(impossibile) di spese della gestione corrente o di funzionamento della Pubblica
Amministrazione (cosiddetta spending revew), che è ben altro dalle riforme strutturali
(abolizione delle regioni ...).
In estrema sintesi, siamo di fronte a un governo che tira a campare, dal
lato economico, e la prova del 9 ci arriva in questi giorni dal rischio di un collasso dei
conti pubblici, a seguito della sentenza costituzionale a favore della restituzione del
tolto illegittimamente ai pensionati.
E lo fa (vale dire, tira a campare) con manovre fuorvianti, come la riforma
della scuola e della università: nel senso che sono due aree strategiche massime e
bisognose a livello di prostrazione (a causa delle riforme distruttive dei governi
Berlusconi (con Moratti e Gelmini), ma per quali il governo non prende i soldi da
dove sono.
2.- Stato ladro e UE irresponsabile.
Abbiamo, nel DEF, anche l'ennesima conferma che lo Stato italiano rimane ladro:
Motivi: a) non abbassa le tasse, pur avendo recuperato 13 miliardi di evasione
fiscale nel 2013 e 14 miliardi nel 2014, dopo aver detto negli anni scorsi:: "pagare
tutti le imposte per pagare meno";
b) non ottempera alla sentenza della Corte di Cassazione, restituendo le pensioni
trattenute illegittimamente.
I vari comunicati mensili della U.E. ci confermano che anche la
Unione Europea ha delle responsabilità, perchè nel Fiscal Compact assume che "la
disciplina di bilancio è ... il fondamento per il conseguimento degli obiettivi
dell'Unione europea in materia di crescila sostenibile, occupazione, competitivita' e
coesione sociale". Ma poi, si guarda bene dall'indicare se farlo con aumento di tasse
o riduzione di spese, tant'è che l'aumento della tassazione fa cadere il PIL (vedi
grafico sopra), ossia il contrario di quanto dice di volere.
3.- Perchè il governo tira a campare ?
Il lapsus freudiano lo cogliamo nel fatto che il DEF colloca la
riforma della legge elettorale e la riforma del Senato (non voterà più la fiducia al
governo) in testa alle riforme strutturali.
Esse non sono riforme economiche nè finanziarie, ma sono la porta che apre
la via. Difatti, se il governo si sognasse oggi di prendere
i soldi dove sono (vale dire, nelle Regioni), verrebbe fatto cadere il giorno dopo.
Ma Renzi lo sa, ed è per questo che deve aspettare (dopo la legge elettorale,
finalmente arrivata in porto), la riforma del Senato (e del titolo V): vale dire
l'abolizione del potere di dare la fiducia. Dunque aspetteremo.
Non piangiamo affatto con quelli che si stracciano le vesti, evocando
pericoli di dittatura in Italia.
Diciamo, invece, che siamo stanchi di vedere in parlamento dei partiti
che sono bande mangerecce, senza il senso dello Stato. Dentro ci metto anche la sinistra
del PD che ha votato contro lo Italicum e non credo affatto che quelli di SEL siano delle
vergini diverse da BERLUSCONI (sotto questo aspetto).
Sia chiaro che vedo anch'io pericolo di incostituzionalità in qualche punto
dello Italicum (tipo il premio di maggioranza al 40%). Ma penso che non si porrà il
problema perchè nessuno lo raggiungerà, per cui si potrà fare il ballottaggio, che è
costituzionalissimo. NINO LUCIANI |
Il grafico soprastante è a prova del
"9" della "irresponsabilità" della politica
della UE in quanto il pareggio del bilancio potrebbe realizzarsi in due modi, con
effetti opposti, ma la UE non ha il coraggio dire qual'è quello giusto.
Anche il "DEF" del Governo Renzi tuttora non ne sceglie nessuno e
prende tempo.Nota. a) Il grafico sottostante mostra che le cifre
delle entrate fiscali e dei contributi previdenziali, sono state sempre in aumento dal
2010 (Governo Monti e successivi). Esso mostra anche una caduta ininterrotta del PIL,
collegata con questo inasprimento del fisco.
Si osserva che la UE vuole il pareggio, come regola, e adduce che esso è
sufficiente a determinare la crescita del PIL. Il Grafico smentisce questa tesi, anche
esso fa intravvedere che, se continua la caduta del PIL, cadrà anche il gettito fiscale,
e questo sarebbe il massimo della beffa, peraltro preannunciata dalla curva di Laffere.
E siccome il pareggio si può ottenere anche abbattendo la spesa pubblica, l'idea
che il taglio della spesa (e il taglio della fiscalità) accontenti la UE e sblocchi gli
investimenti produttivi è quella più realistica.
Sia chiaro che questa via (taglio della spesa) è in contrasto con le conclamate
teorie keynesiane, per la semplice ragione che oggi la spesa pubblica è già al top
(55-60% del PIL), mentre ai tempi di Keynes (1933-36) essa stava intorno al 30% del PIL.
Non solo questo: oggi lo Stato italiano è un pachiderma talmente ingrassato e vecchio da
non riuscire a spendere in tempo reale tutto quanto autorizzato. C'è, poi, la
circostranza che la BCE sta già facendo di suo tutto quanto serve, in termini di
creazione di liquidità.
E siccome, pur con questo largo, il cavallo non beve, un motivo di sarà. E noi
sappiamo che il motivo sta nell'eccesso di fiscalità, per cui le piccole e medie imprese
non hanno interesse a investire. Infatti, lo Stato vuole, in tasse, il 65-68% dei
profitti.
Si deve chiarire che questa situazione fiscale c'era anche alcuni anni fa, eppure
le piccole e medie imprese facevano investimenti...
Questa osservazione chiama in campo l'evasione fiscale. Tradizionalmente, il
sistema fiscale italiano alzava le aliquote, ma poi chiudeva un occhio sulla evasione.
Questo ha permesso alle imprese di sopravvivere.
Ma adesso il fisco picchia duro, dati i problemi di cassa, e questo altera
profondamente le regole del gioco., soprattutto adesso. Tu non fai una operazione
chirurgica al cavallo, mentre è colto da un febbrone. Direi che le imprese si trovino in
questa situazìone di grave malattia, ed è il momento peggiore per infierire
sull'evasione
Un modo furbo e maldestro di giustificare la lotta all'evasione è stato lo slogan
di governi e sindacati: "Pagare tutti, per pagare meno".
Ma è di queste settimane un annuncio ufficiale dell'Agenzia delle Entrate, di aver
recuperato 14 miliardi di evasione nel 2014, e 13 miliardi nel 20\3.
Al tempo stesso il governo si guarda bene da comunicare una riduzione delle
aliquote, per far pagare meno a chi, in passato, ha pagato troppo.
Anzi il DEF comunica di trovarsi con un tesoretto che non ha ancora deciso come
destinare... Vergogna ! E' questo il significato di "PAGARE TUTTI, PER PAGARE
MENO" ?
TRATTATO "FISCAL
COMPACT", 2 marzo 2012.
Stralcio - Per il testo completo, clicca su: Trattato FC.OGGETTO E AMBITO DI APPLICAZIONE
ARTICOLO 1
1. Con il presente trattato le parti contraenti, in
qualità di Stati membri dell'Unione europea, convengono di rafforzare il pilastro
economico dell'unione economica e monetaria adottando una serie di regole intese a
rinsaldare la disciplina di bilancio attraverso un patto di bilancio, a potenziare il
coordinamento delle loro politiche economiche e a migliorare la governance della zona
euro, sostenendo in tal modo il conseguimento degli obiettivi dell'Unione europea
in materia di crescila sostenibile, occupazione, competitivita' e coesione sociale.
2. II presente trattato si applica integraImente alle
parti contraenti la cui moneta e' l'euro. Esso si applica anche alle altre parti
contraenti nella misura e alle condizioni previste all'articolo 14.
PATTO DI BILANCIO
ARTICOLO 3 1.- Le parti contraenti applicano le regole
enunciate nel presente paragrafo in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai sensi del
diritto dell'Unione europea: a) la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di
una parte contraente è m pareggio o in avanzo: b) la regola di cui alla lettera a) si
considera rispettata se il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è pari
all'obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito nel patio di
stabilità e crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello
0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato. Le parti contraenti assicurano la
rapida convergenza verso il loro rispettivo obiettivo di medio termine. Il quadro
temporale per tale convergenza sarà proposto dalla Commissione europea tenendo conto dei
ribelli specifici del paese sul piano della sostenibilità. I progressi verso l'obiettivo
di medio termine e il rispetto di tale obiettivo sono valutati globalmente, facendo
riferimento al saldo strutturale e analizzando la spesa al netto delle misure
discrezionali in materia di entrate, in linea con il paltò di stabilità e crescita
rivisto;
c) le parti contraenti possono deviare temporaneamente dal
loro rispettivo obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale
obiettivo solo in circostanze eccezionali, come definito al paragrafo 3, lettera b);
d) quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto
interno lordo ai prezzi di mercato è significativamente inferiore al 60% e i rischi sul
piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche sono bassi, il limite
inferiore per l'obiettivo di medio termine di cui alla lettera b) può arrivare fino a un
disavanzo strutturale massimo dello 1,0% de! prodotto interno lordo ai prezzi di mercato;
e) qualora si constatino deviazioni significative
dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, è
attivato automaticamente un meccanismo di correzione. Tale meccanismo include l'obbligo
della parte contraente interessata di attuare misure per correggere le deviazioni in un
periodo di tempo definito.
2. Le regole enunciate al paragrafo 1 producono effetti
nel diritto nazionale delle parti contraenti al più tardi un anno dopo l'entrata in
vigore del presente trattato tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente -
preferibilmente costituzionale - o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente
garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio. Le parti contraenti istituiscono
a livello nazionale il meccanismo di correzione di cui al paragrafo 1, lettera e), sulla
base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, riguardanti in particolare la
natura, la portata e il quadro temporale dell'azione correttiva da intraprendere, anche in
presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l'indipendenza delle istituzioni
responsabili sul piano nazionale perii controllo dell'osservanza delle regole enunciate al
paragrafo 1. Tale meccanismo di correzione deve rispettare appieno le prerogative dei
parlamenti nazionali.
3. Ai fini del predente articolo si applicano le
definizioni di cui all'articolo 2 del protocollo (n. 12). sulla procedura dei disavanzi
eccessivi, allegato ai trattati dell'Unione europea.
Ai fini del predente articolo si applicano altresì le
definizioni seguenti: a) per "saldo strutturale annuo della pubblica
amministrazione" si intende il saldo annuo corretto per il ciclo ai netto di misure
una tantum e temporanee;
b) per "circostanze eccezionali" si intendono
eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano
rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione oppure
periodi di grave recessione economica ai sensi del patto di stabilità e crescita rivisto,
purché la deviazione temporanea della patte contraente interessata non comprometta la
sostenibilità del bilancio a medio termine.
ARTICOLO 4
Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto
interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% di cui
all'articolo 1 del protocollo (n, 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato
ai trattati dell'Unione europea, tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo
medio dì un ventesimo all'anno come parametro di riferimento secondo il disposto
dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997. per
l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i
disavanzi eccessivi, come modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio,
dell'8 novembre 2011. L'esistenza di un disavanzo eccessivo dovuto all'inosservanza del
criterio del debito sarà decisa in conformità della procedura di cui all'articolo 126
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
ARTICOLO 5
1. La parte contraente che sia soggetta a procedura per i
disavanzi eccessivi ai sensi dei trattati su cui si fonda l'Unione europea predispone un
programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione
dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per una correzione effettiva e
duratura del suo disavanzo eccessivo. Il contenuto e il formato di tali programmi sono
definiti nel diritto dell'Unione europea. La loro presentazione al Consiglio dell'Unione
europea e alla Commissione europea per approvazione e il loro monitoraggio avranno luogo
nel contesto delle procedure di sorveglianza attualmente previste dai patto di stabilità
e crescita.
2. Spetterà al Consiglio dell'Unione europea e alla
Commissione europea monitorare l'attuazione del programma di partenariato economico e di
bilancio e dei piani di bilancio annuali ad esso conformi.
ARTICOLO 6
Al fìne di coordinare meglio le emissioni di debito
nazionale previste, le parti contraenti comunicano ex ante al Consiglio dell'Unione
europea e alla Commissione europea i rispettivi piani di emissione del debito pubblico.
ARTICOLO 7
Nel pieno rispetto dei requisiti procedurali dei trattati
su cui si fonda l'Unione europea. le parti contraenti la cui moneta è l'euro si impegnano
a sostenere le proposte o le raccomandazioni presentate dalla Commissione europea, ove
questa ritenga che uno Stato membro dell'Unione europea la cui moneta è l'euro abbia
violato il criterio del disavanzo nel quadro di una procedura per i disavanzi eccessivi.
Tate obbligo non si applica quando si constati tra le parti contraenti la cui moneta è
l'euro che la maggioranza qualificata di esse, calcolata per analogia con le pertinenti
disposizioni dei trattati su cui si fonda l'Unione europea, senza tenere conto della
posizione della parte contraente interessata, si oppone alla decisione proposta o
raccomandata. |
.
Nino Luciani, La Grecia, terreno di riflessione per l'uscita dall'Euro, di
chi sarebbe dovuto entrare più tardi, e che uscendo potrà comunque rientrare a tempo
giusto.
Nota. a) Il grafico sottostante mostra che le cifre delle entrate fiscali e dei
contributi previdenziali, sono state sempre in aumento dal 2010 (Governo Monti e
successivi). Esso mostra anche una caduta ininterrotta del PIL, collegata con questo
inasprimento del fisco.
Si osserva che la UE vuole il pareggio, come regola, e adduce che esso è
sufficiente a determinare la crescita del PIL. Il Grafico smentisce questa tesi, anche
esso fa intravvedere che, se continua la caduta del PIL, cadrà anche il gettito fiscale,
e questo sarebbe il massimo della beffa, peraltro preannunciata dalla curva di Laffere.
E siccome il pareggio si può ottenere anche abbattendo la spesa pubblica, l'idea
che il taglio della spesa (e il taglio della fiscalità) accontenti la UE e sblocchi gli
investimenti produttivi è quella più realistica.
Sia chiaro che questa via (taglio della spesa) è in contrasto con le conclamate
teorie keynesiane, per la semplice ragione che oggi la spesa pubblica è già al top
(55-60% del PIL), mentre ai tempi di Keynes (1933-36) essa stava intorno al 30% del PIL.
Non solo questo: oggi lo Stato italiano è un pachiderma talmente ingrassato e vecchio da
non riuscire a spendere in tempo reale tutto quanto autorizzato. C'è, poi, la
circostranza che la BCE sta già facendo di suo tutto quanto serve, in termini di
creazione di liquidità.
E siccome, pur con questo largo, il cavallo non beve, un motivo di sarà. E noi
sappiamo che il motivo sta nell'eccesso di fiscalità, per cui le piccole e medie imprese
non hanno interesse a investire. Infatti, lo Stato vuole, in tasse, il 65-68% dei
profitti.
Si deve chiarire che questa situazione fiscale c'era anche alcuni anni fa, eppure
le piccole e medie imprese facevano investimenti...
Questa osservazione chiama in campo l'evasione fiscale. Tradizionalmente, il
sistema fiscale italiano alzava le aliquote, ma poi chiudeva un occhio sulla evasione.
Questo ha permesso alle imprese di sopravvivere.
Ma adesso il fisco picchia duro, dati i problemi di cassa, e questo altera
profondamente le regole del gioco., soprattutto adesso. Tu non fai una operazione
chirurgica al cavallo, mentre è colto da un febbrone. Direi che le imprese si trovino in
questa situazìone di grave malattia, ed è il momento peggiore per infierire
sull'evasione
Un modo furbo e maldestro di giustificare la lotta all'evasione è stato lo slogan
di governi e sindacati: "Pagare tutti, per pagare meno".
Ma è di queste settimane un annuncio ufficiale dell'Agenzia delle Entrate, di aver
recuperato 14 miliardi di evasione nel 2014, e 13 miliardi nel 20\3.
Al tempo stesso il governo si guarda bene da comunicare una riduzione delle
aliquote, per far pagare meno a chi, in passato, ha pagato troppo.
Anzi il DEF comunica di trovarsi con un tesoretto che non ha ancora deciso come
destinare... Vergogna ! E' questo il significato di "PAGARE TUTTI, PER PAGARE
MENO" ? |
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La
Grecia prepara la via per l'Italia,
se l'uscita è solo rinviata di 4 mesi |
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Guardando alla GR-EXIT (TRE OPINIONI),
ma per guardare all'Italia.
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M.
SWEETING, Rischio di caos legale. La Grecia come pagherà i debiti già denominati in Euro
? |
V.
DA ROLD, Banche greche aggredite per recuperare i depositi in Euro. |
V.
DA ROLD, Banche greche aggredite per recuperare i depositi in Euro. |
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LUCIANI |
Ai tempi di Roma il
debitore insolvente era portato dal giudice, che gli dava 30 giorni per pagare. Passati i
30 giorni, se non pagava, il debitore era dato alla mercè del creditore, che poteva farlo
schiavo o ucciderlo.
La UE sta facendo come il giudice romano, con la Grecia ? Urge modificare i trattati: la
UE dovrà scoprirsi patria. |
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LUCIANI
: |
La fabbricazione di
moneta (dalla BCE - Qe - tramite l'acquisto di titoli di Stato) non sarà
risolutiva per sempre, perchè è al fuori di una contrattazione (tra BCE e i
singoli Stati) circa le riforme da fare in cambio. La chiave è ottenere dall'Italia un
impegno ad abbattere la pressione fiscale del 10%, ferma la spesa.
Ma questo crea un disavanzo di bilancio e debito aggiuntivo, per cui il problema
integrativo è anche quello di aggredire il debito, creando una inflazione annua del 5%,
fino a deprezzare del 50% il debito, in 10 anni.
Questa s'ha da fare, con o senza uscita dall' Euro". A meno la UE si scopra
"patria" e carichi sul proprio bilancio i debiti degli Stati, eccedenti il 60%
del PIL, da ammortizzare con una imposta europea (1% sui PIL di tutti gli Stati ?) .
Questa via è massimamente urgente per la
Grecia.
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(Traduzione di Morya Longo,
12 feb. 2015, Stralcio) |
.
MALCOLM SWEETING,
Ipotesi Grexit: problemi di ridenominazione monetaria
del debito |
" Legalmente sarebbe possibile stare nell'Unione europea ma non nell'euro, tanto che
molti Paesi - per esempio la Gran Bretagna - già lo fanno.
"Il punto è che ogni Stato è sovrano e non può essere obbligato a tenere
determinati comportamenti.
....
" Altro conto è avere la convenienza a farlo: l'uscita dall'euro metterebbe
infatti sul tavolo enormi sfide legali e pratiche, oltre ovviamente a quelle economiche.
.
" Il problema principale riguarda la ridenominazione nella nuova valuta dei
contratti e dei debiti
qual è la legge a cui i contratti sono sottoposti, in quale
valuta sono denominati, in quale luogo devono essere onorati, qual è il Tribunale
competente a dirimere le controversie e dove si trovano i beni dello Stato debitore
eventualmente da aggredire.
..
"Per la Grecia
. buona parte del debito di Atene è ormai sottoposto a
legge inglese.
. e il Tribunale competente è quello britannico, se Atene volesse
convertire il suo debito in dracme le Corti di Londra darebbero ragione ai creditori
condannando Atene a pagare in euro.
Conclusione: "Uno
Stato sovrano può fare tutto: il problema è gestire poi le conseguenze legali. Oltre,
ovviamente, a quelle economiche: se uno Stato unilateralmente tradisce gli investitori,
poi sarà difficile che ottenga nuovi finanziamenti in futuro". |
(21 feb. 2014, Stralcio) |
.
VITTARIO DA ROLD,
Banche greche in difficoltà
per panico monetario |
Negli ultimi giorni sono stati prelevati dalle banche
greche 500 milioni di euro al giorno, secondo stime di analisti di una banca daffari
locale. Una uscita di cassa che, se dovesse continuare a questi ritmi, potrebbe
costringere le autorità greche a bloccare nel primo weekend utile i flussi in uscita sui
depositi bancari di privati e aziende, con lintroduzione di misure di controllo sui
capitali sullo stile di quanto avvenuto nella crisi cipriota del 2013. Ad Atene sta
avvenendo in questi giorni qualcosa di paradossale: chi ha votato con la mano sinistra
Syriza il 25 gennaio e continua a sostenere nei sondaggi il Governo, ora sta usando la
mano destra per andare al bancomat e ritirare i soldi depositati in banca. I dati non
lasciano dubbi: i depositi bancari erano 244 miliardi di euro prima della crisi, sono
arrivati a dicembre a 160,3 miliardi (ultimo dato ufficiale) e a gennaio e febbraio si
stimano rispettivamente un calo a 148,3 e 140 miliardi di euro. Può andare avanti così?
La situazione non è sostenibile nel medio periodo perché le banche greche non hanno più
la possibilità di portare come collaterali in garanzia bond ellenici presso la Bce e
hanno solo 68,3 miliardi di credito di emergenza (Ela) a cui appoggiarsi, sempre
attraverso prima Francoforte e poi la Banca centrale greca. Anche i 10,9 miliardi di euro
residui, sui 50 miliardi di euro complessivi destinati alla ricapitalizzazione degli
istituti di credito, del Fondo ellenico per la stabilità, secondo lintesa con
lEurogruppo di ieri, non potranno essere utilizzati se non per lo scopo cui erano
destinati". |
(Intervista di Beda Romano
(21 feb. 2014, Stralcio) |
JEAN-CLAUDE TRICHET, "Atene rischia
di compromettere
il recupero di competitività"
|
..
Un'uscita della Grecia dalla zona euro
. sarebbe prima di tutto un dramma per
il popolo greco. Non corrisponderebbe al suo interesse. E sarebbe un problema grosso per
gli altri Paesi europei
..
Avrebbe conseguenze economiche spaventose, molto, molto gravi. Tra queste, un
calo del prodotto interno lordo importante, proprio mentre la crescita sta tornando
. Oggi in Grecia la scelta non è tra austerità e crescita. L'obiettivo è un
ritorno ordinato a un equilibrio finanziario, che è una condizione per crescita e
occupazione durevoli. Più il Paese recupera competitività, più creerà occupazione.
L'obiettivo deve essere la riduzione la più rapida possibile della disoccupazione. Il
debito greco è al 180% del Pil
.. è un problema importante, ma non necessariamente
quello principale. Bisogna creare competitività e crescita che ne permetteranno il
rimborso, magari riducendo i tassi d'interesse e aumentando le maturità, purché ci sia
un buon programma economico.
. ". |
|
.
Nino Luciani, La Grecia, terreno di riflessione per l'uscita dall'Euro, di
chi sarebbe dovuto entrare più tardi, e che uscendo potrà comunque rientrare a tempo
giusto. A meno cha la UE non sia patria che carica sul bilancio europeo le "debolezze
locali".1.- Premessa. L'Italia era
entrata nell' Euro perchè la UE la costringesse a risolvere i suoi problemi strutturali,
visto che i suoi governi non avevano la forza politica di risolverli .
Ma poi, l'Italia ne è risultata strangolata per più motivi, il contrario
dell'attesa. Vediamo:
a) il cambio euro/lira risultò molto svantaggioso per l'Italia, tant'è che le
esportazioni italiane sono risultate chiuse in casa per 10 anni (e solo adesso con
la svalutazione dell'Euto riprende qualche respiro);
b) la politica dell'allargamento ai Paesi europei dell'est, attuata da Prodi (Commissario
europeo) è stata fuori limite. Se, infatti, qualche Paese dell'UE poteva aiutarci, non
l'ha potuto fare più a causa delle troppe bocche da sfamare.
Il fatto, poi, che ultimamente Renzi si sia defilato da Tsipras, alle prese
con la UE, non mi è affatto piaciuto. Essere furbi, ma non
intelligenti, paga, ma solo lì per lì. Poi verrà un momento in cui quell'amico potrebbe
farti comodo, e l'hai perso.
2.- Dovremo uscire dall'Euro ?
Per la risposta dovremo mettere in conto i problemi prospettati per la
Grecia, e che sono focalizzati qui a fianco.
Ma prima dovremo dire cosa è stata per noi la costruzione dell'Europa
(prima dell'Euro). E' stata uno straordinario periodo di pace (mai più guerre tra noi, ma
tavoli di trattativa) e benessere, a partire dal 1956 con il Mercato Comune (e, prima, con
la CECA, Euratom, ...), fino al 2000, salvo poi trovarci inceppati dall'Euro.
Potremo uscire ? Lo possiamo e limitarci a uscire
dall'Euro, e invece rimanere in UE per il resto, come fa il Regno
Unito. |
(Continua LUCIANI)
Ci conviene restare se la UE entra nella seguente logica:
a) che l'obiettivo assolutamente prioritario sia una scossa al
sistema produttivo privato, mediante un abbattimento della pressione fiscale nell'ordine
del 10-15%, lasciano ferma la spesa pubblica in un primo tempo.
Ma questo determinerebbe un deficit di bilancio, da coprire come ?
Mediante debito aggiuntivo, da finanziare con fabbricazione di moneta aggiuntiva
della BCE (con anticipazioni di cassa rimborsabili a medio termine, o con acquisto di
titoli a scadenza a medio termine), grosso modo pari al 4,5-5,0% del PIL, e che si
scaricherebbe in parte con aumento dei prezzi, in parte con un aumento del PIL reale (o
fors'anche totalmente, data la mole di risorse inutilizzate attualmente).
A sua volta, il debito già in essere (grosso modo 2.100 miliardi), andrebbe
convertito in debito ventennale. Al tasso attuale del 2%, la rata annuale sarebbe di
127 miliardi, pari allo 8% del PIL, ma con l'osservazione che, come conseguenza del
tasso di aumento del PIL del 5% all'anno (parte in termini monetari, parte in
termini reali), in 10 anni il debito rientrerebbe nell'ordine del 60% del PIL (che è
l'accordo di Maastricht).
In un secondo tempo, si dovrebbe avviare prima possibile l'abbattimento della
spesa pubblica nell'ordine del 7-10% del PIL, da ottenere (non con la "fasulla"
spending revew-sfascia uffici), ma con la riforma dello Stato: abolizione delle Regioni a
statuto ordinario (ma perchè 15 parlamenti regionali ... , se quello
nazionale basta e avanza ?) e revoca della delega statale di gestione della sanità
pubblica alle Regioni (meno sprechi, meno finanziamenti dei partiti locali, sotto banco; e
piena uniformità delle prestazioni sanitarie, per abitante, nel territorio nazionale).
A riguardo di questo passaggio, il governo Renzi è sulla strada buona, sia
pur non radicale: tale è la soppressione delle competenze regionali in materia
concorrente, e in altri campi significativi.
b) Ma la UE potrebbe accettare questa logica ? Proprio in questi giorni la
BCE avvia il programma di creazione di moneta aggiuntiva (Qe)
mediante l'acquisto di titoli di Stato, vale dire la BCE acquisterà molti titoli di
Stato (e altro) dei vari Paesi UE (zona ) in proporzione alle quote di
capitale della BCE, possedute dalle varie Banche Nazionali.
Questa logica non è molto lontana dalla quella, qui sopra. Ma, a parte che qualche
effetto espansiva di sarà sulle esportazioni, grazie alla svalutazione del cambio estero,
essa ha limiti di essere una operazione unilaterale, senza contropartita certa (vale dire,
nel quadro di un accordo preciso BCE-Italia ) circa le riforme
strutturali necessarie. Si rischia che alla fine del periodo di Qe,
si sia al punto di partenza circa le riforme strutturali, anzi che i beneficiari
ringrazieranno la BCE dicendo che ha fatto poco.
Se, invece, la UE non accettassse quella logica, l'uscita dall'Euro diviene una necessità.
Lo vediamo dai risultati negativi fin qui ottenuti con la ricetta UE, che è il
pareggio del bilancio, in termini di ragioneria: secondo cui, per aumentare le
entrate fiscali, basta aumentarne le aliquote, anche se si è in recessione (Ciò è
confermato da Trichet nei confronti della nuda Grecia, come si faceva in antico nei
confronti dei debitori insolventi: fatti schiavi o uccisi). Ma la tesi
della UE è radicalmente errata e disumana, verso le povertà, a meno che la UE si
risvegli patria, e carichi sul bilancio europeo le debolezze locali. Ad es. i debiti degli
Stati, eccedenti il 60% del PIL.
Ai tempi di Roma il debitore insolvente era portato
dal giudice, che gli dava 30 giorni per pagare. Passati i 30, se non pagava, il debitore
era dato alla mercè del creditore, che poteva farlo schiavo o ucciderlo. La UE vuole
altrettanto con la Grecia ? Urge modificare i trattati: la UE dovrà scoprirsi
"patria".
3.- Ma poi, in caso di uscita dall'Euro, cosa potra' succedere ? Vediamo
uno per uno i due maggiori problemi affacciatisi per la Grecia.
a) Panico bancario. Esso è un problema enorme
e, al tempo stesso, "fittizio". Esso si presenta tutte le volte che presso il
pubblico si diffonde il convincimento che una banca sia in stato di sofferenza, e questo a
prescindere dal problema della sostituzione dell'Euro con la Lira. Il motivo è che le
banche tengono presso di sè una riserva in banconote che (in questa fase storica) e' solo
nell'ordine del 7% dei depositi della clientela.
( Come e' noto, il miracolo è dovuto al fatto che, per i pagamenti
quotidiani, le banconote sono sostituite dagli assegni bancari (e similari: carte di
credito...), e questi sono accettati in pagamento perchè "si crede" che
l'assegno sia convertibile in banconote. Non importa se le banconote ci sono davvero in
banca, sul conto del cliente. Importa che si creda che ci siano. E',
dunque, se tutto il pubblico volesse riavere il contante, la riserva non basterebbe, e le
banche fallirebbero)
Torniamo all'uscita dall'Euro. Se il pubblico si convince che il subentro
della lira mette in pericolo i "sicuri" depositi in Euro, potremo avere anche
noi l'identico problema della Grecia, e quindi esporre il sistema bancario al fallimento,
e i depositanti a non avere liquidità.
Questo problema si può affrontare solo con una grande manovra
psicologica, fondata sulla pre-costituzione di una eccezionale riserva in Euro,
presso la Banca d'Italia. Questa vale soprattutto per i cittadini esteri, che
detengono depositi in Euro presso banche italiane.
Tuttavia, una cosa è fronteggiare un panico creato da una singola banca,
altra cosa è quello creato un intero Paese. La via che risolve è l'intervento di un
garante importante, quale la BCE, anche considerato che si sarebbe in regime di
separazione consensuale tra Italia e Ue, per cui conviene a tutti che la BCE non si
sottragga ad aiutare la transizione "psicologica".
b) Problemi di ridenominazione monetaria del debito ? Per quanto
riguarda il debito in mano a non residenti (20% del totale: 400 miliardi circa), il debito
pubblico italiano attuale verso l'estero dovrebbe poter restare denominato in . Le
scadenze sono tuttavia ripartite in più anni, per cui è verosimile che non ci siano
buchi.
Per i residenti, si potrebbe offrire l'opzione: conservare la
denominazione in , o passare alla Lira al cambio iniziale 1/1. Ma sia chiaro che in
caso di opzione per l'Euro, anche le imposte dovrebbero essere pagate in , con
rischio di cambio comunque, per cui non è sicuro che convenga l'opzione per
l' .
Circa la possibilità di fare fronte nel tempo al pagamento in , il
primo punto da guardare è il cambio estero. Come noto, esso è
l'incognita che determina il pareggio della bilancia dei pagamenti: vale dire, esso è
pari al rapporto tra il valore delle importazioni in lire (più i capitali italiani in
uscita, in lire) e il valore delle esportazioni in moneta estera (più i capitali esteri
in entrata), relativamente all'interscambio tra l'Italia e ciascun paese estero
(relativamente alla propria moneta).
Attualmente, l'Italia ha una bilancia dei pagamenti stabilizzata, per
cui si dovrebbe arrivare presto ad un cambio stabile, con Euro e Dollaro.
L'opzione di cui al punto a) (assistenza della BCE nel periodo
transitorio, abbrevierebbe i tempi psicologoci del panico circa la rimbosabilità del
credito.
A riguardo del cambio, va tenuto presente che il FMI è stato
istituito (1944) proprio come strumento di stabilizzazione dei cambi, e quindi sicuramente
essa farà la sua parte come garante, pro-tempore.
Infine, va tenuto in conto che a Banca d''Italia, ha riserve
(oro, diritti speciali di prelievo ....) nell'ordine di 240-250 miliardi di Euro: è
qualcosa Inoltre, la Banca d'Italia ha una partecipazione al capitale della
BCE, che dovrà essere rimborsato in Euro pro quota partecipazione.
C'è, poi, il fatto che, mediante l'export-import e il movimento capitali da
e per l'estero, è possibile creare una riserva di valute estere presso la Banca
di'Italia. E in questa fase, le esportazioni (val dire l'entrata di valuta ester) sembrano
tirare.
c) Problemi circa il pagamento del debito.
Varrebbero, a questo proposito, a maggior ragione le opzioni, di cui
sopra, anche in caso che l'Italia resti nell', considerato che esse sarebbero
nelle mani della restituita Banca d'Italia, con i poteri monetari pieni.
Ci sono poi considerazioni aggiuntive, circa la
maneggevolezza della moneta (divenuta nazionale).
- Il debito verso l'interno è "finanziariamente" una
partita di giro. Basta considerare che il Paese nel suo complesso percepisce gli interessi
sui BUONI comprati, ma il Paese medesimo paga le imposte per pagare gli interessi e
ammortizzare il capitale. In altri termini, il Paese con un mano prende e con l'altra dà.
Anche per i singoli cittadini la coincidenza riappare , sia pur in parte. Dunque, sotto
l'aspetto finanziatio, le cose non sono drammatiche. Ma questo debito
dovrebbe restare denominato in Euro ? I cittadini scelgano: se deve restare denominato in
Euro, anche le imposte vanno pagate in Euro.
Invece, sotto il profilo economico, il debito è un grosso problema, come
danno sociale: a) per il fatto che lo Stato è trattenuto dal destinare le risorse ai
bisogni emergenti, che sono quelli che più bruciano, al momento; b) e per il fatto
che lo Stato spende malissimo il danaro, e sarebbe meglio che subentrassero imprese
private nell'investirlo.
Nel proprio interesse l'Italia deve fare i conti con questo debito, e
riappropiandosi del potere monetario, sarebbe possibile spingere a fondo il pedale
dell'inflazione per cancellare totalmente il debito in termini reali.
Conviene ? Sarei tentato di non rispondere.
In linea di massima l'inflazione potrebbe determinare una rivoluzione
sociale. Hitler insegna.
Conclusione: l'arma della fabbricazione di moneta aggiuntiva va usata nei
limiti in cui è benefica per il PIL
Ho saltato, a pié pari, tutti i problemi interni della scala mobile
salariale, che ne deriveranno in caso di inflazione. Invece, i percettori di reddito
variabile saranno felici, ma non con una inflazione oltre certi limiti (fondi di
ammortamento annullati, apertura dei prezzi a ventaglio, ...). |
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Comitato Rodotà
avvia REFERENDUM DI INIZIATIVA POPOLARE E SINDACALE,
per abolire il "pareggio del bilancio" in Costituzione.
Per il testo della proposta di legge, Clicca su: Comitato Rodotà |
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Stefano Rodotà
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LUCIANI: La fabbricazione aggiuntiva di Euro (Qe),
annunciata dalla BCE, va nella logica del deficit spending, ma J. Stigliz ci avverte
che il fallimento delle politiche dell'eurozona è dovuto a difetti di "struttura
bancaria"(la BCE non è un "banchiere di ultima istanza", ed bilanci degli
Stati sono separati. N.d.R.). Pertanto, il deficit spending, non sorretto dall'ombrello
della BCE, non è quello immaginato da J.M. Keynes.
Adesso la vittoria di TSPRAS, il greco, ci fa ricordare che
l'Italia, nella sua Presidenza del semestre europeo, ha perso l'occasione d'oro di
ridiscutere il Trattato di Mastricht, nonostante tutte le chiacchiere ( di Renzi e di
Padoan) anti-AUSTERITY, fatte in precedenza e tuttora.
Discutiamo qui come potere usare comunque il deficit spending, per la
crescita (NO TAX ?).
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Motivazioni dei
proponenti il referendum (vedi anche link in fondo)
La legge costituzionale n. 1 del 2012 ha
introdotto nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio
(equilibrio tra le entrate e le spese). Si tratta di una modifica
costituzionale che è stata disastrosa per il nostro sistema economico,
già fortemente danneggiato. La disoccupazione è aumentata ad oltre il 12% (quella
giovanile oltre il 43%), la capacità produttiva del sistema industriale è scesa del 25%
(rispetto allinizio della crisi) e lo stesso debito pubblico è continuato a salire
arrivando nel 2014 al 135% sul Pil che, in 7 anni di crisi, è sceso di oltre 10 punti.
Nellambito di un quadro di
recessione globale, la zona euro mostra infatti particolari difficoltà e il
peggioramento delleconomia si è accompagnato a una crisi sociale senza
precedenti, mentre si sono sviluppati movimenti xenofobi e antieuropei; lEuropa
ha risposto alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la strada
dellausterità. A partire dalla primavera 2010 sono stati così varati
programmi di riequilibrio dei conti pubblici ambiziosi, simultanei e concentrati in un
lasso di tempo relativamente breve. Nei Paesi periferici il riequilibrio dei conti
pubblici è avvenuto al prezzo di pesanti ricadute economiche e sociali (catastrofiche,
nel caso greco), ed è stato parzialmente vanificato dalla recessione indotta dalle
politiche di austerità; è sostanzialmente lanalisi delle cause profonde della
crisi ad essere sbagliata. Essa viene fatta risalire alla «crisi dei debiti sovrani»,
mentre i debiti sovrani sono peggiorati a seguito della crisi e non viceversa. Nel biennio
della grande recessione laumento del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno
lordo (Pil) è stato nei Paesi periferici solo leggermente superiore alla media della zona
euro. La sfiducia dei mercati finanziari è stata innescata dai crescenti squilibri
macroeconomici tra i sistemi produttivi più forti (Germania in primis), molto competitivi
e in forte avanzo commerciale, e i Paesi periferici considerati a causa di
debolezze strutturali che sono andate aggravandosi negli anni duemila meno capaci
in prospettiva di onorare i propri debiti pubblici.
I risultati di queste politiche economiche sono
stati largamente fallimentari. Va ricordato che politiche di
austerità in Europa hanno portato alla stagnazione e alla depressione economica.
La disoccupazione è cresciuta del 40%, gran parte dei paesi della zona
euro è stata colpita dalla recessione e -nonostante le politiche dei tagli- il debito
pubblico è cresciuto mediamente dal 66% (in rapporto al Pil) del 2008 al 93% del
2013.
Daltra parte, è sbagliata la premessa:
pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dallaumento di
altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e
dallesperienza pratica (Grecia), il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione
è positivo e lausterità porterà quindi a un calo del Pil maggiore del calo del
debito rendendo impossibile raggiungere lobiettivo della riduzione del rapporto tra
debito e Pil. Diversi documenti dellUnione europea testimoniano una transizione dei
poteri dagli Stati nazionali alloligarchia dellUnione europea, una vera espropriazione della democrazia a favore di una tecnocrazia che
risponde di fatto solo ai poteri finanziari e a ristretti gruppi sociali
che di tali politiche di austerità si stanno avvantaggiando in maniera scandalosa; tra il
1976 e il 2006 la quota dei salari (incluso il reddito dei lavoratori autonomi) sul Pil è
diminuita in media di 10 punti, scendendo dal 67 al 57 per cento circa. In Italia è
andata peggio: il calo ha toccato i 15 punti, dal 68 al 53 per cento (dati
dellOrganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), un trasferimento di
ricchezza, a favore soprattutto del capitale finanziario, pari in moneta attuale
a 240 miliardi di euro.
In
sede europea si sono prodotti una serie di documenti (Trattati, regolamenti,
raccomandazioni, lettere) tutti indirizzati a perseguire la politica del
rigore che si è dimostrata fallimentare. Molte le sollecitazioni
rivolte ai singoli Stati affinché adottino normative restrittive delle spese e
limitative dei diritti (sociali in specie). Alcuni vincoli sono stati introdotti
(Patto Euro plus e Six Pack entrambi del 2011, Fiscal compact Trattato di
stabilità del 2012, Two Pack del 2013), nessuno dei quali però ha
imposto una modifica costituzionale ai Paesi sottoscrittori dei nuovi Trattati
o soggetti alla normativa comunitaria. Lo stesso Fiscal compact al quale, in base
alla retorica dominante, si imputa la scelta di modificare la Costituzione introducendo il
principio di pareggio ha obbligato sì a introdurre principi di equilibrio dei
conti tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente, ma con una
semplice indicazione di preferenza per il livello costituzionale (art. 3,
comma 2).
La scelta dunque di costituzionalizzare il principio del pareggio
di bilancio ricade pienamente nella responsabilità politica del Parlamento
italiano. Ciò comporta il gravissimo
effetto di rendere immodificabili le
politiche del rigore anche nellipotesi auspicabile e da perseguire
politicamente di un ravvedimento a livello europeo.
In questa fase, in effetti, sarebbe necessario
che il Governo sostenesse in sede europea la radicale modifica della normativa
sulla convergenza dei bilanci, una delle cause della recessione, concordando con
i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile, a partire da una
europeizzazione non parziale del debito sovrano almeno per la quota che supera il 60 per
cento del Pil, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani; chiedere
nellimmediato lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio
di bilancio in termini strutturali e per lavvio della riduzione dello stock del
debito o per lesclusione di alcune spese per investimenti dai saldi del |
Fonte: Il Sole 24 ORE, 30 Dic. 2014, p. 9:
Una presa di posizione a sostegno ?
Joseph Stiglitz, Cosa serve per uscire dalla recessione?
Domanda, domanda domanda.
1.- Nel 2014 l'economia mondiale è rimasta
bloccata nella difficile situazione in cui si era trovata quando era emersa dalla crisi
finanziaria globale. Nonostante un intervento pubblico apparentemente deciso in Europa e
negli Usa, entrambe le economie hanno sofferto di recessioni profonde e prolungate.
Il divario fra la situazione in cui si trovano e quella in cui si sarebbero
trovati, se non fosse scoppiata la crisi, è fortissimo e in Europa è cresciuto ancora
nel corso dell'ultimo anno.
Ai Paesi in via di sviluppo è andata un po' meglio, ma anche da loro la situazione
è tutt'altro che rosea. I più forti, avendo incentrato la crescita sulle esportazioni,
hanno continuato la loro espansione dopo la crisi finanziaria, pur con difficoltà sui
mercati delle esportazioni, ma la loro performance ha cominciato a calare sensibilmente
nel 2014.
Nel 1992 Bill Clinton aveva incentrato la sua riuscita campagna presidenziale
su uno slogan molto semplice: "È l'economia, stupido".
Con gli occhi di oggi, le cose allora non sembrano poi tanto male; il reddito
della famiglia media americana è sceso parecchio, ma lo slogan di Clinton può esserci di
ispirazione: il malessere che affligge l'economia del mondo si può tradurre con "È
la politica, stupido" e con "Domanda, domanda, domanda".
La stagnazione quasi globale alla quale abbiamo assistito nel 2014 è opera
nostra. È il risultato di politiche e misure prese nelle principali economie, politiche e
misure che hanno soffocato la domanda. In assenza di domanda, è impossibile creare
occupazione e investimento. Molto semplice. E questo è particolarmente evidente
nell'eurozona che ha adottato ufficialmente una politica di austerity - tagli alla spesa
pubblica che aumentano la debolezza della spesa privata.
2.- Se l'eurozona non
è riuscita ad attutire lo choc provocato dalla crisi, è stato soprattutto per via della
sua struttura. In
mancanza di un'unione bancaria, non c'è da stupirsi che il denaro abbia abbandonato i
Paesi più colpiti, indebolendone i sistemi finanziari e sacrificandone prestito e
investimento.
In Giappone, una delle tre "frecce" del programma di ripresa
economica promosso dal premier Shinzo Abe è stata scoccata nella direzione sbagliata.
La diminuzione del Pil, seguita all'aumento della tassa sui consumi ad
aprile, non ha fatto che dare ragione all'economia keynesiana, come se ce ne fosse
bisogno.
Gli Usa, che hanno adottato una politica minima di austerity, hanno
registrato la migliore performance economica, ma con circa 650mila impiegati statali in
meno rispetto a prima della crisi, quando in circostanze normali la previsione sarebbe
stata di due milioni in più, perciò anche loro stanno soffrendo con una crescita così
anemica da far ristagnare i salari.
3.- Il rallentamento della crescita nei Paesi
emergenti e in quelli in via di sviluppo è strettamente legata al rallentamento della
crescita cinese. La Cina è l'economia più importante al mondo (in termini di parità di
potere d'acquisto) ed è stato per molto tempo il Paese che ha contribuito maggiormente
alla crescita globale, ma lo straordinario successo della Cina ha comportato dei problemi
che andrebbero affrontati prima possibile.
Il passaggio dell'economia cinese dalla quantità alla qualità è benvenuto,
se non quanto mai necessario. E, anche se la lotta alla corruzione sferrata dal presidente
Xi Jinping può provocare un rallentamento nella crescita con la paralisi degli appalti
pubblici, il presidente non deve mollare la presa, sono ben altre le forze che minacciano
la fiducia nel suo governo - diffusi problemi ambientali, livelli elevati di
diseguaglianza in aumento e frodi nel settore privato - e vanno affrontate con lo stesso
vigore.
Così, il mondo non dovrebbe aspettarsi che sia la Cina a sostenere la domanda
globale aggregata nel 2015, semmai potrebbe affossarla ancora di più.
Quanto alla Russia, possiamo aspettarci che le sanzioni dell'Occidente
rallentino la crescita, con ricadute negative su un'Europa già indebolita.
...
4.- Negli ultimi sei anni, l'Occidente ha creduto che la politica monetaria potesse
salvare la situazione. La crisi ha portato a profondi disavanzi e a debito crescente e si
pensa che ridurre il livello di indebitamento significhi mettere da parte la politica
fiscale.
Il problema è che i bassi tassi di
interesse non motiveranno le aziende a investire se non c'è domanda per i loro prodotti e
i tassi di interesse bassi non spingeranno i privati a indebitarsi per spendere, se sono
preoccupati per il futuro (e ne hanno ben donde).
Quello che la politica monetaria può fare è creare bolle dei prezzi degli
attivi e addirittura gonfiare i prezzi dei titoli di stato europei, anticipando una crisi
del debito sovrano, ma è bene essere chiari: la probabilità che politiche
monetarie lasche riportino la prosperità globale è pari a zero. E questo ci
rimanda alle politiche e alle misure: se c'è una cosa di cui il mondo ha più bisogno
adesso è un aumento della domanda e nonostante il generoso sostegno delle autorità
monetarie, lo stimolo non verrà dal settore privato, bensì dalle misure fiscali.
Abbiamo un'ampia scelta di investimenti pubblici che
produrrebbero rendimenti elevati, ben più elevati del costo reale del capitale, e questo
consoliderebbe i bilanci dei Paesi che li hanno intrapresi.
Il grande problema del mondo nel 2015 non è economico, noi sappiamo come
sottrarci al malessere attuale. Il problema è la nostra stupida politica. (Traduzione di
Francesca Novajra). |
NINO LUCIANI, OK
all'abolizione del deficit spending in Costituzione, purchè sia creato dal taglio delle
entrate fiscali.
1.-
Cominciando da Stigliz. Egli ritiene che, oggi, solo una "domanda
effettiva" (con fabbricazione di moneta aggiuntiva) possa creare l'offerta
(produzione). Questo è grosso modo in linea con i pro-referendari.
Ricordo, al tempo stesso che, secondo i classici, di norma è, invece,
l'offerta che crea la domanda (non il contrario). Il presupposto è che gli operatori
siano normalmente ottimisti (così da dare investimenti e creare lavoro.
Ma questa condizione oggi non c'è, e questo ci riporta a Stigliz,
vale dire: la prima mossa (per creare condizioni di ottimismo) è un compito delle
autorità, in un orizzonte lungo (che pro tempore potrebbe essere in perdita).
Segnalo, tuttavia, che J. Stigliz avverte che "l'eurozona
non è riuscita ad attutire lo choc provocato dalla crisi, soprattutto per via della sua
struttura", vale dire per "mancanza di un'unione bancaria".
In altri termini, i singoli Stati avevano rinunciato al potere monetario, a
favore della UE, e la BCE (il sostituto delle Banche Nazionali), senza trasferire alla BCE
anche il potere di banchiere di ultima istanza, così da fare da ombrello al Tesoro dei
vari Stati, sul mercato primario.
Sotto questo aspetto, le intenzioni della BCE di fabbricare moneta
aggiuntiva operando, sul mercato secondario (per riportare il tasso di inflazione al 2%),
divengono (aggiungo io) solo parole vento, in primo impressione.
Ma c'è chi sostiene (su Il Sole 24 ORE, 21 gen. 2015) che se il Qe
ha funzionato negli USA non si capisce perchè non dovrebbe funzionare anche in UE.
Questi ignorano che, negli USA, l'effetto del Qe sulla
offerta era supportato da una pressione fiscale molto più bassa, che in UE. E, infatti,
perchè un'impresa dobrebbe puntare a maggiori incassi, se poi dovrà ceder (in tasse)
quasi tutto allo Stato (improduttivo) ?
2.- Sono possibili delle eccezioni ? Ci sono, tuttavia, dei modi
riduttivi o espansivi di interpretare le regole. Questo dipende dalla importanza che si
dà agli obiettivi. Ad. es. la BCE e la UE non sono consapevolmente direzionate alla
cancellazione parziale del debito in termini reali, la palla al piede di alcuni Stati
Un tasso di inflazione del 2% annuo per 5 anni, svaluterebbe il debito
per il 10%; un tasso di inflazione del 3% annuo per 5 anni, svaluterebbe il debito del
16%. Non sarebbe poco.
Ma, poi, questo effetto si trasferirà sull'economia reale, con un
aumento del PIL ?
Se questo non accadesse, tutto andrebbe al vento, in caso di
insolvenze di qualche Stato verso la BCE (circa i titoli di Stato in portafoglio).
Chi assumerebbe l'onere di eventuali insolvenze di singolo Stati, al momento
di pagare alla BCE i titoli in scadenza ? Se questo fosse preventivato, fin dall'origine,
come un problema di tutta la UE, dunque della BCE (e non delle Banche Centrali Nazionali),
si capirebbe poco il senso di questo Qe.....
Nel caso dell'Italia, la cosa è abbastanza seria. Da
un'occhiata alle scadenze del debito pubblico italiano (Fonte. www.dt.tesoro.it/...), si
coglie che la metà del debito pubblico (971 miliardi di ) scade nel prossimo
quinquennio (2015-19), per cui il pericolo di default (basta una goccia per far traboccare
il bicchiere) è reale, se permane il fermo del PIL.
Questo ci porta a concludere che, se il Qe
è manovrato senza un collegamento diretto e parlato della BCE con gli interlocutori sul
campo, si sta solo giocando.
3.- Come il deficit
spending potrebbe sbloccare il PIL. Esso ha una sua manovrabilità, direttamente
dagli Stati, e dunque senza dipendere dal Qe. Il motivo è che
esso è finanziabile con prestiti sul mercato finanziario. Esso potrebbe agire nella
logica dei classsici di agire sulla offerta per creare la domanda, purchè usato
correttamente.
a) Su questa via, Draghi ha già spianato qualcosa,
grazie agli effetti già conseguiti sul cambio estero Euro/Dollaro.
Questo stimolerà sempre le esportazioni, il motore più importante
per l'Italia (rimasto ai giri minimi, a lungo, in questi anni), senza preoccupazio dal
lato importazioni (di materie prime: vedi petrolio). E', poi, anche verosimile che
la svalutazione dell' proseguirà, data l'attesa di
aumento dei tassi di interesse USA nei prossimi mesi.
Teoricamente, il deficit spending può essere ottenuto
abbassando le imposte, ferme le spese; oppure, aumentando la spesa, ferme le
imposte.
Mi pare impensabile usarlo nel secondo modo, non
tanto per il conseguente ulteriore aumento del debito, ma perché questo nostro Stato è
talmente obsoleto che è incapace di spendere perfino quanto già autorizzato dalla legge.
Si vegga sotto: Capacità di spesa .
Qui ho fatto un aggiornamento delle tabelle pubblicate dalla
Ragioneria Generale dello Stato (sopra riportate), e si vede che nel 2013 lo Stato
è riuscito a spendere l'86,2% delle spese correnti, e il 63,4% delle spese in conto
capitale (quelle più importanti per influenzare la ripresa). Il resto è rimasto
in cassa. Dove ?
Incece, nella situazione italiana, il deficit spending di interesse è
quello del primo tipo (meno imposte, ferme le spese), perchè idoneo a creare ottimismo
negli operatori, visto che oggi essi molto scoraggiate dal cedere allo Stato una
fiscalità del 65-68% degli utili, e che a va finanziare spese largamente improduttive
dello Stato.
La riduzione della fiscalità, associata al Qe,
potrebbe davvero riportare l'ottimismo negli operatori.
Dunque: OK ad abolire in Costituzione la mossa incauta di Monti (pareggio
del bilancio), purchè sia usato per tagliare le unghie allo statalismo.
Sia chiaro che anche questo tipo di deficit genera aumenta del debito
pubblico. Tuttavia, avendo probabilità di far accrescere il PIL, in un orizzonte
temporale medio, potrebbero generarsi entrate aggiuntive per sanare il maggior debito. |
patto di
stabilità. Sarebbe auspicabile, inoltre, unampia mobilitazione politica
e una seria riflessione culturale in grado di proporre politiche
sociali di tutela dei diritti fondamentali. Recuperando una progettualità che
ponga i diritti al centro della costruzione del sistema politico e istituzionale in ambito
sia europeo sia nazionale. Il primo
indispensabile passo in questa direzione può e deve compierlo il Parlamento, attraverso
leliminazione del principio del pareggio di bilancio dalla Carta
costituzionale. Non avrebbe, infatti, alcun senso cambiare le regole a livello
europeo e poi rimanere vincolati da quanto stabilito dalla Costituzione italiana.
Ma vi è di più. Quel che con la presente
proposta di legge si vuole conseguire è la riaffermazione di un corretto
equilibrio tra principi costituzionali. Lintero costituzionalismo moderno
ha, infatti, preteso una tutela privilegiata dei diritti fondamentali delle persone.
Pretesa che non può essere abbandonata in nessuna contingenza economica, neppure nelle
fasi avverse del ciclo economico. In ogni caso il rispetto dei diritti fondamentali delle
persone deve essere perseguito, anche nei casi di più rigorose manovre di contenimento
dei disavanzi pubblici.
Daltronde la proposta di legge costituzionale opererebbe nel pieno rispetto
dei (reali) vincoli contratti dallItalia a livello europeo: si ritiene,
infatti, che il principio costituzionale della necessaria salvaguardia dei diritti
fondamentali delle persone sia assicurato nel rispetto dei vincoli di bilancio fissati
nella legge generale sulla contabilità e la finanza pubblica. Una normativa nazionale
di natura permanente, così come richiesto dal Trattato di stabilità.
La seguente proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare si propone, dunque, di
cancellare il principio del pareggio di bilancio e di collegare comunque le politico di
bilancio dello Stato alla salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone
come stabiliti dal nostro ordinamento costituzionale. In particolare si propone di
eliminare le parti dellarticolo 81 che impongono regole di equilibrio puramente
economico-finanziario senza alcuna garanzia per i diritti, e laggiunta di un comma
al medesimo articolo che affermi invece la garanzia di tutela dei diritti che deve essere
assicurato in sede di definizione della legge generale sulla contabilità e la finanza
pubblica.
Il principio costituzionale di salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone deve
evidentemente impegnare lintero Stato apparato ed essere garantito sullintero
territorio nazionale. Deve dunque coinvolgere oltre lo Stato centrale tanto
linsieme delle pubbliche amministrazioni, quanto ogni altro livello di governo.
Per questo diventa necessario modificare larticolo 97 per affermare
che le pubbliche amministrazioni nel momento in cui devono assicurare gli equilibri
economici e finanziari, devono altresì operare sempre nel rispetto dei diritti
fondamentali delle persone.
Per quanto riguarda, invece, le autonomie territoriali (Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni) si propone una modifica allarticolo 119
che riprendendo quanto già attualmente imposto dallarticolo 117 comma 2,
lettera m) assicuri unattribuzione di risorse in relazione alle esigenze di
tutela dei diritti sociali e civili comunque sufficienti per salvaguardare i livelli
essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
Oltre allaggiunta del primo comma, è stata anche modificata la
sistematica dellarticolo 119: secondo la proposta di
iniziativa popolare i primi tre commi devono riguardare la finanza pubblica degli enti
territoriali (e gli obblighi statali nei confronti delle autonomie), i restanti tre commi
lautonomia finanziaria degli enti territoriali. Pertanto, gli attuali terzo e quarto
comma, sono diventati, rispettivamente, il secondo e il terzo comma dellarticolo
proposto. È stato inoltre abrogato lattuale 4° comma, che viene assorbito nella
previsione del nuovo primo comma. Si segnala, inoltre, che le risorse
aggiuntive del secondo comma (nella versione proposta) non riguardano i
livelli essenziali delle prestazioni (Lep) le cui risorse sono garantite
ordinariamente dal (nuovo) primo comma.
Si richiede infine labrogazione
dellart. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 che attualmente
specifica i criteri che devono essere contenuti dalla legge di attuazione del principi di
pareggio di bilancio. |
* Vedi anche: http://colpareggiociperdi.it/riportare-keynes-e-il-primato-dei-diritti-nella-costituzione-italiana/
** COMITATO PROMOTORE - Stefano
Rodotà - Presidente, don Vinicio Albanesi (Comunità di Capodarco), Gaetano Azzariti
(giurista), Giorgio Airaudo (deputato indipendente Sel), Andrea Baranes (Fcre e
Sbilanciamoci!), Leonardo Becchetti (Campagna 0,05), Fausto Bertinotti (già Presidente
della Camera dei deputati), Alberto Campailla (Link), Luciana Castellina (giornalista),
Francesca Chiavacci (Arci), Giorgio Cremaschi (sindacalista), Cecilia DElia
(Coordinamento nazionale Sel), Monica Di Sisto (FairWatch), Vittorio Cogliati Dezza
(Legambiente), Antonello Falomi (Comitato Operativo Nazionale Laltra Europa con
Tsipras), Roberta Fantozzi (Segreteria nazionale Prc), Stefano Fassina (deputato
Pd), Luigi Ferrajoli (giurista), Nicola Fratoianni (deputato Sel), Mauro Gallegati
(economista), Luciano Gallino (sociologo), Alfonso Gianni (Comitato Operativo Nazionale
Laltra Europa con Tsipras), Patrizio Gonnella (Antigone), Riccardo Laterza (Rete
della Conoscenza), Danilo Lampis (Uds), Maurizio Landini (segretario generale Fiom),
Giulio Marcon (deputato indipendente Sel), Grazia Naletto (Lunaria e Sbilanciamoci!),
Mario Pianta (economista), Felice Roberto Pizzuti (economista), Norma Rangeri
(giornalista), Marco Revelli (politologo), Franco Russo (attivista), Giovanni Russo Spena
(dirigente Prc), Mario Sai (sindacalista), Riccardo Troisi (ReOrient), Francesco Vignarca
(Rete italiana per il disarmo), padre Alex Zanotelli (missionario comboniano), don Armando
Zappolini (Cnca). |
.
Tavola 2.2.6 - Anni 2011-2012-2013 - Capacità di spesa
complessiva della P.A., rispetto al totale spendibile |
|
.
Torniamo sulla conferenza stampa di Draghi, del 6 nov. 2014 |
F. Petrarca:
"Italia mia,...,"
|
La BCE è tornata a dirci che la via
per la ripresa del PIL
è il sostegno degli investimenti privati e delle esportazioni.
Ma in Italia chi dovrebbe dare il sostegno ? |
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Una
UE seria, memore dell'esperienza terribile imposta all'Italia, tramite Monti, direbbe: |
|
|
-
a Renzi : "Abbatti l'IVA dal 22% al 16% (il minimo);
- e a Draghi: "Bilancia la minore entrata con acquisto di titoli di
Stato in scadenza, che presenterai all'incasso con posticipo di 10 anni (questa
sarebbe una Qe di buon senso). |
|
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Mario Draghi
|
. |
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|
LUCIANI: Chi ricorda le cose, sa che l'Italia entrò
via via (1992-98) nell'UE monetaria per farsi imporre da essa la soluzione dei propri
ventennali problemi strutturali, preso atto della incapacità storica dei suoi Governi, di
risolverli autonomamente. Cos'altro fu la caduta della DC ? E adesso cosa sarebbe
cambiato, in termini di riforma della governance dello Stato, per ritenere che il
"pur valoroso Renzi" sia capace di risolverli ? Più di recente, il Governo
Letta-Berlusconi ci aveva fatto sperare in una riforma
costituzionale, che iniziava dalla riforma dell'art.138, ma poi lasciata cadere da
Berlusconi, in seguito alla nota condanna giudiziaria. Peccato che Berlusconi torni a
chiederci una rinnovata fiducia, ma che vale solo per chi ha memoria corta ... |
|
Per il
testo integrale di Draghi: https://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/2014/html/is141106.en.html
.
Mario
Draghi, Presidente della Banca centrale europea.
Francoforte, 6 nov. 2014.
Altra "conferenza
stampa" ,
ma non una delle normali....,
(Stralcio).
1.- Programmi.
Abbiamo deciso di mantenere
invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE. Dando seguito alle decisioni del
2 ottobre 2014, il mese scorso abbiamo iniziato l'acquisto di obbligazioni
garantite sotto il nostro nuovo programma. Ci sarà anche presto iniziare ad acquistare
titoli garantiti da attività. I programmi avranno una durata di almeno due anni. Insieme
con la serie di operazioni di rifinanziamento a più lungo termine mirati da effettuare
fino al giugno 2016
.
Le nostre misure miglioreranno il funzionamento del meccanismo di
trasmissione della politica monetaria, sostenere condizioni di finanziamento nell'area
dell'euro, di facilitare la concessione di crediti all'economia reale e generare
ricadute positive verso altri mercati. Questo permetterà ulteriormente di
facilitare la politica monetaria più in generale, sostenere la nostra guida in avanti sui
tassi di riferimento della BCE e rafforzare il fatto che ci sono differenze significative
e crescenti nel ciclo di politica monetaria tra le principali economie avanzate.
Con le misure che sono state messe in atto, la politica monetaria ha
risposto alle prospettive per una bassa inflazione, una dinamica di
crescita indebolimento e continuò sottomesso dinamica monetaria e del credito. La nostra
politica monetaria accomodante sosterrà il saldo ancoraggio delle aspettative di
inflazione a medio-lungo termine, in linea con il nostro obiettivo di raggiungere i tassi
di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2%. Mentre si fanno
strada attraverso l'economia, le nostre misure di politica monetaria saranno insieme
contribuire ad un ritorno dei tassi di inflazione su livelli più vicini al nostro
obiettivo.
Tuttavia, in prospettiva, e tenendo conto delle nuove informazioni e
analisi, il Consiglio direttivo seguirà da vicino e continuamente valutare l'adeguatezza
della sua politica monetaria. Nel caso in cui si renda necessario ulteriori affronta i
rischi di troppo prolungato un periodo di bassa inflazione, il Consiglio direttivo è
unanime nel suo impegno per l'utilizzo di strumenti non convenzionali addizionali
nell'ambito del suo mandato. Il Consiglio direttivo ha incaricato il personale della BCE e
dei comitati dell'Eurosistema competenti di assicurare la tempestiva preparazione di
ulteriori misure da attuare, se necessario.
2.- Analisi più dettagliata.
Il PIL, in termini
reali, dell'area dell'euro è aumentato del 0,1%, rispetto al trimestre precedente, nel
secondo trimestre di quest'anno, rivisto al rialzo rispetto alla stima precedente. Dal
momento che i mesi estivi, i dati in entrata e le prove dell'indagine hanno
complessivamente indicato un indebolimento nella dinamica di crescita della zona euro.
Questa informazione è stata ora integrata nei più recenti previsioni da parte di
istituzioni pubbliche e private, che indicano una revisione al ribasso della crescita del
PIL reale nel periodo in rassegna fino al 2016, con le prospettive di una modesta ripresa
economica rimanendo al suo posto. Questa immagine è sostanzialmente in linea con la
valutazione corrente del Consiglio direttivo. Da un lato, la domanda interna
dovrebbe essere sostenuta dalle nostre misure di politica monetaria, i miglioramenti
continui delle condizioni finanziarie, i progressi compiuti nel risanamento dei conti
pubblici e le riforme strutturali e riduzione dei prezzi dell'energia a sostegno del
reddito disponibile reale. Inoltre, la domanda per le esportazioni dovrebbero
beneficiare della ripresa globale. D'altra parte, il recupero è probabile che continui a
essere frenata da un alto tasso di disoccupazione, da rilevante capacità
produttiva inutilizzata, e da mancati aggiustamenti di bilancio nei settori
pubblico e privato.
I rischi che circondano le prospettive economiche per l'area dell'euro
continuano a essere orientati verso il basso. In particolare, l'indebolimento nella
dinamica di crescita della zona euro, insieme a rischi geopolitici intensificati, potrebbe
smorzare la fiducia e, in particolare, gli investimenti privati. Inoltre, insufficienti
progressi nelle riforme strutturali nei paesi dell'area dell'euro costituisce una chiave
di rischio al ribasso per le prospettive economiche. |
Secondo la stima rapida
dell'Eurostat, l'inflazione nell'area dell'euro misurata sullo IAPC è stata dello 0,4%
nel mese di ottobre 2014, dopo il 0,3% nel mese di settembre. Rispetto al mese precedente,
ciò riflette principalmente un contributo un po 'meno negativo da prezzi dell'energia e
aumenti annuali leggermente più forti dei prezzi degli alimenti. Un calo dei prezzi dei
beni industriali è stata in parte compensata da un aumento dei prezzi dei servizi. Sulla
base delle informazioni attuali e prevalenti prezzi dei contratti future per l'energia,
l'inflazione dovrebbe rimanere su livelli bassi intorno attuali nei prossimi mesi, per poi
aumentare gradualmente durante il 2015 e il 2016. Questo è anche l'immagine ritratta dai
più recenti previsioni, che ora integrare il recente crollo dei prezzi del petrolio. Il
Consiglio direttivo continuerà a seguire con attenzione i rischi per le prospettive per
l'andamento dei prezzi nel medio termine. In questo contesto, ci concentreremo in
particolare sulle eventuali ripercussioni della dinamica contenuto la crescita, gli
sviluppi geopolitici, tasso di cambio e dei prezzi dell'energia, e il
pass-through delle nostre misure di politica monetaria. .
.
3.- Analisi monetaria. I dati di settembre 2014
continuano a puntare a una crescita contenuta sottostante monetario ampio (M3), con il
tasso di crescita sempre più moderatamente, tuttavia, al 2,5% nel mese di settembre, dopo
il 2,1% nel mese di agosto. La crescita annua di M3 continua ad essere sostenuto dai suoi
componenti più liquide, con l'monetario ristretto M1 a crescere a un tasso annuo del 6,2%
nel mese di settembre.
Il tasso di variazione dei prestiti alle società non finanziarie
(per cessioni di prestiti e cartolarizzazioni) è rimasto negativo a -1,8% nel
mese di settembre, dopo il -2,0% di agosto e -2,2% nel mese di luglio. In media negli
ultimi mesi, i riscatti netti hanno moderato dai livelli storicamente elevati registrato
un anno fa. I prestiti alle società non finanziarie continua a riflettere il rapporto
ritardato con il ciclo economico, il rischio di credito, i fattori di offerta del credito
e l'aggiustamento in corso dei bilanci del settore finanziario e non finanziario. Il
tasso di crescita dei prestiti alle famiglie (corretti per cessioni e
cartolarizzazioni) è stata dello 0,6% nel mese di settembre, dopo il 0,5% nel mese di
agosto. In linea con una certa stabilizzazione dei flussi di credito, l'indagine sul
credito bancario di ottobre per l'area dell'euro ha registrato un allentamento netto dei
criteri di concessione dei prestiti alle imprese e alle famiglie. Allo stesso tempo, si
deve tener presente che il livello di standard di credito è stretto da una prospettiva
storica. A seguito del completamento della valutazione globale della BCE, un ulteriore
rafforzamento dei bilanci delle banche ci si può aspettare di contribuire alla riduzione
dei vincoli di offerta del credito e facilitare una maggiore assistenza finanziaria.
In sintesi, la verifica incrociata dei risultati dell'analisi economica
con i segnali provenienti dall'analisi monetaria conferma le recenti decisioni prese dal
Consiglio direttivo di fornire ulteriore azione accomodante della politica monetaria e per
sostenere l'erogazione di prestiti all'economia reale.
4.- Conclusione. La politica monetaria è focalizzata
sul mantenimento della stabilità dei prezzi nel medio periodo e la sua posizione
accomodante contribuisce a sostenere l'attività economica. Tuttavia, al fine di
rafforzare l'attività di investimento, promuovere la creazione di posti di lavoro e
aumentare la crescita della produttività, altre politiche devono contribuire in modo
decisivo. In particolare, la legislazione e l'attuazione di
riforme dei prodotti e del mercato del lavoro, nonché le azioni volte a migliorare il
contesto imprenditoriale per le imprese hanno bisogno di guadagnare slancio in diversi
paesi. L'effettiva attuazione delle riforme strutturali aumenterà le
aspettative di redditi più elevati e di incoraggiare le imprese ad aumentare gli
investimenti di oggi e anticipare la ripresa economica. Per quanto riguarda le politiche
di bilancio, i paesi con squilibri di bilancio non devono
limitarsi a illustrare i progressi già compiuti, ma anche procedere in linea con le
regole del Patto di stabilità e crescita. Nel corso degli atti
procedurali nell'ambito del quadro concordato, il patto dovrebbe rimanere l'ancora per la
fiducia nelle finanze pubbliche sostenibili. La flessibilità esistenti nel
rispetto delle regole dovrebbe consentire ai governi di affrontare i costi di bilancio
delle principali riforme strutturali, per sostenere la domanda e per ottenere una crescita
amichevole composizione più delle politiche di bilancio.
Una attuazione piena e coerente di un quadro fiscale e
macroeconomico attuale della zona euro di sorveglianza è fondamentale per abbattere
l'incidenza del debito pubblico elevati, per aumentare la crescita potenziale e ad
aumentare la capacità di ripresa dell'economia dell'area dell'euro agli shock. |
NINO LUCIANI, Renzi non può
dare quello che non ha, e che solo la UE gli può dare. Altrimenti l'Italia dovrà uscire
dall'Euro, almeno temporaneamente . 1.- PREMESSA.
In questi mesi (di governo Renzi), i primi lamenti di lui, contro la UE, sono stati di
"pretendere rispetto", e anzi di volere "rispettare le regole" come
propria scelta, non come "imposizione della burocrazia della UE".
C'è qualche fondamento per fargli credito, dal secondo anno in
poi ? Il primo è per fare esperienza.
In Italia le possibilità dello Stato di "spendere" sono
praticamente nulle per due motivi:
a) lo Stato è capace di spendere, in tempo reale, solo il 70-80% di
quanto preleva (la contrazione della domanda effettiva, da parte del governo Monti, è
dovuta a questa infermità strutturale dello Stato), e l'ho dimostrato partendo da
documenti della Ragioneria generale dello Stato;
b) lo Stato ha già, teoricamente, una disponibilità di spesa
nell'ordine del 65% del PIL (includendo le imprese pubbliche, che nella contabilità
nazionale sono classificate nel settore privato). E' una cifra colossale. E siccome una
larga parte di questi soldi li spende male, è impensabile una ulteriore espansione della
spesa pubblica.
Dunque, volendo contare su una espansione della spesa in
investimenti, teoricamente si può solo sperare nel settore privato (anche dall'estero, e
lo si è visto nell'Alitalia e nella Fiat-Chrysler).
Ma anche qui troviamo di nuovo lo Stato messo di traverso, con
la pressione fiscale che, nel caso delle imprese, si porta via il 65%-68% degli utili, e
che in media arriva al 50% del PIL. C'è, poi, anche una "lotta contro la evasione
fiscale", che in passato (in qualche modo tollerata) permetteva alle piccole imprese
di sopravvivere, ma ora non più.
Chi dovrebbe tornare a intraprendere, data questa pressione
fiscale ?
2.- Conclusione: per un sostegno agli investimenti privati, lo
Stato dovrebbe tagliare la pressione fiscale di almeno 10%-15% del PIL, e anche la spesa
pubblica per il 10%-15% del PIL.
Per fare questo, non basta minimamente la spending revew, sia perchè
qui si tratta di briciole, sia perchè peggiora le cose quando va a tagliare personale
essenziale negli uffici, per cui ottiene di paralizzare gli uffici.
Qui il presupposto fondamentale è fare riforme di struttura
dello Stato (Stato in senso stretto, Regioni, Enti locali) con tagli drastici dei
doppioni.
Che le Regioni siano doppioni dello Stato è sotto gli occhi di
tutti. A cosa servono 20 parlamenti regionali, che producono leggi diverse da Regione a
Regioni per i medesimi servizi, dato che il parlamento nazionale basta e avanza ?
E quella sanità, la cui gestione lo Stato ha delegato alle Regioni,
ognuno vede che è peggiorata, rispetto a 10 anni fa, pur avendo aumentato tantissimo le
spese.
Ma un progetto siffatto richiede 5 anni. Pertanto serve
ipotizzare una transizione, con l'aiuto della UE.
3.- Il ruolo della UE. Quale debba essere la strada per in Italia,
l'avevamo capito chiaramente già dalla caduta della URSS e del muro di Berlino
(1986-88-89), giacchè l'Italia socializzata aveva (già allora) gli stessi difetti
dell'URSS, sia pure in proporzione al diverso grado di socializzazione (URSS 95%, Italia
65%).
Ma anche allora non c'erano governi con la forza sufficiente a
procurare una parziale transizione dell'Italia da "meno Stato" a "più
mercato". Né lo furono i governi Berlusconi, come poi si è visto.
Quando, poi, in Europa, si cominciò a parlare di una maggiore
integrazione economica tra gli Stati (quella monetaria, Euro, ecc., dopo quelle
economiche... MEC nel 1956, ...), la cosa fu vista in Italia come grande occasione
storica, per farci imporre dalla UE le riforme strutturali, che da soli non eravamo stati
capaci di fare.
Ma adesso Renzi si ribella alla UE. Rivendica una autonomia del
Governo italiano a fare le riforme in Italia. Benissimo ! Ma come
potrà riuscirvi con l'attuale sistema di governance, sempre quella di 20 anni fa ?
In attesa di soluzioni
politico-costituzionali, una UE seria, memore dell'esperienza terribile imposta
all'Italia, tramite Monti, direbbe:
- a Renzi : "Abbatti l'IVA dal 22% al 16% (il minimo, consentito nella UE);
- e a Draghi: "Bilancia la minore entrata con acquisto di titoli di Stato in
scadenza, che presenterai all'incasso con posticipo di 10 anni (questa sarebbe una Qe di
buon senso). (CONTINUA) |
(CONTINUA LUCIANI)
4.- La solitudine della BCE. In estrema sintesi Draghi punta a
immettere liquidità nel sistema economico, confidando genericamente che questa immissione
alimenti una domanda "effettiva" di beni di consumo.
Egli fa uso di due strumenti: manovra (in riduzione) del
tasso di interesse; operazioni di mercato aperto (acquisti).
L'uno, che punta sulla differenza tra tassi interni e
tassi esterni, ha già prodotto un risultato importante: la svalutazione dell'euro del
10%, da luglio 2014, sia nei confronti del dollaro USA che dello IUAN cinese. Questo
aiuterà le esportazioni italiane, al palo da anni (a causa dell'euro forte). Anzi,
probabilmente la crisi dell'economia dell'area Euro contagerà la fiducia dei Paesi
petroliferi nell'Euro, e a quel punto il deprezzamento dell'Euro potrebbe fermarsi solo in
parità con il dollaro.
IL secondo è una rondine che non fa primavera. Esso avrà
effetto positivo sulla domanda di beni di consumo solo nel lungo andare, perché la BCE
non ha (al momento) interlocutori economici forti, a cui le banche possano collegarla.
Perchè non prendere seriamente, come interlocutori, gli Stati che si
impegnano allo abbattimento della eccessiva fiscalittà ? Il prendere come
interlocutore uno Stato è solo per assisterlo, durante il taglio del fisco.
In Italia, ci sono le condizioni economiche favorevoli: infatti
Draghi evidenzia (verso la fine della conferenza) che nel sistema economico c'è rilevante
capacità produttiva inutilizzata, e dunque ha un ampio margine prima che la liquidità
aggiuntiva faccia salire il tasso di inflazione. |
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EDIZIONI
PRECEDENTI
FATTO NUOVO nella UE: la FRANCIA si defila ...dalla AUSTERITY
e oppone una sua interpretazione dei Trattati |
Mario Draghi
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DRAGHI (BCE): Le mie "riforme", proposte ai
governi :
.1) Nuove regole dei
mercati (eliminare differenziazioni salariali, rigidità del lavoro ..., nela UE);
2) Rafforzare il finanziamento delle imprese, diversificandone le fonti;
3) Pareggio del bilancio pubblico, a livelli più bassi dell'onere fiscale e della spesa
corrente . |
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SAPIN (GOVERNO FRANCESE): Sì a riforme, ma senza austerity |
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Michel Sapin
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LUCIANI: Monsieur Sapin ha ragione, di tipo "reaganomics". Vediamo dove sta la
differenza:
Se Draghi indicasse l'abbattimento della fiscalità
come priorità, Draghi e Sapin si troverebbero molto vicini. Infatti, serve a poco, per le
imprese, abbassare il costo del lavoro, degli interessi sui finanziamenti, e quant'altro,
se poi lo Stato continua a portarsi via il 65% di utile delle imprese, e si conferma
ultra-inefficiente nelle proprie controprestazioni. |
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Per il testo integrale di Draghi e Sapin: https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2014/html/sp140911_1.it.html
http://www.economie.gouv.fr/projet-de-loi-finances-2015
Mario
Draghi, Presidente della Banca centrale europea, Intervento presso
EUROFI, 11 settembre 2014, a Milano (Stralcio).
Le politiche strutturali, di bilancio e monetarie
procedono di pari passo, larea delleuro assisterà al recupero degli
investimenti. Mi vorrei concentrare soprattutto sul contributo decisivo che può derivare
dalle politiche strutturali.
1) Crescita e fiducia per gli investimenti
.... Non cè nessuno stimolo monetario (e di fatto nessuno stimolo
fiscale) che tenga se non affiancato dalle giuste politiche strutturali: politiche atte a
promuovere la crescita potenziale e a infondere fiducia.
Per illustrare questo punto mi vorrei soffermare sugli investimenti.
... . Gli investimenti sono una delle vittime illustri di questa crisi.
Il calo degli investimenti delle imprese osservato dal 2008
nellarea delleuro è molto più marcato che nei cicli economici precedenti.
Dal livello massimo a quello minimo sono diminuiti di circa il 20%, contro il 15%
registrato durante la recessione del 1992. Dal 2008 nellarea delleuro gli
investimenti delle imprese mostrano soltanto un lieve miglioramento, mentre negli Stati
Uniti superano ormai il livello anteriore alla crisi.
:::::
Noi responsabili delle politiche, cosa possiamo fare per imprimere nuovo
slancio agli investimenti? Oggi il mio principale messaggio è questo: soltanto se le
politiche strutturali, di bilancio e monetarie procedono di pari passo, larea
delleuro assisterà al recupero degli investimenti. Mi vorrei concentrare
soprattutto sul contributo decisivo che può derivare dalle politiche strutturali.
2) Una combinazione di politiche per rilanciare gli investimenti
Vedo due settori fondamentali nei quali lazione dei governi, a
livello sia nazionale che europeo, dovrebbe concorrere a rilanciare gli investimenti delle
imprese. Primo: il contesto regolamentare dovrebbe essere reso più favorevole alla
crescita economica. Secondo: le imprese devono avere accesso a fonti di finanziamento più
diversificate; la creazione di ununione dei mercati dei capitali potrebbe
contribuire a questo scopo e al tempo stesso aiutare a superare la frammentazione che
rimane nei mercati finanziari. Vorrei commentare in breve questi punti.
a) Migliorare il contesto regolamentare.
In molti casi, tali ostacoli privano della linfa lo spirito
imprenditoriale, soprattutto fra le giovani aziende innovative che creano la maggior parte
dei posti di lavoro e sono molto sensibili alle variazioni in termini di opportunità di
investimento.
:::::
Lattuazione celere e incisiva delle necessarie riforme è ora
indispensabile per cogliere i benefici quanto più rapidamente possibile.
b) Rafforzare il finanziamento
Un secondo aspetto di fondamentale importanza per gli investimenti,
nonché di interesse diretto per la comunità Eurofi qui riunita, è lesigenza di diversificare
le fonti di finanziamento e di superare la frammentazione in ambito finanziario.
Finora il credito alle imprese è giunto soprattutto attraverso il canale delle banche. La
crisi ha messo in luce le insidie di un ricorso troppo ampio a un modello di erogazione
del credito incentrato sul settore bancario. Occorre quindi sviluppare anche fonti di
finanziamento alternative affidabili, quali i mercati azionari e obbligazionari, la
cartolarizzazione, lattività di prestito delle compagnie di assicurazione e degli
asset manager, il venture capital e il finanziamento collettivo (o crowdfunding).
:::::::
3) Politica di bilancio favorevole alla crescita.
:::: I governi (hanno) a disposizione ... una seconda leva di rilevanza
diretta per gli investimenti: la politica di bilancio. Le imprese
investiranno nel futuro soltanto se esistono fiducia e certezza riguardo al futuro:
riguardo allevoluzione dei conti pubblici nel medio periodo e, in ultima istanza,
riguardo allimposizione fiscale. Ciò di cui abbiamo bisogno è unapplicazione
coerente e credibile del Patto di stabilità e crescita nel tempo e in tutti paesi.
Nel contesto esistente, i governi possono trovare lo spazio per sostenere gli investimenti
produttivi e conseguire una composizione delle politiche di bilancio più favorevole alla
crescita, riducendo lonere fiscale e la spesa corrente
improduttiva. In parallelo, può essere utile aprire il dibattito sullorientamento
complessivo delle politiche di bilancio nellarea delleuro, in vista di
incrementare gli investimenti pubblici laddove esiste margine di bilancio. ..... Esprimo
quindi apprezzamento per il pacchetto da 300 miliardi di euro annunciato due mesi
fa dal Presidente eletto della Commissione europea.
4) Il ruolo della politica monetaria
Vorrei concludere con qualche cenno al contributo della politica
monetaria. Abbiamo combattuto con successo la crisi di fiducia nei confronti
delleuro, che ha fatto aumentare i tassi di interesse fino a valori anomali. Abbiamo
fornito al sistema bancario dellarea delleuro livelli di finanziamento senza
precedenti. Abbiamo continuato a ridurre i nostri tassi di riferimento, fino a raggiungere
ormai il limite inferiore. Per assicurare che questo orientamento molto accomodante della
politica monetaria si trasmetta alleconomia reale equamente in tutta larea
delleuro, abbiamo anche dispiegato una serie di strumenti non convenzionali.
La nostra attenzione si è spostata sempre più sul finanziamento delle PMI,
che si affidano in misura massiccia al finanziamento bancario e in molti casi stanno
faticando per mantenere laccesso al credito. Queste imprese possono pur essere
piccole, ma quando affrontano difficoltà di finanziamento, il problema assume grosse
proporzioni per noi tutti, dato che impiegano circa tre quarti delle forze di lavoro
nellarea delleuro.
In giugno abbiamo deciso di varare una serie di operazioni mirate di
rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT), per assicurare che le banche abbiano a
disposizione liquidità sufficiente da erogare alleconomia reale. Tali operazioni
sono concepite per incoraggiare le banche ad accrescere il credito a favore delle società
non finanziarie.
Abbiamo inoltre adottato misure a sostegno di segmenti specifici del
mercato che rivestono un ruolo fondamentale nel finanziamento delleconomia. La
settimana scorsa il Consiglio direttivo ha deciso di avviare, a partire da ottobre,
lacquisto di obbligazioni garantite e ABS di alta qualità. Per quanto riguarda gli
ABS, acquisteremo titoli già esistenti o di nuova emissione che siano semplici,
trasparenti e reali, nel senso che si basano su prestiti al settore privato non
finanziario dellarea delleuro.
:::::::::::::::
Nel complesso, le decisioni annunciate la settimana scorsa sono
finalizzate a favorire il saldo ancoraggio delle aspettative di inflazione a medio-lungo
termine, in linea con il nostro obiettivo di mantenere i tassi di inflazione su livelli
inferiori ma prossimi al 2%. Ci attendiamo che i due programmi di
acquisto integrino in modo efficace le OMRLT nel rafforzare il funzionamento del
meccanismo di trasmissione della politica monetaria e nel realizzare un ulteriore
accomodamento monetario, avendo ormai raggiunto il limite inferiore. Le nuove misure,
insieme alle OMRLT, avranno un notevole impatto sul nostro bilancio, che si dovrebbe
portare in prossimità delle dimensioni raggiunte agli inizi del 2012, e il Consiglio
direttivo è pronto a intervenire ulteriormente, se necessario, in conformità con il suo
mandato di mantenere la stabilità dei prezzi.:::::: |
Michel
Sapin, Ministro delle Finanze, francese Présentation
du projet de loi de finances pour 2015 - 01/10/2014
[ Extraits du livret "L'essentiel du PLF 2015" à
télécharger ci-contre ]
Le soutien à lemploi et à linvestissement grâce au
Pacte de responsabilité et de solidarité
Le Pacte de responsabilité et de solidarité poursuit et amplifie les
mesures engagées depuis 2012 en faveur de lemploi et de linvestissement.
Après la mise en uvre du crédit dimpôt pour la compétitivité et
lemploi (CICE), le Pacte mobilise plus de 20 milliards deuros supplémentaires
sur trois ans pour permettre aux entreprises de retrouver les marges nécessaires pour
embaucher, former leurs salariés, investir et innover.
Un effort dune ampleur inédite : 50 milliards
d'euros déconomies en trois ans dont 21 en 2015
Le plan déconomies de 50 milliards d'euros présenté en
avril dernier par le Premier ministre sera mis en uvre dès 2015 avec un premier
effort de 21 milliards d'euros pour lannée prochaine qui se poursuivra en 2016 et
2017 avec 14,5 milliards d'euros déconomies supplémentaires chaque année. Il
vient amplifier les économies déjà réalisées en 2013 et 2014. La mise en uvre
de ce programme déconomie permettra de limiter la croissance moyenne des
dépenses publiques à 0,2 % en volume sur la période 2015-2017 (hors crédits
dimpôts).
Une baisse des dépenses de lEtat et de ses agences
LEtat et ses agences assumeront une économie nette totale de près
de 19 milliards d'euros, dont 7,7 milliards d'euros déconomie dès la
première année permettant une réduction des dépenses des ministères de
1,8 milliard d'euros dès 2015 et de 2,3 milliards d'euros à horizon 2017 en
euros courants.
Une contribution des collectivités territoriales à la hauteur
de leur poids dans les finances publiques
Les dotations budgétaires versées par lEtat aux collectivités
territoriales baisseront en euros courants de 11 milliards d'euros à horizon
2017, à un rythme régulier de 3,7 milliards d'euros par an (après une première
baisse de 1,5 milliard d'euros en 2014). Cet effort permet de ramener la progression
de lensemble des ressources des collectivités à un rythme proche de
linflation sur les trois prochaines années.
La maîtrise des dépenses de protection sociale
Dans le cadre de la stratégie nationale de santé (SNS), lObjectif
national des dépenses dassurance maladie (Ondam) verra son taux dévolution
abaissé à 2 % en moyenne sur la période 2015-2017, soit un effort global
déconomies de 10 milliards d'euros sur trois ans.
Le projet de loi de programmation des finances publiques 2014-2019
Des économies sont nécessaires pour le redressement des comptes et le
soutien à lemploi et à linvestissement.
La politique budgétaire du Gouvernement repose sur deux piliers :
- la réduction du déficit structurel par des
économies en dépenses, qui doit permettre de ramener le déficit public sous la barre
des 3 % en 2017 et datteindre en 2019 lobjectif de moyen terme (OMT),
au sens du Traité sur la stabilité, la coordination et la gouvernance (TSCG) au sein de
lUnion économique et monétaire, soit un déficit structurel inférieur à 0,5
point de PIB ;
- la mobilisation de moyens exceptionnels en faveur
de lemploi et de linvestissement, en particulier avec la mise en
uvre du crédit dimpôt pour la compétitivité et l'emploi (CICE) et du Pacte
de responsabilité et de solidarité. |
NINO LUCIANI, Si
dovrebbe dire forte e chiaro che, anche in Italia, la priorità è il taglio del grado di
socialismo del sistema economico. 1.
Il mito delle riforme. Ognuno può constatare la unanimità, in Italia, sulla
necessità delle riforme, ma senza dire cosa sarebbero in pratica.
Le scelte pubbliche, per loro natura, avvantaggiano alcuni e danneggiano
altri. La spiegazione della unanimità deriva, dunque, dal fatto che ognuno le immagina a
modo suo, pur essendo le riforme della sinistra di segno ben diverso da quelle della
destra.
In questo discorso a Milano, Draghi ha parlato chiaro e breve, ma credo in
modo troppo didattico. Una vera assunzione di responsabilità fa una graduatoria di
priorità.
In questi giorni, poi, è sopravvenuta una presa di posizione
nettamente contro vento, da parte del governo francese, vale dire contraria alla
austerity, e avversata dal governo tedesco.
Rivediamo le cose per gradi.
2.- Draghi . Egli ha detto che per il rilancio dell'economia, l'obiettivo
è il rilancio degli investimenti, ma poi ....
Keynes ci aveva insegnato che gli investimenti dipendono dalle aspettative di
ottimismo degli operatori.
Se adesso facciamo mente locale all'elenco delle condizioni di Draghi, per
indurre all'ottimismo, troviamo facilmente che l'elenco è casuale, mentre in realtà una
di esse viene prima di tutte le altre: la fiscalità, legata all'eccessivo grado di
socialismo del sistema.
E, difatti, i conti in ordine sono un problema di ragioneria (come sembra
ritenere la sig.ra Merkel), ma anche un problema economicio (come vuole Sapin). Perchè
mai uno dovrebbe comprare il lavoro, il capitale finanziario, ... a più basso prezzo
(come Draghi sollecita), se poi lo Stato sottrae all'imprenditore il 65% dell'utile, dopo
di che (con il 35% che rimane) egli dovrà provvedere a se stesso..., alla famiglia,... ad
accantonare per il reinvestimento nell'impresa.
3.- Vediamo meglio.
Sia chiaro che lo Stato non toglie soltanto (con le imposte), ma
anche dà (con la spesa). Es., lo Stato dà le infrastrutture, la scuola, la
sanità, la giustizia, la difesa, l'ordine pubblico, fa la intermediazione sociale (tra
impresa esindacato, e tra imprese), ... .
Tuttavia, ci si domanda: in Italia, lo Stato dà almeno quanto prende ?
Non esistono parametri specifici
per misurare l'apporto dello Stato al PIL (meglio dire, l'ISTAT misura il V.A. della PA
facendo la somma delle retribuzioni pagate al personale, e aggiungeno un calcolo presunto
degli ammortamenti dei beni strumentali).
Sta di fatto che le inefficienze della PA italiana sono "infinite",
a cominciare dai troppi enti-doppioni (vedi Stato e Regioni), dalle tangenti, dalle
retribuzioni dei partiti, dalle opere pubbliche cominciate e abbandonate, dalle liste
d'attesa nella sanità, che oggi sono più lunghe di quelle di 10 anni fa, quando la spesa
sanitaria era minore di quella di oggi.
Sta anche di fatto che la pressione fiscale (44,4% del PIL in media) è il
doppio di quella degli Stati Uniti. Si guardi a questa tabella.
2015 |
Pressione fiscale
in % del PIL |
Italia |
44,4% |
Gran Bretagna |
35,2% |
Stati Uniti |
24,3% |
Media Paesi OCSE |
34,6% |
Fonte: OCSE |
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Alla spesa pubblica in senso
stretto va aggiunto il numero eccessivo di imprese pubbliche, generatrici di disavanzi,
che molte volte non sono conteggiati nel calcolo del rapporto deficit/PIL.
Se, infatti prendiamo il rapporto (più realistico) spesa pubblica/PIL, come
misura della pressione fiscale si arriva al 55%, e si va anzi più su, se ci
mettiamo anche (giustamente) il tasso di inflazione (2%-4%).
4.- Veniamo al Governo Francese. Se ci si ferma alla prima frase (NO alla
austerity), si percepisce un messaggio confuso.
Se, invece, si approfondisce, e si trova che il deficit di bilancio (4,4% del
PIL) non deriva dal fatto che il governo francese vuole aumentare la spesa pubblica (ferme
le imposte attuali).
Quel saldo è invece il risultato contabile di minori imposte e di minori
spese pubbliche, di cui le une sono maggiori delle seconde.
In altri termini, il governo francese vuole calare le imposte, altrimenti,
gli operatori non investono (e questo è il nostro discorso iniziale). E' qualcosa
che ha odore di Reagan-economics.
Per fare questo deve calare le spese pubbliche (anzi colpire lo Stato
sociale), ma non più di tanto (altrimenti creerebbe dei grandi problemi sociali:
disoccupazione degli statali).
Si direbbe che il Governo francese è nel giusto, anzi noi ne
sappiamo qualcosa perchè il governo MONTI fece il contrario (aumentare le imposte, ferme
le spese) e ha fatto guai recessivi, a parte
gli aspetti strettamenti legati al pericolo di default. In questo senso occorrerà
cominciare, finalmente a ridurre il grado di socializzazione del sistema
economico, un lusso che non possiamo pemetterci.
La scommessa è che il PIL riprenderà a crescere, e il rientro
del deficit (al 3%) diverrà realistico (e la sig.ra Merkel sarà contenta).
NINO LUCIANI |
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Nuovo parlamento europeo e attese sul fronte dell' EURO, dopo
intervista PADOAN a FT |
J.C.Juncker
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Un Governo di "Grosse Koalition" Juncker-Schultz,
con Jean Claude JUNCKER Presidente,
per riformare il Trattato di Maastricht ?
Attesa una teatralità forte dagli oppositori dell'EURO.
LUCIANI: Per l'Italia, il riferimento valido è la tesi di PADOAN, nell'intervista al F.T. ,
ossia "la ripresa passa per un "aumento della inflazione
e un euro più debole".
COME FUNZIONEREBBE LA SVALUTAZIONE dell'EURO ?
Ma, prima, ricordo Keynes, a proposito del debito tedesco nel 1920-21 |
J.C.Juncker
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NINO LUCIANI, La situazione del nuovo parlamento europeo è
un vero scossone alla situazione precedente. Oggi c'è dentro GRILLO e c'è dentro
il greco TSIPRAS. Soprattutto:
- l'INGHILTERRA (che di certe cose se ne intende) va cercando un prestesto per uscire
dalla UE (non ama Juncker ? ).
- il 31 maggio, VISCO, Governatore di B.d'I. aveva detto: "Per l'ITALIA le
prospettive restano pessimiste";
- iero, 2 giugno, OLLI REHN ha replicato: "OK a un ritardo nel rientro deficit di
bilancio, ma il taglio della spesa pubblica resta urgente, precisamente, per il 2104,
mancano 9 miliardi per la riduzione concordatta del debito pubblico.
CONCLUSIONE: Dove non sono riusciti BERLUSCONi, MONTI, LETTA, come
potrebbe riuscire RENZI ? Per la cura da cavallo di Bruxellles, servirebbe un governo di
legislatura, cosa che non c'è in Italia, in quanto per Costituzione il governo è
soggetto alla fiducia delle Camere, revocabile in ogni momento. Ma anche la riforma
costituzionale della governance è in alto mare
LA VIA DI USCITA. Preso atto che, in una repubblica democratica
parlamentare, non è possibile sbloccare una grande crisi economica (come quella di oggi)
usando il solo potere fiscale (prelievo e spesa), serve la complicità del potere
monetario , ma che sta in mano a BRUXELLEs, a parte che questa storia italiana di
crisi ha radici nel commercio estero, già dal 2002 (arrivo Euro).
Ne deriva che, se l'attesa Grosse Koalition non vorrà ridiscutere il
Trattato di Maastricht, l'Italia sarà costretta a denunciare il Trattato, in
modo da imporne la rinegoziazione, d'intesa con i Paesi dell'Europa meridionale. |
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UNA
SINTESI DELLE POSSIBILITA' DI SCELTA
I Candidati a Presidente del Governo dell'UE
preso atto di risultati elettorali,
in cui
NESSUNO ha la maggioranza assoluta
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Seggi |
1.- PPE,
CRISTIANO-DEMOCRATICI e CONSERVATORI (JEAN CLAUDE JUNCKER
) |
274 |
2.- PSE (MARTIN
SCHULTZ ) |
196 |
3.- ALDE, Alleanza Liberali e Democratici (GUY VERHOFSTADT) |
66 |
5.- VERDI
(JOSE' BOVE' e SKA KELLER ) |
52 |
4.- GUE/NGL SINISTRA EUROPEA,
ALTRA EUROPA per Tsipras (ALEXIS TSIPRAS); |
42 |
|
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TOTALI |
751 |
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NINO
LUCIANI, Il problema di base è che l'attuale governo parlamentare non può riuscire
a sbloccare la crisi economica usando il solo potere fiscale (prelievo e spesa). Serve la
complicità del potere monetario, oggi in mano a Bruxelles. Non è problema di chiudere un
occhio su deficit di bilancio e debito pubblico, ma di cancellare il debito svalutando
l'Euro di un buon 20% . 1.
Premessa. J.M. Keynes fece parte, negli
anni 1920-21, della delegazione del governo inglese, per il trattato di pace con la
Germania, pur se non arrivo' al termine delle trattative, perchè si ammalò. Ma quella
sua partecipazione temporanea non avvenne senza lasciare tracce, che Keynes aveva fissato
(1919) in un libretto (Le conseguenze economiche della pace), rimasto celebre, e che
anticipava la sua "General Theory" del 1936.
In parole brevi, l'Inghilterra era molto determinta ad ottenere (e infine ottenne)
dalla Germania il risarcimento di pesanti danni di guerra, sotto forma di un pesante
debito pubblico, al proprio interno, per un prolungato periodo tempo (ciò che, poi,
scatenerà il sentimento di rivalsa dei tedeschi, poi sfociato nella seconda guerra
mondiale).
Ma Keynes si oppose. Egli sostenne che la Germania si
sarebbe trovata addosso un fardello mortale, che l'avrebbe condannata alla stagnazione per
lunghi anni, determinando anche un danno per l'Inghilterra sotto il profilo della
caduta verticale delle importazioni tedesche dall'Inghilterra.
Fatta la premessa, segnalerei alla Germania di riflettere sui danni alla
Germania, derivanti da una prolungata stagnazione dell'Europa meridionale (Italia, Spagna,
Grecia, Portogallo, Cipro...). |
2. Molti invocano riforme per l'Italia, ma
senza chiarezza degli intenti. Le riforme
principali, chieste in Italia, riguardano la Pubblica Amministrazione centrale e locale.
La chiave è il taglio della spesa pubblica, in modo da riportare al 40% (dal 50% attuale)
la pressione fiscale. Ma ci sono grandi differenze sulle modalità. Ad es.:
a) ci sono quelli che invocano economie di spesa della PA, a
parità di servizi pubblici, e da ottenere con una maggiore efficienza della
gestione. Ahimè, tra questi ci sono anche i giovani confindustriali, ma che è una
strada totalmente illusoria e ingannevole, in quanto la Pubblica Amministrazione ha, per
sua natura, sacche di inefficienza (lavoro lento, giri burocratici infiniti per verificare
la "correttezza tecnica" dei progetti, duplicazione di enti che fanno le stesse
cose...), impossibili da eliminare significativamente.
Devi, poi, considerare che uno Stato socialista è, per sua natura, comandato
dai partiti e dall'alta burocrazia, e che già abbiamo ben constatato essere essi
espressione di non poca ruberia legalizzata, (almeno il 20% del PIL).
b) e ci sono quelli che puntano su un deciso taglio del peso
dello Stato nellì'economia, a favore della economia di mercato (vale dire, meno servizi
pubblici gratuiti, privatizzazzioni delle imprese pubbliche). E' la strada vincente per la
crescita, quella di smantellare significativamente questo Stato socialista, sia pure senza
esagerare sul fronte opposto
Con meno Stato diviene, poi, possibile concentrare le forze, per migliorare
lo Pubblica Amministrazione. Lo Statale lavora di più e meglio se investi sul suo senso
di responsabilità, moralità, patriottismo, e devi dargli una retribuzione non frustrante
se non vuoi che faccia il doppio lavoro (quello privato, in aggiunta a quello pubblico).
L'idea, poi, di controlli fondati sul tecnicismo non funziona, perchè presuppone che
qualcuno abbia un vantaggio monetario dal farlo funzionare, e questo qualcuno non c'è
nella PA (come nelle imprese private).
Se posso dire, ho fatto (qualche anno fa) uno studio teorico e pratico sul
modo di riformare la PA e l'avevo inviato a Brunetta (allora ministro della riforma della
PA), e che non si degnò di una risposta. Clicca su:
http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf,
p. 577. 3. Ma non puoi
riuscire a tagliare drasticamente la pressiobe fiscale, senza la copertura della
politica monetaria (che è in mano alla UE). Non puoi tagliare all'improvviso la
spesa pubblica, perchè non puoi licenziare, di punto in bianco, il 20% degli Statali,
senza dare il tempo di trovare una alternativa.
In questo senso, non c'è un Renzi che tenga (perchè
scoppierebbe la rivoluzione), senza la copertura "monetaria" della UE, in quanto
l'Italia ha ceduto alla UE il potere monetario.
Prima conclusione: Se vuoi riportare la pressione fiscale al 40%,
devi avere l'appoggio della politica monetaria, vale dire devi denunciare il Trattato di
Maastricht, per modificarlo. La BCE deve diventare indipendente dagli Stati e deve
diventare "prestatore di ultima istranza".
Questo vuol dire fabbricare Euro aggiuntivi per comprare
titoli di Stato sul mercato primario, a costo di creare inflazione, qualora vi siono le
condizioni economiche, ossia molte risorse disponibili, ma inutilizzate (vale dire imprese
chiuse, disoccupazione...).
4.- Quanta inflazione per far quadrare i conti ?
Facciamo una botta di conti.
Obiettivo. Assumiamo che la pressione fiscale vada
portata in due anni al 40% del PIL.
I dati. Oggi il PIL è di 1.560 miliardi di Euro, il
debito pubblico è 2.069 miliardi, la spesa pubblica è di 799
miliardi, il disavanzo di bilancio è 47,3, pari al 3% del PIL (Vedi
Bollettino Economico B.d'I., 2/2014, p. 36-37).
Risultati. Assumiamo che la BCE possa fare fabbricare euro
aggiuntivi per finanziare debito pubblico non collocato sul mercato primario (ad es.
titoli emessi per pagare il debito in scadenza), e di conseguenza ci sia una inflazione
del 20% (vale dire il livello generale dei prezzi aumenti del 20%.
Le conseguenze sono:
- il PIL (a prezzi correnti) diviene: 1560*1,2= 1.872;
- il rapporto Spesa/PIL : 43%
- il rapporto debito/PIL : 110%.
Dato il nuovo rapporto Spesa/PIL, la pressione fiscale può essere
ridotta al 40%; e il rapporto disavanzo/PIL al 2,5%.
Nota. La tassazione consiste di aliquote ad valorem (salvo per le imposte
fisse per quantità, tipo imposte di fabbricazione), e pertanto (per non cadere
nell'inganno di aumentare in automatico il prelievo fiscale) occorrerà adeguare, al
ribasso, tutte le aliquote. |
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Per
i cultori di Economia della Finanza Pubblica: |
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Disponible in internet in
lingua inglese e italiana (con accesso gratuito alla Biblioteca digitale dell'Alma Mater),
il libro di Scienza delle Finanze di Ernesto d'Albergo (1951), presentato da Domenico da
Empoli, e con introduzione di Nino Luciani all'opera scientifica di Lui.
Ernesto d'Albergo (nato a Noto nel 1902, e ivi riposa) è il più
rappresentativo tra gli economisti italiani di Scienza delle Finanze del secolo scorso.
La pubblicazione, prima in italiano e oggi in inglese è un atto
doveroso per il progresso degli studi finanziari in Italia e nel mondo.
Essa, oltre che un libro rigorosamente scientifico, è una vera enciclopedia
scientifica internazionale, nella quale tutti gli studiosi italiani ed esteri hanno
trovato considerazione e collocazione scientifica. |
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Per
l'accesso, clicca su: http://amsacta.unibo.it/2571/ |
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Key words: elezioni
europee, i candidati a Presidente del Governdo delle UE, Juncker, Schultz, Tsipras,
troppo Stato in Italia, BCE, euro nuovo |
ELEZIONI EUROPEE - UNA GUIDA PER VOTARE |
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I CANDIDATI DI ALTERNATIVA
for
PRESIDENT DEL GOVERNO EUROPEO
LUCIANI: Il
nodo da sciogliere è se possa continuare la dipendenza della politica fiscale (prelievo e
spesa)
dalla politica monetaria,
o se, invece, possa esserci anche il contrario. |
Tsipras, il greco
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UNA
SINTESI DELLE POSSIBILITA' DI SCELTA
(Ripresa da Televideo-RAI, pag. 117)
I Candidati a Presidente del Governo dell'UE:
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1.-
JEAN CLAUDE JUNCKER (PPE, CRISTIANO-DEMOCRATICI e CONSERVATORI): in
Italia UDC, NCD, FORZA ITALIA |
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2.- MARTIN SCHULTZ (PSE): in Italia il PD |
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3.- GUY VERHOFSTADT (ALDE, Alleanza Liberali e Democratici): in Italia,
SCELTA EUROPEA |
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4.- ALEXIS TSIPRAS, (GUE/NGL
SINISTRA EUROPEA), ALTRA EUROPA per Tsipras; |
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5.- JOSE' BOVE' (verdi) e SKA KELLER
(Verdi) |
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NINO
LUCIANI, Il problema di base rispetto ai quali si dovrebbero valutare i partiti e i
candidati: "sì o no alla separatezza tra politica monetaria a politica fiscale
(prelievo e spesa)". 1.
Premessa. I candidati dovrebbero essere
scelti, in primo luogo per la capacità e serietà personale, e poi per il progamma
che propongono.
Circa le persone, mi pare (per quanto si è visto TV e sui giornali) che sui tre
candidati più in vista, non ci sia discussione.
Juncher , lussemburghese, sotto il profilo politico ha
subito di recente un severo esame, superato brillantemente. E' tacciato come
"amico della Merkel". Credo che questo non sia un demerito, soprattutto perchè
Juncher sembra un uomo di assoluto equilibrio e intelligenza, e a nessuno sara' facile
imbacuccarlo.
Schultz mi è sembrato un uomo di profondi sentimenti
umanitari. Essendo, poi, egli tedesco e della sinistra, egli è un candidato affidabile,
per chi non ama la Merkel, a parte che è tedesco anche lui, e potrebbe comunque amare la
Germania, più che l'Italia.
Guy Verhofstadt vuole fare un referendum sull'euro. Di lui
non so altro.
Tsipras, il greco, quello sceso in piazza contro
l'austerità, a suo tempo, ad Atene. Mi piace molto (come i nostri "grillini"),
in quanto sono "grilli parlanti", che segnalano le situazioni e le insufficienze
dei governanti. Non è poco, al momento. E se qualcuno non li vuole, basta che questo
qualcuno risolva i problemi. |
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2.- Le scelte. Distinguiamo le scelte di quadro e le scelte del momento.
a) le scelte di quadro. Sono scelte di quadro il mercato comune
europeo e l'unione politica.
Considerato che queste scelte hanno salvato, dal 1945, l'Europa da nuove guerre, e
che è molto meglio discutere intorno a un tavolo, che distruggerci con milioni di
morti, direi che dovremmo confermarci europei.
Circa l'unione politica, credo che dovremo confermarci federalisti, salvo
invece europeizzare maggiormente alcune scelte di marcata rilevanza internazionnale
(difesa, affari esteri, università, interventi pubblici per le aree depresse). Circa la conferma della cessione del potere
monetario (Euro) dell'Italia alla UE, ci sono evidenti motivi di ridiscussione
del Trattato di Maastricht, per il fatto che siamo afflitti da anni, ormai, da una grave
crisi economica e sociale, e non ne vediamo l'uscita.
b) le scelte strategiche da impostare subito: ridimensionare la
socializzazione del sistema economico. Fare chjarezza sulla diagnosi è l'unico
presupposto valido per proporre terapie.
I Paesi in maggiore difficoltà sono quelli in più alto grado di socialismo.
Quanto è avvenuto nell'URSS, l' abbiamo anche noi, sia pur in proporzione al grado di
socialismo (95% in URSS, 60% in Italia).
La crisi non deriva dai principi egualitari e umanitatri del socialismo, ma dal
fatto che uno Stato socialista è in mano ai partiti e alla burocrazia, che sono
maestri nell'infilare nella Pubblica Amministrazione i loro interessi personali.
Uno Stato in avanzato stadio di socializzazione è destinaro a divenire uno
Stato corrotto, dopo la fase vergine, iniziale.
Dunque, la scelta strategica per risolvere la crisi è privatizzare le
imprese pubbliche non strategiche e abbattere la spesa pubblica e la pressione fiscale, da
ridurre al 40% (dal 55% attuale).
c) come tornare ad una Stato normale. Un
programma di destatalizzazione non puoi attuarlo con strumenti normali in meno di 10
anni, perchè non puoi abbattere la spesa pubblica e il fisco in meno tempo, vale dire non
puoi licenziare di punto in bianco il 30% degli statali, senza una aternativa.
La Germania ha inserito la Germania dell'OVEST nella propria economia di
mercato in 20 anni. Dunque, la Signora Merkel cerchi di capire l'Italia, se vuole
averci sempre con lei in Europa.
d) Cosa si può fare con un diverso potere
monetario ? Non puoi fare una politica monetaria efficace senza il sostegno della
politica fiscale (prelievo e spesa): e infatti c'è il continuo invito agli Stati a fare
le riforme, proprio per questo. Ma vale anche il contrario: non puoi fare una
efficace politica fiscale senza il sostegno della politica monetaria.
Più precisamente, il potere monetario serve ad agevolare la trasformazione
senza gravi traumi sociali, e dunque va permesso al potere monetario di assistere il
potere fiscale: devi svalutare l'Euro di un buon 20% (l'Inghilterra ha svalutato la
sterlina, di un 30%).
Perchè, dunque, si insiste nel chiedere solo l'adeguamennto della politica
fiscale alla politica monetaria ?
In verità, in base al Trattato di Maastricht, non puoi chiedere che la
politica monetaria sostenga quella fiscale, e questo è sbagliato: le due non sono
separabili, anche dal punto di vista logico, perchè interdipendenti.
Nel cedere all'UE il potere sovrano sulla moneta, l'Italia non l'ha trasferito tale
e quale dalla B.d'Iralia alla BCE. Questa può fabbricare Euro ma solo come intermediario
degli scambi, e con il limite di non creare inflazione.
Ma, per non demolire l'economia italiana, l'Euro dovrà cambiare e la BCE
dovrà essere cambiata, e precisamente:
- la BCE dovrà essere realmente autonoma dagli Stati;
- e dovrà poter essere prestatore di ultima istanza degli Stati, laddove ci
sono le condizioni (risorse inutilizzate). |
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ANDAMENTO DELLA SPESA LOCALE NEL 2003-2012
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Una
verifica degli effetti della legge GELMINI-Berlusconi n. 240/2010, sul bilancio
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Fonte: Nucleo di Valutazione, Relazione al Conto
Consuntivo 2012.
Approvata in data 25
ottobre 2013 |
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Nota. Riporto qui sotto una estrema sintesi della
relazione, vale dire la premessa e le conclusioni, e vi associo due grafici essenziali,
quello relativo all'andamento della spesa (preso dal consuntivo) e quello relativo
all'andamento delle iscrizioni degli studenti, nel periodo 2003-2012.
Si nota un inizio di blocco dello sviluppo dell'Ateneo dal 2008 (anno
di inizio del bombardamento del governo Berlusconi sulla Università). Lo l'andamento
tuttora declinante (da 10 anni) del numero degli studenti conferma una caduta strutturale
delle prestazioni agli studenti (già in atto).
Segnalo che gli "apparenti" avanzi (che si rilevano
nella relazione, p. 30) sono dovuti a fatti contabili, collegati con spese impegnate (non
ancora pagate) ed entrate attese (ma in ritardo).
Devo segnalare che la presa di petto dell'università italiana, da
parte dei vari governi di sinistra e di destra, comincia nel 2002. Infatti in
quell'anno il FFO- Fondo di finanziamento ordinario fu di 6,2 miliardi, ed
attualmente sta intorno ai 7 miliardi di . Se ricordiamo che l'Euro ha raddoppiato i
prezzi, per essere oggi in termini reali come nel 2002, il FFO dovrebbe essere oggi
intorno ai 13 miliardi.
P.S. Sono venuto a conoscenza, casualmente, di questa relazione, in quanto
la legge obbliga le università a pubblicarle. Ma altro, (o poco altro), non è dato
conoscere perchè l'attuale Rettorato ha secretato l'accesso ai verbali del CdA e del
Senato, per gli esterni e quasi tutti gli interni. Questo mi sembra poco corretto, in
termini di democrazia, e dannoso all'Ateneo. Nino Luciani |
.Nota. La
cifra ( 776,3) del 2012 è minore di quella del Nucleo, per il quale l'avanzo è
212,6 ( in luogo di 73,6 milioni, da me assunto, ma evidenemente errato), e che
alzerebbe a 915,3 la spesa.
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Relazione del Nucleo
Componenti: Giacomini Università di Bologna
Rappresentante del consiglio degli student; Muzio Gola Politecnico di Torino
Presidente; Achille Basile, Università degli Studi di Napoli "Federico
II" Componente; Rosa Maria Bollettieri Bosinelli In quiescienza - Alma Mater
Studiorum Università di Bologna Componente; Carlo Arrigo Umiltà In quiescienza -
Università degli Studi di Padova Componente
Par. 1 e Par.4
( Per una lettura integrale, clicca su: Nucleo)
1. PREMESSA
Il Nucleo di Valutazione, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 5 co. 21 della L.
537/93, ha esaminato il conto consuntivo dellAteneo, con alcuni cenni sul
consolidato interno, relativo allesercizio finanziario 2012 1, approvato dal Consiglio
di Amministrazione in data 28 maggio 2013. La relazione che segue adotta il modello
definito dal Nucleo precedente, cui sono apportati opportuni aggiornamenti e
miglioramenti.
Il primo
capitolo analizza il consolidato finanziario di competenza che riguarda
lamministrazione generale e le strutture con autonomia di bilancio, inclusi i
bilanci speciali (eredità, premi e lasciti).
Il secondo
capitolo centra lattenzione sul bilancio della sola amministrazione generale,
presentando un focus sulle principali voci di entrata, in particolare sul Fondo di
Finanziamento Ordinario (inserendo una panoramica sul contesto nazionale del finanziamento
pubblico del sistema universitario) e sulle entrate contributive. |
Continua: Relazione Relativamente al
bilancio dellAmministrazione Generale, le analisi effettuate su fonti di entrata
e destinazioni di spesa, fanno riferimento ai valori dellaccertato e ai
valori dellimpegnato, al netto delle seguenti voci:
partite di giro;
rapporti con enti convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale per il
personale (tali voci consistono nelle entrate che provengono dalle Aziende ospedaliere per
finanziare le spese relative al personale universitario che opera presso le strutture
ospedaliere e gli enti convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale);
operazioni
di automutuo contabilizzati per un totale di:
- 4,8 milioni di euro di restituzioni. Le quote di restituzione relative alle rate di
ammortamento di automutui relativi ad esercizi precedenti sono pari a 1,44 milioni di
euro corrispondenti a tre quote di ammortamento per la realizzazione del Polo delle
Neuroscienze;
- 1,61 milioni di euro corrispondenti a quattro quote di ammortamento relative alla
restituzione al bilancio delle Eredità, Premi e Lasciti;
- 330 mila euro corrispondenti a otto quote di ammortamento relative alla variante dei
lavori di risanamento dello Studentato ex Palace Hotel Rimini;
1,45 milioni di euro corrispondenti a tre quote di ammortamento relative
allautofinanziamento per interventi edilizi.
::::::::::::::::::::::::::
4. CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE
Lesame del bilancio consuntivo dellesercizio 2012 dellAlma Mater
Studiorum - Università di Bologna conferma, innanzi tutto, che la qualità delle
attività di ricerca e di didattica sviluppate dallAteneo hanno permesso,
nellassegnazione del FFO 2012, di contenere al di sotto del mezzo punto percentuale
la riduzione dei trasferimenti rispetto al 2010. Ciò a fronte di unomologa
riduzione dellintero sistema universitario nazionale nettamente superiore.
La soddisfacente performance di bilancio dellateneo è il risultato
principalmente dei seguenti elementi:
A. la proseguita riduzione della spesa del personale intorno al 5% sia per quello
accademico sia tecnico-amministrativo.
B. il sensibile recupero, considerato il quadro della finanza pubblica nazionale, nella
quota di FFO dovuto alle componenti premiali; componenti che permetterebbero
laccesso a risorse ben superiori in un modello nel quale lavvicinamento alla
distribuzione teorica di FFO fosse consentito a velocità superiori rispetto a quanto le
norme oggi prevedano.
C. la riduzione della spesa per attività istituzionali rispetto allesercizio
precedente che però non ha riguardato limpegno diretto verso la generalità degli
studenti (didattica e interventi a favore degli studenti e, si ritiene, acquisizione beni
durevoli) che risulta incrementato, mentre si registra una riduzione sul versante del
sostegno della ricerca (borse di dottorato) dovuta sostanzialmente ad una minore entrata
"una tantum" dal MIUR (nel 2011 era stata impegnata una quota pari a 2,6 mln di
euro) e ad una somma pari a 1,14 mln di euro non impegnata nel 2012 e riportata nel 2013,
nonostante :
D. non si sia, ovviamente, potuto, rinnovare leffetto degli incentivi introdotti
nel 2011 (soluzione monorata annuale) sulle entrate contributive; entrate comunque ridotte
in forza del diminuito numero di immatricolati ed iscritti, secondo peraltro una tendenza
che si riscontra a livello nazionale.
E. una notevole diminuzione dei trasferimenti esterni diversi dal FFO.
Tuttavia questo Nucleo ritiene di dover sottolineare che la performance di bilancio non
è una variabile di giudizio indipendente per unistituzione pubblica di alta
formazione e ricerca.
In un clima di continuo ridimensionamento del finanziamento ordinario, di accesso al
finanziamento privato reso difficile sia dalla contingente crisi economica sia da
unavversa tradizione italiana, di turnover che, pur raggiungendo nel caso
dellUniversità di Bologna un 33
ragguardevole 32 % di punti organico reimpiegabili, è inadeguato a garantire un
equilibrato ricambio o lo sviluppo di nuove linee di ricerca, una buona performance di
bilancio può purtroppo accompagnarsi allimpossibilità per un ateneo che come
quello bolognese negli ultimi anni ha già ben più che eliminato il superfluo, se mai era
da considerare tale, di compiere in modo pieno le missioni di promozione del progresso
dellarte e della scienza libere e del loro insegnamento.
Lauspicio è che lUniversità di Bologna prosegua nella propria buona
gestione del bilancio continuando a garantire lattuale ottimo livello qualitativo
delle attività didattiche e scientifiche. b |
.
LEGGE DI STABILITA' : la CORTE DEI
CONTI, in AUDIZIONE al PARLAMENTO il 29 ott. 2013 |
|
|
.
SECONDO LA CORTE DEI CONTI :
. |
|
- "recuperare i ritardi
accumulati sul terreno delle riforme" ;
- "basarsi su un ridisegno, frutto di una forte volontà politica" e di
"una nitida visione circa il profilo
che si intende assegnare al sistema pubblico dei prossimi
decenni". |
|
.Nino
LUCIANI :
1) Sanità, un campo per una urgente rewew. Ma questo andrebbe a
toccare le intoccabili Regioni ..., il cui potere
legislativo va abolito, e da trasformare in pilastri amministrativi locali, sovra-ordinati
ai Comuni. (Province da abolire)..
2) "Forte volontà politica" ? Ma questo
presuppone governi di legislatura, oggi impossibili.
3) Una summary view dei problemi di transizione dallo "Stato al Mercato",
ma con regole.... |
|
Nota. Le tre tabelle
sottoriportate evidenziano una contraddizione: a) da un lato sono diminuiti negli ultimi
dieci anni i posti letto e i ricoveri ospedalieri; b) ma da altro lato è andata sempre
crescendo la spesa sanitaria (salvo nel 2011) .
Pur se, per dire con più fondamento, occorrerebbe guardare dentro
quelle cifre, in modo da dettagliare il peso delle varie prestazioni mediche e strumentali
(tipo radiografie, ecc. ), i posti letto e i ricoveri sono espressioni sintetiche
validissime dell'insieme delle prestazioni.
Si vegga sotto: a) il punrto di vista della Corte; b) un commento di
Nino Luciani . |
Fonte: Istat (annuari) per la spesa, e Ministero della
Salute (annuari) per i posti letto e i ricoveri. |
CORTE DEI CONTI SEZIONI
RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO AUDIZIONE SULLA LEGGE DI STABILITÀ PER L'ANNO 2014
COMMISSIONI BILANCIO RIUNITE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI 29
ottobre 2013 (Stralcio delle conclusioni) Considerazioni
conclusive. Con la manovra affidata alla Legge di Stabilità, che copre l'intero
arco triennale 2014-2016, si pongono le condizioni per una tregua fiscale, basata,
tuttavia, su una dose elevata di "deterrenza":
- l'individuazione di tagli significativi alle agevolazioni fiscali
- e l'apposizione di clausole di salvaguardia rappresentano un monito
stringente per l'effettiva attuazione di quelle modifiche organizzative tante volte
annunciate ma che ancora attendono un compimento.
Non spetta alla Corte indicare quali scelte effettuare. Ma non
può essere taciuta l'urgenza, per l'intero sistema economico nazionale, di interventi
diretti a recuperare i ritardi finora accumulati sul terreno delle riforme.
L'elenco è vasto: si va dal ridisegno delle competenze e
delle strutture di governo del territorio, al destino da riservare alle società
costituite negli anni dalle Amministrazioni locali, oggi diventate in parte elementi
fondamentali nella produzione dei servizi, ma anche espressione di rilevanti squilibri
nascosti.
Così come la riforma del sistema di funzionamento delle autonomie
territoriali è, da oltre quattro anni, in attesa di un assetto stabile su cui fondare la
gestione e valutare il contributo da queste fornito agli equilibri complessivi sia in
termini programmatici che gestionali.
Il sistema fiscale, infine, è impegnato nella definizione di interventi in
grado di garantire "la fedeltà fiscale" del contribuente e
sembra muovere decisi passi avanti con la legge delega all'esame del Parlamento. Ma,
allo stesso tempo, rischia di vedere vanificati i risultati programmati, soprattutto in
ragione dei frequenti impulsi contraddittori cui esso è sottoposto.
Come detto in precedenza, è oggi indispensabile uno sforzo
straordinario mirato al recupero di ulteriori margini di risparmio, sia da destinare a una
riduzione del carico fiscale, che ad incidere sulle carenze più evidenti nella qualità
dei servizi pubblici.
I tagli previsti, già nell'immediato, per la spesa delle
Amministrazioni centrali rappresentano la presa d'atto (e in certa misura la
dimostrazione) della difficoltà di ottenere nel breve periodo riduzioni significative di
spesa. Come la Corte ha sottolineato nel Rapporto sul coordinamento nel maggio scorso, il
percorso di aggiustamento richiede, in tutti i settori, una attenta selezione degli
interventi da attivare per ridurre l'intermediazione pubblica, siano essi tagli di spesa o
benefici fiscali. Incidere ancora sulla spesa delle Amministrazioni locali è complesso
per diverse ragioni.
Il quadro programmatico già incorpora tra il 2012 e
il 2016 una flessione della spesa (al netto di quella sanitaria) di oltre il 7 per cento
in termini nominali.
Anche ipotizzando l'annullamento delle differenze ancora
esistenti sul fronte della spesa tra Enti, gli spazi di manovra, pur esistenti, non sono
ampi. La convergenza per ciascuna tipologia di spesa sugli importi pro-capite più
contenuti per classi di Enti (una "grossolana" misura degli ulteriori risparmi
che si potrebbero ottenere) indica una liberazione di risorse di poco superiore a 2,5
miliardi.
Anche gli interventi di contenimento delle spese per gli
organi istituzionali e amministrativi e per consumi intermedi, pur giustificati dai
benefici che è possibile ricavare in termini di efficienza, non sembrano offrire margini
di manovra risolutivi.
E' necessario quindi procedere a una
revisione più radicale dei confini entro cui opera il sistema di intervento pubblico.
Il rafforzamento degli interventi di razionalizzazione della spesa pubblica e dell'azione
di efficientamento delle strutture amministrative va inteso nel significato, più
impegnativo e complesso, di ripensamento delle modalità di prestazione dei servizi
pubblici e delle modalità di accesso, in un contesto sociale e demografico profondamente
mutato. Di qui l'arduo impegno che si apre al Commissario alla spending review, da
poco nominato.
Un impegno che per essere affrontato non può che
basarsi su una chiara strategia di governo della spesa, in cui il ridisegno sia
frutto di una forte volontà politica e di una nitida visione circa il
profilo che si intende assegnare al sistema pubblico dei prossimi decenni. Solo
per questa via rigorosamente selettiva è possibile pensare di reperire le risorse
necessarie ai programmi mirati al sostegno della crescita.
Se si intende orientare le leve di bilancio verso
obiettivi che superino il solo rigore (ma restando entro profili compatibili con la soglia
di disavanzo del 3 per cento e con i nuovi vincoli costituzionali) - come sembra essere
correttamente nelle intenzioni del Governo - occorre essere consapevoli che le risorse
vanno ricercate attraverso una operazione di seria redistribuzione, sia dal lato delle
entrate sia dal lato della spesa.
Contrastare il declino del sistema produttivo
rappresenta oggi l'emergenza nazionale sulla quale va concentrata e misurata la
capacità di intervento. E' da valutare positivamente, pertanto, che in alcune direzioni
strategiche il Governo abbia previsto interventi non privi di potenzialità rilevanti.
Ma, ad avviso della Corte, è necessario mantenere un
solido filo conduttore nella strategia complessiva di politica economica e di finanza
pubblica, rafforzando l'efficacia delle riforme e degli interventi avviati e concentrando
su di essi le limitate risorse disponibili." |
NINO LUCIANI, I
problemi della transizione dellItalia dallo Stato al Mercato. 1.- Cominciando dalla
sanità. Chi pensasse che abbassare la spesa sanitaria implichi, per definizione,
la riduzione dei servizi sanitari, si sbaglia di grosso. Chiunque di noi, pensando alla
propria esperienza personale, trova che per una visista specialistica, per una radiografia
presso una struttura pubblica, deve fare lunghe file di attesa, tranne che non paghi
privatamente e la sanità si apre all'improvviso il giorno dopo. Direi anni che anni fa
era molto meglio.
Siamo davanti a ruberie gravi di privati, a carico della sanità.
Basta guardare alle statistiche sopra riportate che mostrano un calo continuo
delle prestazioni negli anni (in termini di posti letto e di degenze): eppure la spesa
sanitaria è aumentata.
Non solo, ma la sanità ha anche grandi squilibri tra le regioni, per
cui la gente è costretta a muoversi, generando problemi di saturazione in alcune regioni.
Come fare ? Qui il rimedio non è la ricostruzione impossibile di un
controllo a 360 gradi, ma di cambiamento radicale del sistema sanitario.
Per la Costituzione la sanità è un compito dello Stato, sia per la sua
priorità per le persone, sia perchè il servizio va erogato uniformemente nel territorio
nazionale. Ma poi, lo Stato l'ha delegato alle Regioni anni fa. Direi che la soluzione del
problema cominci dalla revoca della delega, dove la gestione è risultata male. E' meglio
ricominciare da un Prefetto, che non ha bisogno di catturare voti. Poi, a normalizzazione
fatta, si vedrà....
2.- Più in generale, nel settore pubblico. La mia tesi è che l'Italia
ha di fronte i problemi strutturali propri delle economie di transizione, e
precisamente da un sistema economico a prevalente «economia pubblica» a un sistema a
prevalente «economia di mercato», che si sono ritrovati negli ex-paesi del socialismo
reale, sia pur in proporzione al peso occupato dal settore pubblico nei rispettivi paesi.
Anche là, trattavasi del fatto che il sistema collettivista, pur
rispettabile per i suoi ideali, deve valersi (per funzionare) di una burocrazia
elefantiaca, (che alla fine diviene un treno infinito non più manovrabile), e di una
nomenclatura partitica che mette le mani sulla ricchezza della nazione (una sorta di nuova
nobilità carolingia di marchesi, conti e baroni), valendosi della polizia politica (per
rafforzarsi all'interno) e dell'esercito (per difendersi dall'esterno).
In estrema sintesi, trattasi del fatto che, quando un settore pubblico è troppo
vasto, funziona malissimo perchè al suo interno si infiltrano interessi privati immensi,
sia pur sotto il nome nobile di "interessi del partito" e l'economia va in
malora. Questo è anche il caso dell'Itala.
Ma andiamo per gradi, distinguendo tra problemi congiunturali e problemi
strutturali. Per i primi rinvio alla pagina Forum4.
L'aspetto strutturale chiave riguarda lo Stato, che è malato e non funziona,
causa il fatto che si è pervenuti a costituire ll'attuale Stato elefantiaco in occasione
della transizione (dal Mercato allo Stato), avviata in Italia nel 1961 con i governi di
centrosinistra. Si è passati da un rapporto tra spesa pubblica e PIL del 30% a un
rapporto del 56-60%, attuale (2013).
Adesso si dovrebbe fare la seconda transizione, questa volta in senso
inverso, e che dovrebbe restituire risorse dal settore pubblico al settore privato, in
quanto da ritenere più produttivo.
La Corte dei conti dice che non le spetta indicare quali scelte
effettuare, ma chiede al governo almeno una revisione più radicale dei
confini entro cui opera il sistema di intervento pubblico.
A
mio modo di vedere, per l'Italia, il traguardo finale realistico, compatibile con
l'equilibrio del sistema economico (per quanto dipende dal settore pubblico) , è ridurre
la spesa pubblica al 40% del PIL (vale dire una riduzione del 15% di PIL, nella spesa
pubblica), in modo da salvare almeno lo "Stato sociale".
Questo parametro mi viene suggerito dal fatto che il gettito fiscale IVA sta
calando, pur avendo aumentata laliquota dal 20% al 22%, e questo è dovuto al fatto
che la spesa pubblica è improduttiva, e vediamo solo laspetto negativo
dellintervento pubblico (vale dire la tassazione).
Il motivo di questa indicazione per il futuro è evidente: se torna la
produzione, si potranno meglio garantire gli obietti sociali primari.
Ma sia anche chiaro che il ritorno a "più mercato" comporta anche
regole di utilità pubblica. Nel campo bancario, abbiamo visto che la privatizzazione
selvaggia non è stata buona.
E per quanto riguarda le Regioni. Il riordino degli enti locali è
una esigenza conclamata da tempo, a cui il legislatore ha già messo mano da tempo, solo a
spicchi (vedi incentivi alla unione tra comuni, vedi città metropolitane), mai in un
quadro organico.
In particolare le Regioni sono apparse creatrici di sprechi, anzi ruberie,
grazie alla assenza di un controllo centrale. Il potere legislativo usato in modo
differenziato da regione a regione è un vero schiaffo alla uniformità di regole nel
terrirtorio dello Stato almeno in determinati campi. La massima disfunzione la troviamo
nel potere legislativo in materia concorrrente con lo Stato.
Ma poi, è proprio necessario un potere legislativo locale in aggiunta a quello
dello Stato ?
Sarebbe opportuno il riordino amministrativo locale, abolendo totalmente il potere
legislativo delle Regioni, e trasformandole nei pilastri del potere amministrativo locale,
con poteri di riordino (previa abolizione delle Province) di tutti gli enti locali,
ricompresi nel loro territorio.
3. Quanto tempo ? La transizione verso il mercato richiede
adattamenti importanti nelle abitudini di vita della popolazione: si tratta di un problema
che, per sua natura, richiede un periodo medio-lungo (5-10 anni). La Germania ha impiegato
20 anni per inglobare nelleconomia di mercato la Germania dellOvest, dopo
lunificazione.
Tale periodo è:
a) il tempo necessario per riallocare verso il settore privato la mano
d'opera via via licenziata dal settore pubblico;
b)
il tempo necessario per affidare al settore privato quei servizi pubblici che verranno via
via dismessi dal settore pubblico e che dovranno continuare ad essere erogati per i
cittadini, ma a un prezzo, sia pur calmierato;
c) il tempo necessario per privatizzare le imprese pubbliche non strategiche,
e che ovviamente non si può cominciare a fare con una estrazione a sorte delle imprese da
privatizzare, ma solo dopo aver fatto una opportuna classificazione della loro situazione:
ad esempio, imprese con buona capacità di reddito e buona situazione finanziaria; imprese
con buona capacità di reddito ma precaria situazione finanziaria;imprese in perdita ma
per carenze gestionali e quindi facilmente risanabili con la sostituzione del management;
imprese decisamente senza prospettive di reddito, ecc.;
d)
il tempo necessario per permettere ai beneficiari di trasferimenti pubblici di trovare un
rimedio, in vista
di una loro decurtazione, ecc.
e) il tempo necessario alle Regioni (solo enti amministrativi) di provedere al
riodino di tutti i Comuni, ricompresi nel loro territoriio.
Del resto anche la Comunità europea si è data un periodo
transitorio(1957-92) per attuare pienamente il Mercato comune europeo.
Tali adattamenti della popolazione non sono necessariamente dei
sacrifìci, e tuttavia essi si giustificano perché pongono le basi per la ripresa dello
sviluppo del reddito nazionale e dell'occupazione.
N. LUCIANI |
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EDIZIONI PRECEDENTI |
POLITICA E GIUSTIZIA, DOPO LA CHIUSURA DELLA
CRISI DEL GOVERNO |
Presidente Giorgio Napolitano
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NAPOLITANO: "POLITICA E GIUSTIZIA CESSINO DI ESSERE MONDI
OSTILI ".
( Nel corso di una cerimonia alla università LUISS di Rona, il 20 settembre
2013,
che cade proprio nel punto massimo della crisi politica di questi giorni)
Discutiamo del presunto
"accanimento" su Berlusconi, ma
per separare la posizione dell' "uomo" da quella della "magistratura",
anche quale "potere destabilizzante" il "potere potere politico"
|
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Poichè da tempo, la Magistratura è strutturalmente incapace di
rendere "Giustizia" in tempo reale,
non è facile separare, nelle indagini giudiziarie, le persone-Autorità di governo dalle
Istituzioni, per
cui, oggettivamente, la Magistratura finisce per essere un potere destabilizzante il
potere politico.
Se, poi, le Autorità di governo non reagiscono più, per carenza di poteri
costituzionalmente adeguati
ai tempi, si crea un turbine infinito intorno al nulla: un vuoto di potere, per cui tutto
sfugge di mano.
Diamo atto che, per la soluzione della crisi politica di
questi giorni, è stata determinante la certezza del
Ministro prof. G. Quagliariello: "All'Italia non serve
un "governicchio" che fa solo la legge elettorale".
. |
E diciamo
a E. LETTA: "Questo ventennio - 1993-2013 - non finisce con la fine di Berlusconi, ma
solo con la riforma
costituzionale della Governance dello Stato perchè,
qualunque partito governi, torni a risponderne al popolo Italiano,
compreso per le rapine approvate con legge (partiti strapagati, opere pubbliche pagate 10
volte il costo reale). |
Intervento del
Presidente Napolitano all'incontro di studio della LUISS, in ricordo di Loris
D'Ambrosio Roma, Luiss, 20/09/2013
" Gentile Presidente Marcegaglia, gentile Professoressa
Severino,
desidero innanzitutto rinnovare il mio vivo apprezzamento per l'iniziativa promossa
dall'Università LUISS in ricordo di Loris D'Ambrosio : un'iniziativa che mi ha toccato
istituzionalmente e personalmente per l'intensità del rapporto che ho intrattenuto con il
collaboratore e l'amico cui era giusto dedicare non solo un memore omaggio ma una
riflessione partecipe e accurata. E questo è stato l'incontro di studio che grazie ad
apporti meditati e di alto livello si è risolto in una trattazione esaustiva dei
molteplici aspetti del lungo impegno e servizio di Loris D'Ambrosio e in una seria
considerazione di problematiche essenziali da lui coltivate negli anni.
Negli interventi che si sono succeduti, da ultimo in quello del
Presidente Lupo, ho visto emergere la coerenza e continuità dell'ispirazione e del modo
di operare di Loris D'Ambrosio nelle diverse, anche assai diverse, funzioni che egli è
stato via via chiamato a svolgere. Quella coerenza e continuità che in sostanza sancisce
la personalità e la moralità del civil servant. E ricorro a questa espressione, in
quanto essa è più comprensiva del solo titolo di magistrato e ha - rispetto a più
tradizionali definizioni italiane - finito per caratterizzare un modello di comportamento
davvero indipendente da ogni connotazione particolaristica o partigiana, sinonimo di
dedizione esclusiva all'interesse generale del paese e alle sue istituzioni democratiche.
Parto naturalmente dal titolo e dalla funzione di magistrato di cui
Loris D'Ambrosio era orgogliosamente portatore. Il titolo di "impiegati
pubblici", riferibile in Costituzione anche ai magistrati, non dovrebbe mai essere
usato in senso spregiativo ma non può peraltro oscurare - da nessun punto di vista - la
peculiarità e singolare complessità delle funzioni giudiziarie. Non c'è nulla di più
impegnativo e delicato che amministrare giustizia, garantire quella rigorosa osservanza
delle leggi, quel severo controllo di legalità, che rappresentano - come ho avuto più
volte occasione di ribadire - "un imperativo assoluto per la salute della
Repubblica". Anche la considerazione della peculiarità di questa funzione, e
l'inequivoco rispetto per la magistratura che ne è investita, sono invece stati e sono
spesso travolti nella spirale di contrapposizioni tra politica e giustizia che da troppi
anni imperversa nel nostro paese.
Il superamento di tale fuorviante conflitto, gravido di conseguenze
pesanti per la vita democratica in Italia, ha rappresentato l'obbiettivo costante del mio
impegno fin dall'inizio del mandato di Presidente, e nessuno più di Loris D'Ambrosio mi
ha aiutato a definirne i termini e le condizioni. E nulla è stato più paradossale e
iniquo che vedere anche Loris divenire vittima di quello che il professor Fiandaca ha
chiamato "un perverso giuoco politico-giudiziario e mediatico". La cui impronta
mistificatoria si è fatta risentire proprio oggi forse in non casuale coincidenza con
questo incontro.
Ma pur nel non sopito sdegno e nel cocente rimpianto per la tragica
scomparsa di Loris D'Ambrosio, a noi tocca raccoglierne il testimone. E cioè operare
perché la politica e la giustizia, e ancor più le
istanze rappresentative dell'una e dell'altra, cessino - dichiarai
dinanzi al CSM già nel febbraio 2008 - di "concepirsi ed
esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti da una comune
responsabilità istituzionale".
Ci tocca operare in questo senso, senza arrenderci a resistenze ormai radicate e a nuove
recrudescenze del conflitto da spegnere nell'interesse del paese. Forse - come qui si è
detto - passando attraverso "un ridistanziamento tra politica e diritto".
E molto importante è il contributo che ci si deve attendere dalla
magistratura. Lo sguardo di Loris D'Ambrosio è stato sempre esigente, e non acritico,
verso la sua casa, verso il suo mondo : nella convinzione che ciò fosse necessario
nell'interesse della stessa magistratura e di un suo rinnovato prestigio. Il Consigliere
D'Ambrosio mi ha, innanzitutto, sempre spinto a mettere l'accento sull'importanza decisiva
della formazione non solo in senso culturale e tecnico-giuridico ma in senso deontologico
cioè come a | | |